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Numero Zero - Il Magazine di Maratea - N1 febbraio 2013

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Arte, Musica, Spettacolo ,Sport , Cucina e Paesaggio in un unico canale multimediale: NUMERO ZERO, il magazine di MARATEA.

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“Numero Zero”: cos’è? A cosa serve?Il nostro è un ambizioso progetto, nato per volontà, idea ed iniziativa di un volonteroso gruppo diragazze e ragazzi di Maratea, che vogliono valorizzare tutte le potenzialità del proprio paese ed in particolare quelle inerenti alle arti grazie al potente mezzo della stampa e quello, ancor più forte, di internet. Informazione, curiosità, ricerche: qui troverete tutto questo e altro ancora. Il web ci offre la possibilità di realizzare questo nostro progetto e di distribuirlo gratuitamente ovunque, sfruttando anche gli strumenti dei vari social network presenti sulla rete, e di farne la voce di una comunità ha tanto da dire.Allora, pronti? Si comincia!

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Riccardo Polcaro nasce a Firenze nel 1985, mamma lucana e padre originario di Maratea. Si diploma presso l’istituto tecnico industriale professionale di fotografia, studia fotografia all’accademia di belle arti di Firenze L.a.b.a. Lavora come fotografo professionista.

Numero Zero nasce un po’ per caso, per gioco, per volere di una testa matta che un bel giorno ha avuto l’idea di voler parlare di Maratea, perché di talenti e di cose belle ce ne sono tante, ma ben nascoste. Bisognerebbe solo imparare a valorizzare un po’ di più quelle che sono le risorse della bella Maratea

Riccardo PolcaroFounder Of NumeroZero

Riccardo Polcaro

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Editorial

Francesco

Luca Luongo Chiara Graziano

Luca Corazzini

Luca Luongo, nato nel 1989 a Maratea, studia cinema e teorie e pratiche della comunicazione di massa a Roma. Si occupa per passione della storia locale di Maratea e della Basilicata.

Chiara Graziano è nata nel 1994 a Maratea, dove frequenta l’ultimo anno del Liceo Scientifico. Si occupa di arte cultura e territorio.

Luca Corazzini, nato a Maratea nel 1989, inizia ad avvicinarsi all’escursionismo nel 2006 facendo delle uscite amatoriali in montagna .Nel 2011 diventa socio del C.A.I si occupa della rubrica di escursionismo.

Francesco Fontana, nato a Maratea nel 1995, frequenta il liceo scientifico. Appassionato di sport, collabora con diversi quotidiani e magazine lucani e cura la rubrica sportiva del lunedi’ sera su Marateawebradio, e ovviamente si occupa di Sport.

NumeroZeroMagazine

Cos’é?Numero Zero è un ambizioso progetto informativo che nasce come web-magazine dall’idea di alcuni ragazzi di Maratea con la voglia di valorizzare e informare il proprio paese.

Chi siamo?La redazione è composta da 7 ragazzi, tutti originari di Maratea.

Quali sono gli argomenti trattati?Ogni mese verranno trattati argomenti diversi quali arte, cucina, sport, musica (con interviste a band locali), attualità e spettacolo.

Dove ci puoi trovare?NumeroZero TwitterNumeroZero Facebook

[email protected]

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L’iconografia Di san Biagio nell’arte di Maratea

Il nuovo giornale di Maratea non può non pagare il suo omaggio a S. Biagio. Corre come l’obbligo di dedicare uno spazio, anche piccolo, al santo che la comunità cristiana di Maratea ha scelto come suo patrono e che tanto viene ed è stato venerato, tanto sul piano squisitamente religioso, tanto su quello artistico. Ed è proprio di questo secondo piano che vogliamo parlare, passando in rassegna come il santo armeno è stato rappresentato nelle opere d’arte locali nel corso dei secoli.

LUCA LUONGO

La pittura: affreschi e quadri

Una buona parte del vasto patrimonio artistico di Maratea è costituita dagli affreschi e quadri che ornano chiese e cappelle. Eccezion fatta per la pittura rupestre che ancor oggi si vede (sebbene sempre con più fatica...) nella Grotta dell’Angelo, caso isolato di arte altomedioevale pervenuta fino ad oggi, e per il bell’affresco trecentesco scoperto nell’antica chiesa di S. Pietro sotto l’Immacolata nel centro storico, i più antichi esemplari d’arte pittorica a Maratea risalgono al XVI secolo. Ed in essi non è certo un caso appare S. Biagio. È il caso delle tre opere che ornano gli altari delle cappelle presso l’antico convento dei Cappuccini. Probabilmente opera di artisti diversi, riproducono come in serie un trittico composto dal santo patrono, la Vergine Maria e il santo a cui era dedicato l’altare: in quella più a sinistra possiamo vedere S. Rocco, in quella più a destra (pare) S. Elisabetta d’Ungheria, mentre di quella centrale poco sappiamo, essendo stata la pittura troppo usurata dal tempo, divenendo illeggibile. In entrambi gli affreschi sopravvissuti S. Biagio appare vestito da vescovo, con pastorale e rasta in mano e una lunga barba bianca sul viso. Non diversa è la rappresentazione scelta dall’anonimo autore dell’affresco nella chiesetta di S. Francesco dei Poverelli, posta nel dedalo dei vicoli del centro storico. Recentemente restaurata, l’opera è anch’essa un trittico con la Madonna al centro e l’altro santo, in questo caso il poverello di Assisi, al lato destro.

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L’iconografia Di san Biagio nell’arte di Maratea

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S. Biagio in gloria, dipinto del XVIII sec. conservato nella basilica di S. Biagio

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La rappresentazione trittica è difatti ricorrente in tutte le opere cinquecentesche delle chiese marateote: oltre agli altri affreschi, cioè quello ormai quasi distrutto della cappella di S. Giovanni, posta nell’omonima contrada; e quello, splendido e splendidamente restaurato, della cappella di S. Lucia all’Ondavo – dove però, caso unico, S. Biagio è disegnato a destra e non a sinistra della Vergine era un trittico anche la stupenda pala d’altare confezionata nel 1579 da Michele Curia per l’altare maggiore della basilica santuario al Castello. Quest’opera, in legno intarsiato d’oro zecchino, è purtroppo scomparsa dopo i controversi restauri del 1963-69, e rappresentava , «dipinti con pennello maestro», la Madonna delle Grazie con S. Biagio e S. Giovanni Battista. Nel secolo XVII appare nella chiesa del Rosario il quadro della Madonna del Soccorso con santi, opera di un anonimo artista napoletano, in cui figura, in un angoletto, l’immagine di S. Biagio. Qui il santo appare molto defilato, con un disegno che forse ricorda molto più le raffigurazioni del S. Gennaro napoletano che del patrono di Maratea. Sempre nella chiesa del Rosario troviamo altre due tele, però del XVIII secolo, entrambe di notevole fattura, che raffigurano il vescovo di Sebaste in ginocchio davanti alla Vergine Maria: il primo è sull’altare maggiore, il secondo al centro del soffitto. In quest’ultimo, opera di Gaetano Cusati del 1715, il patrono S. Biagio appare prostrato innanzi alla scena dell’Assunzione insieme con S. Francesco di Paola. Insieme allo stesso santo S. Biagio appare pure nella tela ad olio posta sull’altare maggiore della chiesa dedicata al santo calabrese, chiesa annessa all’antico convento dei Paolotti (oggi sede dell’istituto professionale alberghiero). È da notare che in queste ultime opere, caso unico in tutto il repertorio marateota, S. Biagio è disegnato senza cappello! Sempre del Settecento è il pregevole quadro del Martirio del santo, posto sull’altare a sinistra della navata della chiesa dell’Addolorata nel centro storico. La scena, tratteggiata da ignoto artista, rappresenta il momento della tortura sull’eculeo. Al XIX secolo risalgono invece il quadro di S. Biagio a figura intera nella Chiesa Madre di S. Maria Maggiore, in cui ai lati del santo appaiono delle colonne di marmo da cui sgorga la Santa Manna, e il dipinto, bello quanto poco conosciuto, del santo a mezzo busto nella chiesa dell’Addolorata a Cersuta, datato al 1862. In quest’ultimo al santo sono attribuiti i lineamenti di un uomo orientale, forse a voler sottolineare l’origine etnica dell’armeno.La scultura: le statue nelle chiese.

Uno degli affreschi delle Cappelle ai Cappuccini

Affresco della cappella di S. Lucia all’Ondavo

LUCA LUONGO

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La scultura:le statue nelle chiese

La più celebre statua di S. Biagio è ovviamente quella che si porta in processione durante i solennissimi festeggiamenti di maggio. Com’è risaputo, la statua attuale, lavorata in 64 kg di argento, è stata confezionata dall’artista veneziano prof. Romano Vio nel 1979 dopo il furto dell’antico originale.Non ci è nota l’epoca in cui, per la prima volta, i nostri antenati vollero costruire un simulacro del santo patrono. Le uniche notizie che abbiamo in merito sono quelle tramandate da Carmine Iannini, sacerdote che fu rettore del santuario di Maratea dal 1804 al 1835, in una sua lunga memoria storica sulla città e sul santo. Scrisse il Iannini che «sulle prime si fece tutta di legno dipinto; cioè la testa e le mani, a color di carne: il busto a mettà: vestito di Camice color bianco, e piviale color rosso; e la mitra in testa di varj colori. Poi alla Statua si fecero la testa, e le mani di argento, e la mitra di Canavaccio d’oro, [...]. Finalmente tutta di argento, con la mitra parimenti di argento si costruì. [...] Fù sempre com’è la Statua a mezzo busto;; ma l’ultima è di una Vista tanto Maestosa, che non si sà affatto spiegare; e si discerne pure la diversità dell’argento, essendo quello della testa, e delle mani, perché più antico, assai più eccellente di tutto il rimanente.» È ancora a venire una ricerca storica che faccia luce sulle epoche precise dei vari rimaneggiamenti alla statua. Sappiamo però che l’ultima versione, quella totalmente in argento, fu opera dello scultore napoletano Domenico De Blasio nel 1706. Questa statua, nel corso della sua esistenza, visse non poche peripezie: nel 1806 finì addirittura in mare, nei pressi dell’isola di Dino, dove era stata portata per evitarne la confisca da parte dei soldati napoleonici venuti a muovere battaglia contro il Castello di Maratea.La statua attuale è molto simile all’originale. Ne ricalca fedelmente l’impostazione formale, con il santo vestito da vescovo, a mezzo busto, che regge il pastorale e la rasta in una mano e benedice con l’altra, avendo ad un lato un giglio su cui poggia la figura di un bambino. Le uniche differenze appariscenti sono il diverso disegno del cappello e della barba, e l’altezza della pastorale, che nell’originale era minore della testa con la mitra, mentre nella nuova è superiore.

Una copia della statua argentea settecentesca si trovava nella chiesa dell’Annunziata nel centro storico. Fu fatta fare a Napoli, in legno, per desiderio del cappellano Filippo Tarantini nei primi anni dell’Ottocento. Oggi non esiste più: fu sostituita da una nuova copia, sempre in legno ma con la pastorale in bronzo, negli anni ’70 del secolo scorso. Una statua di legno, ma a figura intera, esiste nella chiesa di S. Francesco di Paola: di ottima fattura e bel disegno, rappresenta S. Biagio sempre vestito da vescovo, con abiti e mitra indorati e il viso color carne. Una simile statua, ma di fattura abbastanza mediocre, è quella posta sopra la porta d’ingresso all’interno della chiesa del Rosario. La più antica statua di S. Biagio conservatasi invece risale al Seicento. Fu fatta fare da Francesco Ventapane per ornare la porta principale delle antiche mura di Maratea Castello. Molto piccola, rappresenta il santo insieme ad un bambino che chiede il suo soccorso: oggi si trova posta al centro del timpano della facciata della basilica santuario.

Colonna

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La Scultura Monumentale

Posta innanzi alla chiesa dell’Annunziata in posizione dominante lungo il corso della “piazza” del centro storico, la colonna monumentale di S. Biagio è una figura cara ad ogni marateota. Ripulita un paio di anni fa dall’annerimento causato dallo smog, la statua di marmo rappresenta il santo a figura intera, vestito da vescovo con mitra, rasta e pastorale (quest’ultimo in bronzo) mentre benedice i viandanti. Se ne ignora l’autore, ma sappiamo che fu realizzata a Napoli nel 1758 a spese dei pizzicagnoli di Maratea che risiedevano nella città partenopea e, trasportata sulla paranza di Cataldo Jaccarini, sbarcò al Porto il 24 giungo, accolta con fuochi d’artificio e festeggiamenti. Rimasta lì esposta fino al 1° luglio, fu salita fino al paese accompagnata da due sacerdoti, e finalmente posta sulla colonna che tradizione vuole esser stata rinvenuta in mare a largo della spiaggia “nera” di Cala Jannita il successivo 13 luglio con solenne cerimonia. Bello è il lavoro di scalpello, squisitezza dell’artista il ricamo dell’abito ai piedi. Altra scultura in marmo è quella del medaglione della Regia Cappella nel santuario a Maratea Castello. Fu realizzato nel 1878 dal marmista Domenico Goglia durante il restauro della cappellina che accoglie l’urna con le reliquie del santo sebasteno, in sostituzione di un’altra immagine, in stucco intarsiata d’oro zecchino, risalente al XVII secolo. Rappresenta S. Biagio a mezzo busto, con pastorale e mitra, in alto rilievo e un braccio proteso in avanti a tutto rilievo.

Xilografia

La più antica immagine votiva che si conserva a Maratea di S. Biagio risale al XVII secolo. È una xilografia che rappresenta un’immagine stilizzata della Regia Cappella del santuario, dalle cui colonne escono gocce di Manna. Nel centro il disegno del santo, accompagnato da due angeli, in posa benedicente. L’immagine venne realizzata da un incisore napoletano per devozione dei fratelli Flora di Maratea.Più conosciuta, e forse più bella, è la xilografia realizzata nel 1790 per ornare il retro di copertina del libro di Domenico Lebotti, parroco del santuario dal 1767 al 1797, dedicato alla Storia della vita, virtù e miracoli di S. Biagio vescovo e martire, principal Padrone della Città di Maratea, e Diocesi di Cassano, stampato da Donato Campo, tipografo napoletano. Rappresenta questa il santo seduto, a mo’ di trono, su una nuvola mentre, insieme con gli angeli, guarda e vigila su Maratea – rappresentata, in forma stilizzata, con il Castello cinto di mura in cima al monte e al mare con il Porto e su tutti i suoi abitanti. Ed è un po’ così, sotto sotto, che tutti ce lo immaginiamo, che veglia su di noi...

LUCA LUONGO

Medaglione

Xlilografia

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Photo : Antonio Morelli © 2013

Ma cos’è, un presepe?Solitamente la vista delle case del Porto di Maratea pone di questi dubbi.Lo splendido scatto di Antonio Morelli, che ha partecipato con un certo successo al concorsofotografico web “Carpe diem! Cogli l’attimo con uno scatto”, ci ridà, con impressionante nitidezza, l’indescrivibile effetto della vista di questo spettacolo, con i suoi colori, le sue forme e le sue suggestioni.,

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IL 3

FEBBRAIOA MARATEA

Il 3 febbraio è il giorno in cui la Chiesa Cattolica, e tutte le altre confessioni cristiane che professano il culto dei santi, commemorano l’anniversario del martirio di San Biagio, vescovo di Sebaste – antica città compresa nei confini storici dell’Armenia, oggi compresa nella Turchia e chiamata Sìvas , santo patrono dei cardatori di lana, degli animali e dei medici otorinolaringoiatri.Non esistono purtroppo documenti contemporanei che ci parlino della sua vita. Tra più antiche agiografie è quella del “sinnassàrio” armeno, che al 10 febbraio narra:

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Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido,

san Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e

quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano

a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era

di professione medico, ma con l’aiuto del Signore sanava tutte

le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine,

ma con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o

una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il

santo con la preghiera l’estraeva, e sin da adesso ciò opera;

se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome

di S. Biagio subito guarisce dal dolore. Una povera donna

aveva un porco, il quale fu rapito da un lupo; venne la donna

dal Vescovo, e con pianto gli fece capire come il lupo aveva

rapito il suo porco; allora il Santo minacciò il lupo, e questo

rilasciò il porco. Fu ad Agricolao accusato il Vescovo, il quale

mandò soldati, che lo condussero avanti ad esso; il giudice

gli fece molte interrogazioni, ed egli in tutta libertà confessò,

che Cristo era Dio, e maledisse gli idoli, e i loro adolatori,

e però subito fu messo in prigione. Sentì la vedova, che il

Vescovo era stato messo in prigione, uccise il porco, cucinò

la testa e i piedi d’esso, e gli portò al Vescovo con altri cibi

e legumi: mangiò il Santo, e benedisse la donna, e l’ammonì,

che dopo la sua morte ciò facesse ogni anno nel giorno

della sua commemorazione, e chi ciò facesse in memoria di

lui sarebbe la sua casa ricolma d’ogni bene. E dopo alcuni

giorni levarono il santo dalla carcere, e lo portarono davanti

al giudice, e confessò la sua prima confessione, e chiamò gli

idoli demoni, e gli adoratori degli idoli chiamò adoratori del

demonio. Si sdegnò il giudice: legarono il Santo ad un legno,

e cominciarono coi pettini di ferro a stracciargli la carne, e

appresso lo deposero e portarono in carcere. Sette donne lo

seguirono, le quali col sangue del Santo ungevano il loro cuore

e volto: i custodi delle carceri presero le donne, e le portarono

al giudice, e le sante donne confessarono, che Cristo era Dio;

furono rilasciate; ma le donne non contente di ciò andarono

dagli idoli, e sputarono esse in faccia, e racchiusi tutti in un

sacco, e quello legato fu da esse gettato in un lago. Ciò fatto

tornarono al giudice dicendogli: «Vedi la forza dei tuoi dei, se

possono uscire dal profondo lago.» Comandò il giudice, che si

preparasse il fuoco, e piombo liquefatto, spade, pettini di ferro,

ed altri tormenti; a dall’altra parte fece porre tele di seta, ed

altri ornamenti donneschi d’oro, d’argento e disse alle donne :

«Scegliete quel che volete.» Le donne pure gettarono le tele

nel fuoco, e sputarono sopra gli ornamenti. Si sdegnò il giudice,

e comandò che si apprendessero, e con pettini di ferro fece

dilacerare il corpo, e poi le gettarono nel fuoco, da cui uscirono

illese, e dopo molti tormenti tagliarono ad esse la testa, e

così consumarono il martirio. Ma il Santo Biagio lo gettarono

nel fiume, ed il Santo si sedette sopra l’acqua quasi sopra un

ponte. Entrarono nel fiume 79 soldati per estrarre il santo, e

tutti s’affogarono, ed il Santo uscì senza danno: lo presero per

tagliargli la testa; e quando arrivarono a quel luogo, orò lunga

orazione e domandò a Dio, che se alcuno inghiotte osso, o

spina, che gli si attraversi la gola, e senta dolore, e preghi Dio

col nominar lui, subito sia libero dal pericolo. Allora calò sopra

di lui una nuvola, e si sentì da quella una voce che diceva:

«Saranno adempiute le tue domande, o carissimo Biagio: tu

vieni, e riposa nella gloria incomprensibile che ti ho preparato

per le tue fatiche.» Appresso tagliarono la testa al Vescovo

Biagio nella città di Sebaste. Uno chiamato Alessio prese il

corpo del Santo Biagio Vescovo, e lo ravvolse in sindone

monda, e lo seppellì sotto il muro della città, dove si fanno molti

miracoli a gloria del nostro Dio Gesù. Il corpo del santo rimase

custodito nella città di Sebaste per molto tempo, adorato e

venerato nella grande cattedrale costruita su quello che fu il sito

della sua frugale sepoltura. Quando però l’avanzata dei Turchi

Ottomani arrivò la lambire quelle regioni, il corpo di S. Biagio fu

trasportato in Occidente, dove le sue reliquie ornarono diverse

città d’Europa: a Dubrovnik, oggi in Croazia, si conserva la sua

testa, a Napoli, dove esiste un braccio, e a Maratea, dove

riposa la parte più consistente del suo corpo, cioè l’intero

torace, un frammento del cranio, un osso di un braccio e un

femore, conservati in una cassa-reliquiario di marmo. Anche

per la traslazione delle reliquie dall’Armenia a Maratea, ci

mancano purtroppo i documenti probanti a delineare con

assoluta precisione storica l’epoca e le circostanze di tale

avvenimento. Una antichissima tradizione che qui narriamo

con le parole di Paolo D’Alitti, erudito sacerdote marateota

vis- suto tra il 1676 e il 1728 , però, ricorda che in un lontano

ed imprecisato passato, gli abitanti di Maratea videro :

LUCA LUONGO

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una nave, che conduceva la cassa con dentro il sacro tesoro, passando a

vista della Città con il mare in calma, e l’aria serena, da incognita remora si

conobbe trattenuta, o pure perché turbandosi di repente il mare, non dava

luogo a partirsi tentarono più volte, ed in varie maniere i Nocchieri, e Marinari

di proseguir il viaggio; ma riuscite inutili le prove tutte, perdendo invano il

tempo, né sapendo assegnar ragione naturale, ricorsero a quella sopra

naturale; onde devotamente prendendo il corpo del Santo, lo deposero

in terra. Appena ciò eseguito, si vide la nave libera dalle catene, e veloce

a proseguir il cammino. Tentarono di riprendersi nuovamente la cassa, e di

nuovo si vide immobile la nave, o pure di nuovo si turbò il mare. Conoscendo

dunque la volontà del Santo, la riposero in terra, consegnandola ai Cittadini

di Maratea. Erano questi accorsi al lido dirimpetto alla nave spinti d’aver

di notte visto da quella uscir una luce, che tutti il convicino illuminava, onde

accorti per domandarne, intesso da i Naviganti quanto successo, e lieti

di tal avvenimento, presero il Venerabile deposito e lo condussero nella

patria; ove alcuni della nave vollero trattenersi per far compagnia al loro

Santo Paesano. Accadeva ciò alla prima domenica del mese di maggio.

Da due tradizioni, due feste

Il 3 febbraio a Maratea, come in tutti gli altri luoghi dove San Biagio è venerato come patrono, si celebra la ricorrenza del martirio con le funzioni religiose di rito e con la benedizione della gola. In ricordo di un miracolo attribuito al santo, che avrebbe salvato un bambino dal soffocamento riuscendo a estrare dalla sua gola una spina di pesce, e che ha fatto guadagnare a San Biagio il titolo di santo da invocare contro i mali di gola – il sacerdote, al termine della celebrazione eucaristica, benedice la gola dei fedeli imponendo sul loro collo due candele. Viene poi distribuito il pane benedetto di San Biagio. Si tratta di piccole panelle azzime, fatte semplicemente con acqua, farina e sale (vedi il nostro articolo più avanti). Molto diversa è invece la festa di maggio, tradizione tutta marateota, che vuole celebrare l’anniversario della traslazione delle reliquie del santo a Maratea. Fino all’anno 1695, la festa durava due giorni la prima domenica del mese e il sabato ad essa precedente e si svolgeva sulla cima del monte dove sorge la basilica / santuario e l’antica città, detta volgarmente “il Castello”, oggi disabitata. Si teneva il mercato franco e la fiera, e vi accorrevano numerosi molti pellegrini. Successivamente, la festa venne allungata e resa più solenne, divenendo un ottavario, che, aprendosi e concludendosi nell’antica città, scende letteralmente nell’attuale centro storico nei giorni da giovedì alla seconda domenica di maggio..

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Graphic : Danilo Cernicchiaro © 2013

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Le Panelle Di San Biagio Di forma ovale e poco più grandi di un’ostia, le panelle di San Biagio

sono parte integrante della tradizione marateota

Il 3 febbraio, giorno dedicato al Santo, vengono bendette e distribuite a tutti i fedeli alla fine della messa che si celebra ogni anno nella Basilica di San Biagio. L’impasto delle panelle è realizzato con tre semplici ingredienti: acqua, farina e sale, senza l’aggiunta di lievito. Questa tradizione è portata avanti anche in altri paesi, come ad esempio a Sant’ Agata (FG). Nel paesino pugliese le panelle sono però di forma rettangolare, con incisioni di quadratini e sono legate con nastrini colorati, mentre sulle panelle marateote vi è impressa l’immagine del Santo, come è possibile vedere in foto. Come la festa del Santo Patrono anticamente era celebrata preparando sulla brace le costatelle di castrato, così molte altre festività e ricorrenze religiose trovano un loro simbolo nei piatti della cucina marateota. Maratea può contare su gustosissimi prodotti locali, provenienti principalmente da Massa e Brefaro, come ad esempio formaggi, casicavaddi, casuricotte e muzzarelle (anche chiamate squacchiamadduni), e ortaggi come le fave dolci e i pomodori rosati.

Fin dall’antichità, durante le festività, si preparavano quindi gustosi piatti; alcuni sono stati ormai sostituiti, altri sono ancora serviti sulle nostre tavole. Un primo piatto tipico di Natale era la pasta casereccia condita con il ragù di gallo. Venivano preparati ravioli, fusiddi (fusilli) o strangulaprevuti (strangolapreti) e conditi con il ragù di gallo, rigorosamente ruspante della campagna di Brefaro. Alla fine del pranzo si servivano, (e si servono ancora oggi), alcuni dolci tipici: le due varianti di zirpule (zeppole), crisciute e vuddute, i guanti e i fichi ripieni, conservati con anice e rum.U’ zazicchiu è invece il protagonista del pranzo di Carnevale. La salsiccia locale è utilizzata per il ripieno della trippa, nella frittata e nelle polpette. La carne di maiale era, ed è tutt’ora, utilizzata anche per produrre zupirsate, cicule, prisuttu e molto altro, ovviamente senza buttare via nulla.La prima zupirsata veniva servita insieme alle uova sode durante il pranzo di Pasqua, che termina con à pizzatula, una ciambella con al centro un uovo.

CHIARA GRAZIANO

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Ricetta:

Per realizzare le zeppole cresciute avrete bisogno di:

Una buccia d’arancia grattugiata;600 g. di farina per dolci;150 g. di zucchero vanigliato;Vino bianco;Burro;Olio di oliva;Un cucchiaino di sale; Zucchero (q.b);Miele (q.b); Lievito di birra;

Preparazione

In mezzo litro d’acqua versate il lievito di birra, lo zucchero, un pizzico di sale, un po’ di vino, il burro e infine la buccia d’arancia grattugiata. Portate il tutto ad ebollizione e aggiungete a poco a poco la farina, mescolando senza interruzioni con un cucchiaio di legno.Mettete l’impasto ancora caldo in una teglia unta d’olio, e fatelo riposare per un’ora, in modo da permettergli di crescere. Prendetene un poco per volta, formate delle piccole ciambelle e friggetele nell’olio bollente. Infine conditele con zucchero o miele.Buon appetito!

www.maratea.info

Le Zeppole Cresciute

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Photo : Luca Corazzini © 2013

La statua del Redentore non si scomoda a voltarsi per gustarsi il tramonto. Preferisce continuare a guardare verso gli imponenti monti della nostra Lucania, pronta a gustarsi, al termine della notte, lo spettacolo dell’alba.Il Cristo Redentore di Maratea, si sa, non è una statua convenzionale. Inutile fare paragoni con altre statue giganti, a cominciare da quella di Rio de Janeiro. Niente da fare: la nostra è più bella.Slanciato, piedi a terra (letteralmente), barba sfatta, capelli corti: un look moderno secondo alcuni, forse un richiamo alle bianche statue marmoree della Grecia classica e della nostra Magna Grecia secondo altri una commistione tra passato e presente, si potrebbe immaginarlo più moderno di così, quindi?per il suo grande autore, l’artista fiorentino Bruno Innocenti, che lo realizzò in due anni di lavoro tra il 1963 e il 1965, esso non voleva simboleggiare la rinascita, la speranza nuova indicataci dal Cristo. E quindi, mica poteva starsene a guardare indietro, verso il mare, verso il tramonto... e no! Lui guarda avanti. Lui è il primo a vedere l’alba su Maratea, il primo a vedere il domani, il primo a conoscere il futuro che per gli altri è solo speranze o paure, sogno o dubbio, o comunque un eterno inconoscibile enigma.Lui, invece, vede tutto in anticipo, da lassù. Guarda il futuro e lo accoglie sempre a braccia aperte: che abbiamo da temere, allora?

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Il Monte San BiagioAlla scoperta di percorsi naturali e percorsi di fede.

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Come tutti sanno Maratea è rinomata per le sue numerose spiagge e le sue splendide calette che fanno da cornice ad un meraviglioso mare che l’hanno resa una meta turistica prettamente estiva. Questa splendida perla del tirreno possiede però un’anima naturalistica non collegata all’ambito balneare, esistono infatti alcuni rilievi montani di piccole e medie altitudini. I più conosciuti sono: il monte Coccovello, che con i suoi 1500m s.l.m. è la montagna più alta del Comune di Maratea, monte Crivo 1200m s.l.m., Timpa del tuono circa 1176m s.l.m., monte Cerreta, circa 1000m s.l.m., la serra di Castrocucco circa 650m s.l.m., il monte S.Biagio con 620m s.l.m. circa. A questi sono collegati numerosi sentieri alcuni anticamente utilizzati per il pascolo, altri per il collegamento fra le frazioni di Maratea, ora meta di escursioni per gli appassionati di Trekking e Mountain-Bike. Negli articoli che seguiranno ho intenzione di descrivervi, con l’occhio di un giovane escursionista appassionato, questo lato nascosto di Maratea.

In questo primo articolo mi soffermo sul monte simbolo di Maratea poiché lì vi si trova la statua del Redentore, il santuario di S.Biagio patrono della città dal quale il monte prende il nome e l’antico borgo di Maratea denominato Castello. Il lato costiero del monte presenta un’enorme falesia, il lato sud le antiche costruzioni del borgo di Maratea, ghiaioni e una significativa presenza di macchia mediterranea di cui: erba alfa o tagliamani, mirto o murtidda, ginestrella comune o scanna gaddine, ginestra comune o sparto invece il lato nord è ricoperto da un folto bosco denominato i Carpini poiché presenti in gran numero carpini e varie specie di lecceti e querceti. Il monte presenta due sentieri escursionistici principali interamente montani poiché presentano terra battuta e forte vegetazione. Il primo percorso da evidenziare è quello presente nel bosco dei Carpini il cui accesso si trova presso la zona di Maratea denominata Cappuccini per via dell’antico monastero presente. Il percorso è facilmente individuabile grazie alla segnaletica bianca/rossa che contraddistingue gli itinerari approvati a livello nazionale dal C.A.I., questo sentiero ha una lunghezza di circa 3km/3,5km prettamente in salita e con vari tornanti. Tramite questo percorso si possono raggiungere due lati del monte S.Biagio: procedendo verso destra si può arrivare alla statua del Redentore e godere del panorama della valle di Maratea e del golfo di Policastro e della falesia sopracitata. Procedendo verso sinistra invece troviamo la cappella della Madonna degli ulivi o della neve che ci collega alla strada carrabile facendoci ammirare il lato sud della zona di Maratea, l’isola di S.Janni e i primi comuni della Calabria.

LUCA CORAZZINI

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Primo percorso - Bosco dei Caprini - Zona Denominata Cappuccini

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Una volta arrivati in cima si può visitare la Basilica pontificia di S. Biagio, che tradizione vuole edificata nell’alto medioevo sul luogo di un antico tempio pagano dedicato alla dea Minerva, di cui il monte portava un tempo il nome, il borgo antico e la statua.... “,il borgo antico e la statua del Redentore eretta nel 1965 dallo scultore Bruno Innocenti. In alcune condizioni meteo particolari quando il cielo è terso e privo di foschia sul mare si possono intravedere alcune isole dell’arcipelago delle eolie di cui il più evidente è Stromboli.”, che va sistema così: “Una volta arrivati in cima si può visitare la Basilica pontificia di S. Biagio - che tradizione vuole edificata nell’alto medioevo sul luogo di un antico tempio pagano dedicato alla dea Minerva, di cui il monte portava un tempo il nome -, il borgo antico e la statua del Redentore eretta nel 1965 dallo scultore Bruno Innocenti. In alcune condizioni meteo particolari quando il cielo è terso e privo di foschia sul mare si possono intravedere alcune isole dell’arcipelago delle eolie di cui il più evidente è Stromboli . Il sentiero si percorre in un’ora con un’andatura normale, è adatto a tutti poiché non presenta alcuna difficoltà tecnica particolare, considerando però che si attraversa il bosco è consigliabile una buona attrezzatura da trekking e nei periodi estivi un abbigliamento adatto visto la possibile presenza di serpenti. Il secondo percorso è chiamato anche Via del Pellegrinaggio in quanto la seconda domenica di Maggio viene utilizzato per la processione del santo patrono. L’inizio di questo percorso è situato in località Capocasale facilmente riconoscibile perché vi si trova una scalinata d’accesso e antistante un piazzale con un basamento in pietra dove si

colloca la statua del patrono durante la processione. Questo sentiero si definisce costiero in quanto affaccia completamente sul mare e ci permette di osservare la costa di Maratea dalla zone di Fiumicello fino a Punta Caina. Si estende per circa 1km, si percorre in un’ora e costeggia quasi completamente il monte S.Biagio conducendoci su entrambi i lati del monte. E’ ben delimitato con staccionate in legno quindi molto sicuro e consigliabile per escursioni con bambini inoltre è praticabile anche da mountain-bikers esperti e non esperti poiché questo è molto largo e non ha un’eccessiva pendenza.

Il Monte San Biagio

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LUCA CORAZZINI

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Con questo percorso si raggiunge la frazione di S.Caterina e ci si collega alla strada carrabile che ci conduce al monastero. Da qui si procede per altri 1,5 km fino al raggiungimento del vecchio borgo di Maratea che si può percorrere ed osservare le antiche abitazioni del luogo, di cui alcune ristrutturate e abitate e altre decadute ma comunque meta di visitatori. Una volta attraversato il borgo si raggiunge il piazzale della Basilica dove è possibile acquistare artigianato tipico e rifocillarsi nel bar. Vi è anche una terza via di accesso utilizzata dalle autovetture per il raggiungimento di un parcheggio comunale da cui nei periodi estivi tramite una navetta privata verrete accompagnati nel piazzale della Basilica. Spero di avervi invogliato a visitare Maratea e questo suo lato naturalistico e di essere stato esauriente nel descrivere, guidato dalla semplice passione per l’escursionismo, questi due tracciati brevi, semplici e ricchi di sorprese.

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Secondo percorso - Via del Pellegrinaggio - Zona Capocasale

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GENOCIDE

Genocide Official Page

CHIARA GRAZIANO

Quattro ragazzi alla ricerca del quinto.

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- Quindi avete deciso di ‘’annoiarvi’’ insieme e sono nati I Genocide. A cosa è dovuto questo nome?

Questo è un mistero anche per noi componenti! Per il nostro gruppo volevamo un nome un po’ aggressivo e che facesse riflettere.

- Vedo che sulla pagina facebook avete più di 400 fan! Dove possono assistere alle vostre esibizioni?

Di solito ci esibiamo a Maratea o nei paesi vicini, e spesso siamo invitati alle manifestazioni.

- Bene ragazzi, presentatevi!

Ciao, siamo i Genocide, un gruppo progressive metal del Sud Italia! Siamo quattro ragazzi: Piko al basso, Samuel alla chitarra, Daniel alla batteria e Bruno voce solista. Siamo alla disperata ricerca di un quinto musicista quindi colgo l’occasione: chiunque sappia suonare, (chitarra o tastiera), ci faccia sapere!

- Quand’è nata la vostra band?

La nostra band è nata agli inizi del 2011. Eravamo in preda alla noia, così abbiamo deciso di ‘’annoiarci” insieme

- Chi sono i vostri idoli?

Ci rifacciamo al rock anni 80 (a gruppi come i Pink Floyd, i Dire Straits), ma anche a generi piu estremi come quello degli Opeth, dei Death o dei Dream theater.Bene, siamo arrivati alla fine di questa breve intervista per il primo numero del magazine!

A presto belli! Che la nostra musica vi spacchi i timpani! \m/

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Photo : Antonio Morelli © 2013

Mai visto calcare così bello.Ah, non lo sapevate? La costa di Maratea è fatta di calcare. Formatasi in migliaia e migliaia dianni, a partire dal lontano Anisico fino all’attuale era geologica del Quaternario, la costiera marateota è formata per lo più da calcilutti, calcareniti grigie e calcareniti brune, con marne e altri calcari conglomratici.Oltre ai processi geologici, è stato il mare, con il suo incessante moto, a modellare e scolpire queste rocce. Una costa sul mare, da guardare con il mare, fatta dal mare. Si può voler di più?

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FRANCESCO FONTANA

La rubrica sportiva di Numero Zero si occupa di tutte le realtà sportive di Maratea. La cittadina tirrenica può vantare una grande tradizione sportiva in molte discipline, dal calcio al tennis-tavolo passando per la pallavolo; inoltre negli ultimi anni sta crescendo l’interesse per sport quali il calcio a 5, il soft-air, il ciclismo, la mountain bike, il trekking, il volo in parapendio e l’atletica. Ad ogni puntata Numero Zero vi porterà alla scoperta di storia, curiosità e segreti degli sport marateoti.

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Il futsal, meglio noto come calcio a 5, è uno sport che sta conoscendo un periodo di grande prosperità in Italia: vi sono moltissime squadre e le reti nazionali stanno iniziando ad offrire una buona copertura televisiva. Anche in Basilicata si sono formate numerose squadre che partecipano ai campionati di serie A2, B, C1, C2 e D. Tra le società più longeve e forti vi è il Real Maratea, squadra nata nel 2007 per iniziativa di un gruppo di marateoti accomunati dalla passione per lo sport. La storia di questo club merita di essere esaminata nel dettaglio. Il primo campionato (2007-08) vede la partecipazione alla serie D: la squadra ha come colore sociale il rosa e annovera nella sua rosa giocatori esperti e giovani interessanti, come Stefano Fortunato, destinato a diventare capitano della squadra. Al termine della stagione il Real Maratea approda nella serie C2 ed effettua un cambiamento cromatico passando dal rosa al biancoblu. L’organico viene in gran parte confermato ed ampliato con l’innesto di numerosi giovani locali. Le partite interne vengono pubblicizzate con manifesti e con il passare delle settimane il numero di tifosi presenti ad ogni partita cresce a vista d’occhio.

La formazione di mister Enzo Panza conduce un buon campionato centrando una salvezza tranquilla e gettando le basi per un solido avvenire. Nell’estate 2009 la società, presieduta da Biagio Carlomagno, cambia i colori sociali da biancoblu a verdeblu e acquista nuovi giocatori da altre società, candidandosi ad un ruolo da outsider, ma la stagione parte malissimo con due sconfitte consecutive. Mister Panza riesce a ridare morale ai suoi, ma il campionato è stra dominato dall’Aliano che sbrana tutte le rivali. A fine girone di andata la formazione Materana ha un netto vantaggio sul Deportivo Senise e su un gruppetto di squadre a pari punti, con il Real Maratea subito dietro. Nel febbraio 2010 arriva la sconfitta in casa con il Real Nova Siri: sarà l’ultima partita interna di campionato persa dai marateoti che da allora faranno del Centro Sportivo Litrico’s una fortezza inespugnabile. Il Real Maratea conclude il campionato a metà classifica dopo essersi tolto la soddisfazione di battere per 10 – 0 la futura promossa Alba Pisticci e di pareggiare dignitosamente per 1 – 1 con l’Aliano. L’estate 2010 segna una svolta decisiva nella storia del Real Maratea: arrivano in squadra i fratelli Andrea e Marco Formica, il bomber dell’O. D. L.

Il Real Maratea nel fustal Lucano

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Maratea Francesco Di Puglia, il talentuoso Alessandro Cozzi e il fenomenale Pasquale Marino, reduce dal campionato di C1 disputato con la Virtus Rivello. Domenico Formica è il nuovo allenatore, con Panza nel ruolo di vice. Dopo il grande esordio contro la Dinamo Viggiano, battuta per 7 – 1, arriva la tegola dell’infortunio del portiere Domenico Annuzzo: la società procede immediatamente all’acquisto di Biagio Brandi, compagno di Marino alla Virtus Rivello, che, all’esordio contro il Nemoli, dà subito ragione a chi lo ritiene il migliore portiere della Basilicata. La stagione procede a gonfie vele, il Maratea è saldamente in testa, ma a dicembre arriva il primo stop a Cirigliano, che consente al Progetto Tito di farsi sotto in classifica. L’8 gennaio 2011 è una data storica per i tifosi del Real Maratea, che vedono la propria squadra del cuore vincere a undici secondi dalla fine contro il Bancone 2007 dopo una partita piena di gol falliti e pali centrati dai giocatori tirrenici. Dopo la sconfitta a Tito il Real Maratea ha solo due punti di vantaggio, ma un girone di ritorno fatto di sole vittorie consegna il meritatissimo titolo ai marateoti, che approdano così in C1. Il mercato estivo

vede l’acquisto di Luigi Cresci, anche lui ex Virtus Rivello che incrementa le qualità della rosa, e il forfait di Cozzi, fermato da un grave infortunio. Nel massimo campionato regionale i ragazzi di mister Formica vanno alla grande, occupano sempre posizioni di vertice e fanno vittime illustri. Nel ritorno debutta la seconda maglia gialloblu, ma l’infortunio di Cresci, alcune decisioni arbitrali dubbie e la partenza di alcuni elementi fanno sì che il Maratea, alla guida del quale nella primavera ritorna mister Panza, debba accontentarsi della piazza d’onore dietro a L’Eden Policoro, che vale l’accesso agli spareggi interregionali. I tirrenici lottano tenacemente contro squadre ben più forti ma vengono sconfitti in entrambi gli incontri dei play-off. Nell’estate 2012 la squadra viene arricchita dal ritorno di Cozzi, dall’arrivo di Raffaele Di Deco, Francesco Bartilotti, Andrea Rotondaro, mister Giandomenico Viceconti e, a stagione in corso, Saverio Cresci. Quella marateota è una vera e propria armata che ora comanda la classifica e vede possibile l’approdo nella serie B, di respiro interregionale. Anche la formazione juniores, nata nel 2011, si fa onore nel campionato di categoria e al momento occupa il quarto posto.

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Le partite interne vengono seguite da un numerosissimo pubblico e l’emittente radiofonica Marateawebradio cura le radiocronache degli incontri sul sito www.marateawebradio.it, anch’esse seguitissime. E’ online il sito della squadra, www.asdrealmaratea.nelsito.it, in cui si trovano foto e dati sulla squadra.

FRANCESCO FONTANA

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EditorialNumeroZeroMagazine

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Appena più a sud dei moli del Porto, si allunga la costa di Filocaio. Questo suggestivo toponimo la cui corretta dizione dialettale è Filacàra ha un’origine antichissima, derivando addirittura dal greco antico. La parola , infatti, indicava una particolare specie di erba, della famiglia delle Ericacee, che suole crescere sui costoni rocciosi di quel tratto di costa, e che, nel dialetto marateota, viene chiamata frigùglia. Una parola, dal greco antico al dialetto di Maratea, direttamente sulle nostre bocche.