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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 09 di gen-feb-marzo 2015 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia notiziario Nuvole partigiane Anita 1° episodio: “La spia”

Notiziario marz 2015 low

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Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 09 di gen-feb-marzo 2015 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa.

PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia

notiziario8 m

arzo

Nuvole partigiane

Anita 1° episodio: “La spia”

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Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70%Periodico del Comitato Provinciale Associazione Na-zionale Partigiani d'Italia di Reggio EmiliaVia Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991C.F. 80010450353e-mail: [email protected]; [email protected] web: www.anpireggioemilia.it

Proprietario: Giacomo Notari

Direttore: Antonio Zambonelli

Caporedattore: Glauco Bertani

Collabioratori: Eletta Bertani, Ione Bartoli, Angelo Bariani (fotografo) Massimo Becchi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti,

Saverio Morselli, Scuola Comics Reggio Emilia, Fabrizio Tavernelli

Redazione WEB e fb: Gemma Bigi, Anna Ferrari, Anna Parigi

Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970

Gennaio-febbraio-marzo 2015Chiuso in tipografia il 7 febbraio 2015Impaginazione e grafica Glauco Bertani

Per sostenere il “Notiziario”:UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) - Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840

CCP N. 3482109 intestato a: “Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI”

notiziario

sommario

01-032015gen-

feb-mar

organizzazione, Reggio Emilia 18 ottobre 2014, di G. Rossini

Estero26 Messico, il narco-Stato, di B. Bertolaso

Memoria27 A “Jack” e “Pipo”, di S. Violi28 Felice Montanari, il partigiano “Nero”, di A. Fava

28 Lettere29 Lutti31 Anniversari35 I sostenitori

Società37 Ragionando di Islam e di shariya nella moschea

di via Flavio Gioia con Karim, Hilal e l’imam Abdel Jalil, di A. Zambonelli

38 La mafia dei cantieri oggi e 45 anni or sono, di a.z.

Le rubriche17 Cittadini, Democrazia, Potere, Claudio Ghiretti24 Opinion leder, Fabrizio Tavernelli25 Segnali di Pace, Saverio Morselli

CAri lettori,

MOLTI dI vOI cI hannO InvIaTO UN’oFFertA

A SoSteGNo Del “NotiZiArio” RISPOndEndO aLL’aPPELLO LancIaTO

cOL nUMERO dI dIcEMBRE. Vi riNGrAZiAMo Di CUore.

I vOSTRI nOMI cOMPaIOnO nELL’ELEncO (aGGIORnaTO FInO aL 7 FEBBRaIO)

a FInE FaScIcOLO

Editoriale

03 Ieri e oggi, ancora protagoniste, di E. Bertani

8 marzo06 Chi furono? Quante furono?

Non lo sapremo mai, a cura di e.b.07 A proposito dei Gruppi di Difesa della Donna, di A.

Appari09 Le donne imparano a governare la città,

di Ione Bartoli10 Lidia che raccontava, di F. Viani11 Le “vie in rosa” a Reggio Emilia e provincia,

prof.ssa B. Partesotti, 2a C Scienze applicate Liceo “A. Moro” (RE)

13 Lavoro: la solitudine delle donne, di Bi.Gi.14 Intervista a Marwa Mahmoud, di A. Fava15 Sapori della libertà per le donne, di A. Salsi - In Birmania da Aung San Suu Kyi, di A. Soliani

Politica17 Nuove leggi contro il neofascismo?

18-22 Nuvole partigiane, Anita La nostra associazione

23 L’ANPI guarda al futuro, conferenza di

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editoriale

l’8 marzo 2015 si tiene in un momento cruciale nella vita del Paese e nel pieno delle celebrazioni del 70esimo della Re-sistenza, una grande occasione per l’ANPI di ribadire il valore della memoria e dell’impegno per fare vivere oggi i valori alla base della straordinaria stagione che ha portato alla conquista della libertà e alla Costituzione. Di quella stagione le donne par-tigiane, le donne dei Gruppi di difesa della donna (GDD), le tante che senz’armi si opposero al fascismo e al nazismo per il pane e per la pace, sono state protagoniste e determinanti per la vittoria della Resistenza.Per questo come donne dell’ANPI, con tutta l’ANPI, siamo da tempo impegnate a ricordare, a dare un volto e un nome alle tante che allora hanno scelto e si sono messe in gioco.Intendiamo tenere nei Comuni tante iniziative che ricordino fi-gure, date, fatti. Ricorderemo un evento simbolico e straordina-rio della Resistenza reggiana: La Giornata insurrezionale del 13 ottobre 1945, organizzata dai GDD col Fronte della Gioven-tù, che vide migliaia di donne manifestare contro il fascismo in Corso Garibaldi, davanti alle carceri e in tanti Comuni, sfidando la violenza della polizia fascista. Vogliamo un incontro vivo, che veda insieme le partigiane, le donne anziane, le più giovani: insieme per i valori e gli obiettivi che le possono unire. Voglia-mo essere coscienza critica del tempo in cui viviamo, a partire dalla realtà e dalla vita delle donne e dall’idea di se stesse che vogliono affermare.Vogliamo iniziare da questa giornata per riflettere su questi set-tant’anni e domandarci: a che punto siamo? Che cosa vogliamo e dove vogliamo andare, noi donne e il nostro paese?

Grandi sono stati i passi avanti compiuti dopo la Liberazione nella coscienza di sé delle donne, nell’affermazione dei propri talenti, della ricchezza della propria diversità. Lo dimostra l’af-fermazione di donne in campi sinora loro preclusi, nell’econo-mia, nella scienza, nella politica, la presenza di donne di valore ai vertici di istituzioni prestigiose come il CERN di Ginevra. E’ straordinario che stia volando nello spazio una donna italiana: Samantha Cristoforetti. In molte istituzioni, partiti e al governo le donne non sono più mosche bianche ma alla pari. Ma que-sto accresce anche la loro responsabilità verso le altre. C’è però un’altra faccia della medaglia: c’è il risveglio angoscioso del terrorismo, ci sono le conseguenze drammatiche delle guerre moderne, della fame, della povertà, delle malattie in intere zone del mondo, l’emigrazione forzata di milioni di donne in cerca di un futuro. C’è una realtà di emarginazione, totale dipendenza dal potere maschile. violenza fisica e sessuale, che coinvolge milioni e milioni di donne e ne sancisce l’inferiorità, le priva di diritti, le colpisce nel loro diritto a studiare, ad avere un lavoro non schiavizzato e sfruttato, a scegliere la propria vita. Malala è l’esempio luminoso, pagato a caro prezzo, della volontà di non rinunciare ai propri sogni.Anche qui in Italia, la crisi economica e politiche fallimentari dei governi e dell’Europa hanno prodotto per le donne disoccu-pazione, precariato a vita, negazione del lavoro e della materni-tà, riduzione delle tutele e delle opportunità offerte dallo stato sociale, povertà diffusa specie delle donne sole e la recrude-scenza della violenza sessuale. La condizione materiale e l’im-magine simbolica di sé delle donne stanno arretrando e danno

8 marzo - La Festa della Donna

> ieri e oGGi, ANCorA ProtAGoNiSte <

di Eletta Bertani

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spazio al rischio evidente di un peggioramento non solo delle loro condizioni di vita, ma anche di un’involuzione culturale dell’intera società italiana.Perciò non basta avere più donne elette, più donne ministro e in posizioni di potere se non avvertono la propria respon-sabilità verso le altre, se non si creano legami di solidarietà e impegno comune per cambiare davvero la vita di tutte, per-ché per tutte a tutte siano riconosciute dignità, libertà, diritti. La crisi della politica e dei partiti, il distacco, la sfiducia cre-scente dai cittadini nella politica l’indebolimento delle reti dell’associazionismo femminile, fanno il resto: producono isolamento, rabbia impotente, rinuncia a votare, a scegliere, a partecipare, a fare rete.Perciò, in questo 70esimo come donne dell’ANPI riaffermia-mo la nostra volontà di esserci INSIEME, di essere soggetto

attivo nell’associazione e nello spazio pubblico e di essere INSIEME con tutte coloro che nelle associazioni e nelle scuole, nei luoghi di lavoro avvertono il bisogno e il valore del sentirsi un NOI. Vogliamo essere promotrici di solida-rietà, consapevolezza, impegno civile, darci reciprocamente forza, cercare obiettivi comuni e condivisi. Così oggi pen-siamo di mettere a frutto l’insegnamento delle donne della Resistenza. Così viviamo l’antifascismo. Per questo il 13 dicembre scor-so abbiamo ridato vita al nuovo Coordinamento provinciale delle donne dell’ANPI e invitiamo tutte a essere l’11 aprile in Sala del Tricolore e, come nuove staffette, a raggiungere TUTTEINBICI i luoghi della memoria:

PER ESSERE, COME IERI, ANCORA OGGI PROTAGONISTE

Ieri e oggi, ancora protagoniste

Coordinamento ANPI provinciale

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8 marzo

Anni ’60/70. Da sinistra, in piedi, si riconoscono Elda Landi (1), Ivanna Rossi (2), Alice Saccani (4), Giovanna Rasori (6), Carmen Zanti (7), Ione Bartoli (8), Antinea Valeriani (11), Maria Montanari (14), Annita Malavasi (16)

Chi furono? Quante furono? Non lo sapremo mai

Una cronologia della storia dei grUppi di difesa della donna

- Novembre 1943. Milano. Si tiene un’assemblea di donne di vari partiti per far nascere un’associazione femminile antifasci-sta. Nascono i “Gruppi di difesa della donna” (GDD).- 28 Novembre 1943. Si diffondono le prime direttive dei Grup-pi di Difesa della Donna. I GDD di Reggio Emilia entrano in azione coordinata e diffusa sul territorio nel marzo del 1944, ma già molte donne erano attive fin dai mesi precedenti.- 1943/1945. Nascono le case di latitanza, la cui funzione di accoglienza, assistenza e ospitalità di soldati sbandati, alleati, partigiani, cittadini antifascisti, poggia in gran parte sulle spalle delle donne delle famiglie ospitanti, malgrado i forti rischi cui si espongono. Emerge il ruolo fondamentale del mondo contadino nella Resistenza reggiana.- Febbraio/marzo 1944. Laura Polizzi (Mirca), di Parma, la cui famiglia di antifascisti viene deportata e sarà sterminata in un campo di concentramento, già entrata in contatto con Lucia Sarzi e Carmen Zanti, arriva a Reggio Emilia con l’incarico di unire, rafforzare, organizzare e coordinare i gruppi di donne già esistenti in varie località, dando cosi struttura ai Gruppi di dife-sa della donna.- 2 febbraio 1944. Laura Polizzi e Zelina Rossi, per incarico del CLN, raggiungono Milano in bicicletta e collaborano alla stesu-ra di “Noi Donne” e alla sua distribuzione. Rientrano a Reggio dopo un viaggio fortunoso e riprendono con il lavoro di costitu-zione e rafforzamento dei Gruppi di Difesa della Donna di cui la Polizzi diventerà responsabile provinciale.Tra le principali promotrici del Gruppi di Difesa della Donna

di Reggio Emilia, cui partecipano donne dei più diversi orien-tamenti, possiamo ricordare: Laura Polizzi (responsabile), Dil-va Davoli, Idea del Monte, Tisbe Bigi, Lucia Scarpone, Lina Cecchini, Malvina Magri, Velia Vallini, Zelina Rossi, Carmen Altare, Leda Mazzali, Rina Manzini, Raimonda Mazzini, Bian-ca Boni, Antinea Valeriani. I Gruppi di Difesa della Donna si danno un programma politico e di lavoro e si organizzano su base zonale. Alcune importanti donne cattoliche nella Resisten-za sono state: Lina Cecchini, Raimonda Mazzini (incarcerata), Agata Pallai, Marta Beltrami, Sandra Codazzi (poi sindacalista e senatrice), Vittoria Gandolfi, le sorelle Marta e Teresa Morelli con la madre Maria, Teresa Ferrari- 1° marzo 1944, Montecavolo. Le donne si rendono particolar-mente attive nella preparazione e nella partecipazione allo scio-pero generale. Tra queste Lidia Valeriani (medaglia d’argento al valore militare) che dovrà poi fuggire e agire nel modenese. Accanto a lei troviamo anche le sorelle Antinea e Liliana Vale-riani, Augusta Bedini, Alberta Buffagni, Vienna Strozzi. Alcune di queste donne furono arrestate per il loro impegno.- 7 Marzo 1944, San Michele di Bagnolo. Zelina Rossi dei GDD, insieme ad altri partigiani, scrive sulla facciata delle scuole elementari: “Viva l’otto marzo” e partecipa ad azioni del-le SAP (Squadre di Azione Patriottica) per catturare e uccidere bestiame da cui ricavare carne per la popolazione.- 26 settembre 1944. Appello dei GGD di Reggio Emilia “Don-ne di Reggio insorgete!”.- Settembre 1944. I GDD esistono ormai in tutta la pianura e si

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diffondono anche in montagna. Esce il numero di “Noi Donne” con la richiesta di voto alle donne.- 11/18 ottobre 1944. Viene lanciata la “Settimana del partigia-no” per raccogliere indumenti invernali, cibo, messaggi di au-gurio e di sostegno morale da inviare ai partigiani delle Brigate. Viene diffuso l’appello “Tutto per la Settimana del partigiano”. Un ruolo importante nell’organizzazione è stato rivestito dai Gruppi di difesa della donna.- 10 novembre 1944. Il generale inglese Alexander diffonde il proclama del “Tutti a casa!” in cui s’invitano i partigiani a rien-trare in vista dell’inverno e di una ormai prossima sconfitta dei nazifascisti. Il CLN risponde “no” e la Resistenza continua nel durissimo inverno del 1944-45. In questi lunghi mesi è fonda-mentale l’aiuto materiale e morale delle donne che, nei pacchi destinati ai partigiani in montagna, mettono cibo, abiti caldi e messaggi di sostegno.- Campagnola Emilia. A seguito di un assalto partigiano alla sede repubblichina, la zona viene rastrellata e due civili preleva-ti come ostaggi vengono uccisi, i loro corpi abbandonati ai lati della strada. Francesca Bolondi e Iole Nasciuti, dei Gruppi di Difesa della Donna, li raccolgono con un carretto esponendosi alla vendetta dei fascisti.- 8 marzo 1945. Celebrazione della Giornata internazionale del-la donna e appello del CLN a manifestare. Centinaia di donne si riversano davanti alla prefettura di Reggio e in piazza Cairoli. Maria Montanari (Micha) testimonia che la strada e la piazza erano gremite. Liliana Corradini di San Maurizio testimonia che durame quella manifestazione la polizia sparò e alcune donne furono ferite. Nelle sue testimonianze ricorda inoltre che la sua abitazione era una casa di latitanza in cui, per un certo periodo, coabitarono i partigiani nascosti e i tedeschi che l’avevano oc-cupata.- Davanti alla “Salina” di Reggio Emilia centinaia di donne protestano per avere il sale, così a Montecchio, Rubiera, San Martino in Rio, Correggio, Reggiolo, Guastalla, Luzzara, No-vellara (dove i fascisti cercano di disperdere le donne con la violenza), a Bagnolo (dove i fascisti sparano e alcune donne vengono arrestate, mentre le altre manifesteranno sino a otte-nerne la liberazione).- A Campagnola, Fabbrico, Rio Saliceto si tengono comizi volanti in piazza con centinaia di donne.- A Fabbrico le donne sfilano per le vie del paese cantando e dimostrando contro la guerra.- A Montecchio, Cavriago, Bibbiano, le donne ottengono la distribuzione di latte, uova, ecc.- Al calzificio Maglierie Milano (ex calza Bloch) il lavoro vie-ne sospeso per dieci minuti e unaparte delle operaie si unisce alla protesta della Salina.- Anche in altre fabbriche, come il calzificio Marconi, il calzi-ficio Emiliano, il “Pennellificio”,la Ceramica Veggia, la Fornace di Lemizzone è sospeso il lavo-ro per dieci minuti.- l5 marzo 1945. Budrio. 450 donne si recano a Correggio per manifestare davanti alle carceri chiedendo la liberazione degli uomini rastrellati. Lo stesso fanno anche il giorno seguente.- 21 marzo 1945. In bicicletta Zelina Rossi porta da Milano a Reggio Emilia l’ordine e le direttive del CLN Alta Italia per l’organizzazione dell’“Insurrezione Finale”. Raggiunge Reggio Emilia tra mille pericoli, imprevisti, posti di blocco, incursioni aeree e il 28 rientra a Milano.

- 13 aprile 1945. La prova di combattività mostrata dalle donne nelle manifestazioni dell’8 marzo convince il CLN reggiano a puntare sulla loro capacità di mobilitazione e di ribellione alla guerra, come dimostrazione della forza della Resistenza anche tra la popolazione civile. L’organizzazione della giornata insur-rezionale viene affidata dunque dal Comitato di Liberazione Na-zionale ai Gruppi di Difesa della Donna e al Fronte della Gio-ventù e si concretizza in molteplici e simultanee manifestazioni e agitazioni che si tengono in città e in provincia, appoggiate e sostenute dalle formazioni partigiane. In tutti i Comuni della pianura e della pedecollina era prevista la partecipazione alle manifestazioni di 10.000 donne saranno invece 16.000, come informa dettagliatamente il rapporto al CLN di Lucia Scarpone.In città le donne manifestano in corso Garibaldi, davanti alla prefettura, in piazza Prampolini e in altri luoghi significativi come le carceri. I fascisti sparano a Reggio davanti alle carceri, a Novellara fanno fuoco davanti all’ammasso e a Brescello si contano cinque donne ferite. Tra le manifestazioni più riuscite: Fabbrico, Campagnola, Rio Saliceto, Campegine. A Novellara viene sequestrata la moglie del Comandante della Brigata Nera per uno scambio e sono liberate quattro antifasciste.

24 aprile 1945. Giorno della liberazione di reGGio emilia.

Nei giorNi successivi alla liberazioNe, felici e orgogliose, le partigiaNe e le staffette sfilaNo

assieme ai partigiaNi tra uNa graNde folla festaN-te per le vie della città liberata aNche grazie al loro sacrificio e alla loro partecipazioNe attiva.

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8 marzo

di Anna Appari

Marta Beltrami “Ilia” ha 80 anni, ma non li dimostra (lucidis-sima e di ottima memoria). Nubile (ebbe un grande amore nel primo dopoguerra con un anarchico – conosciuto ad un incontro con don Mazzolari a Gualtieri nel 1948 – a cui rinunciò per non dispiacere al padre), cattolica praticante, vive con la sorella Lui-sa, di una decina d’anni più giovane, impegnata nel volontariato dopo la pensione da assistente sociale. Marta ha il titolo di partigiana combattente, ed è stata inquadra-ta nella 77a brigata Sap, fratelli Manfredi (dove era presente un gruppo che faceva capo alle Fiamme Verdi).

In sintesi, questo è il suo racconto:

“Nel 1942 ebbi la fortuna di conoscere don Sante Pignagno-li, trasferitosi a Novellara da Campagnola, suo paese d’origine, dopo un periodo passato negli Stati Uniti con una borsa di stu-dio. Dava lezioni private (non aveva incarichi parrocchiali) e, siccome non si poteva andare in città, frequentavo le sue lezioni perché, dopo il diploma delle magistrali e la maturità scientifica, avevo voglia di prendere anche quella del liceo classico. Don Sante era una persona molto in gamba e la sua casa era un luogo d’incontro, dove si ascoltava radio Londra (lui non faceva poli-tica diretta, ma apriva la mente e in sua compagnia si respirava un’aria nuova). Nel frattempo avevo capito che il greco antico non faceva per me, tuttavia lo pregai di continuare a darmi le-zioni di filosofia. Un giorno mi disse di andare nella sala del cinema parrocchiale, dove c’era una persona che mi voleva parlare. Era la professo-ressa Lina Cecchini, che mi chiese di entrare nella Resistenza. La mia famiglia (mia madre prampoliniana, mio padre, mezzadro, conservatore e molto cattolico) ne rimase all’oscuro e nessuno si accorse di nulla, perché io davo lezioni private e quindi non si faceva caso alle persone che venivano a trovarmi. Continuai, del resto, a vivere in casa, impegnandomi come staffetta, portando in giro messaggi, raccogliendo soldi e materiali per la resistenza, ecc. Non vidi più la Cecchini, poiché, per precauzione, ognuno aveva rapporti solo con la persona da cui riceveva direttamente gli ordini e anche di quella si sapeva ben poco. Io dipendevo da un comandante che era insegnante di disegno, Erasmo Frignani, ma lo vidi solo una volta o due, perché venivo contattata da amici delle FV (sempre l’ultimo anello della catena).Le partigiane e le staffette erano presenti sia fra le Fiamme Ver-di che fra i Garibaldini ed erano quindi organizzate separata-mente, poiché facevano parte di due diversi corpi. Tuttavia mi trovai alcune volte a contatto con donne appartenenti all’altro gruppo, in particolare con la Nive Veroni, di Correggio (mae-stra, impiegata all’anagrafe del comune, una grande amica, ge-nerosissima). Un’altra donna che lavorava con me era la Dilva Davoli (che tuttora vive qui a Novellara) con cui alcune volte andai a portar volantini e altro materiale nelle case di latitan-za della Bassa, a raccogliere pacchi per i partigiani, ecc. Tra

A proposito dei Gruppi di Difesa della Donna

> Qui di seguito l’intervista a due donne che furono impegnate nella lotta di liberazione, una di par-te democristiana (marta beltrami) e una comunista (dilva davoli). la loro testimonianza sull’esperienza

della lotta di liberazione costituisce un racconto interessante che va ad arricchire il materiale già raccolto nel corso degli gli anni in diverse pubblicazioni. <

Marta Beltrami, Novellara di Reggio Emilia incontri del 6/10/2003 e del 13/09/2004 presso la sua abitazione

(scomparsa il 4 aprile 2006)

Fiamme verdi e Garibaldine non si fecero mai riunioni comuni; tuttavia ci trovammo insieme fra la fine del ’44 e l’inizio del ’45 (non ricordo la data precisa) in una manifestazione presso la stazione per ottenere il grano per la popolazione. Ma dei Gruppi di difesa della donna non ho mai sentito parlare: per partecipare alle varie azioni, venivo contattata personalmente. E non ho mai saputo che venisse distribuito clandestinamente “Noi Donne”, né conoscevo Zelina Rossi (Anna), responsabile per la Bassa.Alla fine della guerra don Sante non rimase a Novellara: portava un cappello a larghe tese e dall’America era tornato col mar-chio d’infamia che fosse modernista, nonché gay, così aveva incontrato grandi ostilità; ma era bravissimo e ci ha insegnato che se volevamo rinnovare ed essere creativi e propositivi biso-gnava partire dalla cultura. Aderì al movimento dei lavoratori di Pastore, poi al PRI. Partendo da Novellara andò a Modena al San Carlo, poi a Bologna ad insegnare filosofia. A Novellara era rimasto tre anni, durante i quali aveva anche aiutato chi voleva emigrare all’estero, soprattutto negli Stati Uniti.Dopo la guerra, io sono entrata nella DC. In quel periodo è sorto anche il CIF, ma a me non interessava, perché ero troppo abitua-ta a lavorare insieme, uomini e donne. La mia esperienza nella Resistenza è stata veramente una cosa straordinaria, che mi ha aiutato anche nel mio lavoro di insegnan-te ad affrontare situazioni difficili, perché, allora, sugli stessi ban-chi sedevano ragazzi che avevano perso il padre malamente, per ragioni opposte; o comunque appartenenti a famiglie divise da rancori e da idee politiche inconciliabili. Ho cercato sempre di trasmettere loro valori positivi, che li aiutassero ad affrontare la vita in modo pieno e consapevole, anche se erano piccoli”.

Dilva Davoli, Novellara di Reggio Emiliaincontro del 13/09/2004, presso la sua abitazione

Dilva Davoli “Livia” ha 84 anni e l’aspetto tipico delle nostre donne contadine, che hanno lavorato duramente; soffre di vari acciacchi, ma gli occhi sono vivaci e la mente assai sveglia. E’ molto felice di parlare del suo passato di partigiana, che ricorda come un periodo bellissimo ed entusiasmante, nonostante le fa-tiche e i pericoli. Ha avuto la qualifica di partigiana combatten-te, appartenente alla 77a brigata Sap (fratelli Manfredi).

Questo è il racconto della sua esperienza:

“Provengo da una famiglia contadina, da sempre antifascista. Sono l’ultima di dodici fratelli (due erano morti piccoli), due dei quali già dal 1931 militavano nel Pci clandestino e raccoglieva-no i fondi per il Soccorso rosso. Non feci in tempo a conoscere un mio fratello, il quale nel 1921 fu picchiato così duramente dai fascisti, che morì tre mesi dopo (il medico dell’ospedale era riuscito a farlo tornare a casa di nascosto dopo le prime cure, stilando un falso certificato di morte). Io frequentavo volentieri la chiesa e la parrocchia (mio padre non era solito manifestare a parole le sue idee politiche e lasciava ai figli la totale libertà di scelta), ma non ho mai potuto sopportare le ingiustizie e le con-

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dizioni d’estrema povertà in cui viveva la mia famiglia, come del resto tante altre della zona. Io avrei desiderato fortemente proseguire negli studi, ma non mi fu possibile e per questo mi venne l’esaurimento (Dopo molti anni, quando si è trattato di decidere per le mie figlie, ho chiesto loro di scegliere: o gli studi o l’acquisto della casa; e loro hanno scelto la casa). Il nostro padrone era abbastanza civile, ma la moglie era tremenda: ad esempio, ognuna di noi ragazze, a turno, doveva andare da lei a fare il bucato e altri servizi e quando toccava a me sentivo den-tro una specie di rivolta. Più tardi successe un fatto che mi colpì particolarmente: un mio fratello, nato nel 1915, fu malmenato perché non aveva voluto iscriversi negli avanguardisti. Capii allora che era necessario impegnarsi direttamente, entrando in un’organizzazione clandestina. Lucia Sarzi, che conoscevo e ammiravo molto e con la quale avevo parlato apertamente, mi aiutò, così entrai nelle Sap, insieme ad una mia amica, Teresa Merzi (Sonia). Con lei e con Maria Folloni Natalia smistavamo, nelle case di latitanza, giovani in pericolo di essere presi, in at-tesa di mandarli in montagna; poi distribuivo la stampa clande-stina e svolgevo tutti gli altri compiti che mi venivano assegnati. Ho avuto occasione anche di andare dai Cervi (ci spostavamo sempre in bicicletta). Lucia Sarzi aveva chiesto a me e alla Te-resa di aiutarla a sistemare dei prigionieri fuggiti da Fossoli. Poi ebbi l’idea, che realizzammo, di portare il latte ai bambini del “casermone”, dove vivevano famiglie poverissime, di braccianti occasionali.Ero molto amica della Zelina Rossi (Anna), lei pure partigia-na SAP, con la quale collaborai strettamente nei GDD, di cui la Zelina era responsabile per tutta la bassa. Nei primi tempi nei Gruppi lavoravano solo comuniste, poi aderirono anche cat-toliche (sia pure non impegnate politicamente) o donne senza precise idee politiche. Si facevano riunioni nelle varie zone con 4-5 donne, per non dare nell’occhio, e si parlava di pace, libertà e diritti della donna. Solo a Fabbrico, dove ‘andavano sempre per loro conto’ si facevano riunioni piuttosto numerose. Poi si distribuiva la stampa clandestina, ecc.; quando si decideva qual-che manifestazione esterna, ci si avvertiva col passaparola. Nei Gruppi si era costituita una cellula comunista e si svolgevano riunioni di partito. Quando la Zelina andò a Milano, io e una mia amica la sostituimmo, insieme alla Velia Vallini.Purtroppo dopo la guerra i rapporti con la parte cattolica cam-biarono e le donne si divisero fra UDI e CIF. Io ho continuato a lavorare come contadina presso una cooperativa agricola, ma mi dedicavo anche al partito in federazione, continuando l’atti-vità ‘di base’. Però non sono mai stata fanatica ed ho continuato sempre a pensare con la mia testa. Nel 1956 ho detto quello che pensavo dei fatti d’Ungheria e dei carri armati russi e per poco non mi toglievano la tessera. Noi abbiamo lottato, tribolato e rischiato perché volevamo una società giusta. Nel dopoguerra una persona, che veniva dall’Unione sovietica, aveva confidato a mio fratello che le cose non erano come noi pensavamo. Ma lui si era rifiutato sdegnosamente di crederci e l’aveva consi-derato ‘un disfattista’. Io però ho avuto qualche dubbio e ne ho parlato con la Nilde Jotti; lei era già in stretto contatto con Togliatti e mi aveva fatto capire che poteva esserci del vero, ma che era meglio non parlarne. Certo lui sapeva bene cosa stava succedendo in Russia, ma probabilmente non era il momento adatto per staccarsi definitivamente dall’Urss; solo Berlinguer ha fatto lo strappo. [Ad una mia precisa domanda sul perché Marta Beltrami non fosse mai stata chiamata a far parte dei Gdd, di cui non cono-sceva nemmeno l’esistenza, mi ha risposto che Marta lavorava soprattutto col Cln e svolgeva quindi una diversa attività. Ma mi pare evidente che le due cose non sarebbero state certo in-conciliabili, se non ci fosse stata una ‘incompatibilità’ politica].

Anpi-IstorecoComune e Provincia

di Reggio Emilia

11 aprile 2015SALA DEL TRICOLORE

Ore 9.30SaLUTI dEI PROMOTORI

LETTURE-InTERvEnTI-TESTIMOnIanZE TRa STORIa E cOnTEMPORanEITa’

Ore 17“STAFFETTE”

TUTTE IN BICI SUI LUOGHI DELLA MEMORIAcorso Garibaldi-Sede Prefettura-carceri

Rievocazione degli eventi – Pensieri e proposte per il futuro

Bambini del Sud accolti dalle famiglie reggiane nel dopoguerra

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8 marzole donne imparano a governare la città

di Ione Bartoli

Ione Bartoli in un’immagine di alcuni anni fa

Date, cifre, fatti, nomi citati in queste note hanno carattere in-dicativo per riferirci all’immediato dopoguerra 1945-50. Il periodo 1945-50 va diviso in due momenti: il primo vede am-ministratori/ci nominati/e dai CLN (Comitati liberazione nazio-nale) che operano sotto l’alto comando alleato; nel secondo gli amministratori/ci, a metà ’46 o ’47, sono eletti dai cittadini.Mi ha colpito il fatto (e non so se generalizzato) che nel primo periodo abbiamo più amministratrici che nel secondo; esempio: a Bologna otto poi quattro, a Reggio Emilia quattro poi due.La situazione nel 1945 a Reggio Emilia. Uso le parole del pre-fetto di Reggio Emilia Vittorio Pellizzi: “a 4 mesi dalla libera-zione sono ben visibili i segni del disastro: ferrovie quasi inagi-bili, comunicazioni stradali telefoniche e telegrafiche pressoché impossibili, cumuli di macerie ovunque, fabbriche bombardate, negozi chiusi, manca l’acqua, siamo sprovvisti di alimenti, mol-te scuole inagibili”. Quale la situazione delle famiglie? Come si reagiva? Io ho due momenti ben fissi nella mia memoria. Quando si andava a tavo-la – eravamo in tre – accanto alla poca minestra mia madre met-teva il pane (nero e razionato) dicendo: “Il pezzo più grosso al papà perché lavora, il pezzo di mezzo a Ione che deve crescere, il più piccolo a me che son cresciuta”.Mio padre non aveva esitato un momento quando il Comune chiese a chi aveva l’attrezzatura di mettersi a disposizione per montare vetri alle finestre delle scuole del forese e renderle così agibili a settembre. Occorreva possedere anche la bicicletta per spostarsi. Se migliaia di donne non avessero avuto la saggezza, l’amore di mia madre e tanti e tante il senso civico di mio padre come ne saremmo usciti, come avrebbe fatto chi ci amministra-va a governare la situazione?Le donne amministratrici che hanno resistito al primo impatto con le istituzioni riuscendo a gestire una situazione difficilissi-ma e a essere ascoltate nel consesso pubblico avranno poi un rapporto collaborativo a chi si aggiungerà a loro nel governo della città; alcune di loro saranno poi elette in parlamento.Chi sono queste prime amministratrici?Vado a memoria richiamando alcuni nomi noti: Ada Gobetti vice sindaco di Torino, Giovanna Barcellona assessore a Mila-no, Luisa Balboni prima assessore poi sindaco a Ferrara, Nilde

Iotti, Lina Cecchini consigliere comunali a Reggio; Marisa Ro-dano a Roma, Gina Borellini a Concordia.Quali le responsabilità, le scelte delle prime amministratrici?Non è facile scindere le loro responsabilità e l’attività nei movi-menti femminili di cui sono dirigenti, dalle scelte come ammi-nistratrici pubbliche. Mi pare si possa dire che una caratteristica le accomuna. Il pragmatismo, il senso pratico e collaborativo, la conoscenza delle condizioni delle famiglie.Forse hanno reso possibile ciò che pareva impossibile.Alcuni esempi delle responsabilità e delle scelte compiute dalle consigliere. Le otto consigliere comunali a Bologna sono impe-gnate: quattro all’assistenza, una all’istruzione, una all’alimen-tazione, una nella polizia municipale, una all’economato.Si organizzano mense anche nei quartieri, si apre un asilo a pa-lazzo D’Accursio per i figli dei dipendenti, si rendono agibili le scuole comprese quella della infanzia che già nel 1919 (con le amministrazioni socialiste) erano 54.

Reggio Emilia. Nilde Iotti per l’UDI (Unione donne italiane) e Maria Corassiti per il CIF (Centro italiano femminile) sono chiamate a operare nella SEPRAL e propongono: distribuzione di 200 gr. di burro e un chilo di farina pro-capite per tutta la provincia che significano 600 quintali di burro, 3.000 quintali di farina (cifre da capogiro per quei tempi!), carbone dolce e legna per cucinare. Poi, attraverso un’indagine accurata, si sono scel-te 2.800 famiglie da assistere durante l’inverno. Reggio ospita mille bambini milanesi; Nilde Iotti propone che alle famiglie ospitanti siano date razioni maggiori di alimenti.Novellara. Le quattro consigliere comunali (due PCI, una DC e una PSI) assieme avanzano proposte che saranno accettate dalla Giunta e poi dal Consiglio comunale.Nuova sede nella Rocca comunale per la scuola dell’infanzia con stufe per il riscaldamento, brandine per il riposo, orario prolungato per i figli delle mondine. Si apre una vertenza con i proprietari delle abitazioni per garantire che i servizi igienici siano agibili, sussidi attraverso ECA (Ente Comunale Assisten-za) per le famiglie più povere. Una prima costruzione comunale per appartamenti popolari.Sant’Ilario. Acquisto della nuova sede per l’asilo dell’infanzia Fiastri (lascito). Acquisto di una villa per la casa di riposo per gli anziani con annesso orto gestito dagli ospiti. Interventi per pavimentare le cucine dei contadini che sono an-cora in terra battuta.Ferrara. Luisa Balboni, prima assessora poi sindaca, realizza la Centrale del latte, le Farmacie comunali, impianti sportivi ed esperienze avanzate per le scuole dell’infanzia.Nel biellese le elette ottengono che il Consiglio comunale so-stenga le lotte delle lavoratrici tessili per l’applicazione del con-tratto di lavoro riferito alla parità salariale e tre mesi di riposo dopo il parto. Quante le amministratrici in Italia? Non ci sono dati. Per l’Emi-lia Romagna abbiamo questa situazione: su 267 comuni censiti le elette sono 230 (4,1 percento), 108 hanno meno di 40 anni e di queste la metà fra 25 e 35 anni.Di quali partiti? 77 PCI, 35 DC, 21 PSI, 3 PSDI e 2 PRI. 33 donne sono assessore, 5 sono sindache tra le quali Edda Bacchi Palazzi a Brescello per il PCI.Chi si ricorda di loro?

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Sono da poco passate le 9 di sera. La tv è accesa, blatera a bassa voce, senza essere ascoltata. Aurora disegna sulla sua la-vagna di carta, piccoli schizzi a pennarello che raccontano il suo mondo a colori vivaci. Si ribella un po’ quando la prendo in braccio costringendola ad interrompere le sue creazioni. “Lo finiamo domani il disegno, patata. E’ ora di andare a dormire”.Portiamo su con noi in camera il biberon del latte della buona-notte e nel lettone ci rilassiamo aprendo a caso uno dei nostri tanti libri. Sono racconti illustrati che parlano di animali, av-venture fantastiche, grandi amicizie. Leggiamo un po’ insieme, ridendo di certe figure buffe, riconoscendo insieme personaggi familiari, poi pian piano il sonno ci avvolge.Aurora ha da poco compiuto due anni. I miei personali ricordi di bambina non si spingono forse così indietro... Mi tornano alla mente certi giorni di vacanza, l’asilo, i giochi d’estate in cortile. E ricordo di avere, anche io, ascoltato tante storie. Me le raccon-tava la mia nonna paterna, Lidia.I miei nonni abitavano nella nostra stessa casa, al piano di sotto. D’estate i miei genitori lavoravano e io, com’era naturale, rima-nevo a casa con la nonna. Facevamo giochi bellissimi e sempre diversi, ogni giorno c’inventavamo un lavoro nuovo: panettiere, postina, architetto, sarta... Certi giorni capitava che rimanessi con la nonna un po’ di più, magari d’inverno quando ero malata, o qualche sera che i miei genitori si prendevano di libertà. Era allora, quando i giochi movimentati si fermavano e ci si sedeva in casa, o magari nel letto una volta rimboccate le coperte, che mia nonna cominciava a raccontare. Non aveva bisogno di libri, lei, le storie ce le aveva tutte in mente e sapeva che mi piaceva-no le sue. Non erano favole, ma racconti e ricordi veri, di tempi passati dove tutto era diverso. Storie di una ragazzina in una famiglia di mezzadri, quando non c’erano la televisione né il bagno in casa, certe volte nemmeno tanto da mangiare. Bastava poco per farmi ridere o stupire, in quelle storie semplici ogni piccolo particolare aveva un suo sapore antico e speciale, e ogni racconto poteva divenire ogni volta nuovo e straordinario.Ce n’erano alcune tra quelle storie che erano veri e propri rac-conti d’avventura, parlavano di guerra, nascondigli, fughe e pi-stole vere. Mia nonna è stata partigiana a Modena. Ricercata dai fascisti, aveva abbandonato casa sua, a Scampate di Mon-tecavolo, ed era entrata a far parte della Walter Tabacchi come

di Federica Viani

lidia che raccontava

staffetta e segretaria di brigata. La macchina da scrivere e la bicicletta erano le sue armi: con la prima redigeva messaggi, do-cumenti e comunicazioni, nascosta in uffici provvisori che cam-biavano indirizzo frequentemente. In sella alla seconda, portava a destinazione missive, denaro e altro materiale, e bisognava essere sempre pronti a cambiare identità quando si usciva allo scoperto, per cui ogni missione la vedeva impersonare, di volta in volta, la contadina che andava a trovare il fratello nella bas-sa, la moglie che portava pane alla famiglia fuori città... C’era da esser rapidi nei pensieri e nelle azioni e freddi nel decidere, quando era il momento.Una volta, una soltanto, ha usato una pistola, anche. Era a Limidi.E’ nei suoi racconti che ho scoperto la Resistenza.La Resistenza che è stata, nella storia (dei libri) e nella memoria di quei giovani che, attraverso gli anni, l’hanno portata fino a noi. Ma anche la Resistenza che è, che sopravvive al tempo e al mutare degli avvenimenti e delle situazioni contingenti: il valo-re del generoso coraggio di chi donò se stesso guardando ad un ideale di libertà, pace, giustizia. Pochi giorni fa sono stata a trovare Bruno Poli, che era un caro amico dei miei nonni e, caso vuole, anche nonno di un mia cara amica. Bruno oggi ha quasi 93 anni, è a letto, si muove poco ma parla e soprattutto ricorda tanto. Portandomi le sue condoglianze, descrive mia nonna come “una donna semplice e sincera, amata da tutti”. Piace anche a me ri-cordarla così, semplice e sincera, con le parole di Bruno senza fronzoli, esattamente come lei.Quando la mia piccola sarà un po’ più grande le regalerò, uno alla volta, i racconti della sua bisnonna. Le scadenze della vita non lo hanno concesso, ma sarebbe stato bellissimo se avesse potuto riceverli direttamente dalla sua viva voce, quella della partigiana Aurora.Il mio desiderio è che queste storie, piccole e grandi, continuino a vivere, cariche dei propri valori, intatte nella loro intensità. E’ materia importante quella che i nostri nonni, o bisnon-ni, ci hanno consegnato, un insegnamento che non deve andare perduto. Chi li ha conosciuti ha ricevuto il testimone della loro memoria.

La medaglia d’argento al valor militare conferita a Lidia per il suo impegno nella guerra di Liberazione

Lidia Valeriani, 23 gennaio 1923-17 dicembre 2014

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le “vie in rosa” a reggio emilia e provincia

8 marzo

Una rassegna dei pochi toponimi reggiani dedicati a donne

Siamo una classe di studenti della 2a C indirizzo Scienze Ap-plicate del Liceo “Aldo Moro” di Reggio Emilia, impegnati in un percorso molto particolare che ci vede coinvolti: il nostro progetto si propone di realizzare un’attività di ricerca e appro-fondimento relativa alla toponomastica femminile nel territorio reggiano, a partire dalla mappatura delle strade, piazze, monu-menti dedicati a donne. La finalità principale è quella di pro-muovere la conoscenza del nostro territorio e della sua storia, ma anche la consapevolezza della differenza di genere e di se stessi come giovani donne e giovani uomini di una classe licea-le. L’idea era maturata due anni fa ed è stata parzialmente realiz-zata da un’altra classe: il nostro obiettivo è quello di completare la ricerca e la schedatura, e di realizzare un dossier cartaceo accompagnato da una versione in power point. La metodologia di lavoro presuppone pertanto la collaborazione di diverse

Professoressa Bruna Partesotti, 2a C Scienze Applicate Liceo “Aldo Moro”, Reggio Emilia

discipline: storia, cittadinanza e Costituzione, italiano, in-formatica. Abbiamo anzitutto rilevato la presenza di toponimi femminili nel territorio reggiano, constatando da subito la loro scarsa presenza e auspicando che in futuro le amministrazioni comunali prendano maggiormente in considerazione le figure femminili nell’assegnazione dei nomi alle nuove strade. Siamo consapevoli che il nostro lavoro non consiste soltanto in una fredda statistica, pertanto abbiamo cercato di dar vita alle stra-de rosa creando una scheda per ogni donna costituita dalla sua fotografia, da una breve biografia e da una citazione. Durante questo anno scolastico, su proposta della nostra insegnante di Storia, abbiamo svolto il nostro lavoro in collaborazione con ISTORECO, in particolare con la prof.ssa Tiziana Fontanesi e il prof. Storchi, che ci hanno dato preziose indicazioni storiche e metodologiche, e soprattutto ci hanno consentito di incontrare

La partigiana Giacomina Castagnetti, in piedi e la prof.ssa Bruna Partesotti (accosciata)insieme ai ragazzi della 2a C Scienze Applicate Liceo “Aldo Moro”, Reggio Emilia

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Giacomina Casttagnetti una straordinaria figura di donna che è stata staffetta partigiana nella Resistenza. In occasione del 70° della Liberazione, infatti, la nostra ricerca si è concentrata so-prattutto sulle figure femminili reggiane che hanno dato il loro contributo.

Ci stiamo avviando alla conclusione del nostro lavoro e comin-ciamo a raccogliere alcune valutazioni:

- un centinaio di schede complete; - una decina di donne di cui non abbiamo ancora trovato notizie;- 29 nomi femminili non identificati (es. Via delle Monache); - 15 Madonne; - 9 Sante e Beate.

In totale quasi 170 nomi che non sono tanti rispetto ai toponimi maschili. Un esempio statistico per tutti: a Guastalla, che è uno dei Comuni più “rosa” le vie dedicate a donne sono 16 rispetto alle 313 maschili.Le donne più “titolate” a Reggio e provincia:- Anna Frank con 19 strade;- Matilde di Canossa con 14;- Nilde Iotti con 13; - Grazia Deledda con 10.I Comuni più “rosa” risultano:- Guastalla, Novellara, Rubiera a pari merito con 16 strade; - Scandiano con 15; - Cavriago con 12; - Correggio con 12; - Quattro Castella con 11.Nella nostra ricognizione abbiamo utilizzato i seguenti criteri di classificazione: - Madonne; - Sante-Beate-Martiri; - Benefattrici laiche;- Letterate-Umaniste; - Scienziate;- Donne di spettacolo; - Artiste; - Storiche-Politiche;- Lavoratrici-Imprenditrici; - Figure mitologiche-Leggendarie; - Atlete e sportive; - Altro (nomi non identificati legati a tradizioni locali, esempio via delle Canterine, o madri di personaggi illustri …)

La nostra ricerca potrebbe apparire marginale a molti, ma noi siamo convinte e convinti che il cambiamento culturale passa anche attraverso i simboli che si imprimono nell’immaginario collettivo, e pertanto l’invisibilità delle donne nel linguaggio, nella segnaletica, nella toponomastica contribuisce a limitare la loro dignità e diritto alla cittadinanza. Le intitolazioni delle strade contribuiscono fortemente a forma-re e consolidare la memoria storica di un popolo, i personaggi ricordati diventano modello per le nuove generazioni, tracciano le linee dei valori e delle differenze. Se si ricordano solo gli uomini, si continuerà a ribadire un im-maginario in cui le donne sono escluse dalla storia, dalle scien-ze, dalla cultura. La nostra ricerca vuole pertanto essere anche un piccolo contri-buto alle pari opportunità e alla valorizzazione della presenza femminile nella nostra società.

Samatha Cristoforetti

Fabiola Giannotti

Malala Yousafzai

SiMBoliAl FeMMiNile

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di Bi.Gi.

lavoro: la solitudine delle donne8 marzo

Non so se in questo paese sia peggio per il mercato del lavoro essere giovani o in quel limbo fra giovane e non giovane che non ti fa più rientrare in una categoria protetta, sbandierata dai politici, politicanti, opinionisti e sei abbandonato al tuo destino. Se sei in quella fascia, sia tu uomo o donna, nessuno parla di te e tanto meno analizza il tuo reale stato sociale. Una categoria in cui però le donne entrano prima dei coeta-nei uomini, perché in età da matrimonio, in età fertile o da figli piccoli.Personalmente il mio essere donna non mi ha penalizzato nel mondo del lavoro fino a quando non l’ho perso, il lavoro, allora sì che sono diventata un’appestata.Facciamo un passo indietro.Ho scelto di laurearmi in ambito umanistico quindi ero abba-stanza consapevole che difficilmente avrei fatto il lavoro dei miei sogni e che tanto meno avrei avuto uno stipendio da be-nestante. Ero invece certa di anni e anni di gavetta. Questo è puntualmente avvenuto fino al contratto a tempo determinato in un museo con il quale collaboravo da un decennio.Essendo l’ambiente della cultura il più bistrattato – ciecamen-te e stupidamente in un paese come l’Italia –, la mia gavetta ha interessato molti ruoli: guardia sala, cicerona, responsabile didattica, ideatrice di laboratori per studenti e adulti. La fles-sibilità mi ha però giovato al momento del contratto a tempo determinato, dove sono arrivata a occuparmi di comunicazio-ne, imparando da zero, mentre mi occupavo anche di didattica, eventi, facchinaggio. Andava bene così. Ero fortunata.Puntualmente ho perso il lavoro allo scadere dei tre anni de-terminati a cui sarebbe dovuta seguire l’assunzione. Avevo trent’anni, un’esperienza multipla ma non specializzata, nessun pigmaglione e, probabilmente, la militanza nell’area politica meno indicata a far carriera a Reggio Emilia. Macchè carriera, ad avere un lavoro a Reggio Emilia.Non è mai capitato che a dei colloqui mi venisse chiesto con-to della mia fertilità, ma ad amiche sì. Profondamente svilente, come profondamente svilente fosse che le consigliere di parità chiudessero le orecchie suggerendo alle consigliate di fare al-trettanto. Questo per fortuna – dei colloquianti – non mi è suc-cesso ma di fare degli esilaranti incontri con dirigenti di coope-rative di servizio, o meglio, di quegli aborti che vengono definiti così, sì.Umilianti e svilenti. Ad esempio, l’ultima volta, mi è stato pro-posto un compenso orario ridicolo – comprensivo dei festivi e prefestivi – intorno ai cinque euro (spero netti ma non lo ricordo più), di recuperare eventuali straordinari invece di riconoscerli e, quando non possibile valutare se e quanto pagarmeli. Se e quando. Quando risposi che ‘grazie anche no’ il signore di fron-te a me mi ha gelata con un: “ti conviene accettare, cosa pensi di trovare là fuori di diverso?”.Risposi che comunque preferivo farmi sfruttare da chi non co-nosceva il mio modo di lavorare. Si, perché la cooperativa di servizio, come spesso accade, era stata ingaggiata dal museo e doveva prendere sotto di sé i precari che la struttura non voleva più gestire direttamente, decurtando in questo modo il già esi-guo compenso del lavoratore, poiché le cooperaive di servizio prendono una quota sul tuo stipendio dato che ti stanno trovan-do lavoro.Non so a voi, ma a me pare alquanto distorto come meccanismo ma è molto diffuso.

Era il 2010 quindi ho vissuto ben bene da precaria gli anni peg-giori – dicono – della fantomatica crisi economica.Da quel momento ho sommato lavoretti su lavoretti: cassiera di qua, giornalista di là, operatrice culturale lì, maschera, camerie-ra o barista qui. Ovviamente non sono mancate le offerte di lavori in nero, di quelli se ne potrebbero trovare sempre e l’effetto sarebbe co-munque uguale a quello da precaria in regola: se ti prendi l’in-fluenza: non guadagni; se devi fare una visita, un’operazione: non guadagni; se rimani incinta: a casa; se devi accudire il fi-glio, la nonna, la zia: non guadagni o perdi il lavoro; se vuoi farti dieci giorni di ferie: non guadagni, ma non come i liberi professionisti degli anni ’80 e ’90 che guadagnavano in modo da non accusare troppo la perdita di introito.Eppure io mi ricordo bene quando venne lanciata la trovata dei contratti Co.Co.Co per permettere a noi giovanissimi, ne-odiplomati e studenti di imparare un mestiere indennizzandoci però della mancanza di stabilità con un compenso maggiorato. Com’è che ora il compenso è sotto la soglia di povertà?! Com’è che siamo la terza classe – se va bene – del treno Italia?Si sente sempre parlare di mercato, economia, spese, imprese, ma troppo poco di persone, delle loro esigenze vive, reali. Non so se una ripresa nelle condizioni in cui è l’Italia ora – soprattutto etiche – porterebbe serenità e un po’ di benessere, perché spesso e volentieri la crisi è stata usata come una scusa per attaccare diritti conquistati a fatica, diritti che rendevano un po’ più serena la vita dei lavoratori. Con lo spauracchio di questi anni grigi temo che le classi diri-genti ne approfitteranno per giustificare ancora misure da terzo mondo. La conclusione? Siamo soli, soprattutto, sole e organizzarci non è semplice in un mondo parcellizzato, dove ogni esperienza è a sé, dove non esistono più molti luoghi di lavoro condivisi e, quando si hanno colleghi spesso le condizioni contrattuali sono così differenti da uno all’altro da impedire una lotta comune.I tempi non sono ancora maturi insomma, siamo un paese asso-lutamente retrogrado e arretrato e noi donne siamo il fanalino di questo livello. Dovremmo partire da qui. Dovremmo partire da noi.

Reggio Emilia, 12 dicembre 2014. Manifestazione della CGIL (foto Angelo Bariani)

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Marwa Mahmoud:“Mi sento italiana ed egiziana”

di Anna Fava

e’ bella la sede di Mondinsieme. Proprio lì dove comincia il parco Noce Nero c’è una casetta ristrutturata. Dentro delle persone. Italiani e stranieri. Lavorano. Lavorano insieme. Si occupano di integrazione. Di dialogo interculturale. Vogliono fortemente contrastare ogni forma di razzismo, di discrimina-zione, di xenofobia. Dal 2001. L’anno dell’attentato alle Torri Gemelle. Uno spartiacque. Che ha cambiato il mondo.Marwa Mahmoud è egiziana. No,è italiana. E’ tutti e due “mi sento profondamente italiana qui, e profondamente egiziana quando torno in Egitto” mi dice. L’accento è “reggianissimo”, come diciamo noi. “non mi considero una straniera né una mi-grante; qui mi ci han portato i miei genitori, ero piccolissima” mi dice. E Reggio è la sua città. Anche se è nata ad Alessandria d’Egitto. Con la mamma e il fratello, hanno raggiunto il padre, qui in Italia quando aveva poco più di due anni. Un percorso scolastico completo, poi l’Università a Bologna. Marwa è la re-sponsabile dell’educazione interculturale di Mondinsieme. Mi racconta del suo lavoro. Con le associazioni di stranieri. Con le scuole. In particolare con le secondarie di II grado. “Da lì son partiti i primi laboratori nel 2004, poi ci siamo accorti che le richieste cambiavano e cambia-no molto velocemente e nel 2008 abbiamo firmato un protocollo d’intesa tra gli istituti e Mondinsieme, per una calendarizzazio-ne di interventi e di iniziative rivolti ai giovani migranti, per creare quei percorsi di sensibilizzazione necessari per la loro integrazione, adolescenti come tutti, ma che risentono maggior-mente delle differenze con i coetanei. Il nostro compito è quello di coinvolgere tutti, italiani e stranie-ri. Dare loro strumenti e chiavi di lettura diverse, agli uni per valorizzare quei beni materiali ma anche quei valori quei diritti per i quali si sono battuti tanto le generazioni precedenti e che non dovrebbero esser scontati, agli altri, per far capire loro le nuove opportunità culturali e di vita di educazione che si sono aperte venendo qui ma anche che i valori e la diversità culturale che portano sono un valore aggiunto per tutti noi, per la socie-tà”. Una ricchezza culturale della quale troppo spesso non ce ne rendiamo conto. Soprattutto adesso. Dopo le Torri Gemelle. Oggi, dopo Parigi, dopo la Nigeria. “Colpire Parigi, la capitale dell’Illuminismo, la libertà di stampa, di espressione ha signifi-

cato colpire una serie di valori democratici su cui si fonda l’Eu-ropa. E l’attentato ha toccato fortemente ognuno di noi, ogni cittadino europeo. Ma a Parigi è stato un attentato terroristico dove la religione è stata grandemente strumentalizzata. Parigi, la Nigeria, vengono presi in modo strumentale per alimentare la paura. Nessuna religione impone forme di violenza ma parla di pace e tolleranza. Le persone si rivolgono a esse per capire il senso della vita, non hanno quindi nulla a che fare con i prete-sti e finalità economiche e politiche dei capi di stato”. Reggio, all’indomani dell’attentato di Parigi ha risposto con una grande manifestazione. “Era facile e scontato creare delle etichettatu-re, degli accostamenti sbagliati e pericolosi, per creare maggior allarmismo. È stato necessario intervenire subito manifestando prima di tutto vicinanza alle famiglie delle vittime e prendere le distanze dagli atti terroristici dicendo no, questa non è religione. Comune, Provincia, associazioni, società civile hanno marciato insieme a Diocesi e Comunità Islamica. Per un dialogo inter-religioso. Sia tra religioni che sia tra religioni e chi non crede” Reggio era davvero bella e multicolore, domenica 11 gennaio. “Una convivenza civile e pacifica è possibile. Basta volerlo. È stato chiesto alla comunità islamica di unirsi, e il sermone del venerdì, come la predica nella messa della domenica erano im-postate proprio sul dialogo interreligioso. Era importante tute-lare il primo accusato, il musulmano, ma altrettanto necessario che la comunità islamica prendesse le distanze pubblicamente da questi atti, che le donne prendessero le distanze. Per un sen-so di responsabilità etica, di dovere morale. Per dimostrare che questo è altro. Non è Islam”.Le donne. Soprattutto le donne. “A mio avviso sono a livello mondiali figure cardini delle società. Quello che può fare una donna, a livello intellettuale, educativo e culturale non è facil-mente realizzabile da parte di un uomo, l’8 marzo è una mani-festazione mondiale ma non è sufficiente un giorno, ogni giorno deve essere occasione e opportunità per dimostrare ciò di cui la donna è portatrice. Qualsiasi ruolo ricopra. Nella famiglia e nella società. La figura della donna è emblema-tica. Ed è stato importante che le donne abbiano pubblicamente preso le distanze. La figura della donna è incisiva. D’impatto. Le chiedo della donna nell’Islam. “E’ un cliché. Un pregiudizio. A livello intellettuale noi ragioniamo per etichettature, ma io penso sia anche una sorta di forma di controllo intellettuale, altri agiscono su di noi. In realtà, quanto socialmente il corpo della donna è agito? Quanto è controllato? È una sorta di controllo sociale della donna. Ma penso a figure importanti come Malala, Premio Nobel per la pace 2014, che combatte i talebani e nel suo discorso all’ONU ha detto che è possibile combattere queste forme di terrorismo attraverso facili strumenti come una matita e un quaderno. Parole semplici, ma di un impatto mondiale” Ricorda Rita Levi Montalcini. L’articolo 3 della Costituzione, il diritto d’uguaglianza tra uomo e donna, le pari opportunità. Ricorda le suffraggette e le staffette partigiane. Ma anche le femministe, le lotte di tutte. Ogni epoca ha avuto le sue donne che l’hanno simbolicamente contraddistinta. Oggi, rifletto a voce alta con Marwa, l’emblema sono loro, le donne che hanno preso parte alla primavera araba. Ecco, l’8 marzo 2015 dovrebbe essere dedicato a Shaima Al-Sabbagh l’attivista egiziana 32enne che il 24 gennaio scorso è stata uccisa mentre partecipava alla “Marcia dei fiori”, proprio per ricordare la primavera araba di quattro anni fa.

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8 marzoSapori della libertà

per le donnedi Anna Salsi

oggi la Libertà è diversa da quella per cui mia madre e mio padre hanno lottato nella Resistenza e cioè uscire dal giogo fa-scista e nazista dell’oppressione, ricostruire il Paese, ottenere il godimento dei diritti fondamentali della persona e della fa-miglia, l’emancipazione, la parità uomo/donna. Allora i valori che li guidavano erano macroscopici. Oggi dobbiamo da un lato vigilare per mantenere i diritti acquisiti e dall’altro camminare in avanti per tutto ciò che ancora non è ottenuto.L’Illuminismo: Liberté-Fraternité-Egalité ci ha guidato in tutti questi anni e ci ha dato degli obiettivi significativi. Con la Ri-voluzione francese l’evoluzione delle idee su religione, scienza, politica, economia e il trionfo della ragione contro il fanatismo, l’Europa intera ha fatto un grandissimo balzo culturale in avan-ti. Parallelamente anche l’America, popolata dalla crème econo-mica europea, ha progredito fino a darsi una Costituzione molto avanzata. In Italia 70 anni senza guerra è un bel traguardo; ma quante mi-nacce durante questo periodo! Il fascismo prova continuamente a rialzare la testa, si tentano i colpi di stato, si formano cartelli, monopoli e società segrete in politica e in finanza, arrivano il terrorismo, la corruzione, la ‘ndrangheta, la mafia. Tutte forme violente che corrodono la democrazia e il corretto vivere de-mocratico della nostra società. E noi donne dell’ANPI abbiamo fatto sempre la nostra parte per tenere alti i valori della Costitu-zione e combattere l’illegalità. La globalizzazione economica, le frontiere aperte tra i paesi hanno profondamente cambiato in casa nostra la concorrenza economica e le regole di convivenza sociale. La società è cam-biata, soprattutto attraverso la contaminazione da immigrazioni incontrollate. In Italia certe forme d’ipocrisie populistiche, han-no spinto la politica verso la creazione di un modello di società forzatamente e falsamente integrata, senza tener conto dei tem-pi antropologici, i livelli e le forme necessarie per una serena

mescolanza e contaminazione reciproca di culture, stili di vita, abitudini e linguaggi. Oggi la presenza di tanti musulmani ci fa capire che la loro re-ligione non accetta la cultura occidentale. Anche qui ci sono i tolleranti e i fondamentalisti che minacciano la nostra libertà di pensiero, di parola, di creatività. L’occidente però ha un com-plesso di colpa verso il colonialismo e lo sfruttamento capita-listico dell’Africa e denota un’inferiorità verso l’aggressività della religione musulmana. L’Illuminismo si affievolisce. In Europa e in ogni singolo paese lo sviluppo è disomogeneo; si formano cunei di avanzamento e sacche di rifiuto al progresso (le sette americane – le comunità chiuse – i riti satanici ne sono un esempio lampante). Le avan-guardie culturali mettono il dito sulla piaga e rendono visibili contraddizioni stringenti, fenomeni di fondamentalismo e radi-calità sottovalutati. La redazione di Charlie Hebdo perde la vita e la piazza illuminista di Parigi ha salvato la vera idea d’Europa. Il terrorismo basato sullo scontro tra ideologie e dogmi religiosi per me è un falso problema. Ancora una volta la religione è usa-ta come lotta per il potere, per mettere le mani sulle inesauribili ricchezze del Medio Oriente e dell’Africa, per la ricchezza e il comando sugli altri. I musulmani devono rendersene conto. Le donne hanno sempre lottato e sono state protagoniste di tante stagioni importanti per la propria libertà e per il futuro dei figli. Va mantenuta la solidarietà verso le forme di riscatto femmini-le, ma trovo che spesso le battaglie delle donne occidentali in favore dell’emancipazione di donne di paesi Mediorientali non abbiano avuto alcuna efficacia. Ogni donna o gruppo di donne omogeneo deve partire dal proprio livello di condizionamento per fare il proprio cammino verso la libertà e l’emancipazione. Le conquiste di libertà così avranno tanti raffinati sapori.

in Birmania da San Suu KyiCari Amici,sono ancora in tempo a farvi gli auguri, che avevo nel cuore nei giorni vissuti in Birmania e in quelli precedenti, così intensi nei preparativi del viaggio. Da diversi anni il mio augurio in que-ste feste vi raggiungeva con il costante richiamo ad Aung San Suu Kyi.[…]. Siamo stati in Birmania nell’ultima settimana di dicembre. Una lunga storia di amicizia, nata una decina di anni fa con Giuseppe Malpeli che è andato là, la prima volta, con l’urna delle ceneri di Lucky. E poi è arrivato da lei, agli arresti, incontrandola nel buio e nella sofferenza del suo Paese e della sua casa. Da allora non l’abbiamo lasciata sola, umanamente e politicamente. Non la lasceremo mai sola. [...] Arrivati a Ran-goon, sono andata subito fuori, al cimitero, sulla tomba di U Win Tin. Ero stata da lui l’anno precedente. Nel tramonto siamo stati alla Pagoda Shwedagon. Ho sostato presso il Monumento agli studenti vittime della rivolta contro gli inglesi nel 1920, posto ad occidente, presso il quale Me Soe, sorella di Lucky, si era fatta leggere da un’amica che sa l’italiano il mio libro “Tutto Aung San Suu Kyi abbraccia Albertina Soliani

di Albertina Soliani

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si muove. Tutto si tiene”. Me Soe è morta alcuni mesi fa, a 28 anni. Suo figlio Ko Ny è oggi in un monastero in Cina, al di là del confine. La storia continuerà con lui. […] Il nostro rapporto con la Birmania è innanzitutto una storia di relazione con le persone, di amicizia, di condivisione. […] Un rapporto speciale con Aung San Suu Kyi, e con molte al-tre persone del suo popolo. Senza sapere l’inglese, senza usare Twitter e poco Facebook, senza calcolo. E’ una storia anche spi-rituale, nell’intreccio di culture diverse. Il gruppo ha vissuto questa dimensione collettiva, soprattutto interiore, e il senso di una condivisione umana e politica con il popolo di un Paese bellissimo, oggi sulla soglia di una rinascita economica, sociale, democratica, dopo più di cinquant’anni di dittatura. […] I primi giorni li abbiamo vissuti a Bagan, la valle dei molti templi buddisti. Abbiamo frequentato mercati, visitato poveri villaggi, siamo scesi in barca sul fiume Irrawaddy. Vec-chie barche colorate, ricordano quelle di Cesenatico. La notte di Natale l’abbiamo trascorsa lì, in una notte di festa. […]Abbiamo cominciato lì a incontrare sulle strade i bambini, ci raggiungevano a ogni meta successiva. Siamo poi andati al Lago Inle, una bellezza. Tra pochi anni po-trebbe essere a rischio, hanno disboscato molto attorno. Sembra di essere a Venezia. Noi su otto lance lanciate sull’acqua intorno ad orti galleggianti, fatti su tappeti di acqua. Dicono che i pesca-tori evitino così di pagare le alte tasse sui terreni. La terra in Birmania è contesa, i generali e il governo la prendo-no per sé espropriando i contadini. Un contenzioso che abbiamo successivamente discusso con loro e con i loro avvocati nella sede della NLD a Rangoon. Abbiamo visto le donne lavorare la seta, e la lacca. Nei villaggi le abbiamo viste preparare il cibo, con una grande povertà di mezzi. Sempre accoglienti e sorridenti, i birmani. Molti i mona-ci e le monache tra la gente. Immersi così nella vita del popolo siamo tornati a Rangoon. Abbiamo subito reso omaggio alla memoria della Birmania. Il gruppo si è recato al Mausoleo dei Martiri, che ricorda Aung San e i suoi otto compagni del Comitato esecutivo uccisi nell’aggua-to del 19 luglio del 1947 alla vigilia dell’indipendenza. Aveva 32 anni, è il Padre della Patria. Con me e Giuseppe hanno deposto la corona di rose rosse, por-tata da Alberto e Guido Brunazzi, i pronipoti di Giacomo Ferra-ri, il comandante “Arta” della Resistenza parmense, le persone che avevano tra di noi ruoli istituzionali, Roberta Mori consi-gliera regionale e Mirca Carletti sindaco di San Polo d’Enza, e Aldo Montermini, figlio di Mirca Polizzi e Pio Montermini, comandanti partigiani e Gianna Montagna figlia di una staffetta partigiana. Ciascuno del gruppo ha deposto una rosa rossa. […] Era la prima volta che un gruppo italiano così numeroso si re-cava al Mausoleo. Siamo poi stati in visita alla Casa Museo di Aung San, con i suoi libri, l’arredamento di allora, quando Aung San Suu Kyi era pic-cola. Rispetto a un anno fa è sparito il registro delle firme dei visitatori. Poi il Museo Nazionale, molto bello, con i costumi di tutte le etnie (almeno 138). Con la visita al Free Funeral Service Society è iniziata la parte sociale del viaggio. Lì, un grande attore, Kyaw Thu, con sua moglie ha dato vita a una Fondazione per fare i funerali gratuiti alla povera gente, e poi per ambulatori e scuole. In Birmania non ci sono né servizio sanitario né stato sociale, sono le associazioni, i privati o i partiti, come NLD, che aprono, come possono, scuole e ambulatori. Siamo stati a conoscere le due case (baracche di bambù) di Phyu Phyu Thin dove accoglie i malati di AIDS e la costruzione del

nuovo Centro in muratura. Vanno avanti con le offerte che arri-vano. Un grande umanità “cura” questi malati nella diffidenza dei più, con poche medicine. Il Centro è sostenuto da NLD, sta nascendo così il servizio sa-nitario in Birmania. I militari non se ne sono mai curati, anzi hanno messo in carcere Phyu Phyu Thin perché parlava di Aids. Il 29 dicembre, alle ore 15.45, il pullman ci ha portato davanti al cancello della casa di Aung San Suu Kyi su University Road.[…] Ci ha detto che si attende di più dall’Europa, specialmente da alcuni Paesi europei. Penso che l’Italia fosse inclusa. Non solo business con il suo Paese ma politica e democrazia. Ho pensato: la debolezza della politica in Italia e in Europa, que-sto è il nostro problema. Lo si capisce molto bene quando si è all’estero. Le abbiamo presentato i doni […] Le ho anche donato il libro con l’intera partitura dell’Aida, l’opera che forse predilige. Siamo stati insieme con grande spontaneità e naturalezza. Poi la sorpresa: in piedi, diretti da Francesca Mariani, abbiamo cantato per lei Va’ Pensiero. […] Il significato del nostro viaggio poteva stare tutto qui. Poi siamo andati sulla veranda, che dà sul prato e sul lago, e lì ha tagliato la torta e offerto il tè a tutti. […] Poi la foto di gruppo e ci ha accompagnato sotto braccio fino al cancello. […] Ci siamo abbracciate.[…] Un arrivederci. Ciascuno ha portato con sé il suo personale incontro con lei e tutti insieme il senso di un impegno collettivo che continuerà. La sera e il giorno successivo abbiamo incontrato nella sede dell’NLD, sotto la guida di U Tin Oo, ex generale di 88 anni da sempre al fianco di Suu Kyi, i contadini, le donne, gli stu-denti, gli insegnanti, gli avvocati. […] Abbiamo preso impegni, collaboreremo con loro. L’ultimo giorno ho incontrato al matti-no presto nella loro casa le Suore della Provvidenza, che cono-sciamo in Italia, collaboreremo con loro per la prevenzione in sanità. Poi siamo andati dall’Arcivescovo Charles Bo, un caro amico da anni, e abbiamo visitato la Cattedrale. Ci ha ospitato a pranzo. Da lui abbiamo incontrato alcuni padri Gesuiti, rientrati in Bir-mania da pochi anni dopo la cacciata del 1962. Rientrati come uomini d’affari. Sono militanti, hanno costruito tremila case e fanno formazione. Ci hanno detto che lì la Compagnia è giova-ne mentre altrove invecchia. […] La domenica successiva Papa Francesco lo ha indicato tra i prossimi ardinali. E’ un salesiano di un povero villaggio birmano. La Chiesa cat-tolica là è l’1,3 percento. […] Alla mezzanotte del 31 dicembre eravamo nel grande aeroporto di Singapore. […] Tornati in Ita-lia, abbiamo capito che il nostro racconto diffonde gioia, anche se non è facile raccontare e molto resta indicibile. […] Che il 2015 sia buono per tutti e ci veda impegnati ogni giorno per far crescere la speranza in Italia, in Birmania, nel mondo. Un abbraccio

Albertina Soliani, Roberta Mori, Aung San Suu Kyi

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il ruolo delle donne, nella società italiana, sta crescendo ineso-rabilmente. Numerose ricerche sociologiche indicano le donne come prevalenti in moltissimi campi della cultura, del sapere, dell’economia. La loro prevalenza, anche qualitativa, è ormai assodata negli studi superiori e universitari. Le donne surclas-sano gli uomini nella lettura di libri e nell’approfondimento scientifico. Vi sono settori economici, come quello educativo, dell’assistenza, ma anche delle professioni mediche, biologi-che, giuridiche in cui la loro presenza supera quella maschile e il loro prestigio medio è elevato.Basta guardare i frequentatori di teatri e biblioteche per rendersi conto che la maggior parte sono donne. Insomma, anche l’Italia, ormai, è un paese in cui la media delle donne è più colta rispetto alla media degli uomini. Non possono fare i preti, a causa del pregiudizio religioso cattolico, ma possono fare le astronaute, riempiendoci d’orgoglio, come sta facendo in questi mesi la nostra magnifica connazionale capitano Samantha Cristoforetti dalla stazione spaziale internazionale.Eppure, la società italiana rimane, per importanti aspetti, ma-schilista. Lo riscontriamo nelle frequenti manifestazioni di grettezza e volgarità della vita quotidiana e dei mass-media. Maschilista è la lingua italiana, per cui, a volte, le donne sono costrette a compiere forzature per sottolineare che un determi-nato ruolo, denominato al maschile, come notaio, avvocato, o

come tutte le cariche pubbliche, sindaco, assessore, ministro, presidente, è in realtà esercitato da una donna. Tuttavia, l’aspet-to, ad oggi, più maschilista della società italiana, che permane come un residuo medievale è il divieto imposto alla donna di trasmettere il proprio cognome ai figli.Si tratta di un privilegio, riservato al maschio, che si basa sul presupposto che l’uomo sia più importante della donna. Un re-siduo, ben piantato nella nostra cultura che nasce dalla storica soggezione delle donne all’uomo e, quindi delle mogli ai mariti. La Costituzione Italiana riconosce alle donne gli stessi diritti dell’uomo eppure le leggi italiane, in materia d’identità perso-nale continuano a privilegiare l’uomo. Il Parlamento è interve-nuto nel 2012, ma soltanto per semplificare le procedure che consentono la modifica del nome delle persone, ma rimane esclusa la scelta del cognome al momento della nascita.Alla nascita il nome che la legge pretende, per i figli, è quello del padre. Soltanto in un momento successivo, facendo doman-da al Prefetto e producendo una serie di documenti, in altre pa-role, superando delle inutili complicazioni, potrà essere aggiun-to anche il cognome della madre. Insomma, al momento della nascita, la madre, che ha avuto un ruolo ben più rilevante del padre e probabilmente continuerà ad averlo per tutta la crescita e la formazione della personalità dei figli, non può trasmettere il suo cognome. Stranamente, il movimento delle donne che si batte per le pari opportunità fra uomini e donne, non ha mai dato peso a questa ingiustizia. Eppure, il percorso di emancipazione e progresso civile autenticamente paritario, passa anche da questa conqui-sta e dalla valorizzazione del ruolo della donna nell’attribuire identità formale alla persona dei figli, qual è data dal loro nome e cognome. Non v’è dubbio, che come tutte le conquiste di civiltà, le donne devono fare la loro parte, ma si tratta di una questione di civiltà per tutti, per cui è giunto il momento che siano le donne e gli uomini insieme ad invocarla e pretenderla.

di Claudio Ghirettiwww.governareggio.it

PARITA’ FRA UOMO E DONNA? ANCHE NEL COGNOME DEI FIGLI

Cittadini-democrazia-potere

Nuove leggi contro il neofascismo?> Questo è il testo del comunicato diffuso dalla Presidenza ANPI reggiano il 28 gennaio u.s in vista della iniziativa di FN a

Fabbrico. E’ il testo integrale, solo a brandelli pubblicato su un quotidiano locale <

l’ANPI provinciale di Reggio Emilia denuncia l’ennesima iniziativa di Forza Nuova, questa volta in territorio reggiano (Fabbrico, 30.01.2015, ore 20), contro la presenza di alcuni pro-fughi ospitati in un albergo di quel comune, medaglia di bronzo per la Resistenza. La denuncia dell’ANPI riguarda sia il merito di tale iniziativa sia le deprecabili conseguenze che potrebbe provocare in tema di ordine pubblico, come già purtroppo avvenuto in vari altri luoghi d’Italia. Nel merito l’ANPI considera doveroso ospitare chi fugge da tremende situazioni di guerra e reputa fascistoidi le posizioni ostili all’accoglienza. Quanto al resto segnala che F.N. interviene da anni, in modo strumentale e provocatorio, per ottenere visibilità e consenso. Tali interventi sono del resto analoghi a quelli che fa in Grecia la neonazista Alba dorata, calorosamente sostenuta da FN nella recente campagna elettorale. La nostra posizione l’abbiamo fatta presente alle autorità com-petenti nell’incontro svoltosi in Prefettura nel pomeriggio di martedì 27 u.s. (Giorno della Memoria...).Nel contempo abbiamo preso atto che pare non possibile, codi-ci e circolari applicative alla mano, impedire a F.N. di attuare

l’iniziativa di cui sopra.Per cui, in sostanza, meglio sarebbe quieta non movere et mota quietare. Anche se noi dell’ANPI, d’accordo col nostro Presi-denrte nazionale, l’insigne uomo di legge prof. Carlo Smura-glia, pensiamo che le cose andrebbero mosse. Pensiamo che sarebbe ora, anche in considerazione della pre-occupante situazione europea (crescita di movimenti fascisteg-gianti dalla Grecia alla Francia passando per l’Ungheria, ecc.) di metter mano alle leggi in materia di “riorganizzazione del partito fascista” in casa nostra.Ben consapevoli, peraltro, che i movimenti di estrema destra sfruttano strumentalmente (come già nella Germania del 1929) situazioni reali di disagio sociale.Siamo altresì consapevoli che di fronte alla crisi sociale che tra-vaglia il nostro, come altri paesi europei, in un contesto mondia-le di sanguinosi sconvolgimenti, spetta con urgenza alle forze politiche democratiche gestire le crisi nel rispetto formale e so-stanziale della Costituzione repubblicana.

PRESIDENZA ANPI PROVINCIALEDI REGGIO EMILIA

rubriche

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“Nuvole partigiane” - che qui presentiamo - è un progetto nato dalla collaborazione tra ANPI Reggio Emilia, Scuo-la Comics di Reggio Emilia e Agenzia Babele. Progetti culturali, in occasione del Settantesimo della Resistenza e dell’ANPI.Raccontare la Resistenza attraverso il fumetto, questa la prima scommessa, anche se certo non nuova.La novità, invece, è nel modo in cui è nata l’idea.Quando Anpi e Agenzia Babele hanno incontrato la Scuola Comics, non avevano un “soggetto” da proporre, un tema da consegnare, una storia preconfenzionata da raccontare.L’argomento, certo, era la Resistenza, ma si è deciso che il “come” raccontarla, con quali protagonisti, in quali luo-ghi, l’avremmo lasciata alla libera interpretazione dei ra-gazzi di Comics. Noi gli abbiamo dato solo alcuni libri e una cartina, quella della dislocazione delle Brigate parti-giane nella provincia di Reggio Emilia.Massima libertà, dunque, per raccontare la Resistenza, con tutti i rischi che può comportare la libertà in rela-zione a un soggetto così importante e denso di memorie, emozioni, vite.Così è nata Anita: libere le scelte interpretative dei ragazzi di Comics, libera lei, Anita, di fare la propria scelta.

La storia completa di “Anita” ap-parirà nei numeri del “Notiziario Anpi”: 4 (aprile 2015), 5-6 (giugno e luglio 2015); 7-8 (settembre-otto-bre 2015); 9 (dicembre 2015) e 1-2-3 (gennaio-marzo 2016)

ANITAnuvole partigiane

Anita è una ragazza. Anita è figlia di un fascista. Ragazza quasi ventenne, Anita è nata e vissuta in un mon-do chiuso, duro, violento, quella della dittatura fascista. Anita, in questo universo opprimente, si troverà a

dover compiere una scelta, dove la posta in gioco sarà altissima.

Dal 1979 la Scuola Internazionale di Comics si impegna a cu-rare la formazione professionale dei sui allievi nel campo della creatività, ovvero nell’illustrazione, nel fumetto, nell’animazio-ne, nella grafica, nella progettazione per il web, nel 3D e nella scrittura.Grazie all’esperienza di professionisti attivi sul mercato, ogni lezione è allestita come un vero e proprio laboratorio in cui le conoscenze vengono trasmesse in maniera pratica.Ogni anno, quindi, la Scuola prepara numerosi esperti delle arti grafiche e digitali per il mondo del lavoro.

L’Agenzia Babele un’agenzia di Reggio Emilia che si occupa di progettazione culturale e di promozione della lettura al ser-vizio di enti pubblici e privati. I suoi settori di intervento vanno dalla letteratura - per ragazzi e per adulti - all’attualità politica, economica e sociale del mondo contemporaneo. Nel suo lavoro, Agenzia Babele cerca sempre la massima qualità collaborando con i principali professionisti dei settori nei quali lavora.

SCUOLA INTERNAZIONALE DI COMICS

AgENZIA BABELE. PROgETTI CULTURALI

Valeria Vasirani

gLI AUTORI

SOggETTO E SCENEggIATURA

DISEgNI

Tommaso Ronda

Andrea Pomes

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ANITA - 1°episodio: LA SPIA

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ANITA

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Soggetto e Sceneggiatura: Andrea Pomes e Valeria VasiraniDisegni: Tommaso RondaEditing: Giuseppe ZironiCoordinamento: Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia

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Si è svolta nel mese di ottobre dello scorso anno la Conferenza di organizza-zione voluta dal Comitato provinciale, della quale, per un disguido tipografico, non abbiamo dato notizie e ce ne scusia-mo con i lettori.La conferenza si è aperta con il saluto del presidente Notari ed è poi prosegui-ta con la relazione, a nome del Consiglio provinciale, del vice presidente Rossini, a cui sono seguiti numerosi ed importan-ti contributi dai numerosi delegati delle varie sezioni presenti. I lavori sono stati conclusi da una puntuale e argomentata relazione del presidente nazionale Smu-raglia che ha tracciato un chiaro profilo del ruolo dell’ANPI, che nonostante i suoi 70 anni, è oggi più che mai attuale nel suo ruolo a difesa della democrazia e contro ogni forma di neofascismo. Il Presidente ha ribadito con forza l’au-tonomia dell’ANPI dai partiti, rivendi-cando nei loro confronti la sua capacità critica sia per quanto riguarda le riforme istituzionali che le modifiche alla Carta costituzionale.La conferenza è arrivata dopo una serie di incontri con tutte le sezioni del territorio e ha voluto essere un momento di rifles-sione sul lavoro che oggi l’ANPI è tenuta a svolgere, ma ha messo anche in discus-sione il suo radicamento sul territorio, le sue strutture periferiche, che spesso sono staccate dal coordinamento provinciale, quando anche totalmente assenti.La proposta che è stata per diverso tempo in discussione anche all’ultimo Consiglio provinciale, poi recepita dalla Conferen-za a stragrande maggioranza, vede una composizione diversa degli organi diri-genti attuali che esplicitiamo qui a fianco.La Conferenza ha voluto anche affronta-re il tema della gestione amministrativa delle singole sezioni, proponendo una revisione sul piano organizzativo per arrivare quanto prima ad una uniformità gestionale che consenta alla Federazione di poter essere l’espressione dei fatti di tutta la Provincia. Alla base della proposta vi è la necessità di un maggior rapporto/contatto con le sezioni territoriali, partendo dalla consi-derazione che con molte di esse esisto-no rapporti troppo saltuari; spesso la vita della sezione è sconosciuta alla Federa-zione di Reggio.Nelle proposte della relazione c’è anche l’auspicio che dal prossimo Congresso

l’ANPi guarda al futurodi Giovanni Rossini

provinciale 2016 gli organi che saranno eletti siano meno numerosi e più rappre-sentativi dei territori.L’organizzazione che si propone da qui al prossimo congresso ha caratte-re sperimentale, consapevoli che possa rappresentare la base della prossima or-ganizzazione. Da subito vengono pro-posti organismi ridotti quale l’Ufficio di Segreteria e Presidenza, mentre rimane invariata la composizione del Consiglio Provinciale, la cui nomina compete al congresso; si ipotizza la figura di un co-ordinatore fra le zone di sezioni limitrofe, oltre che rafforzare ed individuare speci-fici gruppi di lavoro.Per agevolare il lavoro delle diverse se-zioni, queste vengono raggruppate a li-vello territoriale costituendo 12 grandi gruppi a cui fa capo un coordinatore elet-to fra le sezioni e che entra di diritto nella Segreteria provinciale; questo per favori-re il maggior contatto fra le sezioni, e tra queste e la federazione.A livello provinciale si sono inviduati dei gruppi di lavoro, ognuno coordinato da un membro della Presidenza, i cui com-ponenti saranno eletti dai coordinamen-ti di zona; così facendo anche il livello locale sarà rappresentato nel lavoro delle varie commissioni.L’impegno è di rodare questo organismo da qui al prossimo congresso, consapevo-li delle scadenze che dovremo affrontare con nuovo slancio politico per ricordare degnamente il 70° della Liberazione, ma anche il compleanno dell’ANPI di Reg-gio con un nutrito programma di iniziati-ve politiche e culturali.Ci siamo dotati di idonei strumenti in-formatici. Siamo presenti su Face book e Twitter. Il nostro sito web (www.anpireg-gioemilia.it) è sempre in evoluzione con foto, filmati, ricerche cartografiche. A parte casi isolati, tutti i Monumenti com-memorativi sono stati censiti, mappati cartograficamente e determinato l’esatto posizionamento geografico visibile anche sul sito “La Bella Provincia”. All’interno dei lavori della Conferenza ha riscosso notevole apprezzamento la notizia da parte della Presidenza della ristampa del libro “Storia della Resistenza Reggiana” già alla sua 4° edizione, realizzata grazie alla collaborazione con la Provincia di RE, Coop. Nordest, Coopservice e Coopselios.

COMITATO PROVINCIALE60 membri

PRESIDENTE Giacomo Notari

SEGRETERIA 18 membri

UFFIcIo PRESIDENZA6 membri

3 - Vice presidenti1 - Segretario

1 - Tesoriere-Amministratore1 - Rapporti nazionale

cooRDINAToRI TERRIToRIALI11 zone

- Guastalla, Gualtieri, Luzzara, Reggiolo, Santa Vittoria;

- Campagnola, Fabbrico, Novellara, Rio Saliceto, Rolo, S.Giovanni;

- Boretto, Brescello, Campegine, Gattatico, Poviglio

- Bagnolo in Piano, Cadelbosco Sopra, Castelnuovo Sotto;

- Correggio, Rubiera, San Martino in Rio;

- Barco, Bibbiano, Canossa, Cavriago, Montecchio, S.Ilario d’Enza,

S.Polo d’Enza;- Albinea, Montecavolo, Quattro Ca-

stella, Puianello, Vezzano sul Crostolo- Casalgrande, Castellarano,

Scandiano, Viano;- Baiso, Carpineti, Casina, Felina,

Vetto d’Enza- Busana, Castelnuovo Monti,

Cervarezza, Collagna, Ligonchio, Ramiseto, Toano, Villa Minozzo;

- Reggio Emilia (tutte le sezioni).

GRUPPI LAVoRo 6 commissioni

- Rapporti Istituzionali / Enti- Organizzazione / Tesseramento

- Memoria / Eventi- Scuola / Cultura- Ufficio Stampa

- Coordinamento femminile

> conferenza di organizzazione, Reggio Emilia 18 ottobre 2014 <

la nostra associazione

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in questi anni abbiamo cercato nuove pa-role, abbiamo portato contributi al nostro laboratorio di memorie. Noi siamo il trami-te tra i nostri partigiani e le generazioni che arriveranno. Avrei voluto fare un intervento più conciliante, meno problematico ma vi confesso che ho bisogno di capire se stia-mo seguendo con coscienza, morale, etica la strada indicata dai partigiani. Sincera-mente qualche dubbio mi agita, qualche domanda si fa strada: il percorso è giunto al suo termine, la Liberazione è avvenuta veramente, quell’eredità è in pericolo? Par-tirei dal significato della parola partigia-no. Partigiano, ovvero, stare da una parte, scegliere una parte e una volta fatta questa scelta portare avanti un’idea, una speranza, anche se questo può costare, può compor-tare dolori, pericoli. Stare da una parte non è facile, ci sono momenti di sconforto, a volte di disperazione ma nonostante tutto si combatte affinché le proprie idee possano trovare una loro affermazione per un bene comune. Allora fu una scelta portata avanti fino alle estreme conseguenze. Vi immagi-nate un resistente che passa alla parte av-versa? Conoscete partigiani che abbiano venduto la loro voglia di libertà passando nelle fila del nemico fascista? Certo è in-vece esistita una zona grigia, una parte si-lenziosa che per tornaconto personale, per quieto vivere, o anche solo per paura ha cercato una sopravvivenza accettando ogni ingiustizia, rimanendo vicini al vincitore, al potente di turno. Il fascismo prospera tra il silenzio, nell’ipnosi dei popoli le cui paure, incertezze, difficoltà economiche vengono strumentalmente indirizzate verso un ca-pro espiatorio. Una ipnosi causata da teorie astruse, che trova sfogo nel razzismo, nel-le guerre etniche, nella ricerca di un uomo forte al comando.E ‘ in questi periodi di terrore, instabili, nell’emergenza sociale che si accetta tutto, compreso il calpestare la dignità degli esseri umani.Ho visto un documentario sui campi di ster-minio di Auschwitz e Birkenau, dove si ri-portavano testimonianze dei pochi soprav-vissuti o di chi ha passato gli anni della sua infanzia in quei luoghi dell’orrore, in quei luoghi in cui si concentrava la disumanità.E’ stato come rivivere il viaggio che ho fatto con il “Treno per Auschwitz”. Ho ri-vissuto quelle sensazioni, quello sconcerto, quelle lacrime. In quei campi sterminati, in quei campi di sterminati, in quelle camere a gas, in quel che rimane dei forni crema-tori, nello studio del dottor Mengele, ecco io credo che in questi luoghi abbia regnato il male. Ho una idea sfumata delle divisioni tra il bene e il male, non credo alla netta e tranciante divisione tra buoni e cattivi, ma se dovessi indicare una sola certezza, un’ unica convinzione, penso che in quei posti, a Birkenau, Auschwitz e avvicinan-dosi a noi ai Servi, si sia materializzato il

male assoluto. Ora non vi sembri un col-legamento arduo ma sentire i proclami di forze razziste e intolleranti come la Lega di Salvini o di altre forze di estrema destra che stanno sorgendo un po’ ovunque in Europa mi procura inquietudine e sdegno. Queste forze negano l’olocausto, vorrebbero confi-ni chiusi, nuove leggi razziali, usano la vio-lenza. Queste forze sono tremendamente vicine a quel male assoluto, il nazifascismo.E’ per questo che forze democratiche e an-tifascisti, devono allontanare queste derive xenofobe e intolleranti. Noi che abbiamo imparato le lezioni, nelle nostre terre, così come sui libri di storia (finché non verranno del tutto riscritti in nome di un indistinto tut-to uguale) non possiamo giustificare convi-venze, territori comuni con forze politiche pericolosamente vicine a posizioni violen-te, razziste, omofobe. Certo a tutti i partiti deve essere garantita la libertà di espres-sione ma certe espressioni non sono affat-to ammissibili il giorno della Liberazione. Io continuo a provare inquietudine quando sui palchi, il 25 aprile, osservo la presenza della lega. Probabilmente sono conserva-tore e ideologico. Allo stesso modo un po’ mi turbo quando, in nome di una vittoria a tutti i costi, in nome del governare a tutti i costi, in nome dell’occupazione di posti di potere, si accettano alleanze discutibili senza alcun imbarazzo (vedi l’ultimo caso delle primarie a Genova) con i consensi, i voti, i supporti di forze che mantengono un legame con il fascismo, con quel male di cui parlavamo prima.E’ vero che oggi c’è la politica dello smar-tphone, si prendono importanti decisioni con un tweet, c’è il post-ideologico, c’è il populismo digitale, non c’è più destra e si-nistra (?). Io però mi farei qualche domanda se il portavoce di un candidato di centrosi-nistra (ritorno a Genova) è tranquillamente ospite e frequentatore di Casa Pound. La stessa Casa Pound che porta avanti, sotto una fasulla immagine di intellettualità di destra, la trasmissione del male assoluto. La stessa Casa Pound che per opera di suoi adepti ha spaccato la testa ad un attivista di un centro sociale a Cremona. L’ANPI non vuole avere vicinanze con chi, dagli stadi a internet, continua a fare proselitismo e diffondere rabbia e odio. Allo stesso modo la politica, specialmente quella che si ri-conosce nel valori dell’ANPI, dovrebbe demarcare una totale lontananza da queste forze di estrema destra. Non c’è nessuna ragione che possa legittimare una vicinan-za, un sostegno o addirittura una alleanza, fosse anche per vincere primarie o dispute elettorali. Io continuo a pensare che se sce-gli una parte, la tua parte è quella, aldilà di scopi personali, al di là di mire espansio-nistiche, oltre le ambizioni, oltre la poltro-na. Qualcuno penserà che stia facendo un discorso demagogico e populista, in verità

di Fabrizio Tavernelli

Discorso di sconfinamento in occasione della celebrazione della Battaglia di Canolo

OpiNiONlEDER

io non nego la mia esperienza politica, mi è servita per conoscere dal di dentro mec-canismi non sempre limpidi. Il problema è che la politica, la sua mutazione continua, il passare da una parte all’altra con disin-voltura, la assoluta mancanza di coerenza e coscienza, non sono di sicuro la giusta risposta al populismo e ai demagoghi. La politica si sta facendo male da sola. Non c’è scrupolo morale, sembra di essere al mercato calcistico e sembra che la politica si sia trasformata in una sfida tra tifosi di-sposti a vincere ad ogni costo. Addirittura quello che ci era stato detto essere il nostro avversario più acerrimo, può diventare da un giorno all’altro il nostro più prezioso al-leato e può capitare che pur pregiudicato, possa entrare ed uscire da Palazzo Chigi per decidere le sorti del paese. Oggi tra le due parti, invece che sceglierne una si pre-ferisce vivacchiare in una indistinta terra di mezzo, è in questo luogo del silenzio che si decide il futuro degli individui, si allaccia-no affari, dove l’economia schiaccia i diritti acquisiti dopo lotte e rivendicazioni di cui la resistenza è stata la prima luce. Quindi va bene celebrare, ma non è che domani ci togliamo il fazzoletto partigiano ed è fini-ta lì, ce ne dimentichiamo. E’ domani che inizia la nostra liberazione, è domani che dobbiamo proseguire sulla strada contras-segnata dai cippi e dai partigiani. Il nostro territorio ha bisogno di scegliere una parte, se volete chiamarla legalità, diritti, traspa-renza, chiamatela come vi pare ma non è ammissibile alcuna ipocrisia. Qualcuno ha trovato connessioni e nuove forme di resi-stenza nella lotta alla mafia, bene, si pro-segua ma non basta più andare a liberare quelle terre, non basta confiscare territori lontani, perché ora il territorio da liberare è il nostro. Le infiltrazioni mafiose non sono frutto della intraprendenza e della spregiu-dicatezza della malavita organizzata, no, sono un cedimento etico e morale delle di-fese democratiche, sono un abbassarsi del livello di anticorpi sociali, sono sconfitte della pulizia morale della politica. A queste degenerazioni occorre reagire, rimettendo in campo la coscienza. Nessuno può esse-re indifferente. Partigiani, nuovi resistenti, associazioni , amministratori, semplici cit-tadini che devono portare avanti lotte di li-berazione in ogni ambito, compresa la vita di tutti i giorni, ben consci di sapere che è stata scelta una parte. Chiudo citando Luigi Tenco, dalla sua can-zone “Io sono uno”:

“IO SONO UNO CHE NON NASCONDE LE SUE IDEE, QUESTO E’ VERO, PER-

CHE’ NON MI PIACCIONO QUELLI CHE VOGLIONO ANDAR D’ACCOR-DO CON TUTTI E CHE CAMBIANO

OGNI VOLTA BANDIERA PER TIRARE A CAMPARE”.

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rubriche

Questa storia, raccontata dall’invia-to de “La Stampa” Domenico Quirico, aiuta a spiegare la deriva feroce e san-guinaria di chi vede nell’Islam e in certi suoi dogmi il riscatto sociale, culturale e politico. Di chi pensa che l’affrancamen-to dall’ingiustizia, dallo sfruttamento e dalla miseria in cui si dibattono le masse musulmane possa essere ottenuto unica-mente attraverso la violenza e la guerra senza quartiere. Di chi ritiene che l’Oc-cidente e i suoi alleati debbano pagare con il sangue il prezzo del dominio e della speculazione imperialista che han-no determinato e continuano a determi-nare il decadimento morale e religioso di intere popolazioni.A scanso di equivoci, è bene riaffermare con forza che le stragi compiute recen-temente in Francia non possono trovare alcuna giustificazione o sottovalutazio-ne: la condanna deve essere totale, la barbarie non può trovare alcuna sponda.Tuttavia, l’analisi affrettata dei fenome-ni terroristici e di vera e propria guerri-glia che di fatto hanno già preso piede “in casa nostra” porta esclusivamente alla semplificazione emotiva e non aiu-ta a riflettere su ciò che sta accadendo, rischiando altresì di originare la ricor-rente e pericolosa equazione che accosta in modo automatico la religione musul-mana al terrorismo e all’intolleranza. L’islamofobia, parola di uso frequente di questi tempi, rappresenta esattamente il rischio che una intera comunità religiosa venga identificata come potenziale mi-naccia alla convivenza civile e allo stes-so modo di vivere occidentale. Un nemico a prescindere, dal quale oc-corre difendersi in primo luogo limitan-do l’arrivo di immigrati e profughi, poi monitorandoli e infine – perché no? – militarizzando i confini. Insomma, evo-cando sistemi di controllo sociale propri di un non lontano e triste passato.La mattanza nella sede del giornale sa-tirico francese Charlie Hebdo e quella nel supermercato di Ponte de Vincennes a Parigi hanno evidenziato due aspet-ti violentemente connessi: da un lato, l’attacco alla libertà di espressione attra-

verso l’eliminazione fisica di chi questa libertà rivendica, anche nelle forme forti della satira. Dall’altro, l’esportazione della guerra al di fuori dei luoghi lontani e martoriati ove siamo ormai abituati a “concepirla”, una sorta di monito che fa sì che nessuno occidentale possa sentirsi sicuro. Non c’è certo bisogno di spendere pa-role di sostegno riguardo alla libertà di espressione: la nostra cultura “liberale”, il concetto stesso di “democrazia” ci impongono l’assoluta condivisione del principio che la identifica come inviola-bile diritto dell’uomo ( Artt. 10 e 19 del-la Dichiarazione Universale del 1948).Ma la realtà, nel nostro Paese come in altri, è un tantino diversa: la censura, ivi compresa quella nel web, la notizia sottaciuta o furbescamente ritoccata, l’ostracismo nei confronti dei personag-gi scomodi sono quotidianità. Senza contare i livelli di repressione del-la libertà, e non solo di stampa, propri di tanti capi di Stato presenti nell’enorme manifestazione di Parigi. Improvvisa-mente, ci si è accorti del bene prezioso della libera informazione in un Pianeta che vede ancora 180 Paesi distinguersi per la sua limitazione e che conta, solo nel 2014, 66 giornalisti ammazzati e al-meno 199 sequestrati.Tutti, per un giorno, alfieri della libertà di pensiero, decisi ad esaltare “i valori fondamentali delle società democrati-che”, senza per altro stracciarsi le vesti nei restanti 364 giorni per il preoccupan-te stato di salute dell’informazione. A braccetto, appassionatamente, i leader europei con quelli di Egitto, Giordania, Turchia, Russia, gli Emirati Arabi Uni-ti, Paesi in cui non è solo la libertà di espressione ad essere negata. Con Ben-jamin Netanyahu a ricordare al mondo come è brutto il terrorismo.Molta ipocri-sia e molta voglia di apparire. Ma tant’è.Pensare che l’estremismo jihadista e le forme di pensiero che lo hanno generato possano essere sconfitti affermando la bontà del nostro modello di convivenza civile o, peggio, la forza delle armi, è pura follia. Servirebbe, viceversa, parti-re da un serio riconoscimento delle pro-

di Saverio Morselli

Segnali di pace Siamo tutti Charlie Hebdo

> C’era nel deserto un cucciolo di leone che era cresciuto tra le pecore e il cucciolo pensava di essere una pecora anche lui, e belava e scap-pava di fronte ai cani. Poi un giorno un leone passò di lì e gli mostrò il riflesso in una pozza d’acqua e scoprì ciò che era davvero. Cominciò a ruggire. I cani fuggirono. Ecco: noi siamo musulmani, non pecore, non dimenticarlo più, ci avete umiliato e sfruttato per secoli. E’ finita <

prie responsabilità, innanzitutto da parte dell’Occidente, attraverso l’ammissione dell’umiliazione storicamente arrecata a una grande civiltà con il colonialismo prima e con l’appoggio a regimi dittato-riali poi; attraverso la critica di interven-ti militari finalizzati al soddisfacimento di spregiudicati interessi economici che hanno generato solo anarchia e fram-mentazione politico-territoriale; o, infi-ne, attraverso la consapevolezza di una integrazione della comunità musulma-na (e non solo) falsa, discriminatoria e ghettizzante da un punto di vista econo-mico e sociale. Ma anche l’Islam non può pensare di “cavarsela” con semplici ed estempora-nee dichiarazioni di estraneità rispetto ai fenomeni terroristici o alla degenera-zione chiamata ISIS, perché questi stessi “mostri” nascono – piaccia o no – dalla (seppur aberrante) interpretazione dei dettami di una religione condivisa, pur con sfumature diverse, da milioni e mi-lioni di persone. Una religione per lo più sconosciuta al mondo occidentale, che si dichiara di pace ma che finisce per essere vissuta come ostile, omicida e illiberale.L’Islam ha bisogno di spiegarsi e di essere spiegato in un momento in cui c’è chi si appropria del suo nome per spargere morte. E, soprattutto, ha biso-gno di svelarsi rispetto a quelle che il filosofo musulmano Abdennour Bidar definisce malattie croniche: “Incapacità di costruire democrazie durevoli in cui la libertà di coscienza rispetto ai dogmi della religione venga riconosciuta come diritto morale e politico; difficoltà cro-nica a migliorare la condizione femmi-nile in direzione dell’uguaglianza, della responsabilità e della libertà; incapacità di separare sufficientemente il potere politico dal controllo dell’autorità reli-giosa; incapacità di instaurare il rispetto, la tolleranza ed un effettivo riconosci-mento del pluralismo religioso e delle minoranze religiose” (da “Lettera aperta al mondo musulmano”, su “Huffington Post” del 10/01/2015).Altrimenti, sarà un dialogo tra sordi.

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Messico, il narco-Statodi Bruno Bertolaso

Una preziosa eredità lasciata al Paese dalla rivoluzione messicana degli anni 1910-17 è stata l’istituzione di normali scuole rurali, create con l’obiettivo di dif-fondere un insegnamento di qualità nelle campagne, offrendo a giovani maestri, di estrazione contadina, la possibilità di mi-gliorare le proprie condizioni di vita.Il succitato obiettivo si è scontrato fron-talmente con il modello economico ne-oliberista, attuato nel Paese con inizio dagli anni ’80, per il quale l’educazione pubblica avrebbe frenato lo sviluppo del mercato, che nelle campagne, soprav-vivendo in residui del passato, avreb-be contribuito a rallentare l’espansione dell’agro-industria di esportazione.E’ questo il motivo per il quale, le norma-li scuole rurali, sono diventate il bersa-glio di un’ostilità permanente, che viene evidenziata sia con tagli di bilancio, che con campagne dei media, avallate da pe-santi appoggi politici, per definire le stes-se quali “vivai di guerriglieri, di buoni a nulla e di delinquenti”.Per garantire la sopravvivenza della rete delle succitate scuole normali rurali, che i magri sussidi statali non sono più in gra-do di garantire, gli studenti sono costretti a portare avanti vivaci campagne di auto-finanziamentoGli studenti di Ayotzinapa, per partecipa-re a una grande iniziativa per la raccolta di fondi, si erano recati a Iguala, terza città della Stato di Guerrero nel sud del Messico.Durante i tafferugli scoppiati con la po-lizia, che aggrediva brutalmente gli stu-denti, quarantatré di questi venivano fer-mati, picchiati, umiliati e infine cosparsi di benzina e bruciati vivi.Le indagini e le testimonianze raccolte hanno portato all’arresto del sindaco di Iguala. Josè Luis Abarca e della moglie dello stesso Maria de Los Angels quali istigatori e mandanti del massacro.I messicani, anche se ormai abituati a su-bire le più scioccanti notizie, hanno dato vita a un’estesa forma di forte indigna-zione, anche perché il tragico fatto aveva dimostrato, ancora una volta, che forme di vero terrorismo provenivano da un potere, che mescolava insieme i cartelli della droga con dirigenti politici, cre-ando, di fatto, in Messico una forma di narco-Stato. Da inquadrare in questo contesto le ter-rificanti dichiarazioni della Commissione nazionale dei diritti umani del Messico

che accusa per negligenza le autorità go-vernative per non avere indagato sulla sparizione di circa seicento ragazze, tra i quindici e i venticinque anni, nella città di Ciudad Juarez. La città di un milione e mezzo di abitanti, ubicata a cavallo del confine con gli USA, dal 1993 è divenuta una spaventosa città violenta, che oltre ad accogliere oltre cinquecento bande crimi-nali, ospita il cartello-vertice del narco-traffico, che “pratica”, ormai impunito, “l’assassinio per divertimento”, per cui ai rapimenti fa seguire le violenze e le uccisioni di giovani donne, “procurate” giornalmente nelle vie cittadine. Dai dati resi pubblici dall’agenzia di si-curezza Kroll si evince che tra venticin-que e quaranta miliardi di dollari pas-sano, grazie al narcotraffico, dagli USA al Messico. Se a queste cifre si aggiun-gono venticinque miliardi di dollari per l’esportazione del petrolio e altri venti-cinque miliardi di dollari dovuti alle ri-messe degli emigranti, si ricava il netto convincimento che è solo con questa va-langa di valuta che si alimenta il sistema finanziario del Paese, reale colonna verte-brale del modello neoliberista messicano.Il prosciugamento, anche parziale, della succitata fonte porterebbe al crollo eco-nomico del Paese. Si evidenzia quindi come il Messico si adagi oggi su una nar-co-economia, che non sarebbe in grado di mantenersi se venisse a mancare la con-nivenza del narco-Stato. L’alleanza tra il mondo politico e il mondo della droga si estende su tutto il territorio messicano e spesso sono i cartelli a dettare legge, im-ponendo funzionari, capi di polizia, ne-goziando con i governatori, trascurando l’affilia-zione po-litica dei r a p p r e -s e n t a n -ti dello S t a t o . L’autorità è, in tutti i casi, nelle mani del c r im ine o r g a -nizzato. L ’ o p i -n i o n e pubblica g u a r d a con mol-

ta inquietudine alla vittoria di Enrique Pena Nieto del PRI, (Partito rivoluziona-rio istituzionale), arrivato al soglio pre-sidenziale dopo una campagna elettorale, costata oltre 270 milioni di euro, superan-do così di tredici volte il limite massimo fissato per legge. La fonte di tali grandi somme è rimasta sconosciuta, anche se ha destato una forte preoccupazione la disponibilità di tali mezzi finanziari in un paese corrotto dal narcotraffico, i cui cartelli hanno sostenuto attivamente il partito di Pena Nieto.Le promesse di lotta contro il narcotraffi-co, fatte dal presidente, sono rimaste tali, mentre le violenze perpretate dal crimine organizzato non hanno subito arresti.In tale contesto anche le atrocità com-messe a Iguala hanno scatenato la collera sociale, coinvolgendo quella parte della popolazione tradizionalmente apatica e minaccia realmente la sopravvivenza del regime.La richiesta per le dimissioni del presi-dente ha assunto una dimensione sempre crescente, mentre oltre duemila mani-festanti hanno attaccato la guarnigione militare di Ciudad Altamirano al grido di “assassini”. Il governo persiste nel sostenere che i tragici fatti di Ayotzinapa sono “un caso isolato”. Il procuratore generale del Messico Jesus Karan lo ha ripetuto ancora il 7 novem-bre, negando che i fatti fossero da con-siderare crimini di Stato, l’affermazione che “Iguala non è lo Stato”.In effetti, Iguala non è lo Stato, ma quello che è successo in quella città rivela chia-ramente ciò che lo Stato è diventato.

estero

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memoria

“Probabilmente molti di voi non hanno nemmeno mai cono-sciuto un partigiano e non hanno mai visto attraverso gli occhi di uno di loro. Io ho imparato così a credere”.Ricordo ancora quando ero piccola, di quando, passando su un ponte della Via Emilia, mio padre mi disse che su una lapide alla sinistra della strada c’era mio zio, il fratello di mio nonno, che stavo andando a trovare a Cavriago. Mio padre mi raccontò che il suo nome, Giuseppe, era proprio di quello zio, morto tanto tempo prima che lui nascesse. Mi rac-contò che era molto malato e di come, nonostante questo, decise di aiutare i partigiani a combattere il regime fascista e morì tor-turato e straziato su quel ponte dove ora stava la lapide. Avevo pochi anni quando mio padre mi raccontò tutta la sua storia: probabilmente non capivo gli ideali per cui aveva com-battuto, ma piansi, piansi tanto pensando a quello zio che nem-meno conoscevo. Ora mentre scrivo, piango per mio nonno, a due anni dalla sua morte. Come suo fratello anche mio nonno “Jack” (Giulio) era partigiano, ma lui ce la fece: combatté qui sulle colline di Reg-gio e fu uno dei primi a entrare a Cavriago il giorno della Libe-razione. Ricordo che quando ero alle elementari lo intervistai per fare una ricerca sulla Resistenza: non mi aveva mai parlato della guerra, non ne aveva mai parlato con nessuno. Ricordo che pianse quando parlò di “Pipo”, suo fratello, mi rac-contò qualche azione e poco altro, ma da quel giorno imparai a trovare nei suoi occhi ciò che aveva passato. Mio nonno era una persona di poche parole, di poca cultura, ma aveva una forza e una voglia di vivere che non ho mai trovato in nessun altro. Nei suoi occhi si leggeva la paura, la morte, il coraggio di un uomo, un semplice uomo che ha lottato, insieme a tanti altri come lui, contro l’esercito dei “Titani” fascisti e nazisti. Potevo vedere la rabbia di un ragazzo a cui avevano strappato il fratello malato in un modo così vigliacco e truce. Era con lo sguardo che mi parlava: mi diceva che mi voleva, che per lui ero importante e che, tutto ciò che aveva fatto, l’aveva fatto per i suoi figli e per i suoi nipoti. I suoi occhi mostravano l’orgoglio di aver ridato la libertà all’Italia, a quell’Italia che per vent’anni ne era stata privata, quell’Italia che, come mio zio, era stata massacrata e umiliata fino all’ultimo. Per anni mio nonno mi raccontò la sua storia, senza mai par-larmene, finchè un giorno di luglio di due anni fa se ne andò, affidandomela e lasciandomi con negli occhi la stessa paura e la stessa consapevolezza della morte che tante volte mi aveva mostrato. Ora ho 19 anni, è passato molto tempo da quando mio padre mi raccontò di mio zio e da quando intervistai mio nonno, ma ancora, quando passo in Piazza della Libertà, mi fermo al monumento ai Caduti della Resistenza: parlo con mio zio Pipo, lo faccio da sempre, anche se non sono credente. Gli chiedo di prendersi cura di mio nonno e di starmi sempre vi-cino, di darmi la stessa voglia di vivere e lo stesso coraggio che hanno avuto loro nel combattere. Probabilmente molti di voi non hanno nemmeno mai conosciuto un partigiano e non hanno mai visto attraverso gli occhi di uno di loro. Io ho imparato così a credere. E’ questo che mi ha insegnato mio nonno: credere in cose più grandi di me, in ideali che ora stanno sparendo, coma

A “Jack” e “Pipo”> il racconto che leggerete l’ha scritto shira nel 2001 Quando aveva 19 anni. l’ha scritto due anni

dopo la morte del nonno partigiano giulio violi “Jack”, nato a cavriago il 14 giugno 1923 e appartente alla 26° brigata garibaldi “enzo bagnoli”, iii battaglione distaccamento “beucci”. <

> riCorDAre-riFlettere… <

la Libertà. Ora è tutto sconta-to: il fascismo non è altro che un capitolo nei maledetti libri di storia, un mucchio di pa-role da impa-rare a memoria per l’interroga-zione, ma io so che non é così. So che é stata una cosa im-provvisa per la gente comune, so che in pochi se l’aspetta-vano e so che nessuno, allo stesso modo, se lo aspetterebbe al giorno d’oggi, ma vedo risorgere movimenti che gli somigliano molto e che tutti sottovalutano. So anche che quegli anni sono stati paura, morte, terrore, fame, non-libertà, ma soprattutto coraggio. Il coraggio di quelle perso-ne che come mio nonno e mio zio hanno messo in gioco la loro vita per impedire che una cosa del genere si ripetesse; quelle stesse persone, ormai dimenticate, che oggi vediamo morire una ad una ogni giorno, perdendone la testimonianza; quelle stesse persone che vedo nelle piccole foto sul monumento in Piazza; quelle stesse persone che ora gridano a orecchie sorde. La cosa che mi ferisce maggiormente è proprio la dimenticanza, la per-dita di quei valori che gli occhi di mio nonno, e di tutti quei ragazzi che vedo sugli obelischi, mi hanno tramandato. Chie-detevi cosa sapete voi della Resistenza: a parte pochi fortunati, troverete che non ne sapete nulla in termini umani. Ricorderete forse ciò che avete appreso dai libri, ma non avrete stampati nella mente quei fotogrammi di tragedia che un partigiano vi avrebbe potuto trasmettere. Io quei fotogrammi li ho sempre presenti e, per questo, mi ritengo privilegiata.

Ringrazio mio nonno, Giulio Violi “Iak”, mio zio, Giuseppe Violi (Pipo) “Libero”, e tutti gli altri ragazzi partigiani, per quello che hanno fatto. Li ringrazio per avermi permesso di vivere, adesso e, spero, nel futuro, libera. Con ciò che ho scritto non ho sicuramen-te reso loro giustizia, ma spero di averli aiutati a trasmettere ciò che mi hanno in-segnato.

RICORDARE

Si sta come/D’autunno/Sugli alberiLe foglie...

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Felice Montanari, il partigiano “Nero”> Perduto. Portate un fiore rosso <

“Perduto. Portate un fiore rosso”. Un testamento. Lucido e laico. Felice Mon-tanari, il partigiano Nero, lo ha lasciato scritto sul muro del Casello 23 tra Po-viglio e Boretto. Poi si è sparato. Con quell’unico colpo che aveva nella rivol-tella. Era circondato dalle SS. Sarebbe morto comunque. Ma se avesse ucciso il maresciallo tedesco suo prigioniero le SS avrebbero ucciso i cittadini con cui si facevano scudo. Era il 5 gennaio 1945. Forse fuori c’era la neve. Che tutto copre. Ma non il sangue. Non il sangue di un giovane di Canneto sull’Oglio che aveva scelto da che parte stare. “Ho diciotto anni e mi sento perduto. Sono nascosto in un casello ferroviario tra Boretto e Poviglio. Bombe. Spari. Mi hanno trovato. Civili. I tedeschi si copro-no con civili. Resta un’ultima pallottola.E’ il 5 gennaio 1945, e io sento che è il momento di attraversare la mia linea d’ombra. Ho un incarico di responsabili-tà. Non sono il solo. Non sono solo. La mia lapide la scriverò qui sopra.Perduto. Portate un fiore rosso”.Beatrice Bolsi, giovanissima consigliere comunale di Boretto ha cosi ricordato il sacrificio del Nero. Ha immaginato ed interpretato gli ultimi pensieri del Nero. Parole lette nella sala del Circolo ARCI del paese. Sala gremita. Di giovani. In si-lenzio. Attenti. Occhi lucidi. Prima di lei gli interventi dei Vicesin-daco (e parente del Nero) di Canneto sull’Oglio (paese d’origine di Felice Montanari) Angelo Appiani e di Boretto Matteo Benassi.Poi Adriana Zoboletti, Presidente dell’ANPI di Boretto, ha letto la lettera di Carmen Altare, staffetta partigiana ori-ginaria di Castelnuovo Sotto, che durante la Resistenza ha ospitato e nascosto nella sua casa il Nero.Le celebrazioni erano cominciate già dal mattino con la deposizione sulla sua tomba, nel mantovano di un mazzo di fiori. Poi nel pomeriggio, al Casello 23, la tromba ha suonato il “Silenzio”. Come ogni anno. Per ricordare. “Perduto. Portate un fiore rosso. Rosso del mio e vostro sangue. Rosso vesperti-no, quando la sera si avvicina. Quando la notte si fa buia, e ogni speranza è color della pece. Quando l’alba – pensi – non arriverà più. E invece. Rosso come il filo che ci unisce. Il filo della nostra Storia. L’importanza della nostra Memoria”.

di Anna Fava

Adriana Zoboletti, Beatrice Bolsi e Angelo Appiani, vicesindaco di Canneto sull’Oglio

la nipote ingrid ricorda la nonna partigiana Lettere

Dimma iori “Danzica” 21 gennaio 1920-19 dicembre 201476a Brigata SAp “Angelo Zanti”, iii Btg “Mario Grisendi”

Egregio direttore, mi chiamo Ingrid Beghi, sono la nipote di Iori Dimma, molto più che compiantissi-ma nonna, donna forte, saggia, instanca-bile, memoria del mio tempo, partigiana nata nel 1923, citata nel libro sulla resi-stenza femminile di Reggio Emilia di Av-venire Paterlini.Sapevo dai racconti della nonna che du-rante la guerra, aveva compiuto imprese forti e pericolose per una giovane donna, ad ascoltarla a volte mi chiedevo come era possibile sopportare tali esperienze, ne ero rapita, la dignità dei suoi racconti e della sua intera vita, sono sicuramente il frutto di tutto ciò che molti, insieme a lei hanno vissuto, a 25 anni era sola con una figlia, il marito Ferrarini non più tornato dalla cam-pagna di Russia.Quasi per caso però ho scoperto ieri sera che il suo nome viene riportato nel libro di Paterlini, questa scoperta, tra l’altro fat-

ta nel giorno della sua scomparsa, mi ha enormemente riempito di orgoglio, rico-noscenza, amore, nostalgia, desiderio di abbracciarla all’infinito, e ancora una vol-ta mi ha regalato un’ultima lezione di vita.La nonna si è spenta all’ospedale Santa Maria Nuova di Reggio nella mattina del 19 dicembre 2014, mentre la sua casa in quel momento era avvolta dalla nebbia che come uno scrigno proteggeva i miei e i suoi ricordi.Non so esattamente cosa vi sto chiedendo e non sono certa di cosa a lei avrebbe fatto piacere, ma se fosse possibile un contat-to o una partecipazione di qualche vostra rappresentanza, di certo sarebbe per noi nipoti un renderle ancora GRAZIE.Grazie ancora a voi

Ingrid Beghi20/12/2014

I funerali si sono volti lunedi 22 dicembre nella chiesa di Cadè dove era residente.

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MARIA PRANDI (gINA)

Il 29 novembre scorso si è spenta la Par-tigiana Maria Prandi di Campegine. Fu staffetta partigiana con il nome di batta-glia “Gina” nella 76a BGT SAP “Angelo Zanti” operando nella zona di Cadé-Ca-lerno-Cavriago.In sua memoria i figli offrono a sostegno del Notiziario.

03/08/1925-29/11/2014

RENZO BARAZZONI

Nella notte fra il 30 novembre e il 1° di-cembre 2014 si è spento nell’ospedale di Montecchio, a 94 anni, il prof. Renzo Ba-razzoni, uomo di cultura dai multiformi interessi, da sempre impegnato a sinistra, dal PSI, al PSIUP al PCI. “Ebreo errante della sinistra”, si autodefiniva; ci risulta che la sue uniche “tessere”, negli ultimi anni, siano state quelle dell’ANPI e dello SPI-CGIL. Renzo fu soprattutto educatore nel sen-so più profondo della parola: professore di lettere nelle scuole superiori (27 anni alle Magistrali), fin oltre i 90 anni conti-nuò a far dono, col garbato e coivolgen-te eloquio, del suo sapere, prima con le seguitissime lezioni di filosfia, a Cavria-go, poi all’Università della terza età, con Loris Bottazzi, sotto l’egida dell’ANPI di Bibbiano. Fine scrittore, come giorna-lista collaborò a diversi giornali e perio-dici, compreso il nostro “Notiziario”. Tra i vari libri di cui fu Autore, ricordiamo “Il Papa nero”, un’opera davvero intri-gante èdita nel 2000: immaginario diario di un altrettanto immaginario cardinale africano eletto Papa nel 2027 col nome di Agostino I. Un Vescovo di Roma che con le varie sorprendenti innovazioni e riflessioni sembra anticipare un certo Francesco “venuto dalla fine del mondo”. Ad accogliere Renzo, nel cimitero di Bibbiano, prima della sepoltura nella tomba di Famiglia, un folto gruppo di amici, compagni ed estimatori, per uma cerimonia laica senza manifesti e corteo. Una cerimonia semplice e affettuosa, raccolta attorno alla moglie Luisa ed alle figlie Paola e Fiorenza. Il Sindaco di Bibbiano, Andrea Carlet-ti, ha rievocato le tappe della vita dello Scomparso. La figlia Fiorenza gli ha ri-volto parole di una lancinante dolcezza. La maestra Rosanna Ragni, a nome di un gruppo di “ragazze della Val d’Enza

03/03/1920-09/01/2015

Lutti

1920-2014

studentesse alle Magistrali anni Sessan-ta”, ha salutato il Professore “del quale eravamo tutte innamorate”.Bellissimo il testo a due voci alternate, con cui i coniugi belgi Jaques e Françoi-se, da decenni amici di Renzo e di Luisa (tanto che “piano piano ci siamo sentiti italiani di cuore”), hanno rievocato la lunga consuetudine e il ricco dialogo in-tellettuale intessuto per anni con l’amico Renzo.

In sua memoria Simona Cocchi e Si-monetta Gilioli offrono a sostegno del Notiziario

NINO FANTESINI

Una seconda grave perdita, dopo quella di Renzo Barazzoni, per la gente di Bib-biano, per noi dell’ANPI e per la sinistra reggiana: il 12 gennaio u.s., alla soglia dei 78 anni, ci ha lasciato Nino Fantesi-ni, nato in una famiglia contadina, per 20 anni custode in Comune, anima dell’AN-PI e di tutto il movimento democratico bibbianese. Presidente comunale della nostra associazione, Nino era anche di-screto e fattivo organizzatore del locale Partito democratico. Per anni ha avuto un ruolo fondamentale nelle feste dell’Uni-tà, in particolare in quel Parco Manara che era stata un po’ la sua creatura e che costituisce l’orgoglio di tutti i bibbianesi.A fianco di Loris Bottazzi e con il contri-buto di alto livello di Renzo Barazzoni, Nino ha contribuito per anni, con tutta l’ANPI bibbianese, alla realizzazione dell’Università della terza età.Straordinaria la sua attenzione verso le scuole, concretizzata anche nell’organiz-zazione dei Viaggi della Memoria al KL di Mauthausen.Il legame profondo dei bibbianesi, e non solo, con Nino, si è manifestato in pieno con l’abbraccio commosso di una grande folla che per oltre due ore lo ha avvolto nel commiato. Prima al Campo Manara, dove ne hanno tratteggiato la figura, con voce commossa, due ex Sindaci: Orio

13/02/1937-12/01/2015

Vergalli e Sandro Venturelli. Alle loro pa-role si sono aggiunte quelle di saluto del giovane segretario provinciale del PD, Andrea Costa, che ha reso omaggio ad un compagno, come Nino, che Andrea ave-va da pochi mesi conosciuto, ma nelle cui qualità umane aveva scorto tutto il valore di una tradizione che deve continuare a nutrire il nostro presente e la nostra attesa di futuro.Dopo il Campo Manara, ci si è sposta-ti nella frazione di Barco, dove il carro funebre è passato tra due ali di folla si-lenziosa, accompagnato dalle bandiere dell’ANPI, del PD e dello SPI-CGIL, fino al locale cimitero dove ulteriori pa-role di commiato sono state pronuncia-te dal Sindaco in carica Andrea Carlet-ti e dal sottoscritto a nome dell’ANPI provinciale.“Con la scomparsa di un protagonista si-lenzioso della nostra comunità – ha detto il Sindaco - avvertiamo un vuoto difficile da colmare: Nino ha vissuto fino in fondo la politica come spirito di servizio”.“Nel percorso di vita e di impegno pubbli-co di Nino – ho concluso – si riassumono i valori e le esperienze di tanti uomini e donne della sua e della mia generazione: dall’Associazione dei Pionieri, alla FGC, al PCI, ai mutamenti profondi che vi han-no fatto seguito e che abbiamo saputo accogliere senza dimenticare le nostre radici”.Da queste pagine rinnoviamo le più affet-tuose condoglianze alla moglie Vincenza, ai figli Simona e Michele, ai nipoti (a.z.)

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LuttiPIERINO BEggI

(gIgI)

E’ scomparso, il 9 gennaio, all’età di 94 anni il partigiano Pierino Beggi “Gigi”, aveva partecipato alla Resistenza in forza alla 37a GAP (Gruppi d’azione patriotti-ca). Chiamato alle armi allo scoppio della seconda guerra mondiale, passò tre anni nel Genio a Torino, fu catturato nel ca-poluogo piemontese all’indomani dell’8 settembre. Durante il trasporto su un treno merci, destinazione Germania, per una serie di circostanze fortuite, alle porte di Piacen-za, il convoglio si fermò e Gigi riuscì a fuggire. Tornato a Reggio aderisce subito alla Resistenza, ha contatti con i fratelli Cervi, entra nei GAP al comando di Rino Soragni “Muso” e Alfredo Casoli “Ro-binson” partecipando a numerose azioni fino al 25 Aprile. «Tra le innumerevoli e più rischiose azio-ni del Partigiano scomparso – ricorda Giglio Mazzi “Alì” nell’orazione fune-bre – voglio citare solamente le più note e pericolose registrate nella Storia della Resistenza Reggiana: l’ardita cattura dell’alto ufficiale tedesco delle SS per lo scambio col compagno “Muso”, catturato ed imprigionato dalla brigata nera; la par-tecipazione al grande combattimento/ra-strellamento del Ghiardo durante il quale cadde il gappista “Fiorello”, suo com-pagno di lotta fin dai primi giorni post 8 sttembre ’43; la clamorosa sottrazione al Comando tedesco, che lo voleva trasferi-re a Berlino, del sipario del Teatro Valli, noto capolavoro del concittadino Alfonso Chierici; la sua partecipazione alla visi-ta di solidarietà ed incoraggiamento che il Comando di Brigata – in bicicletta e pieno giorno – fece al sottoscritto, grave-mente ferito in una sperduta casa di lati-tanza della frazione di Marmirolo. «Ho voluto anche ricordare ai familiari e agli amici e a tutti i presenti alle esequie

03/03/1920-09/01/2015

i soprusi, le angherie e le ingiustizie che il ministro Scelba (subentrato a Romita) inflisse ai poliziotti ex Partigiani rimasti in servizio.Dopo il congedo dalla polizia, “Gigi” riprese la sua infaticabile opera, nelle file dell’ ANPI e delle altre Associazioni democratiche, in difesa dei valori della Resistenza e delle conquiste da essa sca-turite. Opera che continuò fino ai giorni nostri, finché la salute lo sorresse».

ANTONIO CATTANI (OSCAR)

Il 4 dicembre u.s. è deceduto, in età di 98 anni, Antonio Cattani, Oscar, partigiano combattente, Commissario di Brigata nel-la 76a SAP. In sua memoria la figlia Nusca , oltre ad un’offerta pro Notiziario, ha donato all’ANPI alcuni cimeli del padre, tra cui tre album contenenti collezioni di tessere dell’ANPI e di altre organizzazioni de-mocratiche, nonché collezioni di cartoline commemorative di eventi e personaggi della Resistenza italiana.

12/01/1916-04/12/2014

ERMANNO REDEgHIERI

Il 29 gennaio u.s. è deceduto a Brescia il prof. Ermanno Redeghieri, nato a Reggio Emilia nel 1941. Dopo il diploma presso l’Istituto magistrale “Matilde di Canos-sa”, Ermanno aveva intrapreso l’inse-gnamento nelle scuole elementari e con-temporaneamente gli studi universitari. Nel bresciano aveva poi insegnato, fino alla pensione, nelle scuole superiori. Da sempre militante di sinistra, col pen-sionamento si era dedicato in particolare all’ANPI bresciana stabilendo anche un rapporto intenso con l’ANPI di Reggio. Fraterne condoglianze ai figli Alberto e Chiara dalla nostra Associazione e dal-la redazione del “Notiziario”, di cui Er-manno era un fedele lettore.Di seguito pubblichiamo il messaggio inviato ai compagni di Brescia e postato anche sul nostro sito.

“Reggiano trapiantato a Brescia, ci lascia un compagno autentico, militante antifa-scista e comunista, figura di assoluto affi-damento dell’ANPI bresciana. Ermanno era solito portare a Reggio il medagliere dell’ANPI di Brescia in oc-casione delle celebrazioni dei fatti san-guinosi del 7 luglio 1960 e noi con al-

06/04/1941-29/01/2015

trettanta sincera fratellanza, portavamo a Brescia la bandiera dell’ANPI di Reggio, per l’anniversario della strage fascista in Piazza Loggia. Ci resta di Ermanno la profonda amici-zia e il convincimento di condividere gli stessi valori di democrazia, di pace e giu-stizia sociale, sanciti nella Costituzione nata dalla Resistenza antifascista. Il prossimo 28 maggio, quando tornere-mo a Brescia, porteremo sulla piazza, un fiore anche per lui e ci mancherà il suo sincero sorriso e la sua gioia per averci al suo fianco. Ermanno è morto il 29 gennaio in se-guito alla malattia che lo ha aveva col-pito all’improvviso e che non gli ha dato scampo. I funerali si sono svolti lunedì 2 febbraio alle ore 10.45 presso i crematori del cimi-tero di Santa Eufemia a Brescia. Ciao Ermanno, l’ANPI reggiana ti saluta”.

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AnniversariIl 13 marzo ricorrerà l’11° anniversario dalla scomparsa del Partigiano rivaltese Edmondo Fontanesi “Precis”, e lo scorso 9 novembre è ricorso il 4° anniversario della scomparsa della moglie Emma. La figlia Lorena, il genero Fabrizio e i nipoti Giulia ed Enrico li ricordano con immuta-to affetto e sottoscrivono in loro memoria.

EDMONDO FONTANESI (PRECIS)

Il 14 febbraio ricorreva il 14° anniversario della scomparsa del Partigiano Athos Bru-gnoli “Alvaro”, della 144a BGT Garibaldi. Il figlio Giuseppe lo ricorda e sottoscrive pro Notiziario.

11° ANNIVERSARIOATHOS BRUgNOLI (ALVARO)

14° ANNIVERSARIO

In memoria del marito Primo Montecchi nel 6° anniversario della scomparsa, av-venuta il 6 febbraio 2009, Angiolina Lelli offre pro Notiziario.

PRIMO MONTECCHI

Il 5 gennaio scorso ricorreva il 17° anni-versario della scomparsa di Werter Biz-zarri, ex internato militare in Germania. Lo ricordano sempre con affetto la moglie Valentina Rinaldi e la nipote Annusca e in suo onore sottoscrivono pro Notiziario.

6° ANNIVERSARIOWERTER BIZZARRI

17° ANNIVERSARIO

AMELIA, ARTEMIO, ITALO, REgINA E ALBERTO ROZZI

IN MEMORIA

In memoria dei Partigiani Amelia, Artemio, Italo, Regi-na e Alberto Rozzi, le famiglie Rozzi e Paglia offrono pro Notiziario.

La vecchia casa dei Rozzi, base partigiana sul greto del torren-te Crostolo a Rivalta (Reggio Emilia), oggi non più esistente.

SPARTO COCCONCELLI (DEMOS) e MADDALENA CERLINI (CICCI), ARMANDO (CAIO), COLORNO (D’ARTAgNAN), EMMA (KIRA) COCCONCELLI

IN MEMORIA

In ricordo dei genitori Sparto “Demos”, vice commissa-rio della 1a Divisione Bgt. Garbialdi, e Maddalena, e di Armando “Caio”, commissario distaccamento della 145a Bgt. Garibaldi, caduto a Ligonchio il 21 aprile 1945; Colorno “D’Artagnan”, della 77a Bgt SAP, ed Emma “Kira”, della 77a Bgt SAP, Armanda e il genero Livio offrono a sostegno del Notiziario.

Per ricordare il padre Virgilio Leoni, catturato dai tedeschi a Pinerolo l’8 settembre 1943, internato a Berlino-Magdeburgo, liberato dall’Armata rossa il 10 marzo 1945, dopo 549 giorni di prigionia, e, nel dopoguerra, iscritto all’ANPI, il figlio Ivan sottoscrive pro Notiziario.

VIRgILIO LEONIIN MEMORIA

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Anniversari

Oltre settant’anni fa, il 17 novembre 1944, a Legoreccio (Vetto d’Enza), ve-niva ucciso dai nazifascisti il Partigiano Lino Grossi “Piero”. Aveva 20 anni. Nel ricordarlo con affetto, la sorella Fermina sottoscrive pro Notiziario.

LINO gROSSI (PIERO)

Nel 13° anniversario della scomparsa del Partigiano Bindo Bonomi “Caramba”, av-venuta il 5 dicembre 2001, già presiden-te dell’ANPI di Fabbrico, la moglie Idilia (Mora) Bellesia, i figli e i parenti tutti, nel ricordarlo sempre con grande affetto, sotto-scrivono pro Notiziario.

IN MEMORIA

BINDO BONOMI (CARAMBA)13° ANNIVERSARIO

Il 22 gennaio scorso ricorreva il 5° anni-versario della scomparsa del Partigiano Olimpio Giovanardi “Brenno”, di Campe-gine, appartenente alla 77a BGT SAP “F.lli Manfredi”. La moglie Nedda Ferrari e le figlie in sua memoria offrono pro Notiziario.

OLIMPIO gIOVANARDI (BRENNO) Il 3 febbraio ricorre il 2° anniversario della morte di Sergio Moscardini “Scabroso”, partigiano della 145a BGT Garibaldi.Uomo onesto, generoso, gentile con tutti dedicò la sua vita alla famiglia, agli ideali di giustizia e all’impegno sociale. Lo ricor-dano nel modo in cui Lui avrebbe voluto sostenendo il Notiziario. La moglie Eles Franceschini, i figli Mirco e Mara, il nipote

5° ANNIVERSARIO SERgIO MOSCARDINI (SCABROSO)2° ANNIVERSARIO

LINO BERTANIVINA CAMPANINI

Per ricordare il marito Enzo Poli, antifa-scista, fotografo, persona sempre disponi-bile in tutte le occasioni, la moglie Virginia Francia sottoscrive pro Notiziario.

IN MEMORIA

ENZO POLIIN MEMORIA

Per commemorare la memoria dei ge-nitori Lino Bertani e Vina Campanini, le figlie Carla e Vera, ricordandoli con immutato af-fetto, offrono pro Notiziario.

FULVIO BARBIERI (gOR)14° ANNIVERSARIO

Il 27 gennaio ricorreva il 14° anniversario della scomparsa del Partigiano Fulvio Bar-bieri Gor, comandante di distaccamento della 144a Bgt Garibaldi. La moglie Pieri-na Castellani, il figlio Aldo e famiglia, nel ricordarlo con immutato affetto, sottoscri-vono pro Notiziario.

PIERINO (LUPO) ed EZIO CARETTAIN MEMORIA

La moglie Wanda Diacci ha sempre pre-sente il ricordo del marito Pierino Caret-ta detto Lupo e il suo carissimo figliolo il barbiere Ezio.

Marco e il fratello Giorgio in suo onore offrono a sostegno del giornale dell’ANPI.

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Il 23 aprile 2015 ricorre il 70° anniversario della battaglia contro i tedeschi avvenuta nei pressi della Lora di Campegine, in cui rimaneva ucciso il sergente partigiano Ma-rino Bocconi “Lampo”, di Poviglio, capo-nucleo di otto partigiani. Lo ricordano con affetto il fratello Denis e la nipote Marina sottoscrivendo a sostegno del Notiziario.

MARINO BOCCONI (LAMPO)

In ricordo del PartigianoWalter Bor-ciani Pacagnone, della 76a BGT “An-gelo Zanti”, il fratello Teobaldo offre pro Notiziario.

70° ANNIVERSARIOWALTER BORCIANI (PACAgNONE)

IN MEMORIA

Il 17 marzo ricorre il 5° anniversario del-la morte di Gianfranco Sarati. Nel ricor-darlo con tanto affetto, la moglie Orianna Santini, il figlio Fabrizio, la nuora Tizia-na e la nipotina Marianna sottoscrivono pro Notiziario.

gIANFRANCO SARATI5° ANNIVERSARIO

Sono cinque anni, il 15 febbraio, che ci manchi. A me sembra sempre ieri. La tua presenza rimane sempre viva tra le mura della nostra casa che abbiamo costruito con tanti sacrifici. Mai manca la tua mano forte che stringeva la mia nei momenti dif-ficili della nostra vita.

CESARE CARLINI5° ANNIVERSARIO

Anniversari

La moglie Ada Borgonovi, il figlio Nicola e la nuora Lariana ricordano, con immuta-to affetto, il Partigiano e sindacalista Re-deo Pecchini deceduto il 4 febbraio 2007.

REDEO PECCHINI8° ANNIVERSARIO

Mi manchi quando nelle manifestazioni dell’ANPI ti vedevo davanto con la tua bandiera e di questo non ci dimenticheremo mai, seguendo il tuo esempio con sincero affetto tua moglie as-sieme ai figli Ermes ed Eris, ai tuoi nipoti, che tanto hai amato, Alessandro Davide e Andrea, e le nuore Antonella e Lucia. Per onorare la tua memoria sottoscriviamo a favore del Notiziario.

Tua moglie Velia Carlini

Nel ricordo dell’indimenticabile Partigia-no Rino Soragni, “Athos”, “Libero”, detto familiarmente “Muso”, vicecomandante della 37a BGT “Vittorio Saltini”, medaglia d’argento al valor militare, scomparso tra-gicamente il 18 marzo 1961, Dimer Lan-fredi offre a sostegno del Notiziario.Gappista della prima ora (nov. 1943), So-ragni venne arrestato, assieme ad altri due partigiani, Tarasconi e Ghinolfi, nella zona

RINO SORAgNI (MUSO)54° ANNIVERSARIO

di Casa Roma di Grassano e rinchiuso prima nel campo di con-centramento di Bibbiano e successivamente nelle carceri di Par-ma. Dopo difficili e tribolate trattive con i nazifascisti, fu libe-rato nel dicembre 1944 scambiamdolo con un ufficiale tedesco catturato dai Partigiani. Riprese la lotta fino alla Liberazione..

A quasi 30 anni dalla scomparsa, avve-nuta l’11 settembre 1985, del Partigiano Aristide Brugnoli “Baderone”, della 77a BGT SAP, la moglie Pierina Righi e il figlio Gianni lo ricordano con immutato affetto e sottoscrivono pro Notiziario.

ARISTIDE BRUgNOLI (BADERONE)IN MEMORIA

In memoria di Giovanni Manelli, scom-parso il 30 ottobre 2009 Francesco Zam-bonini offre a sostegno del Notiziario

gIOVANNI MANELLIIN MEMORIA

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Anniversari

Licinio e Afra Marastoni ricordano con rim-pianto il 42° anniversario della scomparsa del loro amato figlio Marco. In sua memoria offrono pro Notiziario.

MARCO MARASTONI42° ANNIVERSARIO

In memoria di Gismondo Veroni “Borte-si”, la figlia Carla offre pro Notiziario.Gismondo era nato a Reggio il 3 apri-le 1912 e fin da giovanissimo s’impegnò nella lotta contro il fascismo, aderendo prima alla FGCI poi al partito comunista. Chiamato alle armi partecipò alla guerra d’Abissinia e allo scoppio della II guerra modiale a quella dei Balcani dove ha col-laborato con le formazioni partigiane dal-

gISMONDO VERONI (BORTESI)IN MEMORIA

Licinio e Afra Marastoni, nel ricordare con affetto il Partigiano Elio Trolli “Sergio” nel 16° anniversario della scomparsa, sot-toscrivono pro Notiziario.

ELIO TROLLI (SERgIO)17° ANNIVERSARIO

mate. Dopo l’8 settembre ’43, fu tra i primi organizzatori del-la Resistenza, rivestendo le cariche di Commissario dei primi GAP, Commissario del Comando piazza di Reggio Emilia, Co-mandante provinciale delle Brigate SAP e poi della 285a Brigata SAP Montagna. Per la sua attività partigiana venne deceorato di m.d’argento al v.m.E’ stato presidente dell’ANPI provinciale per oltre vent’anni. A lui succedette Giuseppe Carretti.

In occasione del 6° anniversario della scomparsa di Renato Orlandini, lo ricorda con grande rimpianto la moglie Rosanna Castellari e sottoscrive pro Notiziario.

RENATO ORLANDINI6° ANNIVERSARIO

Il 13 gennaio scorso ricorreva il 1° anni-versario della scomparsa del Partigiano Mario Beltrami “Marco” della 37a BGT GAP. Cosi Giglio Mazzi “Alì”, nell’ora-zione funebre, ricordava il comandante partigiano: “La prima volta che vidi e co-nobbi Marco fu nel gennaio ’45 quando Lui – in bicicletta assieme a Tancredi, Ro-binson, Ribin e Gonda (la nostra staffetta)

MARIO BELTRAMI (MARCO)1° ANNIVERSARIO

e sfidando le insidie ed i pericoli che quei tempi comportavano – venne a portarmi l’aiuto, il conforto e la solidarietà di tutto il Comando di brigata. In quel momento io ero ricoverato in uno sperduto casolare di Marmirolo, gravemente ferito dai colpi di pistola ricevuti nel corso di un sanguinoso scontro con un uffi-ciale delle SS italiane. Marco era, per noi più giovani, il mito, era il forte ed audace combattente che noi tutti avremmo voluto essere. Bel giovane, alto e slanciato e con quel suo giubbone di pelle scura che lo rendeva imponente, rappresentava anche il ragazzo idealizzato da tutte le ragazze combattenti e dalle staf-fette in particolare. Inoltre “Marco”, allora studente in medicina, all’occorrenza era anche il “dottore”, colui che in caso di neces-sità poteva assisterti, curarti e salvarti la vita. Insomma un mito su tutta la linea! Più avanti negli anni, ebbi modo di incontrarlo parecchie volte, quando Lui, veterinario capo del Comune di Reggio Emilia,e io dirigente delle Farmacie comunali riunite – ci riunivamo coi relativi staff per cercare di risolvere i vari problemi di comune interesse per i due Enti”. In suo onore il figlio Massimo sottoscri-ve a sostegno del Notiziario.

In memoria di Giovanni Bizzarri, ex inter-nato in Germania, la moglie Vienna Pinotti nel ricordarlo per la sua vita dedicata alla famiglia e al lavoro offre a sostegno del Notiziario.

gIOVANNI BIZZARRIIN MEMORIA

In memoria di Bruna Boni, la cugina Luciana Borelli offre a sostegno del Notiziario.

BRUNA BONIIN MEMORIA

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euro- ALESSANDRO CARRI – sostegno commemorazioni 70°.... 1.000,00- GIGLIO MAZZI – sostegno .................................................. 1.000,00- SERGIO VENEZIANI – sostegno ................................... 100,00- AMOS CONTI – sostegno ............................................. 100,00- ATTILIO BRAGLIA – sostegno 70° mostra d’arte Resistenza ........................................................... 100,00- ALDO BARBIERI - in memoria del padre Fulvio Barbieri “Gor” ..................................................... 100,00- AUSER – sostegno ...................................................... 50,00- ALESSANDRO CORRADINI – sostegno ....................... 50,00- ALBERTINA ROCCHI (Anna) – in memoria del marito Luigi Beggi e del figlio Denis ........................................ 35,00- BARBARA FERRARINI (Campegine) – sostegno .......... 100,00- IAURES e ADELMO TAGLIAVINI – in memoria della madre Maria Prandi ..................................................... 100,00- GIANPAOLO SIMONINI – sostegno ............................. 30,00- ALESSANDRO CORRADINI – sostegno ....................... 50,00- ROBERTO E GIORGIA CERVI – in memoria di Walter .. 150,00- COSETTA CUCCOLINI – sostegno ................................ 30,00- FABIANO UBALDI – sostegno ...................................... 30,00- ANGELO NASI – sostegno ........................................... 70,00- MAURO SACCANI – sostegno ..................................... 40,00- VITO BONORI – sostegno ............................................ 20,00- LAURA GIANNOCOLO – sostegno ............................... 100,00- GERMANO NICOLINI – sostegno ................................. 50,00- FRANCESCO CRAPIS – sostegno ................................ 40,00- DOLORES GRAZIOLI – sostegno ................................. 30,00- ADOLFO TONI – sostegno ........................................... 30,00- ISIDE MONTANINI – sostegno ..................................... 25,00- RINA VALENTINI – sostegno ....................................... 10,00- ALCESTE BASSI – sostegno ........................................ 50,00- GIULIANA SALSI – sostegno ....................................... 50,00- MARCELLO MARINELLI – sostegno ............................ 25,00- ENNIO PISTONI – sostegno ......................................... 30,00- ERASMO LESIGNOLI – sostegno ................................. 20,00- LUAR LAZZARETTI – sostegno .................................... 10,00- VALENTINA VALENTINI – sostegno ............................. 20,00- EDA MAURA RINALDI – sostegno ............................... 20,00- GINO TARTAGLIA – sostegno ...................................... 100,00- GIULIANO ROCCHI – sostegno .................................... 60,00- BRUNA GANAPINI SONCINI – sostegno ...................... 50,00- GIORGIO GUERRA – sostegno .................................... 50,00- MARCELLO GUIDETTI – sostegno ............................... 40,00- SERMIDE DONELLI – sostegno ................................... 20,00- ROSA MALAGUTI – sostegno ...................................... 50,00- GILDO VERONI – sostegno ......................................... 50,00- CIRCOLO ARCI PABLO NERUDA CADE’ – sostegno .... 100,00- ZORA MUSSINI – sostegno ......................................... 100,00- ANNAROSA MANFREDI – sostegno ............................. 50,00- OSCAR CORRADINI – sostegno .................................. 50,00- EVA LINI – sostegno .................................................... 30,00- AIRONE POLO – sostegno ........................................... 25,00- LUCIANO VANNI – sostegno ........................................ 10,00- DEA MONTANARI – in memoria di Pierino Beggi “Gigi”, 37” Brig. GAP ................................................................ 250,00- ENNIO FELICI – sostegno ............................................ 50,00- IVO RONDANINI – sostegno ........................................ 20,00

euro- ALESSANDRO OLIVA – in memoria del padre generale Adriano “Martini” ............................................................ 50,00- ANTONIA STEFANO CAMPARI – sostegno ..................... 20,00- ILEANA MONTANARI ROSSI – sostegno ........................ 20,00- ARGO PIGNEDOLI – sostegno ........... ............................ 15,00- ALBERTINA CAGOSSI BAGNACANI – sostegno ............. 10,00- ALESSANDRO OLIVA – sostegno .................................. 50,00- IAMES MANICARDI – sostegno ..................................... 30,00- AMILCARE MORETTI – sostegno ................................... 30,00- ATTILIO BEGOTTI – sostegno ........................................ 15,00- PAOLO GUALERZI e LOREDANA GIARONI – sostegno ..100,00- DANILO VARESI e MARINELLA ANCESCHI – sostegno . 50,00- DANIELA BARTOLI BENZI – sostegno ........................... 50,00- RENZO SPAGGIARI – sostegno ..................................... 20,00- FAUSTA UGOLOTTI – sostegno ..................................... 50,00- ALFONSO MERZI – sostegno ........................................ 50,00- LELLA COCCOMERI – sostegno .................................... 30,00- PIETRO GIANOTTI – sostegno ....................................... 30,00- UGO DEL SANTE – sostegno ......................................... 20,00- GIANNETTO MAGNANINI – sostegno ............................ 70,00- ATTILIO IBATICI – sostegno .......................................... 20,00- ORELEI INCERTI – sostegno ......................................... 20,00- UMBERTO ORLANDINI – sostegno ............................... 15,00- GIULIANA STORCHI – sostegno .................................... 30,00- ENZO AZZALI – sostegno .............................................. 10,00- ELETTA BERTANI – sostegno commemorazioni 70° ..... 500,00- ADA BORGONOVI e NICOLA PECCHINI – in memoria di Redeo Pecchini ............................................................... 150,00- GIORGIO PRATI – in memoria di Antonio Cattani “Oscar” Commissario politico precollinare ................................... 50,00- PAOLO ROZZI – in memoria di Roberto, Artemio, Italo, Regina, Amelia Rozzi ...................................................... 150,00- DIMER LANFREDI – in memoria del partigiano Rino Soragni “Muso” ..................................................... 50,00- NEALDA DONELLI – sostegno ....................................... 30,00- MASSIMO BELTRAMI – in memoria del padre Mario Beltrami “Marco” .................................................. 50,00- MAURO BORTOLANI – sostegno ................................... 50,00- DENIS e MARINA BOCCONI – in memoria del fratello Marino Bocconi “Lampo” ................................................ 50,00- GIANNI CATELLANI – sostegno ..................................... 50,00- FAM. CARRETTI-PIOPPI – sostegno ..............................100,00- PAOLO ATTOLINI – sostegno ........................................ 20,00- IVAN LEONI – in memoria del padre Leoni Vigilio ex IMI .. 100,00- FERDINANDO GUALANDRINI – sostegno ...................... 20,00- ANGELO BARIANI – sostegno ....................................... 50,00- CLAUDIO GHIRETTI – sostegno .................................... 100,00- NEDDA FERRARI – in memoria di Olimpo Giovanardi ... 20,00- CARLO e STEFANIA GOVI – sostegno ............................ 25,00- MARCO ROCCHI – sostegno ......................................... 50,00- OLIVIA COLLI – sostegno ............................................. 30,00- LICINIO e AFRA MARASTONI – in memoria di Elio Trolli e Marco Marastoni .......................................................... 200,00- VALTER CROVEGLI – sostegno ..................................... 50,00- FRANCESCO BERTACCHINI – sostegno ........................ 50,00- TEOBALDO BORCIANI – in memoria del fratello Walter Borciani “Pacagnone” .......................................... 50,00

notiziario

i sostenitori

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euro- ALFREDO CERIOLI – sostegno ...................................... 50,00- LUCIANO BONACINI – sostegno .................................... 50,00- CARLA VERONI – sostegno ........................................... 100,00- NEALDA DONELLI – sostegno ....................................... 30,00- MAURO BORTOLANI – sostegno ................................... 50,00- FAM. MOSCARDINI-FRANCESCHINI – in memoria di Sergio Moscardini “Scabroso” ........................................100,00- GILBERTO DAOLIO – sostegno ...................................... 50,00- PEPPINO “CHICO” CATELLANI – sostegno .................... 30,00- VELIA INCERTI CERLINI – in memoria del marito Cesare Cerlini .................................................................. 50,00- ENZO BORCIANI – in memoria di Walter Borciani ......... 30,00- ANGIOLINA LELLI – in memoria di Primo Montecchi .... 50,00- MORA BELLESIA – in memoria di Bonomi Bindo .......... 200,00- ARMANDA COCCONCELLI – in memoria dei genitori Sparto e Maddalena con Armando, Emma, Colorno ........250,00- FAUSTO RONTANI Centro d’Arte il Voltone – sostegno .. 80,00- SIMONA e SIMONETTA COCCHI – in memoria di Renzo Barazzoni .............................................................. 50,00- FERNANDO CAVAZZINI – sostegno ............................... 100,00- MAURIZIA CAVAZZINI – sostegno ................................. 50,00- VALENTINA RINALDI – in memoria di Werter Bizzarri ... 50,00- GIUSEPPE BRUGNOLI – in memoria del padre Athos “Alvaro” ............................................................... 50,00- LORENA FONTANESI – in memoria del padre Edmondo Fontanesi “Precis” ........................................ 100,00- FIRMINA GROSSI – in ricordo del fratello Lino caduto a Legoreccio ........................................................ 50,00- ERIO PATERLINI – sostegno ......................................... 30,00

notiziario

i sostenitorieuro

- ANNA BONACINI MUNARI – sostegno .......................... 20,00- MARIO BONILAURI – sostegno ..................................... 25,00- PIERINA RIGHI – in memoria del marito Aristide Brugnoli ............................................................ 50,00- REMO GOVI – sostegno ................................................. 30,00- GIANCARLO RUGGIERI – sostegno ............................... 50,00- CARLA MAZZIERI – sostegno ........................................ 20,00- LUCIANA BORELLI – in ricordo di Bruna Boni ............... 25,00- FRANCESCO ZAMBONINI – in ricordo di Giovanni Manelli ............................................................. 30,00- ROSANNA CASTELLARI – in ricordo del marito Renato Orlandini ............................................................ 100,00- ORIANNA SANTINI – in memoria del marito Gianfranco Sarati ........................................................... 150,00- CENTRO SOCIALE “ORTI DI MONTENEGRO” – sostegno .. 100,00- LINDA GARAVALDI – sostegno ..................................... 30,00- ENZA ISTELLI e A.GRASSELLI – sostegno .................... 20,00- ENZA BASENGHI – sostegno ......................................... 10,00- SPI CGIL SCANDIANO – sostegno ................................ 20,00- BRUNO VIVI – sostegno ................................................ 20,00- IVANO MASONI – sostegno .......................................... 20,00- WANDA GHIACCI – in memoria del marito Pierino Caretta e del figlio Ezio ................................................................ 40,00- VERA e CARLA BERTANI – in memoria dei genitori Lino e Vina Campanini ................................................... 60,00- VIRGINIA FRANCIA – in memoria del marito Enzo Poli .. 60,00- VIENNA PINOTTI – in memoria del marito Giovanni Bizzarri ............................................................. 25,00

il SoSteGNo Delle SeZioNi ANPi Al NotiZiArio

- Cittadina “Dorina Storchi”.................... 200,00

- San Pellegrino ..................................... 200,00

- “Pistelli” .............................................. 200,00

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ragionando di islam e di shariya nella moschea

di via Flavio Gioia

Sabato 17 gennaio sono entrato nel Centro islamico di Via Flavio Gioia, zona “Reggiane”, a due passi dal Centro interna-zionale Malaguzzi. Porto agli amici che mi aspettano una co-pia del Notiziario di dicembre, dove si scrive anche di loro. Mi accoglie Karim (“manutentore di condomìni”), già ascoltato al telefono anche con una sua battuta in dialetto reggiano. Ed ecco Hilal Yunes (operaio). Ricordo loro l’impegno dell’ANPI per la scuola d’infanzia in Palestina, a Silat al Daher. Manifestano vivo apprezzamento.Da ultimo, solenne nella lunga veste grigia e lo zucchetto nero, il giovane Imam Mohammed Abdel Jalil, che da un anno svol-ge il suo servizio a Reggio Emilia, mentre la moglie e le due figliolette vivono a Firenze, dove le raggiunge una volta alla settimana.Il dott. Jalil non parla italiano. La conversazione si svolge con i primi due, che di tanto in tanto, su argomenti più “teologici”, hanno rapide consultazioni con l’ Imam.Le centinaia di fedeli della Moschea (Masjid) di Via Gioia sono in gran parte arabofoni (marocchini, egiziani, ecc.). Ma ci sono anche quelli che non parlano arabo, provenienti da Nige-ria, Burkina Faso, Bangla Desh. Il filone seguìto, a cominciare dall’Imam, è quello sunnita. “Ma accogliamo anche gli sciiti – precisa Karim – il Corano è sempre il medesimo”.“Da molto tempo – mi dice Karim – le omelie degli imam si svolgono in arabo, seguite, frase per frase, da una traduzione in italiano, letta in un testo già predisposto. Alcuni filmati mostra-no Hilal impegnato nella bisogna. Le omelie sono sempre basa-te su citazioni coraniche. Non conoscendo io l’arabo, non saprei dire quanto le traduzioni corrispondano agli originali.Ma allora com’è che nelle dispute sulla stampa locale (la tradu-zione c’è, no non c’è) il dott. Lodovico Zamboni (Prima Pagina Reggio 13 gennaio 2015) sostiene che per tradurre una “omelia” (qhutba) a lui, da trent’anni musulmano ed esperto di lingua ara-ba, non basterebbero 7 ore.“Certo – precisa con competenza Karim – ogni versetto, a volte ogni parola che solo in arabo hanno il loro pieno senso – richie-derebbero un ragionamento ...”. E conviene che proprio per que-sto le edizioni in italiano del Corano (ad esempio quella a cura di Hamsa Piccardo) recano abbondanti note a pie’ di pagina. Come le Scritture sacre ebraiche, del resto, aggiungo io.Ma ecco un esempio in uno dei filmini dal loro computer: “Non rispondere a un peccato con un altro peccato” – recita Hilal dopo l’Imam – “Rispondi a una cattiva azione con una miglio-re”. E’ un filmato del dicembre 2014, tra l’altro, cioé di prima dell’eccidio “in nome di Allah” del 7 gennaio a Parigi.Ancora del dicembre scorso, e in vista del Natale, ecco un’ome-lia su Gesù (Issa, in arabo, Yehoshua, in ebraico). “Issa, la pace di Allah su di Lui, figlio di Maria”. Seguono parole di lode, ma anche di precisazioni varie, che ricordano la Sura V (Della Ta-vola Imbandita) e soprattutto la XIX, Maryam, appunto.E allora perché genitori musulmani non gradiscono il Presepe

nelle scuole elementari?Un conto è rispetto per Gesù in quanto Profeta, dice in sostanza Karim, altro conto è indicarlo come figlio di Dio, Dio egli stesso ... In grave contrasto con il concetto islamico (ed ebraico) del Dio unico. Maometto poi è l’ultimo Profeta, il Sigillo di Dio che chiude il ciclo della profezia iniziata nell’antico Israele...Lascio stare il Presepe e la Trinità e tento un accenno alla que-stione delle interpretazioni letterali delle scritture, che in trop-pe parti del mondo islamico danno luogo ad applicazioni san-guinose della Shariya: lapidazione dell’adultera, decapitazioni per “blasfemia”, i massacri di massa dei Boko Haram contro cristiani e musulmani...Aggiungo che da secoli, ebrei e cristia-ni, hanno smesso di applicare alla lettera analoghe prescrizioni della Bibbia. Comunque, per quanto rguarda il mondo islamico, i fondamentalisti sono “Ginta ch’in armès indrè, ma poi ci sono anche gli interessi”, taglia corto il poliglotta Karim, che parla anche in dialetto. E spiega, mostrandomi il cellulare:”E’ come se io volessi ancora oggi comunicare con i colombi viaggiatori anziché con questo! Insomma c’è la modernità. Poi chi sa dav-vero interpretare il Corano e la Shariya sono persone colte come il dott. Abdel Jalil (e lo indica con la mano), non delle persone ignoranti come quelle là”.Gli amici ci tengono poi a mostrarmi altri spezzoni di filmi-ne con le feste del loro centro fatte talvolta anche negli spazi all’aperto messi a disposizione da don Daniele Simonazzi e che hanno visto l’amichevole partecipazione del Sindaco Del Rio,

società

di Antonio Zambonelli

Gennaio 2015, Centro islamico di Via Flavio Gioia. Da destra, con zuc-chetto nero: l’imam Mohammed Abdel Jalil, dottorato all’Università islamica Al-Azhar del Cairo, Karim Abdel Krim, da 30 anni qui, parla italiano e dialetto, Hilal Yunes,operaio, nei filmati traduce in italiano le parole dell’Imam

CON KARIM, HILAL E L’IMAM ABDEL JALIL

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di Natalia Maramotti, ecc. Insomma, gli amici di via Flavio Gio-ia, con l’assenso ripetuto dell’Imam, ci tengono ad affermare la loro estraneità rispetto al fanatismo omicida di certo fondamen-talismo. Lo hanno anche dimostrato, loro come altri musulmani reggiani di altre associazioni, con la partecipazione vivace, uo-mini e donne , ragazzine col velo comprese, alla manifestazione contro il massacro dei redattori di Charly ebdo.“Noi non siamo qua dentro chiusi tra di noi. Abbiamo porte aperte. Qua si può entrare anche durante le nostre cerimonie religiose,come il Ramadan”, dicono.Concordano in pieno che la cosa migliore è incontrarsi, cono-scersi reciprocamente. Accennano ad un gruppo di lavoro inter-

religioso, cristiano-islamico, che si era formato, ma dagli svi-luppi ancora incerti.Sono felici di avere ospitato, in collaborazione con Istoreco, at-torno al Giorno della memoria 2013, la mostra Besa, dedicata ai Musulmani albanesi proclamati da Yad vaShem “Giusti fra le nazioni” per aver salvato gruppi di ebrei durante l’occupazione nazista.Sono fieri di questo grande capannone dove mi hanno ricevuto, un edificio che hanno acquistato col contributo di centinaia di fedeli e sistemato, poi ricorrentemente manutenuto, con il la-voro volontario. Lascio i miei recapiti telefonici ed elettronici. Torneremo ad incontrarci.

lA MAFiA Dei CANtierioGGi e 45 ANNi or SoNo

Fin qua il comunicato stampa da noi diffuso il giorno dell’esplosione del caso Reggio epicentro della penetrazione ‘ndranghetista.Si è nel frattempo aperta una specie di gara, sulla stampa locale, a chi riesce a trovare la data più lontana a partire dalla quale sia partita la penetrazione ‘ndranghetista dalle nostre parti.Mi sono ricordato che quando collaboravo al periodico “Reg-gio15”, pubblicato dal 1966 al 1970, ci occupammo dell’argo-mento. Sul numero del novembre 1970 ecco uno strillo su tutta la copertina: La speculazione edilizia genera anche a Reggio LA MAFIA DEI CANTIERI. Sia rileggendo il testo del servizio relativo, sia da quanto mi par di ricodare, si trattava di fenomeni che riproducevano a Reggio situazioni, non ancora di ‘ndrangheta ad alto livello, ma di più modesto caporalato tipico di assolate piazze del profondo sud. Nel caso in oggetto, di una piazza cutrese.Rileggiamo qualche brano del servizio risalente al lontano no-vembre 1970 (45 anni or sono!):“la questura di Reggio è riuscita ad avere dati certi circa l’aber-rante rapporto di lavoro stabilito dal L.R.(caporale) con la sua squadra, soltanto in seguito all’arresto del giovane, il quale, per una questione di precedenza automobilistica, scese dalla propria FIAT 124 targata MI, puntando una pistola contro altri auto-mobilisti. Privo del regolare porto di un’ arma dalla quale, tra l’altro, era stato cancellato con una lima il numero di matricola, il L.R, per dimostrare, nonostante le apparenze “pistolere”, la propria qualità di persona che vive lavorando onestamente, non ebbe esitazioni a dire tutto sul cottimismo”. [...]“Ormai la stragrande maggioranza dei maschi validi di Cutro vive nell’emigrazione. Man mano che le nuove leve di 13, 14 anni arrivano a Reggio per “far fortuna”, vengono captati dai vari caporali” dopo un breve indottrinamento “l’impressione del giovane cottimista è del tutto conforme a quanto gli ha detto il caporale […]. E fin che tutto fila liscio la vita è bella. I guai

> L’ANPI reggiana plaude calorosamente all’azione meritoria della Magistratura e delle Forze dell’ordine per il faro di luce gettato sui tentacoli della piovra ‘ndranghestista che da anni si sono inseriti nell’economia della nostra terra con agganci ed appoggi di devastante portata nei più diversi settori.

Da anni l’Associazione degli ex partigiani e di tutti gli antifascisti è impegnata, con altri soggetti, nell’azione educativa contro le mafie.Il giorno della Memoria, 27 gennaio u.s., il Presidente Giacomo Notari, il Segretario, e storico, Antonio Zambonelli, hanno incontrato studenti del BUS Pascal, per un colloquio su Memoria attiva, Valori della Resistenza ed impegno nel presente. Ad attualizzare il tema la studentessa universitaria e socia ANPI Francesca Nicolini, che ha raccontato, anche per immagini, l’esperienza da lei compiuta in Calabria sulle terre confiscate alla ‘Ndrangheta, proprio

nella zona tra Cutro e Isola Caporizzuto. Ha detto bene il Sindaco di Reggio Luca Vecchi: “ Anche la lotta alla mafia è la nostra nuova Resistenza <

nascono se il cottimista si infortuna... Non coperto da alcuna assicurazione, si rivolgerà al Municipio... Oppure, in qualche caso, è lo stesso caporale – vero e proprio padre di una gran-de famiglia, secondo la struttura sociale mafiosa – che trova il medico e pensa a pagarlo, meritando per questo la sconfinata gratitudine del beneficiato [...]. Ovviamente gli aspetti paramafiosi riscontrabili in quesra com-plessa rete di rapporti umani trapiantati dalla Calabria a Reggio, non avrebbero potuto attecchire e non potrebbero svilupparsi se non avessero trovato in loco un terreno favorevole. Ma di questo problema, e della risposta che i sindacati tentano di dare... così come delle insufficienze degli organi di stato preposti sl control-lo del rispetto delle leggi sul lavoro, parleremo in un prossimo servizio”.Così si scriveva 45 anni or sono, quando peraltro il nome ‘ndran-gheta era sconosciuto (a.z.).

Il procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso con il procuratore capo antimafia, Franco Roberti durante la conferenza stampa dopo

l’operazione anti ‘ndrangheta “Aemilia”

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resistenza e Arte: pittura partigiana

A reggio emilia dal

14 Marzo al 25 Aprile

presso i chiostri di

San Domenico

A Un percorso espositivo che celebra la produzione pittorica di ex partigiani e artisti impegnati nella nar-razione d’imprese che han-no portato alla nascita di

un’iconografia memoriale

In continuità è il percorso di fotografia contemporanea

e audiovisivi a correggio

dal 25 Aprile al 25 Maggio Palazzo dei Principi

Resistenza e Arte: eredità e contemporaneità, che

dal mito della lotta partigiana dialoga con il concetto di

Resistenza nel tempo presente.

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01-032015

gen-mar

Eletta Bertani, Anna Appari, Ione Bartoli, Federica Viani, prof.ssa Bruna Partesotti, 2a C Scienze applicate Liceo “A. Moro” (RE), Bi.Gi., Anna Fava, Anna Salsi, Albertina Soliani

hanno scritto

8 marzoUn desiderio forte per tutte le donne: esserci in Libertà!

Ieri e oggi ancora

protagoniste