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IL BILANCIO PROTAGONISTA DELL’UNIONE EUROPEA Intervista a Francesca Balzani Relatore generale al bilancio europeo 2012

In Europa - Intervista a Francesca Balzani

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Il Bilancio. Protagonista dell'Unione europea.

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IL BILANCIO

PROTAGONISTA DELL’UNIONE EUROPEA

Intervista a Francesca Balzani

Relatore generale al bilancio europeo 2012

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Onorevole Balzani, Lei quest’anno

ha svolto il ruolo di Relatrice al

Bilancio europeo 2012.

Ci dà preliminarmente qualche

informazione su questo bilancio? A

quanto ammonta? E quali sono le

principali novità per il 2012?

Quest’anno le due grandi voci del

bilancio europeo, gli impegni e i

pagamenti, sono pari

rispettivamente a circa 147 miliardi

e 129 miliardi di euro. Abbiamo

fatto crescere in maniera

significativa la rubrica della

crescita, del lavoro e delle

politiche sociali. Abbiamo

realizzato un consistente aumento

del VII Programma quadro della

Ricerca e del programma CIP per

la competitività e l’innovazione.

L’aumento è stato poi

rilevantissimo per il programma Life

Long Learning; si tratta di un

programma fondamentale,

perché consente di sostenere

l’apprendimento permanente, del

quale, spesso, non si fanno carico i

singoli Stati. Abbiamo poi

finanziato la politica internazionale,

e in particolare un grande

pacchetto destinato a far sì che la

UE possa svolgere meglio, nel 2012,

un ruolo di supporto nei processi di

transizione democratica nel

Mediterraneo.

Ci spiega che cosa significa essere

relatrice al bilancio?

Essere relatrice al bilancio significa

sostanzialmente condurre la sua

procedura: all’inizio si tratta di

mettere a fuoco le priorità che,

come Parlamento europeo,

vogliamo inserire nel prossimo

bilancio. Questo è il primo passo;

ed è il più importante. Quest’anno,

come dicevo, abbiamo deciso di

mettere al centro del bilancio 2012

il finanziamento della Strategia

Europa 2020, la grande strategia

che traguarda al 2020 un’Europa

con più lavoro e di qualità migliore,

rilanciando al contempo la

crescita. Siamo partiti da qui, nel

febbraio di quest’anno, per iniziare

la procedura di bilancio.

L’iter è lungo e piuttosto

complesso, e in ogni passaggio il

relatore svolge prima di tutto un

ruolo di negoziatore tra il

Parlamento e il Consiglio, entrambi

autorità di bilancio, e la

Commissione. Il ruolo più delicato

consiste nel raggiungere la sintesi

Ripartizione del bilancio UE 2012 (impegni)

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delle posizioni, direi delle sensibilità

dei gruppi politici e anche delle

delegazioni nazionali all’interno del

Parlamento, per costruire la

posizione unitaria dell’assemblea.

A questo punto, può cominciare il

negoziato con il Consiglio e con la

Commissione.

Da dove arrivano le risorse che

compongono il bilancio europeo?

Ad oggi, la maggior parte delle

risorse continua a provenire dai

bilanci dei singoli Paesi.

Ma allora ha senso rafforzare il

bilancio europeo quando molti

Stati della UE stanno attuando

grandi piani di riduzione della

spesa pubblica?

Prima di tutto sgombriamo il

campo da un equivoco. Non è

vero che tutti i Paesi membri

stanno riducendo i propri bilanci.

Sui 27 Paesi dell’Unione, se non

ricordo male, 21 hanno bilanci che

sono in realtà in crescita. Mi pare

circoli un mito sulle grandi politiche

di riduzione della spesa, che poi è

smentito dai fatti. Ciò detto, è

comunque indubbio che i Paesi

che si stanno sforzando di tagliare

la spesa pubblica incontrano

difficoltà, dovute al fatto che

questa spesa è rigida,

incomprimibile, a maggior ragione

in una fase in cui la crescita è

debole. Sicuramente la

circostanza che il bilancio europeo

sia alimentato dai singoli Stati

membri gli impedisce di svolgere la

sua funzione più preziosa: essere

una forza che si contrappone a

quei meccanismi recessivi che, nei

momenti di crisi, si producono

inevitabilmente a livello nazionale.

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Potrebbe cambiare qualcosa nelle

entrate del bilancio europeo?

Il grande dibattito attuale sulla

Financial Transaction Tax, la

tassazione sulle transazioni

finanziarie, ruota proprio su questo

punto. Potrebbe essere una risorsa

capace di cambiare il nostro

destino. La Commissione europea

sta lavorando a questa ipotesi,

insieme a quella di una nuova IVA

europea. In questo modo il

bilancio europeo potrebbe essere

alimentato con risorse che non

passano più dai singoli Paesi

membri ma arrivano direttamente

sul bilancio stesso dell’Unione. Il

che renderebbe più libere le scelte

delle autorità di bilancio. Oggi ad

esempio assistiamo – l’ho verificato

concretamente durante la

conciliazione – a un autentico

braccio di ferro tra il Parlamento

europeo e la Commissione, che

chiedono più risorse, anche su temi

strategici come i Fondi strutturali, e

il Consiglio che le nega,

opponendo la crisi e i bilanci in

sofferenza, precludendo di fatto

investimenti che sarebbero invece

utili a tutti. Ed è poi difficile

contrastare tale orientamento

restrittivo, in quanto i rapporti di

forza tra questi soggetti non sono

propriamente gli stessi. Se invece il

bilancio fosse fatto, perlomeno per

la maggior parte, con risorse

proprie, si potrebbero operare

delle scelte più incisive, soprattutto

nei momenti di crisi.

In che modo il bilancio europeo

può contribuire a portarci fuori

dalla crisi economica e finanziaria?

Una funzione fondamentale, che

secondo me non è stata

sufficientemente tenuta in

considerazione, è quella del

cosiddetto “semestre europeo”,

che ho cercato di valorizzare al

massimo nel mio ruolo di relatrice

al bilancio. Il semestre europeo

consiste nel grande tentativo –

ripreso anche dal governatore

della BCE Mario Draghi durante il

suo recente intervento al

Parlamento europeo – di mettere

in rete i singoli bilanci nazionali.

Insomma l’Unione europea e i

singoli Paesi dovrebbero

procedere in sinergia alla loro

programmazione finanziaria su

grandi temi fondamentali,

creando interazioni positive tra i

rispettivi bilanci.

Il bilancio europeo può dare un

contributo essenziale a farci

superare la crisi indicando gli

obiettivi politici da raggiungere,

comuni per tutti, creando così un

punto di convergenza per gli

investimenti. Potremmo così

procedere più speditamente verso

quelle direzioni virtuose che da soli

non saremmo in grado di seguire. Il

caso delle infrastrutture di trasporto

è lampante: non possono essere

costruite pezzo per pezzo ma

vanno inserite in un disegno

europeo più ampio. E

analogamente può dirsi per

quanto riguarda le infrastrutture

energetiche e la ricerca.

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Insomma considerare il bilancio

europeo come un punto di

riferimento, che rende evidenti e

leggibili i grandi traguardi

dell’Unione europea sui quali tutti i

bilanci nazionali devono

convergere, darebbe un

contributo fondamentale per

uscire dalla crisi.

Nel 2014 inizierà una nuova fase di

programmazione delle risorse

finanziarie dell’Unione europea.

Quali saranno le novità principali?

Gli interessi dell’Italia saranno

adeguatamente riconosciuti, ad

esempio nell’ambito dei Fondi

strutturali o dell’agricoltura?

La trattativa sulle prossime

prospettive finanziarie è ancora in

corso. Sarà questa la prossima

sfida. Si cercherà di cambiare la

stessa struttura del bilancio per

renderla del tutto coerente con la

Strategia Europa 2020. Le

tradizionali rubriche del bilancio

cambieranno proprio per

adeguarsi alla sfida della crescita.

L’Italia è profondamente toccata

sia dalla nuova politica di coesione

e dei Fondi strutturali che dalla

grande riforma della Politica

Agricola Comune. Sarà su questo

terreno che occorrerà comporre

gli interessi divergenti tra i Paesi del

Nord, tradizionalmente avversi alla

PAC e quelli del Sud, che

Francesca Balzani, relatrice per il Bilancio 2012, con i colleghi Alain Lamassoure e José Manuel

Fernandes, Jerzy Buzek, presidente del Parlamento Europeo, Jacek Dominik, direttore BEI e il

Commissario al Bilancio Janusz Lewandowski, in occasione dell'approvazione in Aula a Bruxelles

dell'accordo con il Consiglio sul Bilancio Ue 2012.

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continuano invece a tenerla in

grande considerazione. Se

passasse l’attuale proposta di

riforma avanzata dal Commissario

europeo all’Agricoltura Cioloş,

peraltro già molto discussa da più

parti, l’Italia rischierebbe di

perdere ingenti contributi diretti.

Anche per quanto riguarda i Fondi

strutturali esistono preoccupazioni

per il nostro Paese. L’inserimento di

un nuovo obiettivo, rivolto alle

regioni di transizione, rischia di

entrare in competizione con i

tradizionali obiettivi. Con risorse

complessive invariate, questo

obiettivo coprirebbe territori molto

estesi di Francia e Germania e solo

una minima parte di quello

italiano. Si tratta di calcoli ancora

molto virtuali ma è ovvio che ciò

comporterebbe per noi una

significativa penalizzazione1.

1 Sul punto si veda la risoluzione approvata

dalla Commissione lavoro, previdenza sociale

del Senato, sull’atto comunitario n. COM

(2011) 607 definitivo (Doc. XVIII, n. 116).

“Con riferimento, inoltre, alla nuova

ripartizione operata tra regioni più sviluppate,

regioni in transizione e regioni meno

sviluppate e le relative quote di

finanziamento destinate ad esse, si auspica

una più equa distribuzione degli stanziamenti

individuati per ciascuna tipologia, poiché,

vista la situazione economica delle regioni

italiane (4 in transizione, 4 meno sviluppate e

le restanti più sviluppate), si registrerebbe un

calo comparativo della quota destinata alle

regioni meno sviluppate a vantaggio

soprattutto delle regioni in transizione. Per

l'Italia, infatti, le regioni in transizione contano

un totale di quattro milioni di abitanti, contro i

17 milioni della Francia, i 15 della Germania e

i 14 della Spagna.

Il vantaggio potenzialmente arrecato alle

nostre regioni in transizione (Abruzzo,

Basilicata, Molise e Sardegna) rischia

pertanto di essere vanificato dall'onere

Il governo Monti ha ridato all’Italia

credibilità in Europa. Che cosa si

aspetta l’Europa dall’Italia?

Sicuramente Mario Monti ha

restituito all’Italia un nuovo ruolo in

Europa, molto diverso da quello

che avevo potuto osservare in

questi due anni di mandato al

Parlamento europeo. Penso che

prima di tutto l’Italia potrebbe

essere un buon esempio: un Paese

in grave e oggettiva difficoltà che

riesce a intraprendere un percorso

di uscita dalla crisi. Finora è

mancato, su questo punto, un

dialogo strutturato dell’Italia con gli

altri Paesi e con le istituzioni

europee. Ecco, il governo Monti ha

finalmente instaurato questo

dialogo e mi auguro che ne

vedremo presto i frutti.

complessivo che l'Italia, quale contributore

netto, si troverà a sostenere a beneficio di

altri grandi paesi. A tal riguardo, si

raccomanda che venga effettuato un

costante ed accurato monitoraggio del

sistema, così come delineato dalla proposta

di regolamento, al fine di garantire una

maggiore equità tra gli Stati membri ed un

efficiente e corretto perseguimento degli

obiettivi delle politiche di coesione”.

Page 7: In Europa - Intervista a Francesca Balzani

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E che cosa invece potrebbe fare

l’Italia per rafforzare l’Europa?

Non lo dico perché sono italiana:

sono davvero convinta che nel

panorama attuale dei premier

europei Mario Monti abbia un

ruolo di primo piano per

autorevolezza, convinzione

europeista e capacità di far fronte

alle sfide. La sua credibilità è

accresciuta dal suo ruolo di

tecnico, che lo affranca da quei

meccanismi, come i sondaggi e le

elezioni dietro l’angolo che,

invece, attanagliano alcuni dei più

importanti leader europei. Per

questo ritengo che potrà dare un

contributo importante non solo a

risolvere i problemi dell’Italia ma

anche a rendere l’Unione europea

più forte. E con lui, l’Italia potrà

recuperare un ruolo

autenticamente propulsivo della

costruzione europea.

Non crede che per uscire dalla crisi

dell’euro serva più Europa? Non

tutti in Europa e Italia concordano

su questo punto.

Credo che in realtà quasi tutti

condividano la necessità che

l’Europa disponga di maggiori

responsabilità. Anche quando in

aula sento intervenire i deputati

dell’estrema destra, nessuno di loro

osa dire fino in fondo che serve

meno Europa. È ormai

ampiamente diffusa la

consapevolezza che nessuno di

noi ce la può fare nella

competizione globale unicamente

sulla base dei propri mezzi e che

occorre un’Unione europea più

forte. Nessun Paese europeo, di

fronte alla Cina e agli altri Paesi

emergenti, pensa di poter

sostenere la sfida da solo.

In occasione di recenti

contestazioni in Italia si sono levate

voci ostili, soprattutto da parte di

giovani, nei confronti della Banca

Centrale Europea. Che cosa

risponderebbe a uno di questi

giovani?

Forse quei giovani equivocano su

che cosa sia in realtà la Banca

centrale europea. Forse a causa di

quel nome, “banca”, la

identificano con il mondo della

finanza e della speculazione. E

invece è proprio la BCE che può

frenare la speculazione, che

danneggia soprattutto i Paesi

maggiormente in difficoltà, nei

quali i cittadini sono più esposti a

seri contraccolpi. Credo anzi che,

in questo senso, la BCE dovrebbe

svolgere un ruolo ancora più

importante.

Mario Draghi al Parlamento europeo,

novembre 2011

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Sicuramente le politiche di rigore

sono indigeste per tutti. Ma è

altrettanto vero che il solo rigore

porta poco lontano: occorrono

scelte coraggiose a favore della

crescita. Tuttavia il risanamento dei

conti rimane uno strumento

necessario per salvaguardare la

democrazia e consentirle di

evolvere. L’idea stessa di futuro dei

nostri Paesi si fonda su serie

politiche di bilancio.

Dimostrazione a Londra, novembre 2011

© Belga/Photoshot

Torniamo al bilancio europeo. Non

crede che occorrerebbe più

informazione su “quanto costa” ai

contribuenti e su come vengono

spese le sue risorse?

È indubbio che ci sia un problema

di trasparenza. I soldi dell’Europa

vengono “da lontano” e risulta

quindi poi molto difficile rendere

evidente tutta la catena attraverso

la quale essi arrivano dall’Unione

europea agli Stati, dagli Stati alle

Regioni, agli enti locali, e infine ai

cittadini. Occorre quindi un

impegno notevole per riuscire a

mostrare come si “concretizza” la

risorsa europea. Si tratta di un

tassello determinante perché le

persone acquisiscano fiducia nelle

istituzioni europee e, in definitiva, si

possano riconoscere quali

autentici “cittadini europei”.

Ho pensato che questa

conoscenza debba essere favorita

presto, già nella scuola, e per

questo ho chiesto di realizzare il

gioco “Europoli“. Il suo scopo è far

capire, prima di tutto, che il

bilancio dell’Unione europea non

è diverso da ogni altro bilancio, e

come tale deve farsi carico di

imprevisti ed emergenze (ad

esempio, l’alluvione). Deve poi

confrontarsi con situazioni in

apparenza lontane che invece ci

riguardano da vicino, come le

“primavere arabe”, i paesi in via di

sviluppo, il cambiamento

climatico, grandi sfide che

trascendono la percezione

collettiva della singola

realizzazione, quale quella dei

Fondi strutturali sui territori, dando

al bilancio europeo un respiro

straordinario.

Chi sa che il bilancio europeo

prevede il Fondo di solidarietà,

unica fonte di finanziamento per le

politiche attive del lavoro in Italia?

Insomma un bilancio che è per la

maggior parte sconosciuto

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rappresenta invece l’esatta

fotografia delle sfide che ci

aspettano.

A chi si rivolge il gioco “Europoli”? E

come funziona?

Il gioco è rivolto in primis agli

studenti dell’ultimo anno delle

scuole secondarie di secondo

grado. Consiste nella sfida a

costruire il bilancio dell’Europa,

partendo però da regole serie: un

budget con un tetto massimo di

spesa, che comprende spese

obbligatorie da mantenere ogni

anno. La parte più impegnativa e

allo stesso più interessante è la

scelta fra le priorità. Sarà

disponibile dal gennaio 2012 e la

manche finale si giocherà in

primavera.

Intervista raccolta da

Carlotta Gualco, direttore

del Centro In Europa

Le immagini sono tratte da

pubblicazioni della

Commissione europea;

le foto sono tratte dal sito

del Parlamento europeo.

La foto di pag. 5 è della

Commissione europea.

La foto di pagina 9 è di

© Mauro Bottaro

La pubblicazione è realizzata dal Centro In Europa

Piazza Dinegro 3

16126 Genova

http://www.centroineuropa.it

[email protected]

tel. + 39 010 2091270

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Francesca Balzani al Parlamento europeo

Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici

Commissione per i bilanci, relatore generale per il bilancio 2012

Commissione per il controllo dei bilanci (supplente)

Commissione per il commercio internazionale (supplente)

Delegazione per le relazioni con i paesi del sud est asiatico

Delegazione per le relazioni con l’India (supplente)

Per contattare Francesca Balzani:

[email protected]

[email protected]

Ufficio Bruxelles Ufficio Genova

Bât. Altiero Spinelli Coordinamento e comunicazione

60, rue Wiertz / Wiertzstraat 60 via Colombo 12/10 Sc. dx

B-1047 Bruxelles/Brussel 16121 Genova

Tel. : +32 (0)2 2845891 Tel. : +39 010 8997020

http//:www.francescabalzani.eu