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Insegnare Italiano L2 ad apprendenti analfabeti: contesto e indicazioni didattiche. Alessandro Borri
1. Un rinnovato interesse
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una ripresa di interesse nei confronti dei bisogni
educativi speciali degli adulti per nulla o debolmente alfabetizzati (Minuz 2013). Indagini
recenti hanno mostrato il persistere di sacche di insufficiente capacità alfabetiche delle
popolazioni europee suscitando il timore di gravi conseguenze sul piano della
competitività, della produttività e della coesione sociale nelle società coinvolte dal
fenomeno1. A ciò si aggiunge la decisione di molti stati europei di introdurre norme di
certificazione sulla conoscenza delle lingue nazionali che hanno fatto emergere la presenza
di fasce deboli di popolazione immigrata con scarse competenze linguistiche. A prova
dell’urgenza della questione sono numerosi documenti di indirizzo promossi dal Consiglio
d’Europa, dichiarazioni di principio a sostegno delle più ampie azioni di educazione di
base (Audigier 2000), curricoli e sillabi dedicati all’insegnamento delle lingue comunitarie
agli adulti analfabeti, ma anche progetti finanziati dagli organismi europei finalizzati, in
buona parte, all’apprendimento delle lingue da parte soprattutto di adulti debolmente
alfabetizzati.
Il tema ha riguardato recentemente anche l’Italia, soprattutto in seguito ad alcuni
dispositivi normativi che legano il raggiungimento di diritti fondamentali per i cittadini
immigrati, quali il permesso di soggiorno, al conseguimento del livello A2 della lingua
italiana2. Gli esiti di alcuni documenti e ricerche sui risultati dei test per il raggiungimento
della carta di soggiorno, dimostrano che il problema degli analfabeti e scarsamente
scolarizzati esiste e che necessita di risposte adeguate (Minuz 2012). Nel rapporto del
CNEL del luglio 2013, si osserva che, a livello nazionale, il 34% dei richiedenti la carta di
soggiorno non ha raggiunto la certificazione prevista3. A Bologna per la stessa tipologia di
1 OECD Skills Outlook 2013, First Results from the Survey of Adult Skills, URL
http://skills.oecd.org/documents/OECD_Skills_Outlook_2013.pdf 2 La legge n. 94 del 15 luglio 2009, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” ha
stabilito che per l’ottenimento della carta di soggiorno a lungo periodo, lo straniero debba
dimostrare il possesso del livello A2 di conoscenza della lingua italiana, verificabile attraverso
un test da sostenere presso un Centro Territoriale Permanente (Centro provinciale di Istruzione
per adulti) o attraverso l’esibizione di titoli conseguiti in istituzioni riconosciute. L’Accordo di
Integrazione (DPR del 14 settembre 2011, n. 179) è, invece, un patto sottoscritto tra lo straniero
che chiede di entrare in Italia e lo stato italiano. La possibilità di ottenere il permesso di
soggiorno è regolata da un sistema a punti che impegna lo straniero, entro due anni, ad acquisire
lo stesso livello A2, una basilare conoscenza delle istituzioni italiane, l’adempimento
dell’obbligo di istruzione per i figli minori, l’adesione e il rispetto della Carta dei valori della
cittadinanza e dell’integrazione.
3 CNEL (2013), IX Rapporto sugli indici d’integrazione degli immigrati in Italia, riporta che
il 66% dei richiedenti hanno superato il test. I dati sono riferiti alle sessioni d’esame condotte nel
2011 nelle diverse regioni e province.
2
test su 8718 richiedenti, il 15,2% è risultato assente alle prove, mentre il 9,7% dei
partecipanti alle sessioni è stato respinto. I curatori del report di indagine sulla realtà
bolognese (Vannelli, Lelleri 2013) hanno ricostruito anche i profili delle persone
maggiormente in difficoltà: sono soprattutto gli uomini ultracinquantenni, provenienti dalle
regioni dell’Africa sub sahariana e dal Pakistan, ad incontrare ostacoli con i test che,
rispondendo a criteri di velocità ed economicità, danno centralità allo scritto anziché
all’efficacia comunicativa orale (Favaro 2013 a: 16). Più in generale sono «donne, neo
arrivati, detenuti, debolmente scolarizzati, analfabeti di ritorno e soprattutto analfabeti
totali, per i quali l’analfabetismo diventa in primo luogo ostacolo alla partecipazione
sociale, fattore che crea marginalità» (Rocca 2013: 37) a costituire la parte prevalente di
persone che faticano a rientrare nei percorsi formali. Diverse le ragioni che facilitano
l’esclusione dei migranti scarsamente o per nulla scolarizzati dai programmi educativi: da
un lato questi ultimi si indirizzano generalmente a persone alfabetizzate nella loro lingua
madre, dall’altro i potenziali apprendenti si trovano spesso in condizioni difficili dal punto
di vista abitativo, lavorativo e sociale e non hanno accesso alle informazioni scritte su
programmi dedicati a rispondere ai loro bisogni (Rinta 2005). Il presente contributo
intende quindi mettere in evidenza alcuni spunti teorici e i riflessi che questi possono avere
sulle pratiche didattiche e metodologiche dedicate ad un’utenza che, spesso, non trova
risposte ai propri bisogni formativi e linguistici.
2. Analfabetismo e alfabetizzazione: un dibattito sempre aperto
Nella sua definizione terminologica, l’analfabetismo rimanda all’incapacità da parte di un
individuo a leggere, a scrivere e a far di conto. È analfabeta una persona che presenta un
deficit di abilità di base nella codifica e decodifica del linguaggio scritto e nelle
competenze logico-matematiche di base. La definizione è stata comunque oggetto di
profonde discussioni nel tempo risentendo anche di epocali cambiamenti avvenuti nella
società contemporanea. Il dibattito relativo non è dunque il frutto di una sterile discussione
accademica, quanto piuttosto il tentativo di definire i contorni della questione che ha
implicazioni in ambito culturale, educativo e politico (Minuz 2005; Limage, Jeantheau
2010). Dal termine analfabetismo, utilizzato per indicare la condizione di chi «non sa
leggere e scrivere, comprendendolo un semplice asserto relativo alla propria vita
quotidiana» (Unesco 1958) si è giunti, dopo ampia discussione, al vocabolo inglese
illeteracy – tradotto in italiano con il termine illetteratismo – per intendere la mancanza di
quelle competenze e abilità in letto-scrittura necessarie per operare attivamente in un
gruppo o in una comunità. Nella società della conoscenza e del cambiamento, l’Unesco ha
ridefinito i contorni dell’alfabetizzazione intesa come: «l’abilità di identificare,
comprendere, interpretare, comunicare e calcolare, utilizzando materiali scritti e stampati,
associati a diversi contesti. Essa implica un continuum di apprendimenti al fine di
capacitare le persone a perseguire le proprie mete, sviluppare le conoscenze e le
potenzialità di ciascuno e partecipare pienamente alla vita della comunità e della società
nazionale» (Unesco 2003).
Sempre l’Unesco, durante l’United Nation Literacy Decade, un decennio dedicato al tema
dell’alfabetizzazione, ha posto l’attenzione su due ordini di questioni. Il concetto di
«alfabetismo contestuale» rimanda all’idea che lo spazio, gli usi e le funzioni della letto-
3
scrittura risentono dei contesti sociali, culturali e politici in cui le competenze alfabetiche
vengono apprese ed utilizzate. Ciò significa che queste mutano di realtà in realtà poiché
differenti sono gli ambiti di riferimento.
Inoltre il rapporto fra analfabetismo e alfabetismo non viene più percepito come uno
spartiacque fra assenza e presenza delle capacità di lettura e scrittura, quanto piuttosto un
continuum in cui sono rilevabili diversi livelli ed usi di competenza (Richmond, Robinson,
Sach-Israel 2008). Tale paradigma è essenziale per chi opera con individui debolmente o
per nulla scolarizzati perché presuppone, come elemento imprescindibile, quello di
conoscere il background educativo e culturale degli apprendenti, abbandonando così
categorizzazioni non sempre precise ed efficaci per l’azione didattica, e valorizzando al
contempo le competenze e le abilità già possedute dagli adulti.
3. Profili d’apprendenti
Allo stato attuale non si ha la percezione precisa del fenomeno che accompagna
l’alfabetizzazione di migranti in italiano L2 anche perché le strutture statali, in primis i
Centri Territoriali Permanenti (CTP), non esauriscono la gamma dell’offerta formativa di
italiano come lingua seconda: corsi di alfabetizzazione sono organizzati da enti pubblici e
privati, da organizzazioni di volontariato, politiche e sindacali, dai singoli comuni. Pur non
avendo dati concreti e precisi, sappiamo che i partecipanti ai corsi di alfabetizzazione sono
adulti/e migranti provenienti da tutto il mondo, in particolar modo dall’Asia e dall’Africa
sub sahariana. Per definire comunque profili di apprendenti chiari, cui offrire interventi
mirati, si considerano di solito due variabili: la conoscenza della lingua scritta e il grado di
conoscenza della lingua italiana. Per quanto riguarda la padronanza della scrittura si
individuano i seguenti profili (Burt, Peyton e Adam 2008):
- prealfabeti: individui la cui lingua madre non possiede una forma scritta o è in fase
di sviluppo; è il caso di diverse lingue indigene africane, americane e del Pacifico;
- analfabeti totali o strumentali: apprendenti che non hanno avuto accesso ad un
sistema di istruzione/alfabetizzazione a causa di difficoltà familiari, povertà o di
situazioni di instabilità sociopolitica dei paesi di origine che spesso rendono
inaccessibili i servizi educativi primari;
- debolmente alfabetizzati: apprendenti che hanno avuto un accesso limitato ad un
sistema di istruzione/alfabetizzazione, di solito quantificato in un periodo da 3 ai 5
anni, che risulta comunque insufficiente a rispondere a richieste linguistiche e
comunicative sempre più complesse in cui trovano spazio parole, immagini e simboli
(per esempio compilare un bollettino postale, leggere un avviso, interpretare un
segnale o un’icona in uno spazio pubblico, ecc…).
A questi si aggiungono anche i migranti alfabetizzati in una lingua che si basa su un
sistema di scrittura diverso da quello latino. Recenti documenti europei tendono a
considerare questi individui come «illitterati» perché, pur avendo difficoltà nella
codifica e decodifica dei segni grafici dell’italiano, hanno comunque coscienza dei
4
legami esistenti fra suono e grafema e hanno acquisito la competenza di ricercare i
significati di un testo (voce Literacy in www.coe.it/literacy). Fra questi si
riconoscono:
- alfabetizzati in scritture non alfabetiche o logografiche: (es. cinese putonghua);
- alfabetizzati in un alfabeto non latino: (es. arabo, coreano, greco, russo ecc.);
- alfabetizzati nell’alfabeto latino: (es. romeno).
Queste condizioni vanno poi
relazionate al livello di
conoscenza della lingua
italiana che porta
all’individuazione di
particolari casistiche. Ognuno
di questi profili richiede azioni
specifiche: un conto è
insegnare a leggere e a
scrivere ad una persona che
possiede una buona
competenza orale, un altro a
chi già possiede un alfabeto e
può riutilizzare competenze
maturate in L1 (quali le
capacità di astrazione,
modellizzazione, riflessione
metalinguistica e abilità
integrate), altro ancora è
operare il passaggio
dall’oralità alla scrittura
(Centre of Canadian Language
Benchmarks 2000; Minuz
2005).
Gli strumenti per svolgere
questa prima importantissima
analisi sono
questionari/schede e modelli
di prove di ingresso strutturate
dai singoli CTP o dalle reti.
Un utile strumento al
proposito risulta essere la
Scheda profilo d’apprendente
il cui uso può essere ottimale
in molte situazioni se mediato
dall’intervento di mediatori
Dalla pratica didattica 1: Estratto di “Scheda profilo
d’apprendente”.
Quadro 1: dati identificativi dell’apprendente
Luogo di nascita:
Data di nascita:
Attività lavorativa:
Anni di permanenza in Italia:
Lingua madre:
Altre lingue:
Contatto con altre lingue □ Raro
□ Poco frequente
□ Frequente
□ Molto frequente
Principali ambiti d’uso della lingua
(segnalarne due)
Quadro 2: competenze alfabetiche in ingresso
Analfabeta totale/parziale
Alfabetizzato in sistemi non latini
alfabetici/non alfabetici
Gradi di alfabetismo in lingua madre
(in anni di scolarizzazione in
lingua/lingue...)
Le competenze alfabetiche sono accertate tramite
□ Intervista con il corsista (con mediatore o in italiano)
□ Test di alfabetismo
□ Eventuale valutazione di altri insegnanti (es. corsi
precedenti)
□ Dichiarazione degli accompagnatori
Quadro 3: competenze nella lingua orale (in ingresso)
Meno di A1
A1
A2
Oltre
5
linguistici, e che permette di raccogliere informazioni relative al background
educativo e culturale degli apprendenti (scolarizzazione, rilevazione di eventuali
fenomeni di plurilinguismo, esposizione all’italiano ecc…) e a possibili aspettative
formative.
Accanto al colloquio, funzionali sono le prove di ingresso graduate che permettono
di rilevare eventuali abilità tecniche e strumentali, quali la familiarità con l’alfabeto
latino e la capacità di discriminazione fonologica, i gradi di alfabetizzazione
funzionale, la competenza comunicativa in lingua italiana (Condelli 2003)4.
Dalla pratica didattica 2: Le prove di ingresso
Una procedura che risulta funzionale nella
valutazione delle competenze linguistiche in
ingresso è quella in atto in diversi CTP e
associazioni del volontariato e del privato sociale
dell’Emilia Romagna. Il percorso di valutazione è
articolato nelle seguenti fasi:
- raccolta di informazioni tramite “Scheda profilo
d’apprendente” e/o attraverso un colloquio alla
presenza, nei casi richiesti, di un mediatore;
- verifica delle capacità di comprensione e di
scrittura attraverso la compilazione di un modulo di
iscrizione;
- verifica delle competenze linguistiche attraverso un
colloquio.
Qualora la raccolta delle informazioni indichi bassa
o nulla scolarizzazione e siano evidenti difficoltà a
svolgere la prova iniziale di scrittura, sarà necessario
testare la familiarità con l’alfabeto latino, attraverso
esercizi di riconoscimento o di copiatura delle parole
necessarie per la compilazione di quanto richiesto.
4. Approcci e didattiche dell’alfabetizzazione
Gli approcci e le pratiche didattiche da utilizzare risentono anche delle visioni
sottese all’alfabetizzazione. Sostanzialmente due sono i modelli che hanno
4 Per la rilevazione delle competenze di base numerosi gli esempi di test di ingresso. Fra
questi IRRE Emilia Romagna 2002, Prove di ingresso ai corsi di lingua italiana per adulti
stranieri (cd rom e http://www.irreer.it ); Rete CTP Piemonte 2012, Italiano L2: indicazioni
operative per la definizione dei test di Lingua Italiana, profili di competenza, valutazione in
ingresso delle competenze linguistico-comunicative (http://ctp.istruzionepiemonte.it); Centro di
Valutazione e certificazioni Linguistiche Università per stranieri di Perugia 2012, Test di
ingresso per migranti (http://www.celintegrazione.it/pagine/test-di-ingresso-per-migranti); Borri A.,
Di Lucca L., Masiero G., Pasqualini T. (a cura di) 2013, Test di valutazione delle competenze in
ingresso, Progetto FEI “Come d’Accordo”.
6
caratterizzato il dibattito: il modello autonomo e quello ideologico o delle
prassi sociali (Street 1984). Il primo risulta focalizzato sull’alfabetizzazione in
termini di possesso di abilità, capacità e competenze di base. L’apprendimento
della letto-scrittura avviene indipendentemente dagli specifici contesti
attraverso una tecnica neutra, variabile ed autonoma. In linea con un modello di
stampo tecno-cognitivista, l’apprendimento avviene attraverso un percorso
consequenziale e stabilito (Larson, Marsch 2005). Il secondo, invece, è basato
su un approccio socio-culturale. L’alfabetizzazione è vincolata al contesto
sociale in cui si sviluppa: ciò significa che l’apprendimento della letto-scrittura
stimola e modifica le capacità di pensare, di comunicare e anche di interagire
all’interno di un contesto. Nella sua forma più militante, come quella del
teorico brasiliano Paulo Freire5, l’alfabetizzazione è legata ai processi di
liberazione da ogni forma di oppressione attraverso la presa di coscienza di sé e
della realtà (Freire 1971, id. 1974, id. 2002).
In generale, la neutralità del modello autonomo è da tempo messa in
discussione. L’influenza dei principi della glottodidattica e l’esperienza
maturata nella pratica dell’Educazione per adulti, portano a considerare
l’alfabetizzazione come un processo complesso che porta l’apprendente ad
acquisire le pratiche discorsive della comunità in cui l’alfabetizzazione ha luogo
(Minuz 2005: 61-62). In una realtà come quella italiana, alfabetizzare significa
pertanto far comprendere la centralità del codice scritto, portatore di significati,
insegnare a leggere e a scrivere in una lingua straniera, ma anche sviluppare
quelle competenze comunicative utili e funzionali a vivere ed interagire
all’interno di una comunità (vita quotidiana, professionale e sociale). In
quest’ottica diverse realtà europee prevedono corsi combinati di
alfabetizzazione e di lingua che comprendono oltre la letto-scrittura,
l’insegnamento del calcolo, dell’informatica, degli elementi di cultura e civica
dei paesi ospitanti e l’avvio di strategie di apprendimento (Plutzar, Ritter 2008).
Per far emergere gli usi della lettura e i generi testuali più ricorrenti, ma anche i
bisogni linguistici degli apprendenti, fondamentale risulta la già detta fase di
accoglienza. Schede, colloqui e semplici registrazioni di attività in classe
5 Nella sua lunga esperienza di formatore Freire riteneva l’alfabetizzazione come processo
per giungere alla presa di coscienza, da parte dell’apprendente, della propria condizione di
oppressione. Convinto che l’alfabetizzazione tradizionale fosse funzionale al mantenimento di
questo stato di non libertà, Freire sviluppò un metodo che partiva dalle parole che hanno un
particolare significato per la comunità. Da una serie di incontri e colloqui con gli apprendenti,
emergevano quelle che Freire chiamava parole generatrici, presentate non in astratto, ma all’interno
di una situazione tipica del contesto. Le parole venivano quindi scomposte in sillabe, ed ogni sillaba
combinata con altre vocali e sillabe già conosciute fino a giungere a nuove parole significative.
Tutto ciò avveniva al di fuori dello schema della lezione frontale, ma con una disposizione in
cerchio che favoriva la partecipazione e la presa di parola. Sul metodo si veda Freire P. 1973,
L’educazione come pratica di libertà, Mondadori.
7
potranno far emergere i bisogni comunicativi degli apprendenti e costruire una
trama che orienta l’azione didattica. Frasi come «Io studio italiano per parlo
bene e ledge bene e per quando andato all ospedale all comone; Io studio
italiano per capece bine, per la carta di seggiorno, per lavoro»6 mostrano gli
eterogenei bisogni educativi da cui partire: quelli personali, educativi,
professionali e di risposta alle richieste più istituzionali, come il superamento
del test per la carta di soggiorno.
Le competenze comunicativa e di interazione orale diventano ancor più
prioritarie per individui debolmente o per nulla alfabetizzati che non
padroneggiano il codice scritto. Ricerche sull’acquisizione della letto-scrittura
in inglese L2 sostengono, in aggiunta, che il rafforzamento di un adeguato
vocabolario, la conoscenza delle strutture linguistiche, della fonologia e della
struttura del discorso, possono avere un impatto positivo sull’apprendimento
della lettura (Burt, Peyton e Adams 2002: 38). Lo sviluppo delle competenze
orali si consolidano e possono agire ancor di più sulla motivazione se
comunque rimandano allo spazio reale ed autentico degli scambi comunicativi
(Cunninghan Florez, 1999; Cunninghan Florez e Burt 2001).
In Italia nell’ultimo decennio diversi sono i materiali didattici che danno
centralità alla comunicazione orale, condizione necessaria per l’interazione
sociale, ma anche per l’avvio di vere e proprie attività di alfabetizzazione. Ai
vetusti abbecedari si affiancano così proposte didattiche che, attraverso una
serie di input iconici, cercano di stimolare la discussione e di far emergere le
conoscenze e il portato di esperienze degli apprendenti7. Nella prassi didattica
ciò si traduce nell’utilizzo di materiali autentici (avvisi, opuscoli, orari, segnali
…) che sensibilizzano ai diversi codici semiotici, ma anche nel ricorso ad
attività di projet work, nei quali agli apprendenti è richiesta la messa in campo
di soluzioni linguistiche ed extralinguistiche, e ad uscite e gite di classe (presso
una biblioteca, un ufficio postale, un supermercato, o un museo) che forniscono
un luogo per esercitarsi a parlare e leggere in attività reali (Holt 1995).
6 I testi sono stati prodotti in un corso Pre A1 tenuto presso il CTP di Castiglione dei Pepoli
(Bologna) nell’anno scolastico 2011-2012.
7 Casi P. 1995, L’italiano per me: leggere e scrivere. Materiali didattici per
l’alfabetizzazione iniziale di adulti italiani e stranieri, Eli; in Lambertini L., Casi P. 2008, La
scatola delle parole: un primo approccio all’italiano per persone analfabete nella lingua
d’origine, (versione dvd), Comune di Monteveglio; Casi P. 2013, Ciao, sono Luisa e lavoro
nella scuola, (versione cd rom), ISMU, riassume il percorso graduato dell’alfabetizzazione
attraverso l’acronimo CA.PA.LE.S (capire, parlare, leggere e scrivere). La centralità della
comunicazione orale anche in Rete degli insegnanti di lingua italiana 2009, Percorsi italiani.
Corso di lingua per principianti, Guerra Edizioni; A. Borri, F. Minuz 2013, Detto e scritto.
Corso di prima alfabetizzazione, Loescher.
8
Dalla pratica didattica 3: Projet work. Il titolo dell’attività è La scelta del medico
di famiglia. Si tratta di un’attività sperimentata in corso per apprendenti debolmente
scolarizzati con competenze orali miste A1/A2.
L’obiettivo linguistico-comunicativo è quello di esercitare gli atti comunicativi di
chiedere e dare informazioni; obiettivo di alfabetizzazione è prendere nota dei
documenti necessari per svolgere il compito (cioè la scelta del medico di famiglia).
Esso è articolato nelle seguenti attività: rilevazione dell’obiettivo, l’individuazione del
luogo dove richiedere le informazioni necessarie, la preparazione delle espressioni per
andare allo Sportello anagrafe dell’ASL, il compito vero e proprio in situazione, la
scrittura di un promemoria riportante i documenti necessari.
(proposta elaborata da un gruppo di docenti durante la formazione del progetto
Parole in gioco 2, 2012-2013 a Ravenna).
Testo: Per fare la richiesta del medico di famiglia c’è bisogno del
permesso di soggiorno, del codice fiscale, del certificato di residenza.
9
Fra le attività particolarmente efficaci in classe il «metodo autobiografico», che
pone al centro delle proposte didattiche il vissuto degli apprendenti (Demetrio,
Alberici 2002). Le narrazioni riferite e condivise in aula diventano materiale di
discussione e di negoziazione, ma anche l’input per l’avvio di attività di letto-
scrittura8. Tale metodologia può essere utilizzata solo se l’apprendente ha
acquisito una sufficiente competenza orale, inoltre l’insegnante deve saper
gestire il carico emozionale che certe narrazioni possono ingenerare all’interno
del gruppo classe.
Dalla pratica didattica 4: L’attività si richiama agli
approcci biografici. Il testo
orale scaturito da una
discussione sulla scuola, è stato
elaborato attraverso un disegno.
Si è proseguito con la copiatura
delle parole obiettivo della
narrazione (Proposta realizzata
in corso per persone
debolmente alfabetizzate presso
il CTP di Castiglione dei Pepoli
nel 2013).
Alla base di tutte le proposte didattiche è auspicabile un’attenzione alla
condizione adulta: gli apprendenti in una fase tanto delicata come
l’alfabetizzazione, devono avere la certezza della spendibilità delle attività in
cui sono coinvolti, ma anche la consapevolezza di organizzare il proprio
apprendimento attorno a problemi reali, facendo ricorso al bagaglio di
esperienze maturate nei diversi contesti informali e non formali (Knowles
2001). È quindi sconsigliabile, perché disincentivante sulla motivazione, il
ricorso a materiali e proposte didattiche ed editoriali per l’infanzia.
8 Fra i materiali strutturati secondo la metodologia autobiografica, il manuale di G. Favaro, N.
Papa 1996, La storia di Naima, Centro Come; Veneri A. 2005, L’italiano con Naima, Guerini
Studio. Per un uso pratico si veda F. Aucone, Mamme magrebine e comunicazione con la scuola.
Alcune proposte didattiche, Tesi di master in Didattica dell’italiano lingua non materna,
Università per stranieri di Perugia, a. 2008-2009, relatrice F. Minuz.
10
È raccomandabile, invece,
l’utilizzo del Portfolio
europeo delle lingue (PEL)
che ha una versione dedicata
ad apprendenti analfabeti
(Lazemby Simpson 2012;
Little 2012). Il PEL è un
documento ideato dal
Consiglio d’Europa per
promuovere l’apprendimento
delle lingue lungo tutto
l’arco della vita e favorire la
consapevolezza del processo
formativo. Esso è strutturato
in tre sezioni distinte, il
Passaporto delle lingue,
riportante l’identità
linguistica di chi apprende, la
Biografia linguistica che
contiene la riflessione sul
processo di apprendimento e
il Dossier che documenta le
fasi e il lavoro. Per ciò che
riguarda gli apprendenti
analfabeti o scarsamente
scolarizzati, questi strumenti
avviano alla riflessione
metalinguistica, dalla quale
spesso sono stati esclusi,
avviando anche alla
comprensione culturale.
Dalla pratica didattica 5: Portfolio delle lingue.
L’attività da svolgere autonomamente se le capacità
orali sono sufficienti, o attraverso il ricorso ad un
mediatore, consentono una prima definizione degli
obiettivi di apprendimento. Il coinvolgimento degli
adulti nella definizione delle priorità stimola la
motivazione e il senso di responsabilità.
5. Leggere, scrivere e far di conto: un approccio integrato fra
strumentalità e comunicazione
Come si è già detto, le attività comunicative diventano elemento inderogabile
anche per sostenere l’apprendimento della strumentalità di base. Ciò comporta
un cambiamento nella stessa strutturazione didattica: l’alfabetizzazione non è
solo l’insegnamento dell’alfabeto, anche perché, come rilevato da indagini e
studi, molto spesso i facilitatori e gli alfabetizzatori lamentano come
l’insegnamento tradizionale, cioè strumentale, non sia garanzia di una lettura
11
corretta (Pivato 2011). Per quanto riguarda l’insegnamento della lettura, due i
modelli che hanno prevalso: il modello ascendente (o botton up) e il
discendente (o top down) (Minuz 2005: 79-92).
Il primo dà un ruolo fondamentale alle abilità di base, necessarie alla codifica
delle parole scritte, per poi giungere alla comprensione del testo. La lettura è
quindi un processo scandito da fasi precise, successive e gerarchiche: l’analisi
dei grafemi, la trasformazione in fonemi, l’apprendimento di unità lessicali,
l’avvio di operazioni sintattico-semantiche, fino al raggiungimento del
significato.
Il secondo, invece, prevede che la comprensione avvenga attraverso la
progressiva interazione fra lettore e testo, in base alla quale il lettore formula
ipotesi e prevede significati che verranno via via confermati o smentiti dalla
progressiva lettura con una forte riduzione della dipendenza dagli elementi
grafici e fonici (Goodman 1976).
Attuali ricerche indicano che la comprensione avviene ovviamente con efficacia
solo se i due processi coesistono (modello interattivo) e si alimentano a
vicenda rispondendo così alle esigenze del lettore (Stanovich 1980).
I due modelli sopraindicati hanno influenzato i principali metodi di
insegnamento della lettura sia a bambini che ad adulti: gli analitici-sintetici e i
globali. I primi pongono il proprio focus d’attenzione sugli elementi più
semplici sprovvisti di significato, cioè le lettere e le sillabe. È fondamentale in
questi casi lo sviluppo della capacità di abbinamento fonema e grafema, di
decodifica dei segni grafici e di ricombinazione per formare nuove parole. Il
processo può porre attenzione al singolo fonema (fonematico) o alla sillaba
(sillabico). Nel primo caso l’insegnamento verte sull’osservazione e
apprendimento delle singole lettere e solo dopo averne appreso un certo numero
si giungerà alle parole. Nel secondo, viceversa, si pone attenzione alla sillaba,
considerata da molti come unità sonora maggiormente percettibile della singola
lettera (grafema/fonema) e che permette, inoltre, di giungere più velocemente
alla formazione di parole (Pinto 2003). Simultaneamente è prevista la
presentazione e l’esercitazione dei principali caratteri di stampa: lo stampato
maiuscolo, il corsivo minuscolo e maiuscolo.
Sono diverse le esperienze nella pratica dell’Educazione per adulti in Italia che
si richiamano in generale ai metodi analitici-sintetici.
12
Diverse scuole, come
quelle del volontariato
appartenenti alla rete
Migrantes e CTP, si
richiamano al “modello
montessoriano” che
prevede la
presentazione delle
lettere possibilmente in
contrasto sonoro e
visivo fra loro (per
esempio, a/u; i/o).
Dalla pratica didattica 5: Chiave alfabetica
montessoriana e lettere smerigliate sono strumenti
utilizzati nel metodo montessoriano (in “Quaderno
delle Scuole migranti”, n. 2, 2013)
L’associazione fonema/grafema e le successive ricombinazioni per giungere a
parole, vengono esercitate attraverso materiali costruiti ad hoc, come le lettere
smerigliate utili a memorizzare il senso corretto della scrittura, l’alfabetiere
mobile e i vassoi di sabbia per comporre parole, assieme ad attività più ludiche
quali la lettura bendata9. Lo strumento della chiave alfabetica montessoriana –
che presenta le vocali in rosso e le consonanti in blu - riprodotta su un
cartellone, è pensata per venire in soccorso al lettore in qualsiasi momento. In
diversi contesti lo studio è sostenuto da tecniche varie, come quello di Suzanne
Borel-Maisonny che utilizza alcuni gesti associati ai fonemi in modo da
facilitarne la memorizzazione (Borel Maisonny 1985) o come l’associazione
della sillaba studiata ad un’immagine, di solito un oggetto o un animale, per
facilitare il legame tra segno grafico e suono (Congiu, Di Simone 2013).
Dalla pratica didattica 6: presentazione delle
vocali nel manuale di
Rimoldi N. 2006,
Impariamo a leggere
scrivere parlare, Felix
Verlag.
9 I principi del metodo montessoriano sono alla base delle numerose scuole migranti sparse in
Italia; al proposito si veda Honneger S. Aiuti alla lettura e scrittura, in http://retescuolemigranti.files.wordpress.com
13
I metodi basati su fonemi e sillabe possono talvolta risultare complessi per
adulti poco scolarizzati, sia per la memorizzazione di più caratteri di lettura e
scrittura, sia per lo studio di lettere o sillabe che non offrono concretezza
immediata all’apprendente.
I metodi globali, al contrario, si focalizzano su frasi o parole e si collegano agli
approcci orientati sul significato. Nelle indicazioni dei principali teorici
(Jadoulle 1975; Mialaret 1976; Freinet 1978) si privilegia la memorizzazione di
stringhe di parole scaturite dall’esperienza di chi apprende, dalle sue emozioni e
dai suoi interessi. Solo dopo un lungo periodo di riconoscimento globale,
l’apprendente (bambino od adulto) arriva a leggere in maniera naturale
attraverso un percorso spontaneo scoprendo i meccanismi di traduzione dei
segni in significati. Tale approccio può risultare demotivante per adulti
debolmente alfabetizzati a causa della complessità del processo cognitivo
(memorizzazione, riproducibilità e comprensione delle stringhe di parole). Esso
inoltre non facilita e sostiene la mappatura grafema/fonema importante nelle
lingue alfabetiche come l’italiano.
Nella pratica degli adulti, in generale, si ritiene funzionale la combinazione
degli approcci globali e analitico-sintetici. Di solito si parte dalla centralità di
testi (singole parole o brevi frasi) legati all’esperienza e ai vissuti quotidiani
degli apprendenti immigrati, che risultano di solito motivanti, per poi avviare
simultaneamente la fase di analisi e di segmentazione in fonemi o sillabe, fino
alla composizione di nuove parole 10
.
La scelta delle parole oggetto di studio deve altresì rispondere ai criteri di
frequenza nel parlato, di ricorrenza nei documenti di uso quotidiano e di utilità
nelle situazioni affrontate11
.
10 Fra i materiali a stampa e on line che seguono la linea di partire da parole presentate/lette
globalmente, per poi essere smontate in sillabe o fonemi e per successive ricombinazioni
giungere alla formazione di nuove parole si ricordano: Rete degli insegnanti di lingua italiana,
AL2 on line. Alfabetizzazione in Italiano Lingua Seconda, Cooperativa Anastasis, versione cd
rom o rintracciabile all’indirizzo http://al2.integrazioni.it; Borri A., Di Lucca L., Masiero G.,
Pasqualini T. (a cura di) 2012, ABC. Dalla lingua italiana alla cittadinanza attiva, Cefal
Bologna, cd rom; Borri A., Minuz F. 2013, Detto e scritto. Corso di prima alfabetizzazione,
Loescher.
11 Utili materiali al proposito risultano essere: De Mauro T. 2000, Dizionario della lingua italiana,
Paravia; De Mauro T., Mancini F., Vedovelli M., Voghera M., 1993, Lessico di frequenza
dell’italiano parlato, Etaslibri, sillabi come quello contenuto in Rocca L., 2008, Percorsi per la
certificazione linguistica in contesti di immigrazione, Guerra.
14
Dalla pratica didattica 7: Attività
di lettura. La parola “entrata”
rimanda allo spazio e al contesto di
vita. Può essere utilizzata per
avviare una discussione sui mezzi
di trasporto utilizzati o non dagli
apprendenti. Nello stesso tempo è
un testo regolativo (in questo caso
indica la posizione dove salire), ma
può essere presentato nel percorso
didattico per esemplificare le
sillabe VC, CCV, CV.
Comune di Bologna 1999, Dove
vai? Percorsi didattici di pre-
alfabetizzazione per adulti,
Pitagora.
Come per la lettura anche nella scrittura fondamentale è il rapporto integrato fra
lingua e comunicazione, così come rimane invariata l’attenzione ai bisogni
linguistici di chi apprende.
È senz’altro efficace legare la scrittura agli usi più immediati e spendibili per
l’adulto (Wrigley, Guth 1992; Wrigley 2008). Si tratta quindi di esercitare da
un lato una scrittura “funzionale” che permetta all’apprendente di scrivere date,
orari, piccoli appunti, compilare moduli e formulari ricorrenti nella vita
quotidiana, firmare documenti, dall’altro sviluppare le competenze per giungere
ad una scrittura più personale e privata, un mezzo di espressione che consenta
di comunicare e condividere pensieri, stati d’animo e istanze (si pensi
all’utilizzo ormai ampiamente diffuso degli SMS o delle e-mail funzionali nella
gestione delle relazioni sociali …). Dalla pratica didattica 8: Scrittura
collettiva di un sms per informare
dell’assenza. L’attività è orientata
alla scrittura di un breve testo
informativo e si struttura in una fase
di pianificazione, nella stesura da
parte dell’insegnante su
suggerimento degli studenti, nella
revisione ad alta voce, poi nella
copiatura e digitazione sul cellulare
(da Rete dei docenti di lingua
italiana 2009, Percorsi italiani,
Guerra).
15
Per avviare attività di scrittura è necessario innanzitutto che l’apprendente
padroneggi le abilità manuali e grafiche di base (tracciamento dei segni,
conoscenza delle convenzioni di scrittura da sinistra a destra o dall’alto verso il
basso, uguale dimensione delle lettere) che deve essere esercitata in fase di pre-
alfabetizzazione. Dalla pratica didattica 9: Tracciamento delle lettere
Acquisita la meccanica della scrittura, egli potrà passare alla scrittura di parole,
frasi, semplici testi, arrivando nel tempo ad assimilare la differenza fra lingua
scritta ed orale.
L’apprendente dovrà essere messo in contatto fin da subito con diverse
tipologie testuali (liste di parole, moduli amministrativi, avvisi, indirizzi,
segnaletica…) e con le regole che le disciplinano, in modo da comprendere le
diverse funzioni dello scritto e degli usi nella realtà, fino ad afferrare alcune
norme di redazione e di funzionamento corrette.
Infine una considerazione sull’insegnamento del calcolo di base che nella
misura possibile dovrà essere compresa nello sviluppo delle competenze orali e
di letto-scrittura.
16
In molti casi alcuni
temi spesso trattati nei
corsi integrati di
alfabetizzazione e di
lingua, come la
ricerca di un
appartamento o
l’acquisto di beni ed
oggetti, fanno appello
a certe competenze di
base logico-
matematiche che
devono essere oggetto
di studio. Anche gli strumenti
della matematica
forniscono infatti agli
adulti le risorse per
esprimere fatti,
opinioni, e per
analizzare situazioni
(Ciancone 1996).
Dalla pratica didattica 10: Esercitazione sui numeri.
(da Rete dei docenti di lingua italiana 2009, Percorsi
italiani, Guerra).
6. La costruzione di un setting per l’apprendimento
Per meglio rispondere agli eterogenei bisogni e capacità dei migranti adulti
analfabeti o in condizione di illetteratismo (Krumm e Plutzar 2008), sono
necessari corsi integrati di alfabetizzazione e di lingua diffusi capillarmente sul
territorio, con un numero di partecipanti non particolarmente alto per meglio
rispondere alle esigenze di consolidamento e di ripresa dei contenuti affrontati.
Proprio perché trattasi di un’utenza debole dal punto di vista economico e
culturale (persone disoccupate o in condizioni lavorative non regolari e
facilmente escluse dalle molteplici proposte educative e culturali), è necessario
garantire una serie di servizi collaterali e di sostegno pratico, quali il
babysitteraggio per i figli, spesso presenti alle lezioni con le madri, la
mediazione o il tutoraggio che sostengono la motivazione e facilitano la
frequenza alle attività formative. In alcune situazioni europee sono previste
persino azioni di protezione sociale e sostegno economico (Plutzar, Ritter 2008:
8).
A livello didattico è auspicabile la creazione di safe space, cioè spazi dedicati e
sicuri per gli apprendenti che facilitino l’espressione e la condivisione con
compagni e docenti dell’esperienza migratoria e della vita nel paese ospitante
con una ricaduta sullo sviluppo delle competenze orali e l’abbassamento del
filtro affettivo (Santos M. G., Shandor A. 2012). Ciò presuppone un’inversione
17
di tendenza anche nell’allestimento degli spazi didattici. Nella maggior parte
dei casi i corsi di alfabetizzazione sono organizzati in luoghi di fortuna, mentre
risulta motivante e efficace all’apprendimento, un insegnamento che avvenga in
aule accoglienti, ricche di strumenti didattici e materiali scritti (Holt 1995).
Per sostenere il processo di apprendimento si rileva, inoltre, particolarmente
utile l’utilizzo di strumenti/supporti tecnologici quali lavagne interattive
multimediali, video e cd rom. Ciò da un lato implica e incrementa lo sviluppo
delle abilità informatiche sempre più necessarie alla crescita personale e
all’inserimento nel mondo del lavoro; dall’altro, il ricorso a materiali
multisensoriali favorisce alcune abilità (come la memorizzazione di parole e
brevi messaggi) e può risultare un utile supporto in classe nel momento di
revisione/consolidamento dei contenuti affrontati (Borri: 2013). Non da ultimo
si tratta di strumenti con un particolare appeal e che rimandano ad altri oggetti e
spazi di comunicazione quotidiani (web-socialità; telefonia…) spesso in uso
agli apprendenti12
.
7. In conclusione L’alfabetizzazione in italiano L2 risulta allo stato attuale molto complessa e di
difficile realizzazione per una serie di motivazioni sottese. Da un lato manca
una letteratura sull’apprendimento dell’italiano da chi parte da una situazione di
analfabetismo: solo recentemente si sta cercando di affrontare in maniera
specifica il problema della mancanza di descrittori delle competenze
linguistiche per i livelli precedenti quelli del QCER (per una prima
introduzione sulla struttura del sillabo e dei descrittori si rimanda alla
relazione di Fernanda Minuz in questo volume)13
.
L’assenza di studi scientifici, la frammentarietà dei percorsi e l’incapacità di
mettere a sistema e in collegamento il formale (scuole, CTP) con il privato
sociale e il volontariato, in merito a importanti questioni quali la natura dei
percorsi linguistici, l’utilizzo di pratiche e di linguaggi comuni, non hanno fatto
altro però che ingenerare “confusioni e sovrapposizioni” (Favaro 2013b: 7).
In una fase di profondo cambiamento anche relativamente al tema
dell’educazione/istruzione per adulti, si rende necessaria la costituzione di una
12 Per un approfondimento si vedano gli atti dei recent convegni che si sono occupati di
alfabetizzazione in Italiano L2 e multimedialità: Alfabetizzazione degli immigrati e
multimedialità tenutosi a Milano il 7 febbraio 2013 (www.vivereinitalia.eu) e Nuove tecnologie
digitali nell’insegnamento dell’italiano agli adulti immigrati in Emilia Romagna: stato dell’arte,
valutazioni e prospettive, tenutosi a Bologna il 18 ottobre 2013 (www2.ervet.it)
13 Il Centro per la Valutazione e le certificazioni Linguistiche dell’Università per stranieri di
Perugia sta lavorando alla predisposizione di Italiano L2 in contesti migratori: Sillabo e
Descrittori dall’analfabetismo all’A1 all’interno del progetto FEI, “L’italiano per l’incontro”
(2012-2013). Fanno parte del gruppo di lavoro Greco Bolli Giuliana, Borri Alessandro, Minuz
Fernanda, Rocca Lorenzo, Sola Silvia.
18
cabina di regia che indirizzi, monitori e valuti i percorsi di alfabetizzazione
ancora insufficienti14
.
In attesa degli esiti della sperimentazione relativa al Sillabo e Descrittori
dall’analfabetismo all’A1, una considerazione sui tempi necessari per l’attività di
alfabetizzazione in italiano L2 ad adulti. Sappiamo che i tempi di
apprendimento risentono di numerose variabili, quali la motivazione, l’età, la
presenza di filtri affettivi, gli stili di apprendimento, i contesti di immigrazione
e non da ultimo i profili dell’apprendente. In diversi paesi, dove l’attenzione per
i pubblici per nulla o poco scolarizzati è particolarmente forte, il processo di
alfabetizzazione è comunque lungo e varia dalle 400 ore in Francia, fino alle
oltre 600 ore in Australia e Nuova Zelanda. Si ritiene con una certa sicurezza
che tempi similari siano da garantire anche in Italia.
Concludendo, la complessità del fenomeno e la necessità di garantire il diritto
all’apprendimento della lingua che diversamente ostacola la partecipazione
sociale di una parte consistente di popolazione immigrata in Italia, impongono
l’avvio di una politica linguistica che abbandoni l'episodicità degli interventi e
che preveda la collaborazione fra i diversi soggetti che si occupano a vario
titolo di alfabetizzazione15
. È auspicabile. inoltre, la formazione specifica degli
operatori (insegnanti, facilitatori, volontari) con corsi orientati
sull’apprendimento centrato sui bisogni educativi dei pubblici migranti, ma
anche sulla condivisione di approcci, linguaggi e prassi adeguate al pubblico di
riferimento.
14 Contro una certa disattenzione nei confronti del tema dell’analfabetismo è stato sottoscritto un
appello rivolto ai Ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Integrazione
all’indirizzo chn.ge/19LWMnl.
15 Un esempio di costruzione di reti fra formale e informale è quello avviato e coordinato dalla
Provincia di Bologna che si è posta l’obiettivo di qualificare l’offerta formativa e di rafforzare la
rete e la collaborazione tra i soggetti pubblici, privati e del Terzo settore che operano in questo
ambito sul territorio provinciale di Bologna (www.
http://www.provincia.bologna.it/sanitasociale/Engine/RAServePG.php/P/250011180303).
19
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