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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA Facoltà di Agraria CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE ALIMENTARI TESI SPERIMENTALE Sviluppo di un metodo cromatografico per la determinazione del lattulosio nel latte trattato termicamente mediante HPAEC-PAD RELATORE: Prof. Tommaso R. I. CATALDI CORRELATORE: Prof. Sabino A. BUFO LAUREANDO: Massimiliano ANGELOTTI ANNO ACCADEMICO 1997-1998

Facoltà di Agraria - Tiscali Webspaceweb.tiscali.it/max_angelotti_home/tesi.pdf · normale colorazione del latte dovuta a reazioni di imbrunimento non enzimatico (reazione di Maillard)

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA BASILICATA

Facoltà di Agraria

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNOLOGIE ALIMENTARI

TESI SPERIMENTALE

Sviluppo di un metodo cromatografico per la determinazione del

lattulosio nel latte trattato termicamente mediante HPAEC-PAD

RELATORE:

Prof. Tommaso R. I. CATALDI

CORRELATORE:

Prof. Sabino A. BUFO

LAUREANDO:

Massimiliano ANGELOTTI

ANNO ACCADEMICO 1997-1998

INDICE

I

INDICE

1. INTRODUZIONE

1.1. Produzione e trattamento del latte di qualità pag. 1

1.2. Effetti del calore sulla composizione del latte pag. 3

1.3. Il lattulosio pag. 5

1.4. Esame dei metodi classici per la determinazione del lattulosio pag. 7

1.5. Scopo della tesi: sviluppo di un nuovo metodo cromatografico

per la determinazione del lattulosio pag. 15

2. MATERIALI E METODI

2.1. Reagenti pag. 18

2.2. Preparazione del campione pag. 20

2.3. Strumentazione pag. 22

3. TECNICHE SPERIMENTALI

3.1. Cromatografia pag. 24

3.2. Parametri cromatografici pag. 25

3.3. Cromatografia liquida ad alte prestazioni pag. 28

3.4. Rivelazione amperometrica pulsata pag. 32

INDICE

II

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

4.1. Fase mobile: concentrazione dell’NaOH pag. 35

4.2. Stabilità dei tempi di ritenzione: effetto del carbonato pag. 41

4.3. Strategie per migliorare la riproducibilità dei tempi di ritenzione pag. 43

4.4. Effetto dei cationi sulla rivelazione amperometrica pulsata pag. 50

4.5. Analisi di un campione reale: trattamento del campione di latte pag. 52

4.6. Analisi di un campione reale: problemi legati alle concentrazioni

relative di lattosio e lattulosio presente nei campioni di latte pag. 56

4.7. Strategie di miglioramento dei parametri cromatografici pag. 59

4.8. Analisi quantitativa pag. 74

4.9. Campioni reali pag. 78

4.10. Conclusioni pag. 90

Bibliografia pag. 92

1-INTRODUZIONE

1

1. INTRODUZIONE

1.1. PRODUZIONE E TRATTAMENTO DEL LATTE DI QUALITÀ

Negli ultimi anni vi è stata una notevole diffusione di prodotti alimentari di

“alta qualità”, i quali sono sottoposti a trattamenti industriali tali da preservarne le

caratteristiche nutrizionali ed organolettiche proprie del prodotto “fresco”. Il settore

del latte alimentare è regolato da una serie di normative che sottolineano

l’importanza della qualità del latte ed il suo valore nutritivo in ciascuna delle

differenti tipologie messe in commercio. Il DPR 54/97, che recepisce la normativa

CEE 92/46, stabilisce quali devono essere le norme di produzione e qualità del

prodotto, senza peraltro definire quali devono essere i parametri da utilizzare come

indici di qualità.

Il trattamento di risanamento del latte che viene usualmente applicato è quello

termico, il quale assicura la sanitizzazione del prodotto e permette la sua conservazione

per un periodo più o meno lungo. Il latte è il prodotto secreto dalla ghiandola

mammaria delle femmine dei mammiferi. Con la denominazione latte si intende

generalmente quello di vacca, altrimenti deve esserne indicata la specie animale di

provenienza. Dal punto di vista chimico-fisico è un’emulsione di grasso in acqua

contenente zuccheri, sali minerali e proteine. Una tale composizione rende il latte un

alimento completo ad alto valore nutrizionale. È tuttavia altamente deperibile e quindi

deve subire opportuni trattamenti di conservazione. È commercializzato come latte

intero (grasso non inferiore al 3,2%), parzialmente scremato (grasso 1,5 ÷ 2,8%) e

1-INTRODUZIONE

2

scremato (grasso inferiore allo 0,3%). La frazione glucidica è rappresentata in forma

preponderante dal lattosio (circa 4,8% p/v). Si è diffuso inoltre un tipo di latte,

destinato all’alimentazione di soggetti intolleranti al lattosio, ricco in galattosio e

glucosio formatisi per idrolisi enzimatica del disaccaride. Le proteine (3,5%) sono tra

quelle con più alto valore biologico. Infine il latte contiene le vitamine A, D, E e K a

concentrazione molto diversa [1].

Le tecniche di conservazione differiscono in relazione al tipo di latte

commercializzato. La pastorizzazione è applicata al latte fresco e distrugge la

maggior parte dei microrganismi presenti. La tecnica attualmente utilizzata è il

riscaldamento del latte per 15 ÷ 40 secondi a 72 ÷ 75 °C e successivo raffreddamento

a 2 ÷ 4 °C; il prodotto che si ottiene, latte fresco pastorizzato, può essere conservato

(shelf-life) per 3 ÷ 4 giorni se mantenuto a 2 ÷ 4 °C.

Con la sterilizzazione si ottiene un prodotto stabile per un tempo più lungo

definito latte UHT. In questo caso il latte è trattato a temperature di 140 ÷ 150 °C per

pochi secondi, subito raffreddato e confezionato asetticamente (shelf-life 90 giorni a

temperatura ambiente). Il latte sterilizzato è prima confezionato, generalmente in

bottiglie di vetro, e poi sottoposto a trattamento in autoclave a 120 °C per circa 30

minuti (shelf-life 180 giorni a temperatura ambiente). Altri tipi di latte a lunga

conservazione sono: il latte condensato, concentrato per evaporazione sotto vuoto del

50% dell’acqua contenuta, previa aggiunta di sciroppo di zucchero, ed il latte in

polvere in cui l’acqua è stata allontanata quasi del tutto.

1-INTRODUZIONE

3

1.2. EFFETTI DEL CALORE SULLA COMPOSIZIONE DEL LATTE [1]

I primi tentativi a carattere scientifico sull’uso del calore per la conservazione

alimentare furono effettuati dal francese Appert [2], il quale dimostrò che taluni

alimenti posti in contenitori a chiusura ermetica e trattati termicamente si potevano

conservare per lungo tempo senza eccessive modificazioni delle proprietà igieniche,

organolettiche e nutritive.

Gli effetti del trattamento termico riguardano le proprietà chimico-fisiche e

organolettiche del latte. Il calore determina alterazioni di tali caratteristiche in

maniera proporzionale alla temperatura e al tempo di esposizione. Le modificazioni

variano in funzione del sistema di riscaldamento e delle modalità dell’intero ciclo di

trattamento [3].

1.2.1. PROPRIETÀ ORGANOLETTICHE

L’azione del calore sul latte ha inizio a 40-50 °C, facilitando l’eliminazione dei

gas disciolti e formazione di una pellicola. Il sapore di cotto, caratteristico del latte

termizzato, dipende dalla temperatura; con un trattamento fino a 60 °C il sapore di

cotto comincia a presentarsi, a 70 °C si rende più manifesto e con temperature di 80 °C

si forma quasi istantaneamente. Parallelamente a questo fenomeno si manifesta

l’odore di cotto dovuto a sostanze volatili come idrogeno solforato, ammoniaca,

composti fosforati e mercaptani, che si liberano per termolisi delle molecole

proteiche. L’adozione di tecniche quali la refrigerazione e l’areazione, permette

l’allontanamento di tali sostanze dal latte.

1-INTRODUZIONE

4

A temperature elevate, superiori ai 100 °C, si ottiene un’alterazione della

normale colorazione del latte dovuta a reazioni di imbrunimento non enzimatico

(reazione di Maillard) che coinvolgono gli zuccheri e le proteine del latte.

1.2.2. PROPRIETÀ CHIMICO - NUTRIZIONALI

L’effetto del trattamento termico sulle sostanze proteiche è costituito da una

parziale idrolisi, con relativo aumento di amminoacidi liberi. In particolare aumenta

la digeribilità della caseina, poiché la coagulazione avviene sotto forma di particelle

molto piccole. Le proteine del siero iniziano ad alterarsi a circa 65 °C, essendo più

sensibili all’azione del calore rispetto alle caseine.

La sostanza grassa, durante i normali trattamenti termici, non risente di

particolari modificazioni chimiche. La quantità di calcio solubile si riduce per effetto

del calore poiché viene influenzato lo stato di dispersione colloidale del fosfato di

calcio. Le vitamine contenute nel latte sono relativamente resistenti ai trattamenti

termici usuali, vengono ridotte in parte la vitamina C, le vitamine B1 e B2. Il lattosio

si ossida e caramellizza intorno ai 130 °C, subendo la reazione di Maillard.

1-INTRODUZIONE

5

1.3. IL LATTULOSIO

La possibilità di possedere degli indici di riferimento affidabili per determinare

l’entità del trattamento termico, è un obbiettivo molto ambito. Diversi sono stati i

tentativi negli ultimi vent’anni; sono stati proposti almeno tre diversi indicatori basati

sulla determinazione della BSA (una sieroproteina del latte), della furosina e del

lattulosio [4].

Il lattulosio è un disaccaride costituito da galattosio e fruttosio. Esso è totalmente

assente nel latte crudo, in quanto si forma dall’epimerizzazione del lattosio durante il

trattamento termico del latte alimentare [5]. Secondo la nomenclatura IUPAC, il

lattulosio è un 4-O-β-D-galattopiranosil-D-fruttosio (Figura1.1).

HO

HO

HO

OH

O

OHO

HOOH

OH

O

Fig. 1.1: Lattulosio (4-O-β-D-galattopiranosil-D-fruttosio).

1-INTRODUZIONE

6

Il lattulosio, oltre ad essere un indicatore chimico per il trattamento termico

del latte, è utilizzato in medicina per la cura dell’encefalopatia portale sistemica e la

costipazione cronica [6]. È inoltre citato come sostanza bifidogena, in grado cioè di

facilitare il ripristino della microflora intestinale; per questo motivo in Giappone è

utilizzato come ingrediente per la preparazione di alimenti destinati ai bambini [7].

Nella Tabella 1.1 si mostra la classificazione dei vari tipi di latte in funzione

della quantità di lattulosio presente [4, 8].

Tabella 1.1: Contenuto di lattulosio nelle varie categorie di lattea.

TIPO DI LATTE mg / 100 ml mmoli / l µM Crudo assente assente assente

Pastorizzato 0 ÷ 5 0 ÷ 0,15 0 ÷ 150

U.H.T 6 ÷ 60 0,16 ÷ 1,8 160 ÷ 1800

Sterilizzato >60 >1,8 >1800 a Limiti proposti dall’International Dairy Federation (1991).

A partire dal primo isolamento del lattulosio nel 1930, è stato fatto un notevole

sforzo per la messa a punto di metodiche atte all’analisi di questo disaccaride.

Normalmente il lattulosio è determinato in campioni contenenti lattosio, galattosio,

glucosio ed epilattosio e le tecniche utilizzate sono di tipo cromatografico o

enzimatico. La metodica analitica deve essere selettiva (vista la presenza di altri

zuccheri nei campioni) e deve garantire un’elevata accuratezza nella misura anche di

piccole quantità di lattulosio.

1-INTRODUZIONE

7

1.4. ESAME DEI METODI CLASSICI PER LA DETERMINAZIONE DEL

LATTULOSIO

Tra i metodi utilizzati per la determinazione del lattulosio sono riportate

alcune tecniche per l’analisi in flusso mediante l’utilizzazione di enzimi

immobilizzati su elettrodi modificati [5, 9], ma le tecniche classiche sono di tipo

cromatografico ed enzimatico.

1.4.1. METODI CROMATOGRAFICI

L’importanza dei carboidrati è legata alla loro presenza sia negli organismi

animali sia vegetali. Possono essere costituiti da una singola unità a cinque o sei

atomi di carbonio, o da più unità monosaccaridiche, unite tra loro da un legame

glicosidico. In natura sono inoltre presenti forme ridotte di carboidrati (alditoli) e

derivati quali zuccheri acidi carbossilati, zuccheri acidi fosfatati, ecc., che rendono

complicata la loro separazione in quanto differiscono tra loro per minime diversità

strutturali. Data la loro varietà, dunque, è impossibile pensare ad un solo principio

separativo cromatografico e quindi ad una sola fase stazionaria per ottenere buone

separazioni in grado di identificare tutti i carboidrati presenti in matrici alimentari

complesse. Le prime tecniche cromatografiche utilizzate per la determinazione del

lattulosio sono state la cromatografia su carta e la cromatografia su strato sottile [7].

Con il diffondersi della gascromatografia e della cromatografia liquida le precedenti

tecniche sono passate in secondo piano.

1-INTRODUZIONE

8

a) GAS CROMATOGRAFIA

L’impiego della gascromatografia per la determinazione del lattulosio è

subordinato alla sua derivatizzazione, necessaria per trasformarlo in un prodotto

volatile. I carboidrati vengono generalmente trasformati nei corrispondenti

trimetilsilil-derivati.

La separazione dei disaccaridi è ottenuta di solito in condizioni isotermiche.

In campioni contenenti monosaccaridi e polioli la separazione si può ottenere tramite

una programmazione di temperatura attraverso la quale i disaccaridi sono eluiti alla

fine dello step isotermico. Il lattulosio è usualmente eluito in un range di temperatura

di 220-260°C secondo le condizioni di analisi. Le colonne possono essere in metallo

o vetro. Il lattulosio è risolto rispetto agli altri picchi sia utilizzando colonne

impaccate che capillari. La derivatizzazione con trimetilsilano determina però la presenza

di un secondo picco, dovuto ad una incompleta sililazione dei composti e conseguente

adsorbimento sulla colonna. In alcuni casi, si ottengono addirittura tre picchi, relativi a 4-

O-β-D-galattopiranosil-α-D-fruttofuranosio, 4-O-β-D-galattopiranosil-β-D-fruttofuranosio

e 4-O-β-D-galattopiranosil-α-D-fruttopiranosio [12].

Per risolvere questo problema, si è provato a convertire gli zuccheri in ossime

prima di formare i trimetilsilileteri, ma senza buoni risultati [10]. Un ulteriore

inconveniente della gas cromatografia è costituito dalla necessità di un preventivo

step di purificazione del campione.

1-INTRODUZIONE

9

B) CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTE PRESTAZIONI

Negli ultimi anni si è andata affermando la cromatografia liquida ad alte

prestazioni per la determinazione del lattulosio. Le tecniche usualmente utilizzate

sono la cromatografia a scambio cationico, la cromatografia a fase inversa e quella

ad interazione idrofilica [12, 11].

Le separazioni di carboidrati mediante cromatografia a scambio cationico

sono ottenute in parte funzionalizzando gel di silice ma nella maggioranza dei casi si

utilizzano fasi stazionarie di tipo polimerico. Impiegando uno scambiatore cationico

in forma protonata o saturato con uno ione metallico i meccanismi di ritenzione che

si instaurano possono essere lo scambio ionico, l’esclusione ionica e l’esclusione

sterica, lo scambio di legante e le interazioni con il supporto cromatografico.

Recentemente è stato proposto dall’International Dairy Federation [12] un metodo

standard per la determinazione del lattulosio utilizzando una colonna a scambio

cationico costituita da un polimero di polistirene-divinilbenzene funzionalizzato con

gruppi solfonici saturati con piombo.

Da notare che la separazione deve avvenire a temperature superiori a quella

ambiente, per evitare che i carboidrati risolti eluiscano sotto forma di due picchi

corrispondenti agli anomeri α e β. L’incremento della temperatura della colonna

provoca un aumento della cinetica di interconversione delle due forme anomeriche,

con conseguente coeluizione dei due anomeri per ogni carboidrato risolto.

Nella cromatografia a fase inversa, la fase stazionaria è ottenuta modificando un

supporto di gel di silice, in genere legando covalentemente gruppi silanici

1-INTRODUZIONE

10

funzionalizzati con lunghe catene idrocarburiche. In questo caso possono essere eluiti

carboidrati non derivatizzati utilizzando solo acqua come fase mobile. I problemi che

si riscontrano con questo tipo di colonne sono soprattutto la scarsa ritenzione dei

monosaccaridi che finiscono per coeluire mentre gli oligosaccaridi danno origine a

due picchi corrispondenti alle due forme anomeriche α e β. Per evitare il fenomeno

si possono trasformare gli zuccheri nei corrispondenti alditoli trattandoli con

boroidrite oppure anche in questo caso può essere necessario aumentare la

temperatura della colonna. Analoghi risultati si ottengono aggiungendo trietilammina

(TEA) alla fase mobile ma si verifica l’inconveniente che il gel di silice ai pH

alcalini determinati dall’aggiunta di TEA non è molto stabile.

La cromatografia ad interazione idrofilica è l’altra tecnica applicata alla

separazione di monosaccaridi in generale. Colonne di questo tipo per l’analisi dei

carboidrati sono ottenute funzionalizzando chimicamente silice microparticellare,

diametro di 5 ÷10 µm, con gruppi amminopropile. Questo tipo di colonne sono

ampiamente utilizzate anche se col tempo la loro stabilità può essere compromessa

dalla formazione di glicosilammine prodottesi dall’interazione di zuccheri riducenti

con i gruppi amminici chimicamente legati alla fase stazionaria. Questo

inconveniente può essere superato funzionalizzando la silice con gruppi polari quali

ciano, diolo o ammidici. Come fase mobile si impiegano di solito miscele di acqua e

acetonitrile in varie percentuali a seconda che si vogliano separare mono-, di- o

polisaccaridi.

1-INTRODUZIONE

11

Per tutti i metodi HPLC sopra descritti il rivelatore utilizzato è quello ad

indice di rifrazione. La rivelazione ad indice di rifrazione è indicata per tutte quelle

sostanze prive di gruppi cromofori o fluorofori ed è stata a lungo la tecnica più

utilizzata per la determinazione dei carboidrati. I limiti di questa tecnica sono

soprattutto la scarsa selettività e sensibilità, la dipendenza dalla temperatura di

esercizio e l’incompatibilità con l’analisi in gradiente. Con i moderni rivelatori si

possono raggiungere limiti di rivelabilità dell’ordine di 25 ng. Un altro rivelatore

utilizzabile è il rivelatore evaporativo a diffusione luminosa (ELSD). Questo fu

messo a punto dal centro di ricerca della Union Carbide in Australia nel 1966. Il

principio di funzionamento è basato sulla registrazione della variazione di un segnale

luminoso prodotto da un laser. Tale variazione è provocata dal passaggio della fase

mobile preventivamente trasformata in aerosol in un apposito tubo di nebulizzazione

con l’ausilio di un gas inerte, dove vengono allontanati i solventi volatili. Con questo

tipo di rivelatore si superano i limiti dell’utilizzazione del rivelatore ad indice di

rifrazione nelle separazioni in gradiente. Può essere applicato ad ogni molecola non

contenente gruppi cromofori o fluorofori che non sia particolarmente volatile, ovvero

che sia meno volatile degli eluenti impiegati per la separazione cromatografica. I

limiti di questa tecnica sono legati alla scelta dei solventi impiegati per la fase mobile

che devono avere un alto grado di purezza, soprattutto per quanto riguarda il residuo

dopo lo step evaporativo. Anche il gas utilizzato per la nebulizzazione deve avere un

alto grado di purezza. Sono naturalmente precluse tutte le separazioni che impiegano

l’aggiunta di sali alla fase mobile.

1-INTRODUZIONE

12

1.4.2. METODI ENZIMATICI

La determinazione per via enzimatica del lattulosio è stata proposta

dall’International Dairy Federation come metodica ufficiale cui fare riferimento [13].

Il principio su cui è basata la determinazione enzimatica prevede

l’allontanamento di grassi e proteine mediante l’aggiunta di zinco solfato e potassio

esacianoferrato (II) in soluzione e successiva filtrazione.

Il lattosio ed il lattulosio sono idrolizzati rispettivamente a galattosio e

glucosio e galattosio e fruttosio in presenza dell’enzima β-galattosidasi (β-gal). La

quantità di fruttosio liberato è in quantità stechiometrica rispetto al lattulosio.

Dato che il lattosio presente nel latte è molto più concentrato del lattulosio, il

glucosio liberatosi dall’idrolisi può interferire con la determinazione del fruttosio. Per

evitare ciò si ossida il glucosio ad acido gluconico tramite la glucosio ossidasi (GOD) in

presenza di ossigeno.

Glucosio + H2O + O2GOD

Acido Gluconico + H2O2

Lattosio +H2Oβ-gal

Galattosio + Glucosio

Lattulosio + H2Oβ-gal

Galattosio + Fruttosio

1-INTRODUZIONE

13

In questo modo è possibile determinare piccole quantità di lattulosio in

presenza di eccessi di lattosio. Il perossido di idrogeno formato nell’ultima reazione

viene trasformato in acqua e ossigeno dalla catalasi.

La rimanente quantità di glucosio non ossidato e il fruttosio originatosi

dall’idrolisi del lattulosio vengono fosforilati tramite l’adenosina trifosfato (ATP) in

presenza dell’enzima esochinasi (HK) rispettivamente a glucosio-6-fosfato e

fruttosio-6-fosfato.

Il glucosio-6-P è ossidato tramite la nicotinammide-adenin-dinucleotide-

fosfato in forma ossidata (NADP+) in presenza della glucosio-6-fosfato-deidrogenasi

(G6PDH), a 6-fosfogluconato con produzione di nicotinammide-adenin-dinucleotide-

fosfato in forma ridotta (NADPH). A reazione completata si misura l’assorbanza a

340 nm.

Glucosio-6-P + NADP+

G6PDH6-P-Gluconato + NADPH + H+

2 H2O2 2 H2O + O2

Catalasi

Glucosio + ATP HK Glucosio-6-P + ADP

Fruttosio + ATP Fruttosio-6-P + ADP

1-INTRODUZIONE

14

Il fruttosio-6-P è invece isomerizzato a glucosio-6-P, in presenza dell’enzima

fosfo-glucosio-isomerasi (PGI).

L’incremento di NADPH è misurato tramite la variazione di assorbanza

registrata sempre a 340 nm e dovrebbe essere proporzionale alla quantità di lattulosio

presente. Per compensare l’errore dovuto alla presenza di fruttosio nel campione si

effettua una lettura differenziale su un campione di latte al quale non è stata aggiunta

la β-galattosidasi.

I limiti di questa tecnica sono diversi, legati alla natura dei reagenti utilizzati

e alla complessità delle operazioni da effettuare. L’unico kit enzimatico per la

determinazione del lattulosio reperibile sul mercato è fornito dalla Boehringer

Mannheim [14]. Questo è peraltro dedicato alla determinazione del lattosio e può

essere utilizzato per il lattulosio prolungando il tempo di idrolisi con la β-galattosidasi

e ossidando il glucosio in eccesso con la glucosio ossidasi [15]. Le precedenti

operazioni sono però affidate alla discrezione dell’utilizzatore inquanto non è

descritta una procedura standard, il che comporta necessariamente una diversa

interpretazione ed utilizzazione del kit in diversi laboratori. In fine, ma non per

questo di scarsa importanza, è da considerare il costo dei reagenti che con una spesa

poco inferiore al milione di lire permette, salvo inconvenienti, di analizzare una

ventina di campioni.

Fruttosio-6-PPGI

Glucosio-6-P

1-INTRODUZIONE

15

1.5. SCOPO DELLA TESI: SVILUPPO DI UN NUOVO METODO

CROMATOGRAFICO PER LA DETERMINAZIONE DEL LATTULOSIO

Le moderne tecnologie di risanamento e confezionamento del latte

permettono di ottenere un prodotto che preserva al meglio le caratteristiche chimico-

nutrizionali tipiche del prodotto fresco. I consumatori sono sempre più orientati dai

mass-media all’acquisto di prodotti di alta qualità e questo permette alle aziende di

avere un più alto margine di guadagno. In questo senso, è importante avere a

disposizione dei metodi analitici semplici, sensibili e affidabili, in modo da verificare

se questi prodotti rispecchiano effettivamente le caratteristiche richieste dalle norme

in vigore, incluse quelle comunitarie. Come già anticipato, in questo lavoro di tesi si

è tentato di mettere a punto una nuova metodica cromatografica di determinazione

del lattulosio presente nel latte trattato termicamente.

I carboidrati sono acidi debolissimi (pKa ≅ 12-14) e questa caratteristica

permette la loro separazione mediante colonne a scambio anionico. La cromatografia

a scambio anionico con rivelazione amperometrica pulsata (HPAEC-PAD) è una

delle tecniche più affermate per la determinazione di carboidrati presenti in

concentrazioni micromolari in matrici alimentari complesse [16, 17, 18, 19]. In

particolare, molta attenzione è stata dedicata alla rivelazione di carboidrati mediante

elettrodi d’oro. Il responso anodico su questo metallo infatti è elettrocatalitico, il che

permette un alto grado di sensibilità e selettività. Il problema maggiore incontrato

nella separazione di molecole di carboidrati epimeri, come glucosio e galattosio, è la

loro coeluizione a causa della stretta somiglianza strutturale. Considerato il loro

1-INTRODUZIONE

16

minimo grado di dissociazione, la selettività della separazione può essere migliorata

solo utilizzando eluenti alcalini con pH vicini ai pK degli zuccheri. Sfortunatamente

quando la concentrazione di fase mobile alcalina raggiunge i valori di 10-20 mM di

NaOH, si rende necessario rigenerare la colonna tra un’iniezione e l’altra con NaOH

concentrata per rimuovere lo ione carbonato dai siti di scambio anionico. Questo

anione divalente, presente come impurità negli eluenti alcalini, è attratto

elettrostaticamente dai siti della colonna, carichi positivamente, provocando una

progressiva diminuzione della selettività e della risoluzione. Tutto ciò pregiudica la

riproducibilità delle analisi quantitative basate sulla misura dell’intensità del picco

cromatografico.

Lo scopo di questo lavoro di tesi è consistito nella messa a punto di un nuovo

metodo per la determinazione dei carboidrati presenti nel latte mediante

l’ottimizzazione della composizione dell’eluente alcalino e dei parametri della forma

d’onda applicata all’elettrodo d’oro. L’efficienza e la riproducibilità dei risultati

cromatografici sono state notevolmente migliorate dall’aggiunta alla fase mobile di

un sale di bario. L’utilizzazione di una colonna pellicolare a scambio anionico ha

permesso di ottenere una rapida ed effettiva separazione del lattulosio e di tutti gli

altri zuccheri comunemente presenti nel latte. Sono stati ottenuti ottimi risultati per

quanto riguarda la linearità, la sensibilità, la riproducibilità ed i limiti di rivelabilità

della risposta del rivelatore. Inoltre è stata osservata la presenza, nel latte UHT e

soprattutto nello sterilizzato, oltre al lattulosio, di un altro isomero del lattosio,

1-INTRODUZIONE

17

l’epilattosio (4-O-β-D-galattopiranosil-D-mannosio). L’applicabilità del metodo è

stata verificata analizzando una serie di campioni di latte UHT e sterilizzato.

Riassumendo il metodo proposto è caratterizzato da:

! capacità di determinare in una sola analisi tutti i carboidrati minori del latte;

! semplicità della tecnica che si rivolge anche a tecnici non specializzati;

! velocità nella preparazione del campione e dell’analisi;

! basso limite di rivelabilità del lattulosio;

! costi relativamente contenuti per le determinazioni routinarie.

2-MATERIALI E METODI

18

2. MATERIALI E METODI

2.1. REAGENTI

Gli eluenti per le prove in cromatografia sono stati preparati per diluizione di

una soluzione di NaOH al 50% w/w (Aldrich). Tale soluzione garantisce un

contenuto di carbonati molto ridotto rispetto alla soda in pasticche, sulla cui

superficie è sempre depositato uno strato di carbonato di sodio [20]. L’esatta

concentrazione di OH- è stata determinata per titolazione impiegando come titolante

una soluzione standard di HCl 0,1 N Normex (Carlo Erba), usando la fenolftaleina

come indicatore nella reazione di neutralizzazione. Tutte le soluzioni degli eluenti,

degli standard e dei campioni reali sono state preparate utilizzando acqua ultrapura

(purificatori Milli RO 5 e Milli Q, Millipore, S.p.a.) filtrata con filtri da 0,45 µm in

esteri misti di cellulosa (Gelman Science). Per la preparazione della fase mobile

l’acqua ultrapura filtrata è stata degasata per circa 30÷40 min con elio. In alcuni casi gli

eluenti alcalini sono stati modificati per aggiunta di Sr(OAc)2 (99,995%), Ca(OAc)2 (99%),

Ba(OH)2×Η2Ο (98%) Zn(OAc)2 (99,99%) (Aldrich), Ba(OAc)2 (99%) (Sigma) in

concentrazione 1 o 2 mM il giorno precedente all’impiego per permettere la precipitazione

dei corrispondenti carbonati insolubili. Gli eluenti così preparati sono stati costantemente

mantenuti in atmosfera di elio mediante il sistema EO1 della Dionex.

I composti standard di galattosio (99%), glucosio (99,5%), N-acetilgalattosammina

(98%), N-Acetilglucosammina (99%), galattosammina (99%), glucosammina (99%),

2-MATERIALI E METODI

19

fruttosio (99%) ed epilattosio (4-O-β-galattopiranosil-D-mannopiranosio) (95%)

sono stati acquistati dalla Sigma; il lattosio (97%) dalla Aldrich e il lattulosio (≥98%)

dalla Fluka.

Le miscele standard degli zuccheri iniettate in colonna sono state preparate

per diluizione da soluzioni concentrate conservate in frigo ad una temperatura di

+4°C per circa 15 giorni. Per evitare la degradazione degli analiti ad opera di

microrganismi si è aggiunto nelle soluzioni concentrate la sodioazide (NaN3)

(Aldrich) in quantità pari allo 0.1%.

L’allontanamento dei grassi e delle proteine dai campioni di latte è stato

effettuato per trattamento con etanolo (99.8%) (Fluka) o con i reagenti di Carrez:

Carrez I: 7,2% w/v K4Fe(CN)6 × 3 H2O in acqua ultrapura;

Carrez II: 14,4% w/v ZnSO4 × 7 Η2Ο in acqua ultrapura;

Buffer A: tampone fosfato 0,4 M, pH 7,5 (4,8 g Na2HPO4 + 0,86 g NaH2PO4

× 2H2O + 0,05 g MgSO4 × 7H2O in 100 ml di H2O ultrapura).

I reattivi K4Fe(CN)6×3H2O, Na2HPO4, NaH2PO4×2H2O, ZnSO4×7Η2Ο sono

stati acquistati dalla Carlo Erba, mentre MgSO4 × 7H2O dalla Aldrich.

I campioni di latte sono stati dapprima, opportunamente deproteneizzati e

diluiti, poi filtrati con membrane in nylon da 0,2 mM (Nylaflo, Aldrich) e infine

iniettati in colonna.

2-MATERIALI E METODI

20

2.2. PREPARAZIONE DEL CAMPIONE

I campioni di latte analizzati sono largamente diffusi sul mercato. In

particolare, sono stati presi in esame i seguenti prodotti:

Tabella 2.1: Marche e tipi di latte analizzati.

Marca Tipo Trattamento Termico

Linea Fattoria parzialmente scremato UHT

Parmalat parzialmente scremato pastorizzato

intero UHT

Soia drink (Belgio) latte di soia UHT

Polenghi parzialmente scremato UHT

Posticchia Sabelli intero pastorizzato

Az.Zootecnica Posticchia

Sabelli, Lavello (PZ)

intero crudo

Perla intero UHT

Granarolo parzialmente scremato UHT

HD, dietetico UHT

Stella intero sterilizzato

intero plus sterilizzato

Reggiano parzialmente scremato UHT

Bayernland (Germania) parzialmente scremato UHT

CRAI (Germania) parzialmente scremato UHT

Nactalia (latte di capra) intero UHT

Conad scremato UHT

Clab intero UHT

Coop scremato UHT

2-MATERIALI E METODI

21

MÜLLER crema di latte con succo d’uva UHT

Biancavalle intero UHT

Bonlat parzialmente scremato UHT

Selex parzialmente scremato UHT

Gmundner Milch (Austria) parzialmente scremato UHT

Tutti i campioni esaminati erano confezionati in cartoncino di poliaccoppiato

Tetrapak, tranne i campioni di latte Stella che sono venduti in bottiglia di vetro con

tappo a corona.

2.2.1. TRATTAMENTO DEI CAMPIONI DI LATTE CON ETANOLO [21].

Il trattamento con etanolo per l’allontanamento delle sostanze grasse e

proteiche del latte è consistito nelle seguenti fasi:

• a 2,5 ml di latte, preventivamente posti in un matraccio tarato da 25 ml, si

aggiungono 10 ml di etanolo;

• si agita gentilmente fino all’ottenimento di un precipitato omogeneo;

• la sospensione viene portata a volume con etanolo e nuovamente agitata

fino alla dispersione del coagulo;

• dopo alcuni minuti di attesa viene filtrato il surnatante con filtro di nylon

da 0,2 µm;

• la soluzione di etanolo viene diluita 1:10 con acqua distillata, filtrata ed

iniettata.

2-MATERIALI E METODI

22

2.2.2. TRATTAMENTO CON I REAGENTI DI CARREZ [22].

La procedura deproteinizzante e delipidizzante ha previsto i seguenti stadi:

• a 5 ml di latte posti in una provetta da centrifuga graduata si aggiungono

875 µl della soluzione Carrez I e 875 µl della soluzione Carrez II nella

provetta e si agita vigorosamente;

• si agita ancora dopo aver aggiunto 3,25 ml di tampone fosfato pH 7,5;

• la sospensione viene centrifugata a 2000 r.p.m. per 10 minuti;

• il surnatante viene prelevato, diluito opportunamente, filtrato ed iniettato.

2.3. STRUMENTAZIONE

Le analisi in cromatografia liquida sono state effettuate usando una

apparecchiatura Dionex (Sunnyvale, CA) costituita da una pompa quaternaria

biocompatibile Modello GP40, corredata da una valvola di iniezione con loop da 10 µl.

modello RH9125 della Rheodyne (Cotati, California, U.S.A.), un detector

elettrochimico Modello ED40; una cella “thin-layer” dotata di un elettrodo di lavoro

in Au (diametro di 1 mm), un elettrodo di riferimento ad Ag|AgCl con membrana di

vetro, che consente di effettuare contemporaneamente misure di pH, ed un blocco in

titanio come controelettrodo.

La separazione cromatografica delle miscele standard di zuccheri è stata

realizzata a temperatura ambiente (21±2°C) con due colonne, CarboPac PA1 e

CarboPac PA10 (Dionex, 250 mm × 4 mm d.i.) collegate entrambe alle rispettive

2-MATERIALI E METODI

23

pre-colonne (50 mm × 4 mm d.i.). Le separazioni sono state eseguite ad un flusso di

fase mobile pari a 1 ml/min.

L’acquisizione e l’elaborazione dei dati cromatografici è stata realizzata

mediante personal computer, corredato di software Chrom-Card for Windows

(Fisons Instruments S.p.a).

I parametri della forma d’onda del rivelatore amperometrico pulsato sono stati

così impostati: EDET = +50 mV (tDET = 440 ms, tINT = 200 ms), EOX = +860 mV (tOX =

180 ms), ERED = -220 mV (tRED = 360 ms). La corrente risultante dall’ossidazione degli

analiti è stata campionata ed integrata negli ultimi 200 ms dell’applicazione del

potenziale di determinazione per minimizzare la corrente di carica. La centrifuga

utilizzata per la preparazione dei campioni è una A.L.C. 4525 (Apparecchiature per

Laboratori Chimici s.r.l.).

3-TECNICHE SPERIMENTALI

24

3. TECNICHE SPERIMENTALI

3.1. CROMATOGRAFIA

La cromatografia comprende tutta una serie di tecniche atte separare i soluti

presenti in una miscela, al fine di una loro identificazione, quantificazione ed

eventuale purificazione.

Le basi teoriche che governano i processi cromatografici, sono basate

sull’equilibrio che i soluti instaurano con le due fasi: la fase mobile e la fase

stazionaria. La fase mobile in cui viene disciolto l’analita può essere un gas, un

liquido o un fluido supercritico; essa viene fatta passare attraverso un supporto, che

può essere una colonna o una superficie solida, contenente la fase stazionaria. Questa

dovrà essere immiscibile con la fase mobile e dovrà essere scelta in modo che la

miscela dei soluti che viene iniettata si ripartisca tra le due fasi in funzione delle

caratteristiche di ogni singolo componente. I soluti che avranno maggiore affinità

con la fase stazionaria rimarranno più tempo nella colonna cromatografica di quelli

con minore affinità. In conseguenza di queste differenze i composti presenti nel

campione si separeranno in bande discrete e potranno quindi essere analizzati

quantitativamente e qualitativamente.

Le anzidette bande possono essere registrate per mezzo di opportuni rivelatori

che misurano un segnale in funzione del tempo. Questi diagrammi prendono il nome

di cromatogrammi ed i singoli segnali relativi ad ogni analita sono denominati

picchi.

3-TECNICHE SPERIMENTALI

25

3.2. PARAMETRI CROMATOGRAFICI

Per descrivere analiticamente le separazioni cromatografiche sono usualmente

utilizzati i seguenti parametri:

3.2.1. NUMERO DI PIATTI TEORICI

Il numero di piatti teorici è una misura quantitativa dell’efficienza di una

colonna; il parametro viene generalmente valutato sia mediante la comune

espressione

che con la relazione proposta da Foley e Dorsey [23]

nel caso di picchi asimmetrici, dove tr è il tempo di ritenzione (min.), w0.5 e w0.1

rappresentano rispettivamente le ampiezze al 50 e al 10% di altezza del picco

cromatografico, mentre As è il fattore di asimmetria, B/A; quando B≥Α, dove B ed

A sono rispettivamente le semi ampiezze destra e sinistra calcolate al 10% di altezza

del picco.

2

5.0

545,5

=

wtN r

25,1

1,472

1.01.0 +

=s

r

Awt

N

3-TECNICHE SPERIMENTALI

26

3.2.2. FATTORE DI CAPACITÀ

Il fattore di capacità è calcolato con la seguente equazione:

dove t0 = tempo morto della colonna

3.2.3. FATTORE DI SELETTIVITÀ

Il fattore di selettività è definito come:

dove t’r1 e t’r2 (t’r2 > t’r1) sono i cosiddetti tempi di ritenzione corretti per il tempo

morto (t’r=tr-t0) riferiti rispettivamente a due picchi consecutivi.

3.2.4. RISOLUZIONE

Per il calcolo della risoluzione è stata utilizzata la seguente formula:

Con wa e wb si indicano le larghezze dei picchi alla base, mentre con tr i tempi di

ritenzione.

0

0't

ttk r −

=

1

2

1

2

01

02

''

kk

tt

tttt

r

r

r

r ==−−

( ) ( )[ ]ba

arbr

wwttRs

+−×= 2

3-TECNICHE SPERIMENTALI

27

In Figura 3.1. sono riportati tutti i parametri cromatografici finora descritti:

tempo / min

t0

wawb

tr2

tr1

t'r

A Bh/2

h/10

w0.1

w0.5

Fig. 3.1.: Visualizzazione del tempo morto (t0), del tempo di ritenzione (tr), del tempo di ritenzionecorretto (t’r), della larghezza alla base, al 10 e al 50% di altezza di un picco cromatografico (w, w0.1e w0.5). Con A e B si indicano le semi ampiezze alla base del picco.

3-TECNICHE SPERIMENTALI

28

3.3. CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTE PRESTAZIONI

La cromatografia liquida ad alte prestazioni è una delle tecniche più diffuse

per la determinazione dei carboidrati negli alimenti. La sigla HPAEC-PAD, è

l’acronimo di High-Performance Anion-Exchange Chromatography coupled with

Pulsed Amperometric Detection, con il quale viene indicata la tecnica HPLC che

utilizza una fase stazionaria a scambio anionico con rivelazione amperometrica

pulsata. Le separazioni cromatografiche di carboidrati basate sullo scambio ionico

sono ottenute utilizzando fasi stazionarie a base polimerica funzionalizzate con

scambiatori anionici. La ritenzione selettiva di specie cariche in un sistema a scambio

ionico avviene a causa delle differenti interazioni che hanno luogo tra gli analiti ed il

gruppo carico con il quale è stato funzionalizzata la fase stazionaria.

I gruppi che caratterizzano la fase stazionaria possono essere distinti in:

♦ scambiatori cationici (gruppi carichi negativamente come es. quello

solfonico –SO3¯ e carbossilico –COO¯);

♦ scambiatori anionici (gruppi ammonici quaternari, –N+(CH3)3, carichi

positivamente).

Nella fase mobile sono presenti i controioni aventi stessa carica degli analiti

eluiti dalla colonna, ma carica opposta rispetto ai gruppi ionici della fase stazionaria.

3-TECNICHE SPERIMENTALI

29

I carboidrati sono acidi deboli, (vedi Tabella 3.1) e di conseguenza ad elevati

valori di pH risultano parzialmente dissociati.

Tabella 3.1: Costanti di dissociazione acida di alcuni carboidrati.

Carboidrato pKa Fruttosio 12.03 Mannosio 12.08 Glucosio 12.28 Galattosio 12.39 α-metil glucoside 13.71 lattosio 11.98 lattulosio -a

a Il dato non è noto

La separazione di miscele complesse di carboidrati può quindi essere

facilmente ottenuta utilizzando una fase mobile alcalina. In queste condizioni

l’ordine di eluizione rispecchia il valore di pKa. Ne consegue che carboidrati acidi

quali quelli fosforilati o carbossilati, saranno più fortemente ritenuti dei

corrispondenti carboidrati semplici.

Per i carboidrati “neutri” la ritenzione è legata al grado di acidità di ogni

singolo gruppo ossidrilico: l’ordine di acidità dei gruppi idrossilici degli zuccheri

riducenti è riportato essere 2-OH > > 6-OH > 3-OH > 4-OH [24]. In questo modo è

possibile separare isomeri che differiscono tra loro per la posizione di uno o più

ossidrili, quali il glucosio e il galattosio.

Nel caso degli alditoli la mancanza del gruppo ossidrilico anomerico,

determina una minore capacità ritentiva da parte della fase stazionaria.

3-TECNICHE SPERIMENTALI

30

La separazione di carboidrati mediante HPAEC (con accoppiato un rivelatore

amperometrico pulsato), viene ottenuta utilizzando specifiche colonne cromatografiche

espressamente dedicate alla separazione di carboidrati. Nel nostro laboratorio sono state

utilizzate colonne della serie CarboPac, modello PA1 e PA10 prodotte dalla DIONEX

Corp. Secondo la casa produttrice [25], queste colonne sono dedicate ognuna per

l’analisi di determinate categorie di carboidrati ed in particolare la PA1 per la

separazione di monosaccaridi ed oligosaccaridi lineari e la PA10 per la separazione

dei monosaccaridi. Entrambe sono colonne polimeriche di tipo pellicolare (vedi

Figura 3.2), nella Tabella 3.2 sono riassunte le caratteristiche tecniche di entrambe.

Tabella 3.2: Caratteristiche tecniche delle colonne Dionex CarboPac PA1 e PA10.

Substrato

(Polistirene-Divinilbenzene) CarboPac PA1 CarboPac PA10

Grado di reticolazione (%DVB) 2 55

Diametro (mm) 10 10

Capacità* 100 µeq 100 µeq

*Capacità riferita ad una colonna analitica

3-TECNICHE SPERIMENTALI

31

Fig. 3.2: Resina pellicolare a scambio anionico.

5 µµµµ

diametro 350 nm

SO3¯

SO3¯

SO3¯

SO3¯

SO3¯

SO3¯

SO3¯

+NR3

+NR3

+NR3 +NR3

+NR3

+NR3

+NR3

+NR3

+NR3

+NR3

R3+N

R3+N

R3+N

R3+N

R3+N

+NR3

3-TECNICHE SPERIMENTALI

32

3.4. RIVELAZIONE AMPEROMETRICA PULSATA [17]

La rivelazione amperometrica pulsata si è affermata come una delle tecniche

più sensibili e selettive per la rivelazione di carboidrati. Come mostrato nella Figura

3.3 oltre ai carboidrati vi è una grande varietà di composti che possono essere rivelati

con questa tecnica.

Fig: 3.3: Rappresentazione della percentuale di applicazione della rivelazione amperometrica pulsata nell’analisi di diversi composti.

I gruppi aldeidici ed alcolici dei carboidrati sono rivelabili, con un alto grado

di sensibilità, misurando la corrente risultante dalla loro ossidazione su un elettrodo

d’oro al quale è applicato un determinato potenziale. Il responso anodico dei

carboidrati è elettrocatalitico con la diretta partecipazione della superficie

dell’elettrodo nel meccanismo di ossidazione: questo comporta l’avvelenamento

della superficie elettrodica da parte dei prodotti di ossidazione. Per riattivarla si opera

un desorbimento ossidativo applicando un potenziale positivo relativamente alto

rispetto al potenziale di determinazione che causa la formazione di ossido

superficiale [26]. I prodotti intermedi di reazione (AuOH) partecipano attivamente al

trasferimento dell’ossigeno dall’acqua ai prodotti di ossidazione. Infine lo strato di

78%

2%5%8%7%

Carboidrati e alditoli

Alcoli

Ammino-alcoli, ammino-zuccheri e ammino-glicosidiAmmine, amminoacidi, peptidie proteineComposti solforati

3-TECNICHE SPERIMENTALI

33

ossido di oro (AuO), non elettroattivo, può essere facilmente dissolto applicando un

potenziale negativo che ripristina la superficie elettrodica nativa. Si raggiungono in

questo modo limiti di rivelabilità dell’ordine delle picomoli. Un tipico profilo

potenziale / tempo è rappresentato nella Figura 3.4.

Il potenziale di determinazione Edet è il potenziale applicato per il tempo tdet,

durante il quale si ha l’ossidazione degli analiti; si passa poi al potenziale Eox, per il

tempo tox e successivamente al potenziale Ered per il tempo tred. L’integrazione della

corrente risultante avviene nell’intervallo di tempo indicato in rosso, tempo di

tempo / ms

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200

E /

mV

-400

-200

0

200

400

600

800

1000

Edet

Eox

t int Eredtdel

Fig. 3.4: Rappresentazione del profilo potenziale (E) vs tempo utilizzato per la rivelazione di carboidrati. In rosso è rappresentato il tempo di integrazione della corrente.

Tempo / ms

3-TECNICHE SPERIMENTALI

34

integrazione (tint). L’attesa del tempo tdel dopo il passaggio del potenziale da Ered a

Edet evita di registrare la corrente di carica dell’elettrodo.

I valori dei potenziali da applicare dipendono dalle condizioni sperimentali e

dagli analiti da rivelare. In genere la scelta è basata su prove in voltammetria ciclica [18].

Nel presente lavoro di tesi la forma d’onda, come verrà descritto in seguito, è

stata ottimizzata sui seguenti valori:

Tabella 3.3: Potenziali e tempi di applicazione ottimizzati per la rivelazione di carboidrati relativi al profilo riportato in fig. 3.4.

Potenziale mV Tempo / ms

Edet 50 440(totale) 200(integrazione)

Eox 860 180

Ered -220 360

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

35

4. RISULTATI E DISCUSSIONE

Nella parte introduttiva sono state elencate le tecniche classiche utilizzate per

la determinazione del lattulosio, è stata sottolineata la difficoltà legata alla quantità di

lattosio presente nel latte in confronto alle quantità di lattulosio e sono state messe in

evidenza quali sono le limitazioni di tali tecniche nelle analisi di routine.

Lo scopo del lavoro di tesi è stato quello di mettere a punto una metodica

capace di separare e determinare il lattulosio nel latte mediante l’ottimizzazione di

una tecnica di cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata ad un rivelatore

amperometrico pulsato impiegando un elettrodo d’oro.

4.1. FASE MOBILE: CONCENTRAZIONE DELL’NaOH

La scelta della fase mobile, cioè la concentrazione di ioni idrossido che deve

essere utilizzata per eseguire una separazione con cromatografia a scambio anionico,

rappresenta la prima fase nella messa a punto di un metodo. La concentrazione di

OH- deve essere tale da assicurare la separazione degli zuccheri presenti nella

miscela in esame, mentre la separazione può avvenire con eluizione isocratica o in

gradiente. Come vedremo nel corso della descrizione del metodo, abbiamo scelto di

lavorare in condizioni isocratiche perché la tecnica proposta mira ad ottenere la

separazione di miscele di carboidrati del latte mediante l’utilizzazione di basse

concentrazioni di ioni idrossido, evitando di rigenerare la colonna dopo ogni

separazione. Con una separazione in gradiente, oltre agli inconvenienti noti

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

36

riguardanti la deriva della linea di base, avremmo dovuto rigenerare e poi

condizionare la colonna dopo ogni analisi, il che avrebbe inficiato lo scopo del

presente lavoro.

In un campione di latte sterilizzato i carboidrati rilevanti, in aggiunta al

lattosio, sono galattosio, glucosio, N-acetilgalattosammina e lattulosio. Nella Figura

4.1 è mostrato il cromatogramma relativo ad un campione di latte sterilizzato

analizzato mediante una colonna CarboPac PA1 (Dionex Corp.) impiegando NaOH

TEMPO / min0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

CA

RIC

A /

nC

0

50

100

150

2-Deossiglucosio D-GlucosioD-GalattosioMannosio

LattosioLattulosioEpilattosio

Fig. 4.1: Separazione dei glucidi presenti in un campione di latte sterilizzato; fase mobile NaOH 200 mM; colonna CarboPac PA1; flusso 1 ml/min; loop 10 µl; W.E.: Au; R.E. Ag|AgCl; W.F.: Edet= +50 mV, tdet= 440 ms, tint= 200 ms, Eox= + 860 mV, tox= 180 ms, Erid= -220 mV, trid= 360 ms.

Glucosio Galattosio GalNAc

2-deossiglucosio

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

37

200 mM come fase mobile e 2-deossiglucosio come standard interno. Come si può

vedere, anche se il tempo totale dell’analisi è contenuto entro i 7 minuti, il numero di

picchi cromatografici è inferiore al numero di componenti presenti nel campione di

latte, probabilmente a causa di una loro sovrapposizione. Il problema è da ricondursi

all’elevata concentrazione di ioni OH¯ che non assicura un’adeguata selettività della

separazione cromatografica.

La strategia adottata è stata quella di impiegare fasi mobili alcaline più diluite [20].

È noto infatti che in tali condizioni, cioè con valore di pH prossimo al pKa dei carboidrati,

si può migliorare di molto la selettività della separazione. Diversi tentativi di

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30 35 40

CA

RIC

A /

nC

-5

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

A BC

DE

F

A D-Arabinosio 50 µMB D-Galattosio 50 µMC D-Glucosio 50 µMD D-Fruttosio 100 µME Lattosio 50 µMF Lattulosio 50 µM

Fig. 4.2: Cromatogramma relativo ad una miscela standard di glucidi, utilizzando NaOH 16 mM. Colonna CarboPac PA1. Le altre condizioni sperimentali sono riportate nella Figura 4.1.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

38

separazione cromatografica sono stati eseguiti, adoperando una soluzione standard

contenente arabinosio, galattosio, glucosio, fruttosio, lattosio e lattulosio. L’indicazione

emersa è che solo l’impiego di soluzioni diluite di NaOH può consentire una buona

risoluzione. In Figura 4.2 è mostrato il cromatogramma ottenuto eluendo con una

soluzione di NaOH pari a 16 mM. Si può notare che la separazione è decisamente

migliorata per quasi tutti gli analiti ad eccezione del galattosio e glucosio che

presentano ancora una lieve sovrapposizione. Da notare anche che il miglioramento è

stato ottenuto a scapito di un notevole aumento nei tempi di ritenzione. Il lattulosio,

ad esempio, individuabile nell’ultimo picco della serie (picco F), appare ad un tempo

di ritenzione di circa 35 minuti. Nel tentativo di migliorare la risoluzione della

separazione, la concentrazione di NaOH è stata portata fino a 10 mM (Figura 4.3).

Questo ha comportato un ulteriore aumento dei tempi di ritenzione.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

39

L’aspetto interessante è comunque legato al fatto che la fase mobile NaOH 10

mM permette una separazione di tutti i soluti presenti nella soluzione standard con

ottima risoluzione ed in particolare di galattosio e glucosio.

Nella Tabella 4.1 sono riassunti i tempi di ritenzione ed i fattori di capacità

relativi alle due fasi mobili, NaOH 16 mM e NaOH 10 mM, per i carboidrati presenti

in entrambe le miscele.

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60

CARI

CA /

nC

-5

0

5

10

15

20

25

30

AB C

D

E

F

A D-Arabinosio 5 µMB D-Galattosio 5 µMC D-Glucosio 5 µMD D-Mannosio 5 µME Ribosio 10 µMF Lattosio 5 µMG Lattulosio 5 µM

G

Fig. 4.3: Cromatogramma relativo ad una misela standard di glucidi utilizzando NaOH 10 mMcome fase mobile. Colonna Carbopac PA1. Altre condizioni come in fig. 4.1.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

40

Tabella 4.1: Confronto tra i tempi di ritenzione e i corrispondenti fattori di capacità di due fasi mobili alcaline impiegate per la separazione di carboidrati con una colonna a scambio anionico (CarboPac PA1) e rivelazione amperometrica pulsata.

Glucide NaOH 16 mM NaOH 10 mM

tr k’ tr k’

Arabinosio 9,40 5,03 11,24 6,25

Galattosio 12,2 6,82 14,73 8,50

Glucosio 13,10 7,40 16,66 9,75

Lattosio 31,40 19,13 25,13 15,21

Lattulosio 35,00 21,44 42,79 26,61

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

41

4.2. STABILITÀ DEI TEMPI DI RITENZIONE: EFFETTO DEL

CARBONATO

L’impiego di soluzioni alcaline relativamente diluite (es. NaOH 10 mM)

comporta un netto miglioramento nella separazione di quei carboidrati tipicamente

presenti in un campione di latte. Purtroppo una fase mobile di NaOH diluita presenta

l’inconveniente di una scarsa riproducibilità dei tempi di ritenzione (tr). In realtà non

si tratta di una variazione casuale ma di una progressiva anticipazione dei tempi,

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

CARI

CA /

nC

20 nC

t = 5 h

t = 4 h

t = 2 h

t = 0 h

a b cd

ef g

Fig. 4.4: Cromatogrammi relativi ad una miscela standard di 2- deossiglucosio (a), galattosio (b), glucosio (c), mannosio (d), fruttosio (e), lattosio (f) e lattulosio (g). Colonna CarboPac PA1, flusso 1 ml/min.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

42

come si può riscontrare in seguito a successive iniezioni di una soluzione standard. In

Figura 4.4 sono riportati una serie di cromatogrammi acquisiti a tempi diversi

impiegando come fase eluente una soluzione di NaOH 10 mM. Col passare del tempo la

colonna dimostra una sempre più bassa capacità di scambio, cioè una minore interazione con

i soluti. Questo fenomeno sembra essere causato da una progressiva occupazione dei siti di

scambio della colonna da parte degli ioni carbonato, inevitabilmente presenti nell’eluente

alcalino, ed originati dalla CO2 atmosferica disciolta. Dopo solo 5 ore di analisi, i tempi di

ritenzione di tutti i soluti si sono marcatamente ridotti; il lattulosio (picco g) ad esempio

presenta un tempo di ritenzione che risulta anticipato di circa 12 minuti. In queste condizioni

risulta abbastanza problematico eseguire un’analisi quali e quantitativa dei singoli soluti.

È opportuno sottolineare che i cromatogrammi in Figura 4.4 sono stati ottenuti

impiegando un eluente preparato in condizioni tali da limitare al massimo la dissoluzione di

anidride carbonica nella soluzione. In primo luogo è stato effettuato un prolungato

degasaggio dell’acqua con elio; inoltre la bottiglia contenente la fase mobile è stata sempre

tenuta pressurizzata con lo stesso gas inerte. In queste condizioni di lavoro, l’impiego di

soluzioni eluenti alcaline diluite non è del tutto precluso. In realtà, così come riportato dalla

Dionex [25], la metodica prevede tra una corsa e l’altra, la rigenerazione della colonna con

NaOH concentrata (0,2 ÷ 0,5 M) per circa 15 minuti e successivo condizionamento per un

periodo di tempo variabile dai 15 ai 30 minuti con la fase mobile di lavoro. Questa procedura

comporta ovviamente una notevole perdita di tempo nelle analisi di routine e una bassa

riproducibilità dei tempi di ritenzione tra due iniezioni intercalate dalla rigenerazione.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

43

4.3. STRATEGIE PER MIGLIORARE LA RIPRODUCIBILITÀ DEI TEMPI

DI RITENZIONE

Nel nostro laboratorio è stata di recente messa a punto una procedura

innovativa finalizzata a rimuovere in maniera semplice ed efficace gli ioni carbonato

dagli eluenti usati in cromatografia con colonne a scambio anionico (HPAEC). Tale

metodica consiste nell’aggiungere sali di cationi di metalli alcalino-terrosi, come

Ba2+, Sr2+, o Ca2+, alla fase mobile, inducendo così la precipitazione di carbonati

insolubili. Nella Tabella 4.2 sono riassunte le prove effettuate con diversi cationi

bivalenti e con concentrazioni comprese tra 0,5 e 2 mM.

Tabella 4.2: Riepilogo delle prove effettuate con i diversi cationi aggiunti in fase mobile alcalina.

Concentrazione di NaOH Composto aggiunto

Ba(OAc)2, 1 mM

Ba(OH)2, 1 mM 16 mM Ca(OAc)2, 0,5 mM

Ba(OAc)2, 1 e 2 mM

Sr(OAc)2, 1 e 2 mM 10 mM Zn(OAc)2, 1 mM

In primo luogo abbiamo rivolto la nostra attenzione alla scelta del catione in

grado di assicurare la rimozione più efficace del carbonato, inevitabilmente presente

nella fase mobile alcalina. In Tabella 4.3 sono riportate le solubilità in acqua degli

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

44

idrossidi e carbonati dei cationi bivalenti calcio, stronzio, bario e zinco. La scelta di

questi cationi è legata al fatto che devono dar luogo a carbonati insolubili (CaCO3,

SrCO3, BaCO3, ZnCO3) e allo stesso tempo devono essere sufficientemente solubili

come idrossidi. I metalli alcalino terrosi Ba2+ e Sr2+ sono stati valutati per primi. Essi

presentano una solubilità relativamente elevata come idrossidi in soluzione di NaOH

10-20 mM ma sono poco solubili come carbonati. Lo Zn2+ è scarsamente solubile

come idrossido, ma poiché induce degli effetti peculiari sulle colonne a scambio

anionico, verrà discusso al paragrafo 4.7.

Tabella 4.3: Costanti prodotti di solubilità a 25° C [27].

pKps

Catione (M2+) M(OH)2 MCO3

Ca2+ 5.0 8.3

Sr2+ 3.5 10.0

Ba2+ 2.3 8.3

Zn2+ 16.5-17.4 10.8

È da sottolineare che la formazione di un precipitato (sale poco solubile) in

fase mobile non rappresenta una situazione molto conveniente per quanto attiene le

condizioni in cui si trovano ad operare i pistoni della pompa e le parti in movimento

in genere. Nei primi tempi di utilizzo di fase mobile alcalina modificata con metalli

alcalino terrosi si è verificata infatti un’usura molto pronunciata dei pistoni e delle

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

45

guarnizioni. È stato però rilevato con grande soddisfazione che se l’aggiunta di bario,

stronzio o calcio acetato alla fase mobile alcalina veniva effettuata almeno un giorno

prima del suo impiego, l’eventuale formazione di precipitato (CaCO3, SrCO3,

BaCO3) ha la possibilità di depositarsi sul fondo della riserva di fase mobile,

evitando danni alle parti meccaniche in movimento della pompa e dell’iniettore.

Tra tutte le prove elencate nella Tabella 4.2 sono risultate interessanti tanto

quelle con il Ba2+ quanto quelle con lo Sr2+, in quanto tali cationi non solo

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30

CARI

CA /

nC

Sr(OAc)2

Ba(OAc)2

20 nCa b c

de f g

Fig. 4.5: Confronto tra due cromatogrammi ottenuti con fase mobile NaOH 10 mM modificata con Ba(OAc)2 e Sr(OAc)2. Miscela standard contenente (a) arabinosio, (b) galattosio, (c) glucosio, (d) mannosio, (e) fruttosio, (f) lattosio, (g) lattulosio.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

46

garantiscono un’ottima riproducibilità dei tempi di ritenzione, ma inducono anche un

aumento del responso amperometrico, come verrà discusso nella parte 4.4. Nella

Figura 4.5 sono posti a confronto due cromatogrammi ottenuti con una fase mobile

NaOH 10 mM modificata con bario acetato o stronzio acetato, relativi ad una miscela

standard contenente arabinosio (a), galattosio (b), glucosio (c), mannosio (d),

fruttosio (e), lattosio (f) e lattulosio (g). Come si può notare sia i tempi di ritenzione

che l’intensità dei singoli analiti sono paragonabili.

La maggior parte degli esperimenti riportati in questo lavoro sono stati

eseguiti con aggiunta alla fase mobile alcalina di Ba(OAc)2, perché il bario porta alla

formazione di BaCO3 meno solubile di SrCO3 (Tabella 4.3). L’aggiunta del bario

sotto forma di Ba(OH)2 non si è dimostrata molto efficace. Infatti l’impiego di bario

idrossido comporta la formazione di una soluzione che rimane torbida anche per

diverse ore dopo l’aggiunta, probabilmente perché l’equilibrio eterogeneo di

dissoluzione del Ba(OH)2 è lento (vedi schema seguente):

L’aggiunta in fase mobile alcalina di Ba(OAc)2 alla concentrazione 1-2 mM

è sembrata la scelta più valida, in considerazione anche del fatto che

l’acetato è un forte controione e gioca un ruolo importante nella riduzione

dei tempi di ritenzione.

Ba(OH)2 s Ba(OH)2 aq Ba + 2OH2+ -

+CO3

2-BaCO3 aqBaCO3

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

47

La migliore selettività per la separazione dei carboidrati testati è stata

ottenuta attraverso una fase mobile composta da NaOH 10 mM + Ba(OAc)2;

pertanto, essa è stata utilizzata per la determinazione del lattulosio nei

campioni di latte analizzati.

Per dimostrare l’efficacia della scelta sono state fatte numerose prove

di riproducibilità. L’unica precauzione adottata, oltre alla filtrazione e

degasaggio (per circa 30 minuti con He) dell’acqua utilizzata per la

preparazione della fase eluente, è consistita nel preparare la fase mobile la

sera precedente il suo impiego. La riserva di fase mobile veniva inoltre

protetta dalla CO2 dell’aria tenendola saturata con He per tutta la durata della

prova. La colonna utilizzata è stata rigenerata ogni mattina per 20 minuti con

NaOH 200 mM e poi condizionata con la fase mobile per 40 min. Nella

Figura 4.6 sono riportati i rapporti tra il fattore di capacità (k’) di galattosio

(A), glucosio (B), mannosio (C), fruttosio (D) e lattosio (E) ottenuti dal

cromatogramma registrato al tempo t, e i fattori di capacità relativi alla prima

iniezione della giornata (k’0). La stessa fase mobile costituita da NaOH 10

mM + Ba(OAc)2 2 mM è stata utilizzata per tre giorni consecutivi (cerchi

pieni). I simboli a cerchio vuoto fanno riferimento ai risultati ottenuti

utilizzando NaOH 10 mM + NaOAc 4 mM come eluente nell’arco di un solo

giorno di lavoro. I dati numerici delle prove precedenti e per altri glucidi

sono riportati nella Tabella 4.4 dove sono mostrati i tempi di ritenzione ad

inizio e fine giornata ed il tempo medio per ogni giorno. Come si può notare

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

48

nell’ultima colonna, dove è riportato il tempo medio dei 3 giorni e il coefficiente di

variazione percentuale, si sono ottenuti tempi di ritenzione stabili per tutti i glucidi di

nostro interesse. È evidente che la strategia adottata permette di utilizzare la stessa

fase mobile per più giorni con sorprendente riproducibilità dei tr. Nello stesso tempo

riduce i tempi di analisi (preparazione delle fasi mobili, rigenerazione della colonna e

condizionamento della stessa) abbattendo di conseguenza anche i costi.

0.60.70.80.91.01.1 A

0.60.70.80.91.01.1

k'/k'

0

0.60.70.80.91.01.1

0.60.70.80.91.01.1

0.0 2.0 4.0 6.0 8.0

0.60.70.80.91.01.1

B

C

D

E

0.60.70.80.91.01.1 A

0.60.70.80.91.01.1

k'/k'

0

0.60.70.80.91.01.1

0.60.70.80.91.01.1

TEMPO / min0.0 2.0 4.0 6.0 8.0

0.60.70.80.91.01.1

B

C

D

E

0.60.70.80.91.01.1 A

0.60.70.80.91.01.1

k'/k'

0

0.60.70.80.91.01.1

0.60.70.80.91.01.1

TEMPO / min0.0 2.0 4.0 6.0 8.0

0.60.70.80.91.01.1

B

C

D

E

Fig. 4.6: Rapporto tra il fattore di capacità (k’) ottenuto dal cromatogramma al tempo t, e il fattore di capacità relativo alla prima iniezione della giornata (k’0) per ogni giorno di lavoro. I dati si riferiscono al galattosio (A), glucosio (B), mannosio (C), fruttosio (D) e lattosio (E). Il simbolo pieno rappresenta le prove ottenute con la stessa fase mobile (NaOH 10 mM + Ba(OAc)2 2mM) utilizzata per tre giorni consecutivi. I dati indicati con i cerchietti vuoti rappresentano invece le prove ottenute con la fase mobile NaOH 10 mM + NaOAc 4 mM utilizzata nell’arco di una giornata di lavoro. Colonna CarboPac PA10, flusso 1 ml/min, forma d’onda come in Tabella 3.3.

1° giorno 2° giorno 3° giorno

49

Giorno di lavoro

1° giorno 2° giorno 3° giorno

Composto

2°ora

8°ora

tR mediob

2°ora

8°ora

tR mediob

1°ora

8°ora

tR mediob

tR ± sc

RSD%d

dGlu 5.40 5.33 5.37 5.56 5.38 5.47 5.62 5.56 5.59 5.47± 0.11 2.0

GalN 6.10 6.05 6.07 6.33 6.11 6.22 6.38 6.30 6.34 6.21 ± 0.14 2.3

Gal 7.10 7.20 7.15 7.45 7.25 7.35 7.50 7.46 7.48 7.33 ± 0.17 2.3

Glu 8.20 8.25 8.23 8.65 8.31 8.48 8.65 8.55 8.60 8.44 ± 0.19 2.2

GalNAc 9.35 9.40 9.38 9.84 9.50 9.67 9.90 9.76 9.83 9.63 ± 0.23 2.4

Fru 10.25 10.35 10.30 10.80 10.46 10.63 10.80 10.70 10.75 10.56 ± 0.23 2.2

Lattosio 13.90 14.04 13.97 15.10 14.30 14.70 15.10 14.90 15.00 14.56 ± 0.53 3.6

Lattulosio 16.00 16.16 16.08 17.35 16.35 16.85 17.30 17.10 17.20 16.71 ± 0.57 3.4

Epilattosio 18.20 18.40 18.30 19.80 18.70 19.25 19.74 19.60 19.67 19.07 ± 0.70 3.7

Tabella 4.4: Tempi di ritenzione (tR), ottenuti durante iniezioni ripetitive di miscele standard per tre giorni consecutivi utilizzando come eluente NaOH 10 mM + Ba(OAc)2 2 mM. a Colonna CarboPac PA10, flusso 1 ml / min. Ogni giorno la colonna è stata rigenerata con NaOH 200 mM per circa 30 minuti e poi condizionata con la fase mobile di lavoro. Altre condizioni sperimentali come in Figura 4.6. b Media giornaliera dei tempi di ritenzione. c Dato espresso come media ± la deviazione standard. d Deviazione standard relativa, valutata nei tre giorni di lavoro.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

50

4.4 EFFETTO DEI CATIONI SULLA RIVELAZIONE AMPEROMETRICA

PULSATA

L’utilizzazione di fasi mobili alcaline si adatta molto bene non solo per la

separazione dei glucidi in cromatografia a scambio anionico (HPAEC) ma anche per

la loro rilevazione mediante amperometria pulsata [26]. Questa tecnica prevede

l’aggiunta post-colonna di una base concentrata per migliorare la stabilità della linea

di base e la sensibilità del rivelatore, specialmente quando si utilizzano fasi mobili

neutre o con basso contenuto di OH- (come nel nostro caso) o comunque quando la

concentrazione di ioni idrossido è ≤ 20 mM. Recentemente è stato studiato l’effetto

di alcuni cationi divalenti non elettroattivi, come Sr(II), Ba(II) e Ca(II),

sull’ossidazione elettrochimica di alditoli e carboidrati su un elettrodo di oro in

amperometria pulsata [28] impiegando soluzioni di NaOH relativamente più

concentrate di quelle utilizzate nel presente lavoro di tesi. In particolare gli ioni

stronzio e bario, hanno evidenziato un miglioramento della sensibilità nella

rivelazione. Questo effetto è stato confermato nelle nostre condizioni sperimentali

(Figura 4.7a e 4.7b). È palese infatti che sia quando si valuta la risposta degli analiti

in base all’area, sia in base all’altezza del picco la risposta in presenza del bario

aumenta in maniera evidente. Inoltre, come verrà mostrato in seguito, non è stato

necessario far ricorso ad aggiunte post-colonna poiché, pur lavorando con

concentrazioni 10 mM di NaOH, la sensibilità del metodo e la stabilità della linea di

base sono state assolutamente accettabili e in grado di garantire una buona

sensibilità.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

51

0.00

20.00

40.00

60.00

80.00A

rea

del p

icco

/ nC

× m

in

F.M. senza Bario 21.55 25.82 31.47 49.40 39.71

F.M. con Bario 23.47 38.11 45.59 66.43 49.29

2-deossiglucosio D-galattosio D-glucosio Lattosio Lattulosio

0.00

10.00

20.00

30.00

Alte

zza

del p

icco

/ nC

F.M. senza Bario 11.78 11.40 12.47 11.78 8.13

F.M. con Bario 13.01 16.68 17.95 16.86 10.66

2-deossiglucosio D-galattosio D-glucosio Lattosio Lattulosio

Fig. 4.7a: Confronto tra il segnale ottenuto utilizzando NaOH 10 mM con e senza aggiunta di Ba(OAc)2 2 mM. Colonna CarboPac PA10; flusso 1ml/min; W.E. = Au; R.E. = Ag|AgCl; Edet = +50 mV, tdet = 440 ms, tint 200 ms, Eox = +800 mV, tox = 180 ms, Erid = -220 mV, trid = 360 ms.

Fig. 4.7b: Come in figura 4.7a.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

52

4.5. ANALISI DI UN CAMPIONE REALE: TRATTAMENTO DEL

CAMPIONE DI LATTE

In considerazione degli ottimi risultati avuti impiegando come fase mobile

una soluzione diluita di NaOH addizionata opportunamente con bario acetato, sia in

termini di selettività della separazione che di durata della corsa cromatografica,

sensibilità e soprattutto riproducibilità dei tr, si è provato ad analizzare un campione

di latte nelle stesse condizioni sperimentali di Figura 4.6.

L’analisi di una matrice complessa come il latte necessita dapprima di un

pretrattamento del campione in modo tale da allontanare grassi e proteine. Sono stati

applicati due metodi di pretrattamento del campione, uno che prevede l’impiego di

etanolo come suggerito da Martinez e collaboratori e il secondo che fa ricorso all’uso

dei reattivi di Carrez. Di seguito sono descritti nel dettaglio i risultati dei due

procedimenti.

A: Etanolo; il trattamento con etanolo di un campione di latte oltre ad

allontanare proteine e grassi è riportato favorire una precipitazione selettiva del

lattosio [29, 30].

B: reattivi di Carrez; il trattamento del campione con i reagenti di Carrez I e

II determina una efficace deproteinizzazione ed allontanamento dei grassi dal

campione [31, 32, 33].

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

53

TEMPO / min

0 5 10 15 20

A

B

1 2

3

4

5

Fig. 4.8: Confronto tra metodiche diverse di pretrattamento di un campione di latte UHT. A: Trattamento con etanolo; B: Trattamento con Carrez. Colonna CarboPac PA1; flusso 1 ml/min; diluizione 1:10; galattosio (1), glucosio (2), N-acetilgalattosammina (3), lattosio (4), lattulosio (5). Condizioni cromatografiche come riportato in Figura 4.1.

50 nC

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

54

Nella Figura 4.8 è mostrato il confronto tra i due diversi pretrattamenti valutati su

uno stesso campione di latte UHT di qualità Discount. La diluizione finale del

campione è stata di 1:10. Il trattamento con i reattivi di Carrez dimostra una migliore

“efficacia di estrazione” degli zuccheri del latte rispetto al trattamento con etanolo.

Quest’ultimo provoca un consistente calo del segnale, come si può notare dal

confronto dei cromatogrammi A e B in Figura 4.8, e non consente di ottenere un

cromatogramma “pulito” anche nei primi minuti d’analisi. A tal proposito si è anche

provato ad allontanare l’etanolo con He e ricostituendo la soluzione con acqua, ma la

prova non ha rivelato miglioramenti sostanziali.

È stato peraltro verificato se il trattamento con Carrez riduce o meno la

percentuale dei carboidrati presenti nel campione. La verifica è stata eseguita mediante

l’aggiunta di un composto standard ad un’aliquota di latte, utilizzando un carboidrato

notoriamente assente nella matrice lattea. Sono stati provati il 2-deossiglucosio, il 2-

deossiribosio, e il 3-ossimetilglucosio. Il 2-deossiglucosio (Figura 4.9) è sembrata la

scelta migliore in quanto eluisce nei primi minuti di analisi (tR=5.46 min) e non

interferisce con nessuno degli analiti di interesse presenti nel latte. Dopo il trattamento

con Carrez, il confronto tra la concentrazione stimata del nostro standard interno e la

concentrazione effettiva, considerato il fattore di diluizione, ci ha permesso di

affermare che il trattamento di deproteinizzazione non altera la concentrazione dei

carboidrati del latte.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

55

TEMPO / min

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

70 nC

a

bc

de

f

a- 2-deossiglucosiob- D-galattosioc- D-glucosiod- N-Ac-galattosamminae- Lattosiof- Lattulosiog- Epilattosio

g

Fig. 4.9: Cromatogramma di una miscela standard di glucidi alla concentrazione di 30 mM. Fase mobileNaOH 10 mM + Ba(Ac)2 2 mM; colonna DIONEX CarboPac PA10. Flusso 1 ml/min.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

56

4.6. ANALISI DI UN CAMPIONE REALE: PROBLEMI LEGATI ALLE

CONCENTRAZIONI RELATIVE DI LATTOSIO E LATTULOSIO

PRESENTE NEI CAMPIONI REALI

Come già riportato nella parte introduttiva, il lattosio è il carboidrato più

rappresentativo presente nel latte, con un contenuto che si aggira tra il 4.7 e il 5.0%

(p/v). Il lattulosio è invece assente nel latte naturale e si forma per isomerizzazione

termica del lattosio in quantità pari circa 1/1000 in funzione della durata e del

trattamento termico. Le moderne tecnologie sono in grado di limitare al meglio il

danno termico provocato al latte durante la pastorizzazione e la sterilizzazione,

contenendo al livello più basso possibile la quantità di lattulosio formatosi. Il

lattulosio (4-O-β-D-galattopiranosil-D-fruttosio) è un disaccaride isomero del

lattosio le cui proprietà chimiche sono molto simili. Come riportato in Figura 4.9 la

loro separazione è possibile con buona risoluzione (Rs=2.18) nelle condizioni di fase

mobile ottimizzate e descritte in precedenza. Sfortunatamente, la risoluzione

peggiora sensibilmente nei campioni reali dove la concentrazione di lattosio sovrasta

di gran lunga quella del lattulosio. Questo risulta particolarmente evidente

dall’osservazione della Figura 4.10. Come prova qualitativa è stato sottoposto un

campione di latte a bollitura per 30 minuti. Due aliquote del campione, di cui una

bollita, sono state pretrattate con i reagenti di Carrez, diluite 1:10, filtrate ed iniettate

in colonna per verificare la formazione di lattulosio. Come dimostrato in Figura 4.10,

la formazione di lattulosio in un campione di latte pastorizzato, sottoposto a circa

100°C per 30 minuti è chiaramente evidente. Durante il trattamento termico si sono

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

57

avute diverse modificazioni a carico della composizione dei carboidrati del latte; in

particolare è interessante evidenziare l’aumento del contenuto di galattosio, che

abbiamo riscontrato anche nel latte sterilizzato (paragrafo 4.8, Figura 4.23) e la

comparsa nel campione di latte bollito, di un picco a tr=17 min. Nelle nostre

condizioni è stato accertato che tale picco, è attribuibile all’epilattosio. Questo

disaccaride formatosi anch’esso in seguito a trattamento termico del latte è un altro

isomero del lattosio ed è costituito da una molecola di galattosio e una di mannosio

(4-O-β-D-galattopiranosil-D-mannosio). Come vedremo in seguito la sua presenza è

T E M P O / m in0 5 1 0 1 5 2 0 2 5 3 0

5 0 n CL a ttu lo s io

E p ila tto s io

A

B

Fig. 4.10: Confronto tra due cromatogrammi ottenuti da due aliquote dello stesso campione di latte prima (A) e dopo (B) 30 min di bollitura. È evidente la formazione di lattulosio ed epilattosio, non presenti nel latte pastorizzato. Condizioni come in Figura 4.8.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

58

strettamente correlata a quella del lattulosio e quindi anch’esso può essere preso

come riferimento per stabilire l’entità del trattamento termico subito dal latte [29].

Dall’esame della Figura 4.10 si può notare che il picco del lattosio presenta

una codatura molto pronunciata. Questo fenomeno potrebbe essere attribuito ad un

avvelenamento della superficie dell’elettrodo di lavoro, che in presenza di elevate

quantità di lattosio non riesce, se non dopo alcuni secondi, a ripristinare le condizioni

iniziali. Parte del presente lavoro di tesi è stato finalizzato a minimizzare questo

problema agendo sostanzialmente su due fronti:

# Migliorare le condizioni di rivelazione modificando la forma d’onda

applicata all’elettrodo di lavoro;

# Migliorare ulteriormente la separazione tra lattosio e lattulosio agendo

sulla composizione della fase mobile, sulla colonna e sul flusso.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

59

4.7. STRATEGIE DI MIGLIORAMENTO DEI PARAMETRI DI

RIVELAZIONE

OTTIMIZZAZIONE DELLA FORMA D’ONDA POTENZIALE/TEMPO

Come già accennato in precedenza, nella rivelazione amperometrica pulsata i

parametri che possono essere ottimizzati sono i seguenti [34, 35, 36, 37]:

• potenziale di determinazione, il quale deve essere scelto a seconda della

classe dei composti da analizzare;

• potenziali di ossidazione e di riduzione che devono essere idonei ad

ottenere una adeguata pulizia della superficie elettrodica;

• l’ambiente di rivelazione, inteso come condizioni chimico-fisiche in cui

l’elettrodo deve svolgere l'ossidazione elettrocatalitica (pH della fase

mobile, temperatura, flusso ecc.).

Normalmente il potenziale di determinazione può essere scelto con l’ausilio

della voltammetria ciclica [20]. Come già anticipato nel nostro caso si è trattato di

trovare i potenziali e i tempi ottimali, in grado di fornire segnali elevati e ridotta

codatura del picco del lattosio. Per valutare i parametri della forma d’onda più adatti

per l’analisi dei campioni di latte, sono state fatte una serie di prove mirate

all’ottimizzazione delle singole variabili. Le impostazioni di base sono state tratte dal

lavoro di LaCourse e Johnson [18] sull’ottimizzazione della forma d’onda per

l’analisi dei carboidrati, utilizzando un elettrodo di lavoro d’oro e una fase mobile

NaOH 100 mM. I tempi e i potenziali sono riassunti nella Tabella 4.5.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

60

Tabella 4.5: Parametri generali ed ottimali della forma d'onda per un rivelatore amperometrico pulsato con elettrodo di lavoro d'oro in NaOH 100 mM.

Potenziale (mV vs Ag|AgCl) Tempo (ms)

Variabile Generale Ottimizzato Variabile Generale Ottimizzato

tdet > 40 440

tdel > 20 240

Edet -200 ÷ +400 +200

tint > 20 200

Eox +300 ÷ +800 +800 tox > 60 180

Erid -800 ÷ +100 -300 tred > 60 360

La nostra fase mobile differisce per la concentrazione di NaOH essendo

molto più diluita (10 mM NaOH) e prevede inoltre la presenza del bario acetato.

Sono state effettuate a tal proposito molteplici prove variando individualmente i

parametri costituenti la forma d’onda del rivelatore elettrochimico pulsato, prima

tenendo costanti i tempi e variando i potenziali, poi tenendo costanti i potenziali e

variando i tempi.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

61

Le prove hanno dato risultati non tutti facilmente interpretabili. Infatti, mentre

è stato relativamente semplice stabilire i parametri che forniscono la migliore

risposta all’elettrodo, mantenendo peraltro un basso rumore di fondo, non è stato

altrettanto facile contenere la coda del lattosio, senza al tempo stesso compromettere

la risposta degli altri glucidi. Va precisato che la coda del lattosio risulta essere

abbastanza pronunciata solo quando la sua concentrazione è relativamente elevata,

Edet = 150 mV Edet = 100 mV Edet = 50 mV

Edet = 0 mV Edet = -50 mV Edet = -100 mV

A B C

D E F

3 min

100 nC

Fig. 4.11: Variazione del potenziale di determinazione (A÷F), tenendo costanti tutti gli altri parametri della forma d'onda. Colonna CarboPac PA1; fase mobile NaOH 10 mM +Ba(Ac)2 2 mM; forma d'onda: Edet = -100 mV ÷ 150 mV; tdet = 440 ms, tint = 200 ms, Eox = 860 mV, tox = 180 ms, Ered = -220 mV, tred = 360 ms; W.E.: Au; R.E.: Ag |AgCl; flusso 1 ml/min.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

62

come si verifica nei campioni di latte, seppur diluiti di un fattore compreso tra 1:10 e

1:100. Abbiamo inoltre potuto verificare che l’effetto di codatura del picco del lattosio

compare in maniera netta solo quando la concentrazione di soda in fase mobile è bassa

(es. 10-20 mM) mentre non si riscontra per concentrazioni 100-200 mM di NaOH. Si

confronti a tal proposito la Figura 4.1 a pag. 37 con la Figura 4.11 C.

Nell’intento di migliorare la rivelazione del lattosio si è anche tentato di

utilizzare una forma d’onda recentemente proposta da Rocklin e collaboratori [35]

per la determinazione dei carboidrati su un elettrodo d’oro. Uno dei parametri

importanti della rivelazione amperometrica pulsata è lo step di pulizia della

superficie elettrodica. Dato che l’attività elettrochimica dell’elettrodo d’oro in

ambiente alcalino può modificarsi in seguito all’adsorbimento dei prodotti di

ossidazione dei carboidrati, questo potrebbe essere uno dei motivi per cui si ha la

presenza della codatura al picco del lattosio. Nel lavoro di Rocklin e collaboratori lo

scopo della nuova forma d’onda era quello di minimizzare l’usura della superficie

elettrodica dovuta all’applicazione di potenziali di ossidazione per tempi

relativamente lunghi (tox=200 ms). Per diminuire questo effetto e

contemporaneamente avere una buona pulizia dell’elettrodo e stato proposto di

praticare un desorbimento catodico a potenziali molto negativi (Eclean=-2 V), che

favorirebbe una pulizia più rapida della superficie elettrodica, rispetto alla

tradizionale forma d’onda a tre potenziali e permetterebbe una rapida ripresa

dell’attività dell’elettrodo di lavoro. Nella Figura 4.12 sono confrontati i

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

63

cromatogrammi della stessa miscela standard ottenuti con le due forme d’onda a

quattro potenziali (A) e a tre potenziali (B).

TEMPO / min

0 5 10 15

CA

RIC

A /

nC

0

5

10

15

0

5

10

15

TEMPO / sec0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

E /

V

-0.5

0.0

0.5

1.0

TEMPO / sec0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0

E /

V

-2.0

-1.0

0.0

1.0

a b

ce

d

Edet

Eclean

Eact

Ered 2 Hz

Edet

Eox

Erid

A

B

Fig. 4.12: Cromatogrammi di una miscela standard di galattosio (a), glucosio (b), mannosio (c), lattosio (d) e lattulosio (e). Nei riquadri sono mostrati i profili potenziale (E) / tempo delle due forme d’onda. Si può notare come la forma d’onda a quattro potenziali (A) mostra un lieve abbattimento del segnale e un aumento pronunciato del noise rispetto alla forma d’onda tradizionale (B). A: Edet = 250 mV, tdet = 400 ms, tint = 200 ms, Eclean = -2 V, tclean = 10 ms, Eox = 860 ms, tox = 10 ms, Ered = -220 mV, tred = 60 ms. B: i parametri della forma d’onda sono riportati in Tabella 4.5. Colonna CarboPac PA1; eluente NaOH 10 mM + Ba(OAc)2 2 mM ad 1 ml/min.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

64

Dall’esame della Figura 4.12 A si evince che la nuova forma d’onda non

migliora la codatura del lattosio; inoltre è evidente un notevole aumento del noise

della linea di base e una diminuizione del segnale di tutti i carboidrati. Questo ci ha

spinti ad utilizzare, per il proseguo del lavoro, la forma d’onda tradizionale a tre

potenziali, cercando di ottimizzare al meglio i singoli parametri.

Abbiamo potuto stabilire che i valori ottimali per quanto attiene i potenziali di

ossidazione e riduzione nelle nostre condizioni sono: Eox = +860 mV, Erid = -220 mV.

Sono state inoltre eseguite una serie di prove in cui è stato variato il potenziale di

determinazione da –100 mV a +400 mV, iniettando una miscela di standard di

lattosio 1.5 mM e lattulosio 10 µM. È stato possibile verificare che nella regione di

potenziale (Edet) compresa tra 0.0 e +150 mV si aveva la minima manifestazione di

Edet / mV-200 -100 0 100 200 300 400 500

Cor

rent

e in

tegr

ata

/ nC

-40

-20

0

20

40

60

80

100

120

140

160Segnale di fondo

Glucosio

Lattosio

Lattulosio

Fig. 4.13: Voltammogramma idrodinamico di soluzioni standard di glucosio, lattosio e lattulosio 100 µM. Fase mobile NaOH 10 mM + Ba(Ac)2 2 mM; flusso 0.5 ml/min.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

65

codatura del lattosio. In particolare si è preferito lavorare ad un potenziale di

determinazione di +50 mV, perché a tale valore il segnale di fondo è prossimo allo

zero e consente di ottenere il miglior rapporto segnale/rumore. (Figura 4.13). Nella

Tabella 4.6 sono riassunti tutti i parametri della forma d’onda da noi ottimizzata nelle

nostre condizioni di lavoro.

Tabella 4.6: Forma d'onda ottimizzata.

Potenziale mV Tempo/ms

Edet +50 440(totale) 200(integrazione)

Eox +860 180

Ered -220 360

AUMENTO DEL pH PER AGGIUNTA POST-COLONNA DI BASE

Dalla Figura 4.1 si nota che la coda del lattosio non è presente ad alte

concentrazioni di NaOH. Si è pensato allora di alcalinizzare la fase mobile

aggiungendo soda concentrata in post-colonna per migliorare la rivelazione senza

pregiudicare la separazione. La prima prova è stata fatta utilizzando una pompa

peristaltica con cui veniva pompata NaOH 200 mM ad un flusso di 1 ml/min, ma le

pulsazioni del flusso, come mostrato in Figura 4.14 A, provocavano un forte aumento

di rumorosità del segnale. La prova è stata effettuata in doppio, con e senza aggiunta

post-colonna, su uno standard contenente arabinosio (1), galattosio (2), glucosio (3),

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

66

fruttosio (4), lattosio (5) e lattulosio (6). La concentrazione del lattosio è 1 mM

mentre gli altri analiti sono 100 volte meno concentrati. A parte la rumorosità del

segnale è chiaro che il miglioramento non è tangibile, tant’è che la stessa prova

ripetuta con una pompa reciprocante capace di fornire un flusso esente da pulsazioni,

ha confermato che anche portando l’ambiente di rivelazione ad un pH>14, l’effetto

della concentrazione di lattosio sulla risposta dell’elettrodo non migliora la forma del

suo picco.

TEMPO / min0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

50 nC

A

B1 2 3 4

5

6

Fig4.14: Cromatogrammi ottenuti con (A) e senza (B) aggiunta post-colonna. Colonna CarboPac PA1; flusso 1 ml/min; fase mobile: NaOH 10 mM + Ba(Ac)2 2 mM.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

67

EFFETTO SULLA RISOLUZIONE DEGLI ANALITI UTILIZZANDO LA COLONNA

CARBOPAC PA10

Come sin qui dimostrato, tutte le prove riguardanti la modificazione dei

parametri di rivelazione, non hanno apportato grandi miglioramenti alla forma del

picco del lattosio. La prova successiva è consistita nel sostituire la colonna CarboPac

PA1 con la CarboPac PA10. Le due colonne, come riportato in Tabella 3.2,

differiscono nel grado di reticolazione che risulta molto più elevato per la PA10.

Come mostra la Figura 4.15 e la Tabella 4.7, prendendo in considerazione i picchi

TEMPO / min

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24

PA1

PA10

70 nC

a b

ab c

d

cd

a- D-Galattosiob- D-Glucosioc- Lattosiod- Lattulosio

Fig. 4.15: Confronto tra due cromatogrammi di due diverse miscele standard ottenuti utilizzando NaOH 10 mM + Ba(Ac)2 2 mM come fase mobile e due colonne CarboPac: la PA1 (in rosso) e la PA10 (in nero).

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

68

del galattosio (a), glucosio (b), lattosio (c) e lattulosio (d), si ha un leggero

peggioramento della risoluzione dei primi due passando dalla colonna PA1

(Rs=2.66) alla PA10 (Rs=2.02). L’intervallo ∆tr rimane pressoché invariato. Per

quanto riguarda il lattosio e il lattulosio si ha invece l’effetto contrario in quanto la

risoluzione aumenta solo leggermente mentre aumenta molto di più la differenza tra i

tempi di ritenzione.

Tabella 4.7: Confronto tra la risoluzione ottenuta tra galattosio e glucosio, e tra lattosio e lattulosio con due colonne DIONEX CarboPac.

Colonna Galattosio Glucosio Lattosio Lattulosio

tr 7.6 8.6 13.1 14.8 PA1 ∆tr 1.0 1.7 Rs 2.66 2.15

tr 7.7 8.8 15.8 18.2 PA10 ∆tr 1.0 2.4 Rs 2.02 2.18

In base a questi risultati si è deciso di effettuare i successivi esperimenti sulla

matrice reale impiegando la colonna Dionex CarboPac PA10.

Anche il flusso di fase mobile è stato variato: come mostrato in Figura 4.16 la

risoluzione non migliora sensibilmente quando si passa da un flusso di 1 ml/min ad

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

69

un flusso di 0.5 ml/min, bensì in queste condizioni i tempi di analisi aumentano

molto, pregiudicando anche la riproducibilità dei tempi di ritenzione.

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

A

B

10 nC

Fig. 4.16: Cromatogrammi relativi ad una miscela di standard (30 mM), di (in ordine dieluizione), 2-Deossiglucosio, galattosammina, galattosio, glucosio, N-acetilgalattosammina,lattosio, lattulosio ed epilattosio, ottenuti con una colonna CarboPac PA10, con flussi di 1ml/min (A),e 0.5 ml/min (B).

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

70

C A

R I

C A

/

nC

0

20

40

60

PA 1

∆∆∆∆t = 5 min

0

20

40

60

PA 10

Fig. 4.17: Confronto sulla separazione del lattosio e del lattulosio in un campione di latte UHT utilizzando le due colonne CarboPac PA1 e PA10. Flusso 1 ml/min; eluente NaOH 10 mM + Ba(Oac)2 2 mM; forma d’onda come Tabella 4.5.

CONFRONTO TRA LA SEPARAZIONE OTTENUTA CON LA CARBOPAC PA1 E

CARBOPAC PA10 SU UN CAMPIONE DI LATTE

Alla luce delle prove ottenute su miscele

standard (Figura 4.15) è stata verificata la

separazione tra lattosio e lattulosio impiegando

un campione di latte. La prova è stata effettuata

su un campione di latte UHT parzialmente

scremato ed utilizzando le condizioni

ottimizzate di flusso, concentrazione della fase

mobile e forma d’onda per la rivelazione. È stata

utilizzata come fase mobile NaOH 10 mM +

Ba(OAc)2 2 mM, eluita ad 1 ml/min.

Il campione di latte è stato trattato con i reagenti

di Carrez e diluito 1:100. Nella Figura 4.17,

sono mostrati i cromatogrammi ottenuti con le

due colonne a scambio anionico Dionex

CarboPac PA1 e CarboPac PA10.

In particolare sono visibili i picchi del

lattosio e lattulosio, riportati nello stesso

intervallo temporale di cinque minuti. È evidente

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

71

come la CarboPac PA10 permetta una migliore separazione e di conseguenza una

migliore stima della quantità di lattulosio. Da sottolineare come il picco del lattosio,

la cui intensità è in entrambi i casi fuori dal range di risposta lineare, risulti più

“allargato” usando la PA10 piuttosto che la PA1. Questo fenomeno è probabilmente

dovuto al maggiore tempo di permanenza nella colonna CarboPac PA10. Ad ogni

modo, anche se la codatura del picco relativo al lattosio è comunque presente, questo

non impedisce la determinazione del lattulosio con sufficiente accuratezza e buona

sensibilità.

INFLUENZA DELLO Zn2+

Un ultima prova mirata a migliorare la separazione tra lattosio e lattulosio è

consistita nel valutare l’effetto dell’aggiunta di zinco acetato alla fase mobile. In un

recente lavoro [38] è stata riportata la separazione del lattulosio contenuto in un

campione di latte UHT, utilizzando la colonna CarboPac PA1 ed una eluizione in

gradiente con NaOH 10 mM e Zn (OAc)2 0.5 mM. Abbiamo pertanto voluto valutare

l’impiego dello Zn(OAc)2 in concentrazioni di 0.2, 0.5 e 1 mM. Non sono state

utilizzate concentrazioni più elevate per la bassa solubilità dello Zn(OH)2 in

soluzione alcalina (Kps=3×10-16 in acqua a 25°C). Questo significa altresì che lo ione

zinco non è efficace quanto il bario e lo stronzio per la precipitazione del carbonato

presente in soluzione, sebbene il Kps dello ZnCO3 sia pari a 1×10-10. A tal proposito

si è tentato di modificare la fase mobile alcalina con miscele a diversa

concentrazione di zinco e bario acetato, per cercare di sfruttare la proprietà del bario

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

72

nella precipitazione degli ioni carbonato e nello stesso tempo valutare l’efficacia dello zinco

sulla separazione tra lattosio e lattulosio. Nella Figura 4.18 sono poste a confronto due

serie di cromatogrammi entrambi effettuati con la colonna CarboPac PA1, eluite con

NaOH 10 mM + Ba(OAc)2 1,5 mM + Zn(OAc)2 0,5 mM in un caso (Figura 4.18 A) e

NaOH 10 mM + Zn(OAc)2 1 mM nell’altro (Figura 4.18 B). Le prove hanno confermato

che l’effetto sulla riproducibilità dei tempi di ritenzione è da attribuire al bario; i picchi del 2-

deossiglucosio (a), del glucosio (d) e del mannosio (e), in cinque ore di lavoro, non mostrano

alcuna anticipazione dei tempi di ritenzione in presenza di Ba(OAc)2 1.5 mM (Figura 4.18

A). L’aggiunta dello zinco in fase mobile ha apportato un lento condizionamento della

colonna in entrambi i casi, rendendo inaffidabili i tempi di ritenzione di quasi tutti i

carboidrati. Lo stesso effetto non è riportato nel lavoro di Prodolliet [49] in quanto si

trattava di una separazione condotta in gradiente con colonna rigenerata dopo ogni

eluizione. Nel nostro caso si è osservato una finale coeluizione sia di galattosio e glucosio sia

di lattulosio ed epilattosio. Nelle Figure 4.18 A e B è evidente come col passare delle ore si

sovrappongono i picchi del galattosio e glucosio, con inversione dell’ordine di eluizione tra

lattulosio ed epilattosio.

L’effetto positivo sulla separazione del lattulosio, anche in presenza di elevate

quantità di lattulosio quindi, non può essere sfruttato nelle nostre condizioni sperimentali in

quanto per ottenere separazioni riproducibili si è costretti a rigenerare la colonna

dopo ogni corsa cromatografica.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

73

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25 30

ab c d

e f g h i

h i

hi

hi

i h1 h

2 h

3 h

4 h

5 h

Fig. 4.18 B: Separazione di una miscela standard di glucidi: 2-deossiglucosio (a), galattosammina (b), galattosio (c), glucosio (d), N-acetilgalattosammina (e), fruttosio (f), lattosio (g), epilattosio (h), lattulosio (i). Fase mobile NaOH 10 mM + Zn(Oac)2 1 mM, flusso 1 ml/min, colonna CarboPac PA1.

Fig. 4.18 A: Separazione di una miscela standard di glucidi: 2-deossiglucosio (a), galattosio (c), glucosio (d), N-acetilgalattosammina (e), fruttosio (f), lattosio (g), epilattosio (h), lattulosio (i). Fase mobile NaOH 10 mM + Ba(Oac)2 1.5 mM + Zn(Oac)2 0.5 mM, flusso 1 ml/min, colonna CarboPac PA1.

T E M P O / m i n

0 5 1 0 1 5 2 0 2 5

1 h

2 h

3 h

4 h

5 h

ac d

ef

gih

i h

i h

i h

i h

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

74

4.8. ANALISI QUANTITATIVA

Una volta definite tutte le condizioni sperimentali ottimali per eseguire la separazione

dei glucidi presenti in un campione di latte, si è passati alla fase applicativa del metodo. Le

condizioni ottimali prevedono una colonna DIONEX CarboPac PA10, una fase mobile NaOH

10 mM modificata con l’aggiunta di Ba(OAc)2 2 mM, un flusso di 1 ml/min, ed una forma

d’onda come da Tabella 4.6.

L’analisi quantitativa è stata mirata soprattutto alla determinazione del lattulosio, ma

diversi glucidi minori sono stati quantificati. Per ognuno di tali composti è stata costruita la

curva di calibrazione, iniettando miscele standard a diverse concentrazioni e misurando

l’area corrispondente dei picchi cromatografici. Alcuni cromatogrammi sono mostrati

nella Figura 4.20. Per tutti i componenti le concentrazioni sono state comprese tra 2 (a)

e 100 (f) µM. Tutti gli analiti mostrano un buon coefficiente di correlazione (r). La

deviazione standard (SD) della pendenza e dell’intercetta è stata stimata ad un livello di

fiducia del 95%. Nella Tabella 4.9 sono mostrati i parametri di calibrazione ottenuti in

condizioni cromatografiche ottimizzate. Il limite di rivelabilità dei composti è stato calcolato

valutando il minimo segnale integrabile, assunto come tre volte il valore medio delle

fluttuazioni statistiche del segnale della linea di base.

Una prima prova è stata mirata alla determinazione del lattulosio in presenza di diverse

concentrazioni di lattosio. A diverse aliquote di una soluzione standard di lattulosio 5 µM si

sono aggiunte quantità crescenti di lattosio, da 100 a 1200 µM. La concentrazione di lattulosio

è stata determinata mediante l’integrazione dell’area del picco. Le prove hanno mostrato

(Tabella 4.8 e Figura 4.19) che fino a quando la concentrazione di lattosio è inferiore a 1.2

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

75

mM, il limite di rivelabilità per il lattulosio è pari a circa 5 µM. Tale valore è maggiore di un

ordine di grandezza del valore stimato con l’impiego di soluzioni standard (0,25 µM) [39].

Tabella 4.8.: Concentrazione stimata di lattulosio di una miscela standard 5 µM, in presenza di concentrazioni crescenti di lattosio.

Concentrazione Lattosio (µµµµM) Concentrazione stimata di

Lattulosio (µµµµM)

100 5.2

200 5.2

400 5.5

600 5.1

800 5.2

1000 5.3

1200 5.5

TEMPO / min0.0 3.0 6.0 9.0 12.0 15.0

CARI

CA /

nC

Lattulosio

Lattosio

abcd

50 nC

ef

Fig. 4.19: Determinazione della concentrazione di lattulosio in una miscela standard 5 µM con concentrazioni crescenti di lattosio da 100 a 1200 mM (a-f). Colonna CarboPac PA1

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

76

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25

a

b

c

d

e

f

20 nC

1

23

45

6 7

Fig. 4.19: Cromatogrammi relativi alla calibrazione ottenuta con miscele standard con concentrazioni da 2 a 100 µM. 2-Deossiglucosio (1), galattosio (2), glucosio (3), N-acetilgalattosammina (4), lattosio (5), lattulosio (6) ed epilattosio (7). Altre condizioni come in tabella 4.5.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

77

Tabella 4.9: Parametri quantitativi di alcuni carboidrati determinati mediante HPAEC con rivelazione amperometrica pulsata.a

Porzione lineare della curva di calibrazione

y = a + b C c

Composto a ± t95 sa

(nC min)

b ± t95 sb

(nC min/µM)

rd l.d.r.e

(pmol)

2-Deossiglucosio 0.4 ± 0.6 0.08 ± 0.01 0.9963 1.6

Galattosio 0.1 ± 0.3 0.15 ± 0.01 0.9994 1.5

Glucosio 0.2 ± 0.5 0.19 ± 0.01 0.9991 1.4

Mannosio 0.1 ± 0.3 0.15 ± 0.01 0.9996 2.1

Lattosio 0.5 ± 1.2 0.23± 0.02 0.9986 2.0

Lattulosio 0.4 ± 0.9 0.22 ± 0.02 0.9981 2.5

Epilattosio 0.7 ± 1.6 0.23 ± 0.04 0.9978 2.5

a Colonna, CarboPac PA10 con precolonna; velocità di flusso:1 mL/min; loop da 10 µL; fase mobile NaOH 10 mM + Ba(Oac)2 2 mM; elettrodo di lavoro: Au; EDET = +0.05 V. b segnale relativo all’area di picco (nC min). c Concentrazione, µM. d Coefficiente di correlazione. e Limite di rivelabilità.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

78

4.9. CAMPIONI REALI

Per le analisi di campioni reali sono stati scelti vari tipi di latte in relazione alla

ditta produttrice, al contenuto in grasso e al tipo di distribuzione commerciale (catene

discount, produzione regionale e nazionale). I dati quantitativi di tutte le analisi sono

riassunti nella Tabella 4.10. Le quantità di lattulosio ritrovate corrispondono mediamente a

quelle riportate in un recente lavoro di Mosso ed altri [8] impiegando un metodo

enzimatico. Quasi tutti i campioni di latte UHT presentano un contenuto di lattulosio al di

sotto del limite raccomandato dall’I.D.F (Figura 4.21) e fissato a 60 mg/100 ml, tranne che i

campioni di latte n° 3 (latte Reggiano 89.4 mg/100 ml) e n°4 (latte CRAI 70 mg / 100 ml).

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

Lattu

losi

o, m

g / 1

00 m

L

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27

Campioni

Latte sterilizzato

Latte UHT

Sterilizzato

UHT

sotto il l.d.r.

limite 60 mg / 100 ml (I.D.F.)

Fig. 4.21: Distribuzione delle concentrazioni di lattulosio presente in diversi campioni di latte (Tabella 4.9).

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

79

Tabella 4.10: Risultati quantitativi del contenuto di zuccheri in alcuni campioni di latte.

Campioni di latte

Contenuto di zuccheri (mg/100ml)

Marca Tipo Gal Glu Lattulosio Epilattosio

Gmudner milch UHT, parzialmente

scremato

7.66 5.69 9.54 -

Bayernland UHT, parzialmente scremato

19.94 11.71 57.00 4.82

Biancavalle UHT, intero 6.01 2.32 20.34 1.53

Bonlat UHT, parzialmente scremato

9.67 8.60 - -

Nactalia UHT, intero 5.24 2.11 32.00 -

Clab UHT, intero 5.78 3.24 15.08 1.17

Conad UHT, scremato 7.68 5.47 21.84 6.31

Coop UHT, scremato 7.53 3.82 23.18 1.08

CRAI UHT, parzialmente scremato

17.97 9.94 70.08 1.57

Granarolo UHT, parzialmente scremato

3.71 1.78 11.92 0.11

Granarolo H D UHT, parzialmente scremato

3352.30 3000.62 - -

Latte crudo 29.52 12.84 - -

Latte Crudo bollito 30’ 41.50 17.97 25.29 2.03

Linea Fattoria UHT, parzialmente scremato

15.02 9.46 40.53 -

Müller UHT 22.98 - 21.23 7.14

Parmalat UHT, intero 13.29 10.05 - -

Parmalat Pastorizzato, parzialmente scremato

15.27 8.34 - -

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

80

(Continua)

Campioni di latte Contenuto di zuccheri (mg/100ml)

Marca Tipo Gal Glu Lattulosio Epilattosio

Perla UHT, intero 18.58 5.63 14.09 -

Polenghi UHT, parzialmente

scremato

18.56 11.38 38.99 2.65

Posticchia Sabelli Pastorizzato, intero 29.06 12.28 15.83 -

Posticchia Sabelli Pastorizzato,

intero, bollito 30’

10.27 7.77 - -

Reggiano UHT, parzialmente

scremato

26.03 10.04 89.43 6.52

Selex UHT, parzialmente

scremato

18.35 10.26 51.44 -

Soiadrink UHT (latte di soia) 0.00 10.98 - -

Stella Sterilizzato, intero 55.55 14.78 178.12 15.23

Stella Plus Sterilizzato, intero 42.34 14.45 146.82 11.79

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

81

Il contenuto di lattulosio nel latte CRAI, distribuito da una nota catena

commerciale italiana, ma prodotto e confezionato a Karpfham-Bahnhof in Germania,

supera il limite massimo di concentrazione per un latte UHT. Tra i due campioni di

latte distribuiti nelle catene Discount da noi analizzati, Bayerland (Germania), e

Gmudner Milch (Austria), quello austriaco è risultato essere paragonabile al latte

Granarolo o al latte Perla, entrambi di produzione nazionale. Le analisi effettuate su

0

10

20

30

40

A

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25

CARI

CA /

nC

0

10

20

30

40

B

a

b c

d

e

Fig. 4.22: Cromatogrammi relativi a un campione di latte “delattosato” Granarolo HD (A) e di un campione di latte di soia Soiadrynk (B). Solo nel primo cromatogramma ritroviamo tracce di lattosio; il saccarosio (picco e) è riportato in etichetta come zucchero aggiunto, nelle nostre condizioni ha lo stesso tempo di ritenzione del galattosio; gli altri picchi sono: 2-deossiglucosio (a), galattosio (b), glucosio (c), lattosio (d). Condizioni sperimentali come in Tabella 4.8.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

82

un latte “delattosato” (Granarolo HD) e su un latte di soia (Soiadrink), entrambi

destinati all’alimentazione di soggetti intolleranti al lattosio, hanno confermato

l’assenza di questo disaccaride nel latte di soia e la presenza in piccole tracce nel

latte “delattosato” (Figura 4.22 A).

Nella Figura 4.23 A è rappresentato il cromatogramma di un campione di

latte crudo; sono presenti il galattosio, glucosio, N-acetilgalattosammina e lattosio.

Sono assenti sia il lattulosio che l’epilattosio. Le quantità relativamente elevate dei

glucidi presenti, potrebbero essere legate all’individualità del soggetto da cui è stato

prelevato il campione di latte. Non è stato infatti possibile prelevare il campione

dalla cisterna di raccolta del latte crudo, bensì direttamente dalla mungitrice

meccanica del singolo animale. La figura 4.23 B, relativa a un campione di latte

fresco pastorizzato, rivela un profilo di concentrazioni relativamente analogo al latte

crudo, ad indicare il minimo impatto che provoca il trattamento termico sulle

caratteristiche chimico fisiche del latte. Le figure 4.23 C e D mostrano, invece, i

cromatogrammi rispettivamente di un latte UHT e di un latte sterilizzato. In questi

due campioni è chiara la formazione di lattulosio ed epilattosio. Nel latte sterilizzato

è presente inoltre il galattosio in quantità relativamente più elevate di quelle degli

altri campioni. Tale differenza è probabilmente attribuibile ad una più spinta idrolisi

del lattosio rispetto al trattamento termico UHT.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

83

0

10

20

30

40

A

CA

RIC

A /

nC 0

10

20

30

40

0

10

20

30

40

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25

0

10

20

30

40

B

C

D

ab

c d

e

f

g

Fig. 4.23: Cromatogrammi che mostrano le quattro tipologie di latte analizzato: latte crudo (A), lattefresco pastorizzato, Posticchia Sabelli (B), latte UHT CRAI (C), latte sterilizzato, Stella (D). Picchi: (a)2-deossiglucosio (S.I.), (b) galattosio, (c) glucosio, (e) N-acetilgalattosammina, (f) lattosio, (g) lattulosio.Condizioni sperimentali riportate in Tabella 4.8.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

84

Nella Figura 4.24 è riportato il cromatogramma dei primi dodici minuti di due

campioni di latte UHT di vacca (A) e di capra (B) diluiti 1:20. Anche se il

quantitativo di lattulosio nel latte di capra UHT è contenuto nei limiti previsti, il

confronto tra i due campioni di latte ha confermato che nel latte di capra non è

presente la N-acetilgalattosammina [40]. Questo aspetto merita di essere

ulteriormente approfondito in futuro.

Tempo / min

0 2 4 6 8 10 12

Caric

a / n

C

a

b c

d A

B

20 nC

Fig. 4.24: Cromatogrammi di due campioni di latte UHT, diluizione 1:20, uno di vacca (A) e l’altro di capra (B). Notare l’assenza di N-acetilgalattosammina (d) nel latte di capra. Gli altri componenti sono: 2-deossiglucosio (a), galattosio (b) e glucosio (c). Condizioni sperimentali come in Tabella 4.8.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

85

Il picco riscontrato sul fronte del solvente è attribuibile molto probabilmente al mio-

inositolo, anch’esso presente in quantità maggiori nel latte di capra. Nelle nostre

condizioni cromatografiche però, sono più di uno gli alditoli che eluiscono con un

tempo di ritenzione prossimo a quello del tempo morto, di conseguenza

l’attribuzione del picco al mio-inositolo, presente tra l’altro in tutti i campioni

analizzati, non può essere certa.

Un’ultima considerazione può essere fatta, relativamente al trattamento

termico, sulla qualità del latte commercializzato da grandi marchi commerciali e da

catene discount. Non è così immediato infatti il binomio discount = bassa qualità,

anzi in alcuni casi la quantità di lattulosio presente nel latte “discount” è di gran

lunga inferiore a quella riscontrata in altre marche di fascia media commercializzate

nelle catene di distribuzione quali Conad, Coop o Crai. È interessante aver stabilito

per quest’ultima in particolare, che la produzione del latte venduto con il marchio

Crai è affidata allo stabilimento Rottaler Milchwerk e G., Karpfham-Bahnhof,

Bavaria. Il costo per un litro di latte Crai supera di poco quello di un litro di latte

discount, ma la quantità di lattulosio presente nel latte “più caro” è maggiore di

quella presente nel secondo. Nella Figura 4.25 vengono posti a confronto un latte che

si pone nella fascia di prezzo medio alta, Parmalat UHT intero (A); latte di costo

medio, Granarolo UHT parzialmente scremato (B), latte Reggiano UHT parzialmente

scremato (C), di fascia medio bassa, e latte Gmundner milch UHT parzialmente

scremato (D), di fascia discount.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

86

0

10

20

30

40

AC

AR

ICA

/ nC 0

10

20

30

40

0

10

20

30

40

TEMPO / min

0 5 10 15 20 25

0

10

20

30

40

B

C

D

a

b c d

e

f

g

Fig. 4.25: Cromatogrammi di campioni di latte UHT, diluizione 1:100; Parmalat (A), Granarolo (B), Reggiano, (C) e Gmundner milch (D). 2-deossiglucosio (a), galattosio (b), glucosio (c), N-acetilgalattosammina (d), lattosio (e), lattulosio (f). Condizioni sperimentali come in Tabella 4.8.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

87

Dalla Figura 4.25 C e D emerge chiaramente che il latte Reggiano prodotto in

Italia (Badia Polesine), mostra un contenuto di lattulosio ed epilattosio superiore al

latte austriaco.

A questo punto è interessante effettuare alcune considerazioni sul rapporto

tra il contenuto di lattulosio e il prezzo che viene pagato per acquistare 1 litro di latte.

Nella Tabella 4.11 sono mostrati i prezzi al dettaglio dei campioni analizzati. Come

si può notare il costo medio per un litro di latte varia dalle 800 £ alle 5000 £ circa,

ma non è inequivocabilmente vero che il maggiore costo prelude ad una maggiore

qualità, almeno per quanto attiene al trattamento termico.

Tabella 4.11: Prezzi al dettaglio di alcuni campioni di latte analizzati.

Marca Tipo Prezzo (£ / litro)

Gmudner milch UHT Parz. Scremato 890 Bayernland UHT Parz. Scremato 1050 Bonlat UHT Parz. Scremato 1250 Crai UHT Parz. Scremato 1150 Nactalia (latte di capra) UHT Intero 4490 Granarolo H D UHT Parz. Scremato 2300 Granarolo UHT Parz. Scremato 1780 Crema di latte Muller UHT Parz. Scremato 1290 Parmalat UHT Intero 1950 Parmalat Pastorizzato Parz. Scremato 2100 Polenghi UHT Parz. Scremato 850 Posticchia Sabelli Pastorizzato Intero 1790 Reggiano UHT Parz. Scremato 1190 Selex UHT Parz. Scremato 980 Soia Drink UHT (latte di soia) 2470 (500 ml) Stella Sterilizzato Intero 2600

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

88

La Figura 4.26 mostra le tre classi di latte UHT parzialmente scremato

analizzate, latte estero di “fascia discount”, latte italiano di “fascia medio-bassa” e

latte italiano di “fascia medio-alta”. È riportato sia il contenuto di lattulosio sia il

prezzo al dettaglio per litro di latte. È chiaro che all’aumentare del prezzo non

diminuisce il contenuto di lattulosio soprattutto per le fasce medie vendute nelle

Prezzo (£ / litro)

850 890 9801050

11501190

12501780

1950

Lattu

losi

o m

g / 1

00 m

L

0

20

40

60

80

100

Latte estero: "fascia discount"Latte italiano: "fascia medio-bassa"Latte italiano: "fascia medio-alta"

Fig. 4.26: Confronto tra la quantità di lattulosio e il prezzo al dettaglio per 1 litro di latteUHT, in relazione alle tre categorie analizzate: Latte estero “fascia discount”, latte italiano“fascia medio-bassa”, latte italiano “fascia medio-alta”.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

89

grandi distribuzioni che sono quindi le dirette concorrenti del latte di qualità

discount; così il campione di latte Bonlat che costa £ 1250/litro è un esempio

dell'incidenza del marchio sulla determinazione del prezzo finale. Dall’etichetta

infatti risulta prodotto nello stabilimento Parmalat di Collecchio (Pr), però ha un

costo di circa 500 £ in meno del latte Parmalat £ 1950/litro. I motivi per cui il latte

estero riesce a spuntare un prezzo minore anche a fronte dell’elevata incidenza del

costo per il trasporto, sono probabilmente da attribuire agli accordi comunitari per il

sostegno alle produzioni di ogni paese. Questo fatto tende a favorire l'importazione

di latte estero, a danno evidentemente del mercato interno.

Come già evidenziato da Andrews [41], infine, le prove effettuate su

campioni di latte della stessa ditta produttrice, in tempi diversi e su campioni di latte

con diverso contenuto in grasso, non hanno mostrato differenze significative nel

contenuto dei glucidi analizzati mediante HPAEC-PAD.

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

90

4.10. CONCLUSIONI

Nel presente lavoro di tesi è stata messa a punto una nuova metodica per la

determinazione del lattulosio nel latte trattato termicamente, mediante cromatografia

a scambio anionico con rivelazione amperometrica pulsata. La scelta delle condizioni

cromatografiche è stata effettuata con lo scopo di ottenere una efficiente e rapida

separazione di tutti i principali glucidi presenti nel campione.

La scelta di utilizzare una colonna a scambio anionico ad alto grado di

reticolazione, quale la CarboPac PA10, ha permesso di migliorare la risoluzione tra

lattulosio e lattosio presenti nel latte in concentrazioni 1:1000. Una buona

separazione è stata anche ottenuta con una colonna CarboPac PA1. L’aggiunta di

bario acetato alla soluzione alcalina, ci ha permesso di utilizzare una fase mobile

diluita di NaOH (10 mM) con la quale è possibile lavorare per più giorni senza dover

rigenerare la colonna dopo ogni corsa cromatografica. Questo perché il bario induce

la precipitazione del carbonato presente in fase mobile sotto forma di sale insolubile.

Induce inoltre un aumento della risposta amperometrica, molto utile per il buon

funzionamento del rivelatore elettrochimico pulsato. L’aggiunta del sale sotto forma

di acetato ha infine garantito una riduzione dei tempi di analisi con una durata per

ogni corsa cromatografica di soli 25 minuti.

Interessanti considerazioni possono essere dedotte dall’analisi dei campioni

di latte. È infatti stato dimostrato che a fronte di un minor costo del latte “discount”,

non sempre corrisponde una bassa qualità del prodotto. Si è bensì verificato il

contrario. Dal confronto tra i campioni di latte “nazionali” e i campioni di latte

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

91

prodotti per conto di ditte italiane all’estero, risulta che il livello di lattulosio è più

elevato per il latte "estero". Questo suggerisce che tale prodotto è sottoposto ad un

trattamento termico più drastico o eventualmente addizionato con latte in polvere.

La possibilità di espandere la metodica sviluppata per la determinazione di tutta una

serie di glucidi e loro derivati presenti nel latte, possibili indicatori di altri trattamenti

o difetti della materia prima, è attualmente oggetto di studio nel nostro laboratorio.

RINGRAZIAMENTI

Porgo un sentito ringraziamento al Prof. Tommaso Cataldi per l’assidua

presenza e disponibilità mostrata durante tutto il lavoro di tesi e al Dipartimento di

Produzione Vegetale per avermi ospitato e per aver consentito l’utilizzazione del

cromatografo Dionex.

Un ultimo ringraziamento alla Dott.ssa Cristiana Campa, preziosa e attenta

assistente in molte prove in laboratorio.

BIBLIOGRAFIA

4-RISULTATI E DISCUSSIONE

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41 G. Andrews, Bulletin of the IDF n°238, 1984.