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La misura del tempo: un progetto didattico per
la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria.
Relatore
Samuele Straulino Candidato
Ilaria Maffucci
a.a. 2017-2018
Scuola di
Studi Umanistici
e della Formazione
Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria
Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”
Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”.
Lewis Carroll
5
Indice
Introduzione .............................................................................................................. 7
1. La natura del tempo fra storia, fisica e filosofia e il problema della sua misura ..... 9
1.1 La natura del tempo nella storia del pensiero occidentale .................................... 9
1.2 Il problema della misura del tempo e gli strumenti di misura .............................. 15
2. Il metodo scientifico e le strategie didattiche nella scuola .................................. 23
2.1 Il metodo scientifico da Galileo a Popper ............................................................. 25
2.2 La didattica attiva e il laboratorio ......................................................................... 28
2.3 Metodologie didattiche ........................................................................................ 32
3. Lo sviluppo del concetto di tempo nel bambino e la “didattica del tempo” ......... 37
3.1 Gli studi psicologici sullo sviluppo del concetto di tempo e di durata nel bambino
37
3.2 La didattica del tempo nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. ............ 40
3.2.1 Il tempo lineare e ciclico ............................................................................ 41
3.2.2 Il tempo e il linguaggio .............................................................................. 43
3.2.3 Il tempo e la misura ................................................................................... 44
3.2.4 Le misconcezioni nella didattica delle scienze ........................................... 46
4. L’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria .............. 49
4.1 Premessa ............................................................................................................... 49
4.2 Il progetto didattico .............................................................................................. 50
4.2.1 Le unità di competenza ............................................................................. 51
4.3 Il progetto didattico nella scuola dell’infanzia ...................................................... 53
4.3.1 Il contesto e i tempi ................................................................................... 53
4.3.2 La progettazione dell’unità di competenza ............................................... 55
4.3.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e l’introduzione del
concetto di tempo ..................................................................................................... 58
4.3.4 Secondo incontro. La successione e la contemporaneità .......................... 64
4.3.5 Terzo incontro. La durata .......................................................................... 67
4.3.6 Quarto incontro. Il giorno ......................................................................... 75
4.3.7 Quinto incontro. La settimana .................................................................. 78
4.3.8 Sesto incontro. Il giorno, la settimana, il mese ......................................... 82
6
4.4 Il progetto didattico nella scuola primaria ............................................................ 85
4.4.1 Il contesto ed i tempi ................................................................................. 85
4.4.2 La progettazione dell’unità di competenza ............................................... 86
4.4.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e la costruzione dei
prerequisiti ................................................................................................................ 90
4.4.4 Secondo incontro. Misure del tempo convenzionali e non convenzionali . 92
4.4.5 Terzo incontro. Il pendolo.......................................................................... 96
4.4.6 Quarto incontro. La clessidra ad acqua .................................................. 102
5. La valutazione dell’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola
primaria ................................................................................................................. 109
5.1 La valutazione nella scuola dell’infanzia ............................................................. 111
5.1.1 I criteri di osservazione e le evidenze raccolte ........................................ 112
5.2 La valutazione nella scuola primaria ................................................................... 117
5.2.1 La progettazione delle verifiche, i criteri di valutazione e correzione ..... 119
5.2.2 La valutazione in itinere .......................................................................... 121
5.2.3 La valutazione finale ............................................................................... 123
5.2.4 La valutazione del progetto didattico ..................................................... 137
5.3 La sintesi dei due progetti ................................................................................... 140
Conclusioni ............................................................................................................ 143
Allegati .................................................................................................................. 145
Allegato 1 – Griglia osservazione scuola dell’infanzia ................................................ 145
Allegato 2 – Test finale scuola primaria ...................................................................... 151
Bibliografia ............................................................................................................ 159
Sitografia ............................................................................................................... 162
7
Introduzione
L’idea che ha dato l’avvio alla realizzazione di questo lavoro si è formata nel
corso degli anni di studio in Scienze della Formazione Primaria, soprattutto
nei momenti dedicati al tirocinio diretto.
Durante questi momenti di interazione con i bambini ho iniziato ad
accorgermi dell’importanza che il tempo riveste nella quotidianità scolastica,
della necessità che ogni bambino ha di dare una giusta interpretazione al suo
scorrere e del disagio che prova quando non riesce a fare delle stime corrette
delle durate.
Nel corso degli anni mi sono relazionata con bambini di diverse età e mi sono
accorta che soprattutto quelli di età compresa fra i 5 e gli 8 anni hanno
maggiore difficoltà a confrontarsi con il concetto di tempo.
I bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia pongono spesso
domande sul tempo; più volte mi è stato chiesto che ore fossero, e
inizialmente mi limitavo a leggere sull’orologio il tempo istantaneo, senza
rendermi conto che in realtà quello che mi veniva chiesto era: quanto dura,
quanto manca, fra quanto?
Quando ho acquisito questa consapevolezza, ho iniziato a pormi delle
domande: ha senso rispondere ai bambini di 5 anni “mancano 10 minuti”,
“fra tre ore”, “fra cinque giorni”?
Anche con i bambini che frequentano i primi anni della scuola primaria mi
sono trovata in situazioni analoghe. In questo caso però ho notato che i
bambini, soprattutto dalla fine del primo anno scolastico, sono in grado di
leggere l’ora, che spesso viene mostrata loro su orologi digitali, ma non
hanno ancora sviluppato la capacità di stimare le durate di tempo e di
relazionarle correttamente.
Quando viene chiesto di finire un lavoro in un determinato periodo di tempo,
i bambini tendono spesso a sovrastimare o sottostimare la durata. In un
primo momento ho pensato che questo fosse dovuto ad un’incapacità
8
organizzativa del lavoro, poi ho iniziato a riflettere sulla possibilità che in
realtà fosse dovuto ad un’errata stima degli intervalli di tempo.
Ho quindi svolto una ricerca teorica su come si sviluppa nei bambini il
concetto di tempo e di durata, su quali metodologie e strumenti siano più
idonei per aiutarne la formazione e su come l’utilizzo di una didattica
laboratoriale possa agevolare tali processi di apprendimento.
Alla fase teorica è seguita una fase sperimentale, nella quale ho proposto due
interventi didattici uno ai bambini di cinque anni della scuola dell’infanzia e
uno ai bambini di sette anni della seconda classe della scuola primaria.
L’ultima fase è stata dedicata alla valutazione dei due interventi didattici per
verificarne l’efficacia e i risultati.
9
1. La natura del tempo fra storia, fisica e filosofia e il
problema della sua misura
1.1 La natura del tempo nella storia del pensiero occidentale
Il concetto di tempo è forse il più problematico e controverso concetto nella
storia del pensiero occidentale. In tutte le culture, è associato all'idea di
movimento: del sole e della volta celeste, dell'alternarsi del giorno e della
notte, delle stagioni, dei cicli biologici.
Parmenide (Elea 515 a.C./510 a.C - Elea 450 a.C.) nega la realtà del
movimento e quindi del fluire del tempo, considerati come apparenza; il
tempo è eterno e immobile, come l'essere:
Come l’essere potrebbe nascere dopo? Come potrebbe essere nato?
Se infatti nacque, non è, né [è] se si appresta ad essere. 20
Così la nascita è spenta e la morte è ignota.
Né è diviso, poiché è tutto uguale:
né c’è in qualche parte un di più [di essere], che possa impedirgli
di essere unito,
né un di meno, ma è tutto pieno di essere.
Perciò è tutto continuo: l’essere infatti si accosta all’essere. 25
Ma immobile nei limiti di grandi legami
è senza un inizio e senza una fine, poiché la nascita e la morte
furono respinte molto lontano, le scacciò una vera certezza.
E rimanendo identico nel medesimo luogo, giace in sé
e in questo modo rimane qui saldo: infatti la dura Necessità 30
lo tiene nei legami del limite, lo rinchiude intorno
poiché è stabilito che l’essere non sia incompiuto:
infatti non necessita di alcuna cosa: altrimenti mancherebbe di tutto.1
Platone (Atene 428/427 a.C. - Atene 348/347 a.C.), ha una concezione
metafisica del tempo, che è misura del movimento solo delle cose materiali,
che nascono e si corrompono; i concetti di passato e di futuro, che si
1 Parmenide, Testimonianze e frammenti, la Nuova Italia, Firenze, 1958, frammento 8,
versi 19-33, pagg. 147-149
10
contrappongono al concetto di eternità hanno senso solo nel mondo
materiale. Il tempo è stato creato dal Demiurgo insieme al mondo materiale
come immagine mobile dell'eternità.
[37d] Come dunque esso è un essere vivente eterno, così , per quanto gli era
possibile, cercò di rendere tale anche questo tutto. Dunque la natura di
quell'essere è eterna, e questo non era possibile applicarlo completamente a
questo mondo generato: pensò allora di realizzare un'immagine mobile
dell'eternità, e, ordinando il cielo, fa dell'eternità che rimane nell'unità
un'immagine eterna che procede secondo il numero, e che noi abbiamo
chiamato tempo. [37e] E i giorni e le notti, e i mesi e gli anni, che non
esistevano prima che il cielo fosse generato, fece allora in modo che essi
nascessero nel momento in cui componeva il cielo. Tutte queste sono parti
di tempo, e l'”era" e il "sarà" sono specie generate di tempo che noi senza
saperlo attribuiamo in modo scorretto all'essenza eterna. Diciamo infatti
che essa era, è, e sarà, ma secondo un ragionamento veritiero soltanto l'"è"
si adatta all'essenza eterna, [38a] mentre l'"era" e il "sarà" conviene dirle a
proposito della generazione che procede nel tempo: si tratta infatti di due
movimenti, mentre ciò che è sempre allo stesso modo ed immobile non
conviene che diventi attraverso il tempo né più vecchio né più giovane, né
che sia mai diventato, né che ora diventi, e neppure che diventerà in
avvenire. [….]
Il tempo dunque è nato insieme al cielo, in modo che, generati insieme,
insieme anche si dissolvano, se mai avvenga una loro dissoluzione, e fu fatto
sulla base del modello dell'eterna natura, perché, per quanto è possibile, le
somigli: [38c] il modello esiste per tutta l'eternità, mentre il cielo sino alla
fine per tutto il tempo è esistito, esiste, ed esisterà. In base allora a questo
ragionamento e pensiero del dio sulla nascita del tempo, perché il tempo
fosse generato, furono generati il sole, la luna, e altri cinque astri che si
chiamano pianeti, per distinguere e custodire i numeri del tempo.2
Anche Aristotele (Stagira 384/383 a.C. - Calcide 322 a.C.) concepisce il tempo
come numero del movimento secondo l'anteriore e il posteriore,
Tuttavia, quando abbiamo determinato il movimento mediante la
distinzione del primo e del poi, conosciamo anche il tempo, e allora noi
diciamo, che il tempo compie il suo percorso, quando abbiamo percezione
del prima e del poi nel movimento. E operiamo la distinzione perché
2 Platone, Tutte le opere, vol.4, a cura di Maltese, E. V., GTE Newton, Roma, 1997 ISBN
888183748X, pagg. 565-567
11
sappiamo che questi due termini sono differenti tra loro e che c'è anche in
mezzo qualcosa di diverso da loro. Quando, infatti, noi pensiamo le
estremità come diverse dal medio e l'anima ci suggerisce che gli istanti sono
due, il prima, cioè, e il poi, allora noi diciamo che c'è fra questi due istanti di
tempo, giacché il tempo sembra essere ciò che è determinato dall’ istante: e
questo rimanga come fondamento. Pertanto, quando noi percepiamo
l'istante come unità e non già come prima e un poi nel movimento e
neppure come quell’ identità che sia la fine del prima e il principio del poi,
allora non ci sembra che il tempo abbia compiuto il tuo corso, in quanto non
vi è neppure movimento. Quando, invece, percepiamo il primo e il poi, allora
diciamo che il tempo c'è.
Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il
poi.
Il tempo, dunque, non è movimento, se non in quanto il movimento ha un
numero. Eccone una prova: noi giudichiamo il più e il meno secondo
numero, e il movimento maggiore o minore secondo il tempo: dunque il
tempo è un numero. Ma poiché si dice “numero” in due modi (che noi
chiamiamo numero non solo il numerato e il numerabile, ma anche il mezzo
per cui numeriamo), il tempo è il numerato, e non il mezzo per cui
numeriamo. E sono cose diverse il mezzo per cui numeriamo e numerato.
E come il movimento è sempre diverso, così anche il tempo.3
In Agostino (Tagaste 354 - Ippona 430), il tempo è una dimensione
dell’anima, è la coscienza stessa che si dilata sino ad abbracciare il presente,
il passato e l’avvenire.
Non ci fu dunque un tempo, durante il quale avresti fatto nulla, poiché il
tempo stesso l'hai fatto tu; e non vi è un tempo eterno con te, poiché tu sei
stabile, mentre un tempo che fosse stabile non sarebbe tempo. Cos'è il
tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piena e breve? Chi saprebbe
formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole?
Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre
conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e
intendiamo anche quando ne udiamo parlare. Cos’è dunque il tempo? Se
nessuno mi interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo
so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non
esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un
tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente.
Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal
3 Aristotele, Opere, Fisica, Del Cielo, Laterza, Roma-Bari, 1983, Fisica IV, 11, 219 a-b, pag.103
12
momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al
presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe
più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve
tradursi in passato, come possiamo dire anche di lui che esiste, se la ragione
per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di
esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere.[…]
Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto
dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto
dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente,
presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo
nell'animo e non vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il
presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.4
La concezione del tempo cambia e diventa per la prima volta grandezza fisica
con Galileo Galilei (Pisa 1564 - Firenze 1642): il tempo è una grandezza fisica
costante, uniforme, misurabile. Galileo misura il tempo utilizzando il battito
del polso, il ritmo musicale, i pendoli e con dispositivi appositamente
costruiti, come l’orologio ad acqua.
Anche per Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth 1642 - Londra 1727)
il tempo è una grandezza che suddivide in due categorie: il tempo assoluto e
quello relativo.
Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione
ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato
durata; quello relativo, apparente e volgare, è una misura (accurata oppure
approssimativa) sensibile ed esterna della durata per mezzo del moto, che
comunemente viene impiegata al posto del vero tempo: tali sono l’ora, il
giorno, il mese, l’anno.5
Per Immanuel Kant (Königsberg 1724 - Königsberg 1804) il tempo è una
qualità innata nell’uomo.
Il tempo non è concetto empirico, ricavato da una esperienza: poiché la
simultaneità o la successione non cadrebbe neppure nella percezione, se
non vi fosse a priori a fondamento la rappresentazione del tempo. Solo se
presupponiamo il tempo, è possibile rappresentarsi che qualcosa sia nello
stesso tempo (simultaneamente), o in tempi diversi (successivamente). […]
4 Agostino, Le Confessioni , Arnoldo Mondadori Editore, Roma, 1984, pag. 326 pag. 331
5 Newton I., Principi matematici della filosofia naturale, Torino, Utet, 1965, pp. 101-102
13
Il tempo è una rappresentazione necessaria che sta a base di tutte le
intuizioni. Non si può, rispetto ai fenomeni in generale, sopprimere il tempo,
quantunque sia del tutto possibile toglier via dal tempo tutti i fenomeni. Il
tempo dunque è dato a priori. Soltanto in esso è possibile qualsiasi realtà
dei fenomeni. Questi possono sparir tutti, ma il tempo stesso (come
condizione universale della loro possibilità) non può esser soppresso. 6
Per Kant quindi il tempo non è una dimensione fisica oggettiva, ma una forma
della mente a priori.
Nel 1864 il fisico prussiano Rudolf Clausius pubblica su Annalen der Physik un
articolo in cui enuncia il seguente principio, derivato dalle osservazioni di Sadi
Carnot (Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco, 1824):
“In un sistema isolato il calore non può passare da un corpo freddo ad uno
caldo”.
Clausius introduce una grandezza che misura questo moto unidirezionale del
calore e la chiama entropia; questa grandezza in un sistema fisico isolato non
può mai diminuire. Nel 1872 il grande fisico austriaco Ludwig Boltzmann dà
una descrizione dell'entropia in termini di meccanica statistica.
Questa è “l'unica legge generale della fisica che distingue il passato dal
futuro. Nessuna delle altre lo fa: le leggi della meccanica di Newton, le
equazioni dell'elettricità e del magnetismo di Maxwell, quelle della gravità
relativistica di Einstein, quelle della meccanica quantistica di Heisenberg,
Schrodinger e Dirac, quelle delle particelle elementari dei fisici del XX
secolo...nessuna di queste equazioni distingue il passato dal futuro. Se una
sequenza di eventi è permessa da queste equazioni, lo è anche la stessa
sequenza ribaltata all'indietro nel tempo. Nelle equazioni elementari del
mondo, la freccia del tempo appare solo quando c'è il calore. Il legame fra
tempo e calore è dunque profondo: ogni volta che si manifesta una
differenza fra passato e futuro c'è di mezzo del calore.”7
Nella teoria della relatività ristretta di Albert Einstein del 1905 l'assunto,
verificato sperimentalmente, che la velocità della luce è una costante in
qualunque sistema di riferimento, rende necessario il fatto che il tempo,
6 Kant I., Critica della ragion pura, trad. it. di G. Gentile e G. Lombardo–Radice, Laterza, Bari, 1965
(9. ed.), p. 75. 7 Rovelli C., L'ordine del tempo, Adelphi, Milano, 2017, ISBN: 9788845931925, pagg. 29-30
14
insieme allo spazio, perda il carattere di costante assoluta e sia funzione dalla
velocità: due orologi identici scandiscono intervalli di tempo uguali se sono
fermi uno rispetto all'altro, ma misurano intervalli di tempo diversi se si
muovono con velocità relativa diversa da zero.
Nella teoria della relatività generale il tempo si dilata (gli orologi vanno più
lentamente) in funzione dell'intensità del campo gravitazionale o, in virtù del
principio di equivalenza, dell'accelerazione del sistema di riferimento. Questa
dilatazione temporale è stata misurata sperimentalmente utilizzando orologi
atomici posti ad altezze diverse, cioè a differenti potenziali gravitazionali.8
Nella fisica quantistica anche lo spazio e il tempo sono quantizzati. “La
meccanica quantistica e la relatività generale, prese insieme, implicano che
esista un limite alla divisibilità dello spazio. Al di sotto di una certa scala non
c'è più nulla di accessibile. Anzi, nulla di esistente.”9
Tale limite è la Lunghezza di Planck lp =1,616 × 10-35 m
Così come esiste una dimensione minima sotto la quale non hanno senso le
leggi che conosciamo attualmente, esiste anche un tempo minimo sotto il
quale non ha senso scendere, il tempo di Planck =5,391 x 10-44 s: è il tempo
che impiega un fotone che viaggia alla velocità della luce per percorrere una
distanza pari alla lunghezza di Planck.10
8 Einstein A., Relatività. Esposizione divulgativa. Bollati Boringhieri, Milano, 2011, ISBN
9788833921990 9 Rovelli C., La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina
Editore, milano, 2014 p. 133 10
Ivi, pag. 204
15
1.2 Il problema della misura del tempo e gli strumenti di misura
Nelle civiltà mediorientali del Neolitico, con l'inizio dell'agricoltura e
dell'allevamento, nacque la necessità di scandire il tempo per calcolare i
tempi della semina, dei raccolti, dell'allevamento degli animali, degli eventi
metereologici e dei rituali magici-religiosi.
I cicli del Sole, della luna e delle stelle furono la base per la misura del giorno,
del mese e dell'anno; furono i Sumeri a suddividere l'anno in 12 mesi e i mesi
in 30 giorni.
La divisione del giorno in 12 parti è probabilmente di origine caldea, mentre si
deve agli Egizi la suddivisione del giorno in 24 ore, 10 diurne, 12 notturne,
una all'alba e una al tramonto.
Il primo strumento utilizzato dagli Egizi per la divisione del giorno fu lo
gnomone (dalla radice greca di ignosco «conoscere»): un'asta verticale che,
illuminata dal sole, proietta sul terreno l'ombra che durante il giorno varia di
lunghezza e posizione: ha lunghezza minima quando il Sole raggiunge la
massima altezza, cioè al mezzogiorno del solstizio d'estate.
Secondo lo storico greco Diogene Laerzio (III secolo d.C.) sarebbe merito di
Anassimandro aver introdotto in Grecia l'uso dello gnomone. Secondo
Erodoto (V secolo A.C.) sarebbero stati i Caldei, i Babilonesi e gli Egizi ad
usarlo per primi. Sicuramente gli obelischi egizi venivano utilizzati anche a
questo scopo. Nel XV secolo a.C. gli egiziani introdussero uno strumento per
le misura del tempo nelle ore notturne, il merkhet, con il quale traguardavano
certe stelle dette decani.11
Dallo gnomone derivano più complessi quadranti solari, tutti consistenti in
uno stilo, detto anch’esso gnomone, che proietta la sua ombra su una
superficie orizzontale o verticale, detta quadrante o su una superficie
semisferica concava detta scafo, indicando l'ora solare locale.
11
Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Dall’obelisco al cesio. Hoepli, Milano, 1990, pag. 13
16
La meridiana propriamente detta rileva il mezzogiorno locale proiettando
l'ombra su un unico segmento. Un tipo particolare di meridiana è quella a
camera oscura, consistente in un foro gnomonico che proietta un fascio di
luce solare sul suolo.12
Il nome dello strumento deriva dal greco klepsýdra, che significa ‘ruba-
acqua’. Le clessidre erano, almeno in un primo tempo, costituite da un vaso
cilindrico, che sul fondo aveva un forellino dal quale fuoriusciva l’acqua. Il
calo dell’acqua indicava il passare delle ore. Però in un vaso cilindrico l’uscita
dell’acqua era maggiore quando il vaso era pieno e la pressione maggiore, per
cui i contrassegni delle ore non erano equidistanti. Gli egizi compresero poi
che l’acqua calava a ritmo uniforme se si dava alle pareti del recipiente
un’inclinazione di 70°.13
12
https://brunelleschi.imss.fi.it/meridiane/isia.asp?c=23862&xsl=1 13
Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Op. cit. pag. 17
Figura 1 – Quadrante solare di Santa Maria Novella a Firenze
Figura 2 - Foro gnomonico di Santa Maria Novella a Firenze
17
Gli egizi utilizzarono anche un metodo inverso a quello descritto: anziché
misurare il quantitativo di acqua in uscita, si misurava il quantitativo che
entrava nel recipiente.
Una terza tipologia di clessidre ad acqua era utilizzata per misurare gli
intervalli di tempo in cui i contadini potevano usufruire dell’acqua per
irrigare. Queste clessidre erano dei contenitori metallici con un foro sul
fondo. Venivano posti nell’acqua che lentamente li riempiva e li affondava.14
La clessidra a sabbia è costituita da due bulbi di vetro di forma conica,
contenenti sabbia finissima, uniti per i vertici da un sottile collo con un
piccolo foro che li mette in comunicazione. Quando la clessidra è posta in
posizione verticale, la sabbia passa con flusso uniforme dal contenitore
superiore a quello inferiore; al termine del flusso girando la clessidra si fa
iniziare un altro ciclo.
Una clessidra a sabbia appare in un affresco del 1338 di Ambrogio Lorenzetti
nel palazzo Pubblico di Siena.
Uno dei principali utilizzi delle clessidre è stato quello di scandire i tempi di
preghiera nei monasteri e la durata delle prediche dei predicatori luterani.
14
Ivi, pag. 18
Figura 3 - Clessidra ad acqua egizia a svuotamento in recipiente con angoli a 70°
Figura 4 - Clessidra ad acqua persiana ad affondamento
18
Trovarono impiego anche nella navigazione; infatti le clessidre non subivano
l’effetto del rollio dell’imbarcazione né i danni della salsedine. Le clessidre di
breve durata erano utilizzate per stimare la velocità delle imbarcazioni,
mentre quelle di durata più lunga per regolare i turni di guardia.15
Figura 5 - Lorenzetti, la Temperanza, allegoria del buon governo, palazzo Pubblico, Siena, 1338-1339
Figura 6 - Clessidra a polvere XVII secolo. Museo Galileo, Firenze
I primi dispositivi meccanici nel campo dell’orologeria furono degli svegliarini,
per uso monastico o di scuola citati, anche da Dante nel canto X del Paradiso,
verso 143.16 Ad essi seguì la realizzazione degli orologi monumentali, collocati
sulle torri campanarie. I primi orologi documentati risalgono alla fine del XIII
secolo, come quelli della cattedrale di Exeter e di san Paolo a Londra.17
Questi dispositivi erano mossi da un peso legato a una corda avvolta intorno
a un bastone cilindrico o tamburo. Il peso, lasciato libero di cadere, si
muoveva lentamente e regolarmente verso il basso, facendo girare il
tamburo su sé stesso e mettendo così in azione una serie di ingranaggi
collegati a una lancetta. Quando la corda si era completamente srotolata
15
Biemont E., Ritmi del tempo. Astromonia e calendari, Zanichelli, Bologna, 2002, pag. 103 16
Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Op. cit. pag. 54 17
Biemont E., Ritmi del tempo. Op, cit, pag. 105
19
bisognava riavvolgerla sul tamburo (cioè ricaricare l’orologio): è da qui che
deriva l’espressione «dare la corda», che si userà poi anche per i successivi
orologi da polso a bilanciere. Un apposito meccanismo,
chiamato scappamento, faceva in modo che l’energia immagazzinata nel peso
non si liberasse tutta insieme, ma ‘scappasse’ un po’ per volta.18
Allo scappamento degli orologi meccanici fu applicato il pendolo per rendere
uniforme la velocità dell’orologio.
Fu l'olandese Christiaan Huygens (L'Aia 1629 – L’Aia 1695 ) che nel 1657
ottenne il brevetto dell’orologio a pendolo e pubblicò un’opera dove
descriveva il momento di inerzia, i primi teoremi sulla meccanica dei sistemi
rigidi e la teoria del pendolo composto.19
Secondo il Viviani Galileo aveva concepito l’orologio a pendolo e descritto
l’isocronismo fin dal 1581. Nella lettera che egli scrive a Leopoldo de'
Medici (Firenze 1617- Firenze 1675) il 20 agosto 1659 si legge
[...] Si pose il Galileo a speculare intorno al suo misurator del tempo; et un
giorno del 1641, [...] sovviemmi che gli cadde in concetto che si saria potuto
adattare il pendolo agl'oriuoli di contrapesi e da molla con valersene in vece
del solito tempo, sperando che il moto egualissimo e naturale d'esso
pendolo avesse a corregger tutti i difetti dell'arte in essi oriuoli. Ma perché
l'essere privo di vista gli toglieva il poter fare disegni e modelli, [...] venendo
un giorno di Firenze in Arcetri il detto Sig.r Vincenzio suo figliolo, gli conferì il
Galileo il suo pensiero, [...] e finalmente stabilirono il modo che dimostra il
quì aggiunto disegno, e di metterlo intanto in opera. [...] Ma perché il Sig.r
Vincenzio intendeva di fabbricar lo strumento di propria mano, acciò questo
per mezzo de gl'artefici non si divulgasse prima che fosse presentato al
Ser.mo Gran Duca suo Signore et appresso alli Signori Stati per uso
della longitudine, andò differendo tanto l'esecuzione che indi a pochi mesi il
Galileo, autore di tutte queste ammirabili invenzioni, cadde ammalato et a
gl'8 di Gennaio 1641 Ab Inc.ne mancò di vita, per lo che si raffreddarono
tanto i fervori del Sig.r Vincenzio, che non prima del mese di Aprile del 1649
intraprese la fabbrica del presente oriuolo […]20
18
http://www.treccani.it/enciclopedia/orologi_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/ 19
Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo, op. cit. pag. 80 20
https://catalogo.museogalileo.it/approfondimento/RelazionePendoloViviani.html
20
Figura 7 - Ricostruzione dell'orologio a pendolo di Galileo. Museo Galileo, Firenze
Figura 8 - Orologio a pendolo di Huygens
Nel 1675 Huygens ideò e brevettò anche un orologio da tasca e introdusse la
molla a spirale nel bilanciere, assimilandolo ad un pendolo grazie all’azione
rotatoria della molla che ha oscillazione isocrone.
Gli orologi con il bilanciere migliorarono la navigazione, permettendo un
calcolo più accurato della longitudine. Questi orologi però ancora non erano
sufficientemente precisi, tanto che la marina inglese nel 1714 bandì un
concorso per la costruzione di un orologio marino per determinare
accuratamente la longitudine. Il primo prototipo realizzato, l’H1, fu
presentato da John Harrison nel 1735. Negli anni successivi Harrison
perfezionò il prototipo fino a giungere all’H4, il primo orologio tascabile mai
realizzato.21
21
https://www.rmg.co.uk/discover/explore/longitude-found-john-harrison
21
Figura 9 - Orologio H1 di John Harrison
Figura 10 - Orologio H4 di John Harrison
La produzione dei primi orologi da polso risale alla fine dell'Ottocento. Negli
anni '60 del Novecento compaiono i primi orologi elettronici, nei quali
l'oscillazione del bilanciere come generatore dell'unità di tempo è sostituita
da un oscillatore elettronico al quarzo.
Dalla fine degli anni '50 lo sviluppo della tecnologia e della fisica quantistica
hanno permesso la realizzazione di cosiddetti orologi atomici, che sono
pilotati da una frequenza estremamente stabile, generata dalla risonanza di
alcuni livelli energetici di certi atomi (cesio, idrogeno, stronzio, itterbio,
alluminio). La stabilità di questi orologi è tale che nel 1967 il Comitato
internazionale dei pesi e delle misure ha così definito il secondo: “ Il secondo
corrisponde a 9.192.631.770 cicli di transizione tra due livelli dell’atomo di
Cesio 133.” La stabilità degli orologi atomici di ultima generazione è tale che
raggiunge l’errore di un secondo dopo che sono passati quindici miliardi di
anni.
22
L'elevata precisione di questi segnali di tempo trova applicazione in numerosi
campi della ricerca fisica ed astronomica e nei sistemi di geolocalizzazione,
nella navigazione aerea e in astronautica.22
Figura 11 - Orologio atomico del 1955 presentato alla Columbia University
Figura 12 - Orologio atomico del NIST
22
http://www.lescienze.it/news/2012/03/13/news/orologio_atomico_itterbio_precisione-901334/?refresh_ce
23
2. Il metodo scientifico e le strategie didattiche nella scuola
Nel 2012 il MIUR pubblica le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola
dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”. In questo documento si manifesta
la volontà di formare lo studente in un contesto aperto alla scoperta e
all’indagine per permettere lo sviluppo di un pensiero critico e scientifico.
L’ambiente di apprendimento deve essere configurato in modo da poter
consentire di
realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire
l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa.
Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di lavoro che meglio
incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare,
realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri,
e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia
valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento.23
È infatti in un simile contesto che si apre la possibilità di
favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la
ricerca di nuove conoscenze. In questa prospettiva, la problematizzazione
svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi,
a sollevare domande, a mettere in discussione le conoscenze già elaborate,
a trovare appropriate piste d’indagine, a cercare soluzioni originali.24
Al termine del primo ciclo di istruzione
le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche consentono (allo
studente) di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l’attendibilità
delle analisi quantitative e statistiche proposte da altri. Il possesso di un
pensiero razionale gli consente di affrontare problemi e situazioni sulla base
di elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti delle affermazioni che
riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni
univoche.25
23
MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in Annali dell’istruzione, numero speciale, Le Monnier, 2012, pag. 35 24
Ivi, pag. 34 25
Ivi, pag. 16
24
Ma queste competenze si costruiscono nel tempo e il bambino, fin dalla
scuola dell’infanzia, vive esperienze in grado di formare il pensiero scientifico
e razionale. Al termine del percorso triennale
manifesta curiosità e voglia di sperimentare, interagisce con le cose,
l’ambiente e le persone, percependone le reazioni ed i cambiamenti. […]
Coglie diversi punti di vista, riflette e negozia significati, utilizza gli errori
come fonte di conoscenza. […]
Rileva le caratteristiche principali di eventi, oggetti, situazioni, formula
ipotesi, ricerca soluzioni a situazioni problematiche di vita quotidiana.26
Fra i traguardi per lo sviluppo delle competenze in ambito scientifico al
termine della scuola primaria leggiamo:
l’alunno sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il mondo che
lo stimolano a cercare spiegazioni di quello che vede succedere.
Esplora i fenomeni con un approccio scientifico: con l’aiuto dell’insegnante,
dei compagni, in modo autonomo, osserva e descrive lo svolgersi dei fatti,
formula domande, anche sulla base di ipotesi personali, propone e realizza
semplici esperimenti.27
Ma lo sviluppo di un pensiero critico ed esplorativo non è ritenuto prioritario
solo durante il ciclo di istruzione; è una forma mentis che ogni cittadino deve
acquisire e mantenere durante tutto il corso della vita. È alla base
dell’apprendimento permanente ed è ritenuto fondamentale per relazionarsi
alla mutevolezza della realtà contemporanea.
Il Parlamento e il Consiglio europeo nella Raccomandazione del 2006
definiscono il ruolo dell’istruzione nel garantire ai cittadini le competenze
chiave necessarie per adattarsi con flessibilità ai cambiamenti a cui la società
è sottoposta:
la competenza in campo scientifico si riferisce alla capacità e alla
disponibilità a usare l'insieme delle conoscenze e delle metodologie
possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le
problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati.
La competenza in campo tecnologico è considerata l’applicazione di tale
26
Ivi, pag. 30 27
Ivi. pag. 67
25
conoscenza e metodologia per dare risposta ai desideri o bisogni avvertiti
dagli esseri umani. La competenza in campo scientifico e tecnologico
comporta la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana
e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino.28
È quindi fondamentale che in ogni contesto educativo si creino i presupposti
per impostare una didattica attiva e laboratoriale, in grado di sviluppare e
consolidare l’attitudine alla ricerca e all’indagine basata, come spesso
ricordato all’interno delle Indicazioni nazionali, sul dialogo e la costruzione
condivisa dei saperi.
2.1 Il metodo scientifico da Galileo a Popper29
Il metodo scientifico nasce e si sviluppa nel corso del Seicento in seguito alla
rivoluzione scientifica e getta le basi per la nascita delle scienze moderne. È
grazie a Galileo Galilei che cambia sia il modo di intendere la natura sia il
modo di studiarla.
La natura adesso è vista come ordine oggettivo, privo della dimensione
spirituale; quindi è possibile studiarla scientificamente. Essendo governata da
cause, lo scopo della scienza non è più quello di indagare il fine ultimo dei
fatti, ma solo quello di capire cosa li produce. Questo è possibile perché la
natura è formata da una serie di relazioni causali che sottendono a leggi.
Conoscendo queste leggi, la natura diventa prevedibile.
Quindi la scienza diviene:
28
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 , relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32006H0962 (ultima consultazione 26/02/2019) 29
Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Abbagnano, N., Fornero, G., Protagonisti e testi della filosofia. Volume secondo. Il
rimascimento e l’età moderna, Paravia, Torino, 1996 - Abbagnano, N., Storia della filosofia. La filosofia moderna e contemporanea: dal
Romanticismo all’Esistenzialismo, UTET, Torino, 1993
26
- sapere sperimentale, perché si basa sull’osservazione dei fatti e
perché le sue ipotesi si reggono su basi empiriche. L’esperimento è la
procedura appositamente costruita per verificare le ipotesi;
- sapere matematico: si fonda su misure e calcoli; la fisica ha lo scopo di
descrivere la realtà attraverso relazioni matematiche per consentire
previsioni su fenomeni ancora da studiare;
- sapere intersoggettivo: i procedimenti devono essere condivisi e
accessibili e le scoperte, per essere valide, devono essere controllabili
da ognuno;
- sapere oggettivo: deve riuscire a scoprire le relazioni autentiche fra i
fenomeni. Conoscere le leggi della natura permette di controllarle e di
utilizzarle per raggiungere dei fini.
Galileo non ha solo il merito di aver rivoluzionato il modo di concepire la
natura, ma anche quello di aver individuato ed utilizzato un metodo per
compiere tale rivoluzione.
Il metodo scientifico non è stato codificato da Galileo, ma è stato applicato
nelle sue osservazioni. Tale metodo è ricavabile nei suoi scritti dalle
descrizioni che fa dei suoi lavori; nel Saggiatore (1623), nel Dialogo sopra i
due massimi sistemi del mondo (1632) e nei Discorsi e dimostrazioni
matematiche intorno a due nuove scienze (1638) articola il lavoro scientifico
in due momenti:
- il momento analitico, in cui il fenomeno complesso che si vuole
analizzare viene scomposto nei suoi elementi semplici, quantitativi e
misurabili per permettere la formulazione dell’ipotesi;
- il momento sintetico, che consiste nella verifica e nell’esperimento.
L’esperimento è il momento in cui il fenomeno viene riprodotto in laboratorio
in modo artificiale. Se l’ipotesi supera la prova, allora essa è verificata e può
essere formulata la legge.
Scrive Galileo a Cristina di Lorena:
27
“Pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone
dinanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in
conto alcuno esser revocato in dubbio.”30
Le “sensate esperienze” evidenziano l’importanza del momento osservativo
ed induttivo della scienza, mentre le “necessarie dimostrazioni” quello
ipotetico e deduttivo. Le une e le altre contribuiscono al raggiungimento della
legge generale. Ma l’esperienza deve essere sempre rielaborata in un
contesto matematico: l’esperienza fornisce lo spunto per le ipotesi, ma
queste acquistano validità solo attraverso la conferma sperimentale.
L’esperimento è quindi la sola strada per legittimare l’esperienza e riscriverla
nel linguaggio della matematica.
Altro importante contributo alla teoria della costruzione della conoscenza e
allo sviluppo del metodo scientifico è quello apportato nella prima metà del
XX secolo da Bertrand Russell (Trellech 1872 – Penrhyndeudraeth 1970). Ne
La conoscenza umana, il suo ambito e i suoi limiti (1948) Russell sostiene che
l’origine della conoscenza è da ricercare nelle esperienze individuali, nel
dominio privato dei dati immediati. Non può essere però ridotta solo a tale
dominio; può essere raggiunta solo attraverso l’inferenza, ragionamento
logico che, partendo da una serie di premesse, produce una conclusione.
L’esperienza non è più, come per gli empiristi, un metodo di verifica, ma solo
il punto di partenza da cui si sviluppa la conoscenza.
Nella Logica della scoperta scientifica (1934) Karl Raimund Popper (Vienna
1902 – Londra 1994) espone il suo pensiero ponendo il problema della
falsificabilità di una teoria scientifica.
Per Popper la generalizzazione di una teoria non può essere fondata né sul
numero delle osservazioni effettuate, né sull’eliminazione delle teorie false.
Perciò l’unica alternativa possibile al metodo induttivo è il metodo della
30
Abbagnano N., Fornero, G., Protagonisti, op. cit. pag. 154
28
falsificazione. Le proposizioni scientifiche non possono essere sottoposte a
verifica empirica, ma solo a falsificazione, a forme negative di controllo
empirico. Dalla proposizione universale verrà dedotta una proposizione
singolare che verrà sottoposta al vaglio dell’esperienza. Tale vaglio sarà un
processo di falsificazione e non un processo di verifica: se l’esperienza
conferma la proposizione, l’ipotesi è rafforzata, ma non verificata; se
l’esperienza non conferma la proposizione dedotta, la proposizione
universale risulta falsificata. Una teoria scientifica non potrà quindi mai
essere verificata, ma si potrà preferire una teoria piuttosto che un’altra in
base alla maggiore o minore corrispondenza dei fatti.31
2.2 La didattica attiva e il laboratorio32
La didattica del laboratorio, dell’osservazione partecipata della realtà,
dell’apprendimento collaborativo, affonda le sue radici nelle pratiche
sviluppate e sperimentate nelle cosiddette scuole nuove, che nascono nei
primi anni del Novecento sotto la spinta delle nuove ricerche svolte in ambito
psicologico.
Le idee di John Dewey (Burlington 1859 – New York 1952) influenzano le
scuole attive americane ed europee che mirano a costruire un nuovo modello
di società democratica attraverso la formazione di individui culturalmente e
intellettualmente liberi, con un pensiero critico adeguato a valutare e a
relazionarsi nel mondo contemporaneo.
Nelle scuole nuove le attività pratiche precedono quelle teoriche, la
conoscenza viene costruita partendo dal concreto, dalle necessità contingenti
31
Frabboni F., Pinto Minerva F., Manuale di pedagogia e didattica, Laterza, Bari, 2013 32
Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei processi
formativi, Carocci, Roma, 2007 - Frabboni F., Il laboratorio, Laterza, Bari, 2004 - Pontecorvo C., Ajello A. M., Zucchermaglio, C., Discutendo si impara. Interazione sociale
e conoscenza a scuola, Carocci, Roma, 2004
29
degli alunni e la motivazione viene quindi posta alla base di tutto il processo
formativo. «La didattica attiva vuole promuovere l’alunno in tutte le sue
potenzialità, stimolandolo all’attività, al ragionamento autonomo, alla
sensibilità verso gli altri, attraverso un suo coinvolgimento attivo nelle attività
didattiche.»33
Nella scuola attiva è quindi possibile la realizzazione
«dell’autoapprendimento, dell’autonoma interiorizzazione delle conoscenze,
della libera accumulazione della cultura»,34 come sosteneva che si
sviluppasse e realizzasse l’apprendimento anche lo psicologo svizzero Jean
Piaget (Neuchâtel 1896 – Ginevra 1980).
Anche se le scuole nuove sono rimaste pedagogicamente utopia, hanno
comunque aperto la strada alla realizzazione di ambienti educativi basati sulla
costruzione attiva della conoscenza.
La didattica laboratoriale accoglie anche i contributi che Lev Vygotskij (Orša
1896 – Mosca 1934) dà alla psicologia novecentesca. Nel laboratorio si
costruisce uno scambio sociale in un contesto significativo, si utilizza un
linguaggio condiviso che diviene mediatore semiotico e si costruiscono delle
interazioni sociali fra adulto e bambino che accrescono le competenze
individuali di chi è in apprendimento.
Frabboni definisce la pedagogia laboratoriale individuandone cinque aspetti
significativi, elencati qui di seguito.
- Aspetto scientifico. Nel laboratorio si instaura una dialettica fra azione
e pensiero. L’attività si basa su prassi-teoria-prassi e le esperienze
concrete precedono la teoria poiché la generalizzazione teorica si
ottiene in questo ambiente partendo dai fatti, a posteriori.
Il laboratorio deve essere libero da una didattica aprioristica,
assiomatica e dogmatica.
33
Franceschini G., Insegnanti consapevoli. Saperi e competenze per i docenti della scuola dell’infanzia e di scuola primaria, CLUEB, Bologna, 2012, pag. 142 34
Frabboni F., Il laboratorio, op. cit. pag. 79
30
- Aspetto motivazionale. I laboratori valorizzano i bisogni del soggetto
in apprendimento. In un ambiente strutturato in forma laboratoriale è
più facile per l’insegnante valutare i livelli cognitivi degli alunni e
individuare gli interessi e i bisogni individuali. Il laboratorio stimola la
comunicazione, sviluppando sia le abilità verbali che quelle non
verbali, favorisce la socializzazione, apre la via all’indipendenza
organizzativa e all’autonomia individuale, spinge all’osservazione
diretta della realtà e alla voglia di esplorare e accende la fantasia.
- Aspetto sperimentale. Il laboratorio è un ambiente flessibile,
sperimentale, in grado di modellarsi sulle richieste dei molteplici
modelli di innovazione didattica. Non utilizza modelli operativi basati
su teorie dell’apprendimento univoche e questo permette di
realizzare esperienze trasferibili.
- Aspetto cognitivo. Nei laboratori si costruisce una conoscenza basata
su un triangolo cognitivo: ri-produzione, ri-costruzione, re-invenzione.
Ri-produzione delle conoscenze: è il momento
dell’acquisizione degli alfabeti di base delle discipline, delle
padronanze metacognitive fondamentali per comunicare,
osservare e capire.
Ri-costruzione delle conoscenze: è la fase
dell’approfondimento delle conoscenze di base, della
rielaborazione del sapere trasmesso e dell’integrazione nelle
conoscenze pregresse.
Re-invenzione e trasgressione delle conoscenze: è il momento
creativo, dove la rielaborazione si trasforma in contributo
personale e originale, magari anche in opposizione alle
nozioni acquisite in precedenza.
È quindi in questo contesto che meglio si sviluppano conoscenze
disciplinari e competenze trasversali ai singoli saperi disciplinari.
31
- Aspetto investigativo: attraverso i laboratori possono essere
effettuate ricerche, andando oltre la metodologia didattica esclusiva
della lezione.
Frabboni individua anche alcuni segni distintivi dei laboratori, che riporto qui
di seguito.
- La polifunzionalità: il laboratorio è un ambiente polivalente che si
costituisce anche spazialmente con delle caratteristiche peculiari. La
tradizionale architettura scolastica viene stravolta per permettere
l'apprendimento collettivo e si riconfigura in base alle esigenze degli
alunni che cambiano in base all’età. Nella scuola dell'infanzia e nei
primi anni della scuola primaria gli spazi di laboratorio dovrebbero
essere organizzati in angoli didattici e in centri di interessi, mentre nel
triennio conclusivo della scuola primaria e nella scuola secondaria di
primo e di secondo grado gli spazi di laboratorio di interclasse
dovrebbero divenire aule specializzate e laboratori multidisciplinari.
Anche gli spazi aperti dovrebbero essere attrezzati ed utilizzati per
attività laboratoriali.
- Il plurilinguismo: nei laboratori ogni codice comunicativo acquista la
stessa importanza, sradicando la tradizionale graduatoria tassonomica
presente all'interno degli ambiti scolastici. I codici comunicativi che
tradizionalmente sono considerati di livello più alto sono quelli della
parola orale e scritta; nei laboratori invece viene riscoperto e
valorizzato il codice iconico, gestuale, grafico, sonoro, motorio ed
informatico. Ogni linguaggio acquista pari dignità all’interno della
tassonomia dei codici comunicativi.
- L’interdisciplinarità: i laboratori sono spazi interdisciplinari che
generano competenze trasversali ponendo gli allievi in situazioni
problematiche che stimolino una risposta inventiva e attiva favorendo
nel contempo lo sviluppo di un pensiero divergente e creativo.
32
- La progettualità: il laboratorio è luogo di realizzazione della
progettazione educativa e didattica. Qui possono essere realizzati sia i
progetti di ricerca previsti dai collegi dei docenti, sia le unità
didattiche e i progetti didattici.
2.3 Metodologie didattiche
Le tecniche didattiche, i mezzi, sono l’espressione concreta dei fini che
intendono raggiungere; le finalità educative sono a loro volta sintesi dei
metodi educativi necessari a raggiungerle. 35
Come è possibile intuire dalla citazione, una volta stabilite le finalità
educative che si vogliono perseguire, è necessario individuare e selezionare i
mezzi adeguati per raggiungerle. Ma non basta però individuare le finalità
educative, ma è altrettanto importante conoscere il gruppo a cui è rivolta
l’azione educativa e il contesto in cui si opera.
Passiamo adesso in rassegna le principali strategie didattiche individuate da
Calvani:36
- Lezione: nella didattica contemporanea, la lezione è legata alla
modalità trasmissiva delle conoscenze in cui il docente espone il
contenuto che viene interiorizzato passivamente dall’allievo. Oggi ha
perso la componente dialettica che la caratterizzava in epoca
medioevale, quando era incentrata su uno scambio di opinioni fra il
maestro e gli allievi.
Si sono conservate però alcune tipologie di lezione contraddistinte dal
carattere dialogico e partecipativo o lezioni con funzione di introdurre
un argomento che verrà poi affrontato con tecniche diverse, o lezioni
35
Franceschini G., Borin P., Il curricolo nella scuola dell’infanzia. Prospettive di ricerca e modelli operativi, Carocci Editore, Roma, 2014, pag. 23 36
Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei processi
formativi, Carocci, Roma, 2007
33
impostate sul racconto, dove si utilizzano supporti comunicativi di
varia natura, visivi, multimediali, sonori.
- Modellamento/apprendimento: l’insegnante è al centro dell’azione
didattica. La sua funzione è quella di mostrare come deve essere
fatto, e l’apprendimento avviene per imitazione. È una sorta di
apprendistato in cui l’apprendista è messo in un contesto concreto e
imita il maestro più esperto fino a quando non ha raggiunto il grado di
autonomia desiderato.
- Approccio tutoriale drill & practice: è una metodologia di origine
comportamentista caratterizzata da tre componenti fondamentali:
presentazione all’allievo delle informazioni e richiesta di risposte
frequenti; invio immediato di feedback sulle risposte date;
apprendimento individualizzato, seguendo il ritmo di apprendimento
dell’allievo.
L’apprendimento è diviso in varie sequenze, ognuna calibrata per
raggiungere un determinato obiettivo formativo. Il passaggio da una
sequenza all’altra è subordinato all’acquisizione della competenza
richiesta. In questo modo l’abilità viene acquisita gradualmente
seguendo i tempi propri di chi apprende.
Anche questo approccio ha carattere direttivo, l’allievo rimane in una
posizione passiva, è il ricevente delle informazioni.
- Discussione: è basata sullo scambio-confronto di idee fra l’allievo e il
docente e fra allievi. Spesso la discussione è utilizzata per verificare la
riuscita di una lezione espositiva.
La discussione è un dispositivo fondamentale per gli approcci
educativi che vedono nell’interazione sociale il momento chiave del
processo formativo.
In questa metodologia didattica il docente diviene facilitatore e gli
studenti hanno un ruolo attivo.
34
- Studio del caso: unisce le principali caratteristiche della lezione, della
narrazione e della simulazione. L’insegnante presenta una situazione
reale o verosimile che deve essere analizzata. Esistono tre tipologie di
studio del caso:
casi orientati alla presa di decisioni: gli studenti sono chiamati
a prendere alcune decisioni dopo che sono state presentate
situazioni problematiche da risolvere;
casi orientati all’individuazione e analisi di problemi, in cui gli
studenti devono analizzare e valutare le situazioni senza però
dover prendere delle decisioni;
casi di situazioni già concluse, che vengono presentate come
modello esemplificativo.
Lo studio del caso riesce a porre lo studente di fronte ad una
situazione verosimile, ma richiede una preconoscenza del dominio che
viene analizzato.
- Apprendimento di gruppo: fanno parte di queste metodologie sia
l’apprendimento cooperativo sia l’insegnamento reciproco e il
tutoraggio. Il processo di apprendimento è strutturato in un contesto
sociale e si basa sul lavoro di gruppo. Questo metodo è stato
formulato da Dewey, ma è stato sostenuto anche da Piaget che
sosteneva l’importanza del conflitto socio-cognitivo
nell’apprendimento.
I gruppi di apprendimento possono essere formati con vari criteri: in
modo casuale, per interessi comuni, per livelli di abilità o per integrare
varie competenze necessarie alla riuscita del lavoro.
Il numero dei componenti del gruppo va stabilito con cura, perché
gruppi troppo numerosi rischiano di non lavorare bene, mentre gruppi
troppo esigui possono non avere le competenze necessarie. Con allievi
piccoli è auspicabile che il gruppo non superi le 3/4 unità.
35
Anche il peer tutoring rientra fra le modalità di apprendimento di
gruppo. Il tutor, che è un compagno di chi sta apprendendo, lavora
nella zona di sviluppo prossimale dell’allievo.
- Problem solving e scoperta guidata: il problem solving si basa sulle
problematiche che si presentano nella vita reale. L’apprendimento
avviene tramite la presentazione di una situazione problematica a cui
deve essere trovata una soluzione formulando ipotesi e facendo
tentativi di verifica.
Esistono diverse tipologie di problemi che vengono utilizzati nel
problem solving e diverse modalità per risolverli, in base anche alla
tipologia del soggetto in apprendimento.
Le modalità di risoluzione di un compito di problem solving variano
anche in base all’esperienza del soggetto in apprendimento: chi ha
esperienze maggiori è in grado di eliminare le informazioni inutili,
concentrandosi sulle variabili necessarie alla risoluzione del compito.
La scoperta guidata si pone in una situazione intermedia fra problem
solving e approcci più direttivi. In questo caso può essere fatta la
scelta di lasciare solo determinate variabili, concentrando gli sforzi
solo su determinati aspetti. La guida per la risoluzione di un compito
può essere affidata anche ad un compagno, oltre che al docente.
- Simulazione e role playing. La simulazione ha una valenza concettuale
e teorica e può presentarsi in vari gradi, fino ad arrivare all’utilizzo di
simulatori.
Il role playing prevede che i soggetti in apprendimento ricoprano dei
ruoli, identificandosi con dei personaggi e comportandosi
conseguentemente. Il role playing è una metodologia difficilmente
utilizzabile con bambini piccoli perché richiede un notevole sforzo di
identificazione e di riflessione su emozioni e atteggiamenti.
- Progetto e metodologia della ricerca. Questo metodo affonda le
radici nell’attivismo di Dewey e viene successivamente riscoperto in
36
ambito costruttivista. Diviene una sorta di problem solving continuo:
chi apprende formula domande, fa previsioni, discute idee, raccoglie e
analizza dati, trae conclusioni che poi condivide con altri. L’attività
progettuale si conclude con la realizzazione di un prodotto che deve
soddisfare i criteri stabiliti nella fase iniziale. L’insegnante ha un ruolo
di supporto.
- Espressione libera, brainstorming. Ogni soggetto è lasciato libero di
esprimere le proprie opinioni. La situazione più classica consiste nel
proporre un tema e lasciare esprimere con assoluta libertà chi sta
apprendendo. L’unico vincolo è quello dell’attinenza al tema.
Ogni strategia presentata risulterà più o meno efficace in base ai contesti di
apprendimento e alla tipologia di nozione che si vuole trasmettere.
Se devono essere apprese abilità pratiche, ad esempio, è utile l’impiego di
modalità di insegnamento basato sul modellamento; se invece la nozione da
apprendere ha una struttura cognitiva non complessa, sarà utile utilizzare
una metodologia di taglio comportamentale come quella della drill &
practice. Se il compito è più complesso può essere utilizzata una modalità
basata sul problem solving o sulla scoperta guidata; se invece si richiede di
apprendere modalità di gestione dei rapporti interpersonali, le metodologie
più idonee sono quelle basate sulla discussione, lo studio dei casi e il role
playing.
37
3. Lo sviluppo del concetto di tempo nel bambino e la
“didattica del tempo”
Prima di poter realizzare degli incontri efficaci per aiutare i bambini a
relazionarsi con i concetti di durata, di fluire del tempo e di misura del tempo,
è necessario soffermarsi su come il bambino si costruisca un senso del tempo
e su come questo si evolva e cresca con l’età del bambino.
È altrettanto fondamentale capire quali approcci didattici utilizzare, quali
nozioni e concetti introdurre, quale programmazione adottare e quali
strumenti impiegare per progettare un intervento didattico adeguato alle
reali esigenze cognitive degli allievi.
Presentare nozioni che non possono essere interpretate e decifrate per
mancanza di strutture logiche adeguate non produce apprendimento, ma può
portare alla formazione di modelli mentali errati difficilmente rimovibili in
seguito.
Va quindi capito come e quando proporre l’intervento didattico, in modo da
agire nella zona di sviluppo prossimale teorizzata da Vygotskij, scegliendo
sfide intellettuali che si collochino ad un livello superiore rispetto a quello che
il bambino sa fare, ma sempre considerando ciò che in quel momento è in
grado di comprendere.37
3.1 Gli studi psicologici sullo sviluppo del concetto di tempo e di
durata nel bambino
Nel bambino, «il senso della temporalità si sviluppa in stretta connessione
con lo sviluppo del senso della propria identità e della capacità di delimitare i
propri confini rispetto all’esterno.»38
Proprio per l’importanza del concetto di tempo nello sviluppo della
personalità del bambino, molte ricerche sono state improntate sullo studio
37
Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo. Un'introduzione, RaffaelloCortinaEditore, Milano, 2005, EAN: 9788870789638, pag. 230 38
Sandri P., La didattica del tempo convenzionale. Riflessioni e percorsi per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, FrancoAngeli, Milano, 2008, pag. 7
38
delle origini della percezione temporale e sullo sviluppo cognitivo del tempo;
una delle prime e più ampie è sicuramente quella effettuata da Jean Piaget, i
cui risultati sono stati editi nel 1946.
Piaget inizia ad interessarsi alla genesi del concetto di tempo dopo aver
incontrato Albert Einstein. Questo incontro lo porterà a riflettere
sull’intuizione soggettiva del tempo e sul legame di quest’ultima con la
velocità, come scrive Maria Silvia Barbieri nell’introduzione al libro Lo
sviluppo della nozione di tempo nel bambino.39
Piaget «ritiene che non vi sia, da parte del bambino, alcuna intuizione
primaria del tempo e della durata, ma che la valutazione della durata derivi
sempre da un rapporto fra lavoro compiuto (spazio percorso) e la velocità
con cui tale lavoro è stato compiuto. Nel bambino preoperatorio40 tale
relazione tra spazio/lavoro e velocità non è ancora stabilità, abbiamo così la
tipica confusione fra il tempo impiegato e spazio percorso.
La velocità viceversa rappresenta per il bambino un'intuizione primaria
dapprima legata alla percezione del mobile che ne raggiunge o ne sorpassa
un altro, per poi diventare, nel corso dell'evoluzione operatoria, rapporto fra
il lavoro compiuto il tempo impiegato.»41
«Il tempo è la coordinazione dei movimenti: che si tratti degli spostamenti
fisici, o movimenti nello spazio, o di quei movimenti interni costituiti dalle
azioni appena abbozzate, anticipate o ricostruite dalla memoria, il tempo
gioca nei loro riguardi lo stesso ruolo dello spazio rispetto agli oggetti
immobili. […]Lo spazio è un'istantanea scattata sul tempo e il tempo è lo
spazio in movimento, mentre tutti e due costituiscano, con la loro unione,
l'insieme dei rapporti di inclusione e di ordine che caratterizzano gli oggetti
e i loro spostamenti.»42
Piaget indaga, oltre allo sviluppo della nozione del tempo fisico, con i relativi
concetti di successione, simultaneità, durata, anche quello del tempo vissuto,
in relazione al concetto di età e di percezione delle durate.
39
Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, La nuova Italia, Firenze, 1979, ISBN: 9788822126191 40
Il periodo preoperatorio per Piaget è quello compreso fra i 2 e i 7 anni. Schaffer, H. R., Psicologia dello sviluppo. Un'introduzione, op. cit, pag. 190 41
Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, op. cit. pag. XIV 42
Ivi, pag. 6
39
Dopo aver sottoposto bambini di età compresa fra i 4 e i 9 anni ad alcuni test,
Piaget individua tre stadi di sviluppo della nozione di tempo. Nel primo stadio
la successione temporale si confonde con quella spaziale. «Il tempo è locale,
nel duplice senso di un tempo non generale, ma variante da un movimento
all’altro e di un tempo che si confonde con l’ordine spaziale proprio di ogni
spostamento nel senso positivo del percorso.»43
«Anche la nozione di età viene interpretata spazialmente, poiché le
disuguaglianze di crescita aboliscono la comprensione dell’ordine di
successione delle nascite.»44
Nel secondo stadio, il bambino considera il tempo che scorre durante
un’azione e inizia a compiere una prima differenziazione fra ordine temporale
e ordine spaziale. Pur essendo ancora legato all’intuizione, il bambino riesce a
dissociare l’ordine temporale dall’ordine spaziale.45
Nel terzo stadio si raggiunge infine il tempo operatorio, che diviene tempo
reversibile; la durata adesso diviene il rapporto, qualitativo o metrico, tra lo
spazio percorso e la velocità.
Molti psicologi, dopo Piaget, hanno affrontato lo studio della percezione del
tempo nel bambino e nell’adulto. Paul Fraisse, psicologo francese, ha avuto
posizioni diverse rispetto a Piaget sullo sviluppo della percezione del tempo e
delle durate. Fraisse sostiene che esista un’intuizione primitiva di durata
basata sul numero di cambiamenti percepiti nel corso della durata stessa.
Fraisse ritiene che la velocità non sia un indice primario su cui si costruiscono
i giudizi di durata, ma solo uno dei possibili indici. La differenza fra adulto e
bambino è che il bambino ha a disposizione pochi indici su cui basare le
proprie stime, mentre l’adulto è in grado di interpolare i dati provenienti da
più indici per effettuare stime più accurate. Per Fraisse, le prime intuizioni di
43
Ivi, pag. 272 44
Ivi, pag. 273 45
Ivi, pag. 275
40
durata si hanno già nel bambino molto piccolo. In questo caso la durata è il
tempo che si frappone fra l’insorgenza di un bisogno e il suo appagamento.
Fraisse dimostra che già i bambini di 5 anni sono in grado di valutare le durate
e di paragonarle quando non sono proposti loro dati percettivi fuorvianti. Ad
esempio, i bambini riescono a valutare correttamente le durate di due oggetti
in movimento che si spostano nella stessa direzione o in direzioni opposte,
ma falliscono quando i due oggetti vengono spostati con velocità differenti.
Altri autori, come Iris Levin46 e Jacques Montangero47, muovono delle critiche
metodologiche a Piaget sostenendo che variabili empiriche influiscono sul
risultato. Spesso l’incapacità del bambino di risolvere una prova viene letta da
Piaget come mancanza di strutture logiche per risolverla e non come
mancanza di familiarità con il compito assegnato.48
3.2 La didattica del tempo nella scuola dell’infanzia e nella scuola
primaria.49
La consapevolezza dell’importanza che la dimensione temporale ha nello
sviluppo dell’identità del bambino ha portato nel corso degli anni a far sì che
molti pedagogisti si siano interrogati sulle metodologie più adeguate per
affrontare una didattica del tempo.
Sfogliando le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e
del primo ciclo d’istruzione del 2012, è evidente come la dimensione dello
sviluppo temporale nel bambino rientri fra le finalità educative fin dalla
46
Levin I., The Development of Time Concepts in Young Children: Reasoning about Duration, in Child Development, 1977, 48(2), pagg. 435-444. 47
Montangero J., The relationship of time, speed, and distance in the child, in L'Année Psychologique, 1979, 79(1), pagg. 23-42 48
Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, op. cit., pagg. XIV-XIXX 49
Le argomentazioni di questo paragrafo sono tratte da:
Bartolini Bussi M.G., Verso il concetto di tempo. Prima parte, in Bambini, 9/1988 http://www.comune.torino.it/centromultimediale/bambini/pdf/8809_bussia.pdf
Bartolini Bussi M.G., Verso il concetto di tempo. Seconda parte, in Bambini, 10/1988 http://www.comune.torino.it/centromultimediale/bambini/pdf/8810_bussi.pdf
Sandri P., La didattica del tempo convenzionale. Riflessioni e percorsi per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, Franco Angeli, Milano, 2008
41
scuola dell’infanzia e come sia presente in modo trasversale in tutte le
discipline.
I bambini «osservando il proprio movimento e quello degli oggetti, ne
colgono la durata e la velocità, imparano a organizzarli nello spazio e nel
tempo e sviluppano una prima idea di contemporaneità.»50
Alla fine della scuola dell’infanzia il bambino «riferisce correttamente eventi
del passato recente; sa dire cosa potrà succedere»51, «dimostra prime abilità
di tipo logico, inizia ad interiorizzare le coordinate spazio-temporali.»52
Al termine della scuola primaria il bambino «usa la linea del tempo per
organizzare informazioni, conoscenze, periodi e individuare successioni,
contemporaneità, durate, periodizzazioni,»53 è in grado di «comprendere la
funzione e l’uso degli strumenti convenzionali per la misurazione e la
rappresentazione del tempo (orologio, calendario, linea temporale…)»54,
«osserva, legge e analizza sistemi territoriali vicini e lontani, nello spazio e nel
tempo»55. «Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,
registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali.»56 Inoltre,
«l’alunno acquisisce consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio
corpo e la padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo
adattamento alle variabili spaziali e temporali contingenti.»57
3.2.1 Il tempo lineare e ciclico
Per riuscire ad aiutare il bambino a costruire dei punti di riferimento
temporali per acquisire la capacità di orientarsi nel tempo, è necessario
soffermarsi su alcuni aspetti generali del problema.
50
MIUR, Indicazioni nazionali, op. cit. pag. 28 51
Ivi, pag. 29 52
Ivi, pag. 30 53
Ivi, pag. 53 54
Ivi, pag. 54 55
Ivi, pag. 58 56
Ivi, pag. 67 57
Ivi, pag. 77
42
Il concetto di tempo è una costruzione sociale e culturale, che cambia da
epoca a epoca e da cultura a cultura. Il bambino costruisce la propria visione
della realtà grazie ad un apprendimento sociale, attraverso strumenti che
l’ambiente mette a disposizione, come già sosteneva Lev Vygotskij nel 1934.58
Il modello di tempo che la società occidentale propone ai bambini è quello di
tempo metrico di matrice newtoniana.
Esso è:
assoluto: non dipendente dalle azioni umane o naturali;
omogeneo: non varia nessuno dei suoi aspetti;
uniforme: trascorre con una velocità costante;
lineare: si sviluppa in linea retta, gli eventi seguono un ordine;
continuo: gli istanti si comportano come i punti di una retta;
irreversibile: procede sempre nella stessa direzione;
misurabile: è possibile determinare un’unità di misura per gli intervalli
di tempo.
Insieme a questo modello coesiste un modello di tempo ciclico, quello
utilizzato per definire la scansione dì/notte, i giorni della settimana, i mesi e
le stagioni.
Si verifica quindi una commistione fra successione irreversibile dei fenomeni
e ricorrenza. L’orientamento del tempo fissato su di una retta permette una
relazione di ordine59 fra tutti i punti distinti della retta, ma questo non è
altrettanto consentito se l’orientamento temporale è fissato su una
circonferenza. Ad esempio è possibile stabilire che se un avvenimento A è
58
Lo sviluppo cognitivo per Vygotskij è essenzialmente un processo sociale. I bambini non devono “iniziare da zero ad inventare il mondo. […] essi beneficiano della saggezza accumulata dalle generazioni precedenti e non potrebbe essere altrimenti per via delle interazioni con i loro caregiver. Ogni generazione si appoggia su quella precedente”. Gli strumenti culturali psicologici e tecnologici vengono trasmessi da una generazione all’altra ed esercitano congiuntamente la loro influenza sul bambino. Cif. Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo, op. cit. pagg. 223-224 59
La relazione d’ordine (largo) in un insieme A è dotata delle seguenti proprietà: 1) riflessiva: a R a per ogni a A 2) antisimmetrica: se valgono a R b e b R a, allora a=b. 3) transitiva: se a R b e b R c, allora a R c.
Anichini G., Conti G., Calcolo I. funzioni di una variabile. Pitagora Editrice, Bologna, 1996, pag.32
43
accaduto prima di un avvenimento B e B prima di C, allora A è avvenuto
prima di C. Ma nel momento in cui utilizziamo un ordine ciclico, questo non è
più vero, ad esempio martedì può essere considerato sia prima sia dopo
lunedì. Quindi quando i bambini si relazionano con il tempo devono essere in
grado di utilizzare un modello piuttosto che l’altro e discernere quale sia più
adeguato a quel determinato contesto.
3.2.2 Il tempo e il linguaggio
Ogni esperienza è mediata e influenzata dai modi di rappresentazione propri
di ogni cultura. Secondo il cognitivismo socioculturale, «l’apprendimento si
sviluppa come processo di internalizzazione, ossia come un percorso che va
dall’esterno verso l’interno, dai processi sociali all’individuo; concetti e
nozioni oggetto di conversazioni sono progressivamente integrati nelle
strutture cognitive interne dell’individuo. L’internalizzazione costituisce la
base per la costruzione del pensiero.»60
Può però accadere che un bambino utilizzi correttamente termini temporali
senza avere un concetto di tempo: l’uso di vocaboli fortemente collegati con
il contesto esperienziale non è un indicatore adeguato per valutare la
padronanza delle strutture logiche.
È quindi fondamentale indagare sul significato che viene attribuito ai termini
da chi li utilizza. Uno dei fraintendimenti più frequenti nei bambini è quello di
confondere la parola tempo con il tempo meteorologico.
«Può accadere che i bambini adeguino alle loro conoscenze le parole per loro
sconosciute che ascoltano dagli adulti, traducendole con parole del
vocabolario che già conoscono. […] Un ostacolo alla comprensione del
significato di una parola può essere costituito dalla presenza di parole
60
Calvani A. (a cura di), Bonaiuti G., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei dispositivi formativi, Carocci editore, Roma, 2016, pag. 48
44
polisemiche: l’allievo deve sapere che la parola può assumere significati
diversi e saper individuare il significato più adeguato al contesto.»61
L’esperienza temporale del bambino deve quindi procedere congiuntamente
all’acquisizione del lessico adeguato. Le categorie fondamentali individuate
dalla Bartolini Bussi sono:
- riferimenti temporali (nomi di giorni della settimana, dei mesi, delle
stagioni, le parole legate alla misura del tempo…);
- gli avverbi di tempo (ora, adesso, ormai, subito, prima, dopo, sempre,
spesso, talora, ancora, tuttora, già, mai, presto, tardi, oggi, domani,
stamani, recentemente, successivamente);
- le congiunzioni temporali (quando, mentre, come, prima, appena, finché,
che);
- le costruzioni sintattiche;
- i tempi dei verbi.
3.2.3 Il tempo e la misura
Nella nostra cultura la gestione e l’organizzazione del tempo passano
attraverso gli strumenti di misura. Concettualmente essi si basano sulla
ricorrenza dei fenomeni periodici, sulla scelta dell’unità di misura basata sulla
durata di due successive fasi del fenomeno e sulla divisione dell’unità di
misura in multipli e sottomultipli.
Già nella scuola dell’infanzia i bambini sono in grado di comprendere la
funzione degli strumenti di misura del tempo, ma non riescono a leggerli
adeguatamente perché ancora non hanno raggiunto lo sviluppo delle
operazioni mentali.62
61
Zan R., I problemi di matematica. Difficoltà di comprensione e formulazione del testo, Carocci Faber, Torino, 2016, pag. 50 62
Per Piaget le operazioni mentali sono proprie dello stadio operatorio concreto, che il bambino raggiunge intorno ai 6/7 anni. È in questa fase che i bambini riescono a:
- seriare: ordinare mentalmente gli elementi utilizzando criteri di volta in volta diversi; - classificare: dividere gli oggetti in vari gruppi in base a certi parametri e individuare le
relazioni fra gruppi;
45
Nella scuola primaria i bambini acquistano le capacità necessarie per lavorare
sulla misurazione del tempo. Leggere il tempo richiede la stessa capacità di
leggere i numeri.
Per misurare il tempo, così come per misurare qualunque grandezza, la prima
operazione che è necessario saper fare è quella relativa al confronto. I
bambini quindi dovranno iniziare a confrontare la durata dei fenomeni e delle
azioni con inizio simultaneo o non. È da questi primi esperimenti che i
bambini comprendono l’importanza dell’unità di misura. Questa inizialmente
può essere assunta in modo arbitrario, ma comunque condivisa dal gruppo;
poi si adottano le unità di misura convenzionali.
Per poter misurare è necessario riconoscere una regolarità in ciò che viene
misurato. Per poter misurare il tempo è indispensabile individuare fenomeni
che si ripetono regolarmente o che scorrono a velocità costante e che
possono quindi essere considerati unità di misura temporali. Questi fenomeni
possono essere riprodotti con strumenti di misura come il pendolo, la
clessidra a sabbia o ad acqua. Per costruire nel bambino il concetto di tempo
è estremamente utile utilizzare questi strumenti affiancandoli a quelli
convenzionali, come orologi e cronometri. Questa pratica consente di
confrontare le misure, riflettere sull’uso delle unità di misura convenzionali
costruendo nel bambino i concetti di convenzionalità, stima, misura e
approssimazione.
- sviluppare l’idea di numero: la numerazione diventa una procedura arbitraria e i numeri
sono cambiabili. Si sviluppa anche l’invariabilità del numero. Cif. Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo, op. cit. pagg. 200-201
46
3.2.4 Le misconcezioni nella didattica delle scienze63
La conoscenza di ognuno è costituita da immagini mentali. L’immagine
mentale è «il risultato figurale o proposizionale prodotto da una
sollecitazione interna o esterna.»64
Essa è influenzata dalla cultura di appartenenza, dallo stile personale di
apprendimento e viene elaborata per lo più involontariamente. L’insieme
delle immagini mentali costituisce il modello mentale di un concetto.
L’immagine mentale viene ritenuta stabile e definitiva fino a che non
sopraggiungono nuove informazioni non contenute nel modello mentale
precedente. A quel punto le nuove informazioni vengono inserite nel vecchio
modello e viene creata una nuova e più ampia immagine mentale. Questa
integrazione e modifica dei modelli è possibile quando in chi apprende si
genera un conflitto cognitivo interno.
Ciò che genera il conflitto è quindi una misconcezione, un concetto
inadeguato.
«La misconcezione è un concetto errato e dunque costituisce genericamente
un evento da evitare; essa però non va vista sempre come una situazione del
tutto negativa: non è escluso che per poter raggiungere la costruzione di un
concetto, si renda necessario passare attraverso una misconcezione
momentanea, ma in corso di sistemazione.»65
Quando un’immagine riesce ad accogliere tutte le argomentazioni e le
informazioni nuove che vengono proposte, diventa stabile e forma il modello
del concetto.
63
Le argomentazioni di questo paragrafo sono tratte da: D’Amore B., Sbaragli S., Analisi
semantica e didattica dell’idea di “misconcezione”. In La matematica e la sua didattica, 2, 2005.139-163. http://www.dm.unibo.it/rsddm/it/articoli/damore/518%20Analisi%20semantica%20e%20didattica.pdf (24/02/2019) 64
Ivi, pag. 14 65
Ivi, pag. 15
47
Il modello si forma nel momento giusto ed è quello previsto per quella
determinata conoscenza, allora l’azione didattica ha funzionato
correttamente e lo studente si è costruito il modello atteso del concetto.
Se invece il modello si forma troppo presto, quando l’immagine non è ancora
quella corretta, il modello errato che si è creato ostacolerà il raggiungimento
del giusto concetto e minerà gli apprendimenti futuri.
«L’esplicitazione, da parte dell’allievo, di una misconcezione avviene con
quella segnalazione di un malessere cognitivo che si chiama usualmente e
banalmente “errore”: lo studente sbaglia, cioè non dà la risposta attesa
dall’insegnante.»
È quindi fondamentale capire per l’insegnante perché l’errore si è verificato
in modo da fornire agli allievi gli strumenti necessari per rimuovere la
misconcezione che sta dietro all’errore.
Alcune delle misconcezioni che ho riscontrato nei bambini della scuola
dell’infanzia e nella scuola primaria sono state:
- Una massa maggiore ha una velocità minore rispetto ad una massa
minore; questa affermazione è stata fatta da un bambino della scuola
primaria riferendosi al movimento del pendolo. Secondo l’alunno il
pendolo avrebbe oscillato più velocemente con il peso posto
all’estremità più leggero.
- Una distanza maggiore è percorsa in un tempo maggiore. Sempre
nella scuola primaria, i bambini ritenevano che il pendolo avrebbe
impiegato più tempo a compiere un’oscillazione più ampia rispetto ad
una di ampiezza minore.
- La Terra ruota intorno al Sole in un giorno
- La terra che ruota intorno al Sole non è il pianeta, ma il suolo
- Le ore notturne non vengono considerate parte del giorno
48
49
4. L’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella
scuola primaria
4.1 Premessa
La scelta di realizzare due interventi didattici sul concetto di tempo, uno nella
scuola dell’infanzia e uno nella scuola primaria è nata da una serie di
considerazioni che ho fatto negli anni durante il percorso di tirocinio diretto.
Spesso i bambini rivolgono domande, talvolta anche implicite, sul tempo, sul
suo trascorrere, sulla durata dei fenomeni.
In molteplici occasioni i bambini della scuola primaria mi hanno chiesto
quanto mancasse alla ricreazione o all’uscita da scuola e quando rispondevo
che mancavano cinque minuti oppure due ore, i bambini puntualmente
chiedevano se fosse tanto o poco. Inizialmente ho pensato che la domanda
nascesse dal fatto che non sapessero leggere l’orologio e quindi non avessero
consapevolezza di che ora fosse in quel momento, ma poi ho constatato che
in realtà erano perfettamente in grado di dire che ora fosse guardando
l’orologio che avevano in classe.
In altre occasioni ho osservato la maestra che assegnava un compito dicendo
ai bambini che avevano a disposizione per realizzarlo un determinato lasso di
tempo. Difficilmente i bambini riuscivano a completare il lavoro nel tempo
assegnato o lo sfruttavano completamente.
Nella scuola dell’infanzia mi sono accorta che i bambini avevano difficoltà non
solo a gestire gli intervalli di tempo brevi, ma anche a stimare le durate di
fenomeni più lunghi, come le settimane, i mesi, gli anni o a capire la ciclicità
di alcuni fenomeni come l’alternanza del giorno e della notte o delle stagioni.
Mi sono quindi chiesta per quale motivo avessero queste difficoltà, se ciò
potesse essere legato a un’evoluzione cognitiva dei bambini o se invece
dipendesse solo dal fatto che, pur essendo immersi nel flusso del tempo, non
ne avessero mai fatto delle esperienze concrete.
50
Ho pertanto cercato di progettare due interventi didattici, uno per i bambini
di cinque anni della scuola dell’infanzia e uno per i bambini della seconda
classe della scuola primaria, che si basassero sull’osservazione dei fenomeni,
cercando di rendere concreto, tangibile e osservabile un concetto
relativamente astratto come quello di durata.
4.2 Il progetto didattico
«Un progetto è l’ideazione per lo più accompagnata da uno studio relativo
alla possibilità di attuazione o di esecuzione.»66
«Un progetto implica la definizione di specifici obiettivi di conseguimento e
un'organizzazione di risorse, tempo, energie, per conseguire il risultato.»67
L’azione della progettazione viene messa in atto quando l’attuazione non è
pianificabile in ogni aspetto a priori, ma sono previsti margini di
cambiamento. Il progetto è flessibile, adattabile alle nuove esigenze che
ipoteticamente possono presentarsi.
Uno dei modelli di progettazione educativa più utilizzati fin dagli anni ’60 è
quello identificato dall’acronimo ADDIE.68 Questo modello prevede lo
sviluppo del progetto in cinque fasi: la fase preliminare di analysis, che
comporta un lavoro di valutazione delle condizioni di partenza relativo al
contesto, alle risorse, agli obiettivi, all’utente; una fase di design, che termina
con la stesura del progetto, documento che raccoglie gli intenti da
conseguire, le metodologie da adottare e le valutazioni; una fase di
development, in cui si predispone il contesto per l’attuazione; una fase di
implementation, in cui vengono attuate le azioni progettate; una fase di
evaluation in cui si valutano i risultati.
66
Devoto G., Oli G., Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana 2007. Le Monnier, Varese, 2006, ISBN: 8804555068 67
Calvani A., Menichetti L., Come fare un progetto didattico. Gli errori da evitare, Carocci, Roma, 2015, ISBN: 9788874667369, pag. 17 68
Ivi, pag. 44
51
«In generale in un progetto si possono distinguere tre aspetti principali: il
grado di strutturazione interna, più o meno rigida o flessibile; la natura più o
meno complessa degli obiettivi da conseguire, valutabili secondo indicatori di
varia natura e affidabilità; la tempistica assegnata alla valutazione dei
risultati, che può essere più o meno immediata o procrastinata nel tempo.»69
Il progetto didattico rappresenta quindi il possibile sviluppo del processo di
apprendimento, analizzandolo in tutte le sue fasi. Ha lo scopo di evidenziare i
cambiamenti prodotti nell’allievo dalle azioni didattiche cui è sottoposto. Il
progetto può mirare a produrre accrescimenti nelle abilità motorie, cognitive,
sociali o emozionali.
Perché un progetto sia ben costruito, l’allievo non deve possedere in
partenza le abilità che il progetto intende promuovere e alla fine del percorso
deve poter essere verificabile un cambiamento verso il traguardo previsto.
4.2.1 Le unità di competenza
«L’unità di competenza rappresenta un’unità di lavoro centrata su un
percorso formativo unitario finalizzato alla maturazione di competenze tali da
poter essere valutate, certificate e riconosciute anche al di fuori del contesto
di acquisizione. La stessa denominazione, «unità di competenza», attesta
come, di fatto, una competenza non possa essere acquisita una volta per
tutte, e come questa sia sempre aperta a possibili margini di
miglioramento.»70
L’acquisizione di una competenza è quindi sia un traguardo sia un punto di
partenza verso un ulteriore possibile miglioramento del livello di padronanza
69
Ivi, pag. 19 70
Capperucci D. Strumenti per la costruzione del curricolo. Studi sulla Formazione/Open Journal of Education, [S.l.], p. 143-170, Mar. 2017. ISSN 2036-6981. http://www.fupress.net/index.php/sf/article/view/20208/18837. (Ultimo accesso 18 02 2019)
52
della competenza stessa. È possibile passare da un livello di padronanza
all’altro tramite unità di lavoro autonome, specifiche ed interconnesse.71
Le principali caratteristiche dell’unità di competenza sono:
1. Sistematicità. Condivisione di un modello progettuale e di uno strumento
comune a tutti gli attori coinvolti.
2. Autoconsistenza. Ogni unità di competenza prevede il raggiungimento di
specifiche competenze (trasversali e/o disciplinari) spendibili a livello
formativo, professionale e sociale.
3. Componibilità. Ogni unità di competenza può legarsi ad altre con le quali
condividere collegamenti logici, esperienziali, operazionali, contenutistici,
ecc. In questo senso l’unità di competenza può essere intesa anche come
parte di un percorso più ampio, che dà conto della progressione delle
competenze e della necessità di procedere per gradi.
4. Autenticità. Per quanto riguarda sia le attività che le prove di
accertamento/valutazione delle competenze si predilige il ricorso a
compiti autentici, ovvero compiti in situazione in grado di verificare se e
fino a che punto l’alunno riesce a mobilitare le proprie conoscenze e
abilità per la risoluzione di un problema.
5. Interdisciplinarità. L’unità di competenza, può favorire un approccio
interdisciplinare partendo dalla condivisione di un progetto comune.
6. Significatività. Deve mirare al raggiungimento di apprendimenti
significativi. Un apprendimento è significativo quando il soggetto lo sente
proprio.
7. Personalizzazione. Le unità di competenza sono unità di lavoro che
puntano alla personalizzazione dell’apprendimento, nella misura in cui
71
Le argomentazioni sono riprese da: - Capperucci D., Franceschini G., Guerin E., Perticone G., Progettare per unità di
competenza nella scuola primaria, FrancoAngeli, Milano, 2016. - Capperucci D., Curricolo e progettazione per unità di competenza, in USR Toscana,
Progettazione di Unità di Competenza per il curricolo Verticale. Esperienze di autoformazione in Rete, Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, Edizioni Medicea, Firenze, 2013, http://www.toscana.istruzione.it/sfogliatore/pdf/Intro.pdf
53
prevedono interventi formativi differenziati rivolti a singoli alunni, a
piccoli gruppi, all’intero gruppo classe.
8. Metacognizione. Stimola negli alunni un’autoriflessione in merito ai
processi di apprendimento personali.
9. Trasferibilità. Le competenze acquisite sono adattabili a situazioni,
compiti o contesti molto diversi fra loro.
10. Capitalizzabilità. Gli apprendimenti sono spendibili in molteplici contesti.
Perché la competenza sia capitalizzabile deve essere valutata,
documentata, certificata e riconosciuta.
4.3 Il progetto didattico nella scuola dell’infanzia
4.3.1 Il contesto e i tempi
La scuola dell’infanzia in cui ho proposto il progetto didattico è “La
girandola”, che fa parte dell’istituto comprensivo “Marconi-Frosini” di Pistoia.
La sezione dei cinque anni accoglie 21 bambini, 10 femmine e 11 maschi.
Quattro bambine e tre bambini non sono di origine italiana, ma tutti sono
nati in Italia e frequentano la stessa scuola dell’infanzia da quando avevano
tre anni, e per questo parlano l’italiano come lingua madre.
Uno dei bambini è seguito da un’insegnante di sostegno perché certificato
ADHD. Il bambino attualmente non ha particolari problemi comportamentali
o relazionali e anche i suoi livelli di attenzione sono buoni.
Le maestre hanno lavorato molto sullo sviluppo dell’attenzione dei bambini
fino dal primo anno di scuola e allo stato attuale tutto il gruppo è in grado di
mantenere un buon livello di attenzione per un tempo sufficientemente
lungo. Questo mi ha permesso di impostare il lavoro prevedendo anche dei
momenti di riflessione e di condivisione delle esperienze che si sono rivelati
estremamente utili per permettere a tutti di raggiungere gli obiettivi di
54
apprendimento previsti, rimuovendo in alcuni casi delle misconcezioni
pregresse.
Quando ho proposto il progetto alle maestre e ho spiegato loro cosa volessi
realizzare, si sono dimostrate disponibili ed entusiaste, poiché avevano già
previsto un progetto didattico sulle tematiche che stavo suggerendo. La mia
idea di progetto rispetto alla loro era più laboratoriale e pratica. Questo ha
generato nelle maestre qualche dubbio iniziale sulle capacità dei bambini di
portare a termine la parte più operativa del progetto, che prevedeva un
lavoro di raccolta di dati e di misurazione delle durate delle attività
quotidiane utilizzando delle clessidre. In realtà questa è stata una delle
esperienze che più ha entusiasmato i bambini ed è stata portata a termine
senza nessun ostacolo.
Ho svolto il tirocinio nella scuola dell’infanzia nei mesi di ottobre e novembre
2018. Avendo a disposizione 80 ore e avendo previsto sei differenti attività da
svolgere in giorni diversi, ho dovuto iniziare le attività didattiche solo dopo
una settimana di presenza in sezione. Dato che non conoscevo i bambini e
non sapevo come potessero reagire alla mia presenza come insegnante, ho
preferito cominciare a relazionarmi con loro anche prima di iniziare il
progetto didattico vero e proprio. Ho chiesto quindi alle maestre il permesso
di svolgere delle attività di lettura e di riflessione e di seguire i bambini nelle
elaborazioni grafiche che fanno parte del loro percorso di apprendimento. I
bambini mi hanno accettato in breve tempo e questo mi ha permesso di
realizzare il lavoro con serenità e in modo proficuo.
Per documentare le attività svolte ho utilizzato un registratore vocale e una
macchina fotografica. Di alcune esperienze ho realizzato dei video.
55
4.3.2 La progettazione dell’unità di competenza
Per impostare la progettazione dell’unità di competenza ho fatto riferimento
alle Indicazioni Nazionali72 del MIUR e alla griglia di progettazione dell’unità di
competenza elaborata da USR Toscana e dall’Università di Firenze73.
Unità di competenza
Titolo: Il tempo lineare e il tempo ciclico periodo: ottobre-novembre 2018
Denominazione
scuola
Scuola dell'infanzia "La girandola"
Sezione 5 anni
Analisi del
gruppo
La sezione dei cinque anni accoglie 21 bambini, 10 femmine e 11 maschi.
Quattro bambine e tre bambini non sono di origine italiana, ma tutti
sono nati in Italia e frequentano la stessa scuola dell’infanzia da quando
avevano tre anni, per cui parlano l’italiano come lingua madre.
Uno dei bambini è seguito da un’insegnante di sostegno perché
certificato ADHD. Il bambino attualmente non ha particolari problemi
comportamentali o relazionali e anche i suoi livelli attentivi sono buoni.
Competenze da
promuovere
• Il bambino si orienta nelle prime generalizzazioni di passato,
presente, futuro
• Il bambino usa la lingua italiana, arricchisce e precisa il proprio
lessico, comprende parole e discorsi, fa ipotesi sui significati.
• Sa esprimere e comunicare agli altri argomentazioni attraverso il
linguaggio verbale che utilizza in differenti situazioni comunicative.
• Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri
diversi, ne identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità;
utilizza simboli per registrarle; esegue misurazioni usando strumenti
alla sua portata.
• Sa collocare le azioni quotidiane nel tempo della giornata e della
settimana.
• Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa dire cosa
potrà succedere in un futuro immediato e prossimo.
• Ha familiarità sia con le strategie del contare e dell’operare con i
numeri sia con quelle necessarie per eseguire le prime misurazioni
di lunghezze, pesi, e altre quantità
Campi di • La conoscenza del mondo
72
MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in Annali dell’istruzione, numero speciale, Le Monnier, 2012 73
Capperucci D., Curricolo e progettazione per unità di competenza, op.cit., pag.11
56
esperienza
Obiettivi di
apprendimento
• Riflettere sul concetto di “tempo”
• Costruire un vocabolario condiviso inerente al tempo (prima, ora,
dopo, sempre, parti del giorno, giorni della settimana, mesi,
stagioni)
• Cogliere la durata di azioni quotidiane, classificare i fenomeni in
base alla durata
• Riconoscere la successione notte/dì
• Rilevare la ciclicità del tempo (notte/dì, giorni della settimana,
stagioni)
• Utilizzare strumenti di misurazione del tempo
Contenuti Il tempo lineare:
• Successioni
• Durata
Il tempo ciclico:
• Giorno
• Settimana
• Mesi
Attività • Conversazione guidata sul concetto di tempo
• Misurazione delle durate delle azioni con utilizzo di clessidre
• Giochi motori per apprendere i concetti di contemporaneità e
successione
• Giochi motori per apprendere la ciclicità di dì/notte e delle
settimane
• Letture di testi sui giorni, settimane e mesi
• Realizzazione di artefatti per riflettere sulle durate di giorni,
settimane, mesi.
Metodo • Brainstorming
• Learning by doing
• Cooperative learning
• Lezione frontale
• Circle time
• Giochi motori
Strumenti • Nastro adesivo
• Metro
• Tempera
• Fogli bianchi
• Fotografie
• Carta a quadretti di 2 cm
• Matite
• Clessidre
• Forbici
57
• Colla
Durata prevista Sei incontri in due mesi. Cinque incontri di durata 60 min (uno degli
incontri diviso in due giorni con 30 min a giorno), un incontro con durata
di un intero giorno scolastico e 20 min nel giorno successivo.
Verifica Prima di iniziare il percorso vengono valutate le preconoscenze
attraverso una conversazione guidata e delle rappresentazioni grafiche.
Durante la realizzazione del progetto la verifica viene effettuata
osservando l’interesse, la partecipazione e la tipologia degli interventi di
ogni bambino. L’azione didattica viene costantemente rivista ed adattata
per meglio rispondere alle esigenze dei bambini. L’osservazione viene
effettuata utilizzando delle griglie.
A conclusione del progetto viene verificato l’apprendimento con una
conversazione guidata.
Raccordi con
altri campi di
esperienza
• Il sé e l’altro. Si orienta nelle prime generalizzazioni di passato,
presente, futuro e si muove con crescente sicurezza e autonomia
negli spazi che gli sono familiari, modulando progressivamente voce
e movimento anche in rapporto con gli altri e con le regole
condivise.74
• I discorsi e le parole. Il bambino raggruppa e ordina oggetti e
materiali secondo criteri diversi, ne identifica alcune proprietà,
confronta e valuta quantità; utilizza simboli per registrarle; esegue
misurazioni usando strumenti alla sua portata.
Sa collocare le azioni quotidiane nel tempo della giornata e della
settimana.
Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa dire cosa
potrà succedere in un futuro immediato e prossimo.75
74
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 25 75
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 29
58
4.3.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e
l’introduzione del concetto di tempo
26 ottobre 2018
La finalità del primo incontro era quella di verificare le preconoscenze dei
bambini, introdurre una prima rappresentazione del concetto di tempo
analizzandolo nelle varie accezioni della lingua italiana (tempo meteorologico,
tempo come successione periodica, tempo lineare, tempo come durata) e
costruire un linguaggio condiviso, fondamentale per la realizzazione delle
lezioni successive.
L’incontro è iniziato con un momento di circle time e con la lettura di una
filastrocca. Prima di iniziare a leggere ho detto ai bambini che, conclusa la
lettura, avrei chiesto loro di che cosa parlasse e quindi dovevano stare molto
attenti. In questo modo ho ottenuto subito il silenzio e l’attenzione.
Filastrocca scacciapensieri
La filastrocca scacciapensieri
parla di oggi e parla di ieri,
parla del tempo che va veloce,
parla del fiume che va alla foce.
Viene la sera e viene il giorno:
il tempo vissuto non fa ritorno,
la settimana è presto passata
e la domenica è già arrivata.
Passano i mesi e cambia stagione
cadon la foglie, occorre il maglione!
Passano i mesi, il freddo è finito
l’albero spoglio è già rifiorito.
L’anno che passa non ha importanza,
se tu lo vivi con la speranza
di preparare un mondo migliore
dove la gente ragiona col cuore!
E. Menegatti
59
Al termine della lettura ho chiesto ai bambini se avessero qualche idea su
quale potesse essere l’argomento della filastrocca.
I bambini hanno iniziato a dare diverse risposte. Alcuni hanno risposto
parlando delle stagioni: Quando cadono le foglie è l’autunno. Sì, e poi arriva
l’estate! Altri hanno detto i giorni della settimana, fino a che una bambina ha
detto: Il tempo! A quel punto ho chiesto ai bambini cosa fosse il tempo per
loro. Molti di loro hanno risposto parlando del tempo meteorologico,
dicendo: il tempo sono le nuvole e il vento, oppure: il tempo è quando c’è il
sole, oggi il tempo piove! Alcuni bambini hanno iniziato a parlare di tempo
nell’accezione di presente, passato o futuro. Il tempo è anche ieri! Sì, è vero, o
oggi! Dopo che è stato introdotto questo nuovo pensiero tutti hanno
concordato.
In questa prima fase non sono intervenuta, ma ho lasciato che parlassero solo
i bambini. Quando ho visto che tutti erano intervenuti ho fatto una domanda:
ieri che tempo è? Subito una bambina ha risposto: È passato! Ho chiesto se
tutti fossero d’accordo e ho avuto un coro di risposte positive. Ho chiesto poi
che tempo fosse quando loro erano piccoli piccoli e ancora mi hanno
risposto: passato! Poi ho chiesto loro che tempo fosse quando erano piccoli i
loro genitori. I bambini sono rimasti zitti fino a che non ho chiesto loro se
fosse il tempo passato. Un bambino a quel punto mi ha risposto: no, non è
passato!
Ho quindi chiesto perché avesse risposto così e lui mi ha detto: perché io non
c’ero.
Una bambina è intervenuta dicendo che: domani è futuro perché ancora non
c’è e anche Halloween è futuro. Allora ho chiesto se quando saranno grandi
sarà futuro. Alcuni hanno risposto di sì, ma sei hanno risposto di no.
Dopo circa 10 minuti di brainstorming e di conversazione guidata ho chiesto
ai bambini di fare un disegno su che cosa fosse il tempo per loro; alcuni dei
disegni sino riportati in queste pagine.
60
Figura 13 - La pioggia
Figura 14 - Gli orologi
61
Figura 15 - Il calendario
Figura 16 - Il presente
62
Dopo che avevano fatto i disegni ho parlato singolarmente con ogni bambino
e verbalizzato il significato dei disegni.
Osservando i disegni mi sono resa conto che per la maggior parte dei bambini
il tempo è quello meteorologico, infatti 16 bambini su 21 hanno disegnato la
pioggia, il sole, il vento; per 2 bambini il tempo è qualcosa che si misura con
gli orologi, per 1 bambino è il calendario, per 1 bambino è il presente, mentre
1 bambina ha fatto un disegno che inizialmente non capivo (fig. 17). Quando
le ho chiesto che cosa avesse voluto rappresentare, mi ha risposto: la terra
che gira intorno al Sole. Non vedi che è un giorno? La terra ci mette un giorno
a girare intorno al Sole. Quando la bambina ha visto la mia espressione
perplessa, ha aggiunto: non vedi la terra marrone? È proprio lì, tutta intorno
al Sole!
Dopo questa risposta, tralasciando l’inesattezza del contenuto, mi sono resa
conto dell’ambiguità del linguaggio e di come le misconcezioni che non
Figura 17 - La terra che gira intorno al Sole
63
vengano corrette possano portare ad una costruzione di conoscenze errate
difficilmente modificabili.
A quel punto, prima di iniziare il secondo circle time per elaborare e definire i
concetti rappresentati dai bambini nei disegni, mi sono procurata un
mappamondo che era presente nella scuola.
Ho iniziato chiedendo ai bambini se avessero mai sentito dire che la Terra gira
intorno al Sole. Tutti hanno risposto in modo affermativo. Allora ho chiesto se
qualcuno sapesse cosa fosse la Terra. Una bambina mi ha detto: è quella cosa
marrone dove cresce l’erba! Ho mostrato il mappamondo ai bambini,
spiegando che quando si parla di Terra che gira intorno al Sole si intende il
pianeta e che il mappamondo è una copia piccola piccola della Terra.
Ho spiegato che la Terra impiega un anno a girare intorno al Sole e che da
quando loro sono nati ha fatto 5 giri. Ho spiegato che in un giorno la Terra fa
un giro su se stessa e ho fatto vedere come ruota il mappamondo.
Poi ho preso i disegni dei bambini e li abbiamo analizzati in gruppo. Ho
mostrato il disegno del calendario e dell’orologio e ho chiesto se
conoscessero altri strumenti per misurare il tempo. Le risposte sono state
l’orologio da polso, il cellulare e il tablet. Ho chiesto se conoscessero le
clessidre. Solo una bambina mi ha risposto di sì perché: il mio babbo ne ha
una sulla scrivania, c’è la sabbia dentro e si gira.
Abbiamo analizzato il disegno del bambino che rappresenta il presente
(fig.16). Il bambino è dentro la scuola, mentre fuori sta piovendo, proprio
come stava succedendo in quel momento. Ho quindi chiesto ai bambini se
sapessero dirmi qualche altra cosa che stava avvenendo nel presente. La
maggior parte delle risposte era legata a loro, ad esempio: stiamo parlando
insieme, siamo a scuola, siamo seduti. Ho chiesto dove fossero i loro genitori
in quel momento, ottenendo una coro di risposte. Ho chiesto se quello che
facevano la mamma e il babbo in quel momento fosse nel presente e dopo un
po’ di titubanza sono arrivate le risposte affermative.
64
A quel punto abbiamo concluso il primo incontro e i bambini hanno iniziato le
attività libere. Osservandoli ho visto alcuni di loro che guardavano il
calendario e l’orologio appesi al muro.
4.3.4 Secondo incontro. La successione e la contemporaneità
30 ottobre 2018
Una settimana prima di iniziare il secondo incontro ho chiesto alle maestre se
fosse possibile far portare ai bambini delle foto di quando erano appena nati.
I genitori hanno provveduto dopo pochi giorni a fornirci le foto. Nel
frattempo io avevo fatto una foto ad ogni bambino e le avevo stampate.
Gli obiettivi che mi ero prefissata di raggiungere durante questo incontro
erano di apprendere la successione temporale prima-adesso-dopo, osservare
il trascorrere del tempo in riferimento a se stessi, cogliere la
contemporaneità di due eventi e mettere in relazione temporale azioni ed
eventi.
Ho pensato che i concetti di contemporaneità e di successione fossero
estremamente complessi da spiegare a parole a dei bambini così piccoli e così
ho deciso di ricorrere ad alcuni giochi.
Sono arrivata in sezione con un sacco pieno di palloncini dorati ed argentati
che hanno subito attirato l’attenzione dei bambini. Ne ho gonfiato uno, ho
chiamato due bambini e ho messo il palloncino fra di loro in modo che lo
reggessero con il petto. Ho detto ai bambini di camminare per la sezione
senza far cadere il palloncino. Mentre i due bambini stavano camminando ho
chiesto agli altri come dovevano muoversi per non far cadere il palloncino. I
bambini hanno detto subito insieme. Quindi ho chiesto cosa sarebbe successo
se uno dei due si fosse mosso prima o dopo. Tutti i bambini hanno detto che
il palloncino sarebbe caduto. Un bambino ha detto: devono muoversi
contemporaneamente! Prima di iniziare l’attività non ero certa che
65
conoscessero questo termine, ma appena il bambino lo ha detto tutti hanno
detto che era vero.
Allora ho chiesto se volessero fare anche loro il gioco per vedere chi fosse la
coppia che riusciva a muoversi meglio contemporaneamente. Ho gonfiato
altri palloncini e il gioco è ripreso coinvolgendo tutti. Per variare il ritmo ogni
tanto cambiavo la parte del corpo con cui i bambini dovevano reggere il
palloncino, ad esempio fronte, spalla, mano. Una bambina era rimasta senza
compagno e così ho giocato con lei.
Dopo aver giocato per 15 minuti ho chiesto ai bambini di sedersi e ho
distribuito dei fogli e le matite. Ho detto loro di immaginarsi come sarebbero
stati da grandi e di disegnarsi.
Quando hanno finito ho raccolto i disegni. Durante il momento dedicato al
gioco libero ho chiamato singolarmente ogni bambino e ho chiesto di
realizzare il lavoro successivo. Avevo stampato su dei fogli A3 tre caselle con
scritto “prima”, “adesso” e “dopo”. Ho dato ad ognuno la fotografia di
quando erano piccoli, quella attuale e il disegno che avevano fatto di loro
stessi adulti. Ho spiegato cosa ci fosse scritto sul foglio, anche se molti di loro
Figura 18 - Giochi motori per sperimentare il concetto di contemporaneità
66
erano in grado di leggere le parole scritte in stampato maiuscolo, e ho chiesto
di posizionare le tre immagine nell’ordine corretto. La maggior parte dei
bambini non ha avuto problemi a svolgere il compito. Un bambino e una
bambina hanno avuto delle difficoltà a posizionare correttamente le
immagini, invertendo il prima con il dopo. Allora ho posto delle domande. Ho
chiesto come sono i bambini appena nati. Entrambe mi hanno risposto:
piccoli. Poi ho chiesto come sono i bambini di cinque anni e mi hanno
risposto: come me! Ho chiesto cosa viene prima e a quel punto entrambe i
bambini hanno invertito le immagini dicendo: prima ero piccolo, ora ho
cinque anni e dopo sarò grande.
Figura 19 - Sequenza temporale con le foto
67
4.3.5 Terzo incontro. La durata
5 e 6 novembre 2018
Il terzo incontro aveva lo scopo di far riflettere i bambini sulla relatività delle
parole lungo, breve, di riconoscere, di classificare i fenomeni in base alla
durata e di capire l’importanza di misurare il tempo.
Questo incontro è stato suddiviso in due giornate consecutive per ottenere
tutte le misurazioni delle durate delle attività quotidiane.
Ho iniziato l’attività con un momento di circle time e di conversazione
guidata.
Dopo aver salutato i bambini, ho chiesto se sapessero cosa vuol dire “breve”
e “lungo” riferito al tempo. Un bambino mi ha risposto: lungo è quando dura
tanto come la scuola, breve è meno.
Ho fatto alzare i bambini in piedi e abbiamo contato fino a 10. Poi ho chiesto
di stare in equilibrio su un solo piede e di contare nuovamente fino a 10. La
terza volta i bambini sono stati su un solo piede e hanno chiuso gli occhi.
Abbiamo contato nuovamente fino a 10.
Figura 20 - In equilibrio su un piede
68
Ho chiesto ai bambini se il tempo trascorso fosse lo stesso o no. Tutti hanno
risposto in coro: no! Tranne una bambina che ha detto: ma abbiamo contato
sempre fino a 10!
Questo ci ha portato a riflettere su un punto fondamentale, la percezione del
tempo. Ho spiegato ai bambini che a volte può sembrare che qualcosa duri
tanto o poco, ma possiamo sbagliare. Siccome era più difficile mantenere
l’equilibrio ad occhi chiusi, ci è sembrato che passasse più tempo; in realtà è
trascorsa sempre la stessa quantità di tempo.
Ho preso un palloncino e l’ho gonfiato. Poi ho fatto uscire l’aria lentamente e
ho chiesto ai bambini se il tempo impiegato a sgonfiare il palloncino fosse
tanto o poco. Tutti hanno risposto poco. Ho ripetuto l’operazione ma questa
volta ho fatto uscire l’aria rapidamente e ho posto la stessa domanda.
Nuovamente i bambini mi hanno risposto che il palloncino si è sgonfiato in
poco tempo. La terza volta ho fatto esplodere il palloncino con uno spillo. I
bambini si sono messi a ridere e mi hanno detto che così il tempo era
pochissimo.
Figura 21 - Scoppio del palloncino
69
Ho chiesto ai bambini se sia possibile sapere con certezza quanto tempo
passi. Tutti mi hanno guardato con aria perplessa senza rispondere. Allora ho
chiesto se sapessero a cosa serve un orologio. Mi hanno risposto che serve
per sapere l’ora. Quando hanno risposto così, mi sono resa conto che per loro
l’orologio serve per ottenere un dato momentaneo, sapere l’ora in quel
momento, ma non per stabilire una durata. Avevo già programmato l’utilizzo
delle clessidre, ma a quel punto ho pensato che effettivamente fossero gli
strumenti più adeguati a far capire ai bambini il trascorrere del tempo perché
attraverso di esse potevano osservare un cambiamento visibile che avviene in
un tempo che ha sempre la stessa durata, la sabbia che passa da un bulbo
all’altro.
Per presentare ai bambini le clessidre e spiegarne il funzionamento, ho
pensato di leggere una storia. Dopo una lunga e vana ricerca di storie adatte
ai bambini che parlassero di clessidre, ho deciso di scriverne una io. Ho fatto
finta che un anziano signore avesse mandato una lettera ai bambini. Ho
quindi stampato la lettera e ho invecchiato la carta dei fogli e della busta con
del caffè.
70
71
Figura 22 - Lettera per i bambini sulla clessidra
72
In realtà avevo fatto queste operazioni quasi per gioco, ma i bambini, quando
hanno visto una lettera indirizzata a loro, scritta su una carta che sembrava
vecchia e profumata di caffè, sono rimasti entusiasti e hanno ascoltato la
storia con attenzione. Nei giorni successivi mi hanno chiesto più volte di
rileggere la loro lettera e quando usavano una delle due clessidre uguale a
quella descritta nel racconto, chiedevano se fosse la clessidra magica.
Dopo la lettura della lettera, ho mostrato ai bambini le clessidre che volevo
utilizzare per le misurazioni. Le ho fatte vedere, ho spiegato come
funzionavano e che avevano durate diverse.
La seconda parte del lavoro prevedeva l’utilizzo delle due clessidre per
misurare la durate delle attività e di due tabelle per riportare i dati.
Per motivare i bambini ho detto che l’attività sarebbe stata molto
impegnativa e difficile, ma che credevo che loro sarebbero riusciti a compiere
tutto il lavoro senza problemi.
Figura 23 - Le clessidre
73
Figura 24 - Misurazioni con la clessidra da 15 minuti
Figura 25 - Misurazioni con la clessidra da 4 minuti
Il giorno successivo abbiamo analizzato le due tabelle con i bambini. I bambini
hanno notato che nella tabella della clessidra bianca, che dura 15 minuti,
c’erano meno croci che nella tabella della clessidra dorata, che dura 4 minuti.
74
Figura 26 - Tabelle delle misurazioni
Con i bambini abbiamo contato il numero di croci in corrispondenza di ogni
attività e le abbiamo scritte accanto. Abbiamo visto che sia con la clessidra
dorata che con quella bianca il numero maggiore di croci era accanto alla
casella delle attività della mattina e del gioco libero del pomeriggio. Con la
clessidra dorata abbiamo contato per entrambe le attività 14 croci. Ho
chiesto ai bambini se sapessero cosa volesse dire. Una bambina mi ha
risposto: vuol dire che è lungo uguale! Un’altra ha aggiunto: sì, perché
abbiamo girato la clessidra le stesse volte, il tempo è lo stesso!
Ho fatto notare che nelle tabella della clessidra bianca c’erano solo 4 crocette
e non 14. Un bambino ha detto: la clessidra dorata finisce prima, bisogna
75
stare più attenti e guardarla di più. Ho chiesto se il tempo trascorso fosse lo
stesso o no. Tutti sono stati d’accordo che il tempo fosse lo stesso. Allora ho
chiesto perché il numero di croci era diverso. Un bambino ha risposto:
dipende dalla clessidra. Abbiamo quindi stabilito che è importante sapere che
cosa utilizziamo per prendere le misure, perché i risultati ottenuti vanno letti
in base allo strumento che abbiamo usato.
4.3.6 Quarto incontro. Il giorno
9 e 12 novembre 2018
L’obiettivo del quarto incontro era quello di far riflettere i bambini sulla
scansione dì/notte e cogliere la ciclicità del fenomeno.
Per questa attività sono state necessarie due giornate perché i bambini
hanno realizzato un disegno utilizzando le tempere e è stato necessario dare
il tempo ai colori di asciugarsi.
L’incontro del 9 novembre è iniziato con la lettura di una storia.
Il giorno e la notte
Dopo che fu fatto il mondo, alcuni animali volevano che fosse sempre giorno, altri
che fosse sempre notte. Perciò litigavano e non riuscivano a trovare un accordo.
A un certo punto decisero di riunirsi in assemblea sotto la presidenza di Nokosi,
l'Orso. Nokosi propose che votassero perché fosse sempre notte, ma Mastica-
mastica, lo Scoiattolo, disse: "Vedo che Wotko, l'Orsetto Lavatore, ha sulla coda degli
anelli tutti uguali, prima scuri e poi chiari.
Penso che il giorno e la notte dovrebbero essere divisi come gli anelli sulla coda di
Wotko".
Gli animali furono sorpresi dalla saggezza di Mastica-mastica. Votarono in favore
della sua proposta e divisero il giorno e la notte come gli anelli chiari e scuri sulla
coda di Wotko, che si susseguono regolarmente, uno dopo l'altro.
(Dee Brown da B. Mauri, Vola vola, Minerva Italica)
76
Dopo aver letto la storia e mostrato un disegno di un orsetto lavatore, ho
detto ai bambini che un giorno è formato dal dì, periodo in cui c’è la luce del
Sole, e dalla notte, parte del giorno in cui il Sole è tramontato.
Ho chiesto ai bambini di elencarmi alcune delle azioni che fanno durante il dì
e altre che fanno durante la notte. A turno tutti hanno detto qualcosa. Poi ho
chiesto cosa c’è dopo il dì, tutti hanno risposto: la notte! E dopo la notte? E
tutti hanno risposto: il dì! Ho domandato se questo si ripetesse sempre o se
potesse cambiare e esserci due notti o due dì uno dopo l’altro. Alcuni bambini
hanno risposto che: dopo la notte c’è sempre la luce! Ma altri non erano
convinti della ciclicità dell’alternanza notte/dì. Un bambino mi ha detto: io
non lo so che succede poi!
Dopo la conversazione guidata ho chiesto ai bambini di andare ai tavolini e ho
consegnato ad ognuno di loro un foglio diviso a metà. Da una parte dovevano
colorare il cielo di giorno, dall’altra il cielo di notte e attaccare la luna e il sole
ritagliati dalla carta gialla.
Figura 27 - Il giorno e la notte
77
Il 12 novembre ho preso tutti i disegni dei bambini e ci siamo disposti
nuovamente in cerchio. Ho messo un primo disegno in terra e ho chiamato un
bambino alla volta chiedendo di posizionare correttamente il proprio disegno
accanto a quello precedente. Ho chiamato per ultimo il bambino che
l’incontro precedente non era sicuro della ciclicità del fenomeno e gli ho
chiesto di posizionare l’ultimo disegno. A quel punto sul pavimento c’era una
linea chiusa formata dalla successione di notte e dì. Gli ho chiesto di guardare
i disegni. Dopo un pochino che li osservava ha detto: ora lo vedo che continua
sempre!
Figura 28 - L'alternanza del dì e della notte
78
4.3.7 Quinto incontro. La settimana
15 novembre 2018
Il quinto incontro ha avuto come tema i giorni della settimana. Ogni mattina i
bambini segnano sul calendario il giorno della settimana, il mese e l’anno, ma
non hanno mai fatto esperienze diverse, ad esempio ordinando i giorni
correttamente partendo da un giorno qualunque o riflettendo sulla ciclicità.
Prima dell’incontro ho preparato delle medagliette di diversi colori con sopra
un giorno della settimana, dei cartoncini plastificati anch’essi colorati e un
foglio con stampato un fiore con sette petali.
L’incontro è iniziato anche in questo caso con un momento di circle time e
con la lettura di una poesia.
CALENDARIO
È Lunedì, e il tempo che gioca
torna da capo nel giro dell'oca.
È Martedì, giorno secondo:
fino a Domenica un giro del mondo.
Che giorno è oggi? Mercoledì.
Dài settimana, va' avanti così!
È Giovedì, in mezzo alla cima:
tre giorni dopo, tre giorni prima.
È Venerdì: corre in discesa
questa giornata velata d'attesa.
Oggi che è Sabato in tutta la stanza
passa quest'aria da mezza vacanza.
79
Oggi è Domenica, non si lavora:
passa lentissima ora per ora.76
B.Tognolini
Ho chiesto ai bambini di cosa parlasse la poesia e ho ricevuto un coro dei: i
giorni della settimana! Ho chiesto se conoscessero i giorni della settimana e
se sapessero ripeterli. Hanno iniziato a recitarli partendo dal lunedì.
Ho chiesto se avessero voglia di fare un gioco, tutti ovviamente hanno detto
di sì.
Ho diviso i bambini, che quella mattina erano tutti presenti, in tre gruppi da
sette e ho dato a ciascun bambino una collana con una medaglietta con
scritto un giorno della settimana. Ho ovviamente detto ad ognuno che giorno
fosse, anche se quasi tutti riuscivano a leggere il nome stampato sul
cartoncino. Ad un gruppo di bambini alla volta, ho chiesto di muoversi per la
stanza ascoltando una canzone sui giorni della settimana77. Quando la musica
veniva interrotta i bambini dovevano ricomporre l’ordine dei giorni della
settimana e ognuno dire il proprio giorno.
76
http://www.webalice.it/tognolini/rim-fil.html#D5H 77
https://www.youtube.com/watch?v=pYEFYXQ0DmY
80
Figura 29 - I bambini stanno decidendo l’ordine dei giorni della settimana e componendo la fila correttamente ordinata
Questo gioco è piaciuto molto ai bambini che hanno collaborato fra di loro e
sono riusciti a portarlo a termine in pochi minuti.
Dopo che ogni gruppo ha finito di comporre l’ordine dei giorni, ho chiesto ai
bambini di sedersi ai tavoli per il gioco successivo.
Ho diviso i bambini in gruppi di 3-4 e ho dato a ciascun gruppo dei cartoncini
plastificati uguali a quelli usati in precedenza. Ho spiegato che dovevano
ricomporre l’ordine dei giorni della settimana partendo dal giorno che io avrei
indicato. Sono partita sempre da giorni diversi dal lunedì. I bambini
comunque non hanno avuto grosse difficoltà ad ordinare i cartoncini. Ho
notato che se qualche bambino del gruppo aveva dei dubbi o sbagliava, gli
altri intervenivano correggendolo e spiegando l’errore.
Con questi due giochi ho capito che anche con i bambini piccoli il metodo del
cooperative learning può essere utilizzato proficuamente.
81
Figura 30 - I bambini in gruppo giocano con i giorni, ordinandoli in base al giorno proposto dalla maestra
L’ultima parte dell’incontro prevedeva che ogni bambino incollasse i
cartoncini dei giorni della settimana su una scheda su cui disegnato un fiore
con sette petali. Ogni cartoncino doveva essere incollato su un petalo
rispettando la giusta successione.
Per realizzare quest’ultima attività ho preferito lavorare singolarmente con
ogni bambino, per verificare se effettivamente tutti avessero appreso
correttamente i nomi dei giorni. Tutti i bambini sono stati in grado di
completare correttamente il lavoro.
82
Figura 31 - Ogni bambino realizza un fiore con i giorni della settimana come petali per osservarne la ciclicità
4.3.8 Sesto incontro. Il giorno, la settimana, il mese
21 novembre 2018
Volevo utilizzare l’ultimo incontro per far capire efficacemente ai bambini la
relazione temporale che c’è fra giorno, settimana e mese. Ho pensato anche
in questo caso di ricorrere ad una strategia visiva perché ritengo non sia
efficace spiegare a bambini così piccoli quanto una settimana sia più lunga di
un giorno e più corta di un mese utilizzando solo i numeri.
L’argomento, anche in questo caso, è stato introdotto con una filastrocca.
I MESI
Con Gennaio e Febbraio
ne conto solo un paio.
Con Marzo e con Aprile
83
ne ho quattro nel barile.
Con Maggio insieme a Giugno
ne tengo sei in pugno.
Con Luglio e con Agosto
sono otto, e siamo a posto.
Con Settembre ed Ottobre,
che son dieci si scopre.
Con Novembre e Dicembre
son dodici per sempre.78
R.Piumini
Dopo aver chiesto ai bambini di cosa parlasse la filastrocca ed aver ottenuto
la giusta risposta, ho chiesto se sapessero da quanti giorni è composto un
mese. Nessuno sapeva la risposta. Un bambino ha risposto: sette. Allora ho
detto che un mese era formato da 30 o 31 giorni, tranne uno che è più corto.
Ho chiesto se sapessero contare fino a 30 e mi hanno risposto di sì. Allora
abbiamo contato tutti insieme. Mi sono fatta aiutare da due bambini per
mostrare quante dita fossero 30. Poi ho chiesto se si ricordassero quanti sono
i giorni della settimana. In coro hanno risposto: sette! Allora ho chiesto ad
una bambina di alzare sette dita. Ho chiesto se fosse più lungo un mese o una
settimana. Tutti hanno risposto il mese.
Il lavoro successivo è stato svolto individualmente con ogni bambino. Ho
preparato delle strisce di carta formate da quadrati 2 cm x 2 cm. Ho chiesto ai
bambini di ritagliare e colorare un quadrato. Ho detto che quel quadrato
rappresentava un giorno. Poi ho chiesto di ritagliare e colorare una striscia di
sette quadrati. Quella è la settimana. La terza volta ho chiesto di contare 30
quadrati per creare un mese. Quando le tre strisce erano colorate ho chiesto
di disporle dalla più piccola alla più grande. Nessun bambino ha avuto
difficoltà nell’esecuzione. Poi ho chiesto di prendere la settimana e di vedere
quante volte sta in un mese. Tutti i bambini hanno iniziato a sovrapporre la
striscia dei sette giorni della settimana su quella del mese. Quando hanno
78
http://www.webalice.it/tognolini/rim-fil.html#D5H
84
posizionato la striscia per la quarta volta su quella del mese, si sono accorti
con stupore che: avanzavano dei giorni. Ho spiegato che i giorni avanzati
della settimana andavano nel mese successivo. Questo inizialmente ha
lasciato molti bambini perplessi. Per cercare di spiegare al meglio cosa
succedesse ho messo in fila tre mesi e ho spostato la striscia della settimana.
Ho detto che non sempre il mese comincia dal lunedì, può iniziare con
qualunque giorno della settimana, come avevamo provato anche noi con il
gioco di riordinare i giorni. A quel punto tutti i bambini sono sembrati
convinti della spiegazione.
Figura 32 - Il giorno, la settimana e il mese messi a confronto
Questo è stato l’incontro conclusivo con i bambini della scuola dell’infanzia.
Prima dei saluti, ci simo ritrovati in un ultimo momento di circle time in cui
abbiamo ripercorso il lavoro svolto. I bambini hanno dimostrato di aver
raggiunto gli obiettivi prefissati e le competenze linguistiche adeguate.
Tutti sono stati entusiasti delle attività svolte e avrebbero voluto prolungare
l’esperienza anche nel periodo successivo.
85
4.4 Il progetto didattico nella scuola primaria
4.4.1 Il contesto ed i tempi
Il progetto didattico, che ho realizzato alla scuola primaria “Attilio Frosini” di
Pistoia, è stato proposto a 45 bambini frequentanti la classe seconda. La mia
tutor scolastica insegna italiano, scienze e educazione fisica nelle due sezioni
presenti nell’istituto. La 2aA è formata da 23 alunni, 14 maschi e 9 femmine,
mentre in 2aB sono presenti 22 alunni, 14 maschi e 8 femmine. Nella 2aB è
presente un bambino certificato ADHD con 11 ore di sostegno settimanali che
presenta problemi attentivi e comportamentali. Nella 2aB non sono presenti
alunni stranieri, mentre in 2aA sono presenti due bambine e due bambini di
nazionalità non italiana, ma tutti nati in Italia.
Alcuni dei bambini in entrambe le sezioni presentano dei problemi nella
decodifica del testo scritto e nella produzione di testi scritti. Non hanno
certificazione di DSA perché può essere rilasciata solo alla fine della classe
seconda, ma le insegnanti considerano le loro difficoltà quando progettano le
attività e le verifiche.
L’insegnante di storia ha lavorato con le due classi sulla linea del tempo, gli
indicatori temporali, il calendario e le stagioni; perciò ho potuto concentrarmi
sull’aspetto della durata dei fenomeni, sulla classificazione delle durate,
sull’utilizzo degli strumenti di misura e sul legame che intercorre fra tempo e
movimento.
Il mio piano di tirocinio prevedeva di effettuare 130 ore nella scuola primaria.
Avendo previsto la mia permanenza in questa scuola nei mesi di novembre,
dicembre e gennaio, ho preferito impostare il lavoro in modo tale da
utilizzare il mese di dicembre per verificare i prerequisiti e fornire le
preconoscenze adeguate per affrontare la parte più laboratoriale e
sperimentale prevista nel mese di gennaio.
86
Essendo la prima volta che mi trovavo a lavorare con quei due gruppi di
bambini, ho preferito dedicare le ore di permanenza in aula del mese di
novembre alla conoscenza del gruppo.
4.4.2 La progettazione dell’unità di competenza
Nella progettazione dell’unità di competenza per la scuola primaria ho
utilizzato gli stessi riferimenti utilizzati per quella della scuola dell’infanzia.79
80
Unità di competenza
Titolo: il tempo, la durata, il movimento periodo: dicembre 2018-gennaio 2019
Denominazione
scuola
Scuola primaria “Attilio Frosini”
Classe 2aA, 2aB
Analisi del
gruppo
Le due classi sono formate da 45 bambini, 23 in 2aA e 22 in 2aB. Nei due gruppi sono presenti 28 maschi e 17 femmine. Uno dei bambini è certificato ADHD ai sensi della Legge 104/1992, con 11 ore di sostegno settimanale e PEI. Alcuni bambini presentano difficoltà nella decodifica del testo scritto e nella lettura. L’orario della scuola è di 27 ore su 5 giorni.
Competenze da
promuovere
• L’allievo costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le
proprie idee e confrontandosi con il punto di vista di altri.
• L’alunno sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il
mondo che lo stimolano a cercare spiegazioni di quello che vede
succedere.
• Individua successioni, contemporaneità, durate, periodizzazioni.
• Esplora i fenomeni con un approccio scientifico: con l’aiuto
dell’insegnante, dei compagni, in modo autonomo, osserva e
descrive lo svolgersi dei fatti, formula domande, anche sulla base di
ipotesi personali, realizza semplici esperimenti.
• Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,
registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali.
79
MIUR, Indicazioni nazionali, op. cit. 80
Capperucci D., Curricolo e progettazione, op. cit. pag.11
87
• Individua aspetti quantitativi e qualitativi nei fenomeni, produce
rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato, elabora
semplici modelli.
• Partecipa a scambi comunicativi (conversazione, discussione di
classe o di gruppo) con compagni e insegnanti rispettando il turno e
formulando messaggi chiari e pertinenti, in un registro il più
possibile adeguato alla situazione.
• Scrive testi corretti nell’ortografia, chiari e coerenti, legati
all’esperienza e alle diverse occasioni di scrittura che la scuola offre.
Disciplina • Scienze
Obiettivi di
apprendimento
• Misurare grandezze (tempo, massa, lunghezza) utilizzando unità di
misura arbitrarie e convenzionali.
• Sperimentare concetti scientifici come tempo, peso, movimento
durante esperienze concrete.
• Cogliere il nesso fra tempo e movimento.
• Misurare, confrontare, seriare le durate degli eventi.
• Effettuare stime approssimative su pesi o misure.
• Utilizzare correttamente strumenti di misura (cronometro, clessidra,
metro, misurino)
• Stimolare l’approccio scientifico ai fenomeni e la formulazione di
ipotesi personali verosimili.
• Formulare semplici ipotesi sulle cause dei fenomeni fisici e scegliere
quelle più plausibili da verificare.
• Lavorare in gruppo, organizzando adeguatamente lo spazio e il
tempo a disposizione per raggiungere risultati concreti.
• Prendere la parola negli scambi comunicativi (dialogo,
conversazione, discussione) rispettando i turni di parola.
Contenuti • Le durate e gli intervalli di tempo
• Il pendolo e la clessidra ad acqua come strumenti di misurazione
degli intervalli di tempo
• Il tempo e il movimento
Attività • Verifica delle preconoscenze e costruzione dei prerequisiti
misurando la dimensione, il peso e la capacità di vari oggetti
presenti nell’aula
88
• Misurazione delle durate delle attività quotidiane utilizzando un
cronometro e una clessidra, raccolta dei dati con l’utilizzo di tabelle
• Spiegazione del funzionamento del pendolo e indagine sperimentale
sulle grandezze fisiche da cui dipende il periodo di oscillazione del
pendolo.
• Spiegazione del funzionamento della clessidra ad acqua. Utilizzo
della clessidra ad acqua modificando il flusso dell’acqua in uscita.
Costruzione di grafici
Metodo • Brainstorming
• Learning by doing
• Cooperative learning
• Lezione frontale
• Circle time
Strumenti • Metro
• Cronometro
• Bilancia
• Misurino
• Pendolo
• Clessidra ad acqua
• Clessidra a sabbia
• Tabelle
• Schede
• Fogli bianchi
Durata prevista 9 ore per sezione in due mesi.
1a attività: 60 min
2a attività: 60 min il primo giorno, 60 min circa il secondo giorno
distribuiti in vari momenti della giornata.
3a attività: 180 min in due giorni, 120 il primo e 60 il secondo
4a attività: 180 min in due giorni, 120 il primo e 60 il secondo
Oltre alle attività sono previste quattro verifiche da 15 min. ciascuma.
Verifica Verifica delle preconoscenze con domande orali Verifica in itinere con griglie di osservazione e osservazioni sistematiche Verifica sommativa scritta
Raccordi con
altre discipline
• Storia: Usa la linea del tempo per organizzare informazioni, conoscenze, periodi e individuare successioni, contemporaneità, durate, periodizzazioni.81
• Matematica: Ricerca dati per ricavare informazioni e costruisce
81
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 53
89
rappresentazioni (tabelle e grafici). Ricava informazioni anche
da dati rappresentati in tabelle e grafici.
Costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le
proprie idee e confrontandosi con il punto di vista di altri.82
• Italiano: L’allievo partecipa a scambi comunicativi
(conversazione, discussione di classe o di gruppo) con
compagni e insegnanti rispettando il turno e formulando
messaggi chiari e pertinenti, in un registro il più possibile
adeguato alla situazione.
Legge e comprende testi di vario tipo, continui e non continui,
ne individua il senso globale e le informazioni principali,
utilizzando strategie di lettura adeguate agli scopi.83
Raccordi con
altre
competenze
previste al
termine
dell’obbligo di
istruzione84
Asse dei linguaggi: Leggere, comprendere ed interpretare testi
scritti di vario tipo.
Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi
comunicativi.
Asse matematico: Analizzare dati e interpretarli sviluppando
deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di
rappresentazioni grafiche
Asse scientifico-tecnologico: Osservare, descrivere ed
analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e
artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di
sistema e di complessità.
Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni
legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza.85
Raccordi con le
competenze
chiave di
cittadinanza
previste
al termine
dell’obbligo di
istruzione86
• Imparare ad imparare
• Comunicare
• Collaborare e partecipare
• Risolvere problemi
• Individuare collegamenti e relazioni
• Acquisire ed interpretare l’informazione
82
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 61 83
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 40 84
Competenze di base contenute nell’Allegato 1 del DM n. 139/2007 85
Capperucci D., Curricolo e progettazione, op. cit. pag.12 86
Competenze chiave di cittadinanza contenute nell’Allegato 2 del DM n. 139/2007
90
4.4.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e la
costruzione dei prerequisiti
5 dicembre 2018
Il primo incontro aveva lo scopo di verificare le preconoscenze dei bambini,
essenziali per impostare tutto il lavoro successivo. Per poter realizzare le
attività sulla misurazione di tempi con la clessidra e con il pendolo, per poter
classificare le durate, stabilire quale fenomeno avesse un tempo maggiore o
minore, era necessario che i bambini avessero acquisito correttamente il
concetto di maggiore, minore e uguale riferito alle misure di lunghezza, di
peso, di tempo e di capacità. Ovviamente fra i prerequisiti necessari c’era la
conoscenza degli strumenti di misura e la capacità di utilizzarli.
La prima lezione, che ho fatto con i bambini della 2aA, si è aperta con la
presentazione di alcuni strumenti di misura. Ho detto ai bambini che quel
giorno avremo giocato a misurare vari oggetti presenti nella classe. I bambini
si sono dimostrati subito entusiasti all’idea di fare qualcosa di pratico. Prima
di iniziare le misurazioni vere e proprie ho mostrato ai bambini gli strumenti
di misura che avremmo utilizzato: un metro a nastro, una clessidra, una
bilancia e un misurino per liquidi. Ho chiesto ai bambini se li conoscessero e
se venissero loro in mente altri oggetti da poter usare per misurare. Hanno
iniziato ad elencare altri strumenti di misura, l’orologio, il righello, il telefono
(per misurare il tempo), la bilancia pesapersone.
Le prime misurazioni che abbiamo effettuato sono state quelle di lunghezza.
Ho dato un metro di carta ad ogni bambino e ho chiesto di misurare il banco.
Sul quaderno hanno riportato la misura del banco. Poi un bambino ha
misurato la cattedra. Le misure che abbiamo ottenuto sono state confrontate
fra loro.
Prima di iniziare a misurare le lunghezze ho scritto l’ora alla lavagna e
contemporaneamente ho girato la clessidra. Ogni volta che la sabbia finiva un
bambino la capovolgeva nuovamente e faceva una croce alla lavagna.
91
Abbiamo misurato la lunghezza di vare coppie di oggetti (quaderni, penne,
lavagna, LIM…) e le abbiamo confrontate. Al termine delle misurazioni
abbiamo scritto l’ora alla lavagna.
Figura 33 - Le misurazioni di lunghezza e tempo
I bambini sono stati tutti in grado di misurare e confrontare le lunghezze, per
questo mi sono soffermata nell’analisi dei tempi. Ho chiesto ai bambini di
osservare la lavagna. Il primo tempo segnato erano le 13:23, l’ultimo le 13:32.
Ho chiesto ai bambini se sapessero dire quanto tempo avevano usato per fare
le misure. Una bambina mi ha risposto, contando sulle dita partendo da 24.
24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32… 9! Ho chiesto se sapessero cosa fossero
“9”. Un bambino ha risposto: minuti. Ho fatto osservare che la clessidra era
stata girata due volte e mezzo. Ho chiesto cosa fossero le due X. Nessuno ha
risposto. Allora ho chiesto cosa avessimo misurato con la clessidra. I bambini
hanno risposto che avevano misurato il tempo impiegato a prendere le
misure con il metro. Ho chiesto la stessa cosa per l’orologio e i bambini mi
hanno dato la stessa risposta. Quindi ho fatto notare che abbiamo misurato
lo stesso intervallo di tempo, ma utilizzando strumenti di misura diversi,
abbiamo ottenuto dei valori diversi; che però vogliono dire la stessa cosa.
La lezione è proseguita con altre misurazioni. Abbiamo utilizzato una bilancia
da cucina per misurare piccoli oggetti (gomma, penna, astuccio), e un
misurino da 500 ml per misurare delle quantità di liquido.
92
La stessa lezione è stata riproposta in modo analogo ai bambini della 2aB.
In questo caso però, data la presenza del bambino con ADHD, ho cercato di
scomporre la lezione in parti più piccole e concluse, per far sì che la sua
attenzione non svanisse. Ho introdotto uno strumento di misura alla volta e
l’ho fatto utilizzare di volta in volta. L’intervallo di tempo misurato con il
cronometro e con la clessidra è stato più breve, abbiamo misurato il tempo
occorso per pesare i vari oggetti e al bambino con ADHD ho chiesto di
occuparsi della clessidra e di girarla al momento giusto, in modo da dargli un
compito di responsabilità per mantenere la sua concentrazione più alta.
4.4.4 Secondo incontro. Misure del tempo convenzionali e non
convenzionali
11 e 12 dicembre 2018
Il secondo incontro aveva lo scopo di far riflettere i bambini sul concetto di
durata in relazione ad azioni relativamente brevi, come l’intervallo di metà
mattina, il tempo per cambiarsi prima della lezione di educazione fisica, un
esercizio di educazione fisica o un dettato e di pensare alla relatività dei
termini breve e lungo.
Ho pensato di utilizzare alcuni strumenti convenzionali e non per misurare le
durate di alcune attività quotidiane dei bambini e di utilizzare tabelle per
riportare i dati.
Anche questa volta la prima lezione si è tenuta in 2aA. Ho iniziato l’incontro
chiedendo ai bambini se sapessero fare esempi di durate di tempo brevi. Un
bambino mi ha detto: la ricreazione, un altro: un cartone animato. Ho chiesto
se la giornata a scuola fosse lunga o breve. Tutti hanno concordato che fosse
lunga. Allora ho chiesto se un intero anno a scuola fosse lungo o breve.
Hanno nuovamente risposto lungo. Allora ho chiesto come fosse possibile che
un anno scolastico e una giornata fossero entrambi lunghi. Una bambina ha
detto: sono tutti lunghi, ma uno è più lungo!
93
Ho domandato ai bambini se l’ora di matematica fosse lunga o breve. Hanno
risposto che era lunga. Ho quindi chiesto se la pausa pranzo, che dura più di
una lezione, fosse lunga o corta. Tutti erano d’accordo che fosse corta.Ho
fatto notare loro che la pausa pranzo è più lunga di una lezione di
matematica. A quel punto ho chiesto ai bambini come si potesse capire se un
tempo fosse lungo o corto. Inizialmente sono rimasti perplessi, poi un
bambino ha detto: bisogna misurarlo. Per riprendere gli argomenti della
lezione precedente ho chiesto se si ricordassero alcuni strumenti per
misurare il tempo. Hanno risposto elencando quelli utilizzati nella lezione
precedente.
Ho detto che per capire quanto durassero le attività che facevano a scuola
bisognava provare a misurarle, ma utilizzando due strumenti diversi, la
clessidra a sabbia, che avevamo già utilizzato, e un cronometro. La scelta del
cronometro è stata fatta perché avevo previsto di farlo utilizzare ai bambini
nelle successive attività con il pendolo e la clessidra ad acqua e volevo che
imparassero a usarlo.
I dati delle misurazioni dovevano essere inseriti in una tabella. Anche in
questo caso, ho pensato di utilizzare le tabelle fin dalla seconda lezione per
farne recepire l’utilizzo ai bambini ed anche perché sono estremamente
efficaci per permettere un confronto fra dati.
Ho mostrato ai bambini il cronometro e ho spiegato come utilizzarlo. I
bambini, durante le lezioni, sono seduti ad isole. Nella classe sono presenti
cinque isole. Ho dato un cronometro ad ogni isola e ho chiesto ai bambini di
provare a turno a misurare dei tempi. Io davo il via e lo stop e i bambini mi
dicevano il risultato della misurazione. Abbiamo ripetuto l’operazione cinque
volte, fino a quando le misure delle cinque isole non sono risultate simili.
Ho mostrato ai bambini la tabella dove dovevano annotare le durate delle
attività e ho spiegato come dovessero compilarla.
La prima parte dell’incontro è terminata con la spiegazione delle attività di
misurazione da realizzare il giorno successivo.
94
Anche in questo caso ho riproposto la stessa attività ai bambini della 2aB.
Il giorno successivo abbiamo iniziato ad effettuare le rilevazioni delle durate
delle attività con i bambini della 2aB.
Figura 34 - Rilevazione della durata delle attività
Al termine della giornata abbiamo ottenuto una tabella con il tempo misurato
con il cronometro in minuti e secondi e il tempo segnato con delle X della
clessidra.
95
Figura 35 - Tabella misurazioni durate attività
Accanto al tempo del cronometro nessun bambino aveva scritto l’unità di
misura. Ho quindi chiesto se qualcuno sapesse qual è l’unità di misura del
tempo. Alcuni bambini hanno risposto ore, altri i minuti. Ho spiegato che
l’unità di misura del tempo è il secondo. Ho domandato se dando la nostra
tabella ad altre persone non a conoscenza di quello che avevamo fatto,
avessero potuto capire cosa avevamo misurato. I bambini inizialmente hanno
risposto di sì. Allora ho chiesto se 8,47 potessero essere i cm di lunghezza di
una matita. I bambini hanno detto si. Ho chiesto se 55,14 potessero essere i
grammi che pesa una gomma. Hanno risposto nuovamente di: sì. Rimanendo
sul tempo ho chiesto se 6,31 potessero essere ore o giorni. Ho ottenuto
un’altra risposta affermativa. Siamo quindi giunti alla conclusione che scrivere
l’unità di misura accanto al valore sia fondamentale per capire a cosa ci
stiamo riferendo. A quel punto ho chiesto ai bambini cosa fossero le X. Hanno
risposto che sono le volte che abbiamo girato la clessidra. Ho chiesto se
sapessero a cosa corrispondeva una X. Un bambino mi ha detto: siccome
misura il tempo sarà un secondo. Allora ho fatto notare che nella prima riga
della tabella avevamo segnato 8:47 minuti e due X, quindi 8:47 è circa 2X.
96
Ovviamente i bambini non sono in grado di risolvere le equazioni, ma insieme
siamo giunti alla conclusione che la clessidra impiega circa 4 minuti per
svuotarsi. Abbiamo verificato la nostra ipotesi cronometrando il tempo che
impiega la sabbia a scendere.
Una bambina si è accorta che possiamo sapere quanto durano tutti gli
intervalli di tempo che abbiamo misurato, dato che la X vale 4 minuti.
Dopo aver chiarito l’importanza del linguaggio condiviso e delle unità di
misura, siamo passati a mettere in ordine le attività della giornata dalla più
breve alla più lunga.
I bambini sono rimasti increduli quando hanno verificato che il dettato era
più breve della ricreazione e quanto lunga fosse la pausa pranzo.
Abbiamo fatto delle considerazioni: la percezione del tempo è ingannevole, in
parte dipende da quanto ci piaccia fare una cosa; per stimare la durata è
importante utilizzare degli strumenti di misura; è importante condividere con
chi deve leggere le misurazioni l’unità di misura.
4.4.5 Terzo incontro. Il pendolo
9 e 11 gennaio 2019
L’idea di utilizzare il pendolo come strumento di misurazione delle durate
brevi, mi è stata suggerita dal corso di Fisica che ho seguito all’Università. Il
pendolo è infatti uno strumento ideale per osservare la periodicità degli
intervalli di tempo, per riflettere sulle durate brevi, per legare il concetto di
tempo a quello di movimento e per permettere ai bambini di avanzare delle
ipotesi facilmente verificabili sulle cause di un fenomeno fisico.
La preparazione di questo incontro è stata impegnativa. Infatti per far sì che
l’incontro fosse proficuo, non potevano essere fatti errori legati alla
preparazione dei materiali o alla restituzione dei risultati.
Avendo deciso di far utilizzare il pendolo direttamente ai bambini e avendo a
disposizione tempi ristretti, ho pensato di costruire 5 pendoli, da distribuire in
97
ogni isola. Ho predisposto 5 fili lunghi 80 cm, 5 fili lunghi 40 cm, 5 pesi da 50 g
e 5 pesi da 100 g. Ho preparato delle tabelle dove i bambini dovevano inserire
i dati.
Prima di iniziare la parte pratica dell’esperimento, ho dato ai bambini delle
schede che ho realizzato per illustrare il funzionamento del pendolo e
costruire un linguaggio adeguato. Ovviamente non ho proposto ai bambini la
formula per misurare il periodo delle oscillazioni del pendolo87, che
risulterebbe del tutto incomprensibile.
87
Il pendolo semplice Il pendolo è costituito da una massa m puntiforme appesa ad un filo inestensibile. Quando si sposta la massa dalla verticale, il pendolo oscilla. In mancanza di attriti, l’oscillazione continuerebbe sempre uguale a se stessa. Se le oscillazioni sono piccole, si può dimostrare che il pendolo si muove di moto armonico.
La forza-peso p =m può essere scomposta nelle componenti:
filo nella direzione del filo
tangente lungo la tangente alla circonferenza: è la forza di richiamo che tende a riportare m nella posizione centrale. I due triangoli ABC e OAD sono simili, perché entrambi hanno un angolo retto e un angolo che misura .
I due lati = tangente e = p sono rispettivamente proporzionali ad = d e alla lunghezza
del filo = l Quindi:
Che equivale a
Ftangente = Fp
Se l’angolo è piccolo, allora il segmento AD è praticamente uguale all’arco AE e tangente ha la stessa direzione dello spostamento ma verso opposto.
Il vettore tangente e il vettore spostamento risultano orizzontali come il segmento AD.
tangente =
Possiamo ricavare l’accelerazione del pendolo
98
Senza utilizzare il termine periodo per definire il tempo necessario al pendolo
per compiere un’oscillazione, ho spiegato ai bambini cosa fosse l’oscillazione.
Ho mostrato un pendolo alla classe e l’ho messo in movimento.
Figura 36 - Spiegazione del moto del pendolo
Ho mostrato cos’è l’oscillazione e ho chiesto ai bambini di osservare il
movimento del peso. Prima ho utilizzato il filo di 80 cm e il peso da 100 g, poi
ho sostituito il peso con quello da 50 g. Ho cercato di mantenere costante
l’ampiezza delle oscillazioni e ho chiesto ai bambini se notassero dei
=
Per il moto armonico Quindi
Con velocità angolare
Possiamo quindi ricavare il periodo T (tempo necessario a compiere un’oscillazione):
√
Cfr. Amaldi U., Le traiettorie della fisica. Da Galileo a Heisenberg, Zanichelli, Bologna, 2012, pagg. 283-284
99
cambiamenti. Alcuni hanno fatto questa osservazione: forse il peso più
leggero va più veloce. Allora ho aumentato l’ampiezza delle oscillazioni. Un
bambino ha detto: il peso adesso va più veloce di prima! Ho chiesto se
secondo lui il tempo impiegato a compiere l’oscillazione fosse uguale. Ha
detto che non lo sapeva.
Ho accorciato il filo e ho ripetuto le operazioni fatte in precedenza.
Abbiamo fatto delle ipotesi su cosa potesse far impiegare più o meno tempo
al pendolo a compiere l’oscillazione. Abbiamo scelto di verificare il
comportamento del pendolo variando la lunghezza del filo, l’ampiezza delle
oscillazioni e il peso. Ho detto ai bambini di cronometrare il tempo di 10
oscillazioni per ridurre l’errore fatto nel premere il pulsante del cronometro.
Figura 37 - I bambini cronometrano le oscillazioni e riportano i dati in tabella
100
Figura 38 – Due esempi di tabella delle misurazioni effettuate con filo lungo 40 cm e 80 cm e peso da 50 g e 100 g
Il giorno successivo abbiamo inserito i dati delle misurazioni in delle tabelle in
LibreOffice Calc e abbiamo ottenuto il valore medio di 10 oscillazioni. Ho
preferito continuare a lavorare con il valore di 10 oscillazioni invece che con
quello di una sola perché i bambini non riescono ancora a stimare
correttamente il valore dei numeri decimali, per cui, anche se alla lavagna ho
riportato il valore medio con i decimali, le considerazioni le abbiamo fatte
osservando i numeri interi.
I bambini si sono accorti subito che il filo lungo 80 cm aveva dati simili con
entrambe i pesi (18,52 s e 18,15 s), così come il filo di 40 cm (12,84 s e 12,98
s). Abbiamo quindi stabilito senza grosse difficoltà che l’unica variabile che
influenza il periodo del pendolo è la lunghezza del filo. Una bambina ha
notato che 40 cm sono la metà di 80 cm, invece 12 s non sono la metà di 18 s.
Questo ci ha portato a dire che aumentando la lunghezza del filo aumenta il
tempo, ma non nello stesso modo.
101
Figura 39 - I dati ottenuti dalle misurazioni
Alla LIM abbiamo scritto collettivamente il resoconto dell’esperienza che poi
ogni bambino ha inserito nel proprio quaderno di scienze.
Figura 40 - Le conclusioni tratte dall'esperimento con il pendolo
La seconda parte dell’incontro, quella cioè relativa all’analisi finale dei dati
del pendolo, è stata fatta con i bambini della 2aA e della 2aB insieme.
Inizialmente temevo che sarebbe stato estremamente difficile mantenere
102
alto il livello di interesse di 45 bambini per il tempo necessario a effettuare
l’analisi dei dati, invece tutti i bambini erano curiosi di scoprire il risultato
dell’esperimento e non si sono create difficoltà nella gestione del gruppo.
Figura 41 - I bambini della 2aA e della 2
aB dopo l'esperimento con il pendolo
4.4.6 Quarto incontro. La clessidra ad acqua
23 e 24 gennaio 2019
Nell’ultimo incontro che ho progettato per i bambini ho utilizzato delle
clessidre ad acqua. Ho pensato di utilizzare le clessidre ad acqua invece che le
normali clessidre a sabbia perché è più facile misurare la quantità di liquido
piuttosto che di sabbia e perché è possibile realizzare uno o più fori per far
passare l’acqua. Anche in questo caso lo scopo era quello di riflettere sui
brevi intervalli di tempo, sugli strumenti di misura e su come il tempo sia
103
misurabile solo in relazione a qualcosa, in questo caso al passaggio
dell’acqua, nell’incontro precedente al movimento del pendolo.
Ho realizzato anche in questo caso 5 clessidre. Ho costruito la parte superiore
con una bottiglietta di plastica perché questo mi consentiva di sostituire i
tappi. Ho effettuato un foro su 5 tappi e due fori su altri 5 tappi. Prima di dare
le clessidre ai bambini, ho verificato che da ogni tappo con un foro uscisse la
stessa quantità di acqua e dai tappi con due fori il doppio dell’acqua. Come
contenitore inferiore ho utilizzato 5 barattoli di vetro trasparenti da 500 ml su
cui ho segnato con un pennarello delle tacche ogni 20 ml. Ho colorato l’acqua
con della tempera azzurra in modo da rendere più leggibile la quantità di
liquido scesa.
Ho verificato che la velocità di uscita dell’acqua dal foro non diminuisse
sensibilmente con la diminuzione della pressione causata dall’abbassamento
dell’acqua del bulbo superiore.
Ho spiegato ai bambini il lavoro successivo. Ogni gruppo doveva verificare la
quantità di acqua fuoriuscita dalla clessidra dopo 0:30 min 1:00 min 1:30 min
e 2:00 min ripetendo la procedura due volte, la prima utilizzando il tappo con
1 foro, la seconda il tappo con 2 fori. I dati dovevano essere annotati in una
tabella. Io ho dato il via e lo stop ogni 30 secondi.
Il lavoro è proceduto senza troppi imprevisti, anche se, a metà di una
rilevazione, è stato rovesciato il contenuto di una bottiglietta di acqua.
Questo incidente ha fatto sì che i bambini dovessero abbandonare la loro
postazione per unirsi agli altri gruppi. Il lavoro è stato comunque portato a
termine senza grosse difficoltà.
104
Figura 42 - Le misurazioni con la clessidra ad acqua
Dopo aver effettuato tutte le misurazioni abbiamo ottenuto una tabella.
Figura 43 - Tabella con i dati delle misurazioni con la clessidra ad acqua
Il giorno successivo abbiamo ripreso il lavoro riscrivendo i dati alla LIM e
osservando la tabella. La prima considerazione che i bambini hanno fatto
autonomamente è stata che la quantità di liquido passata attraverso i due
fori era doppia rispetto a quella di un foro.
105
Ho chiesto se potessimo dire altro osservando la tabella. I bambini non hanno
risposto. Allora ho scritto sulla lavagna i valori ottenuti dalla prima
misurazione. 60, 120, 180, 240. Ho cancellato gli zeri finali. Un bambino a
quel punto ha detto: ma è la tabellina del sei!
Abbiamo così osservato che fra un valore e l’altro c’è sempre 60. Riflettendo
abbiamo capito che se il valore successivo della serie fosse stato 300, allora
sarebbero trascorsi 2:30 minuti.
Abbiamo scritto queste osservazioni alla LIM.
Figura 44 - Le considerazioni fatte dopo una prima analisi dei dati
Ho riportato alla LIM il disegno dei contenitori con le quantità di liquido
colorato di rosso e di blu per rendere ancora più esplicito il contenuto della
tabella.
106
Figura 45 - La rappresentazione grafica delle quantità di liquido scesa attraverso 1 e 2 fori dalla clessidra ad acqua ogni 30 secondi
Avevo previsto la possibilità di riportare su un grafico tempo/millilitri i dati
ottenuti, ma non avevo la certezza se realizzare o no quest’ultima esperienza.
Vedendo però che i bambini avevano un livello di attenzione alto e stavano
seguendo tutti i passaggi fatti fino a quel momento, ho deciso di tentare la
realizzazione del grafico.
Ho dato ad ogni bambino un foglio di carta A4 su cui avevo già fotocopiato
precedentemente gli assi del grafico. Ho appeso alla lavagna lo stesso foglio
stampato in A3.
I bambini mi hanno dettato prima i valori ottenuti facendo passare il liquido
da 1 foro e poi da 2. Mentre io costruivo il grafico alla lavagna, i bambini lo
realizzavano sul loro foglio.
Alla fine abbiamo ottenuto il seguente grafico.
107
Figura 46 - grafico millilitri/tempo delle due quantità di liquido.
Ho chiesto ai bambini se secondo loro fosse possibile capire quanto liquido
fosse sceso dopo 45 secondi senza aver misurato la quantità. Hanno risposto
di no. Ho chiesto allora di cercare 45 secondi sulla linea orizzontale (non ho
108
detto ai bambini come si chiamino gli assi di un grafico) e di salire fino a che
non incontrassero la linea rossa. Ho detto di fare in corrispondenza del punto
un segno con la matita. Poi ho chiesto di spostarsi in orizzontale fino a che
non incontrassero la linea con i millimetri. Ho chiesto che punto avessero
trovato. Mi hanno risposto che era un punto fra 80 e 100. Ho spiegato che
quella era la quantità di liquido scesa in 45 secondi. Abbiamo ricavato altri
dati dal grafico. I bambini hanno capito dopo poco come si dovesse leggere il
grafico e si sono divertiti a ricavare vari dati.
Anche questa esperienza l’ho proposta nelle due sezioni, cercando nella 2aB
di concludere ogni singolo passaggio in tempi brevi e di non lasciare in
sospeso nessuna domanda.
Questo è stato l’ultimo incontro laboratoriale fatto prima del test finale. Ho
quindi salutato i bambini complimentandomi per come avessero portato a
termine i lavori e per come avessero collaborato nel gruppo dei pari.
Anche i bambini della primaria, come quelli dell’infanzia, mi hanno chiesto se
fosse stato possibile realizzare altre esperienze simili.
109
5. La valutazione dell’intervento didattico nella scuola
dell’infanzia e nella scuola primaria
«La valutazione è l’atto (e al tempo stesso la conseguenza) dell’attribuzione
di valore a qualcosa o qualcuno. […] Per rendere la valutazione
intersoggettiva occorre che le modalità e lo strumento di “misura” impiegati,
cioè le operazioni compiute e il metro di paragone usato per attribuire quel
dato valore a quel preciso evento, siano resi espliciti.» 88
La valutazione in ambito scolastico è divenuta oggi uno degli strumenti per
garantire il successo formativo di ogni studente. È un momento chiave del
processo formativo, non più vista come atto conclusivo di un percorso
formativo, ma come momento di verifica dell’efficacia dell’azione formativa.
«Essa precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da
intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle
condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di
accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al
miglioramento continuo.»89
«La valutazione è quindi il mezzo per intervenire sull’iter formativo
evidenziando i punti di forza e di debolezza delle situazioni formative,
permettendo di correggere e migliorare il processo del perseguimento degli
obiettivi.»90
Secondo questa interpretazione, la valutazione acquista di significato se letta
in un’ottica volta ad ottenere dei feedback sugli effetti del processo
formativo. È necessario pertanto che la valutazione si strutturi anche
temporalmente secondo la divisione delle fasi valutative in ex ante, in itinere
ed ex post.
88
Domenici, G., Manuale della valutazione scolastica, Laterza, Roma-Bari, 1993, pag.4 89
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 19 90
Corchia F., Valutazione e qualità dell’istruzione, in Capperucci D. (a cura di), La valutazione degli apprendimenti in ambito scolastico. Promuovere il successo formativo a partire dalla valutazione, FrancoAngeli, Milano, 2011, pag.26
110
Valutazione ex ante: viene realizzata prima di mettere in atto un
progetto formativo. È legata all’analisi dei bisogni dei soggetti e al
contesto. Ha una funzione diagnostica sulla situazione di partenza.
Valutazione in itinere: analizza lo stato di avanzamento del progetto,
ponendo l’accento sulla corrispondenza dei risultati di percorso
ottenuti agli obiettivi intermedi prefissati. Ha lo scopo di ottenere dei
feedback che permettano di ricalibrare il processo formativo in corso
d’opera per meglio adattarlo alle esigenze reali e contingenti del
soggetto in apprendimento.
Valutazione ex post: viene fatta al termine delle attività formative. Ha
lo scopo di verificare la conformità dei risultati di apprendimento
raggiunti con gli obiettivi finali previsti.91
Ogni azione valutativa deve essere strutturata in stretta correlazione con la
programmazione.
«Sulla base dei traguardi fissati a livello nazionale, spetta all’autonomia
didattica delle comunità professionali progettare percorsi per la promozione,
la rilevazione e la valutazione delle competenze. […] Solo a seguito di una
regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è
possibile la loro certificazione.»92
Nella progettazione delle unità di competenza per la scuola dell’infanzia e
primaria, parte rilevante ha svolto la strutturazione dei momenti valutativi,
che ho previsto e realizzato seguendo le fasi valutative sopracitate.
Sia nella scuola dell’infanzia che nella scuola primaria, non ho effettuato
personalmente la valutazione ex ante, ma ho utilizzato quelle fatte dalle
maestre per poter strutturare un progetto didattico adeguato ai reali bisogni
dei bambini.
91
Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare. Modelli teorici e proposte operative per la scuola delle competenze. FrancoAngeli, Milano, 2008, pag.83 92
MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 19
111
5.1 La valutazione nella scuola dell’infanzia
La valutazione nella scuola dell’infanzia non prevede l’utilizzo di prove
strutturate, poiché inadeguate all’età dei bambini e alla struttura del progetti
didattici soggetti al processo valutativo; in questo contesto educativo, viene
pertanto preferito l’utilizzo di valutazioni basato sulla pratica
dell’osservazione sistematica.
«L’osservazione sistematica è un processo la cui funzione principale è
raccogliere informazioni sull’oggetto preso in considerazione. Essa è
un’operazione di prelievo e strutturazione dei dati in modo da far emergere
una rete di significati.»93
Affinché la valutazione si rivelasse neutra, sistematica e intersoggettiva, ho
individuato i criteri di osservazione, stabilito la modalità di raccolta dei dati, i
tempi, la frequenza e i contesti entro i quali muovermi.
Ho predisposto delle griglie di osservazione da utilizzare per valutare la
riuscita di ogni incontro, in modo da avere in tempo reale un feedback
sull’azione didattica e calibrare gli incontri successivi in base all’interesse, alla
partecipazione e alle risposte dati agli stimoli didattici proposti.
Durante i momenti di circle time, quando ero impegnata con tutto il gruppo di
bambini, ho effettuato delle registrazioni video degli incontri. Per non
rendere invadente la presenza della telecamera, ho pensato di posizionarla in
modo da non renderla visibile ai bambini. Nei momenti di lavoro con i singoli
bambini invece, ho effettuato delle registrazioni audio e ho fotografato i
lavori prodotti negli incontri individuali.
I momenti soggetti alla valutazione sono stati esclusivamente quelli degli
incontri strutturati, mentre i comportamenti, gli atteggiamenti, le modalità
93 Cappuccio G., Cravana E., Progettare l’osservazione sistematica nella scuola
dell’infanzia, Form@Re - Open Journal Per La Formazione In Rete, v. 14, n. 4, p. 93-104, dic. 2014.
ISSN 1825-7321.
http://www.fupress.net/index.php/formare/article/view/15800/14646, Data di accesso: 11 feb.
2019
112
relazionali dei bambini al di fuori di questi tempi non sono stati in questa
sede oggetto di osservazione e valutazione.
5.1.1 I criteri di osservazione e le evidenze raccolte
Sono stati individuati sei criteri di valutazione:
- partecipa alle attività proposte;
- interviene rispettando il turno;
- collabora con i compagni per portare a termine l'attività;
- è curioso, pone domande inerenti alle attività proposte;
- utilizza correttamente gli indicatori temporali;
- spiega il significato dei propri elaborati.
Per ogni criterio sono stati individuati tre possibili livelli.
I dati delle griglie di osservazione sono stati analizzati e confrontati per
cercare di capire l’andamento delle attività didattiche del progetto proposto.
Al posto dei nomi dei bambini ho riportato sulle griglie il corrispondente
numero progressivo dell’elenco di sezione.
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 14 21 20 19 21 17
in parte 5 0 1 2 0 2
no 1 0 0 0 0 0
totali 20 21 21 21 21 19
Partecipa alle attività proposte
113
Il primo criterio analizzato “partecipa alle attività proposte” è migliorato con
il progredire degli incontri. Durante il primo incontro solo 14 bambini (70%)
hanno partecipato alle attività, mentre negli incontri successivi il numero è
salito, arrivando anche a valori pari al 100%.
Credo che questo miglioramento possa essere imputabile a vari fattori. Il
primo è sicuramente legato alla mia conoscenza del gruppo, che nel tempo si
è consolidata e mi ha permesso di calibrare meglio gli stimoli forniti. Il primo
incontro è stato soprattutto di indagine sulle conoscenze degli argomenti che
volevo affrontare successivamente, quindi probabilmente meno coinvolgente
per i bambini. Ho notato che la partecipazione è aumentata fino a
coinvolgere l’intera sezione negli incontri dove ho utilizzato giochi motori o
attività che prevedessero lavori di gruppo. Comunque, a parte nella prima
lezione, anche negli incontri che prevedevano lavori individuali, la
partecipazione non è mai stata nulla in nessun bambino.
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 15 16 17 17 17 16
in parte 2 2 2 4 3 3
no 3 3 2 0 1 0
totali 20 21 21 21 21 19
Interviene rispettando il turno
114
Anche per il secondo criterio si è verificato un miglioramento durante
l’avanzare del progetto. Sicuramente anche in questo caso ha influito il livello
di conoscenza dei bambini nei miei confronti e l’aumento dell’interesse verso
gli argomenti trattati, ma anche le strategie di gestione del gruppo che ho
adottato dopo aver visto il comportamento dei bambini nel primo incontro:
smettere di parlare o di leggere fino a che non era raggiunto il silenzio, non
rispondere alle domande fino a che non venivano poste nelle modalità
corrette, alzando la mano per avere la parola o aspettando che gli altri
avessero concluso il loro discorso.
Il criterio “collabora con gli altri per portare a termine l’attività” è stato preso
in esame solo durante quattro incontri perché negli altri due non erano
previste attività da svolgere collaborativamente. Questo parametro è quello
che ha avuto una maggior percentuale di risposte positive. Nessun bambino si
è infatti rifiutato di partecipare alle attività di gruppo e tutti hanno cercato di
collaborare per arrivare al traguardo comune. Soffermandomi
nell’osservazione di questo parametro, ho notato come gli altri bambini
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 0 19 19 20 21 0
in parte 0 2 2 1 0 0
no 0 0 0 0 0 0
totali 0 21 21 21 21 0
Collabora con i compagni per portare a termine l'attività
115
stimolassero i compagni meno disposti a portare a termine il compito
assegnato, mettendo in atto spontaneamente un’educazione fra pari.
Anche in questo caso c’è stato un miglioramento nelle risposte dei bambini
legato plausibilmente al procedere degli argomenti trattati e alla loro
ricezione.
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 16 19 20 20 20 18
in parte 3 1 1 1 1 1
no 1 1 0 0 0 0
totali 20 21 21 21 21 19
Si orienta nella linea del tempo comprendendo successioni e durate
116
Questo criterio di osservazione ha ottenuto dei risultati costanti nel corso
degli incontri. Ho valutato se i bambini fossero in grado di spiegare il
contenuto e il significato degli elaborati grafici che venivano prodotti durante
ogni incontro. Alcuni bambini hanno presentato delle difficoltà nello spiegare
il lavoro svolto, ma purtroppo non sono stata in grado di stabilire con
certezza se fosse un problema meramente espressivo o fosse in realtà legato
ad una parziale comprensione degli argomenti affrontati.
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 16 19 17 18 18 17
in parte 2 1 2 3 2 1
no 2 1 2 0 1 1
totali 20 21 21 21 21 19
Spiega il significato dei propri elaborati
117
L’ultimo criterio di osservazione è stato quello relativo alla curiosità nei
confronti degli argomenti trattati. Anche questo parametro ha avuto un
andamento positivo, migliorando già dalla seconda lezione.
5.2 La valutazione nella scuola primaria
La valutazione nella scuola primaria è di fondamentale importanza per
verificare l’acquisizione delle competenze previste; per riuscire a valutare nel
modo più attendibile possibile, è necessario scegliere un metodo adeguato,
come sostiene Novak:
Il problema fondamentale dei metodi è quello di riuscire a ottenere misure
valide e attendibili delle principali variabili coinvolte nell'evento che stiamo
osservando. Nelle scienze dell'educazione non è mai possibile osservare e
misurare tutte le variabili coinvolte (ad esempio, lo stato d'animo del
0
5
10
15
20
25
1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro
si 13 19 19 19 19 17
in parte 4 1 1 2 2 2
no 3 1 1 0 0 0
totali 20 21 21 21 21 19
È curioso, pone domande inerenti alle attività proposte
118
soggetto al momento del test) ma possiamo sforzarci di misurare quelle che
riteniamo più pertinenti e rilevanti.94
Sempre Novak definisce due caratteristiche fondamentali che deve avere un
test di valutazione: l’attendibilità e la validità.
L'attendibilità è la capacità del test di valutare in maniera costante un certo
ambito di conoscenza. Un test è attendibile quando individui con lo stesso
bagaglio culturale ottengono in esso gli stessi punteggi o quando un dato
individuo ottiene lo stesso punteggio a una successiva presentazione del
test.
La validità è invece la capacità degli item del test di misurare realmente le
competenze che si vogliono valutare. 95
Vertecchi classifica le prove secondo quattro categorie in base agli stimoli,
cioè le sollecitazioni proposte all’allievo e alle risposte, le prestazioni richieste
all’allievo.96
- Stimolo aperto, risposta aperta: Lo stimolo consiste nel fornire
l'indicazione di una certa area di problemi entro cui orientarsi.
La risposta richiede che si utilizzi la capacità di argomentare, di
raccogliere le conoscenze possedute anche in aree limitrofe (temi,
relazioni su esperienze, interrogazioni…).
- Stimolo aperto, risposta chiusa: Si tratta di pseudo-prove.
Lo stimolo è generalmente ampio, ma improprio, perché non è
indirizzato all'allievo. Anche la risposta è impropria, perché non
riguarda la manifestazione di abilità e conoscenze (interrogazioni in
cui il docente invita l’allievo ad esprimere il consenso a ciò che
afferma).
- Stimolo chiuso, risposta aperta: Lo stimolo si presenta accuratamente
predisposto in funzione del tipo di prestazione che intende sollecitare.
La risposta può tuttavia essere fornita in modo adeguato solo se
94
Novak J., Costruire mappe concettuali. Strategie e metodi per utilizzarle nella didattica, Erikson, Trento, 2012, 9788859000815 pag. 282 95
Ivi, pag. 286 96
Vertecchi B., Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti e dei contesti, FrancoAngeli, Milano, 2003, 9788846447753 pag. 157
119
l'allievo, facendo ricorso alle sue abilità e conoscenze, riesce ad
organizzare una propria linea di comportamento che lo conduca a
fornire la prestazione richiesta (attività di ricerca, esperienze di
laboratorio…)
- Stimolo chiuso, risposta chiusa: Questo tipo di prove, prova
strutturata o prova oggettiva o test di profitto, presenta una
particolare organizzazione, capace di sollecitare, oltre alla capacità
riproduttiva, anche quella di riconoscere, confrontare ecc..
Lo stimolo contiene completamente definito il modello della risposta.
La risposta corrisponde ad una prestazione già organizzata (esercizi di
grammatica, calcoli, risoluzione di problemi con percorso obbligato…)
5.2.1 La progettazione delle verifiche, i criteri di valutazione e
correzione
Nella scuola primaria ho effettuato due diverse valutazioni, quella in itinere,
utilizzando anche in questo caso delle griglie di osservazione, e quella ex post,
utilizzando la tipologia delle prove oggettive strutturate con stimolo chiuso,
risposta chiusa.
Considerando l’età, la capacità di concentrazione e di decodifica del testo, ho
preferito non somministrare un unico test finale a conclusione dell’intero
percorso, ma di realizzare quattro diversi momenti di verifica, in modo da non
porre più di 8 domande in ogni test. La valutazione finale è stata data
considerando i risultati delle quattro prove.
Per realizzare i quattro test ho utilizzato i seguenti criteri:
- le affermazioni e le domante sono chiare e brevi;
- le domande non presentano informazioni non essenziali;
- le domande non presentano negazioni;
- i distrattori sono plausibili;
120
- le domande e le risposte sono sullo stesso foglio;
- la posizione delle risposte esatte è casuale;
Ho selezionato tre tipologie di item da utilizzare:
- Vero/falso: viene fatta un’affermazione, l’allievo deve indicare se la
ritiene vera o falsa.
- Scelte multiple: viene posta una domanda e date tre possibili risposte.
I bambini devono selezionare quella corretta
- Corrispondenze: vengono forniti due elenchi di elementi che possono
essere associati sulla base di una relazione. I bambini devono cogliere
tale relazione.
Per analizzare i risultati ho verificato la correttezza delle risposte date e ho
assegnato un punto ad ogni risposta corretta. Non ho tolto punti per le
risposte sbagliate. Ho stabilito il livello minimo per la sufficienza prima di
avere i risultati dei test, ma dopo la somministrazione delle prove ho tenuto
conto dei risultati medi per adeguare le valutazioni alla situazione reale.
Gli item dei test complessivamente erano 30, suddivisi in due test con 7 item
e due test con 8 item.
I risultati finali dei test comunicati ai bambini non sono stati numerici, anche
se la maestra sul registro elettronico ha inserito il corrispettivo numerico in
decimi. La tabella di corrispondenza è questa:
Voto in trentesimi Giudizio Voto in decimi
28-30 ottimo 9-10
25-27 buono 8-8,5
22-24 discreto 7-7,5
18-21 sufficiente 6-6,5
<18 insufficiente <6
121
5.2.2 La valutazione in itinere
La valutazione in itinere ha avuto luogo durante tutto il percorso, da
dicembre a gennaio.
Anche in questo caso, come nella scuola dell’infanzia, ho stabilito dei criteri di
osservazione e costruito delle griglie.
Ho utilizzato cinque criteri per costruite le griglie:
- utilizza un linguaggio adeguato;
- partecipa attivamente e con costanza;
- segue le istruzioni e effettua autocorrezioni;
- ottimizza tempi e risorse;
- mostra interesse e motivazione.
Per ogni criterio ho individuato quattro parametri relativi alla frequenza del
comportamento:
0. Mai
1. Qualche volta
2. Abbastanza spesso
3. Molto spesso
122
Il criterio che ha ottenuto un maggior numero di valutazioni alte è quello
relativo all’interesse mostrato dai bambini verso gli argomenti affrontati
durante gli incontri; quello che invece ne ha ottenuti meno è quello relativo
all’utilizzo del linguaggio adeguato al contesto. Alcuni bambini presentano
ancora delle grosse difficoltà nell’esprimersi adeguatamente sia oralmente
che nello scrivere, per cui era prevedibile che questo fosse il parametro più
critico. Comunque è stato osservato durante corso degli incontri un
miglioramento in tutti i bambini nell’utilizzo di termini come “durata”,
“oscillazione” e “velocità”.
0
5
10
15
20
25
30
35
40
utilizza unlinguaggioadeguato
partecipaattivamente econ costanza
segue leistruzioni e
effettuaautocorrezion
ottimizzatempi e risorse
mostrainteresse e
motivazione
0 2 1 4 4 2
1 7 5 4 3 2
2 13 9 7 6 5
3 23 30 30 32 36
Valutazione in itinere
123
5.2.3 La valutazione finale
13 dicembre 2018
Il primo test che ho somministrato aveva lo scopo di verificare se i bambini
avessero capito quali strumenti di misura fossero necessari per misurare
tempo, lunghezza, capacità e peso, se avessero recepito l’importanza di
specificare le unità di misura per poter condividere i dati delle misurazioni, se
avessero capito perché è necessario misurare le durate con gli strumenti di
misura idonei, se sapessero ordinare le durate e se avessero recepito che per
misurare lo stesso intervallo di tempo possono essere impiegati strumenti
diversi. Il test è composto da 7 item, 5 vero/falso, 1 corrispondenza e 2 scelte
multiple.
Figura 47 - Vero/falso
Il primo esercizio era un vero/falso con cinque domande. Veniva chiesto ai
bambini di osservare una tabella simile a quella che avevano riempito nei
giorni precedenti e di rispondere alle domande.
Il giorno prima avevo posto le stesse domande ai bambini in forma orale
come riflessione sul lavoro fatto di misurazione delle durate. Molti bambini
124
avevano avuto dei dubbi sulla seconda domanda, ma dopo la spiegazione i
dubbi sembravano risolti, infatti solo 3 bambini hanno sbagliato la risposta.
La prima e la quinta risposta sono state date correttamente da 43 bambini su
45, la seconda da 42 su 45. La terza e la quarta risposta sono state date
correttamente da tutti i bambini.
Figura 48 - Esercizio sulle corrispondenze
Il secondo esercizio era sulle corrispondenze e richiedeva ai bambini di
collegare gli strumenti di misura con le misure corrispondenti.
Nei giorni precedenti tutti gli strumenti di misura della figura erano stati
utilizzati dai bambini per compiere delle misurazioni.
In questo caso si è verificato un solo errore fatto da un bambino che ha
collegato la bilancia pesapersone con il secchiello del tempo.
125
Figura 49 - Esercizio a scelta multiple
L’ultimo esercizio prevedeva di effettuare una scelta fra tre possibili soluzioni.
La domanda richiedeva di ordinare degli intervalli di tempo in base alla loro
durata. Anche in questo caso le durate delle tre attività erano state misurate
il giorno precedente utilizzando la clessidra e il cronometro.
In questa domanda c’è stato solo un errore, con la scelta della risposta A
invece che C.
16 gennaio 2019
Il secondo test è stato somministrato dopo i due incontri nei quali era stato
utilizzato il pendolo. Il test era composto da 8 domande, 4 a scelta multipla e
4 vero/falso. Questo test aveva lo scopo di capire se le prove sperimentali
fossero state capite adeguatamente, in modo anche da calibrare la difficoltà
delle esperienze con la clessidra ad acqua che volevo proporre negli incontri
successivi e valutare la comprensione del legame fra periodo delle oscillazioni
del pendolo e lunghezza del filo.
126
Figura 50 - Esercizio a scelta multipla
Nessun bambino ha sbagliato a rispondere alla prima domanda. Questa prima
domanda aveva lo scopo di capire se il cronometro fosse stato percepito dai
bambini come elemento essenziale del pendolo, dato che i due strumenti
sono sempre stati usati contemporaneamente.
Figura 51 - Esercizio a scelta multipla
A questa domanda hanno risposto correttamente 40 bambini su 45. Gli errori
sono stati divisi equamente nella 2aA (2 errori) e nella 2aB (3 errori). Tutti gli
errori sono stati fatti scegliendo la risposta C invece che A. Tutti i bambini
hanno quindi legato la parola oscillazione al concetto di movimento.
127
Figura 52 - Esercizio a scelta multipla
Questo item ha avuto 36 risposte corrette su 45. Anche in questo caso gli
errori si sono distribuiti equamente fra le due sezioni, 2aA (4 errori), 2aB (5
errori). Tutti i bambini che hanno commesso l’errore hanno selezionato la
risposta 1.
Figura 53- Esercizio a scelta multipla
Questo item ha avuto 40 risposte corrette su 45. Tutti gli errori sono stati fatti
dai bambini della 2aB. ritenevo che questo item fosse uno dei più semplici e
mi aspettavo che praticamente tutti i bambini rispondessero correttamente,
dato che ognuno di loro aveva effettuato almeno 8 misurazioni delle
128
oscillazioni utilizzando il cronometro. Tutti i bambini che hanno sbagliato
hanno indicato la risposta A.
Figura 54 – Vero/falso
L’ultimo esercizio era composto da quattro item a cui i bambini dovevano
rispondere vero/falso dopo aver osservato una figura.
Alla prima affermazione hanno risposto correttamente 42 bambini su 45,
mentre la seconda è stata quella dove è stato registrato il maggior numero di
errori, solo 33 risposte corrette su 45 date. In 2aA sono stati fatti 4 errori,
mentre il 2aB 8.
La terza affermazione ha avuto 6 risposte sbagliate, equamente divise fra la
2aA e la 2aB.
129
All’ultima affermazione sono state date 35 risposte corrette su 45. 6 errori
sono stati fatti in 2aA e 4 in 2aB.
25 gennaio 2019
La terza verifica è stata effettuata dopo gli incontri con la clessidra ad acqua.
Il test, anche in questo caso, era composto da 8 item, 4 a risposta multipla e 4
vero/falso.
Con questa prova ho voluto verificare la capacità di leggere ed interpretare
un grafico, di ordinare le sequenze temporali e predizione di eventi
conoscendo gli eventi pregressi.
Questo è stato il test più impegnativo dei quattro perché, a parte nella prima
e terza domanda, è stato chiesto ai bambini di rispondere a domande che
richiedevano la capacità di risolvere sequenze miste testuali/figurali e di
estrapolare dati incrociando i valori sulle ascisse e le ordinate di un grafico,
abilità che non avevano mai sperimentato fino agli incontri del 9 e 11 gennaio
sulla clessidra ad acqua.
Figura 55 - Esercizio a scelta multipla
Questa prima domanda è stata inserita soprattutto come ripasso, dato che
anche nei test precedenti erano state poste domande simili. Mi aspettavo che
130
nessuno sbagliasse nella scelta della risposta corretta, invece ci sono state 4
risposte sbagliate, 3 nella 2aA e 1 nella 2aB.
Figura 56 - Esercizio a scelta multipla
La seconda domanda prevedeva la capacità di analizzare una sequenza
grafica e di stabilirne il legame con la durata. Anche se due delle possibili
risposte erano estremamente improbabili, sono state date 39 risposte
corrette su 45. 5 dei 6 errori sono stati fatti in 2aA.
Figura 57 - Esercizio a scelta multipla
131
Questa domanda ha avuto 8 risposte sbagliate, divise equamente fra le due
sezioni. Tutti gli errori sono stati fatti selezionando la risposta C invece cha la
A.
Figura 58 - Esercizio a scelta multipla
Questa domanda era simile alla seconda, ma richiedeva una capacità in più di
ragionamento. In questo caso infatti non ho inserito il disegno del barattolo
pieno, ma solo quelli dei tre step precedenti. Questa domanda è stata
sbagliata da 13 bambini su 45, mentre uno non ha dato la risposta. 8 errori
sono stati fatti in 2aA e 6 in 2aB.
132
Figura 59 - Vero/falso
Alle ultime quattro domande era possibile rispondere sapendo leggere i
grafici.
La prima domanda ha avuto 8 risposte errate, 3 nella 2aA e 5 nella 2aB. La
seconda domanda era molto simile alla prima, infatti ci sono stati anche qui 9
errori, 4 nella 2aA e 5 nella 2aB. La terza domanda è stata quella che ha avuto
il maggior numero di risposte sbagliate, 17 in totale, 9 nella 2aA e 8 nella 2aB.
era assolutamente prevedibile che questo item avesse un tasso di risposte
corrette più basso degli altri. Anche se nei giorni precedenti avevamo fatto
questo tipo di considerazioni collettivamente, la domanda era impegnativa.
Veniva infatti richiesto di trovare sulla funzione due punti distinti partendo da
133
due valori delle ascisse e di ricavare i corrispettivi punti sulle ordinate. I due
valori identificati dovevano essere poi confrontati per stabilire la risposta
corretta.
L’ultimo item ha avuto 6 risposte sbagliate, tutte nella 2aA e 1 risposta non
data nella 2aB.
29 gennaio 2019
L’ultimo test somministrato era composto da 7 item tutti a scelta multipla. Il
29 gennaio è stato fatto un incontro riepilogativo nel quale è stato rivisto e
analizzato il percorso svolto da dicembre in poi e verificata l’acquisizione
delle nozioni trattate.
Figura 60 - Esercizio a scelta multipla
Tutti i bambini hanno risposto correttamente a questa domanda.
Figura 61 Esercizio a scelta multipla
134
La seconda domanda prevedeva di scegliere la giusta sequenza fra le tre
proposte. Sono state date 2 risposte sbagliate, una in ogni sezione. In
entrambe i casi è stata selezionata la seconda sequenza invece che la prima.
Figura 62 - Esercizio a scelta multipla
Sono state date 40 risposte corrette su 45. I 5 errori sono stati fatti tutti
selezionando la risposta C invece della B. 3 sono stati fatti in 2aA e 2 in 2aB.
Figura 63 - Esercizio a scelta multipla
Sono stati commessi 3 errori, tutti selezionando la risposta B invece che C.
Figura 64 - Esercizio a scelta multipla
Questo item ha avuto solo 2 risposte sbagliate, una per sezione. È stata
selezionata una volta la risposta A e una volta la risposta C.
135
Figura 65 - Esercizio a scelta multipla
Prevedibilmente questa è stata la domanda che ha avuto più risposte
sbagliate, 8 su 45. Dopo il ripasso comunque si è verificato un miglioramento
delle risposte, infatti alla domanda simile proposta nel vero/falso del 16
gennaio, le risposte errate erano state 12.
Figura 66 - Esercizio a scelta multipla
L’ultima domanda ha avuto 39 risposte corrette su 45. 4 errori sono stati
commessi in 2aA e 2 in 2aB. In tutti i casi è stata scelta la risposta A.
136
Dopo aver corretto tutti i test, ho analizzato la distribuzione dei voti in
trentesimi nelle due sezioni.
Figura 67 - Grafico della distribuzione dei voti
Ho poi assegnato ai valori in trentesimi il corrispondente giudizio.
Figura 68 - Distribuzione dei giudizi per sezione e totali
0
1
2
3
4
5
6
7
8
20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
2°A 0 2 0 1 2 4 1 3 5 2 3
2°B 0 2 0 1 1 1 4 5 3 3 2
totali 0 4 0 2 3 5 5 8 8 5 5
Distribuzione dei voti in trentesimi per sezione e totali
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
ottimobuonodiscretosufficiente
2°A 10832
2°B 81022
totali 181854
Distribuzione dei giudizi per sezione e totali
137
Dai grafici possiamo osservare che nessun bambino ha avuto un giudizio
insufficiente. Solo 4 bambini su 45 hanno ottenuto la sufficienza,
corrispondente in tutti e quattro i casi ad una valutazione di 21/30.
18 bambini su 45 hanno ottenuto un giudizio buono e altri 18 hanno avuto
ottimo. 5 bambini su 45 non hanno commesso nessun errore, ottenendo una
valutazione di 30/30. La percentuale maggiore dei voti è stata 27/30 e 28/30.
5.2.4 La valutazione del progetto didattico
Prima di iniziare il progetto didattico non ho somministrato ai bambini un
vero e proprio test per valutar le loro conoscenze specifiche sugli argomenti
trattai perché ho ritenuto che fosse poco plausibile che qualcuno di loro fosse
in grado di rispondere a delle domande sul moto del pendolo o sul
comportamento della clessidra ad acqua, dato che quegli argomenti specifici
non erano mai stati affrontati in classe e difficilmente fanno parte delle
conoscenze che si possono acquisire in contesti extrascolastici.
Pertanto ho deciso, prima di iniziare il percorso, di porre delle domande ai
bambini di carattere più generale sulla durata di periodi di tempo per capire
se possedessero o no la nozione di durata e se avessero la consapevolezza
della possibilità di ordinare e confrontare le durate temporali e della lori
indipendenza dagli strumenti di misura utilizzarti.
Il 3 dicembre 2018 ho distribuito a ogni bambino un foglio bianco e ho detto
loro che avrei letto delle frasi. Se erano d’accordo con quello che dicevo
dovevano scrivere “si”, in caso contrario “no” e se non sapevano la risposta
“_”.
Le affermazioni che ho letto ai bambini erano cinque:
1) Posso misurare la stessa durata con strumenti di misura diversi.
2) Le unità di misura sono indispensabili per interpretare le misure.
3) La ricreazione sarà sempre più breve della pausa pranzo, non importa
con quale strumento la misuro.
138
4) Il pendolo misura il tempo.
5) Le durate di tempo possono essere ordinate dalla più breve alla più
lunga.
Tutte le affermazioni erano vere, quindi prevedevano una risposta sempre
affermativa.
Se i bambini non capivano le affermazioni potevano porre domande, ma non
potevano chiedere nulla inerente al contenuto delle frasi. Ho fatto la scelta di
porre le domande oralmente perché così i bambini avevano la possibilità di
fare domande se non capivano il significati del testo.
Ho deciso di inserire la possibilità che i bambini scegliessero di dare la
risposta “non lo so” per non forzarli a fare una scelta fra la risposta
affermativa o negativa. Infatti il mio scopo era quello di valutare le
conoscenze già possedute e non verificare un apprendimento.
I risultati sono stati i seguenti:
1 2 3 4 5
si no - si no - si no - si no - si no -
16 10 19 11 13 21 36 0 9 13 1 31 17 2 26
Nei test somministrati dopo gli incontri sono state riproposte le stesse
domande.
139
Figura 69 - Confronto risultati pre-test e post-test
Per confrontare le domande del pre-test con le domande del post-test, ho
considerato le domande non date “_” come errate, poiché in questo caso la
risposta non data equivale alla non conoscenza della risposta.
È facilmente osservabile il netto miglioramento che si è verificato in tutti gli
item. Nelle domande 3, 4 e 5 non si sono registrati errori nel post test,
mentre nella domanda 1 e 2 si sono verificati solo 2 errori.
Questo dimostra che dopo gli incontri e le sperimentazioni fatte con i vari
strumenti di misura, i bambini hanno acquisito la nozione di durata, la
possibilità di seriare le durate, la consapevolezza dell’invarianza delle durate
in relazione agli strumenti di misura utilizzati e l’importanza dell’uso delle
unità di misura per condividere efficacemente un dato numerico.
05
1015202530354045
pre-test
post-test
pre-test
post-test
pre-test
post-test
pre-test
post-test
pre-test
post-test
1 2 3 4 5
corretto 16 43 11 43 36 45 13 45 17 45
errato 29 2 34 2 9 0 32 0 28 0
Confronto pre-test e post-test
140
5.3 La sintesi dei due progetti
Dopo la progettazione, la realizzazione e la valutazione dei due percorsi, è
importante soffermarsi sui risultati ottenuti, per riflettere sugli obiettivi
raggiunti e sui possibili miglioramenti.
Entrambi i progetti sono stati pensati avendo per dei bambini piccoli, non
ancora abituati a lavorare autonomamente rispetto a argomenti di una certa
complessità.
In simili contesti è stata fondamentale la presenza di una figura adulta in
grado di guidare le esperienze e portare i bambini a compiere riflessioni
personali, pertinenti e costruttive.
I bambini della scuola dell’infanzia hanno mostrato un interesse crescente
verso le attività proposte incontro dopo incontro. Nel hanno partecipano in
misura minore, interagendo fra di loro e con me non sempre adeguatamente.
Negli incontri successivi la curiosità e l’interesse verso il lavoro proposto sono
aumentati sensibilmente e questo ha avuto come conseguenza un
incremento della partecipazione e delle interazioni costruttive e pertinenti.
Con il progredire degli incontri ho potuto verificare un miglioramento del
linguaggio attinente agli argomenti trattati e l’acquisizione di termini specifici
che prima non erano parte del vocabolario dei bambini. La maggior parte di
loro è stata in grado di esporre con chiarezza i lavori svolti e di rispondere in
modo adeguato alle domande che venivano poste loro.
Ogni incontro è stato strutturato in modo da prevedere un momento iniziale
di introduzione al nuovo argomento, un’attività pratica e una fase conclusiva
durante la quale venivano condivise e elaborate le esperienze fatte. La fase
centrale del lavoro è stata strutturata in modo da renderla attiva e
cooperativa; in molte delle attività è stato richiesto ai bambini di lavorare in
gruppo. Questa modalità di lavoro si è rivelata efficace ed è stata molto
gradita dai bambini che sono riusciti a cooperare per raggiungere l’obiettivo
comune, aiutandosi e coinvolgendo anche i compagni più restii a partecipare
alle attività.
141
Ho potuto constatare come sia aumentata anche la partecipazione dei
bambini nella fase finale di riflessione; dopo che avevano svolto le attività
pratiche tutti manifestavano la voglia di raccontare quello che avevano
osservato e capito e questo in alcune occasioni è stata la causa di interventi
fatti non rispettando il turno.
Il livello di attenzione è sempre stato alto e i bambini sono stati in grado di
portare a termine lavori impegnativi come quelli che hanno previsto l’utilizzo
delle clessidre per misurare le durate delle attività di un’intera giornata
scolastica.
Il progetto didattico che ho sviluppato per la scuola primaria si è basato per la
maggior parte su attività laboratoriali.
Gli esperimenti sono stati realizzati dai bambini divisi in gruppi e questo ha
comportato che dovessero raggiungere una buona collaborazione e
cooperazione per riuscire a portare a termine i lavori. Anche se i bambini
sono abituati a stare seduti con i banchi disposti a isole, non sono abituati a
lavorare in gruppo, a organizzarsi, a dividersi i ruoli. Nonostante questo
hanno dimostrato un’ottima capacità organizzativa, riuscendo a soddisfare
tutte le richieste che venivano fatte loro in modo più che adeguato.
La didattica laboratoriale, basata sull’osservazione, sulla formulazione di
ipotesi, sulla scoperta, ha suscitato in tutti la curiosità e, anche durante i
momenti dedicati ad attività meno stimolanti, come ad esempio riportare i
dati ottenuti dalle misurazioni fatte con il pendolo su tabelle al computer, i
bambini sono rimasti concentrati perché volevano scoprire il risultato finale
del lavoro.
Un’altra costatazione sul lavoro svolto è inerente alla modalità di
presentazione del materiale da utilizzare. Prima di iniziare la fase
sperimentale vera e propria ho illustrato ai bambini il funzionamento degli
strumenti che avrebbero dovuto utilizzare, ma senza soffermarmi troppo in
lunghe spiegazioni.
142
I bambini hanno imparato ad utilizzare strumenti di lavoro di una certa
complessità, come tabelle e grafici, senza nessuna difficoltà, pur non avendoli
mai utilizzati fino a quel momento. Credo che questo sia dovuto al fatto che
quegli strumenti avevano un impiego pratico e contingente ed erano utili per
raggiungere lo scopo; questo ha fatto sì che venissero accettati e capiti senza
grossi sforzi, come invece accade quando si richiede un apprendimento
prettamente teorico senza un legame con esperienze pratiche.
Credo quindi che le due esperienze siano risultate positive, ottenendo dei
buoni risultati nella trasmissione dei contenuti previsti grazie alla scelta delle
metodologie adeguate che sono state in grado di suscitare interesse nei
bambini.
I due progetti sono stati realizzati utilizzando materiali di facile reperibilità;
solo la costruzione dei pendoli ha comportato un impegno maggiore, ma
sarebbe stato possibile costruirli anche utilizzando solo un filo e un peso. La
semplicità di realizzazione permette di poter riproporre le attività anche in
altri contesti, calibrandole per le esigenze peculiari dei nuovi gruppi.
La criticità che ho potuto riscontrare è quella legata ai tempi che ho avuto a
disposizione per i due lavori, che non mi hanno dato la possibilità di osservare
le ripercussioni a lungo termine sulle consapevolezze acquisite dai bambini e
non mi hanno permesso di consolidare gli apprendimenti.
143
Conclusioni
Ripercorrendo il cammino intrapreso per giungere ad un’analisi finale dei
risultati ottenuti, è possibile evidenziare alcuni elementi che hanno
caratterizzato il progetto e lo hanno reso efficace nel raggiungere le finalità
prefissate.
Gli argomenti proposti sono stati recepiti ed elaborati correttamente dai
bambini e si sono dimostrati adeguati al livello cognitivo dei due gruppi di
allievi.
L’utilizzo della didattica laboratoriale si è rivelato ottimale per veicolare i
concetti in modo naturale ed efficacie e l’osservazione scientifica dei
fenomeni ha reso tangibile un concetto complesso e astratto come quello di
durata che spesso i bambini interpretano in modo soggettivo.
Le metodologie didattiche proposte hanno contribuito non solo
all’apprendimento dei contenuti, ma anche allo sviluppo emotivo e
relazionale dei bambini. La didattica attiva, basata sulle sperimentazioni,
dove l’errore non è considerato un fallimento, ma solo una tappa necessaria
nel raggiungimento dei risultati, ha avuto come conseguenza un aumento
dell’autostima nei bambini, anche in tempi brevi come quelli in cui è stato
realizzato il progetto, incrementando la partecipazione, il dialogo e lo
scambio di opinioni.
Il lavoro di gruppo ha aiutato lo sviluppo delle capacità relazionali e
organizzative; i bambini hanno iniziato a prestare attenzione al punto di vista
dei compagni e ad accettare l’aiuto dei pari che veniva loro offerto nei
momenti di difficoltà.
L’utilizzo dell’esperimento per giungere ad un risultato concreto e condiviso,
ha stimolato anche il pensiero divergente, dando ai bambini la possibilità di
percorrere più strade per raggiungere l’obiettivo stabilito; i bambini della
scuola dell’infanzia si sono rivelati particolarmente abili a trovare soluzioni
alternative, a condividerle nel gruppo e a concretizzare correttamente le
richieste.
144
Alla conclusione del percorso tutti i bambini hanno dimostrato un
miglioramento nell’orientamento temporale e nella capacità di stabilire una
successione fra gli eventi.
I bambini della scuola primaria hanno acquisito una maggiore autonomia
nella gestione dei tempi, dovuta al miglioramento della capacità di stima
delle durate anche grazie alla comprensione dell’utilizzo degli strumenti di
misurazione.
Per concludere, ritengo che il bilancio dei due percorsi sia stato positivo, sia
nella trasmissione dei contenuti disciplinari sia nel promuovere competenze
ed abilità trasversali, producendo un piccolo passo in avanti verso il
raggiungimento dell’autonomia personale di ogni bambino.
145
Allegati
Allegato 1 – Griglia osservazione scuola dell’infanzia
146
147
148
149
150
151
Allegato 2 – Test finale scuola primaria
Test 13 dicembre 2018
152
Test 16 gennaio 2019
153
154
Test 25 gennaio 2019
155
156
Test 29 gennaio 2019
157
158
159
Bibliografia
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