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Contemporaneo: le impercettibili sfumature del presente nelle arti ”E pur si muove!” …Così disse qualcuno. E aveva ragione, ma nel suo tempo le pressioni erano molte e forti pur di impedire un rinnovamento tanto radicale. Si trattava in definitiva di difendere un intero sistema, fatto di certezze granitiche e privilegi incontestabili. Che l’abbia pronunciata il Galilei o se la sia inventata il Baretti, la sostanza dell’affermazione “E pur si muove!” non cambia: esprime il dubbio, che resiste a qualsiasi persuasione. Questo editoriale del mese di giugno parte dal presupposto che accorgersi di qualcosa, intuirla, vederla, ascoltarla e comprenderla nel momento stesso in cui accade ed agisce implica un modo di stare nel presente a cui non siamo abituati. L’Arte in questo senso non fa eccezione, semmai complica la percezione, trattandosi di un campo in cui confluiscono emozioni, sentimenti ed intuito oltre alla razionalità. Nel nostro tempo, “contemporaneo” denota le espressioni artistiche del presente in cui viviamo; intrinsecamente vorrebbe distinguersi da “tradizionale” e spesso nasce da un’azione di rifiuto o di superamento della forma in quanto tale. Ma poiché ogni cosa per manifestarsi necessita di una forma, anche il contemporaneo possiede la propria, riconosce tutto ciò che non emana da essa e lo rifiuta. Tuttavia, per un occhio allenato a cogliere le sfumature, da molti indizi appare chiaro che una classificazione sistematica del presente equivale all’annientamento delle sue potenzialità e al fraintendimento strumentale della sua vera ricchezza, che è la diversità e il divenire delle forme. Che cosa ascoltiamo? Su che cosa ci sintonizziamo quando fruiamo dei contenuti? Rispondere alla domanda potrebbe fornire un criterio interessante per dare un valore personale al presente, al nostro esserci per testimoniarlo, alla qualità delle relazioni che instauriamo. Allora potremmo perfino arrivare a cogliere e a sentire nella fragilità di un moto che “ancora non è” tutta l’onestà e la forza del divenire e dare così un senso e una chance a quel “E pur si muove!che di tanto in tanto ci assale, prima che l’abitudine e le famigerate circostanze ci inducano ad abiurare. Questa volta spontaneamente. Buona Estate! (di Daniela Bestetti) pag. 1 I Quaderni - Editoriale GALLERY GIUGNO 2014. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI I Quaderni di Nuova Scena Antica RIVISTA ON LINE ARTE MUSICA PERFORMANCE I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico e culturale contemporaneo nazionale ed internazionale. ANNO 6 N. 2 GIUGNO 2014 RIVISTA TRIMESTRALE ARTE MUSICA PERFORMANCE Redazione Italia direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI Nuova Scena Antica 2014 Alcuni diritti riservati www.nuovascenaantica.it SOMMARIO Editoriale 1 Arte 2 Musica 4 Performance 6 I Quaderni nel mondo 8

I QUADERNI anno 6 n. 2 (giugno 2014)

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Contemporaneo: le impercettibili sfumature del presente nelle arti. EDITORIALE: "E pur si muove!" ARTE Silva Cavalli Felci MUSICA Artchipel Orchestra PERFORMANCE Giorgia Nardin DALL'ESTERO Josep Maria Borras Cristofol (Spagna) e Enrique Diaz (Brasil)

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Contemporaneo: le impercettibili sfumature del presente nelle arti ”E pur si muove!”

…Così disse qualcuno. E aveva ragione, ma nel suo tempo le pressioni erano molte e forti pur di impedire un rinnovamento tanto radicale. Si trattava in definitiva di difendere un intero sistema, fatto di certezze granitiche e privilegi incontestabili. Che l’abbia pronunciata il Galilei o se la sia inventata il Baretti, la sostanza dell’affermazione “E pur si muove!” non cambia: esprime il dubbio, che resiste a qualsiasi persuasione.

Questo editoriale del mese di giugno parte dal presupposto che accorgersi di qualcosa, intuirla, vederla, ascoltarla e comprenderla nel momento stesso in cui accade ed agisce implica un modo di stare nel presente a cui non siamo abituati. L’Arte in questo senso non fa e c c e z i o n e , s e m m a i c o m p l i c a l a percezione, trattandosi di un campo in cui confluiscono emozioni, sentimenti ed intuito oltre alla razionalità. Nel nostro tempo, “contemporaneo” denota le

espressioni artistiche del presente in cui v iv iamo; intr insecamente vorrebbe distinguersi da “tradizionale” e spesso nasce da un’azione di r if iuto o di superamento della forma in quanto tale. Ma poiché ogni cosa per manifestarsi necess i ta d i una for ma, anche i l contemporaneo possiede la propria, riconosce tutto ciò che non emana da essa e lo rifiuta. Tuttavia, per un occhio allenato a cogliere le sfumature, da molti i n d i z i a p p a r e c h i a r o c h e u n a classificazione sistematica del presente equivale all’annientamento delle sue potenz ia l i tà e a l f ra in tend imento strumentale della sua vera ricchezza, che è la diversità e il divenire delle forme.

Che cosa ascoltiamo? Su che cosa ci sintonizziamo quando fruiamo dei contenuti? Rispondere alla domanda potrebbe fornire un criterio interessante per dare un valore personale al presente, al nostro esserci per testimoniarlo, alla qualità delle relazioni che instauriamo. Allora potremmo per fino arrivare a

cogliere e a sentire nella fragilità di un moto che “ancora non è” tutta l’onestà e la forza del divenire e dare così un senso e una chance a quel “E pur si muove!” che di tanto in tanto ci assale, prima che l’abitudine e le famigerate circostanze ci inducano ad abiurare. Questa volta spontaneamente.

Buona Estate!

(di Daniela Bestetti)

pag. 1I Quaderni - Editoriale

GALLERY GIUGNO 2014. GLI ARTISTI. LE CREAZIONI

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RIVISTA ON LINE !!!!ARTE MUSICA PERFORMANCE

I Quaderni di Nuova Scena Antica I Quaderni di Nuova Scena Antica nascono per raccogliere gli incontri significativi avvenuti nel panorama artistico e culturale contemporaneo nazionale ed internazionale.

ANNO 6 N. 2 GIUGNO 2014

RIVISTA TRIMESTRALE

ARTE MUSICA PERFORMANCE

Redazione Italia

direttore responsabile SILVIO DA RU’ project & art director DANIELA BESTETTI

Nuova Scena Antica 2014 Alcuni diritti riservati

www.nuovascenaantica.it

SOMMARIO Editoriale 1

Arte 2

Musica 4

Performance 6

I Quaderni nel mondo 8

Silva Cavalli Felci (scultrice, pittrice, artista visiva) Una riflessione sensibile sul presente personale e circostante; una ricerca che ha

saputo evolversi negli anni per rispondere alla complessità concettuale della realtà; forme e materiali che si scelgono per esaltare il binomio di sintesi ed immediatezza. E’ il percorso in divenire dell’opera di Silva Cavalli Felci, che in quarant’anni di attività artistica ha affinato la propria poetica anche attraverso molteplici linguaggi.

Un esordio da pittrice negli anni ’70 e ’80 per poi dedicarsi alla scultura: come è avvenuto questo passaggio di testimone? SCF: Non è una decisione razionale, ma un passaggio graduale: dai quadri ad olio degli anni ’70, ancora densi di emozione e memorie, ai pastelli della fine anni ’70, inizio anni ’80, in cui si fa urgente la necessità di un segno/ritmo più immediato, senza pentimenti. La tridimensionalità ha inizio con l’annullamento del colore e l’approccio a materiali spuri: legni abbandonati, cortecce lasciate cadere dagli alberi, cenere, sabbia, catrame e fuoco come agente di trasmutazione, materie la cui vita è “sospesa” ma, per me, tutt’altro che inerti, anzi cariche di potenziale energia (Totem e Quadri neri, 1983).

Poi un ulteriore scarto: l’impiego di materiali grezzi cede il posto a schiume poliuretaniche, specchi, acciaio inox. Le forme riflettono questa operazione di epurazione della materia e si fanno quasi totemiche. SCF: Tre collages del 1994 dal titolo Oltre danno l’avvio a ciò che tu chiami “operazione di epurazione della materia”. A questa data risalgono le mie prime sculture in legno compensato laccato - Pilastri, Fragili, Parete, Reperti - opere scarne ed essenziali, che evocano simbolicamente la congiunzione degli opposti (aperto-chiuso, luce-ombra, stabile-fragile). I miei lavori più recenti fanno uso di tecniche digitali e sono realizzati in materiali compositi, acciaio inox, specchio, alluminio, forse perché maggiormente idonei a perseguire un più alto livello di sintesi. Nei miei ultimi “disegni tridimensionali” (2013-2014) il segno della matita è sostituito dal taglio, senza possibilità di errore, come nei pastelli.

Nel percorso artistico si inseriscono collaborazioni con scrittori e poeti che portano alla creazione di elaborate opere su carta. L’interesse per la psicologia del profondo influenza la creazione artistica. Come sono nate e come si riflettono queste esperienze nella tua opera? SCF: L’amore per altre discipline, la curiosità per altri immaginari hanno nutrito e segnato il mio percorso artistico. Alla poetessa Rina Sara Virgillito mi legava un’amicizia di lunga data, affinità di interessi, necessità di esprimere tensioni interiori, un modo di vivere appartato, il vissuto femminile e altro ancora. !!

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

pag. 2I Quaderni - Arte

ARTE ZOOM ON SILVA

1. Il tuo maggior pregio L’accoglienza. Il rigore e la precisione.

2. Il tuo peggior difetto Il rigore e la precisione.

3. Progetti per il futuro Spero possa realizzarsi la messa in scena del balletto La rosa del deserto, di cui ho ideato il soggetto, la scenografia e i costumi (partitura di Massimiliano Messieri).

Bio in sintesi di Silva Cavalli Felci Nasce nel 1935 a Bellinzona in Svizzera. Dopo le scuole superiori trascorre un biennio a Londra e frequenta il corso di disegno e stage design alla St.Martin’s School of Art. Nel 1969 conclude gli studi presso l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo. Accanto al percorso artistico, dal 1997 conduce laboratori di attività espressive, attenti all’indagine e alla voce del disagio. Vive e lavora a Bergamo e a Manerba del Garda.

www.silvacavallifelci.com

Ascesa schiuma poliuretanica, specchio

111 x 28 (2012)

“Onda nera” schiuma poliuretanica Ø 90 cm (2012)

SCF: Parole o versi suoi – per il loro intrinseco significato, per la loro fonetica, per il

pensiero che sottende la loro germinazione – andavano a coincidere, a incastrarsi (per analogia o per contrasto) in parecchi dei miei lavori. Con Sergio Romanelli, così come più recentemente con Adriano Piccardi, hanno preso vita progetti creativi in congiunto, in cui il processo si è realizzato dall’opera alla poesia o, viceversa, dalla poesia all’opera, talvolta, prendendo corpo in forma unica. La mia esperienza formativa terapeutica sia verbale che non verbale, quest’ultima con il metodo della sandplay therapy di Dora Kalff, allieva di Jung, credo abbia agevolato il mio percorso d’arte e di vita. Ha reso possibile altre esperienze come la collaborazione con la Fondazione Emilia Bosis (che si occupa della riabilitazione e risocializzazione di persone con disagio psichico) e ha favorito la nascita del mio laboratorio di attività espressive, “luogo in cui è possibile generare esperienze di senso in altri esseri, introdotti dall’artista ad un proprio percorso creativo”. (Sonia Giorgi “Pensare simbolico, fare simbolico nel percorso artistico di Silva Cavalli Felci” Silva Cavalli Felci “La vita è insufficiente”, Lubrina Editore, Bergamo, 2014).

Infine una provocazione, che ci àncora al tema di questo numero. L’arte contemporanea lavora per sottrazione e semplificazione da un lato, e per scardinamento e provocazione dall’altro. In che senso a tuo avviso ciò testimonia e riflette la complessa realtà in cui viviamo? SCF: Viviamo un tempo di grandi e veloci mutamenti e l’arte non può che testimoniarli; l’arte è come un grande fiume che continua a scorrere. Nella cognizione della complessità del mondo e secondo la sua natura, l’artista crea la sua opera, che è pensiero, ma anche sentimento, emozione, intuizione (le quattro funzioni junghiane) e per la quale è vana ogni spiegazione. In ogni caso, a mio avviso, l’opera deve trasformarsi in fatto estetico. Credo che anche l’opera d’arte più sintetica e semplificata (il che non significa affatto semplice) sia sempre provocatoria, conturbante, enigmatica e non abbia nulla a che fare con la gradevolezza.

Grazie, Silva. (intervista a Silva Cavalli Felci del 27.05.2014)

pag. 3I Quaderni - Arte

“Esploso alzato mobile” schiuma poliuretanica, specchio Ø 70 cm (2011)

“Notturno” acciaio inox satinato

h 180 cm (2012)

Artchipel Orchestra (collettivo musicale) Premiata come miglior formazione dell’anno al Top Jazz 2012, Artchipel Orchestra,

poliedrico collettivo musicale, è formata da giovani leve e nomi affermati della scena jazz italiana. Ideatore, arrangiatore e direttore è Ferdinando Faraò, musicista a tuttotondo (batterista, compositore, direttore d’orchestra), che abbiamo incontrato per scoprire da vicino gli elementi distintivi di questa realtà.

Da dove nasce l’ispirazione di creare un collettivo eterogeneo anche per età anagrafica, più vicino all’orchestra jazz che alla big band tradizionalmente intesa? FF: Più che da un’ispirazione, Artchipel Orchestra nasce da una circostanza che ha visto il sottoscritto e Antonio Ribatti, direttore artistico di Ah Um Milano, realizzare un evento per il decimo anniversario dell'Associazione Cjam, un gruppo fondato da Alberto Tacchini, Tito Mangialajo e Paolo Botti e che ha animato questo importante festival indipendente per diversi anni. L'idea è stata, in quell'occasione, di riunire una band chiamando a raccolta alcuni miei amici musicisti con i quali avevo in precedenza collaborato e che ritenevo fossero adatti per realizzare una mia partitura intitolata “Orecchie Unite”. Iniziò tutto così… Il concerto venne tenuto al teatro Fontana nel 2010 al Quartiere Isola di Milano.

Quali pensieri musicali hanno nutrito e nutrono la vostra musica, che hai definito “una sorta di arcipelago sonoro in bilico tra scrittura e improvvisazione”? FF: L'immaginario dell'arcipelago rimanda a due cose ben precise. La prima riguarda l'estrazione dei musicisti che compongono l'orchestra che è eterogenea, sia dal punto di vista anagrafico che da quello dei retroterra musicali, basti pensare che molti di loro si sono trovati a suonare insieme per la prima volta proprio in Artchipel Orchestra. La seconda riguarda la musica, l'organizzazione e la distribuzione delle parti nei loro molteplici aspetti legati alla scrittura e all'improvvisazione.

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

pag. 4I Quaderni - Musica

MUSICA ZOOM ON ARTCHIPEL ORCHESTRA

1. Il vostro maggior pregio Siamo un'orchestra indipendente, aperta e accogliente, non animata da logiche meramente commerciali.

2. Il vostro peggior difetto Nonostante le nostre buone intenzioni, non riusciamo quasi mai a venire tutti puntuali alle prove.

3. Progetti per il futuro Oltre al nuovo disco, dedicato interamente alla musica dei Soft Machine, che uscirà in allegato al numero di settembre della rivista M u s i c a J a z z , r i p r ende remo e concluderemo in versione integrale gli arrangiamenti di Platteback, l'opera di Mike Westbrook con i testi di Kate Westbrook. Abbiamo poi pronti alcuni arrangiamenti di composizioni di Frank Zappa che presto metteremo in repertorio e che amplieremo per un prossimo disco. Siamo reduci da un bellissimo concerto con Keith e Julie Tippett e AU+ (visuals di Fabio Volpi e Rosarita Crisafi) al Festival Jazz di Fasano che lascia presupporre, mi auguro in tempi brevi, un ulteriore loro coinvolgimento nei nostri prossimi progetti e appuntamenti. !!!!!!

In alto nella foto Artchipel Orchestra © Angela Bartolo !!!!!!!!!!!!!!

A lato Artchipel Orchestra

foto Alessandro Achilli

!FF: Tutto questo, ci tengo a sottolinearlo, non è stato pensato a tavolino, si è sviluppato naturalmente tenendo conto delle diverse inclinazioni di ognuno di noi. L'intenzione è e rimane tendenzialmente quella di “tirar fuori” da ognuno piuttosto che “riempire” per tutti.

A tuo parere che cosa può distinguere oggi una realtà musicale nel vasto panorama del contemporaneo e quali sono i vostri elementi distintivi? FF: E' necessario che ci siano delle idee e che si portino avanti con convinzione. E' importante fare bene, ma anche avere un po' di originalità può aiutare a distinguersi in un panorama animato da tanti bravi musicisti e interessanti proposte. Per quanto riguarda gli elementi distintivi di Artchipel Orchestra, sono molto legati al suo repertorio e agli autori a cui essa fa riferimento e cioè: Mike Westbrook, Alan Gowen, Fred Frith, Dave Stewart, Hugh Hopper, Robert Wyatt, tutti britannici, cosa abbastanza inconsueta in Italia dove sappiamo che c'è molta più tendenza, in generale, verso la musica americana.2Sfera estetica e sfera etica: che ruolo giocano nella tua esperienza di uomo e di musicista? Quando e come si possono incontrare nella musica? FF: Cerco di fare bene il mio mestiere, di migliorarmi sempre, anche attraverso gli errori. Il resto dovrebbe venire da sé.

Grazie, Ferdinando.

(intervista a Ferdinando Faraò del 28.05.2014) !!!Artchipel Orchestra sono: !Beppe Barbera piano, Carlo Nicita flauto, Carmelo Patti violino, Giovanni Sansone

tromba, Felice Clemente sax soprano/clarinetto, Serena Ferrara voce, Giampiero Spina

chitarra, Gianluca Alberti doppio basso, Naima Faraò voce, Marco Fior tromba, Lorenzo Gasperoni percussioni, Massimo Giuntoli piano/tastiere, Simone Mauri clarinetto basso,

Paolo Botti viola, Paolo Profeti sax alto, Francesca Petrolo trombone, Rudi Manzoli sax

tenore e baritono, Giusy Lupis voce, Eloisa Manera violino, Stefano Lecchi batteria,

Filippo Pascuzzi voce, Marco Mariani tromba, Massimo Falascone sax alto e baritono,

Massimo Cavallaro sax soprano, Mariangela Tandoi accordion, Rosarita Crisafi sax

tenore, Alex Sabina sax alto e soprano, Andrea Baronchelli trombone.

pag. 5I Quaderni - Musica

ZOOM ON ARTCHIPEL ORCHESTRA !!

Bio in sintesi di Artchipel Orchestra Nata nel 2010, Artchipel Orchestra è un progetto del batterista, compositore e direttore d'orchestra Ferdinando Faraò. Una grande formazione composta da “isole musical i”, su l le qual i s i inseriscono di volta in volta i solisti, formando una sorta di arcipelago sonoro in bil ico tra scr it tura e improvvisazione. Il risultato è sempre di forte identità e di grande impatto s cen i co . Ca ra t t e r i z za t a da l l a trasversalità anagrafica, la formazione dà spazio a giovani musicisti di talento, accanto a nomi autorevoli del jazz italiano: una sorta di vivaio, di laboratorio permanente, di progetto in divenire del jazz italiano che ha dato ottimi risultati di pubblico e di critica. Quale migliore formazione Top Jazz 2012 della rivista Musica Jazz, dal repertorio di brani originali di Faraò la band è passata a compositori inglesi della scena jazz/progressive anni '70 (Mike Westbrook, Alan Gowen, Fred Frith, Dave Stewart). Il primo cd Never Odd or Even (feat. Phil Miller) è tra le migliori uscite 2012 di All About Jazz, recensito dallo scrittore inglese Jonathan Coe. Per il secondo cd, Faraò ha scelto i Soft Machine e sta lavorando a nuov i ar rang iamen t i , i n cu i composizioni di Robert Wyatt, Hugh Hopper e Mike Ratledge verranno p ropos t e i n c h ia ve j azz i s t i ca contemporanea. !!!https://sites.google.com/site/artchipelorchestra !!https://www.facebook.com/A r t c h i p e l O r c h e s t r a ?ref_type=bookmark !!www.ferdinandofarao.com !

Giorgia Nardin (danzatrice, coreografa) Nata da padre italiano e madre americana, Giorgia Nardin è una delle giovanissime

figure emergenti nel panorama italiano della danza contemporanea. Danzatrice e coreografa, si è distinta negli ultimi due anni nelle principali vetrine dedicate alla danza d’autore, selezionata per partecipare a progetti internazionali di ricerca e produzione coreografica.

Che cosa ti ha avvicinato all’arte della danza? GN: Da piccola ho iniziato a studiare danza classica nella scuola del mio paese. Mi piaceva moltissimo andare a lezione, ballare. Questo è stato il mio primo approccio alla danza. Crescendo questo piacere è rimasto, si è trasformato e si è evoluto, è diventato qualcosa che ha a che fare con la ricerca della bellezza, ma non in senso romantico. Ha molto a che vedere con l'intuito, per me. Forse l'intuito mi ha avvicinata alla danza, ecco.

Come sono nati i tuoi primi soli There and Then e Dolly? Che cosa devi a queste creazioni? GN: There and Then è stato il mio primo esperimento coreografico, è il lavoro in cui ho rovesciato caoticamente tutte le mie paure, tutte le mie incertezze di quel momento. Non credo di aver mai avuto così tanta paura come la prima volta che l'ho performato, perché mi rendevo conto della sua caoticità e allo stesso tempo non trovavo i mezzi per domarla, o per calmarmi. Avevo bisogno che fosse irruento. C'è qualcosa di molto “grezzo” in quello che avviene in scena, e credo che lavorare su There and Then mi abbia insegnato a conoscere questa sensazione e a percepirla quando monta. Mi sono portata questa consapevolezza in Dolly, che è più centrato, più preciso. Con Dolly ho iniziato a trovare più chiaramente i miei meccanismi compositivi, riconosco di aver avuto una pratica e di aver trovato un linguaggio specifico per quel lavoro. Dopo due anni mi piace ancora performarlo, trovo cose nuove, lo sento ancora aderente.

(l’intervista prosegue alla pagina seguente)

pag. 6I Quaderni - Performance

PERFORMANCE

ZOOM ON GIORGIA 1. Il tuo maggior pregio La determinazione, probabilmente.

2. Il tuo peggior difetto Sono permalosa, parecchio, ma non so se sia il mio peggiore difetto. Dovrei fare una classifica…

3. Progetti per il futuro I l p r o s s i m o p r o g e t t o è u n a performance per una interprete al Museo Reina Sof ia di Madr id, all'interno di Performing Gender, progetto europeo sull'identità di genere e l'orientamento sessuale s o s t e n u t o d a G e n d e r B e n d e r International Festival (Italy), Dutch Dance Festival (Netherlands), Paso a 2 Plataforma Coreográfica Asociación Cultural (Spain) e Domino/Queer Zagreb (Croatia). !!!!!

!!!!!!Dolly

(2012) !Le foto pubblicate in questa pagina

sono di Stefano Barraga Emanuele Girotti

Che cosa cerchi e che cosa trovi nei progetti a cui partecipi come coreografa? GN: Mi interessa partire da qualcosa di molto personale, spesso qualcosa che mi mette in difficoltà, o che non capisco fino in fondo. Per questo diventa importante creare, assieme ai miei collaboratori: un contesto che favorisca la condivisione di queste difficoltà e incertezze, ed è la prima cosa che cerco. Cerco la condivisione: è il modo che trovo per fare chiarezza dentro di me rispetto ai contenuti del lavoro e alla sua direzione. Cerco soprattutto di condividere un percorso. Per me uno dei momenti più forti della creazione è quando vedo che il lavoro non è più solo “mio”, e mi permette di prendere una distanza che è necessaria.

Questo numero cerca di fare un focus sulle prerogative e particolarità dei linguaggi contemporanei: cosa pensa Giorgia del ruolo dell’artista e dell’opera d’arte in questo presente dagli equilibri così precari e delicati? GN: Credo che avere un tempo e uno spazio dove fare delle cose che, in altri tempi e in altri spazi, non potremmo fare, sia un lusso grandissimo. Credo sia un lusso per l'artista e anche per il pubblico, che ha la possibilità di partecipare a qualcosa che avviene solo in quello spazio e in quel momento. E che deve esistere.

Grazie, Giorgia.  (intervista a Giorgia Nardin del 27.05.2014)

pag. 7I Quaderni - Performance

ZOOM ON GIORGIA !Bio in sintesi di Giorgia Nardin Classe 1988. Dal 2007 si forma pres so la Nor t hern S c hoo l o f Contemporary Dance di Leeds (UK), dove s t ud ia t ecn i ca Graham, Cunningham e Release, r icerca coreografica e di movimento e nel 2010 si laurea specializzandosi in improvvisazione con Rachel Krische. Partecipa alla tappa bassanese di Choreoroam come danzatrice per la coreografa croata Sonja Pregrad; frequenta workshop con Simona Bertozzi, Nigel Charnock, Adam Linder, Yoshifumi Inao e dal 2011 segue i seminari per coreografi tenuti presso il CSC Garage Nardini. All’Accademia Mobile di Emio Greco|PC incontra Francesca Foscarini e Marco D’Agostin, con i quali realizza Spic & Span (Segnalazione Speciale Premio Scenario 2011). Partecipa al progetto Dance in Villa con il duo site-specific con la danzatrice Tiziana Bolfe e alla Vetrina Giovane Danza d'Autore con il suo primo solo There and Then. Dal 2011 collabora come insegnante di release technique con l’associazione Kairos e dal 2012 come interprete per Sonia Brunelli | Barokthegreat. E’ una dei due coreografi italiani scelti per l'edizione 2012 di Choreoroam Europe (progetto internazionale di ricerca coreografica). Dolly, il suo primo lavoro autorale da solista, è finalista al Premio GD'A 2012, riceve la menz ione spec ia le da DNA | RomaEuropa Festival, viene presentato a International Dance Raids 2012, selezionato dalla rete Anticorpi XL e da Italian Showcase per Dance Base Festival Fringe - Edimburgo 2013. All Dressed Up With Nowhere To Go, primo lavoro come coreografa, è vincitore del Premio Prospettiva D a n z a 2 013 . N e l 2 013 è l a coreografa italiana selezionata per B Project (progetto internazionale di produzione coreografica che ruota attorno all'opera di Hieronymus Bosch), e una dei quattro coreografi italiani selezionati per Performing Gender (progetto internazionale di produzione coreografica su l la tematica di genere). !www.giorgianardin.com !!

Sopra e sotto All Dressed Up

With Nowhere To Go (2013)

foto di Alice Brazzit

Ed ora la parola ai nostri portavoce dall’estero per scoprire cosa succede nel resto del mondo

pag. 8I Quaderni nel Mondo

I Quaderni nel mondo (ES) Daniela De Marchi

Giugno 2014: Opera-workshop all'ESMUC di Barcellona per la messa in scena de il F lauto Magico di Mozart (1791). Una f a v o l a p i e n a d i personaggi irreali, ma

dietro i rituali massonici ed i simboli cabalistici, Mozart ed il librettista Schikaneder lasciano intravedere ampi squarci di presente: attraverso Papageno (l’Uomo di Natura di Rousseau), la coppia Tamino-Pamina (l'unione di sentimento e ragione) e il sacerdote Sarastro (le idee illuministe di giustizia, uguaglianza e fraternità). Gli ideali contemporanei penetrano la struttura tradizionale del genere operistico, ricorrendo al linguaggio polisemantico della musica. Così si spiega anche il protagonismo di alcuni strumenti: il flauto di Pan, con cui si annuncia Papageno, il flauto magico, dono della Regina della Notte a Tamino, e le campanelle anch'esse dono della Regina a Papageno. L'ultima opera di Mozart celebra infine l’unione tra archetipi eterni e necessità quotidiane.

(BR) Sergio Nunes Melo Q u e l l o c h e n o n riusciamo a vedere q u a n d o s i a m o immersi nell’utilitarismo della routine, le opere degne di chiamarsi Arte possono renderlo manifesto. Monster è

un esempio di come il teatro può affrontare l’impercettibile: un testo dai fili apparentemente sconnessi, che mette in luce la prospett iva banalizzata del quotidiano e il turbamento per la costruzione mediatica, con la sua pretesa di essere contemporaneamente neutrale e definitiva. Quando il contemporaneo sceglie di non competere con il sensazionalismo della società, può proporre uno smontaggio degli inganni e dei non detti, che altrimenti rimarrebbero nascosti. Come il vicino del giovane narratore di Monster fa a pezzi il padre vizioso, così il teatro procede con lo squartamento di ciò che è diventato inerte nella tradizione, provocando una comprensione della realtà d i v e r s a m e n t e r e l e g a t a a l l a dimenticanza.

In questo numero Daniela ha scelto per noi

JOSEP MARIA BORRAS CRISTOFOL. Músico y pedagogo. Contemporáneo: los matices sutiles del presente en el lenguaje del arte. Qué importancia tiene el presente en el lenguaje artístico? JMB: El presente en tanto que entorno y momento social está sufriendo una evolución en la comunicación y por lo tanto en el lenguaje o

lenguajes canal de esa comunicación, pero el lenguaje del arte sea cual sea éste, también es uno de los lenguajes de comunicación que conforman nuestro presente.

Como artista, como ves tu relación con el presente? JMB: Si me permitís utilizar la clasificación de Umberto Eco entre apocalípticos e integrados, yo me situaría en el lado de los apocalípticos. Sigo considerando el disfrute del arte como un momento íntimo de conexión con la belleza que difícilmente puedo encontrar en algunos de los lenguajes utilizados en el arte actualmente.

Tradición y modernidad: consigues conciliarlas? JMB: Si uno elabora un arte con el lenguaje “tradicional” que satisface aún a muchos de sus contemporáneos, no es “moderno”?…creo que el t é r m i n o “ m o d e r n o ” ú l t i m a m e n t e e s justificadamente peyorativo pues en muchos c a s o s e l u s o d e l e n g u a j e s o m e d i o s contemporáneos de expresión o comunicación, esconden una falta de ideas y de técnica artística, Permitidme citar a un artista “performer” con un escaso nivel de piano cuya performance residía en “equivocarse” ante una audiencia al interpretar una melodía, pero él mismo admitía que no podía hacer muchas veces dicha “performance” pues si se aprendía realmente la melodía el espectáculo según su manera de ver, ya no tenía ninguna gracia…

www.escola-youkali.com

In questo numero Sergio ha scelto per noi

MONSTER by Daniel MacIvor, staged by Enrique Diaz. Monster, a thirteen-characters monologue by Canadian playwright Daniel MacIvor, directed and played by Enrique Diaz, has run for over a year in several theatres in Brazil. Only recently I have seen it in Rio. Initially, the audience doesn’t quite get how each character/story

would fall into place within the whole narrative: a couple who, despite consistent quarrels , decided to get married after seeing a thriller movie; a teenager telling the story of his next-door mate who hacked up his father in the basement; an ex-drunk who d r e a m e d u p t h e f i l m i c narrative, but got no credit for the movie because he was said to have stolen the idea from a famous unfinished film, a claim that prompted him to fall off the wagon; the movie m a k e r w h o m a d e t h a t incomplete epic... Grounded i n a c o n t e m p o r a r y dramaturgical trend, Monster’s main textual strategy is to elicit playgoers to fill in the gaps so that each autonomous story gets spookily interweaved.

To have a glimpse of Diaz’s appealing performance, check this out:

http://vimeo.com/68741741

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pag. 9I Quaderni di Nuova Scena Antica

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RIVISTA TRIMESTRALE ANNO 6 N. 2 - GIUGNO 2014 !IN QUESTO NUMERO Hanno collaborato: Daniela De Marchi (ES), Sergio Nunes Melo (BR) !Desideriamo ringraziare: Silva Cavalli Felci Artchipel Orchestra e Ferdinando Faraò Giorgia Nardin !ARTE MUSICA PERFORMANCE

!Il prossimo appuntamento è per settembre 2014

con un nuovo numero de I QUADERNI. Arrivederci!