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La misura del tempo: un progetto didattico per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria. Relatore Samuele Straulino Candidato Ilaria Maffucci a.a. 2017-2018 Scuola di Studi Umanistici e della Formazione Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria

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La misura del tempo: un progetto didattico per

la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria.

Relatore

Samuele Straulino Candidato

Ilaria Maffucci

a.a. 2017-2018

Scuola di

Studi Umanistici

e della Formazione

Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria

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Alice: “Per quanto tempo è per sempre?”

Bianconiglio: “A volte, solo un secondo”.

Lewis Carroll

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Indice

Introduzione .............................................................................................................. 7

1. La natura del tempo fra storia, fisica e filosofia e il problema della sua misura ..... 9

1.1 La natura del tempo nella storia del pensiero occidentale .................................... 9

1.2 Il problema della misura del tempo e gli strumenti di misura .............................. 15

2. Il metodo scientifico e le strategie didattiche nella scuola .................................. 23

2.1 Il metodo scientifico da Galileo a Popper ............................................................. 25

2.2 La didattica attiva e il laboratorio ......................................................................... 28

2.3 Metodologie didattiche ........................................................................................ 32

3. Lo sviluppo del concetto di tempo nel bambino e la “didattica del tempo” ......... 37

3.1 Gli studi psicologici sullo sviluppo del concetto di tempo e di durata nel bambino

37

3.2 La didattica del tempo nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. ............ 40

3.2.1 Il tempo lineare e ciclico ............................................................................ 41

3.2.2 Il tempo e il linguaggio .............................................................................. 43

3.2.3 Il tempo e la misura ................................................................................... 44

3.2.4 Le misconcezioni nella didattica delle scienze ........................................... 46

4. L’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria .............. 49

4.1 Premessa ............................................................................................................... 49

4.2 Il progetto didattico .............................................................................................. 50

4.2.1 Le unità di competenza ............................................................................. 51

4.3 Il progetto didattico nella scuola dell’infanzia ...................................................... 53

4.3.1 Il contesto e i tempi ................................................................................... 53

4.3.2 La progettazione dell’unità di competenza ............................................... 55

4.3.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e l’introduzione del

concetto di tempo ..................................................................................................... 58

4.3.4 Secondo incontro. La successione e la contemporaneità .......................... 64

4.3.5 Terzo incontro. La durata .......................................................................... 67

4.3.6 Quarto incontro. Il giorno ......................................................................... 75

4.3.7 Quinto incontro. La settimana .................................................................. 78

4.3.8 Sesto incontro. Il giorno, la settimana, il mese ......................................... 82

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4.4 Il progetto didattico nella scuola primaria ............................................................ 85

4.4.1 Il contesto ed i tempi ................................................................................. 85

4.4.2 La progettazione dell’unità di competenza ............................................... 86

4.4.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e la costruzione dei

prerequisiti ................................................................................................................ 90

4.4.4 Secondo incontro. Misure del tempo convenzionali e non convenzionali . 92

4.4.5 Terzo incontro. Il pendolo.......................................................................... 96

4.4.6 Quarto incontro. La clessidra ad acqua .................................................. 102

5. La valutazione dell’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola

primaria ................................................................................................................. 109

5.1 La valutazione nella scuola dell’infanzia ............................................................. 111

5.1.1 I criteri di osservazione e le evidenze raccolte ........................................ 112

5.2 La valutazione nella scuola primaria ................................................................... 117

5.2.1 La progettazione delle verifiche, i criteri di valutazione e correzione ..... 119

5.2.2 La valutazione in itinere .......................................................................... 121

5.2.3 La valutazione finale ............................................................................... 123

5.2.4 La valutazione del progetto didattico ..................................................... 137

5.3 La sintesi dei due progetti ................................................................................... 140

Conclusioni ............................................................................................................ 143

Allegati .................................................................................................................. 145

Allegato 1 – Griglia osservazione scuola dell’infanzia ................................................ 145

Allegato 2 – Test finale scuola primaria ...................................................................... 151

Bibliografia ............................................................................................................ 159

Sitografia ............................................................................................................... 162

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Introduzione

L’idea che ha dato l’avvio alla realizzazione di questo lavoro si è formata nel

corso degli anni di studio in Scienze della Formazione Primaria, soprattutto

nei momenti dedicati al tirocinio diretto.

Durante questi momenti di interazione con i bambini ho iniziato ad

accorgermi dell’importanza che il tempo riveste nella quotidianità scolastica,

della necessità che ogni bambino ha di dare una giusta interpretazione al suo

scorrere e del disagio che prova quando non riesce a fare delle stime corrette

delle durate.

Nel corso degli anni mi sono relazionata con bambini di diverse età e mi sono

accorta che soprattutto quelli di età compresa fra i 5 e gli 8 anni hanno

maggiore difficoltà a confrontarsi con il concetto di tempo.

I bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia pongono spesso

domande sul tempo; più volte mi è stato chiesto che ore fossero, e

inizialmente mi limitavo a leggere sull’orologio il tempo istantaneo, senza

rendermi conto che in realtà quello che mi veniva chiesto era: quanto dura,

quanto manca, fra quanto?

Quando ho acquisito questa consapevolezza, ho iniziato a pormi delle

domande: ha senso rispondere ai bambini di 5 anni “mancano 10 minuti”,

“fra tre ore”, “fra cinque giorni”?

Anche con i bambini che frequentano i primi anni della scuola primaria mi

sono trovata in situazioni analoghe. In questo caso però ho notato che i

bambini, soprattutto dalla fine del primo anno scolastico, sono in grado di

leggere l’ora, che spesso viene mostrata loro su orologi digitali, ma non

hanno ancora sviluppato la capacità di stimare le durate di tempo e di

relazionarle correttamente.

Quando viene chiesto di finire un lavoro in un determinato periodo di tempo,

i bambini tendono spesso a sovrastimare o sottostimare la durata. In un

primo momento ho pensato che questo fosse dovuto ad un’incapacità

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organizzativa del lavoro, poi ho iniziato a riflettere sulla possibilità che in

realtà fosse dovuto ad un’errata stima degli intervalli di tempo.

Ho quindi svolto una ricerca teorica su come si sviluppa nei bambini il

concetto di tempo e di durata, su quali metodologie e strumenti siano più

idonei per aiutarne la formazione e su come l’utilizzo di una didattica

laboratoriale possa agevolare tali processi di apprendimento.

Alla fase teorica è seguita una fase sperimentale, nella quale ho proposto due

interventi didattici uno ai bambini di cinque anni della scuola dell’infanzia e

uno ai bambini di sette anni della seconda classe della scuola primaria.

L’ultima fase è stata dedicata alla valutazione dei due interventi didattici per

verificarne l’efficacia e i risultati.

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1. La natura del tempo fra storia, fisica e filosofia e il

problema della sua misura

1.1 La natura del tempo nella storia del pensiero occidentale

Il concetto di tempo è forse il più problematico e controverso concetto nella

storia del pensiero occidentale. In tutte le culture, è associato all'idea di

movimento: del sole e della volta celeste, dell'alternarsi del giorno e della

notte, delle stagioni, dei cicli biologici.

Parmenide (Elea 515 a.C./510 a.C - Elea 450 a.C.) nega la realtà del

movimento e quindi del fluire del tempo, considerati come apparenza; il

tempo è eterno e immobile, come l'essere:

Come l’essere potrebbe nascere dopo? Come potrebbe essere nato?

Se infatti nacque, non è, né [è] se si appresta ad essere. 20

Così la nascita è spenta e la morte è ignota.

Né è diviso, poiché è tutto uguale:

né c’è in qualche parte un di più [di essere], che possa impedirgli

di essere unito,

né un di meno, ma è tutto pieno di essere.

Perciò è tutto continuo: l’essere infatti si accosta all’essere. 25

Ma immobile nei limiti di grandi legami

è senza un inizio e senza una fine, poiché la nascita e la morte

furono respinte molto lontano, le scacciò una vera certezza.

E rimanendo identico nel medesimo luogo, giace in sé

e in questo modo rimane qui saldo: infatti la dura Necessità 30

lo tiene nei legami del limite, lo rinchiude intorno

poiché è stabilito che l’essere non sia incompiuto:

infatti non necessita di alcuna cosa: altrimenti mancherebbe di tutto.1

Platone (Atene 428/427 a.C. - Atene 348/347 a.C.), ha una concezione

metafisica del tempo, che è misura del movimento solo delle cose materiali,

che nascono e si corrompono; i concetti di passato e di futuro, che si

1 Parmenide, Testimonianze e frammenti, la Nuova Italia, Firenze, 1958, frammento 8,

versi 19-33, pagg. 147-149

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contrappongono al concetto di eternità hanno senso solo nel mondo

materiale. Il tempo è stato creato dal Demiurgo insieme al mondo materiale

come immagine mobile dell'eternità.

[37d] Come dunque esso è un essere vivente eterno, così , per quanto gli era

possibile, cercò di rendere tale anche questo tutto. Dunque la natura di

quell'essere è eterna, e questo non era possibile applicarlo completamente a

questo mondo generato: pensò allora di realizzare un'immagine mobile

dell'eternità, e, ordinando il cielo, fa dell'eternità che rimane nell'unità

un'immagine eterna che procede secondo il numero, e che noi abbiamo

chiamato tempo. [37e] E i giorni e le notti, e i mesi e gli anni, che non

esistevano prima che il cielo fosse generato, fece allora in modo che essi

nascessero nel momento in cui componeva il cielo. Tutte queste sono parti

di tempo, e l'”era" e il "sarà" sono specie generate di tempo che noi senza

saperlo attribuiamo in modo scorretto all'essenza eterna. Diciamo infatti

che essa era, è, e sarà, ma secondo un ragionamento veritiero soltanto l'"è"

si adatta all'essenza eterna, [38a] mentre l'"era" e il "sarà" conviene dirle a

proposito della generazione che procede nel tempo: si tratta infatti di due

movimenti, mentre ciò che è sempre allo stesso modo ed immobile non

conviene che diventi attraverso il tempo né più vecchio né più giovane, né

che sia mai diventato, né che ora diventi, e neppure che diventerà in

avvenire. [….]

Il tempo dunque è nato insieme al cielo, in modo che, generati insieme,

insieme anche si dissolvano, se mai avvenga una loro dissoluzione, e fu fatto

sulla base del modello dell'eterna natura, perché, per quanto è possibile, le

somigli: [38c] il modello esiste per tutta l'eternità, mentre il cielo sino alla

fine per tutto il tempo è esistito, esiste, ed esisterà. In base allora a questo

ragionamento e pensiero del dio sulla nascita del tempo, perché il tempo

fosse generato, furono generati il sole, la luna, e altri cinque astri che si

chiamano pianeti, per distinguere e custodire i numeri del tempo.2

Anche Aristotele (Stagira 384/383 a.C. - Calcide 322 a.C.) concepisce il tempo

come numero del movimento secondo l'anteriore e il posteriore,

Tuttavia, quando abbiamo determinato il movimento mediante la

distinzione del primo e del poi, conosciamo anche il tempo, e allora noi

diciamo, che il tempo compie il suo percorso, quando abbiamo percezione

del prima e del poi nel movimento. E operiamo la distinzione perché

2 Platone, Tutte le opere, vol.4, a cura di Maltese, E. V., GTE Newton, Roma, 1997 ISBN

888183748X, pagg. 565-567

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sappiamo che questi due termini sono differenti tra loro e che c'è anche in

mezzo qualcosa di diverso da loro. Quando, infatti, noi pensiamo le

estremità come diverse dal medio e l'anima ci suggerisce che gli istanti sono

due, il prima, cioè, e il poi, allora noi diciamo che c'è fra questi due istanti di

tempo, giacché il tempo sembra essere ciò che è determinato dall’ istante: e

questo rimanga come fondamento. Pertanto, quando noi percepiamo

l'istante come unità e non già come prima e un poi nel movimento e

neppure come quell’ identità che sia la fine del prima e il principio del poi,

allora non ci sembra che il tempo abbia compiuto il tuo corso, in quanto non

vi è neppure movimento. Quando, invece, percepiamo il primo e il poi, allora

diciamo che il tempo c'è.

Questo, in realtà, è il tempo: il numero del movimento secondo il prima e il

poi.

Il tempo, dunque, non è movimento, se non in quanto il movimento ha un

numero. Eccone una prova: noi giudichiamo il più e il meno secondo

numero, e il movimento maggiore o minore secondo il tempo: dunque il

tempo è un numero. Ma poiché si dice “numero” in due modi (che noi

chiamiamo numero non solo il numerato e il numerabile, ma anche il mezzo

per cui numeriamo), il tempo è il numerato, e non il mezzo per cui

numeriamo. E sono cose diverse il mezzo per cui numeriamo e numerato.

E come il movimento è sempre diverso, così anche il tempo.3

In Agostino (Tagaste 354 - Ippona 430), il tempo è una dimensione

dell’anima, è la coscienza stessa che si dilata sino ad abbracciare il presente,

il passato e l’avvenire.

Non ci fu dunque un tempo, durante il quale avresti fatto nulla, poiché il

tempo stesso l'hai fatto tu; e non vi è un tempo eterno con te, poiché tu sei

stabile, mentre un tempo che fosse stabile non sarebbe tempo. Cos'è il

tempo? Chi saprebbe spiegarlo in forma piena e breve? Chi saprebbe

formarsene anche solo il concetto nella mente, per poi esprimerlo a parole?

Eppure, quale parola più familiare e nota del tempo ritorna nelle nostre

conversazioni? Quando siamo noi a parlarne, certo intendiamo, e

intendiamo anche quando ne udiamo parlare. Cos’è dunque il tempo? Se

nessuno mi interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo

so. Questo però posso dire con fiducia di sapere: senza nulla che passi, non

esisterebbe un tempo passato; senza nulla che venga, non esisterebbe un

tempo futuro; senza nulla che esista, non esisterebbe un tempo presente.

Due, dunque, di questi tempi, il passato e il futuro, come esistono, dal

3 Aristotele, Opere, Fisica, Del Cielo, Laterza, Roma-Bari, 1983, Fisica IV, 11, 219 a-b, pag.103

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momento che il primo non è più, il secondo non è ancora? E quanto al

presente, se fosse sempre presente, senza tradursi in passato, non sarebbe

più tempo, ma eternità. Se dunque il presente, per essere tempo, deve

tradursi in passato, come possiamo dire anche di lui che esiste, se la ragione

per cui esiste è che non esisterà? Quindi non possiamo parlare con verità di

esistenza del tempo, se non in quanto tende a non esistere.[…]

Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto

dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto

dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente,

presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo

nell'animo e non vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il

presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.4

La concezione del tempo cambia e diventa per la prima volta grandezza fisica

con Galileo Galilei (Pisa 1564 - Firenze 1642): il tempo è una grandezza fisica

costante, uniforme, misurabile. Galileo misura il tempo utilizzando il battito

del polso, il ritmo musicale, i pendoli e con dispositivi appositamente

costruiti, come l’orologio ad acqua.

Anche per Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth 1642 - Londra 1727)

il tempo è una grandezza che suddivide in due categorie: il tempo assoluto e

quello relativo.

Il tempo assoluto, vero, matematico, in sé e per sua natura senza relazione

ad alcunché di esterno, scorre uniformemente, e con altro nome è chiamato

durata; quello relativo, apparente e volgare, è una misura (accurata oppure

approssimativa) sensibile ed esterna della durata per mezzo del moto, che

comunemente viene impiegata al posto del vero tempo: tali sono l’ora, il

giorno, il mese, l’anno.5

Per Immanuel Kant (Königsberg 1724 - Königsberg 1804) il tempo è una

qualità innata nell’uomo.

Il tempo non è concetto empirico, ricavato da una esperienza: poiché la

simultaneità o la successione non cadrebbe neppure nella percezione, se

non vi fosse a priori a fondamento la rappresentazione del tempo. Solo se

presupponiamo il tempo, è possibile rappresentarsi che qualcosa sia nello

stesso tempo (simultaneamente), o in tempi diversi (successivamente). […]

4 Agostino, Le Confessioni , Arnoldo Mondadori Editore, Roma, 1984, pag. 326 pag. 331

5 Newton I., Principi matematici della filosofia naturale, Torino, Utet, 1965, pp. 101-102

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Il tempo è una rappresentazione necessaria che sta a base di tutte le

intuizioni. Non si può, rispetto ai fenomeni in generale, sopprimere il tempo,

quantunque sia del tutto possibile toglier via dal tempo tutti i fenomeni. Il

tempo dunque è dato a priori. Soltanto in esso è possibile qualsiasi realtà

dei fenomeni. Questi possono sparir tutti, ma il tempo stesso (come

condizione universale della loro possibilità) non può esser soppresso. 6

Per Kant quindi il tempo non è una dimensione fisica oggettiva, ma una forma

della mente a priori.

Nel 1864 il fisico prussiano Rudolf Clausius pubblica su Annalen der Physik un

articolo in cui enuncia il seguente principio, derivato dalle osservazioni di Sadi

Carnot (Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco, 1824):

“In un sistema isolato il calore non può passare da un corpo freddo ad uno

caldo”.

Clausius introduce una grandezza che misura questo moto unidirezionale del

calore e la chiama entropia; questa grandezza in un sistema fisico isolato non

può mai diminuire. Nel 1872 il grande fisico austriaco Ludwig Boltzmann dà

una descrizione dell'entropia in termini di meccanica statistica.

Questa è “l'unica legge generale della fisica che distingue il passato dal

futuro. Nessuna delle altre lo fa: le leggi della meccanica di Newton, le

equazioni dell'elettricità e del magnetismo di Maxwell, quelle della gravità

relativistica di Einstein, quelle della meccanica quantistica di Heisenberg,

Schrodinger e Dirac, quelle delle particelle elementari dei fisici del XX

secolo...nessuna di queste equazioni distingue il passato dal futuro. Se una

sequenza di eventi è permessa da queste equazioni, lo è anche la stessa

sequenza ribaltata all'indietro nel tempo. Nelle equazioni elementari del

mondo, la freccia del tempo appare solo quando c'è il calore. Il legame fra

tempo e calore è dunque profondo: ogni volta che si manifesta una

differenza fra passato e futuro c'è di mezzo del calore.”7

Nella teoria della relatività ristretta di Albert Einstein del 1905 l'assunto,

verificato sperimentalmente, che la velocità della luce è una costante in

qualunque sistema di riferimento, rende necessario il fatto che il tempo,

6 Kant I., Critica della ragion pura, trad. it. di G. Gentile e G. Lombardo–Radice, Laterza, Bari, 1965

(9. ed.), p. 75. 7 Rovelli C., L'ordine del tempo, Adelphi, Milano, 2017, ISBN: 9788845931925, pagg. 29-30

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insieme allo spazio, perda il carattere di costante assoluta e sia funzione dalla

velocità: due orologi identici scandiscono intervalli di tempo uguali se sono

fermi uno rispetto all'altro, ma misurano intervalli di tempo diversi se si

muovono con velocità relativa diversa da zero.

Nella teoria della relatività generale il tempo si dilata (gli orologi vanno più

lentamente) in funzione dell'intensità del campo gravitazionale o, in virtù del

principio di equivalenza, dell'accelerazione del sistema di riferimento. Questa

dilatazione temporale è stata misurata sperimentalmente utilizzando orologi

atomici posti ad altezze diverse, cioè a differenti potenziali gravitazionali.8

Nella fisica quantistica anche lo spazio e il tempo sono quantizzati. “La

meccanica quantistica e la relatività generale, prese insieme, implicano che

esista un limite alla divisibilità dello spazio. Al di sotto di una certa scala non

c'è più nulla di accessibile. Anzi, nulla di esistente.”9

Tale limite è la Lunghezza di Planck lp =1,616 × 10-35 m

Così come esiste una dimensione minima sotto la quale non hanno senso le

leggi che conosciamo attualmente, esiste anche un tempo minimo sotto il

quale non ha senso scendere, il tempo di Planck =5,391 x 10-44 s: è il tempo

che impiega un fotone che viaggia alla velocità della luce per percorrere una

distanza pari alla lunghezza di Planck.10

8 Einstein A., Relatività. Esposizione divulgativa. Bollati Boringhieri, Milano, 2011, ISBN

9788833921990 9 Rovelli C., La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose, Raffaello Cortina

Editore, milano, 2014 p. 133 10

Ivi, pag. 204

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1.2 Il problema della misura del tempo e gli strumenti di misura

Nelle civiltà mediorientali del Neolitico, con l'inizio dell'agricoltura e

dell'allevamento, nacque la necessità di scandire il tempo per calcolare i

tempi della semina, dei raccolti, dell'allevamento degli animali, degli eventi

metereologici e dei rituali magici-religiosi.

I cicli del Sole, della luna e delle stelle furono la base per la misura del giorno,

del mese e dell'anno; furono i Sumeri a suddividere l'anno in 12 mesi e i mesi

in 30 giorni.

La divisione del giorno in 12 parti è probabilmente di origine caldea, mentre si

deve agli Egizi la suddivisione del giorno in 24 ore, 10 diurne, 12 notturne,

una all'alba e una al tramonto.

Il primo strumento utilizzato dagli Egizi per la divisione del giorno fu lo

gnomone (dalla radice greca di ignosco «conoscere»): un'asta verticale che,

illuminata dal sole, proietta sul terreno l'ombra che durante il giorno varia di

lunghezza e posizione: ha lunghezza minima quando il Sole raggiunge la

massima altezza, cioè al mezzogiorno del solstizio d'estate.

Secondo lo storico greco Diogene Laerzio (III secolo d.C.) sarebbe merito di

Anassimandro aver introdotto in Grecia l'uso dello gnomone. Secondo

Erodoto (V secolo A.C.) sarebbero stati i Caldei, i Babilonesi e gli Egizi ad

usarlo per primi. Sicuramente gli obelischi egizi venivano utilizzati anche a

questo scopo. Nel XV secolo a.C. gli egiziani introdussero uno strumento per

le misura del tempo nelle ore notturne, il merkhet, con il quale traguardavano

certe stelle dette decani.11

Dallo gnomone derivano più complessi quadranti solari, tutti consistenti in

uno stilo, detto anch’esso gnomone, che proietta la sua ombra su una

superficie orizzontale o verticale, detta quadrante o su una superficie

semisferica concava detta scafo, indicando l'ora solare locale.

11

Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Dall’obelisco al cesio. Hoepli, Milano, 1990, pag. 13

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La meridiana propriamente detta rileva il mezzogiorno locale proiettando

l'ombra su un unico segmento. Un tipo particolare di meridiana è quella a

camera oscura, consistente in un foro gnomonico che proietta un fascio di

luce solare sul suolo.12

Il nome dello strumento deriva dal greco klepsýdra, che significa ‘ruba-

acqua’. Le clessidre erano, almeno in un primo tempo, costituite da un vaso

cilindrico, che sul fondo aveva un forellino dal quale fuoriusciva l’acqua. Il

calo dell’acqua indicava il passare delle ore. Però in un vaso cilindrico l’uscita

dell’acqua era maggiore quando il vaso era pieno e la pressione maggiore, per

cui i contrassegni delle ore non erano equidistanti. Gli egizi compresero poi

che l’acqua calava a ritmo uniforme se si dava alle pareti del recipiente

un’inclinazione di 70°.13

12

https://brunelleschi.imss.fi.it/meridiane/isia.asp?c=23862&xsl=1 13

Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Op. cit. pag. 17

Figura 1 – Quadrante solare di Santa Maria Novella a Firenze

Figura 2 - Foro gnomonico di Santa Maria Novella a Firenze

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Gli egizi utilizzarono anche un metodo inverso a quello descritto: anziché

misurare il quantitativo di acqua in uscita, si misurava il quantitativo che

entrava nel recipiente.

Una terza tipologia di clessidre ad acqua era utilizzata per misurare gli

intervalli di tempo in cui i contadini potevano usufruire dell’acqua per

irrigare. Queste clessidre erano dei contenitori metallici con un foro sul

fondo. Venivano posti nell’acqua che lentamente li riempiva e li affondava.14

La clessidra a sabbia è costituita da due bulbi di vetro di forma conica,

contenenti sabbia finissima, uniti per i vertici da un sottile collo con un

piccolo foro che li mette in comunicazione. Quando la clessidra è posta in

posizione verticale, la sabbia passa con flusso uniforme dal contenitore

superiore a quello inferiore; al termine del flusso girando la clessidra si fa

iniziare un altro ciclo.

Una clessidra a sabbia appare in un affresco del 1338 di Ambrogio Lorenzetti

nel palazzo Pubblico di Siena.

Uno dei principali utilizzi delle clessidre è stato quello di scandire i tempi di

preghiera nei monasteri e la durata delle prediche dei predicatori luterani.

14

Ivi, pag. 18

Figura 3 - Clessidra ad acqua egizia a svuotamento in recipiente con angoli a 70°

Figura 4 - Clessidra ad acqua persiana ad affondamento

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Trovarono impiego anche nella navigazione; infatti le clessidre non subivano

l’effetto del rollio dell’imbarcazione né i danni della salsedine. Le clessidre di

breve durata erano utilizzate per stimare la velocità delle imbarcazioni,

mentre quelle di durata più lunga per regolare i turni di guardia.15

Figura 5 - Lorenzetti, la Temperanza, allegoria del buon governo, palazzo Pubblico, Siena, 1338-1339

Figura 6 - Clessidra a polvere XVII secolo. Museo Galileo, Firenze

I primi dispositivi meccanici nel campo dell’orologeria furono degli svegliarini,

per uso monastico o di scuola citati, anche da Dante nel canto X del Paradiso,

verso 143.16 Ad essi seguì la realizzazione degli orologi monumentali, collocati

sulle torri campanarie. I primi orologi documentati risalgono alla fine del XIII

secolo, come quelli della cattedrale di Exeter e di san Paolo a Londra.17

Questi dispositivi erano mossi da un peso legato a una corda avvolta intorno

a un bastone cilindrico o tamburo. Il peso, lasciato libero di cadere, si

muoveva lentamente e regolarmente verso il basso, facendo girare il

tamburo su sé stesso e mettendo così in azione una serie di ingranaggi

collegati a una lancetta. Quando la corda si era completamente srotolata

15

Biemont E., Ritmi del tempo. Astromonia e calendari, Zanichelli, Bologna, 2002, pag. 103 16

Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo. Op. cit. pag. 54 17

Biemont E., Ritmi del tempo. Op, cit, pag. 105

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bisognava riavvolgerla sul tamburo (cioè ricaricare l’orologio): è da qui che

deriva l’espressione «dare la corda», che si userà poi anche per i successivi

orologi da polso a bilanciere. Un apposito meccanismo,

chiamato scappamento, faceva in modo che l’energia immagazzinata nel peso

non si liberasse tutta insieme, ma ‘scappasse’ un po’ per volta.18

Allo scappamento degli orologi meccanici fu applicato il pendolo per rendere

uniforme la velocità dell’orologio.

Fu l'olandese Christiaan Huygens (L'Aia 1629 – L’Aia 1695 ) che nel 1657

ottenne il brevetto dell’orologio a pendolo e pubblicò un’opera dove

descriveva il momento di inerzia, i primi teoremi sulla meccanica dei sistemi

rigidi e la teoria del pendolo composto.19

Secondo il Viviani Galileo aveva concepito l’orologio a pendolo e descritto

l’isocronismo fin dal 1581. Nella lettera che egli scrive a Leopoldo de'

Medici (Firenze 1617- Firenze 1675) il 20 agosto 1659 si legge

[...] Si pose il Galileo a speculare intorno al suo misurator del tempo; et un

giorno del 1641, [...] sovviemmi che gli cadde in concetto che si saria potuto

adattare il pendolo agl'oriuoli di contrapesi e da molla con valersene in vece

del solito tempo, sperando che il moto egualissimo e naturale d'esso

pendolo avesse a corregger tutti i difetti dell'arte in essi oriuoli. Ma perché

l'essere privo di vista gli toglieva il poter fare disegni e modelli, [...] venendo

un giorno di Firenze in Arcetri il detto Sig.r Vincenzio suo figliolo, gli conferì il

Galileo il suo pensiero, [...] e finalmente stabilirono il modo che dimostra il

quì aggiunto disegno, e di metterlo intanto in opera. [...] Ma perché il Sig.r

Vincenzio intendeva di fabbricar lo strumento di propria mano, acciò questo

per mezzo de gl'artefici non si divulgasse prima che fosse presentato al

Ser.mo Gran Duca suo Signore et appresso alli Signori Stati per uso

della longitudine, andò differendo tanto l'esecuzione che indi a pochi mesi il

Galileo, autore di tutte queste ammirabili invenzioni, cadde ammalato et a

gl'8 di Gennaio 1641 Ab Inc.ne mancò di vita, per lo che si raffreddarono

tanto i fervori del Sig.r Vincenzio, che non prima del mese di Aprile del 1649

intraprese la fabbrica del presente oriuolo […]20

18

http://www.treccani.it/enciclopedia/orologi_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/ 19

Arborio Mella F., La misura del tempo nel tempo, op. cit. pag. 80 20

https://catalogo.museogalileo.it/approfondimento/RelazionePendoloViviani.html

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Figura 7 - Ricostruzione dell'orologio a pendolo di Galileo. Museo Galileo, Firenze

Figura 8 - Orologio a pendolo di Huygens

Nel 1675 Huygens ideò e brevettò anche un orologio da tasca e introdusse la

molla a spirale nel bilanciere, assimilandolo ad un pendolo grazie all’azione

rotatoria della molla che ha oscillazione isocrone.

Gli orologi con il bilanciere migliorarono la navigazione, permettendo un

calcolo più accurato della longitudine. Questi orologi però ancora non erano

sufficientemente precisi, tanto che la marina inglese nel 1714 bandì un

concorso per la costruzione di un orologio marino per determinare

accuratamente la longitudine. Il primo prototipo realizzato, l’H1, fu

presentato da John Harrison nel 1735. Negli anni successivi Harrison

perfezionò il prototipo fino a giungere all’H4, il primo orologio tascabile mai

realizzato.21

21

https://www.rmg.co.uk/discover/explore/longitude-found-john-harrison

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21

Figura 9 - Orologio H1 di John Harrison

Figura 10 - Orologio H4 di John Harrison

La produzione dei primi orologi da polso risale alla fine dell'Ottocento. Negli

anni '60 del Novecento compaiono i primi orologi elettronici, nei quali

l'oscillazione del bilanciere come generatore dell'unità di tempo è sostituita

da un oscillatore elettronico al quarzo.

Dalla fine degli anni '50 lo sviluppo della tecnologia e della fisica quantistica

hanno permesso la realizzazione di cosiddetti orologi atomici, che sono

pilotati da una frequenza estremamente stabile, generata dalla risonanza di

alcuni livelli energetici di certi atomi (cesio, idrogeno, stronzio, itterbio,

alluminio). La stabilità di questi orologi è tale che nel 1967 il Comitato

internazionale dei pesi e delle misure ha così definito il secondo: “ Il secondo

corrisponde a 9.192.631.770 cicli di transizione tra due livelli dell’atomo di

Cesio 133.” La stabilità degli orologi atomici di ultima generazione è tale che

raggiunge l’errore di un secondo dopo che sono passati quindici miliardi di

anni.

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L'elevata precisione di questi segnali di tempo trova applicazione in numerosi

campi della ricerca fisica ed astronomica e nei sistemi di geolocalizzazione,

nella navigazione aerea e in astronautica.22

Figura 11 - Orologio atomico del 1955 presentato alla Columbia University

Figura 12 - Orologio atomico del NIST

22

http://www.lescienze.it/news/2012/03/13/news/orologio_atomico_itterbio_precisione-901334/?refresh_ce

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23

2. Il metodo scientifico e le strategie didattiche nella scuola

Nel 2012 il MIUR pubblica le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola

dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione”. In questo documento si manifesta

la volontà di formare lo studente in un contesto aperto alla scoperta e

all’indagine per permettere lo sviluppo di un pensiero critico e scientifico.

L’ambiente di apprendimento deve essere configurato in modo da poter

consentire di

realizzare attività didattiche in forma di laboratorio, per favorire

l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa.

Il laboratorio, se ben organizzato, è la modalità di lavoro che meglio

incoraggia la ricerca e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare,

realizzare, valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri,

e può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni interni alla scuola sia

valorizzando il territorio come risorsa per l’apprendimento.23

È infatti in un simile contesto che si apre la possibilità di

favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la

ricerca di nuove conoscenze. In questa prospettiva, la problematizzazione

svolge una funzione insostituibile: sollecita gli alunni a individuare problemi,

a sollevare domande, a mettere in discussione le conoscenze già elaborate,

a trovare appropriate piste d’indagine, a cercare soluzioni originali.24

Al termine del primo ciclo di istruzione

le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche consentono (allo

studente) di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l’attendibilità

delle analisi quantitative e statistiche proposte da altri. Il possesso di un

pensiero razionale gli consente di affrontare problemi e situazioni sulla base

di elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti delle affermazioni che

riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni

univoche.25

23

MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in Annali dell’istruzione, numero speciale, Le Monnier, 2012, pag. 35 24

Ivi, pag. 34 25

Ivi, pag. 16

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24

Ma queste competenze si costruiscono nel tempo e il bambino, fin dalla

scuola dell’infanzia, vive esperienze in grado di formare il pensiero scientifico

e razionale. Al termine del percorso triennale

manifesta curiosità e voglia di sperimentare, interagisce con le cose,

l’ambiente e le persone, percependone le reazioni ed i cambiamenti. […]

Coglie diversi punti di vista, riflette e negozia significati, utilizza gli errori

come fonte di conoscenza. […]

Rileva le caratteristiche principali di eventi, oggetti, situazioni, formula

ipotesi, ricerca soluzioni a situazioni problematiche di vita quotidiana.26

Fra i traguardi per lo sviluppo delle competenze in ambito scientifico al

termine della scuola primaria leggiamo:

l’alunno sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il mondo che

lo stimolano a cercare spiegazioni di quello che vede succedere.

Esplora i fenomeni con un approccio scientifico: con l’aiuto dell’insegnante,

dei compagni, in modo autonomo, osserva e descrive lo svolgersi dei fatti,

formula domande, anche sulla base di ipotesi personali, propone e realizza

semplici esperimenti.27

Ma lo sviluppo di un pensiero critico ed esplorativo non è ritenuto prioritario

solo durante il ciclo di istruzione; è una forma mentis che ogni cittadino deve

acquisire e mantenere durante tutto il corso della vita. È alla base

dell’apprendimento permanente ed è ritenuto fondamentale per relazionarsi

alla mutevolezza della realtà contemporanea.

Il Parlamento e il Consiglio europeo nella Raccomandazione del 2006

definiscono il ruolo dell’istruzione nel garantire ai cittadini le competenze

chiave necessarie per adattarsi con flessibilità ai cambiamenti a cui la società

è sottoposta:

la competenza in campo scientifico si riferisce alla capacità e alla

disponibilità a usare l'insieme delle conoscenze e delle metodologie

possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le

problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati.

La competenza in campo tecnologico è considerata l’applicazione di tale

26

Ivi, pag. 30 27

Ivi. pag. 67

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25

conoscenza e metodologia per dare risposta ai desideri o bisogni avvertiti

dagli esseri umani. La competenza in campo scientifico e tecnologico

comporta la comprensione dei cambiamenti determinati dall’attività umana

e la consapevolezza della responsabilità di ciascun cittadino.28

È quindi fondamentale che in ogni contesto educativo si creino i presupposti

per impostare una didattica attiva e laboratoriale, in grado di sviluppare e

consolidare l’attitudine alla ricerca e all’indagine basata, come spesso

ricordato all’interno delle Indicazioni nazionali, sul dialogo e la costruzione

condivisa dei saperi.

2.1 Il metodo scientifico da Galileo a Popper29

Il metodo scientifico nasce e si sviluppa nel corso del Seicento in seguito alla

rivoluzione scientifica e getta le basi per la nascita delle scienze moderne. È

grazie a Galileo Galilei che cambia sia il modo di intendere la natura sia il

modo di studiarla.

La natura adesso è vista come ordine oggettivo, privo della dimensione

spirituale; quindi è possibile studiarla scientificamente. Essendo governata da

cause, lo scopo della scienza non è più quello di indagare il fine ultimo dei

fatti, ma solo quello di capire cosa li produce. Questo è possibile perché la

natura è formata da una serie di relazioni causali che sottendono a leggi.

Conoscendo queste leggi, la natura diventa prevedibile.

Quindi la scienza diviene:

28

Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006 , relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32006H0962 (ultima consultazione 26/02/2019) 29

Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Abbagnano, N., Fornero, G., Protagonisti e testi della filosofia. Volume secondo. Il

rimascimento e l’età moderna, Paravia, Torino, 1996 - Abbagnano, N., Storia della filosofia. La filosofia moderna e contemporanea: dal

Romanticismo all’Esistenzialismo, UTET, Torino, 1993

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- sapere sperimentale, perché si basa sull’osservazione dei fatti e

perché le sue ipotesi si reggono su basi empiriche. L’esperimento è la

procedura appositamente costruita per verificare le ipotesi;

- sapere matematico: si fonda su misure e calcoli; la fisica ha lo scopo di

descrivere la realtà attraverso relazioni matematiche per consentire

previsioni su fenomeni ancora da studiare;

- sapere intersoggettivo: i procedimenti devono essere condivisi e

accessibili e le scoperte, per essere valide, devono essere controllabili

da ognuno;

- sapere oggettivo: deve riuscire a scoprire le relazioni autentiche fra i

fenomeni. Conoscere le leggi della natura permette di controllarle e di

utilizzarle per raggiungere dei fini.

Galileo non ha solo il merito di aver rivoluzionato il modo di concepire la

natura, ma anche quello di aver individuato ed utilizzato un metodo per

compiere tale rivoluzione.

Il metodo scientifico non è stato codificato da Galileo, ma è stato applicato

nelle sue osservazioni. Tale metodo è ricavabile nei suoi scritti dalle

descrizioni che fa dei suoi lavori; nel Saggiatore (1623), nel Dialogo sopra i

due massimi sistemi del mondo (1632) e nei Discorsi e dimostrazioni

matematiche intorno a due nuove scienze (1638) articola il lavoro scientifico

in due momenti:

- il momento analitico, in cui il fenomeno complesso che si vuole

analizzare viene scomposto nei suoi elementi semplici, quantitativi e

misurabili per permettere la formulazione dell’ipotesi;

- il momento sintetico, che consiste nella verifica e nell’esperimento.

L’esperimento è il momento in cui il fenomeno viene riprodotto in laboratorio

in modo artificiale. Se l’ipotesi supera la prova, allora essa è verificata e può

essere formulata la legge.

Scrive Galileo a Cristina di Lorena:

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“Pare che quello degli effetti naturali che o la sensata esperienza ci pone

dinanzi a gli occhi o le necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in

conto alcuno esser revocato in dubbio.”30

Le “sensate esperienze” evidenziano l’importanza del momento osservativo

ed induttivo della scienza, mentre le “necessarie dimostrazioni” quello

ipotetico e deduttivo. Le une e le altre contribuiscono al raggiungimento della

legge generale. Ma l’esperienza deve essere sempre rielaborata in un

contesto matematico: l’esperienza fornisce lo spunto per le ipotesi, ma

queste acquistano validità solo attraverso la conferma sperimentale.

L’esperimento è quindi la sola strada per legittimare l’esperienza e riscriverla

nel linguaggio della matematica.

Altro importante contributo alla teoria della costruzione della conoscenza e

allo sviluppo del metodo scientifico è quello apportato nella prima metà del

XX secolo da Bertrand Russell (Trellech 1872 – Penrhyndeudraeth 1970). Ne

La conoscenza umana, il suo ambito e i suoi limiti (1948) Russell sostiene che

l’origine della conoscenza è da ricercare nelle esperienze individuali, nel

dominio privato dei dati immediati. Non può essere però ridotta solo a tale

dominio; può essere raggiunta solo attraverso l’inferenza, ragionamento

logico che, partendo da una serie di premesse, produce una conclusione.

L’esperienza non è più, come per gli empiristi, un metodo di verifica, ma solo

il punto di partenza da cui si sviluppa la conoscenza.

Nella Logica della scoperta scientifica (1934) Karl Raimund Popper (Vienna

1902 – Londra 1994) espone il suo pensiero ponendo il problema della

falsificabilità di una teoria scientifica.

Per Popper la generalizzazione di una teoria non può essere fondata né sul

numero delle osservazioni effettuate, né sull’eliminazione delle teorie false.

Perciò l’unica alternativa possibile al metodo induttivo è il metodo della

30

Abbagnano N., Fornero, G., Protagonisti, op. cit. pag. 154

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falsificazione. Le proposizioni scientifiche non possono essere sottoposte a

verifica empirica, ma solo a falsificazione, a forme negative di controllo

empirico. Dalla proposizione universale verrà dedotta una proposizione

singolare che verrà sottoposta al vaglio dell’esperienza. Tale vaglio sarà un

processo di falsificazione e non un processo di verifica: se l’esperienza

conferma la proposizione, l’ipotesi è rafforzata, ma non verificata; se

l’esperienza non conferma la proposizione dedotta, la proposizione

universale risulta falsificata. Una teoria scientifica non potrà quindi mai

essere verificata, ma si potrà preferire una teoria piuttosto che un’altra in

base alla maggiore o minore corrispondenza dei fatti.31

2.2 La didattica attiva e il laboratorio32

La didattica del laboratorio, dell’osservazione partecipata della realtà,

dell’apprendimento collaborativo, affonda le sue radici nelle pratiche

sviluppate e sperimentate nelle cosiddette scuole nuove, che nascono nei

primi anni del Novecento sotto la spinta delle nuove ricerche svolte in ambito

psicologico.

Le idee di John Dewey (Burlington 1859 – New York 1952) influenzano le

scuole attive americane ed europee che mirano a costruire un nuovo modello

di società democratica attraverso la formazione di individui culturalmente e

intellettualmente liberi, con un pensiero critico adeguato a valutare e a

relazionarsi nel mondo contemporaneo.

Nelle scuole nuove le attività pratiche precedono quelle teoriche, la

conoscenza viene costruita partendo dal concreto, dalle necessità contingenti

31

Frabboni F., Pinto Minerva F., Manuale di pedagogia e didattica, Laterza, Bari, 2013 32

Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei processi

formativi, Carocci, Roma, 2007 - Frabboni F., Il laboratorio, Laterza, Bari, 2004 - Pontecorvo C., Ajello A. M., Zucchermaglio, C., Discutendo si impara. Interazione sociale

e conoscenza a scuola, Carocci, Roma, 2004

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degli alunni e la motivazione viene quindi posta alla base di tutto il processo

formativo. «La didattica attiva vuole promuovere l’alunno in tutte le sue

potenzialità, stimolandolo all’attività, al ragionamento autonomo, alla

sensibilità verso gli altri, attraverso un suo coinvolgimento attivo nelle attività

didattiche.»33

Nella scuola attiva è quindi possibile la realizzazione

«dell’autoapprendimento, dell’autonoma interiorizzazione delle conoscenze,

della libera accumulazione della cultura»,34 come sosteneva che si

sviluppasse e realizzasse l’apprendimento anche lo psicologo svizzero Jean

Piaget (Neuchâtel 1896 – Ginevra 1980).

Anche se le scuole nuove sono rimaste pedagogicamente utopia, hanno

comunque aperto la strada alla realizzazione di ambienti educativi basati sulla

costruzione attiva della conoscenza.

La didattica laboratoriale accoglie anche i contributi che Lev Vygotskij (Orša

1896 – Mosca 1934) dà alla psicologia novecentesca. Nel laboratorio si

costruisce uno scambio sociale in un contesto significativo, si utilizza un

linguaggio condiviso che diviene mediatore semiotico e si costruiscono delle

interazioni sociali fra adulto e bambino che accrescono le competenze

individuali di chi è in apprendimento.

Frabboni definisce la pedagogia laboratoriale individuandone cinque aspetti

significativi, elencati qui di seguito.

- Aspetto scientifico. Nel laboratorio si instaura una dialettica fra azione

e pensiero. L’attività si basa su prassi-teoria-prassi e le esperienze

concrete precedono la teoria poiché la generalizzazione teorica si

ottiene in questo ambiente partendo dai fatti, a posteriori.

Il laboratorio deve essere libero da una didattica aprioristica,

assiomatica e dogmatica.

33

Franceschini G., Insegnanti consapevoli. Saperi e competenze per i docenti della scuola dell’infanzia e di scuola primaria, CLUEB, Bologna, 2012, pag. 142 34

Frabboni F., Il laboratorio, op. cit. pag. 79

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30

- Aspetto motivazionale. I laboratori valorizzano i bisogni del soggetto

in apprendimento. In un ambiente strutturato in forma laboratoriale è

più facile per l’insegnante valutare i livelli cognitivi degli alunni e

individuare gli interessi e i bisogni individuali. Il laboratorio stimola la

comunicazione, sviluppando sia le abilità verbali che quelle non

verbali, favorisce la socializzazione, apre la via all’indipendenza

organizzativa e all’autonomia individuale, spinge all’osservazione

diretta della realtà e alla voglia di esplorare e accende la fantasia.

- Aspetto sperimentale. Il laboratorio è un ambiente flessibile,

sperimentale, in grado di modellarsi sulle richieste dei molteplici

modelli di innovazione didattica. Non utilizza modelli operativi basati

su teorie dell’apprendimento univoche e questo permette di

realizzare esperienze trasferibili.

- Aspetto cognitivo. Nei laboratori si costruisce una conoscenza basata

su un triangolo cognitivo: ri-produzione, ri-costruzione, re-invenzione.

Ri-produzione delle conoscenze: è il momento

dell’acquisizione degli alfabeti di base delle discipline, delle

padronanze metacognitive fondamentali per comunicare,

osservare e capire.

Ri-costruzione delle conoscenze: è la fase

dell’approfondimento delle conoscenze di base, della

rielaborazione del sapere trasmesso e dell’integrazione nelle

conoscenze pregresse.

Re-invenzione e trasgressione delle conoscenze: è il momento

creativo, dove la rielaborazione si trasforma in contributo

personale e originale, magari anche in opposizione alle

nozioni acquisite in precedenza.

È quindi in questo contesto che meglio si sviluppano conoscenze

disciplinari e competenze trasversali ai singoli saperi disciplinari.

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- Aspetto investigativo: attraverso i laboratori possono essere

effettuate ricerche, andando oltre la metodologia didattica esclusiva

della lezione.

Frabboni individua anche alcuni segni distintivi dei laboratori, che riporto qui

di seguito.

- La polifunzionalità: il laboratorio è un ambiente polivalente che si

costituisce anche spazialmente con delle caratteristiche peculiari. La

tradizionale architettura scolastica viene stravolta per permettere

l'apprendimento collettivo e si riconfigura in base alle esigenze degli

alunni che cambiano in base all’età. Nella scuola dell'infanzia e nei

primi anni della scuola primaria gli spazi di laboratorio dovrebbero

essere organizzati in angoli didattici e in centri di interessi, mentre nel

triennio conclusivo della scuola primaria e nella scuola secondaria di

primo e di secondo grado gli spazi di laboratorio di interclasse

dovrebbero divenire aule specializzate e laboratori multidisciplinari.

Anche gli spazi aperti dovrebbero essere attrezzati ed utilizzati per

attività laboratoriali.

- Il plurilinguismo: nei laboratori ogni codice comunicativo acquista la

stessa importanza, sradicando la tradizionale graduatoria tassonomica

presente all'interno degli ambiti scolastici. I codici comunicativi che

tradizionalmente sono considerati di livello più alto sono quelli della

parola orale e scritta; nei laboratori invece viene riscoperto e

valorizzato il codice iconico, gestuale, grafico, sonoro, motorio ed

informatico. Ogni linguaggio acquista pari dignità all’interno della

tassonomia dei codici comunicativi.

- L’interdisciplinarità: i laboratori sono spazi interdisciplinari che

generano competenze trasversali ponendo gli allievi in situazioni

problematiche che stimolino una risposta inventiva e attiva favorendo

nel contempo lo sviluppo di un pensiero divergente e creativo.

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32

- La progettualità: il laboratorio è luogo di realizzazione della

progettazione educativa e didattica. Qui possono essere realizzati sia i

progetti di ricerca previsti dai collegi dei docenti, sia le unità

didattiche e i progetti didattici.

2.3 Metodologie didattiche

Le tecniche didattiche, i mezzi, sono l’espressione concreta dei fini che

intendono raggiungere; le finalità educative sono a loro volta sintesi dei

metodi educativi necessari a raggiungerle. 35

Come è possibile intuire dalla citazione, una volta stabilite le finalità

educative che si vogliono perseguire, è necessario individuare e selezionare i

mezzi adeguati per raggiungerle. Ma non basta però individuare le finalità

educative, ma è altrettanto importante conoscere il gruppo a cui è rivolta

l’azione educativa e il contesto in cui si opera.

Passiamo adesso in rassegna le principali strategie didattiche individuate da

Calvani:36

- Lezione: nella didattica contemporanea, la lezione è legata alla

modalità trasmissiva delle conoscenze in cui il docente espone il

contenuto che viene interiorizzato passivamente dall’allievo. Oggi ha

perso la componente dialettica che la caratterizzava in epoca

medioevale, quando era incentrata su uno scambio di opinioni fra il

maestro e gli allievi.

Si sono conservate però alcune tipologie di lezione contraddistinte dal

carattere dialogico e partecipativo o lezioni con funzione di introdurre

un argomento che verrà poi affrontato con tecniche diverse, o lezioni

35

Franceschini G., Borin P., Il curricolo nella scuola dell’infanzia. Prospettive di ricerca e modelli operativi, Carocci Editore, Roma, 2014, pag. 23 36

Le argomentazioni del paragrafo sono riprese da: - Bonaiuti G., Calvani A., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei processi

formativi, Carocci, Roma, 2007

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impostate sul racconto, dove si utilizzano supporti comunicativi di

varia natura, visivi, multimediali, sonori.

- Modellamento/apprendimento: l’insegnante è al centro dell’azione

didattica. La sua funzione è quella di mostrare come deve essere

fatto, e l’apprendimento avviene per imitazione. È una sorta di

apprendistato in cui l’apprendista è messo in un contesto concreto e

imita il maestro più esperto fino a quando non ha raggiunto il grado di

autonomia desiderato.

- Approccio tutoriale drill & practice: è una metodologia di origine

comportamentista caratterizzata da tre componenti fondamentali:

presentazione all’allievo delle informazioni e richiesta di risposte

frequenti; invio immediato di feedback sulle risposte date;

apprendimento individualizzato, seguendo il ritmo di apprendimento

dell’allievo.

L’apprendimento è diviso in varie sequenze, ognuna calibrata per

raggiungere un determinato obiettivo formativo. Il passaggio da una

sequenza all’altra è subordinato all’acquisizione della competenza

richiesta. In questo modo l’abilità viene acquisita gradualmente

seguendo i tempi propri di chi apprende.

Anche questo approccio ha carattere direttivo, l’allievo rimane in una

posizione passiva, è il ricevente delle informazioni.

- Discussione: è basata sullo scambio-confronto di idee fra l’allievo e il

docente e fra allievi. Spesso la discussione è utilizzata per verificare la

riuscita di una lezione espositiva.

La discussione è un dispositivo fondamentale per gli approcci

educativi che vedono nell’interazione sociale il momento chiave del

processo formativo.

In questa metodologia didattica il docente diviene facilitatore e gli

studenti hanno un ruolo attivo.

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34

- Studio del caso: unisce le principali caratteristiche della lezione, della

narrazione e della simulazione. L’insegnante presenta una situazione

reale o verosimile che deve essere analizzata. Esistono tre tipologie di

studio del caso:

casi orientati alla presa di decisioni: gli studenti sono chiamati

a prendere alcune decisioni dopo che sono state presentate

situazioni problematiche da risolvere;

casi orientati all’individuazione e analisi di problemi, in cui gli

studenti devono analizzare e valutare le situazioni senza però

dover prendere delle decisioni;

casi di situazioni già concluse, che vengono presentate come

modello esemplificativo.

Lo studio del caso riesce a porre lo studente di fronte ad una

situazione verosimile, ma richiede una preconoscenza del dominio che

viene analizzato.

- Apprendimento di gruppo: fanno parte di queste metodologie sia

l’apprendimento cooperativo sia l’insegnamento reciproco e il

tutoraggio. Il processo di apprendimento è strutturato in un contesto

sociale e si basa sul lavoro di gruppo. Questo metodo è stato

formulato da Dewey, ma è stato sostenuto anche da Piaget che

sosteneva l’importanza del conflitto socio-cognitivo

nell’apprendimento.

I gruppi di apprendimento possono essere formati con vari criteri: in

modo casuale, per interessi comuni, per livelli di abilità o per integrare

varie competenze necessarie alla riuscita del lavoro.

Il numero dei componenti del gruppo va stabilito con cura, perché

gruppi troppo numerosi rischiano di non lavorare bene, mentre gruppi

troppo esigui possono non avere le competenze necessarie. Con allievi

piccoli è auspicabile che il gruppo non superi le 3/4 unità.

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35

Anche il peer tutoring rientra fra le modalità di apprendimento di

gruppo. Il tutor, che è un compagno di chi sta apprendendo, lavora

nella zona di sviluppo prossimale dell’allievo.

- Problem solving e scoperta guidata: il problem solving si basa sulle

problematiche che si presentano nella vita reale. L’apprendimento

avviene tramite la presentazione di una situazione problematica a cui

deve essere trovata una soluzione formulando ipotesi e facendo

tentativi di verifica.

Esistono diverse tipologie di problemi che vengono utilizzati nel

problem solving e diverse modalità per risolverli, in base anche alla

tipologia del soggetto in apprendimento.

Le modalità di risoluzione di un compito di problem solving variano

anche in base all’esperienza del soggetto in apprendimento: chi ha

esperienze maggiori è in grado di eliminare le informazioni inutili,

concentrandosi sulle variabili necessarie alla risoluzione del compito.

La scoperta guidata si pone in una situazione intermedia fra problem

solving e approcci più direttivi. In questo caso può essere fatta la

scelta di lasciare solo determinate variabili, concentrando gli sforzi

solo su determinati aspetti. La guida per la risoluzione di un compito

può essere affidata anche ad un compagno, oltre che al docente.

- Simulazione e role playing. La simulazione ha una valenza concettuale

e teorica e può presentarsi in vari gradi, fino ad arrivare all’utilizzo di

simulatori.

Il role playing prevede che i soggetti in apprendimento ricoprano dei

ruoli, identificandosi con dei personaggi e comportandosi

conseguentemente. Il role playing è una metodologia difficilmente

utilizzabile con bambini piccoli perché richiede un notevole sforzo di

identificazione e di riflessione su emozioni e atteggiamenti.

- Progetto e metodologia della ricerca. Questo metodo affonda le

radici nell’attivismo di Dewey e viene successivamente riscoperto in

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ambito costruttivista. Diviene una sorta di problem solving continuo:

chi apprende formula domande, fa previsioni, discute idee, raccoglie e

analizza dati, trae conclusioni che poi condivide con altri. L’attività

progettuale si conclude con la realizzazione di un prodotto che deve

soddisfare i criteri stabiliti nella fase iniziale. L’insegnante ha un ruolo

di supporto.

- Espressione libera, brainstorming. Ogni soggetto è lasciato libero di

esprimere le proprie opinioni. La situazione più classica consiste nel

proporre un tema e lasciare esprimere con assoluta libertà chi sta

apprendendo. L’unico vincolo è quello dell’attinenza al tema.

Ogni strategia presentata risulterà più o meno efficace in base ai contesti di

apprendimento e alla tipologia di nozione che si vuole trasmettere.

Se devono essere apprese abilità pratiche, ad esempio, è utile l’impiego di

modalità di insegnamento basato sul modellamento; se invece la nozione da

apprendere ha una struttura cognitiva non complessa, sarà utile utilizzare

una metodologia di taglio comportamentale come quella della drill &

practice. Se il compito è più complesso può essere utilizzata una modalità

basata sul problem solving o sulla scoperta guidata; se invece si richiede di

apprendere modalità di gestione dei rapporti interpersonali, le metodologie

più idonee sono quelle basate sulla discussione, lo studio dei casi e il role

playing.

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37

3. Lo sviluppo del concetto di tempo nel bambino e la

“didattica del tempo”

Prima di poter realizzare degli incontri efficaci per aiutare i bambini a

relazionarsi con i concetti di durata, di fluire del tempo e di misura del tempo,

è necessario soffermarsi su come il bambino si costruisca un senso del tempo

e su come questo si evolva e cresca con l’età del bambino.

È altrettanto fondamentale capire quali approcci didattici utilizzare, quali

nozioni e concetti introdurre, quale programmazione adottare e quali

strumenti impiegare per progettare un intervento didattico adeguato alle

reali esigenze cognitive degli allievi.

Presentare nozioni che non possono essere interpretate e decifrate per

mancanza di strutture logiche adeguate non produce apprendimento, ma può

portare alla formazione di modelli mentali errati difficilmente rimovibili in

seguito.

Va quindi capito come e quando proporre l’intervento didattico, in modo da

agire nella zona di sviluppo prossimale teorizzata da Vygotskij, scegliendo

sfide intellettuali che si collochino ad un livello superiore rispetto a quello che

il bambino sa fare, ma sempre considerando ciò che in quel momento è in

grado di comprendere.37

3.1 Gli studi psicologici sullo sviluppo del concetto di tempo e di

durata nel bambino

Nel bambino, «il senso della temporalità si sviluppa in stretta connessione

con lo sviluppo del senso della propria identità e della capacità di delimitare i

propri confini rispetto all’esterno.»38

Proprio per l’importanza del concetto di tempo nello sviluppo della

personalità del bambino, molte ricerche sono state improntate sullo studio

37

Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo. Un'introduzione, RaffaelloCortinaEditore, Milano, 2005, EAN: 9788870789638, pag. 230 38

Sandri P., La didattica del tempo convenzionale. Riflessioni e percorsi per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, FrancoAngeli, Milano, 2008, pag. 7

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38

delle origini della percezione temporale e sullo sviluppo cognitivo del tempo;

una delle prime e più ampie è sicuramente quella effettuata da Jean Piaget, i

cui risultati sono stati editi nel 1946.

Piaget inizia ad interessarsi alla genesi del concetto di tempo dopo aver

incontrato Albert Einstein. Questo incontro lo porterà a riflettere

sull’intuizione soggettiva del tempo e sul legame di quest’ultima con la

velocità, come scrive Maria Silvia Barbieri nell’introduzione al libro Lo

sviluppo della nozione di tempo nel bambino.39

Piaget «ritiene che non vi sia, da parte del bambino, alcuna intuizione

primaria del tempo e della durata, ma che la valutazione della durata derivi

sempre da un rapporto fra lavoro compiuto (spazio percorso) e la velocità

con cui tale lavoro è stato compiuto. Nel bambino preoperatorio40 tale

relazione tra spazio/lavoro e velocità non è ancora stabilità, abbiamo così la

tipica confusione fra il tempo impiegato e spazio percorso.

La velocità viceversa rappresenta per il bambino un'intuizione primaria

dapprima legata alla percezione del mobile che ne raggiunge o ne sorpassa

un altro, per poi diventare, nel corso dell'evoluzione operatoria, rapporto fra

il lavoro compiuto il tempo impiegato.»41

«Il tempo è la coordinazione dei movimenti: che si tratti degli spostamenti

fisici, o movimenti nello spazio, o di quei movimenti interni costituiti dalle

azioni appena abbozzate, anticipate o ricostruite dalla memoria, il tempo

gioca nei loro riguardi lo stesso ruolo dello spazio rispetto agli oggetti

immobili. […]Lo spazio è un'istantanea scattata sul tempo e il tempo è lo

spazio in movimento, mentre tutti e due costituiscano, con la loro unione,

l'insieme dei rapporti di inclusione e di ordine che caratterizzano gli oggetti

e i loro spostamenti.»42

Piaget indaga, oltre allo sviluppo della nozione del tempo fisico, con i relativi

concetti di successione, simultaneità, durata, anche quello del tempo vissuto,

in relazione al concetto di età e di percezione delle durate.

39

Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, La nuova Italia, Firenze, 1979, ISBN: 9788822126191 40

Il periodo preoperatorio per Piaget è quello compreso fra i 2 e i 7 anni. Schaffer, H. R., Psicologia dello sviluppo. Un'introduzione, op. cit, pag. 190 41

Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, op. cit. pag. XIV 42

Ivi, pag. 6

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39

Dopo aver sottoposto bambini di età compresa fra i 4 e i 9 anni ad alcuni test,

Piaget individua tre stadi di sviluppo della nozione di tempo. Nel primo stadio

la successione temporale si confonde con quella spaziale. «Il tempo è locale,

nel duplice senso di un tempo non generale, ma variante da un movimento

all’altro e di un tempo che si confonde con l’ordine spaziale proprio di ogni

spostamento nel senso positivo del percorso.»43

«Anche la nozione di età viene interpretata spazialmente, poiché le

disuguaglianze di crescita aboliscono la comprensione dell’ordine di

successione delle nascite.»44

Nel secondo stadio, il bambino considera il tempo che scorre durante

un’azione e inizia a compiere una prima differenziazione fra ordine temporale

e ordine spaziale. Pur essendo ancora legato all’intuizione, il bambino riesce a

dissociare l’ordine temporale dall’ordine spaziale.45

Nel terzo stadio si raggiunge infine il tempo operatorio, che diviene tempo

reversibile; la durata adesso diviene il rapporto, qualitativo o metrico, tra lo

spazio percorso e la velocità.

Molti psicologi, dopo Piaget, hanno affrontato lo studio della percezione del

tempo nel bambino e nell’adulto. Paul Fraisse, psicologo francese, ha avuto

posizioni diverse rispetto a Piaget sullo sviluppo della percezione del tempo e

delle durate. Fraisse sostiene che esista un’intuizione primitiva di durata

basata sul numero di cambiamenti percepiti nel corso della durata stessa.

Fraisse ritiene che la velocità non sia un indice primario su cui si costruiscono

i giudizi di durata, ma solo uno dei possibili indici. La differenza fra adulto e

bambino è che il bambino ha a disposizione pochi indici su cui basare le

proprie stime, mentre l’adulto è in grado di interpolare i dati provenienti da

più indici per effettuare stime più accurate. Per Fraisse, le prime intuizioni di

43

Ivi, pag. 272 44

Ivi, pag. 273 45

Ivi, pag. 275

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durata si hanno già nel bambino molto piccolo. In questo caso la durata è il

tempo che si frappone fra l’insorgenza di un bisogno e il suo appagamento.

Fraisse dimostra che già i bambini di 5 anni sono in grado di valutare le durate

e di paragonarle quando non sono proposti loro dati percettivi fuorvianti. Ad

esempio, i bambini riescono a valutare correttamente le durate di due oggetti

in movimento che si spostano nella stessa direzione o in direzioni opposte,

ma falliscono quando i due oggetti vengono spostati con velocità differenti.

Altri autori, come Iris Levin46 e Jacques Montangero47, muovono delle critiche

metodologiche a Piaget sostenendo che variabili empiriche influiscono sul

risultato. Spesso l’incapacità del bambino di risolvere una prova viene letta da

Piaget come mancanza di strutture logiche per risolverla e non come

mancanza di familiarità con il compito assegnato.48

3.2 La didattica del tempo nella scuola dell’infanzia e nella scuola

primaria.49

La consapevolezza dell’importanza che la dimensione temporale ha nello

sviluppo dell’identità del bambino ha portato nel corso degli anni a far sì che

molti pedagogisti si siano interrogati sulle metodologie più adeguate per

affrontare una didattica del tempo.

Sfogliando le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e

del primo ciclo d’istruzione del 2012, è evidente come la dimensione dello

sviluppo temporale nel bambino rientri fra le finalità educative fin dalla

46

Levin I., The Development of Time Concepts in Young Children: Reasoning about Duration, in Child Development, 1977, 48(2), pagg. 435-444. 47

Montangero J., The relationship of time, speed, and distance in the child, in L'Année Psychologique, 1979, 79(1), pagg. 23-42 48

Piaget J., Lo sviluppo della nozione di tempo nel bambino, op. cit., pagg. XIV-XIXX 49

Le argomentazioni di questo paragrafo sono tratte da:

Bartolini Bussi M.G., Verso il concetto di tempo. Prima parte, in Bambini, 9/1988 http://www.comune.torino.it/centromultimediale/bambini/pdf/8809_bussia.pdf

Bartolini Bussi M.G., Verso il concetto di tempo. Seconda parte, in Bambini, 10/1988 http://www.comune.torino.it/centromultimediale/bambini/pdf/8810_bussi.pdf

Sandri P., La didattica del tempo convenzionale. Riflessioni e percorsi per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, Franco Angeli, Milano, 2008

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scuola dell’infanzia e come sia presente in modo trasversale in tutte le

discipline.

I bambini «osservando il proprio movimento e quello degli oggetti, ne

colgono la durata e la velocità, imparano a organizzarli nello spazio e nel

tempo e sviluppano una prima idea di contemporaneità.»50

Alla fine della scuola dell’infanzia il bambino «riferisce correttamente eventi

del passato recente; sa dire cosa potrà succedere»51, «dimostra prime abilità

di tipo logico, inizia ad interiorizzare le coordinate spazio-temporali.»52

Al termine della scuola primaria il bambino «usa la linea del tempo per

organizzare informazioni, conoscenze, periodi e individuare successioni,

contemporaneità, durate, periodizzazioni,»53 è in grado di «comprendere la

funzione e l’uso degli strumenti convenzionali per la misurazione e la

rappresentazione del tempo (orologio, calendario, linea temporale…)»54,

«osserva, legge e analizza sistemi territoriali vicini e lontani, nello spazio e nel

tempo»55. «Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,

registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali.»56 Inoltre,

«l’alunno acquisisce consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio

corpo e la padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo

adattamento alle variabili spaziali e temporali contingenti.»57

3.2.1 Il tempo lineare e ciclico

Per riuscire ad aiutare il bambino a costruire dei punti di riferimento

temporali per acquisire la capacità di orientarsi nel tempo, è necessario

soffermarsi su alcuni aspetti generali del problema.

50

MIUR, Indicazioni nazionali, op. cit. pag. 28 51

Ivi, pag. 29 52

Ivi, pag. 30 53

Ivi, pag. 53 54

Ivi, pag. 54 55

Ivi, pag. 58 56

Ivi, pag. 67 57

Ivi, pag. 77

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Il concetto di tempo è una costruzione sociale e culturale, che cambia da

epoca a epoca e da cultura a cultura. Il bambino costruisce la propria visione

della realtà grazie ad un apprendimento sociale, attraverso strumenti che

l’ambiente mette a disposizione, come già sosteneva Lev Vygotskij nel 1934.58

Il modello di tempo che la società occidentale propone ai bambini è quello di

tempo metrico di matrice newtoniana.

Esso è:

assoluto: non dipendente dalle azioni umane o naturali;

omogeneo: non varia nessuno dei suoi aspetti;

uniforme: trascorre con una velocità costante;

lineare: si sviluppa in linea retta, gli eventi seguono un ordine;

continuo: gli istanti si comportano come i punti di una retta;

irreversibile: procede sempre nella stessa direzione;

misurabile: è possibile determinare un’unità di misura per gli intervalli

di tempo.

Insieme a questo modello coesiste un modello di tempo ciclico, quello

utilizzato per definire la scansione dì/notte, i giorni della settimana, i mesi e

le stagioni.

Si verifica quindi una commistione fra successione irreversibile dei fenomeni

e ricorrenza. L’orientamento del tempo fissato su di una retta permette una

relazione di ordine59 fra tutti i punti distinti della retta, ma questo non è

altrettanto consentito se l’orientamento temporale è fissato su una

circonferenza. Ad esempio è possibile stabilire che se un avvenimento A è

58

Lo sviluppo cognitivo per Vygotskij è essenzialmente un processo sociale. I bambini non devono “iniziare da zero ad inventare il mondo. […] essi beneficiano della saggezza accumulata dalle generazioni precedenti e non potrebbe essere altrimenti per via delle interazioni con i loro caregiver. Ogni generazione si appoggia su quella precedente”. Gli strumenti culturali psicologici e tecnologici vengono trasmessi da una generazione all’altra ed esercitano congiuntamente la loro influenza sul bambino. Cif. Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo, op. cit. pagg. 223-224 59

La relazione d’ordine (largo) in un insieme A è dotata delle seguenti proprietà: 1) riflessiva: a R a per ogni a A 2) antisimmetrica: se valgono a R b e b R a, allora a=b. 3) transitiva: se a R b e b R c, allora a R c.

Anichini G., Conti G., Calcolo I. funzioni di una variabile. Pitagora Editrice, Bologna, 1996, pag.32

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accaduto prima di un avvenimento B e B prima di C, allora A è avvenuto

prima di C. Ma nel momento in cui utilizziamo un ordine ciclico, questo non è

più vero, ad esempio martedì può essere considerato sia prima sia dopo

lunedì. Quindi quando i bambini si relazionano con il tempo devono essere in

grado di utilizzare un modello piuttosto che l’altro e discernere quale sia più

adeguato a quel determinato contesto.

3.2.2 Il tempo e il linguaggio

Ogni esperienza è mediata e influenzata dai modi di rappresentazione propri

di ogni cultura. Secondo il cognitivismo socioculturale, «l’apprendimento si

sviluppa come processo di internalizzazione, ossia come un percorso che va

dall’esterno verso l’interno, dai processi sociali all’individuo; concetti e

nozioni oggetto di conversazioni sono progressivamente integrati nelle

strutture cognitive interne dell’individuo. L’internalizzazione costituisce la

base per la costruzione del pensiero.»60

Può però accadere che un bambino utilizzi correttamente termini temporali

senza avere un concetto di tempo: l’uso di vocaboli fortemente collegati con

il contesto esperienziale non è un indicatore adeguato per valutare la

padronanza delle strutture logiche.

È quindi fondamentale indagare sul significato che viene attribuito ai termini

da chi li utilizza. Uno dei fraintendimenti più frequenti nei bambini è quello di

confondere la parola tempo con il tempo meteorologico.

«Può accadere che i bambini adeguino alle loro conoscenze le parole per loro

sconosciute che ascoltano dagli adulti, traducendole con parole del

vocabolario che già conoscono. […] Un ostacolo alla comprensione del

significato di una parola può essere costituito dalla presenza di parole

60

Calvani A. (a cura di), Bonaiuti G., Ranieri M., Fondamenti di didattica. Teoria e prassi dei dispositivi formativi, Carocci editore, Roma, 2016, pag. 48

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polisemiche: l’allievo deve sapere che la parola può assumere significati

diversi e saper individuare il significato più adeguato al contesto.»61

L’esperienza temporale del bambino deve quindi procedere congiuntamente

all’acquisizione del lessico adeguato. Le categorie fondamentali individuate

dalla Bartolini Bussi sono:

- riferimenti temporali (nomi di giorni della settimana, dei mesi, delle

stagioni, le parole legate alla misura del tempo…);

- gli avverbi di tempo (ora, adesso, ormai, subito, prima, dopo, sempre,

spesso, talora, ancora, tuttora, già, mai, presto, tardi, oggi, domani,

stamani, recentemente, successivamente);

- le congiunzioni temporali (quando, mentre, come, prima, appena, finché,

che);

- le costruzioni sintattiche;

- i tempi dei verbi.

3.2.3 Il tempo e la misura

Nella nostra cultura la gestione e l’organizzazione del tempo passano

attraverso gli strumenti di misura. Concettualmente essi si basano sulla

ricorrenza dei fenomeni periodici, sulla scelta dell’unità di misura basata sulla

durata di due successive fasi del fenomeno e sulla divisione dell’unità di

misura in multipli e sottomultipli.

Già nella scuola dell’infanzia i bambini sono in grado di comprendere la

funzione degli strumenti di misura del tempo, ma non riescono a leggerli

adeguatamente perché ancora non hanno raggiunto lo sviluppo delle

operazioni mentali.62

61

Zan R., I problemi di matematica. Difficoltà di comprensione e formulazione del testo, Carocci Faber, Torino, 2016, pag. 50 62

Per Piaget le operazioni mentali sono proprie dello stadio operatorio concreto, che il bambino raggiunge intorno ai 6/7 anni. È in questa fase che i bambini riescono a:

- seriare: ordinare mentalmente gli elementi utilizzando criteri di volta in volta diversi; - classificare: dividere gli oggetti in vari gruppi in base a certi parametri e individuare le

relazioni fra gruppi;

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Nella scuola primaria i bambini acquistano le capacità necessarie per lavorare

sulla misurazione del tempo. Leggere il tempo richiede la stessa capacità di

leggere i numeri.

Per misurare il tempo, così come per misurare qualunque grandezza, la prima

operazione che è necessario saper fare è quella relativa al confronto. I

bambini quindi dovranno iniziare a confrontare la durata dei fenomeni e delle

azioni con inizio simultaneo o non. È da questi primi esperimenti che i

bambini comprendono l’importanza dell’unità di misura. Questa inizialmente

può essere assunta in modo arbitrario, ma comunque condivisa dal gruppo;

poi si adottano le unità di misura convenzionali.

Per poter misurare è necessario riconoscere una regolarità in ciò che viene

misurato. Per poter misurare il tempo è indispensabile individuare fenomeni

che si ripetono regolarmente o che scorrono a velocità costante e che

possono quindi essere considerati unità di misura temporali. Questi fenomeni

possono essere riprodotti con strumenti di misura come il pendolo, la

clessidra a sabbia o ad acqua. Per costruire nel bambino il concetto di tempo

è estremamente utile utilizzare questi strumenti affiancandoli a quelli

convenzionali, come orologi e cronometri. Questa pratica consente di

confrontare le misure, riflettere sull’uso delle unità di misura convenzionali

costruendo nel bambino i concetti di convenzionalità, stima, misura e

approssimazione.

- sviluppare l’idea di numero: la numerazione diventa una procedura arbitraria e i numeri

sono cambiabili. Si sviluppa anche l’invariabilità del numero. Cif. Schaffer H. R., Psicologia dello sviluppo, op. cit. pagg. 200-201

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3.2.4 Le misconcezioni nella didattica delle scienze63

La conoscenza di ognuno è costituita da immagini mentali. L’immagine

mentale è «il risultato figurale o proposizionale prodotto da una

sollecitazione interna o esterna.»64

Essa è influenzata dalla cultura di appartenenza, dallo stile personale di

apprendimento e viene elaborata per lo più involontariamente. L’insieme

delle immagini mentali costituisce il modello mentale di un concetto.

L’immagine mentale viene ritenuta stabile e definitiva fino a che non

sopraggiungono nuove informazioni non contenute nel modello mentale

precedente. A quel punto le nuove informazioni vengono inserite nel vecchio

modello e viene creata una nuova e più ampia immagine mentale. Questa

integrazione e modifica dei modelli è possibile quando in chi apprende si

genera un conflitto cognitivo interno.

Ciò che genera il conflitto è quindi una misconcezione, un concetto

inadeguato.

«La misconcezione è un concetto errato e dunque costituisce genericamente

un evento da evitare; essa però non va vista sempre come una situazione del

tutto negativa: non è escluso che per poter raggiungere la costruzione di un

concetto, si renda necessario passare attraverso una misconcezione

momentanea, ma in corso di sistemazione.»65

Quando un’immagine riesce ad accogliere tutte le argomentazioni e le

informazioni nuove che vengono proposte, diventa stabile e forma il modello

del concetto.

63

Le argomentazioni di questo paragrafo sono tratte da: D’Amore B., Sbaragli S., Analisi

semantica e didattica dell’idea di “misconcezione”. In La matematica e la sua didattica, 2, 2005.139-163. http://www.dm.unibo.it/rsddm/it/articoli/damore/518%20Analisi%20semantica%20e%20didattica.pdf (24/02/2019) 64

Ivi, pag. 14 65

Ivi, pag. 15

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47

Il modello si forma nel momento giusto ed è quello previsto per quella

determinata conoscenza, allora l’azione didattica ha funzionato

correttamente e lo studente si è costruito il modello atteso del concetto.

Se invece il modello si forma troppo presto, quando l’immagine non è ancora

quella corretta, il modello errato che si è creato ostacolerà il raggiungimento

del giusto concetto e minerà gli apprendimenti futuri.

«L’esplicitazione, da parte dell’allievo, di una misconcezione avviene con

quella segnalazione di un malessere cognitivo che si chiama usualmente e

banalmente “errore”: lo studente sbaglia, cioè non dà la risposta attesa

dall’insegnante.»

È quindi fondamentale capire per l’insegnante perché l’errore si è verificato

in modo da fornire agli allievi gli strumenti necessari per rimuovere la

misconcezione che sta dietro all’errore.

Alcune delle misconcezioni che ho riscontrato nei bambini della scuola

dell’infanzia e nella scuola primaria sono state:

- Una massa maggiore ha una velocità minore rispetto ad una massa

minore; questa affermazione è stata fatta da un bambino della scuola

primaria riferendosi al movimento del pendolo. Secondo l’alunno il

pendolo avrebbe oscillato più velocemente con il peso posto

all’estremità più leggero.

- Una distanza maggiore è percorsa in un tempo maggiore. Sempre

nella scuola primaria, i bambini ritenevano che il pendolo avrebbe

impiegato più tempo a compiere un’oscillazione più ampia rispetto ad

una di ampiezza minore.

- La Terra ruota intorno al Sole in un giorno

- La terra che ruota intorno al Sole non è il pianeta, ma il suolo

- Le ore notturne non vengono considerate parte del giorno

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4. L’intervento didattico nella scuola dell’infanzia e nella

scuola primaria

4.1 Premessa

La scelta di realizzare due interventi didattici sul concetto di tempo, uno nella

scuola dell’infanzia e uno nella scuola primaria è nata da una serie di

considerazioni che ho fatto negli anni durante il percorso di tirocinio diretto.

Spesso i bambini rivolgono domande, talvolta anche implicite, sul tempo, sul

suo trascorrere, sulla durata dei fenomeni.

In molteplici occasioni i bambini della scuola primaria mi hanno chiesto

quanto mancasse alla ricreazione o all’uscita da scuola e quando rispondevo

che mancavano cinque minuti oppure due ore, i bambini puntualmente

chiedevano se fosse tanto o poco. Inizialmente ho pensato che la domanda

nascesse dal fatto che non sapessero leggere l’orologio e quindi non avessero

consapevolezza di che ora fosse in quel momento, ma poi ho constatato che

in realtà erano perfettamente in grado di dire che ora fosse guardando

l’orologio che avevano in classe.

In altre occasioni ho osservato la maestra che assegnava un compito dicendo

ai bambini che avevano a disposizione per realizzarlo un determinato lasso di

tempo. Difficilmente i bambini riuscivano a completare il lavoro nel tempo

assegnato o lo sfruttavano completamente.

Nella scuola dell’infanzia mi sono accorta che i bambini avevano difficoltà non

solo a gestire gli intervalli di tempo brevi, ma anche a stimare le durate di

fenomeni più lunghi, come le settimane, i mesi, gli anni o a capire la ciclicità

di alcuni fenomeni come l’alternanza del giorno e della notte o delle stagioni.

Mi sono quindi chiesta per quale motivo avessero queste difficoltà, se ciò

potesse essere legato a un’evoluzione cognitiva dei bambini o se invece

dipendesse solo dal fatto che, pur essendo immersi nel flusso del tempo, non

ne avessero mai fatto delle esperienze concrete.

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Ho pertanto cercato di progettare due interventi didattici, uno per i bambini

di cinque anni della scuola dell’infanzia e uno per i bambini della seconda

classe della scuola primaria, che si basassero sull’osservazione dei fenomeni,

cercando di rendere concreto, tangibile e osservabile un concetto

relativamente astratto come quello di durata.

4.2 Il progetto didattico

«Un progetto è l’ideazione per lo più accompagnata da uno studio relativo

alla possibilità di attuazione o di esecuzione.»66

«Un progetto implica la definizione di specifici obiettivi di conseguimento e

un'organizzazione di risorse, tempo, energie, per conseguire il risultato.»67

L’azione della progettazione viene messa in atto quando l’attuazione non è

pianificabile in ogni aspetto a priori, ma sono previsti margini di

cambiamento. Il progetto è flessibile, adattabile alle nuove esigenze che

ipoteticamente possono presentarsi.

Uno dei modelli di progettazione educativa più utilizzati fin dagli anni ’60 è

quello identificato dall’acronimo ADDIE.68 Questo modello prevede lo

sviluppo del progetto in cinque fasi: la fase preliminare di analysis, che

comporta un lavoro di valutazione delle condizioni di partenza relativo al

contesto, alle risorse, agli obiettivi, all’utente; una fase di design, che termina

con la stesura del progetto, documento che raccoglie gli intenti da

conseguire, le metodologie da adottare e le valutazioni; una fase di

development, in cui si predispone il contesto per l’attuazione; una fase di

implementation, in cui vengono attuate le azioni progettate; una fase di

evaluation in cui si valutano i risultati.

66

Devoto G., Oli G., Il Devoto-Oli. Vocabolario della lingua italiana 2007. Le Monnier, Varese, 2006, ISBN: 8804555068 67

Calvani A., Menichetti L., Come fare un progetto didattico. Gli errori da evitare, Carocci, Roma, 2015, ISBN: 9788874667369, pag. 17 68

Ivi, pag. 44

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«In generale in un progetto si possono distinguere tre aspetti principali: il

grado di strutturazione interna, più o meno rigida o flessibile; la natura più o

meno complessa degli obiettivi da conseguire, valutabili secondo indicatori di

varia natura e affidabilità; la tempistica assegnata alla valutazione dei

risultati, che può essere più o meno immediata o procrastinata nel tempo.»69

Il progetto didattico rappresenta quindi il possibile sviluppo del processo di

apprendimento, analizzandolo in tutte le sue fasi. Ha lo scopo di evidenziare i

cambiamenti prodotti nell’allievo dalle azioni didattiche cui è sottoposto. Il

progetto può mirare a produrre accrescimenti nelle abilità motorie, cognitive,

sociali o emozionali.

Perché un progetto sia ben costruito, l’allievo non deve possedere in

partenza le abilità che il progetto intende promuovere e alla fine del percorso

deve poter essere verificabile un cambiamento verso il traguardo previsto.

4.2.1 Le unità di competenza

«L’unità di competenza rappresenta un’unità di lavoro centrata su un

percorso formativo unitario finalizzato alla maturazione di competenze tali da

poter essere valutate, certificate e riconosciute anche al di fuori del contesto

di acquisizione. La stessa denominazione, «unità di competenza», attesta

come, di fatto, una competenza non possa essere acquisita una volta per

tutte, e come questa sia sempre aperta a possibili margini di

miglioramento.»70

L’acquisizione di una competenza è quindi sia un traguardo sia un punto di

partenza verso un ulteriore possibile miglioramento del livello di padronanza

69

Ivi, pag. 19 70

Capperucci D. Strumenti per la costruzione del curricolo. Studi sulla Formazione/Open Journal of Education, [S.l.], p. 143-170, Mar. 2017. ISSN 2036-6981. http://www.fupress.net/index.php/sf/article/view/20208/18837. (Ultimo accesso 18 02 2019)

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della competenza stessa. È possibile passare da un livello di padronanza

all’altro tramite unità di lavoro autonome, specifiche ed interconnesse.71

Le principali caratteristiche dell’unità di competenza sono:

1. Sistematicità. Condivisione di un modello progettuale e di uno strumento

comune a tutti gli attori coinvolti.

2. Autoconsistenza. Ogni unità di competenza prevede il raggiungimento di

specifiche competenze (trasversali e/o disciplinari) spendibili a livello

formativo, professionale e sociale.

3. Componibilità. Ogni unità di competenza può legarsi ad altre con le quali

condividere collegamenti logici, esperienziali, operazionali, contenutistici,

ecc. In questo senso l’unità di competenza può essere intesa anche come

parte di un percorso più ampio, che dà conto della progressione delle

competenze e della necessità di procedere per gradi.

4. Autenticità. Per quanto riguarda sia le attività che le prove di

accertamento/valutazione delle competenze si predilige il ricorso a

compiti autentici, ovvero compiti in situazione in grado di verificare se e

fino a che punto l’alunno riesce a mobilitare le proprie conoscenze e

abilità per la risoluzione di un problema.

5. Interdisciplinarità. L’unità di competenza, può favorire un approccio

interdisciplinare partendo dalla condivisione di un progetto comune.

6. Significatività. Deve mirare al raggiungimento di apprendimenti

significativi. Un apprendimento è significativo quando il soggetto lo sente

proprio.

7. Personalizzazione. Le unità di competenza sono unità di lavoro che

puntano alla personalizzazione dell’apprendimento, nella misura in cui

71

Le argomentazioni sono riprese da: - Capperucci D., Franceschini G., Guerin E., Perticone G., Progettare per unità di

competenza nella scuola primaria, FrancoAngeli, Milano, 2016. - Capperucci D., Curricolo e progettazione per unità di competenza, in USR Toscana,

Progettazione di Unità di Competenza per il curricolo Verticale. Esperienze di autoformazione in Rete, Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, Edizioni Medicea, Firenze, 2013, http://www.toscana.istruzione.it/sfogliatore/pdf/Intro.pdf

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prevedono interventi formativi differenziati rivolti a singoli alunni, a

piccoli gruppi, all’intero gruppo classe.

8. Metacognizione. Stimola negli alunni un’autoriflessione in merito ai

processi di apprendimento personali.

9. Trasferibilità. Le competenze acquisite sono adattabili a situazioni,

compiti o contesti molto diversi fra loro.

10. Capitalizzabilità. Gli apprendimenti sono spendibili in molteplici contesti.

Perché la competenza sia capitalizzabile deve essere valutata,

documentata, certificata e riconosciuta.

4.3 Il progetto didattico nella scuola dell’infanzia

4.3.1 Il contesto e i tempi

La scuola dell’infanzia in cui ho proposto il progetto didattico è “La

girandola”, che fa parte dell’istituto comprensivo “Marconi-Frosini” di Pistoia.

La sezione dei cinque anni accoglie 21 bambini, 10 femmine e 11 maschi.

Quattro bambine e tre bambini non sono di origine italiana, ma tutti sono

nati in Italia e frequentano la stessa scuola dell’infanzia da quando avevano

tre anni, e per questo parlano l’italiano come lingua madre.

Uno dei bambini è seguito da un’insegnante di sostegno perché certificato

ADHD. Il bambino attualmente non ha particolari problemi comportamentali

o relazionali e anche i suoi livelli di attenzione sono buoni.

Le maestre hanno lavorato molto sullo sviluppo dell’attenzione dei bambini

fino dal primo anno di scuola e allo stato attuale tutto il gruppo è in grado di

mantenere un buon livello di attenzione per un tempo sufficientemente

lungo. Questo mi ha permesso di impostare il lavoro prevedendo anche dei

momenti di riflessione e di condivisione delle esperienze che si sono rivelati

estremamente utili per permettere a tutti di raggiungere gli obiettivi di

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apprendimento previsti, rimuovendo in alcuni casi delle misconcezioni

pregresse.

Quando ho proposto il progetto alle maestre e ho spiegato loro cosa volessi

realizzare, si sono dimostrate disponibili ed entusiaste, poiché avevano già

previsto un progetto didattico sulle tematiche che stavo suggerendo. La mia

idea di progetto rispetto alla loro era più laboratoriale e pratica. Questo ha

generato nelle maestre qualche dubbio iniziale sulle capacità dei bambini di

portare a termine la parte più operativa del progetto, che prevedeva un

lavoro di raccolta di dati e di misurazione delle durate delle attività

quotidiane utilizzando delle clessidre. In realtà questa è stata una delle

esperienze che più ha entusiasmato i bambini ed è stata portata a termine

senza nessun ostacolo.

Ho svolto il tirocinio nella scuola dell’infanzia nei mesi di ottobre e novembre

2018. Avendo a disposizione 80 ore e avendo previsto sei differenti attività da

svolgere in giorni diversi, ho dovuto iniziare le attività didattiche solo dopo

una settimana di presenza in sezione. Dato che non conoscevo i bambini e

non sapevo come potessero reagire alla mia presenza come insegnante, ho

preferito cominciare a relazionarmi con loro anche prima di iniziare il

progetto didattico vero e proprio. Ho chiesto quindi alle maestre il permesso

di svolgere delle attività di lettura e di riflessione e di seguire i bambini nelle

elaborazioni grafiche che fanno parte del loro percorso di apprendimento. I

bambini mi hanno accettato in breve tempo e questo mi ha permesso di

realizzare il lavoro con serenità e in modo proficuo.

Per documentare le attività svolte ho utilizzato un registratore vocale e una

macchina fotografica. Di alcune esperienze ho realizzato dei video.

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4.3.2 La progettazione dell’unità di competenza

Per impostare la progettazione dell’unità di competenza ho fatto riferimento

alle Indicazioni Nazionali72 del MIUR e alla griglia di progettazione dell’unità di

competenza elaborata da USR Toscana e dall’Università di Firenze73.

Unità di competenza

Titolo: Il tempo lineare e il tempo ciclico periodo: ottobre-novembre 2018

Denominazione

scuola

Scuola dell'infanzia "La girandola"

Sezione 5 anni

Analisi del

gruppo

La sezione dei cinque anni accoglie 21 bambini, 10 femmine e 11 maschi.

Quattro bambine e tre bambini non sono di origine italiana, ma tutti

sono nati in Italia e frequentano la stessa scuola dell’infanzia da quando

avevano tre anni, per cui parlano l’italiano come lingua madre.

Uno dei bambini è seguito da un’insegnante di sostegno perché

certificato ADHD. Il bambino attualmente non ha particolari problemi

comportamentali o relazionali e anche i suoi livelli attentivi sono buoni.

Competenze da

promuovere

• Il bambino si orienta nelle prime generalizzazioni di passato,

presente, futuro

• Il bambino usa la lingua italiana, arricchisce e precisa il proprio

lessico, comprende parole e discorsi, fa ipotesi sui significati.

• Sa esprimere e comunicare agli altri argomentazioni attraverso il

linguaggio verbale che utilizza in differenti situazioni comunicative.

• Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materiali secondo criteri

diversi, ne identifica alcune proprietà, confronta e valuta quantità;

utilizza simboli per registrarle; esegue misurazioni usando strumenti

alla sua portata.

• Sa collocare le azioni quotidiane nel tempo della giornata e della

settimana.

• Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa dire cosa

potrà succedere in un futuro immediato e prossimo.

• Ha familiarità sia con le strategie del contare e dell’operare con i

numeri sia con quelle necessarie per eseguire le prime misurazioni

di lunghezze, pesi, e altre quantità

Campi di • La conoscenza del mondo

72

MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, in Annali dell’istruzione, numero speciale, Le Monnier, 2012 73

Capperucci D., Curricolo e progettazione per unità di competenza, op.cit., pag.11

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esperienza

Obiettivi di

apprendimento

• Riflettere sul concetto di “tempo”

• Costruire un vocabolario condiviso inerente al tempo (prima, ora,

dopo, sempre, parti del giorno, giorni della settimana, mesi,

stagioni)

• Cogliere la durata di azioni quotidiane, classificare i fenomeni in

base alla durata

• Riconoscere la successione notte/dì

• Rilevare la ciclicità del tempo (notte/dì, giorni della settimana,

stagioni)

• Utilizzare strumenti di misurazione del tempo

Contenuti Il tempo lineare:

• Successioni

• Durata

Il tempo ciclico:

• Giorno

• Settimana

• Mesi

Attività • Conversazione guidata sul concetto di tempo

• Misurazione delle durate delle azioni con utilizzo di clessidre

• Giochi motori per apprendere i concetti di contemporaneità e

successione

• Giochi motori per apprendere la ciclicità di dì/notte e delle

settimane

• Letture di testi sui giorni, settimane e mesi

• Realizzazione di artefatti per riflettere sulle durate di giorni,

settimane, mesi.

Metodo • Brainstorming

• Learning by doing

• Cooperative learning

• Lezione frontale

• Circle time

• Giochi motori

Strumenti • Nastro adesivo

• Metro

• Tempera

• Fogli bianchi

• Fotografie

• Carta a quadretti di 2 cm

• Matite

• Clessidre

• Forbici

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• Colla

Durata prevista Sei incontri in due mesi. Cinque incontri di durata 60 min (uno degli

incontri diviso in due giorni con 30 min a giorno), un incontro con durata

di un intero giorno scolastico e 20 min nel giorno successivo.

Verifica Prima di iniziare il percorso vengono valutate le preconoscenze

attraverso una conversazione guidata e delle rappresentazioni grafiche.

Durante la realizzazione del progetto la verifica viene effettuata

osservando l’interesse, la partecipazione e la tipologia degli interventi di

ogni bambino. L’azione didattica viene costantemente rivista ed adattata

per meglio rispondere alle esigenze dei bambini. L’osservazione viene

effettuata utilizzando delle griglie.

A conclusione del progetto viene verificato l’apprendimento con una

conversazione guidata.

Raccordi con

altri campi di

esperienza

• Il sé e l’altro. Si orienta nelle prime generalizzazioni di passato,

presente, futuro e si muove con crescente sicurezza e autonomia

negli spazi che gli sono familiari, modulando progressivamente voce

e movimento anche in rapporto con gli altri e con le regole

condivise.74

• I discorsi e le parole. Il bambino raggruppa e ordina oggetti e

materiali secondo criteri diversi, ne identifica alcune proprietà,

confronta e valuta quantità; utilizza simboli per registrarle; esegue

misurazioni usando strumenti alla sua portata.

Sa collocare le azioni quotidiane nel tempo della giornata e della

settimana.

Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa dire cosa

potrà succedere in un futuro immediato e prossimo.75

74

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 25 75

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 29

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4.3.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e

l’introduzione del concetto di tempo

26 ottobre 2018

La finalità del primo incontro era quella di verificare le preconoscenze dei

bambini, introdurre una prima rappresentazione del concetto di tempo

analizzandolo nelle varie accezioni della lingua italiana (tempo meteorologico,

tempo come successione periodica, tempo lineare, tempo come durata) e

costruire un linguaggio condiviso, fondamentale per la realizzazione delle

lezioni successive.

L’incontro è iniziato con un momento di circle time e con la lettura di una

filastrocca. Prima di iniziare a leggere ho detto ai bambini che, conclusa la

lettura, avrei chiesto loro di che cosa parlasse e quindi dovevano stare molto

attenti. In questo modo ho ottenuto subito il silenzio e l’attenzione.

Filastrocca scacciapensieri

La filastrocca scacciapensieri

parla di oggi e parla di ieri,

parla del tempo che va veloce,

parla del fiume che va alla foce.

Viene la sera e viene il giorno:

il tempo vissuto non fa ritorno,

la settimana è presto passata

e la domenica è già arrivata.

Passano i mesi e cambia stagione

cadon la foglie, occorre il maglione!

Passano i mesi, il freddo è finito

l’albero spoglio è già rifiorito.

L’anno che passa non ha importanza,

se tu lo vivi con la speranza

di preparare un mondo migliore

dove la gente ragiona col cuore!

E. Menegatti

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Al termine della lettura ho chiesto ai bambini se avessero qualche idea su

quale potesse essere l’argomento della filastrocca.

I bambini hanno iniziato a dare diverse risposte. Alcuni hanno risposto

parlando delle stagioni: Quando cadono le foglie è l’autunno. Sì, e poi arriva

l’estate! Altri hanno detto i giorni della settimana, fino a che una bambina ha

detto: Il tempo! A quel punto ho chiesto ai bambini cosa fosse il tempo per

loro. Molti di loro hanno risposto parlando del tempo meteorologico,

dicendo: il tempo sono le nuvole e il vento, oppure: il tempo è quando c’è il

sole, oggi il tempo piove! Alcuni bambini hanno iniziato a parlare di tempo

nell’accezione di presente, passato o futuro. Il tempo è anche ieri! Sì, è vero, o

oggi! Dopo che è stato introdotto questo nuovo pensiero tutti hanno

concordato.

In questa prima fase non sono intervenuta, ma ho lasciato che parlassero solo

i bambini. Quando ho visto che tutti erano intervenuti ho fatto una domanda:

ieri che tempo è? Subito una bambina ha risposto: È passato! Ho chiesto se

tutti fossero d’accordo e ho avuto un coro di risposte positive. Ho chiesto poi

che tempo fosse quando loro erano piccoli piccoli e ancora mi hanno

risposto: passato! Poi ho chiesto loro che tempo fosse quando erano piccoli i

loro genitori. I bambini sono rimasti zitti fino a che non ho chiesto loro se

fosse il tempo passato. Un bambino a quel punto mi ha risposto: no, non è

passato!

Ho quindi chiesto perché avesse risposto così e lui mi ha detto: perché io non

c’ero.

Una bambina è intervenuta dicendo che: domani è futuro perché ancora non

c’è e anche Halloween è futuro. Allora ho chiesto se quando saranno grandi

sarà futuro. Alcuni hanno risposto di sì, ma sei hanno risposto di no.

Dopo circa 10 minuti di brainstorming e di conversazione guidata ho chiesto

ai bambini di fare un disegno su che cosa fosse il tempo per loro; alcuni dei

disegni sino riportati in queste pagine.

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Figura 13 - La pioggia

Figura 14 - Gli orologi

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Figura 15 - Il calendario

Figura 16 - Il presente

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Dopo che avevano fatto i disegni ho parlato singolarmente con ogni bambino

e verbalizzato il significato dei disegni.

Osservando i disegni mi sono resa conto che per la maggior parte dei bambini

il tempo è quello meteorologico, infatti 16 bambini su 21 hanno disegnato la

pioggia, il sole, il vento; per 2 bambini il tempo è qualcosa che si misura con

gli orologi, per 1 bambino è il calendario, per 1 bambino è il presente, mentre

1 bambina ha fatto un disegno che inizialmente non capivo (fig. 17). Quando

le ho chiesto che cosa avesse voluto rappresentare, mi ha risposto: la terra

che gira intorno al Sole. Non vedi che è un giorno? La terra ci mette un giorno

a girare intorno al Sole. Quando la bambina ha visto la mia espressione

perplessa, ha aggiunto: non vedi la terra marrone? È proprio lì, tutta intorno

al Sole!

Dopo questa risposta, tralasciando l’inesattezza del contenuto, mi sono resa

conto dell’ambiguità del linguaggio e di come le misconcezioni che non

Figura 17 - La terra che gira intorno al Sole

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vengano corrette possano portare ad una costruzione di conoscenze errate

difficilmente modificabili.

A quel punto, prima di iniziare il secondo circle time per elaborare e definire i

concetti rappresentati dai bambini nei disegni, mi sono procurata un

mappamondo che era presente nella scuola.

Ho iniziato chiedendo ai bambini se avessero mai sentito dire che la Terra gira

intorno al Sole. Tutti hanno risposto in modo affermativo. Allora ho chiesto se

qualcuno sapesse cosa fosse la Terra. Una bambina mi ha detto: è quella cosa

marrone dove cresce l’erba! Ho mostrato il mappamondo ai bambini,

spiegando che quando si parla di Terra che gira intorno al Sole si intende il

pianeta e che il mappamondo è una copia piccola piccola della Terra.

Ho spiegato che la Terra impiega un anno a girare intorno al Sole e che da

quando loro sono nati ha fatto 5 giri. Ho spiegato che in un giorno la Terra fa

un giro su se stessa e ho fatto vedere come ruota il mappamondo.

Poi ho preso i disegni dei bambini e li abbiamo analizzati in gruppo. Ho

mostrato il disegno del calendario e dell’orologio e ho chiesto se

conoscessero altri strumenti per misurare il tempo. Le risposte sono state

l’orologio da polso, il cellulare e il tablet. Ho chiesto se conoscessero le

clessidre. Solo una bambina mi ha risposto di sì perché: il mio babbo ne ha

una sulla scrivania, c’è la sabbia dentro e si gira.

Abbiamo analizzato il disegno del bambino che rappresenta il presente

(fig.16). Il bambino è dentro la scuola, mentre fuori sta piovendo, proprio

come stava succedendo in quel momento. Ho quindi chiesto ai bambini se

sapessero dirmi qualche altra cosa che stava avvenendo nel presente. La

maggior parte delle risposte era legata a loro, ad esempio: stiamo parlando

insieme, siamo a scuola, siamo seduti. Ho chiesto dove fossero i loro genitori

in quel momento, ottenendo una coro di risposte. Ho chiesto se quello che

facevano la mamma e il babbo in quel momento fosse nel presente e dopo un

po’ di titubanza sono arrivate le risposte affermative.

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A quel punto abbiamo concluso il primo incontro e i bambini hanno iniziato le

attività libere. Osservandoli ho visto alcuni di loro che guardavano il

calendario e l’orologio appesi al muro.

4.3.4 Secondo incontro. La successione e la contemporaneità

30 ottobre 2018

Una settimana prima di iniziare il secondo incontro ho chiesto alle maestre se

fosse possibile far portare ai bambini delle foto di quando erano appena nati.

I genitori hanno provveduto dopo pochi giorni a fornirci le foto. Nel

frattempo io avevo fatto una foto ad ogni bambino e le avevo stampate.

Gli obiettivi che mi ero prefissata di raggiungere durante questo incontro

erano di apprendere la successione temporale prima-adesso-dopo, osservare

il trascorrere del tempo in riferimento a se stessi, cogliere la

contemporaneità di due eventi e mettere in relazione temporale azioni ed

eventi.

Ho pensato che i concetti di contemporaneità e di successione fossero

estremamente complessi da spiegare a parole a dei bambini così piccoli e così

ho deciso di ricorrere ad alcuni giochi.

Sono arrivata in sezione con un sacco pieno di palloncini dorati ed argentati

che hanno subito attirato l’attenzione dei bambini. Ne ho gonfiato uno, ho

chiamato due bambini e ho messo il palloncino fra di loro in modo che lo

reggessero con il petto. Ho detto ai bambini di camminare per la sezione

senza far cadere il palloncino. Mentre i due bambini stavano camminando ho

chiesto agli altri come dovevano muoversi per non far cadere il palloncino. I

bambini hanno detto subito insieme. Quindi ho chiesto cosa sarebbe successo

se uno dei due si fosse mosso prima o dopo. Tutti i bambini hanno detto che

il palloncino sarebbe caduto. Un bambino ha detto: devono muoversi

contemporaneamente! Prima di iniziare l’attività non ero certa che

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conoscessero questo termine, ma appena il bambino lo ha detto tutti hanno

detto che era vero.

Allora ho chiesto se volessero fare anche loro il gioco per vedere chi fosse la

coppia che riusciva a muoversi meglio contemporaneamente. Ho gonfiato

altri palloncini e il gioco è ripreso coinvolgendo tutti. Per variare il ritmo ogni

tanto cambiavo la parte del corpo con cui i bambini dovevano reggere il

palloncino, ad esempio fronte, spalla, mano. Una bambina era rimasta senza

compagno e così ho giocato con lei.

Dopo aver giocato per 15 minuti ho chiesto ai bambini di sedersi e ho

distribuito dei fogli e le matite. Ho detto loro di immaginarsi come sarebbero

stati da grandi e di disegnarsi.

Quando hanno finito ho raccolto i disegni. Durante il momento dedicato al

gioco libero ho chiamato singolarmente ogni bambino e ho chiesto di

realizzare il lavoro successivo. Avevo stampato su dei fogli A3 tre caselle con

scritto “prima”, “adesso” e “dopo”. Ho dato ad ognuno la fotografia di

quando erano piccoli, quella attuale e il disegno che avevano fatto di loro

stessi adulti. Ho spiegato cosa ci fosse scritto sul foglio, anche se molti di loro

Figura 18 - Giochi motori per sperimentare il concetto di contemporaneità

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erano in grado di leggere le parole scritte in stampato maiuscolo, e ho chiesto

di posizionare le tre immagine nell’ordine corretto. La maggior parte dei

bambini non ha avuto problemi a svolgere il compito. Un bambino e una

bambina hanno avuto delle difficoltà a posizionare correttamente le

immagini, invertendo il prima con il dopo. Allora ho posto delle domande. Ho

chiesto come sono i bambini appena nati. Entrambe mi hanno risposto:

piccoli. Poi ho chiesto come sono i bambini di cinque anni e mi hanno

risposto: come me! Ho chiesto cosa viene prima e a quel punto entrambe i

bambini hanno invertito le immagini dicendo: prima ero piccolo, ora ho

cinque anni e dopo sarò grande.

Figura 19 - Sequenza temporale con le foto

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4.3.5 Terzo incontro. La durata

5 e 6 novembre 2018

Il terzo incontro aveva lo scopo di far riflettere i bambini sulla relatività delle

parole lungo, breve, di riconoscere, di classificare i fenomeni in base alla

durata e di capire l’importanza di misurare il tempo.

Questo incontro è stato suddiviso in due giornate consecutive per ottenere

tutte le misurazioni delle durate delle attività quotidiane.

Ho iniziato l’attività con un momento di circle time e di conversazione

guidata.

Dopo aver salutato i bambini, ho chiesto se sapessero cosa vuol dire “breve”

e “lungo” riferito al tempo. Un bambino mi ha risposto: lungo è quando dura

tanto come la scuola, breve è meno.

Ho fatto alzare i bambini in piedi e abbiamo contato fino a 10. Poi ho chiesto

di stare in equilibrio su un solo piede e di contare nuovamente fino a 10. La

terza volta i bambini sono stati su un solo piede e hanno chiuso gli occhi.

Abbiamo contato nuovamente fino a 10.

Figura 20 - In equilibrio su un piede

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Ho chiesto ai bambini se il tempo trascorso fosse lo stesso o no. Tutti hanno

risposto in coro: no! Tranne una bambina che ha detto: ma abbiamo contato

sempre fino a 10!

Questo ci ha portato a riflettere su un punto fondamentale, la percezione del

tempo. Ho spiegato ai bambini che a volte può sembrare che qualcosa duri

tanto o poco, ma possiamo sbagliare. Siccome era più difficile mantenere

l’equilibrio ad occhi chiusi, ci è sembrato che passasse più tempo; in realtà è

trascorsa sempre la stessa quantità di tempo.

Ho preso un palloncino e l’ho gonfiato. Poi ho fatto uscire l’aria lentamente e

ho chiesto ai bambini se il tempo impiegato a sgonfiare il palloncino fosse

tanto o poco. Tutti hanno risposto poco. Ho ripetuto l’operazione ma questa

volta ho fatto uscire l’aria rapidamente e ho posto la stessa domanda.

Nuovamente i bambini mi hanno risposto che il palloncino si è sgonfiato in

poco tempo. La terza volta ho fatto esplodere il palloncino con uno spillo. I

bambini si sono messi a ridere e mi hanno detto che così il tempo era

pochissimo.

Figura 21 - Scoppio del palloncino

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Ho chiesto ai bambini se sia possibile sapere con certezza quanto tempo

passi. Tutti mi hanno guardato con aria perplessa senza rispondere. Allora ho

chiesto se sapessero a cosa serve un orologio. Mi hanno risposto che serve

per sapere l’ora. Quando hanno risposto così, mi sono resa conto che per loro

l’orologio serve per ottenere un dato momentaneo, sapere l’ora in quel

momento, ma non per stabilire una durata. Avevo già programmato l’utilizzo

delle clessidre, ma a quel punto ho pensato che effettivamente fossero gli

strumenti più adeguati a far capire ai bambini il trascorrere del tempo perché

attraverso di esse potevano osservare un cambiamento visibile che avviene in

un tempo che ha sempre la stessa durata, la sabbia che passa da un bulbo

all’altro.

Per presentare ai bambini le clessidre e spiegarne il funzionamento, ho

pensato di leggere una storia. Dopo una lunga e vana ricerca di storie adatte

ai bambini che parlassero di clessidre, ho deciso di scriverne una io. Ho fatto

finta che un anziano signore avesse mandato una lettera ai bambini. Ho

quindi stampato la lettera e ho invecchiato la carta dei fogli e della busta con

del caffè.

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Figura 22 - Lettera per i bambini sulla clessidra

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In realtà avevo fatto queste operazioni quasi per gioco, ma i bambini, quando

hanno visto una lettera indirizzata a loro, scritta su una carta che sembrava

vecchia e profumata di caffè, sono rimasti entusiasti e hanno ascoltato la

storia con attenzione. Nei giorni successivi mi hanno chiesto più volte di

rileggere la loro lettera e quando usavano una delle due clessidre uguale a

quella descritta nel racconto, chiedevano se fosse la clessidra magica.

Dopo la lettura della lettera, ho mostrato ai bambini le clessidre che volevo

utilizzare per le misurazioni. Le ho fatte vedere, ho spiegato come

funzionavano e che avevano durate diverse.

La seconda parte del lavoro prevedeva l’utilizzo delle due clessidre per

misurare la durate delle attività e di due tabelle per riportare i dati.

Per motivare i bambini ho detto che l’attività sarebbe stata molto

impegnativa e difficile, ma che credevo che loro sarebbero riusciti a compiere

tutto il lavoro senza problemi.

Figura 23 - Le clessidre

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Figura 24 - Misurazioni con la clessidra da 15 minuti

Figura 25 - Misurazioni con la clessidra da 4 minuti

Il giorno successivo abbiamo analizzato le due tabelle con i bambini. I bambini

hanno notato che nella tabella della clessidra bianca, che dura 15 minuti,

c’erano meno croci che nella tabella della clessidra dorata, che dura 4 minuti.

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Figura 26 - Tabelle delle misurazioni

Con i bambini abbiamo contato il numero di croci in corrispondenza di ogni

attività e le abbiamo scritte accanto. Abbiamo visto che sia con la clessidra

dorata che con quella bianca il numero maggiore di croci era accanto alla

casella delle attività della mattina e del gioco libero del pomeriggio. Con la

clessidra dorata abbiamo contato per entrambe le attività 14 croci. Ho

chiesto ai bambini se sapessero cosa volesse dire. Una bambina mi ha

risposto: vuol dire che è lungo uguale! Un’altra ha aggiunto: sì, perché

abbiamo girato la clessidra le stesse volte, il tempo è lo stesso!

Ho fatto notare che nelle tabella della clessidra bianca c’erano solo 4 crocette

e non 14. Un bambino ha detto: la clessidra dorata finisce prima, bisogna

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stare più attenti e guardarla di più. Ho chiesto se il tempo trascorso fosse lo

stesso o no. Tutti sono stati d’accordo che il tempo fosse lo stesso. Allora ho

chiesto perché il numero di croci era diverso. Un bambino ha risposto:

dipende dalla clessidra. Abbiamo quindi stabilito che è importante sapere che

cosa utilizziamo per prendere le misure, perché i risultati ottenuti vanno letti

in base allo strumento che abbiamo usato.

4.3.6 Quarto incontro. Il giorno

9 e 12 novembre 2018

L’obiettivo del quarto incontro era quello di far riflettere i bambini sulla

scansione dì/notte e cogliere la ciclicità del fenomeno.

Per questa attività sono state necessarie due giornate perché i bambini

hanno realizzato un disegno utilizzando le tempere e è stato necessario dare

il tempo ai colori di asciugarsi.

L’incontro del 9 novembre è iniziato con la lettura di una storia.

Il giorno e la notte

Dopo che fu fatto il mondo, alcuni animali volevano che fosse sempre giorno, altri

che fosse sempre notte. Perciò litigavano e non riuscivano a trovare un accordo.

A un certo punto decisero di riunirsi in assemblea sotto la presidenza di Nokosi,

l'Orso. Nokosi propose che votassero perché fosse sempre notte, ma Mastica-

mastica, lo Scoiattolo, disse: "Vedo che Wotko, l'Orsetto Lavatore, ha sulla coda degli

anelli tutti uguali, prima scuri e poi chiari.

Penso che il giorno e la notte dovrebbero essere divisi come gli anelli sulla coda di

Wotko".

Gli animali furono sorpresi dalla saggezza di Mastica-mastica. Votarono in favore

della sua proposta e divisero il giorno e la notte come gli anelli chiari e scuri sulla

coda di Wotko, che si susseguono regolarmente, uno dopo l'altro.

(Dee Brown da B. Mauri, Vola vola, Minerva Italica)

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Dopo aver letto la storia e mostrato un disegno di un orsetto lavatore, ho

detto ai bambini che un giorno è formato dal dì, periodo in cui c’è la luce del

Sole, e dalla notte, parte del giorno in cui il Sole è tramontato.

Ho chiesto ai bambini di elencarmi alcune delle azioni che fanno durante il dì

e altre che fanno durante la notte. A turno tutti hanno detto qualcosa. Poi ho

chiesto cosa c’è dopo il dì, tutti hanno risposto: la notte! E dopo la notte? E

tutti hanno risposto: il dì! Ho domandato se questo si ripetesse sempre o se

potesse cambiare e esserci due notti o due dì uno dopo l’altro. Alcuni bambini

hanno risposto che: dopo la notte c’è sempre la luce! Ma altri non erano

convinti della ciclicità dell’alternanza notte/dì. Un bambino mi ha detto: io

non lo so che succede poi!

Dopo la conversazione guidata ho chiesto ai bambini di andare ai tavolini e ho

consegnato ad ognuno di loro un foglio diviso a metà. Da una parte dovevano

colorare il cielo di giorno, dall’altra il cielo di notte e attaccare la luna e il sole

ritagliati dalla carta gialla.

Figura 27 - Il giorno e la notte

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Il 12 novembre ho preso tutti i disegni dei bambini e ci siamo disposti

nuovamente in cerchio. Ho messo un primo disegno in terra e ho chiamato un

bambino alla volta chiedendo di posizionare correttamente il proprio disegno

accanto a quello precedente. Ho chiamato per ultimo il bambino che

l’incontro precedente non era sicuro della ciclicità del fenomeno e gli ho

chiesto di posizionare l’ultimo disegno. A quel punto sul pavimento c’era una

linea chiusa formata dalla successione di notte e dì. Gli ho chiesto di guardare

i disegni. Dopo un pochino che li osservava ha detto: ora lo vedo che continua

sempre!

Figura 28 - L'alternanza del dì e della notte

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4.3.7 Quinto incontro. La settimana

15 novembre 2018

Il quinto incontro ha avuto come tema i giorni della settimana. Ogni mattina i

bambini segnano sul calendario il giorno della settimana, il mese e l’anno, ma

non hanno mai fatto esperienze diverse, ad esempio ordinando i giorni

correttamente partendo da un giorno qualunque o riflettendo sulla ciclicità.

Prima dell’incontro ho preparato delle medagliette di diversi colori con sopra

un giorno della settimana, dei cartoncini plastificati anch’essi colorati e un

foglio con stampato un fiore con sette petali.

L’incontro è iniziato anche in questo caso con un momento di circle time e

con la lettura di una poesia.

CALENDARIO

È Lunedì, e il tempo che gioca

torna da capo nel giro dell'oca.

È Martedì, giorno secondo:

fino a Domenica un giro del mondo.

Che giorno è oggi? Mercoledì.

Dài settimana, va' avanti così!

È Giovedì, in mezzo alla cima:

tre giorni dopo, tre giorni prima.

È Venerdì: corre in discesa

questa giornata velata d'attesa.

Oggi che è Sabato in tutta la stanza

passa quest'aria da mezza vacanza.

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79

Oggi è Domenica, non si lavora:

passa lentissima ora per ora.76

B.Tognolini

Ho chiesto ai bambini di cosa parlasse la poesia e ho ricevuto un coro dei: i

giorni della settimana! Ho chiesto se conoscessero i giorni della settimana e

se sapessero ripeterli. Hanno iniziato a recitarli partendo dal lunedì.

Ho chiesto se avessero voglia di fare un gioco, tutti ovviamente hanno detto

di sì.

Ho diviso i bambini, che quella mattina erano tutti presenti, in tre gruppi da

sette e ho dato a ciascun bambino una collana con una medaglietta con

scritto un giorno della settimana. Ho ovviamente detto ad ognuno che giorno

fosse, anche se quasi tutti riuscivano a leggere il nome stampato sul

cartoncino. Ad un gruppo di bambini alla volta, ho chiesto di muoversi per la

stanza ascoltando una canzone sui giorni della settimana77. Quando la musica

veniva interrotta i bambini dovevano ricomporre l’ordine dei giorni della

settimana e ognuno dire il proprio giorno.

76

http://www.webalice.it/tognolini/rim-fil.html#D5H 77

https://www.youtube.com/watch?v=pYEFYXQ0DmY

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Figura 29 - I bambini stanno decidendo l’ordine dei giorni della settimana e componendo la fila correttamente ordinata

Questo gioco è piaciuto molto ai bambini che hanno collaborato fra di loro e

sono riusciti a portarlo a termine in pochi minuti.

Dopo che ogni gruppo ha finito di comporre l’ordine dei giorni, ho chiesto ai

bambini di sedersi ai tavoli per il gioco successivo.

Ho diviso i bambini in gruppi di 3-4 e ho dato a ciascun gruppo dei cartoncini

plastificati uguali a quelli usati in precedenza. Ho spiegato che dovevano

ricomporre l’ordine dei giorni della settimana partendo dal giorno che io avrei

indicato. Sono partita sempre da giorni diversi dal lunedì. I bambini

comunque non hanno avuto grosse difficoltà ad ordinare i cartoncini. Ho

notato che se qualche bambino del gruppo aveva dei dubbi o sbagliava, gli

altri intervenivano correggendolo e spiegando l’errore.

Con questi due giochi ho capito che anche con i bambini piccoli il metodo del

cooperative learning può essere utilizzato proficuamente.

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Figura 30 - I bambini in gruppo giocano con i giorni, ordinandoli in base al giorno proposto dalla maestra

L’ultima parte dell’incontro prevedeva che ogni bambino incollasse i

cartoncini dei giorni della settimana su una scheda su cui disegnato un fiore

con sette petali. Ogni cartoncino doveva essere incollato su un petalo

rispettando la giusta successione.

Per realizzare quest’ultima attività ho preferito lavorare singolarmente con

ogni bambino, per verificare se effettivamente tutti avessero appreso

correttamente i nomi dei giorni. Tutti i bambini sono stati in grado di

completare correttamente il lavoro.

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Figura 31 - Ogni bambino realizza un fiore con i giorni della settimana come petali per osservarne la ciclicità

4.3.8 Sesto incontro. Il giorno, la settimana, il mese

21 novembre 2018

Volevo utilizzare l’ultimo incontro per far capire efficacemente ai bambini la

relazione temporale che c’è fra giorno, settimana e mese. Ho pensato anche

in questo caso di ricorrere ad una strategia visiva perché ritengo non sia

efficace spiegare a bambini così piccoli quanto una settimana sia più lunga di

un giorno e più corta di un mese utilizzando solo i numeri.

L’argomento, anche in questo caso, è stato introdotto con una filastrocca.

I MESI

Con Gennaio e Febbraio

ne conto solo un paio.

Con Marzo e con Aprile

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ne ho quattro nel barile.

Con Maggio insieme a Giugno

ne tengo sei in pugno.

Con Luglio e con Agosto

sono otto, e siamo a posto.

Con Settembre ed Ottobre,

che son dieci si scopre.

Con Novembre e Dicembre

son dodici per sempre.78

R.Piumini

Dopo aver chiesto ai bambini di cosa parlasse la filastrocca ed aver ottenuto

la giusta risposta, ho chiesto se sapessero da quanti giorni è composto un

mese. Nessuno sapeva la risposta. Un bambino ha risposto: sette. Allora ho

detto che un mese era formato da 30 o 31 giorni, tranne uno che è più corto.

Ho chiesto se sapessero contare fino a 30 e mi hanno risposto di sì. Allora

abbiamo contato tutti insieme. Mi sono fatta aiutare da due bambini per

mostrare quante dita fossero 30. Poi ho chiesto se si ricordassero quanti sono

i giorni della settimana. In coro hanno risposto: sette! Allora ho chiesto ad

una bambina di alzare sette dita. Ho chiesto se fosse più lungo un mese o una

settimana. Tutti hanno risposto il mese.

Il lavoro successivo è stato svolto individualmente con ogni bambino. Ho

preparato delle strisce di carta formate da quadrati 2 cm x 2 cm. Ho chiesto ai

bambini di ritagliare e colorare un quadrato. Ho detto che quel quadrato

rappresentava un giorno. Poi ho chiesto di ritagliare e colorare una striscia di

sette quadrati. Quella è la settimana. La terza volta ho chiesto di contare 30

quadrati per creare un mese. Quando le tre strisce erano colorate ho chiesto

di disporle dalla più piccola alla più grande. Nessun bambino ha avuto

difficoltà nell’esecuzione. Poi ho chiesto di prendere la settimana e di vedere

quante volte sta in un mese. Tutti i bambini hanno iniziato a sovrapporre la

striscia dei sette giorni della settimana su quella del mese. Quando hanno

78

http://www.webalice.it/tognolini/rim-fil.html#D5H

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posizionato la striscia per la quarta volta su quella del mese, si sono accorti

con stupore che: avanzavano dei giorni. Ho spiegato che i giorni avanzati

della settimana andavano nel mese successivo. Questo inizialmente ha

lasciato molti bambini perplessi. Per cercare di spiegare al meglio cosa

succedesse ho messo in fila tre mesi e ho spostato la striscia della settimana.

Ho detto che non sempre il mese comincia dal lunedì, può iniziare con

qualunque giorno della settimana, come avevamo provato anche noi con il

gioco di riordinare i giorni. A quel punto tutti i bambini sono sembrati

convinti della spiegazione.

Figura 32 - Il giorno, la settimana e il mese messi a confronto

Questo è stato l’incontro conclusivo con i bambini della scuola dell’infanzia.

Prima dei saluti, ci simo ritrovati in un ultimo momento di circle time in cui

abbiamo ripercorso il lavoro svolto. I bambini hanno dimostrato di aver

raggiunto gli obiettivi prefissati e le competenze linguistiche adeguate.

Tutti sono stati entusiasti delle attività svolte e avrebbero voluto prolungare

l’esperienza anche nel periodo successivo.

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4.4 Il progetto didattico nella scuola primaria

4.4.1 Il contesto ed i tempi

Il progetto didattico, che ho realizzato alla scuola primaria “Attilio Frosini” di

Pistoia, è stato proposto a 45 bambini frequentanti la classe seconda. La mia

tutor scolastica insegna italiano, scienze e educazione fisica nelle due sezioni

presenti nell’istituto. La 2aA è formata da 23 alunni, 14 maschi e 9 femmine,

mentre in 2aB sono presenti 22 alunni, 14 maschi e 8 femmine. Nella 2aB è

presente un bambino certificato ADHD con 11 ore di sostegno settimanali che

presenta problemi attentivi e comportamentali. Nella 2aB non sono presenti

alunni stranieri, mentre in 2aA sono presenti due bambine e due bambini di

nazionalità non italiana, ma tutti nati in Italia.

Alcuni dei bambini in entrambe le sezioni presentano dei problemi nella

decodifica del testo scritto e nella produzione di testi scritti. Non hanno

certificazione di DSA perché può essere rilasciata solo alla fine della classe

seconda, ma le insegnanti considerano le loro difficoltà quando progettano le

attività e le verifiche.

L’insegnante di storia ha lavorato con le due classi sulla linea del tempo, gli

indicatori temporali, il calendario e le stagioni; perciò ho potuto concentrarmi

sull’aspetto della durata dei fenomeni, sulla classificazione delle durate,

sull’utilizzo degli strumenti di misura e sul legame che intercorre fra tempo e

movimento.

Il mio piano di tirocinio prevedeva di effettuare 130 ore nella scuola primaria.

Avendo previsto la mia permanenza in questa scuola nei mesi di novembre,

dicembre e gennaio, ho preferito impostare il lavoro in modo tale da

utilizzare il mese di dicembre per verificare i prerequisiti e fornire le

preconoscenze adeguate per affrontare la parte più laboratoriale e

sperimentale prevista nel mese di gennaio.

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Essendo la prima volta che mi trovavo a lavorare con quei due gruppi di

bambini, ho preferito dedicare le ore di permanenza in aula del mese di

novembre alla conoscenza del gruppo.

4.4.2 La progettazione dell’unità di competenza

Nella progettazione dell’unità di competenza per la scuola primaria ho

utilizzato gli stessi riferimenti utilizzati per quella della scuola dell’infanzia.79

80

Unità di competenza

Titolo: il tempo, la durata, il movimento periodo: dicembre 2018-gennaio 2019

Denominazione

scuola

Scuola primaria “Attilio Frosini”

Classe 2aA, 2aB

Analisi del

gruppo

Le due classi sono formate da 45 bambini, 23 in 2aA e 22 in 2aB. Nei due gruppi sono presenti 28 maschi e 17 femmine. Uno dei bambini è certificato ADHD ai sensi della Legge 104/1992, con 11 ore di sostegno settimanale e PEI. Alcuni bambini presentano difficoltà nella decodifica del testo scritto e nella lettura. L’orario della scuola è di 27 ore su 5 giorni.

Competenze da

promuovere

• L’allievo costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le

proprie idee e confrontandosi con il punto di vista di altri.

• L’alunno sviluppa atteggiamenti di curiosità e modi di guardare il

mondo che lo stimolano a cercare spiegazioni di quello che vede

succedere.

• Individua successioni, contemporaneità, durate, periodizzazioni.

• Esplora i fenomeni con un approccio scientifico: con l’aiuto

dell’insegnante, dei compagni, in modo autonomo, osserva e

descrive lo svolgersi dei fatti, formula domande, anche sulla base di

ipotesi personali, realizza semplici esperimenti.

• Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,

registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali.

79

MIUR, Indicazioni nazionali, op. cit. 80

Capperucci D., Curricolo e progettazione, op. cit. pag.11

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• Individua aspetti quantitativi e qualitativi nei fenomeni, produce

rappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato, elabora

semplici modelli.

• Partecipa a scambi comunicativi (conversazione, discussione di

classe o di gruppo) con compagni e insegnanti rispettando il turno e

formulando messaggi chiari e pertinenti, in un registro il più

possibile adeguato alla situazione.

• Scrive testi corretti nell’ortografia, chiari e coerenti, legati

all’esperienza e alle diverse occasioni di scrittura che la scuola offre.

Disciplina • Scienze

Obiettivi di

apprendimento

• Misurare grandezze (tempo, massa, lunghezza) utilizzando unità di

misura arbitrarie e convenzionali.

• Sperimentare concetti scientifici come tempo, peso, movimento

durante esperienze concrete.

• Cogliere il nesso fra tempo e movimento.

• Misurare, confrontare, seriare le durate degli eventi.

• Effettuare stime approssimative su pesi o misure.

• Utilizzare correttamente strumenti di misura (cronometro, clessidra,

metro, misurino)

• Stimolare l’approccio scientifico ai fenomeni e la formulazione di

ipotesi personali verosimili.

• Formulare semplici ipotesi sulle cause dei fenomeni fisici e scegliere

quelle più plausibili da verificare.

• Lavorare in gruppo, organizzando adeguatamente lo spazio e il

tempo a disposizione per raggiungere risultati concreti.

• Prendere la parola negli scambi comunicativi (dialogo,

conversazione, discussione) rispettando i turni di parola.

Contenuti • Le durate e gli intervalli di tempo

• Il pendolo e la clessidra ad acqua come strumenti di misurazione

degli intervalli di tempo

• Il tempo e il movimento

Attività • Verifica delle preconoscenze e costruzione dei prerequisiti

misurando la dimensione, il peso e la capacità di vari oggetti

presenti nell’aula

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• Misurazione delle durate delle attività quotidiane utilizzando un

cronometro e una clessidra, raccolta dei dati con l’utilizzo di tabelle

• Spiegazione del funzionamento del pendolo e indagine sperimentale

sulle grandezze fisiche da cui dipende il periodo di oscillazione del

pendolo.

• Spiegazione del funzionamento della clessidra ad acqua. Utilizzo

della clessidra ad acqua modificando il flusso dell’acqua in uscita.

Costruzione di grafici

Metodo • Brainstorming

• Learning by doing

• Cooperative learning

• Lezione frontale

• Circle time

Strumenti • Metro

• Cronometro

• Bilancia

• Misurino

• Pendolo

• Clessidra ad acqua

• Clessidra a sabbia

• Tabelle

• Schede

• Fogli bianchi

Durata prevista 9 ore per sezione in due mesi.

1a attività: 60 min

2a attività: 60 min il primo giorno, 60 min circa il secondo giorno

distribuiti in vari momenti della giornata.

3a attività: 180 min in due giorni, 120 il primo e 60 il secondo

4a attività: 180 min in due giorni, 120 il primo e 60 il secondo

Oltre alle attività sono previste quattro verifiche da 15 min. ciascuma.

Verifica Verifica delle preconoscenze con domande orali Verifica in itinere con griglie di osservazione e osservazioni sistematiche Verifica sommativa scritta

Raccordi con

altre discipline

• Storia: Usa la linea del tempo per organizzare informazioni, conoscenze, periodi e individuare successioni, contemporaneità, durate, periodizzazioni.81

• Matematica: Ricerca dati per ricavare informazioni e costruisce

81

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 53

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89

rappresentazioni (tabelle e grafici). Ricava informazioni anche

da dati rappresentati in tabelle e grafici.

Costruisce ragionamenti formulando ipotesi, sostenendo le

proprie idee e confrontandosi con il punto di vista di altri.82

• Italiano: L’allievo partecipa a scambi comunicativi

(conversazione, discussione di classe o di gruppo) con

compagni e insegnanti rispettando il turno e formulando

messaggi chiari e pertinenti, in un registro il più possibile

adeguato alla situazione.

Legge e comprende testi di vario tipo, continui e non continui,

ne individua il senso globale e le informazioni principali,

utilizzando strategie di lettura adeguate agli scopi.83

Raccordi con

altre

competenze

previste al

termine

dell’obbligo di

istruzione84

Asse dei linguaggi: Leggere, comprendere ed interpretare testi

scritti di vario tipo.

Produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi

comunicativi.

Asse matematico: Analizzare dati e interpretarli sviluppando

deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche con l’ausilio di

rappresentazioni grafiche

Asse scientifico-tecnologico: Osservare, descrivere ed

analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e

artificiale e riconoscere nelle sue varie forme i concetti di

sistema e di complessità.

Analizzare qualitativamente e quantitativamente fenomeni

legati alle trasformazioni di energia a partire dall’esperienza.85

Raccordi con le

competenze

chiave di

cittadinanza

previste

al termine

dell’obbligo di

istruzione86

• Imparare ad imparare

• Comunicare

• Collaborare e partecipare

• Risolvere problemi

• Individuare collegamenti e relazioni

• Acquisire ed interpretare l’informazione

82

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 61 83

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 40 84

Competenze di base contenute nell’Allegato 1 del DM n. 139/2007 85

Capperucci D., Curricolo e progettazione, op. cit. pag.12 86

Competenze chiave di cittadinanza contenute nell’Allegato 2 del DM n. 139/2007

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4.4.3 Primo incontro. La valutazione delle preconoscenze e la

costruzione dei prerequisiti

5 dicembre 2018

Il primo incontro aveva lo scopo di verificare le preconoscenze dei bambini,

essenziali per impostare tutto il lavoro successivo. Per poter realizzare le

attività sulla misurazione di tempi con la clessidra e con il pendolo, per poter

classificare le durate, stabilire quale fenomeno avesse un tempo maggiore o

minore, era necessario che i bambini avessero acquisito correttamente il

concetto di maggiore, minore e uguale riferito alle misure di lunghezza, di

peso, di tempo e di capacità. Ovviamente fra i prerequisiti necessari c’era la

conoscenza degli strumenti di misura e la capacità di utilizzarli.

La prima lezione, che ho fatto con i bambini della 2aA, si è aperta con la

presentazione di alcuni strumenti di misura. Ho detto ai bambini che quel

giorno avremo giocato a misurare vari oggetti presenti nella classe. I bambini

si sono dimostrati subito entusiasti all’idea di fare qualcosa di pratico. Prima

di iniziare le misurazioni vere e proprie ho mostrato ai bambini gli strumenti

di misura che avremmo utilizzato: un metro a nastro, una clessidra, una

bilancia e un misurino per liquidi. Ho chiesto ai bambini se li conoscessero e

se venissero loro in mente altri oggetti da poter usare per misurare. Hanno

iniziato ad elencare altri strumenti di misura, l’orologio, il righello, il telefono

(per misurare il tempo), la bilancia pesapersone.

Le prime misurazioni che abbiamo effettuato sono state quelle di lunghezza.

Ho dato un metro di carta ad ogni bambino e ho chiesto di misurare il banco.

Sul quaderno hanno riportato la misura del banco. Poi un bambino ha

misurato la cattedra. Le misure che abbiamo ottenuto sono state confrontate

fra loro.

Prima di iniziare a misurare le lunghezze ho scritto l’ora alla lavagna e

contemporaneamente ho girato la clessidra. Ogni volta che la sabbia finiva un

bambino la capovolgeva nuovamente e faceva una croce alla lavagna.

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Abbiamo misurato la lunghezza di vare coppie di oggetti (quaderni, penne,

lavagna, LIM…) e le abbiamo confrontate. Al termine delle misurazioni

abbiamo scritto l’ora alla lavagna.

Figura 33 - Le misurazioni di lunghezza e tempo

I bambini sono stati tutti in grado di misurare e confrontare le lunghezze, per

questo mi sono soffermata nell’analisi dei tempi. Ho chiesto ai bambini di

osservare la lavagna. Il primo tempo segnato erano le 13:23, l’ultimo le 13:32.

Ho chiesto ai bambini se sapessero dire quanto tempo avevano usato per fare

le misure. Una bambina mi ha risposto, contando sulle dita partendo da 24.

24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32… 9! Ho chiesto se sapessero cosa fossero

“9”. Un bambino ha risposto: minuti. Ho fatto osservare che la clessidra era

stata girata due volte e mezzo. Ho chiesto cosa fossero le due X. Nessuno ha

risposto. Allora ho chiesto cosa avessimo misurato con la clessidra. I bambini

hanno risposto che avevano misurato il tempo impiegato a prendere le

misure con il metro. Ho chiesto la stessa cosa per l’orologio e i bambini mi

hanno dato la stessa risposta. Quindi ho fatto notare che abbiamo misurato

lo stesso intervallo di tempo, ma utilizzando strumenti di misura diversi,

abbiamo ottenuto dei valori diversi; che però vogliono dire la stessa cosa.

La lezione è proseguita con altre misurazioni. Abbiamo utilizzato una bilancia

da cucina per misurare piccoli oggetti (gomma, penna, astuccio), e un

misurino da 500 ml per misurare delle quantità di liquido.

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La stessa lezione è stata riproposta in modo analogo ai bambini della 2aB.

In questo caso però, data la presenza del bambino con ADHD, ho cercato di

scomporre la lezione in parti più piccole e concluse, per far sì che la sua

attenzione non svanisse. Ho introdotto uno strumento di misura alla volta e

l’ho fatto utilizzare di volta in volta. L’intervallo di tempo misurato con il

cronometro e con la clessidra è stato più breve, abbiamo misurato il tempo

occorso per pesare i vari oggetti e al bambino con ADHD ho chiesto di

occuparsi della clessidra e di girarla al momento giusto, in modo da dargli un

compito di responsabilità per mantenere la sua concentrazione più alta.

4.4.4 Secondo incontro. Misure del tempo convenzionali e non

convenzionali

11 e 12 dicembre 2018

Il secondo incontro aveva lo scopo di far riflettere i bambini sul concetto di

durata in relazione ad azioni relativamente brevi, come l’intervallo di metà

mattina, il tempo per cambiarsi prima della lezione di educazione fisica, un

esercizio di educazione fisica o un dettato e di pensare alla relatività dei

termini breve e lungo.

Ho pensato di utilizzare alcuni strumenti convenzionali e non per misurare le

durate di alcune attività quotidiane dei bambini e di utilizzare tabelle per

riportare i dati.

Anche questa volta la prima lezione si è tenuta in 2aA. Ho iniziato l’incontro

chiedendo ai bambini se sapessero fare esempi di durate di tempo brevi. Un

bambino mi ha detto: la ricreazione, un altro: un cartone animato. Ho chiesto

se la giornata a scuola fosse lunga o breve. Tutti hanno concordato che fosse

lunga. Allora ho chiesto se un intero anno a scuola fosse lungo o breve.

Hanno nuovamente risposto lungo. Allora ho chiesto come fosse possibile che

un anno scolastico e una giornata fossero entrambi lunghi. Una bambina ha

detto: sono tutti lunghi, ma uno è più lungo!

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Ho domandato ai bambini se l’ora di matematica fosse lunga o breve. Hanno

risposto che era lunga. Ho quindi chiesto se la pausa pranzo, che dura più di

una lezione, fosse lunga o corta. Tutti erano d’accordo che fosse corta.Ho

fatto notare loro che la pausa pranzo è più lunga di una lezione di

matematica. A quel punto ho chiesto ai bambini come si potesse capire se un

tempo fosse lungo o corto. Inizialmente sono rimasti perplessi, poi un

bambino ha detto: bisogna misurarlo. Per riprendere gli argomenti della

lezione precedente ho chiesto se si ricordassero alcuni strumenti per

misurare il tempo. Hanno risposto elencando quelli utilizzati nella lezione

precedente.

Ho detto che per capire quanto durassero le attività che facevano a scuola

bisognava provare a misurarle, ma utilizzando due strumenti diversi, la

clessidra a sabbia, che avevamo già utilizzato, e un cronometro. La scelta del

cronometro è stata fatta perché avevo previsto di farlo utilizzare ai bambini

nelle successive attività con il pendolo e la clessidra ad acqua e volevo che

imparassero a usarlo.

I dati delle misurazioni dovevano essere inseriti in una tabella. Anche in

questo caso, ho pensato di utilizzare le tabelle fin dalla seconda lezione per

farne recepire l’utilizzo ai bambini ed anche perché sono estremamente

efficaci per permettere un confronto fra dati.

Ho mostrato ai bambini il cronometro e ho spiegato come utilizzarlo. I

bambini, durante le lezioni, sono seduti ad isole. Nella classe sono presenti

cinque isole. Ho dato un cronometro ad ogni isola e ho chiesto ai bambini di

provare a turno a misurare dei tempi. Io davo il via e lo stop e i bambini mi

dicevano il risultato della misurazione. Abbiamo ripetuto l’operazione cinque

volte, fino a quando le misure delle cinque isole non sono risultate simili.

Ho mostrato ai bambini la tabella dove dovevano annotare le durate delle

attività e ho spiegato come dovessero compilarla.

La prima parte dell’incontro è terminata con la spiegazione delle attività di

misurazione da realizzare il giorno successivo.

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Anche in questo caso ho riproposto la stessa attività ai bambini della 2aB.

Il giorno successivo abbiamo iniziato ad effettuare le rilevazioni delle durate

delle attività con i bambini della 2aB.

Figura 34 - Rilevazione della durata delle attività

Al termine della giornata abbiamo ottenuto una tabella con il tempo misurato

con il cronometro in minuti e secondi e il tempo segnato con delle X della

clessidra.

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Figura 35 - Tabella misurazioni durate attività

Accanto al tempo del cronometro nessun bambino aveva scritto l’unità di

misura. Ho quindi chiesto se qualcuno sapesse qual è l’unità di misura del

tempo. Alcuni bambini hanno risposto ore, altri i minuti. Ho spiegato che

l’unità di misura del tempo è il secondo. Ho domandato se dando la nostra

tabella ad altre persone non a conoscenza di quello che avevamo fatto,

avessero potuto capire cosa avevamo misurato. I bambini inizialmente hanno

risposto di sì. Allora ho chiesto se 8,47 potessero essere i cm di lunghezza di

una matita. I bambini hanno detto si. Ho chiesto se 55,14 potessero essere i

grammi che pesa una gomma. Hanno risposto nuovamente di: sì. Rimanendo

sul tempo ho chiesto se 6,31 potessero essere ore o giorni. Ho ottenuto

un’altra risposta affermativa. Siamo quindi giunti alla conclusione che scrivere

l’unità di misura accanto al valore sia fondamentale per capire a cosa ci

stiamo riferendo. A quel punto ho chiesto ai bambini cosa fossero le X. Hanno

risposto che sono le volte che abbiamo girato la clessidra. Ho chiesto se

sapessero a cosa corrispondeva una X. Un bambino mi ha detto: siccome

misura il tempo sarà un secondo. Allora ho fatto notare che nella prima riga

della tabella avevamo segnato 8:47 minuti e due X, quindi 8:47 è circa 2X.

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Ovviamente i bambini non sono in grado di risolvere le equazioni, ma insieme

siamo giunti alla conclusione che la clessidra impiega circa 4 minuti per

svuotarsi. Abbiamo verificato la nostra ipotesi cronometrando il tempo che

impiega la sabbia a scendere.

Una bambina si è accorta che possiamo sapere quanto durano tutti gli

intervalli di tempo che abbiamo misurato, dato che la X vale 4 minuti.

Dopo aver chiarito l’importanza del linguaggio condiviso e delle unità di

misura, siamo passati a mettere in ordine le attività della giornata dalla più

breve alla più lunga.

I bambini sono rimasti increduli quando hanno verificato che il dettato era

più breve della ricreazione e quanto lunga fosse la pausa pranzo.

Abbiamo fatto delle considerazioni: la percezione del tempo è ingannevole, in

parte dipende da quanto ci piaccia fare una cosa; per stimare la durata è

importante utilizzare degli strumenti di misura; è importante condividere con

chi deve leggere le misurazioni l’unità di misura.

4.4.5 Terzo incontro. Il pendolo

9 e 11 gennaio 2019

L’idea di utilizzare il pendolo come strumento di misurazione delle durate

brevi, mi è stata suggerita dal corso di Fisica che ho seguito all’Università. Il

pendolo è infatti uno strumento ideale per osservare la periodicità degli

intervalli di tempo, per riflettere sulle durate brevi, per legare il concetto di

tempo a quello di movimento e per permettere ai bambini di avanzare delle

ipotesi facilmente verificabili sulle cause di un fenomeno fisico.

La preparazione di questo incontro è stata impegnativa. Infatti per far sì che

l’incontro fosse proficuo, non potevano essere fatti errori legati alla

preparazione dei materiali o alla restituzione dei risultati.

Avendo deciso di far utilizzare il pendolo direttamente ai bambini e avendo a

disposizione tempi ristretti, ho pensato di costruire 5 pendoli, da distribuire in

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ogni isola. Ho predisposto 5 fili lunghi 80 cm, 5 fili lunghi 40 cm, 5 pesi da 50 g

e 5 pesi da 100 g. Ho preparato delle tabelle dove i bambini dovevano inserire

i dati.

Prima di iniziare la parte pratica dell’esperimento, ho dato ai bambini delle

schede che ho realizzato per illustrare il funzionamento del pendolo e

costruire un linguaggio adeguato. Ovviamente non ho proposto ai bambini la

formula per misurare il periodo delle oscillazioni del pendolo87, che

risulterebbe del tutto incomprensibile.

87

Il pendolo semplice Il pendolo è costituito da una massa m puntiforme appesa ad un filo inestensibile. Quando si sposta la massa dalla verticale, il pendolo oscilla. In mancanza di attriti, l’oscillazione continuerebbe sempre uguale a se stessa. Se le oscillazioni sono piccole, si può dimostrare che il pendolo si muove di moto armonico.

La forza-peso p =m può essere scomposta nelle componenti:

filo nella direzione del filo

tangente lungo la tangente alla circonferenza: è la forza di richiamo che tende a riportare m nella posizione centrale. I due triangoli ABC e OAD sono simili, perché entrambi hanno un angolo retto e un angolo che misura .

I due lati = tangente e = p sono rispettivamente proporzionali ad = d e alla lunghezza

del filo = l Quindi:

Che equivale a

Ftangente = Fp

Se l’angolo è piccolo, allora il segmento AD è praticamente uguale all’arco AE e tangente ha la stessa direzione dello spostamento ma verso opposto.

Il vettore tangente e il vettore spostamento risultano orizzontali come il segmento AD.

tangente =

Possiamo ricavare l’accelerazione del pendolo

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Senza utilizzare il termine periodo per definire il tempo necessario al pendolo

per compiere un’oscillazione, ho spiegato ai bambini cosa fosse l’oscillazione.

Ho mostrato un pendolo alla classe e l’ho messo in movimento.

Figura 36 - Spiegazione del moto del pendolo

Ho mostrato cos’è l’oscillazione e ho chiesto ai bambini di osservare il

movimento del peso. Prima ho utilizzato il filo di 80 cm e il peso da 100 g, poi

ho sostituito il peso con quello da 50 g. Ho cercato di mantenere costante

l’ampiezza delle oscillazioni e ho chiesto ai bambini se notassero dei

=

Per il moto armonico Quindi

Con velocità angolare

Possiamo quindi ricavare il periodo T (tempo necessario a compiere un’oscillazione):

Cfr. Amaldi U., Le traiettorie della fisica. Da Galileo a Heisenberg, Zanichelli, Bologna, 2012, pagg. 283-284

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cambiamenti. Alcuni hanno fatto questa osservazione: forse il peso più

leggero va più veloce. Allora ho aumentato l’ampiezza delle oscillazioni. Un

bambino ha detto: il peso adesso va più veloce di prima! Ho chiesto se

secondo lui il tempo impiegato a compiere l’oscillazione fosse uguale. Ha

detto che non lo sapeva.

Ho accorciato il filo e ho ripetuto le operazioni fatte in precedenza.

Abbiamo fatto delle ipotesi su cosa potesse far impiegare più o meno tempo

al pendolo a compiere l’oscillazione. Abbiamo scelto di verificare il

comportamento del pendolo variando la lunghezza del filo, l’ampiezza delle

oscillazioni e il peso. Ho detto ai bambini di cronometrare il tempo di 10

oscillazioni per ridurre l’errore fatto nel premere il pulsante del cronometro.

Figura 37 - I bambini cronometrano le oscillazioni e riportano i dati in tabella

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Figura 38 – Due esempi di tabella delle misurazioni effettuate con filo lungo 40 cm e 80 cm e peso da 50 g e 100 g

Il giorno successivo abbiamo inserito i dati delle misurazioni in delle tabelle in

LibreOffice Calc e abbiamo ottenuto il valore medio di 10 oscillazioni. Ho

preferito continuare a lavorare con il valore di 10 oscillazioni invece che con

quello di una sola perché i bambini non riescono ancora a stimare

correttamente il valore dei numeri decimali, per cui, anche se alla lavagna ho

riportato il valore medio con i decimali, le considerazioni le abbiamo fatte

osservando i numeri interi.

I bambini si sono accorti subito che il filo lungo 80 cm aveva dati simili con

entrambe i pesi (18,52 s e 18,15 s), così come il filo di 40 cm (12,84 s e 12,98

s). Abbiamo quindi stabilito senza grosse difficoltà che l’unica variabile che

influenza il periodo del pendolo è la lunghezza del filo. Una bambina ha

notato che 40 cm sono la metà di 80 cm, invece 12 s non sono la metà di 18 s.

Questo ci ha portato a dire che aumentando la lunghezza del filo aumenta il

tempo, ma non nello stesso modo.

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Figura 39 - I dati ottenuti dalle misurazioni

Alla LIM abbiamo scritto collettivamente il resoconto dell’esperienza che poi

ogni bambino ha inserito nel proprio quaderno di scienze.

Figura 40 - Le conclusioni tratte dall'esperimento con il pendolo

La seconda parte dell’incontro, quella cioè relativa all’analisi finale dei dati

del pendolo, è stata fatta con i bambini della 2aA e della 2aB insieme.

Inizialmente temevo che sarebbe stato estremamente difficile mantenere

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alto il livello di interesse di 45 bambini per il tempo necessario a effettuare

l’analisi dei dati, invece tutti i bambini erano curiosi di scoprire il risultato

dell’esperimento e non si sono create difficoltà nella gestione del gruppo.

Figura 41 - I bambini della 2aA e della 2

aB dopo l'esperimento con il pendolo

4.4.6 Quarto incontro. La clessidra ad acqua

23 e 24 gennaio 2019

Nell’ultimo incontro che ho progettato per i bambini ho utilizzato delle

clessidre ad acqua. Ho pensato di utilizzare le clessidre ad acqua invece che le

normali clessidre a sabbia perché è più facile misurare la quantità di liquido

piuttosto che di sabbia e perché è possibile realizzare uno o più fori per far

passare l’acqua. Anche in questo caso lo scopo era quello di riflettere sui

brevi intervalli di tempo, sugli strumenti di misura e su come il tempo sia

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misurabile solo in relazione a qualcosa, in questo caso al passaggio

dell’acqua, nell’incontro precedente al movimento del pendolo.

Ho realizzato anche in questo caso 5 clessidre. Ho costruito la parte superiore

con una bottiglietta di plastica perché questo mi consentiva di sostituire i

tappi. Ho effettuato un foro su 5 tappi e due fori su altri 5 tappi. Prima di dare

le clessidre ai bambini, ho verificato che da ogni tappo con un foro uscisse la

stessa quantità di acqua e dai tappi con due fori il doppio dell’acqua. Come

contenitore inferiore ho utilizzato 5 barattoli di vetro trasparenti da 500 ml su

cui ho segnato con un pennarello delle tacche ogni 20 ml. Ho colorato l’acqua

con della tempera azzurra in modo da rendere più leggibile la quantità di

liquido scesa.

Ho verificato che la velocità di uscita dell’acqua dal foro non diminuisse

sensibilmente con la diminuzione della pressione causata dall’abbassamento

dell’acqua del bulbo superiore.

Ho spiegato ai bambini il lavoro successivo. Ogni gruppo doveva verificare la

quantità di acqua fuoriuscita dalla clessidra dopo 0:30 min 1:00 min 1:30 min

e 2:00 min ripetendo la procedura due volte, la prima utilizzando il tappo con

1 foro, la seconda il tappo con 2 fori. I dati dovevano essere annotati in una

tabella. Io ho dato il via e lo stop ogni 30 secondi.

Il lavoro è proceduto senza troppi imprevisti, anche se, a metà di una

rilevazione, è stato rovesciato il contenuto di una bottiglietta di acqua.

Questo incidente ha fatto sì che i bambini dovessero abbandonare la loro

postazione per unirsi agli altri gruppi. Il lavoro è stato comunque portato a

termine senza grosse difficoltà.

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Figura 42 - Le misurazioni con la clessidra ad acqua

Dopo aver effettuato tutte le misurazioni abbiamo ottenuto una tabella.

Figura 43 - Tabella con i dati delle misurazioni con la clessidra ad acqua

Il giorno successivo abbiamo ripreso il lavoro riscrivendo i dati alla LIM e

osservando la tabella. La prima considerazione che i bambini hanno fatto

autonomamente è stata che la quantità di liquido passata attraverso i due

fori era doppia rispetto a quella di un foro.

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Ho chiesto se potessimo dire altro osservando la tabella. I bambini non hanno

risposto. Allora ho scritto sulla lavagna i valori ottenuti dalla prima

misurazione. 60, 120, 180, 240. Ho cancellato gli zeri finali. Un bambino a

quel punto ha detto: ma è la tabellina del sei!

Abbiamo così osservato che fra un valore e l’altro c’è sempre 60. Riflettendo

abbiamo capito che se il valore successivo della serie fosse stato 300, allora

sarebbero trascorsi 2:30 minuti.

Abbiamo scritto queste osservazioni alla LIM.

Figura 44 - Le considerazioni fatte dopo una prima analisi dei dati

Ho riportato alla LIM il disegno dei contenitori con le quantità di liquido

colorato di rosso e di blu per rendere ancora più esplicito il contenuto della

tabella.

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Figura 45 - La rappresentazione grafica delle quantità di liquido scesa attraverso 1 e 2 fori dalla clessidra ad acqua ogni 30 secondi

Avevo previsto la possibilità di riportare su un grafico tempo/millilitri i dati

ottenuti, ma non avevo la certezza se realizzare o no quest’ultima esperienza.

Vedendo però che i bambini avevano un livello di attenzione alto e stavano

seguendo tutti i passaggi fatti fino a quel momento, ho deciso di tentare la

realizzazione del grafico.

Ho dato ad ogni bambino un foglio di carta A4 su cui avevo già fotocopiato

precedentemente gli assi del grafico. Ho appeso alla lavagna lo stesso foglio

stampato in A3.

I bambini mi hanno dettato prima i valori ottenuti facendo passare il liquido

da 1 foro e poi da 2. Mentre io costruivo il grafico alla lavagna, i bambini lo

realizzavano sul loro foglio.

Alla fine abbiamo ottenuto il seguente grafico.

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Figura 46 - grafico millilitri/tempo delle due quantità di liquido.

Ho chiesto ai bambini se secondo loro fosse possibile capire quanto liquido

fosse sceso dopo 45 secondi senza aver misurato la quantità. Hanno risposto

di no. Ho chiesto allora di cercare 45 secondi sulla linea orizzontale (non ho

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detto ai bambini come si chiamino gli assi di un grafico) e di salire fino a che

non incontrassero la linea rossa. Ho detto di fare in corrispondenza del punto

un segno con la matita. Poi ho chiesto di spostarsi in orizzontale fino a che

non incontrassero la linea con i millimetri. Ho chiesto che punto avessero

trovato. Mi hanno risposto che era un punto fra 80 e 100. Ho spiegato che

quella era la quantità di liquido scesa in 45 secondi. Abbiamo ricavato altri

dati dal grafico. I bambini hanno capito dopo poco come si dovesse leggere il

grafico e si sono divertiti a ricavare vari dati.

Anche questa esperienza l’ho proposta nelle due sezioni, cercando nella 2aB

di concludere ogni singolo passaggio in tempi brevi e di non lasciare in

sospeso nessuna domanda.

Questo è stato l’ultimo incontro laboratoriale fatto prima del test finale. Ho

quindi salutato i bambini complimentandomi per come avessero portato a

termine i lavori e per come avessero collaborato nel gruppo dei pari.

Anche i bambini della primaria, come quelli dell’infanzia, mi hanno chiesto se

fosse stato possibile realizzare altre esperienze simili.

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5. La valutazione dell’intervento didattico nella scuola

dell’infanzia e nella scuola primaria

«La valutazione è l’atto (e al tempo stesso la conseguenza) dell’attribuzione

di valore a qualcosa o qualcuno. […] Per rendere la valutazione

intersoggettiva occorre che le modalità e lo strumento di “misura” impiegati,

cioè le operazioni compiute e il metro di paragone usato per attribuire quel

dato valore a quel preciso evento, siano resi espliciti.» 88

La valutazione in ambito scolastico è divenuta oggi uno degli strumenti per

garantire il successo formativo di ogni studente. È un momento chiave del

processo formativo, non più vista come atto conclusivo di un percorso

formativo, ma come momento di verifica dell’efficacia dell’azione formativa.

«Essa precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da

intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle

condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di

accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al

miglioramento continuo.»89

«La valutazione è quindi il mezzo per intervenire sull’iter formativo

evidenziando i punti di forza e di debolezza delle situazioni formative,

permettendo di correggere e migliorare il processo del perseguimento degli

obiettivi.»90

Secondo questa interpretazione, la valutazione acquista di significato se letta

in un’ottica volta ad ottenere dei feedback sugli effetti del processo

formativo. È necessario pertanto che la valutazione si strutturi anche

temporalmente secondo la divisione delle fasi valutative in ex ante, in itinere

ed ex post.

88

Domenici, G., Manuale della valutazione scolastica, Laterza, Roma-Bari, 1993, pag.4 89

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 19 90

Corchia F., Valutazione e qualità dell’istruzione, in Capperucci D. (a cura di), La valutazione degli apprendimenti in ambito scolastico. Promuovere il successo formativo a partire dalla valutazione, FrancoAngeli, Milano, 2011, pag.26

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Valutazione ex ante: viene realizzata prima di mettere in atto un

progetto formativo. È legata all’analisi dei bisogni dei soggetti e al

contesto. Ha una funzione diagnostica sulla situazione di partenza.

Valutazione in itinere: analizza lo stato di avanzamento del progetto,

ponendo l’accento sulla corrispondenza dei risultati di percorso

ottenuti agli obiettivi intermedi prefissati. Ha lo scopo di ottenere dei

feedback che permettano di ricalibrare il processo formativo in corso

d’opera per meglio adattarlo alle esigenze reali e contingenti del

soggetto in apprendimento.

Valutazione ex post: viene fatta al termine delle attività formative. Ha

lo scopo di verificare la conformità dei risultati di apprendimento

raggiunti con gli obiettivi finali previsti.91

Ogni azione valutativa deve essere strutturata in stretta correlazione con la

programmazione.

«Sulla base dei traguardi fissati a livello nazionale, spetta all’autonomia

didattica delle comunità professionali progettare percorsi per la promozione,

la rilevazione e la valutazione delle competenze. […] Solo a seguito di una

regolare osservazione, documentazione e valutazione delle competenze è

possibile la loro certificazione.»92

Nella progettazione delle unità di competenza per la scuola dell’infanzia e

primaria, parte rilevante ha svolto la strutturazione dei momenti valutativi,

che ho previsto e realizzato seguendo le fasi valutative sopracitate.

Sia nella scuola dell’infanzia che nella scuola primaria, non ho effettuato

personalmente la valutazione ex ante, ma ho utilizzato quelle fatte dalle

maestre per poter strutturare un progetto didattico adeguato ai reali bisogni

dei bambini.

91

Capperucci D., Dalla programmazione educativa e didattica alla progettazione curricolare. Modelli teorici e proposte operative per la scuola delle competenze. FrancoAngeli, Milano, 2008, pag.83 92

MIUR, Indicazioni nazionali…, op. cit. pag. 19

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111

5.1 La valutazione nella scuola dell’infanzia

La valutazione nella scuola dell’infanzia non prevede l’utilizzo di prove

strutturate, poiché inadeguate all’età dei bambini e alla struttura del progetti

didattici soggetti al processo valutativo; in questo contesto educativo, viene

pertanto preferito l’utilizzo di valutazioni basato sulla pratica

dell’osservazione sistematica.

«L’osservazione sistematica è un processo la cui funzione principale è

raccogliere informazioni sull’oggetto preso in considerazione. Essa è

un’operazione di prelievo e strutturazione dei dati in modo da far emergere

una rete di significati.»93

Affinché la valutazione si rivelasse neutra, sistematica e intersoggettiva, ho

individuato i criteri di osservazione, stabilito la modalità di raccolta dei dati, i

tempi, la frequenza e i contesti entro i quali muovermi.

Ho predisposto delle griglie di osservazione da utilizzare per valutare la

riuscita di ogni incontro, in modo da avere in tempo reale un feedback

sull’azione didattica e calibrare gli incontri successivi in base all’interesse, alla

partecipazione e alle risposte dati agli stimoli didattici proposti.

Durante i momenti di circle time, quando ero impegnata con tutto il gruppo di

bambini, ho effettuato delle registrazioni video degli incontri. Per non

rendere invadente la presenza della telecamera, ho pensato di posizionarla in

modo da non renderla visibile ai bambini. Nei momenti di lavoro con i singoli

bambini invece, ho effettuato delle registrazioni audio e ho fotografato i

lavori prodotti negli incontri individuali.

I momenti soggetti alla valutazione sono stati esclusivamente quelli degli

incontri strutturati, mentre i comportamenti, gli atteggiamenti, le modalità

93 Cappuccio G., Cravana E., Progettare l’osservazione sistematica nella scuola

dell’infanzia, Form@Re - Open Journal Per La Formazione In Rete, v. 14, n. 4, p. 93-104, dic. 2014.

ISSN 1825-7321.

http://www.fupress.net/index.php/formare/article/view/15800/14646, Data di accesso: 11 feb.

2019

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112

relazionali dei bambini al di fuori di questi tempi non sono stati in questa

sede oggetto di osservazione e valutazione.

5.1.1 I criteri di osservazione e le evidenze raccolte

Sono stati individuati sei criteri di valutazione:

- partecipa alle attività proposte;

- interviene rispettando il turno;

- collabora con i compagni per portare a termine l'attività;

- è curioso, pone domande inerenti alle attività proposte;

- utilizza correttamente gli indicatori temporali;

- spiega il significato dei propri elaborati.

Per ogni criterio sono stati individuati tre possibili livelli.

I dati delle griglie di osservazione sono stati analizzati e confrontati per

cercare di capire l’andamento delle attività didattiche del progetto proposto.

Al posto dei nomi dei bambini ho riportato sulle griglie il corrispondente

numero progressivo dell’elenco di sezione.

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 14 21 20 19 21 17

in parte 5 0 1 2 0 2

no 1 0 0 0 0 0

totali 20 21 21 21 21 19

Partecipa alle attività proposte

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113

Il primo criterio analizzato “partecipa alle attività proposte” è migliorato con

il progredire degli incontri. Durante il primo incontro solo 14 bambini (70%)

hanno partecipato alle attività, mentre negli incontri successivi il numero è

salito, arrivando anche a valori pari al 100%.

Credo che questo miglioramento possa essere imputabile a vari fattori. Il

primo è sicuramente legato alla mia conoscenza del gruppo, che nel tempo si

è consolidata e mi ha permesso di calibrare meglio gli stimoli forniti. Il primo

incontro è stato soprattutto di indagine sulle conoscenze degli argomenti che

volevo affrontare successivamente, quindi probabilmente meno coinvolgente

per i bambini. Ho notato che la partecipazione è aumentata fino a

coinvolgere l’intera sezione negli incontri dove ho utilizzato giochi motori o

attività che prevedessero lavori di gruppo. Comunque, a parte nella prima

lezione, anche negli incontri che prevedevano lavori individuali, la

partecipazione non è mai stata nulla in nessun bambino.

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 15 16 17 17 17 16

in parte 2 2 2 4 3 3

no 3 3 2 0 1 0

totali 20 21 21 21 21 19

Interviene rispettando il turno

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114

Anche per il secondo criterio si è verificato un miglioramento durante

l’avanzare del progetto. Sicuramente anche in questo caso ha influito il livello

di conoscenza dei bambini nei miei confronti e l’aumento dell’interesse verso

gli argomenti trattati, ma anche le strategie di gestione del gruppo che ho

adottato dopo aver visto il comportamento dei bambini nel primo incontro:

smettere di parlare o di leggere fino a che non era raggiunto il silenzio, non

rispondere alle domande fino a che non venivano poste nelle modalità

corrette, alzando la mano per avere la parola o aspettando che gli altri

avessero concluso il loro discorso.

Il criterio “collabora con gli altri per portare a termine l’attività” è stato preso

in esame solo durante quattro incontri perché negli altri due non erano

previste attività da svolgere collaborativamente. Questo parametro è quello

che ha avuto una maggior percentuale di risposte positive. Nessun bambino si

è infatti rifiutato di partecipare alle attività di gruppo e tutti hanno cercato di

collaborare per arrivare al traguardo comune. Soffermandomi

nell’osservazione di questo parametro, ho notato come gli altri bambini

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 0 19 19 20 21 0

in parte 0 2 2 1 0 0

no 0 0 0 0 0 0

totali 0 21 21 21 21 0

Collabora con i compagni per portare a termine l'attività

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stimolassero i compagni meno disposti a portare a termine il compito

assegnato, mettendo in atto spontaneamente un’educazione fra pari.

Anche in questo caso c’è stato un miglioramento nelle risposte dei bambini

legato plausibilmente al procedere degli argomenti trattati e alla loro

ricezione.

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 16 19 20 20 20 18

in parte 3 1 1 1 1 1

no 1 1 0 0 0 0

totali 20 21 21 21 21 19

Si orienta nella linea del tempo comprendendo successioni e durate

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116

Questo criterio di osservazione ha ottenuto dei risultati costanti nel corso

degli incontri. Ho valutato se i bambini fossero in grado di spiegare il

contenuto e il significato degli elaborati grafici che venivano prodotti durante

ogni incontro. Alcuni bambini hanno presentato delle difficoltà nello spiegare

il lavoro svolto, ma purtroppo non sono stata in grado di stabilire con

certezza se fosse un problema meramente espressivo o fosse in realtà legato

ad una parziale comprensione degli argomenti affrontati.

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 16 19 17 18 18 17

in parte 2 1 2 3 2 1

no 2 1 2 0 1 1

totali 20 21 21 21 21 19

Spiega il significato dei propri elaborati

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L’ultimo criterio di osservazione è stato quello relativo alla curiosità nei

confronti degli argomenti trattati. Anche questo parametro ha avuto un

andamento positivo, migliorando già dalla seconda lezione.

5.2 La valutazione nella scuola primaria

La valutazione nella scuola primaria è di fondamentale importanza per

verificare l’acquisizione delle competenze previste; per riuscire a valutare nel

modo più attendibile possibile, è necessario scegliere un metodo adeguato,

come sostiene Novak:

Il problema fondamentale dei metodi è quello di riuscire a ottenere misure

valide e attendibili delle principali variabili coinvolte nell'evento che stiamo

osservando. Nelle scienze dell'educazione non è mai possibile osservare e

misurare tutte le variabili coinvolte (ad esempio, lo stato d'animo del

0

5

10

15

20

25

1° incontro 2° incontro 3° incontro 4° incontro 5° incontro 6° incontro

si 13 19 19 19 19 17

in parte 4 1 1 2 2 2

no 3 1 1 0 0 0

totali 20 21 21 21 21 19

È curioso, pone domande inerenti alle attività proposte

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118

soggetto al momento del test) ma possiamo sforzarci di misurare quelle che

riteniamo più pertinenti e rilevanti.94

Sempre Novak definisce due caratteristiche fondamentali che deve avere un

test di valutazione: l’attendibilità e la validità.

L'attendibilità è la capacità del test di valutare in maniera costante un certo

ambito di conoscenza. Un test è attendibile quando individui con lo stesso

bagaglio culturale ottengono in esso gli stessi punteggi o quando un dato

individuo ottiene lo stesso punteggio a una successiva presentazione del

test.

La validità è invece la capacità degli item del test di misurare realmente le

competenze che si vogliono valutare. 95

Vertecchi classifica le prove secondo quattro categorie in base agli stimoli,

cioè le sollecitazioni proposte all’allievo e alle risposte, le prestazioni richieste

all’allievo.96

- Stimolo aperto, risposta aperta: Lo stimolo consiste nel fornire

l'indicazione di una certa area di problemi entro cui orientarsi.

La risposta richiede che si utilizzi la capacità di argomentare, di

raccogliere le conoscenze possedute anche in aree limitrofe (temi,

relazioni su esperienze, interrogazioni…).

- Stimolo aperto, risposta chiusa: Si tratta di pseudo-prove.

Lo stimolo è generalmente ampio, ma improprio, perché non è

indirizzato all'allievo. Anche la risposta è impropria, perché non

riguarda la manifestazione di abilità e conoscenze (interrogazioni in

cui il docente invita l’allievo ad esprimere il consenso a ciò che

afferma).

- Stimolo chiuso, risposta aperta: Lo stimolo si presenta accuratamente

predisposto in funzione del tipo di prestazione che intende sollecitare.

La risposta può tuttavia essere fornita in modo adeguato solo se

94

Novak J., Costruire mappe concettuali. Strategie e metodi per utilizzarle nella didattica, Erikson, Trento, 2012, 9788859000815 pag. 282 95

Ivi, pag. 286 96

Vertecchi B., Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti e dei contesti, FrancoAngeli, Milano, 2003, 9788846447753 pag. 157

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l'allievo, facendo ricorso alle sue abilità e conoscenze, riesce ad

organizzare una propria linea di comportamento che lo conduca a

fornire la prestazione richiesta (attività di ricerca, esperienze di

laboratorio…)

- Stimolo chiuso, risposta chiusa: Questo tipo di prove, prova

strutturata o prova oggettiva o test di profitto, presenta una

particolare organizzazione, capace di sollecitare, oltre alla capacità

riproduttiva, anche quella di riconoscere, confrontare ecc..

Lo stimolo contiene completamente definito il modello della risposta.

La risposta corrisponde ad una prestazione già organizzata (esercizi di

grammatica, calcoli, risoluzione di problemi con percorso obbligato…)

5.2.1 La progettazione delle verifiche, i criteri di valutazione e

correzione

Nella scuola primaria ho effettuato due diverse valutazioni, quella in itinere,

utilizzando anche in questo caso delle griglie di osservazione, e quella ex post,

utilizzando la tipologia delle prove oggettive strutturate con stimolo chiuso,

risposta chiusa.

Considerando l’età, la capacità di concentrazione e di decodifica del testo, ho

preferito non somministrare un unico test finale a conclusione dell’intero

percorso, ma di realizzare quattro diversi momenti di verifica, in modo da non

porre più di 8 domande in ogni test. La valutazione finale è stata data

considerando i risultati delle quattro prove.

Per realizzare i quattro test ho utilizzato i seguenti criteri:

- le affermazioni e le domante sono chiare e brevi;

- le domande non presentano informazioni non essenziali;

- le domande non presentano negazioni;

- i distrattori sono plausibili;

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- le domande e le risposte sono sullo stesso foglio;

- la posizione delle risposte esatte è casuale;

Ho selezionato tre tipologie di item da utilizzare:

- Vero/falso: viene fatta un’affermazione, l’allievo deve indicare se la

ritiene vera o falsa.

- Scelte multiple: viene posta una domanda e date tre possibili risposte.

I bambini devono selezionare quella corretta

- Corrispondenze: vengono forniti due elenchi di elementi che possono

essere associati sulla base di una relazione. I bambini devono cogliere

tale relazione.

Per analizzare i risultati ho verificato la correttezza delle risposte date e ho

assegnato un punto ad ogni risposta corretta. Non ho tolto punti per le

risposte sbagliate. Ho stabilito il livello minimo per la sufficienza prima di

avere i risultati dei test, ma dopo la somministrazione delle prove ho tenuto

conto dei risultati medi per adeguare le valutazioni alla situazione reale.

Gli item dei test complessivamente erano 30, suddivisi in due test con 7 item

e due test con 8 item.

I risultati finali dei test comunicati ai bambini non sono stati numerici, anche

se la maestra sul registro elettronico ha inserito il corrispettivo numerico in

decimi. La tabella di corrispondenza è questa:

Voto in trentesimi Giudizio Voto in decimi

28-30 ottimo 9-10

25-27 buono 8-8,5

22-24 discreto 7-7,5

18-21 sufficiente 6-6,5

<18 insufficiente <6

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5.2.2 La valutazione in itinere

La valutazione in itinere ha avuto luogo durante tutto il percorso, da

dicembre a gennaio.

Anche in questo caso, come nella scuola dell’infanzia, ho stabilito dei criteri di

osservazione e costruito delle griglie.

Ho utilizzato cinque criteri per costruite le griglie:

- utilizza un linguaggio adeguato;

- partecipa attivamente e con costanza;

- segue le istruzioni e effettua autocorrezioni;

- ottimizza tempi e risorse;

- mostra interesse e motivazione.

Per ogni criterio ho individuato quattro parametri relativi alla frequenza del

comportamento:

0. Mai

1. Qualche volta

2. Abbastanza spesso

3. Molto spesso

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Il criterio che ha ottenuto un maggior numero di valutazioni alte è quello

relativo all’interesse mostrato dai bambini verso gli argomenti affrontati

durante gli incontri; quello che invece ne ha ottenuti meno è quello relativo

all’utilizzo del linguaggio adeguato al contesto. Alcuni bambini presentano

ancora delle grosse difficoltà nell’esprimersi adeguatamente sia oralmente

che nello scrivere, per cui era prevedibile che questo fosse il parametro più

critico. Comunque è stato osservato durante corso degli incontri un

miglioramento in tutti i bambini nell’utilizzo di termini come “durata”,

“oscillazione” e “velocità”.

0

5

10

15

20

25

30

35

40

utilizza unlinguaggioadeguato

partecipaattivamente econ costanza

segue leistruzioni e

effettuaautocorrezion

ottimizzatempi e risorse

mostrainteresse e

motivazione

0 2 1 4 4 2

1 7 5 4 3 2

2 13 9 7 6 5

3 23 30 30 32 36

Valutazione in itinere

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5.2.3 La valutazione finale

13 dicembre 2018

Il primo test che ho somministrato aveva lo scopo di verificare se i bambini

avessero capito quali strumenti di misura fossero necessari per misurare

tempo, lunghezza, capacità e peso, se avessero recepito l’importanza di

specificare le unità di misura per poter condividere i dati delle misurazioni, se

avessero capito perché è necessario misurare le durate con gli strumenti di

misura idonei, se sapessero ordinare le durate e se avessero recepito che per

misurare lo stesso intervallo di tempo possono essere impiegati strumenti

diversi. Il test è composto da 7 item, 5 vero/falso, 1 corrispondenza e 2 scelte

multiple.

Figura 47 - Vero/falso

Il primo esercizio era un vero/falso con cinque domande. Veniva chiesto ai

bambini di osservare una tabella simile a quella che avevano riempito nei

giorni precedenti e di rispondere alle domande.

Il giorno prima avevo posto le stesse domande ai bambini in forma orale

come riflessione sul lavoro fatto di misurazione delle durate. Molti bambini

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124

avevano avuto dei dubbi sulla seconda domanda, ma dopo la spiegazione i

dubbi sembravano risolti, infatti solo 3 bambini hanno sbagliato la risposta.

La prima e la quinta risposta sono state date correttamente da 43 bambini su

45, la seconda da 42 su 45. La terza e la quarta risposta sono state date

correttamente da tutti i bambini.

Figura 48 - Esercizio sulle corrispondenze

Il secondo esercizio era sulle corrispondenze e richiedeva ai bambini di

collegare gli strumenti di misura con le misure corrispondenti.

Nei giorni precedenti tutti gli strumenti di misura della figura erano stati

utilizzati dai bambini per compiere delle misurazioni.

In questo caso si è verificato un solo errore fatto da un bambino che ha

collegato la bilancia pesapersone con il secchiello del tempo.

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125

Figura 49 - Esercizio a scelta multiple

L’ultimo esercizio prevedeva di effettuare una scelta fra tre possibili soluzioni.

La domanda richiedeva di ordinare degli intervalli di tempo in base alla loro

durata. Anche in questo caso le durate delle tre attività erano state misurate

il giorno precedente utilizzando la clessidra e il cronometro.

In questa domanda c’è stato solo un errore, con la scelta della risposta A

invece che C.

16 gennaio 2019

Il secondo test è stato somministrato dopo i due incontri nei quali era stato

utilizzato il pendolo. Il test era composto da 8 domande, 4 a scelta multipla e

4 vero/falso. Questo test aveva lo scopo di capire se le prove sperimentali

fossero state capite adeguatamente, in modo anche da calibrare la difficoltà

delle esperienze con la clessidra ad acqua che volevo proporre negli incontri

successivi e valutare la comprensione del legame fra periodo delle oscillazioni

del pendolo e lunghezza del filo.

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126

Figura 50 - Esercizio a scelta multipla

Nessun bambino ha sbagliato a rispondere alla prima domanda. Questa prima

domanda aveva lo scopo di capire se il cronometro fosse stato percepito dai

bambini come elemento essenziale del pendolo, dato che i due strumenti

sono sempre stati usati contemporaneamente.

Figura 51 - Esercizio a scelta multipla

A questa domanda hanno risposto correttamente 40 bambini su 45. Gli errori

sono stati divisi equamente nella 2aA (2 errori) e nella 2aB (3 errori). Tutti gli

errori sono stati fatti scegliendo la risposta C invece che A. Tutti i bambini

hanno quindi legato la parola oscillazione al concetto di movimento.

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127

Figura 52 - Esercizio a scelta multipla

Questo item ha avuto 36 risposte corrette su 45. Anche in questo caso gli

errori si sono distribuiti equamente fra le due sezioni, 2aA (4 errori), 2aB (5

errori). Tutti i bambini che hanno commesso l’errore hanno selezionato la

risposta 1.

Figura 53- Esercizio a scelta multipla

Questo item ha avuto 40 risposte corrette su 45. Tutti gli errori sono stati fatti

dai bambini della 2aB. ritenevo che questo item fosse uno dei più semplici e

mi aspettavo che praticamente tutti i bambini rispondessero correttamente,

dato che ognuno di loro aveva effettuato almeno 8 misurazioni delle

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128

oscillazioni utilizzando il cronometro. Tutti i bambini che hanno sbagliato

hanno indicato la risposta A.

Figura 54 – Vero/falso

L’ultimo esercizio era composto da quattro item a cui i bambini dovevano

rispondere vero/falso dopo aver osservato una figura.

Alla prima affermazione hanno risposto correttamente 42 bambini su 45,

mentre la seconda è stata quella dove è stato registrato il maggior numero di

errori, solo 33 risposte corrette su 45 date. In 2aA sono stati fatti 4 errori,

mentre il 2aB 8.

La terza affermazione ha avuto 6 risposte sbagliate, equamente divise fra la

2aA e la 2aB.

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129

All’ultima affermazione sono state date 35 risposte corrette su 45. 6 errori

sono stati fatti in 2aA e 4 in 2aB.

25 gennaio 2019

La terza verifica è stata effettuata dopo gli incontri con la clessidra ad acqua.

Il test, anche in questo caso, era composto da 8 item, 4 a risposta multipla e 4

vero/falso.

Con questa prova ho voluto verificare la capacità di leggere ed interpretare

un grafico, di ordinare le sequenze temporali e predizione di eventi

conoscendo gli eventi pregressi.

Questo è stato il test più impegnativo dei quattro perché, a parte nella prima

e terza domanda, è stato chiesto ai bambini di rispondere a domande che

richiedevano la capacità di risolvere sequenze miste testuali/figurali e di

estrapolare dati incrociando i valori sulle ascisse e le ordinate di un grafico,

abilità che non avevano mai sperimentato fino agli incontri del 9 e 11 gennaio

sulla clessidra ad acqua.

Figura 55 - Esercizio a scelta multipla

Questa prima domanda è stata inserita soprattutto come ripasso, dato che

anche nei test precedenti erano state poste domande simili. Mi aspettavo che

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nessuno sbagliasse nella scelta della risposta corretta, invece ci sono state 4

risposte sbagliate, 3 nella 2aA e 1 nella 2aB.

Figura 56 - Esercizio a scelta multipla

La seconda domanda prevedeva la capacità di analizzare una sequenza

grafica e di stabilirne il legame con la durata. Anche se due delle possibili

risposte erano estremamente improbabili, sono state date 39 risposte

corrette su 45. 5 dei 6 errori sono stati fatti in 2aA.

Figura 57 - Esercizio a scelta multipla

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Questa domanda ha avuto 8 risposte sbagliate, divise equamente fra le due

sezioni. Tutti gli errori sono stati fatti selezionando la risposta C invece cha la

A.

Figura 58 - Esercizio a scelta multipla

Questa domanda era simile alla seconda, ma richiedeva una capacità in più di

ragionamento. In questo caso infatti non ho inserito il disegno del barattolo

pieno, ma solo quelli dei tre step precedenti. Questa domanda è stata

sbagliata da 13 bambini su 45, mentre uno non ha dato la risposta. 8 errori

sono stati fatti in 2aA e 6 in 2aB.

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Figura 59 - Vero/falso

Alle ultime quattro domande era possibile rispondere sapendo leggere i

grafici.

La prima domanda ha avuto 8 risposte errate, 3 nella 2aA e 5 nella 2aB. La

seconda domanda era molto simile alla prima, infatti ci sono stati anche qui 9

errori, 4 nella 2aA e 5 nella 2aB. La terza domanda è stata quella che ha avuto

il maggior numero di risposte sbagliate, 17 in totale, 9 nella 2aA e 8 nella 2aB.

era assolutamente prevedibile che questo item avesse un tasso di risposte

corrette più basso degli altri. Anche se nei giorni precedenti avevamo fatto

questo tipo di considerazioni collettivamente, la domanda era impegnativa.

Veniva infatti richiesto di trovare sulla funzione due punti distinti partendo da

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due valori delle ascisse e di ricavare i corrispettivi punti sulle ordinate. I due

valori identificati dovevano essere poi confrontati per stabilire la risposta

corretta.

L’ultimo item ha avuto 6 risposte sbagliate, tutte nella 2aA e 1 risposta non

data nella 2aB.

29 gennaio 2019

L’ultimo test somministrato era composto da 7 item tutti a scelta multipla. Il

29 gennaio è stato fatto un incontro riepilogativo nel quale è stato rivisto e

analizzato il percorso svolto da dicembre in poi e verificata l’acquisizione

delle nozioni trattate.

Figura 60 - Esercizio a scelta multipla

Tutti i bambini hanno risposto correttamente a questa domanda.

Figura 61 Esercizio a scelta multipla

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La seconda domanda prevedeva di scegliere la giusta sequenza fra le tre

proposte. Sono state date 2 risposte sbagliate, una in ogni sezione. In

entrambe i casi è stata selezionata la seconda sequenza invece che la prima.

Figura 62 - Esercizio a scelta multipla

Sono state date 40 risposte corrette su 45. I 5 errori sono stati fatti tutti

selezionando la risposta C invece della B. 3 sono stati fatti in 2aA e 2 in 2aB.

Figura 63 - Esercizio a scelta multipla

Sono stati commessi 3 errori, tutti selezionando la risposta B invece che C.

Figura 64 - Esercizio a scelta multipla

Questo item ha avuto solo 2 risposte sbagliate, una per sezione. È stata

selezionata una volta la risposta A e una volta la risposta C.

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Figura 65 - Esercizio a scelta multipla

Prevedibilmente questa è stata la domanda che ha avuto più risposte

sbagliate, 8 su 45. Dopo il ripasso comunque si è verificato un miglioramento

delle risposte, infatti alla domanda simile proposta nel vero/falso del 16

gennaio, le risposte errate erano state 12.

Figura 66 - Esercizio a scelta multipla

L’ultima domanda ha avuto 39 risposte corrette su 45. 4 errori sono stati

commessi in 2aA e 2 in 2aB. In tutti i casi è stata scelta la risposta A.

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Dopo aver corretto tutti i test, ho analizzato la distribuzione dei voti in

trentesimi nelle due sezioni.

Figura 67 - Grafico della distribuzione dei voti

Ho poi assegnato ai valori in trentesimi il corrispondente giudizio.

Figura 68 - Distribuzione dei giudizi per sezione e totali

0

1

2

3

4

5

6

7

8

20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

2°A 0 2 0 1 2 4 1 3 5 2 3

2°B 0 2 0 1 1 1 4 5 3 3 2

totali 0 4 0 2 3 5 5 8 8 5 5

Distribuzione dei voti in trentesimi per sezione e totali

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

ottimobuonodiscretosufficiente

2°A 10832

2°B 81022

totali 181854

Distribuzione dei giudizi per sezione e totali

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Dai grafici possiamo osservare che nessun bambino ha avuto un giudizio

insufficiente. Solo 4 bambini su 45 hanno ottenuto la sufficienza,

corrispondente in tutti e quattro i casi ad una valutazione di 21/30.

18 bambini su 45 hanno ottenuto un giudizio buono e altri 18 hanno avuto

ottimo. 5 bambini su 45 non hanno commesso nessun errore, ottenendo una

valutazione di 30/30. La percentuale maggiore dei voti è stata 27/30 e 28/30.

5.2.4 La valutazione del progetto didattico

Prima di iniziare il progetto didattico non ho somministrato ai bambini un

vero e proprio test per valutar le loro conoscenze specifiche sugli argomenti

trattai perché ho ritenuto che fosse poco plausibile che qualcuno di loro fosse

in grado di rispondere a delle domande sul moto del pendolo o sul

comportamento della clessidra ad acqua, dato che quegli argomenti specifici

non erano mai stati affrontati in classe e difficilmente fanno parte delle

conoscenze che si possono acquisire in contesti extrascolastici.

Pertanto ho deciso, prima di iniziare il percorso, di porre delle domande ai

bambini di carattere più generale sulla durata di periodi di tempo per capire

se possedessero o no la nozione di durata e se avessero la consapevolezza

della possibilità di ordinare e confrontare le durate temporali e della lori

indipendenza dagli strumenti di misura utilizzarti.

Il 3 dicembre 2018 ho distribuito a ogni bambino un foglio bianco e ho detto

loro che avrei letto delle frasi. Se erano d’accordo con quello che dicevo

dovevano scrivere “si”, in caso contrario “no” e se non sapevano la risposta

“_”.

Le affermazioni che ho letto ai bambini erano cinque:

1) Posso misurare la stessa durata con strumenti di misura diversi.

2) Le unità di misura sono indispensabili per interpretare le misure.

3) La ricreazione sarà sempre più breve della pausa pranzo, non importa

con quale strumento la misuro.

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4) Il pendolo misura il tempo.

5) Le durate di tempo possono essere ordinate dalla più breve alla più

lunga.

Tutte le affermazioni erano vere, quindi prevedevano una risposta sempre

affermativa.

Se i bambini non capivano le affermazioni potevano porre domande, ma non

potevano chiedere nulla inerente al contenuto delle frasi. Ho fatto la scelta di

porre le domande oralmente perché così i bambini avevano la possibilità di

fare domande se non capivano il significati del testo.

Ho deciso di inserire la possibilità che i bambini scegliessero di dare la

risposta “non lo so” per non forzarli a fare una scelta fra la risposta

affermativa o negativa. Infatti il mio scopo era quello di valutare le

conoscenze già possedute e non verificare un apprendimento.

I risultati sono stati i seguenti:

1 2 3 4 5

si no - si no - si no - si no - si no -

16 10 19 11 13 21 36 0 9 13 1 31 17 2 26

Nei test somministrati dopo gli incontri sono state riproposte le stesse

domande.

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Figura 69 - Confronto risultati pre-test e post-test

Per confrontare le domande del pre-test con le domande del post-test, ho

considerato le domande non date “_” come errate, poiché in questo caso la

risposta non data equivale alla non conoscenza della risposta.

È facilmente osservabile il netto miglioramento che si è verificato in tutti gli

item. Nelle domande 3, 4 e 5 non si sono registrati errori nel post test,

mentre nella domanda 1 e 2 si sono verificati solo 2 errori.

Questo dimostra che dopo gli incontri e le sperimentazioni fatte con i vari

strumenti di misura, i bambini hanno acquisito la nozione di durata, la

possibilità di seriare le durate, la consapevolezza dell’invarianza delle durate

in relazione agli strumenti di misura utilizzati e l’importanza dell’uso delle

unità di misura per condividere efficacemente un dato numerico.

05

1015202530354045

pre-test

post-test

pre-test

post-test

pre-test

post-test

pre-test

post-test

pre-test

post-test

1 2 3 4 5

corretto 16 43 11 43 36 45 13 45 17 45

errato 29 2 34 2 9 0 32 0 28 0

Confronto pre-test e post-test

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5.3 La sintesi dei due progetti

Dopo la progettazione, la realizzazione e la valutazione dei due percorsi, è

importante soffermarsi sui risultati ottenuti, per riflettere sugli obiettivi

raggiunti e sui possibili miglioramenti.

Entrambi i progetti sono stati pensati avendo per dei bambini piccoli, non

ancora abituati a lavorare autonomamente rispetto a argomenti di una certa

complessità.

In simili contesti è stata fondamentale la presenza di una figura adulta in

grado di guidare le esperienze e portare i bambini a compiere riflessioni

personali, pertinenti e costruttive.

I bambini della scuola dell’infanzia hanno mostrato un interesse crescente

verso le attività proposte incontro dopo incontro. Nel hanno partecipano in

misura minore, interagendo fra di loro e con me non sempre adeguatamente.

Negli incontri successivi la curiosità e l’interesse verso il lavoro proposto sono

aumentati sensibilmente e questo ha avuto come conseguenza un

incremento della partecipazione e delle interazioni costruttive e pertinenti.

Con il progredire degli incontri ho potuto verificare un miglioramento del

linguaggio attinente agli argomenti trattati e l’acquisizione di termini specifici

che prima non erano parte del vocabolario dei bambini. La maggior parte di

loro è stata in grado di esporre con chiarezza i lavori svolti e di rispondere in

modo adeguato alle domande che venivano poste loro.

Ogni incontro è stato strutturato in modo da prevedere un momento iniziale

di introduzione al nuovo argomento, un’attività pratica e una fase conclusiva

durante la quale venivano condivise e elaborate le esperienze fatte. La fase

centrale del lavoro è stata strutturata in modo da renderla attiva e

cooperativa; in molte delle attività è stato richiesto ai bambini di lavorare in

gruppo. Questa modalità di lavoro si è rivelata efficace ed è stata molto

gradita dai bambini che sono riusciti a cooperare per raggiungere l’obiettivo

comune, aiutandosi e coinvolgendo anche i compagni più restii a partecipare

alle attività.

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Ho potuto constatare come sia aumentata anche la partecipazione dei

bambini nella fase finale di riflessione; dopo che avevano svolto le attività

pratiche tutti manifestavano la voglia di raccontare quello che avevano

osservato e capito e questo in alcune occasioni è stata la causa di interventi

fatti non rispettando il turno.

Il livello di attenzione è sempre stato alto e i bambini sono stati in grado di

portare a termine lavori impegnativi come quelli che hanno previsto l’utilizzo

delle clessidre per misurare le durate delle attività di un’intera giornata

scolastica.

Il progetto didattico che ho sviluppato per la scuola primaria si è basato per la

maggior parte su attività laboratoriali.

Gli esperimenti sono stati realizzati dai bambini divisi in gruppi e questo ha

comportato che dovessero raggiungere una buona collaborazione e

cooperazione per riuscire a portare a termine i lavori. Anche se i bambini

sono abituati a stare seduti con i banchi disposti a isole, non sono abituati a

lavorare in gruppo, a organizzarsi, a dividersi i ruoli. Nonostante questo

hanno dimostrato un’ottima capacità organizzativa, riuscendo a soddisfare

tutte le richieste che venivano fatte loro in modo più che adeguato.

La didattica laboratoriale, basata sull’osservazione, sulla formulazione di

ipotesi, sulla scoperta, ha suscitato in tutti la curiosità e, anche durante i

momenti dedicati ad attività meno stimolanti, come ad esempio riportare i

dati ottenuti dalle misurazioni fatte con il pendolo su tabelle al computer, i

bambini sono rimasti concentrati perché volevano scoprire il risultato finale

del lavoro.

Un’altra costatazione sul lavoro svolto è inerente alla modalità di

presentazione del materiale da utilizzare. Prima di iniziare la fase

sperimentale vera e propria ho illustrato ai bambini il funzionamento degli

strumenti che avrebbero dovuto utilizzare, ma senza soffermarmi troppo in

lunghe spiegazioni.

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I bambini hanno imparato ad utilizzare strumenti di lavoro di una certa

complessità, come tabelle e grafici, senza nessuna difficoltà, pur non avendoli

mai utilizzati fino a quel momento. Credo che questo sia dovuto al fatto che

quegli strumenti avevano un impiego pratico e contingente ed erano utili per

raggiungere lo scopo; questo ha fatto sì che venissero accettati e capiti senza

grossi sforzi, come invece accade quando si richiede un apprendimento

prettamente teorico senza un legame con esperienze pratiche.

Credo quindi che le due esperienze siano risultate positive, ottenendo dei

buoni risultati nella trasmissione dei contenuti previsti grazie alla scelta delle

metodologie adeguate che sono state in grado di suscitare interesse nei

bambini.

I due progetti sono stati realizzati utilizzando materiali di facile reperibilità;

solo la costruzione dei pendoli ha comportato un impegno maggiore, ma

sarebbe stato possibile costruirli anche utilizzando solo un filo e un peso. La

semplicità di realizzazione permette di poter riproporre le attività anche in

altri contesti, calibrandole per le esigenze peculiari dei nuovi gruppi.

La criticità che ho potuto riscontrare è quella legata ai tempi che ho avuto a

disposizione per i due lavori, che non mi hanno dato la possibilità di osservare

le ripercussioni a lungo termine sulle consapevolezze acquisite dai bambini e

non mi hanno permesso di consolidare gli apprendimenti.

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Conclusioni

Ripercorrendo il cammino intrapreso per giungere ad un’analisi finale dei

risultati ottenuti, è possibile evidenziare alcuni elementi che hanno

caratterizzato il progetto e lo hanno reso efficace nel raggiungere le finalità

prefissate.

Gli argomenti proposti sono stati recepiti ed elaborati correttamente dai

bambini e si sono dimostrati adeguati al livello cognitivo dei due gruppi di

allievi.

L’utilizzo della didattica laboratoriale si è rivelato ottimale per veicolare i

concetti in modo naturale ed efficacie e l’osservazione scientifica dei

fenomeni ha reso tangibile un concetto complesso e astratto come quello di

durata che spesso i bambini interpretano in modo soggettivo.

Le metodologie didattiche proposte hanno contribuito non solo

all’apprendimento dei contenuti, ma anche allo sviluppo emotivo e

relazionale dei bambini. La didattica attiva, basata sulle sperimentazioni,

dove l’errore non è considerato un fallimento, ma solo una tappa necessaria

nel raggiungimento dei risultati, ha avuto come conseguenza un aumento

dell’autostima nei bambini, anche in tempi brevi come quelli in cui è stato

realizzato il progetto, incrementando la partecipazione, il dialogo e lo

scambio di opinioni.

Il lavoro di gruppo ha aiutato lo sviluppo delle capacità relazionali e

organizzative; i bambini hanno iniziato a prestare attenzione al punto di vista

dei compagni e ad accettare l’aiuto dei pari che veniva loro offerto nei

momenti di difficoltà.

L’utilizzo dell’esperimento per giungere ad un risultato concreto e condiviso,

ha stimolato anche il pensiero divergente, dando ai bambini la possibilità di

percorrere più strade per raggiungere l’obiettivo stabilito; i bambini della

scuola dell’infanzia si sono rivelati particolarmente abili a trovare soluzioni

alternative, a condividerle nel gruppo e a concretizzare correttamente le

richieste.

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Alla conclusione del percorso tutti i bambini hanno dimostrato un

miglioramento nell’orientamento temporale e nella capacità di stabilire una

successione fra gli eventi.

I bambini della scuola primaria hanno acquisito una maggiore autonomia

nella gestione dei tempi, dovuta al miglioramento della capacità di stima

delle durate anche grazie alla comprensione dell’utilizzo degli strumenti di

misurazione.

Per concludere, ritengo che il bilancio dei due percorsi sia stato positivo, sia

nella trasmissione dei contenuti disciplinari sia nel promuovere competenze

ed abilità trasversali, producendo un piccolo passo in avanti verso il

raggiungimento dell’autonomia personale di ogni bambino.

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Allegati

Allegato 1 – Griglia osservazione scuola dell’infanzia

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Allegato 2 – Test finale scuola primaria

Test 13 dicembre 2018

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Test 16 gennaio 2019

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Test 25 gennaio 2019

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Test 29 gennaio 2019

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