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pagina 3 Corsivo Dopo la “Piazza Pulita” le carte bollate. E tutto torna come prima. pagina 8 Cronaca L’esponente dell’UdC Pino Amato querelato dal pm Giuseppe Maralfa. pagina 22 Cultura La grande musica di Ray Gelato per far “impazzire” la città. pagina 25 Sport Campioni d’Italia di Danza. E sono molfettesi. Come ogni anno con il ritorno della bella stagione i molfettesi sono costretti a fare i conti con la impraticabilità delle spiagge pubbliche. Da levante a ponente i problemi si susseguono e si moltiplicano di anno in anno: di chi il compito di risolverli? pag. 9 Continua la gara di solidarietà avviata dalla Caritas Diocesana di Molfetta in fa- vore di un 19enne affetto da una grave malattia e che deve al più presto essere operato in un ospedale statunitense. All’interno tutte le indicazioni per dare il proprio contributo. pag. 13 Tutti al mare ... di immondizia Insieme per dare una mano n° 63 giovedì 24 giugno 2010 Una vita di ricambio Inchiesta Freepress gratuito di informazione www.ilfatto.net MOLFETTA

Il Fatto n. 063

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Page 1: Il Fatto n. 063

pagina 3

CorsivoDopo la “Piazza Pulita” le carte bollate. E tutto torna come prima.

pagina 8

CronacaL’esponente dell’UdC Pino Amato querelato dal pm Giuseppe Maralfa.

pagina 22

CulturaLa grande musica di Ray Gelato per far “impazzire” la città.

pagina 25

Sport Campioni d’Italia di Danza. E sono molfettesi.

Come ogni anno con il ritorno della bella stagione i molfettesi sono costretti a fare i conti con la impraticabilità delle spiagge pubbliche. Da levante a ponente i problemi si susseguono e si moltiplicano di anno in anno: di chi il compito di risolverli?

pag. 9

Continua la gara di solidarietà avviata dalla Caritas Diocesana di Molfetta in fa-vore di un 19enne affetto da una grave malattia e che deve al più presto essere operato in un ospedale statunitense. All’interno tutte le indicazioni per dare il proprio contributo.

pag. 13

Tutti al mare... di immondizia Insieme per dare una mano

n° 63giovedì 24 giugno 2010

Una vita di ricambio

Inchiesta

Freepress gratuito di informazione

w w w . i l f a t t o . n e tM O L F E T T A

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Un’ordinanza sindacale ha consentito ai fruttivendoli di tornare negli stessi posti da cui i Carabinieri li avevano allontanati.

2061Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Illusoria pulizia

Non sono poi così tanto “avanti” con l’età ma, nonostante ciò, ricordo benis-simo quando, ancora molto piccolo, i miei genitori mi portavano a fare spesa nelle piazze molfettesi: ricordo piazza Paradiso, la vecchia piazza Gramsci, piazza Minuto Pesce e finanche piazza Immacolata e piazza Mentana. A dir la verità andare con loro non mi piaceva affatto: troppa gente che strillava, trop-pe persone che si accalcavano e poi… quell’odore inconfondibile fatto di un misto di pesce, acqua stagnate e chi più ne ha più ne metta, che ti si attaccava addosso e non andava via. Insomma: fare spesa significava affrontare una vera avventura. Poi, un giorno, le piaz-ze a Molfetta scomparvero. C’erano problemi igienici, di ordine pubblico. Insomma bisognava “resettare” e tro-vare un modo nuovo di fare commercio. Il problema è che nessuno si preoccupò di quanti “belli o brutti” che fossero in quelle piazze lavoravano: e quelli pian piano iniziarono a guardarsi attor-no occupando nuove zone della città. Certo qualcuno accettò uno dei nuovi box dell’ex Mattatoio, in via Madonna dei Martiri, qualcun altro se ne andò a piazza Gramsci, molti trovarono siste-mazione in locali privati. Prima che il “richiamo della strada” si facesse più forte e si desse il via all’invasione di marciapiede e incroci con il risultato che anche quelli che erano diventati commercianti ambulanti, si erano tra-sformati in “commercianti a posto fis-so” nel bel mezzo della pubblica via. Una storia nota. Così come è noto che lo scorso 8 giugno la Procura della Re-pubblica di Trani ed i Carabinieri della Compagnia di Molfetta hanno deciso di dire basta a questa “invasione” senza regole del territorio. Ed ecco l’opera-zione “Piazza Pulita”: oltre 120 Cara-binieri e decine di mezzi in campo per sequestrare, smantellare, verbalizzare. E per 24 ore la città è tornata alla nor-malità. Poi pian piano i commercian-ti sono tornati al loro posto. Prima in silenzio, poi con la forza di chi aveva

dalla sua i permessi delle istituzioni. Eh sì, perché a Molfetta succede che se da una parte la magistratura sequestra dall’altra l’amministrazione comunale concede “ordinanze temporanee” per la vendita nelle aree immediatamente adiacenti a quelle poste sotto sequestro. Una logica che da qualche parte non quadra. O che forse noi non riuscia-mo a capire. Infatti, la Procura della Repubblica aveva disposto i provvedi-menti poiché i commercianti, al di fuori del piano del commercio (scaduto dal 30 aprile 2010 e non ancora rinnova-to), avevano in più occasioni occupato aree pubbliche senza autorizzazione, anzi, avevano occupato aree adiacen-ti a quelle per cui erano autorizzati. In concreto se un commerciante poteva occupare 20 metri quadrati e per quelli pagava tasse e concessioni, di fatto ne occupava 40 o addirittura 50. E lo fa-ceva stabilmente, 24 ore su 24. E questo la legge non lo prevedeva e non lo pre-vede. Ma i commercianti lo facevano, tanto i controlli erano pochi e le multe, quando venivano elevate, difficilmente venivano pagate. Morale della favola: il diritto al lavoro di alcuni, prevarica-va il diritto alla libera circolazione sul-le aree pubbliche degli altri. Partico-lari questi che l’amministrazione avrà certamente valutato quando ha deciso, lo scorso 21 giugno, di concedere le autorizzazioni alla vendita temporanee ai commercianti sfrattati pochi giorni

prima. Potranno risistemarsi nelle no-stre strade e ricominciare a vendere. E sin qui si tutela il diritto dei lavoratori. Ma dovranno anche rispettare il “con-fine” di 20 metri quadrati stabilito dall’amministrazione. Saranno Polizia Municipale, Carabinieri e Guardia di Finanza a dover vigilare sul rispetto dell’ordinanza. E su questo non si può che nutrire seri dubbi… del resto poco o niente in questo ambito si è fatto ne-gli anni trascorsi… Piccolo particola-re dell’ordinanza: da nessuna parte è scritto se a fine giornata lavorativa le aree occupate debbano essere libera-te, ripulite e lasciate al pubblico uso…

Comunque, il sindaco ha assicurato che entro il prossimo 30 settembre sarà adottato il nuovo piano del commercio e sarà ristabilito l’ordine. Un ordine “illusorio” fatto di ambulanti a posto fisso collocati in ogni angolo della cit-tà, magari con qualche metro quadro in più a disposizione. Ma sempre sui “no-stri” marciapiede, sulle “nostre” stra-de, a pochi passi dal “nostro” teatro. E se invece l’amministrazione decidesse di vietare definitivamente la vendita su area pubblica? E se si decidesse di as-segnare licenze solo a chi dispone di un locale in cui esercitare il commercio e, magari, rispettare le norme igieniche? E, soprattutto, se si pensassero luoghi idonei alla vendita, nuove e moderne piazze dove far convergere i commer-cianti? Forse si tornerebbe a parlare di città e servizi al cittadino e non di un enorme mercato diffuso dove, dopo i fruttivendoli, anche panettieri, pastic-ceri, commercianti di elettrodomestici ed altri ancora a quel punto avrebbero diritto di rivendicare i “loro-nostri” spazi. Forse così si potrebbe pensare ad una nuova idea di città. E di vero rispetto del decoro.

Corrado Germinario

Gli appuntamenti de “il Fatto”2062Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Avviso importante per tutte le parroc-chie, associazioni, società sportive, gruppi musicali cittadini e chi più ne ha più ne metta! “il Fatto” vi aiute-rà, ancora di più, a farvi conoscere. Come? Ve lo spieghiamo subito. A partire da questo numero del nostro periodico quindicinale, distribuito a Molfetta gratuitamente in 10.000 co-pie, mettiamo a disposizione di tutti voi uno spazio in cui annunciare ma-nifestazioni, eventi, spettacoli, con-

vegni. Insomma un “calendario degli appuntamenti” attraverso il quale far-vi conoscere dai lettori e soprattutto farvi seguire. Per comparire “gratu-itamente” sulle pagine de “il Fatto” è necessario inviare una mail all’in-dirizzo [email protected] segna-lando tipo dell’evento, data e luogo in cui si svolgerà lo stesso. Pochi mi-nuti per farvi conoscere da migliaia di molfettesi e non solo. Tutto questo grazie a “il Fatto”.

Tutto quello che c’è da fare in città.

giovedì 24 giugno 2010 3Corsivo

Page 4: Il Fatto n. 063

La polemica è scattata non appena nel-lo stabile storico che sorge sulla Ban-china Seminario, adiacente al Duomo Vecchio, gli operai hanno ripreso i lavori che già qualche mese fa erano stati sospesi. E in poco tempo sul so-laio dell’antico stabile è sorto un “tor-rino” con tanto di ringhiera e affaccio sul meraviglioso scenario del porto di Molfetta. Un affronto alla “decenza” hanno detto in molti che hanno grida-to allo scandalo, suscitando la reazione dell’avvocato Annalisa Nanna, proprie-taria dello stabile, che ha dichiarato di essere in possesso delle autorizzazioni di Sovrintendenza e Comune di Mol-fetta. Sta di fatto che il “torrino” è stato completato pochi giorni prima che il Comune notificasse un provvedimento di sospensione dei lavori. Della vicen-da si è interessata anche la sede locale dell’Archeoclub che ci ha inviato la let-tera che di seguito riportiamo.

* * *“Ora dirò della città di Zenobia che ha questo di mirabile: benché posta su terreno asciutto essa sorge su altissime palafitte, e le case sono di bambù e di zinco, con molti ballatoi e balconi, po-ste a diversa altezza, su trampoli che si scavalcano l’un l’altro, collegate da scale a pioli e marciapiedi pensili, sormontate da belvederi coperti da tet-toie a cono, barili di serbatoi d’acqua, girandole marcavento, e ne sporgono carrucole, lenze e gru. Quale bisogno o comandamento o desiderio abbia spin-to i fondatori di Zenobia a dare questa

forma alla loro città, non si ricorda, e perciò non si può dire se esso sia stato soddisfatto dalla città quale noi oggi la vediamo, cresciuta forse per sovrap-posizioni successive dal primo e ormai indecifrabile disegno. Ma quel che è certo è che chi abita Zenobia e gli si chiede di descrivere come lui vedrebbe la vita felice, è sempre una città come Zenobia che egli immagina, con le sue palafitte e le sue scale sospese, una Ze-nobia forse tutta diversa, sventolante di stendardi e di nastri, ma ricavata sempre combinando elementi di quel primo modello. Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha sen-so dividere le città, ma in altre due:

quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.”(Italo Calvino, Le città in-visibili, Mondadori 2006, pp. 34-35) Se provate a chiedere a don Ignazio, il parroco del Duomo di San Corrado, responsabile “custode” del nostro più grande patrimonio comune, di salire a visitare i campanili, con la certezza di godere della vista affascinante di quel piccolo e fragile gioiello urbanistico che è il nostro centro antico e vi salire-te, sarete presi dallo sgomento. La città antica si sta verticalizzando in maniera incontrollata, sta assumendo le fattezze di quella Zenobia, profeticamente an-nunciata da Italo Calvino in “Le città invisibili”, dove “le case sono di bambù e di zinco, con molti ballatoi e balconi, poste a diversa altezza, su trampoli che si scavalcano l’un l’altro, collegate da scale a pioli e marciapiedi pensili, sor-montate da belvederi coperti da tettoie a cono, barili di serbatoi d’acqua, giran-dole marcavento, e ne sporgono carru-cole, lenze e gru”. Scoprirete che torri, torrini, terrazze, chissà come e chissà da chi autorizzati, superando incredi-bilmente le antiche linee marcapiano, hanno congestionato col loro cemento, con le travi, con le vetrate, lo spazio in-

torno al Duomo; scoprirete che il mare ad Est è stato in gran parte occultato e il sole stenta a sorgere sull’abside, ad an-nunciare l’Oriente. E se, scendendo dai campanili, la vostra passeggiata prose-guirà ad Occidente, per ammirare nel bagliore rosso del tramonto la facciata del Duomo, allora stenterete a credere che sia vero ciò che si offre ai vostri occhi. Un’incredibile costruzione di cemento, ben accessoriata di terrazza panoramica, si è materializzata, è cre-sciuta di notte come un fungo, accanto al tamburo della prima cupola e lo ha negato al pubblico godimento per ga-rantirlo al privato! Provate poi ad al-lontanarvi e a raggiungere il molo Pen-nello: scoprirete che parte del campani-le a Sud è scomparso dietro quel fungo! E forse a questo punto vi chiederete come può il piacere privato offendere così brutalmente il Bene Comune. Vi chiederete come possa essere accaduto che gli Enti preposti al controllo e alla salvaguardia dei Beni Storici e Archi-tettonici abbiano potuto (come sembra sia accaduto) dare liceità a un’azione che si connota evidentemente come un’offesa al nostro patrimonio. Quan-do gli individui prevaricano sul bene collettivo con i loro interessi privati, quando i “potenti” avallano la logica privatistica e affaristica intrecciando favori a tornaconti, quando la società è indifferente alle ferite recate al corpo comune della civiltà, lasciando che al-tri facciano per sé, e magari si afferma strisciando l’invidia per i privilegi che non si possono raggiungere, quando gli uomini non prendono in cura il patri-monio della storia, che hanno ricevuto come dono gratuito, e non hanno la re-sponsabilità di preservarlo e il dovere di riconsegnarlo a chi verrà dopo di loro, allora saremo molto più poveri: non avremo più il patrimonio comune, utilizzabile come fonte di nuova ric-chezza, perderemo l’identità, perdere-mo il rispetto della storia e dell’uomo, perderemo il rispetto verso noi stessi. Ci sforzeremo con parole e atti perché questo non accada.

Scoppia la polemica per un intervento edilizio a pochi metri dal Duomo.

2063Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Il torrino della discordiaprimo piano4 giovedì 24 giugno 2010

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Erano le 14.30 del lontano 7 luglio del 1992. Era un tranquillo pomeriggio più o meno assolato. La tranquillità di quel momento fu squarciata da un colpo sordo e sinistro. Un fucile dalla canna mozza, sorretto dalla mano di Cristoforo Brattoli, aveva fatto fuoco. Sotto il peso mortale del fuoco dell’ar-ma era caduto l’allora sindaco di Mol-fetta Giovanni Carnicella. Da quel tri-ste e funesto giorno per la storia della città, balzata improvvisamente agli onori delle cronache nazionali, sono passati ben diciotto anni. Non tutti ri-cordano cosa realmente accadde quel giorno e soprattutto quali furono le re-ali motivazioni che spinsero un uomo a trasformarsi in assassino e a decide-re inesorabilmente e crudelmente per la sorte altrui. Senza ombra di dubbi vi erano interessi che andavano oltre ogni immaginazione, resi ancor più appetibili dalla mano felpata dal “dio denaro”. Molti ricordano con un sorri-so beffardo quale fu la presunta causa scatenante dell’episodio: la mancata autorizzazione allo svolgimento del

concerto dell’allora idolo della musica partenopea, Nino D’Angelo. Ma molti ritengono che la realtà dei fatti vada ben oltre un semplice concerto e che dietro il grilletto di Brattoli vi fossero

indubbie infiltrazioni di stampo ma-fioso. Ad avvalorare la tesi ci sono le due clamorose operazioni antidroga, “Primavera” e “Reset Bancomat” ef-fettuate a Molfetta. Fra gli arrestati vi

erano alcuni dei componenti dell’or-ganizzazione che avrebbe dovuto por-tare Nino D’Angelo a Molfetta. Sono ancora tantissimi i retroscena della vicenda che rimangono ancora bui e misteriosi. Il Liberatorio Politico, coordinato da Matteo d’Ingeo, non vuole dimenticare quanto accaduto e per il prossimo 6 luglio sta promuo-vendo un incontro organizzato presso l’Aula Consiliare di Palazzo Giove-ne, dedicata proprio a Carnicella, dal titolo “Molfetta e la Memoria”. Alla manifestazione, che sarà aperta a tutti i cittadini, aderirà anche il Presidio di “Libera” di Molfetta. Sarà l’ennesimo incontro finalizzato alla conservazio-ne della memoria storica di una città segnata nel corso degli anni da eventi che non dovranno mai e poi mai essere rimossi dalla mente di ogni cittadino. “Ricordare” significa non ripetere gli errori, o meglio gli orrori del passato, per non incappare in inquietanti e ma-laugurate “riproposizioni storiche”.

Francesco Tempesta

Il 6 luglio un incontro organizzato dal Liberatorio Politico.

2064Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Gianni Carnicella: 18 anni dopo

giovedì 24 giugno 2010 5primo piano

Page 6: Il Fatto n. 063

Venerdì 25 giugno sarà un giorno storico per la Sinistra Riformista e per il Cattolicesimo Democratico. Alle 17.30, presso palazzo Giovene a Molfetta, tutte queste realtà, che attraverso un lento e complesso pro-cesso stanno confluendo in un’unica identità denominata “Sinistra Ecolo-gia Libertà” (SEL), si incontreranno per “Organizzare il Futuro”. “Sarà l’epilogo dopo quattro anni di impe-gno all’interno della provincia di Bari – ha dichiarato Tommaso Minervini (rappresentante SEL) – finalizzati alla creazione di un confronto stabile fra tutte quelle realtà di Sinistra che io definisco mille infranti come un noto tipo di pasta”. E questi infranti Tommaso Minervini li ha contati uno per uno. Non sono mille ma cinquan-tasette, un numero comunque consi-derevole. “Dopo le elezioni Provin-ciali, le Europee e le ultime Regionali – ha detto continuando l’esponente

di SEL – siamo arrivati ad una fase, rappresentata mirabilmente dall’im-magine concettuale e programmati-ca del maestro Michele Zaza, in cui occorre superare l’imbarazzante ed improduttiva frammentazione della Sinistra degli ultimi quindici anni per poi consolidare l’avvio di una nuova

fase dedicata al sospirato ricompat-tamento”. L’incontro sarà presieduto da Elena Gemano Finocchiaro e da Gaetano Cataldo. L’introduzione sarà curata dallo stesso Tommaso Miner-vini. Alla serata interverranno il co-ordinatore CGIL Beppe Filannino e il responsabile provinciale di Marevivo

Onofrio Allegretta oltre che diversi rappresentati politici ed esponenti di associazioni e movimenti. La conclu-sione dell’incontro-evento sarà affi-data alle parole del neo Assessore Re-gionale al Programma e alle Politiche Giovanili Nicola Fratoianni, espo-nente SEL all’interno Governo regio-nale presieduto da Vendola. L’evento potrebbe segnare la svolta per una Sinistra composta da innumerevoli e autonome realtà che ne hanno pur-troppo segnato la pochezza a livello nazionale negli ultimi anni. Tomma-so Minervini ha tenuto inoltre a pre-cisare come nessuna di queste realtà confluendo in SEL perderà la propria identità. Il processo avverrà nel pieno rispetto degli ideali di ognuna senza prevaricazioni reciproche proseguen-do assieme verso un orizzonte comu-ne e privo di ombre.

Francesco Tempesta

Una pubblica assemblea promossa dall’ex sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini.

2065Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Con SEL il sogno di una nuova sinistra

Lo scorso 30 ottobre 2009 la maggioran-za ha approvato in Consiglio Comunale il nuovo Regolamento per l’alienazione dei beni immobili di proprietà comuna-le. Tale delibera avrebbe dovuto permet-tere al Comune di Molfetta, applicando il Decreto Legge n. 133 del 2008 de-nominato anche Tremonti-Gelmini, di vendere gli immobili comunali attraver-so bandi di gara aperti a tutti. Il Rego-lamento in questione, approvato senza tener conto della volontà degli inquilini e dei sindacati, era fortemente penaliz-zante proprio per i ceti meno abbienti a cui gli immobili di edilizia residenziale pubblica sono per norma di legge desti-nati. Infatti il documento prevedeva che l’inquilino della “casa comunale” avreb-be dovuto acquistare l’appartamento

entro e non oltre nove anni ad un costo calcolato sulla base dell’attuale mercato immobiliare al netto di un abbattimento del 30%. Scaduti i termini, il malcapita-to che non aveva avuto la possibilità di accollarsi un simile sacrificio economi-co, avrebbe dovuto sgomberare l’immo-bile che sarebbe stato successivamente venduto attraverso bandi pubblici. Per queste ragioni il nuovo Regolamento costituiva un’assurdità assoluta dato che era destinato soltanto a creare problemi alle classi più povere. Fondamentale per le sorti degli inquilini si è rivelato l’in-tervento di Rifondazione Comunista che attraverso il suo rappresentante in Con-siglio Comunale Gianni Porta ha fatto sentire la propria voce e le proprie ra-gioni circa l’inammissibilità del nuovo

Regolamento inviando immediatamente una lettera alla Regione Puglia per ri-chiederne un’immediata verifica. Non si è fatta attendere la risposta dell’Ente regionale che ha riscontrato un’impor-tante anomalia del nuovo Regolamen-to che non rispettava affatto la Legge n. 560 del 1993. Tale legge regola da tempo le modalità di alienazione degli immobili pubblici e degli immobili di edilizia residenziale pubblica (I.E.R.P.) sancendone la vendita secondo il costo catastale e con un abbattimento del 20% a favore degli inquilini già residenti. Inoltre la normativa prevede che i Co-muni investano il denaro liquido, rien-trato nelle casse pubbliche in seguito all’operazione di cessioni degli immo-bili, per la riqualificazione dei quartieri

in cui si è venduto o per la costruzione di nuovi I.E.R.P. Per questo la Regione ha imposto al Comune di Molfetta di ri-vedere il nuovo piano adeguandolo alla normativa del 1993 e non a quella del 2009. Sulla base di queste disposizioni, l’Amministrazione Comunale ha pre-sentato durante il Consiglio Comunale dello scorso 14 maggio il Regolamento adeguato alle leggi vigenti e soprattutto alle tasche dei cittadini meno fortunati. Si tratta di un significativo riconosci-mento per l’attenta attività di Rifonda-zione e per il consigliere Porta nonché di un’importante notizia per quanti hanno visto vacillare le proprie case negli ul-timi mesi.

Francesco Tempesta

Approvato dal Consiglio Comunale un Regolamento “modificato” grazie all’intervento di Rifondazione Comunista.

2066Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

problema “casa”: un sostegno per chi ha bisogno

politica6 giovedì 24 giugno 2010

Page 7: Il Fatto n. 063

Durante il Consiglio Comunale dello scorso 7 maggio la maggioranza ha ap-provato l’integrazione a una delibera di consiglio del 2005 relativa al com-pletamento dell’isolato 16 all’interno del centro storico per la realizzazione di un edificio per l’edilizia residenziale pubblica. Si tratta dei civici che vanno dal 43 al 51 in via Macina esclusi nel 2005 dall’alienazione a causa di crolli avvenuti in precedenza e soprattutto per preservare l’esistenza della antiche tracce di copertura a falda delle vec-chie case a torre. Il Comune di Molfet-ta durante questa seduta non ha voluto comunque autorizzare la ricostruzione in corrispondenza dei civici 49 e 51 proprio per permettere la visione delle antiche strutture ma ne ha autorizzato altresì l’edificabilità per i civici 41, 43 e 47. Durante la stessa seduta, il diri-gente del Settore Territorio, ingegner Rocco Altomare, ha inoltre fatto vi-sionare alcune immagini dell’isolato in cui è stato mostrato il civico n. 47. Da una visita effettuata dal consigliere

di Sinistra Ecologia e Libertà Nicola Piergiovanni è emerso come non ci sia alcun stipite con tale civico, ragion per cui lo stesso Piergiovanni ha richiesto accertamenti tecnici, negati in seguito dalla maggioranza. “Ritengo sia do-veroso fare chiarezza – ha affermato il rappresentante di SEL – in quanto

l’isolato assume particolare valore per la presenza di murature recanti tracce di copertura a falda. Inoltre, come pre-visto dal comma aggiuntivo dall’art. 4, classe 4 delle N.T.A. del Piano di Recupero del Centro Antico, la rico-struzione di aree rinvenienti da crolli e demolizioni non può essere deliberata

se non a seguito di particolari proce-dure”. Ma allora dove è finito questo fantomatico civico 47? Secondo Roc-co Altomare e i tecnici del Comune di Molfetta vi sarebbe la possibilità che il numero sia sparito dall’architrave in momenti posteriori allo scatto delle foto. Questo spiegherebbe il fatto che il consigliere Piergiovanni durante il sopralluogo non avrebbe scorto il ci-vico. Una spiegazione che comunque non ha convinto il rappresentante di SEL che ha deciso di inviare una let-tera alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per richiedere una accurata verifica di alienabilità degli immobili in questio-ne, ovvero quelli che vanno dal civico 43 al civico 51 di via Macina. Il tutto è stato dettato – come ha spiegato lo stesso Piergiovanni – dalla volontà di preservare il patrimonio storico e ar-tistico della città di Molfetta da even-tuali scempi e dalla ferma volontà di vedere rispettati tutti gli ordinamenti che disciplinano la materia.

Se lo chiede il consigliere comunale Nicola Piergiovanni.

2068Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Ma che fine ha fatto il 47?

La Legge n. 109 emanata il 7 marzo del 1996 e considerata uno dei più importanti strumenti per la lotta alla criminalità organizzata, ha introdot-to importanti e indispensabili novi-tà nell’ambito della gestione e della destinazione dei beni sequestrati o confiscati. Si tratta di una normati-va mirata essenzialmente a stanare gli immensi patrimoni economici e immobiliari di ogni tipo di organiz-zazione di stampo mafioso. Parallela-mente questa legge stabilisce inoltre che tutti i beni sequestrati vengano messi a disposizione della collettività e abbiano quindi finalità istituzionali e sociali. In Puglia sono numerosis-simi i beni strappati alla criminalità e affidati ai comuni di competenza. Anche Molfetta è presente nella lista di questi comuni e dovrebbe contarne almeno cinque.È stato il Presidio di “Libera” di Mol-fetta a sollevare negli ultimi tempi la questione e a cercare di far chiarezza sul reale utilizzo di questi beni con-fiscati in città, attraverso una nota inviata al Comune. Beni che potreb-bero essere tranquillamente utilizzati per finalità pubbliche e collettive at-traverso l’indizione di un bando. Ad

oggi gli immobili confiscati presenti sul territorio cittadino sono i seguenti: C.da Piscina Messere Mauro (terreno agricolo trasferito al Comune - area destinata a utilità sociali), vico S. Al-

fonso n. 8 (locale generico trasferito al Comune - sede associazioni), via S. Nicola n. 48 (appartamento allog-gio per indigenti, senza tetto), vico S. Stefano n. 2/b (appartamento allog-

gio per indigenti, senza tetto), arco Catacombe nn. 12-14 (appartamento trasferito al Comune - centro per fa-miglie). Due di questi immobili (via S. Nicola n. 48, Vico S. Stefano n. 2/b) in seguito alla delibera comunale del 13 maggio 2002 sono attualmente occupati da famiglie indigenti. Non è chiara invece la destinazione dell’ap-partamento in via Catacombe nn.. 12-14, destinato dalla succitata deli-bera ad uso sociale ma a detta della stessa non ancora assegnato. Nemme-no il locale generico di vico S. Alfon-so n. 8 risulta ad oggi assegnato. Più complicata è la situazione del fondo agricolo presente in contrada Pisci-na Messere Mauro che risulta ancora difficile da individuare. Di conse-guenza non se ne conosce l’attuale e il reale utilizzo effettivo e l’eventuale affidatario. Dopo la denuncia di “Li-bera” si attende adesso una chiara ri-sposta da parte dell’amministrazione comunale perché tali beni, nel caso fossero ancora “disponibili”, potreb-bero eventualmente essere assegnati ad associazioni meritevoli attraverso un bando pubblico.

Francesco Tempesta

Lo chiede “Libera” all’amministrazione comunale.

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Utilizzare i beni confiscati7politicagiovedì 24 giugno 2010

Page 8: Il Fatto n. 063

C’era da aspettarselo. Dopo le infuocate dichiarazioni rilascia-te dall’esponente dell’UdC Pino Amato e nelle quali erano stati fat-ti anche riferimenti all’operato del Sostituto Procuratore della Repub-blica Giuseppe Maralfa, arriva la prima “reazione” su carta bollata. Ed è proprio il magistrato a muo-vere il primo passo attraverso la formalizzazione di una querela nei confronti di Pino Amato. A render-lo noto l’avvocato Pasquale Corleto del Foro di Lecce, legale di fiducia del dottor Maralfa che in un comu-nicato stampa fa sapere che “il dot-tor Giuseppe Maralfa in data odier-na ha proposto querela per il reato

di diffamazione aggravata nei con-fronti del signor Giuseppe Amato,

consigliere comunale di Molfetta, oltre che nei confronti di eventua-

li concorrenti, con riferimento alle dichiarazioni scritte e orali dal me-desimo rese ai giornalisti e cittadi-ni nella conferenza stampa tenuta il 31 maggio 2010 in Molfetta. Le dichiarazioni in questione – prose-gue l’avvocato Corleto – appaio-no infatti, gravemente lesive delle qualità morali e della competenza professionale del dottor Maralfa, il quale ha anche chiesto al procurato-re della Repubblica presso il Tribu-nale di Lecce (tribunale competente per le questioni legali che riguarda-no i magistrati del distretto di Bari ndr) di accertare la falsità dei fatti attribuitigli dal signor Amato nelle dette dichiarazioni”.

Il dottor Maralfa reagisce alle accuse di Amato.

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E il pM querelò il condannato

Carabiniere a giudizioper “peculato”

Il militare nel 2007 prestava servizio a Molfetta.

È stato rinviato a giudizio con l’accusa di peculato un carabiniere che nel 2007 era in servizio presso il Nucleo Ope-rativo della Compagnia di Molfetta. A disporlo il GUP del Tribunale di Trani, dottoressa Schiraldi. Secondo quanto ricostruito dall’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Savasta, il mi-litare difeso dall’avvocato Maurizio Masellis e che attualmente presta servi-zio in altra sede, dopo una operazione di servizio che aveva comportato il se-questro di numerose paia di scarpe nel-

la disponibilità di un commerciante di Molfetta, non aveva restituito al com-merciante stesso parte della merce che nel frattempo era stata dissequestrata. Alcune delle scarpe “scomparse” fu-rono rinvenute da agenti della Polizia di Stato nell’abitazione del Carabinie-re. Per questo motivo il militare venne denunciato assieme a sua moglie che è stata rinviata a giudizio per il reato di ricettazione. I due torneranno in aula il prossimo 14 ottobre per l’inizio del processo a loro carico.

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Torna in libertà il professoreEra stato accusato di violenza sessuale.

È tornato in libertà il 55enne pro-fessore di Molfetta che nello scorso mese di maggio era stato arrestato dai Carabinieri della Tenenza di Bi-sceglie con l’accusa di aver abusato sessualmente di una sua studentessa minorenne. L’uomo, difeso dall’av-vocato Maurizio Masellis, secondo quanto era stato ricostruito dagli in-quirenti, avrebbe avuto una lunga relazione con la studentessa, tanto da scriverle diversi messaggi e da ri-ceverne altrettanti. La ragazza aveva

però denunciato ai Carabinieri quan-to accaduto dopo un approccio di tipo sessuale da parte del professore (che secondo la ragazza aveva tentato di farsi toccare nelle parti intime) ed erano scattate le manette. Il giudice per le indagini preliminari del Tribu-nale di Trani, Francesco Zecchillo ha accolto l’istanza di libertà presentata dalla difesa del professore che, tra l’altro, lo scorso 11 maggio difronte al gip aveva negato i fatti denunciati dalla studentessa.

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Cronaca8 giovedì 24 giugno 2010

Page 9: Il Fatto n. 063

Il mese di luglio è ormai alle porte e la stagione balneare sta pian piano entrando nel vivo. Ma in quali con-dizioni versano il mare e le spiagge molfettesi? Partendo dalla costa set-tentrionale, quella che confina con il territorio biscegliese, lo scena-rio sembra quasi apocalittico, trat-to verosimilmente da qualche passo dell’Inferno nella Divina Commedia di Dante. Le acque marine sono di un colore rossastro, molto vicino al marrone, quasi a somigliare a quel-le di una palude. L’odore è di quelli nauseabondi che penetrano anche il più raffreddato dei nasi. Merito di tutto questo marciume è lo scarico del depuratore fognario “fuorileg-ge” perché troppo vicino alla costa. Qui la spiaggia e i suoi ciottoli fan-no fatica a farsi luce fra tonnellate di rifiuti edili, eternit e suppellettili ab-bandonati ovunque. Definire questo posto pattumiera sarebbe addirittura un complimento. Ci si sposta verso la città ma la situazione non cambia di molto perché l’abbandono di cala San Giacomo, l’antichissimo porto della città, e il degrado della villetta che qui un tempo sorgeva, sono al limite dell’assurdo. Le macchine parcheg-

giano all’interno di quello che resta del piccolo parco mentre la spazza-tura seppellisce ogni cosa. Si arriva in città dove le tre spiagge “urbane” ovvero quella di “Cala Sant’Andrea, quella de “La Bussola” e quella del-la “Prima Cala” sembrano un po’ più accoglienti. A dire il vero la prima fra queste è una zona interdetta alla balneazione dalla vigente ordinanza balneare; i bagnanti, incuranti del

pericolo e consapevoli che nessuno, o pochi volenterosi, si preoccuperan-no di far rispettare i divieti, fanno re-golarmente il bagno. La Bussola e la Prima Cala invece offrono ogni “com-fort” al bagnante che può addirittura dissetarsi in ogni momento da uno dei tanti negozi di bibite ambulanti. Ebbene si gli ambulanti hanno colpito anche qui e hanno creato dei veri e propri gazebo a ridosso della battigia,

come testimoniato anche dalla denun-cia del Liberatorio Politico di Matteo d’Ingeo. Da chi sono autorizzati? E perché nessuno fa i dovuti controlli? Proseguendo verso il “Gavetone” la situazione non accenna a migliora-re. In questa zona alcuni giorni sono stati ritrovati, vicinissimi alla costa, ben otto ordigni risalenti all’ultimo conflitto mondiale, in barba a chi ha sempre detto che la zona non presenta pericoli per chi la frequenta. Le bom-be sono rimaste in loco per più di una settimana senza che nessuno si preoc-cupasse di delimitare la zona e prima di essere rimosse dagli artificieri. Ma ecco la ciliegina sulla torta. La Pro-vincia di Bari ha deciso di avviare i lavori di sistemazione della spiaggia pubblica in piena stagione balneare. Anche questo è al limite dell’inde-cenza come lo sono inoltre quegli individui che pretendono di arrivare con la propria auto a pochi centimetri dal mare. Insomma più che di spiagge libere si dovrebbe parlare di libertà di “non” frequentarle. A tutto vantaggio della salute!

Francesco Tempesta

Da nord a sud lo scenario è sempre critico.

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C’era una volta la spiaggia molfettese

Si completa la campagna di potenzia-mento della raccolta differenziata pre-disposta dall’Azienda Servizi Munici-palizzati con l’intervento più “pesan-te”: la raccolta della frazione organica domestica. In poche parole “l’umido”, cioè gli scarti alimentari delle nostre case. Un piccolo impegno sperimentale per alcune zone della città che vale, solo per queste, circa 5 tonnellate e mezza al giorno pari al 5% della quantità to-tale dei rifiuti di Molfetta. Nei prossimi giorni (contestualmente al posiziona-

mento dei contenitori grigi per i piccoli elettrodomestici) parte la distribuzio-ne in tre zone della città di oltre 7.000 pattumiere di colore marrone corredate di circa 700.000 sacchi biodegradabi-li. I cittadini residenti nelle zone cosi individuate, “Ponente”, comprese tra via Cavalieri di Vittorio Veneto e Papa Giovanni XXIII, Poggioreale, contra-da Grangitello; “Paradiso” tra via Sa-marelli, M. Curie, Salvucci, La Malfa; “167”, tra Mons. Salvucci, via Terlizzi, Falcone, L. Azzarita, d’Acquisto, To-

gliatti; “Levante” tra viale Pio XI, G. Salvemini, cap. Magrone e Baccarini; riceveranno nei prossimi giorni la visi-ta di due operatori dell’ASM (muniti di apposito tesserino di riconoscimento) che oltre a consegnare il materiale ap-pena menzionato, illustreranno i termini e le modalità del nuovo servizio. Nelle zone interessate saranno posizionati nuovamente piccoli cassonetti marroni (colore che individua la raccolta della frazione organica) che completeran-no cosi le possibilità di differenziare

il rifiuto. “Grazie al vostro impegno – ha dichiarato il presidente dell’Asm, Pasquale Mancini – Molfetta viaggia intorno al 29% di raccolta differenzia-ta: con questa prima sperimentazione contiamo di sfiorare il 35%”. “Questa operazione – prosegue Mancini – va vissuta con un duplice obiettivo: diffe-renziare ancora e allenarci alla separa-zione dell’umido anche in previsione della riattivazione dell’impianto di compostaggio comunale”.

Un nuovo servizio dell’Azienda Servizi Municipalizzati.

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Riparte la raccolta dell’umido

giovedì 24 giugno 2010 9Attualità

Page 10: Il Fatto n. 063

Il primo giugno scorso è scaduta la deroga transitoria del provvedimento restrittivo in vigore dal 1 luglio 2008, riguardante l’uso degli attrezzi da pesca secondo le disposizioni del regolamen-to del Consiglio Europeo 1967/2006. Il Regolamento, con i suoi 32 articoli e 6 allegati, stabilisce le misure necessarie di gestione per lo sfruttamento soste-nibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo e i sistemi di protezione per tutelare le specie a rischio. Per fare uscire i pesci piccoli dal sacco delle reti la Comunità Europea, agli Stati co-munitari, ha emesso un ordinamento: “Tutte le reti trainate devono avere una pezza di rete a maglia quadrata da 40 millimetri nel sacco oppure una rete a maglia romboidale da 50”. Il provve-dimento così rigoroso è stato contestato sia dai pescatori molfettesi che da quelli di tutta Italia. Secondo i pescatori le di-mensioni delle maglie delle nuove reti sarebbero “inadeguate” al tipo di pesca che si effettua nell’Adriatico, così come sono determinerebbero una riduzione pari al 50% del pescato. “Queste misure

saranno utili per l’ecosistema marino, ma non per gli armatori; senza ritorno economico viene meno il principio del-la logica del profitto. C’è da dire che qualsiasi azienda senza ricavo al mini-mo delle spese di gestione è destinata a fallire” hanno dichiarato al nostro gior-nale due comandanti e un motorista che hanno preferito restare nell’anonimato con oltre 40 anni di vita lavorativa pas-sati sui pescherecci e che vivono con una pensione di circa 700 euro mensili. “Le misure prese dalla Commissione Europea sono inadeguate perché i pesci piccoli come le triglie e i merluzzi, una volta entrati nel sacco, con la rete sotto tiro soffocano, mentre quelli di mezza misura che tendono a sfuggire rimango-no con la testa imbrigliata nelle maglie; quando si tirano per liberarli dalla rete si staccano le teste. Dunque si subisce un doppio danno: la morte del pesce e la mancata resa del pescato”. E allora cosa fare? Forse sarebbe opportuno in-centivare la riduzione della flotta per poi continuare a pescare con reti tradizio-nali. Negli ultimi anni si sta assistendo

a un proliferare di gamberi e merluzzi. Non ci sono spiegazioni scientifiche per questo avvenimento, non si sa cosa suc-cede sul fondo quando si calano le reti né quanto tempo occorre affinché un pe-sce possa raggiungere l’età adulta e con essa la dimensione. Tutto viene calcola-to secondo l’esperienza. Si parla tanto di salvaguardare la tradizione marinara e di conseguenza una sana alimentazione, eppure tutto sembra bloccato. “Mancano gli incentivi per promuovere la profes-sione dei marittimi che rimane sempre una missione. I giovani non ne vogliono più sapere perché si guadagna poco per la mole di lavoro che si svolge sui pe-scherecci con tutti i rischi che comporta la vita sul mare. Un marinaio guadagna poco più di 1200 euro al mese, con qual-che incentivo se la pesca va bene. Molto di più guadagnano i muratori che si tra-sferiscono al nord e la sera sono liberi, a differenza dei marinai che il tempo li-bero lo devono per forza trascorrere a bordo 24 ore su 24”. “Io ho iniziato a 12 anni a lavorare a bordo” ha proseguito la conversazione l’anziano comandante,

“Me ne sono innamorato e sono rima-sto fino alla fine della carriera; è quello che bisogna fare per i nostri giovani, insegnare ad amare il mare. Se non si fa questo tra qualche anno scomparirà la flotta molfettese e chissà, forse sarà rimpiazzata da quella extracomunitaria. Intanto stanno sviluppando l’attività pe-schereccia i nostri dirimpettai: albanesi, croati, montenegrini. Hanno acquistato da noi alcuni pescherecci, usano la stes-sa nostra tecnologia di pesca e spesso i pescherecci molfettesi se li ritrovano a fianco durante la cala di pesca nelle acque internazionali oltre le 15 miglia dalla costa dell’Adriatico. Con la diffe-renza che i pesci che riescono a fuggire dalle reti degli italiani vanno a finire in quelle extra comunitarie che hanno il sacco con maglie strettissime. Alla fine della bordata i nostri concorrenti pren-deranno più pesce e il giorno dopo arri-verà sulle nostre tavole a minor prezzo”. Eppure un tempo si pensava che l’avve-nire dell’Italia sarebbe stato sul mare.

Pantaleo deTrizio

Cresce il malcontento tra i pescatori molfettesi.

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Non c’è rimedio alla crisiAttualità10 giovedì 24 giugno 2010

Page 11: Il Fatto n. 063

“Secondo stime effettuate da auto-revoli centri di ricerca, è stato cal-colato che la cessazione delle atti-vità di pesca, conseguente al divie-to, produrrebbe un danno diretto, immediato, di 12 milioni di euro, che, in larga parte, diverrebbe per-manente e tale da determinare un mancato reddito stimabile in circa 120 milioni di euro nei prossimi venti anni… In Italia sono attual-mente presenti circa 15.000 moto-pescherecci che esercitano attività di pesca a strascico e che si trovano al centro di un sistema socio-eco-nomico che, considerati i settori a monte e a valle, coinvolge circa 100.000 posti di lavoro; occorre modificare il regolamento…CE 1967/2006, non è sostenibile per-ché non si capisce come possa par-tire un attacco diretto unicamente agli Stati europei affacciati sul Me-diterraneo, lasciando quindi fuori dal regolamento Croazia, Montene-gro, Albania, Marocco, Libia e Tu-nisia che continuerebbero invece a pescare senza divieti, inviando poi il prodotto finale sui nostri merca-ti”. Lo ha riferito il deputato del-la Lega Nord Giacomo Chiappori durante l’audizione parlamentare tenutasi mercoledì 15 giugno. “È inaccettabile – ha spiegato Chiap-pori – il fatto che non si sia potuto intervenire su questo regolamento,

che ha prodotto lavoratori di serie A, gli extra comunitari, e di serie B, i nostri”. “Queste norme sono necessarie se si vuole permettere la rigenerazione del nostro mare… in ogni caso per lenire la crisi sono stati sbloccati i fondi europei a so-stegno del caro gasolio, si ricorre-rà sicuramente al fermo biologico straordinario, probabilmente dure-rà fino al 1 settembre” ha ribadito il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Giancarlo Galan. “Le associazioni di catego-ria riconoscono la delicatezza del-la situazione. Non chiedono la so-lita ulteriore deroga perché sanno che l’Europa non la concederebbe. Quindi non illudono i loro asso-ciati perché questo vorrebbe dire continuare a ingannare i pescatori. Le associazioni cercano soluzioni alternative e le cercano insieme a noi dell’Unità di crisi che abbiamo costituito al Ministero. Questo è un atteggiamento altamente responsa-bile da parte loro”. “Questa estate avremo una pesca come lo scorso anno, eccetto che forse mangeremo meno telline. Non ci rimettono i ri-storatori, non ci rimettono i man-giatori di pesce. Purtroppo gli unici a rimetterci saranno i pescatori”. È quanto ha dichiarato Giancarlo Galan nel corso di un’intervista a “Uno Mattina Estate”. pdtr

Cresce il malcontento tra i pescatori molfettesi.

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Il parere della politica

giovedì 24 giugno 2010 11Attualità

Page 12: Il Fatto n. 063

L’affido familiare è un provvedimento temporaneo che permette a famiglie in difficoltà di essere sostenute nel ruolo genitoriale da altre famiglie o da altre persone. È un provvedimento che ha un altissimo valore umano ed educativo, un provvedimento che rappresenta un gesto di assoluta generosità e civiltà. L’affido familiare è un’azione che si ispira al principio di sussidiarietà ed è una pratica verso la quale il Comune di Molfetta ri-pone grande fiducia. L’iniziativa dell’af-fido, insieme ad altre iniziative del set-tore dei servizi sociali, ha recentemente rivelato un cambiamento di prospettiva nel modo stesso di intendere la persona, la famiglia e la società, in linea con il principio di sussidiarietà. Tale principio implica una ridefinizione dei rapporti tra enti locali e cittadini, non in ambito istituzionale, ma in quello dell’azione da compiere, in vista dell’interesse generale. In un contesto in cui, secondo Francesco Botturi, “le strutture tradizionali del po-litico sono in crisi, il criterio di sussidia-rietà […] assume un rilievo nuovo, che ne esalta la politicità: la sussidiarietà da fattore difensivo e rivendicativo diventa come tale principio di costruzione poli-tica”. La sussidiarietà come ausilio per un nuovo modo di impostare i rapporti tra Enti Locali, Comuni e cittadini ha dei precedenti antichissimi: tali principi sono presenti nella Politica di Aristotele, nelle opere di Althusius (Politica,1603), di Rosmini (Philosophy of Politics, 1838), di Toqueville (Democracy in America, 1835), di John Suart Mill (On

Liberty, 1849) e nell’enciclica di Pio XI, Quadragesimo Anno del 1931. La sus-sidiarietà è stata incorporata nel trattato costitutivo dell’Unione Europea (1991, art. 3B) come un principio di regolazione tra l’Unione e le giurisdizioni degli Stati membri; è un principio di filosofia socia-le e non un semplice metodo di organiz-zazione politica e istituzionale. Perché la sussidiarietà può essere uno strumento utile all’interno della dialettica tra Enti Locali e cittadini? Perché ogni storia familiare può attraversare nel corso del tempo varie difficoltà: queste difficoltà possono essere risolte da altre famiglie, all’interno di un’ottica di comunità, sen-za il ricorso a mezzi assistenzialistici o ad aiuti dall’alto. Tra le difficoltà in cui una famiglia può imbattersi, non bisogna considerare esclusivamente le difficoltà economiche: a volte le difficoltà pos-sono essere relazionali, emotive ed af-fettive. Una famiglia che si trova in una congiuntura di eventi stressanti come disoccupazione, dolori, lutti, depressio-ni, catalizza, suo malgrado, le proprie risorse emotive verso altre direzioni e non è in grado di fornire al bambino che è presente in essa le cure adeguate, che non sono solo cure materiali (anche se queste sono importanti, sono sicuramen-te la conseguenza di un equilibrio rela-zionale). Pertanto il principio della sus-sidiarietà permette quel cambiamento di prospettiva che sostituisce all’immagine della famiglia come un problema quella della famiglia come una risorsa e delle altre famiglie del territorio come innu-

merevoli risorse. Il progetto “Affidarsi” rappresenta l’espressione più matura di questo processo di cambiamento, che si è articolato in una serie di iniziative di sensibilizzazione, informazione e azio-ne. L’incontro che si e svolto il 7 giugno presso la sala Finocchiaro a Molfetta, rappresenta la tappa sintetica ma non conclusiva di un percorso che è stato svolto nel corso dell’anno scolastico 2009-2010 nel 2° e 3° Circolo Didattico di Molfetta e che ha coinvolto insegnan-ti, genitori e bambini. L’auspicio è quel-lo che questo percorso di conoscenza, comprensione e sostegno dell’iniziativa dell’affido abbia una sua evoluzione e un solido radicamento nel Comune di Mol-fetta. L’affido è attualmente disciplinato da numerose normative ma, nonostante l’abbondanza delle norme che lo regola-no, intorno ad esso aleggia una profonda incertezza. Per comprendere pienamente la natura del’affido, la dottoressa Clau-dia Aufieri, responsabile del progetto, ha illustrato alcuni aspetti dell’affido, in modo diretto e senza retoriche, inizian-do dalla definizione stessa di affido, in quanto provvedimento temporaneo che finisce nel momento in cui la famiglia ri-solve i problemi. Sebbene l’affido sia un provvedimento temporaneo, accade che il legame con il bambino non finisca con il termine del periodo di affido, perché le persone coinvolte in questo percorso hanno condiviso insieme affetti, espe-rienze e un cammino in comune. Du-rante l’incontro del 7 giugno è stato vi-sionato un cortometraggio dal titolo “Lo stretto indispensabile”, un documento che utilizza il linguaggio video per mo-strare tutte le dinamiche che avvengono quando prende il via un processo di affi-do: quali sono le paure del bambino che deve entrare in una nuova famiglia, quali le perplessità di uno o di entrambi i co-niugi, come il sostegno delle équipe sia importante e quale sia l’evoluzione del percorso. Il progetto “Affidarsi” fa rife-rimento al Centro per le Famiglie, una struttura comunale che esprime questa nuova ottica, considerando che a Molfet-ta le famiglie sono 22.000 e che il 30%

di queste ha all’interno almeno un mino-re. A fronte di questi dati l’Amministra-zione Comunale tende a fornire la più ampia possibilità di scelta dei servizi per la famiglia attraverso il potenziamento dell’asilo nido e delle sezioni primavera, attraverso le convenzioni con nidi privati e le assistenze domiciliari per disabili e anziani. La dottoressa Angela Panunzio ha illustrato ampiamente questo nuovo orientamento che i servizi sociali del Comune di Molfetta stanno assumendo nell’ottica della sussidiarietà, all’inter-no del quadro normativo di riferimen-to, di cui ricordiamo la L. 328/2000, la L. 189/2001e la L.Reg. 19 del 2006. In questa nuova ottica i servizi sono chia-mati a confrontarsi con le famiglie e a considerare la famiglia non in termini di bisogni, problemi, urgenze, ma come risorsa. Attraverso questa nuova prospet-tiva la programmazione dei Servizi per la famiglia che l’Amministrazione pro-pone non trascura i problemi oggettivi che sussistono nella società: infatti sono potenziati i “servizi domiciliari alle fa-miglie con persone non autosufficienti” e gli interventi per ridurre situazioni di disagio e isolamento. È preferibile adot-tare azioni di sussidiarietà verticale e orizzontale per declinare l’intervento so-ciale in termini di prevenzione piuttosto che in termini di carattere riparatorio o assistenziale. La prevenzione del disa-gio evita l’esasperazione di situazioni problematiche che possono in seguito ri-velarsi drammatiche. L’opzione dell’af-fido nasce dall’emergenza; tuttavia non è un’azione improvvisata, ma prevede forme flessibili per rispettare la pluralità delle persone attraverso una moltepli-cità di opzioni: l’affido per l’estate, per le festività, per il fine settimana, ecc.; si propone così un’alternativa all’istitu-zionalizzazione. L’incontro del 7 giu-gno, l’ultimo del percorso formativo, ha espresso l’augurio di poter continuare in questo progetto e la speranza che a Mol-fetta l’affido familiare diventi una realtà più diffusa rispetto a quanto lo è oggi.

Katia la Forgia

A Molfetta un progetto in cui è riposta grande fiducia.

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Affido familiare: una risorsa per la comunitàAttualità12 giovedì 24 giugno 2010

Page 13: Il Fatto n. 063

Continua la gara di solidarietà pro-mossa dalla Caritas di Molfetta per aiutare un ragazzo molfettese di soli 19 anni, affetto da una rara malat-tia, il cordoma condroide, un tumore terribile, e che necessita di un inter-vento chirurgico immediato. Il cen-tro idoneo per eseguire questo inter-vento si trova a New York presso il Presbyterian Hospital della Cornell University, centro guida in campo neurochirurgico. Pur con grossi sfor-zi la famiglia non riesce a far fronte alla spesa necessaria per l’intervento e per mezzo della Caritas di Molfetta intende diffondere un accorato ap-pello per essere sostenuta in questo momento. L’intervento ha un costo di circa 150mila dollari e naturalmente implica anche spese di viaggio e di

soggiorno per i genitori. Al momento non sono realizzabili interventi eco-nomici da parte dell’Azienda Sanita-

ria Locale competente e comunque, seguire alcune procedure burocrati-che sarebbe troppo rischioso in ter-

mini temporali. Ogni contributo che si riuscirà a raccogliere sarà vitale. Per questo la Caritas Diocesana chie-de il contributo di tutti per poter dare una mano concreta affinché il ragazzo possa continuare a sognare una vita normale e serena come la maggior parte dei suoi coetanei. Per poter so-stenere l’iniziativa è possibile lascia-re la propria donazione alla Caritas di Molfetta, sita in Piazza Giovene 4 o inviare il proprio contributo attraver-so un versamento o bonifico sul con-to corrente apposito presso la Banca Monte dei Paschi di Molfetta (IBAN: IT19K0103041562000061192167; Intestato a DIOCESI DI MOLFET-TA-RUVO-GIOVINAZZO-TERLIZ-ZI), specificando nella causale: “Pro intervento chirurgico”.

Prosegue la gara di solidarietà per un 19enne molfettese.

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Un aiuto per la vita

La sclerosi multipla è una delle malat-tie più “giovani” ed anche più danno-se per le persone che la contraggono. Molti i progressi che si sono fatti dal punto di vista scientifico, ma ancora parecchi bisogna farne non solo nel campo medico ma anche per ciò che riguarda le organizzazioni che aiuta-no i malati. L’AISM, ovvero Asso-ciazione Italiana Sclerosi Multipla, si ripropone con i suoi gruppi operativi sparsi in tutta Italia di aiutare queste persone con una équipe di volontari sempre disponibili ad affiancare i ma-lati per unire le forze e “sradicare”, se non fisicamente almeno psicologi-camente, la sclerosi multipla. Circa 60.000 le persone con sclerosi mul-tipla in Italia, 1.800 i nuovi casi ogni anno. Colpite specialmente le giovani donne in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini. Nel sud del Paese l’asso-ciazione di Bari detiene il primato di iscritti che ammontano a quasi 4000 persone. “È necessario che ci sia maggiore informazione – asserisce Domenico Pignatelli, vice presiden-te della sezione provinciale di Bari e responsabile del gruppo operativo di Giovinazzo – la gente deve farsi avanti per vincere il muro psicologi-co tirato su da questa malattia”. Ecco, dunque, lo scopo dell’associazione che si ripropone di fornire alle perso-ne affette dalla sclerosi multipla im-portanti informazioni circa i progres-si in campo medico e non utili per combattere la malattia, con raccolte

di fondi per la sensibilizzazione, ma-nifestazioni di carattere nazionale, quali la vendita della gardenia e del-le mele, punti di vendita di gadget e congressi. L’associazione ha elabora-to un progetto assistenza che consiste in assistenza domiciliare, trasporto dei malati, ritiro dei farmaci e conse-gna domiciliare e sbrigo di pratiche burocratiche come il modello “104” per le agevolazioni fiscali. “L’AISM è l’unica associazione – continua Do-menico Pignatelli – che si occupa di

persone affette da sclerosi multipla in maniera completa”. Infatti i pazienti vengono individuati sin dal momento in cui viene diagnosticata la malattia grazie alla presenza di infopoint pre-senti in alcune strutture ospedaliere, dopo se la persona affetta da sclerosi multipla decide di entrare a far par-te dell’associazione può diventarvi socio, pagando una tessera annuale al costo di 25 euro. Pur non essendo soci ci si può rivolgere all’associa-zione per avere informazioni e per

partecipare agli incontri settimanali che servono a passare un po’ di tem-po insieme, scherzare e mettersi in confronto. Questi hanno luogo ogni giovedì sera nella sede in Via Papa Giovanni XXIII nella città di Giovi-nazzo presso la Chiesa ex Carmine. Secondo la testimonianza di alcuni volontari, molti malati di sclerosi multipla traggono beneficio dall’ope-rato dell’associazione perché oltre a godere di alcuni servizi, riescono a vi-vere non passivamente la malattia in quanto acquistano una forza interiore e psicologica che riescono a mettere a disposizione di altre persone affet-te da sclerosi multipla, diventando, così, essi stessi dei volontari. “Pur essendo numerosi i malati di sclerosi multipla nella città di Molfetta solo pochi si rivolgono all’associazione, per questo noi abbiamo mobilitato i mezzi d’informazione affinché la gente ne sia informata e possa rivol-gersi direttamente alla referente di Molfetta, Antonietta Nappi, o scri-vendo all’indirizzo antonietta_nappi @hotmail.it o chiamando al numero 080/5564778”. “Necessitiamo – con-clude Domenico Pignatelli – di nuovi volontari che ci aiutino a supportare le persone affette da sclerosi multipla e anche di benefattori che, sposando la nostra causa, possano finanziare i nostri servizi devolvendo delle offer-te sul c/c 19604701”.

Gianfranco Inglese

L’associazione, già attiva a Giovinazzo, cerca volontari anche a Molfetta.

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AISM: “Aiutiamo ad aiutare”

giovedì 24 giugno 2010 13Attualità

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“Sorpreso con 3 chili di datteri è fini-to nella “rete” dei Carabinieri. Per questo un subacqueo 28enne molfet-tese è stato denunciato alla Procura della Repubblica del capoluogo ba-rese con l’accusa di “pesca di frodo subacquea”. È successo a maggio nello specchio di acque antistante il porto di Molfetta. Per il 28enne, oltre al deferimento all’Autorità Giudiziaria, è scattato il sequestro dell’attrezzatura”. Una storia come tante, un “normale” fatto di cronaca, di quelli che si susseguono puntual-mente in ogni estate. Se non fosse che questo episodio nasconde il dramma di un ragazzo “sfortunato”: per lui una vita segnata dai problemi, dal dolore, dalle dipendenze e dal tenta-

tivo di ricominciare anche grazie al Servizio per le Tossicodipendenze della ASL Bari. La storia del 28enne, la racconta lui stesso nella lettera che ci ha mandato e che a stralci ripor-

tiamo. Una storia così simile e di-versa da quella di tante altre persone. Le persone che abbiamo tentato di conoscere attraverso l’aiuto del re-sponsabile del Ser.T. dottor Antonio

Taranto.“Spettabile redazione – ci scrive Domenico, il 28enne denunciato dai Carabinieri – scrivo questa lettera perché sono ad un bivio della mia vita. Vi riassumo in poche parole l’accaduto: io provengo da un pas-sato molto burrascoso, fatto di sot-terfugi, di tossicodipendenza e abitu-ato sempre a delinquere, sempre per acquistare droga. Tutto questo fino a circa due anni fa, quando finalmente, con l’aiuto della mia famiglia e la mia forza di volontà sono riuscito ad uscirne fuori. Oggi sono del tutto pu-lito, seguo un programma riabilita-tivo, con esami tossicologici costanti, in più sempre per colpa del mio pas-sato, sto scontando una pena di nove mesi in affidamento presso il SerT di Giovinazzo. Seguo degli orari ben precisi e ci sono giorni prestabiliti in cui devo recarmi al SerT e giorni in cui dovrei cercarmi un’occupazzione in regola. È inutile dirvi che ho gi-rato tutta Molfetta ma con scarsis-simi risultati, anche perché chi pren-derebbe a lavorare un ragazzo come me con precedenti? Ogni quindici del mese devo pagare un affitto di trecen-tocinquanta euro e sicuramente alla mia padrona di casa nulla importa della mia situazione. Verso il dieci maggio con l’avvicinarsi della sca-denza della rata dell’affitto, per non far perdere un tetto alla mia famiglia ho ritenuto di fare l’unica cosa che so fare bene senza recare male a nes-suno: fare dei frutti di mare per poi ricavare i soldi dell’affitto. E così feci ma quel giorno sono stato fer-mato dai carabinieri di Bari e l’unica possibiltà per pagare l’affitto è svan-ita. So di avere sbagliato ma come faccio a far vivere decentemente la mia famiglia se non mi si da una pos-sibilità di lavoro?”.

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Datteri per campareLa storia e l’appello di un ragazzo seguito dal Servizio per le Tossicodipendenze.

giovedì 24 giugno 2010 15Inchiesta

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Inchiesta16

Anche quando sembrano essere total-mente diverse l’una dall’altra, le sto-rie che affollano i Ser.T si somigliano, hanno in comune l’incontro, voluto o casuale, con sostanze (alcool, droghe, ecc.) o con esperienze (gioco d’azzardo, sesso, cibo, relazioni, ecc.) che, modifi-cando umore e sensazioni, generano in molti casi un’abitudine ripetitiva e per-sistente e poi una dipendenza innescata dal cambiamento, avvertito come posi-tivo, della percezione di sé e dell’am-biente circostante. Così come gli amori possono sconvolgere e rivoluzionare la vita delle persone, nascere dal disagio e dalla solitudine, le dipendenze, spesso annunciate da storie e mondi familiari gravosi, disadorni, a volte frustranti e frustrati, possono servire ad alterare lo stato di coscienza ordinario, diventare una difesa adattiva, intercettare le ten-sioni e le debolezze latenti per convo-gliarle nella ricerca spasmodica e com-pulsiva di una realtà psicosensoriale parallela in cui diventa indispensabile rifugiarsi. Gli amori irrompono, le di-pendenze dirompono, gli amori rendo-no liberi, le dipendenze schiavizzano: in molti casi hanno in comune l’osses-sività, il limite varcato che fa dell’uso un abuso, del sogno un delirio. Queste due storie, raccolte e scritte per noi dal dottor Antonio Taranto, raccontano due vite non facili, segnate dall’alcool e dalla droga, due vite che oseremmo de-finire “circolari” perché sembrano fini-re proprio lì dove sono nate: entrambe inseguono ancora, a fatica, un riscatto civile e sociale reso impossibile dalla burocrazia e dalle stesse istituzioni che avrebbero dovuto, invece, facilitarlo. Forse, dopo averle lette, guarderemo in maniera diversa il passante che beve per strada o il vicino sempre un po’ alticcio, il conoscente che fa uso di “sostanze”, l’amico incollato al computer anche di notte, la collega che corre spesso in bagno a vomitare, un familiare che mangia in maniera compulsiva o che, al contrario, evita di sedersi a tavola: dipendenze multiple e variegate, segni di una società sfaldata e disfunzionale, specchio dei nostri smarrimenti e della nostra incompiuta identità individuale e collettiva, simbolici e devastanti ap-pigli ai quali aggrapparci per evitare la dissolvenza in un mondo sempre più liquido ed evanescente.

Beatrice De Gennaro

Ser.T: non solo metadoneLe storie del Ser.T

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2080

Tra le varie funzioni svolte dai Ser.T, i Servizi pubblici per le Tos-sicodipendenze istituiti dalla legge 162/90, quella della riabilitazi-one e del recupero dei soggetti presi in carico riveste senza dubbio un’importanza primaria. A ben poco servirebbero, infatti, le attiv-ità di informazione, prevenzione, diagnosi e cura delle dipendenze patologiche relative a sostanze illegali (eroina, cocaina, cannabi-noidi, ecc.) e legali (alcool, farmaci, ecc.) e dei comportamenti assimilabili all’uso di queste (gioco d’azzardo, dipendenza da tec-nologie, ecc.) se non fossero adeguatamente supportate ed inte-grate da azioni e programmi multidisciplinari tesi essenzialmente alle più svariate forme di inclusione sociale delle persone che qui vengono accolte e seguite. Ne è fermamente convinto il dottor An-tonio Taranto, psichiatra e direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche ASL Bari, all’interno del quale opera il Ser.T Molfetta-Giovinazzo, che spiega: “Le dipendenze patologiche sono malattie croniche e recidivanti i cui sintomi si manifestano spesso in età adolescenziale, quando per incoscienza, immaturità, incapacità, e non per libera scelta, si incomincia a coltivare l’immondo vizio, dedicandovi gli anni migliori, allontanandosi dagli affetti e dal proprio mondo d’origine. Solo dopo qualche tempo, quando si es-auriscono gli effetti piacevoli della sostanza o del comportamento, si incomincia a vivere il deterioramento, tanto che molti arrivano a 30, 40 anni avendo perso praticamente tutto, amici, amori, fa-miliari ed anche la capacità di condividere la propria vita con la società civile. Molti si ritrovano soli, poveri, malati nel corpo e so-cialmente inetti, incapaci di rispettare le regole di convivenza più elementari o di seguire un pur minimo progetto pur essendo riusciti a raggiungere un nuovo stato di relativo benessere aiutati da farma-ci e da opportune terapie psicologiche”. È in questi casi che molti vengono inviati nelle comunità? chiediamo. “A volte sì, ma anche questo ha un rischio notevole: la comunità è un mondo protetto, spesso avulso dalla realtà che c’è fuori. Quasi sempre il paziente che viene poi dimesso dalla comunità si ritrova a vivere male, a soffrire per l’incapacità di reinserirsi nel mondo normale ed infine ricade nella malattia”. Cosa fate qui, al Ser.T di Giovinazzo, per il recupero di queste persone? “Mettiamo in atto una tecnica vecchia nei contenuti ma innovativa nei modi: usiamo le modalità di lav-oro tipiche delle comunità, senza tenere i pazienti ricoverati, cioè cerchiamo di eliminare quella protezione che è inevitabile nella comunità ma che non consente, in alcuni casi, il completamento della autonomizzazione emotiva ed affettiva del paziente”. In che modo? “Chiediamo ai nostri utenti di frequentare il servizio per circa sei ore al giorno organizzando il loro tempo su tre direttrici

principali: la terapia psicologia indi-viduale e di gruppo; il recupero della cultura attraverso lettura, conversazi-one a tema, problem solving, ergot-erapia; il riscatto sociale attraverso im-pegni di volontariato socialmente utile come: assistenza a persone bisognose, pulizia di spazi pubblici, servizi vari per l’ente ospitante, ecc”. Ci dica quali sono i punti forti e quali quelli deboli di questa strategia… “I punti di forza sono che i pazienti, non essendo pro-tetti dagli stimoli esterni, si allenano a difendersi da soli, giorno dopo giorno, mentre ricevono le cure necessarie; la permanenza e la partecipazione ad at-tività pubbliche o in pubblico attenua l’effetto dello stigma sociale di cui ciascun tossicodipendente è portatore. I punti di debolezza sono che i pazi-enti non vengono protetti dagli stimoli esterni e, quindi, giorno dopo giorno, rischiano di essere contaminati o se-dotti dalle sirene del vizio, della mala-vita, ecc.; le scarsissime risorse finan-ziarie di cui i nostri pazienti sono dotati difficilmente consentono tempi di cura così lunghi”. E i risultati? “Li definirei spettacolari in un 33% dei casi trattati, accettabili in un altro 33%, poco utili o inutili nel restante 33%”.

Beatrice De Gennaro

Così è iniziata l’avventura di Corso Dante.

Ce le ha raccontate il dottor Antonio Taranto.

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17giovedì 24 giugno 2010

Ser.T: non solo metadone

Pagine di realtà e di dolore.

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Quelli che... la vita

M.: oggi ha 40 anni. Suo padre ama-va vino e birra e viveva raccogliendo robe vecchie. La mamma è analfabeta. M. conseguì la licenza di quinta ele-mentare e divenne il dotto di famiglia. A 12 anni lavorava come panettiere e, rispetto ai suoi amici, era diventato ricco. Tutti lo cercavano per divertirsi con lui... grazie ai suoi soldini. Il di-vertimento era rappresentato dal gela-to, dall’hot dog e roba del genere. Poi cominciarono a divertirsi con la birra. E poi vollero provare a divertirsi an-che con la droga. I soldi del panettiere non bastarono più e, quindi, comincia-rono a rubare. Era facile e divertente: con una spallata si sfondava la porta di uno “iuso” (casa al piano terra), si en-trava, si prendeva quello che c’era e si andava via. Un furto finì male: il vec-chietto che abitava nello “iuso” cercò di difendere le sue cose, ricevette uno spintone, cadde, morì. Omicidio prete-rintenzionale: M. fu condannato a 10 anni di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici. In carcere M. studiò,

prese la licenza media, imparò altri mestieri e si comportò bene. Quando tornò libero aveva 31 anni e tanta vo-glia di vivere. Conobbe una ragazza, la sposò e fece un figlio. Ma non riuscì a trovare un lavoro per mantenere la sua famiglia. Tornò a rubare e fu arre-stato di nuovo. Solo per qualche mese. Quando uscì dalla prigione non ritro-

vò né la moglie, né il figlio. “Si drogò per dimenticare”. Fu arrestato di nuo-vo. Quando uscì dalla prigione andò a vivere con la madre, ormai vedova e invalida: 250 euro di pensione di in-validità per mantenere una casa, due persone che devono mangiare ogni giorno e per fornire qualche agio ad un altro figlio ospite delle patrie ga-

lere. Un’impresa molto difficile. Oltre tutto M. si ammala anche nel fegato e nel cervello: 80% di invalidità e altri 250 euro di pensione. Si riesce a so-pravvivere, ma ancora non basta. Un ente pubblico bandisce un concorso per le categorie protette. M. si illude, finalmente, di sistemare la sua vita ma, ancora una volta, viene escluso. L’interdizione dai pubblici uffici gli impedisce di firmare qualsiasi contrat-to con enti pubblici: non può neanche pulire i cessi. Si rivolge ad un avvo-cato: “puoi avere la riabilitazione”. Si affida, investe i suoi pochi soldi, ma la riabilitazione non arriva. Perché? Nella matematica giudiziaria i conti non tornano fra primo reato, ultimo reato, condanna, recidiva, pena scon-tata, condono, indulto ecc. ecc. M. si dispera e chiede: che devo fare, visto che non voglio tornare a rubare?V. invece è femminuccia. Anche lei viene da una famiglia povera e poco acculturata. Anzi, viene da una fami-glia per la quale la scuola non serve a nulla. A 10 anni V. dice che non vuo-le studiare più e la mamma dice “va bene, tanto è meglio che stai in casa a fare i servizi”. I servizi sociali non si accorgono di questo assenteismo scolastico e non prendono alcun prov-vedimento. V. fa i servizi in casa e poi fa l’amore con un ragazzotto e, voi-là, resta incinta. Niente male, è festa grande e V. si sposa e fa anche un altro bambino. Ma poi si sa come sono i ra-gazzi, che vogliono sempre divertirsi e lo fanno anche ubriacandosi. V. di-venta etilista. Il tribunale dei minori affida i suoi bambini ad una famiglia più affidabile e il marito se ne va per i fatti suoi. V. attraversa un periodo di degrado totale fra birra e uomini che la pagano (o fanno finta di pagar-la) per amarla. Poi ha un momento di consapevolezza e cerca di riscattare la propria vita. Si cura; smette di bere; cerca di rimettere ordine nella sua vita e partecipa anche lei ad un concorso per categorie protette. Questa volta i servizi sociali si accorgono che V. da bambina è stata assenteista e, quindi, non può partecipare al concorso. Che farà V.? Per guadagnare due soldi po-trà sempre farsi amare...

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Non solo natura e divertimento sono le parole chiave delle iniziative estive che vedranno ancora una volta impe-gnata la sezione molfettese del Wwf. Si è appena conclusa, infatti, la “Turt-le Week”, una settimana che ha visto protagoniste indiscusse le tartarughe marine salvate all’interno del centro di recupero, allestito presso la scuola primaria “G. Cozzoli”: una grande fe-sta ha accompagnato la liberazione di alcuni esemplari, imbarcati dalla ban-china Seminario del porto di Molfetta e trasportati dai mezzi della Capitaneria di Porto al largo, lì dove hanno potu-to ritrovare un diretto contatto con il proprio habitat naturale, il mare; una cornice in cui si intrecciavano natura, spettacolo e musica sfortunatamente poco favoriti dalle avverse condizioni meteorologiche. Ma quest’estate, che tentenna a decollare, porta con sé ap-puntamenti e progetti imperdibili. Il mese di luglio, in particolare, sarà per il Wwf di Molfetta ricco d’impegni su più fronti: accanto alla continua attività

di salvaguardia ambientale, gli amanti della natura potranno partecipare a due escursioni che interesseranno l’intero arco della giornata. La prima escursio-ne, prevista per il 18 luglio, avrà come meta l’Oasi naturale del Monte Polve-racchio, un’area protetta in provincia di Salerno, realizzata nel 1988, che si estende per duecento ettari su un ter-ritorio prevalentemente montuoso in cui si passerà da un’altezza media di millecento metri, fino ai millesettecen-to metri, tra percorsi naturali ed aree attrezzare didattiche. Per la seconda escursione del 25 luglio, i passi degli

esploratori si dirigeranno invece ver-so la Riserva Naturale delle Gole del Raganello, istituita nel 1987 e facente parte del Parco Nazionale del Pollino, in provincia di Cosenza. L’escursione giornaliera sarà incentrata sulla risalita del torrente Raganello guadandolo a piedi in acqua, una prospettiva certa-mente suggestiva, circondati dalle pa-reti rocciose a strapiombo della vallata fluviale, alte più di cento metri. Per entrambe le escursioni, si specifica, è richiesta la prenotazione presso la sede del Wwf di Molfetta. Nel periodo esti-vo continuerà ad essere alta l’attenzio-

ne verso i reati ambientali; a tal propo-sito Pasquale Salvemini, responsabile del Wwf Molfetta, ci anticipa l’immi-nente riattivazione di un numero verde (800085898) attivo su tutto il territorio regionale, e con sede operativa proprio a Molfetta, a cui potranno giungere le segnalazioni di cittadini e istituzioni verso atti che possono ledere l’integri-tà ambientale del territorio, un’arma di difesa in più verso al flora e la fauna costantemente in pericolo. L’attivi-tà del Wwf procede quindi spedita ed ininterrotta, e anche nel mese di agosto le sue energie saranno incanalate in un campo di monitoraggio del territorio e della costa, presso il centro di recupero della tartarughe marine, che interesse-rà laureandi della facoltà di veterinaria dell’Università di Bari e laureandi pro-venienti da università francesi. Non ci resta che augurare al Wwf buon lavo-ro, tranquilli che la natura ha dalla sua parte un valido alleato.

Isabel Romano

Prosegue l’attività di tutela ambientale. Via alle visite guidate e al numero di telefono per i reati ambientali.

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Un’estate di lavoro per il WwfIn Città18 giovedì 24 giugno 2010

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Snorkeling e subacquea,tutti in acqua!

Uno sport a contatto con il mare capace di regalare mille emozioni.

E se il caldo, che ancora riesce a farsi desi-derare, e l’estate chiamano, il mare rispon-de. Si rinnova anche quest’anno il legame con l’ambiente marino, non solo pratico e tempestivo rimedio alla calura, ma anche mondo affascinante e ricco di sorprese. E quando il tradizionale bagno in mare di-venta ormai un rituale meccanico e scon-tato, ecco allora nuovi e interessanti modi per scoprire il mare, imparare a conoscerlo e soprattutto rispettarlo. La neonata asso-ciazione “Poseidon Blu Team” propone a tutti gli appassionati spiriti di mare e non, due sport subacquatici, lo snorkeling e la subacquea: nessun lungo viaggio verso i tanto pubblicizzati paradisi tropicali, tal-volta non alla portata di tutti, nessuna im-mersione in acque straniere, solo la nostra costa, quelle acque che tutti conoscono e che sanno di casa. Ma cosa è lo snorkeling e in cosa consiste? È evidente che il ter-mine derivi dalla parola inglese “snorkel” che sta ad indicare il boccaglio o aeratore che assieme alla maschera consentono di respirare e vedere in modo confortevole il

fondale marino mentre si nuota in superfi-cie, senza precludere piccole immersioni in apnea; un modo di vivere il mare, come ci spiegano i responsabili dell’associazio-ne, semplice e sicuro dove non occorre essere esperti nuotatori e costituisce, anzi, un’occasione proprio per imparare e per-fezionare la tecnica di nuoto. Un’attività, questa, adatta a tutte le età e sicuramente di grande attrattiva e divertimento per i più piccoli, come dimostra il grande entusia-smo con cui è stata accolta dai numerosi alunni di scuole primarie di Molfetta e Bi-sceglie. Diverse sono invece le modalità di svolgimento della subacquea, in cui il corpo racchiuso dalle acque diviene un tutt’uno con queste. Con la subacquea, distinguibile in “ricreativa e tecnica/pro-fessionale”, è infatti possibile immerger-si completamente e rimanere sott’acqua per diverso tempo, grazie ad uno speci-fico equipaggiame. Con lo snorkeling e la subacquea si preannuncia un tuffo in un’estate sempre più blu-mare.

Isabel Romano

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È nata poseidon Blu Team2085Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

È nata a Molfetta l’associazione spor-tiva dilettantistica, culturale e turistica “Poseidon Blu Team” con sede in via Paniscotti, 31. La nuova realtà associa-zionistica, senza scopo di lucro, nasce dall’esperienza decennale di un team di esperti istruttori nel campo degli sport acquatici e subacquatici, persone che hanno fatto dell’ambiente marino la propria passione. Ottavio Balducci per la subacquea ricreativa, Raffaele Annese per lo snorkeling ed Alessia Lago per il nuoto hanno voluto mette-re quella stessa passione a disposizio-ne di grandi e piccoli al fine di rein-terpretare la conoscenza ed il rispetto del mare e di tutto il suo infinito eco-sistema. Poseidon Blu Team propone, quindi, una nuova cultura all’educa-zione ambientale attraverso la tradi-zionale attività di nuoto e innovative attività di snorkeling e subacquea che dal mese di giugno a quello di set-tembre animeranno il “Lido Algama-rina” di Molfetta; un appuntamento imperdibile che coniugherà didattica

e sicuro divertimento, con l’aggiunta di un pizzico di sano spirito sportivo. Per tutti gli interessati è già possibile richiedere informazioni ed iscriversi alle attività programmate, contattan-do l’associazione ai numeri telefonici 347/7600608 – 349/7935091, o attra-verso indirizzo e-mail [email protected].

Un’associazione sportiva “innamorata” del mare.

“Per avere carta bianca, basta prendere una carta a colori”. È questo lo slogan scelto da UBI Banca per presentare “Enjoy”, la nuova proposta per i giovani, per gli studenti, per chi lavoro e per chi viaggia. Enjoy è perfetta an-che per chi vuole uno strumento più semplice e conveniente del conto corrente, ma vuole più di una normale carta di pagamen-to. È una carta da usare in ogni circostanza e dovunque e in più, Enjoy premia quelli che la usano entrando nella community Enjoy People! Enjoy può essere attiva-ta presso tutte le filiali di Ban-ca Carime - gruppo UBI Banca. Con Enjoy si possono pagare gli acquisti fatti tramite internet o nei tradizionali negozi, si può prelevare gratis presso tutti gli sportelli automatici d’Italia ed è utilizzabile in ogni esercizio che espone il logo MasterCard. Su Enjoy è possibile anche caricare lo stipendio e fare e ricevere bo-nifici oltre che ricaricare il cel-lulare e pagare le bollette. Enjoy è facile da ricaricare: oltre che con i bonifici, ad esempio quelli dello stipendio, la carta può es-

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giovedì 24 giugno 2010 19In Città

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Gli abiti di de Virgilio in SudafricaIl Gruppo molfettese veste la testimonial

della nazionale italiana.

In occasione dei Mondiali di Calcio in corso in Sudafrica, Sara Izzo è la te-stimonial della Nazionale Italiana. La show girl è partita alla volta di Johan-nesburg l’8 giugno scorso e accompa-gnerà la squadra in tutte le cerimonie e conferenze stampa durante il mese della competizione mondiale. La bel-lezza italiana sarà accompagnata in questa avventura dal Gruppo Stile de Virgilio, società tutta molfettese nota nel mondo dell’alta moda italiana. Così la Izzo, scoperta dal concorso Miss Mondo Italia, indosserà abiti re-alizzati all’insegna dell’estro scolpito, della identità consapevole e della con-turbante mediterraneità. Sono questi infatti i concept dei capi che hanno ispirato le stiliste del Gruppo de Virgi-

lio, professioniste già note per le loro “crazioni senza limiti di tempo”, come le ha definite la critica specializzata. Gli abiti indossati dalla Izzo sono un viaggio emozionale nella creatività e sartorialità del Made in Italy, realizza-ti con pennellate di sete pure, tonalità intense, finemente panneggiati e illu-minati da finiture in filigrana antica e cristalli vitrei. Tra la Izzo e il Gurppo Stile de Virigilio è così nato un con-nubio artistico ed estetico in perfetta sinergia con i valori del concorso Miss Mondo Italia e quelli dell’avventura azzurra ai mondiali di calcio. Un con-nubio che ha portato un altro pezzo di Molfetta (rappresentata anche dall’as-sistente arbitrale Stefano Ayroldi) ai Mondiali in Sudafrica.

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L’Università Popolare di Molfetta ha terminato il ciclo di studi e seminari, organizzato per l’anno accademico 2009-2010. L’attività socio culturale, iniziata il 9 ottobre 2009, si è conclusa l’8 giugno scorso. Le conferenze sono state tenute da autorevoli personalità del mondo culturale ed accademico. Diverse le tematiche affrontate, tra cui le problematiche attuali europee e italiane relative al territorio pugliese. La cultura scientifica e prospettive fu-ture. L’uomo e la scienza. Letteratura e musica secondo la cultura locale. Attraverso gli argomenti trattati, non fini a se stessi, l’Università Popolare ha voluto rispondere a quegli interro-gativi posti dai mutamenti sociali che portano ad essere al passo con i tempi, in un tessuto sociale sempre più globa-lizzato, rinnovato continuamente dal-le nuove generazioni. L’esposizione, la metodologia, la didattica applicata dai conferenzieri hanno tradotto le le-zioni in interessanti dibattiti; i parteci-panti, maggiormente adulti, sono stati motivati nell’ascolto da un continuo confronto con la propria esperienza, il

proprio vissuto. Abbiamo incontrato la presidente dell’Università Popola-re, professoressa Ottavia Sgherza.Presidente, l’anno accademico ap-pena concluso si è aperto con la “Commemorazione della figura del professor Giovanni de Gennaro”, suo predecessore. Ci vuol raccon-tare cosa ha ereditato dal nostro compianto presidente, che peso ha avuto il suo spessore cultura-le nelle decisioni programmatiche dell’UPM? Ho iniziato questo primo anno di presidenza nella convinzio-ne alquanto scontata dell’inevitabile confronto con il mio predecessore, il professor Giovanni de Gennaro, ad iniziare dai soci che avrebbero dovuto rapportarsi ad una personalità diversa. Come premessa informo che a coin-volgermi nelle attività dell’UPM è stato proprio il compianto presiden-te che, preside del Liceo Classico di Molfetta, sin dagli anni ’80 mi ave-va conosciuta come docente. Già da allora avevo potuto apprezzare l’alto magistero del professor de Gennaro, la sua grande onestà intellettuale, la

vivace passione civile e culturale e la sua mente duttile e raffinata. Io, che avevo vissuto quale docente presso il Liceo Scientifico Fermi di Bari espe-rienze di accese lotte studentesche e avevo maturato il senso imperioso dei valori della cultura come antidoto ad ogni forma di mistificazione del reale, ho avuto, in quegli anni, l’opportunità di rapportarmi ad un intellettuale di notevole statura, trovando riscontro alle mie convinzioni in colloqui fran-chi e costruttivi, improntati ad un pen-siero lucido e rigoroso. L’eredità rice-vuta? La fiamma del “libero pensiero” scevro da sovrastrutture ideologiche o partitiche, la gratificante, anche se inquietante, coscienza critica contro il sonno della ragione ahimè dilagante.Quali saranno le nuove strategie miranti al coinvolgimento anche dei giovani per il prossimo anno accademico 2010-2011? Per il pros-simo anno accademico 2010-2011, in continuità con lo scorso anno, l’UPM continuerà a proporre tematiche e problematiche di maggiore interesse e coinvolgimento quali i problemi ener-

getici, altri legati alla sicurezza e al territorio, alla medicina, alla letteratu-ra, al teatro, alla musica. Non manche-ranno le attività ludiche e gite sociali. L’impegno non facile sarà profuso nel coinvolgimento dei giovani attraver-so un dialogo dialettico e costruttivo, laddove è possibile, finalizzato al re-cupero della nostra memoria storica e culturale che eviti l’appiattimento sul presente e infonda loro il senso di appartenenza, nonché una meridiona-lità saldamente radicata e la capaci-tà di ritrovare la propria dimensione umana. Rivolgo inoltre un particolare e affettuoso ringraziamento al diret-tivo dell’UPM per la fiducia riposta nella mia persona e per il sostegno e la costante collaborazione. Abbiamo insieme affrontato non facili proble-mi quale il forzato cambio di sede a seguito di licenza per finita locazio-ne. Un particolare ringraziamento al presidente dello Sporting, l’ingegner di Gioia e ai soci, per la cordiale ac-coglienza riservataci.

Pantaleo de Trizio

Succede all’Università Popolare Molfettese.

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Formazione al passo con i tempi.

De pietro e Chieco lasciano l’ITISI due docenti hanno raggiunto il

traguardo della pensione.

Due pezzi di storia importanti, due co-lonne portanti dell’Istituto Tecnico In-dustriale “Ferraris” di Molfetta si appre-stano a svolgere le ultime attività nella “propria” scuola. Parliamo dei profes-sori de Pietro e Chieco. Appassionati ed autorevoli con gli studenti, che non raramente hanno mostrato, anche negli studi universitari e nei problemi lavora-tivi, il loro feedback culturale e affetti-vo. Entrambi i docenti hanno fortemen-te voluto e ottenuto, in fase sperimen-tale, il Liceo Scientifico Tecnologico a Molfetta: lo hanno avviato, organizzato e sapientemente gestito. Hanno anche permesso l’introduzione dello studio del latino, impartito dal professor Leo Petruzzella. Il vissuto scolastico dei due docenti prossimi alla meritata pen-sione è stato comunque diverso. Il pro-fessor Lorenzo de Pietro “mandato” in pensione per i suoi 40 anni effettivi di servizio, al “Ferraris” dal 1979 ha cu-rato maggiormente la parte dirigenzia-le. Collaboratore di presidenza con il preside de Palma e sempre vice preside con i presidi Salvatore Colonna, Mau-ro Minervini, Leo de Trizio e Manlio Massari. Dopo il professor Pietro Fac-chini, per anni il professor de Pietro

ha contemporaneamente ed ininterrot-tamente efficientemente diretto l’Uffi-cio Tecnico, coadiuvato dalla “storica” assistente amministrativa Dina Miner-vini. Il professor Guglielmo Chieco, invece, ha coniugato in perfetta sinto-nia ed equilibrio l’insegnamento e la managerialità. Al “Ferraris” dal 1988, ruvese, ha trasmesso a varie generazio-ni di studenti il meglio della sua ma-teria, Tecnologia e Disegno, forte del suo background di studi accademici e della grande capacità di comunicazione e carica umana. In qualità di manager ha efficacemente diretto per anni, quale fiduciario, la sede distaccata “Apicel-la”, coadiuvato dal suo angelo custode professor Leonardo de Pinto. In questo fine anno scolastico lasciano l’attività di servizio al “Ferraris” anche l’ottimo professor Beppe Manente (docente di lettere), gli storici professori Mauro de Candia, Vitantonio Stefanachi e Luigi Minervini (di Elettronica, di Informa-tica e di Laboratorio meccanico e tec-nologico), ed anche i professori Rosa Serrone e Giambattista Germinario, entrambi di Lettere.

Angelo Gadaleta

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In Città20 giovedì 24 giugno 2010

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Potrebbe sembrare il risultato di una partita di calcio, magari del mondiale con la nazionale italiana in trasferta, ma in realtà non lo è: di questa “nazionale” fanno parte giovani adolescenti e, dulcis in fundo, di Molfetta. Così come per le partite di calcio si gioca prima l’andata e poi il ritorno, sfidandosi nella città di appartenenza di entrambe le squadre, la “nazionale” molfettese ha prima ospita-to e poi a sua volta è stata ospite di alcu-ni ragazzi polacchi a Cracovia. Erano 18 coloro che hanno partecipato al progetto intercultura a livello europeo e che sono stati accolti il 6 giugno scorso nella sede del palazzo comunale dal sindaco Antonio Azzollini. Dopo il benvenuto, il sindaco ha riportato alla memoria alcu-ne nozioni storiche riguardo alla realtà polacca, citando un memorabile perso-naggio che ha avvicinato e legato mag-giormente le due nazioni protagoniste: Karol Wojtyla. Ecco che Molfetta si è ritrovata improvvisamente coinvolta dai nuovi arrivi ed è stata più che mai par-tecipe alla loro permanenza. I ragazzi di Cracovia hanno avuto modo di visitare diverse realtà paesaggistiche della Pu-glia e di Molfetta, tra cui il centro sto-rico e il liceo scientifico “A. Einstein” e

quello classico “L. Da Vinci”. Durante le loro mattinate, quindi, i giovani erano soliti effettuare delle escursioni, mentre i loro corrispondenti molfettesi svolge-vano regolarmente lezione, per poi tra-scorrere il restante tempo della giornata insieme a loro, uscendo con gli stessi amici, fino ad assaporare la fatidica e quasi obbligatoria esperienza giovanile della seduta al lungomare. Occasione grazie alla quale le due “squadre” sono entrate più in stretto contatto, dando a

tutti una anche minima opportunità di sentirsi toccati in prima persona dal progetto, magari tornando a casa con qualche esperienza in più. “Tutto que-sto è stato e interessante e formativo soprattutto per la possibilità, servita su un piatto d’argento, di approfondire lo studio della lingua inglese” commenta-no i protagonisti di Molfetta “in Polonia non c’era altra alternativa che utilizza-re l’inglese, trovandoci in casa di gente che dell’italiano sapeva solo qualche

parola”. Infatti, il progetto prevedeva che i primi a partire fossero i molfettesi, ognuno dei quali è stato affidato ad una famiglia in relazione al corrispondente assegnatogli. Gli italiani raccontano che solo uno dei sette giorni sono entrati nella scuola della quale potevano esse-re solo ospiti, infatti la settimana che andava dal 2 al 9 maggio è solitamente dedicata agli esami di stato, ecco che non hanno avuto occasione di partecipa-re alle lezioni, limitandosi ad ammirare la struttura e respirare un’aria scolasti-ca differente. Mentre i polacchi hanno partecipato a due ore di lezione nel liceo scientifico conducendo i ragazzi ad una ulteriore sfida: cercare di spiegar loro “il mondo delle idee” di Platone in inglese per renderli partecipi. Degno di nota è stato vedere come, l’unico prerequisito chiesto a coloro che si offrivano volon-tari per il progetto, sia stata la disponi-bilità: nessun esame di inglese, nessuna prova per testare il grado di conoscenza, segno di grande fiducia nei confronti dei giovani e nelle loro potenzialità, senza voler o dover necessariamente preclude-re la strada a qualcuno.

Maria Sancilio

Scambio culturale tra studenti dei due Paesi.

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Italia - polonia finisce con un pareggio

Una delle iniziative della rassegna “Il maggio molfettese”, organizzata da A.S.S.O. Arte e F.I.D.A.P.A, rasse-gna che ha offerto per tutto il mese di maggio numerose proposte nei campi dell’arte e dell’espressione creativa, è stata la mostra collettiva di fotografia “Fotosintesi”. La mostra, giunta alla se-conda edizione (vinta l’anno scorsa da Titti Germinario), si candida a diven-tare un appuntamento importante per la città, uno spazio di confronto e scambio reciproco tra professionisti dell’imma-gine e semplici fotoamatori (coordinati

nel lavoro da Pasquale Modugno) nel campo della sperimentazione e della ricerca. I diciotto partecipanti all’inizia-tiva hanno potuto esporre le loro opere attraverso proiezioni e filmati creati con l’utilizzo sinergico di diversi linguag-gi espressivi e con una molteplicità di scelte stilistiche: dalla sequenza classi-ca a presentazioni che hanno mostrato un elevato spessore di elaborazione sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista del contenuto. Nell’edizione di quest’anno, la giuria popolare ha pre-miato il reportage realizzato nella cit-

tà dell’Aquila da Alberto de Gennaro, mentre Vincenzo de Pinto (che divide il riconoscimento con la sua compagna, Manola Nobile), con immagini di atmo-sfere salentine, è stato il più suffragato dalla giuria tecnica. Entrambi i lavori sono visionabili sul web, all’indirizzo www.vimeo.com/12104436 per il video di Alberto De Gennaro e all’indirizzo www.vimeo.com/12637864 per il video di Vincenzo de Pinto. I partecipanti si sono rivelati veri artisti del linguaggio visivo ed hanno fuso tecnologie e arte in una sintesi armonica, con un occhio

attento ai fenomeni della realtà. Due dei vincitori hanno già all’attivo l’impegno in altre realtà associazionistiche mol-fettesi, come per esempio la partecipa-zione al collettivo fotografico “Rumore Collettivo”. Visto il successo dell’ini-ziativa di quest’anno la terza edizione sarà un evento singolare, al di fuori del “Maggio molfettese”, che prevederà la libera partecipazione di amatori e pro-fessionisti attraverso un bando, col qua-le si spera di replicare il successo.

Katia la Forgia

Il primo con un reportage da l’Aquila, il secondo con le atmosfere del Salento.

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Fotosintesi: vincono de Gennaro e de pinto

giovedì 24 giugno 2010 21Cultura & Spettacoli

Page 22: Il Fatto n. 063

Basta osservare un planisfero per rendersi conto del percorso compiuto da un giovane comandante molfettese, Francesco G. Ma-stropierro, da La Spezia a Colombo, porto dello Sry Lanka, passando da Capo di Buona Speranza con una piccola nave da 500 ton-nelate.Nel libro “Capo di Buona Speranza” lei racconta una parte delle esperienze trascorse in mare. Perché questo titolo? Il titolo del libro non ha nessun significato speciale, è del tutto casuale. Sta ad indicare come una piccola nave chiamata Punta Cre-na, battente bandiera americana, sia giunta a Colombo passando per il punto più a sud della Terra, Capo di Buona Speranza, per poi risalire verso nord e raggiungere il porto di destinazione.Correva l’anno 1945, siamo nell’imme-diato dopoguerra. Lei frequentava l’Isti-tuto Magistrale di Molfetta, scuola che le avrebbe assicurato un lavoro statale con uno stipendio sicuro. Perché ha deciso di lasciare la carriera di insegnante per intra-prendere la vita di mare? È stata una scelta spontanea, una spinta passionale per il mare; chissà forse l’avevo nel sangue, evidente-mente ereditata da mio padre. Era capitano marittimo. Sta di fatto che avevo tanta volon-tà di cambiare scuola che in soli tre mesi mi preparai e superai gli esami di tutte le mate-rie per essere ammesso a frequentare il terzo anno dell’Istituto Nautico. Mi diplomai a pieni voti nel 1948. Premetto che i miei geni-tori non accettavano l’idea che l’unico figlio dovesse intraprendere la vita del mare.Lei a soli 28 anni ebbe l’incarico dalla Esso, una società americana, di imbarcarsi in questa avventura. Un viaggio lunghissimo

che sarebbe costato una percorrenza di 13mila miglia sulle acque dell’oceano At-lantico e Indiano. In questa scelta ha agito con un po’ d’incoscienza oppure si sentiva talmente sicuro da accettare subito? Non era incoscienza, sapevo benissimo quello che mi aspettava fin dall’inizio, anche se ero mol-to giovane. Quando l’armatore mi propose questo viaggio accettai subito perché si trat-tava di attraversare il Canale di Suez e dopo qualche giorno di navigazione sarei arrivato a destinazione. Non fu così perché proprio in quei giorni scoppiò la crisi tra Egitto e Isra-ele. Il canale di Suez divenne impraticabile, affondarono alcune navi. Il contesto cam-biò. Da quel momento occorreva cambiare percorso: circumnavigare l’Africa, doppiare Capo di Buona Speranza e risalire l’oceano Indiano, si trattava di percorrere 13mila mi-glia. Un lungo viaggio è fatto di tanti piccoli viaggi, decisi di accettare. Presi tutte le do-vute precauzioni: mi fornii di tutte le carte nautiche, portolani, fari e fanali, tutto quello che occorreva per affrontare la navigazione in sicurezza. Durante il viaggio accaddero tanti imprevisti ed emergenze che riuscii sempre a superare grazie all’esperienza acquisita negli imbarchi precedenti fatti da mozzo e da allie-vo ufficiale, sulla stessa nave su cui era im-barcato mio padre Atanasio da ufficiale. Da lui ho imparato che per dare ordini bisogna prima saperli eseguire. Ed eseguire gli ordini è più difficile che comandare. Se non si sa ob-bedire non si sa comandare.La notte di Capodanno del 1956 siete par-titi da la Spezia per Livorno, avete naviga-to con cattivo tempo. Appena ormeggiati a Livorno non avete fatto in tempo a mettere la passerella che il mozzo terrorizzato dal

mal di mare è scappato via di corsa, senza prendere la paga e il libretto di mare. Se avesse avuto il tempo di fermarlo cosa gli avrebbe detto per farlo rimanere a bor-do? Il mozzo era un ragazzo terrorizzato dal maltempo, scappò via senza darmi il tempo di spiegargli che la vita di mare è quella che è, però alla fine dà delle soddisfazioni, si gira il mondo, si guadagna. Ci si abitua anche ai cattivi tempi.Lei dopo 18 anni di navigazione ha lascia-to la vita di mare. Il perché vuole raccon-tarcelo? La decisione l’ho presa per stare con la mia famiglia, vedere crescere i figli. Sono stato assunto presso una raffineria quale Re-sponsabile del Terminale Marittimo, incarico che ho mantenuto fino alla pensione. Nel frattempo completai un corso di studi presso un college inglese, conseguendo la laurea in ingegneria.Oggi si sta assistendo ad una crisi irre-versibile del settore marittimo. Molfetta pian piano sta perdendo la sua identità, per secoli è stata una città marinara. Tanti molfettesi vogliono che questa tradizione rimanga. Cosa sta succedendo? In passato ci sono stati genitori che invogliavano i figli a intraprendere la vita del mare perché assi-curava un buon stipendio, una vita agiata. I ragazzi non sapevano incontro a cosa an-davano una volta imbarcati. Sapevano che dovevano stare fuori almeno 12 mesi. La maggior parte delle volte bisognava prende-re l’aereo per raggiungere la nave all’estero. A bordo spesso mancavano i confort. Oggi tutto è cambiato, i contratti prevedono una permanenza a bordo di 4-6 mesi, le navi sono comode e sicure. Nonostante tutto dei nostri ragazzi nessuno vuol più navigare. Andare a

imbarcarsi significa lasciare gli amici, gli af-fetti, non andare più in discoteca…In questi giorni i marittimi molfettesi e di altre zone d’Italia sono in agitazione, non riescono più a trovare lavoro a causa del doppio registro che permette agli arma-tori, attraverso la chiamata diretta, di arruolare gli extracomunitari anche sulle navi italiane. Cosa fare per vincere la con-correnza? Il cittadino molfettese fino a qual-che tempo fa non si era accorto che le cose stavano cambiando, che la cultura del mare andava sempre più scemando. Ora siamo all’emergenza, gli extracomunitari avanzano, fanno mestieri che noi italiani non vogliamo più fare. Per noi è venuto meno lo spirito del lavoro sul mare e ne pagheremo le conseguen-ze perché nessuno dei nostri politici e gli stessi lavoratori non sono in grado di dare soluzio-ni. Un futuro senza speranze. La possibilità di vincere la concorrenza straniera è quella di puntare sulle professioni di qualità. Scuola e ricerca possono dare soluzioni. Se devo dare un parere, i nostri lavoratori, specialmente i capi servizio, spesso non si aggiornano, non frequentano corsi di formazione adeguati ai tempi, fanno leva solo sull’esperienza acqui-sita. Non credo che sia colpa dello Stato. Una parte di questa situazione l’abbiamo voluta noi e chi non ha saputo tutelare i marittimi. Negli ultimi anni dobbiamo ammettere che non abbiamo avuto una grande preparazione. La pratica senza teoria vale fino a un certo punto. Senza istruzione le capacità avranno dei limiti. Ma se una persona mette insieme teoria e pratica può arrivare ovunque. Questo vale per qualsiasi professione, dal mozzo al comandante.

Pantaleo de Trizio

Nelle parole del comandante molfettese Francesco Mastropierro.

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Da Capo di Buona Speranza ad oggi

Ray Gelato, cantante e sassofonista inglese di origine italo-americana, si esibirà nella consueta performance di musica swing il prossimo 9 luglio presso l’Anfiteatro di Ponente nell’ambito di “Luci e suoni a le-vante”. Formatosi musicalmente sulle orme dei grandi del rock’n’roll e dello swing, ar-riva attraverso diverse formazioni a quella attuale, sempre mantenendo vivo lo spirito dell’entertaining creato dai grandi crooners italo americani. Ray Gelato, infatti, viene influenzato fin da piccolo dai dischi del pa-dre, che ascolta Sinatra e Sammy Davis. Più tardi incontra Louis Jordan e Louis Prima, due grandi intrattenitori americani che han-no un ruolo molto importante nella musica creata in futuro da Ray. Nel 1979 incomin-cia a studiare il sax e per i due anni succes-sivi fa parte di una band professionista, The

Dynamite Band. Nel 1982 suona con i The Chevalier Brothers, con cui rimane fino al 1988, gruppo specializzato soprattutto in un repertorio swing degli anni Cinquanta e Sessanta. Con loro realizza anche tre al-bum e diversi singoli. Nel 1988 Ray forma la sua band di sette elementi: Ray Gelato and the Giants of Jive. Il gruppo suona un po’ in tutta Europa in luoghi prestigiosi: ad esempio Carnegie Hall, il festival jazz di Nizza e il Lugano Jazz festival. La band realizza tre album prima di sciogliersi nel 1994. Nello stesso anno Ray, oltre a suona-re nella colonna sonora del film per la BBC “No Bananas”, mette insieme un nuovo gruppo, The Ray Gelato Giants, con cui si esibisce ancora oggi con grande successo di pubblico e critica per i maggiori festival del mondo. Nel 2001 i The Ray Gelato Giants

aprono il concerto di Robbie Williams alla Royal Albert Hall, consolidando così il loro successo, testimoniato, un paio d’anni dopo, prima dall’accoglienza all’Umbria Jazz Festival e poi dalle decine di date dal vivo, che includono la possibilità di suo-nare al Ronnie Scotts club, prestigioso lo-cale jazz di Londra. All’inizio del 2004 il gruppo firma un contratto con la True Blue e realizza “Ray Gelato”, un album ben ac-colto dalla critica, continuando nello stesso tempo anche l’attività dal vivo e l’esibizio-ne in vari programmi televisivi inglesi. Nel-lo stesso anno la band partecipa, di fronte ad un pubblico di quarantamila persone, al BBC Proms in the Park all’Hyde park di Londra. Nel 2005 Ray riceve una nomina-tion al BBC Radio 2 Jazz Artist of the Year e continua assieme ai suoi compagni l’atti-

vità dal vivo, apparendo anche nello show di BBC 1 “Strictly dance fever”. Il 2006 prosegue con un lungo tour in Inghilterra nei teatri. Nel 2008 Ray riceve per la ter-za volta la nomination ai BBC Jazz Award. Ray Gelato ha partecipato a numerosissime trasmissioni televisive in Italia ed ovunque nel mondo; tra le altre Maurizio Costanzo Show, Buona Domenica, Il Boom, ed è sta-to ospite dei The Good Fellas per lo spetta-colo dei comici Aldo, Giovanni e Giacomo “Tel chi el telun”. Trasferitosi in Florida ha eseguito concerti in tutti gli Stati Uniti. La notorietà di Ray è comunque legata ad una pubblicità per i Levis Dockers, in cui canta un brano molto famoso di Renato Caroso-ne, “Tu vuo’ fa l’americano”, canzone poi inclusa nel disco “The men from uncle”.

Marilena Farinola

L’italo-americano a Molfetta il 9 luglio.

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Con Ray Gelato lo swing è protagonista

Cultura & Spettacoli22 giovedì 24 giugno 2010

Page 23: Il Fatto n. 063

Improvvisamente, da qualche parte sul-la Terra, una città senza nome si sveglia con gli occhi coperti da un velo di luce bianca, abbagliata da una strana epide-mia che si diffonde rapida e a macchia d’olio. Tutti, uno dopo l’altro, i suoi anonimi e impersonali abitanti si sco-prono ciechi: il medico, l’automobili-sta, le donne, le mogli, i figli, gli an-ziani, i meno giovani. Il vecchio con la benda, il ragazzino strabico, la ragazza dagli occhiali scuri. I politici e i soldati. Il paese intero.” È come essere immer-si in un mare di latte ad occhi aperti”, dirà uno dei ciechi. Tutti colpiti tran-ne la moglie del medico. Per arginare l’epidemia, il governo decide di isolare i ciechi in diversi edifici: strutture semi-abbandonate, manicomi ed ex manico-mi. I nuovi gruppi “sociali” esistono

senza essere, percepiscono senza vede-re e sopravvivono dandosi la caccia gli uni con gli altri: perché, anche al buio, homo homini lupus. Violenze, abusi e stupri si consumano all’interno degli edifici dove, svanita ogni regola di vita sociale, il caos e l’anarchia s’impon-gono brutalmente, rendendo vana ogni possibilità di inventare forme nuove di organizzazione e di condivisione. La banalità del male sgorga da un istinto animalesco verso la sopravvivenza, che si traduce in ricerca affannosa di cibo e prevaricazione autoritaria dei più forti sui più deboli, dei malvagi sui buoni. “Se non siamo capaci di vivere global-mente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali.” – è il grido accorato di chi coltiva ancora una speranza. La

nuova gerarchia sociale, dalla parte dei buoni, si regge sugli sforzi organizzativi della moglie del medico, l’unica a non essere vittima del contagio e testimone dell’orrore infernale che si consuma. Ma proprio quando la patologia socia-le è sul punto di trovare un equilibrio riparatore, la luce bianca lattiginosa scompare e i colori tornano a sfumare la realtà. Torna la vista, d’improvviso, così come era comparso il bianco acce-cante. Eppure il buio della malvagità ha oscurato l’anima degli uomini, divorati dall’indifferenza e dall’egoismo, dal potere e dalla sopraffazione. Sarama-go disegna la metafora universale di un’umanità bestiale e feroce, artefice di abbrutimento, violenza e degradazione decostruendo la punteggiatura, assot-tigliando la sintassi, scarnificando il

linguaggio. Un romanzo da leggere per non restare ciechi.

“Uno degli ultimi Titani in via d’estin-zione” – come lo definì Harold Bloom – ci ha lasciati qualche giorno fa. Si è spento un grande maestro di scrittu-ra, un esempio di integrità e coeren-za, qualità da tempo ormai a rischio scomparsa. José Saramago (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno) è stato uno scrittore, poeta e critico letterario portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998. Online, all’indirizzo http://quadernodisarama-go.wordpress.com/ la versione italiana autorizzata del suo blog O Caderno De Saramago.

A cura di Angela Teatino

“Finalmente si accese il verde, le macchine partirono bruscamente, ma si notò subito che non erano partite tutte quante. La prima della fila di mezzo è ferma, dev’esserci un problema meccanico, l’acceleratore rotto, la leva del cambio che si è bloccata, o un’avaria nell’impianto idraulico, blocco dei freni, interruzione del circuito elettrico, a meno che non le sia semplicemente finita la benzina, non sarebbe la prima volta. Il nuovo raggruppamento di pedoni che si sta formando sui marciapiedi vede il conducente dell’automobile immobilizzata sbracciarsi dietro il parabrezza, mentre le macchine appresso a lui suonano il clacson freneticamente. Alcuni conducenti sono già balzati fuori, disposti a spingere l’automobile in panne fin là dove non blocchi il traffico, picchiano furiosamente sui finestrini chiusi, l’uomo che sta dentro volta la testa verso di loro, da un lato, dall’altro, si vede che urla qualche cosa, dai movimenti della bocca si capisce che ripete una parola, non una, due, infatti è così, come si viene a sapere quando qualcuno, finalmente, riesce ad aprire uno

sportello. Sono cieco.” José Saramago, Cecità, trad. italiana di Rita Desti Einaudi, 1996, pp. 316.

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Il SegnaLibro. Cecità

Nella penombra della periferia romana si agitano le vite di Claudio (Elio Ger-mano) ed Elena (Isabella Ragonese), forse non ancora trentenni, genitori di due bambini e in attesa del terzo. Due ragazzi innamorati che cercano ogni momento per amarsi lontano dagli oc-chi curiosi e un po’ indiscreti dei due figli piccoli. Distesi sul loro letto can-tano “Anima Fragile” di Vasco Rossi

come due adolescenti, sembrano non aver perso l’incanto e l’ardore della giovinezza. Il tempo libero lo trascor-rono al centro commerciale e al mare: sono una famiglia semplice e felice. Vivono con un solo stipendio, quello di Claudio, operaio edile, ma sognano la Sardegna come vacanza, e Claudio dice che ce la faranno, che troveranno il modo per andarci e quando lo dice ha negli occhi la luce della speranza, della sicurezza di farcela. Ma il fato interviene. Elena muore mentre da’ alla luce Vasco. Il mondo di Claudio si sgretola. Cerca di reagire, a modo suo. Vuole colmare l’abisso generatosi dal-la scomparsa di Elena con beni mate-riali, vuole che i figli abbiano tutto ciò che desiderano. Decide di mettersi in proprio, di prendere in subappalto dal suo datore di lavoro, il corrotto Porcari (Giorgio Colangeli), la gestione di un cantiere. Entra in un giro di immorali-tà e malaffare. Tra lavoro nero e morti bianche, si ritrova in situazioni difficili da gestire data la sua poca esperienza. Ma Claudio non molla. Debiti e minac-ce non lo abbattono. Il mondo che lo circonda è alle prese con la precarietà lavorativa e sentimentale, ma il vicino

di casa, il pusher Ari (un quasi irrico-noscibile Luca Zingaretti), sua moglie Celeste, il fratello Piero (Raul Bova), un bel single quarantenne, timido e im-branato con le donne, la sorella Liliana (Stefania Montorsi), materna e protet-tiva, lo aiutano come possono. Unico film italiano in concorso al Festival di Cannes 2010, una pellicola che ha permesso ad Elio Germano di vincere la Palma d’Oro come miglior attore protagonista, consacrandolo fra le stel-le del nuovo cinema internazionale. Il film respira di vita vera. Il personaggio di Claudio sembra incarnare quell’in-conscia voglia di farcela nonostante le difficoltà di tanti trentenni italiani di oggi, costretti ad affrontare un mon-do che sembra non avere abbastanza spazio per loro, lacerati tra il ricorrere all’illecito pur di andare avanti o re-stare ancorati a quegli ideali di lealtà e amore ai quali, forse, sono stati edu-cati. Una storia drammatica, ma vena-ta di speranza. Penetrante il canto di Germano al funerale della compagna scomparsa. L’urlo di una giovinezza che non vuole arrendersi al disintegrar-si dei sogni di adolescente resta incisa nella carne.

Scheda del FilmLa Nostra Vita (2010)Un film di Daniele LucchettiGenere DrammaticoProduzione Italia / FranciaDistribuzione 01 DistributionDurata 95 minuti circa

Daniele Lucchetti, nato a Roma il 25 Luglio 1960, è regista, sceneggiato-re e attore. Comincia la sua carriera come assistente alla regia in molte produzioni minori, straniere o per la televisione. Durante la scuola di ci-nema conosce Nanni Moretti, diven-ta suo assistente nel film “Bianca”, e aiuto regista in “La Messa è Fini-ta”. Nel 1998 la Sacher Film di Nan-ni Moretti produce il suo primo film “Domani Accadrà”, con il quale si aggiudica il David di Donatello come miglior film esordiente. Nel 2007 fa incetta di David e Nastri d’Argento con “Mio Fratello è Figlio Unico”, con il quale partecipa al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard. Lucchetti è anche regista di molti spot pubblicitari.

A cura di Alessandra Recchia

“Perché col tempo cambia tutto lo sai, cambiano anche noi”. Claudio (Elio Germano)

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MovieNote. La nostra vita.

giovedì 24 giugno 2010 23Recensioni

Page 24: Il Fatto n. 063

Il cielo non è più un mistero. Lo sanno i bene i giovani delle “7.30”.

Ogni mattina ci son maghi che hanno “il potere” di preannunciare, attraverso le stelle, ciò che gli astri ci riservano, ciò che forze superiori hanno deciso per il prosieguo della nostra giornata o ancor di più della nostra vita. Così come le cattedrali spesso risvegliano in chi non crede, o magari in chi ha una visione più attenta della realtà, una sensazione prossima allo stupore che si prova da-vanti alla manifestazione di ciò che gli uomini possono erigere, spendendo mi-lioni, in onore di qualcosa che in realtà non hanno mai visto, allo stesso modo alcuni dei giovani conservano quello stesso senso di perplessità nei confron-ti di chi alle 7.30 di ogni mattina è lì,

pronto a leggere, per mezzo della po-sizione degli astri e dei pianeti, le sen-sazioni che assaliranno ognuno di noi, a seconda dei propri segni zodiacali, durante il giorno. C’è chi attende ogni giorno questi avvertimenti, aggrappan-dosi con tantissima forza, alle parole di demagoghi di speranza, che a loro volta restano volontariamente attaccati all’at-tenzione che questa gente conserva per loro. Insomma è un rapporto diretto che resta in piedi grazie all’infinita curiosi-tà di sapere cosa ci conservano le stelle e a causa dell’immensa speranza che ognuno di noi ripone sia nella fortuna e sia in un destino che vogliamo già co-noscere non preservandoci la voglia di viverlo. Tante son le cose che i giovani non devono scoprire per poterle vivere direttamente, ma purtroppo non è così, tanto che alcuni “leggendo” il cielo san-no già cosa ci aspetta. È più affascinan-te credere nel mistero che il firmamento ci propone piuttosto che cercare di de-cifrarlo o comunque di farlo decifrare, altrimenti non resta più niente da dover scoprire o per cui doversi emozionare.

Gaetano de Virgilio

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Strano a dirsi ma ancor oggi nel terzo millennio la gente confida negli ora-coli delle stelle, chiamati più comu-nemente col nome di oroscopi. Molti, secondo recenti indagini, sono i raggiri che vedono partecipi numerose perso-ne di livello culturale prevalentemen-te medio-basso e di età compresa tra i quaranta e settant’anni, da ricordare tra questi anche una piccola percentuale di giovani ragazzi e ragazze. Del resto era prevedibile che con l’arrivo della bella stagione, gli ormoni in subbuglio e maggiore quantità di tempo a dispo-sizione, qualche giovane avventuroso e ricco di curiosità si riversasse nei meandri dell’interpretazione di scuri oroscopi per ottenere qualche dritta e influenzare i propri comportamenti. Solo il 20% dei giovani molfettesi in-tervistati afferma di credere nei respon-si degli oroscopi per quanto riguarda la salute, il denaro e, soprattutto, l’amore. I “maniaci dell’oroscopo” asseriscono anche che la mattina non mettono piede fuori di casa se non hanno letto la pre-visione che li riguarda, si comportano esattamente come consigliano le stelle e la loro dipendenza raggiunge il picco

record proprio in questo periodo. Ecco una testimonianza di un giovane mol-fettese, Angelo, che afferma: “Anche quando devo fare un compito in classe, fidanzarmi con qualche ragazza o anda-re a giocare a calcio con qualche amico seguo sempre i consigli dell’oroscopo che leggo sulle riviste o sento in televi-

sione”. Il rimanente 80% degli intervi-stati, invece, “ripudia – per dirla con le parole di Sant’Agostino – le predizioni fallaci e gli empi vaneggiamenti degli astrologi”, vedendo in ciò non solo qualcosa di fittizio e fortemente specu-lativo ma anche come indici di grande arretratezza culturale ed intellettuale.

All’insegna delle grandi “rivelazioni”, sarebbe il caso di dire: i più interessa-ti nella consultazione degli astri sono, secondo la suddetta indagine, al primo posto i giovani che abitano nel nord del Paese, poi a scendere quelli del centro e infine i giovani del sud che rimangono se non del tutto disinteressati almeno minimamente influenzati, sfatando il loro radicamento nel fatalismo. All’in-segna del razionale e della scientificità, il Comitato per il Controllo sul para-normale (Cicap) funge da punto di rac-cordo nazionale per le associazioni e i siti degli scettici, di quanti si occupano di indagare sull’occulto ed anche per le diverse fonti di oroscopi. “Gli orosco-pi sono sempre affermazioni vaghe ed ambigue – spiega Stefano Bagnasco, dell’Istituto nazionale di fisica nuclea-re e coordinatore del gruppo di studio sull’astrologia del Cicap – le previsioni sono per lo più così generiche da essere un po’ come le macchie del test psico-logico di Rorschach: non rappresentano nulla, ma è la nostra psiche a dar loro un significato”.

Gianfranco Inglese

Consultare le stelle per conoscere il proprio destino. C’è chi lo fa.

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Basta agli oroscopi fasulli: da oggi decido io!

L’affinità di coppiaSe siete fatti l’uno per l’altra

ve lo dicono gli astri.

“Testa anche tu l’affinità di coppia che c’è tra voi”. Frequente è la probabilità di incrociare un messaggio pubblici-tario simile a questo mentre si atten-de la ripresa del film. Sempre di più coloro che si fanno tentare e inviano un messaggino per ricevere il risultato del test. “Basta scrivere il tuo segno zodiacale e il suo”. Ma quale sarebbe la legge che governa queste tecnica di riconoscimento? La risposta giunge dalla teoria e dallo studio dell’orosco-po: in una coppia di innamorati esi-ste un fitto rapporto di simboli astrali che segue regole precise di reciproca gravitazione. L’oroscopo è carattere, dicono gli esperti del settore, ogni se-gno zodiacale corrisponde all’essere di un individuo, lo cataloga, lo identi-fica, lo spiega e lo giustifica. Si tratta, infatti, di giustificazioni, quelle che si trova una coppia alla quale la storia è non ha avuto il fatato lieto fine, ac-compagnato a volte da un accennato rimorso ripensano a quel giorno in cui gli astri dicevano la verità e non li hanno ascoltati. Nonostante molti dicano di non credere nell’oroscopo e che quest’ultimo non sia sinonimo di

veridicità, quando ci si trova davanti l’ultima pagina di una rivista, quella dedicata ai consigli giornalieri amoro-si, lavorativi e di salute, la tentazione di leggere e di sapere anche una sola notizia in più riguardo alla propria giornata c’è. Ecco, infatti, che sulla rete internet oggi di moda soprattutto tra i giovani, è stato creato un gruppo che si intitola: “Non credo nell’oro-scopo, ma…”. Ognuno vuole essere padrone del proprio destino, non vuo-le commettere errori, vuole accumu-lare più informazioni possibili per trascorrere una giornata da vincente, specialmente in quella disciplina rite-nuta da secoli la più naturale e spon-tanea quale l’innamorarsi. Si ha paura dell’ignoro, lo stesso che un tempo veniva chiamato fato o volere divino. Oggi di non conosciuto o di non cono-scibile c’è ben poco. Potere, dunque, all’oroscopo – per coloro che si lasce-rebbero condizionare – che potrebbe consigliare o mortificare una coppia indecisa tra l’acquistare le fedi o il la-sciarsi quella storia alle spalle.

Maria Sancilio

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Spazio Giovani24 giovedì 24 giugno 2010

Page 25: Il Fatto n. 063

Lottatori protagonisti e vincentiContinua a collezionare successi

la Submission Fight Union.

Continua a collezionare successi la Submission Fight Union, squadra di “brazilian jiu jitsu” con sangue molfet-tese. L’anno sportivo si conclude con una serie di importanti affermazioni che fanno della squadra molfettese un vero e proprio punto di riferimento a livellor regionale. Si comincia il 29 novembre 2009 ad Andria per la Sub-mission Cup III, gara di submission grappling che è diventata un’appunta-mento fisso per tutto il Meridione. In questa competizione Luigi Germinario si è classificato al secondo posto. Il 18 aprile poi nel Campionato Nazionale di grappling FIGR (Federazione Italia-na Grappling, riconosciuta dal CONI) Vanni Altomare (fondatore e promotore della squadra molfettese) si è classifi-cato terzo nella divisione più alta, dopo aver combattuto con Lamberto Raffi ex nazionale olimpionico di judo. Lu-igi Germinario si è classificato quarto in seconda serie e Mimmo Vestito, alla prima esperienza, quarto classificato

in terza serie. Nuovamente ad Andria, il 9 maggio, nella Andria Submission Cup IV, Luigi Germinario e Mimmo Vestito si sono qualificati terzi nelle ri-spettive categorie. Infine il 30 maggio nella Roma Jiu Jitsu Challenge la gara di jiujitsu col kimono più prestigiosa d’Italia, Vanni Altomare si è classifi-cato secondo nelle -94Kg cinture blu, Luigi Germinario primo nelle cinture bianche -64kg e Daniela Franco prima nelle cinture bianche -64Kg femminile. Inoltre quest’anno la Submission Figh-ting Union è entrata a far parte di una grande squadra internazionale che si chiama Rio Grappling Club e che vede nella figura del maestro Bernardo Ser-rini, cintura nera e secondo classificato ai mondiali di grappling FIGR, il suo leader per l’Italia. E proprio Serrini, che per due volte è stato ospite a Mol-fetta, quest’anno ha conferito il grado di cintura blu a Vanni Altomare, Luigi Germinario e Daniela Franco per i me-riti sportivi.

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XI Memorial “Luigiae Tommaso Altamura”

Nell’ambito dei festeggiamenti per i cinquant’anni di attività del Lido Belvedere.

E sono cinquanta! Mezzo secolo di at-tività dello stabilimento balneare più antico di Molfetta: il Lido Belvedere. Tra i tanti eventi che Mimmo e Sabina Altamura, titolari del lido, hanno pro-gettato per questa stagione estiva 2010, spicca, come oramai tradizione vuole, il Memorial “Luigia e Tommaso Altamu-ra”, manifestazione giunta alla sua nona edizione e nata per ricordare i fondatori del Lido Belvedere. La formula scel-ta quest’anno è, come di consueto, un torneo di beach volley ma le novità non mancano. A partire dalla partecipazione della Pallavolo Molfetta s.r.l. per quanto riguarda l’organizzazione dell’evento, per continuare con il periodo di svolgi-

mento dell’evento stesso, diviso in due momenti della stagione balneare. La prima parte del torneo si disputerà dal 25 giugno al 10 luglio prossimi. La di-sciplina è quella del 2 contro 2 maschile e femminile. Dopo una prima fase a gi-roni, seguirà una seconda fase ad elimi-nazione diretta che decreterà alla fine le coppie vincitrici del trofeo. La seconda parte, invece, è stata programmata dal 17 al 31 luglio e riguarderà il più “clas-sico” 3 contro 3 misto (con la presenza in campo di almeno una donna per ogni squadra). La formula seguirà la falsariga del 2 contro 2. Tutte le partite si dispute-ranno a partire dalle ore 19 circa presso il Campo Polivalente in sabbia “Luigia Altamura” annesso al Lido Belvedere. Fino a mercoledì 14 luglio saranno aper-te le iscrizioni per partecipare al 3 con-tro 3 misto, mentre quelle per il 2 con-tro 2 si sono chiuse martedì 22 giugno. La modalità da seguire per partecipare all’evento è chiamare il numero di cellu-lare 340/3730528 (Danilo Lazzizzera – Responsabile del Torneo) e comunicare il nome della squadra (per il 3 contro 3) ed i nominativi dei singoli componenti. La direzione del Lido Belvedere precisa che l’ingresso per assistere alle partite è libero, pertanto tutti gli appassionati di volley e non sono invitati a seguire le sorti di quello che si preannuncia essere un torneo di alto livello.

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La settimana dal 28 maggio al 6 giugno ha visto scendere in pista le migliori coppie al mondo per la dan-za sportiva. Come ogni anno, nel-la splendida sede di Rimini Fiera, si sono svolti i Campionati Italiani 2010, l’appuntamento più importante per tutti gli atleti FIDS, che scendo-no in pista per contendersi il titolo di Campione d’Italia. Dopo il taglio del nastro avvenuto giovedì 27 maggio, con la partecipazione di tutto il Con-siglio Nazionale Fids, del presidente F. Galvagno e della madrina d’ecce-zione Francesca Chillemi, si è dato il via alla manifestazione. Migliaia di ballerini, tra i migliori al mondo, hanno calpestato quel parquet duran-te tutta la settimana, versato lacrime di gioia e di amarezza, lottato a denti

stretti per la soddisfazione di salire sul gradino più alto del podio. Più di 32 mila atleti, quasi 150 mila spetta-tori provenienti da tutta Italia in que-sta dieci giorni della danza sportiva che, oltre ad aver ospitato i Cam-pionati Italiani 2010, ha portato in Romagna anche il Dancesport Grand Prix, importantissimo set di compe-tizioni su scala internazionale, che ha contribuito sensibilmente ad ap-portare un ulteriore prestigio tecnico alla manifestazione. In tutto questo, gli atleti molfettesi si sono difesi be-nissimo. Dopo una gara estenuante di sette round, la coppia Antonio Tat-toli e Teresa Annese ha conquistato il titolo di Campioni Italiani sia nella disciplina Danze Latino-Americane, che nella Combinata 4 Danze per la

categoria 12/13 anni; non da meno Antonio Basile e Simona De Fa-zio che, nella categoria 10/11 anni, raggiungono il secondo gradino del podio, diventando così Vice Cam-pioni Italiani 2010 per la disciplina Danze Latino-Americane e finalisti nella disciplina Combinata 4 Danze. Buon risultato anche per la coppia Vito Raffanelli e Giorgia Rossello che hanno gareggiato nella massima classe della disciplina Tango Argen-tino e, classificandosi in quarta po-sizione, ottengono un buon biglietto da visita per i Campionati Europei di Tango che si svolgeranno a Torino. Ottimo, quindi, il lavoro svolto dagli insegnanti della scuola Passione Dan-za, unica rappresentante molfettese per le danze di coppia al Campionato

Italiano 2010, che hanno preparato in modo impeccabile queste giovani coppie emergenti sul panorama della danza sportiva.

Alberto Tridente

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A Rimini i Campionati ItalianiIl Fatto Danza

giovedì 24 giugno 2010 25Sport

Page 26: Il Fatto n. 063

Ancora una volta protagonisti i ragazzi di Buena Vida.

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Il Fatto Summer Tour da Bahia all’Alga Marina

Top Happy song Il Fatto tour (by Mastromauro d.j.):1) Yolanda be cool & dcup – We no speak americano2) Rocky Roberts – Stasera mi butto3) Nuovi Angeli – Donna felicità

È partito finalmente il set degli ap-puntamenti estivi organizzati da Bue-na Vida Events per il Fatto Summer Tour anche se il clima quest’anno non è molto clemente, almeno fino ad oggi, per tutti gli amanti del mare o per tutti quelli che vogliono vivere da spiaggia magari con un mojito misce-lato dal barman di fiducia. Tantissime le presenze per la prima tappa del tour organizzata presso il lido Bahia

alle quali se ne aggiungeranno tante altre nella data del 2 luglio questa volta presso l’Alga Marina. Volendo fare un primo apprezzamento questo andrebbe a te che stai leggendo l’ar-ticolo e che sei già venuto ad una se-rata e l’hai resa animata; se sei nella piccolissima percentuale di quelli che non hanno preso ancora parte almeno ad una delle serate precedenti (an-che invernali) siamo sicuri che darai

il tuo contributo a quella successiva animandola a modo tuo. Questo per-ché quanto più la gente è espressiva tanto più crea quella magia di suoni colorati dal profumo estivo che al tat-to fanno vibrare. Allora, aspettando il secondo ciak di questa nuova versio-ne estiva, via con le interviste, e non dimenticate: Buena Vida, Buena Vida a tutti, Buena Vida con il Fatto Sum-mer Tour 2010. Mi Piace!

Il Fatto Tour Summer26 giovedì 24 giugno 2010

Page 27: Il Fatto n. 063

Ben ritrovati sulle frequenze de “Il Fatto Reggae”. Estate, caldo, buona musica, divertimento e tanta gen-te: “positive vibrations!”, avrebbe detto Bob Marley. E le buone vi-brazioni non si fermano, continua-no e crescono d’intensità. Riassun-to della puntata precedente, per chi si fosse sintonizzato solo ora all’ ascolto: giovedì 10 giugno, al Sil-ver Caffè, si davano appuntamento centinaia di giovani provenienti da ogni dove di Molfetta e dall’intera provincia per partecipare alla pri-ma tappa del tour “giamaicano”, ideato e condotto da Zio Pino, in collaborazione con “il Fatto”. Rit-mi caraibici, giovani festanti e la giusta dose di “sana trasgressione”, decretavano il successo di un par-ty elettrizzante e coinvolgente, di cui restano ancora visibili le tracce su www.ilfatto.net, nella sezione dedicata ai video. E mentre su fa-cebook è un continuo “taggarsi” di foto dello scorso evento, ci appre-stiamo con entusiasmo a presen-

tarvi la seconda tappa de “Il Fatto Reggae”: giovedì 24 giugno all’Off Street Cafè. Accanto al resident dj Zio Pino, ospite del prossimo even-to sarà Shanty Crew, collettivo di djs e cantanti, capitanato dal mol-fettese General D (all’anagrafe Do-menico Stragapete), coadiuvato dai suoi instancabili collaboratori Alex e U’Rob, rispettivamente nativi e cittadini di Palo del Colle e Biton-

to. La “dancehall” per eccellenza! La coppia Zio Pino-General D è, infatti, da decenni fautrice delle innumerevoli feste reggae che si susseguono a Molfetta e nei paesi limitrofi e col tempo è divenuta si-nonimo di garanzia per chi cerca un party di musica giamaicana, dove poter ballare e divertirsi e, spesso, dove poter assistere a concerti con ospiti internazionali di questa scena

musicale. “Shanty Crew from Mol-fetta City!” come spesso gli artisti stranieri amano ricordare nei loro live, o in canzoni esclusive, che re-gistrano e dedicano alla crew, come attestato di ringraziamento e fidu-cia, per l’ospitalità ricevuta nelle loro tappe molfettesi di lunghi tour in giro per il mondo. Molfetta c’è e Molfetta è pronta per accogliere le carovane di giovani, provenienti da fuori, che sicuramente anche que-sta volta risponderanno in massa al richiamo delle buone vibrazioni della musica Reggaee HipHop. Le telecamere de “il Fatto”, I Pistoni e Puni, son impazienti di poter in-tervistare gli artisti e gli avventori dell’evento, e per meglio poter rac-contare l’atmosfera che si respira durante le serate de “Il Fatto Reg-gae”. Are you ready? Siete pronti? Stimm? E allora ci vediamo tutti all’Off Street Cafè giovedì 24 giu-gno, per vivere da protagonisti una notte di divertimento tutto “made in Molfetta”.

Giovedì 24 giugno presso l’Off Street Cafè.

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Un’altra serata con “Il Fatto Reggae”

giovedì 24 giugno 2010 27il Fatto Reggae

Page 28: Il Fatto n. 063

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Nuovo piano di assunzioni in vista per il Gruppo Banca Sella. Questo gruppo bancario costituisce una realtà finan-ziaria piuttosto complessa sopratutto in considerazione del fatto che ad oggi è composto da 24 società, operanti in di-verse aree geografiche con una offerta di prodotti e servizi bancari e finanziari decisamente estesa. Il gruppo è costi-tuito da sette banche di cui quelle ita-liane sono cinque (Banca Sella, Banca Sella Holding, Banca Sella Nord Est – Bovio Calderari, Banca Sella Sud Arditi Galati, nata dalla fusione di Banca di Palermo con Banca Arditi Galati, e Banca Patrimoni Sella & C., quest’ultima specializzata nel private banking) e due all’estero (Sella Bank in Svizzera e Sella Bank Luxembourg in Lussemburgo). Il nuovo piano di as-sunzioni del gruppo prevede la ricerca di neolaureati in economia, matema-

tica, statistica, fisica e informatica, la figura da introdurre è quella di Trader. L’assunzione è prevista dopo un perio-do di formazione e stage svolto sotto compenso. Ecco i particolari ineren-ti le posizioni lavorative richieste: si cercano laureandi/neolaureati in Eco-nomia (saranno avvantaggiati coloro che detengono una specializzazione in Intermediari Finanziari) o in discipline tecnico-scientifiche (Ingegneria, Mate-matica, Fisica, Statistica, Informatica). L’età non deve superare i 26 anni, bi-sogna possedere un curriculum di studi soddisfacente e conoscenze in materia di macroeconomia. Il candidato inol-tre deve possedere conoscenze base in statistica ed econometria, notevoli capacità di analisi e di sintesi, deve essere predisposto a lavorare seguen-do degli obiettivi e brillanti capacità di impegno e di gestione dello stress. Il

profilo richiesto deve essere integrato dalla conoscenza ottimale della lingua inglese (scritta e parlata) e dell’utilizzo del pc. Il candidato sarà affinancato da un senior trader ed apprenderà il fun-zionamento dell’operatività sui princi-pali mercati azionari, obbligazionari e degli strumenti derivati, l’utilizzo dei principali software specifici di settore, le nozioni base delle metodologie di negoziazione e regolamento dei valo-ri mobiliari. La sede di lavoro è Biella mentre la tipologia contrattuale sarà caratterizzata da stage propedeutico all’assunzione, si prevede il rimborso delle spese. La possibilità di essere as-sunti con contratto differente dallo sta-ge è subordinata dalle esperienze che il candidato acquisirà procedendo con il lavoro. Per candidarsi bisogna compi-lare il relativo modulo on line raggiun-gibile dal seguente sito www.gruppo-bancasella.it, procedete cliccando nel-lo spazio “lavorare nel gruppo”.

“La vita, malgrado tutta la sua disper-azione, le perdite e le colpe, è eccitante e bella, divertente, arguta e affettuosa, colma di piaceri e d’amore, a tratti una poesia e una grande avventura, a tratti nobile e a tratti estremamente gaia; e, se non altro, qualunque cosa ci attenda dopo, non riavremo più questa vita.”

Rose Macaulay

La nota società italiana Enel Rete Gas si appresta, proprio in quest’ultimo periodo, a lanciare il suo nuovo piano d’assunzioni. Tale piano prevede la selezione di candidature riguardante le seguenti figure: geometri, operai da inserire all’interno del database in do-tazione della società al fine di atting-ere, da tale banca dati, nel momento in cui si procedere con le assunzioni. Tutto il territorio italiano è interes-sato a tali selezioni, con la presenza in elenco anche di città pugliesi come Lecce e Taranto. Passiamo all’analisi dei requisiti che i candidati devono possedere: per i geometri (addetti alla rete gas) ovviamente il diploma di ge-ometra, disponibilità lavorare su turni di reperibilità e pregressa esperienza ottenuta lavorando presso aziende di distribuzione di servizi a rete. Per il ruolo d’operaio di rete gas è richiesto il titolo di diploma di perito industri-ale termo/tecnico o meccanica ed es-perienza nel settore termoidraulico, con riferimento alla gestione di reti urbane gas. I candidati possono invi-are il proprio curriculum o attraverso il sito internet www.enel.it cliccando sul link “carriere” e procedendo con l’inserimento del proprio curriculum vitae oppure tramite posta eletrronica all’indirizzo: [email protected].

Assunzioni anche in Enel Rete Gas

2104

Lavoro in Chiaro28 giovedì 24 giugno 2010

Page 29: Il Fatto n. 063

Sono uno degli enigmi più affascinanti dell’archeologia. Studiate da migliaia di addetti ai lavori con scarsi risultati. Si tratta delle “Linee di Nazca”. Esse si trovano in Perù meridionale sull’al-topiano di Nazca fra le città di Nazca e di Palpa. Si tratta di antichissimi ed enormi geroglifici, realizzati presumi-bilmente fra il 300 a.C. e il 500 d.C., asportando dal suolo lo stato super-ficiale costituito da ciottoli vulcanici di colore scuro. Le linee furono sco-perte nel 1927 da un pilota dell’avia-zione peruviana che si rese conto di come quei solchi inutili e senza senso se visti da terra, dall’alto formavano dei disegni di senso compiuto che si estendevano per chilometri e chilo-metri. La curiosità suscitata fu enor-me tant’è che nel 1939 un archeologo statunitense studiò a fondo gli strani geroglifici classificandoli in tre grup-pi principali. Vi erano le figure dritte, quelle a spirale e quelle geometriche. Queste ultime sono proprio quelle che rappresentano incredibilmente per-sone e animali. La particolarità delle linee di Nazca sta nel fatto che pos-sono essere viste e comprese soltanto da una certa altezza. Ma allora a chi si voleva rivolgere con quei gerogli-fici l’antico popolo peruviano? Studi recenti hanno evidenziato la presenza

di un enorme labirinto di forme geo-metriche dalla precisione millimetrica aventi linee perfettamente rette e dal-la lunghezza variabile. Una di que-ste misura addirittura 65 chilometri. Ma qual è il reale significato di oltre

13000 linee che formano almeno 800 disegni con senso compiuto? L’ipote-si attualmente più accreditata è quella dell’archeologa tedesca Maria Reiche che suppose che le linee avessero un significato astronomico. La professo-

ressa infatti associò alcune figure rap-presentate dalle linea, quali Scimmia, Delfino e Ragno, con le costellazioni celesti. La scoperta fu strabiliante perché la figura della Scimmia era identica alla conformazione dell’Orsa Maggiore mentre le figure del Delfi-no e del Ragno coincidevano con la costellazione di Orione. Ma le altre numerosissimi figure potevano essere ben associate anche alle altre costella-zioni. Quindi, secondo la teoria della Reiche, il sito delle linee di Nazca al-tro non era che un enorme calendario astrologico. Fra le linee vi è inoltre un disegno che raffigura l’Astronau-ta (fig.1), una figura che lascia mol-to spazio alle interpretazioni circa un coinvolgimento di una sorta di razza proveniente dallo spazio, una razza aliena. Anche in questo caso sono evidenti i particolari comuni con al-tre civiltà vissute in diversi tempi e in diversi luoghi della Terra. Ancora una volta il culto del cielo è protagonista dell’antica storia dell’uomo. Forse un segno di gratitudine verso chi ci ha donato la vita o probabilmente una manifestazione di timore verso qual-cosa di sconosciuto che un tempo era molto vicino all’Umanità.

Francesco Tempesta

Nelle parole del comandante molfettese Francesco Mastropierro.

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Le Linee di Nazca

A chi non è mai capitato di vivere in prima persona un Dèjà vu? Il Dèjà vu (termine creato dallo psicologo fran-cese Emile Boirac che significa “già visto”) è una sensazione soggettiva e l’impressione di come una situazione sia stata già percepita o vissuta in pre-cedenza associata alla parallela consa-pevolezza che non può essere accadu-ta. Tale esperienza è accompagnata da uno spiccato e strano senso di familia-rità di situazioni vissute per la prima volta che portano ad un certo disagio psicologico. Ogni giorno migliaia di persone che vedono un luogo per la prima volta nella propria vita hanno la strana sensazione di esserci stati in precedenza. Tanti invece compiono azioni o vedono persone che credo-no di avere vissuto o visto qualche momento prima mentre diversi sof-frono addirittura di Dèjà vu cronico. Quest’ultimi durante tutta la giornata ripercorrono tramite continui flash mentali azioni situazioni che credono di avere vissuto in precedenza o ad-

dirittura in un’altra vita. Il fenomeno cominciò ad essere studiato sul finire del diciannovesimo secolo ma visti i mezzi poco evoluti dell’epoca il Dèjà vu fu subito catalogato come interes-sante ma inspiegabile. A partire dagli anni ‘20 molti psicologi ricomincia-rono le loro ricerche senza nessuna

grosso passo in avanti. Si deve al prof. Alan S. Brown e al suo libro scritto nel 2003, “The Déjà Vu Experience: Essays in Cognitive Psychology” uno studio assolutamente serio sul feno-meno. Secondo il professore più del 60% della popolazione mondiale ha avuto almeno un’esperienza di Dèjà

vu dovuta speso a condizioni di stress e della durata di pochissimi secondi. Brown analizza le teorie attuali che spiegano il fenomeno classificandolo comunque solo scientificamente. Egli è convinto che la causa scatenante di questa strana sensazione sia sempre e comunque il cervello durante la sua incessante attività. Vengono quindi snobbate le teorie completamente op-poste che definiscono il Dèjà vu come un fenomeno di tipo paranormale as-sociabile a vite vissute in precedenza e a esperienze vicine alla morte. Sono comunque in tanti fra psicologi e para psicologi a sostenere che il fenomeno possa essere la manifestazione di ri-cordi vissuti mentre si viveva un altra vita prima di quella attuale. Nessuno comunque è in grado ancora di spie-gare con chiarezza il Dèjà vu, feno-meno misterioso quanto romantico, che mette improvvisamente a dura prova la razionalità umana.

Francesco Tempesta

2105Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Il Dèjà vu

giovedì 24 giugno 2010 29Oltre la Realtà

Page 30: Il Fatto n. 063

Sudoku (giapponese: su-doku, nome completo: Su-ji wa dokushin ni kagiru) è un gioco di logica nel quale al giocatore o solutore viene proposta una griglia di 9×9 celle, ciascuna delle quali può contenere un numero da 1 a 9, oppure essere vuota; la griglia è suddivisa in 9 righe orizzontali, nove colonne verticali e, da bordi in neretto, in 9 “sottogriglie”, chiamate regioni, di 3×3 celle contigue. Le griglie proposte al giocatore hanno da 20 a 35 celle contenenti un numero. Scopo

del gioco è quello di riempire le caselle bianche con numeri da 1 a 9, in modo tale che in ogni riga, co-lonna e regione siano presenti tutte le cifre da 1 a 9 e, pertanto, senza ripetizioni.Fonte:(it.wikipedia.org)

SOLUZIONI

FACILE DIFFICILE

Consigli per una sana alimentazione Idratiamoci!

2106Invia un sms sull’articolo al 3471136778 inserendo il codice

Bere è la parola d’ordine dell’esta-te. Non mi stan-cherò mai di ripetere quanto l’acqua sia fonda-mentale per il no-stro organismo e

lo diventa ancora di più durante l’estate quando le perdite idriche raddoppiano. Pensate che il nostro copro ogni giorno perde 1100 ml di acqua attraverso le urine, 600 ml attraverso la respirazione polmonare, 400 ml con la traspirazione cutanea 400 ml e 200 ml con le feci, per un totale di 2300 ml. Le nostre cellule ne riescono a produrre endogenamente solo 300 ml, ecco perché sentite conti-nuamente dire che bisogna bere almeno due litri di acqua al giorno: questa è la quantità che viene persa quotidianamen-te e che deve essere introdotta dall’ester-no. Ma perché è così importante? Siamo fatti per il 60-70% di acqua ed è il mez-zo attraverso il quale si svolgono tutte le reazioni metaboliche: interviene nei processi digestivi, nella regolazione della pressione osmotica, nel trasporto

delle sostanze nutritive. La giusta quan-tità d’acqua permette al cervello di con-trollare correttamente i meccanismi di termoregolazione del nostro corpo. Gli strati più profondi della pelle sono costi-tuiti dal 70% da acqua: nei mesi estivi i raggi del sole a cui sono sottoposti con-tinuamente la rendono secca e disidra-tata e quindi ha bisogno di essere difesa dall’interno per essere mantenuta gio-vane ed elastica. La mancanza d’acqua può dare origine a crampi, sensazione di spossatezza e mancamenti nei casi di disidratazione più gravi. In più assolve all’importantissima funzione di regolare il volume del sangue e la sua fluidità: un organismo fortemente disidratato avrà il sangue più denso e, di conseguenza, una circolazione rallentata. E poi ricor-date che dimagrire non significa perdere acqua, ma grasso! Quando sudate molto vi depurate dalle tossine ma dovete as-solutamente reintegrare tutta l’acqua e i sali persi! dott.ssa Annalisa Mira Biologa Nutri-zionistaStudio di Nutrizione e AlimentazioneTel. 080.335.45.29- 338.27.87.929

Rubriche30 giovedì 24 giugno 2010

Page 31: Il Fatto n. 063

w w w . i l f a t t o . n e t

Ingredienti per 10 persone

Procedimento

2 kg di carrè d’agnello1,5 kg di patate200 gr di olio extravergine d’oliva20 gr di aglio300 gr di polpa di maiale1 kg di peperoni

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ARIETE LEONE SAGITTARIO

Cercate di prendere un po’ di tempo per voi stessi e per riflettere su alcuni acca-dimenti legati alla vostra vita che hanno influenzato le vostre scelte. Per vedere se esse siano coerenti o meno con la vostra linea di condotta dovrete essere molto più attenti del solito.

Le soluzioni ai vostri problemi potrebbero essere più vicine di quello che pensate, poiché chi vi sta vicino ha analizzato tut-ta la situazione molto prima di voi e ve le servirà su un piatto d’argento se solo vorrete ascoltare.

Concentrarsi su ciò che si vuole rag-giungere non è certamente un pecca-to, anzi, è apprezzabile, soprattutto se cercate di migliorarvi e di migliorare la situazione di chi vi sta vicino.

TORO VERGINE CAPRICORNO

Vi daranno un po’ fastidio quelle perso-ne che vi sono intorno e che vogliono imporre la lora opinione su quella degli altri. Le imposizioni non sono ben tolle-rate in questo periodo, pertanto cercate di evitarle per quanto vi sia possibile o cercate di evitare certi discorsi.

Avrete certamente bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa che vi faccia cambiare la solita routine, poiché siete troppo tristi per continuare con le solite cose. Anche un impercettibile cambiamento potrebbe alleviare di molto il vostro essere così ras-segnati alla solita minestra.

Al momento vi sentite molto meglio e quindi sarete in grado di prendere in considerazione alcune situazioni che non riguardano strettamente e soltanto la vostra condizione, ma che riguardano anche chi vi sta vicino, come un amico o una persona della famiglia.

GEMELLI BILANCIA ACQUARIO

Avrete sicuramente bisogno di qualcu-no che vi ricordi i vostri impegni poiché sarete un po’ smemorati e quindi sarà facile perdere qualche occasione di lavoro o romantica, per una semplice svista. L’energia forse non sarà dalla vostra parte.

Restare troppo focalizzati su qualcosa che non potete raggiungere al momento non giova al vostro umore che, pertan-to, sarà altalenante. A momenti di giu-bilo per nuove ed eccitanti notizie, pas-serete ad uno stato di inerte tristezza a causa dei vostri pensieri sul passato.

Solo perché qualcuno vi consiglierà qual-cosa che secondo loro si rivelerà più con-sono per voi, non significa che sia davve-ro così. Prima di tutto dovreste avere voi per primi un progetto per voi stessi, che sia capace di aggirare gli ostacoli che si sono creati in questo periodo.

CANCRO SCORPIONE PESCI

Lasciate che qualcuno vi indichi le vo-stre contraddizioni, in quanto vi sarà utile per capire quali siano i vostri errori più frequenti e quali potreste evitare di tanto in tanto, con un po’ di impegno. Siete abbastanza scaltri da capire che potete solo guadagnarne.

Iniziate ad essere più propensi a prova-re dei sentimenti per coloro che vi sono vicino e a dedicare maggiore attenzio-ne a questi e alle loro parole. Ascoltare è molto importante, soprattutto per le nuove relazioni che si devono ancora instaurare o che si devono consolidare.

Cercate di non spingere troppo in questo periodo su questioni che nulla hanno a che fare con voi e con le persone che vi sono vicino. Piuttosto dovreste cercare di preservare tutte le vostre energie per un progetto che riguarda il vostro futuro e la vostra professione.

I CONSIGLI DELLO ZODIACO

IL FATTOQuindicinale gratuito di informazione

EDITOREActiva S.r.l. con unico socio

PRESIDENTEGiulio Cosentinoe-mail: [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILECorrado Germinario

COLLABORATORIAngela Teatino, Pantaleo de Trizio,Isabel Romano, Lella Salvemini,Marilena Farinola, Francesco Tempesta, Annalisa Mira, Giordano Germinario, Beatrice De Gennaro, Gianfranco Inglese, Maria Sancilio, Gaetano de Virgilio.

Registrato presso il Tribunale di Trani · aut. del 19 ottobre 2007 n. 17/07

REDAZIONEVia degli Antichi Pastifici,Zona Artigianale A/8 · [email protected]

PROGETTO GRAFICO Vincenzo de Pinto

IMPAGINAZIONEMarcello Brattoli

STAMPAMASTER PRINTING S.R.L.VIA DELLE MARGHERITE 20/22 MODUGNO BA

CONCES. DELLA PUBBLICITA’Ufficio Commerciale · tel. 080.3382096

100 gr di acciughe dissalate2 dl di vino biancoprezzemolo1 kg di funghi cardoncellierbe aromatiche mistesale e pepe q.b.

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Disossare il carrè avendo cura di pulire bene gli ossi delle costolette, tagliare la lombatina a scaloppina e appiattire servendosi di carta velina. Con le ossa rima-ste e preparare la salsa. Pulire i funghi, tagliarli a spicchi e trifolarli con aglio e prezzemolo. Cuocere in forno molto caldo i peperoni, pelarli e frullarli con le acciughe aggiungendo olio d’oliva, sale e pepe. Pulire, tagliare le patate e cuocerle in acqua; passare al passaverdura e condire con olio e le erbe aromatiche e mettere in caldo. Con la polpa del maiale, il filetto d’agnello e i funghi preparare una farcia, ricavare degli involtini con la lombatina d’agnello; infilare dentro le ossa ben pulite, condire con sale e pepe, olio coprire con carta da forno e cuocere per 15 minuti circa. Dressare il piatto mettendo al centro la purea con l’ausilio di un sacco a poche, incastrare lateralmente gli involtini, bagnare con salsa d’agnello e guarnire.

La costoletta d’agnello con cardoncelli e pesto ai peperoni

giovedì 24 giugno 2010 31Rubriche

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