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Università degli Studi di Trieste, Fisiopatologia Chirurgica, prof.ssa Bortul
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INSUFFICIENZA CELIACO MESENTERICA
Alterazione acuta o cronica di circolazione arteriosa o venosa a livello di intestino tenue e
colon.
epidemiologia
La fase acuta dell’ICM è infarto intestinale, mediamente raro: 1/1000 ricoveri, la percentuale
tuttavia dipende da età popolazione.
Prognosi spesso piuttosto infausta per diagnosi tardiva.
1-2% delle patologie acute addominali.
fisiopatologia
Ostruzione, riduzione flusso ipoperfusione intestino necrosi gangrena peritonite acuta
stercoracea (una delle cause di peritonite acuta II).
Tipologia ed eziopatogenesi
1. Danno a vaso arterioso o venoso.
2. Ostruzione da trombo, embolo, placca aterosclerotioca.
3. Bassa gittata, ostacolo funzionale: a livello splacnico il circolo è andato incontro a riduzione.
L’esempio paradigmatico è fase di compenso a shock ipovolemico: in prima fase
vasocostrizione a livello splacnico può comportare ischemia.
Oppure bassa portata per bassa gittata cardiaca per scompenso cardiaco congestizio, in cui
per deficit funzione cuore dx in cui la pompa cardiaca non funziona in maniera adeguata.
4. Farmaci (RARO) che determinano vasocostrizione splacnica, amine o somatostatina, molto
un tempo (oggi molto poco) usata in pz con emorragie digestive alte o pancreatiti acute, per
ridurre perfusione del cicrcolo splacnico, potrebbe determinare infarto.
Oppure farmaci per controllo di uno shock ipovolemico.
5. Intossicazione da cocaina.
Sapere che esistono queste diverse cause è importante perché all’osservazione i pz sono diversi: es.
un pz anziano sarà più predisposto a un’ostruzione di tipo aterosclerotico, un pz giovane o adulto
può avere sindrome da bassa gittata per shock ipovolemico, pz con ostruzione venosa è molto spesso
una donna neanche tanto anziana, un pz con intossicazione da cocaina sicuramente non sarà un
vecchietto di 80 anni con gravi problemi cardiaci e aterosclerotici.
50 - 70% dei casi è su base embolica o trombotica. Qualche volta (a seconda della sede, vedi poi)
può comportare una grave mortalità operatoria, anche 80% dei casi.
L’embolia nasce spesso dal cuore:
fibrillazione atriale, in cui avremo anche terapia anticoagulante; altri casi di embolizzazione
possono essere dovuti anche ad
endocarditi settiche,
lesioni valvolari,
infarto,
aneurismi, trombi nel contesto della sacca aneurismatica,
miocardite.
La trombosi nasce da malattie dei vasi.
Patologia aterosclerotica, panvasculopatia, malattia estesa a tutti i distretti. Il vaso può essere
andato incontro a questa patologia, dalla placca può staccarsi un embolo che migra in
periferia. Pz tipico è anziano di sesso maschile.
Malattia autoimmune quali arterite, LES, AR, coinvolti vasi di piccolo e medio calibro.
Qualche volta queste patologie possono manifestarsi con addome acuto legato a infarto
intestinale. Cambia la tipologia di pz, donna adulta da 30 a 50 anni.
20% forme a bassa gittata
15% forme venose maggiore incidenza sesso femminile. Coinvolte vena porta, mesenterica
inferiore e superiore.
Flebo trombosi tronculari (discendenti), quadro di occlusione vascolare per danno che parte
a livello della porta quale neoplasia, cirrosi, splenomegalia.
Flebo trombosi radicolari (ascendenti): danno di natura trombotica a partenza da flogosi
endoaddominale: app. acuta, diverticolite, peritonite. Iatrogeno, traumi chirurgici (es. post
appendicectomia.)
Cause ematologiche, ipercoagulabilità: alla base della fisiopatologia delle TVP c’è triade di
Virchow: alterazione parete, stasi venosa, alterazione coagulabilità. In questa situazione
molto importante alterazione della coagulabilità: sono pz a volte senza riscontro
anamnestico, perché spesso la diagnosi viene fatta a posteriori, capita spesso che vi siano
stati episodi pregressi si flebotrombosi agli arti inferiori a cui segue infarto intestinale. I
deficit sono di antitrombina III, proteina S, proteina C, fattore V Leiden.
Non rientrano in quei disturbi ematologici che si vanno ad indagare tramite le normali prove
per gli assetti emocoagulativi,
Compressione estrinseca, dissezione aortica, che pregiudica afflusso a distretto splacnico: sono
più rare, non serve ricordarle.
RICHIAMI ANATOMICI
I vasi più importanti sono:
TRONCO CELIACO 20%, fegato, milza, pancreas, duodeno.
MESENTERICA SUPERIORE,70%, tenue, colon dx.
MESENTERICA INFERIORE 10%, colon sx, resto superiore.
Retto medio e inferiore tramite ipogastrica.
I vasi sono tra loro collegati :
Circolo pancreatico duodenale collega mesenterica
super e tronco celiaco.
Arcata di Riolano collega mesenterica inferiore (aa
colica sx) e mesenterica superiore (grande ramo dell’ aa colica
media). Importante per quanto riguarda la circolazione
intestinale ed è in grado di controllare eventuale gravità.
A livello di arteria mesenterica inferiore, vasi ipogastrici.
Arcata di Drummond.
In ischemia cronica c’è la possibilità di sfruttare questi circoli collaterali che si adattano alle
condizioni instaurando una forma di compenso, solo la loro integrità potrebbe mettere a riparo da
eventuali problemi. Naturalmente, per es. una lesione all’arteria mesenterica superiore sarà più grave
di una alla mesenterica inferiore anche con integrità dei circoli collaterali.
Tali collegamenti hanno dei punti di debolezza in cui anatomicamente i due distretti, specie a livello
colico, non sono vascolarizzati in modo adeguato (riferiti in particolare ad arteria marginale):
punto di Griffith in flessura splenica.
punto di Sudeck in giunzione retto sigmoidea.
Questi punti, che già fisiologicamente hanno una ridotta vascolarizzazione, sono suscettibili a cali di
pressione, anche non di grande entità: in una situazione di bassa portata si possono verificare delle
alterazioni, che portano di solito a una colite ischemica (vedi in fondo), che interessa solo mucosa e
sottomucosa, non tutti gli strati. E’ abbastanza frequente come situazione.
Fisiologicamente, a digiuno, il distretto splacnico riceve il 20% della portata normale, percentuale
che aumenta quando c’ò maggiore richiesta, fase postprandiale, interessando maggiormente strati
mucosi per favorire assorbimento. Esiste una certa autoregolazione del flusso splacnico, tramite gli
sfinteri: se esiste una portata con una P adeguata, che basta sia di 70 mmHg siamo in grado di
garantire una certa perfusione a livello intestinale.
Tipologia di infarto
Fondamentale conoscere sede del distretto vascolare interessato e tipo di vaso colpito.
Infarto arterioso
ACUTO o CRONICO. Se la P cala, (infarto, miocardio e scompenso cardiaco congestizio) a 50-40
mmHg la parete intestinale, dagli strati più interni ai più esterni, va incontro a delle alterazioni
dovuti all’instaurarsi di uno stato ischemico. In caso di ischemia cronica le alterazioni sono
compensate del circolo collaterale, mentre in un caso acuto il controllo sarà più difficile.
SEDE. Deve essere considerata anche quella che è la sede dell’ostacolo: es. se trombo interessa un
vaso ileo colico andrà incontro ad infarto intestinale il colon di destra ed ultimi 15 cm di tenue.
Diverso è se viene occluso quello che è conosciuto come il segmento critico di Reiner: se
ostruzione a questo livello (acuta, quindi in assenza di possibilità di utilizzo di un circolo
collaterale), si avrà esclusione vascolare totale dal secondo ramo digiunale a tutto il vaso ileo
colico,alla flessura colica di dx, causando necrosi totale di tutto il digiuno(praticamente da sotto il
Treitz), e di tt il colon trasverso. E’ una situazione che anche nell’opzione chirurgica di una
resezione è incompatibile con la vita.
Anatomia mesenterica superiore: si vede primo ramo e
secondo ramo digiunale, seguiti da tutti i rami digiunali e ileali
che son quelli che vascolarizzano tutta la matassa del tenue.
Ileo colica: ultimi 15 cm di lieo,
appendice,
colon di dx.
Colica di dx, che può esserci o essere sostituita da…
Colica media.
Infarto venoso
1. Blocco per diverse cause di quella che è la pervietà del lume difficoltà scarico sangue
aumento P venualre ostruzione delle venule intramurali danno flusso arteriolare infartio,
che può evolvere in modo più lento ma può portare sicuramente anche in questo caso a una
gangrena.
2. Bassa portata: calo P arteriosa tentativo di compenso con spasmo arteriolare (vedi poi
pulsazione a EO!), chiusura degli sfinteri precapillari. Lo stesso è nell’azione esercitata da alcuni
farmaci come digossina, molto importanti amine usate in trattamento shock.
Anatomopatologia
Le alterazioni AP hanno importante correlazione con la clinica.
I danni vanno dall’interno all’esterno.
MUCOSA, primi 10-20 min. Lesioni di tipo ischemico che coinvolgono in prima battuta i tratti più
interni, alterazione mucosa non tanto nella sua vascolarizzazione, ma più un’alterazione di tipo
funzionale:
alterato riassorbimento;
alterata permeabilità perdita barriera vs traslocazione batterica.
MUSCOLO, 3h. Inizialmente l’ ipoperfusione dà contrattura, responsabile del dolore crampi forme,
ritrovato in fasi precocissime dell’infarto intestinale, il che tradotto in pratica vuol dire che è una
situazione e un sintomo che non si trova quasi mai. Durata temporale di 6-7 ore, nelle quali il pz non
arriva nemmeno all’osservazione perché non ha nemmeno consapevolezza di questo.
SIEROSA, 6h. Con l’evoluzione del fatto ischemico interessamento trans murale fino alla sierosa, ileo
paralitico: il dolore forse potrebbe anche cessare. Immissione in circolo dei prodotti di lisi cellulare:
CPK, LDH, fosfati, tutti enzimi valutabili da un pdv ematochimico, dosandoli nel siero. Si può
arrivare alla perforazione con sviluppo di peritonite e sepsi.
Classificazione anatomo clinica:
STADIO I, colite che potrebbe essere anche transitoria.
Tipo di danno. E’ quello che succede nelle coliti ischemiche, in cui c’è questo danno da
ipoafflusso in punti critici che spesso evolve in remissione quasi completa. Mucosa pallida
con alterazioni degli enterociti che possono andare incontro a distruzione, inoltre
vasodilatazione.
Sistemico. Da un pdv sistemico nella prima fase SIRS, cioè infiammazione.
Fase. La colite si traduce clinicamente come contrattura della muscolatura liscia, quindi la
fase cosiddetta spastica, di durata 6-7 ore.
STADIO II infarto colico.
Tipo di danno. Evoluzione infartuale con danno che si estende anche alla sottomucosa,
potremmo essere ancora in una fase di reversibilità, tuttavia la fase di riparazione potrebbe
condizionare la formazione di una cicatrice, non si ha restituito ad integrum. Si possono
avere inoltre ulcere e petecchie.
Fase. Siamo nella fase paralitica, in cui danno sottomucoso può coinvolgere anche
muscolare, fino alla sierosa, ma il danno non sarà tale da produrre perforazione.
STADIO III gangrena.
Tipo di danno. Danno ha coinvolto tutte le strutture e può arrivare alla filtrazione se non
alla perforazione, siamo nella cosiddetta fase peritonitica.
Sistemico. A livello sistemico la situazione tra lo stadio II e III può evolvere in sepsi, che
diventa severa se c’è disfunzione d’organo (insufficienza renale, accentuata richiesta
polmonare), massimo è MOD, cioè shock settico che si verifica tipicamente in seguito a
peritonite stercoracea, con mortalità elevata.
Infarto da ostruzione venosa.
L’infarto venoso ha evoluzione più lenta rispetto all’arterioso; in prima
battuta si ha infarto emorragico: come nei volvoli, primo coinvolgimento
è di tipo venoso, percui l’ansa si presenta turgida di colore rosso vinoso.
A livello dei vasi del meso può esserci pulsazione, che non si ha nel caso
di infarto arterioso, in cui la vascolarizzazione viene mantenuta anche in
vasi di piccolo calibro. Anche in questa situazione man mano che evolve
si può arrivare a una fase di gangrena.
Manifestazioni Cliniche
1. TIPOLOGIA DI PZ. Un infarto su base embolica aterosclerotica coinvolge prevalentemente pz
anziani e vasculopatici, con pregresso infarto, TIA, ischemia arti inferiori o arteriopatici.
2. SINTOMI.
Dolore acuto e improvviso.
Vomito,
Diarrea, caratteristicamente enterorragia dato che il primo danno è ischemico a livello di
mucosa, quindi distruzione enterociti, alterata produzione di muco, sofferenza di tipo
ischemico che provoca questa diarrea mucosa sanguinolenta. L’enterorragia è presente nel
25-30% dei casi quindi possono benissimo esserci pz che non presentano questo sintomo.
Evoluzione in ileo paralitico: chiusura dell’alvo e distensione addominale.
Normalmente non c’è febbre a meno che il danno ischemico non sia evoluto. Segni secondari
sono polso piccolo e fq, ipotensione.
Questo elenco di sintomi, che serve solo a fini orientativi, quello che è importante è inquadrare la
clinica del pz in base allo stadio della classificazione AP.
Danno ischemico della mucosa che potrebbe essere ancora reversibile, il danno non è
trans murale.
Contrattura a livello di muscolatura liscia.
Dolore continuo, a volte crampiforme come inizio espressione della contrattura della
mm liscia.
Diarrea (anossica).
EO addome negativo dato che non c’è interessamento sieroso: fase che non si vede.
Limitazione lesioni ischemiche a mucosa e sottomucosa, possono essere anche di tipo
trans murale, ma limitatissime e tali da non dare quadro di irritazione peritoneale.
Pz sofferente che lamenta dolore.
Fase spastica,
1-3 ore.
Fase paralitica,
fino 24 ore.
EO addome trattabile. Incongruenza da quadro sintomatologico ed EO, detto da
alcuni autori “addome acuto senza addome acuto”, clinica è di addome acuto ma il
rilievo obiettivo non lo è. E’ una fase a cui prestare molta attenzione.
Ileo paralitico si instaura col passare delle ore.
Chiusura dell’alvo secondaria ad irritazione peritoneale.
Stadio secondario a lesioni ischemiche estese, peritonite.
Stato di shock.
Infarto da ostruzione venosa quadro clinico più lento. Cambia la tipologia di pz, può essere
donna anche di 20 anni più giovane a pz anziano vasculopatico.
Dolore ha un’instaurazione più progressiva e sarà addominale di tipo gravativo.
Nausea e talvolta vomito.
Distensione addominale secondaria all’irritazione peritoneale.
Ascite, quando si crea un quadro di ipertensione portale, come a seguito di trombosi.
Diagnosi
Nell’ultimo stadio la diagnosi sarà facile ma tardiva, quindi bisogna prestare molta attenzione specie
alla fase seconda chiedendosi il motivo della sofferenza del pz senza un quadro di obiettività
eclatante. Inoltre occorre prestare attenzione a situazioni più subdole quali pz con scompenso,
infarto del miocardio, shock ipovolemico, in cui magari ci si concentra su questi aspetti trascurando
invece quelli che possono essere dei motivi di sofferenza addominale causati dalla patologia.
La diagnosi è uguale per infarto intestinale arterioso e venoso.
ANAMNESI, importante anamnesi per valutare modalità di insorgenza, tipologia e irradiazione del
dolore. Inoltre dati su eventuali patologie precedenti, ipercoagulabilità, malattue autoimmuni …
EO, da ricordare possibile incongruenza tra dolore e EO!!!!
LABORATORIO, può aiutare perche con esami ematochimici anche semplici trova parametri
espressione della sofferenza intestinale:
Leucocitosi N anche elevata, 30-35000. Un’appendicite acuta o una diverticolite non hanno
mai livelli così elevati.
Fosforemia: PO4 è altamente contenuto nelle cell intestinali. Immesso in vena porta e poi in
circolo sistemico, dove si manifesta l’esubero. Nel caso di infarto venoso con trombosi della
vena porta, si possono ritrovare dei livelli di fosforemia normali, perché non possono essere
immessi nel circolo.
Acidosi metabolica, viraggio del metabolismo da aerobio ad anaerobio.
CPK.
Fase
peritonitica
La fosforemia non è un esame che si riesce a fare in emergenza, assume un valore più relativo. In PS
si ha la disponibilità di fare una EGA, conta dei bianchi, CPK e LDH.
STRUMENTALE, la diretta addome è utile per escludere perforazione, ma possiamo capirlo anche
all’EO se pz non ha difesa addominale. Sui vecchi testi viene indicato che in pz che è andato incontro
a infarto intestinale c’è assenza di aria nel tenue. In realtà, nelle fasi evolute si può trovare
meteorismo, ileo paralitico, ma noi non abbiamo bisogno di arrivare a queste situazioni.
Oggi come oggi, hanno la massima importanza i seguenti dati:
1. pz sofferente, dolore importante,
2. EO negativo,
3. conta globuli bianchi molto elevata,
se positivi, si ha l’autorizzazione a chiedere ANGIOTAC in cui abbiamo la visualizzazione dei vasi .
Dopodiché, l’indicazione chirurgica è assoluta.
terapia
1. Infarto su base arteriosa.
Varia a seconda del momento in cui si interviene e la causa.
TERAPIA FARMACOLOGICA. Negli infarti conseguenti a una bassa portata era stata ipotizzata la
possibilità di utilizzare dei vasodilatatori per ripermeare il circolo aumentando la capienza del letto
circolatorio, tipo la PAPAVERINA. Ma sono stati abbandonati, non si utilizzano praticamente più.
TERAPIA CHIRURGICA. Negli infarti da ostruzione vascolare arteriosa, a seconda della gravità:
A) rivascolarizzazione diretta, quindi, nel caso di embolo: 1)aggredire il vaso coinvolto
nell’ostruzione, 2)aprirlo con arteriotomia,3) ripulire vaso con embolectomia con catatere di
Fogarty, 4)valutare il ripristino della vascolarizzazione, l’ansa pallida riprende colore. Si può
fare quando intestino non dà segni di sofferenza e coinvolgimento parietale, ovvero se ci
troviamo in una fase iniziale in cui le anse appaiono pallide.
Nel caso di trombo, la situazione è più complessa, tromboendoarterectomia o bypass.
B) resezione intestinale, di entità e gravità proporzionale al segmento coinvolto: se il segmento
è quello di Reiner, situazione di incompatibilità con la vita, è impensabile resecare tutto
l’intestino tenue, colon di destra e colon di sinistra!!! In questi casi bisogna sempre sperare
nella possibilità di una rivascolarizzazione diretta e resecare il pezzo francamente necrotico.
Confezionare subito un’anastomosi diventa rischioso(deiscenza e peritonite post operatoria), percui
si adotta la tecnica two stages o second look:
1) first stage: in fase del primo intervento, dopo episodio acuto 1)resezione del primo segmento,
verosimilmente intestinale, a volte anche del colon. 2)Le due brecce vengono chiuse con suturatrice
meccanica e lasciate a livello di cavo peritoneale per 24h; son pz di solito degenti in terapia intensiva
quindi sedati, curarizzati e con ventilazione.
Non faccio anastomosi: trattandosi di evento acuto, sottoporrei il pz a complicanze gravi.
2) second stage (o second look): dopo 24-48 h il pz riportato in sala per vedere entità e vitalità dei
margini intestinali chiusi. Se la situazione è favorevole e i margini sono sani si procede con
anastomosi, altrimenti se sono ischemici si reseca un po’ oltre e si confeziona anastomosi in
sicurezza.
L’intervento chirurgico deve risolvere il problema, ma non si deve trascurare la garanzia di una
qualità di vita adeguata: occorre quindi escludere che pz possa andare incontro a sindrome da
intestino corto. Se non si può evitare, impostare adeguata terapia.
2. Infarto su base venosa.
Se infarto su base venosa, obiettivo è resecare segmento intestinale andato incontro a necrosi,non si
va ad aggredire direttamente il vaso come nel caso arterioso ma si imposta terapia sistemica con
eparina che verrà successivamente bilanciata con anticoagulante se vi sono turbe della coagulazione.
CASO signora 40enne, in PS per sintomatologia dolorosa in fossa iliaca sx, esordita da 15 h. in
addome modesto dolore spontaneo e provocato, minima reazione di difesa. Si pensa ad appendicite
acuta. Laboratorio: 15000 GB, abbastanza compatibile con ipotesi, quindi indicazione chirurgica di
esplorazione, laparoscopia diagnostica. Si vede che segmento di tenue distale in necrosi ischemica,
non ancora perforato ma quasi. Vasi arteriosi che pulsavano a livello di mesotenue venoso! Si
procede quindi con resezione intestinale.
L’ipotesi poteva essere che la signora portatrice di malattia autoimmune, LES, malattia da Ab anti
PL…poi si è pensato che potesse essere sofferenza venosa. Risolta fase d’urgenza a livello
anamnestico, mesi prima, flebotrombosi del’arto inferiore, identificato con ECO doppler e trattato
con eparina a basso peso molecolare. Anamnesi patologica familiare risulta che questi episodi
risultano fq anche nella madre. A questo punto risulta necessario identificare il fattore
eziopatogenetico che ha causato questo infarto, documentato peraltro con TAC che dimostrava
ostruzione pressochè totale in mesenterica superiore. Da assetto emocoagulativo evidenza di un
deficit di proteina S.
La pz viene infine messa in eparina, sostituita poi da terapia anticoagulante per os da fare per tutta la
vita.
SINDROME DA INTESTINO CORTO deve essere considerata in quanto occorre garantire anche
una prognosi quo valitudine al pz.
E’ una sindrome da mal assorbimento, non c’è un’adeguata superficie assorbente a livello intestinale,
tanto più grave quanto più lungo è il tratto di intestino resecato.
Conseguenze sono diarrea e perdita di peso.
Tipi di paziente
Pz che ha avuto insuff vascolare
Enterite post attinica: più raro, pz sottoposto radioterapia postoperatoria per tumori di origine
uterina, intestinale, endometrio: il campo di applicazione della radioterapia cerca di essere
circoscritto ma più di tanto non è possibile, la matassa intestinale si trova nei pressi, e la terapia
può causare un’alterazione anatomico-funzionale.
In età pediatrica, patologie di tipo congenito che comportano delle enterocoliti necrotizzanti.
Fisiopatologia
In caso di resezione, è importante considerare:
LUNGHEZZA del segmento resecato: esiste un livello soglia a cui fare attenzione: dobbiamo essere
sicuri di riuscire a garantire un tratto di intestino sufficientemente lungo per non alterare i processi
di riassorbimento. Se ci si trova costretti a resecare 180 cm, alla lunga si pregiudicherà sindrome da
intestino corto, perchè residua un segmento di intestino troppo breve.
A questo punto, tentativo di compenso: il restante intestino cerca di vicariare situazione con
ipertrofia dei villi, favorendo l’assorbimento, con aumento di tutti quei mediatori (gastrina, EGF,
PG…) che possono stimolare la mucosa e il trofismo della mucosa stessa.
SEDE dell’intestino resecato: se asportazione anche di meno di un metro di tenue e di tutto il colon,
pz da nutrire per via parenterale, perché pregiudicata capacità di assorbimento ottimale. Se invece,
come risulta necessario nel caso di un cancro al colon di dx, resecati ultimi 50 cm tenue, il colon dx e
la valvola ileocecale che fa da barriera a possibile permeazione dei germi a livello colico, sicuramente
il pz va incontro alla sindrome dell’ansa cieca (transito più veloce, alte probabilità di infezione). In
questo caso tramite l’assunzione di alimenti adeguati la qualità di vita può essere tutto sommato
buona.
L’importanza della sede è dovuta soprattutto al fatto che ogni tratto di intestino ha delle peculiarità
per quanto riguarda i processi di riassorbimento:
Nell’ ileo avviene il riassorbimento vit B12 e sali biliari. Sono pz in cui noi dobbiamo tenere
presente la possibilità che ci sia un deficit.
Nel digiuno ci sono i recettori per il riassorbimento di folati, Fe e Ca.
Diagnosi
Dal pdv clinico si identifica pz che assorbe male,perché a fronte di un introito alimentare anche
adeguato dal pdv calorico, calo ponderale per malassorbimento e diarrea, perdita di liquidi ed
elettroliti.
Terapia
Come si agisce? Dopo aver avvisato il pz della possibilità di scariche diarroiche e malassorbimento:
Controllare il tutto bilanciando le perdite.
Cercare ove possibile di instaurare alimentazione enterale con gli alimenti il più semplice
possibile, quindi più facilmente assorbibili,
Fibre per aumentare la consistenza della massa fecale,
Evitare carboidrati perché sono in grado di esercitare effetto osmotico quindi
depauperare ulteriormente la riserva idrica,
TG a catena corta: sono in commercio tutta una serie di olii ed integratori adatti a
questo scopo, facilmente assimilabili.
Nelle situazioni più gravi nutrizione parenterale che può essere somministrata anche a
domicilio.
Casi limite, trapianto intestinale.
COLITE ISCHEMICA
ATEROSCLEROSI
VASCULITI
SINDROMI DA BASSA PORTATA
IATROGENI DI CHIRURGIA VASCOLARE in aorta addominale:
- bypass aorto femorale,
- innesti per aneurisma, aorto aortici o aorto iliaci.
- riparazioni aneurisma aortico in cui la protesi può andare in qualche modo a ridurre o
bloccare il flusso di sangue. Inoltre aneurisma è segnale di patologia aterosclerotica.
In punti già deficitarii visti prima, può minare ulteriormente integrità della parete.
Essendo una colite ischemica, non è infarto, e quindi la necrosi ischemica interessa solo gli strati più
interni: mucosa, sottomucosa, muscolare. A volte colite ischemica può evolvere, nel 10% dei casi,
prodromo di un infarto vero e proprio: si avrà evidenza di questo dalla variazione del tipo di dolore,
continuo, sofferenza colica a tutto spessore che porta a gangrena e perforazione.
ANAMNESI: Paziente standard è maschio, vasculopatico.
EO: lamenta dolore vario, crampifrome localizzato in punti deficitari, quind in fossa iliaca sx o
ipocondrio di sx, proiezione flessura splenica.
Diarrea mista a sangue rosso scuro, a volte arriva solo con colonrragia, che non sarà mai causa di
squilibri emodinamici ma spesso è l’unico segno di malattia, quindi entra in diagnosi
differenziale:tumore, malattia diverticolare, colite ischemica.
Febbre modesta, nausea e vomito.
Alvo pervio.
No reazione di difesa, interessamento è fino alla muscolare.
Peristalsi accentuata.
LABORATORIO leucocitosi (mai come quella delle fasi di infarto), acidosi metabolica.
STRUMENTALE diretta dell’addome non dice nulla, però colonscopia è veramente patognomonica:
fa vedere quadro di mucosa edematosa, iperemica, ispessita, ulcere superficiali, caratteristica
fondamentale è lo “scalino”, questa regione di interessamento della mucosa sarà localizzata nei punti
che vengono vascolarizzati in modo atipico da questa criticità di flusso, e questo si verifica specie a
livello di flessura splenica e giunzione sigmoidea. Percui scalini in cui inizialmente mucosa rosea,
compare mucosa interessata da processo ischemico, e successivamente ricompare mucosa rosea.
TERAPIA Questi pz non si operano quasi mai in prima battuta, solo pz che in seguito a terapia dopo
15 giorni non vanno incontro a remissione, oppure gangrena nelle primissime fasi, allora si opera.
Intestino a riposo con fluido terapia,
Terapia Ab EV per scongiurare sovrinfezioni batteriche
Stretta osservazione clinica e follow up endoscopico. Non considerando il 10% in cui il quadro
evolve drammaticamente verso un infarto, l’endoscopia può farci vedere guarigione in risposta a
terapia che non comporta mai una restituito ad integrum ma guarisce come una ferita chirurgica,
qiundi una fase cicatriziale, tessuto di granulazione, fibroblasti … che condizionano alterazioni
mucosa, strato muscolare stenosi ed una occlusione, che non si manifesta subito ma come
disturbi dell’alvo a distanza di 6-7 sett. E’ comunque un’evenienza più rara, nella stragrande
maggioranza dei casi va incontro a remissione.