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RAPPORTO AMBIENTALE PRELIMINARE R1 p C O M U N E D I B O N E A P IANO U RBANISTICO C OMUNALE gennaio 2020 Provincia di Benevento ( art.23 Legge Regione Campania del 22 dicembre 2004 n.16 ) R.U.P. Ufficio di Piano: Salvatore Izzo, architetto Il Sindaco avv. Giampietro Roviezzo Progettazione: Giuseppe Iadarola, architetto Tavola VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

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RAPPORTO AMBIENTALE

PRELIMINARE

R1p

C O M U N E D I B O N E A

PIANO URBANISTICO COMUNALE

gennaio 2020

Provincia di Benevento

( art.23 Legge Regione Campania del 22 dicembre 2004 n.16 )

R.U.P. Ufficio di Piano:

Salvatore Izzo, architetto

Il Sindaco

avv. Giampietro Roviezzo

Progettazione:

Giuseppe Iadarola, architetto

Tavola

VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

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C o m u n e d i B O N E A

P R O V I N C I A D I B E N E V E N T O

P I A N O U R B A N I S T I C O C O M U N A L E

(Legge Regione Campania n.16 del 22 dicembre 2004, art.23)

V A L U T A Z I O N E A M B I E N T A L E S T R A T E G I C A

V A L U T A Z I O N E D ‘ I N C I D E N Z A

R A P P O R T O A M B I E N T A L E P R E L I M I N A R E

( a r t . 13 D. L g s . 0 3 . 0 4 . 2 0 0 6 , n . 1 5 2 )

( Regolamento di attuazione per il governo del territorio n 5 del 4 agosto 2011, art.2 c.4 )

Gennaio 2020

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“Sole, spazio e alberi,

Io li ho considerati come materiali fondamentali

per la creazione urbanistica”.

Charles-Edouard Jeanneret-Gris - Le Corbusier, Ville Radieuse 1933

SINDACO DI BONEA: avv. Giampiero Roviezzo.

R.U.P. UFFICIO DI PIANO: arch. Salvatore Izzo.

PROGETTO: arch. Giuseppe Iadarola.

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I N D I C E .

INDICE

0. INTRODUZIONE. 7

0.1 Quadro normativo di riferimento per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e

per la Valutazione d’Incidenza Ambientale (V.I. o V.Inc.A). 9

0.1.1 Normativa comunitaria. 9

0.1.2 Normativa statale. 11

0.1.3 Normativa regionale. 15

0.2 Valutazione d’Incidenza Ambientale (V.I. o V.Inc.A). 19

0.3 Articolazione e struttura del Rapporto ambientale. 21

0.4 Percorso istituzionale e consultazioni. 24

1. CONTESTO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO. 28

1.1 Bonea nel Parco Naturale Regionale del Taburno-Camposauro. 29

1.2 Paesaggio di Bonea nel contesto regionale e provinciale. 36

1.3 Risorse ambientali. 41

1.3.1 Rete idrografica. 41

1.3.2 Risorse ambientali e naturalistiche. 42

1.3.3 Carta della Naturalità. 44

1.3.4 Caratteri climatici. 47

1.4 Risorse agro-forestali. 48

1.4.1 Uso del suolo. 49

1.4.3 Consumo di suolo. 51

1.5 Risorse energetiche. 54

1.6 Governo del rischio idrogeologico e sismico. 54

1.7 Sistema insediativo. 55

1.7.1 Sistema insediativo locale in rapporto al PTCP. 57

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1.7.2 Aree di interesse archeologico. 59

1.8 Sistema del turismo, dei servizi e delle attività produttive. 62

1.9 Sistema della mobilità e delle infrastrutture. 64

1.9.1 Rete stradale. 64

1.9.2 Sottoservizi urbani. 65

1.10 Aree naturali protette e regime vincolistico. 65

1.10.1 Aree protette di livello comunitario: SIC IT8020008 Massiccio del Taburno. 65

1.10.2 Regime vincolistico di livello nazionale. 69

1.10.3 Aree protette di livello regionale e provinciale. 71

1.11 Pianificazione di livello sovraordinato e comunale. 72

1.11.1 Piano Territoriale Regionale (PTR). 73

1.11.2 Piano Territoriale Paesistico (PTP) del Massiccio del Taburno. 74

1.11.3 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP). 77

1.11.4 Piano Regolatore Generale previgente (1996). 78

2. STRUTTURA DEL PIANO. 80

2.1 Articolazione del P.U.C. 81

2.2 Contenuti e obiettivi del P.U.C. 84

3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL PUC CON GLI

OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA

SOVRAORDINATA. 88

4. STATO ATTUALE DELL’AMBIENTE. 92

4.1 Popolazione e territorio. 94

4.1.1 Struttura della popolazione. 94

4.1.2 Tasso di attività - tasso di occupazione/disoccupazione. 98

4.1.3 Livello locale del reddito. 100

4.1.4 Uso sostenibile del territorio. 101

4.1.5 Accrescimento e salvaguardia del contesto abitativo e funzionalità di spazi ed edifici.

102

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4.1.6 Comunicazione ambientale, riconoscimento degli aspetti semiologico-antropologici

per la percezione del sistema paesaggistico, Livello di riconoscimento dell’identità locale. 105

4.1.7 Accessibilità delle aree verdi pubbliche e dei servizi locali. 106

4.1.8 Superamento delle barriere architettoniche. 107

4.1.9 Spostamento casa scuola dei bambini. 107

4.1.10 Cave ed attività estrattive. 108

4.1.11 Estrazione di idrocarburi. 109

4.1.12 Superficie occupata da discariche. 110

4.1.13 Uso del suolo (cambiamento da area naturale ad area edificata). 110

4.1.14 Attrattività economico-sociale. 113

4.2 Tutela e protezione ambientale. 113

4.2.1 Minimo consumo di suolo. 114

4.2.2 Biodiversità. 114

4.2.3 Vulnerabilità del territorio ed eventi idrogeologici, vulcanici e sismici. 117

4.2.4 Inquinamento acustico. 118

4.2.5 Inquinamento da campi elettromagnetici. 120

4.2.6 Zone edificate. 122

4.3 Sviluppo sostenibile. 122

4.3.1 Prodotti sostenibili. 122

4.3.2 Protezione, conservazione e recupero dei valori storici, culturali ed architettonici. 125

4.3.3 Tutela e sviluppo del paesaggio (anche agricolo) e delle attività turistiche e produttive

connesse. 125

4.3.4 Risorse energetiche. 126

4.3.5 Area adibita ad agricoltura di prodotti di pregio e/o biologici. 129

4.4 Acqua. 130

4.4.1 Consumi idrici. 130

4.4.2 Qualità delle acque superficiali. 131

4.4.3 Collettamento delle acque reflue. 134

4.4.4 Qualità delle acque sotterranee. 135

4.5 Mobilità. 137

4.5.1 Mobilità locale e trasporto passeggeri. 138

4.5.2 Modalità di circolazione dei veicoli e infrastrutture. 140

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4.6 Aria. 141

4.6.1 Clima. 141

4.6.2 Rete di monitoraggio della qualità dell’aria. 142

4.6.3 Qualità dell’aria. 142

4.6.4 Emissioni in atmosfera. 144

4.6.5 Contributo locale al cambiamento climatico globale. 146

4.7 Rifiuti. 146

5. AREE INTERESSATE DAL PIANO. 148

6. AREE DI RILEVANZA AMBIENTALE. 152

7. OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE. 156

7.1 Individuazione degli obiettivi. 156

7.2 Analisi di coerenza degli obiettivi del PUC con gli obiettivi di protezione ambientale.

162

8. EFFETTI DEL PIANO SULL’AMBIENTE. 166

8.1 Valutazione qualitativa. 166

8.2 Valutazione quantitativa. 168

9. MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE. 170

10. MONITORAGGIO. 171

10.1 Riferimenti internazionali e nazionali. 171

10.2 Misure e indicatori di monitoraggio. 174

11. ALLEGATI. 176

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0. INTRODUZIONE.

La presente relazione è denominata “Rapporto ambientale

preliminare” ed è finalizzata, nell‟ambito della procedura di

Valutazione Ambientale Strategica, all‟avvio delle attività di

“consultazione” tra “autorità procedente”, “autorità competente” e

soggetti presenti sul territorio, secondo quanto prescritto dalla

normativa vigente. Più precisamente, il presente Rapporto preliminare

viene redatto “[…] al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle

informazioni da includere nel Rapporto ambientale”1 e costituisce il documento

"preliminare" esplicativo del processo di Valutazione Ambientale

Strategica (VAS) condotto nella fase di elaborazione del Piano

Urbanistico Comunale (PUC) di Bonea, costituendone parte

integrante.

Il Rapporto ambientale è redatto in osservanza dell‟art.47 della L.R.

Campania n.16 del 22.12.2004, il quale stabilisce che i piani territoriali

di settore ed i piani urbanistici debbono essere accompagnati dalla

valutazione ambientale di cui alla Direttiva 2001/42/CE, da effettuarsi

durante la fase di redazione dei piani (comma 1), e che la valutazione

debba scaturire da un Rapporto ambientale in cui siano individuati,

descritti e valutati gli effetti significativi dell‟attuazione del piano

sull‟ambiente e le alternative, alla luce degli obiettivi e dell‟ambito

territoriale di riferimento del piano (comma 2). Inoltre, è redatto in

conformità al Regolamento di attuazione n.5 del 4 agosto 2011 della

succitata norma per il governo del territorio, e consta dei seguenti

elementi:

descrizione sommaria dell‟articolazione del “Rapporto ambientale” e

dalla proposta di un indice di Rapporto;

sintesi del quadro normativo di riferimento; 1 Art. 13, c.1 Dlgs n.152/06 e s.m.i.: Redazione del Rapporto ambientale. “1. Sulla base di un rapporto preliminare sui

possibili impatti ambientali significativi dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o l'autorita' procedente entrano in

consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attivita' di elaborazione di piani e programmi, con l'autorita' competente e gli altri soggetti

competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto

ambientale”.

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descrizione del quadro programmatico e della pianificazione di

riferimento;

descrizione sommaria del quadro progettuale e degli obiettivi di

Piano previsti dalla committenza;

descrizione del “quadro ambientale” e dello stato attuale

dell'ambiente.

La citata Direttiva 2001/42/CE stabilisce che per «valutazione

ambientale» s'intende:

l'elaborazione di un rapporto di impatto ambientale,

lo svolgimento di consultazioni,

la valutazione del Rapporto ambientale e dei risultati delle

consultazioni nell'iter decisionale,

e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione.

L‟applicazione della Direttiva 2001/42/CE sulla valutazione ambientale

di piani e programmi, comunemente conosciuta come “Valutazione

Ambientale Strategica” (VAS), ha l‟obiettivo di garantire un elevato

livello di protezione dell‟ambiente e di contribuire all‟integrazione di

considerazioni ambientali all‟atto dell‟elaborazione e dell‟adozione di

piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile

assicurando che, ai sensi della stessa Direttiva, venga effettuata una

valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono

avere un impatto significativo sull‟ambiente.

Come già accennato, la L.R. n.16/2004 rimanda esplicitamente alla

Direttiva 2001/42/CE, la quale è stata recepita dalla Repubblica

Italiana con il d.lgs. n.152/2006. Inoltre, il presente lavoro contiene

anche gli elementi necessari per operare la Valutazione d'Incidenza

(V.I. o VIncA) di cui all'articolo 5 del decreto n.357 del 1997,

riferendosi direttamente all'allegato G dello stesso decreto n.357 del

1997. Per maggiore chiarezza, nel capitolo seguente viene brevemente

tracciato il quadro normativo di riferimento per la VAS, tenuto conto

delle norme che si sono susseguite negli ultimi anni a livello

comunitario, nazionale e regionale.

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0.1 Quadro normativo di riferimento per la Valutazione

Ambientale Strategica (VAS) e per la Valutazione

d’Incidenza Ambientale (V.I. o V.Inc.A).

Per un più dettagliato orientamento nel settore specifico, di seguito si

riporta l‟elenco delle principali norme di interesse ambientale che sono

di riferimento per la presente relazione.

0.1.1 Normativa comunitaria.

Direttiva 79/409/CEE (2 aprile 1979) del Consiglio, concernente

la conservazione degli uccelli selvatici (V.I.);

Direttiva 85/337/CEE (27 giugno 1985): Direttiva concernente la

valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e

privati. I progetti da sottoporre a valutazione d‟impatto ambientale

sono suddivisi in due elenchi, (allegato I e II) il primo riguarda

opere la cui valutazione d‟impatto ambientale è obbligatoria, il

secondo riguarda opere che sono da sottoporre a V.I.A. solo se gli

Stati membri lo ritengono opportuno.

Direttiva 92/43/CEE (21 maggio 1992) del Consiglio relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e

della fauna selvatiche (V.I.);

Direttiva 97/11/CE (3 marzo 1997): modifica della direttiva

85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di

determinati progetti pubblici e privati;

Direttiva 42/2001/CE del 21.06.2001 concernente la valutazione

degli effetti di determinati piani e programmi sull‟ambiente: art.1

obiettivi, art.2 definizioni, art.3 ambito d‟applicazione, art.4 obblighi

generali, art.5 Rapporto ambientale, art.6 consultazioni, art.7

consultazioni transfrontaliere, art.8 iter decisionale, art.9 informazioni

circa la decisione, art.10 monitoraggio, art.11 relazione con le altre

disposizioni della normativa comunitaria, art.12 informazioni,

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relazioni e riesame, art.13 attuazione della direttiva, art.14 entrata in

vigore, art.15 destinatari. La Direttiva 2001/42/CE del Parlamento

Europeo e del Consiglio dell‟Unione Europea concerne la valutazione

degli effetti di determinati piani e programmi sull‟ambiente. Essa

estende l‟ambito di applicazione della “valutazione ambientale” che,

fino a quel momento, si riferiva soltanto alla valutazione degli

impatti di determinati progetti sull‟ambiente, in applicazione della

Direttiva 85/37/CEE sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e

della Direttiva 97/11/CE che ha modificato la precedente. La

Direttiva 2001/42/CE viene spesso definita come Direttiva sulla

Valutazione Ambientale Strategica (VAS) anche se, in realtà, la

dizione di “valutazione ambientale strategica” non è mai utilizzata

all‟interno dei diversi articoli che la costituiscono, mentre è usata la

più semplice terminologia di “valutazione ambientale” di determinati

piani e programmi. Tenuto conto, però, che il successivo documento

dell‟Unione Europea sull‟Attuazione delle Direttiva 2001/42/CE si

riferisce esplicitamente alla VAS, si assume che la “valutazione

ambientale” prevista dalla Direttiva coincide, a tutti gli effetti, con la

VAS. La Direttiva 2001/42/CE è stata recepita dall‟Italia con il d.lgs.

3 aprile 2006, n.152 (norme in materia ambientale - G.U. n.88 del

14 aprile 2006), che costituisce oggi, con le sue modifiche e

integrazioni, la normativa statale di riferimento per la VAS. In

particolare, riprendendo quanto già enunciato nella Direttiva

europea, il d.lgs. n.152/2006 evidenzia che nel Rapporto ambientale

devono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi

che l‟attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere

sull‟ambiente e sul patrimonio culturale, e l‟Allegato VI al decreto

stesso riporta le informazioni da fornire nel Rapporto ambientale, nei

limiti in cui possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto

del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione correnti, dei

contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma. Si

sottolinea anche che, per evitare duplicazioni della valutazione,

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possono essere utilizzati, se pertinenti, approfondimenti già

effettuati ed informazioni ottenute nell‟ambito di altri livelli

decisionali o altrimenti acquisite in attuazione di altre disposizioni

normative.

Direttiva 2003/4/CE (28.01.2003): accesso del pubblico

all‟informazione ambientale (abroga la direttiva 90/313/CEE).

Direttiva 2003/35/CE (26.05.2003): partecipazione del pubblico

nell‟elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale

(modifica la direttiva 85/337/CEE e 96/61/CE).

Direttiva 2009/147/CE (30 novembre 2009) del Consiglio

concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

0.1.2 Normativa statale.

legge 08.07.1986 n.349 (istitutiva del Ministero dell‟ambiente): la

legge fissa il termine del gennaio 1987 per il recepimento della

Direttiva; questa viene di fatto recepita solo con due decreti del

1988 (D.P.C.M. 10 agosto 1988, n.377 e D.P.C.M. 27 dicembre

1988);

legge 22.02.1994 n. 146 (art.40): disposizioni per l'adempimento

di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità

europea;

legge 03.11.1994 n.640: ratifica ed esecuzione della convenzione

sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto

transfrontaliero, con annessi;

d.P.R. 12.04.1996: atto di indirizzo e coordinamento per

l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n.

146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto

ambientale;

Regolamento d.P.R. 08.09.1997 n.357 (V.I.): Regolamento

recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora

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e della flora selvatica; il recepimento della Direttiva “Habitat” è

avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento in parola,

modificato ed integrato dal D.P.R. n. 120 del 12 marzo 2003. La

conservazione della biodiversità europea viene realizzata tenendo

conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle

particolarità regionali e locali; ció costituisce una forte innovazione

nella politica del settore in Europa; in altre parole si vuole favorire

l'integrazione della tutela di habitat e specie animali e vegetali con

le attività economiche e con le esigenze sociali e culturali delle

popolazioni che vivono all'interno delle aree che fanno parte della

rete Natura 2000; secondo i criteri stabiliti dall'Allegato III della

Direttiva "Habitat", ogni Stato membro redige un elenco di siti che

ospitano habitat naturali e seminaturali e specie animali e vegetali

selvatiche, in base a tali elenchi e d'accordo con gli Stati membri, la

Commissione adotta un elenco di Siti d'Importanza Comunitaria

(SIC); gli habitat e le specie sulla base dei quali sono stati

individuati i siti Natura 2000 in Italia suddivisi per Regione

biogeografica sono riportati in liste di riferimento: 1. lista di

riferimento dei tipi di habitat e specie della regione alpina, 2. lista di

riferimento dei tipi di habitat e specie della regione continentale, 3.

lista di riferimento dei tipi di habitat e specie della regione

mediterranea; entro sei anni a decorrere dalla selezione di un sito

come Sito d'Importanza Comunitaria, lo Stato membro interessato

designa il sito in questione come Zona Speciale di Conservazione

(ZSC); all‟art.5 del d.P.R. 357 si definisce, inoltre, la Valutazione di

Incidenza il cui obiettivo è quello di valutare gli effetti che

determinati interventi (opere riferibili agli allegati A e B del DPR 12

Aprile 1996) possono avere sulle aree S.I.C. e Z.P.S.; l‟articolo

citato specifica che: 1. nella pianificazione e programmazione

territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-

ambientale dei siti di importanza comunitaria; 2. i proponenti piani

territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e

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faunistici venatori, presentano al Ministero dell'ambiente, nel caso di

piani a rilevanza nazionale, o alle regioni o alle province autonome

di Trento e di Bolzano, nel caso di piani a rilevanza regionale o

Provinciale, una relazione documentata per individuare e valutare i

principali effetti che il piano può avere sul sito di interesse

comunitaria, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del

medesimo; 3. i proponenti progetti riferibili alle tipologie progettuali

di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei

Ministri 10 agosto 1988, n.377 (cfr punto3), e successive modifiche

ed integrazioni ed agli allegati A e B del decreto del Presidente della

Repubblica 12 aprile 1996 (cfr punto 4), pubblicato nella Gazzetta

Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, nel caso in cui tali progetti si

riferiscono ad interventi ai quali non si applica la procedura di

valutazione di impatto ambientale, presentano all'autorità

competente allo svolgimento di tale procedura una relazione

documentata per individuare e valutare i principali effetti che il

progetto può avere sul sito di importanza comunitaria, tenuto conto

degli obiettivi di conservazione del medesimo; 4. la relazione di cui

ai commi 2 e 3 deve fare riferimento ai contenuti di cui all'allegato G

al presente regolamento; tale allegato, prevede che lo studio per la

valutazione di incidenza debba contenere: 1) una descrizione

dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento, in

particolare, alla tipologia delle azioni e/o delle opere, alla

dimensione, alla complementarietà con altri piani e/o progetti,

all'uso delle risorse naturali, alla produzione di rifiuti,

all'inquinamento e al disturbo ambientale, al rischio di incidenti per

quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate; 2) un‟analisi

delle interferenze del piano o progetto col sistema ambientale di

riferimento, che tenga in considerazione le componenti biotiche,

abiotiche e le connessioni ecologiche;

d.Lgs. 31.03.1998 n.112 (art.71): ripubblicazione del testo del

decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, recante: "Conferimento di

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funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti

locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59",

corredato delle relative note;

d.M. 03.04.2000 (V.I.): elenco delle zone di protezione speciale

designate ai sensi della direttiva 79/409/CEE e dei siti di importanza

comunitaria proposti ai sensi della direttiva 92/43/CEE;

d.lgs. 20.08.2002 n.190: Attuazione della legge 21 dicembre

2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli

insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale;

d.P.R. 12.03.2003 n.120 (V.I): Regolamento recante modifiche

ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8

settembre 1997, n.357, concernente attuazione della direttiva

92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e

seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche;

d.lgs. 22.01.2004 n.42: Codice dei BB.CC. e del Paesaggio.

d.P.C.M. 12.12.2005: individuazione della documentazione

necessaria alla verifica della compatibilità paesaggistica degli

interventi proposti, ai sensi dell'articolo 146, comma 3, del Codice dei

beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio

2004, n.42;

d.lgs. 03.04.2006 n.152: norme in materia ambientale

(Recepimento della Direttiva 2001/42/CE sulla Valutazione

Ambientale Strategica), Parte seconda, titoli I e II;

decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del

Territorio e del Mare del 17.10.2007: criteri minimi uniformi per

la definizione delle misure di conservazione relative alle zone speciali

di conservazione (ZSC) e a zone di protezione speciale (ZPS);

d.Lgs. 16.01.2008 n.4: ulteriori disposizioni correttive ed

integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, recante

norme in materia ambientale;

decreto Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e

del Mare del 30.03.2015: linee guida per la verifica di

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assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale dei progetti di

competenza delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo

15 del decreto-legge 24 giugno 2014, n.91, convertito, con

modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.116;

d.lgs. 16.06.2017 n.104: attuazione della direttiva 2014/52/UE

del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che

modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione

dell'impatto ambientale di determinati progetti, ai sensi degli articoli

1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n.114.

0.1.3 Normativa regionale.

d.G.R. 29.10.1998 n.7636: recepimento del decreto del

Presidente della Repubblica del 12 aprile 1996, pubblicato sulla G.U.

n. 21 del 7 settembre 1996 in materia di "Valutazione di impatto

ambientale;

d.G.R. 28.11.2000 n.6010: recepimento del d.P.C.M. 1.9.2000 in

materia di valutazione di impatto ambientale;

d.G.R. 15.11.2001 n.6148: d.P.R. 12.4.1996 e s.m.i.

approvazione delle procedure ed indirizzi per l‟installazione di

impianti eolici sul territorio della Regione Campania;

legge Regione Campania 22.12.2004 n.16: “Norme sul governo

del territorio”;

d.G.R. Campania 21.04.2005 n.627: individuazione delle

organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-

professionali e sindacali di cui all‟art. 20 della legge regionale

22.12.2004 n.16;

d.G.R n.803 del 16.06.2006 avente ad oggetto “Direttiva

Comunitaria 79/409/CEE Uccelli – Provvedimenti” pubblicata sul

BURC n.30 del 10 luglio 2006;

d.G.R. Campania 19.01.2007 n.23: misure di conservazione per i

siti Natura 2000 della Regione Campania. Zone di Protezione Speciale

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(ZPS) e Siti di Importanza Comunitaria (SIC);

d.G.R. Campania 11.05.2007 n.834: Norme Tecniche e Direttive

riguardanti gli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione

territoriale e urbanistica, generale ed attuativa, come previsto dagli

artt.6 e 30 della L.R. n.16 del 22.12.2004, con allegati;

d.G.R. 2295 del 29.12.2007 avente ad oggetto “Decreto 17

Ottobre 2007 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e

del mare avente per oggetto "Criteri minimi uniformi per la

definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di

conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)": presa

d'atto e adeguamento della Deliberazione di G. R. n.23 del

19/01/2007 – con allegati”;

d.G.R. 14.03.2008 n.426: approvazione delle procedure di

valutazione di impatto ambientale - valutazione d'incidenza,

screening, "sentito", valutazione ambientale strategica;

L.R. Campania 13.10.2008 n.13: approvazione “Piano Territoriale

Regionale” pubblicata sul BURC n.45 Bis del 10 novembre 2008 e

rettifica pubblicata sul BURC n.48 Bis del 1 dicembre 2008;

d.G.R. 15.05.2009 n.912: Integrazioni alla DGR 426 del 14 marzo

2008 in merito alle procedure di valutazione di impatto ambientale -

valutazione d'incidenza, screening, "sentito";

d.P.G.R. Campania n.17 del 18.12.2009 “attuazione della

Valutazione Ambientale Strategica (VAS) in Regione Campania

(Parte seconda del Dlgs n.152/2006)”, denominato anche

“Regolamento VAS”2;

Regolamento Regione Campania n.1/2010 "Disposizioni in

materia di procedimento di valutazione di incidenza" (BURC n.10 del

01.02.2010) - "Regolamento VI", approvato con Decreto del

Presidente della Giunta Regionale della Campania n.9 del

2 Art.5, c.3 del D.P.G.R. n.17/09: “Al fine di fornire i necessari indirizzi operativi in merito allo svolgimento del procedimento di

VAS, all’integrazione della VAS con la valutazione di incidenza e/o con la VIA nonché al coordinamento con i procedimenti autorizzatori

relativi alla pianificazione e programmazione territoriale, ai sensi della legge regionale n. 16/2004, e altri procedimenti autorizzatori di

piani e programmi specificatamente normati, con apposito atto deliberativo di Giunta, su proposta degli assessori competenti per quanto

riguarda i piani e programmi afferenti alla legge regionale n. 16/2004 nonché altri piani di competenza della stessa area, sono approvati gli

indirizzi operativi e procedurali per lo svolgimento della VAS in regione Campania“.

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29.01.2010;

Regolamento Regione Campania n.2/2010 "Disposizioni in

materia di valutazione d'impatto ambientale" (BURC n.10 del

01.02.2010) "Regolamento VIA", approvato con Decreto del

Presidente della Giunta Regionale della Campania n.10 del

29.01.2010;

deliberazione di Giunta della Regione Campania 05.03.2010

n.203: art.5, comma 3 del "Regolamento di attuazione della

valutazione ambientale strategica (VAS) in Regione Campania"

emanato con DPGR n.17 del 18 dicembre 2009. Approvazione degli

"Indirizzi operativi e procedurali per lo svolgimento della

VAS in Regione Campania";

deliberazione di Giunta della Regione Campania 19.03.2010

n.324 - Linee Guida e Criteri di Indirizzo per l'effettuazione

della Valutazione di Incidenza in Regione Campania.

Regolamento di attuazione per il governo del territorio n.5,

approvato dal Consiglio regionale della Campania il 01.08.2011 ed

emanato dal Presidente della Giunta Regionale il 04.08.2011,

nonché Manuale operativo (Quaderno 1 del governo del territorio).

L'art.2 c.7 del Regolamento 5/2011 (Sostenibilità ambientale dei

piani) stabilisce che il parere di cui all‟articolo 15 del decreto

legislativo n.152/2006, sulla base dell‟istruttoria svolta

dall‟amministrazione procedente e della documentazione di cui al

comma 1 dell‟articolo 15 dello stesso decreto legislativo, è espresso,

come autorità competente, dalla Regione Campania per le varianti al

piano territoriale regionale, per i piani territoriali di coordinamento

provinciale e loro varianti e per i piani di settore a scala regionale e

provinciale e loro varianti. Il Regolamento chiarisce (art.2 c.10)

inoltre che, per quanto non espressamente disciplinato nel suo

articolato, si applicano le disposizioni di cui al d.lgs. n.152/2006. In

particolare, relativamente all‟integrazione della valutazione di

incidenza con la VAS, il Manuale operativo sopra accennato precisa

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che “la Vas e la Via comprendono le procedure di valutazione

d'incidenza di cui all'articolo 5 del decreto n.357 del 1997; a tal fine,

il rapporto ambientale, lo studio preliminare ambientale o lo studio

di impatto ambientale contengono gli elementi di cui all'allegato G

dello stesso decreto n.357 del 1997 e la valutazione dell'autorità

competente si estende alle finalità di conservazione proprie della

valutazione d'incidenza oppure dovrà dare atto degli esiti della

valutazione di incidenza. Le modalità di informazione del pubblico

danno specifica evidenza della integrazione procedurale.” Il parere

finale Vas terrà conto, quindi, dell‟esito della Valutazione d‟Incidenza

di competenza dell‟AGC 05 della Giunta regionale;

deliberazione di Giunta Regionale n.167 del 31.03.2015

recante l'approvazione delle "Linee Guida e dei Criteri di Indirizzo

per l'effettuazione della Valutazione di Incidenza in Regione

Campania" ai sensi dell'art.9, comma 2 del Regolamento Regionale

n.1/2010 e della D.G.R. n.62 del 23/02/2015;

deliberazione di Giunta Regionale n.686 del 06.12.2016 (Nuovo

disciplinare sulle modalità di calcolo degli oneri dovuti per le procedure di

Valutazione Ambientale Strategica, Valutazione di Impatto Ambientale e

Valutazione di Incidenza di competenza della Regione Campania).

deliberazione di Giunta Regionale n.680 del 07.1./2017

(Recepimento delle disposizioni in materia di Valutazione di Impatto

Ambientale di cui al D.Lgs. 104/2017 e prime misure organizzative).

Regolamento regionale n.3 dell'11.04.2018 - Abrogazione del

regolamento regionale 29.01.2010, n.2 (Disposizioni in materia di

valutazione di impatto ambientale).

deliberazione di Giunta Regionale n.740 del 13.11.2018 -

Aggiornamento del "Disciplinare per l'attribuzione ai Comuni delle

competenze in materia di Valutazione di Incidenza" di cui alla DGR

n.62/2015 (con allegato).

deliberazione di Giunta Regionale n.814 del 04.12.2018 -

Aggiornamento delle "Linee guida e criteri di indirizzo per

l'effettuazione della valutazione di incidenza in Regione Campania" ai

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sensi dell'art. 9, comma 2 del regolamento regionale n.1/2010 e della

DGR n.62 del 23/02/2015 (con allegato).

0.2 Valutazione d’Incidenza Ambientale (V.I. o V.Inc.A).

La Valutazione d'Incidenza Ambientale (V.I. o V.Inc.A) è il

procedimento al quale bisogna sottoporre qualsiasi intervento

antropico sul territorio (piano o progetto) che possa avere incidenze

significative su un “sito della rete Natura 2000”, tenuto conto degli

obiettivi di conservazione del sito stesso. Essa è finalizzata ad indagare

le possibili interferenze tra le previsioni del piano/programma e le aree

che costituiscono la rete Natura 2000. A tal fine, l'art.5 del d.P.R. 8

settembre 1997, n.357, così come modificato dal d.P.R. 12 marzo

2003, n.1201, prevede che “Nella pianificazione e programmazione territoriale si

deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza

comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione”.

Tale procedura è stata introdotta dall'articolo 6, comma 3, della

direttiva "Habitat" con lo scopo di salvaguardare l'integrità dei siti

attraverso l'esame delle interferenze di piani e progetti non

direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie

per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne

l'equilibrio ambientale.

La Direttiva comunitaria 92/43/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della

fauna selvatiche (comunemente denominata Direttiva HABITAT) ha

come scopo principale la promozione del mantenimento della

biodiversità, tenendo conto delle esigenze economiche, sociali, culturali

e regionali e contribuendo all'obiettivo generale di uno sviluppo

durevole. In particolare l‟articolo 6, comma 3 prevede che “Qualsiasi

piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che

possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri

piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul

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sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.

Le disposizioni del citato comma 3 si applicano, ai sensi della stessa

Direttiva, ai “proposti Siti di Importanza Comunitaria” (pSIC), ai “Siti

di Importanza Comunitaria” (SIC), alle “Zone Speciali di

Conservazione” (ZSC) e alle “Zone di Protezione Speciale” (ZPS),

queste ultime individuate ai sensi della Direttiva 79/409/CEE del

Consiglio d‟Europa, concernente la conservazione degli uccelli selvatici

(comunemente denominata Direttiva Uccelli), sostituita integralmente

dalla Direttiva 2009/147/CE del Consiglio concernente la conservazione

degli uccelli selvatici (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell‟Unione

europea del 26 gennaio 2010).

L‟insieme di tali siti e zone viene denominato “siti della rete Natura

2000” e, come detto, la Valutazione d'Incidenza (V.I.) è il

procedimento al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o

progetto che possa avere incidenze significative su detti siti.

Inoltre, la valutazione di incidenza si applica agli interventi che

riguardano ambiti esterni ai siti della rete Natura 2000 qualora, per

loro localizzazione o natura, possano produrre incidenze significative

sulle specie e sugli habitat presenti nel sito stesso.

La “Direttiva HABITAT” è stata recepita nell‟ordinamento nazionale con

il dPR 357/97, successivamente modificato dal dPR 120/03, che

all‟articolo 5 riporta le disposizioni relative alla valutazione di incidenza

di cui all‟articolo 6, comma 3 della Direttiva.

Con dPGR n.9 del 29 gennaio 2010, pubblicato sul BURC n.10 del

01.02.2010, è stato emanato il Regolamento regionale n.1/2010

“Disposizioni in materia di procedimento di valutazione di

incidenza”, (Regolamento VI). Tale Regolamento è stato

implementato con successive direttive regionali, come descritte nel

paragrafo precedente, di cui l‟ultima è la deliberazione di Giunta

Regionale n.814 del 04.12.2018 - Aggiornamento delle "Linee guida e

criteri di indirizzo per l'effettuazione della valutazione di incidenza in Regione

Campania" ai sensi dell'art. 9, comma 2 del regolamento regionale n.1/2010 e

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della DGR n.62 del 23/02/2015 (con allegato).

0.3 Articolazione e struttura del Rapporto ambientale.

Il Rapporto ambientale ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare

gli impatti significativi che l‟attuazione del Piano proposto potrebbe

avere sulla salute, sull‟ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le

ragionevoli alternative che possono essere adottate in considerazione

degli obiettivi e dell‟ambito territoriale del Piano stesso.

Esso è articolato secondo le seguenti fasi principali:

analisi del contesto;

analisi di coerenza con i piani e programmi sovraordinati;

valutazione qualitativa;

valutazione quantitativa;

monitoraggio.

Nella prima fase (già avviata nel Rapporto Preliminare) viene elaborata

l‟analisi del contesto, costituita dalla sistematizzazione delle

informazioni di tipo ambientale e territoriale, utili per l‟individuazione e

l‟evidenziazione delle principali criticità/opportunità a cui dare risposta

con gli obiettivi di Piano. In essa sono descritti i diversi aspetti

ambientali del territorio oggetto del Piano, articolati in tematiche.

Nella seconda fase (svolta durante la redazione del Rapporto

ambientale “definitivo”) viene elaborata l‟analisi di coerenza con la

pianificazione sovraordinata. Inoltre, allo stesso livello di pianificazione

viene elaborata l‟analisi di coerenza con la pianificazione territoriale di

adeguata scala.

Nella terza fase (svolta come la precedente durante la redazione del

Rapporto ambientale “definitivo”) viene strutturata la valutazione

qualitativa a partire dalle problematiche individuate attraverso l‟analisi

del contesto e gli obiettivi principali del Piano, evidenziando le

questioni rilevanti a cui il Piano deve essere in grado di dare una

risposta. In particolare, la valutazione qualitativa definisce gli obiettivi

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di sostenibilità ambientale e territoriale, nonché gli obiettivi generali e

specifici degli strumenti di pianificazione e delle azioni proposte per il

raggiungimento di tali obiettivi. La valutazione qualitativa è necessaria

per verificare le interazioni e le coerenze tra obiettivi di Piano e

obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale, per confrontare le

ipotesi alternative, per fornire considerazioni e suggerimenti utili a

eliminare e/o mitigare le interazioni e gli effetti negativi sull‟uomo e

sull‟ambiente.

Nella quarta fase (anch'essa svolta come la precedente, durante la

redazione del Rapporto ambientale “definitivo”) viene elaborata una

valutazione quantitativa che, attraverso l‟uso di opportuni indicatori,

fornisce gli elementi necessari a valutare gli effetti del Piano. Ai fini

della valutazione quantitativa del Piano, è necessario seguire un

percorso metodologico volto a:

individuare, partendo dalle azioni di Piano, i sistemi ambientali

(aria, corpi idrici, ecc.) e territoriali (sistema urbano, sistema

tecnologico, ecc.) sui quali hanno effetto i fattori di pressione

connessi alle azioni;

definire, nell‟ambito dei sistemi individuati, la valutazione delle

azioni di Piano;

identificare, per ciascun sistema, un insieme di indicatori, da

utilizzare per la definizione del piano di monitoraggio, idonei a

descrivere quantitativamente gli effetti delle azioni di Piano sui

sistemi interessati.

L‟ultima fase del Rapporto ambientale è costituita dalle indicazioni per

il monitoraggio del Piano che, nella Direttiva Europea, è considerato un

elemento di importanza rilevante. A tale proposito va sottolineato che

è essenziale che il processo di VAS sia concepito in modo “lineare”

(redazione del Rapporto ambientale – Approvazione di VAS e del Piano

– Attuazione del Piano), fino a giungere alla fase di monitoraggio del

Piano che ne permetta una valutazione in corso di attuazione, sulla

base della quale siano possibili gli opportuni interventi correttivi. Il

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monitoraggio è, pertanto, uno strumento utile per passare dalla

valutazione ex ante del Piano all‟introduzione di un sistema che ne

consenta la verifica in itinere ed ex post, avendo come finalità

principale quella di valutare in corso d‟opera l‟efficacia degli obiettivi e

proporre eventuali azioni correttive in base alle dinamiche di

evoluzione del territorio.

Un‟attenzione particolare viene, inoltre, riservata alla consultazione e

partecipazione di soggetti competenti in materia ambientale e del

pubblico.

In sintesi, le informazioni riportate nella relazione (Preliminare) e nel

presente Rapporto ambientale sono quelle di cui all‟Allegato VI del

d.lgs. n.152/2006 e s.m.i. (che riprende e integra l‟Allegato I della

Direttiva 2001/42/CE), tenendo conto del livello delle conoscenze e dei

metodi di valutazione correnti, dei contenuti e del livello di dettaglio

del Piano in esame.

Sulla base del succitato Allegato VI è elaborata la struttura del

Rapporto ambientale che si articola secondo l‟ “indice” della presente

relazione che si riporta di seguito:

0. Introduzione.

1. Contesto territoriale di riferimento.

2. Struttura del Piano.

3. Stato attuale dell‟ambiente.

4. Aree interessate dal Piano.

5. Aree di rilevanza ambientale.

6. Obiettivi di protezione ambientale.

7. Effetti del Piano sull‟ambiente.

8. Misure di mitigazione e compensazione.

9. Scelta delle alternative.

10.Monitoraggio.

11.Allegati.

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Al Rapporto ambientale viene allegata anche una “Sintesi non Tecnica”,

così come prescritto dall‟Allegato VI del d.lgs. 152/2006 e s.m.i.

(punto j).

0.4 Percorso istituzionale e consultazioni.

Di seguito si riportano le fasi del percorso istituzionale e di quello

consultivo svolto e da svolgere:

Di seguito si riportano le fasi del percorso istituzionale e di quello consultivo

svolto e da svolgere:

il Comune di Bonea, con Delibera di Giunta Comunale n.58 del 28

novembre 2019, ha approvato “le Linee guida e gli obiettivi da osservare

nella formazione del PUC”;

a norma dell'art.2 c.2 del Regolamento n.5 del 4 agosto 2011

(Regolamento di attuazione per il Governo del Territorio - L.R.Campania

n.16/04), il Comune di Bonea è contemporaneamente "Autorità

procedente"3 e "Autorità competente"4; pertanto individua al proprio

interno, conformemente all'art.2 c.8 del già citato Regolamento n.5/11,

nell'Ufficio VAS Comunale quello preposto alla Valutazione Ambientale

Strategica, necessariamente diverso dall'Ufficio di Piano, che invece si

occupa dell‟aspetto urbanistico; quanto all‟ "Autorità competente" per la

VAS, il Comune di Bonea tiene nella dovuta considerazione quanto

disposto dal "Manuale operativo del Regolamento n.5/11" pubblicato dalla

Regione Campania; vale a dire i seguenti punti:

- che non vi sia sovrapposizione tra l‟Autorità procedente e quella

competente, ma che ognuna di esse sia autonoma nello svolgimento

delle proprie funzioni;

- in presenza di organici strutturati gerarchicamente assicura

l‟autonomia operativa dell‟Autorità competente per la VAS;

- in coerenza con quanto previsto dall‟art.7 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.,

3 L'Art.1 c.2 del Regolamento n.5 del 4 agosto 2011 statuisce che per Amministrazione procedente si intende

quella che avvia, adotta e approva il piano.

4 L'Art.2 c.3 del Regolamento n.5 del 4 agosto 2011 statuisce che la Regione e i comuni sono autorità

competenti per la VAS dei rispettivi piani e varianti nonché per i piani di settore dei relativi territori ai sensi del

D.Lgs. n.152/06.

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individua i componenti dell'Ufficio VAS Comune di Bonea tra coloro che

all‟interno del Comune hanno compiti di tutela, protezione e

valorizzazione ambientale e di sviluppo sostenibile;

l‟ “autorità procedente” (Ufficio di Piano) inoltra all‟ “autorità competente”

(Ufficio VAS) l‟istanza per l‟avvio della procedura di VAS, secondo le

direttive del "Manuale operativo del Regolamento n.5/11" e

contestualmente al procedimento di pianificazione, in uno con il

Preliminare di Piano e il Rapporto ambientale preliminare; l‟ “autorità

procedente” (Ufficio di Piano) e l' “autorità competente” (Ufficio VAS)

individuano inoltre i Soggetti Competenti in materia Ambientale (SCA), a

cui trasmettere il Rapporto preliminare ai sensi della normativa vigente;

a norma dell'art.7 c.2 del Regolamento n.5/11 l' "Autorità procedente"

avvia le consultazioni con il pubblico attraverso la presentazione pubblica

del Piano Preliminare, con incluso il Rapporto preliminare; la consultazione

riguarda anche le organizzazioni sociali, culturali, sindacali, economico–

professionali e ambientaliste di livello provinciale, di cui all‟art.20 della

legge regionale 22.12.2004 n.16, come individuate dalla Delibera di

Giunta Regionale della Campania 21.04.2005 n.6275, e tutti i soggetti

5 La Delibera di Giunta Regionale della Campania 21.04.2005 n.627 (Individuazione delle organizzazioni sociali,

culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali di cui all‟art. 20 della legge regionale 22.12.2004 n.16) in allegato stabilisce quanto segue: “Il presente allegato ha lo scopo di rendere espliciti i criteri adottati per

l’individuazione delle organizzazioni. Nelle more della predisposizione di un apposito albo regionale, si precisa che l’elenco delle

organizzazioni sotto individuate non è tassativo, ma individua i soggetti che devono necessariamente essere invitati ed ai quali devono

essere assicurate le garanzie partecipative previste dalla legge regionale 16/2004. Nulla esclude, quindi, che le Amministrazioni,

nell’esercizio delle funzioni loro conferite ed alla luce di quanto sancito all’art. 5 della legge regionale n. 16/2004, individuino altre

organizzazioni, ivi comprese le associazioni di promozione sociale di cui al comma 1 dell’art. 2 della legge n. 383/2000 (i cui elenchi sono

disponibili solo presso alcune Province) ed altre organizzazioni sindacali oltre quelle indicate in seguito, nonché altre idonee forme per

assicurare la pubblicità, la consultazione e la partecipazione dei cittadini. Le comunicazioni e gli avvisi alle organizzazioni vanno inviati

presso le sedi provinciali delle stesse, ove presenti. Qualora l’associazione non abbia una propria sede nel capoluogo della provincia nel cui

territorio ricade il Comune, questa non dovrà necessariamente essere invitata. Tuttavia, nel procedimento di formazione del Piano

Territoriale di Coordinamento Provinciale, nonché nel procedimento di formazione del Piano Urbanistico Comunale e nel procedimento

finalizzato alla stipula di Accordi di Programma che riguardino i Comuni capoluogo di Provincia, sarà necessario inoltrare le

comunicazioni alle sedi regionali delle organizzazioni, affinché siano comunque assicurate loro adeguate garanzie partecipative. Qualora -

per l’elevato numero dei destinatari - la comunicazione a ciascuna organizzazione risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione può

assolvere a tale obbligo mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite dall’amministrazione medesima. Pertanto, oltre alle

consuete forme previste dalla normativa vigente per assicurare massima informazione (deposito degli atti laddove previsto, pubblicazione di

avvisi su quotidiani, comunicazione mediante affissione di manifesti) è auspicabile che le Amministrazioni facciano largo uso delle

applicazioni tecnologiche e/o informatiche (pubblicazione di avvisi sui siti istituzionali dei Comuni e delle Province, collegamenti

ipertestuali all’interno degli stessi ecc.) che consentano di assicurare la più ampia partecipazione possibile e, al tempo stesso, di ridurre

sensibilmente i costi che altrimenti sarebbero costrette a sostenere per la stampa e trasmissione cartacea dei documenti. a. Organizzazioni

sociali e culturali. Le Associazioni a tutela dei consumatori ammesse ad intervenire sono quelle iscritte nell’elenco istituito presso il

Ministero delle Attività Produttive, a norma dell’art. 5 della legge 281/1998. In base ai requisiti stabiliti, un successivo decreto del

Ministero dell'Industria del 9 novembre 2000, "Aggiornamento dell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti", indica le

associazioni dei consumatori riconosciute a livello nazionale. Esse sono: ACU − Adiconsum − Adoc − Altroconsumo − Cittadinanzattiva −

Codacons − Confconsumatori − Federconsumatori − Acli-Lega Consumatori − Movimento Consumatori − Movimento Difesa del Cittadino

− Unione Nazionale Consumatori. A norma dell’art. 20 della legge regionale 16/2004, i rappresentanti delle suddette associazioni, se

presenti con una propria sede a livello provinciale, partecipano al procedimento. b. Organizzazioni ambientaliste. Le associazioni

ambientaliste ammesse ad intervenire nel procedimento sono quelle riconosciute dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della legge

8.07.1986 n. 349. L’elenco delle Associazioni ambientaliste che operano sul territorio regionale è il seguente: Acli - Anni Verdi − C.A.I. –

Club Alpino Italiano − C.T.S. – Centro Turistico Studentesco Giovanile − F.A.I. – Fondo per l’Ambiente Italiano − Federnatura −

Greenpeace Italia − Italia Nostra − I.N.U. – Istituto Nazionale di Urbanistica − L’Altritalia Ambiente − Legambiente − L.I.P.U. −

Marevivo − T.C.I. - Touring Club Italiano − Terranostra − V.A.S. – Associazione Verdi Ambiente e Società − WWF Italia – World Wildlife

Found. I rappresentanti delle suddette associazioni, se presenti con una propria sede a livello provinciale, partecipano al procedimento. c.

Organizzazioni economico–professionali. Le associazioni ammesse ad intervenire nel procedimento sono quelle rappresentative delle

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pubblici e privati interessati (ex art.7 del Regolamento n.5/2011 e

Manuale operativo del Regolamento), compreso i comuni contermini e

quelli rientranti nel “Sistema territoriale di sviluppo della Valle Caudina”;

a norma dell'art.2 c.4 del Regolamento n.5/11, l' "Autorità procedente"

trasmette il Piano e il Rapporto preliminare ai Soggetti Competenti in

materia Ambientale (SCA), avvisandoli che possono esprimersi, secondo le

direttive del "Manuale operativo del Regolamento n.5/11", entro un

periodo di 45 giorni (massimo di 90 giorni) dalla data di tale trasmissione;

contestualmente convoca un tavolo di consultazione articolato in almeno

due sedute con gli stessi SCA: la prima seduta è finalizzata a illustrare il

Rapporto preliminare e ad acquisire le prime osservazioni; la seconda ad

acquisire i pareri definitivi degli SCA in merito al Rapporto preliminare, a

esaminare le osservazioni di pareri pervenuti, a prendere atto di eventuali

pareri obbligatori previsti;

il "Manuale operativo del Regolamento n.5/11" stabilisce che "[...] il

preliminare è [...] formato con la procedura ritenuta idonea dall'Amministrazione procedente

[...]"; nel caso specifico il Comune di Bonea potrà approvare il "Preliminare"

con Delibera di Giunta Comunale contestualmente al Rapporto ambientale

categorie professionali direttamente interessate nella formazione del piano: Ordine degli ingegneri − Ordine degli architetti − Ordine dei

dottori agronomi e forestali − Ordine dei geologi − Collegio dei geometri − Collegio dei periti agrari − Collegio dei periti industriali

Inoltre, quelle rappresentative degli interessi del mondo dell’industria, del commercio, dell’artigianato, dell’agricoltura: Unione degli

Industriali − Confesercenti − Confcommercio − CNA − Confartigianato − Confagricoltura − Coldiretti − Associazione Nazionale

Costruttori Edili. Dette associazioni partecipano a mezzo dei loro rappresentanti designati dagli organismi provinciali o, in mancanza, da

quello regionale. d. Organizzazioni sindacali. Le OO.SS. ammesse ad intervenire sono: CGIL − CISL − UIL − UGL. Fatto salvo quanto

specificato in premessa in ordine alla facoltativa ampliabilità di tale elenco. I rappresentanti delle suddette organizzazioni, se presenti con

una propria sede a livello provinciale, partecipano al procedimento. PROCEDURA DA OSSERVARSI PER LA PARTECIPAZIONE DELLE

ORGANIZZAZIONI. a. la partecipazione delle organizzazioni alle Conferenze di Servizi finalizzate alla stipula di Accordi di programma

(art. 12 legge regionale n. 16/2004). La convocazione della conferenza di servizi finalizzata alla stipula di accordo di programma deve

essere inviata presso le sedi provinciali delle organizzazioni. Qualora per l’elevato numero dei destinatari la comunicazione risulti

particolarmente gravosa, l’amministrazione può assolvere a tale obbligo mediante forme di pubblicità idonee, di volta in volta stabilite

dall’amministrazione medesima. In entrambi i casi, la convocazione deve contenere le informazioni di cui al comma 4 dell’art. 12. Qualora

l’approvazione dell’accordo di programma comporti la variazione degli strumenti di pianificazione, anche di portata sovracomunale, la

procedura da seguire è disciplinata dai commi 6 e 7 dell’art. 12 della legge 16/2004, che prevede inoltre l’obbligo del deposito degli atti

presso la segreteria del comune o dei comuni interessati dagli interventi, nel rispetto dei termini ivi previsti, affinché chiunque –

organizzazioni comprese - possa presentare osservazioni sulle quali la conferenza si esprime motivatamente. Nulla esclude, tuttavia, che gli

atti medesimi siano depositati con identiche modalità anche nel caso in cui l’approvazione dell’accordo non comporti variazione degli

strumenti urbanistici. In ogni caso, la partecipazione dei soggetti privati e portatori di interessi diffusi alla conferenza di servizi avviene

senza diritto di voto, come previsto dal comma 8 dell’art. 12. b. La partecipazione delle organizzazioni al procedimento di formazione del

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP - art. 20 legge r. n. 16/2004). In tale ipotesi, la partecipazione dei soggetti

portatori di interessi diffusi al procedimento di formazione del piano si inserisce nella fase delle osservazioni. Ne consegue che la proposta

di piano deve essere trasmessa alle organizzazioni, affinché le stesse possano presentare osservazioni entro trenta giorni dalla

pubblicazione dell’avviso di deposito della proposta di piano presso la segreteria dell’amministrazione provinciale. Qualora per l’elevato

numero dei destinatari la trasmissione della proposta di piano non sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l’amministrazione

provinciale provvede a comunicare alle organizzazioni – anche mediante forme di pubblicità idonee – che la proposta di Piano Territoriale

di Coordinamento Provinciale ed i relativi allegati sono consultabili presso la sede della Provincia, precisando anche le modalità di

consultazione. Ovviamente nulla esclude che la trasmissione del piano avvenga in via informatica o telematica, attraverso un collegamento

ipertestuale ad hoc (link) accessibile dal sito della Provincia. c. La consultazione delle organizzazioni nel procedimento di formazione del

Piano Urbanistico Comunale (PUC – art. 24 legge r. n. 16/2004). Le organizzazioni di cui sopra intervengono nel procedimento nella fase

propedeutica alla predisposizione della proposta di PUC da parte della Giunta Comunale; la consultazione avviene affinché le stesse

possano presentare suggerimenti e proposte che l’Amministrazione valuta per la definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche di

pianificazione, nonché per costruire un quadro conoscitivo condiviso del territorio. La loro consultazione avviene con le modalità stabilite

negli statuti dei singoli Comuni; qualora tale forma di partecipazione non sia stata né prevista né disciplinata dallo Statuto comunale, le

consultazioni potranno avvenire mediante questionari, assemblee e audizioni, anche attraverso strumenti telematici”.

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Preliminare;

l' "Autorità procedente", previa verifica (da eseguire fin dal Piano

preliminare) della conformità alle leggi e regolamenti e agli strumenti

urbanistici e territoriali sovraordinati e di settore, adotta il Piano a norma

dell'art.3 c.1 del Regolamento n.5/11 (in Giunta Comunale);

l' "Autorità procedente" pubblica sul BURC e sul sito WEB ufficiale il Piano

e il Rapporto ambientale a norma dell'art.2 c.6 del Regolamento n.5/11;

inoltre provvede alla sua affissione all'Albo e al deposito presso l'Ufficio

competente e la Segreteria; dal giorno delle pubblicazioni, i soggetti

interessati, sia pubblici che privati, possono presentare osservazioni nei

successivi 60 giorni e con le modalità previste dal Regolamento n.5/11;

la Giunta, con atto deliberativo, entro 90 giorni dalla pubblicazione (e dopo

la scadenza del termine delle osservazioni) valuta e prende atto delle

osservazioni pervenute e trasmette il Piano (integrato con le osservazioni

e con il Rapporto ambientale) alle amministrazioni competenti, per i

rispettivi pareri, nulla osta, autorizzazioni e ogni altro atto

endoprocedimentale obbligatorio; il Piano adottato, integrato con le

osservazioni, è trasmesso inoltre all'Amministrazione Provinciale al fine di

consentire l'esercizio di coordinamento dell'attività pianificatoria; nei 60

giorni successivi l‟Amministrazione Provinciale dichiara la coerenza alle

strategie a scala sovra comunale individuate dall‟Amministrazione

Provinciale anche in riferimento al proprio Piano Territoriale di

Coordinamento Provinciale (PTCP) vigente;

il Piano adottato, unitamente a tutti i pareri, è trasmesso all' "Autorità

competente" per l'espressione del proprio parere motivato di cui all'art.15

del D.Lgs. n.152/06, da emettere entro 90 giorni dalla trasmissione;

il Piano eventualmente revisionato sulla base del parere VAS è adottato

dalla Giunta Comunale e poi trasmesso al Consiglio Comunale per

l'approvazione e la conseguente pubblicazione.

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1. CONTESTO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO.

Il Comune di Bonea è ubicato nella parte centro-meridionale della Provincia di

Benevento, in un territorio con un profilo altimetrico molto articolato, ai piedi

del massiccio del Taburno-Camposauro.

Il suo territorio si estende per 11,46 Kmq, con una popolazione di 1.386

abitanti al 31.12.2018.

E‟ incluso nel comprensorio della Comunità Montana del Taburno e del Parco

Naturale Regionale del Taburno-Camposauro.

Confina con i seguenti comuni: Airola (BN), Bucciano (BN), Montesarchio

(BN), Rotondi (AV) e Tocco Caudio (BN).

Il Centro abitato è geograficamente situato a “41°04′N” di latitudine e “14°37′

E” di longitudine rispetto al meridiano di Greenwich ed è posto al centro della

valle Caudina, a circa 2 km dal comune di maggiore attrattività dell‟area

Caudina (Montesarchio) ed a circa 20 km dal capoluogo Benevento.

Fig.2a: Territorio di Bonea da Google earth 06/2019.

Il suo territorio è compreso fra un'altezza altimetrica minima di 256 m s.l.m.,

in località Pantano, e un massimo di 1394 m s.l.m. (vetta del Taburno), per

una escursione altimetrica di 1138 metri (la casa comunale è ubicata a quota

300 metri s.l.m.). In realtà, il suo territorio, ad eccezione della parte

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montuosa, non presenta forti acclività. Anzi dal centro abitato al confine

meridionale, lungo la “ss n.7 Appia”, è caratterizzato da un dolce e costante

declivio. La linea di demarcazione tra la zona montana, a nord, e quella sub-

pianeggiante a sud, è costituita dalla strada comunale Fizzo. Da questo punto

in poi, a valle, vi sono le aree migliori dal punto di vista dell‟uso agricolo del

suolo, in località “San Biagio”, “Corte Calce”, “Pantano” fino a località

“Campizze”, essendo costituite da terreno di trasporto, lentamente e

progressivamente accumulatosi, Al confine con la Provincia di Avellino, lungo

la già citata via Appia, vi è la zona industriale.

1.1 Bonea nel Parco Naturale Regionale del Taburno-

Camposauro.

“Il Parco Naturale Regionale Taburno-Camposauro, istituito il 6 novembre 2002, si estende per

12.370 ettari nella provincia di Benevento e ospita una popolazione di circa 25.000 abitanti. Nato

per la tutela del massiccio Taburno-Camposauro, che fa parte dell’Appennino Campano, il Parco

offre pregevoli risorse naturali e paesaggistiche in un contesto di notevole interesse storico,

culturale e di tradizioni. Il massiccio, che culmina nelle vette del Taburno (m. 1394), - nel

territorio comunale di Bonea (n.d.r) - Camposauro (m. 1388) e Pentime (m. 1170), si

erge con versanti molto scoscesi dalla Valle del Calore, o Valle Telesina, a nord, che lo separa

dal Matese, e dalla Valle Caudina a Sud, che lo separa dal Partenio, mentre a levante e a ponente

digrada più dolcemente verso due corsi d’acqua minori, lo Jenga e l’Isclero. Visto dal lato est il

profilo del massiccio ricorda quello di una donna sdraiata: è questo il motivo per cui è chiamato

anche la Dormiente del Sannio” 6

.

Riguarda parte del territorio di n.14 comuni della provincia di Benevento

(Bonea, Bucciano, Cautano, Foglianise, Frasso Telesino, Melizzano, Moiano,

Montesarchio, Paupisi, S. Agata dei Goti, Solopaca, Tocco Caudio, Torrecuso e

Vitulano); in esso vi sono: habitat naturali presenti nella Direttiva UE

92/43/CEE; specie di animali vertebrati di interesse per la Direttiva UE

92/43/CEE; specie di uccelli di interesse per la Direttiva UE 79/409/CEE; siti

di importanza comunitaria (SIC).

Il territorio del Parco è in gran parte compreso nel demanio statale e, pur

essendo vincolato da tempo e in vario modo, si presenta in forte stato di

6

Testo stralciato da http://www.enteparcotaburno.it/.

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degrado; vi è una forte pressione antropica, presenza di cave, viabilità in

dissesto, discariche abusive, ripetitori radio-televisivi, edilizia abusiva, ecc.

Fig.1.1a: Stralcio dell‟area sud-orientale del Parco Naturale Regionale del Taburno-Camposauro.

Dal punto di vista geologico e geomorfologico,7 i “[…] Massicci del Taburno e

del Camposauro hanno origine nel Triassico. La piattaforma carbonatica abruzzese-campana, di

cui il Massiccio del Taburno-Camposauro è parte dall’inizio e oltre la metà dell’Era Cenozoica fu

interessata da una serie di fasi tettogenetiche che la smembrarono in vari blocchi, gli odierni

Massicci del Taburno-Camposauro e del Matese-Monte Maggiore, e accavallando gli uni agli

altri, con movimenti da occidente verso oriente, li riversarono sui bacini marini. Dalla fine del

Miocene, sino a tutto il Pliocene movimenti orogenetici sottrassero al dominio marino i vari

blocchi sollevandoli alle quote attuali. Sul Monte Taburno affiorano le rocce calcaree più antiche

dell’intera Provincia di Benevento, sono presenti argille azzurre e sabbie fossili, le quali

testimoniano la presenza nella zona di un mare con profondità variabile da pochi metri a qualche

decina di metri. Notevole sviluppo hanno le fasce di detrito di falda grossolanamente stratificato e

cementato a costituire brecce; sul versante meridionale sono presenti le dolomie, rocce formate da

carbonato di calcio associato a carbonato di magnesio. In vari in punti affiorano depositi di

prodotti piroclastici che si presentano sotto forma di banchi e di tufi litoidi, provenienti dalle

eruzioni dei vulcani di Roccamonfina, Campi Flegrei e Vesuvio. Nell’area del Parco sono

frequenti fenomeni di carsismo come doline e campi carsici: Campo di Cepino, Campo di Trellica,

il Campo di Camposauro, spesso derivanti anche da attività tettoniche; sono presenti anche

7

Cfr. Rapporto Ambientale Piano Territoriale per il Parco Regionale Taburno – Camposauro, a cura del Parco

Regionale Taburno-Camposauro, Novembre 2017.

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grotte, sempre con sviluppi modesti, quali quella di San Mauro (a 560 m. slm), della Madonna del

Taburno (a 550 m slm) e di San Simeone (a 525 m slm), tutte localizzate sul versante meridionale

del Taburno. Dal punto di vista geomorfologico, nell’ambito del Parco, possono essere individuati

tre tipi morfologici principali: le grandi masse montuose, elevate e generalmente impervie; la

zona collinare, caratterizzata in massima parte da pendii dolci e declivi; le aree pianeggianti.

Il gruppo Taburno-Camposauro costituisce un’entità morfologica ben individuata, è suddiviso in

due massicci distinti (Camposauro a nord, 1390 m s.l.m. e Taburno a sud, 1394 m s.l.m.) dalla

profonda depressione della Piana di Prata, degradante sia verso oriente che verso occidente con

sella spartiacque a 784 m slm. Ambedue i massicci sono delimitati, ambo i lati, da ripidi versanti

coincidenti con faglie sub verticali plio-pleistoceniche; solamente verso oriente il versante mostra

una morfologia meno aspra. La tettonica recente, l’uniformità litologica della serie carbonatica e

la sua elevata costante permeabilità, conferiscono a questi massicci un aspetto morfologico

“giovanile”, con un modesto modellamento dei versanti. Il Camposauro presenta sul versante

meridionale, un’asperità che su taluni punti diventa molto forte, raggiungendo una pendenza di

quasi 45°; analoghe condizioni si osservano sui versanti occidentale e settentrionale, specialmente

in corrispondenza di Monte Pentime (1168 m s.l.m.) e di Tumulo della Croce (1175 m s.l.m.) –

Pizzo Alto (1187 m s.l.m.), anche se la fitta copertura boschiva maschera molte asperità. Il

massiccio è caratterizzato da una tettonica a faglie che da luogo a numerosi blocchi monoclinali,

di cui i più importanti costituiscono i rilievi di Monte San Michele (834 m s.l.m.), Monte Pentime

(1168 m s.l.m.), Monte Alto Rotondi (1305 m s.l.m.) – Tumulo della Croce (1175 m s.l.m.), P.zo

del Piano (940 m s.l.m.) – Monte Sant’Angelo (1189 m s.l.m.), Monte Rosa (1308 m s.l.m.) e

Monte Camposauro (1390 m s.l.m.). Nel massiccio del Taburno, la massima asperità si nota a sud

della cima di Monte Taburno (1394 m s.l.m.), dove su una distanza di un chilometro circa, si

raggiunge un dislivello di quasi 900 m. Anche i versanti orientale e occidentale di questo sono

delimitati da una serie di fratture sub verticali, che determinano ripide morfologie, come ad

esempio la parete di Costa Gallina, ad est della cima, la quale presenta una pendenza superiore ai

45°. La tettonica a faglie, anche sul Taburno, ha dato luogo a numerosi blocchi: Ritto di Cautano

(1180 m s.l.m.), Serra del Ceraso (1220 m s.l.m.), Monte Cardito (1137 m s.l.m.), Turi Sara (1036

m s.l.m.), Tuoro Alto (1321 m s.l.m.), Colle dei Paperi (1323 m s.l.m.), ecc. Le sommità del

Camposauro e del Taburno sono caratterizzate da estese spianate, i cosiddetti “campi”, come ad

esempio quelli di Puziello e Campo, per quanto riguarda il Camposauro e Cepino, Trellica, Piano

Melaino nel Taburno. Particolare importanza morfologica hanno l’ampia spianata della Valle

Caudina e le superfici pianeggianti a sudest di Benevento; queste, che presentano rilevanti

estensioni, degradano lentamente nel senso di scorrimento dei Fiumi Calore ed Isclero, verso il

Fiume Volturno, con pendenze molto basse”.

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Per quanto riguarda la rete idrologica8, il “massiccio montuoso vero e proprio è privo

di idrografia superficiale, ma intorno ad esso scorrono numerosi corsi d’acqua, tutti iscritti

all’idrografia del Bacino del Fiume Volturno. I principali corsi d’acqua sono il Torrente Ienga e il

Torrente Ierino ad est, il Fiume Isclero ad ovest, il quale si origina dalla catena del Partenio, e il

Fiume Calore Beneventano, che rappresenta uno dei principali affluenti del Volturno a nord. Nei

settori inferiori dei tratti montani, i valloni sono in parte soggetti a frequenti modifiche e

alterazioni per effetto delle attività in corso; la valle di Prata e le valli tributarie (Vallone Saucolo

a Solopaca, Vallone Secco di Vitulano, Vallone Ciesco del Corvo di Paupisi, Vallone delle Querce

a Bucciano), sono percorse da corsi d’acqua a carattere esclusivamente torrentizio, che hanno

tagliato i numerosi versanti di faglia originatisi per azione dei movimenti tettonici quaternari.

Questi valloni si raccordano al fondovalle attraverso una serie di conoidi alluvionali di recente

formazione, che rappresentano il risultato di intensi processi erosivi sviluppatisi durante le fasi

glaciali del tardo Quaternario. Il massiccio, costituito da rocce permeabili per fratturazione

rappresenta un serbatoio importante per lo stoccaggio delle acque meteoriche. Le acque

d’infiltrazione alimentano diversi corpi idrici, in corrispondenza di un certo numero di

spartiacque sotterranei, per poi, nella maggior parte dei casi, riemergere attraverso sorgenti. Le

sorgenti più importanti sono quelle del Fizzo, collocate al margine sud-occidentale del Taburno,

le quali vanno ad alimentare, attraverso l’acquedotto Carolino, il Parco e la Reggia di Caserta;

di rilievo è anche il gruppo sorgentizio della Valle di Prata, tra il Taburno e il Camposauro,

utilizzato per alimentare l’acquedotto di Benevento e altri centri vicini. Gli altri gruppi sorgentizi,

anche se di portata limitata, risultano importanti in quanto fonti di approvvigionamento idrico per

le popolazioni che vivono sulle falde del massiccio e per l’abbeveramento del bestiame (Fontana

di San Michele, del campo di Cepino, del Campo di Trellica, Trinità). È stata stimata in totale la

presenza di 193 sorgenti.”

Relativamente al paesaggio naturale, si rappresenta che9 nel“[…] parco

possono essere distinte quattro zone geografiche: - fascia inferiore, costituita dal fondovalle

percorso dai fiumi Calore, Volturno e Isclero; - fascia mediana comprendente le aree collinari; -

fascia pedemontana; - fascia di ripidi versanti che risalgono fino ai crinali che presenta una

rapida rottura di pendenza rispetto alla fascia precedente. A livello altitudinale tali fasce

rappresentano rispettivamente territori che vanno da 40 a 50 m s.l.m., da 150 a 500 m s.l.m., da

500 a 750, da 700 a 1200 m s.l.m., con le creste più alte che sfiorano i 1380 m. Spiccano su tutti

due grossi blocchi calcarei che formano: il Taburno, a sud, ed il Camposauro a nord, separati da

8

Cfr. Rapporto Ambientale Piano Territoriale per il Parco Regionale Taburno – Camposauro, a cura del Parco

Regionale Taburno-Camposauro, Novembre 2017. 9

Cfr. Rapporto Ambientale Piano Territoriale per il Parco Regionale Taburno – Camposauro, a cura del Parco

Regionale Taburno-Camposauro, Novembre 2017.

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1. C O N T E S T O T E R R I T O R I A L E D I R I F E R I M E N T O .

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una vallata intermedia che si sviluppa su una spianata compresa tra le quote 550 e 700 m s.l.m..

Dal punto di vista della copertura forestale è invece possibile riconoscere, dal basso verso l’alto,

tre zone: - Lauretum; - Castanetum; - Fagetum; con ampi tratti di compenetrazione, il Lauretum si

estende fino a 400-500 m d’altitudine e corrisponde all’ambiente vegetale della macchia

mediterranea. L’orizzonte dei boschi è riconoscibile lungo i versanti esposti a sud, ad ovest e ad

est del massiccio; si tratta generalmente di cedui che hanno risentito notevolmente dell’influenza

dell’uomo. Nella parte bassa del Taburno, lo sfruttamento del bosco e la pressione dell’uomo

rende i popolamenti di roverella piuttosto radi con individui che non superano i 4-5 m di altezza.

L’alloro e gli altri arbusti della macchia mediterranea sono in espansione soprattutto in aree

terrazzate un tempo coltivate ed ora in abbandono. La ginestra domina sul Camposauro,

conferendo al tempo della fioritura un aspetto incantevole alle brute pareti della montagna; essa

compare inoltre nei punti di maggiore degrado del bosco, sui versanti esposti a sud ed a ovest,

alle quote più basse. Nel Castanetum, che si estende fino 900-1000 metri d’altitudine si trova una

ricca vegetazione costituita da ornello, carpino orientale, carpinello, carpino, acero loppo e

roverella. Anche in quest’area sono evidenti le pressioni antropiche, le conseguenze del

disboscamento e del dilavamento sono visibili su tutto il territorio montano e in particolare sui

versanti più caldi. La frammentazione del leccio e del cerro sono proprio attribuibili all’eccessivo

sfruttamento forestale operato nel tempo. Relativamente esteso risulta il castagno anche se i

castagneti da frutta sono stati, come in altri territori, colpiti dal cancro della corteccia. […]

L’altitudine, la varietà delle condizioni del suolo, […] la diversa inclinazione ed esposizione dei

versanti, la minore o maggiore distanza dal mare, determinano l’esistenza di aree microclimatiche

particolari, nelle quali le specie vegetali si estendono senza continuità. Ciò contribuisce a definire

l’esistenza di numerosi biotopi interessanti dal punto di vista naturalistico e pertanto degni di

protezione. La varietà di ambienti e la ricchezza vegetazionale sono importanti anche perché

assicurano l’esistenza di un comparto faunistico altrettanto consistente. […] La coesistenza di

diverse fasce climatiche comporta la formazione di un’elevata biodiversità floristica. Le

condizioni mediterranee s’incontrano con quelle più appenniniche e continentali, secondo

gradienti climatici che seguono quelli altitudinali; ciò genera diversi orizzonti vegetazionali che si

sostituiscono l’uno nell’altro, ma anche ambienti di passaggio climatico estremamente

interessanti. Si possono riconoscere le suddette fasce vegetazionali: il bosco di roverella, il bosco

misto mesofilo, la faggeta, l’abetina, i prati pascoli di quota. […] Alla base del massiccio, in

particolar modo lungo i versanti esposti ad est, ovest e sud, sia sui suoli di arenaria delle aree

pianeggianti che su quelli detritici delle conoidi, sono presenti formazioni arboree di roverella

(Quercus pubescens); specie che prima dell’intervento umano, responsabile di un notevole

diradamento del bosco, sostituito con coltivi (frutteti e uliveti), presentava una maggiore

diffusione. Esemplari arborei di una certa dimensione si conservano tra i campi. Nei versanti più

meridionali il paesaggio tipico è quello degli uliveti frammisti a boschetti di roverella, od ad

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esemplari singoli di notevoli dimensioni. Specie presenti insieme alla roverella sono orniello

(Fraxinus ornus), sorbo domestico (Sorbus domestica), carpino nero (Ostrya carpinifolia), acero

campestre (Acer campestre) e carpino comune (Carpinus betulus). In quei tratti rocciosi

particolarmente secchi, un tempo coltivati o tenuti a pascolo, è oggi presente una vegetazione

xerica, caratterizzata da elementi mediterranei: asparago selvatico (Asparagus acutifolius), cisti

(Cistus salvifolius, C. incanus) e terebinto (Pistacia terebintus). In queste condizioni può

associarsi anche il leccio (Quercus ilex), che però risulta molto localizzato nel territorio del

Parco. Nella boscaglia possono essere presenti anche il pungitopo (Ruscus aculaetus), il ligustro

(Ligustrum vulgare), il ciclamino primaverile (Cyclamen repandum) e il ciclamino autunnale

(Cyclamen hederifolium). Di recente l’abbandono dei coltivi e dei pascoli sta favorendo

l’insediamento di una vegetazione eterogenea formata per lo più da graminacee, arbusti

prevalentemente mediterranei e boscaglia, quest’ultima costituita, oltre che da roverella, anche da

carpino nero, carpino comune e biancospino (Crataegus monogyna). In alcune località l’uomo è

intervenuto con rimboschimenti a pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e a robinia (Robinia

pseudoacacia). […] A partire dai solchi erosivi lungo la fascia detritica dei versanti più caldi e

fino ad arrivare ai 750–800 metri, si sviluppa una vegetazione costituita da boschi cedui di

orniello, carpino nero, roverella, nocciolo (Corylus avellana) e aceri (Acer campestre, A.

monspessulanum, A. neapolitanum). Alle quote più elevate, a contatto con il faggio, il bosco è

caratterizzato soprattutto dalla presenza di Acer neapolitanum e carpino nero. Intorno ai 600

metri compare anche il cerro (Quercus cerris) con residui di boschi tagliati dall’uomo o singole

piante vetuste. Sui versanti est e nord, sia del Taburno che del Camposauro, abbastanza diffuso è

il castagno (Castanea sativa). Sul versante settentrionale del Monte Pentime è presente

un’interessante formazione boschiva costituita prevalentemente da castagno, aceri, nocciolo,

orniello e biancospino. […] A partire dai 750 metri di quota si rinviene la faggeta. Se ne possono

distinguere due forme, entrambe rientranti nell’associazione vegetale Aquifolio-Fagetum,

altrimenti detta associazione della “zona inferiore del Faggio”. Questa si ritrova nelle zone più

calde ed esposte, ed è costituita da lembi di bosco ceduo in cui, in alcuni tratti, compaiono anche

specie provenienti dai vicini pascoli. E’ la faggeta floristicamente più ricca. La seconda, che

prevale nelle zone più fresche e umide, è formata da fustaie. Al Faggio si associano l’agrifoglio

(Ilex aquifolium), presente anche in forma arborea (fino a 10–12 metri di altezza), la Daphne

laureola, la coronilla (Coronilla emerus), il biancospino e la ginestra dei carbonai (Cytisus

scoparius), quest’ultima proveniente dalle zone più xerofile sottostanti. Particolarmente ben

conservata è la faggeta presente all’interno della Foresta demaniale del Taburno, della quale 238

ettari sono occupati dal bosco di faggio, con piante di età compresa tra i 30 e i 90 anni, ed un

ricchissimo novellame; infatti in questa zona del Parco la specie è particolarmente rigogliosa e

vitale e tuttora in espansione. Il sottobosco è particolarmente ricco ed è costituito prevalentemente

da Rosa canina, Allium ursinum, Anemone apennina, Ranunculus lanuginosus, R. ficaria,

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Campanula trachelium, Geranium versicolor, G. robertianum, Mercurialis perennis, Viola

reichembachiana, Neottia nidus avis, Cephalanthera rubra, Saxifraga rotundifolia, Galium

odoratum, Scilla bifolia, Cardamine bulbifera, C. enneaphyllos, C. heptaphylla, Ruscus

hipoglossum, Hedera helix, Adoxa moschatellina, Sanicula europaea. All’interno della faggeta

sono presenti nuclei di acero della Cappadocia (Acer cappadocicum subsp. Lobelii), che nella

forma dell’acero di Lobelius rappresenta un interessante e raro sub-endemismo, acero di monte

(A. pseudoplatanus), acero napoletano, carpino nero, sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e

Sorbo montano (S. aria) nelle zone più elevate. […] L’abete bianco (Abies alba) è stato introdotto

nel territorio del Parco nel 1838. Attualmente l’abetina si estende per 16–18 ettari, ed è formata

da alberi di 50–70 anni, sebbene esistano anche esemplari che superano il secolo di vita. I nuclei

più importanti sono compresi tra i 1000 e i 2000 metri s.l.m.. Spesso si presenta associato al

faggio, di cui soffre la maggiore capacità riproduttiva e velocità di crescita, anche se gli

esemplari migliori di abete bianco e la loro migliore capacità rigenerativa si osservano all’ombra

dei faggi. Negli anni sono state piantate anche altre conifere, spesso alloctone come l’abete rosso,

il pino silvestre, il larice, il cipresso dell’Arizona, ecc. […] L’assenza di quote elevate rende forse

impropria la definizione di pascoli di alta quota, nonostante ciò, anche sul massiccio del Taburno-

Camposauro, in genere sopra i 1000 metri, si incontrano distese prative di origine carsica o

tettonica utilizzate come pascolo, o radure che interrompono il bosco di Faggio. Si tratta

prevalentemente di pascoli termoxerofili che rientrano nelle associazioni dello Xerobromion. Non

manca anche la presenza di prati umidi in corrispondenza delle depressioni e delle conche in cui

si raccolgono le acque. Tra gli elementi floristici maggiormente presenti si rinvengono: Holcus

lanatus, Achillea millefolium, Poa trivialis, P. pratensis, Viola aethnensis subsp. Splendida,

Armeria macropoda, Dianthus vulturius, Verbascum thapsus. Nelle radure sub-motane,

soprattutto se particolarmente assolate e aride, si possono osservare popolamenti di Galega

officinalis e Felce aquilina (Pteridium aquilinum), mentre sugli affioramenti rocciosi intorno agli

800 metri di quota, si rinvengono Bromus erectus, Festuca sp., Brachypodium pinnatum, Satureja

montana, Hippocrepis comosa, Teucrium montanum, Eryngium amethystinum, Sempervivum

tectorum, Digitalis micrantha, Centaurea deusta, Edraianthus graminifolia. Da segnalare in

questo ambiente la presenza importante delle rare Saxifraga porophylla e S. ampullacea. […] Nel

territorio del Parco sono state censite circa 40 specie di orchidee. All’interno della faggeta

troviamo: Neottia nidus-avis, Cephalanthera rubra e Epipactis helleborine. In altri ambienti e nei

diversi periodi dell'anno sono presenti, tra le altre, diverse specie del genere Orchis (Orchis

purpurea, Orchis provincialis, O. italica, O. papilionacea, O. maculata subsp. Saccifera, O.

morio, O. coriophora, O. tridentata, O. mascula, ecc); del genere Ophrys (Ophrys, apifera, O.

fuciflora, O. bombyliflora, O. tendredinifera, O. sphecodes, ecc), del genere Serapias (Serapias

lingua, S. vomeracea, S. cordigera, ecc); e poi, anche Himanthoglossum hircinum, Dacthylorhiza

sambucina, Anacamptis pyramidalis, Aceras anthropophorum, Gymnadenia conopsea,

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Platanthera chlorantha, Platanthera bifolia, Limodorum abortivum, Spiranthes spiralis,

Cephalanthera longifolia, Cephalanthera damasonium. Ricco anche il popolamento di felci. Nel

Parco troviamo la felce femmina (Athyrium filix-foemina); la felce maschio (Dryopteris filix-mas);

la felce aculeata (Polystichum aculeatum), rinvenibile nei luoghi umidi all'interno della faggeta;

la lingua cervina (Phillitis scolopendrium), presente anch’essa nei luoghi più umidi, nelle forre e

nei canaloni; la felce aquilina (Pteridium aquilinum), presente dal piano fino ai prati d'altura,

soprattutto in zone assolate; l'asplenio tricomane (Asplenium trichomane), presente lungo i

costoni rocciosi e le pareti; l'asplenio adianto (A. adiantumnigrum), presente un po' ovunque; la

cedracca (Ceterach officinarum), la felcetta fragile (Cystopteris fragilis) e il polipodio comune

(Polypodium vulgare). Di notevole interesse la presenza dell’acero di Cappadocia, con la sua

sottospecie sub-endemica dell’Acero di Lobelius, un albero raro che si rinviene nelle formazioni

boschive meglio conservate dell’Appennino. Come precedentemente riportato, interessante è

anche la presenza dell’abetina di abete bianco, la più estesa e meglio conservata della Campania.

Da menzionare la presenza di una piccola stazione relittuale di betulla (Betulla pendula) presente

nella zona del Camposauro, versante ovest. Tra gli endemismi dell'Appennino meridionale e

campano si possono annoverare: la sassifraga del Gran Sasso (Saxifraga ampullacea), la

sassifraga porosa (S. porophilla), la sassifraga alpina (S. paniculata), la campanula graminifolia

(Edraianthus graminifolius), la campanula napoletana (Campanula fragilis subsp. Fragilis), il

fiordaliso cicalino (Centaurea deusta subsp. Deusta), il garofano selvatico (Dianthus vulturius), la

viola dell’Etna (Viola aethnensis subsp. Splendida), la radicchiella laziale (Crepis lacera) e lo

spillone del Cilento (Armeria macropoda).

1.2 Paesaggio di Bonea nel contesto regionale e

provinciale.

Dal punto di vista paesaggistico, il PUC di Bonea individua i riferimenti

principali dell‟intero territorio comunale secondo le linee guida dettate dal

PTCP di Benevento.

Lo studio del paesaggio è quindi caratterizzato dalla molteplicità delle

tematiche che afferiscono ai processi territoriali e dalle finalità operative che

fanno riferimento agli elementi costitutivi dei contesti territoriali e alle loro

relazioni. In sostanza, vi è corrispondenza tra gli oggetti delle analisi relative

al paesaggio (componenti territoriali fisici, biologici, antropici) e gli altri

oggetti del Piano (viabilità, nuovi insediamenti, ecc.) che producono il

paesaggio stesso. Coerentemente con i principi del PTCP, il concetto di

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paesaggio che si assume è quindi: "paesaggio come prodotto (non solo visivo)

delle relazioni tra elementi anche eterogenei che si realizzano in un dato

contesto territoriale; elementi rappresentati dalle diverse componenti

costitutive della struttura territoriale: fisico-naturalistiche, insediative, sociali".

Tale interpretazione è coerente con la definizione di paesaggio contenuta nella

Convenzione europea del paesaggio, sottoscritta nell'ottobre 2000 a Firenze

dagli stati membri del Consiglio d'Europa: "Il Paesaggio designa una determinata parte

di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori

naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni".

Il Piano Territoriale Regionale (di seguito PTR), attraverso le “Linee

guida per il paesaggio”, individua gli “ambiti di paesaggio” cui riferire gli

“obiettivi di qualità paesaggistica”, e indica per ciascuno di essi le diverse

linee strategiche ipotizzabili.

Fig.1.2a: Tavola dei paesaggi regionali del Piano Territoriale Regionale.

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In particolare, il PTR inscrive Bonea nell'ambito 17 (Taburno e Valle Telesina),

in cui sono presenti parti di sistemi di centri fortificati preromani e la

centuriazione dell‟agro telesino-alifano in contesti agricoli montani e collinari,

segnalando le seguenti linee strategiche:

B.1 Costruzione della rete ecologica e difesa della biodiversità;

B.2 Valorizzazione e sviluppo dei territori marginali;

B.4.1 Valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio –

Valorizzazione delle identità locali attraverso le caratterizzazioni del

paesaggio colturale e insediato;

C.6 Rischio attività estrattive;

E.2 Attività produttive per lo sviluppo agricolo;

E.3 Attività per lo sviluppo turistico.

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) individua le

tipologie di paesaggio prevalenti, in rapporto alle quali il territorio provinciale

è articolato in quindici macroambiti, tenendo conto sia dei caratteri fisico-

naturalistici che di quelli insediativi e costruiti sulla base delle relazioni tra essi

esistenti. Gli ambiti individuati non costituiscono distretti territoriali chiusi e

separati; piuttosto i loro margini vanno intesi come aree di relazione con il

contesto, dove possono riconoscersi interferenze con gli ambiti adiacenti e

fattori di labilità dei rispettivi caratteri identitari. Essi rappresentano un primo

“salto di scala” rispetto alla individuazione degli ambiti di paesaggio

determinati dal PTR e la base di riferimento per successivi approfondimenti

alla scala locale. Tra le 15 tipologie macro individuate in sede di PTCP, quelle

che interessano Bonea sono la n.1 e la n.13, definite come di seguito:

“1. Rilievi montuosi del Taburno e di Camposauro, caratterizzati da aree ad elevata naturalità ed

eccezionale valore paesaggistico-ambientale, con significativa alternanza di zone a copertura

boscata, a pascolo naturale e praterie d'alta quota e con aree scoscese e rocciose. Il sistema

insediativo è formato da centri di media e piccola dimensione articolati lungo la viabilità

principale di collegamento. Si rileva una stretta integrazione tra paesaggio insediativo, aree

coltivate ed aree naturali. […] 13. Paesaggio della valle Caudina fortemente caratterizzato dalla

presenza antropica e da modelli insediativi recenti in aree di pianura intramontana. I margini

della piana sono fortemente segnati dalla presenza dei massicci montuosi del Partenio e del

Taburno, con versanti ripidi e rocciosi”.

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Fig.1.2b: Tavola A2.2a del PTCP dei “paesaggi provinciali”.

Dalle 15 macro aree derivate dalla prima interpretazione di paesaggio su scala

provinciale [v. PTCP “Quadro Conoscitivo – Interpretativo” Volume A2 – §

2.2.5], il PTCP opera un ulteriore ingrandimento di scala, individuando 119

Unità di Paesaggio (UP), in base ai caratteri fisico-naturalistici, insediativi, alle

relazione visive, ecologiche, funzionali, storiche e culturali, che conferiscono

loro una precisa fisionomia e una riconoscibile identità.

Il territorio di Bonea è interessato dalle Unità di paesaggio “naturale ed

agrario” dell‟ambito del Taburno.

Nel corso della progettazione del PUC, le citate Unità di Paesaggio (di grande

scala del PTCP) sono ulteriormente frazionate, secondo la scala di riferimento

delle analisi di studio, e offrono un decisivo contributo per la definizione delle

vocazioni a livello comunale del territorio.

Lo studio del paesaggio del PUC di Bonea è condotto strutturando l‟analisi del

territorio secondo i seguenti sistemi complessi:

Sistema ambientale-naturalistico: Rete Ecologica Comunale;

Sistema agro-forestale del territorio rurale e aperto;

Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche;

Sistema del governo del rischio idrogeologico e sismico;

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Sistema insediativo;

Sistema del turismo, dei servizi e delle attività produttive;

Sistema delle infrastrutture.

Fig.1.2c: Stralcio della tavola B2.3.2 del PTCP delle “unità di paesaggio”.

In generale, la peculiarità del paesaggio del Comune di Bonea è il prevalente

uso agricolo del territorio, con le macchie di vegetazione arborea concentrate

nell‟area del Taburno.

Nell'area si individuano:

- Aree ad elevata naturalità fortemente caratterizzate dalla presenza di

boschi e da bassa presenza antropica.

- Successione di colline minori poco modellate ad elevata naturalità

caratterizzate dalla presenza di radure e praterie e da scarsa presenza di

insediamenti; si presentano di elevato valore paesaggistico-ambientale. È

necessario garantire la conservazione dell'integrità dei caratteri

paesaggistici dell'area.

- Aree montane coltivate prevalentemente a seminativo, marginate da fitte

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fasce boscate e caratterizzate da una rete viaria secondaria connessa a

quella principale e dalla presenza diffusa di case e nuclei rurali.

- Aree collinari caratterizzate dall'alternarsi di aree di radura o praterie con

aree boscate; si rilevano la presenza di torrenti con vegetazione riparia

continua di notevole interesse paesaggistico-ambientale ed una scarsa

presenza antropica (piccole case rurali). Sono auspicabili il mantenimento

del carattere prevalentemente naturale dell'area ed una particolare

attenzione ai margini urbani edificati in relazione alle aree boscate di

corona.

- Aree collinari caratterizzate dalla presenza di alberi da frutto, vigneti e

seminativo, con presenza di insediamenti rurali, in prevalenza case rurali

isolate integrate con il contesto ambientale .

- Aree coltivate alberate (frutteti, vigneti, oliveti) lungo pendii collinari a

corona degli insediamenti posti in posizione più elevata e dominante; di

significativo interesse paesaggistico-ambientale. Una particolare attenzione

va posta ai margini urbani.

- Aree collinari caratterizzate dall'alternarsi di bosco e di aree

prevalentemente coltivate con alberi da frutto.

- Area fluviale fortemente caratterizzata dalla presenza di vegetazione

ripariale ed aree boscate ai margini, dominata dai versanti collinari laterali.

1.3 Risorse ambientali.

1.3.1 Rete idrografica.

L‟assetto idrografico superficiale del territorio di Bonea è caratterizzato da un

sistema di aste torrentizie che sorgono dal massiccio carbonatico del Taburno,

di cui la maggiore è rappresentata dal torrente Tesa, e poi dal suo emissario

torrente Varco, entrambi affluenti dell‟Isclero.

Si rilevano, inoltre, valloni a carattere stagionale, nonché fossi che

attraversano tutto il territorio comunale. Il regime idrografico attribuibile a tali

corsi d‟acqua può essere definito a carattere torrentizio con portate stagionali

apprezzabili solo nel periodo invernale o in altri periodi in concomitanza di

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eccezionali eventi meteorici. Lo studio idrogeologico del territorio, attraverso

la conoscenza delle reali condizioni di infiltrazione, circolazione ed emergenza

delle acque sotterranee, permette di individuare i diversi complessi

idrogeologici, sulla base del loro grado e tipo di permeabilità relativa e, di

conseguenza, il livello di permeabilità dei suoli.

1.3.2 Risorse ambientali e naturalistiche.

Il PUC di Bonea imposta le analisi del territorio e delinea le strategie del

Sistema ambientale-naturalistico come un ulteriore approfondimento rispetto

alle strategie del Sistema ambientale e naturalistico del PTCP di Benevento.

Fig.1.3.2a: Tavola B1.1 del PTCP “Capisaldi del sistema ambientale”.

La tavola B1.1 del PTCP (Capisaldi del sistema ambientale) individua, per il

territorio di Bonea, i seguenti elementi territoriali [cfr. art.16 PTCP],

rappresentati nella tavola "A6.1" del PUC (Vincoli BB.CC. e del paesaggio):

la "Riserva di naturalità del massiccio carbonatico del Taburno";

la fascia di protezione della Riserva di naturalità succitata;

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i torrenti iscritti nell‟elenco delle acque pubbliche Tesa e Varco che

formano i “corridoi ecologici di livello comunale” (fascia di almeno metri

50 per lato, dalla sponda);

il sito “Natura 2000” del Taburno (SIC).

Presentano elementi di interesse per il territorio di Bonea anche la tavola

B1.2 del PTCP (Aree ad elevata naturalità e biodiversità) e la tavola B1.3 del

PTCP (Aree ad elevata sensibilità ambientale e biopotenzialità). La tavola

B1.4 del PTCP riguarda le aree Naturali Strategiche, vale a dire quelle aree

che, per i particolari caratteri naturalistici e ambientali, devono essere oggetto

di progetti strategici specifici da redigersi a carico della Provincia di

Benevento. Tali aree possono essere, inoltre, assoggettate a particolari regimi

di tutela, secondo quanto disposto dal comma 2 lettera d) dell‟art.20 del

Decreto legislativo 267/2000, ovvero in esse possono essere istituite “nuove

aree protette” (riserve naturali, parchi o SIC).

Fig.2.3.2b: Tavola B1.4 del PTCP delle “Aree Naturali Strategiche”.

Le tavole della serie B1.5 (a, b, c, d, e) (Progetti strutturali del sistema

ambientale-naturalistico), individuano tre tipologie di intervento: interventi di

restauro ambientale (interventi preordinati al ripristino e/o conservazione di

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risorse di elevato pregio ambientale e naturalistico); interventi di

miglioramento e/o mantenimento dello stato di fatto (interventi preordinati

alla manutenzione ordinaria e straordinaria di risorse di medio pregio

ambientale e naturalistico; interventi di recupero e ripristino di condizioni

ambientali minime (interventi preordinati alla ristrutturazione di intere aree o

siti degradati). Gli interventi costituiscono delle proposte progettuali di scala

vasta, hanno carattere esemplificativo e costituiscono una guida per le

previsioni comunali (Piani Urbanistici e relative norme tecniche, studi di

fattibilità, progetti, programmi di intervento, ecc.) e degli altri enti competenti

per territorio (comunità montane, enti parco, ecc.).

La tavola B1.6 del PTCP (Rete Ecologica Provinciale) individua, per il

territorio di Bonea, i corridoi già descritti nella tavola B1.1 del PTCP e l'Area

Naturale Strategica di cui alla tavola B1.4 del PTCP [cfr. artt. da 10 a 36

PTCP].

Gli altri elementi di analisi del territorio, di cui al sistema ambientale e

naturalistico del PTCP (boschi, prati, fiumi, ecc.), vengono riportati nella

"Carta dell'uso del suolo" allegata al presente PUC e negli elaborati allegati

allo Studio geologico del PUC. Inoltre, nella tavola "A3" viene riportata la

"Rete idrografica" e nella tavola "A4.1" (Risorse paesaggistiche) vengono

riportate le "aree boscate" e le atre risorse paesaggistiche rilevanti.

1.3.3 Carta della Naturalità.

Dal punto di vista della "naturalità", in Provincia di Benevento sono stati

condotti degli studi specifici allo scopo di valutare lo stato di conservazione (o

naturalità) del paesaggio in base alla coerenza o meno tra la copertura del

suolo e la corrispondente vegetazione naturale potenziale nell‟ambito di una

classificazione territoriale gerarchica, riconoscendo così l‟alto valore di

bioindicatore dell‟informazione vegetazionale10

.

La “naturalità”, intesa come espressione principale dell‟organizzazione

spaziale di elementi e comunità naturali autosufficienti nel tempo e nello

spazio, stabilisce la qualità ambientale, la diversità bioecologica, la

10

Fonte dei dati: la Provincia di Benevento ha promosso la redazione della Carta della Naturalità, redatta dal

Centro di Biologia Vegetale del Dipartimento di Scienze Biologiche e Ambientali dell‟Università degli Studi del

Sannio.

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metastabilità degli ecosistemi, l‟assetto ecologico e produttivo, gli scenari

percettivo-paesaggistici singolari e la funzione protettiva e ricreativa

territoriale. Essa indica il grado di affinità della vegetazione reale alla

vegetazione naturale potenziale, strutturalmente più stabile, valutata in base

alle condizioni abiotiche (climatiche, litologiche e pedologiche) locali. La

valutazione della naturalità, intesa come il grado di conservazione delle

fitocenosi naturali è stata effettuata attraverso una procedura di

classificazione vegetazionale gerarchica che integra informazioni floristiche,

fitoclimatiche, litologiche e morfologiche; tale classificazione esprime un

gradiente che va da sistemi a “forte determinismo antropico” a sistemi ad

“elevata naturalità”.

Questo approccio può essere considerato come un passo significativo per la

determinazione degli effetti indotti dal disturbo sulla struttura e sulla diversità

della vegetazione. Le conoscenze acquisite, forniscono una serie di

informazioni e di dati che permettono non solo di valutare la struttura attuale

del paesaggio, ma anche di capire la dinamica vegetazionale e di ipotizzare

l‟assetto futuro del territorio, indispensabile per la salvaguardia della

biodiversità e per la gestione delle risorse del paesaggio.

Infatti, il dimensionamento delle aree di ciascuna classe di naturalità permette

di determinare la complessiva descrizione dello stato di conservazione del

territorio e della sua dinamica temporale. L‟elevata diversificazione dei

complessi vegetazionali (n = 14) è, a sua volta, un indice di eterogeneità di

cause ambientali riconducibile, in massima parte, all‟opera modificatrice

dell‟uomo (ceduazione, coltivazioni, pascolo) ed, in parte, a fenomeni naturali

(incendi, erosione spondale, geomorfodinamica). La diversità elevata della

vegetazione in un‟area, da non confondere con la biodiversità, significa

elevato grado di entropia ambientale. Quindi, in relazione al concetto di

stabilità vegetazionale (persistenza a lungo termine di una specifica comunità

vegetale in un luogo delimitato), la copertura vegetazionale in una categoria

ad elevato dinamismo naturale (variazione e susseguirsi di comunità vegetali

in un luogo delimitato) è dovuta, per lo più, a fasi giovani della successione

ecologica naturale ed alla semplificazione fitocenotica.

Le classi di naturalità sono state così individuate:

0. Aree estrattive.

1. Edificato urbano continuo.

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2. Edificato urbano discontinuo.

3. Terre arabili non irrigate.

4. Vigneti.

5. Oliveti.

6. Pascoli.

7. Boschi di conifere.

8. Aree agricole a struttura complessa.

9. Alberi e arbusti da frutto.

10. Praterie naturali.

11. Aree di transizione cespugliato-bosco.

12. Vegetazione a sclerofille.

13. Boschi di latifoglie.

Fig.1.3.3a: Carta della Naturalità allegata al PTCP di Benevento.

Le classi di naturalità sono ordinate secondo il criterio di vicinanza alla tappa

matura di vegetazione poiché i processi di sindinamica vegetazionale tendono

a portare il sistema verso uno stadio complesso in cui il biotopo finale coincide

con la vegetazione climatica ad elevato grado di naturalità e funzionalità

ecologico-paesaggistica.

Ebbene, a parte il centro abitato con "classe 1", la maggior parte del territorio

comunale ricade nella “classe di naturalità 7” e con una parte residua nella

“classe di naturalità 11 e 12” nelle aree montane del territorio comunale.

Dall‟analisi condotta emerge una discreta presenza di aree il cui elevato

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interesse naturalistico ed ambientale è stato riconosciuto con l‟istituzione della

“Riserva di naturalità del massiccio carbonatico del Taburno” (PTCP) e del SIC

IT8020008 Massiccio del Taburno (Natura 2.000), incluso nel Parco Regionale

del Taburno-Camposauro.

1.3.4 Caratteri climatici11.

Il clima dell‟area esaminata è di tipo mediterraneo, caldo e temperato.

L'inverno ha molta più piovosità dell'estate. La temperatura media annuale di

Bonea è 16,2°C il valore di piovosità media annuale è di 819 mm.

La piovosità del mese di Luglio è pari a 21 mm (mese più secco). In

Novembre cade la maggior parte delle Pioggia, con una media di 129 mm.

11

Fonte: https://it.climate-data.org/.

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La temperatura media di Agosto è 24,1°C (mese più caldo dell'anno). La

temperatura più bassa di tutto l'anno è in Gennaio, dove la temperatura

media è di 9,4°C.

I fattori climatico-atmosferici, correlati a quelli antropici, svolgono sui

sedimenti affioranti un‟azione di alterazione, degradazione ed erosione,

influenzando notevolmente l‟idrologia del sito oggetto di studio. Il bilancio

idrogeologico dell‟area dipende, infatti, oltre che dalle precipitazioni e

temperature, anche dall‟assetto idrostratigrafico e geomorfologico. Gli apporti

meteorici, fonte di ricarica principale della circolazione idrica sotterranea e

superficiale, defluiscono, in parte attraverso la rete viaria e fognaria, laddove

presenti, in parte verso il punto di recapito del reticolo idrografico

rappresentato dai torrenti Tesa e Varco.

1.4 Risorse agro-forestali.

Il Sistema agro-forestale del PUC di Bonea identifica il territorio rurale-aperto

in conformità con la pianificazione sovraordinata (PTCP e PTR) per individuare

le azioni di salvaguardia e di gestione sostenibile.

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Il settore agricolo rappresenta l‟economia di maggiore tradizione del Comune

di Bonea, trainata soprattutto da aziende a conduzione familiare nelle quali

vengono praticate coltivazioni di seminativi, fruttiferi (olivo) e vigneti.

La coltura più importante è quella della vite, da cui si produce la Falanghina,

un ottimo vino bianco DOC.

Altri prodotti tipici sono l'olio extra vergine d'oliva, la mela "Annurca" della

varietà "rossa del sud" ed inoltre le cipolle, celebri fin dall'antichità.

La Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è di 273,71 ettari.

1.4.1 Uso del suolo12.

La carta dell‟uso del suolo documenta sia l‟uso agricolo delle zone del

territorio comunale non urbanizzate che la qualità delle colture in atto nelle

stesse zone al momento del rilevamento e, ai fini della pianificazione del

territorio comunale, rappresenta un presupposto giuridico per la scelta delle

aree destinate all‟estensione dell‟abitato e degli impianti produttivi, nonché

per la individuazione delle colture in atto particolarmente produttive le cui

aree non possono essere utilizzate ai fini edilizi.

Giova premettere che vi è un elevato grado di frammentarietà della

stragrande maggioranza delle aziende agricole operanti sul territorio

comunale e che l‟assetto promiscuo dell‟agricoltura locale può essere

ricondotto a tre principali schematizzazioni:

1. Ordinamenti colturali misti su basi seminativi (olivi, viti, frutti vari);

2. Ordinamenti misti su basi seminitavi-irrigui (vite, vite maritata, fruttiferi,

ecc.);

3. Ordinamenti colturali su basi specifiche (macchie facoltative, incolti, ulivi).

Si tenga conto, inoltre, che in tutto il territorio comunale la suddivisione

fondiaria è anche la diretta conseguenza dell‟andamento altimetrico del

suolo ed è condizionata dall‟idrografia e dallo sviluppo della rete stradale.

Come già detto, la linea di demarcazione tra la zona montana, a nord (molto

acclive), e quella sub-pianeggiante a sud, è costituita dalla strada comunale

Fizzo. Da questo punto in poi, a valle, vi sono le aree migliori dal punto di

vista dell‟uso agricolo del suolo, in località “San Biagio”, “Corte Calce”,

12 Per maggiori dettagli si rimanda allo studio agronomico allegato al PUC.

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“Pantano” fino a località “Campizze”, essendo costituite da terreno di

trasporto, lentamente e progressivamente accumulatosi. Ciò è chiaramente

evidenziato dal fatto che a monte della strada vi sono colture ortive, irrigue e

industriali (pomodoro, tabacco), mentre a valle si rilevano seminativi arborati

e promiscui, quali vigneti, uliveti, ecc., Anche se i vigneti, vista la grande

qualità dei vini locali, tendono a espandersi in ogni direzione.

La zona montuosa, comprende le aree collocate al di sopra degli 800 metri

s.l.m. (fogli catastali 1 e 2) e si protende fino a oltre 1.300 metri s.l.m,

laddove prevalgono le aree incolte e a roccia affiorante, nelle località “Porca

ladra”, “Pioppo”, “Pezzullo”, “Poneturo”, dove le attività agricole sono ridotte o

nulle e dove prevalgono boschi cedui e la coltivazione spontanea di prati e

pascoli.

L’area pedemontana, compresa tra la strada Fizzo e il centro abitato (fogli

catastali 3, 4, 5 e 6), comprendente le località “San Biagio”, “Pezze” e “Prese”

presenta terreni con una discreta pendenza, prevalentemente coltivati a

oliveti e vigneti.

L’area di valle (fogli catastali 7, 8, 9, 10 e 11) comprende una zona

seminativa arborata sub-pianeggiante collocata tra la strada “Fizzo” e la “ss

n.7 Appia”, laddove le attività agricole sono del tipo intensivo e la produttività

è più che buona.

Nel territorio comunale di Bonea comunque sono presenti i seguenti usi

agricoli:

seminativo: superfici coltivate, regolarmente arate e generalmente

sottoposte a un sistema di rotazione, con predominanza di cereali,

soprattutto grano duro e tenero;

seminativo arborato: terreni soggetti alle coltivazioni erbacee in pieno

campo, ma caratterizzati dalla presenza di colture arboree permanenti cui

filari di vite, piante di frutta, noci e olivo;

aree boscate: zone che si sviluppano prevalentemente lungo fiumi, valloni

e aree scoscese e/o degradate e che presentano in prevalenza querce,

pioppi, salici selvatici, olmi, robinie;

prati e pascoli: superfici a copertura erbacea densa e con composizione

floristica rappresentata principalmente da graminacee non soggette a

rotazione;

vigneti: terreni coltivati a vite;

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oliveti: terreni coltivati con varietà di olivo;

arboricoltura da legno: specie arboree finalizzate alla produzione di

assortimenti legnosi;

orti: in espansione nell‟ultimo periodo, con diversi impianti, soprattutto

irrigui, di zucchine, pomodori, carciofi, cavolfiori;.

frutteti: rari impianti arborei da frutto specializzati e promiscui;

zone ripariali: interfaccia tra terra e corpo acqueo che scorre in superficie,

come ad esempio le piante idrofile lungo i bordi del fiume;

tare: superfici arborate/cespugliate non destinate a fini produttivi.

Lo studio preliminare agronomico, risalente al 2006, riporta una “Superficie

agricola utilizzata” (SAU) pari a 274.00.00 ettari con la seguente ripartizione

dell‟uso del suolo:

boschi: ettari 171.84.50 (buona parte di questa superficie è oggi occupata

dalla perimetrazione delle aree percorse dagli incendi avvenuti tra il 2009 e

il 2019);

pascoli: ettari 291.21.52;

uliveti: ettari 140.53.67;

vigneti: ettari 50.000.00;

frutteti: ettari 20.000.00.

1.4.3 Consumo di suolo.

Recentemente è stato presentato il "rapporto sul consumo di suolo”, a cura

del CRCS (Centro Ricerche dedicato, appunto, al Consumo di Suolo). È

emerso che in Italia sono disponibili pochissimi dati e spesso contraddittori, e

soprattutto che non esistono molte misurazioni scientifiche, ma piuttosto

poche stime sintetiche. Una stima (non una misurazione) del Politecnico di

Milano ci informa che ogni giorno in Italia vengono consumati dai 100 ai 150

ettari di suolo. In provincia di Milano in dieci anni, dal 1999 al 2009, più di

7.000 ettari di terreno agricolo o naturale sono stati trasformati in complessi

edilizi o infrastrutture. Ma che cos'è il consumo di suolo?

Wilipedia lo definisce "[...] come quel processo antropogenico che prevede la progressiva

trasformazione di superfici naturali o agricole mediante la realizzazione di costruzioni e

infrastrutture, e dove si presuppone che il ripristino dello stato ambientale preesistente sia molto

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difficile, se non impossibile, a causa della natura dello stravolgimento della matrice terra. Tale

definizione si caratterizza in maniera negativa, poiché negativamente è percepito il problema

della sottrazione di superfici naturali o agricole [...]".

Una definizione abbastanza condivisa del concetto di consumo di suolo è

quella di “passaggio da uno stato agricolo/naturale a uno stato urbano/artificiale/modellato

dall’uomo” (Stefano Pareglio, 22 aprile 2010).

Il Disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole di

contenimento del consumo del suolo, art.2, Consiglio dei Ministri n.54 del 16

novembre 2012 per consumo di suolo intende “la riduzione di superficie agricola per

effetto di interventi di impermeabilizzazione, urbanizzazione ed edificazione non connessi

all’attività agricola”.

Dunque parliamo di un processo di progressiva trasformazione del suolo che

chiaramente comporta un mutamento del paesaggio, con tutto quel che ne

consegue dal punto di vista estetico e ambientale, compresa la rottura degli

equilibri idrogeologici e naturali della fotosintesi (fondamentale nei processi

vitali delle piante e degli animali).

Si tratta di un fenomeno nazionale, se non europeo, spesso trascurato e

minimizzato. In Sardegna dal 2003 al 2008 è stato monitorato un consumo di

suolo pari a 11.000 ettari, dato impressionante tenuto conto che parliamo di

una regione montuosa con gran parte di territorio sottoposto a vincolo

paesaggistico. Nello stesso periodo una quantità molto simile di suolo è stato

antropizzato in Emilia Romagna, dove però le infrastrutture giocano un ruolo

fondamentale rispetto a questo tema. È una problematica gestita quasi

esclusivamente dalle politiche urbanistiche comunali, che spesso sono deboli,

scoordinate e frammentarie. E soprattutto si deve ammettere che spesso è la

stessa normativa a premiare una urbanistica consumistica (vedi il piano casa),

e che le poche coraggiose politiche sull'uso del suolo non hanno mai generato

pratiche virtuose (vedi il Piano Territoriale Regionale della Campania

relativamente al tentativo di ridurre le costruzioni in zona agricola). Nei paesi

più sensibili al tema, come la Germania, le strategie nazionali impongono di

passare dai 100 ai 30 ettari di consumo al giorno entro il 2020, anche se,

bisogna dirlo, non è chiaro come si possa raggiungere questo obiettivo. In

Italia, come detto, non esistono dati attendibili, e pertanto non è possibile

fare previsioni, né tanto meno elaborare strategie particolari. Su scala

provinciale, negli ultimi anni la Provincia di Benevento ha pazientemente

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raccolto i dati necessari per svolgere qualsiasi forma di analisi territoriale,

compresa quella sul consumo di suolo. Sono stati studiati i processi di

espansione delle aree edificate, procedendo alla ricostruzione dell'evoluzione

fisico-insediativa riferita a tutto il territorio provinciale e assumendo come

scansioni temporali gli anni 1870/71, 1956/57, fine anni '90, sulla base della

documentazione costituita dalla cartografia storica I.G.M. e da quella

regionale prodotta negli ultimi anni.

Dall'analisi svolta, riprodotta peraltro nel presente Piano, risulta che l'intensa

urbanizzazione ha modificato in maniera sostanziale i problemi territoriali della

Provincia. Ha generato nuove quanto fugaci opportunità di sviluppo

economico, ma ha anche determinato un irrazionale consumo di suolo ed una

crescita spropositata di alcuni centri, causando la irriconoscibilità del tessuto

insediativo storico e del tessuto territoriale in genere. Le modificazioni

maggiori le ha subite il paesaggio agrario, che negli ultimi 20 anni si è

notevolmente ridimensionato, per qualità e quantità. Nel contempo vi è stato

un proliferare di aree industriali (almeno 68 su 78 comuni), spesso

infrastrutturate ma non insediate, e di edilizia minuta al di fuori dei centri

urbani. Fino alla metà degli anni '50 del secolo appena scorso la struttura

insediativa della Provincia è rimasta sostanzialmente invariata, con l'eccezione

del capoluogo e di pochi altri centri, e sono state realizzate espansioni non

apprezzabili, oltre ad un relativo incremento della viabilità. Il disegno urbano

dei centri minori è rimasto sostanzialmente immutato nei suoi caratteri

strutturali per circa un secolo, come emerge dal confronto della cartografia

storica con quella risalente agli ultimi anni del '900. Da ultimo lo sviluppo

urbanistico ha investito anche i centri minori, sia pure generalmente con

consistenza contenuta, determinando una improvvida edificazione diffusa nel

territorio extraurbano che in alcune aree si presenta sensibilmente densa, sia

per l'incremento della presenza di singoli edifici che per la formazione e/o

l'ampliamento di aggregati.

Lungo la viabilità provinciale e nazionale brani di suolo agricolo intervallano in

maniera casuale, come residui, gli aggregati urbani; filamenti edificati lungo le

strade di accesso ai centri si estendono progressivamente fino a saldare, in

alcuni casi, gli insediamenti. Prevalgono i caratteri omologanti delle nuove

forme insediative e delle tipologie edilizie, tanto nei centri urbani quanto nel

territorio esterno. Si sta delineando, in sostanza, una forma del costruito che

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in alcuni ambiti interferisce in maniera sensibile ed incoerente con il paesaggio

e con le sue componenti storico-insediative, naturalistiche e agrarie.

Il Rapporto 2016 a cura dell‟Ispra riporta i dati comune per comune derivati

dalla “Carta nazionale del consumo di suolo ad altissima risoluzione”. Bonea

(che viene classificato come un comune di classe “D – intermedio” secondo la

classificazione proposta dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione

Economica secondo livelli di perifericità, ovvero di distanza dai centri dotati di

infrastrutture in grado di offrire servizi al cittadino) presenta i seguenti dati

[cfr http://www.sinanet.isprambiente.it]:

- Suolo consumato 2018: 91,27 ha – 8,00%;

- Suolo non consumato 2018: 1.049,71 ha – 92,00%.

1.5 Risorse energetiche.

In relazione al Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche,

l'Amministrazione Comunale si pone gli obiettivi riportati nella delibera di

Giunta Comunale n.58 del 28 novembre 2019, recante “le Linee guida e gli

obiettivi da osservare nella formazione del PUC”. Vale a dire che intende “[…]

porre attenzione al bilancio energetico con interventi di riequilibrio nel settore dei consumi ed in

quello della produzione di energia, in particolare di quella elettrica anche attraverso la

incentivazione dell'efficientamento energetico”.

1.6 Governo del rischio idrogeologico e sismico.

Il comune di Bonea rientra nell'ambito di competenza dell'Autorità di Bacino

Distrettuale dell'Appennino Meridionale.

“Con D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. sono state soppresse le Autorità di Bacino di cui alla ex L.183/89 e

istituite, in ciascun distretto idrografico, le Autorità di Bacino Distrettuali. Ai sensi dell'art. 64,

comma 1, del suddetto D.lgs. 152/2006, come modificato dall'art. 51, comma 5 della Legge

221/2015, il territorio nazionale è stato ripartito in 7 distretti idrografici tra i quali quello

dell'Appennino Meridionale, comprendente i bacini idrografici nazionali Liri-Garigliano e

Volturno, i bacini interregionali Sele, Sinni e Noce, Bradano, Saccione, Fortore e Biferno, Ofanto,

Lao, Trigno ed i bacini regionali della Campania, della Puglia, della Basilicata, della Calabria,

del Molise. Le Autorità di Bacino Distrettuali, dalla data di entrata in vigore del D.M. n.

294/2016, a seguito della soppressione delle Autorità di Bacino Nazionali, Interregionali e

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Regionali, esercitano le funzioni e i compiti in materia di difesa del suolo, tutela delle acque e

gestione delle risorse idriche previsti in capo alle stesse dalla normativa vigente nonché ogni altra

funzione attribuita dalla legge o dai regolamenti. Con il DPCM del 4 aprile 2018 (pubblicato su

G.U. n. 135 del 13/06/2018 ) - emanato ai sensi dell'art. 63, c. 4 del decreto legislativo n.

152/2006 - è stata infine data definitiva operatività al processo di riordino delle funzioni in

materia di difesa del suolo e di tutela delle acque avviato con Legge 221/2015 e con D.M.

294/2016. L’Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale, in base alle norme

vigenti, ha fatto proprie le attività di pianificazione e programmazione a scala di Bacino e di

Distretto idrografico relative alla difesa, tutela, uso e gestione sostenibile delle risorse suolo e

acqua, alla salvaguardia degli aspetti ambientali svolte dalle ex Autorità di Bacino Nazionali,

Regionali, Interregionali in base al disposto della ex legge 183/89 e concorre, pertanto, alla

difesa, alla tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, alla tutela quali–quantitativa della

risorsa idrica, alla mitigazione del rischio idrogeologico, alla lotta alla desertificazione, alla

tutela della fascia costiera ed al risanamento del litorale (in riferimento agli articoli 53, 54 e 65

del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i.). La pianificazione di bacino fino ad oggi

svolta dalle ex Autorità di Bacino ripresa ed integrata dall’Autorità di Distretto, costituisce

riferimento per la programmazione di azioni condivise e partecipate in ambito di governo del

territorio a scala di bacino e di distretto idrografico13

”.

Bonea è incluso nel territorio del bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno, ai

cui elaborati si rimanda per i dettagli sul rischio frana e alluvione [v. tavola

PUC A5]. La lettura degli elaborati tecnici evidenzia nell‟area del Taburno –

come del resto su tutto il territorio provinciale - uno stato di rischio diffuso

con alcune concentrazioni di aree di alta attenzione.

Per quanto concerne il rischio sismico, Bonea presenta un grado di sismicità

medio.

1.7 Sistema insediativo.

Il territorio del Comune di Bonea dista dal capoluogo circa 20 km ed è

identificato con le coordinate geografiche “41° 4‟ 6,15” di latitudine Nord” e

“14° 37‟ 47,86”di latitudine Est”; è localizzato al centro della Valle Caudina

confinando ad Est con il Comune di Montesarchio, a Nord con il Comune di

Tocco Caudio, a Sud con il territorio della Provincia di Avellino ed ad Ovest

con quelli di Bucciano e Airola .

13 Cfr. https://www.distrettoappenninomeridionale.it/.

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Il versante Nord è delimitato dalla catena montuosa del Taburno, mentre il

Sud dalla SS n.7, che collega Caserta con Benevento, e si estende per tutta la

sua lunghezza ai piedi del Monte. Il territorio di Bonea risulta attraversato

dalla citata provinciale Fizzo che, mettendo in comunicazione Airola e

Montesarchio in direzione Est-Ovest, delimita la parte del territorio montano

rispetto a quello vallivo, e dalla provinciale Pantano-Fratta in direzione Nord-

Sud, che mette in comunicazione il centro urbano con la SS n.7 Appia.

Fig.1.7a: Centro abitato di Bonea, da Google earth 06/2019.

L‟abitato, costituito da case basse con tetti a tegola e coppi, immerso nel

verde della fascia pedemontana, dove prevalgono gli uliveti caratteristici del

declivio sud-orientale del massiccio del Taburno, per la sua collocazione alle

falde del monte, gode di una buona posizione panoramica sulla Valle Caudina

ed un‟esposizione prevalente particolarmente felice a mezzogiorno.

Fu costituito comune alla fine del 1800. In precedenza era una frazione di

Montesarchio. Il nome lo si fa derivare dalla dea Bona, o al Duca di Napoli,

Buono, che nell'833 distrusse il borgo caudino (Meomartini, 1967), nel periodo

della guerra che contrappose i Longobardi ai Duchi di Napoli. Sembra

comunque possibile che nell‟area inclusa fra Bonea e Montesarchio, dove sono

venuti alla luce numerosi reperti di epoca romana e sannitica, sia individuabile

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il sito della antica Caudium, la prima capitale dei Caudini sulla via Appia

Antica, che collegava Roma e Capua con Benevento e poi con Brindisi.

Il nucleo antico di Bonea può essere definito un sistema insediativo

storico di tipo lineare e di collina. Al suo interno è racchiuso il patrimonio

artistico del piccolo comune caudino (la Chiesa di San Biagio, la Chiesa di San

Nicola del sec XVI ed il Palazzo Perone Pacifico con l'annessa chiesetta

sconsacrata di S. Sebastiano). Intorno ad esso si è sviluppato negli

ultimi quarant’anni l’attuale centro abitato, che ha assunto una

geometria assimilabile a un fiocco di neve stirato e allungato lungo la

viabilità carrabile, in direzione sud-ovest – nord est.

La storia recente del sistema insediativo è strettamente connessa alla storia

della suddivisione fondiaria, che ha risentito notevolmente negli ultimi

cinquant‟anni della migrazione temporanea dei giovani e dell‟elevato grado di

frammentarietà della stragrande maggioranza delle aziende agricole operanti

sul territorio comunale. La residenza sparsa documenta esplicitamente la

struttura socio-economica del territorio. Ad un esiguo patrimonio edilizio

antico, peraltro oggi in discrete condizioni, si affianca un patrimonio edilizio

più recente, realizzato tra gli anni sessanta–novanta, sia con i proventi degli

immigrati, che con i contributi legati al sisma del 1980. I nuovi manufatti

edilizi hanno caratteristiche tipologiche estremamente variabili. La casa rurale

di recente costruzione assume la tecnologia ed i modelli formali attualmente

ricorrenti nelle tipiche costruzioni urbane.

La tavola "A7" descrive l'evoluzione storica delle dinamiche insediative di

Bonea facendo riferimento alla cartografia IGM storica, dal 1860 fino agli anni

sessanta del novecento. Evidenzia, poi, le aggiunte insediative attraverso lo

studio della Carta Tecnica Regionale (CTR) del 1998 e di quella del 2004.

Sono inoltre rappresentati i tessuti insediativi di recente formazione (1998-

2019), quelli extra urbani (già perimetrati in grande scala dal PTCP di

Benevento - anno 2012) e quelli produttivi, lungo la strada statale Appia.

1.7.1 Sistema insediativo locale in rapporto al PTCP.

Il PTCP, dal punto di vista dei sistemi insediativi, allo scopo di assicurare la

conservazione delle identità morfologiche e delle specificità locali dell'assetto

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insediativo della Provincia, ma anche per potenziarne le valenze funzionali e

valorizzarne le risorse economiche, culturali e paesaggistiche, individua i

cosiddetti sistemi insediativi locali, rispetto ai quali sono organizzati gli

indirizzi di guida per la redazione dei piani regolatori comunali. Per tale

semplificazione, in primo luogo il territorio provinciale è stato suddiviso in

“ambienti insediativi” (insediamenti montani e pedemontani, insediamenti

collinari, insediamenti collinari-vallivi) attraverso i quali è possibile individuare

un ambito geografico omogeneo, ancora molto aggregato, riconoscibile sulla

scorta di interpretazioni di tipo geografico e fisico-morfologico. Bonea rientra

negli insediamenti collinari, dei quali fanno parte i nuclei abitati,

capoluoghi, frazioni e contrade, localizzati a quota tra i 300 e i 599 m. s.l.m.

Per quanto riguarda l'interpretazione dei sistemi insediativi locali, relativo al

sistema comprendente centri, insediamenti produttivi, infrastrutture di

collegamento e di servizio, insediamenti sparsi, riconoscibili per comuni

caratteri formali e funzionali, in particolare per i rapporti tra morfologia

insediativa e struttura fisica del contesto, Bonea rientra nel sistema

insediativo della Valle Caudina al quale appartengono anche i territori

comunali di Airola, Arpaia, Bonea, Bucciano, Forchia, Moiano, Montesarchio,

Pannarano e Paolisi, descritto nella tavola “A 2.5h” del PTCP.

I centri della a corona della Valle Caudina occupano un territorio di Kmq

108,84, per una popolazione complessiva di 34.832 abitanti, 12.748 dei quali

vivono in Montesarchio, che rappresenta il centro urbano più popoloso della

Provincia dopo Benevento.

In PTCP, sulla scorta delle interpretazioni insediative e paesaggistiche

regionali ha individuato, inoltre, n.5 “Ambiti Insediativi”, determinati sulla

scorta di interpretazioni di carattere geomorfologico, paesaggistico e culturale,

nonché seguendo la “geografia dei processi di autoriconoscimento delle

identità locali e di autorganizzazione nello sviluppo”. Secondo questa ulteriore

aggregazione, Bonea rientra nel “Sistema degli insediamenti della città

caudina”.

Infine, il PTCP interpreta il territorio provinciale secondo n.13 “sistemi

insediativi locali”, riconoscibili per comuni caratteri formali e funzionali, in

particolare per i rapporti tra morfologia insediativa e struttura fisica del

contesto, individuando tredici “sistemi insediativi locali”, rispetto ai quali

stabilisce indirizzi specifici di sviluppo e di tutela del territorio. Rispetto a

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quest‟ultima classificazione, Bonea rientra nel “Sistema insediativo della

Valle caudina” costituito dai territori comunali di Airola, Arpaia, Bonea,

Bucciano, Forchia, Moiano, Montesarchio, Pannarano e Paolisi.

1.7.2 Aree di interesse archeologico14.

Dagli elaborati del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, concernenti

il tema in oggetto e dalla documentazione allegata al vigente Piano Regolatore

Generale, risulta che a Bonea insistono n.2 aree di vincolo archeologico e

diverse aree di interesse archeologico che ancora non sono state

completamente indagate.

Negli ultimi anni è stata scavata, ai margini dell‟abitato, l‟area della c.d. villa di

Cocceio, in località S. Biagio; si tratta di una importante villa romana nota

anche dalle fonti classiche latine, che ha restituito anche notevoli sculture;

sull‟area è stato imposto il vincolo archeologico. Vi sono notizie certe di scavi

ivi effettuati già nel 1886. Sono state all‟epoca rinvenute verso Est, in

direzione di Vitulano e Montesarchio, delle tombe di tufo con copertura in

tegole. Inoltre, alle falde del Taburno è visibile il c.d. Pezzillo, ciò che rimane di

un imponente monumento funerario romano.

Comunque, risultano vincolati, ai sensi del Codice BB.CC. e per effetto dei

decreti ministeriali specifici, i seguenti beni immobili:

i resti dell‟antica torre “Vessillo” (D.M. 06.11.1952), sul foglio di mappa

n.2, p.lle 167, 168;

i ruderi di mura antiche in c.da S.Biagio (D.M. 04.02.1953), sul foglio di

mappa n.8, p.lla 32 (art.4 - notifica 11685/84L 09-11-1984);

area archeologica (DM 02-02-1990) sul foglio di mappa n.4, p.lle 204, 208,

312, 382, 397, 383, 395, 398;

la chiesa privata e pertinenze, alla contrada S.Pietro (D.M. 04.01.1991), sul

14 Bibliografia: F. Colonna, „Bonea‟, in NSc 1886, p. 137; A. Maiuri, Passeggiate campane, Firenze

1950 (ed. consultata: Milano 1990), pp. 322-324, con n. 3 a p. 434; P. Cavuoto, „Ricerche archeologiche caudine‟, in Samnium 34, 1961, pp. 181-191; C. Castaldo, La Valle Caudina a Sud del Mezzogiorno. Quale ruolo nelle prospettive di sviluppo?, Torrecuso s.d. [ma: 1984], pp. 59-72; F. Cillo, Le Forche Caudine (nuove ipotesi di ricerca e di studio), Benevento 1988, figg. a p. 12-13; “Dopo la polvere”. Rilevazione degli interventi di recupero post-sismico del patrimonio archeologico, architettonico ed artistico delle regioni Campania e Basilicata danneggiato dal terremoto del 23 novembre 1980 e del 14 febbraio 1981 (anni 1985-1993). Tomo III. Province di Benevento – Caserta – Napoli, a cura di G. Proietti, Roma 1994, p. 108.

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foglio di mappa n.5, p.lle 95, 96, 97, 352, 353, 354.

La tavola "A4.1 - Risorse paesaggistiche" fa riferimento alle precedenti

notazioni e sottolinea, tra le altre cose, i seguenti elementi:

Tessuto urbano storico consolidato (fonte: Istituto Geografico Militare

1870, Piano Regolatore Generale 1996, PTCP 2012);

Nuclei di insediamenti storici extraurbani (fonte: IGM 1870, PRG 1996,

PTCP 2012);

Area di rinvenimenti diffusi di interesse archeologico.

Nelle norme tecniche di attuazione del PUC si provvederà ad inserire adeguati

strumenti di verifica archeologica per le zone ritenute di maggiore sensibilità e

per quelle segnalate dalla competente Soprintendenza, coerentemente

all‟art.108 del PTCP (recante le ”Direttive da osservare nel sistema

archeologico Valle Caudina – Taburno”), di cui di seguito si riporta il testo.

“1. La Valle Caudina è segnata dall’importantissimo tracciato della via Appia, che collegando la

piana campana con il Beneventano costituiva il punto di passaggio preferenziale per dirigersi

verso la Puglia. 2. Al fine di tutelare e valorizzare la leggibilità del sistema “Valle Caudina -

Taburno”, i Piani Urbanistici Comunali dovranno prevedere : 2.1 La realizzazione di interventi di

conservazione attiva e valorizzazione incentrati sui centri archeologici di Caudium e di Saticula,

le cui necropoli sono sotto il costante rischio della spoliazione clandestina; la realizzazione del

parco archeologico di Caudium e del Museo del Sannio Caudino. 2.2 La realizzazione degli

indispensabili approfondimenti di ricerca per una più precisa conoscenza del tracciato della via

Appia. 2.3 Interventi di recupero, messa in sicurezza e valorizzazione dei sentieri micaelici e dei

siti rupestri nell’area del Parco del Taburno-Camposauro. 2.4 Interventi di recupero e

valorizzazione nel centro storico di Torrecuso. 2.5 La realizzazione di indagini e ricognizioni per

definire una verosimile carta del rischio per le aree archeologiche nel territorio in esame. 2.6 La

valorizzazione sistemica delle risorse storico-archeologiche e culturali attraverso la messa in rete

dei castelli e borghi fortificati di Torrecuso, Castelpoto, Tocco Caudio, Montesarchio, Arpaia,

Airola, S. Agata dei Goti, Durazzano, Dugenta, Limata, Solopaca; della cinta fortificata sannitica

di Melizzano; dei musei ed antiquarium di Montesarchio, Airola, Forchia; dei siti di Montesarchio

e S. Agata dei Goti afferenti al progetto dei percorsi in rete della ceramica e della pietra; dei siti

rupestri di Frasso Telesino, Vitulano, Foglianise e Bucciano; dei siti di interesse storico religioso

di S. Agata dei Goti”.

Di seguito si riporta, infine, uno stralcio della relazione sui lavori di scavo

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archeologico eseguiti nel comune di Bonea dal 12 agosto al 10 ottobre 1958.15

“Sono stati eseguiti nel comune di Bonea saggi di scavo archeologico con un cantiere di lavoro

finanziato dal Ministero del Lavoro, gestito dall’Amministrazione comunale ed affidato alla

direzione tecnica scientifica della Sovrintendenza della Antichità di Napoli. Il fine previsto dal

programma di lavoro era la ricerca e la scoperta delle antiche costruzioni pertinenti alla “Villa di

Cocceio”, resa famosa dalla sosta che vi fecero Orazio e Virgilio nell’anno 37 a.C.. I lavori di

scavo, consigliati da ricerche storico-topografiche e da indagini prospettiche nella zona caudina

(si è infatti nell’ambito dell’antica città di Caudium), sono stati effettuati in località S. Biagio ed

hanno dato risultati completamente positivi. Vari sondaggi sono stati compiuti in tre zone

contrassegnate convenzionalmente come Nord, Est ed Ovest, senza però perdere di vista il fine

accennato e senza uscire dalla suddetta località. Nella zona Ovest si è avuto un normale lavoro di

scavo topografico inteso a mettere in luce il più completamente possibile quanto s’era previsto

potesse affiorare. I rinvenimenti messi in luce si lasciano definire un complesso di cisterne,

rilevantissimo per la tecnica strutturale e la disposizione degli ambienti “condotto” e di

conservazione. Da un primo esame cronologico risultano attribuibili ai primi decenni del secolo

a.C., anche per la evidente contemporaneità con le strutture centrali della “Villa”, messe in luce

nella stessa zona. La complessità delle disposizioni e la grandezza dell’opera fanno pensare ad un

adiacente complesso edilizio molto notevole. Non è improbabile che ci si trovi di fronte,

rispettivamente, alla “Pars Massaricia” e a quella “Dominica”, canoniche delle ville non urbane.

La “Pars dominica” infatti è quella che s’è cercata nella zona ovest, nella quale nel corso di un

saggio stratigrafico, portati via i resti di una rozza pavimentazione affiorata a un metro circa di

profondità, si sono presentati alla luce ambienti costruiti in “opus incertum” e decorati

all’interno con la tecnica del 1ø stile. La pavimentazione di detti ambienti è in “signium” ornato

da magnifici disegni geometrici di tasselli bianchi. Detto complesso è però tagliato a metà da una

strada privata di accesso che continua ancora verso ovest e porta ad altri ambienti appartenenti

probabilmente alla fine del secondo secolo a.C.. Essi appartengono ad altre strutture facenti parte

del complesso edilizio di una “Villa Posterior”. Il complesso centrale qui si divide inoltre

ambienti coperti tutti da un’unica volta ad intradosso intonacato ed ora crollata. Le mura sono

costruite in “opus mixtum” giustapposto ad “opus reticulatum”, e la pavimentazione è in

“tessellatum” variamente colorato. Di particolare rilievo è in questa zona un locale di piccole

dimensioni posto ad un livello inferiore e caratterizzato da un’apertura ad archetto di laterizi in

una parete. Ad un primo esame si ha l’idea di un sistema di riscaldamento, essendo piuttosto

visibili, anche se molto addentrate nel terreno non ancora esplorato, delle “suspensurae”. Altre

prove sono state effettuate nella zona nord e in quella est e sono stati scavati un “Caput Aquae”, u

“Aquae ductus” e dei “Solaria”. Il “Caput Aquae”, posto ad un livello altimetrico maggiore, si

trova nella zona nord ed è attaccato alle mura del perimetro. Nel terreno sottostante è affiorata la

15

. https://www.slideshare.net/AdrianaStanzione/relazione-scavi-villa-di-cocceio.

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conduttura d’acqua in tubi di terra cotta che si dipartono da un locale di raccolta, non tutto messo

in luce e le cui mura esterne rilevano un “opus reticulatum” abbastanza antico. Nella zona est poi

sono venuti alla luce dei “Solaria”, pavimentati in rustico “tessellatum” bianco, che si possono

attribuire, con una certa probabilità, all’età flavia. E’ evidente, comunque, che tali definizioni

cronologiche sono per ora sommarie ed hanno un carattere di provvisorietà, poichè il nucleo

generale e più esteso delle costruzioni è rimasto ancora nel sottosuolo. Un ultimo cenno bisogna

fare al lavoro svolto per accertare l’estensione delle mura perimetrali evidenti e presunte, che

sono risultate presenti su un’area molto vasta. Evidenti ancora sono due opere di terrazzamento

ed altre con cui si sono ricavati locali adibiti a lavoro agricolo. Si nota poi in tutto il complesso

della “Villa” un divario cronologico notevole tra una struttura e l’altra: ciò può spiegarsi

tenendo conto della continuità storica della presenza di genti in questo luogo. I reperti mobili

consistono in elementi di terracotta (anfore non intere, Dolia, lucerne, oggettini vari, una

“pistrina”) e frammento di vetro, nonché in monete che stanno all’esame dei numismatici. Si ha

motivo quindi, viste le coincidenze della ricerca archeologica con le notizie storico-folologiche di

ritenere di trovarsi di fronte agli ambienti della menzionata “Villa di Cocceio” ricordata appunto

da Orazio nella Va satira del 1ø libro. La vastità dell’area dei ritrovamenti, di cui si può essere

completamente soddisfatti, induce a ritenere opportuna la prosecuzione dei lavori e la

sistemazione definitiva della zona di interesse quindi archeologico e turistico. E’ il caso infatti di

tener conto della possibilità di sviluppo, in tal senso, di tutta la zona caudina, che vanta in realtà

un patrimonio archeologico non inferiore a quello di altri luoghi e regioni più noti. Considerato

quindi tutto quanto occorre per proseguire e condurre a buon esito gli iniziati lavori di scavo, e

cioè l’esproprio dei terreni, lo scavo vero e proprio e la sistemazione convenienti dei reperti, si

rende necessaria la disponibilità di un fondo ammontante ad almeno 30.000.000.

L’Amministrazione comunale, che già ha collaborato in maniera generosa ed intelligente con la

Sovrintendenza alle antichità, voglia prendere atto di questa relazione ed esibirla, se necessaria,

agli Enti competenti pur di ottenere quanto occorre alla prosecuzione dei lavori e alla

sistemazione definitiva della zona, in maniera che venga resa degna di visita e magari di meta di

itinerari turistici.

1.8 Sistema del turismo, dei servizi e delle attività

produttive.

In riferimento al c.516 dell'art.141 delle NTA del PTCP, la ricognizione del

16

Art.141 c.5: I Comuni procedono, ai sensi della L.R.C. n. 16/00, ad una ricognizione del

patrimonio ricettivo alberghiero ed extra-alberghiero esistente, in uno alle relative dotazioni complementari, anche per promuovere in coordinamento con la Provincia di Benevento la

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patrimonio turistico-ricettivo alberghiero ed extra-alberghiero esistente in

Bonea ha rilevato una sostanziale penuria, nonostante le potenzialità

attrattive del territorio. Se, in generale, nel contesto del turismo regionale, la

provincia beneventana ha risentito della forza attrattiva esercitata dalle

località costiere di fama internazionale, di una programmazione di settore

poco unitaria e di una insufficiente promozione del territorio con appropriate

politiche di marketing finalizzate all‟inserimento nei circuiti internazionali della

domanda, nella difficoltà a rendere “visibili” le qualità naturali e storiche che

la caratterizzano, ancor più il territorio di Bonea rimane misconosciuto.

I posti letto totali nel territorio di Bonea per l'accoglienza turistica sono una

cinquantina, distribuiti sostanzialmente in due strutture alberghiere e due

agriturismi. Mentre il noto Hotel Taburno, gestito dalla locale Comunità

Montana, nell‟ultimo periodo è stato oggetto di lavori di ristrutturazione e

convertito in Centro polifunzionale finalizzato allo sviluppo delle attività sociali

e di valorizzazione del territorio dell‟area protetta del Taburno-Camposauro. Vi

sono infine altre piccole strutture che offrono occasionalmente ospitalità. Tale

dotazione appare insufficiente, in considerazione dei flussi turistici accertati

nell'ultimo decennio nell'area dela Valle Caudina, del cui comprensorio Bonea

fa parte. Ma soprattutto, la dotazione attuale appare insufficiente nell'ipotesi

di sviluppo di itinerari turistici legati al mondo delle escursioni naturalistiche.

Del resto, tale dato induce a riflettere sulla ancora scarsa capacità di attrattiva

turistica della provincia e soprattutto sull‟incapacità di offrire un prodotto in

grado di invogliare il turista verso un soggiorno prolungato.

Quanto ai servizi, va rilevato che per le strutture scolastiche di secondo

grado, il comune di Bonea gravita nell'area di influenza di Montesarchio e

della città di Benevento. Nel territorio comunale insiste un plesso scolastico

(statale) dell‟infanzia e primaria alla Via Carre (Istituto principale:

BNIC855006 Ilaria Alpi - Montesarchio).

Vi sono inoltre l‟ufficio postale e la farmacia, nonché una Casa di cura privata

per anziani e almeno n.7 attività commerciali17, di cui di seguito si ripotano

alcuni dati:

Macelleria alla via Roma;

costituzione di una rete delle strutture turistiche di livello provinciale.

17 Cfr. www.comune.bonea.bn.it.

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Macelleria Azienda Agricola alla via Fratta;

Consorzio Agrario alla via Appia;

rivendita Monopoli, Sali e tabacchi alla via Fontana

rottami ferrosi di Metal sud alla via Sepaloni;

rivendita Ceramiche alla via Appia.

Per quanto concerne le attività produttive, nel territorio di Bonea insiste

un'area PIP in località Fratta, già infrastrutturata, all‟interno della quale

insistono diverse attività produttive.

1.9 Sistema della mobilità e delle infrastrutture.

1.9.1 Rete stradale.

Il comune di Bonea si colloca nel comprensorio della Valle Caudina tra i

comuni di Montesarchio, Airola e Bucciano, e con esse è collegato mediante

un antico sistema viario che attraversa l‟abitato. L‟andamento di tale viabilità

è fortemente accidentato.

Sul lato sud il territorio comunale è lambito dalla “Strada statale ss 7 Appia”

(Strada Tipo C con caratteristiche a norma dell'art.2 del DLgs 285/1992

"Codice della strada" e s.m.i., e ai sensi dell'art.26 del DPR 495/1992

Regolamento d'attuazione del C.d.S. ).

Il centro abitato di Bonea è direttamente collegato alle vicine contrade e ai

vicini comuni attraverso le S.P. nn.129, 134, 135 e 140:

SP 129 "Montesarchio - Bucciano - Bivio San Tommaso": da Montesarchio a

Bucciano fino all'innesto della S.P. n.111 Solopaca-Sant'Agata loc. S.

Tommaso - D.P.R. 23/02/1962 - lunghezza totale: Km 14+050 (nel

comune di Bonea km 2+268);

SP 134 "Varoni - Bonea - Frazione Bacilli": da Varoni a Bonea fino alla

Frazione Bacilli - D.M. 13/08/1957 - lunghezza totale: Km 2+000 (nel

comune di Bonea km 2+000);

SP 135 "SS 7 - Bonea": dalla SS 7 a Bonea attraverso la S.P. n.129 - D.M.

104/03/961 - lunghezza totale Km 3+500 (nel comune di Bonea km

1+290);

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SP 140 "Taburno": dalla Prov.le Valle Vitulanese-Caudina alla foresta del

Monte Taburno fino a Piana di Prata - lunghezza totale Km 18+417 (nel

comune di Bonea km 0+580).

Vi è, inoltre, una fitta ed tortuosa teoria di strade comunali, la maggior parte

delle quali carrabile.

1.9.2 Sottoservizi urbani.

Sul territorio Comunale sono presenti le seguenti reti tecnologiche:

rete fognaria;

rete di distribuzione idrica;

rete di distribuzione del gas-metano;

rete distribuzione energia elettrica;

rete telefonica.

1.10 Aree naturali protette e regime vincolistico.

Il regime vincolistico riguarda porzioni di territorio protette a vario titolo da

normativa di livello comunitario, nazionale e regionale, facendo riferimento

alle diverse tipologie di area naturale protetta (parchi, siti Bioitaly, laghi e

fiumi tutelati), tenuto conto della loro estensione rispetto all‟intero territorio

comunale. Gli elementi territoriali vincolati sono cartografati nelle tavole

"A6.1", “A6.2” e “A6.3” (in scala 1/10.000).

1.10.1 Aree protette di livello comunitario: SIC IT8020008

Massiccio del Taburno.

Nel territorio comunale insiste l‟area “Natura 2000”18

denominata S.I.C.

18

I SIC e le ZPS derivano dal recepimento della Direttiva “Habitat” (Direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21

maggio 1992 relativa alla "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna

selvatiche") avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, modificato

ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003. Il DPR 8 settembre 1997, n.357 "Regolamento recante

attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,nonché

della flora e della fauna selvatiche", successivamente modificato dal DPR 12 marzo 2003, n. 120, dà applicazione in Italia alle suddette direttive comunitarie, unitamente alla legge n.157/92; il Decreto Ministeriale

del 3 settembre 2002 approva le “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000” predisposte dal Ministero

dell‟Ambiente e Tutela del Territorio; il Decreto Ministeriale “Elenco delle Zone di Protezione Speciale (ZPS),

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IT8020008 Massiccio del Taburno, incluso nel Parco Regionale del Taburno-

Camposauro. Il territorio protetto, tutto nella Provincia di Benevento, ha

superficie pari a HA 5.32119 e riguarda anche la parte settentrionale del

comune di Bonea (sup. 705,40 ettari) 20, con quote altimetriche che oscillano

fino a oltre 1.300 m.s.l.m.

Fig.1.10.1a: S.I.C. IT8020008 Massiccio del Taburno (Fonte: minambiente.it/pagina/schede-e-cartografie) – fotografie www.comune.bonea.it.

classificate ai sensi della Direttiva 79/409/CEE”, emanato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del

Territorio in data 25.03.2005, individua le aree in questione; la decisione della Commissione 2006/613/CE, del

19 luglio 2006, adotta, a norma della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l‟elenco dei siti di importanza

comunitaria per la regione biogeografica mediterranea [notificata con il numero C(2006) 3261], in cui sono

elencati anche i p.S.I.C. della Regione Campania; l‟ordinanza del TAR Lazio (n. 6856, 24 novembre 2005, Sez.

II Bis, Roma) confermata con ordinanza n.783/06 del 14 febbraio 2006 dal Consiglio di Stato, ha sospeso l‟efficacia del Decreto del Ministero dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio del 25 marzo 2005 “Annullamento

della deliberazione 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette; gestione e misure di

conservazione delle Zone di protezione speciale (ZPS) e delle Zone speciali di conservazione (ZSC)” e pertanto

consente l‟identificazione delle aree ZPS e ZSC con le aree naturali protette. 19 Superficie determinata dalla “scheda Natura 2000” e estraendo i dati territoriali dalla Deliberazione Giunta

Regionale n.23 del 19 gennaio 2007 “Area Generale di Coordinamento n.11 - Sviluppo Attività Settore Primario

– n. 5 - Ecologia, Tutela dell'ambiente, Disinquinamento, Protezione Civile - Misure di conservazione per i siti

Natura 2000 della Regione Campania: Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Siti di Importanza Comunitaria (SIC)

- Con allegati”. Allegato 1 “Elenco proposti Siti di Importanza Comunitaria (pSIC) della Regione Campania”.

BURC - n.11 del 01.02.2007.

20 Fonte: Ufficio di Piano: Superficie determinata dalla documentazione vettoriale del PUC di Bonea.

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La Regione Campania, con delibera di Giunta n.684 del 30 dicembre 2019, ha

individuato l‟Ente Parco Regionale del Taburno Camposauro come soggetto

affidatario della gestione delle due zone speciali di conservazione Sic -

denominate Camposauro e Massiccio del Taburno presenti nell‟area protetta,

quest‟ultimo oggetto della presente relazione.

Il pS.I.C. IT8020008 Massiccio del Taburno è riportato, con gli altri proposti

siti di importanza comunitaria (pSIC), nell‟elenco pubblicato con Decreto del

Ministero dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio del 25 marzo 2005. Il suo

territorio rientra quasi completamente, a meno di piccole porzioni, nel

perimetro del Parco Regionale Naturale del Taburno-Camposauro ed è oggi

regolamentato dalla “zonizzazione” del Parco e dalla zonizzazione del Piano

Territoriale Paesistico del Taburno-Camposauro. Inoltre fa parte della

Comunità Montana del Taburno.

Il Taburno è un massiccio calcareo del mesozoico separato da una

depressione tettonica da Camposauro con il quale forma un‟unità geologico-

strutturale. È caratterizzato da versanti a sud molto ripidi e aspri e da versanti

meno acclivi sul lato settentrionale in cui si staccano varie valli pensili e

valloni di dimensioni modeste. Nei settori più elevati del Taburno si estende

una faggeta adulta, in cui il faggio compare spesso accompagnato

(soprattutto nel mantello) da Ostrya carpinifolia, Carpinus betulus, Acer

obtusatum, Sorbus sp. pl. e localmente Acer lobelii e Tilia platyphyllos. Il

sottobosco di queste formazioni è in generale rado e costituito

prevalentemente da Ilex aquifolium, Rosa sp.pl., Rubus sp.pl, Daphne

laureola, Euphorbia amygdaloides. Lo strato erbaceo, invece, annovera

soprattutto geofite e camefite, specialmente nelle radure e al confine con i

pascoli, come Ornithogalum sp. pl. Scilla bifolia, Aristolochia lutea, A. rotunda,

Corydalis cava, Anemone ranunculoides, Pulmonaria apennina. I piani carsici,

per la loro organizzazione morfologica, per la natura dei suoli e per il grado di

umidità, sono la sede preferenziale delle formazioni vegetali erbacee dei

mesobrometi. Prevalgono qui formazioni erbacee a Bromus erectus, Festuca,

sp. pl., con Astragalus depressus, Globularia neapolitana, Cerastium

tomentosum, Helianthemum oelandicum subsp. italicum, Biscutella levigata,

Saxifraga granulata, S. bulbifera, Plantago subulata (specialmente lungo gli

affioramenti calcarei più pronunciati). Verbascum pulverulentum, V. thapsus,

Cirsium tenoreanum, Solenanthus apenninus caratterizzano invece gli aspetti

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erbacei delle aree maggiormente interessate dal pascolo. Diffuse le formazioni

a Citysus scoparius e Pteridium aquilinum, specialmente a Piana di Prata. Nel

piano sub-montano sono presenti castagneti di moderata estensione, spesso

sottoposti a ceduazione; non mancano però alcune piccole porzioni da tempo

non soggette a questa pratica. Abbondano nello strato arboreo Acer

obtusatum, Sorbus torminalis, S. aria, mentre le rocce esposte ospitano rari

endemismi come Viola aethnensis subsp. splendida e V. pseudogracilis subsp.

pseudogracilis, mentre Globularia meridionalis sostituisce qui G. neapolitana.

Comuni lungo i margini boschivi Rosa pimpinellifolia, R. corymbifera,

Doronicum columnae e D. orientale, Saxifraga rotundifolia, Atropa belladonna.

La fascia sottostante, concentrata quasi unicamente sul versante

settentrionale del rilievo carbonatico, è caratterizzata dai boschi misti di

querce costituite da Quercus pubescens e Quercus cerris, il cui mantello ospita

spesso formazioni a Coronilla emerus, accompagnata da Fraxinus ornus e

localmente Carpinus orientalis e Alnus cordata. Su questo stesso settore

cresce in un‟area molto ristretta la Betulla pendula. Lo strato erbaceo è

caratterizzato da Bromus erectus, Anthyllis vulneraria, Cerastium

tomentosum, Heliantheum oelandicum subsp. italicum. Compaiono in questi

ambienti entità rare come Orobanche canescens, Orobanche amethystea,

Orobanche ramosa subsp. mutelii, Cymbalaria pilosa, Anthericum liliago,

Ophrys bombyliflora. La vegetazione rupestre di questi settori annovera

nanofanerofite e camefite come Cistus creticus, C. salvifolius, Phagnalon

rupestre, Galium corrudifolium, Asperula purpurea, Pimpinella tragium,

Colutea arborescens. Gli aspetti più degradati sono caratterizzati da estesi

popolamenti ad Asphodelus microcarpus, mentre i suoli soggetti

periodicamente a incendi sono interessati da estesi ampelodesmeti. Molto

frequenti vegetazioni a Spartium junceum,specialmente nei settori più aridi e

acclivi.

Non mancano poi rimboschimenti a Pinus nigra e Abies alba, la seconda

soprattutto in quota, nonché isolati impianti a Cupressus arizonica. Mancano

ambienti umidi tipici, eccezion fatta per alcuni rigagnoli sommitali, asciutti

d‟estate, che lambiscono i margini delle faggete. Frequenti qui igrofite quali

Carex pendula, Veronica beccabunga, Nasturtium officinale, Ranunculus sp.pl.

Abbondanti presso gli abitati e lungo le strade di maggior scorrimento

vegetazioni ruderali erbacee,dominate da Avena sp. pl. e diversi Bromus

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annuali. Di seguito si riporta l‟elenco degli habitat presenti nel S.I.C.

IT8020008 Massiccio del Taburno [v. allegato 1: Natura 2000 – standard data

form]:

Habitat *6210: Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da

cespugli su substrato calcareo (*stupenda fioritura di orchidee) – copertura

PF (Priority Form) 319,26 ettari, copertura non prioritaria 744,94 ettari;

Habitat 6220: Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-

Brachipodietea – copertura non prioritaria 266,05 ettari;

Habitat 8210: Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica –

copertura non prioritaria 266,05 ettari;

Habitat 8310: grotte non ancora sfruttate a livello turistico; – copertura

non prioritaria 53,21 ettari;

Habitat 9210: Foreste mediterranee caducifoglie - Faggeti degli Appennini

con Ilex e Taxus - – copertura non prioritaria 1862,35 ettari;

Habitat 9260: Foreste mediterranee caducifoglie – Castagneti – copertura

non prioritaria 1864,20 ettari.

L‟elenco della fauna presente è riportato nell‟allegato 1 (Natura 2000 –

standard data form).

1.10.2 Regime vincolistico di livello nazionale.

Sono aree protette di “livello nazionale” quelle "tutelate per legge ai sensi

dell‟art.142 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio21

” come di seguito

21

Art. 142. Aree tutelate per legge (articolo così sostituito dall'articolo 12 del d.lgs. n. 157 del 2006).

1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti alle disposizioni di questo Titolo:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i

terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri

dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli

elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio

decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri

ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200

metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e

da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come

definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227; h) le aree assegnate alle

università agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal d.P.R. 13

marzo 1976, n. 448; l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore

del presente codice.

2. Non sono comprese tra i beni elencati nel comma 1 le aree che alla data del 6 settembre 1985:

a) erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B; b) erano delimitate negli strumenti urbanistici

ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone diverse dalle zone A e B, ed erano

ricomprese in piani pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state concretamente realizzate; c) nei comuni sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati perimetrati ai sensi

dell'articolo 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.

3. La disposizione del comma 1 non si applica ai beni ivi indicati alla lettera c) che la regione, in tutto o in parte,

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riportato [cfr. tavole A6.1, A6.2, A6.3 e A6.4]:

i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle acque

pubbliche, quali il torrente Tesa e il torrente Varco;

le montagne eccedenti 1.200 metri s.l.m. per la catena appenninica,

quale la cima del monte Taburno;

l‟area del Parco Naturale Regionale del Taburno-Camposauro;

i territori coperti da foreste e da boschi22 perimetrati a norma delle leggi

della Regione Campania n.11/96 e n.5/99;

i territori percorsi o danneggiati dal fuoco, come riportati nel Sistema

Informativo Territoriale della Regione Campania, Area Tematica Catasto

degli Incendi Boschivi23

, e come censiti dall'Ufficio Tecnico Comunale;

le aree gravate da usi civici24 ai sensi della legge 16.06.1927 n.1766,

vincolata con decreto 23.09.1937.

Risultano inoltre vincolati, ai sensi del Codice BB.CC. e per effetto dei decreti

ministeriali specifici, i seguenti beni immobili:

l‟intero territorio comunale vincolato ai sensi del D.M. 28.03.1983, con

Dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi del D.M. 21.09.1984.

la fascia di m 80 dei corsi d'acqua e profili trasversali ai sensi dell‟art.9

delle NTA del Piano Territoriale Paesistico del Taburno-Camposauro,

abbia ritenuto, entro la data di entrata in vigore della presente disposizione, irrilevanti ai fini paesaggistici

includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al Ministero. Il Ministero, con provvedimento

motivato, può confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il provvedimento di conferma è

sottoposto alle forme di pubblicità previste dall'articolo 140, comma 3. 4. Resta in ogni caso ferma la disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati all'articolo 157.

22

Sono da considerarsi boschi i terreni sui quali esista o venga comunque a costituirsi, per via naturale o

artificiale, un popolamento di specie legnose forestali arboree od arbustive a densità piena, a qualsiasi stadio di

sviluppo si trovino, dalle quali si possono trarre, come principale utilità , prodotti comunemente ritenuti

forestali, anche se non legnosi, nonchè benefici di natura ambientale riferibili particolarmente alla protezione

del suolo ed al miglioramento della qualità della vita e, inoltre, attività plurime di tipo zootecnico. Sono da

considerare altresì boschi gli appezzamenti di terreno pertinenti ad un complesso boscato che, per cause

naturali o artificiali, siano rimasti temporaneamente privi di copertura forestale e nei quali il soprassuolo sia in

attesa o in corso di rinnovazione o ricostituzione. A causa dei caratteri parzialmente o prevalentemente forestali

delle operazioni colturali, d' impianto, di allevamento, di utilizzazione e delle funzioni di equilibrio ambientale

che possono esplicare, sono assimilabili ai boschi alcuni ecosistemi arborei artificiali, quali castagneti da frutto,

le pinete di Pino domestico, anche se associati ad altre colture, le vegetazioni dunali litoranee e quelle radicate nelle pertinenze idrauliche golenali dei corsi d' acqua. Sono da considerarsi pascoli montani i terreni situati ad

una altitudine non inferiore a 700 metri, rivestiti da piante arboree od arbustive radicate mediamente a

distanza non inferiore ai 20 metri.

23 Fonte: Regione Campania – Servizio SIT – Area Governo del Territorio – Settore monitoraggio e controllo

accordi di programma. Area Tematica: Catasto Incendi Boschivi – Area Generale di Coordinamento Gestione del

Territorio, tutela beni paesistico, ambientale e culturale. Anni 2000 – 2004. Metodologia di progetto per la

formazione del catasto degli incendi boschivi: elaborazione immagini da satellite; confronto tra diverse

combinazioni di bande per individuare i pixel bruciati; perimetrazione vettoriale dei pixel bruciati; ubicazione sul

territorio comunale; sovrapposizione Incendio-Catasto (rif: Ortofoto). 24

In realtà il Bosco Bonea o Tiengo insiste sul territorio di San Nazzaro. All'epoca del decreto (1937) sugli usi

civici i territori di Bonea e San Nazzaro costituivano un unico comune.

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compreso le altre limitazioni di cui allo stesso articolo 9;

i resti dell‟antica torre “Vessillo” (D.M. 06.11.1952), sul foglio di mappa

n.2, p.lle 167, 168;

i ruderi di mura antiche in c.da S.Biagio (D.M. 04.02.1953), sul foglio di

mappa n.8, p.lla 32 (art.4 - notifica 11685/84L 09-11-1984);

area archeologica (DM 02-02-1990) sul foglio di mappa n.4, p.lle 204,

208, 312, 382, 397, 383, 395, 398;

la chiesa privata e pertinenze, alla contrada S.Pietro (D.M. 04.01.1991),

sul foglio di mappa n.5, p.lle 95, 96, 97, 352, 353, 354.

Sono da considerarsi alla stregua di vincoli anche i seguenti elementi:

le fasce di inedificabilità di 50 metri lungo i corsi dei fiumi e di 10 metri

lungo i torrenti, ai sensi del punto 1.7a della L.R. Campania n.14 del

20.03.1982 (Indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative

all'esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ai sensi

dell'art.1 - II comma - della legge regionale 1º settembre 1981, n.65).

1.10.3 Aree protette di livello regionale e provinciale.

Sono da considerare aree protette di “livello regionale” quelle definite in

sede di PTR nell‟ambito del ”Rete Ecologica Regionale”. In riferimento a tale

quadro di riferimento, nell‟area di studio insiste il “Corridoio Appenninico

Principale" con la relativa fascia di protezione, poi rideterminata in sede di

PTCP.

Sono da considerare come aree protette di “livello provinciale” quelle

perimetrate dal PTCP nel "Sistema Ambientale e naturalistico", e ridisegnate

in sede di PUC, ai sensi degli artt.13 e 22 del PTCP, nella tavola in scala

1/5.000 "B1 – Documento Strategico” quali:

il "Corridoio ecologico di livello comunale del Tesa e del Varco (fascia di

metri 80 per lato, dalla sponda);

la Riserva di naturalità del massiccio del Taburno;

le fasce di protezione dei corridoi ecologici e della riserva di naturalità

succitati25

;

25

Piano Territoriale di Coordinamento provinciale, Art.16:

"Nella Tavola B.1.1 sono identificati i seguenti capisaldi del sistema ambientale e naturalistico:

corridoi ecologici regionali del Volturno, del Calore, del Fortore, dell’Isclero, del Sabato e del Tammaro (fascia di almeno metri 300

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l‟ Area SIC denominata S.I.C. IT8020008 Massiccio del Taburno.

Fig.1.10.3a: tavola A0.10a del PTCP - Rete ecologica regionale.

1.11 Pianificazione di livello sovraordinato e comunale.

Di seguito, oltre a un cenno sui contenuti del previgente Piano Regolatore

Generale, si riporta il quadro della pianificazione territoriale sovraordinata

vigente sul territorio di Bonea, utile per operare la “verifica di coerenza” con

gli obiettivi del PUC. Essi sono:

Piano Territoriale Regionale (PTR), approvato con Legge Regionale n.13

del 13 ottobre 2008.

per lato, dalla sponda);

corridoi ecologici di livello provinciale del Miscano, del Tammarecchia, del Titerno e dell’Ufita (fascia di almeno metri 200 per lato,

dalla sponda);

corridoi ecologici di livello locale del Cammarota, del Reventa, del Casiniello, del Cervaro, del Grassano, del Lente, del Mele, del

Palinferno-Serretelle, del Porcella, del Reinello, del San Nicola, del Sassinoro del Vallone San Giovanni e dello Zucariello (fascia di

almeno metri 150 per lato, dalla sponda);

corridoi ecologici di livello comunale dei fiumi, dei torrenti e di tutte le aste fluviali rientranti nell’elenco delle acque pubbliche di cui

al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (fascia di

almeno metri 50 per lato, dalla sponda);

riserve di naturalità (massicci carbonatici del Matese, del Partenio e del Taburno-Camposauro);

riserve secondarie di naturalità (sistemi orografici minori di Montauro, del Casone Cocca, di Colle San Martino, di Monte Tairano e

Monte Burano);

aree puntiformi o “stepping zones” (del Bosco di Ceppaloni, del Bosco di Santa Barbara, dell’Ambito della Leonessa e di Monte

Acero);

aree di protezione dei massicci carbonatici;

aree di protezione dei corridoi ecologici;

Siti di Importanza Comunitaria (SIC).

Zone di Protezione speciale (ZPS) [...]".

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1. C O N T E S T O T E R R I T O R I A L E D I R I F E R I M E N T O .

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Piano Territoriale Paesistico (PTP), approvato dal Ministero per i Beni

Culturali con DM 30.09.1996.

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Benevento (PTCP)

approvato con Delibera di C.P. n.27 del 26.07.2012 e con Delibera di

Giunta Regionale n.596 del 19.10.2012 - BURC n.68 del 29 ottobre 2012.

1.11.1 Piano Territoriale Regionale (PTR).

La Regione Campania ha approvato il Piano Territoriale Regionale (PTR) con

Legge Regionale n.13 del 13 ottobre 2008, ai sensi del comma 3 dell‟art.15

della legge regionale n.16 del 22 dicembre 2004. Il Piano, che risulta

costituito da Relazione, Documento di Piano, Linee Guida per il Paesaggio in

Campania, e Cartografia di Piano, si propone come strumento

d‟inquadramento, d‟indirizzo e di promozione di azioni integrate. Al fine di

ridurre le condizioni d‟incertezza, in termini di conoscenza e interpretazione

del territorio per le azioni dei diversi operatori istituzionali e non, all‟interno di

esso sono stati elaborati 5 Quadri Territoriali di Riferimento utili ad attivare

una pianificazione d‟area vasta concertata con le Province e Soprintendenze, e

a definire gli indirizzi di pianificazione paesistica.

I cinque Quadri Territoriali di Riferimento sono i seguenti:

1. Il Quadro delle reti: la rete ecologica, la rete dell‟interconnessione (mobilità

e logistica) e la rete del rischio ambientale che attraversano il territorio

regionale. In particolare, la Regione Campania attua la pianificazione

paesisitica attraverso la costruzione della rete ecologica regionale anche

allo scopo di contribuire al superamento della concezione del paesaggio

come singolo bene immobile tutelato dalla legge, per passare ad una

interpretazione del paesaggio come patrimonio costituito dal complesso

organico di elementi culturali, sociali e naturali che l‟ambiente ha

accumulato nel tempo.

2. Il Quadro degli ambienti insediativi, individuati in numero di nove in

rapporto alle caratteristiche morfologico-ambientali e alla trama

insediativa. La Provincia di Benevento rientra nell‟ambiente insediativo n.7

denominato Sannio, in riferimento al quale il PTR sintetizza i seguenti

problemi: "La realtà territoriale dell’ambiente ha subito massicce

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1. C O N T E S T O T E R R I T O R I A L E D I R I F E R I M E N T O .

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trasformazioni nell’ultimo ventennio, soprattutto in conseguenza del

terremoto del 23 novembre 1980. Il riassetto idrogeologico, e più in

generale, la difesa e la salvaguardia dell’ambiente costituiscono una delle

priorità dell’intera area. Sotto il profilo economico un primo ordine di

problemi è relativo alla valorizzazione e al potenziamento delle colture

“tipiche” presenti nell’ambito, che ben potrebbero integrarsi con forme

turistiche innovative e compatibili con le qualità naturalistiche, ambientali e

storiche presenti nell’ambiente. I problemi infrastrutturali ed insediativi

possono così riassumersi: scarsa offerta di trasporti pubblici collettivi;

insufficiente presenza di viabilità trasversale interna; scarsa integrazione

fra i centri; carenza di servizi ed attrezzature, con quelle esistenti

concentrate prevalentemente nel comune capoluogo".

3. Il Quadro dei Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS), individuati in numero di

45, con una definizione che sottolinea la componente di sviluppo strategico.

In particolare la Provincia di Benevento risulta interessata dai STS A8

Partenio, A9 Taburno (che riguarda nello specifico Bonea), B3 Pietrelcina,

B5 Alto Tammaro, B6 Titerno, C2 Fortore, D2 Benevento e D4 Caserta.

4. Il Quadro dei campi territoriali complessi (CTC). Nel territorio regionale

vengono individuati alcuni “campi territoriali” nei quali la sovrapposizione-

intersezione dei precedenti Quadri Territoriali di Riferimento mette in

evidenza degli spazi di particolare criticità, dei veri “punti caldi” (riferibili

soprattutto a infrastrutture di interconnessione di particolare rilevanza,

oppure ad aree di intensa concentrazione di fattori di rischio) dove si ritiene

la Regione debba promuovere un‟azione prioritaria di interventi

particolarmente integrati.

5. Il Quadro delle modalità per la cooperazione istituzionale tra i comuni

minori e delle raccomandazioni per lo svolgimento di “buone pratiche”.

1.11.2 Piano Territoriale Paesistico (PTP) del Massiccio del Taburno.

L'art.1 bis della Legge n.431/1985 prevede la redazione del Piano Territoriale

Paesistico (PTP) o del Piano Urbanistico Territoriale (PUT) in relazione ai beni e

alle aree che, per le loro caratteristiche, sono subordinati in modo oggettivo ed

automatico al vincolo di tutela di cui alla Legge n.1497/1939 come richiamato

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dall'art.1, comma 3 della Legge n.431/1985.

In seguito all'esercizio dei poteri sostitutivi del Ministero per i Beni e le Attività

Culturali, in Campania tra il 1995 e il 1996 venivano approvati n.14 PTP

relativi ai perimetri delimitati con i DD.MM. 28.03.1985, due dei quali

riguardavano la provincia di Benevento.

Rispetto a tali piani la Regione Campania, richiamando il dettato dell'art.57 del

D.L.vo 31.03.1998, n.112, attraverso le "Linee guida per la Pianificazione

Territoriale Regionale", aveva riconosciuto il superamento "di una

pianificazione esclusivamente paesistica", auspicando la confluenza di

quest'ultima all'interno della più complessiva pianificazione territoriale. Anche

per questo motivo la Regione ha sottoscritto un Protocollo d'Intesa con il

Ministero per i Beni Culturali e le Attività Culturali nell'agosto del 1998 che va

proprio nella direzione del superamento dell'attuale pianificazione paesistica.

In tale documento le Sovrintendenze della Campania offrono la loro

collaborazione tecnico-scientifica soprattutto in riferimento ad un sistema

cartografico digitale da gestire presso le sedi delle Sovrintendenze stesse e/o

presso il Servizio Cartografia del Settore Politica del Territorio della Giunta

Regionale. Va in ultimo ribadito che l'art.57 del D.L.vo n.112/1998 riconosce al

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale la valenza di PTP nei settori

della protezione della natura, dell'ambiente, delle acque e della difesa del

suolo e della tutela delle bellezze naturali in caso di intesa con le

Amministrazioni competenti.

I Piani territoriali paesistici (PTP) della provincia di Benevento sono due: il PTP

del Massiccio del Taburno e quello del Matese. Le aree interessanti tali piani

sono distinte in varie zone a ciascuna delle quali corrisponde un diverso grado

di tutela paesistica; in particolare, partendo dal più alto grado di tutela

ambientale, esse sono: Conservazione integrale, Conservazione Integrata del

paesaggio di pendice montana e collinare, Conservazione del paesaggio

agricolo di declivio e fondovalle, Conservazione integrata del paesaggio

fluviale, Protezione del paesaggio agricolo di fondovalle, Recupero urbanistico-

edilizio e restauro paesistico ambientale, Valorizzazione degli insediamenti

rurali infrastrutturali, Riqualificazione delle aree di cava, Valorizzazione di siti

archeologici, Valorizzazione turistico-sportiva.

La perimetrazione dei due piani territoriali paesistici vigenti sul territorio della

Provincia di Benevento, con le relative zone omogenee sono rappresentate

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nell‟elaborato di PTCP denominato “A 0.12 Carta di perimetrazione dei piani

territoriali paesistici – scala 1/250.000”.

Il DM 28 marzo 1985 (dichiarazione di notevole interesse pubblico degli interi

territori dei comuni di Paupisi, Campoli del Monte Taburno, Tocco Caudio,

Solopaca, Vitulano, Cautano, Frasso Telesino, Dugenta, Melizzano, S. Agata

dei Goti, Montesarchio, Bonea, Bucciano, Moiano, Torrecuso e Foglianise),

relativo alle aree ed ai beni individuati ai sensi dell‟art.2 del DM 21 settembre

1984, ha sottoposto a “vincolo paesaggistico” ai sensi della Legge

n.1497/1939, sedici comuni ricadenti nel territorio denominato gruppo

montuoso del Taburno. Inoltre, è stato sottoposto a vincolo parte del territorio

di Arpaia.

In seguito il Piano è stato approvato dal Ministero per i Beni Culturali con DM

30.09.1996, e comprende l'intero territorio dei succitati 17 comuni, tutti

facenti parte della provincia di Benevento. Il Piano, redatto ai sensi dell‟art.1

bis della Legge 8 agosto 1985, n.431, è costituito da n.18 "tavole fotografiche

di zonizzazione", dalla “Relazione” e dalle “Norme di Attuazione” riferite a tutto

il territorio di competenza.

Le norme di attuazione del PTP si articolano in ventitré articoli, che sono:

Titolo I – Disposizioni generali (le finalità e i contenuti del piano; l‟ambito

di delimitazione del piano; le categorie dei beni da tutelare; le norme di tutela

e la suddivisione in zone; l‟efficacia delle norme e le prescrizioni; le categorie

degli interventi di recupero; le norme e le disposizioni generali per tutte le

zone; gli interventi consentiti per tutte le zone; le norme per la tutela di

sistemi o singolarità geografiche, geomorfologiche e vegetazionali; le aree di

paesaggio storico archeologico; le infrastrutture antropiche; la sanatoria delle

opere abusive); Titolo II – Norme e prescrizioni delle singole zone

(Zone di conservazione integrale (C.I.); Zona di conservazione integrata del

paesaggio di pendice montana e collinare (C.I.P.); Zona di conservazione del

paesaggio agricolo di declivio e fondovalle (C.A.F.); Zona di conservazione

integrata del paesaggio fluviale (C.I.F.); Zona di protezione del paesaggio

agricolo di fondovalle (P.A.F.); Zona di recupero urbanistico edilizio e di

restauro paesistico ambientale (R.U.A.); Zona di valorizzazione degli

insediamenti rurali infrastrutturali (V.I.R.I.); Zona di riqualificazione delle aree

di cave e miniere (R.A.C.); Emergenze monumentali isolate di rilevante

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interesse paesistico; Zona di valorizzazione di sito archeologico (V.A.S.);

Opere pubbliche e di interesse pubblico; Norme transitorie).

Relativamente al territorio comunale, la tavola del PUC “A6.4” riporta la

zonizzazione del PTP su base aerofotogrammetrica (CTR 2004 –

aggiornamento Ufficio di Piano).

1.11.3 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP).

Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) è uno strumento di

pianificazione complesso che riguarda vari aspetti del territorio,

individuandone le destinazioni d‟uso e le vocazioni prevalenti.

La proposta di PTCP di Benevento è stata approvata con Delibera di Giunta

provinciale n.407 del 16.07.2010, approvato con Delibera di C.P. n.27 del

26.07.2012 e con Delibera di Giunta Regionale n.596 del 19.10.2012 - BURC

n.68 del 29 ottobre 2012 (attinente alle tematiche del PUC). Il PTCP è

costituito da un insieme di atti, documenti, cartografie e norme ed è diviso in

"Parte strutturale" (“Quadro Conoscitivo-Interpretativo” e Quadro Strategico”)

e "Parte Programmatica". Mentre le Norme Tecniche di Attuazione sono

relative sia alla parte strutturale che a quella programmatica del Piano. Gli

elementi strutturali e programmatici assumono nelle NTA diversi gradi di

efficacia, a seconda della rilevanza degli indirizzi e degli obiettivi stessi.

Gli obiettivi del PTCP sono articolati rispetto ai seguenti n.3 Macrosistemi:

1) Macro-Sistema ambientale;

2) Macro-Sistema insediativo e del patrimonio culturale e

paesaggistico;

3) Macro-Sistema delle infrastrutture e dei servizi.

Essi, a loro volta, sono stati organizzati in ulteriori 15 sistemi allo scopo di

individuare in maniera specifica, per ciascun sistema, le successive strategie e

le azioni da intraprendere:

Sistema ambientale e naturalistico (S1):

Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse agro-forestali (S2):

Sistema della difesa delle risorse idriche (S3):

Sistema della tutela del suolo e gestione di aree contaminate (S4):

Sistema della gestione delle attività estrattive (S5):

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Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche (S6):

Sistema del governo del rischio idrogeologico (S7):

Sistema del governo del rischio sismico (S8):

Sistema della gestione dei rifiuti (S9):

Sistema insediativo (S10):

Sistema storico-paesistico (S11):

Sistema infrastrutturale viario (S12):

Sistema dei servizi sovracomunali (S13):

Sistema delle aree produttive (S14):

Sistema socio-economico (S15):

Il presente PUC approfondisce le strategie dei "Sistemi" tematici individuati

dal PTCP nell'ambito dei sette "Sistemi complessi" definiti nel precedente

capitolo 2 (Sistema ambientale-naturalistico: Rete Ecologica Comunale;

Sistema agro-forestale del territorio rurale e aperto; Sistema della tutela e

valorizzazione delle risorse energetiche; Sistema del governo del rischio

idrogeologico e sismico; Sistema insediativo; Sistema del turismo, dei servizi

e delle attività produttive; Sistema delle infrastrutture).

1.11.4 Piano Regolatore Generale previgente (1996).

Il Piano Regolatore Generale è stato adottato con delibera consiliare n.31 del

24.08.95 ed approvato con decreto sindacale n.4 del 1996.

La parte di analisi del piano riguarda fondamentalmente la crescita di attività

commerciali e di piccola industria che ha impegnato le aree prospicienti la SS

7 Appia, ed il processo di concentrazione della popolazione nei centri e nelle

località piu‟ a valle e piu‟ vicine alle vie di comunicazione che ha finito per

intensificare il flusso dei traffici commerciali e dei rapporti con lo stesso

capoluogo regionale, Napoli, oltre che con la piu‟ vicina area Casertana.

Le attrezzature pubbliche presenti all‟epoca della stesura del Piano sono: una

scuola materna insieme alla scuola elementare ed alla palestra, situate su

un‟unica area, presentando spazi liberi insufficienti e non adeguatamente

attrezzati; una scuola media; due chiese, una arcipretale di “San Nicola di

Mira” sita nel centro abitato e l‟altra di “San Biagio” attigua all‟area

cimiteriale; non esistono, in strutture pubbliche, centri culturali sociali ed

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assistenziali ma sono sostenuti dall‟Azione Cattolica con sede in una struttura

privata; la Casa Comunale con annesso giardino e spazio libero adibito a

parcheggio; è presente un ufficio Poste e Telegrafi; esiste un mattatoio

privato; non esistono strutture sportive ma esiste agli atti un progetto di

campo di calcio con annessi spogliatoi; non esistono spazzi pubblici attrezzati

a parco e gioco sul territorio comunale.

L‟indagine demografica concerne un arco di tempo che va dal 1981 al 1991.

In tale periodo la popolazione del comune varia da 1378 a 1576 abitanti.

L‟aumento di 189 unità è determinato dall‟andamento del saldo naturale con

una moderata influenza del saldo migratorio.

Per quanto riguarda il patrimonio edilizio presente, il Piano individua al 1991

n.2182 stanze (n.1663 occupate e n.519 non occupate) occupate da 521

famiglie. Dai dati ISTAT, aggiornati al 1991, risulta che le stanze occupate

realizzate prima del 1960 sono 1227, la maggior parte delle quali sono in

condizioni di degrado, oltre che mancante di adeguati servizi igienici; di

conseguenza, le stanze occupate e realizzate prima del 1960 in condizioni di

efficienza, dopo gli interventi di recupero risulteranno 815. Quindi, dai calcoli

effettuati nella relazione di Piano, le stanze esistenti in condizioni di efficienza

risultano 1589. L‟obiettivo fondamentale del PRG è quello di omogeneizzare le

situazioni che nel corso dei decenni si sono spontaneamente costituite, e

proporre un‟adeguata normativa urbanistica che sia il vero legante tra parti

del territorio a fondamentale valenza urbana e residenziale. Il progetto di

Piano è rivolto a regolarizzare, ad integrare, programmare e promuovere la

condizione esistente, prendendo anche in considerazione le previsioni

urbanistiche al contorno dei Comuni confinanti già dotati di strumentazione

urbanistica. Per l‟edilizia piu‟ antica si cerca la conservazione, mentre per

quella piu‟ recente si cerca di inserirla nello sviluppo urbano futuro,

ridefinendone i limiti e parametri di crescita sulla base della cultura abitativa

del luogo e dell‟esperienza delle case unifamiliari. Sulla scorta della inversione

di tendenza dell‟occupazione e della manodopera, il Piano cerca di puntare

sulla valorizzazione dei prodotti tipici locali, sull‟offerta di un sistema

ambientale di pregio, sulla razionalizzazione delle aree industriali. Il Piano

dichiara di considerare in maniera organica la circostanza che il territorio

comunale è parte fondamentale del Parco Naturale Regionale denominato

“Taburno-Camposauro”.

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2. STRUTTURA DEL PIANO.

Il PUC articola il proprio contenuto secondo il dettato dell‟art.3 della L.R.C.

n.16/2004, vale a dire in disposizioni strutturali, valide a tempo

indeterminato, ed in disposizioni programmatiche, definite anche

“Componente operativa”.

Le disposizioni strutturali sono coerenti con gli indirizzi e le prescrizioni del

PTCP di Benevento, recentemente approvato, per quanto riguarda:

- gli obiettivi e gli indirizzi di attuazione da perseguire nel governo del

territorio;

- la individuazione dei distinti elementi territoriali;

- le trasformazioni ammissibili, tenendo conto delle esigenze di salvaguardia

delle risorse naturali, paesaggistico-ambientali, agro-silvo-pastorali e

storico-culturali e di quelle di sviluppo;

- i criteri per la valutazione degli effetti ambientali;

- le aree non suscettive di trasformazione e quelle trasformabili nel rispetto

dei vincoli o delle limitazioni per la tutela dei beni paesaggistico-ambientali

e di prevenzione e mitigazione dei rischi naturali e antropici, in particolare

per quanto concerne l‟assetto geologico e geomorfologico;

- la tutela e la valorizzazione compatibile dei centri storici e del patrimonio

culturale, archeologico, etnografico;

- la tutela e la valorizzazione del paesaggio agrario, attraverso la

classificazione delle aree agricole;

- le modalità specifiche di interazione locale con le strategie d‟area vasta per

la mobilità e la logistica, la distribuzione dei servizi per le centralità urbane

e i servizi pubblici e privati di rango non locale;

- i criteri del calcolo del fabbisogno insediativo.

Le "Disposizioni Strutturali" si compongono di due elementi:

A. Parte strutturale - Quadro conoscitivo-interpretativo;

B. Parte Strutturale - Documento Strategico.

Le "Disposizioni programmatico - operative" hanno ad oggetto:

- il calcolo dei fabbisogni insediativi presunti in un arco di un tempo

determinato;

- il calcolo del corrispondente fabbisogno di spazi pubblici e di uso pubblico

secondo le vigenti normative nazionali e regionali sugli standard,

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documentandone la realizzabilità nell‟ambito delle aree individuate come

trasformabili dalle disposizioni strutturali del PUC;

- la definizione dei criteri di priorità relativamente alle opere di

urbanizzazione e alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e

pluriennali;

- la promozione della architettura contemporanea e della qualità dell‟edilizia

pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di

progettazione.

2.1 Articolazione del P.U.C.

Il Piano Urbanistico Comunale di Bonea segue il dettato degli artt.22 e

seguenti della Legge Regione Campania 22.12.2004 n.16, con particolare

attenzione all‟art.23 che statuisce:

“1. Il piano urbanistico comunale - Puc - è lo strumento urbanistico generale del Comune e

disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell’intero territorio

comunale, anche mediante disposizioni a contenuto conformativo del diritto di proprietà.

2. Il Puc, in coerenza con le disposizioni del Ptr e del Ptcp:

a) individua gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale e gli indirizzi per

l’attuazione degli stessi; b) definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano

raccordando la previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle

risorse naturali, paesaggistico-ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali disponibili,

nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi; c) determina i

fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione in conformità a quanto

previsto dall’articolo 18, comma 2, lettera b); d) stabilisce la suddivisione del territorio comunale

in zone omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione; e) indica le

trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone, garantendo la tutela e la

valorizzazione dei centri storici nonché lo sviluppo sostenibile del territorio comunale; f)

promuove l’architettura contemporanea e la qualità dell’edilizia pubblica e privata,

prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione; g) disciplina i sistemi di

mobilità di beni e persone; h) tutela e valorizza il paesaggio agrario attraverso la classificazione

dei terreni agricoli, anche vietando l’utilizzazione ai fini edilizi delle aree agricole

particolarmente produttive fatti salvi gli interventi realizzati dai coltivatori diretti o dagli

imprenditori agricoli; i) assicura la piena compatibilità delle previsioni in esso contenute rispetto

all’assetto geologico e geomorfologico del territorio comunale, così come risultante da apposite

indagini di settore preliminari alla redazione del piano.

3. Il Puc individua la perimetrazione degli insediamenti abusivi esistenti al 31 dicembre 1993 e

oggetto di sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, capi IV e V, e ai sensi della legge

23 dicembre 1994, n. 724, articolo 39, al fine di: a) realizzare un’adeguata urbanizzazione

primaria e secondaria; b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico,

paesaggistico-ambientale ed idrogeologico; c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed

urbano degli insediamenti […]”.

Pertanto, le strategie di Piano sono sottoposte, attraverso la procedura di

VAS, a verifica di coerenza con la pianificazione sovraordinata vigente e, in

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particolare, con il Piano Territoriale Regionale (PTR), approvato con L.R.C.

n.13/08, e con il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di

Benevento, approvato con Delibera di Giunta Regionale n.596 del 19.10.2012

pubblicata sul BURC n268 del 29 ottobre 2012.

Ovviamente, laddove necessario, la verifica di coerenza viene operata anche

in funzione della restante pianificazione regionale, nonché con il regime

vincolistico e delle eventuali aree protette.

Il Piano è articolato in:

Parte Strutturale (Quadro Conoscitivo-Interpretativo e Documento

Strategico);

Parte Programmatica, definita anche “Componente operativa”;

Norme Tecniche d’Attuazione, relative sia alla Parte Strutturale che

alla Parte programmatica.

In estrema sintesi: la parte strutturale (quadro conoscitivo-

interpretativo e strategico) contiene la struttura del disegno del

territorio comunale (vincoli-invarianti e aree di trasformazione),

determinata dall’analisi conoscitiva e dall’interpretazione delle

problematiche territoriali; la parte programmatica contiene gli

elementi di zonizzazione del territorio, poi declinati e attuati

attraverso gli atti di programmazione, come stabilito dalla legge

regionale, il cui art. 25 recita:

“Atti di programmazione degli interventi. 1. Con delibera di consiglio comunale è adottata, in

conformità alle previsioni del Puc e senza modificarne i contenuti, la disciplina degli interventi di

tutela, valorizzazione, trasformazione e riqualificazione del territorio comunale da realizzare

nell’arco temporale di tre anni. 2. Gli atti di programmazione di cui al comma 1, in relazione agli

interventi di riqualificazione e di nuova edificazione, prevedono: a) le destinazioni d’uso e gli

indici edilizi; b) le forme di esecuzione e le modalità degli interventi di trasformazione e

conservazione dell’assetto urbanistico; c) la determinazione delle opere di urbanizzazione da

realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione territoriale e paesaggistica; d)

la quantificazione degli oneri finanziari a carico del comune e di altri soggetti pubblici per la

realizzazione delle opere previste, indicandone le fonti di finanziamento […]”.

Particolare importanza nella definizione della struttura del PUC assume anche

l'art.135 del PTCP; laddove si precisa che: "[...] 0. successivamente all'approvazione

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2. S T R U T T U R A D E L P I A N O .

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del PTCP, nel periodo dei 18 mesi previsti dal Regolamento regionale 5/201126

, la Provincia, di

concerto con la Regione, attiverà le conferenze di pianificazione ai sensi dell'art.5 della L.R.

13/2008 per ogni Ambito Insediativo. Tale conferenza, coincidente con la "conferenza territoriale

per lo sviluppo sostenibile" prevista al terzo quadro territoriale di riferimento del PTR, avrà il

compito di accompagnare i processi di formazione dei piani urbanistici comunali - PUC - in

un'ottica di area vasta (in riferimento agli ambiti individuati dal PTR come STS e come CTC). 1.- I

PUC articolano il loro contenuto, in applicazione dell’art. 3 della LR 16/2004, in disposizioni

strutturali, valide a tempo indeterminato, ed in disposizioni programmatiche. 2.- Le disposizioni

strutturali devono risultare coerenti con le direttive, gli indirizzi e le prescrizioni del PTCP per

quanto riguarda: 2.1- gli obiettivi e gli indirizzi di attuazione da perseguire nel governo del

territorio; 2.2- la individuazione dei distinti elementi territoriali; 2.3- le trasformazioni

ammissibili, tenendo conto delle esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico-

ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali e delle potenzialità di sviluppo; 2.4- i criteri

per la valutazione degli effetti ambientali; 2.5- le aree non suscettive di trasformazione e quelle

trasformabili nel rispetto dei vincoli o delle limitazioni per la tutela dei beni paesaggistico-

ambientali e di prevenzione e mitigazione dei rischi naturali ed antropici, in particolare per

quanto concerne l’assetto idrogeologico e geomorfologico; 2.6- la tutela e la valorizzazione

compatibile dei centri storici e del patrimonio culturale, archeologico, etnografico; 2.7- la tutela e

la valorizzazione del paesaggio agrario, attraverso la classificazione delle aree agricole; 2.8- le

modalità specifiche di interazione locale con le strategie d’area vasta per la mobilità e la

logistica, la distribuzione delle centralità urbane ed i servizi pubblici e privati di rango non

locale; 2.9- i criteri del calcolo dei fabbisogni insediativi. 3.- Le disposizioni programmatiche con

validità quinquennale, in coerenza con gli indirizzi e le prescrizioni del PTCP, hanno ad oggetto:

3.1- il calcolo dei fabbisogni insediativi presunti nell’arco di un decennio; 3.2- il calcolo del

corrispondente fabbisogno di spazi pubblici e di uso pubblico secondo le vigenti normative

nazionale e regionale sugli standard, documentandone la realizzabilità nell’ambito delle aree

individuate come trasformabili dalle disposizioni strutturali del PUC; 3.3- l’individuazione e la

perimetrazione degli insediamenti abusivi oggetto di sanatoria per realizzare un’adeguata

urbanizzazione primaria e secondaria, rispettare gli interessi di carattere storico, artistico,

archeologico, paesaggistico-ambientale ed idrogeologico e perseguire un razionale inserimento

territoriale ed urbano degli insediamenti; 3.4- la definizione dei criteri per la perequazione e

l’individuazione dei comparti obbligatori; 3.5- la definizione dei criteri di priorità relativamente

alle opere di urbanizzazione; 3.6- la promozione della architettura contemporanea e della qualità

dell’edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione.

4.- Gli Atti di programmazione degli interventi di cui all’art. 25 della LRC 16/2004, redatti nel

26 Il termine di 18 mesi è stato più volte prorogato con provvedimenti regionali.

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2. S T R U T T U R A D E L P I A N O .

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processo attuativo del PUC, dovranno prevedere: 4.1-la individuazione delle aree destinate a

realizzare nel triennio successivo gli interventi edilizi ed urbanizzativi residenziali e non

residenziali anche attraverso procedure attuative di tipo perequativo, che dovranno garantire il

rispetto e l’attuazione a carico dei promotori privati delle opere di urbanizzazione primaria e

delle cessioni delle aree per le urbanizzazioni secondarie comprensive degli standard perequativi

compensativi di cui al successivo articolo 144; 4.2- la definizione per le aree e i comparti di cui

al punto precedente: - delle destinazioni d’uso e degli indici edilizi; - delle forme e modalità

attuative degli interventi di trasformazione dell’assetto urbanistico; - della determinazione delle

opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione

territoriale e paesaggistica; -della quantificazione degli oneri finanziari a carico dei Comuni e

degli altri soggetti pubblici, per le opere che non ricadono sui promotori privati, indicandone le

fonti di finanziamento; 4.3- la previsione di acquisizione, anche attraverso esproprio, di eventuali

altre aree destinate a spazi pubblici e di uso pubblico, sulla base delle risorse disponibili nei

bilanci pluriennali comunali. 5. I comuni, anche attraverso le opportune intese in sede di

coordinamento intercomunale, dovranno comunque orientare i propri PUC in modo da: favorire

lo sviluppo delle attività economiche e di servizio connesse al turismo, al salutismo e alla fruizione

delle risorse ambientali; favorire la funzione turistica riferita alle attività del tempo libero, del

benessere e della rigenerazione psico-fisica; sviluppare l'offerta di tutte le funzioni di servizio di

rango sovracomunale, fra cui i servizi scolastici, formativi e culturali, con la creazione di poli

formativi integrati di iniziativa pubblica e privata; sviluppare la funzione di aree residenziali di

qualità, privilegiando modelli tipologici di aggregazione e di usi alternativi; prevedere

l'articolazione di alloggi con diverse pezzature per garantire un mix sociale; favorire forme

insediative che riducano le necessità di spostamento quotidiano con mezzi privati; assicurare i

requisiti di qualità urbana per i nuovi insediamenti (rif. linee guida di cui alla D.G.R. n.572 del 22

luglio 2010)".

2.2 Contenuti e obiettivi del P.U.C.

Il comune di Bonea, con Delibera di Giunta Comunale n.58 del 28

novembre 2019, ha approvato “le Linee guida e gli obiettivi da osservare

nella formazione del PUC”.

In essi sono elencati i principali criteri di approccio alla pianificazione

comunale, come riportato di seguito:

gli elementi fondanti del PUC di Bonea dovranno, coerentemente con le Norme tecniche e

direttive regionali, tendere principalmente allo sviluppo socio-economico, alla sostenibilità,

alla concertazione e alla partecipazione;

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2. S T R U T T U R A D E L P I A N O .

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i modelli di sostenibilità dovranno verificare che, di massima, le previsioni forniscano una

stima degli effetti, tale da non superare i valori consentiti;

in relazione al Sistema ambientale e naturalistico, il Piano dovrà individuare una rete

ecologica comunale, interconnettendo tutte le aree di naturalità attraverso corridoi ecologici e

zone di transizione e assicurare l’uso efficiente e razionale delle risorse naturali e la loro

fruibilità, con particolare riferimento i torrenti Tesa e Varco e ai punti di confluenza con i

torrenti iscritti nell'elenco delle acque pubbliche, compreso gli affluenti minori; dovrà inoltre

esaltare le qualità paesaggistiche del territorio individuando nuovi parchi fluviali e

naturalistici che possano migliorare il rapporto tra le aree urbane e quelle rurali e aperte del

Parco del Taburno-Camposauro;

in relazione al Sistema della tutela agro-forestale, il Piano dovrà migliorare la qualità della

vita nelle aree rurali a maggiore ritardo di sviluppo, anche attraverso una rivitalizzazione

economica derivante da un appropriato sfruttamento delle risorse endogene agricole, naturali,

idriche ed ambientali; sostenere investimenti mirati al recupero del paesaggio rurale, alla

caratterizzazione delle diversità territoriali, al recupero di tradizioni colturali e culturali del

territorio, al turismo enogastronomico; dovrà inoltre valutare la possibilità di confermare le

attività artigianali già in essere sul territorio;

in relazione al Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche, il Piano dovrà

porre attenzione al bilancio energetico con interventi di riequilibrio nel settore dei consumi ed

in quello della produzione di energia, in particolare di quella elettrica anche attraverso la

incentivazione dell'efficientamento energetico;

in riferimento al Sistema del governo del rischio idrogeologico, i Piano dovrà sviluppare

adeguati processi tendenti non solo a migliorare le conoscenze del territorio ma anche

finalizzati a promuovere attività di prevenzione dei rischi e dovrà favorire il presidio del

territorio, anche attraverso le attività agricole;

in riferimento al Sistema del governo del rischio sismico, il Piano dovrà favorire la messa in

sicurezza del territorio e prevenire il rischio sismico;

in relazione al Sistema insediativo, il Piano dovrà frenare la dispersione abitativa almeno in

quelle modalità che risultano più onerose per l’efficiente funzionamento del sistema dei servizi

collettivi e della mobilità, e che sono più degenerative per l’impatto ambientale e per

l’integrità del paesaggio rurale e dovrà perseguire linee urbanistiche volte a recuperare e

riconvertire gli insediamenti dismessi e quelli particolarmente degradati e individuando,

potenziando e tutelando, con apposite norme, il sistema del verde, sia agricolo che urbano,

così come definito dal comma 2 dell’articolo 1 della legge regionale 7 ottobre 2003 n. 17;

inoltre, gli standard urbanistici dovranno essere individuati utilizzando preferibilmente

manufatti dismessi o recuperabili attraverso interventi di ristrutturazione e mutamento della

loro destinazione d’uso; gli standard fin dall’atto della loro localizzazione, andranno ripartiti

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secondo le esigenze delle realtà esistenziali degli abitanti, delle categorie di operatori

istituzionali, economici e sociali e di ogni altra attività presente, con particolare riferimento

alle attività turistiche;

in relazione al Sistema storico-paesistico, il Piano dovrà promuovere la salvaguardia, il

recupero e la valorizzazione del paesaggio complessivo, di cui i beni storico-culturali sono

parte integrante, dovrà stabilire le condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel

settore della cultura e delle attività culturali, dovrà puntare alla valorizzazione, tutela e

maggiore fruibilità delle risorse culturali, con particolare riferimento al centro storico

consolidato, ai rinvenimenti archeologici in località Noce di Tenazio e, a monte del centro

abitato, e in località San Biagio (Villa di Cocceio), e alle sinergie con le emergenze del Parco

del Taburno-Camposauro;

in merito al Sistema infrastrutturale, il Piano dovrà assicurare un corretto funzionamento delle

linee di comunicazione, di interesse locale e sovralocale, tenendo conto dei fabbisogni di

trasporto pubblico, di trasporto privato e di trasporto delle merci, provvedendo alla

interconnessione tra la viabilità provinciale interna al territorio comunale e la viabilità

statale, e alla armonizzazione delle sopra citate infrastrutture con il paesaggio;

in merito al Sistema dei servizi, il Piano dovrà favorire un ordinato ed organico sviluppo del

territorio sotto il profilo della distribuzione dei servizi di livello comunale;

in merito al Sistema delle attività produttive, il Piano dovrà assicurare una corretta e

razionale organizzazione delle aree produttive, garantendo specifici parametri di

localizzazione e funzionamento, anche dislocati sul territorio per favorire piccole e

piccolissime attività artigianali, dovrà favorire l’adeguamento, potenziamento e ampliamento

delle attività artigianali esistenti e già consolidate sul territorio, con particolare attenzione

all'area industriale di Fratta; dovrà prevedere la possibilità di insediamenti di attività

artigianali di piccole dimensioni, anche in zone agricole, in limiti ben precisi e definiti per la

valorizzazione di prodotti o lavorazioni artigianali tipiche della zona;

in sintonia con la legge regionale n.16/04, gli obiettivi del PUC, affinché non restino delle

mere enunciazioni, dovranno essere “misurati”, per il tramite della Valutazione Ambientale

Strategica, attraverso gli indicatori di efficacia indicati dalle direttive regionali, capaci di

descrivere le condizioni iniziali del territorio, il valore delle azioni di pianificazione ed i

risultati attesi in tempi prefissati”.

In sintesi, le tematiche principali appena enunciate evidenziano una strategia

che mira all‟implementazione dei valori intrinseci del territorio, per perseguire

coerentemente gli obiettivi della sostenibilità ambientale. Coerentemente con

le Norme tecniche e direttive pubblicate con la delibera di Giunta Regionale

n.834 dell‟ 11.05.2007, le linee guida di progetto dovranno tendere

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principalmente allo sviluppo socio-economico, alla sostenibilità, alla

concertazione e alla partecipazione.

In sintonia con la legge regionale n.16/04, gli obiettivi del PUC, affinché non

restino delle mere enunciazioni, vengono “misurati” attraverso gli indicatori di

efficacia indicati anche nella delibera di G.R. n.834/2007, capaci di descrivere

le condizioni iniziali del territorio, il valore delle azioni di pianificazione e i

risultati attesi in tempi prefissati.

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3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL PUC CON GLI OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE

TERRITORIALE E URBANISTICA SOVRAORDINATA

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3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL

PUC CON GLI OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE

TERRITORIALE E URBANISTICA

SOVRAORDINATA27.

Con riferimento a ciascuno dei piani e programmi individuati al § 2.4 che

abbiano attinenza con le tematiche del PUC viene condotta (nella versione

definitiva Rapporto ambientale) una “analisi di coerenza” attraverso la

costruzione di una matrice per ciascun piano o programma, in cui si incrociano

le informazioni relative ai rispettivi specifici obiettivi (disposti per colonne) e

quelle relative agli obiettivi del PUC di Bonea (disposte per righe).

Le informazioni contenute nella matrice sono di tipo qualitativo, esplicitate

attraverso tre simboli che sottolineano, rispettivamente, l‟esistenza di

relazioni di “coerenza” (), “indifferenza” () ed “incoerenza” () tra gli

obiettivi di PUC e quelli degli altri piani e programmi considerati.

In particolare, gli elementi significativi sono rappresentati sia dalle “coerenze”

tra obiettivi, che evidenziano come sia il PUC che gli altri pertinenti piani e

programmi che insistono sul territorio condividano una simile strategia di

possibile conservazione e/o trasformazione dello stesso, e sia dalle

“incoerenze”, che possono essere intese come fattori di criticità in quanto il

perseguimento di certi obiettivi può pregiudicare il perseguimento di altri. Ad

esempio, la realizzazione di nuove infrastrutture per la mobilità, che pure

sono necessarie, potrebbe contribuire ad accentuare i fenomeni di

frammentazione ecologica e visiva.

Da quanto sopra, si evince che l‟analisi delle eventuali incoerenze non

pregiudica, a priori, la possibilità di perseguire determinati obiettivi, ma

sottolinea come, in fase di progettazione dei relativi interventi, sia necessario

comprendere come superare le criticità evidenziate.

Non bisogna, invece, attribuire alcuna valenza negativa alle numerose

indifferenze riscontrate, in quanto complessivamente esse spesso sottolineano

che, seppure alcuni obiettivi del PUC non trovano diretta relazione con un

certo piano o programma (in quanto di carattere settoriale), risultano, invece,

27 La metodologia utilizzata riprende puntualmente la metodologia indicata in sede di Valutazione Ambientale

Strategica del PTCP di Benevento.

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3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL PUC CON GLI OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE

TERRITORIALE E URBANISTICA SOVRAORDINATA

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coerenti con gli obiettivi di altri piani o programmi considerati. Pertanto,

risulta significativo non solo esaminare quanto riportato in ciascuna cella di

ogni singola matrice (cioè per ciascun piano o programma) in termini di

coerenza, indifferenza o incoerenza, ma anche condurre un‟analisi

complessiva, prendendo in esame simultaneamente tutte le matrici (cioè di

tutti i piani ed i programmi), allo scopo di verificare la frequenza con cui si

ottengono le coerenze e le incoerenze. Tale analisi di frequenza, che considera

il numero di volte per le quali si sono riscontrate coerenze ed incoerenze tra

gli obiettivi di PUC e quelli di tutti gli altri piani e programmi considerati, viene

riportata in una tabella di sintesi ed è esplicitata per mezzo di istogrammi.

Nella pagina seguente si riporta un esempio di matrice.

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3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL PUC CON GLI OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA SOVRAORDINATA

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Tabella 2.5 – Esempio Obiettivi del Piano Territoriale Regionale

Obiettivi del PUC

Q1 – Quadro delle reti

Rete ecologica regionale (RER)

1 – Evitare fenomeni di frammentazione, che costituiscono uno dei principali fattori di degrado non solo del paesaggio ecologico ma anche del paesaggio visivo

2 – Integrare diverse tipologie connettive (urbane, locali, regionali), pur conservando gli esclusivi attributi funzionali e coinvolgendo tutti gli spazi territoriali ancora suscettibili di ruoli biologici

3 – Ricercare forme di recupero e tutela del territorio degradato e/o vulnerabile

4 – Collegare la tutela delle risorse naturali non rinnovabili a quella delle risorse culturali (i paesaggi umani, come i centri urbani e gli spazi rurali) anch’esse non rinnovabili, attraverso il recupero e la riqualificazione del costruito e la regolamentazione dell’espansione edilizia

5 – Incentivare l’agricoltura per contribuire alla conservazione, alla tutela ed alla valorizzazione dei paesaggi e dell’ambiente, favorendo la salvaguardia della biodiversità vegetazionale e faunistica, la gestione integrata dei biotopi, nonché la conservazione del suolo e della qualità delle risorse idriche

6 – Garantire la conservazione ed il potenziamento dell’identità dei paesaggi, dei territori ad alta naturalità e dei sistemi territoriali di sviluppo campani e, nel contempo, conservare e potenziare il livello di biodiversità all’interno della regione attraverso un corretto modello di gestione del territorio

7 – Valorizzare il paesaggio ed il patrimonio culturale, anche attraverso il recupero e l’implementazione della naturalità del territorio, con l’eliminazione dei detrattori ambientali

Sistema ambientale e naturalistico

individuare una rete ecologica comunale interconnettendo tutte le aree di naturalità attraverso corridoi ecologici e zone di transizione

esaltare le qualità paesaggistiche del territorio individuando nuovi parchi fluviali e naturalistici che possano migliorare il rapporto tra le aree urbane e quelle rurali e aperte del Parco del Taburno-Camposauro

Sistema agro-forestale

migliorare la qualità della vita nelle aree rurali a maggiore ritardo di sviluppo, anche attraverso una rivitalizzazione economica derivante da un appropriato sfruttamento delle risorse endogene agricole, naturali, idriche ed ambientali

sostenere investimenti mirati al recupero del paesaggio rurale, alla caratterizzazione delle diversità territoriali, al recupero di tradizioni colturali e culturali del territorio, al turismo enogastronomico

sostenere investimenti mirati al recupero del paesaggio rurale, alla caratterizzazione delle diversità territoriali, al recupero di tradizioni colturali e culturali del territorio, al turismo enogastronomico; dovrà inoltre valutare la possibilità di confermare le attività artigianali già in essere sul territorio

Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche

porre attenzione al bilancio energetico con interventi di riequilibrio nel settore dei consumi ed in quello della produzione di energia, in particolare di quella elettrica anche attraverso la incentivazione dell'efficientamento energetico

Sistema del governo del rischio idrogeologico e sismico

sviluppare adeguati processi tendenti non solo a migliorare le conoscenze del territorio ma anche finalizzati a promuovere attività di prevenzione dei rischi e favorire il presidio del territorio, anche attraverso le attività agricole

messa in sicurezza del territorio e prevenire il rischio sismico

Sistema insediativo frenare la dispersione abitativa

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3. ANALISI DI COERENZA DEGLI OBIETTIVI DEL PUC CON GLI OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E URBANISTICA SOVRAORDINATA

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perseguire linee urbanistiche volte a recuperare e riconvertire gli insediamenti dismessi e quelli particolarmente degradati

gli standard urbanistici dovranno essere individuati utilizzando preferibilmente manufatti dismessi o recuperabili attraverso interventi di ristrutturazione e mutamento della loro destinazione d’uso

Sistema Storico-paesistico, del turismo, dei servizi e delle attività produttive

promuovere la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione del paesaggio complessivo, stabilire le condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel settore della cultura e delle attività culturali favorire un ordinato ed organico sviluppo del territorio sotto il profilo della distribuzione dei servizi di livello comunale

assicurare una corretta e razionale organizzazione delle aree produttive, garantendo specifici parametri di localizzazione e funzionamento, anche dislocati sul territorio per favorire piccole e piccolissime attività artigianali

Sistema della mobilità e delle infrastrutture

assicurare un corretto funzionamento delle linee di comunicazione, di interesse locale e sovralocale, tenendo conto dei fabbisogni di trasporto pubblico, di trasporto privato e di trasporto delle merci, provvedendo alla interconnessione tra la viabilità provinciale interna al territorio comunale e la viabilità statale, e alla armonizzazione delle sopra citate infrastrutture con il paesaggio

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4. STATO ATTUALE DELL’AMBIENTE.

Il presente capitolo tratta degli aspetti pertinenti allo stato attuale

dell'ambiente e della sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano

(punto b, Allegato VI, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.); tratta, inoltre, della

descrizione delle componenti dell'ambiente potenzialmente soggette ad un

impatto importante in seguito alla realizzazione del Piano proposto, con

particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo,

all'acqua, all'aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio

architettonico e archeologico, nonché il patrimonio agroalimentare, al

paesaggio e all'interazione tra questi vari fattori.

La costruzione del quadro conoscitivo territoriale, dal punto di vista

ambientale, viene condotta con riferimento ad alcune principali “aree

tematiche” così come individuate, a livello nazionale, dall‟Agenzia per la

Protezione dell‟Ambiente e per i servizi Tecnici (ISPRA) ed, a livello Regionale,

dall‟Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania (ARPAC).

Le aree tematiche sono, a loro volta, articolate in “temi ambientali” a cui

sono associati alcuni “indicatori” specifici, raggruppati in “classi”, le quali

sono costituite da uno o più indicatori che esplicitano informazioni omogenee

e/o correlate relative ad una determinata caratteristica dello stato

dell‟ambiente. Le classi di indicatori sono state organizzate secondo il modello

DPSIR (Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti, Risposte), includendo soltanto

quegli indicatori relativi al territorio provinciale e pertinenti alle finalità del

presente Rapporto ambientale, secondo la struttura contenuta nelle seguenti

pubblicazioni relative alla fase di reporting ambientale:

ISPRA, Annuario dei dati ambientali 2018;

ARPAC, Annuario dati ambientali Campania 2006;

ARPAC, Annuario dati ambientali Campania 2007;

ARPAC, Relazione sullo stato dell‟ambiente in Campania 2009.

Gli indicatori di cui sopra sono integrati con quelli individuati dalla

Deliberazione n.834 dell‟11 maggio 2007 della Giunta Regionale della

Campania (c.d. “indicatori di efficacia” relativi alla pianificazione comunale),

che concerne le “Norme tecniche e direttive riguardanti gli elaborati da

allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, generale ed

attuativa come previsto dagli artt. 6 e 30 della Legge Regionale n. 16 del 22

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dicembre 2004 “Norme sul governo del territorio”.

I dati ambientali e territoriali considerati nel presente Rapporto fanno

riferimento alle seguenti “aree tematiche”:

popolazione;

patrimonio edilizio;

agricoltura;

energia;

trasporti;

economia e produzione;

atmosfera;

idrosfera;

biosfera;

geosfera;

paesaggio e patrimonio culturale;

rifiuti;

radiazioni ionizzanti e non ionizzanti;

rumore;

rischio naturale ed antropogenico;

promozione e diffusione della cultura ambientale.

A ciascuna area tematica, come si è già osservato in precedenza, vengono

associati uno o più “temi ambientali”, che le esplicitano. Gli indicatori, legati ai

temi ambientali, sono organizzati in “classi” e, per ciascuna di esse, viene

riportato l‟anno di riferimento, la sua collocazione nel modello DPSIR e, nel

caso fossero disponibili dati relativi a più anni, si è cercato di comprendere un

trend dei valori, nonché inquadrarli, ove possibile, in un contesto di

riferimento regionale e nazionale.

In particolare, la costruzione dello stato dell‟ambiente è stata condotta

principalmente con riferimento ai dati relativi all‟intero territorio comunale

anche se, relativamente ad alcuni temi ambientali, sono disponibili soltanto

dei dati parziali, cioè riferiti a siti specifici che, a loro volta, possono

interessare uno o più comuni (come nel caso dei corsi d‟acqua superficiale,

degli acquiferi, ecc.), o dati da decifrare, in quanto pertinenti a territori di

area vasta (intera Provincia, sistemi territoriali complessi ecc.).

Pertanto, per quanto concerne la copertura territoriale dei dati, si evidenzia il

fatto che alcuni di essi possono essere riferiti esclusivamente al livello

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provinciale, altri fanno riferimento alla scala comunale oppure a siti specifici

(di valenza comunale o intercomunale).

Per quanto riguarda la copertura temporale, sono stati sempre considerati i

dati disponibili più aggiornati.

In particolare, ciascun tema ambientale si compone di una scheda tematica in

cui si riporta un testo esplicativo, eventuali obiettivi fissati dalla normativa, le

fonti dei dati, le tabelle degli indicatori, eventuali cartografie.

I dati relativi ai tematismi ambientali sono riaggregati secondo lo

schema della “tabella B” della succitata delibera n.834 dell’11 maggio

2007, che prevede: a) POPOLAZIONE E TERRITORIO; b) TUTELA E

PROTEZIONE AMBIENTALE; c) SVILUPPO SOSTENIBILE; d) ACQUA; e)

MOBILITA’; f) ARIA; g) RIFIUTI.

Si tenga conto che nel periodo che intercorre tra il Rapporto Preliminare e il

Definitivo i dati possono essere modificati e/o aggiornati, soprattutto

attraverso la ultimazione di alcuni studi specialistici (studio geologico e

agronomico in particolare).

4.1 Popolazione e territorio.

Le informazioni relative alla popolazione residente all‟interno del territorio

comunale fanno riferimento a diverse tematiche che ne esplicitano alcune

caratteristiche significative, come elencate nella delibera di G.R. n.834/2007.

Per quanto possibile i dati comunali sono messi in relazione con quelli

provinciali e regionali, evidenziandone anche eventuali variazioni temporali.

4.1.1 Struttura della popolazione.

Il comune di Bonea presenta una popolazione di 1.386 abitanti al

31.12.2018. Lo sviluppo demografico del comune di Bonea, a partire dal

1861, anno in cui la popolazione ammontava a 1703 unità ha raggiunto il

massimo storico nel 1951 con 2148 abitanti, per poi attestarsi negli anni

settanta intorno alle 1500 unità.

Negli ultimi anni, la popolazione è passata da 1510 abitanti del 2001 ai 1386

del 2018.

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La tabella in basso riporta il dettaglio della variazione della popolazione

residente al 31 dicembre di ogni anno. Vengono riportate ulteriori due righe

con i dati rilevati il giorno dell'ultimo censimento della popolazione e quelli

registrati in anagrafe il giorno precedente.

Anno Data rilevamento Popolazione

residente

Variazione

assoluta

Variazione

percentuale

Numero

Famiglie

Media

componenti

per famiglia

2001 31 dicembre 1.510 - - - -

2002 31 dicembre 1.464 -46 -3,05% - -

2003 31 dicembre 1.452 -12 -0,82% 522 2,78

2004 31 dicembre 1.457 +5 +0,34% 536 2,72

2005 31 dicembre 1.479 +22 +1,51% 553 2,67

2006 31 dicembre 1.497 +18 +1,22% 560 2,67

2007 31 dicembre 1.525 +28 +1,87% 576 2,65

2008 31 dicembre 1.487 -38 -2,49% 586 2,54

2009 31 dicembre 1.468 -19 -1,28% 579 2,54

2010 31 dicembre 1.498 +30 +2,04% 607 2,47

2011 (¹) 8 ottobre 1.522 +24 +1,60% 614 2,48

2011 (²) 9 ottobre 1.483 -39 -2,56% - -

2011 (³) 31 dicembre 1.484 -14 -0,93% 614 2,42

2012 31 dicembre 1.466 -18 -1,21% 598 2,45

2013 31 dicembre 1.474 +8 +0,55% 585 2,52

2014 31 dicembre 1.475 +1 +0,07% 580 2,54

2015 31 dicembre 1.448 -27 -1,83% 572 2,53

2016 31 dicembre 1.443 -5 -0,35% 570 2,53

2017 31 dicembre 1.415 -28 -1,94% 566 2,49

2018 31 dicembre 1.386 -29 -2,05% 573 2,41

Fonte: www.tuttitalia.it

Di seguito si riporta l'andamento demografico della popolazione residente nel

comune di Bonea dal 2001 al 2018.

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Il numero medio dei componenti nei 10 anni è pari a 2,49 abitanti per

famiglia.

Oltre all'analisi della popolazione riportata in precedenza, di seguito si

riportano i dati del comportamento migratorio dal 2002 al 2018.

Anno 1 gen-31

dic

Iscritti Cancellati Saldo Migratorio

con l'estero

Saldo Migrato

rio totale

DA altri

comuni

DA estero

per altri motivi

(*)

PER altri comuni

PER estero

per altri motivi

(*)

2002 13 4 0 21 29 0 -25 -33

2003 23 1 0 32 13 0 -12 -21

2004 14 10 0 28 16 0 -6 -20

2005 11 17 0 25 13 0 +4 -10

2006 10 12 0 24 10 2 +2 -14

2007 17 17 0 27 7 1 +10 -1

2008 20 14 0 15 5 0 +9 +14

2009 28 10 0 24 5 1 +5 +8

2010 11 8 0 34 8 2 0 -25

2011 (¹)

9 4 0 29 2 0 +2 -18

2011 (²)

5 0 1 9 2 2 -2 -7

2011 (³)

14 4 1 38 4 2 0 -25

2012 10 4 0 36 2 0 +2 -24

2013 31 6 5 30 4 2 +2 +6

2014 17 2 0 31 4 1 -2 -17

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2015 19 3 0 36 11 0 -8 -25

2016 21 4 5 64 7 0 -3 -41

2017 6 16 0 20 10 0 +6 -8

2018 16 8 3 24 19 6 -11 -22

Fonte: www.tuttitalia.it (*) sono le iscrizioni/cancellazioni in Anagrafe dovute a rettifiche amministrative.

(¹) bilancio demografico pre-censimento 2011 (dal 1 gennaio al 8 ottobre).

In sintesi, si riportano i seguenti ulteriori elementi28

:

Densità abitativa: 131,30 abitanti per chilometro quadrato.

Popolazione al 1991: 1.543 abitanti - Popolazione al 2001: 1.510 abitanti -

Popolazione al 2011: 1.483 abitanti - Variazione percentuale 2001-

1991:2,14%. Variazione percentuale 2011-1991:-3,89%. Variazione

percentuale 2011-2001:-1,79%.

Dati Istat più recenti: Al primo gennaio 2016 il comune di Bonea contava

1.448 abitanti, 718 dei quali maschi e 730 femmine. Vi erano 11 abitanti di

età inferiore ad un anno (7 maschi e 4 femmine) e 1 abitanti ultracentenari (0

maschi e 1 femmine).

Stranieri residenti: Al primo gennaio 2014 risultavano residenti a Bonea 52

cittadini stranieri, di cui 17 maschi e 35 femmine. Al 31 dicembre dello stesso

anno risultavano residenti a Bonea 59 cittadini stranieri, di cui 39 maschi e 20

femmine, per un valore pari al 3,98% della popolazione complessiva come

risultante dall'ultimo censimento.

Tabella 4.1.1a - Fonte: www.tuttitalia.it

Comune di Bonea

Consistenza assoluta della popolazione residente (Pressione, anno 2018).

numero di residenti 1386

numero di residenti maschi 695

numero di residenti femmine 692

percentuale di residenti maschi 50,01%

percentuale di residenti femmine 49,9%

28 Fonte dei dati: www.italia.indettaglio.it.

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Tabella 3.1.1b - Fonte: www.tuttitalia.it

Comune di Bonea

Famiglie residenti (Pressione, anno 2018).

numero di famiglie 573

numero medio di componenti per famiglia 2,41

4.1.2 Tasso di attività - tasso di occupazione/disoccupazione.

Il tasso attività mette in relazione la popolazione attiva (cioè la parte di

popolazione che è in grado, salvo impedimenti temporanei, di svolgere

legalmente un‟attività lavorativa) con la popolazione in età lavorativa.

Pertanto, il tasso di attività viene calcolato come rapporto percentuale tra le

forze di lavoro e la popolazione residente maggiore di 14 anni. Esso evidenzia

le opportunità lavorative esistenti, tenendo conto anche della differenza dei

sessi. Il tasso di occupazione è un indicatore statistico che indica la

percentuale di popolazione che ha una occupazione lavorativa. Si calcola come

rapporto percentuale tra gli occupati e la popolazione residente. Il tasso di

disoccupazione, invece, è un indicatore della forza lavoro che non riesce a

trovare lavoro e, pertanto, si calcola come rapporto percentuale tra persone in

cerca di lavoro e forza lavoro. A sua volta la forza lavoro è data dalla somma

delle persone in cerca di lavoro e gli occupati.

La provincia di Benevento, per la fascia di età 15-64 anni, ha un tasso di

attività maschile del 61% e femminile del 33,5%, a fronte di un tasso di

occupazione maschile del 51,4% e femminile del 26,9% e un tasso di

disoccupazione maschile del 15,5% e femminile del 19,6%, manifestando un

forte squilibrio di genere29

. Il tasso di attività femminile, infatti, è il più basso

fra tutte le province campane, perde 6,5 punti rispetto all‟anno precedente

(mentre quello maschile è in flessione di soli 3 punti) ed accusa 20 punti di

distacco dalla media nazionale, una vera e propria enormità, che misura nel

modo più ampio la difficoltà enorme del mercato del lavoro locale nell‟offrire

opportunità di inserimento lavorativo, e dunque sociale, alle donne.

A Bonea vi sono 385 residenti di età pari a 15 anni o più. Di questi 317

risultano occupati e 40 precedentemente occupati ma adesso disoccupati e in

29 Fonte dei dati: Elaborazione Istituto Tagliacarne su dati ISTAT 2014.

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cerca di nuova occupazione. Il totale dei maschi residenti di età pari a 15 anni

o più è di 254 individui, dei quali 210 occupati e 25 precedentemente occupati

ma adesso disoccupati e in cerca di nuova occupazione. Il totale delle

femmine residenti di età pari a 15 anni o più è di 131 unità delle quali 107

sono occupate e 15 sono state precedentemente occupate ma adesso sono

disoccupate e in cerca di nuova occupazione30

.

Tabella 4.1.2a - Fonte: ISTAT – www.ottomilacensus.it.

Comune di Bonea

Mercato del lavoro – attività della popolazione (Pressione, anno 2011).

partecipazione al mercato del lavoro maschile 54,0 %

partecipazione al mercato del lavoro femminile 30,6 %

partecipazione al mercato del lavoro 42,3 %

incidenza giovani 15-29 anni che non studiano e non lavorano 35,5 %

rapporto giovani attivi e non attivi 33,8 %

Tabella 4.1.2b - Fonte: ISTAT – www.ottomilacensus.it.

Comune di Bonea

Mercato del lavoro – occupazione (Pressione, anno 2011).

Tasso di occupazione maschile 44,4 %

Tasso di occupazione femminile 24,8 %

Tasso di occupazione 34,7 %

Tasso di occupazione 15-29 anni 25,2%

Incidenza dell'occupazione nel settore agricolo 15,4

Incidenza dell'occupazione nel settore industriale 23,6

incidenza dell'occupazione nel settore terziario extracommercio 40,1

Incidenza dell'occupazione nel settore commercio 20,9

Incidenza dell'occupazione in professioni ad alta-media specializzazione 22,9

Incidenza dell'occupazione in professioni artigiane, operaie o agricole 21,8

Incidenza dell'occupazione in professioni a basso livello di competenza 27,1

Tabella 4.1.2c - Fonte: ISTAT – www.ottomilacensus.it.

Comune di Bonea

Mercato del lavoro – disoccupazione (Pressione, anno 2011).

Tasso di disoccupazione maschile 17,6 %

30 Fonte dei dati: www.italia.indettaglio.it.

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Tasso di disoccupazione femminile 18,8 %

Tasso di disoccupazione 18,0 %

Tasso di disoccupazione giovanile 44,4 %

4.1.3 Livello locale del reddito.

Di seguito si riporta la tabella della dichiarazione dei redditi presentate tra il

2005 e il 2011 delle persone fisiche a Bonea.

Anno Dichiaranti Pop. %pop Importo Media/Dich. Media/Pop.

2001 826 1.510 54,7% 6.723.095 8.139 4.452

2002 845 1.464 57,7% 7.491.493 8.866 5.117

2003 853 1.452 58,7% 7.837.185 9.188 5.398

2004 829 1.457 56,9% 7.873.020 9.497 5.404

2005 875 1.479 59,2% 8.497.366 9.711 5.745

2006 840 1.497 56,1% 8.669.901 10.321 5.792

2007 855 1.525 56,1% 9.313.689 10.893 6.107

2008 857 1.487 57,6% 9.681.111 11.297 6.510

2009 839 1.468 57,2% 9.721.021 11.586 6.622

2010 839 1.498 56,0% 10.284.596 12.258 6.866

2011 812 1.484 54,7% 9.955.784 12.261 6.709

2012 838 1.466 57,2% 9.944.604 11.867 6.783

2013 805 1.474 54,6% 9.881.420 12.275 6.704

2014 799 1.475 54,2% 9.629.575 12.052 6.529

2015 799 1.448 55,2% 9.735.998 12.185 6.724

2016 793 1.443 55,0% 9.605.266 12.113 6.656

Fonte dei dati: v. www.comuni-italiani.it

Tabella 4.1.3a – Fonte: www.comuni-italiani.it.

Comune di Bonea

Ricchezza prodotta (Determinate, anno 2016).

numero contribuenti 793

valore medio imponibile popolazione 6.656 €

valore medio imponibile dichiaranti 12.113 €

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101

4.1.4 Uso sostenibile del territorio.

Si tratta di una tematica che può essere esplicitata attraverso alcune voci

chiave che fanno riferimento alla protezione delle aree di interesse

naturalistico e ambientale, nonché all‟eventuale recupero e riutilizzo di aree

dismesse o contaminate.

Per quanto concerne le aree di interesse naturalistico ed ambientale, al netto

dell‟intero territorio comunale che risulta vincolato ai sensi del Codice bb.cc.,

si registrano le superfici soggette a tutela ai sensi del citato Codice bb.cc.

indicate nella tabella 4.1.4a.

Si noti che, tenuto conto della sovrapposizione, in alcuni casi, tra le diverse

tipologie di aree protette, la superficie totale delle aree di interesse

naturalistico ed ambientale non può corrispondere alla sommatoria dei valori

sopra elencati. Di contro, la presenza di siti contaminati compromette la

possibilità di un uso sostenibile del territorio se non si procede ad una loro

bonifica. Si tenga presente che i “siti contaminati” vengono definiti come

quelle aree nelle quali, in seguito ad attività umane svolte o in corso, è stata

accertata, sulla base della normativa vigente, un'alterazione puntuale delle

caratteristiche naturali del suolo da parte di un qualsiasi agente inquinante.

Tale contaminazione può riguardare il suolo, il sottosuolo, le acque superficiali

o le acque sotterranee. I “siti contaminati di interesse nazionale” sono

costituiti da quei siti contaminati che, in relazione alle caratteristiche del sito,

alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, possono provocare un

impatto rilevante sull‟ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed

ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali. I siti di

interesse nazionale sono individuati con decreto del Ministro dell'Ambiente e

della Tutela del Territorio e del Mare, d‟intesa con le Regioni interessate.

Ebbene, nella provincia di Benevento sono stati censiti alcuni siti contaminati,

ma nessuno di interesse nazionale e comunque nessuno nel territorio di

Bonea. Tutti i siti di cui sopra sono stati inseriti nel Piano Regionale di Bonifica

della Campania che ha individuato per ciascuno di essi la tipologia di bonifica

ed il relativo costo; in alcuni casi la bonifica è in atto31

. Nel territorio di Bonea

31 Nel sito www.arcpacampania.it è possibile consultare lo stato di fatto dei siti di interesse del Piano di

Bonifica. Nell'archivio dei procedimenti conclusi, contenente 452 siti, confluiscono i siti per i quali i procedimenti avviati relativi ad una qualunque fase dell'iter di bonifica (indagini preliminari, caratterizzazione, messa in

sicurezza permanente, bonifica, ecc.) si sono conclusi positivamente. Sulla base delle previsioni di cui all'art.

251 del d.Lgs. n.152/06 nell'anagrafe sono inseriti i siti oggetto di procedimento di bonifica e ripristino

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non vi sono aree di interesse del Piano di Bonifica.

Tabella 4.1.4a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Aree di interesse naturalistico ed ambientale (Risposta, anno 2019).

sup. monti superiori 1.200 m s.l.m. - d.Lgs. 42/2004 59,70 ha

sup. conservazione integrale Parco Taburno - d.Lgs. 42/2004 261,10 ha

sup. riserva generale Parco Taburno - d.Lgs. 42/2004 350,30 ha

sup. riserva controllata Parco Taburno - d.Lgs. 42/2004 222,15 ha

sup. aree boscate e naturali - d.Lgs. 42/2004 239,00 ha

sup. fasce fluviali acque pubbliche m 80 - art.9 NTA PTP 54,90 ha

sup- S.I.C. IT8020008 Massiccio del Taburno – Natura 2.000 705,40 ha

Obiettivi fissati dalla normativa.

Il D.M. 471/1999 e il d.Lgs. 152/2006 e s.m.i. prevedono che le regioni

istituiscano le anagrafi regionali dei siti da bonificare e adottino dei piani di

bonifica delle aree contaminate. Il D.M. 471/1999 individua i valori di

concentrazione limite accettabili.

4.1.5 Accrescimento e salvaguardia del contesto abitativo e funzionalità di spazi ed edifici.

Relativamente alla presente tematica si fa riferimento alla struttura ed alla

crescita del sistema insediativo del territorio comunale.

La caratterizzazione geomorfologica e la conseguente disponibilità di risorse

hanno condizionato in maniera significativa la formazione e l‟organizzazione

degli insediamenti, delineando un quadro territoriale che per un lungo periodo

è rimasto pressoché immutato e solo negli ultimi decenni ha assunto una

caratterizzazione più articolata.

ambientale, compresi quelli ricadenti nel perimetro dei siti di interesse nazionale. Il Data Base dell'Anagrafe,

alla data di aggiornamento del presente Piano, contiene n.282 siti, le cui informazioni principali sono riportate

in Tabella 2 dell'Allegato 2. Nel Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati (CSPC) sono stati inclusi tutti i

siti non di interesse nazionale, per i quali sia stato già accertato il superamento delle CSC, di cui all'allegato 5 al

titolo V della parte IV del d.Lgs. 152/2006. Il Database del CSPC contiene n.152 siti, le cui informazioni

principali sono riportate nella Tabella 3 dell'Allegato 3. Nel Censimento dei siti in attesa di indagine rientrano i siti già individuati come "siti potenzialmente inquinati" nel PRB 2005 per i quali, secondo quanto previsto dalle

Norme di Attuazione e dal PRB 2013, il Comune territorialmente competente ha l'obbligo di svolgere le verifiche

in ordine alla necessità o meno di procedere all'esecuzione di indagini preliminari.

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103

In particolare, è possibile svolgere una lettura dei processi di espansione delle

aree edificate attraverso la ricostruzione dell‟evoluzione fisico-insediativa,

riferita a tutto il territorio comunale, assumendo come scansioni temporali gli

anni 1871/81, 1956/57, fine anni „90, sulla base della documentazione

costituita dalla cartografia storica I.G.M., dalla cartografia I.G.M. aggiornata

alla metà degli anni „50, dalle cartografie risalenti agli anni „80 e dall‟ortofoto

regionale del 1998 e poi 2004.

Si può osservare che fino alla metà degli anni ‟50 del secolo scorso, la

struttura insediativa è rimasta sostanzialmente invariata, realizzandosi, oltre

ad un relativo incremento della viabilità, espansioni non apprezzabili alla scala

di analisi. La rete insediativa costituita dalla maggioranza degli insediamenti,

presente nella cartografia della fine dell‟Ottocento, rimane sostanzialmente

immutata nei suoi caratteri strutturali per circa un secolo, come emerge dal

confronto con la cartografia risalente agli anni „80.

Negli ultimi decenni del Novecento lo sviluppo urbanistico investe anche i

centri minori, sia pure generalmente con consistenza contenuta. Ai nuclei

storici dei borghi che costituiscono l‟ossatura insediativa che, pur con le

differenze tipologiche derivanti dalla morfologia del suolo, si presentano con

una struttura compatta e riconoscibile coerentemente relazionata al contesto

ambientale, configurandosi come componente qualificante del paesaggio, si

affiancano aree edificate che, soprattutto quelle di più recente formazione,

rivelano spesso un impianto incompiuto, privo di organizzate relazioni sia con

l‟insediamento preesistente che con il contesto. Prevalgono i caratteri

omologanti delle nuove forme insediative e delle tipologie edilizie, tanto nel

centro urbano quanto nel territorio esterno. Si sta delineando, in sostanza,

una forma del costruito che in alcuni ambiti interferisce in maniera sensibile

ed incoerente con il paesaggio, con le sue componenti storico-insediative,

naturalistiche, agrarie, facendo emergere l‟esigenza di un più attento controllo

delle trasformazioni e di mirate strategie di riqualificazione. Peraltro, i nuovi

edifici spesso si attestano sulla viabilità provinciale, rendendo sempre più

arduo il riconoscimento delle originarie strutture insediative.

Per quanto concerne il patrimonio edilizio, di seguito si riportano alcuni dati

significativi.

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Tabella 4.1.5a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Caratterizzazione aree abitate (Pressione, anno 2019).

Tessuto urbano storico consolidato

fonte: IGM 1870, PRG 1996, PTCP 2012

8,90 ettari

Nuclei di insediamenti storici extraurbani

fonte: IGM 1870, PRG 1996, PTCP 2012

7,50 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1956 e il 1998

fonte: C.T.R. 1998

2,00 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1998 e il 2019

fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano 19,40 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1998 e il 2019 lungo la viabilità principale - fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano

36,40 ettari

Nuclei di insediamenti produttivi

fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano 32,30 ettari

Tabella 4.1.5b - Fonte: elaborazione su dati www.italiaindettaglio.it.

Comune di Bonea.

Caratterizzazione edifici residenziali (Pressione, anno 2011).

numero di edifici totali 440

numero edifici utilizzati 372

numero di edifici ad uso abitativo totale 332

numero edificio ad uso abitativo totale in ottimo stato 36

numero edificio ad uso abitativo totale in buono stato 198

numero edificio ad uso abitativo totale in mediocre stato 92

numero edificio ad uso abitativo totale in pessimo stato 6

Tabella 4.1.5c - Fonte: www.ottomilacensus.istat.it.

Comune di Bonea.

Affollamento abitativo (Pressione, anno 2011).

superficie media delle abitazioni occupate 106,6 mq

superficie per occupante in abitazioni occupate 39,3 mq

indice di affollamento delle abitazioni 1,3

incidenza degli edifici in buono stato di conservazione 72,8%

incidenza degli edifici in pessimo stato di conservazione 1,4%

età media del patrimonio abitativo recente 29,3 anni

Si tenga conto, in particolare, che per indice di affollamento si deve intendere

il rapporto percentuale tra le abitazioni occupate con meno di 40 mq e oltre 4

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occupanti o con 40-59 mq e oltre 5 occupanti o con 60-79 mq e oltre 6

occupanti e il totale delle abitazioni occupate. L‟indicatore rappresenta la

quota percentuale di abitazioni al di sotto di una certa dimensione (per classi

di mq e non superiori a 80 mq ) e con un determinato numero di occupanti

(per raggruppamento e a partire da oltre 4) rispetto al totale delle abitazioni

occupate. Misura il grado di affollamento delle abitazioni occupate ponderate

per dimensione (in mq) e numero di occupanti.

4.1.6 Comunicazione ambientale, riconoscimento degli aspetti

semiologico-antropologici per la percezione del sistema paesaggistico, Livello di riconoscimento dell’identità locale.

La promozione della cultura ambientale è l‟obiettivo della complessa ed

articolata attività che viene sviluppata da numerosi soggetti, istituzionali e

non, affinché le conoscenze scientifiche e tecniche siano rese disponibili ai

cittadini per favorire un accrescimento della loro consapevolezza e per un

orientamento alla sostenibilità di stili di vita e di comportamenti individuali e

collettivi.

Le attività di informazione, formazione ed educazione ambientale sono

strumenti funzionali ad una promozione della conoscenza e consapevolezza

nei confronti delle questioni ambientali.

Attraverso la comunicazione ambientale si intende evidenziare lo sforzo

compiuto dalle amministrazioni locali (in questo caso il comune di Bonea) a

vantaggio della cultura della sostenibilità.

In particolare, prima dell'avvio della procedura di VAS, non risulta siano stati

organizzati negli ultimi anni seminari pubblici o convegni, né realizzati progetti

relativi alla comunicazione ambientale. Durante la procedura di

adozione/approvazione del PUC si terranno diverse “Conferenze di sviluppo

sostenibile” finalizzate proprio alla condivisione dello stato dell‟ambiente per la

procedura di VAS del PUC.

Tabella 4.1.6a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea

Comune di Bonea.

Comunicazione ambientale (Risposta, anno 2019).

numero di seminari pubblici e consultazioni ambientali 0

numero di corsi di formazione 0

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numero di pubblicazioni relative al livello di riconoscimento dell‟identità locale

0

numero di pubblicazioni relative ad aspetti semiologici-antropologici e relativi alla percezione del sistema paesaggistico

4.1.7 Accessibilità delle aree verdi pubbliche e dei servizi locali.

Questa sezione intende evidenziare la facilità o meno di accesso alle aree

verdi e naturali protette e alle aree pubbliche in genere. A questo scopo si

considera la tipologia (strade carrabili, pedonali, ecc.) di vie di comunicazione

verso tali aree.

Di seguito si riporta l‟elenco delle aree e degli edifici di pubblici e di uso

pubblico:

piazza Monsignor Eduardo Caturano;

piazza Clementina Perone;

piazza Carre;

piazza Fontana;

cimitero vecchio di San Biagio con area archeologica;

cimitero nuovo in località Pezze;

edificio comunale alla via Carre;

scuola primaria e dell‟infanzia alla via Carre;

casa di riposo per anziani alla via Lorenzoni;

ufficio postale alla traversa Carre;

farmacia alla via Lorenzoni;

ex Hotel Taburno in località Scamardello;

Chiesa di San Biagio;

Chiesa di San Sebastiano;

Chiesa di San Pietro;

Chiesa di San Nicola di Mira;

Palazzo Perone Pacifico;

Villa di Cocceio, area archeologica in località San Biagio;

Mausoleo "Pizzillo", monumento funerario di interesse archeologico.

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Tabella 4.1.7a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea

Comune di Bonea.

Strutture pubbliche (Risposta, anno 2019).

numero di attrezzature urbane (piazze, giardini, ecc.) 4

numero edifici e strutture pubblici 6

numero di edifici religiosi 4

numero di cimiteri 2

numero parchi urbani ed extraurbani 0

numero parchi naturalistici con rete sentieristica 1

Tabella 4.1.7b – Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Infrastrutture sul territorio comunale (Stato, anno 2019).

lunghezza delle rete ferroviaria 0 km

lunghezza delle strade provinciali carrabili 6,138 km

lunghezza delle strade comunali carrabili asfaltate non rilevato

lunghezza piste equestri-trekking - piste ciclo-pedonali non rilevato

4.1.8 Superamento delle barriere architettoniche.

La tematica viene affrontata in questa sede attraverso il censimento degli

edifici pubblici con barriere architettoniche.

Tabella 4.1.8a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea

Comune di Bonea.

Edifici pubblici e barriere architettoniche (Stato, anno 2019).

numero di edifici pubblici, religiosi e cimiteri 12

numero di edifici pubblici con barriere architettoniche 0

numero di interventi previsti per l‟abbattimento delle barriere architettoniche 0

investimenti finalizzati all‟abbattimento delle barriere architettoniche 0

4.1.9 Spostamento casa scuola dei bambini.

Da molti anni il Comune ha attivato un servizio di scuolabus per i residenti in

campagna e nelle masserie. La popolazione scolastica under 14 al 31.12.2019

è di 197 unità. Lo scuolabus consente lo spostamento quotidiano di circa 10

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studenti.

Tabella 4.1.9a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea

Comune di Bonea.

Spostamento casa scuola dei bambini (Stato, anno 2019).

alunni della scuola primaria e dell'infanzia 15

numero di scuolabus 1

studenti che usufruiscono del servizio scuolabus 10

percentuale di studenti che usufruiscono del servizio scuolabus 66%

4.1.10 Cave ed attività estrattive.

Le attività di estrazione di minerali di seconda categoria (cave) rappresentano

un importante settore economico ma, allo stesso tempo, causano degrado

ambientale sia relativamente alle operazioni di estrazione del materiale che

della destinazione d‟uso delle cave abbandonate. In questa prospettiva

acquista un rilievo crescente l‟istituto del recupero ambientale delle cave da

effettuarsi anche contestualmente all‟attività di cava.

La Regione Campania ha proceduto all‟elaborazione di un Piano Regionale

delle Attività Estrattive (P.R.A.E.) da cui è possibile evincere una serie di dati

relativi all‟attività estrattiva in provincia di Benevento. Le cave presenti sul

territorio sono complessivamente 277, rispetto ad un totale regionale di 1.532

cave. La media annuale di materiale estratto è pari a 1.929.607 t (anno di

riferimento 2003), con una incidenza maggiore di calcari (43,8%) e argilla

(32,9%).

Dal punto di vista dell‟impatto ambientale si deve considerare che il Piano

Regionale delle Attività Estrattive (P.R.A.E.) ha individuato tre tipologie di

aree: “aree di crisi” (AC), “zone critiche” (ZCR) e “aree di particolare

attenzione ambientale” (APA).

Le “aree di crisi” sono quelle oggetto di intensa e non sempre organica

attività, dove vi è particolare concentrazione di cave attive e non attive in

aree delimitate, con estesa modifica del territorio, dove l‟impatto ambientale è

medio/alto, con presenza di vincoli e vicinanza di centri storici importanti.

Le “zone critiche” sono localizzate all‟interno di alcune aree di crisi dove

l‟impatto sul territorio è ad elevato rischio di dissesto morfologico. Le “aree di

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particolare attenzione ambientale” sono quelle altamente critiche dove il

livello di impatto è considerato al di sopra la soglia di sostenibilità.

Nel territorio comunale il P.R.A.E. non ha registrato cave di

estrazione. Non si contano aree di crisi, né zone critiche o aree di

particolare attenzione ambientale. Non si registrano insediamenti

estrattivi attivi di minerali di prima categoria (miniere), né aree di

riserva per l’estrazione di sabbie e ghiaie.

Tabella 4.1.10a - Fonte: PRAE 2006.

Comune di Bonea.

Cave presenti sul territorio (Pressione, anno 2006).

numero di cave totali 0

numero di cave autorizzate 0

numero di cave chiuse 0

numero di cave abbandonate 0

Obiettivi fissati dalla normativa.

La pianificazione dell‟attività estrattiva di cava è stata demandata alle Regioni

ed alle Province mediante la redazione di Piani regionali (o provinciali)

dell‟attività estrattiva. Tali piani, oltre a censire le cave in esercizio o dimesse,

contengono prescrizioni circa l‟individuazione e la delimitazione delle aree, dei

fabbisogni, delle modalità di coltivazione, dei tempi di escavazione e dei piani

di recupero da seguire nella progettazione dei singoli interventi, in relazione

alle diverse situazioni ed alle caratteristiche morfologiche.

4.1.11 Estrazione di idrocarburi32.

Le attività di perforazione, estrazione e trasporto di idrocarburi, soprattutto se

esercitate in maniera intensiva, possono arrecare danni all‟ambiente naturale

ed antropico, ipotecandone l‟uso e limitandone le vocazioni, e in caso di

incidenti, possono comportare rischi di una certa entità. Tra le componenti

ambientali a rischio inquinamento si annoverano, principalmente, il suolo e

l‟acqua.

32 Fonte dei dati: Provincia di Benevento, Piano energetico ambientale, 2005.

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Ebbene, nel territorio della provincia di Benevento e di Bonea in particolare

non è presente alcun sito di estrazione di risorse energetiche, sia idrocarburi

che fluidi geotermici. Pertanto, non si riscontrano rischi di inquinamento del

suolo o delle acque connesse alla estrazione di idrocarburi.

Tabella 4.1.11a - Fonte: Piano Energetico Ambientale Provincia di BN.

Comune di Bonea

Estrazione di idrocarburi (Impatto, anno 2006).

numero di aree sottoposte ad estrazione di idrocarburi 0

4.1.12 Superficie occupata da discariche.

Nel territorio della provincia di Benevento è presente una sola discarica

attualmente potenzialmente (in quanto sotto sequestro) in esercizio

localizzata nel territorio di Sant‟Arcangelo Trimonte che occupa una superficie

di circa 6.130 mq. Inoltre, si registrano anche 35 discariche chiuse o sature,

che occupano una superficie complessiva di 531.447,83 mq. Nel territorio di

Bonea non esistono discariche attive. E‟ stato recentemente (2018) censito

dall'Ufficio Tecnico Comunale e da escursionisti in località “Capo di sotto” un

sito con rifiuti abbandonati.

Tabella 4.1.12a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea

Comune di Bonea.

Discariche presenti sul territorio (Pressione, anno 2019).

numero di discariche in esercizio 0

numero di discariche comunali sature 0

numero di siti con rifiuti abbandonati 1

4.1.13 Uso del suolo (cambiamento da area naturale ad area edificata).

La presente tematica è connessa all‟elaborazione di eventuali strategie di

gestione sostenibile del territorio, nonché alla verifica dell‟efficacia delle

politiche ambientali e dell‟integrazione delle istanze ambientali nelle politiche

settoriali (agricoltura, industria, turismo, ecc.).

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A questo riguardo, una delle principali questioni è relativa alla trasformazione

da un uso “naturale” (quali foreste ed aree umide) ad un uso “semi-naturale”

(quali coltivi) o “artificiale” (quali edilizia, industria, infrastrutture) del

territorio. Tali transizioni, oltre a determinare la perdita, nella maggior parte

dei casi permanente ed irreversibile, di suolo fertile, causano ulteriori impatti

negativi, quali la frammentazione del territorio, la riduzione della biodiversità,

le alterazioni del ciclo idrogeologico e le modificazioni microclimatiche. Inoltre,

la crescita delle aree urbane e delle relative infrastrutture determinano un

aumento del fabbisogno di trasporto e del consumo di energia, con

conseguente aumento dell‟inquinamento acustico, delle emissioni di inquinanti

atmosferici e di gas serra.

Pertanto, risulta utile confrontare l‟uso del suolo allo status quo (cioè in

assenza di piano) con quello relativo alle scelte di pianificazione,

evidenziandone le aree oggetto di trasformazione/edificazione.

Il Rapporto 2018 a cura dell‟Ispra [v. § 1.4.3] riporta i dati comune per

comune derivati dalla “Carta nazionale del consumo di suolo ad altissima

risoluzione”. Bonea (che viene classificato come un comune di classe “D –

intermedio” secondo la classificazione proposta dal Dipartimento per lo

Sviluppo e la Coesione Economica secondo livelli di perifericità, ovvero di

distanza dai centri dotati di infrastrutture in grado di offrire servizi al

cittadino) presenta i seguenti dati [cfr http://www.sinanet.isprambiente.it]:

- Suolo consumato 2018: 91,27 ha – 8,00%;

- Suolo non consumato 2018: 1.049,71 ha – 92,00%.

Tanto premesso, si ritiene sia necessario elaborare la stima del consumo di

suolo derivato dal Piano Urbanistico Comunale, confrontando i dati succitati

dell‟ISPRA con quelli estrapolati dalle tavole di progetto (della versione

definitiva del PUC). Si tenga conto che non è noto, ad oggi, un metodo di

calcolo che possa stimare in maniera univoca il potenziale consumo di suolo

derivato dalla entrata in vigore di un piano urbanistico. Esistono alcuni

tentativi operati da parte della Direzione Centrale Pianificazione e Assetto del

Territorio della Provincia di Milano e della Regione Lombardia.

In questa sede si ritiene si possano considerare come dati dello “stato di

fatto” quelli sopra descritti dell‟ISPRA, coincidenti con il centro abitato di

Bonea e con le aree insediate extra-urbane. Il confronto viene operato con le

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zone territoriali omogenee di progetto potenzialmente dannose per il consumo

di suolo, valutando la quantità di superficie impermeabile prevista per

ciascuna zona. Per calcolare l‟impermeabilizzazione è necessario considerare

le superfici impermeabilizzate per cause antropiche (asfaltate, cementificate,

edificate, ecc.). Con i dati a disposizione non è possibile disporre di queste

informazioni: infatti le classi dell‟urbanizzato non coincidono con ciò che è

impermeabilizzato poiché contengono aree permeabili, mentre le classi

dell‟agricolo contengono al loro interno delle aree impermeabili che non sono

rilevabili. Non riuscendo a calcolare oggi un dato oggettivo

sull‟impermeabilizzazione, si propone un metodo di misurazione del

fenomeno, attraverso il quale a ogni classe di uso del suolo della banca dati

viene attribuito un indice di impermeabilizzazione, cosicché moltiplicando le

superfici della classe per quell‟indice si ha una stima della superficie

impermeabilizzata nella classe stessa. Per le zone omogenee di progetto

oggetto di calcolo è possibile individuare univocamente la quantità di

superficie fondiaria (quindi di potenziale suolo consumato). Per ciascuna di

esse, infatti, è nota la superficie territoriale di progetto e la superficie coperta

preesistente. Inoltre, nelle NTA viene definito per ciascuna ZTO l‟Indice di

permeabilità (IP), attraverso il quale viene prescritta, in caso di nuova

edificazione, la percentuale minima di superficie permeabile rispetto alla

superficie fondiaria. Nel nostro caso, a ciascuna zona omogenea che

determina potenzialmente superfici impermeabili viene assegnato un indice di

permeabilità (e di conseguenza il suo complementare indice di

impermeabilità), in riferimento al quale si può calcolare la percentuale di

superficie potenzialmente di consumo (comprendente edificazione e viabilità).

Il calcolo della stima di consumo di suolo determinato con l‟entrata in vigore

del presente PUC viene svolto negli elaborati definitivi della Valutazione

Ambientale Strategica.

Tabella 4.1.13a- Fonte: elaborazione su dati Carta uso agricolo del suolo del PUC e dati ISPRA.

Comune di Bonea.

Uso del suolo (Pressione, anno 2018).

superficie aree urbanizzate - suolo consumato 8,00% 91,3 ha

superficie agricola totale - SAT 581 ha

superficie agricola utilizzata - SAU 274 ha

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superfici boscate e naturali 239 ha

4.1.14 Attrattività economico-sociale.

L‟attrattività economico-sociale di un territorio è funzione della vitalità di

diversi settori economici nonché della sua dotazione infrastrutturale e

dell‟investimento nel capitale umano.

Il parametro utilizzato nell‟area di studio è quello delle imprese presenti sul

territorio, considerando anche il numero di addetti, laddove disponibili i dati. A

Bonea vi sono, al 201433

, n.180 attività con n.576 addetti, di cui n.43

nell'industria, n.54 nei servizi, n.21 nell'amministrazione e n.62 in altre

attività. In particolare, vi sono n.87 imprese artigiane, n.53 esercizi di

vicinato, n.25 pubblici esercizi, n.6 strutture ricettive con 68 posti letto, oltre

ad altre attività varie. Vi sono inoltre 130 aziende agricole.

Tabella 4.1.14a - Fonte: http://italia.indettaglio.it.

Comune di Bonea

Imprese ed unità locali (Risposta, anno 2016).

numero di attività nell‟industria 30

numero di addetti nell‟industria 242

numero di attività nei servizi 25

numero di addetti nei servizi 55

numero di attività nell‟amministrazione 7

numero di addetti nell‟amministrazione 66

numero di attività in altri settori 16

numero di addetti in altri settori 39

4.2 Tutela e protezione ambientale.

Di seguito si riportano gli indicatori considerati utili per la verifica del sistema

della tutela e della protezione ambientale.

33 Fonte dei dati: http://italia.indettaglio.it.

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4.2.1 Minimo consumo di suolo.

La tematica in esame costituisce uno degli obiettivi della pianificazione

territoriale ed urbanistica regionale. Infatti, l‟art.2 della L.R. Campania

16/2004 sul “Governo del territorio”, fa esplicito riferimento all‟obiettivo della

“[…] promozione dell’uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio urbano ed

extraurbano mediante il minimo consumo di suolo […]”, come riferimento della

pianificazione territoriale ed urbanistica.

Anche in questo caso, risulta utile confrontare l‟uso del suolo allo status quo

(cioè in assenza di piano) con quello relativo alle scelte di pianificazione,

evidenziandone l‟eventuale consumo.

Il Rapporto 2018 a cura dell‟Ispra [cfr. § 1.4.3] riporta i dati comune per

comune derivati dalla “Carta nazionale del consumo di suolo ad altissima

risoluzione”. Bonea (che viene classificato come un comune di classe “D –

intermedio” secondo la classificazione proposta dal Dipartimento per lo

Sviluppo e la Coesione Economica secondo livelli di perifericità, ovvero di

distanza dai centri dotati di infrastrutture in grado di offrire servizi al

cittadino) presenta i seguenti dati [cfr http://www.sinanet.isprambiente.it]:

- Suolo consumato 2018: 91,27 ha – 8,00%;

- Suolo non consumato 2018: 1.049,71 ha – 92,00

Tabella 4.2.1a - Fonte: ISPRA.

Comune di Bonea.

Uso del suolo (Impatto, anno 2018).

suolo consumato 91,27 ha (10,8%)

superficie totale considerata 1.049,871 ha

4.2.2 Biodiversità34.

In questa sezione si intende descrivere lo stato della biodiversità, sia con

riferimento alle diverse specie presenti che al loro livello di minaccia.

In una sintesi recente (Royal Society, 2005) la biodiversità è definita, in

accordo con la convenzione della biodiversità biologica, nel seguente modo:

34 Fonte dei dati: Provincia di Benevento, Piano Faunistico-Venatorio Provinciale 2007-2011. Ministero

dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), Natura 2000 Formulario Standard.

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“diversità biologica significa la variabilità fra gli organismi viventi di qualsiasi ordine,

includendo tra l’altro ecosistemi terrestri, marini, delle acque interne ed i complessi ecologici di

cui essi sono parte”.

Questo include la diversità entro le specie, tra specie e tra ecosistemi.

Lo stato di conoscenze e le metodologie di analisi della biodiversità sono ad un

livello ancora poco avanzato ma non certo per la carenza di capacità

scientifica, ma piuttosto per l‟elevata complessità dell‟argomento.

Nel presente studio si intende esemplificare il concetto di “Biodiversità”

attraverso la quantificazione delle specie e degli habitat. Del resto, in

provincia di Benevento risultano essere presenti diverse specie di mammiferi,

uccelli, anfibi, rettili e pesci. Molte delle suddette specie sono protette dalla

legge nazionale o da direttive europee e convenzioni internazionali.

Secondo i dati riferiti all‟anno 2006, il numero di specie di mammiferi presenti

nel territorio provinciale ammonta a 55 e quello degli uccelli a 139, molte

delle quali in qualche modo protette.

Si noti che per i mammiferi e gli uccelli si hanno informazioni, seppure non

esaustive, ma comunque abbastanza dettagliate sulla loro presenza e stato di

conservazione o livello di minaccia. Per le altre specie, comprese quelle

vegetali, le informazioni sono carenti relativamente all‟intero territorio

provinciale. È possibile, comunque, fare riferimento alle informazioni ottenute

con il progetto Bioitaly (Rete Natura 2000) di cui si riportano i dati per ciascun

Sito di Interesse Comunitario (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS)

presenti sul territorio.

In particolare, le informazioni contenute nel database del progetto Bioitaly

individuano non solo la presenza di taluni habitat e specie, ma anche il loro

livello di minaccia. Valgono le seguenti definizioni:

Habitat naturali di interesse comunitario: gli habitat che nel territorio degli

Stati della Comunità Europea: a) rischiano di scomparire nella loro area di

ripartizione naturale; oppure, b) hanno un‟area di ripartizione naturale a

seguito della loro regressione o per il fatto che la loro area è

intrinsecamente ristretta; oppure, c) costituiscono esempi notevoli di

caratteristiche tipiche di una o più delle cinque regioni biogeografiche

seguenti: alpina, atlantica, continentale, macaronesica e mediterranea.

Specie di interesse comunitario: le specie che nel territorio degli Stati della

Comunità Europea: a) sono in pericolo, tranne quelle la cui area di

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ripartizione naturale si estende in modo marginale su tale territorio e che

non sono in pericolo né vulnerabili nell‟area del paleartico occidentale;

oppure, b) sono vulnerabili, vale a dire che il loro passaggio nella categoria

delle specie in pericolo è ritenuto probabile in un prossimo futuro, qualora

persistono i fattori alla base di tale rischio; oppure, c) sono rare, vale a dire

che le popolazioni sono di piccole dimensioni e che, pur non essendo

attualmente in pericolo o vulnerabili, rischiano di diventarlo; oppure, d)

sono endemiche e richiedono particolare attenzione, data la specificità del

loro habitat e/o le incidenze potenziali sul loro stato di conservazione.

Dalla lettura delle schede dei SIC e delle ZPS presenti nella provincia di

Benevento si evince che vi sono diversi habitat e specie animali (ma non

vegetali) di interesse comunitario. Il S.I.C. IT8020008 Massiccio del Taburno,

relativamente all‟area in oggetto, presenta i seguenti habitat:

Habitat *6210: Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da

cespugli su substrato calcareo (*stupenda fioritura di orchidee) – copertura

PF (Priority Form) 319,26 ettari, copertura non prioritaria 744,94 ettari;

Habitat 6220: Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-

Brachipodietea – copertura non prioritaria 266,05 ettari;

Habitat 8210: Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica –

copertura non prioritaria 266,05 ettari;

Habitat 8310: grotte non ancora sfruttate a livello turistico; – copertura

non prioritaria 53,21 ettari;

Habitat 9210: Foreste mediterranee caducifoglie - Faggeti degli Appennini

con Ilex e Taxus - – copertura non prioritaria 1862,35 ettari;

Habitat 9260: Foreste mediterranee caducifoglie – Castagneti – copertura non

prioritaria 1864,20 ettari.

Tabella 4.2.2a - Fonte: Natura 2000 – standard data form.

SIC IT8020008 Massiccio del Taburno.

Diversità di habitat e specie (Stato, anno 2019).

numero di habitat 6

numero di specie di uccelli 107

numero di specie di mammiferi 3

numero di specie di anfibi e rettili 1 + 1

numero di specie di pesci 0

numero di specie di invertebrati 1

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numero di specie vegetali 1

Obiettivi fissati dalla normativa.

Per quanto concerne la normativa italiana bisogna far riferimento alla legge

157/1992, “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo

venatorio” che individua le specie protette o particolarmente protette. La Lista

Rossa Nazionale dei Vertebrati redatta dal WWF, che classifica le specie a

seconda del loro rischio di estinzione. A livello internazionale i riferimenti sono

la Direttiva 79/409/CEE (cd “Direttiva Uccelli”), che identifica le specie per cui

vanno istituite apposite “zone di protezione speciale”; la Direttiva 92/43/CEE

(cd “Direttiva Habitat”), che identifica le specie per cui vanno istituite apposite

“zone speciali di conservazione” o per le quali si necessita di una rigorosa

protezione. la Convenzione di Berna dl 1979, che individua le specie animali

protette e strettamente protette e la Convenzione di Bonn del 1983, che

identifica lo stato di conservazione e di minaccia delle specie migratrici.

4.2.3 Vulnerabilità del territorio ed eventi idrogeologici, vulcanici e sismici35.

Questa tematica intende valutare il rischio rispetto ad eventi idrologici e

sismici. Allo stesso tempo, con riferimento ad eventi già accaduti si vogliono

evidenziare i danni prodotti nel territorio allo scopo di organizzare, per il

futuro, l‟attività di prevenzione.

Dal punto di vista del “rischio idrogeologico”, gran parte del territorio è

soggetto a vincolo idrogeologico (superficie vincolata 684,40 ettari)36.

Nel suo Piano Straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio più

elevato e nel successivo Progetto per il Piano Stralcio per l‟Assetto

Idrogeologico, l‟Autorità di Bacino Distretto Appennino Meridionale ha

individuato l‟area già soggetta a vincolo idrogeologico con classificazione R4

(Area a rischio molto elevato), RPa (Area a rischio potenzialmente elevato) e

35 Fonte dei dati: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Benevento. ITHACA (ITaly HAzard

from CApable faults), Database on line. Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Database on line.

Provincia di Benevento, Settore Agricoltura.

36 Fonte: Ufficio di Piano: Superficie determinata dalla documentazione vettoriale del PUC di Bonea.

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Aree di possibile ampliamento dei fenomeni franosi. Mentre la parte a valle del

centro abitato, in località Immacolata e Capo di sotto, è classificata come area

di alta attenzione A4 [v. Tavola A5].

La classificazione sismica del territorio nazionale ha introdotto normative

tecniche specifiche per le costruzioni di edifici, ponti ed altre opere in aree

geografiche caratterizzate dal medesimo rischio sismico. La zona sismica per il

territorio di Bonea, indicata nell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei

Ministri n.3274/2003, è classificata “Zona con pericolosità sismica media (2) dove

possono verificarsi forti terremoti”.

Tabella 4.2.3a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Vulnerabilità del territorio (Pressione, anno 2015.

Superficie vincolo idrogeologico 684,40 ettari

rischio sismico Media sismicità - 2

Obiettivi individuati dalla normativa

L‟O.P.C.M. del 20 marzo 2003, n.3274, modifica la Legge 64/1974

prevedendo, sul territorio nazionale, zone di sismicità alta, media e bassa.

4.2.4 Inquinamento acustico.

Questa tematica vuole comprendere in che misura gli abitanti di un certo

territorio possono essere esposti a rumore ambientale, prodotto soprattutto

dal traffico e dalle attività industriali. Prima della redazione del PUC non vi

erano dati accoglibili. Nel periodo di redazione del PUC è in corso di

elaborazione il Piano di Zonizzazione Acustica, ai cui contenuti si rimanda per i

dati in questione. In particolare, il Piano divide il territorio comunale in classi.

In CLASSE I "Aree Particolarmente Protette" rientrano le aree per le quali la

quiete sonica rappresenta un elemento fondamentale per la loro fruizione

(ospedali; case di cura; aree scolastiche; aree destinate al riposo ed allo

svago; case di riposo; aree verdi e parchi pubblici; parchi Nazionali; parchi

Regionali; area di riserva integrale; riserve Naturali; aree di interesse storico

– archeologico).

In CLASSE II "Aree ad uso prevalentemente residenziale" rientrano le aree

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urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa

densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali e assenza

di attività industriali ed artigianali.

In CLASSE III "Aree di tipo Misto" rientrano le aree urbane interessate da

traffico veicolare locale di attraversamento, con media densità abitativa, con

presenza di attività commerciali e uffici, con limitata presenza di attività

artigianali ed assenza di attività industriali; le aree rurali caratterizzate

dall‟impiego di macchine agricole operatrici; le strade di quartiere ovvero

strade utilizzate prevalentemente per servire il tessuto urbano

(orientativamente con traffico di volume compreso tra 50 e 500 veicoli per

ora).

In CLASSE IV "Aree ad intensa attività umana" rientrano le aree urbane

interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità abitativa, con

elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività

artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione

(orientativamente con traffico di volume superiore a 500 veicoli per ora); le

aree in prossimità di linee ferroviarie; le aree portuali ed aeroportuali; le aree

con limitata presenza di piccole industrie; le aree con presenza quasi esclusiva

di attività terziarie, commerciali ma prive di presenze abitative.

In CLASSE V "Aree prevalentemente industriali" rientrano le aree destinate ad

insediamenti industriali con scarsità di abitazioni.

In CLASSE VI "Aree esclusivamente industriali" rientrano le aree destinate

esclusivamente ad insediamenti industriali prive di insediamenti abitativi ad

eccezione di quelle destinate alle famiglie dei custodi degli impianti.

Il Piano di Zonizzazione Acustica è in corso di redazione e i dati saranno

inseriti nella fase definitiva del PUC.

Tabella 4.2.4a - Fonte: Piano di Zonizzazione Acustica Bonea.

Comune di Bonea.

Classi di zonizzazione acustica (Risposta, anno 2019).

superficie comunale zonizzata 100%

numero di classi presenti sul territorio 5

Tabella 4.2.4b - Fonte: Piano di Zonizzazione Acustica Bonea.

Comune di Bonea.

Sorgenti di rumore e ricettori sensibili (Pressione, anno 2014).

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numero di ricettori sensibili non censiti

numero di sorgenti di rumore non censiti

Obiettivi fissati dalla normativa.

Il D.P.C.M. 14/11/1997 fissa, per le aree urbane in cui risulti presente anche

una significativa vocazione d‟uso residenziale, valori limite di immissione

inferiori o uguali a 65 dBA in periodo diurno e a 55 dBA in periodo notturno.

Gli stessi valori sono ritenuti un utile riferimento anche per il rumore prodotto

dalle infrastrutture stradali e ferroviarie, per le quali specifici regolamenti

d‟esecuzione fissano, nelle fasce di pertinenza, limiti differenziati per tipologia

di infrastruttura, di ricettore e sua collocazione.

Il D.Lgs. 194 del 19/08/05 in “Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa

alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale” fa riferimento alla

necessità di una mappatura acustica e di mappe acustiche strategiche,

all‟interno delle quali stimare il numero di persone che si trovano in una zona

esposta al rumore.

4.2.5 Inquinamento da campi elettromagnetici37.

Negli ultimi anni si è registrata in tutto il territorio nazionale una crescente

presenza di sorgenti di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico,

dovuto ad una sempre maggiore diffusione di nuovi strumenti tecnologici.

Per i campi elettromagnetici bisogna fare una distinzione tra:

campi elettromagnetici a bassa frequenza (ELF – Extremely Low

Frequency);

campi elettromagnetici a radio frequenza e microonde (RF – Radio

Frequency).

I campi ELF derivano da linee elettriche e cabine di trasformazione; i campi RF

sono relativi agli impianti radiotelevisivi ed alle stazioni radio base per la

telefonia mobile.

Ebbene, l‟ARPAC, incaricata del controllo del rispetto dei limiti di legge delle

sorgenti di radiazioni elettromagnetiche, svolge un‟attività di controllo

37 Fonte dei dati: ARPAC, Agenti fisici - il monitoraggio in Campania 2003-2007.

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attraverso rilevazioni compiute in seguito a segnalazioni, richieste e denunce

di enti pubblici e di privati, in quanto non esiste attualmente una rete di

monitoraggio dei campi elettromagnetici in Campania.

Nel 2008 la Regione Campania ha pubblicato il volume "Agenti fisici, il

monitoraggio in Campania 2003-2007", che riporta le misurazioni in

questione.

In particolare, nel periodo 2003-2007 sono stati effettuate 16 misure per i

campi ELF in Provincia di Benevento (176 in Campania), ma nessuna di esse

ha riguardato siti localizzati all'interno del territorio comunale in oggetto.

Relativamente alle misure RF, il volume succitato riporta un'indagine svolta in

via Perrelle, dove sono stati rilevati i seguenti valori (compatibili con i limiti

fissati dalla normativa):

tipologia di impianto: SRB;

data di misura: settembre 2005;

valore massimo del campo elettrico misurato: 0,90 V/m;

valore limite previsto dalla tabella 1 allegato B DPCM 08.07.2003: 6 V/m

località: via Perrelle; 1,20 Via Variano;

Obiettivi fissati dalla normativa.

Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 fissa i limiti di esposizione, dei valori di attenzione e

degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a

campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese

tra 100 kHz e 300 GHz. Il D.Lgs. 259/2003 indica le modalità e le tempistiche

per la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazione, con particolare

riferimento alle stazioni radio base per la telefonia mobile e la rete di

televisione digitale terrestre.

Il D.M. 381/1998 prevede che, nel caso si verifichino superamenti per impianti

RF, debbano essere attuate azioni di risanamento a carico dei titolari degli

impianti.

Tabella 4.2.5a - Fonte: ARPAC.

Comune di Bonea.

Inquinamento da sorgenti di radiofrequenze (Pressione, anno 2008).

numero di misure per i campi RF 2

numero di superamenti dei limiti normativi per i campi ELF 0

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4.2.6 Zone edificate.

La presente tematica, alla stregua di quanto già riferito in precedenza [cfr. §

4.1.5], si risolve attraverso il confronto tra il tessuto urbano preesistente e

quello di progetto, che sarà disponibile con l‟adozione del Piano definitivo.

Tabella 4.2.6a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Caratterizzazione aree abitate (Pressione, anno 2019).

Tessuto urbano storico consolidato

fonte: IGM 1870, PRG 1996, PTCP 2012

8,90 ettari

Nuclei di insediamenti storici extraurbani

fonte: IGM 1870, PRG 1996, PTCP 2012

7,50 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1956 e il 1998

fonte: C.T.R. 1998

2,00 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1998 e il 2019

fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano 19,40 ettari

Tessuto urbano consolidato tra il 1998 e il 2019 lungo la viabilità

principale - fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano 36,40 ettari

Nuclei di insediamenti produttivi

fonte: C.T.R. 2004, Ufficio di Piano 32,30 ettari

4.3 Sviluppo sostenibile.

Le informazioni relative allo sviluppo sostenibile all‟interno del territorio

comunale fanno riferimento ad alcune delle tematiche elencate nella delibera

di G.R. n.834/2007.

4.3.1 Prodotti sostenibili.

Un indicatore significativo relativamente alla sostenibilità dei prodotti è

costituito dal numero di licenze Ecolabel, che rappresenta il “consumo

rispettoso dell'ambiente” da parte delle aziende. Infatti, i prodotti etichettati

con il marchio Ecolabel hanno un ridotto impatto ambientale durante tutto il

loro ciclo di vita, essendo i criteri di riferimento basati sullo studio Life Cycle

Assessment (LCA), con riferimento sia alle caratteristiche prestazionali che a

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quelle ambientali. Il marchio Ecolabel promuove i prodotti che: riducono gli

impatti ambientali; riducono l‟utilizzo di materie prime ed energia; hanno una

maggiore durata di vita; riducono le emissioni ed i rifiuti; riducono l‟utilizzo di

sostanze tossiche e/o nocive; garantiscono un'informazione attendibile e

trasparente.

Il sito http://www.isprambiente.gov.it riporta l‟aggiornamento al dicembre

2018 del numero dei prodotti e licenze ecolabel in Italia. Le statistiche

mostrano un trend positivo di crescita nel tempo sia del numero totale di

licenze Ecolabel UE rilasciate, sia del numero di prodotti e servizi etichettati.

Le flessioni dei numeri di licenze e prodotti avute negli anni 2009-2010 e tra il

2016 – 2018 sono da imputarsi all‟entrata in vigore di nuovi criteri Ecolabel

UE (revisionati) per diversi gruppi di prodotti ai quali le aziende già

licenziatarie hanno dovuto conformarsi. Il gruppo di prodotti con il maggior

numero di licenze Ecolabel UE in Italia rimane il “servizio di ricettività

turistica” con 203 licenze seguito da quello relativo al “tessuto carta” con 38

licenze ed il “servizio di campeggio” (23 licenze). La ripartizione geografica

delle licenze Ecolabel UE rilasciate dall‟Organismo Competente italiano mostra

inoltre una netta prevalenza di licenze rilasciate al Nord (68,5%), seguono poi

il Centro Italia con il 23,5% e infine Sud e Isole con il 7,4%. delle licenze

totali. Le regioni italiane con il maggior numero di licenze Ecolabel UE totali

(prodotti e servizi) sono la Toscana (31 licenze) e il Veneto (22 licenze). In

Campania solo 3 licenze.

Non risultano prodotti o servizi registrati Ecolabel per aziende del Comune di

Bonea.

Un‟alternativa alla certificazione Ecolabel può essere la “certificazione

volontaria”, che sta trovando negli ultimi tempi un maggiore consenso ed una

ragionevole “sostenibilità” economica da parte delle aziende presenti su

territori particolarmente svantaggiati.

Rispetto alla tematica della certificazione ambientale, il numero di

registrazioni EMAS rappresenta un altro buon indicatore per valutare il livello

di attenzione rivolto alle problematiche ambientali da parte delle

organizzazioni/imprese. Le motivazioni alla base della scelta delle

organizzazioni/imprese di registrarsi EMAS sono di varia natura e possono

essere classificate sulla base dei benefici che questo comporta, tra i quali: la

prevenzione e la riduzione degli impatti ambientali; la riduzione del rischio di

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incidente; la riduzione dei consumi di materie prime e di energia; la riduzione

delle emissioni e dei rifiuti. Nel 2019 in Campania vi sono n.57 registrazioni

(Eco-Management and Audit Scheme, Emas), di cui n.1 attività produttiva nel

territorio di Bonea.

Un altro indicatore significativo è costituito dal numero di certificati UNI-EN-

ISO 14001 in quanto indica la sensibilità verso l‟ambiente delle imprese e

delle organizzazioni che intendono gestire e diminuire i fattori di pressione

derivanti dalle proprie attività. Il processo di certificazione passa attraverso il

controllo indipendente di un ente accreditato che quindi assicura la terzietà

del giudizio espresso. Le informazioni fornite dall'indicatore sono, dunque, da

intendersi in un‟ottica di risposta alle problematiche di pressione ed impatto

generate dall‟inquinamento legato ad attività produttive. Al 2010 risultano

10.598 siti produttivi certificati, di cui 1.188 UNI-EN-ISO 14.001.

Tabella 4.3.1a - Fonte: ISPRA.

Comune di Bonea.

Prodotti certificati (Risposta, anno 2018).

numero di licenze rilasciate per il marchio Ecolabel 0

numero di certificazioni volontarie 0

numero di registrazioni EMAS 1

numero di certificati UNI-ES-ISO 14001 Non rilevato

Obiettivi fissati dalla normativa.

La normativa di riferimento per il marchio Ecolabel è il Regolamento CE

1980/2000, che non pone obiettivi quantitativi, trattandosi di uno strumento

volontario delle politiche ambientali europee.

La normativa di riferimento per le registrazioni EMAS è il Regolamento CE

761/01 che però non pone target prefissati in quanto si tratta di uno

strumento volontario.

Anche la certificazione UNI-EN-ISO 14001 è uno strumento volontario e,

quindi, non prevede alcun obiettivo prefissato.

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4.3.2 Protezione, conservazione e recupero dei valori storici, culturali ed architettonici.

Questa tematica viene affrontata attraverso il censimento dei beni protetti a

norma del Codice dei BB.CC. e di altri vincoli di tutela. I beni archeologici

vincolati sono elencati nei paragrafi precedenti [v. § 1.7.2]; i beni vincolati ai

sensi del Codice bb.cc. sono indicati, inoltre, nella tavola A6.1. La tavola A4.1

evidenzia infine gli elementi di pregio paesaggistico, tra cui quelli di interesse

storico-architettonico.

Tabella 4.3.2a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Bonea.

Protezione e conservazione dei Beni Culturali.

(Determinante, anno 2019).

numero di Beni immobili e archeologici vincolati dal Codice BB.CC. 4

numero di segnalazioni di rinvenimenti archeologici non localizzati esattamente

3

numero di interventi di recupero urbano 0

4.3.3 Tutela e sviluppo del paesaggio (anche agricolo) e delle attività turistiche e produttive connesse.

I dati relativi al paesaggio agricolo sono riportati nei capitoli precedenti [v. §

1.4.1 e 4.1.13].

Relativamente alle attività connesse, dal VI censimento (anno 2010) risulta

che nel Comune di Bonea vi sono 242 unità agricole; con la SAT pari a 299

ettari,10 ettari e la SAU pari a 251,30 ettari.

Sono inoltre censite n.70 unità seminative (65,40 ettari), n.105 unità vite

(49,20 ettari), n.196 unità legnose (127,70 ettari), n.72 orti familiari (7,30

ettari), n.1 pascolo (1,7 ettari), n.2 unità arboricoltura da legno (0,50 ettari),

n.47 unità boschi (25,60 ettari), n.129 unità non utilizzate (21,80 ettari).

Vi sono inoltre n.9 unità agricole con 202 capi di allevamento, di cui n.3 con

n.742 capi di ovini/caprini e n.2 con n.55 capi avicoli.

Dal sito www.sanniodop.it risulta che a Bonea vi sono n.86 aziende per una

superficie di 47,30 ettari. Si produce l‟ “Aglianico del Taburno D.O.C.G. DOP”

(Zona di produzione delle uve: intero territorio amministrativo dei comuni di

Apollosa, Bonea, Campoli del Monte Taburno, Castelpoto, Foglianise,

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Montesarchio, Paupisi, Torrecuso e Ponte ed in parte il territorio dei comuni di

Benevento, Cautano, Vitulano e Tocco Caudio, tutti in provincia di Benevento)

e la “Falanghina del Sannio D.O.C. DOP” (Zona di produzione uve: intero

territorio amministrativo della provincia di Benevento - Sottozone: «Guardia

Sanframondi o Guardiolo», «Sant‟Agata dei Goti», «Solopaca», «Taburno»).

Le attività agrituristiche sono due e sono ubicate alla via Fizzo e alla via

Nocelle.

Tabella 4.3.3a- Fonte: elaborazione su dati Carta uso agricolo del suolo del PUC.

Comune di Bonea.

Uso del suolo (Pressione, anno 2006).

superficie agricola totale - SAT 299,00 ha

superficie agricola utilizzata - SAU 251,30 ha

superficie n.70 unità seminative 65,40 ha

superficie n.86 unità vite 47,30 ha

superficie n.196 unità legnose 127,70 ha

superficie n.72 unità orti familiari 7,30 ha

superficie n.1 unità pascolo 1,70 ha

superficie n.2 unità arboricoltura da legno 0,50 ha

superficie n.47 unità boschi 25,60 ha

superficie n.129 unità non utilizzate 21,80 ha

Tabella 4.3.3b- Fonte: Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Attività produttive e servizi connessi al sistema paesistico locale

(Risposta anno 2019).

attività agrituristiche connesse al sistema paesistico locale 2

attività alberghiere connesse al sistema paesistico locale 2

attività artigianali e servizi connesse al sistema paesistico locale (ex Hotel Taburno non funzionante)

0

4.3.4 Risorse energetiche.

La questione energetica viene affrontata in riferimento alle risorse

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energetiche, in quanto non vi sono dati relativi ai consumi38

comunali. In

termini di risorse energetiche, emerge una crescente attenzione verso le fonti

energetiche alternative, sia a livello provinciale (idroelettrico, fotovoltaico e

eolico) che locale (fotovoltaico). In termini di consumi energetici, a livello

provinciale, emerge la predominanza dei prodotti petroliferi, con il settore dei

trasporti che risulta essere il più energivoro. Nella provincia di Benevento la

produzione di energia elettrica da fonti energetiche primarie (petrolio, gas

naturale e legna) è limitata alla sola legna, peraltro in quantità molto

modeste, poiché non risultano presenti sul territorio provinciale attività

estrattive di petrolio e metano. Per la produzione da fonti energetiche

secondarie (derivati del petrolio) non si riscontrano nel territorio provinciale

attività di trasformazione energetica, in quanto non sono presenti raffinerie e

neppure centrali termoelettriche. Relativamente all‟attività di autoproduzione

di energia elettrica si contano 49 gruppi elettrogeni, mentre non è presente

alcun impianto di cogenerazione.

Per quanto concerne, invece, gli impianti di produzione di energia elettrica

alimentati da fonti energetiche rinnovabili si individuano quattro tipologie:

impianti eolici, impianti idro, impianti fotovoltaici e solare termico.

In particolare, nella provincia risultano istallati molti aerogeneratori localizzati

per lo più nell‟area del Fortore dove la velocità media del vento a 25 metri dal

suolo è uguale o superiore a 5,5 m/s. Relativamente agli impianti idro si

riscontra una produzione di energia elettrica molto limitata (0,7 GWh, pari a

60 tep, rispetto a 1.847,9 GWH della regione Campania) in quanto prodotta

da un solo impianto, che rientra nella categoria del mini-idraulico, composto

da due turbine di potenza complessiva pari a circa 400 kW. L‟impianto è

localizzato nel comune di Telese Terme.

Si registra anche la presenza di impianti fotovoltaici da poco entrati in

esercizio e per i quali non si hanno dati a disposizione.

Il comune di Bonea ha in corso di realizzazione il progetto di sostituzione di

corpi illuminanti di vecchia generazione con altri di nuova lungo diverse strade

cittadine: 77 corpi illuminanti a basso consumo nonché nuovi dieci pali, lungo

le tratte delle vie Ianielli, San Biagio, Termine, Fratta, San Pietro e piazza

Carre.

38 Per conoscere i dati provinciali sui consumi energetici si consulti il Rapporto Preliminare Ambientale del PTCP

di Benevento e il Piano energetico ambientale, 2005.

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Tabella 4.3.4a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune Bonea.

Produzione di energia elettrica da fonti energetiche primarie (Determinante, risposta, anno 2019).

produzione di energia elettrica da petrolio in un anno non presente

produzione di energia elettrica da gas naturale in un anno non presente

produzione di energia elettrica da legna in un anno non rilevata

Tabella 4.3.4b - Fonte: Legambiente.

Comune di Bonea.

Produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili (Determinante, anno 2019).

produzione di energia elettrica da impianti eolici in un anno non presente

produzione di energia elettrica da impianti idro in un anno non rilevati

produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici in un anno non rilevati

Obiettivi fissati dalla normativa.

Il D.Lgs. 79/1999 prevedeva l‟obbligo, per importatori e produttori di energia

elettrica da fonti convenzionali che abbiano importato o prodotto almeno 100

GWh, di immettere in rete l‟anno seguente, una quota di energia rinnovabile

pari al 2% dell‟energia importata o prodotta da fonti convenzionali. Il D.Lgs.

387/2003, che recepisce la Direttiva 2001/77/CE, stabiliva un aumento

annuale di tale quota minima pari a 0,35% per il triennio 2005-2007. In

particolare, La Direttiva 2001/77/CE fissa per l‟Italia l‟obiettivo, al 2010, del

25% di elettricità prodotta da fonti rinnovabili rispetto al consumo totale di

elettricità. La Direttiva 2004/8/CE promuove la cogenerazione basata su una

domanda di calore utile nel mercato interno dell‟energia e fissa per l‟Unione

Europea l‟obiettivo indicativo di un raddoppio del contributo della

cogenerazione alla produzione complessiva di energia elettrica, dal 9% del

1994 al 18% nel 2010. La normativa è in continua evoluzione.

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4.3.5 Area adibita ad agricoltura di prodotti di pregio e/o biologici39.

La tematica fa esplicito riferimento a due categorie particolari e significative

della produzione agricola: i prodotti di pregio e quelli biologici.

Per quanto concerne i prodotti di pregio si deve, innanzitutto, evidenziare la

produzione, in provincia di Benevento, di vini DOC (n.6 vini a Denominazione

di Origine Controllata) e IGT (n.2 vini a Indicazione Geografica Tipica).

E' noto che nella provincia di Benevento si produce quasi il 40% del totale

regionale di vino ed un certo calo produttivo degli ultimi anni non ha

interessato il settore dei vini di pregio; anzi la provincia conta il maggior

numero di vini DOC in Campania. Per la tutela e valorizzazione della

produzione vinicola DOC e IGT la Camera di Commercio, in collaborazione con

le organizzazioni agricole e con gli organismi economici dei produttori, ha

svolto un ruolo di sostegno nella costituzione di un Consorzio volontario di

tutela denominato "Samnium Consorzio Tutela Vini".

Per quanto riguarda l‟olivicoltura, essa ha registrato nel Sannio una buona

espansione, spesso a scapito della coltivazione della vite, in quanto si presta

ad essere coltivata un po‟ ovunque, anche in zone montane e su terreni

mediamente fertili e poveri di risorse idriche. La coltivazione dell‟olivo è

praticata in oltre 21.000 aziende (dato 2002) che hanno destinano a questa

coltura circa 14.000 ha di SAU, dove il 33% della coltura è specializzata e la

parte restante è promiscua, ed è soprattutto consociata con la vite.

Con Decreto Dirigenziale n.26 del 11.11.2013 del Dipartimento 52

(Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali Direzione Generale 6 -

Direzione Generale per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Oggetto

dell'Atto), la Regione Campania ha approvato l'Elenco degli operatori

dell'agricoltura biologica di Benevento 2013".

I criteri di classificazione delle aziende di produzione (biologica, in

conversione o mista) sono stati stabiliti dal MiPAAF dalla Direzione Generale

dello Sviluppo Agroalimentare e della Qualità e trasmessi alla regioni e PA con

nota n. 0005470 del 18-03-2011. Essi sono:

1) Azienda Biologica: Azienda (art 2 lett, c Reg CE 889/08) in cui le unità di

39 Fonte dei dati: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Benevento, Quadro conoscitivo

interpretativo. Regione Campania, Dipartimento della Salute e delle Risorse Naturali Direzione Generale 6,

2013.

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produzione (art 2 lett f Reg CE 889/08) sono gestite in conformità alle

disposizioni UE e nazionali sul biologico e hanno terminato il periodo di

conversione (art 2 lett, h Reg CE 834/07);

2) Azienda in conversione: Azienda (art 2 lett, c Reg CE 889/08) in cui le

unità di produzione (art 2 lett f Reg CE 889/08) sono gestite in conformità alle

disposizioni UE e nazionali sul biologico e non hanno terminato, in parte o in

toto, il periodo di conversione (art2 lett, h Reg CE 834/07);

3) Azienda Mista : Azienda (art 2 lett, c Reg CE 889/08) in cui solo alcune

unità di produzione (art 2 lett f Reg CE 889/08) sono gestite in conformità alle

disposizioni UE e nazionali sul biologico .

La tematica in questione è comunque in corso di rilevamento.

Tabella 4.3.5a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune Bonea.

Aziende che praticano produzioni biologiche e di pregio

(Risposta, anno 2019)

numero di aziende biologiche non rilevato

superficie coltivazioni oliveti, vigneti e frutteti 47,30 ha

4.4 Acqua.

In questa sezione vengono analizzati i seguenti indicatori: consumi idrici;

qualità delle acque superficiali; collettamento delle acque reflue; qualità delle

acque sotterranee.

4.4.1 Consumi idrici40.

La tematica si riferisce, in primo luogo, ai consumi idrici annui da parte della

popolazione residente attraverso la quantità di acqua immessa nella rete di

distribuzione. Inoltre, il consumo idrico pro capite consente anche di valutare

le abitudini della popolazione in rapporto alla risorsa idrica.

Si tenga conto che Bonea è alimentata dall‟Acquedotto Alto Calore e gestita

dal Consorzio Interprovinciale Alto Calore.

40 Fonte dei dati: Regione Campania-Ambito Territoriale Ottimale n.1 “Calore Irpino”, Piano d‟Ambito, 2003.

Regione Campania, Piano di tutela delle acque, 2006.

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La lunghezza e la qualità della rete di distribuzione nel territorio di

Bonea sono in corso di rilevamento.

Tabella 4.4.1a - Fonte: ATO Calore Irpino, Piano d‟Ambito.

Comune di Bonea.

Consumi idrici (Pressione, anno 2003).

volume di acqua immessa nella rete di distribuzione in un anno non rilevato

numero di abitanti serviti dalla rete idrica non rilevato

percentuale degli abitanti serviti dalla rete idrica sul totale dei residenti

non rilevato

volume di acqua consumata pro capite in un anno non rilevato

qmed residenti+industriale non rilevato

4.4.2 Qualità delle acque superficiali41.

Per la valutazione della qualità delle acque superficiali ci si riferisce alla

suddivisione in classi chimiche secondo le disposizioni del D.Lgs. 152/1999. In

particolare, il livello di qualità dell‟acqua nel fiume Isclero è stato analizzando

utilizzando i seguenti due indicatori e l‟indice previsti dal D.Lgs. 152/1999:

Indicatore di qualità fisico-chimica e microbiologica valutate mediante sette

parametri macrodescrittori: O2 (ossigeno disciolto), BOD5 (domanda

biochimica di ossigeno), COD (domanda chimica di ossigeno), N-NH4+

(azoto ammoniacale), N-NO3- (azoto nitrico), P Totale (fosforo totale) e

Coliformi fecali. Il c.d. Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM) si

ottiene sommando i punteggi ottenuti dai sette precedenti parametri

chimici e microbiologici e considerando il 75° percentile della serie delle

misure. Il risultato viene, quindi, fatto rientrare in una scala con livelli di

qualità decrescente da 1 a 5, dove:

Livello 1 = ottimo;

Livello 2 = buono;

Livello 3 = sufficiente;

Livello 4 = scarso;

Livello 5 = pessimo.

41 Fonte dei dati: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di Benevento. ARPAC, Annuario dati

ambientali Campania 2006. APAT, Annuario dei dati ambientali 2005-2006. Regione Campania-ARPAC, Acqua: il

monitoraggio in Campania 2002-2006.

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Indicatore di qualità biologica (in realtà è esso stesso già un indice)

analizzato mediante la qualità biotica, usando i valori rilevati dalla

mappatura dei corsi d‟acqua e condotto con il metodo IBE (Indice Biotico

Esteso); esso utilizza lo stato delle popolazioni dei macroinvertebrati

bentonici come indicatore indiretto del livello d‟inquinamento. In

particolare, l‟indice IBE classifica la qualità di un corso d‟acqua su di una

scala che va da 12 (qualità ottimale) a 0 (massimo degrado). Per comodità,

i punteggi espressi su questa scala vengono raggruppati in una scala con

livelli di qualità decrescente da 1 a 5, dove:

Classe 1 = ambiente non inquinato o comunque non alterato in modo

sensibile;

Classe 2 = ambiente con modesti sintomi di inquinamento o di

alterazione;

Classe 3 = ambiente molto inquinato o comunque alterato;

Classe 4 = ambiente molto inquinato o comunque molto alterato;

Classe 5 = ambiente fortemente inquinato e fortemente alterato.

Indice sintetico dello stato ecologico, espressione della qualità, della

struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle

acque superficiali, ottenuto dalla sovrapposizione dei due indicatori

precedenti ed individuato dal peggiore. In sostanza, per definire il c.d.

Stato Ecologico dei Corsi d‟Acqua (SECA) si confronta il risultato del LIM

con quello dell‟IBE ed il valore peggiore determina la classe di

appartenenza (da 1 a 5), dove:

Classe 1 = ottimo;

Classe 2 = buono;

Classe 3 = sufficiente;

Classe 4 = scarso;

Classe 5 = pessimo.

Indice sintetico dello stato ambientale, che si ottiene incrociando i valori

conseguiti per il SECA con i dati relativi alla presenza di microinquinanti

(sia organici che metalli pesanti), considerando il peggiore dei due risultati

per l‟attribuzione della classe di qualità, secondo i seguenti giudizi:

Elevato;

Buono;

Sufficiente;

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Scadente;

Pessimo.

Si riportano di seguito i valori del LIM, dell‟IBE, SECA e del SACA (riferiti alle

rilevazioni più recenti, cioè all‟anno 2006) per il torrente Tesa. Le tabelle dei

dati del LIM e dell‟IBE contengono anche un grafico che ne evidenzia il trend

negli anni 2001-2006.

Tabella 4.4.2a - Fonte: PTCP di Benevento.

Livello di inquinamento da macrodescrittori (LIM)

(Stato, anno 2006)

Torrente Tesa (stazione di rilevamento Te)

Livello di qualità del LIM in località Bonea (Te) 5

Tabella 4.4.2b - Fonte: PTCP di Benevento.

Indice Biotico Esteso (IBE)

(Stato, anno 2006)

Torrente Tesa (stazione di rilevamento Te)

Livello di qualità del LIM in località Bonea (Te) 5

Tabella 4.4.2c - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA)

(Stato, anno 2006)

Torrente Tesa (stazione di rilevamento Te)

Classe del SECA in località Bonea (Te) 5

Tabella 4.4.2a - Fonte: PTCP di Benevento.

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Tabella 4.4.2d - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA)

(Stato, anno 2006)

Torrente Tesa (stazione di rilevamento Te)

SACA in località Bonea (Te) Pessimo

Obiettivi fissati dalla normativa.

Per quanto concerne il LIM, l‟IBE ed il SECA, il D.Lgs. 152/1999 fissava che

entro il 2016 ogni corso d‟acqua superficiale, e tratto di esso, avrebbe dovuto

raggiungere per ciascun indicatore/indice almeno il livello/classe di qualità 2;

entro il 2008 almeno il livello/classe 3. Di conseguenza ne derivavano i giudizi

del SACA.

Tale Decreto è stato abrogato dapprima dal D.Lgs. 152/2006 e

successivamente dal D.Lgs. 4/2008. Il perdurante impiego del calcolo di LIM,

IBE, SECA e SACA secondo la vecchia procedura (così come sta facendo

l‟APAT e l‟ARPAC) è conseguenza di difficoltà interpretative ed operative della

nuova normativa.

4.4.3 Collettamento delle acque reflue.

La tematica si riferisce al sistema di raccolta dei reflui, considerando

soprattutto la percentuale di abitanti serviti dalla rete fognaria che, nella

provincia di Benevento è pari al 73% della popolazione complessiva.

A questo proposito bisogna considerare che la presenza o meno della rete

fognaria, ed il suo grado di copertura espresso in percentuale, indicano il

grado di conformità del sistema ai requisiti di legge. È ritenuto conforme,

l‟agglomerato provvisto di rete fognaria e con grado di copertura uguale o

superiore al 90%; parzialmente conforme, l‟agglomerato provvisto di rete

fognaria, ma con grado di copertura inferiore al 90%; conforme con riserva,

l‟agglomerato in cui è presente la rete fognaria, ma con grado di copertura

non definito; non conforme, l‟agglomerato non provvisto di rete fognaria.

Inoltre, si prende in esame il numero di comuni dotati di depuratori in

esercizio, che costituiscono il 67,7% dei comuni della provincia.

Il dato relativo alla percentuale di abitanti serviti da depuratori sul totale dei

residenti (pari al 22,0%) evidenzia uno scenario maggiormente negativo. Nel

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caso specifico, i dati relativi al comune di Bonea sono in corso di rilevamento.

Tabella 4.4.3a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Popolazione servita dalla rete fognaria (Risposta, anno 2019).

lunghezza della rete fognaria non rilevato

numero di abitanti serviti dalla rete fognaria non rilevato

percentuale degli abitanti serviti dalla rete fognaria sul totale dei

residenti non rilevato

numero di utenze servite da depuratori non rilevato

percentuale degli abitanti serviti da depuratori sul totale dei residenti non rilevato

Obiettivi fissati dalla normativa.

IL D.Lgs. 152/99 e s.m.i., che definisce la disciplina generale per la tutela

delle acque, fissa gli obiettivi principali da conseguire attraverso

l‟adeguamento dei sistemi di fognatura e depurazione degli scarichi idrici

nell‟ambito del servizio idrico integrato, come previsto dalla Legge 5 gennaio

1994, n.36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”.

4.4.4 Qualità delle acque sotterranee.

Così come per le acque superficiali, anche per la valutazione della qualità delle

acque sotterranee ci si riferisce ad una suddivisione in classi chimiche secondo

le disposizioni del D.Lgs. 152/1999. Più precisamente, si determina uno Stato

Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS) che costituisce un indice sintetico per

la classificazione della qualità delle acque delle sorgenti e dei pozzi. Le acque

sotterranee sono classificate mediante il sistema parametrico a classi di

qualità con valori di soglia descritto nell‟Allegato 1 del Decreto stesso. Il

metodo porta alla determinazione dello “stato chimico” che viene

successivamente combinato lo “stato quantitativo”, per definire univocamente

lo “stato ambientale” delle acque sotterranee. In particolare, le classi previste

per lo stato chimico vanno da 1 a 4 (con caratteristiche idrochimiche variabili

da “pregiate” a “scadenti”) mentre, per lo stato quantitativo, le classi vanno

da A a C (cioè da impatto antropico “nullo” a impatto “significativo”). Inoltre,

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per le acque che naturalmente hanno caratteristiche idrochimiche non

favorevoli agli usi umani è prevista la classe 0 mentre per gli acquiferi poco

rilevanti quantitativamente la classe D (classi particolari).

In particolare, lo stato ambientale complessivo è il risultato dell‟analisi

congiunta dello stato chimico e dello stato quantitativo. Per definire lo stato

ambientale si confronta il risultato dello stato chimico con quello quantitativo

e la classe peggiore ne definisce la classe di appartenenza. In questo modo, si

ottiene un indice sintetico espresso in una scala con classi di qualità

decrescente da 0 a 4, dove:

Classe 0 = particolare;

Classe 1 = elevata;

Classe 2 = buona;

Classe 3 = sufficiente;

Classe 4 = scadente.

Per l’area in questione si riportano i seguenti disponibili dati.

Tabella 4.4.4a - Fonte: PTCP di Benevento.

Parametrici idrologici e meteoclimatici

(Stato, anni 2002-2006)

Monte Taburno

Afflusso annuo 38,5,8 106 m3/a

Deflusso annuo 8,7 106 m3/a

Temperatura media annua 11,7 °C

Piovosità media annua 1.143 mm

Tabella 4.4.4b - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato ambientale complessivo delle acque sotterranee

(Stato, anni 2002-2006)

Monte Taburno

Classe dello stato chimico 2

Classe dello stato quantitativo 1

Classe dello stato ambientale 2

Tabella 4.4.4c - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato Ecologico Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS)

(Stato, anno 2006)

Monte Taburno (Stazione di rilevamento Tab3a)

Classe SCAS in località Airola (Pozzo Tab3a) 2

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Parametrici idrologici e meteoclimatici

(Stato, anni 2002-2006)

Piana dell’Isclero

Afflusso annuo 25,5 106 m3/a

Deflusso annuo non disponibile

Temperatura media annua 15,9 °C

Piovosità media annua 1.188 mm

Tabella 4.4.4d - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato ambientale complessivo delle acque sotterranee

(Stato, anni 2002-2006)

Piana dell’Isclero

Classe dello stato chimico 0

Classe dello stato quantitativo 2

Classe dello stato ambientale 0

Tabella 4.4.4e - Fonte: PTCP di Benevento.

Stato Ecologico Chimico delle Acque Sotterranee (SCAS)

(Stato, anno 2006)

Piana dell’Isclero (Stazione di rilevamento Isc5)

Classe SCAS in località Airola (Pozzo Ben Isc5) 0

Obiettivi fissati dalla normativa.

Il D.Lgs. 152/1999 fissava, sia per lo stato chimico che per quello quantitativo

delle acque sotterranee, che entro il 2016 si sarebbe dovuto raggiungere

almeno la classe di qualità 2; entro il 2008 almeno la classe 3.

Tale Decreto è stato abrogato dapprima dal D.Lgs. 152/2006 e

successivamente dal D.Lgs. 4/2008. Il perdurante impiego dell‟indice SCAS

secondo la vecchia procedura (così come sta facendo l‟APAT e l‟ARPAC) è

conseguenza di difficoltà interpretative ed operative della nuova normativa.

4.5 Mobilità.

In questa sezione vengono analizzati gli indicatori analizzati nei paragrafi che

seguono.

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4.5.1 Mobilità locale e trasporto passeggeri.

La mobilità locale mette in evidenza gli spostamenti giornalieri effettuati

all‟interno e verso l‟esterno del territorio di riferimento, mentre il trasporto

passeggeri si riferisce al trasporto pubblico comunale, provinciale ed

interprovinciale.

Nel comune di Bonea si registra in media che giornalmente il 48,6% delle

persone che si spostano, lo fanno per motivi di studio o lavoro. Relativamente

al trasporto pubblico, può essere effettuata una distinzione tra trasporto

pubblico comunale, provinciale ed interprovinciale, a seconda dei luoghi di

origine e destinazione. Il trasporto comunale ha origini e destinazioni

all‟interno di uno stesso comune; il trasporto provinciale ha origini e

destinazioni in due comuni diversi della provincia; il trasporto interprovinciale

ha origini e destinazioni in due comuni diversi di cui uno solo appartenente

alla provincia di Benevento.

Di seguito si riportano le tabelle esplicative della tematica in questione.

Tabella 4.5.1a - Fonte: http://ottomilacensus.istat.it.

Comune di Bonea.

Spostamenti giornalieri (Pressione, anno 2011).

mobilità giornaliera per studio o lavoro 48,6%

mobilità fuori comune per studio o lavoro 33,3%

mobilità privata (uso mezzo privato) 57,5%

mobilità pubblica (uso mezzo collettivo) 20,8%

Appare opportuno illustrare più nel dettaglio gli indicatori utilizzati in tabella:

mobilità giornaliera per studio o lavoro: rapporto percentuale tra la

popolazione residente che si sposta giornalmente dall‟alloggio di dimora

abituale per recarsi al luogo di lavoro o di studio e la popolazione residente

di età fino a 64 anni; l‟indicatore misura i flussi giornalieri di mobilità per

motivi di lavoro e di studio, ovvero gli occupati e gli studenti che

giornalmente si recano al luogo di lavoro o di studio e fanno rientro al

proprio alloggio di dimora abituale;

mobilità fuori comune per studio o lavoro: rapporto percentuale tra la

popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o di

studio fuori dal comune di dimora abituale e la popolazione residente di età

fino a 64 anni; l‟indicatore fornisce una misura dei flussi di pendolarismo

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giornalieri in uscita dal territorio comunale; gli spostamenti extracomune

comprendono i movimenti verso l‟estero;

mobilità privata (uso mezzo privato): rapporto percentuale tra la

popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o di

studio ed utilizza un mezzo privato a motore (autoveicolo o motoveicolo) e

la popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o

di studio; l‟incidenza degli occupati e degli studenti che si spostano

giornalmente con i mezzi privati misura la diffusione di forme di mobilità

basate sull‟utilizzo del mezzo privato a quattro o due ruote; il mezzo di

trasporto cui si fa riferimento è quello impiegato per compiere il tratto più

lungo, in termini di distanza, del tragitto dal proprio alloggio di dimora

abituale al luogo di studio o di lavoro;

mobilità pubblica (uso mezzo collettivo): rapporto percentuale tra la

popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o di

studio e utilizza mezzi di trasporto collettivi (treno, autobus, metropolitana)

e la popolazione residente che si sposta giornalmente per motivi di lavoro o

di studio; l‟incidenza percentuale degli occupati e degli studenti che si

spostano giornalmente con i mezzi pubblici misura la diffusione di forme di

mobilità pendolare che poggiano sul sistema del trasporto collettivo (treno,

autobus, metropolitana); il mezzo di trasporto cui si fa riferimento è quello

impiegato per compiere il tratto più lungo, in termini di distanza, del

tragitto dal proprio alloggio di dimora abituale al luogo di studio o di lavoro.

Con riferimento ai dati disponibili sul Portale della Provincia di Benevento

relativi al Programma Triennale dei Trasporti redatto dalla provincia di

Benevento risulta che la legge regionale n.3 del 28 marzo 2002, in attuazione

del D.Lg.vo n.422/97, così come modificato ed integrato dal D.L.vo n.400/99,

ha disposto il trasferimento alle province delle funzioni in materia di trasporto

pubblico locale. Questo Ente, in esecuzione di dette disposizioni legislative,

gestisce, dal 2002, il trasporto pubblico locale provinciale. Le mansioni

disciplinate dall‟art.8 della l.r. n.3/2002 riguardano essenzialmente i compiti di

amministrazione dei servizi minimi su gomma di trasporto pubblico locale di

persone, regolati da appositi contratti di servizio, di cui all‟art.46 della citata

l.r. Si evince inoltre che risulta in servizio n.1 linea provinciale storicamente

attiva sul territorio, che riguarda essenzialmente il collegamento diretto verso

Benevento e con i comuni del circondario.

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Tabella 4.5.1b - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Parcheggi (Risposta, anno 2019).

numero di parcheggi Non rilevato

4.5.2 Modalità di circolazione dei veicoli e infrastrutture.

La tematica di solito fa riferimento agli strumenti che vengono utilizzati per

regolare la circolazione dei veicoli ed, in primo luogo, al Piano Urbano del

Traffico (PUT). Si tratta di uno strumento che è stato reso obbligatorio dal

Codice della Strada per i comuni con più di 30.000 abitanti. Esso è costituito

da un insieme coordinato di interventi per il miglioramento delle condizioni

della circolazione stradale, dei pedoni, dei mezzi pubblici e dei veicoli privati,

realizzabili ed utilizzabili nel breve periodo, e nell‟ipotesi di dotazioni di

infrastrutture e mezzi di trasporto sostanzialmente invariate.

In provincia di Benevento soltanto il comune capoluogo (che è anche l‟unico a

superare i 30.000 abitanti) è dotato di Piano Urbano del Traffico. Nel comune

di Bonea, tuttavia, è possibile censire i tratti di strada provinciale e quelli

comunali, nonché i tratti di strade chiuse al traffico veicolare e le viabilità

alternative a quelle carrabili (piste equestri-trekking e ciclo-pedonali). Di

seguito i dati censiti nei paragrafi precedenti [v. § 1.9.1].

Tabella 4.5.2a – Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Modalità di circolazione dei veicoli (Stato, anno 2019).

lunghezza delle rete ferroviaria 0 km

lunghezza delle strade provinciali carrabili 6,138 km

lunghezza delle strade comunali carrabili asfaltate non rilevato

lunghezza piste equestri-trekking - piste ciclo-pedonali non rilevato

Obiettivi fissati dalla normativa.

Ai comuni con popolazione residente superiore a 30.000 abitanti è fatto

obbligo dell‟adozione del Piano Urbano del Traffico veicolare, secondo quanto

previsto dall‟art. 36 del nuovo Codice della Strada.

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A tale dettato normativo sono tenuti ad adempiere i comuni con popolazione

residente inferiore a 30.000 abitanti i quali registrino, anche in diversi periodi

dell‟anno, una particolare affluenza turistica, risultino interessati da elevati

fenomeni di pendolarismo o siano, comunque, impegnati per altre particolari

ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione della

circolazione stradale. L‟elenco dei comuni interessati viene predisposto dalla

Regione.

Il Piano Urbano del Traffico deve essere redatto in conformità alle Direttive del

Ministero dei Lavori Pubblici del 24 giugno 1995 che riguardano la sua

redazione, adozione ed attuazione.

Le infrastrutture sono regolate dal Codice della strada e dal suo Regolamento.

4.6 Aria42.

In questa sezione vengono analizzati gli indicatori analizzati nei paragrafi che

seguono.

4.6.1 Clima.

Per la descrizione dei caratteri climatici del Comune di Bonea si rimanda ai

paragrafi precedenti [v. § 1.3.4].

Per maggiori dettagli si può consultare la “Carta delle zone termometriche

omogenee” del PTCP di Benevento e la “Carta delle zone pluviometriche

omogenee” del PTCP.

Tabella 4.6.1a - Fonte: elaborazione su dati UTC Bonea.

Comune di Bonea.

Condizioni climatiche (Stato, anno 2012).

temperatura media 16,2°

precipitazioni annue 819 mm

42 Fonte dei dati: ISPRA, Annuario dei dati ambientali. ARPAC, Seconda relazione sullo stato dell‟ambiente della

Campania, 2003. ARPAC, Annuario dati ambientali Campania 2006. Regione Campania, Piano regionale di

risanamento e mantenimento della qualità dell‟aria, 2007.

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4.6.2 Rete di monitoraggio della qualità dell’aria.

La tematica intende verificare l‟adeguatezza della rete di monitoraggio,

distinguendo le centraline fisse dalle postazioni mobili. In Campania la rete di

rilevamento della qualità dell‟aria è gestita dall‟ARPAC (Agenzia Regionale per

la Protezione dell‟Ambiente della Campania) che si avvale di una rete fissa di

20 centraline, localizzate soprattutto nei capoluoghi di provincia, e da una rete

mobile. Le centraline sono in attività dal 1994 e misurano, ad intervallo di

un‟ora, la concentrazione in atmosfera degli inquinanti. Le centraline utilizzate

appartengono a quattro tipologie (A, B, C e D). Le centraline di tipo A sono

localizzate in aree verdi, lontano dalle fonti di inquinamento, e misurano tutti

gli inquinanti primari e secondari, allo scopo di fornire un valore da utilizzare

come riferimento. Le centraline di tipo B sono localizzate in aree ad elevata

densità abitativa e misurano la concentrazione dei seguenti inquinanti emessi:

SO2, NO2, polveri. Le centraline di tipo C vengono localizzate in zone ad

elevato traffico e misurano gli inquinanti emessi direttamente dal traffico

veicolare: NO2, CO, polveri. Le centraline di tipo D sono vengono localizzate in

periferia e sono finalizzate alla misura dell‟inquinamento fotochimico o

secondario: NO2, ozono.

In provincia di Benevento, ed esclusivamente nel comune capoluogo, sono

state localizzate due centraline, una tipo B e una tipo C.

Nessuna campagna di monitoraggio con mezzi mobili è stata effettuata, a

partire dal 1994, per i comuni della provincia di Benevento.

Tabella 4.6.2a - Fonte: ARPAC 2006.

Comune di Bonea.

Rete di monitoraggio della qualità dell’aria (Risposta, anno 2006).

numero di centraline fisse 0

numero di campagne effettuate con postazioni mobili 0

4.6.3 Qualità dell’aria.

Questa tematica intende evidenziare il numero delle volte che il valore limite

previsto dalla normativa vigente per ciascun inquinante atmosferico viene

superato.

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Nell‟area di studio, come visto in precedenza, non sono installate centraline e,

quindi, non vi sono dati disponibili. Bisogna pertanto rifarsi al "Piano regionale

di risanamento e mantenimento della qualità dell‟aria", che riporta i dati

relativi alle emissioni in atmosfera dei composti e delle sostanze inquinanti.

Tale piano individua tre zone nell'ambito della Regione Campania: "zone di

risanamento", zone di osservazione" e "zone di mantenimento". Bonea

rientra in "zona di mantenimento". Per completezza, giova segnalare che

dal sito www.ilmeteo.it risulta che la qualità dell‟aria a Bonea oscilla tra

“Accettabile” e “buona”

Tabella 4.6.3a - Fonte: Piano Regionale di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell‟aria.

Comune di Bonea.

Qualità dell'aria (Stato, anno 2007).

qualità dell'aria Zona di mantenimento

Obiettivi e/o soglie fissati dalla normativa.

L‟obiettivo di valutare la qualità dell‟aria per consentirne la successiva

gestione (cioè il miglioramento dove è necessario ed il mantenimento dove è

buona) è fissato dal D.Lgs. 351/1999 ed il D.M. 60/2002.

In particolare, i valori limite della concentrazione di NO2, CO e PM10 nell‟aria

ambiente sono stati stabiliti dal D.M. 60/2002, entrato in vigore nel gennaio

2005, il quale prevede quantità che progressivamente, fino al 2010, vedono

diminuire il valore limite. I limiti nazionali di emissioni da raggiungere entro il

2010, fissati dal D.Lgs. 171/2004 sono di 475 kt per gli ossidi di zolfo (SOx),

di 990 kt per gli ossidi di azoto (NOx) e di 1.159 kt per i composti organici

volatili non metanici (COVNM).

Relativamente al monossido di carbonio si fa riferimento a diverse normative

a seconda dei settori che ne generano emissioni: Direttiva/98/77/CE per

ridurre le emissioni dei veicoli a motore; Direttiva 97/68/CE per le emissioni di

inquinanti gassosi; D.M. 503 del 19/11/1997 per le emissioni da processi di

combustione; D.M. del 12/07/1990 e D.Lgs. 351/1999 per la combustione da

impianti industriali.

Il D.M. n. 60 del 02/04/2002 fissa, invece, i valori limiti per il PM10 in vigore

dall‟01/01/2005 (fase 1) e dall‟01/01/2010 (fase 2).

Per quanto concerne il settore dei trasporti, la Delibera CIPE 123/2002

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(“Revisione delle linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione

delle emissioni dei gas serra”) fissa un obiettivo settoriale di emissioni di gas

serra strettamente connesso al consumo di combustibili fossili. Il D.Lgs.

128/2005, di recepimento della Direttiva 2003/30/CE sulla promozione

dell‟uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, prevede

il raggiungimento di limiti indicativi per l‟utilizzo dei biocarburanti nel settore

dei trasporti (1% nel 2005 e 2,5% nel 2010) più bassi di quelli riportati nella

Direttiva.

Inoltre, il D.Lgs. 66/2005, che attua la Direttiva 2003/17/CE, ha introdotto

nuovi limiti al tenore di zolfo di benzina e gasolio (50 mg/kg) ed al tenore di

aromatici nelle benzine a partire dal primo gennaio 2005. A partire dal 2009

tutti i carburanti dovranno avere un tenore di zolfo inferiore ai 10 mg/kg.

4.6.4 Emissioni in atmosfera.

Il già citato "Piano regionale di risanamento e mantenimento della qualità

dell‟aria" riporta i dati relativi alle emissioni in atmosfera dei composti e delle

sostanze43. inquinanti, quali ossido di zolfo (SOx), ossido di azoto (NOx),

monossido di carbonio (COx), composti organici (COV) e polveri sospese

(PM10). Gli ossidi di zolfo, che derivano in gran parte dall'uso dei combustibili

contenenti zolfo, costituiscono uno dei principali agenti del processo di

acidificazione dell'atmosfera. Gli ossidi di azoto derivano dai processi di

43 O3- Ozono: L‟ozono è un gas con capacità irritanti per gli occhi, per le vie respiratorie e per le mucose in

genere. Elevate concentrazioni di questo inquinante nell‟aria possono favorire l‟insorgenza di disturbi sanitari o l‟acuirsi delle patologie già presenti nei soggetti più sensibili (persone affette da malattie respiratorie croniche e

asmatici).

NO2 - Biossido di Azoto: Il biossido di azoto è un forte irritante delle vie polmonari; già a moderate

concentrazioni nell‟aria provoca tosse acuta, dolori al torace, convulsioni e insufficienza circolatoria. Può inoltre

provocare danni irreversibili ai polmoni che possono manifestarsi anche molti mesi dopo l‟attacco. È emesso

soprattutto dai motori diesel ed è ritenuto cancerogeno.

SO2 - Biossido di Zolfo: Il biossido di zolfo è un forte irritante delle vie respiratorie; un‟esposizione prolungata a

concentrazioni anche minime può comportare faringiti, affaticamento e disturbi a carico dell‟apparato sensoriale

(occhi, naso, ecc.). CO - Monossido di Carbonio: Il monossido di carbonio è un gas inodore e incolore, tossico per l‟uomo. Gli effetti

dell‟esposizione a questo agente inquinante possono variare da leggera intossicazione con disturbi psico-motori,

cefalea e indebolimento generale fino ai conseguenze più gravi. E‟ emesso prevalentemente dai motori a

benzina, dagli impianti di riscaldamento domestici e dagli impianti industriali.

PM10: Il PM10 indica un insieme di polveri inquinanti altamente nocive per l‟uomo. Si tratta di particelle solide e

liquide, di diametro inferiore a 10µm, generate da fenomeni naturali, o più comunemente dai gas di scarico

delle automobili o dall‟inquinamento degli impianti industriali. Gli effetti irritativi sul tratto superiore

dell‟apparato respiratorio possono comprendere l‟infiammazione e la secchezza del naso e della gola,

aggravandosi se le particelle hanno assorbito sostanze acide (come il biossido di zolfo o gli ossidi di azoto).

PM2.5: E‟ un insieme di polveri inquinanti con diametro inferiore a 2.5µm, di natura organica o inorganica, che possono presentarsi allo stato solido o liquido. Questo tipo di particolato è in grado di penetrare profondamente

nell‟apparato respiratorio provocando disturbi acuti e cronici (asma, bronchite, enfisema, allergia) e

nell‟apparato cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti).

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combustione ad alta temperatura e le fonti principali sono da identificarsi nei

trasporti, nella produzione di elettricità e calore nelle attività industriali. Il

monossido di carbonio è un inquinante atmosferico che si forma durante i

processi di combustione quando essa risulta incompleta per mancanza di

ossigeno (le fonti sono industrie siderurguche, trasporti, raffinerie di petrolio).

I composti organici volatili, insieme agli ossidi di azoto, costituiscono i

precursori dell'ozono troposferico. Le polveri sospese sono particolarmente

dannose quando hanno un diametro inferiore a 10 m e possono avere origine

naturale (erosione dei suoli, trasporto di sabbia, ecc.) o antropica (trasporti e

edilizia).

La Regione Campania, sulla scia del Piano regionale di risanamento e

mantenimento della qualità dell‟aria, nelle more del suo aggiornamento, ha

integrato il Piano (con Delibera della Giunta Regionale n.811 del 27.12.2012)

con delle misure aggiuntive volte al contenimento dell'inquinamento

atmosferico; successivamente (con Delibera di Giunta Regionale n.683 del

23.12.2014) ha ulteriormente integrato il Piano con la nuova zonizzazione

regionale ed il nuovo progetto di rete con l'approvazione dei seguenti allegati.

Dal Piano Regionale succitato (approvato, con emendamenti, dal Consiglio

Regionale della Campania nella seduta del 27 giugno 2007) risulta che Bonea,

alla stregua di altri territori interni della Regione Campania, presenta sempre i

valori più bassi di emissioni in atmosfera. Di seguito si riportano i valori

specifici di maggiore interesse.

Tabella.4.6.4a - Fonte: Piano Regionale di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell‟aria.

Comune di Bonea.

Emissioni in atmosfera (Stato, anno 2007).

emissioni totali di ossido di zolfo 0,107 - 15.731 SOx (t)

emissioni totali di ossido di azoto 4.055 - 180.722 NOx (t)

emissioni totali di monossido di carbonio 17.172 - 571.797 COx (t)

emissioni totali di composti organici

volatili 6.109 - 262.454 COV (t)

emissioni totali di particelle sospese con

diametro inferiore a 10 m 0,448 - 22.461 PM10 (t)

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4.6.5 Contributo locale al cambiamento climatico globale.

Relativamente alla tematica del cambiamento climatico si intendono valutare

le emissioni di gas serra in atmosfera, principalmente con riferimento alle

emissioni di anidride carbonica (CO2) che costituiscono la causa principale

dell‟effetto serra e che sono connesse, per quanto concerne le attività

antropiche, all‟utilizzo dei combustibili fossili.

Ebbene, le emissioni di CO2 per la provincia di Benevento ammontano, con

riferimento al dato disponibile del 2001, a complessive 801.000 t, con un

incremento del 9% rispetto all‟anno precedente. Si ottiene una quantità di

emissioni CO2 pro capite di circa 2,8 t/ab che si discosta in maniera sensibile

dalla media nazionale che presenta un valore pro capite pari a 7,3 t/ab.

La composizione percentuale per fonti mostra che i prodotti petroliferi

(55,3%) contribuiscono in maniera maggiore alle emissioni di anidride

carbonica in atmosfera. Il contributo del gas naturale è quasi pari a quello dei

combustibili solidi tra cui si annovera il consistente utilizzo della legna per il

riscaldamento domestico.

La composizione percentuale per settori, invece, evidenzia che i trasporti

costituiscono i principali responsabili delle emissioni di anidride carbonica

(48,2%) seguiti dal settore residenziale (37,5%).

Tabella 4.6.5a - Fonte: ISPRA - PTCP.

Provincia di Benevento.

Emissioni di CO2 totali (Pressione, anno 2001).

quantità di emissioni di CO2 in un anno 801.000 t

quantità di emissioni di CO2 pro capite in un anno 2,8 t/ab

Obiettivi e/o soglie fissati dalla normativa.

Sottoscrivendo il Protocollo di Kyoto l‟Italia si è impegnata a ridurre le

emissioni nazionali complessive di anidride carbonica nel periodo 2008-2012

del 6,5% rispetto al 1990.

4.7 Rifiuti.

In questa sezione vengono analizzati i seguenti indicatori:

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Tabella 4.7a - Fonte: Osservatorio provinciale Rifiuti.

Comune di Bonea.

Certificazione della produzione annuale e della percentuale di raccolta differenziata dei r.u. (Risposta, anno 2014).

quantità rifiuti differenziati 374.700 kg

quantità compostaggio domestico -

quantità rifiuti indifferenziati 63.300 kg

produzione pro capite r.u. annua 297,151 kg

% raccolata differenziata 86%

totale di r.u. sul territorio 438.000 kg

Obiettivi fissati dalla normativa.

La normativa di riferimento è costituita dal D.Lgs. 36/2003 relativo alle

discariche di rifiuti. Il provvedimento stabilisce i requisiti operativi e tecnici

per gli impianti di discarica definendo le procedure, i criteri costruttivi e le

modalità di gestione di tali impianti al fine di ridurre l'impatto sull'ambiente

dei luoghi di raccolta dei rifiuti. Le discariche vengono classificate in tre

categorie in relazione alla tipologia di rifiuti: inerti; non pericolosi; pericolosi.

Il decreto prevede che, entro un anno dalla sua entrata in vigore, le regioni,

ad integrazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti, elaborino un

programma per la riduzione della frazione biodegradabile da collocare in

discarica, allo scopo di raggiungere specifici obiettivi di smaltimento dei rifiuti

biodegradabili a breve (173 kg/anno per abitante entro il 2008), medio (115

kg/anno per abitante entro il 2011) e lungo termine (81 kg/anno per abitante

entro il 2018).

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5. AREE INTERESSATE DAL PIANO.

Il Piano Urbanistico di Bonea riguarda l‟intero territorio comunale.

Tuttavia, nel presente capitolo sono affrontate le caratteristiche ambientali,

culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente

interessate (punto c, Allegato VI, D.Lgs. 4/2008) dal Piano.

La relazione preliminare di PUC riporta nel capitolo 8 le “Strategie di Piano e

disegno urbanistico-territoriale”. Esse si estrinsecano attraverso l'elaborato

grafico "B1 - Progetto preliminare di Piano - Documento strategico" (in scala

1/5.000), che rappresenta i capisaldi del territorio comunale dal punto di vista

insediativo-paesaggistico e ambientale. In particolare, il citato elaborato

individua, a norma del comma 1 bis dell'art.10644

del PTCP, le aree

urbanizzate trasformabili all'interno delle categorie di paesaggio indicate dallo

stesso PTCP.

Di seguito si riporta la legenda del Documento strategico di cui all'elaborato

grafico "B1":

Ambito territoriale urbanizzato non suscettibile di trasformazione da

tutelare e valorizzare (centro storico - fonte IGM 1860, PRG 1989, PTCP

2012);

Ambito territoriale urbanizzato non suscettibile di trasformazione da

tutelare e valorizzare (coincidente con la perimetrazione del centro antico

determinata dall‟analisi delle carte IGM storiche e dei piani territoriali e

urbanistici previgenti);

Ambito territoriale urbanizzato suscettibile di trasformazione limitata ai

fini della riqualificazione insediativa (coincidente con il tessuto storico

consolidato, la cui perimetrazione è stata determinata dall‟analisi delle

carte IGM storiche e dei piani territoriali e urbanistici previgenti);

Ambito territoriale urbanizzato suscettibile di trasformazione ai fini del

potenziale sviluppo insediativo (coincidente con le aree di sviluppo edilizio

del previgente PRG, all‟interno della Zona RUA del PTP vigente);

Ambito territoriale periurbano suscettibile di trasformazione ai fini del

potenziale sviluppo insediativo (coincidente con la residua Zona RUA del

44 Art. 106, c.1 bis NTA PTCP: Redazione del rapporto ambientale. “All'interno delle categorie di paesaggio indicate dal

PTCP, il PUC individuerà le parti di territorio con la categoria F, ovvero le parti urbane consolidate (centri urbani, capoluoghi, frazioni,

nuclei) da definirsi in sede di formazione del PUC, sulla base delle situazioni di fatto e di diritto”.

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PTP vigente);

Ambito territoriale produttivo suscettibile di trasformazione (coincidente

con la residua Zona VIRI del PTP vigente);

Ambito territoriale periurbano a destinazione residenziale pregressa in

fase di consolidamento da integrare nel tessuto rurale (coincidente con il

sistema di residenze extra urbane sviluppatesi lungo la viabilità di livello

provinciale e/o locale non più rientranti nel tessuto rurale);

Ambito territoriale di valenza naturalistica da tutelare e valorizzare ai fini

della realizzazione della Rete Ecologica Comunale (determinato sulla

scorta delle direttive della pianificazione sovraordinata, con particolare

riguardo al Sistema ambientale del PTCP che individua nelle “Riserve di

naturalità” e nei “Corridoi ecologici” i capisaldi della “Rete Ecologica

Provinciale”);

Ambito territoriale di valenza ambientale di interposizione tra il sistema

insediativo e la Rete Ecologica Comunale (costituente le fasce di

protezione delle aree di valenza naturalistica di cui al punto precedente);

Ambito territoriale agricolo rurale e aperto (coincidente con le residue

aree comunali ancora fortemente vocate all‟attività agricola).

Il progetto definitivo, da redigersi sulla base del presente "Preliminare -

documento strategico", individua prioritariamente il sistema delle aree

protette di livello nazionale (codice bb.cc.), regionale (PTR) e provinciale

(PTCP), ridisegnando, a norma dell'art.13 delle NTA del PTCP, i corridoi

ecologici e tracciando sostanzialmente il sistema ambientale comunale.

Individua altresì le Unità di Paesaggio (UP) comunali, con lo scopo di orientare

le scelte di destinazione d'uso del territorio. E infine definisce il quadro del

Sistema insediativo comunale e le sue prospettive di sviluppo.

Più nel dettaglio, il PUC di Bonea individua i riferimenti principali dell'intero

territorio comunale, dal punto di vista paesaggistico, secondo le linee guida

dettate dal PTCP di Benevento. Lo studio del paesaggio è quindi caratterizzato

dalla molteplicità delle tematiche che afferiscono ai processi territoriali e dalle

finalità operative che fanno riferimento agli elementi costitutivi dei contesti

territoriali e alle loro relazioni. In sostanza, vi è corrispondenza tra gli oggetti

delle analisi relative al paesaggio (componenti territoriali fisici, biologici,

antropici) e gli altri oggetti del Piano (viabilità, nuovi insediamenti, ecc.) che

producono il paesaggio stesso. Coerentemente con i principi del PTCP, il

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concetto di paesaggio che si assume è quindi: "Paesaggio come prodotto (non

solo visivo) delle relazioni tra elementi anche eterogenei che si realizzano in un

dato contesto territoriale; elementi rappresentati dalle diverse componenti

costitutive della struttura territoriale: fisico-naturalistiche, insediative, sociali".

Tale interpretazione è coerente con la definizione di paesaggio contenuta nella

Convenzione europea del paesaggio, sottoscritta nell'ottobre 2000 a Firenze

dagli stati membri del Consiglio d'Europa: "Il Paesaggio designa una

determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui

carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro

interrelazioni".

Nel corso della progettazione del PUC, le Unità di Paesaggio di grande scala

del PTCP sono ulteriormente frazionate, secondo la scala di riferimento delle

analisi territoriale del PUC, e offrono un decisivo contributo per la definizione

delle vocazioni a livello comunale del territorio.

Lo studio del paesaggio del PUC di Bonea (e di conseguenza le scelte

strategiche di Piano) è condotto strutturando l'analisi del territorio secondo i

seguenti sistemi complessi:

Sistema ambientale-naturalistico: Rete Ecologica Comunale;

Sistema agro-forestale del territorio rurale e aperto;

Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche;

Sistema del governo del rischio idrogeologico e sismico;

Sistema insediativo;

Sistema del turismo, dei servizi e delle attività produttive;

Sistema delle infrastrutture.

Considerate le unità di paesaggio del PTCP e incrociando i dati con le indagini

sui sette sistemi complessi sopra elencati e con le ulteriori "risorse

paesaggistiche" [v. tavola A4.1], si opera un ulteriore approfondimento,

secondo la scala di riferimento delle analisi di studio, definendo il “Documento

strategico”, da cui si generano le unità di paesaggio comunali (o “Ambiti

territoriali”), quali contributo per la definizione delle vocazioni territoriali a

livello locale. Contribuiscono alla definizione del paesaggio comunale le aree

sottoposte a vincoli di diversa natura (paesaggistici, idrogeologici, ecc.) e

quelle oggetto di pianificazione sovraordinata [v. tavole A6.1, A6.2 e A6.3].

Tali aree sono prioritariamente soggette al regime vincolistico (di livello

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comunitario, nazionale e regionale) e/o alle prescrizioni, alle direttive e agli

indirizzi della pianificazione sovraordinata, e in subordine al regime normativo

delle norme tecniche d'attuazione del PUC. Esse sono a tutti gli effetti parte

integrante dell'articolazione strutturale del territorio, concorrendo alla

definizione del progetto del presente Piano.

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6. AREE DI RILEVANZA AMBIENTALE.

In questo capitolo viene analizzato qualsiasi problema ambientale esistente,

pertinente al Piano, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di

particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica.

In particolare, le “Linee strategiche operative del sistema ambientale-

naturalistico” [v. § 8.1 Relazione PUC] riportano analiticamente le strategie

delle aree di rilevanza ambientale.

Come visto in precedenza [v. § 2 Relazione PUC], fino a oggi nel territorio

comunale vi sono molte aree sottoposte a tutela [v. tavole A4.1, A5, A6.1,

ecc.]. A parte le aree vincolate ope legis, quali boschi, fiumi, ecc., sono state

individuate le aree strategiche del sistema ambientale della Provincia di

Benevento, individuate nel PTCP. L‟insieme di queste aree protette disegna sul

territorio una geografia della tutela “a macchia di leopardo”. Questa forma di

tutela, mentre da una parte garantisce la sopravvivenza di specie e di habitat

altrimenti destinati all‟estinzione, non garantisce il funzionamento ottimale

dell‟intero sistema ambientale e naturalistico. L‟insularizzazione delle “aree

naturali”, la mancata connessione e comunicazione tra le diverse componenti

del sistema ne indeboliscono la struttura e il funzionamento.

Queste problematiche rappresentano il cardine delle ultime direttive

comunitarie in materia di ambiente e protezione della fauna, e sono state

recentemente affrontate a livello regionale attraverso il Piano Territoriale

Regionale (PTR), e su scala provinciale attraverso il PTCP.

Le teorie legate al principio di connettività (connessione ecobiologica) hanno

trovato una loro applicazione pratica/progettuale nelle cosiddette “reti

ecologiche”.

In questa sede si ritiene di poter assumere come fondativa la definizione

dell‟ANPA (oggi ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca

Ambientale) di rete ecologica:

“Da un punto di vista strettamente ecologico-paesaggistico, le reti ecologiche sono una recente

proposta concettuale di gestione integrata dello spazio fisico territoriale che, tutelando le

interconnessioni tra gli habitat, rendono possibili i flussi di patrimoni genetici degli esseri viventi

da un’area all’altra. Ciò rappresenta un elemento indispensabile ai fini della conservazione della

biodiversità e della sostenibilità in relazione al fatto che uno dei problemi dell’attuale uso del

suolo è la frammentazione del territorio. In realtà, però, la definizione di rete ecologica è molto

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più complessa ed ampia poiché investe tutte le tipologie di rapporto che l’uomo (inteso come

specie razza umana) ha con il proprio territorio. Rapporto che, soprattutto nei paesi più

industrializzati, ma non solo, deve essere riconsiderato in funzione della salvaguardia della

permeabilità biologica degli habitat. Le reti ecologiche si basano fondamentalmente sul

riconoscimento, in qualsiasi territorio considerato, delle seguenti categorie di ambienti:

- Core areas ovvero aree ad alta naturalità, biotopi, insiemi di biotopi, habitat che sono già, o

possono essere, soggetti a regime di protezione (parchi o riserve).

- Buffer zones vale a dire zone cuscinetto, o zone di ammortizzazione ed ecotoni o zone di

transizione, che si trovano o, dovrebbero situarsi, attorno alle aree ad alta naturalità al fine di

garantire l'indispensabile gradualità degli habitat.

- Ecological corridors, definiti anche come corridoi biologici o bio-corridoi, sono strutture lineari

e continue del paesaggio, di varie forme e dimensioni, che connettono tra di loro le aree ad alta

naturalità e rappresentano l'elemento chiave delle reti ecologiche poiché consentono la mobilità

delle specie e l'interscambio genetico, fenomeno indispensabile al mantenimento della

biodiversità.

- Stepping zones o aree naturali puntiformi o "sparse" e che, in sostanza, sono rappresentate da

quelle aree di piccola superficie che, per la loro posizione strategica o per la loro composizione,

rappresentano elementi importanti del paesaggio per sostenere specie in transito su un territorio

oppure ospitare particolari microambienti in situazioni di habitat critici (es. piccoli stagni in aree

agricole).”

Considerato che già esistono (purtroppo solo sulla carta) una rete ecologica di

livello regionale e una rete ecologica di livello provinciale, è obiettivo del Piano

Urbanistico Comunale di Bonea delineare le strategie per procedere in un

ulteriore approfondimento delle succitate reti ecologiche e quindi procedere

nella definizione della Rete Ecologica Comunale (R.E.C.) per assicurare la

biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e della fauna e

della flora selvatiche sul territorio e per determinare contestualmente delle

condizioni favorevoli di sviluppo economico che siano strettamente legate alla

tutela e gestione di tale REC. Giova segnalare che nei POR regionali questi

obiettivi e programmi sono stati riversati interamente. Pertanto, si può

affermare che la REC si riferisce direttamente alla programmazione finanziaria

comunitaria recepita dalla Regione Campania, attraverso il Documento

Strategico Regionale (DPS) 2014-2020.

Quanto indicato dagli strumenti comunitari costituisce non solo una traccia per

la richiesta di finanziamenti comunitari, ma un programma di obiettivi a

breve, medio e lungo termine che l'Ente Comune può tradurre in programmi

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6. A R E E D I R I L E V A N Z A A M B I E N T A L E .

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di interventi mirati e coordinati, affinché siano massime le ricadute positive

sul territorio.

Inoltre, nell'art.16 delle NTA del PTCP è esplicitamente statuito che "I comuni, in

sede di redazione del PUC, dovranno tracciare la rete ecologica comunale integrata e individuare

i corridoi ecologici di livello comunale".

Rispetto a tali aree, strategiche per il funzionamento del sistema, il PTCP

individua le azioni (interventi, strategie) necessarie per la loro conservazione.

Definisce inoltre i criteri di gestione (difesa integrale o orientata) che

costituiscono l‟orientamento obbligatorio per l‟azione di pianificazione dei

Comuni (che dovranno cioè tradurli in norme prescrittive all‟interno dei PUC).

Le azioni e i criteri di gestione individuati rappresentano le condizioni minime

per un corretto funzionamento del sistema ambientale e per la conservazione

e riproducibilità delle risorse.

Nel territorio comunale insistono i corridoi ecologici descritti nei

paragrafi precedenti, come definiti in sede di PTCP che, negli artt.17,

18, 19, 20 e 21 delle NTA, definisce specifiche azioni e regimi di tutela che

tengono conto delle qualità intrinseche (naturalità e biodiversità) dei diversi

elementi costitutivi. Tutti gli strumenti di pianificazione sottordinati (compresi

i piani attuativi), possono derogare dalle norme più restrittive del PTCP solo

se, attraverso analisi di dettaglio (che il PTCP indica nelle NTA), dimostrano

che gli impatti delle attività e/o delle destinazioni di uso previste siano

trascurabili e che non incidano sulle dinamiche ambientali che interessano le

aree, i siti o i contesti territoriali in esame.

In coerenza con le strategie del Piano Territoriale di Coordinamento

Provinciale, il PUC di Bonea individua i “capisaldi del sistema ambientale

comunale”, al fine di determinare e disegnare la “Rete Ecologica Comunale”.

Essi in prima approssimazione sono i seguenti:

la "Riserva di naturalità del massiccio carbonatico del Taburno";

la fascia di protezione della Riserva di naturalità succitata;

i torrenti iscritti nell‟elenco delle acque pubbliche Tesa e Varco che formano

i “corridoi ecologici di livello comunale” (fascia di metri 80 per lato, dalla

sponda);

il sito “Natura 2000” del Taburno (SIC).

le aree boscate a elevata naturalità e biodiversità;

corsi d‟acqua torrenti, valloni e fossi, iscritti o meno nell‟elenco delle acque

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6. A R E E D I R I L E V A N Z A A M B I E N T A L E .

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pubbliche;

le aree di crinale del Taburno e aree di pregio ambientale.

È obiettivo del PUC di Bonea strutturare l'intero progetto di Piano

intorno ai "corridoi ecologici ", individuati in sede di PTCP e in sede di

PUC e alle “vie naturalistiche” che li collegano. Questi, come detto,

possono essere considerati i capisaldi del sistema ambientale da cui si

diramano i tentacoli della Rete Ecologica (costituiti dai fiumi, torrenti

e valloni perimetrati nelle tavole di PUC) che hanno la funzione di

interconnetterli con le restanti emergenze ambientali (quali boschi,

crinali, punti panoramici, sentieri ecc.). La REC penetra, attraverso i

suoi tentacoli, fino al nucleo dei centri abitati con lo specifico intento

di interconnettere le emergenze paesaggistiche con il centro storico e

con le contrade.

Oltre alla Rete Ecologica Comunale, il PUC provvede alla definizione delle

Unità di Paesaggio (o Ambienti territoriali), in coerenza con le indicazioni del

PTCP e del PTR [v. Tavola B1].

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7. OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE.

In questo capitolo sono descritti gli obiettivi di protezione ambientale stabiliti

a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano,

e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti

obiettivi e di ogni considerazione ambientale (punto e, Allegato VI, D.Lgs.

4/2008).

7.1 Individuazione degli obiettivi.

Dalle politiche per lo sviluppo sostenibile promosse negli ultimi anni a livello

nazionale ed internazionale sono emersi alcuni criteri ed obiettivi generali a

cui ogni territorio può fare riferimento per definire i propri obiettivi locali di

sostenibilità, che possono costituire un punto di riferimento per effettuare la

valutazione ambientale di piani e programmi.

Per l‟analisi degli obiettivi di sostenibilità ambientale e territoriale pertinenti al

Piano in esame si potrebbero considerare documenti a valenza internazionale

(Agenda 21, Protocollo di Kyoto, Habitat II, ecc.), europea (V e VI Programma

europeo d‟azione ambientale, Strategia dell‟Unione Europea per lo sviluppo

sostenibile, Relazione “Città europee sostenibili” del Gruppo di esperti

sull‟ambiente urbano della Commissione Europea, ecc.) e nazionale (Agenda

21 Locale, Strategia ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia, Linee

guida per l‟integrazione della componente ambientale in piani e programmi,

ecc.).

In ogni caso, alcuni documenti regionali (come il PTR) o provinciali (come il

PTCP) già incorporano al loro interno gli obiettivi di sostenibilità stabiliti a

livello internazionale o nazionale, declinandoli con riferimento a realtà

territoriali specifiche.

Inoltre, la Commissione Europea (DG XI “Ambiente, sicurezza nucleare e

protezione civile”) nel 1998 ha elaborato il Manuale per la valutazione

ambientale dei Piani di Sviluppo Regionale e dei Programmi dei Fondi

strutturali dell’Unione Europea, nell‟ambito del quale sono stati individuati

“dieci criteri chiave per la sostenibilità”. Ad essi, nelle successive Linee guida

per la valutazione ambientale strategica (Vas) dei Fondi strutturali 2000-

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7. O B I E T T I V I D I P R O T E Z I O N E A M B I E N T A L E .

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2006, sono stati associati alcuni obiettivi di sostenibilità specifici per i diversi

settori di intervento.

In particolare, i dieci criteri chiave per la sostenibilità e la loro definizione

secondo la Commissione Europea sono elencati di seguito:

1. Ridurre al minimo l’impiego delle risorse energetiche non

rinnovabili.

L‟impiego di risorse non rinnovabili, quali combustibili fossili, giacimenti di

minerali e conglomerati riduce le riserve disponibili per le generazioni

future. Un principio chiave dello sviluppo sostenibile afferma che tali

risorse non rinnovabili debbono essere utilizzate con saggezza e con

parsimonia, ad un ritmo che non limiti le opportunità delle generazioni

future. Ciò vale anche per fattori insostituibili (geologici, ecologici o del

paesaggio) che contribuiscono alla produttività, alla biodiversità, alle

conoscenze scientifiche e alla cultura.

2. Impiego delle risorse rinnovabili nei limiti della capacità di

rigenerazione.

Per quanto riguarda l‟impiego di risorse rinnovabili nelle attività di

produzione primarie, quali la silvicoltura, la pesca e l‟agricoltura, ciascun

sistema è in grado di sostenere un carico massimo oltre il quale la risorsa

si inizia a degradare. Quando si utilizza l‟atmosfera, i fiumi e gli estuari

come “depositi” di rifiuti, li si tratta anch‟essi alla stregua di risorse

rinnovabili, in quanto ci si affida alla loro capacità spontanea di

autorigenerazione. Se si approfitta eccessivamente di tale capacità, si ha

un degrado a lungo termine della risorsa. L‟obiettivo deve, pertanto,

consistere nell‟impiego delle risorse rinnovabili allo stesso ritmo (o

possibilmente ad un ritmo inferiore) a quello della loro capacità di

rigenerazione spontanea, in modo da conservare o anche aumentare le

riserve di tali risorse per le generazioni future.

3. Uso e gestione corretta, dal punto di vista ambientale, delle

sostanze e dei rifiuti pericolosi/inquinanti.

In molte situazioni, è possibile utilizzare sostanze meno pericolose dal

punto di vista ambientale ed evitare o ridurre la produzione di rifiuti, ed in

particolare dei rifiuti pericolosi. Un approccio sostenibile consiste

nell‟impiegare i fattori produttivi meno pericolosi dal punto di vista

ambientale e nel ridurre al minimo la produzione di rifiuti adottando

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7. O B I E T T I V I D I P R O T E Z I O N E A M B I E N T A L E .

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sistemi efficaci di progettazione di processi, gestione dei rifiuti e controllo

dell‟inquinamento.

4. Conservare e migliorare lo stato della fauna e flora selvatiche,

degli habitat e dei paesaggi.

In questo caso, il principio fondamentale consiste nel conservare e

migliorare le riserve e le qualità delle risorse del patrimonio naturale a

vantaggio delle generazioni presenti e future. Queste risorse naturali

comprendono la flora e la fauna, le caratteristiche geologiche e

geomorfologiche, le bellezze e le opportunità ricreative naturali. Il

patrimonio naturale, pertanto, comprende la configurazione geografica, gli

habitat, la fauna e la flora, il paesaggio, la combinazione e le interrelazioni

tra tali fattori e la fruibilità di tale risorse. Vi sono anche stretti legami con

il patrimonio culturale.

5. Conservare e migliorare la qualità dei suoli e delle risorse idriche.

Il suolo e le acque sono risorse naturali rinnovabili essenziali per la salute

e la ricchezza dell‟umanità, e che possono essere seriamente minacciate a

causa di attività estrattive, dell‟erosione o dell‟inquinamento. Il principio

chiave consiste, pertanto, nel proteggere la quantità e qualità delle risorse

esistenti e nel migliorare quelle che sono già degradate.

6. Conservare e migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali.

Le risorse storiche e culturali sono risorse limitate che, una volta distrutte

o danneggiate, non possono essere sostituite. In quanto risorse non

rinnovabili, i principi dello sviluppo sostenibile richiedono che siano

conservati gli elementi, i siti o le zone rare rappresentativi di un

particolare periodo o tipologia, o che contribuiscono in modo particolare

alle tradizioni ed alla cultura di una data area. Si può trattare, tra l‟altro, di

edifici di valore storico e culturale, di altre strutture o monumenti di ogni

epoca, di reperti archeologici nel sottosuolo, di architettura di esterni

(paesaggi, parchi e giardini) e di strutture che contribuiscono alla vita

culturale di una comunità (teatri, ecc.). Gli stili di vita, i costumi e le lingue

tradizionali costituiscono anch‟essi una risorsa storica e culturale che è

opportuno conservare.

7. Conservare e migliorare la qualità dell’ambiente locale.

Nel contesto del presente dibattito, la qualità di un ambiente locale può

essere definita dalla qualità dell‟aria, dal rumore ambiente, dalla

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7. O B I E T T I V I D I P R O T E Z I O N E A M B I E N T A L E .

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gradevolezza visiva e generale. La qualità dell‟ambiente locale è

importantissima per le aree residenziali e per i luoghi destinati ad attività

ricreative o di lavoro. La qualità dell‟ambiente locale può cambiare

rapidamente a seguito di cambiamenti del traffico, delle attività industriali,

di attività edilizie o estrattive, della costruzione di nuovi edifici ed

infrastrutture, e da aumenti generali del livello di attività, ad esempio da

parte di visitatori. È inoltre possibile migliorare sostanzialmente un

ambiente locale degradato con l‟introduzione di nuovi sviluppi.

8. Protezione dell’atmosfera (riscaldamento del globo).

Una delle principali forze trainanti dell‟emergere di uno sviluppo sostenibile

è consistita nei dati che dimostrano l‟esistenza di problemi globali e

regionali causati dalle emissioni nell‟atmosfera. Le connessioni tra

emissioni derivanti dalla combustione, piogge acide ed acidificazione dei

suoli e delle acque, come pure tra clorofluorocarburi (CFC), distruzione

dello strato di ozono ed effetti sulla salute umana sono stati individuati

negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta. Successivamente è stato

identificato il nesso tra anidride carbonica e altri gas serra e cambiamenti

climatici. Si tratta di impatti a lungo termine e pervasivi, che costituiscono

una grave minaccia per le generazioni future.

9. Sensibilizzare maggiormente alle problematiche ambientali,

sviluppare l’istruzione e la formazione in campo ambientale.

Il coinvolgimento di tutte le istanze economiche ai fini di conseguire uno

sviluppo sostenibile è un elemento fondamentale dei principi istituiti a Rio

de Janeiro (Conferenza delle Nazioni Unite sull‟ambiente e lo sviluppo,

1992). La consapevolezza dei problemi e delle opzioni disponibili è

d‟importanza decisiva: l‟informazione, l‟istruzione e la formazione in

materia di gestione ambientale costituiscono elementi fondamentali ai fini

di uno sviluppo sostenibile. Li si può realizzare con la diffusione dei

risultati della ricerca, l‟integrazione dei programmi ambientali nella

formazione professionale, nelle scuole, nell‟istruzione superiore e per gli

adulti, e tramite lo sviluppo di reti nell‟ambito di settori e raggruppamenti

economici. È importante anche l‟accesso alle informazioni sull‟ambiente a

partire dalle abitazioni e nei luoghi ricreativi.

10. Promuovere la partecipazione del pubblico alle decisioni che

comportano uno sviluppo sostenibile.

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La Dichiarazione di Rio (Conferenza delle Nazioni Unite sull‟ambiente e lo

sviluppo, 1992) afferma che il coinvolgimento del pubblico e delle parti

interessate nelle decisioni relative agli interessi comuni è un cardine dello

sviluppo sostenibile. Il principale meccanismo a tal fine è la pubblica

consultazione in fase di controllo dello sviluppo ed, in particolare, il

coinvolgimento di terzi nella valutazione ambientale. Oltre a ciò, lo

sviluppo sostenibile prevede un più ampio coinvolgimento del pubblico

nella formulazione e messa in opera delle proposte di sviluppo, di modo

che possa emergere un maggiore senso di appartenenza e di condivisione

delle responsabilità.

Successivamente, il Consiglio Europeo tenuto a Barcellona nei giorni 15 e 16

marzo 2002 proponeva i seguenti obiettivi di sostenibilità ambientale:

promozione di modelli sostenibili di produzione e consumo, dissociando la

crescita economica dal degrado ambientale e tenendo conto della capacità

di carico degli ecosistemi;

conservazione e gestione sostenibile delle risorse naturali ed ambientali;

accesso a fonti di energia sostenibili, utilizzo di tecnologie pulite e di

energie rinnovabili, e maggiore efficienza energetica;

limitazione o riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra;

passaggio dai trasporti su strada ai trasporti su ferrovia e per vie

navigabili, nonché ai trasporti pubblici in genere;

conservazione della biodiversità, con riferimento a tutti i settori e le

attività (risorse naturali, agricoltura, pesca, ecc.);

salvaguardia della biodiversità nelle foreste e negli altri importanti

ecosistemi creando reti ecologiche;

protezione della qualità dei suoli;

promozione dello sviluppo sociale e della salute;

rafforzamento della governance per lo sviluppo sostenibile, compresa la

partecipazione pubblica.

A livello nazionale, il Comitato Interministeriale per la Programmazione

Economica (CIPE) ha approvato, con Deliberazione n.57 del 2 agosto 2002, la

“Strategia di azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, che

individua i principali obiettivi ed azioni per quattro aree prioritarie: 1) clima;

2) natura e biodiversità; 3) qualità dell'ambiente e della vita negli ambienti

urbani; 5) uso sostenibile e gestione delle risorse naturali e dei rifiuti.

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I principali obiettivi individuati e articolati secondo le aree tematiche della

Strategia sono i seguenti:

Clima e atmosfera:

riduzione delle emissioni nazionali dei gas serra del 6,5% rispetto al

1990, entro il periodo tra il 2008 e il 2012, in applicazione del

Protocollo di Kyoto;

estensione del patrimonio forestale per l‟assorbimento del carbonio

atmosferico;

promozione e sostegno dei programmi di cooperazione internazionale

per la diffusione delle migliori tecnologie e la riduzione delle emissioni

globali;

riduzione dell‟emissione di tutti i gas lesivi dell‟ozono stratosferico.

Natura e biodiversità:

protezione della biodiversità e ripristino delle situazioni ottimali negli

ecosistemi per contrastare la scomparsa delle specie animali e vegetali

e la minaccia agli habitat;

riduzione della pressione antropica sui sistemi naturali e sul suolo a

destinazione agricola e forestale;

protezione del suolo dai rischi idrogeologici e salvaguardia delle coste

dai fenomeni erosivi

riduzione e prevenzione del fenomeno della desertificazione, che già

minaccia parte del territorio italiano;

riduzione dell‟inquinamento nelle acque interne, nell‟ambiente marino e

nei suoli.

Qualità dell‟ambiente e qualità della vita negli ambienti urbani:

riequilibrio territoriale ed urbanistico in funzione di una migliore qualità

dell‟ambiente urbano, incidendo in particolare sulla mobilità delle

persone e delle merci;

riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera al di sotto dei livelli di

attenzione fissati dall‟Unione Europea;

mantenimento delle concentrazioni di inquinanti al di sotto di limiti che

escludano danni alla salute umana, agli ecosistemi ed al patrimonio

monumentale;

riduzione dell‟inquinamento acustico;

promozione della ricerca sui rischi connessi ai campi elettromagnetici e

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prevenzione dei rischi per la salute umana e l‟ambiente naturale;

sicurezza e qualità degli alimenti anche attraverso l‟adozione del

criterio di trasparenza e tracciabilità;

bonifica e recupero delle aree e dei siti inquinati;

rafforzamento della normativa sui reati ambientali e della sua

applicazione, eliminazione dell‟abusivismo edilizio, lotta alla criminalità

nel settore dello smaltimento dei rifiuti e dei reflui.

Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti:

riduzione del prelievo di risorse naturali non rinnovabili senza

pregiudicare gli attuali livelli di qualità della vita;

promozione della ricerca scientifica e tecnologica per la sostituzione

delle risorse non rinnovabili, in particolare per gli usi energetici ed

idrici;

conservazione e ripristino del regime idrico compatibile con la tutela

degli ecosistemi e con l‟assetto del territorio;

riduzione della produzione di rifiuti, recupero di materiali e recupero

energetico di rifiuti;

riduzione della quantità e della tossicità dei rifiuti pericolosi.

7.2 Analisi di coerenza degli obiettivi del PUC con gli

obiettivi di protezione ambientale.

In assonanza a quanto già operato per la pianificazione sovraordinata e con

riferimento a ciascuno dei documenti relativi alle strategie di sostenibilità

individuati al precedente § 7.1 viene condotta (nella versione definitiva del

Rapporto Ambientale) una “analisi di coerenza” attraverso la costruzione di

una matrice per ciascun documento [cfr tabelle 7.2 da A a D], in cui si

incrociano le informazioni relative ai loro specifici obiettivi (disposti per

colonne) e quelle relative agli obiettivi del PUC (disposte per righe).

Le informazioni contenute nella matrice sono di tipo qualitativo, cioè vengono

utilizzati tre simboli che sottolineano rispettivamente l‟esistenza di relazioni di

“coerenza” (), “indifferenza” () ed “incoerenza” () tra gli obiettivi di PUC

e quelli dei documenti considerati, i quali esplicitano gli obiettivi di protezione

ambientale stabiliti a livello internazionale (e segnatamente comunitario) e

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nazionale pertinenti al piano in esame.

In particolare, gli elementi significativi sono rappresentati sia dalle “coerenze”

tra obiettivi, che evidenziano come sia il PUC che le politiche ambientali

internazionali e nazionali si muovano lungo una simile traiettoria di sviluppo

sostenibile, e sia dalle “incoerenze”, che possono essere intese come fattori di

criticità in quanto il perseguimento di certi obiettivi può pregiudicare il

perseguimento di altri.

Si tenga presente che, come già visto per i piani sovraordinati, l‟analisi delle

eventuali incoerenze non pregiudica, a priori, la possibilità di perseguire certi

obiettivi ma sottolinea come, in fase di progettazione dei relativi interventi,

sia necessario comprendere come superare le criticità evidenziate.

Non bisogna, invece, attribuire alcuna valenza negativa alle numerose

indifferenze riscontrate, in quanto complessivamente esse stanno spesso a

sottolineare che alcuni obiettivi che si intendono perseguire con il PUC non

trovano diretta esplicitazione in documenti (internazionali e nazionali) che

hanno valenza molto generale.

Pertanto, risulta significativo non solo esaminare quanto riportato in ciascuna

cella di ogni singola matrice in termini di coerenza, indifferenza o incoerenza,

ma condurre un‟analisi complessiva, prendendo in esame simultaneamente

tutte le matrici, allo scopo di verificare la frequenza con cui si ottengono le

coerenze e le incoerenze.

L’analisi di coerenza sarà svolta nella versione definitiva del Rapporto

Ambientale.

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Tabella 7.2 - A Criteri chiave per la sostenibilità (Commissione Europea, 1998)

Obiettivi del PUC - Esempio

1 – Ridurre al minimo l’impiego delle risorse energetiche non rinnovabili

2 – Impiegare le risorse rinnovabili nei limiti della capacità di rigenerazione

3 – Utilizzare e gestire in modo corretto, dal punto di vista ambientale, le sostanze ed i rifiuti pericolosi/inquinanti

4 – Conservare e migliorare lo stato della fauna e della flora selvatiche, degli habitat e dei paesaggi

5 – Conservare e migliorare la qualità dei suoli e delle risorse idriche

6 – Conservare e migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali

7 – Conservare e migliorare la qualità dell’ambiente locale

8 – Proteggere l’atmosfera (riscaldamento del globo)

9 – Sensibilizzare maggiormente alle problematiche ambientali, sviluppare l’istruzione e la formazione in campo ambientale

10 – Promuovere la partecipazione del pubblico alle decisioni che comportano uno sviluppo sostenibile

Sistema ambientale e naturalistico

individuare una rete ecologica comunale interconnettendo tutte le aree di naturalità attraverso corridoi ecologici e zone di transizione

esaltare le qualità paesaggistiche del territorio individuando nuovi parchi fluviali e naturalistici che possano migliorare il rapporto tra le aree urbane e quelle rurali e aperte del Parco del Taburno-Camposauro

Sistema agro-forestale

migliorare la qualità della vita nelle aree rurali a maggiore ritardo di sviluppo, anche attraverso una rivitalizzazione economica derivante da un appropriato sfruttamento delle risorse endogene agricole, naturali, idriche ed ambientali

sostenere investimenti mirati al recupero del paesaggio rurale, alla caratterizzazione delle diversità territoriali, al recupero di tradizioni colturali e culturali del territorio, al turismo enogastronomico

sostenere investimenti mirati al recupero del paesaggio rurale, alla caratterizzazione delle diversità territoriali, al recupero di tradizioni colturali e culturali del territorio, al turismo enogastronomico; dovrà inoltre valutare la possibilità di confermare le attività artigianali già in essere sul territorio

Sistema della tutela e valorizzazione delle risorse energetiche

porre attenzione al bilancio energetico con interventi di riequilibrio nel settore dei consumi ed in quello della produzione di energia, in particolare di quella elettrica anche attraverso la incentivazione dell'efficientamento energetico

Sistema del governo del rischio idrogeologico e sismico

sviluppare adeguati processi tendenti non solo a migliorare le conoscenze del territorio ma anche finalizzati a promuovere attività di prevenzione dei rischi e favorire il presidio del territorio, anche attraverso le attività agricole

messa in sicurezza del territorio e prevenire il rischio sismico

Sistema insediativo

frenare la dispersione abitativa

perseguire linee urbanistiche volte a recuperare e riconvertire gli insediamenti dismessi e quelli particolarmente degradati

gli standard urbanistici dovranno essere individuati utilizzando preferibilmente manufatti dismessi o recuperabili attraverso interventi di ristrutturazione e mutamento della loro destinazione d’uso

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Sistema Storico-paesistico, del turismo, dei servizi e delle attività produttive

promuovere la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione del paesaggio complessivo, stabilire le condizioni per nuove opportunità imprenditoriali nel settore della cultura e delle attività culturali

favorire un ordinato ed organico sviluppo del territorio sotto il profilo della distribuzione dei servizi di livello comunale

assicurare una corretta e razionale organizzazione delle aree produttive, garantendo specifici parametri di localizzazione e funzionamento, anche dislocati sul territorio per favorire piccole e piccolissime attività artigianali

Sistema della mobilità e delle infrastrutture

assicurare un corretto funzionamento delle linee di comunicazione, di interesse locale e sovralocale, tenendo conto dei fabbisogni di trasporto pubblico, di trasporto privato e di trasporto delle merci, provvedendo alla interconnessione tra la viabilità provinciale interna al territorio comunale e la viabilità statale, e alla armonizzazione delle sopra citate infrastrutture con il paesaggio

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8. EFFETTI DEL PIANO SULL’AMBIENTE.

Nel presente capitolo vengono misurati i possibili impatti significativi

sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute

umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni

materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il

paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori. Sono considerati tutti gli

impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve,

medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi (punto f,

Allegato VI, D.Lgs. 4/2008).

Nei capitoli precedenti si è già verificata la coerenza degli obiettivi del PUC con

il quadro pianificatorio e programmatorio di riferimento e con gli obiettivi di

protezione ambientale. Ora si procede alla valutazione degli impatti generati

dal PUC sull'ambiente, attraverso il confronto tra strategie di Piano e indicatori

ambientali. Più nel dettaglio, le strategie di Piano derivano dagli "OBIETTIVI"

formulati per settori strategici (sistema ambientale, sistema insediativo, ecc.),

che determinano "LINEE DI INTERVENTO" (progetti, programmi particolari,

ecc.) e, a cascata,-"INTERVENTI SPECIFICI" (norme tecniche d'attuazione e

elaborati di Piano). Le strategie sono "misurate" attraverso gli "INDICATORI"

ambientali, che sono raggruppati in "CLASSI DI INDICATORI" che, a loro

volta, appartengono a "TEMI AMBIENTALI" e ad "AREE AMBIENTALI".

Quindi il confronto avviene tra:

OBIETTIVI-LINEE DI INTERVENTO-INTERVENTI SPECIFICI

e

AREE TEMATICHE-TEMI AMBIENTALI-CLASSI DI INDICATORI.

8.1 Valutazione qualitativa.

La valutazione qualitativa degli effetti del PUC si basa sui possibili impatti che

le azioni previste determinano rispetto alle sette “aree tematiche” ed ai

conseguenti “temi ambientali” individuati nell‟ambito dell‟analisi dello stato

dell‟ambiente del territorio [cfr. § 4].

In particolare, l‟analisi dello stato dell‟ambiente permette di evidenziare le

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vulnerabilità e le criticità del territorio, nonché le risorse e le potenzialità.

Pertanto, il confronto tra lo stato dell‟ambiente e gli interventi proposti

consente di valutare gli impatti che si potrebbero determinare.

A questo scopo, sono elaborate delle “matrici di valutazione” (o “matrici degli

impatti”) in cui ciascuna “Linea di intervento” si confronta con le relative aree

tematiche, esaminate nell‟ambito dello studio sullo stato dell‟ambiente.

Ogni matrice di valutazione riporta per righe le “Linee di intervento” (collegate

ai rispettivi Obiettivi) e per colonne le “aree tematiche”. Nelle caselle di

incrocio sono indicati gli impatti, distinti in:

impatto potenzialmente positivo +

impatto potenzialmente nullo

impatto potenzialmente negativo x

Gli impatti potenzialmente positivi individuano la possibilità che l‟Intervento

specifico considerato possa determinare dei benefici sull‟ambiente,

contribuendo sia alla tutela ed alla valorizzazione delle risorse presenti che

alla promozione di processi di sviluppo sostenibile.

Gli impatti potenzialmente nulli sono riferiti a quegli Interventi specifici che, in

alcuni casi, non interessano l‟area tematica in esame, mentre in altri casi, non

incidono sullo stato dell‟ambiente.

Gli impatti potenzialmente negativi esplicitano le esternalità negative che gli

“Interventi specifici” potrebbero determinare e le cui implicazioni sono da

considerare con cautela.

Le matrici permettono di definire un quadro sinottico degli impatti potenziali,

che poi vengono ulteriormente indagati ed approfonditi nell‟ambito della

valutazione quantitativa [cfr. § 8.2].

La valutazione qualitativa sarà svolta nella versione definitiva del

Rapporto Ambientale.

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8.2 Valutazione quantitativa.

Tenendo conto delle conclusioni a cui si perviene attraverso la valutazione

qualitativa, viene strutturata la valutazione quantitativa degli impatti che le

azioni di Piano potrebbero determinare sul territorio.

Pertanto, vengono strutturate delle opportune matrici di valutazione per

ciascuna Linea di intervento (di ciascun Sistema e per ciascun obiettivo) ed

esplicitando rispettivamente:

l‟area tematica;

il tema ambientale;

la classe di indicatori;

l‟indicatore;

la classificazione dell‟indicatore secondo il Modello DPSIR;

l‟unità di misura utilizzata per valutare l‟indicatore selezionato;

il valore assunto dall‟impatto, distinguendo tra “Stato di fatto” e “PUC”.

È evidente che, per ogni “Linea di intervento”, vengono considerati soltanto l‟

“area tematica” ed il “tema ambientale” pertinenti, come determinati nella

valutazione qualitativa. In maniera analoga, viene fatta un‟opportuna

selezione per la scelta della classe di indicatori e per i relativi indicatori,

tenendo conto dei risultati ottenuti dalla precedente analisi qualitativa.

Per la valutazione degli impatti, rispetto al valore di riferimento ed all‟unità di

misura selezionata, vengono utilizzati i seguenti simboli grafici:

incremento positivo;

decremento positivo;

stabile positivo;

incremento negativo;

decremento negativo;

stabile negativo.

In particolare, tenuto conto che un valore più elevato di un indicatore non

sempre corrisponde ad una migliore condizione ambientale, si assumono i

seguenti significati:

“incremento positivo”, sta significare il fatto che un incremento del valore

dell‟indicatore indica un effetto ambientale positivo;

“decremento positivo”, sta ad significare il fatto che un decremento del

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valore dell‟indicatore indica un effetto ambientale positivo;

“stabile positivo”, sta ad significare il fatto che l‟invarianza del valore

dell‟indicatore indica un effetto ambientale positivo;

“incremento negativo”, sta significare il fatto che un incremento del valore

dell‟indicatore indica un effetto ambientale negativo;

“decremento negativo”, sta ad significare il fatto che un decremento del

valore dell‟indicatore indica un effetto ambientale negativo;

“stabile negativo”, sta ad significare il fatto che l‟invarianza del valore

dell‟indicatore indica un effetto ambientale negativo.

Per quanto riguarda il valore assunto dagli impatti, si osserva che i valori

riferiti allo “stato di fatto” tengono conto delle caratteristiche dello scenario

già analizzate nello stato dell‟ambiente [cfr. § 4] con riferimento ad un

orizzonte temporale T0 (attualità); mentre, i valori assunti per il PUC

individuano delle possibili previsioni di trasformazione con riferimento ad un

orizzonte temporale T1, che si potrebbe realizzare tra dieci anni.

Ciascuna matrice di valutazione, elaborata per ogni Linea di intervento, ne

riassume le peculiarità ed esplicita le possibili implicazioni che si potrebbero

delineare. Allorquando risulta possibile individuare un valore numerico

preciso, questo viene indicato accanto al rispettivo simbolo grafico.

La valutazione quantitativa sarà svolta nella versione definitiva del

Rapporto Ambientale.

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9. MISURE DI MITIGAZIONE E COMPENSAZIONE.

Nel presente capitolo vengono proposte le misure di mitigazione e

compensazione ambientale con riferimento agli impatti potenzialmente

negativi delle linee di intervento proposte per i diversi sistemi, individuando

per ciascuna area tematica (e rispettivi temi ambientali) le relative

“problematiche”, “considerazioni” e “competenze”, al fine di impedire, ridurre

e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi

significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano (punto g, Allegato VI,

D.Lgs. 4/2008).

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171

10. MONITORAGGIO.

Il presente capitolo fa riferimento alla Descrizione delle misure previste in

merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi

derivanti dall'attuazione del piano proposto definendo, in particolare, le

modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla

valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto

illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da

adottare (punto i, Allegato VI, D.Lgs. 4/2008).

L'approccio metodologico riprende quello della valutazione quantitativa [v. §

8.2].

10.1 Riferimenti internazionali e nazionali.

Il termine “monitoraggio” appare per la prima volta in letteratura,

relativamente alle valutazioni ambientali, nel Programma per l‟ambiente delle

Nazioni Unite (UNEP), sviluppato a seguito della Conferenza di Stoccolma sull‟

“Ambiente umano” del 1972. Il monitoraggio viene definito come la raccolta di

osservazioni periodiche e ripetitive di uno o più elementi dell‟ambiente per

determinare e valutare le condizioni ambientali e la loro evoluzione.

L‟introduzione del monitoraggio come elemento indissociabile dalle valutazioni

ambientali viene riconosciuto, a partire dal decennio 1980-1990, soprattutto

da parte degli Stati Uniti e del Canada (primi Paesi in cui fu introdotta la

Valutazione d‟Impatto Ambientale rispettivamente nel 1970 e nel 1973).

Infatti, al momento dell‟istituzione della Valutazione d‟Impatto Ambientale

negli Stati Uniti con il National Policy Act del 1969, il monitoraggio ambientale

non era incluso tra le azioni previste dalla relativa procedura. Un processo di

rivisitazione negli anni 1980-1990 focalizzava l‟attenzione sull‟importanza del

monitoraggio, così come definito dall‟UNEP, introducendo opportuni

meccanismi.

A livello europeo, la Direttiva 42/2001/CE sulla Valutazione Ambientale

Strategica ha recepito questa attenzione alla fase di monitoraggio all‟art.10. Si

precisa che la finalità dell‟attività di monitoraggio consiste nel “controllo” degli

effetti ambientali significativi dei piani e programmi, al fine di individuare

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tempestivamente gli effetti negativi imprevisti ed essere in grado di adottare

le misure correttive che si ritengono opportune.

A tale scopo possono essere impiegati, se del caso, i meccanismi di controllo

esistenti onde evitare una duplicazione del monitoraggio.

Il D.Lgs. n.4/2008, di recepimento della Direttiva 42/2001/CE, tratta la fase di

monitoraggio all‟art.18, in cui precisa che il monitoraggio assicura il controllo

sugli impatti significativi sull‟ambiente derivanti dall‟attuazione dei piani e dei

programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di

sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti

negativi imprevisti e da adottare le opportune misure correttive; esso è

effettuato avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali (comma 1).

Inoltre, il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle

risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio (comma

2).

Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali

misure correttive adottate è data adeguata informazione attraverso i siti web

dell‟autorità competente e dell‟autorità procedente e delle Agenzie interessate

(comma 3).

Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel

caso di eventuali modifiche al piano o programma e, comunque, sempre

incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o

programmazione (comma 4).

Pertanto, la strutturazione delle attività di monitoraggio delle trasformazioni

territoriali e dell‟efficacia delle politiche di piano è finalizzata ad osservare

l‟evoluzione dello stato del territorio e dell‟ambiente, valutato attraverso un

insieme di indicatori ed a verificare, qualitativamente ma anche

quantitativamente, lo stato di attuazione degli obiettivi e l‟efficacia delle

politiche del piano, ossia la “performance di piano”.

Il processo di monitoraggio, attivato a seguito della valutazione ambientale di

un piano, è l‟occasione per evidenziare e, quindi, tentare di risolvere, quelle

criticità del piano che possono emergere nell‟esperienza di gestione dei primi

anni di vigenza.

Le valutazioni e le analisi del monitoraggio devono essere in grado di fornire

ad amministratori e tecnici utili contributi e riscontri per la revisione dei

contenuti del piano e, contemporaneamente, costituiscono uno spunto ed un

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momento attivo nei confronti della pianificazione di settore e di livello

provinciale e comunale.

In ogni caso, un sistema di monitoraggio deve essere progettato in fase di

elaborazione del piano stesso e vive lungo tutto il suo ciclo di vita. La

progettazione implica la verifica e l‟integrazione degli indicatori da utilizzare,

così che l‟andamento di ciascun indicatore dovrà essere oggetto di un

momento di diagnosi ed approfondimento, finalizzato a comprendere quali

variabili hanno influito sul raggiungimento degli obiettivi di piano o sul loro

mancato rispetto.

All‟analisi fa seguito l‟attività di elaborazione di indicazioni per il

riorientamento del piano, finalizzata a delineare i possibili provvedimenti (ad

esempio, modifiche degli strumenti di attuazione, delle azioni, di qualche

obiettivo, ecc.). Tale fase di diagnosi e proposta dovrà essere documentata in

modo da poter essere sottoposto a consultazione e per poter costituire la base

per la ridefinizione del piano.

Ai fini della VAS, il monitoraggio degli effetti ambientali significativi del PUC ha

lo scopo di:

osservare l‟evoluzione del contesto ambientale di riferimento del piano,

anche al fine di individuare effetti ambientali imprevisti non direttamente

riconducibili alla realizzazione degli interventi;

individuare gli effetti ambientali significativi derivanti dall‟attuazione del

piano;

verificare l‟adozione delle misure di mitigazione previste nella realizzazione

dei singoli interventi;

verificare la qualità delle informazioni contenute nel Rapporto Ambientale;

verificare la rispondenza del piano agli obiettivi di protezione dell‟ambiente

individuati nel Rapporto Ambientale;

consentire di definire e adottare le opportune misure correttive che si

rendano necessarie in caso di effetti ambientali significativi.

Il monitoraggio rappresenta, dunque, un aspetto sostanziale del carattere

strategico della valutazione ambientale, trattandosi di una fase proattiva,

dalla quale trarre indicazioni per il progressivo riallineamento dei contenuti di

piano agli obiettivi di protezione ambientale stabiliti, con azioni specifiche

correttive.

In tal senso, il monitoraggio rappresenta un‟attività complessa ed articolata,

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10. M O N I T O R A G G I O .

P . U . C . D I B O N E A (B N ) - R A P P O R T O A M B I E N T A L E P R E L I M I N A R E .

174

che non consiste in una mera raccolta e aggiornamento di informazioni, ma

costituisce un‟attività di supporto alle decisioni, anche collegata ad analisi

valutative.

10.2 Misure e indicatori di monitoraggio.

Le informazioni utilizzate per la valutazione degli impatti delle diverse azioni

fanno riferimento ai dati elaborati nel processo di formazione del Piano. Nella

fase di monitoraggio vengono considerati soprattutto alcuni interventi specifici

che, in maniera diretta o indiretta, potrebbero provocare effetti positivi e

negativi sulle componenti ambientali selezionate. In particolare, il

monitoraggio deve fare riferimento ad un “set prioritario di indicatori”,

selezionati tra quelli di impatto negativo nella valutazione quantitativa

maggiormente significativi, considerando la classificazione effettuata mediante

il modello DPSIR [v. § 8].

Il PUC, giunto a conclusione del suo iter procedurale, può e deve essere

sottoposto ad un monitoraggio che ne permetta una valutazione ex post, sulla

base della quale apportare gli opportuni aggiustamenti e/o modifiche.

Uno dei riferimenti concreti per la messa a punto delle linee metodologiche

per il monitoraggio del Piano è stato il Manuale per la valutazione ambientale

dei Piani di Sviluppo Regionale e dei Programmi dei Fondi strutturali

dell‟Unione Europea (Commissione Europea, DGXI Ambiente, 1998), che

evidenzia come il «monitoraggio è l‟attività di raccolta ed elaborazione delle

informazioni circa l‟efficacia dell‟attuazione del piano; l‟attività di monitoraggio

consente la valutazione dello scostamento tra obiettivi identificati e quelli

conseguiti».

In questa prospettiva, la presente procedura di VAS punta alla individuazione

di strumenti e modelli compatibili che consentano di delineare scenari futuri,

in funzione delle politiche territoriali ipotizzate, al fine di assegnare valori

opportuni ad un set di indicatori, scelti sulla base della loro aderenza agli

obiettivi generali e specifici individuati. La proposta degli indicatori per la

valutazione degli effetti del PUC permette di selezionare informazioni utili

anche per il successivo monitoraggio.

Il monitoraggio deve essere strutturato in modo da poter descrivere le

evoluzioni del territorio in esame, in riferimento ai sistemi e alle aree di

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10. M O N I T O R A G G I O .

P . U . C . D I B O N E A (B N ) - R A P P O R T O A M B I E N T A L E P R E L I M I N A R E .

175

intervento in cui è stato articolato il PUC, in modo da comprendere come gli

obiettivi prefissati siano effettivamente perseguiti nel tempo e nel tentativo di

evidenziare la presenza di eventuali criticità insorgenti.

In particolare, il set prioritario di indicatori per il monitoraggio è costituito da

quelli che determinano impatti negativi nella valutazione quantitativa, senza

tralasciare comunque i restanti indicatori. Ciascuno di essi deve essere

associato all‟ente preposto al rilevamento dei dati, con la possibilità di

utilizzare comunque dati già rilevati da altri enti di livello locale, provinciale,

regionale e nazionale.

La scelta di correlare gli indicatori di monitoraggio alle azioni di piano, cioè ai

singoli interventi che possono essere attuati sul territorio, consente di valutare

sia nella fase “in itinere” che “ex post”, gli effetti dell‟attuazione delle singole

azioni strategiche e, quindi, di operare tempestivamente le opportune misure

correttive. Si noti che gli indicatori di valutazione e, quindi, gli indicatori di

monitoraggio sono strettamente collegati anche alle Norme Tecniche

d‟Attuazione, proprio per rendere più lineare la procedura di valutazione.

Inoltre, la scelta di dimensionare il PUC in funzione degli alloggi,

coerentemente al dettato del PTCP, consente di monitorare direttamente e

semplicemente la reale crescita urbana del territorio comunale.

Per quanto concerne la periodicità della rilevazione dei dati si suggerisce il

riferimento ad un triennio (periodo coincidente con la componente operativa

del PUC), fermo restando la disponibilità dei dati anche in riferimento a studi

specifici che possano interessare il territorio provinciale e comunale.

Le schede di monitoraggio sono uguali a quelle utilizzate per la

valutazione quantitativa [cfr. § 8.2] con l’aggiunta della colonna

riferita al tempo trascorso (tre anni) e saranno allegate al Rapporto

Ambientale definitivo .

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11. A L L E G A T I .

P . U . C . D I B O N E A (B N ) - R A P P O R T O A M B I E N T A L E P R E L I M I N A R E .

176

11. ALLEGATI.

Allegato 1: Scheda “Standard data form” area “Natura 2000” S.I.C.

IT8020008 Massiccio del Taburno.

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NATURA 2000 - STANDARD DATA FORMFor Special Protection Areas (SPA), Proposed Sites for Community Importance (pSCI),Sites of Community Importance (SCI) and for Special Areas of Conservation (SAC)

SITE IT8020008

SITENAME Massiccio del Taburno

TABLE OF CONTENTS

1. SITE IDENTIFICATION2. SITE LOCATION3. ECOLOGICAL INFORMATION4. SITE DESCRIPTION5. SITE PROTECTION STATUS6. SITE MANAGEMENT7. MAP OF THE SITE

1. SITE IDENTIFICATION

1.1 Type 1.2 Site code

B IT8020008

1.3 Site name

Massiccio del Taburno

1.4 First Compilation date 1.5 Update date

1995-05 2019-12

1.6 Respondent:

Name/Organisation: Regione Campania UOD Gestione Risorse Naturali Protette

Address:       Centro Direzionale isola C3, Viale della Costituzione, 80143 Napoli       

Email: [email protected]

1.7 Site indication and designation / classification dates

Date site classified as SPA: 0000-00

National legal reference of SPA designation No data

Date site proposed as SCI: 1995-05

Date site confirmed as SCI: No data

Date site designated as SAC: 2019-05

National legal reference of SAC designation: DM 21/05/2019 - G.U. 129 del 04-06-2019

2. SITE LOCATION

2.1 Site-centre location [decimal degrees]:

Longitude14.580556

Latitude41.111389

2.2 Area [ha]: 2.3 Marine area [%]

5321.0 0.0

2.4 Sitelength [km]:

0.0

2.5 Administrative region code and name

NUTS level 2 code Region Name

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ITF3 Campania

2.6 Biogeographical Region(s)

Mediterranean (100.0 %)

3. ECOLOGICAL INFORMATION

3.1 Habitat types present on the site and assessment for them

Annex I Habitat types Site assessment

Code PF NP Cover [ha]Cave [number]

Data quality

A|B|C|D A|B|C

            Representativity Relative Surface Conservation Global

6210       744.94    P  B  C  B  A 

6210   X     319.26    P  B  C  B  A 

6220       266.05    P  B  C  B  A 

8210       266.05    P  A  C  A  A 

8310       53.21    P  A  C  A  B 

9210       1862.35    P  A  B  A  A 

9260       1064.2    P  B  C  B  C 

for the habitat types that can have a non-priority as well as a priority form (6210, 7130, 9430) enter "X" in the column PF to indicate the priority form.PF: in case that a habitat type no longer exists in the site enter: x (optional)NP:

decimal values can be enteredCover: for habitat types 8310, 8330 (caves) enter the number of caves if estimated surface is not available.Caves:

G = 'Good' (e.g. based on surveys); M = 'Moderate' (e.g. based on partial data with some extrapolation); P = 'Poor' (e.g. rough estimation)Data quality:

3.2 Species referred to in Article 4 of Directive 2009/147/EC and listed in Annex II of Directive 92/43/EEC and site evaluation for them

Species Population in the site Site assessment

G Code Scientific Name S NP T Size Unit Cat.D.qual.

A|B|C|D A|B|C

            Min Max     Pop. Con. Iso. Glo.

B A086 Accipiter nisus     r  1  5  p    P  C  B  C  B 

B A247 Alauda arvensis     c        C  DD  C  B  C  B 

B A247 Alauda arvensis     r  6  10  p    P  C  B  C  B 

B A255 Anthus campestris     c        C  DD  C  B  C  B 

B A257 Anthus pratensis     c        P  DD  C  B  C  B 

B A257 Anthus pratensis     w        P  DD  C  B  C  B 

B A226 Apus apus     c        C  DD  C  B  C  B 

B A227 Apus pallidus     c        P  DD  C  B  C  B 

B A221 Asio otus     c        P  DD  C  B  C  B 

B A221 Asio otus     p        P  DD  C  B  C  B 

B A221 Asio otus     r        R  DD  C  B  C  B 

A 5357 Bombina pachipus     p        P  DD  C  B  C  B 

B A087 Buteo buteo     r  1  5  p    P  C  B  C  B 

B A087 Buteo buteo     p        C  DD  C  B  C  B 

B A087 Buteo buteo     c        C  DD  C  B  C  B 

B A224 Caprimulgus europaeus     r  1  5  p    P  C  B  C  B 

B A224 Caprimulgus europaeus     c        R  DD  C  B  C  B 

B A366 Carduelis cannabina     c        P  DD  C  B  C  B 

B A366 Carduelis cannabina     r        P  DD  C  B  C  B 

B A366 Carduelis cannabina     w        P  DD  C  B  C  B 

B A080 Circaetus gallicus     c        R  DD  C  B  C  B 

B A208 Columba palumbus     p        C  DD  C  B  C  B 

B A208 Columba palumbus     w        P  DD  C  B  C  B 

B A208 Columba palumbus     r        C  DD  C  B  C  B 

B A208 Columba palumbus     c        P  DD  C  B  C  B 

B A113 Coturnix coturnix     c        P  DD  C  B  C  B 

B A113 Coturnix coturnix     r        V  DD  C  B  C  B 

B A212 Cuculus canorus     c        C  DD  C  B  C  B 

B A212 Cuculus canorus     r        C  DD  C  B  C  B 

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B A253 Delichon urbica     c        C  DD  C  B  C  B 

B A269 Erithacus rubecula     r        C  DD  C  B  C  B 

B A269 Erithacus rubecula     w        C  DD  C  B  C  B 

B A269 Erithacus rubecula     p        C  DD  C  B  C  B 

B A269 Erithacus rubecula     c        C  DD  C  B  C  B 

B A103 Falco peregrinus     c        C  DD  C  C  C  B 

B A103 Falco peregrinus     r  1  5  p    P  C  C  C  B 

B A099 Falco subbuteo     c        P  DD  C  B  C  B 

B A096 Falco tinnunculus     c        C  DD  C  B  C  B 

B A096 Falco tinnunculus     r  1  5  p    P  C  B  C  B 

B A096 Falco tinnunculus     p        P  DD  C  B  C  B 

B A321 Ficedula albicollis     c        R  DD  C  B  C  B 

B A359 Fringilla coelebs     r        C  DD  C  B  C  B 

B A359 Fringilla coelebs     p        C  DD  C  B  C  B 

B A359 Fringilla coelebs     w        C  DD  C  B  C  B 

P 4104 Himantoglossum adriaticum

    p        P  DD  D       

B A300 Hippolais polyglotta     c        P  DD  C  B  C  B 

B A251 Hirundo rustica     r        P  DD  C  B  C  B 

B A251 Hirundo rustica     c        P  DD  C  B  C  B 

B A338 Lanius collurio     c        C  DD  C  B  C  B 

B A338 Lanius collurio     r  6  10  p    P  C  B  C  B 

B A341 Lanius senator     c        R  DD  C  B  C  B 

B A246 Lullula arborea     c        C  DD  C  B  C  B 

B A271 Luscinia megarhynchos     c        C  DD  C  B  C  B 

B A271 Luscinia megarhynchos     r        C  DD  C  B  C  B 

I 1062 Melanargia arge     p        R  DD  C  A  C  A 

B A242 Melanocorypha calandra     c        R  DD  C  B  C  B 

B A230 Merops apiaster     c        R  DD  C  B  C  B 

B A073 Milvus migrans     c        C  DD  C  B  C  B 

B A260 Motacilla flava     c        P  DD  C  B  C  B 

B A260 Motacilla flava     r        P  DD  C  B  C  B 

B A319 Muscicapa striata     c        P  DD  C  B  C  B 

B A319 Muscicapa striata     r        P  DD  C  B  C  B 

M 1324 Myotis myotis     p        P  DD  C  A  C  A 

B A277 Oenanthe oenanthe     c        P  DD  C  B  C  B 

B A277 Oenanthe oenanthe     r        P  DD  C  B  C  B 

B A337 Oriolus oriolus     r        P  DD  C  B  C  B 

B A337 Oriolus oriolus     c        P  DD  C  B  C  B 

B A214 Otus scops     r        P  DD  C  B  C  B 

B A214 Otus scops     c        P  DD  C  B  C  B 

B A072 Pernis apivorus     r  1  1  p    P  C  B  C  B 

B A072 Pernis apivorus     c        R  DD  C  B  C  B 

B A273 Phoenicurus ochruros     c        P  DD  C  B  C  B 

B A273 Phoenicurus ochruros     w        C  DD  C  B  C  B 

B A273 Phoenicurus ochruros     r        P  DD  C  B  C  B 

B A274 Phoenicurus phoenicurus     r        R  DD  C  B  C  B 

B A274 Phoenicurus phoenicurus     c        R  DD  C  B  C  B 

B A315 Phylloscopus collybita     c        C  DD  C  B  C  B 

B A315 Phylloscopus collybita     w        C  DD  C  B  C  B 

B A315 Phylloscopus collybita     p        C  DD  C  B  C  B 

B A315 Phylloscopus collybita     r        C  DD  C  B  C  B 

B A314 Phylloscopus sibilatrix     c        P  DD  C  B  C  B 

B A316 Phylloscopus trochilus     c        P  DD  C  B  C  B 

B A266 Prunella modularis     c        C  DD  C  B  C  B 

B A266 Prunella modularis     w        C  DD  C  B  C  B 

M 1304 Rhinolophus ferrumequinum

    p        P  DD  C  A  C  A 

M 1303 Rhinolophus hipposideros

    p        P  DD  C  A  C  A 

B A275 Saxicola rubetra     c        P  DD  C  B  C  B 

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B A276 Saxicola torquata     r        P  DD  C  B  C  B 

B A276 Saxicola torquata     p        P  DD  C  B  C  B 

B A276 Saxicola torquata     w        P  DD  C  B  C  B 

B A155 Scolopax rusticola     w        R  DD  C  B  C  B 

B A155 Scolopax rusticola     c        P  DD  C  B  C  B 

B A210 Streptopelia turtur     r        C  DD  C  B  C  B 

B A210 Streptopelia turtur     c        R  DD  C  B  C  B 

B A351 Sturnus vulgaris     w        C  DD  C  B  C  B 

B A351 Sturnus vulgaris     c        C  DD  C  B  C  B 

B A310 Sylvia borin     c        P  DD  C  B  C  B 

B A304 Sylvia cantillans     c        P  DD  C  B  C  B 

B A304 Sylvia cantillans     r        P  DD  C  B  C  B 

B A309 Sylvia communis     c        P  DD  C  B  C  B 

B A309 Sylvia communis     r        P  DD  C  B  C  B 

B A286 Turdus iliacus     w        R  DD  C  B  C  B 

B A286 Turdus iliacus     c        R  DD  C  B  C  B 

B A283 Turdus merula     c        P  DD  C  B  C  B 

B A283 Turdus merula     p        C  DD  C  B  C  B 

B A283 Turdus merula     r        C  DD  C  B  C  B 

B A285 Turdus philomelos     c        P  DD  C  B  C  B 

B A285 Turdus philomelos     r        P  DD  C  B  C  B 

B A285 Turdus philomelos     w        C  DD  C  B  C  B 

B A284 Turdus pilaris     p        P  DD  C  B  C  B 

B A284 Turdus pilaris     c        P  DD  C  B  C  B 

B A232 Upupa epops     c        P  DD  C  B  C  B 

B A232 Upupa epops     r        C  DD  C  B  C  B 

A = Amphibians, B = Birds, F = Fish, I = Invertebrates, M = Mammals, P = Plants, R = ReptilesGroup: in case that the data on species are sensitive and therefore have to be blocked for any public access enter: yesS:

in case that a species is no longer present in the site enter: x (optional)NP: p = permanent, r = reproducing, c = concentration, w = wintering (for plant and non-migratory species use permanent)Type:

i = individuals, p = pairs or other units according to the Standard list of population units and codes in accordance with Article 12 and 17 reporting (see Unit:)reference portal

C = common, R = rare, V = very rare, P = present - to fill if data are deficient (DD) or in addition to population size Abundance categories (Cat.):information

G = 'Good' (e.g. based on surveys); M = 'Moderate' (e.g. based on partial data with some extrapolation); P = 'Poor' (e.g. rough estimation); Data quality:VP = 'Very poor' (use this category only, if not even a rough estimation of the population size can be made, in this case the fields for population size can remain empty, but the field "Abundance categories" has to be filled in)

3.3 Other important species of flora and fauna (optional)

Species Population in the site Motivation

Group CODE Scientific Name S NP Size Unit Cat.Species Annex

Other categories

          Min Max   C|R|V|P IV V A B C D

P    Alnus cordata           P            X 

P    Armeria macropoda           P            X 

R  1284  Coluber viridiflavus           C  X           

R  1281  Elaphe longissima           R  X           

R    Lacerta bilineata           C          X   

I    Lucanus tetraodon           P            X 

R  1256  Podarcis muralis           C  X           

R  1250  Podarcis sicula           C  X           

I    Sympecma fusca           P          X   

A  1168  Triturus italicus           R  X           

A = Amphibians, B = Birds, F = Fish, Fu = Fungi, I = Invertebrates, L = Lichens, M = Mammals, P = Plants, R = ReptilesGroup: for Birds, Annex IV and V species the code as provided in the reference portal should be used in addition to the scientific nameCODE:

in case that the data on species are sensitive and therefore have to be blocked for any public access enter: yesS: in case that a species is no longer present in the site enter: x (optional)NP: i = individuals, p = pairs or other units according to the standard list of population units and codes in accordance with Article 12 and 17 reporting, (see Unit:

)reference portal Abundance categories: C = common, R = rare, V = very rare, P = presentCat.:

Annex Species (Habitats Directive), National Red List data; Endemics; International Conventions; other reasonsMotivation categories: IV, V: A: B: C: D:

4. SITE DESCRIPTION

4.1 General site character

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X

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Type [%]

Public

National/Federal 0State/Province 0Local/Municipal 0Any Public 80

Joint or Co-Ownership 0Private 20Unknown 0sum 100

Habitat class % Cover

N22 5.0

N19 25.0

N23 5.0

N09 30.0

N16 30.0

N21 5.0

Total Habitat Cover 100

Other Site CharacteristicsMassiccio calcareo mesozoico, separato da una depressione tettonica del Monte Camposauro, con il quale forma un'unita' geologico-strutturale. Versanti squarati per la presenza di faglie e pareti ripide (sopratutto il versante meridionale). Privo di idrografia superficiale.

4.2 Quality and importanceInteressante avifauna (Falco peregrinus).

4.3 Threats, pressures and activities with impacts on the site

4.4 Ownership (optional)

4.5 DocumentationAAVV 2011. I Rapaci diurni della Campania. Monografia n. 10 ASOIM, Napoli.

5. SITE PROTECTION STATUS (optional)

5.1 Designation types at national and regional level:

Code Cover [%] Code Cover [%] Code Cover [%]

IT04 100.0

5.2 Relation of the described site with other sites:

designated at national or regional level:

Type code Site name Type Cover [%]

IT04 Taburno - Camposauro

5.3 Site designation (optional)

6. SITE MANAGEMENT

6.1 Body(ies) responsible for the site management:

Organisation: Regione Campania

Address:

Email:

6.2 Management Plan(s):An actual management plan does exist:

Yes Name: Link:

No, but in preparation

No

6.3 Conservation measures (optional)D.G.R. n. 795/2017

7. MAP OF THE SITES

Page 183:  · I N D I C E . INDICE 0. INTRODUZIONE. 7 0.1 Quadro normativo di riferimento per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e per la Valutazione d’Incidenza Ambientale (V.I

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154 III SE, 154 II S 1:25000 Gauss-Boaga; CARTA DEGLI HABITAT; CORINE LANDCOVER III