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1 Insegnare Italiano L2 ad apprendenti analfabeti: contesto e indicazioni didattiche. Alessandro Borri 1. Un rinnovato interesse Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una ripresa di interesse nei confronti dei bisogni educativi speciali degli adulti per nulla o debolmente alfabetizzati (Minuz 2013). Indagini recenti hanno mostrato il persistere di sacche di insufficiente capacità alfabetiche delle popolazioni europee suscitando il timore di gravi conseguenze sul piano della competitività, della produttività e della coesione sociale nelle società coinvolte dal fenomeno 1 . A ciò si aggiunge la decisione di molti stati europei di introdurre norme di certificazione sulla conoscenza delle lingue nazionali che hanno fatto emergere la presenza di fasce deboli di popolazione immigrata con scarse competenze linguistiche. A prova dell’urgenza della questione sono numerosi documenti di indirizzo promossi dal Consiglio d’Europa, dichiarazioni di principio a sostegno delle più ampie azioni di educazione di base (Audigier 2000), curricoli e sillabi dedicati all’insegnamento delle lingue comunitarie agli adulti analfabeti, ma anche progetti finanziati dagli organismi europei finalizzati, in buona parte, all’apprendimento delle lingue da parte soprattutto di adulti debolmente alfabetizzati. Il tema ha riguardato recentemente anche l’Italia, soprattutto in seguito ad alcuni dispositivi normativi che legano il raggiungimento di diritti fondamentali per i cittadini immigrati, quali il permesso di soggiorno, al conseguimento del livello A2 della lingua italiana 2 . Gli esiti di alcuni documenti e ricerche sui risultati dei test per il raggiungimento della carta di soggiorno, dimostrano che il problema degli analfabeti e scarsamente scolarizzati esiste e che necessita di risposte adeguate (Minuz 2012). Nel rapporto del CNEL del luglio 2013, si osserva che, a livello nazionale, il 34% dei richiedenti la carta di soggiorno non ha raggiunto la certificazione prevista 3 . A Bologna per la stessa tipologia di 1 OECD Skills Outlook 2013, First Results from the Survey of Adult Skills, URL http://skills.oecd.org/documents/OECD_Skills_Outlook_2013.pdf 2 La legge n. 94 del 15 luglio 2009, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” ha stabilito che per l’ottenimento della carta di soggiorno a lungo periodo, lo straniero debba dimostrare il possesso del livello A2 di conoscenza della lingua italiana, verificabile attraverso un test da sostenere presso un Centro Territoriale Permanente (Centro provinciale di Istruzione per adulti) o attraverso l’esibizione di titoli conseguiti in istituzioni riconosciute. L’Accordo di Integrazione (DPR del 14 settembre 2011, n. 179) è, invece, un patto sottoscritto tra lo straniero che chiede di entrare in Italia e lo stato italiano. La possibilità di ottenere il permesso di soggiorno è regolata da un sistema a punti che impegna lo straniero, entro due anni, ad acquisire lo stesso livello A2, una basilare conoscenza delle istituzioni italiane, l’adempimento dell’obbligo di istruzione per i figli minori, l’adesione e il rispetto della Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione. 3 CNEL (2013), IX Rapporto sugli indici d’integrazione degli immigrati in Italia, riporta che il 66% dei richiedenti hanno superato il test. I dati sono riferiti alle sessioni d’esame condotte nel 2011 nelle diverse regioni e province.

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1

Insegnare Italiano L2 ad apprendenti analfabeti: contesto e indicazioni didattiche. Alessandro Borri

1. Un rinnovato interesse

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una ripresa di interesse nei confronti dei bisogni

educativi speciali degli adulti per nulla o debolmente alfabetizzati (Minuz 2013). Indagini

recenti hanno mostrato il persistere di sacche di insufficiente capacità alfabetiche delle

popolazioni europee suscitando il timore di gravi conseguenze sul piano della

competitività, della produttività e della coesione sociale nelle società coinvolte dal

fenomeno1. A ciò si aggiunge la decisione di molti stati europei di introdurre norme di

certificazione sulla conoscenza delle lingue nazionali che hanno fatto emergere la presenza

di fasce deboli di popolazione immigrata con scarse competenze linguistiche. A prova

dell’urgenza della questione sono numerosi documenti di indirizzo promossi dal Consiglio

d’Europa, dichiarazioni di principio a sostegno delle più ampie azioni di educazione di

base (Audigier 2000), curricoli e sillabi dedicati all’insegnamento delle lingue comunitarie

agli adulti analfabeti, ma anche progetti finanziati dagli organismi europei finalizzati, in

buona parte, all’apprendimento delle lingue da parte soprattutto di adulti debolmente

alfabetizzati.

Il tema ha riguardato recentemente anche l’Italia, soprattutto in seguito ad alcuni

dispositivi normativi che legano il raggiungimento di diritti fondamentali per i cittadini

immigrati, quali il permesso di soggiorno, al conseguimento del livello A2 della lingua

italiana2. Gli esiti di alcuni documenti e ricerche sui risultati dei test per il raggiungimento

della carta di soggiorno, dimostrano che il problema degli analfabeti e scarsamente

scolarizzati esiste e che necessita di risposte adeguate (Minuz 2012). Nel rapporto del

CNEL del luglio 2013, si osserva che, a livello nazionale, il 34% dei richiedenti la carta di

soggiorno non ha raggiunto la certificazione prevista3. A Bologna per la stessa tipologia di

1 OECD Skills Outlook 2013, First Results from the Survey of Adult Skills, URL

http://skills.oecd.org/documents/OECD_Skills_Outlook_2013.pdf 2 La legge n. 94 del 15 luglio 2009, “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” ha

stabilito che per l’ottenimento della carta di soggiorno a lungo periodo, lo straniero debba

dimostrare il possesso del livello A2 di conoscenza della lingua italiana, verificabile attraverso

un test da sostenere presso un Centro Territoriale Permanente (Centro provinciale di Istruzione

per adulti) o attraverso l’esibizione di titoli conseguiti in istituzioni riconosciute. L’Accordo di

Integrazione (DPR del 14 settembre 2011, n. 179) è, invece, un patto sottoscritto tra lo straniero

che chiede di entrare in Italia e lo stato italiano. La possibilità di ottenere il permesso di

soggiorno è regolata da un sistema a punti che impegna lo straniero, entro due anni, ad acquisire

lo stesso livello A2, una basilare conoscenza delle istituzioni italiane, l’adempimento

dell’obbligo di istruzione per i figli minori, l’adesione e il rispetto della Carta dei valori della

cittadinanza e dell’integrazione.

3 CNEL (2013), IX Rapporto sugli indici d’integrazione degli immigrati in Italia, riporta che

il 66% dei richiedenti hanno superato il test. I dati sono riferiti alle sessioni d’esame condotte nel

2011 nelle diverse regioni e province.

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test su 8718 richiedenti, il 15,2% è risultato assente alle prove, mentre il 9,7% dei

partecipanti alle sessioni è stato respinto. I curatori del report di indagine sulla realtà

bolognese (Vannelli, Lelleri 2013) hanno ricostruito anche i profili delle persone

maggiormente in difficoltà: sono soprattutto gli uomini ultracinquantenni, provenienti dalle

regioni dell’Africa sub sahariana e dal Pakistan, ad incontrare ostacoli con i test che,

rispondendo a criteri di velocità ed economicità, danno centralità allo scritto anziché

all’efficacia comunicativa orale (Favaro 2013 a: 16). Più in generale sono «donne, neo

arrivati, detenuti, debolmente scolarizzati, analfabeti di ritorno e soprattutto analfabeti

totali, per i quali l’analfabetismo diventa in primo luogo ostacolo alla partecipazione

sociale, fattore che crea marginalità» (Rocca 2013: 37) a costituire la parte prevalente di

persone che faticano a rientrare nei percorsi formali. Diverse le ragioni che facilitano

l’esclusione dei migranti scarsamente o per nulla scolarizzati dai programmi educativi: da

un lato questi ultimi si indirizzano generalmente a persone alfabetizzate nella loro lingua

madre, dall’altro i potenziali apprendenti si trovano spesso in condizioni difficili dal punto

di vista abitativo, lavorativo e sociale e non hanno accesso alle informazioni scritte su

programmi dedicati a rispondere ai loro bisogni (Rinta 2005). Il presente contributo

intende quindi mettere in evidenza alcuni spunti teorici e i riflessi che questi possono avere

sulle pratiche didattiche e metodologiche dedicate ad un’utenza che, spesso, non trova

risposte ai propri bisogni formativi e linguistici.

2. Analfabetismo e alfabetizzazione: un dibattito sempre aperto

Nella sua definizione terminologica, l’analfabetismo rimanda all’incapacità da parte di un

individuo a leggere, a scrivere e a far di conto. È analfabeta una persona che presenta un

deficit di abilità di base nella codifica e decodifica del linguaggio scritto e nelle

competenze logico-matematiche di base. La definizione è stata comunque oggetto di

profonde discussioni nel tempo risentendo anche di epocali cambiamenti avvenuti nella

società contemporanea. Il dibattito relativo non è dunque il frutto di una sterile discussione

accademica, quanto piuttosto il tentativo di definire i contorni della questione che ha

implicazioni in ambito culturale, educativo e politico (Minuz 2005; Limage, Jeantheau

2010). Dal termine analfabetismo, utilizzato per indicare la condizione di chi «non sa

leggere e scrivere, comprendendolo un semplice asserto relativo alla propria vita

quotidiana» (Unesco 1958) si è giunti, dopo ampia discussione, al vocabolo inglese

illeteracy – tradotto in italiano con il termine illetteratismo – per intendere la mancanza di

quelle competenze e abilità in letto-scrittura necessarie per operare attivamente in un

gruppo o in una comunità. Nella società della conoscenza e del cambiamento, l’Unesco ha

ridefinito i contorni dell’alfabetizzazione intesa come: «l’abilità di identificare,

comprendere, interpretare, comunicare e calcolare, utilizzando materiali scritti e stampati,

associati a diversi contesti. Essa implica un continuum di apprendimenti al fine di

capacitare le persone a perseguire le proprie mete, sviluppare le conoscenze e le

potenzialità di ciascuno e partecipare pienamente alla vita della comunità e della società

nazionale» (Unesco 2003).

Sempre l’Unesco, durante l’United Nation Literacy Decade, un decennio dedicato al tema

dell’alfabetizzazione, ha posto l’attenzione su due ordini di questioni. Il concetto di

«alfabetismo contestuale» rimanda all’idea che lo spazio, gli usi e le funzioni della letto-

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scrittura risentono dei contesti sociali, culturali e politici in cui le competenze alfabetiche

vengono apprese ed utilizzate. Ciò significa che queste mutano di realtà in realtà poiché

differenti sono gli ambiti di riferimento.

Inoltre il rapporto fra analfabetismo e alfabetismo non viene più percepito come uno

spartiacque fra assenza e presenza delle capacità di lettura e scrittura, quanto piuttosto un

continuum in cui sono rilevabili diversi livelli ed usi di competenza (Richmond, Robinson,

Sach-Israel 2008). Tale paradigma è essenziale per chi opera con individui debolmente o

per nulla scolarizzati perché presuppone, come elemento imprescindibile, quello di

conoscere il background educativo e culturale degli apprendenti, abbandonando così

categorizzazioni non sempre precise ed efficaci per l’azione didattica, e valorizzando al

contempo le competenze e le abilità già possedute dagli adulti.

3. Profili d’apprendenti

Allo stato attuale non si ha la percezione precisa del fenomeno che accompagna

l’alfabetizzazione di migranti in italiano L2 anche perché le strutture statali, in primis i

Centri Territoriali Permanenti (CTP), non esauriscono la gamma dell’offerta formativa di

italiano come lingua seconda: corsi di alfabetizzazione sono organizzati da enti pubblici e

privati, da organizzazioni di volontariato, politiche e sindacali, dai singoli comuni. Pur non

avendo dati concreti e precisi, sappiamo che i partecipanti ai corsi di alfabetizzazione sono

adulti/e migranti provenienti da tutto il mondo, in particolar modo dall’Asia e dall’Africa

sub sahariana. Per definire comunque profili di apprendenti chiari, cui offrire interventi

mirati, si considerano di solito due variabili: la conoscenza della lingua scritta e il grado di

conoscenza della lingua italiana. Per quanto riguarda la padronanza della scrittura si

individuano i seguenti profili (Burt, Peyton e Adam 2008):

- prealfabeti: individui la cui lingua madre non possiede una forma scritta o è in fase

di sviluppo; è il caso di diverse lingue indigene africane, americane e del Pacifico;

- analfabeti totali o strumentali: apprendenti che non hanno avuto accesso ad un

sistema di istruzione/alfabetizzazione a causa di difficoltà familiari, povertà o di

situazioni di instabilità sociopolitica dei paesi di origine che spesso rendono

inaccessibili i servizi educativi primari;

- debolmente alfabetizzati: apprendenti che hanno avuto un accesso limitato ad un

sistema di istruzione/alfabetizzazione, di solito quantificato in un periodo da 3 ai 5

anni, che risulta comunque insufficiente a rispondere a richieste linguistiche e

comunicative sempre più complesse in cui trovano spazio parole, immagini e simboli

(per esempio compilare un bollettino postale, leggere un avviso, interpretare un

segnale o un’icona in uno spazio pubblico, ecc…).

A questi si aggiungono anche i migranti alfabetizzati in una lingua che si basa su un

sistema di scrittura diverso da quello latino. Recenti documenti europei tendono a

considerare questi individui come «illitterati» perché, pur avendo difficoltà nella

codifica e decodifica dei segni grafici dell’italiano, hanno comunque coscienza dei

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legami esistenti fra suono e grafema e hanno acquisito la competenza di ricercare i

significati di un testo (voce Literacy in www.coe.it/literacy). Fra questi si

riconoscono:

- alfabetizzati in scritture non alfabetiche o logografiche: (es. cinese putonghua);

- alfabetizzati in un alfabeto non latino: (es. arabo, coreano, greco, russo ecc.);

- alfabetizzati nell’alfabeto latino: (es. romeno).

Queste condizioni vanno poi

relazionate al livello di

conoscenza della lingua

italiana che porta

all’individuazione di

particolari casistiche. Ognuno

di questi profili richiede azioni

specifiche: un conto è

insegnare a leggere e a

scrivere ad una persona che

possiede una buona

competenza orale, un altro a

chi già possiede un alfabeto e

può riutilizzare competenze

maturate in L1 (quali le

capacità di astrazione,

modellizzazione, riflessione

metalinguistica e abilità

integrate), altro ancora è

operare il passaggio

dall’oralità alla scrittura

(Centre of Canadian Language

Benchmarks 2000; Minuz

2005).

Gli strumenti per svolgere

questa prima importantissima

analisi sono

questionari/schede e modelli

di prove di ingresso strutturate

dai singoli CTP o dalle reti.

Un utile strumento al

proposito risulta essere la

Scheda profilo d’apprendente

il cui uso può essere ottimale

in molte situazioni se mediato

dall’intervento di mediatori

Dalla pratica didattica 1: Estratto di “Scheda profilo

d’apprendente”.

Quadro 1: dati identificativi dell’apprendente

Luogo di nascita:

Data di nascita:

Attività lavorativa:

Anni di permanenza in Italia:

Lingua madre:

Altre lingue:

Contatto con altre lingue □ Raro

□ Poco frequente

□ Frequente

□ Molto frequente

Principali ambiti d’uso della lingua

(segnalarne due)

Quadro 2: competenze alfabetiche in ingresso

Analfabeta totale/parziale

Alfabetizzato in sistemi non latini

alfabetici/non alfabetici

Gradi di alfabetismo in lingua madre

(in anni di scolarizzazione in

lingua/lingue...)

Le competenze alfabetiche sono accertate tramite

□ Intervista con il corsista (con mediatore o in italiano)

□ Test di alfabetismo

□ Eventuale valutazione di altri insegnanti (es. corsi

precedenti)

□ Dichiarazione degli accompagnatori

Quadro 3: competenze nella lingua orale (in ingresso)

Meno di A1

A1

A2

Oltre

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5

linguistici, e che permette di raccogliere informazioni relative al background

educativo e culturale degli apprendenti (scolarizzazione, rilevazione di eventuali

fenomeni di plurilinguismo, esposizione all’italiano ecc…) e a possibili aspettative

formative.

Accanto al colloquio, funzionali sono le prove di ingresso graduate che permettono

di rilevare eventuali abilità tecniche e strumentali, quali la familiarità con l’alfabeto

latino e la capacità di discriminazione fonologica, i gradi di alfabetizzazione

funzionale, la competenza comunicativa in lingua italiana (Condelli 2003)4.

Dalla pratica didattica 2: Le prove di ingresso

Una procedura che risulta funzionale nella

valutazione delle competenze linguistiche in

ingresso è quella in atto in diversi CTP e

associazioni del volontariato e del privato sociale

dell’Emilia Romagna. Il percorso di valutazione è

articolato nelle seguenti fasi:

- raccolta di informazioni tramite “Scheda profilo

d’apprendente” e/o attraverso un colloquio alla

presenza, nei casi richiesti, di un mediatore;

- verifica delle capacità di comprensione e di

scrittura attraverso la compilazione di un modulo di

iscrizione;

- verifica delle competenze linguistiche attraverso un

colloquio.

Qualora la raccolta delle informazioni indichi bassa

o nulla scolarizzazione e siano evidenti difficoltà a

svolgere la prova iniziale di scrittura, sarà necessario

testare la familiarità con l’alfabeto latino, attraverso

esercizi di riconoscimento o di copiatura delle parole

necessarie per la compilazione di quanto richiesto.

4. Approcci e didattiche dell’alfabetizzazione

Gli approcci e le pratiche didattiche da utilizzare risentono anche delle visioni

sottese all’alfabetizzazione. Sostanzialmente due sono i modelli che hanno

4 Per la rilevazione delle competenze di base numerosi gli esempi di test di ingresso. Fra

questi IRRE Emilia Romagna 2002, Prove di ingresso ai corsi di lingua italiana per adulti

stranieri (cd rom e http://www.irreer.it ); Rete CTP Piemonte 2012, Italiano L2: indicazioni

operative per la definizione dei test di Lingua Italiana, profili di competenza, valutazione in

ingresso delle competenze linguistico-comunicative (http://ctp.istruzionepiemonte.it); Centro di

Valutazione e certificazioni Linguistiche Università per stranieri di Perugia 2012, Test di

ingresso per migranti (http://www.celintegrazione.it/pagine/test-di-ingresso-per-migranti); Borri A.,

Di Lucca L., Masiero G., Pasqualini T. (a cura di) 2013, Test di valutazione delle competenze in

ingresso, Progetto FEI “Come d’Accordo”.

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caratterizzato il dibattito: il modello autonomo e quello ideologico o delle

prassi sociali (Street 1984). Il primo risulta focalizzato sull’alfabetizzazione in

termini di possesso di abilità, capacità e competenze di base. L’apprendimento

della letto-scrittura avviene indipendentemente dagli specifici contesti

attraverso una tecnica neutra, variabile ed autonoma. In linea con un modello di

stampo tecno-cognitivista, l’apprendimento avviene attraverso un percorso

consequenziale e stabilito (Larson, Marsch 2005). Il secondo, invece, è basato

su un approccio socio-culturale. L’alfabetizzazione è vincolata al contesto

sociale in cui si sviluppa: ciò significa che l’apprendimento della letto-scrittura

stimola e modifica le capacità di pensare, di comunicare e anche di interagire

all’interno di un contesto. Nella sua forma più militante, come quella del

teorico brasiliano Paulo Freire5, l’alfabetizzazione è legata ai processi di

liberazione da ogni forma di oppressione attraverso la presa di coscienza di sé e

della realtà (Freire 1971, id. 1974, id. 2002).

In generale, la neutralità del modello autonomo è da tempo messa in

discussione. L’influenza dei principi della glottodidattica e l’esperienza

maturata nella pratica dell’Educazione per adulti, portano a considerare

l’alfabetizzazione come un processo complesso che porta l’apprendente ad

acquisire le pratiche discorsive della comunità in cui l’alfabetizzazione ha luogo

(Minuz 2005: 61-62). In una realtà come quella italiana, alfabetizzare significa

pertanto far comprendere la centralità del codice scritto, portatore di significati,

insegnare a leggere e a scrivere in una lingua straniera, ma anche sviluppare

quelle competenze comunicative utili e funzionali a vivere ed interagire

all’interno di una comunità (vita quotidiana, professionale e sociale). In

quest’ottica diverse realtà europee prevedono corsi combinati di

alfabetizzazione e di lingua che comprendono oltre la letto-scrittura,

l’insegnamento del calcolo, dell’informatica, degli elementi di cultura e civica

dei paesi ospitanti e l’avvio di strategie di apprendimento (Plutzar, Ritter 2008).

Per far emergere gli usi della lettura e i generi testuali più ricorrenti, ma anche i

bisogni linguistici degli apprendenti, fondamentale risulta la già detta fase di

accoglienza. Schede, colloqui e semplici registrazioni di attività in classe

5 Nella sua lunga esperienza di formatore Freire riteneva l’alfabetizzazione come processo

per giungere alla presa di coscienza, da parte dell’apprendente, della propria condizione di

oppressione. Convinto che l’alfabetizzazione tradizionale fosse funzionale al mantenimento di

questo stato di non libertà, Freire sviluppò un metodo che partiva dalle parole che hanno un

particolare significato per la comunità. Da una serie di incontri e colloqui con gli apprendenti,

emergevano quelle che Freire chiamava parole generatrici, presentate non in astratto, ma all’interno

di una situazione tipica del contesto. Le parole venivano quindi scomposte in sillabe, ed ogni sillaba

combinata con altre vocali e sillabe già conosciute fino a giungere a nuove parole significative.

Tutto ciò avveniva al di fuori dello schema della lezione frontale, ma con una disposizione in

cerchio che favoriva la partecipazione e la presa di parola. Sul metodo si veda Freire P. 1973,

L’educazione come pratica di libertà, Mondadori.

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potranno far emergere i bisogni comunicativi degli apprendenti e costruire una

trama che orienta l’azione didattica. Frasi come «Io studio italiano per parlo

bene e ledge bene e per quando andato all ospedale all comone; Io studio

italiano per capece bine, per la carta di seggiorno, per lavoro»6 mostrano gli

eterogenei bisogni educativi da cui partire: quelli personali, educativi,

professionali e di risposta alle richieste più istituzionali, come il superamento

del test per la carta di soggiorno.

Le competenze comunicativa e di interazione orale diventano ancor più

prioritarie per individui debolmente o per nulla alfabetizzati che non

padroneggiano il codice scritto. Ricerche sull’acquisizione della letto-scrittura

in inglese L2 sostengono, in aggiunta, che il rafforzamento di un adeguato

vocabolario, la conoscenza delle strutture linguistiche, della fonologia e della

struttura del discorso, possono avere un impatto positivo sull’apprendimento

della lettura (Burt, Peyton e Adams 2002: 38). Lo sviluppo delle competenze

orali si consolidano e possono agire ancor di più sulla motivazione se

comunque rimandano allo spazio reale ed autentico degli scambi comunicativi

(Cunninghan Florez, 1999; Cunninghan Florez e Burt 2001).

In Italia nell’ultimo decennio diversi sono i materiali didattici che danno

centralità alla comunicazione orale, condizione necessaria per l’interazione

sociale, ma anche per l’avvio di vere e proprie attività di alfabetizzazione. Ai

vetusti abbecedari si affiancano così proposte didattiche che, attraverso una

serie di input iconici, cercano di stimolare la discussione e di far emergere le

conoscenze e il portato di esperienze degli apprendenti7. Nella prassi didattica

ciò si traduce nell’utilizzo di materiali autentici (avvisi, opuscoli, orari, segnali

…) che sensibilizzano ai diversi codici semiotici, ma anche nel ricorso ad

attività di projet work, nei quali agli apprendenti è richiesta la messa in campo

di soluzioni linguistiche ed extralinguistiche, e ad uscite e gite di classe (presso

una biblioteca, un ufficio postale, un supermercato, o un museo) che forniscono

un luogo per esercitarsi a parlare e leggere in attività reali (Holt 1995).

6 I testi sono stati prodotti in un corso Pre A1 tenuto presso il CTP di Castiglione dei Pepoli

(Bologna) nell’anno scolastico 2011-2012.

7 Casi P. 1995, L’italiano per me: leggere e scrivere. Materiali didattici per

l’alfabetizzazione iniziale di adulti italiani e stranieri, Eli; in Lambertini L., Casi P. 2008, La

scatola delle parole: un primo approccio all’italiano per persone analfabete nella lingua

d’origine, (versione dvd), Comune di Monteveglio; Casi P. 2013, Ciao, sono Luisa e lavoro

nella scuola, (versione cd rom), ISMU, riassume il percorso graduato dell’alfabetizzazione

attraverso l’acronimo CA.PA.LE.S (capire, parlare, leggere e scrivere). La centralità della

comunicazione orale anche in Rete degli insegnanti di lingua italiana 2009, Percorsi italiani.

Corso di lingua per principianti, Guerra Edizioni; A. Borri, F. Minuz 2013, Detto e scritto.

Corso di prima alfabetizzazione, Loescher.

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Dalla pratica didattica 3: Projet work. Il titolo dell’attività è La scelta del medico

di famiglia. Si tratta di un’attività sperimentata in corso per apprendenti debolmente

scolarizzati con competenze orali miste A1/A2.

L’obiettivo linguistico-comunicativo è quello di esercitare gli atti comunicativi di

chiedere e dare informazioni; obiettivo di alfabetizzazione è prendere nota dei

documenti necessari per svolgere il compito (cioè la scelta del medico di famiglia).

Esso è articolato nelle seguenti attività: rilevazione dell’obiettivo, l’individuazione del

luogo dove richiedere le informazioni necessarie, la preparazione delle espressioni per

andare allo Sportello anagrafe dell’ASL, il compito vero e proprio in situazione, la

scrittura di un promemoria riportante i documenti necessari.

(proposta elaborata da un gruppo di docenti durante la formazione del progetto

Parole in gioco 2, 2012-2013 a Ravenna).

Testo: Per fare la richiesta del medico di famiglia c’è bisogno del

permesso di soggiorno, del codice fiscale, del certificato di residenza.

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Fra le attività particolarmente efficaci in classe il «metodo autobiografico», che

pone al centro delle proposte didattiche il vissuto degli apprendenti (Demetrio,

Alberici 2002). Le narrazioni riferite e condivise in aula diventano materiale di

discussione e di negoziazione, ma anche l’input per l’avvio di attività di letto-

scrittura8. Tale metodologia può essere utilizzata solo se l’apprendente ha

acquisito una sufficiente competenza orale, inoltre l’insegnante deve saper

gestire il carico emozionale che certe narrazioni possono ingenerare all’interno

del gruppo classe.

Dalla pratica didattica 4: L’attività si richiama agli

approcci biografici. Il testo

orale scaturito da una

discussione sulla scuola, è stato

elaborato attraverso un disegno.

Si è proseguito con la copiatura

delle parole obiettivo della

narrazione (Proposta realizzata

in corso per persone

debolmente alfabetizzate presso

il CTP di Castiglione dei Pepoli

nel 2013).

Alla base di tutte le proposte didattiche è auspicabile un’attenzione alla

condizione adulta: gli apprendenti in una fase tanto delicata come

l’alfabetizzazione, devono avere la certezza della spendibilità delle attività in

cui sono coinvolti, ma anche la consapevolezza di organizzare il proprio

apprendimento attorno a problemi reali, facendo ricorso al bagaglio di

esperienze maturate nei diversi contesti informali e non formali (Knowles

2001). È quindi sconsigliabile, perché disincentivante sulla motivazione, il

ricorso a materiali e proposte didattiche ed editoriali per l’infanzia.

8 Fra i materiali strutturati secondo la metodologia autobiografica, il manuale di G. Favaro, N.

Papa 1996, La storia di Naima, Centro Come; Veneri A. 2005, L’italiano con Naima, Guerini

Studio. Per un uso pratico si veda F. Aucone, Mamme magrebine e comunicazione con la scuola.

Alcune proposte didattiche, Tesi di master in Didattica dell’italiano lingua non materna,

Università per stranieri di Perugia, a. 2008-2009, relatrice F. Minuz.

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È raccomandabile, invece,

l’utilizzo del Portfolio

europeo delle lingue (PEL)

che ha una versione dedicata

ad apprendenti analfabeti

(Lazemby Simpson 2012;

Little 2012). Il PEL è un

documento ideato dal

Consiglio d’Europa per

promuovere l’apprendimento

delle lingue lungo tutto

l’arco della vita e favorire la

consapevolezza del processo

formativo. Esso è strutturato

in tre sezioni distinte, il

Passaporto delle lingue,

riportante l’identità

linguistica di chi apprende, la

Biografia linguistica che

contiene la riflessione sul

processo di apprendimento e

il Dossier che documenta le

fasi e il lavoro. Per ciò che

riguarda gli apprendenti

analfabeti o scarsamente

scolarizzati, questi strumenti

avviano alla riflessione

metalinguistica, dalla quale

spesso sono stati esclusi,

avviando anche alla

comprensione culturale.

Dalla pratica didattica 5: Portfolio delle lingue.

L’attività da svolgere autonomamente se le capacità

orali sono sufficienti, o attraverso il ricorso ad un

mediatore, consentono una prima definizione degli

obiettivi di apprendimento. Il coinvolgimento degli

adulti nella definizione delle priorità stimola la

motivazione e il senso di responsabilità.

5. Leggere, scrivere e far di conto: un approccio integrato fra

strumentalità e comunicazione

Come si è già detto, le attività comunicative diventano elemento inderogabile

anche per sostenere l’apprendimento della strumentalità di base. Ciò comporta

un cambiamento nella stessa strutturazione didattica: l’alfabetizzazione non è

solo l’insegnamento dell’alfabeto, anche perché, come rilevato da indagini e

studi, molto spesso i facilitatori e gli alfabetizzatori lamentano come

l’insegnamento tradizionale, cioè strumentale, non sia garanzia di una lettura

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corretta (Pivato 2011). Per quanto riguarda l’insegnamento della lettura, due i

modelli che hanno prevalso: il modello ascendente (o botton up) e il

discendente (o top down) (Minuz 2005: 79-92).

Il primo dà un ruolo fondamentale alle abilità di base, necessarie alla codifica

delle parole scritte, per poi giungere alla comprensione del testo. La lettura è

quindi un processo scandito da fasi precise, successive e gerarchiche: l’analisi

dei grafemi, la trasformazione in fonemi, l’apprendimento di unità lessicali,

l’avvio di operazioni sintattico-semantiche, fino al raggiungimento del

significato.

Il secondo, invece, prevede che la comprensione avvenga attraverso la

progressiva interazione fra lettore e testo, in base alla quale il lettore formula

ipotesi e prevede significati che verranno via via confermati o smentiti dalla

progressiva lettura con una forte riduzione della dipendenza dagli elementi

grafici e fonici (Goodman 1976).

Attuali ricerche indicano che la comprensione avviene ovviamente con efficacia

solo se i due processi coesistono (modello interattivo) e si alimentano a

vicenda rispondendo così alle esigenze del lettore (Stanovich 1980).

I due modelli sopraindicati hanno influenzato i principali metodi di

insegnamento della lettura sia a bambini che ad adulti: gli analitici-sintetici e i

globali. I primi pongono il proprio focus d’attenzione sugli elementi più

semplici sprovvisti di significato, cioè le lettere e le sillabe. È fondamentale in

questi casi lo sviluppo della capacità di abbinamento fonema e grafema, di

decodifica dei segni grafici e di ricombinazione per formare nuove parole. Il

processo può porre attenzione al singolo fonema (fonematico) o alla sillaba

(sillabico). Nel primo caso l’insegnamento verte sull’osservazione e

apprendimento delle singole lettere e solo dopo averne appreso un certo numero

si giungerà alle parole. Nel secondo, viceversa, si pone attenzione alla sillaba,

considerata da molti come unità sonora maggiormente percettibile della singola

lettera (grafema/fonema) e che permette, inoltre, di giungere più velocemente

alla formazione di parole (Pinto 2003). Simultaneamente è prevista la

presentazione e l’esercitazione dei principali caratteri di stampa: lo stampato

maiuscolo, il corsivo minuscolo e maiuscolo.

Sono diverse le esperienze nella pratica dell’Educazione per adulti in Italia che

si richiamano in generale ai metodi analitici-sintetici.

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12

Diverse scuole, come

quelle del volontariato

appartenenti alla rete

Migrantes e CTP, si

richiamano al “modello

montessoriano” che

prevede la

presentazione delle

lettere possibilmente in

contrasto sonoro e

visivo fra loro (per

esempio, a/u; i/o).

Dalla pratica didattica 5: Chiave alfabetica

montessoriana e lettere smerigliate sono strumenti

utilizzati nel metodo montessoriano (in “Quaderno

delle Scuole migranti”, n. 2, 2013)

L’associazione fonema/grafema e le successive ricombinazioni per giungere a

parole, vengono esercitate attraverso materiali costruiti ad hoc, come le lettere

smerigliate utili a memorizzare il senso corretto della scrittura, l’alfabetiere

mobile e i vassoi di sabbia per comporre parole, assieme ad attività più ludiche

quali la lettura bendata9. Lo strumento della chiave alfabetica montessoriana –

che presenta le vocali in rosso e le consonanti in blu - riprodotta su un

cartellone, è pensata per venire in soccorso al lettore in qualsiasi momento. In

diversi contesti lo studio è sostenuto da tecniche varie, come quello di Suzanne

Borel-Maisonny che utilizza alcuni gesti associati ai fonemi in modo da

facilitarne la memorizzazione (Borel Maisonny 1985) o come l’associazione

della sillaba studiata ad un’immagine, di solito un oggetto o un animale, per

facilitare il legame tra segno grafico e suono (Congiu, Di Simone 2013).

Dalla pratica didattica 6: presentazione delle

vocali nel manuale di

Rimoldi N. 2006,

Impariamo a leggere

scrivere parlare, Felix

Verlag.

9 I principi del metodo montessoriano sono alla base delle numerose scuole migranti sparse in

Italia; al proposito si veda Honneger S. Aiuti alla lettura e scrittura, in http://retescuolemigranti.files.wordpress.com

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13

I metodi basati su fonemi e sillabe possono talvolta risultare complessi per

adulti poco scolarizzati, sia per la memorizzazione di più caratteri di lettura e

scrittura, sia per lo studio di lettere o sillabe che non offrono concretezza

immediata all’apprendente.

I metodi globali, al contrario, si focalizzano su frasi o parole e si collegano agli

approcci orientati sul significato. Nelle indicazioni dei principali teorici

(Jadoulle 1975; Mialaret 1976; Freinet 1978) si privilegia la memorizzazione di

stringhe di parole scaturite dall’esperienza di chi apprende, dalle sue emozioni e

dai suoi interessi. Solo dopo un lungo periodo di riconoscimento globale,

l’apprendente (bambino od adulto) arriva a leggere in maniera naturale

attraverso un percorso spontaneo scoprendo i meccanismi di traduzione dei

segni in significati. Tale approccio può risultare demotivante per adulti

debolmente alfabetizzati a causa della complessità del processo cognitivo

(memorizzazione, riproducibilità e comprensione delle stringhe di parole). Esso

inoltre non facilita e sostiene la mappatura grafema/fonema importante nelle

lingue alfabetiche come l’italiano.

Nella pratica degli adulti, in generale, si ritiene funzionale la combinazione

degli approcci globali e analitico-sintetici. Di solito si parte dalla centralità di

testi (singole parole o brevi frasi) legati all’esperienza e ai vissuti quotidiani

degli apprendenti immigrati, che risultano di solito motivanti, per poi avviare

simultaneamente la fase di analisi e di segmentazione in fonemi o sillabe, fino

alla composizione di nuove parole 10

.

La scelta delle parole oggetto di studio deve altresì rispondere ai criteri di

frequenza nel parlato, di ricorrenza nei documenti di uso quotidiano e di utilità

nelle situazioni affrontate11

.

10 Fra i materiali a stampa e on line che seguono la linea di partire da parole presentate/lette

globalmente, per poi essere smontate in sillabe o fonemi e per successive ricombinazioni

giungere alla formazione di nuove parole si ricordano: Rete degli insegnanti di lingua italiana,

AL2 on line. Alfabetizzazione in Italiano Lingua Seconda, Cooperativa Anastasis, versione cd

rom o rintracciabile all’indirizzo http://al2.integrazioni.it; Borri A., Di Lucca L., Masiero G.,

Pasqualini T. (a cura di) 2012, ABC. Dalla lingua italiana alla cittadinanza attiva, Cefal

Bologna, cd rom; Borri A., Minuz F. 2013, Detto e scritto. Corso di prima alfabetizzazione,

Loescher.

11 Utili materiali al proposito risultano essere: De Mauro T. 2000, Dizionario della lingua italiana,

Paravia; De Mauro T., Mancini F., Vedovelli M., Voghera M., 1993, Lessico di frequenza

dell’italiano parlato, Etaslibri, sillabi come quello contenuto in Rocca L., 2008, Percorsi per la

certificazione linguistica in contesti di immigrazione, Guerra.

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Dalla pratica didattica 7: Attività

di lettura. La parola “entrata”

rimanda allo spazio e al contesto di

vita. Può essere utilizzata per

avviare una discussione sui mezzi

di trasporto utilizzati o non dagli

apprendenti. Nello stesso tempo è

un testo regolativo (in questo caso

indica la posizione dove salire), ma

può essere presentato nel percorso

didattico per esemplificare le

sillabe VC, CCV, CV.

Comune di Bologna 1999, Dove

vai? Percorsi didattici di pre-

alfabetizzazione per adulti,

Pitagora.

Come per la lettura anche nella scrittura fondamentale è il rapporto integrato fra

lingua e comunicazione, così come rimane invariata l’attenzione ai bisogni

linguistici di chi apprende.

È senz’altro efficace legare la scrittura agli usi più immediati e spendibili per

l’adulto (Wrigley, Guth 1992; Wrigley 2008). Si tratta quindi di esercitare da

un lato una scrittura “funzionale” che permetta all’apprendente di scrivere date,

orari, piccoli appunti, compilare moduli e formulari ricorrenti nella vita

quotidiana, firmare documenti, dall’altro sviluppare le competenze per giungere

ad una scrittura più personale e privata, un mezzo di espressione che consenta

di comunicare e condividere pensieri, stati d’animo e istanze (si pensi

all’utilizzo ormai ampiamente diffuso degli SMS o delle e-mail funzionali nella

gestione delle relazioni sociali …). Dalla pratica didattica 8: Scrittura

collettiva di un sms per informare

dell’assenza. L’attività è orientata

alla scrittura di un breve testo

informativo e si struttura in una fase

di pianificazione, nella stesura da

parte dell’insegnante su

suggerimento degli studenti, nella

revisione ad alta voce, poi nella

copiatura e digitazione sul cellulare

(da Rete dei docenti di lingua

italiana 2009, Percorsi italiani,

Guerra).

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Per avviare attività di scrittura è necessario innanzitutto che l’apprendente

padroneggi le abilità manuali e grafiche di base (tracciamento dei segni,

conoscenza delle convenzioni di scrittura da sinistra a destra o dall’alto verso il

basso, uguale dimensione delle lettere) che deve essere esercitata in fase di pre-

alfabetizzazione. Dalla pratica didattica 9: Tracciamento delle lettere

Acquisita la meccanica della scrittura, egli potrà passare alla scrittura di parole,

frasi, semplici testi, arrivando nel tempo ad assimilare la differenza fra lingua

scritta ed orale.

L’apprendente dovrà essere messo in contatto fin da subito con diverse

tipologie testuali (liste di parole, moduli amministrativi, avvisi, indirizzi,

segnaletica…) e con le regole che le disciplinano, in modo da comprendere le

diverse funzioni dello scritto e degli usi nella realtà, fino ad afferrare alcune

norme di redazione e di funzionamento corrette.

Infine una considerazione sull’insegnamento del calcolo di base che nella

misura possibile dovrà essere compresa nello sviluppo delle competenze orali e

di letto-scrittura.

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In molti casi alcuni

temi spesso trattati nei

corsi integrati di

alfabetizzazione e di

lingua, come la

ricerca di un

appartamento o

l’acquisto di beni ed

oggetti, fanno appello

a certe competenze di

base logico-

matematiche che

devono essere oggetto

di studio. Anche gli strumenti

della matematica

forniscono infatti agli

adulti le risorse per

esprimere fatti,

opinioni, e per

analizzare situazioni

(Ciancone 1996).

Dalla pratica didattica 10: Esercitazione sui numeri.

(da Rete dei docenti di lingua italiana 2009, Percorsi

italiani, Guerra).

6. La costruzione di un setting per l’apprendimento

Per meglio rispondere agli eterogenei bisogni e capacità dei migranti adulti

analfabeti o in condizione di illetteratismo (Krumm e Plutzar 2008), sono

necessari corsi integrati di alfabetizzazione e di lingua diffusi capillarmente sul

territorio, con un numero di partecipanti non particolarmente alto per meglio

rispondere alle esigenze di consolidamento e di ripresa dei contenuti affrontati.

Proprio perché trattasi di un’utenza debole dal punto di vista economico e

culturale (persone disoccupate o in condizioni lavorative non regolari e

facilmente escluse dalle molteplici proposte educative e culturali), è necessario

garantire una serie di servizi collaterali e di sostegno pratico, quali il

babysitteraggio per i figli, spesso presenti alle lezioni con le madri, la

mediazione o il tutoraggio che sostengono la motivazione e facilitano la

frequenza alle attività formative. In alcune situazioni europee sono previste

persino azioni di protezione sociale e sostegno economico (Plutzar, Ritter 2008:

8).

A livello didattico è auspicabile la creazione di safe space, cioè spazi dedicati e

sicuri per gli apprendenti che facilitino l’espressione e la condivisione con

compagni e docenti dell’esperienza migratoria e della vita nel paese ospitante

con una ricaduta sullo sviluppo delle competenze orali e l’abbassamento del

filtro affettivo (Santos M. G., Shandor A. 2012). Ciò presuppone un’inversione

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di tendenza anche nell’allestimento degli spazi didattici. Nella maggior parte

dei casi i corsi di alfabetizzazione sono organizzati in luoghi di fortuna, mentre

risulta motivante e efficace all’apprendimento, un insegnamento che avvenga in

aule accoglienti, ricche di strumenti didattici e materiali scritti (Holt 1995).

Per sostenere il processo di apprendimento si rileva, inoltre, particolarmente

utile l’utilizzo di strumenti/supporti tecnologici quali lavagne interattive

multimediali, video e cd rom. Ciò da un lato implica e incrementa lo sviluppo

delle abilità informatiche sempre più necessarie alla crescita personale e

all’inserimento nel mondo del lavoro; dall’altro, il ricorso a materiali

multisensoriali favorisce alcune abilità (come la memorizzazione di parole e

brevi messaggi) e può risultare un utile supporto in classe nel momento di

revisione/consolidamento dei contenuti affrontati (Borri: 2013). Non da ultimo

si tratta di strumenti con un particolare appeal e che rimandano ad altri oggetti e

spazi di comunicazione quotidiani (web-socialità; telefonia…) spesso in uso

agli apprendenti12

.

7. In conclusione L’alfabetizzazione in italiano L2 risulta allo stato attuale molto complessa e di

difficile realizzazione per una serie di motivazioni sottese. Da un lato manca

una letteratura sull’apprendimento dell’italiano da chi parte da una situazione di

analfabetismo: solo recentemente si sta cercando di affrontare in maniera

specifica il problema della mancanza di descrittori delle competenze

linguistiche per i livelli precedenti quelli del QCER (per una prima

introduzione sulla struttura del sillabo e dei descrittori si rimanda alla

relazione di Fernanda Minuz in questo volume)13

.

L’assenza di studi scientifici, la frammentarietà dei percorsi e l’incapacità di

mettere a sistema e in collegamento il formale (scuole, CTP) con il privato

sociale e il volontariato, in merito a importanti questioni quali la natura dei

percorsi linguistici, l’utilizzo di pratiche e di linguaggi comuni, non hanno fatto

altro però che ingenerare “confusioni e sovrapposizioni” (Favaro 2013b: 7).

In una fase di profondo cambiamento anche relativamente al tema

dell’educazione/istruzione per adulti, si rende necessaria la costituzione di una

12 Per un approfondimento si vedano gli atti dei recent convegni che si sono occupati di

alfabetizzazione in Italiano L2 e multimedialità: Alfabetizzazione degli immigrati e

multimedialità tenutosi a Milano il 7 febbraio 2013 (www.vivereinitalia.eu) e Nuove tecnologie

digitali nell’insegnamento dell’italiano agli adulti immigrati in Emilia Romagna: stato dell’arte,

valutazioni e prospettive, tenutosi a Bologna il 18 ottobre 2013 (www2.ervet.it)

13 Il Centro per la Valutazione e le certificazioni Linguistiche dell’Università per stranieri di

Perugia sta lavorando alla predisposizione di Italiano L2 in contesti migratori: Sillabo e

Descrittori dall’analfabetismo all’A1 all’interno del progetto FEI, “L’italiano per l’incontro”

(2012-2013). Fanno parte del gruppo di lavoro Greco Bolli Giuliana, Borri Alessandro, Minuz

Fernanda, Rocca Lorenzo, Sola Silvia.

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cabina di regia che indirizzi, monitori e valuti i percorsi di alfabetizzazione

ancora insufficienti14

.

In attesa degli esiti della sperimentazione relativa al Sillabo e Descrittori

dall’analfabetismo all’A1, una considerazione sui tempi necessari per l’attività di

alfabetizzazione in italiano L2 ad adulti. Sappiamo che i tempi di

apprendimento risentono di numerose variabili, quali la motivazione, l’età, la

presenza di filtri affettivi, gli stili di apprendimento, i contesti di immigrazione

e non da ultimo i profili dell’apprendente. In diversi paesi, dove l’attenzione per

i pubblici per nulla o poco scolarizzati è particolarmente forte, il processo di

alfabetizzazione è comunque lungo e varia dalle 400 ore in Francia, fino alle

oltre 600 ore in Australia e Nuova Zelanda. Si ritiene con una certa sicurezza

che tempi similari siano da garantire anche in Italia.

Concludendo, la complessità del fenomeno e la necessità di garantire il diritto

all’apprendimento della lingua che diversamente ostacola la partecipazione

sociale di una parte consistente di popolazione immigrata in Italia, impongono

l’avvio di una politica linguistica che abbandoni l'episodicità degli interventi e

che preveda la collaborazione fra i diversi soggetti che si occupano a vario

titolo di alfabetizzazione15

. È auspicabile. inoltre, la formazione specifica degli

operatori (insegnanti, facilitatori, volontari) con corsi orientati

sull’apprendimento centrato sui bisogni educativi dei pubblici migranti, ma

anche sulla condivisione di approcci, linguaggi e prassi adeguate al pubblico di

riferimento.

14 Contro una certa disattenzione nei confronti del tema dell’analfabetismo è stato sottoscritto un

appello rivolto ai Ministri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Integrazione

all’indirizzo chn.ge/19LWMnl.

15 Un esempio di costruzione di reti fra formale e informale è quello avviato e coordinato dalla

Provincia di Bologna che si è posta l’obiettivo di qualificare l’offerta formativa e di rafforzare la

rete e la collaborazione tra i soggetti pubblici, privati e del Terzo settore che operano in questo

ambito sul territorio provinciale di Bologna (www.

http://www.provincia.bologna.it/sanitasociale/Engine/RAServePG.php/P/250011180303).

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