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SANT’ANTONIO MARIA PUCCI, O.S.M. (1819-1892) OMELIARIO DOMENICALE edizione on-line a cura di p. Ermanno M. Toniolo, O.S.M. Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa” Via del Corso, 306 – Roma Agosto 2012

OMELIARIO DOMENICALE

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SANT’ANTONIO MARIA PUCCI, O.S.M.(1819-1892)

OMELIARIO DOMENICALE

edizione on-line

a cura di p. Ermanno M. Toniolo, O.S.M.

Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”Via del Corso, 306 – Roma

Agosto 2012

PREFAZIONE

1. Nota biografica di S. Antonio M. Pucci

Antonio Maria Pucci nacque a Poggiòle, nella diocesi diPistoia, nel 1819 da genitori di vita esem plare, secondo dinove figli. Dopo un’adolescenza trascorsa nello studio enella preghiera, all’età di diciotto anni entrò nell’Ordinedei Servi di Maria, animato da una viva devozione verso laMadre di Dio.

Fece il noviziato a Firenze; poi a Monte Senario per seianni studiò filosofia e teologia ed emise i voti solenni. Nel1844, un anno dopo l’ordinazione sacerdotale, fu mandatoa Viareggio come vice par roco; nel 1847 fu nominato par-roco e per quaran tacinque anni, fino alla morte, assolsequesto com pito con ogni impegno e dando a tutti esempiodi vita intemerata e infaticabile, unicamente dedito a Dio eal gregge affidatogli. Non abbandonò mai lo studio e nel1850 conseguì il titolo di maestro in sacra teologia.

Fu per molti anni priore del suo convento e provincialedella provincia toscana, in un periodo di ostilità nei con-fronti dei religiosi a causa delle leggi emanate contro gliOrdini e gli Istituti di vita comune. In questi uffici, memo-re delle parole di san t’Agostino, preferì di essere amato piùche temuto dai fratelli, ritenendosi felice non di esercitareil potere ma di servire nella carità.

Furono sue virtù caratteristiche l’umiltà dell’a nimo, lariservatezza nel parlare, l’abituale contatto con Dio, l’amo-re alla povertà. In nulla risparmiò se stesso per condurretutti a Cristo: conosceva ad una ad una le sue pecorelle,le seguì sempre con pater no amore, offrendo loro la paroladi Dio, sostenen dole con i suoi consigli e insegnamenti. Lasua carità per i bisognosi non conosceva limiti: per lorogiun se anche a togliersi di dosso i vestiti. A ragione vennechiamato padre dei poveri.

Fu ministro assiduo del sacramento della Peni tenza,dedicandovi parte notevole della sua giornata. Ritenne suoprimo impegno ricondurre a Dio i pec catori, sollevare gliafflitti, perdonare chi l’aveva offeso, sedare gli odi e le liti,ricomporre la pace nelle famiglie, assistere assiduamentee con paterno amore i malati e i moribondi. Il suo amoreverso il prossimo raggiunse il vertice quando, durante il

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Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”Via del Corso, 306 – 00186 RomaTel. 06.6783.490www.culturamariana.comE-mail: [email protected]

trascritti con fedeltà impareggiabile dal padre Enri-co M. Gargiani, allora bibliotecario della SS. Annun-ziata di Firenze, nell’anno 1923 (la trascrizione futerminata il 30 aprile 1923), in vista del processocanonico di beatificazione, per l’esame dei postula-tori e revisori della Causa, prima in diocesi diLucca, poi a Roma. Di questa trascrizione, cherende agevole la consultazione e l’utilizzazione deimanoscritti, abbiamo la convalida dell’allora Prioredella SS. Annunziata, padre Antonino M. Silvestri,con la firma legalizzata presso la Curia Arcivesco vi ledi Firenze il 23 maggio 1923. Scrive

«Il sottoscritto Priore del Convento della SS.ma Annun-ziata di Firenze attesta che la presente scrittura è statafedelmente copiata, e riveduta dal P. Enrico M. Gar-giani Bibliotecario di questo convento.F.to: Fr. Antonino M. Silvestri priore».

Nell’anno 1992, dietro mie ripetute richieste, laComunità della SS. Annunziata fece realizzare lariproduzione fotografica di tutti gli scritti del SantoCuratino dalla MICROFILM SERVICE srl - Firenze. Èsu questo prezioso materiale fotografico che hopotuto controllare foglio per foglio e pagina perpagina l’intero Omeliario domenicale del Santo,per presentarne l’edizione on-line corredata di pre-ciso riferimento critico.

* * *Una descrizione dei volumi autografi del Santo

Curatino ci venne fornita nel 1962, anno dellacanonizzazione, dal padre Pedro M. Suárez, Paroledi un Padre e Pastore. Prediche scelte del Curatinodi Viareggio [Studia historica minora, IV], Roma,Viale Trenta Aprile 6 – 1962, alle pagine 109-111.Cito il testo per intero:

V

colera del 1854-56, quasi senza concedersi riposo e incu-rante del pericolo, giorno e notte si prodigò per i sofferen-ti. Dio lo ricolmò di molti favori: in par ticolare il discerni-mento degli spiriti e il dono delle guarigioni; fu visto tal-volta in estasi o sollevato da terra.

Istituì nella sua parrocchia e diresse con partico larecura una Congregazione di suore dell’Ordine dei Servi, perl’educazione delle giovani. Precorrendo i tempi, creò leassociazioni per bambini e giovani, uomini e donne, perintensificare così la vita cri stiana nella sua comunità par-rocchiale; favorì e pro mosse le Conferenze di san Vincen-zo, da poco intro dotte dalla Francia, e l’Opera per la pro-pagazione della fede. Diede vita alla prima colonia marinapermanente per la cura dei bambini. In quest’opera di rin-novamento fu sorretto e animato dal suo gran de amoreall’Eucaristia e alla Vergine addolorata, alla quale consa-crò solennemente la parrocchia.

Privatosi in pieno inverno del suo mantello per donarloa un povero incontrato per strada, fu col pito da polmoni-te; pochi giorni dopo, il 12 gennaio 1892, ricevuti i sacra-menti, morì santamente: tutta la città, compresi gli stessioppositori della Chiesa, piansero il padre comune.

Conclusa la prima sessione del concilio Vaticanosecondo, papa Giovanni ventitreesimo, il 9 dicembre1962, lo ascrisse al catalogo dei santi. Il corpo di sant’An-tonio Pucci si venera nella basilica di san t’Andrea a Via-reggio.

Dal «Proprio dell’Ufficio dell’Ordine deiServi di Maria», Roma 1978, pp. 51-53.

2. Gli scritti di S. Antonio M. Pucci

Gli scritti autografi del p. Antonio M. Pucci, ilSanto Curatino di Viareggio, conservati in variarchivi, ma prevalentemente dapprima nell’Archi viodi Viareggio e ora nell’Archivio della SS. Annunziatadi Firenze, sono stati accuratamente raccolti incinque volumi, in vista del processo canonico per lasua Beatificazione. Tre volumi (II,III,IV) furono

IV

segnati col sigillo della “Curia Arcivescovile di Lucca”;rilegatu ra in cartone fatta durante il processo canoni-co.Contenuto: sermoni diversi e istruzioni catechetiche.

Vol. IV

Frontispizio: Scripta Servi Dei P.Antonii Mariae Pucci.Volumen quartum. Continens fragmenta sacrarum con-cionum, intructionum super veritatibus fidei, mediatio-num - nonnullas epistolas - et transumptum scriptorumvarii argumenti foliis 200 regesta (foliis 200).Copertina: Scripta Servi Dei P. Antonii M. Pucci. Vol. IV.Misura 31,5x22 cm.; consta di 200 f. numerati, allafine 2 f. non numerati. I ff. di questo codice sono didiverso formato e prevalentemente sono lettere o circo-lari di carat tere amministrativo ricevute da lui e usateper scrivere le prediche sulle parti rimaste in bianco.Tutti i ff. numera ti sono segnati come i precedentivolumi col sigillo della “Curia Arcivescovile di Lucca”.Rilegatura come i preceden ti volumi.Contenuto: sermoni, omelie domenicali e istruzionicateche tiche; f. 164, 165, 167, 168: lettere autografe; f.169-172v: relazione all’arcivescovo di Lucca “Rispostedi quesiti, come sua Ecc. Rev.ma monsignor arcivesco-vo richiede nella sua istruzione ai parrochi in occasio-ne della s. visita pastora le”; f. 173-176v: Via Matriscomposta dal beato, non autografa con la relativaautenticazione; f. 177-179: due lettere scritte dalbeato al p. priore provinciale della Toscana, nonautografe; f. 180-180v: testamento del beato, copiaconforme; f. 181-182: lettera al p. socio provinciale,non autografa; f. 183-195: trascrizione della “Direzionecristiana per la gioventù protetta da s. Luigi Gonzagaai divoti Viareggini, il Parroco di s. Andrea P.M. AntonioPucci, Firenze, Tipografia Arcivescovile, 1855”; f.196-200: cinque lettere del beato a diversi p. priori,non autografe; f. [201]: preghiera (?) scritta dalbeato, autografa.

VII

I sermoni autografi del beato da noi pubblicati sonocon tenuti in tre dei quattro codici appartenentiall’Archi vio del convento di s. Andrea in Viareggioriguardanti il p. Antonio M. Pucci.

Vol. I

Frontispizio: Scripta Servi Dei P. Antonii Mariae Pucci,Volunen primum. Continens exercitia scholastica, foliis303 regesta.Copertina: Scripta S. Dei P. Antonii M. Pucci. Vol. I.Misura 17x23 cm.; consta di 303 f. numerati, alla fine6 f. in bianco non numerati; tutti i ff. numerati sonosegnati col sigillo della “Curia Arcivescovile di Lucca”;rilegatura in cartone fatta durante il processo canoni-co.Contenuto: esercizi scolastici, come dice il frontispizio,di teologia, filosofia, latino, ecc.

Vol. II

Frontispizio: Scripta Servi Dei P. Antonii Mariae Pucci.Volumen secundum. Continens Homilias super Evange-liis foliis 313 regestas, duplicatis foliis 200 et 247.Copertina: Scripta S. Dei P. Antonii M. Pucci. Vol. II.Misura 17x23 cm.; consta di 313 f. numerati, la nume-razione dei f. 200 e 247 viene ripetuta, per una svistanei ff. suc cessivi; tutti i ff. sono segnati col sigillo della“Curia Arcivescovile di Lucca”; rilegatura in cartonefatta durante il processo canonico.Contenuto: omelie domenicali.

Vol. III

Frontispizio: Scripta Servi Dei P. Antonii Mariae Pucci.Volumen tertium. Continens varias conciones sacras etinstructiones circa veritates fidei foliis 305 regestas.Copertina: Scripta S. Dei P. Antonii M. Pucci. Vol. III.Misura 17x23 cm.; consta di 305 f. numerati, alla fine2 f. in bianco non numerati; tutti i ff. numerati sono

VI

IX

PRIMO VOLUME

Si tratta di un volume rilegato in mezza tela e car-tone e mes so insieme, in maniera da dilettanti ma conmolta cura e amore, dal Vicario Generale della Diocesidi Lucca, il compianto Mons. Vincenzo Del Carlo. Ifogli sono numerati da uno a trecentotre e sono quindi606 pagine che contengono soltanto materie scolasti -che — quaderni raccolti dal Vice Postulatore P. Soste-gno M. Be nedetti — e si riferiscono alla gioventù delSanto quando egli era Studente di filosofìa e Teologìa.— Ogni pagina è autenticata dal Timbro della CuriaArcivescovile di Lucca ed il Volume, come gli altri, èrimasto a Roma, dopo il Processo Diocesano, per tuttoil tempo dei Processi Apostolici.

Il volume è in buone condizioni e tutte le paginesono be ne conservate.

Di questo volume non è stato fatto fino ad ora ilmicrofilm. Porta il titolo: «Scripta Servi Dei P. AntoniiM. Pucci -Vol. I.

Questo volume si conserva nell’Archivio del Con-vento di S. Andrea in Viareggio al n° 335 dell’Inventa-rio Scaff. n° 4.

Svolgimenti di compiti scolastici di materie varie:Ristretto circa tutta la Prefazione della Filosofia - Inlingua Ita liana - fogli 1-6.

Quaestio: An anima sit immortalis - De animaeimmortalitate. Fgg. 7-12 - Questa e le tesi seguenti finoal foglio 112 sono in lingua latina.

Quaestio: An lex naturalis necessaria sit ut homi-nes in bonum suos actus dirigant: Fgg. 12-17.

Quaestio: An anima humana sit immaterialis - Fgg.18-20.

Quaestionum philosophicarum compendium: Fgg.21-26.

Quaestiones philosophica una, theologica altera -An unitas sit verae Christi Ecclesiae nota: Fg. 27.

Quaestio: an necessitas, universalitas, et aeternitassint legis na turalis proprietates et quid sit illius obiec-tum: Fg. 28.

Quaestio: an ex lege naturali Deus super omniadiligendus, inter no externoque cultu venerandus: Fgg.29-30.

* * *

Un’ulteriore più ampia e più dettagliata de -scrizione dei volumi contenenti gli scritti autografidel Santo Curatino fu fatta a Viareggio nel 1965dal padre Ubaldo M. Forconi, nel libro dal titolo:“Inventario degli Scritti, diviso per argomenti, delSanto Curatino di Viareggio A. M. Pucci e indice deimedesimi”, Tipografia A. Bertolozzi, Viareggio1965. Il medesimo p. Ubaldo M. Forconi ha cerca-to di microfilmare tutti gli scritti del Santo Curati-no: i suoi microfilm sono conservati nell’Ar chivioStorico Generale dell’Ordine, presso la FacoltàTeologica “Marianum”, in Roma, Viale TrentaAprile 6.

Ritengo utile, anzi necessario, riprodurre laprima parte (pp. 7-26) del suo libro, relativa alladescrizione di ciascun volume degli scritti del San -to, omettendo la seconda parte, da lui dedicata all’“Indice analitico degli argomenti trattati negli scrittiautografi ed alcuni in copia che si trovano nel-l’Archivio della Parrocchia di Sant’Andrea in Viareg-gio”.

Ecco dunque la descrizione dei volumi e deicontenuti di ciascun volume degli scritti di S.Antonio M. Pucci. Giustamente egli annota:

“Si è indicato il numero dei fogli e non delle pagine per-ché detti fogli sono numerati soltanto sulla facciataante riore, di modo che ogni numero comprende due fac-ciate di un foglio”.

Cito per intero la prima parte del testo:

VIII

Quaestio: an quibusdam argumentis ex rationepetitis suaderi possit Demonum existentia. Fg. 48.

Quaestio: an mens humana sit substantia a mate-ria distincta. Fg. 49.

Quaestio: an mens humana probetur immortalis,tum ex sui na tura tum ex Dei voluntate. Fg. 50.

Quaestio: an mens humana perenni cogitationedonata sit. Fg. 51.

Quaestio: an animae humanae creentur immediatea Deo etc. Fg. 52.

Quaestio: an animam inter et corpus admittendumsit vinculum reale etc. Fgg. 52-53.

Quaestio: an voluntas humana in suis operationi-bus sit libera. Fgg. 53-54.

Quaestio: an anima belluarum sit spiritualis etc.Fgg. 54-55.

De Dei existentia: Fgg. 56-64.Quaestio: an admittendae sint plures substantiae.

Fgg. 64-66.Quaestio: an admittenda sit libertas: Fgg. 66-75.Quaestio: an Christo Domino uti homo est, cultus

latriae praestandus sit. Fgg. 76-78.Quaestio: an Beatissimae Virgini Marie cultus

debeatur et quinam cultus. Fgg. 78-81.Quaestio: an Sancti in Coelo regnantes invocandi

sint. Fgg. 81-83.Quaestio: an animae sint immortales. Fgg. 84-85.Quaestio: an omnes homines surrecturi. Fgg. 85-

87.Quaestio: an judicium privatum subeant animae

statim ac a corpore dissolvuntur. Fgg. 87-88.Quaestio: an postremum et universale judicium

fiet. Fgg. 89-90.Quaestio: an Purgatorium existat. Fgg. 90-93.Quaestio: an admittendus sit SS. Reliquiarum cul-

tus. Fgg. 94-96.Quaestio: an utilis et licitus propugnari possit cul-

tus SS. Imaginum. Fgg. 96-98.Quaestio: an simbolicis imaginibus et praesertim

Cruci Domini cultus praestandus sit. Fgg. 98-100.De novissimis seu de fine hominis. Fg. 100.Quaestio: an mors sit poena peccati. Fgg. 100-101.

XI

Quaestio: undenam desumenda est bonitas etmalitia actionum humanarum etc. Fg. 30.

Quaestio: an ex lege naturali teneatur homo adamorem suipsius etc. Fgg. 31-32.

Quaestio: an Deus in hominum cordibus insculp -serit legem ut in bonum suos actus dirigat, vel sitinstinctus etc. Fgg. 32-33.

Quaestio: an ex lege naturali sequatur imputabili-tas etc. Fg. 33.

Quaestio: an infusione legis naturalis Deus provi-derit hominum societati etc. Fg. 34.

Quaestio: In quonam reponi debet natura, princi-pium etc. L. N. - Fg. 35.

Quaestio: an Deus sit conservatae violataeque legisnaturalis cognitor et iudex. Fg. 36.

Quaestio: An proemia et penae huius vitae etc. Fgg.36-37.

Quaestio: An excluso timore Dei scelerum ultoris,atheorum Respublica stare queat. Fg. 37.

Quaestio: An status naturalis hominum sit bellietc. Fg. 38.

Quaestio: an universalis dubitatio admittenda sit.Fg. 39.

Quaestio: an admittendum sit principium rationissufficientis prout a Leibnitio et Wolphio explicatur. Fg.40.

Quaestio: an una vel plures sint in mundo sub-stantiae. Fg. 41.

Quaestio: an existat Deus. Fgg. 41-42.Quaestio: an admittendus sit polytheismus. Fgg.

42-43.Quaestio: an Deus providens et beneficus sit. Fg.

44.Quaestio: an Deo religionis officia exhibere tenea-

tur homo. Fgg. 44-45.Quaestio: an religio naturalis pura sit et sancta.

Fgg. 45-46.Quaestio: an religio naturalis sufficiat, ut homo

cognoscat et impleat ea omnia, quae erga Deum tene-tur. Fgg. 46-47.

Quaestio: an humano generi in omne malum prola-pso remedium afferre potuit philosophia, an veronecessaria fuerit divi na revelatio. Fgg. 47-48.

X

VOLUME SECONDO

Anche questo volume è rilegato in mezza tela e consemplice cartone, come il primo. I fogli sono numerati,soltanto sul davan ti, da uno a 313, duplicati i fogli 200e 247; sono quindi 628 pagine che contengono le Ome-lie dette dal Santo nelle Dome niche e Feste dell’annoalla Messa Parrocchiale. Come il primo volume ognipagina è autenticata col timbro della Curia Arcive -scovile di Lucca; così pure il libro è stato esaminatonei varii Processi Apostolici per la Canonizzazione. È inbuone condizio ni di conservazione e se ne sta facendoil microfilm. Porta il ti tolo: Scripta Servi Dei P. AntoniiM. Pucci - Vol. II, continens homilias super Evangeliis,foliis 313 regestas, duplicatis foliis 200 et 247.

Come il primo, anche questo volume si conservanell’Archi vio del Convento di S. Andrea in Viareggio,catalogato al n. 336 dell’Inventario, allo Scaff. n. 4.

Vangelo della prima Domenica dell’Avvento sullaMisericordia e Giustizia di Dio. Fgg. 1-4.

Spiegazione del Vangelo della seconda Domenicadell’Avvento sulla necessità delle opere buone per unavera vita cri stiana. Fgg. 5-8.

Spiegazione del Vangelo della seconda Domenicadell’Avvento sull’amore alle mortificazioni ed alle tribo-lazioni. Fgg. 9-12.

Spiegazione del Vangelo della terza Domenica del-l’Avvento con tro la maldicenza e la calumnia. Fgg. 13-16.

Ancora sul Vangelo della terza Domenica dell’Av-vento con argo mento la umiltà di Giovanni da imitare ela grandezza di Gesù da adorare. Fgg. 17-20.

Spiegazione del Vangelo della quarta Domenica del-l’Avvento sulla necessità della penitenza ed il veropenitente. Fgg. 21-24.

Spiegazione del Vangelo della Domenica fra l’Ottavadella Epifania su la ricerca di Gesù dopo il peccatononché sull’as sistenza dovuta dai genitori ai proprifigli e l’amore dei figli ai genitori. Fgg. 25-28.

Omelia sul Vangelo della Ottava dell’Epifania sullafedeltà a Dio da parte del cristiano nel mantenere lepromesse battesi mali. Fgg. 29-32.

XIIIXII

Quaestio: an damnatorum status perpetuus sit.Fgg. 102-104.

Quaestio: Quaenam sint poenae damnatorum. Fgg.104-105.

Quaestio: an damnatorum sedes sit locus realisetc. Fgg. 106-107.

Quaestio: an Deus sit finis ultimus hominis. Fgg.107-109.

Quaestio: an Beatorum felicitas sit aeterna. Fgg.109-110.

Quaestio: an mundus conflagrari debeat et renova-ri. Fgg. 110-112.

Ristretto della Teologia del P. Battini - in lingua ita-liana: Prefazione Fgg. 113-116.

Principi della Teologia naturale e rivelata (ottoCapitoli) Sez. 1. Fgg. 116-124.

Idem, Sez. 2 (cinque Capitoli - incompleto). Fgg.124-128.

Ristretto di morale. Fgg. 129-147.Sette Casi di morale con la soluzione. Fgg. 148-

153.De Dei existentia (piccola nota) in latino. Fgg. 154-

155.Storia naturale - Appunti di Astronomia e Geogra-

fia: sfera ar millare - Poli - Orizzonte - Equatore -Costellazioni - Cir coli - Zone - Crepuscoli - Latitudine -Longitudine - Si stemi. Fgg. 156-170. In lingua italiana.

Schiarimenti, in lingua italiana, alle Teorie delGiamboni: Geo metria, Algebra, problemi, frazioni,potenze, ecc. Fgg. 171-228.

Traduzione di Orazio: libro 1° (Odi 32). Fgg. 229-237.

Traduzione di Orazio: libro 2° (Odi 11). Fgg. 238-241.

Dell’Arte Poetica di Orazio. Fgg. 241-252.Traduzione dell’Eneide 2° (incompleto all’inizio).

Fgg. 253-259.Traduzione di Virgilio. Fgg. 260-279.Traduzione delle Orazioni di Cicerone (incompleto

all’inizio). Fgg. 280-303.

Spiegazione del Vangelo della terza Domenica diQuaresima con tro la bestemmia. Fgg. 85-87.

Spiegazione del Vangelo della quarta Domenica diQuaresima sul SS. Sacramento della Eucaristia. Fgg.87-89.

Omelia sul Vangelo della Domenica di Passionesulla correzione fraterna. Fgg. 89-92.

Per la Domenica in Albis, Vangelo con argomentosulla pace frut to della fede in Dio. Fgg. 92.

Spiegazione del Vangelo della seconda Domenicadopo Pasqua circa la corrispondenza alle cure di GesùBuon Pastore. Fgg. 93-96.

Ancora per la seconda Domenica dopo Pasqua, aibambini della prima Comunione, Gesù Buon Pastore.Fgg. 97-100.

Spiegazione del Vangelo della terza Domenica dopola Pasqua sull’argomento: la felicità eterna frutto dellesofferenze cristianamente sopportate. Fgg. 101-104.

Per la quarta Domenica dopo Pasqua, Vangelo sullapresenza di Dio nelle Chiese e contro la propagandaprotestante. Fgg. 105-109.

Per la quinta Domenica dopo la Pasqua, spiegazio-ne del Vangelo con argomento: la preghiera. Fgg. 110-113.

Omelia sul Vangelo della Domenica fra l’Ottava del-l’Ascensione. Lo spirito divino nelle anime. Fgg. 114-117.

Ancora nella Domenica fra l’Ottava dell’Ascensione:la profes sione aperta della nostra fede. Fgg. 118-121.

Omelia sul Vangelo della Festa della SS. Trinità:onorare le tre persone della SS. Trinità. Fgg. 122-125.

Spiegazione del Vangelo della prima Domenicadopo la Penteco ste parlando sul giudizio temerario.Fgg. 126-129.

Santo Vangelo per la terza Domenica dopo la Pen-tecoste circa la corrispondenza alle cure e premure delBuon Pastore. Fgg. 130-133.

Ancora sul Vangelo della terza Domenica dopo laPentecoste con l’invito ad ascoltare la voce del BuonPastore. Fgg. 134-137.

Spiegazione del Vangelo della quarta Domenicadopo la Penteco ste sul rispetto e l’obbedienza al Sacer-dote. Fgg. 138-141.

XVXIV

Spiegazione del Vangelo della seconda Domenicadopo l’Epifania parlando sulla potenza dell’intercessio-ne di Maria e sulla fiducia che dobbiamo avere in Lei.Fgg. 33-36.

Ancora sul Vangelo della seconda Domenica dopol’Epifania con argomento il matrimonio cristiano. Fgg.37-40.

Omelia sul Vangelo della terza Domenica dopo l’E-pifania circa la umiltà e la fede del lebbroso; la carità,la potenza e la sa pienza di Gesù Cristo Nostro Signore.Fgg. 41-44.

Spiegazione del Vangelo della quarta Domenicadopo l’Epifania sulla necessità della preghiera per vin-cere le tentazioni. Fgg. 45-48.

Ancora sul Vangelo della quarta Domenica dopol’Epifania con argomento le battaglie e le vittorie dellaChiesa - Contro il peccato ed il ballo in particolareessendo in tempo di carnevale. Fgg. 49-52.

Spiegazione del Vangelo della quinta Domenicadopo l’Epifania riguardo alla vigilanza da esercitare.Fgg. 53-56.

Sul Vangelo della sesta Domenica dopo l’Epifaniacon argomento la Chiesa Cattolica, i caratteri e pro-prietà della vera Chie sa. Fgg. 57-60.

Omelia sul Vangelo della Domenica di Settuagesi-ma circa le in finite misericordie di Dio verso di noi.Fgg. 61-64.

Spiegazione del Vangelo della Domenica di Sessa-gesima avente per argomento la fede e le opere. Fgg.65-68.

Spiegazione del Vangelo della Domenica di Quin-quagesima con tro i disordini del mondo in genere equelli carnevaleschi in particolare. Fgg. 69-72.

Ancora sul Vangelo di Quinquagesima sempre con-tro i disordini carnevaleschi e con l’invito ad una vitamortificata. Fgg. 73-76.

Spiegazionedel Vangelo della prima Domenica diQuaresima parlandò della tentazione come mezzo disantificazione. Fgg. 77-80.

Vangelo della seconda Domenica di Quaresimaconfortando alle speranze di una nostra trasfigurazio-ne eterna. Fgg. 81-84.

sopra i senti menti di umiltà del cristiano trovandosi inChiesa. Fgg. 186-189.

Spiegazione del Vangelo della undicesima Domeni-ca dopo la Pen tecoste, sulle Cerimonie del S. Battesi-mo. Fgg. 190-191.

Spiegazione del Santo Vangelo della dodicesimaDomenica dopo la Pentecoste sul tema dell’amor di Dioe quello del pros simo. Fgg. 192-195.

Omelia sul Santo Vangelo della tredicesima Dome-nica dopo la Pentecoste circa la lebbra del peccato.Fgg. 196-197.

Ancora sul Vangelo della tredicesima dopo la Pen-tecoste circa i rimedi per la salute del corpo e i rimedicontro il peccato. Fgg. 198-200.

Per la quindicesima Domenica dopo la Pentecostespiegazione del Santo Vangelo applicandolo al pensierosalutare della morte. Fgg. 201-204.

Spiegazione del Vangelo della sedicesima Domenicadopo la Pen tecoste del come fuggire la superbia edamare l’umiltà. Fgg. 205-208.

Per la ventitreesima Domenica dopo la Pentecoste,spiegazione del Santo Vangelo sul dovere di aiutare ilprossimo. Fgg. 209-212.

Vangelo della diciottesima Domenica dopo la Pente-coste: preoc cuparsi del bene dell’anima dopo quello delcorpo. Fgg. 213-216.

Spiegazione del Vangelo della diciannovesima Do -menica dopo la Pentecoste, sulla cura di trovarsi tra glieletti. Fgg. 217-221.

Spiegazione del Vangelo della ventesima Domenicadopo la Pen tecoste, che le prove che Dio ci manda sonoper il nostro bene. Fgg. 221-224.

Ancora sul Vangelo della ventesima Domenica dopola Penteco ste: i motivi che ci fanno rivolgere a Dio nondevono es sere soltanto di ordine materiale. Fgg. 225-226.

Spiegazione del Vangelo della sesta Domenica dopol’Epifania: sullo scandalo. Fgg. 226-228.

Sul Vangelo della ventunesima Domenica dopo laPentecoste circa i nostri debiti verso Dio e verso ilpros simo. Fgg. 229-232

Spiegazione del Vangelo della ventiduesima Dome-

XVII

Ancora la quarta Domenica dopo la Pentecostesulla necessità di fare la volontà di Dio. Fgg. 142-145.

Spiegazione del Vangelo della quinta Domenicadopo la Pente coste sulla necessità di una vera e sodavirtù per sal varsi. Fgg. 145-147.

Vangelo della quarta Domenica dopo la Pentecostesulla pratica della Legge Divina. Fg. 148.

Ancora sul Vangelo della quarta Domenica dopo laPentecoste sulla Santissima Eucaristia. Fgg. 149-152.

Sempre sul Vangelo della quarta Domenica dopo laPentecoste sul dovere di liberarsi dal peso delle vanitàterrene. Fgg. 153-154.

Spiegazione del Vangelo della quinta Domenicadopo la Penteco ste sulla carità ed il perdono delle offe-se. Fgg. 155-158.

Vangelo della sesta Domenica dopo la Pentecostesul tema del l’abbandono nelle braccia della DivinaProvvidenza. Fgg. 159-161.

Spiegazione del Vangelo della settima Domenicadopo la Pente coste sul tema: la separazione dalmondo. Fgg. 161-162.

Sul Vangelo della sesta Domenica dopo la Penteco-ste sul tema della Divina Provvidenza. Fgg. 163-166.

Sul Vangelo della quarta Domenica dopo la Pente-coste sul Sacra mento della Divina Eucaristia. Fgg.167.

Spiegazione del Vangelo della settima Domenicadopo la Pente coste su i falsi profeti, gli eretici e i prote-stanti. Fgg. 168-171.

Spiegazione del Vangelo della quattordicesima Do -menica dopo la Pentecoste: i due Padroni. Fgg. 172-175.

Vangelo della settima Domenica dopo la Pentecostesopra i falsi Profeti - Vicende italiane contro la Chiesa.Fgg. 176-179.

Spiegazione del Vangelo della Domenica fra l’Ottavadel S. Na tale sul modo di spender bene i giorni dedicatial Culto. Fgg. 179-181.

Vangelo della Domenica ottava dopo la Pentecostesulla prepara zione alla morte ed al giudizio di Dio. Fgg.182-185.

Vangelo della Domenica decima dopo la Pentecoste

XVI

XIX

dell’Epifa nia: come crescere in sapienza e santità. Fgg.270-272.

Vangelo della seconda Domenica dopo l’Epifania:sopra il matri monio cristiano. Fgg. 272-275.

Vangelo della terza Domenica dopo l’Epifania: delmodo come conservare la fede. Fgg. 275-277.

Vangelo della quarta Domenica dopo l’Epifania:modo di affron tare i pericoli del mondo per l’anima cri-stiana. Fgg. 277-279.

Vangelo della Domenica di Settuagesima: dovere dicoltivare la vigna del Signore, cioè l’anima nostra. Fgg.279-281.

Vangelo della Domenica di Sessagesima: nonlasciarsi soffocare dall’amore delle cose terrene. Fgg.281-283.

Vangelo della terza Domenica dopo Pasqua sulmodo di usare santamente del tempo. Fgg. 284-286.

Vangelo della quarta Domenica dopo Pasqua: aspi-rare alla eterna felicità. Fgg. 286-288.

Vangelo della quinta Domenica dopo la Pasqua,sopra le qualità della preghiera. Fgg. 288-290.

Vangelo della Domenica fra l’ottava dell’Ascensione:i cattivi ed i buoni cristiani. Fgg. 291-293.

Vangelo della Domenica ottava dopo la Pentecoste:dobbiamo render conto al Signore delle nostre azioni.Fgg. 293-295.

Vangelo della nona Domenica dopo Pentecoste:rispetto alla casa di Dio. Fgg. 295-299.

Vangelo della decima Domenica dopo la Pentecoste:la superbia: Fgg. 299-301.

Vangelo della dodicesima Domenica dopo Penteco-ste: l’amore del prossimo. Fgg. 301-304.

Vangelo della tredicesima Domenica dopo la Pente-coste: la con versione dalla lebbra del peccato. Fgg.304-306.

Vangelo della quattordicesima Domenica di Pente-coste: distacco dai beni della terra. Pagg. 306-308.

Vangelo della Domenica quindicesima (incompl.)dopo la Pentecoste. Santificare il dolore. Fgg. 308-310.

Vangelo della decima Domenica dopo la Pentecoste:contro la su perbia, imitare l’umiltà del pubblicano.Fgg. 310-313.

XVIII

nica dopo la Pentecoste che dobbiamo dare a ciascunoil suo. Fgg. 233-234.

Ancora sul Vangelo della ventiduesima Domenicadopo la Pente coste (incompl.) contro l’adulazione. Fgg.235-236.

Sempre sul Vangelo della ventiduesima Domenicadopo la Pen tecoste (incompl.) come comportarci versoDio e verso le Autorità terrene. Fgg. 237-240.

Spiegazione del Vangelo della ultima Domenicadopo la Pente coste circa il Giudizio Universale. Fgg.241-246.

Sul Vangelo della sedicesima Domenica dopo laPentecoste: non essere gelosi del bene degli altri. Fgg.247-248.

Per la diciassettesima Domenica dopo la Penteco-ste, applicazione del Santo Vangelo all’umiltà dellafede. Fgg. 248-250.

Vangelo della diciottesima Domenica dopo la Pente-coste: circa la fede. Fgg. 250-252.

Spiegazione del Vangelo della ventunesima Dome-nica dopo la Pentecoste, ammirare la provvidenza e lamisericordia di Dio. Fgg. 252-254.

Per la ventiduesima Domenica dopo la Pentecoste,immaginarci dinanzi al Tribunale di Dio; sciogliersi dailegami di mor te. Fgg. 254-256.

Vangelo della ventitreesima Domenica dopo la Pen-tecoste, tutto appartiene a Dio. Fgg. 256-258.

Spiegazione del Vangelo della terza Domenica dopol’Epifania sulla necessità della fede. Fgg. 258-260.

Spiegazione del Vangelo della quarta Domenicadopo l’Epifania, necessità della fede in Dio per salvarsie non allontanarsi dalla sua Chiesa. Fgg. 260-261.

Vangelo della quinta Domenica dopo l’Epifania,quali sono i ne mici della nostra salvezza. Fgg. 262-263.

Vangelo della sesta Domenica dopo l’Epifania,sopra la Religione cristiana. Fgg. 263-265.

Vangelo della ventiquattresima Domenica dopo laPentecoste, so pra la fine del mondo. Fgg. 265-268.

Omelia sul Vangelo della Domenica dopo la Circon-cisione, la ne cessità del coraggio e della pazienza percompiere i nostri doveri. Fgg. 268-270.

Spiegazione del Vangelo della Domenica fra l’Ottava

Il dolore dei peccati. Fgg. 65-70.La Sacra Cintola. Fgg. 71-79.Voti e Regole - Ai Religiosi. Fgg. 80-81.Doveri dei Genitori e dei Figli. Fg. 82-86.La carità fraterna - Ai Religiosi. Fgg. 87-90.La presenza di Dio. Fgg. 90-92.Della dolcezza e mansuetudine. Fgg. 93-96.Pia Opera della Santa Infanzia - 2 Febbraio. Fgg.

97-102.Divinità della Chiesa (per una premiazione catechi-

stica) - Fgg. 103-108.Le vittorie della Chiesa. Fgg. 109-112.I dieci comandamenti. Fgg. 113-118.Per una vestizione religiosa. Fgg. 119-121.Per il giorno di tutti i Santi. Fgg. 122-123.La vita cristiana è vita di sacrificio. Fgg. 124-125.Per il giorno del Santo Natale. Fgg. 126-129.Il Sacramento della Penitenza. Fgg. 130-141.Il santo timor di Dio. Fgg. 142-144.Il Sacramento della Penitenza - L’esame di coscien-

za. Fgg. 145-150.Il Sacramento del Matrimonio. Fg. 151.Lo spirito di penitenza - Al popolo di Corsanico.

Fgg. 152-162.Gli obblighi del proprio stato. Fgg. 163-168.La Sacra Cintola. Fgg. 169-176.Rispetto alla Chiesa casa di Dio. Fgg. 177-185.Ai Religiosi in occasione della presa di possesso

dell’Ufficio di Priore. Fgg. 185-189.Idem l’anno appresso. Fgg. 189-190.Istruzione prima - Contro gli errori circa la Chiesa

Cattolica. Fgg. 191-196.Istruzione seconda - prima proprietà della Chiesa

Cattolica. La vi sibilità. Fgg. 196-203.Istruzione terza - seconda proprietà: la perpetuità.

Fgg. 203-208.Istruzione quarta - terza proprietà: la infallibilità.

Fgg. 209-214.Istruzione quinta - Note della Chiesa Cattolica. Fgg.

215-220.Istruzione sesta - Santità della Chiesa Cattolica.

Fgg. 221-226.

XXI

VOLUME TERZO

Questo, come gli altri due, è un volume delledimensioni 16x23, legato in mezza tela e semplice car-tone, dalle stesse mani e con la cura dei precedenti. Ifogli sono numerati da 1 a 305 e quindi sono 610 pagi-ne manoscritte che contengono discorsi e istruzioni divario argomento di S. Antonio Pucci. Ogni pagina, èautenticata col timbro della Curia Arcivescovile diLucca ed il volume, come i precedenti, è stato esami-nato nei vari Processi Apostolici e Diocesano.

Il libro è in discrete condizioni di conservazione;molte pa gine però sono consunte ai bordi perchè oltre-passano la misura media del volume; comunque sonoleggibili. Anche di questo li bro si sta eseguendo lariproduzione in microfilm. Porta il titolo: Scripta ServiDei P. Antonii Mariae Pucci - Volumen tertium, conti-nens varias conciones sacras et instructiones circaveritates fidei foliis 305 regestas. Si conserva nell’Ar-chivio del Convento di S. Andrea in Viareggio al n° 337dell’Inventario. Scaffale n° 4.

Corrispondenza alla Vocazione Religiosa - Ai Reli-giosi. Fgg. 1-4.

Sulla Passione di Nostro Signor Gesù Cristo. Fgg.5-13.

La Preghiera - Ai Religiosi. Fgg. 14-17.La carità fraterna - Ai Religiosi. Fgg. 18-21.Il peccato - Ai Religiosi. Fgg. 21-25.Al popolo di Poggiole di Vernio. Fgg. 26-29.La retta intenzione - Ai Religiosi. Fgg. 30-33.La penitenza - Ai Religiosi. Fgg. 34-37.La Religione Cattolica. Fgg. 38-41.L’umiltà (incompl.) - Ai Religiosi. Fg. 42.Per il primo giorno dell’anno (incompleto). Fg. 43.Sulla stampa e gli spettacoli (incompleto). Fg. 44.Avvertimenti sulla questione sociale (incompleto).

Fg. 45.Per l’ultimo giorno dell’anno (incompleto). Fg. 46.La morte - Ai Religiosi (incompleto). Fgg. 47-62.Guarigione del sordo-muto. Fgg. 61-62.Ai Confratelli di San Vincenzo De’ Paoli. Fgg. 63-

64.

XX

stolas et transumptum scriptorum varii argumentifoliis 200 regesta (foliis 200). Ogni pagina è convalidatadal timbro della Curia Arcivescovile di Lucca ed il volu-me è stato esaminato nei vari Processi, Diocesano edApostolici. Si conserva nell’Archivio del Convento di S.Andrea in Viareggio al n° 338 dell’Inventario, Scaffalen° 4.

Spiegazione catechistica sui dieci Comandamenti -Il primo Co mandamento; l’idolatrìa, l’apostasia, lasuperstizione, la divinazione, il sacrilegio, la bestem-mia. Fgg. 1-10.

Il Culto religioso - culto di iperdulia e dulia. Fgg.11-13.

Lettera concernente la Società di S. Vincenzo De’Paoli, da Prato il 30.30.9.853. Fg. 13.

Modo di adorare Iddio. Fg. 14.Lettera del Gonfaloniere della Città circa l’arruola-

mento. Fg. 15.Il Culto Religioso come deve essere. Fgg. 15-20.Lettera concernente la Società di S. Vincenzo De’

Paoli, da Prato il 30.8.853. Fg. 20.1° Comandamento: dei castighi e delle ricompense.

Fgg. 21-25.Lettera concernente la Società di S. Vincenzo De’

Paoli, da Prato il 16.9.1853. Fg. 25.Lettera al P. Pucci delle Suore dei Servi, di Lucca,

del 23.12.1853. Fg. 26.2° Comandamento. Il giuramento. Fgg. 26-30.Lettera al P. Pucci del P. Remaggi per raccomanda-

zione, del 25.9.1853. Fg. 28.Lettera privata concernente la Compagnia dei Dolo-

ri. Fg. 31.2° Comandamento: il voto. Fgg. 31-34.Sacra Scrittura e Tradizione. Fgg. 35-39.La Fede - peccati contro la Fede. Fgg. 40-42.Simbolo Apostolico: 11° Articolo: la resurrezione

della carne. Fgg. 43-45.Obbedienza alla Gerarchia Ecclesiastica. Fgg. 46-

47.Doveri verso le Autorità Civili ed Ecclesiastiche. Fg.

48.

XXIII

Istruzione settima - La cattolicità della Chiesa Cat-tolica. Fgg. 227-232.

Istruzione ottava - l’apostolicità della Chiesa Catto-lica. Fgg. 233-238.

Istruzione nona - Costituzione della Chiesa Cattoli-ca 239-244.

Istruzione decima - La Chiesa docente. Fgg. 245-250.

Istruzione undicesima -I Cardinali e i Vescovi. Fgg.251-256.

Istruzione dodicesima - Dei Preti (e dei Frati). Fgg.257-261.

Il Papa e la Chiesa - Ingerenza del potere tempora-le. Fgg. 262-269.

Potenza di Maria Mediatrice. Fg. 270-275.Per una premiazione catechistica. Fgg. 276-281.Lo spirito Religioso - Ai Religiosi. Fgg. 282-285.L’abito religioso - Ai Religiosi. Fgg. 286-289.Per il giorno consacrato ai fedeli defunti. Fgg. 290-

293.Per l’ultimo giorno dell’anno. Fgg. 294-299.Due esortazioni. Fgg. 300-301.Dopo il Sacro Giubileo. Fgg. 302-305.

QUARTO VOLUME

Come gli altri anche questo volume è legato informa molto semplice in mezza tela e cartone ed i foglisono stati messi insie me dalle stesse mani degli altri econ la solita cura. I fogli sono numerati da 1 a 200 ecostituiscono perciò 400 pagine quasi tutte formatoprotocollo, alcune più piccole contenenti brani didiscorsi sacri, istruzioni sulle verità della fede, medita-zioni, qualche let tera e la raccolta di scritti su argo-mento vario.

Il libro è in buone condizioni di conservazione;misura cm. 23x32 e se ne sta facendo la riproduzionein microfilm. Il titolo è il seguente: Scripta Servi Dei P.Antonii Mariae Pucci - Volumen quartum continensfragmenta sacrarum concionum et instructionumsuper veritatibus fidei, meditationum - nonnullas epi-

XXII

Ai Religiosi. Fg. 103.Ai Religiosi. Fgg. 104-105.Lettera del P. Generale concernente l’Ospizio Mari-

no. Fg. 107.Ai Religiosi. Fg. 106.Ai Religiosi. Fg. 107.Per una Prima Comunione. Fgg. 108-109.Ritiro spirituale - La presenza di Dio. Fgg. 110-113.Ritiro spirituale - Le due vite dell’uomo. Fgg. 114-

116.Sul Purgatorio (manca l’inizio). Fg. 117.Sulla Bestemmia. Fgg. 117-120.Sulla Perseveranza. Fgg. 120-123.Santificazione delle feste (incompleto). Fgg. 123-

126.Misericordia di Dio - abuso della Misericordia di

Dio. Fgg. 127-130.Le Anime Sante del Purgatorio. Fgg. 131-135.Abbandono di Dio e sue conseguenze. Fgg. 135-

138.Doveri dei Genitori e dei figli. Fgg. 139-142.La tentazione. Fgg. 143-147.Vita breve. Fgg. 147-151.Morale e onestà (incompleto). Fgg. 151-152.A pag. 152 un richiamo per Pag. 83, ma non corri-

sponde.L’inferno. Fgg. 153-158.L’Addolorata - Stabat. Fg. 159.Prima Comunione. Fg. 160.Prima Comunione. Fgg. 161-162.Prima Comunione. Fg. 163.Protesta contro la Legge di soppressione. Fg. 164.Prima Comunione. Fg. 165.Dichiarazione negativa di Comunità Religiosa. Fg.

166.Lettera al P. Guglielmi. Fg. 167.Richiesta all’Arcivescovo dell’autorizzazione al

Culto del Sacro Cuore di Maria. Fg. 168.Questionario della Sacra Visita. Fgg. 169-172.Via Matris (il manoscritto autentico si trova nell’Ar-

chivio). Fgg. 173-176.Copia della lettera del P. Pucci per chiedere un per-

XXV

Doveri vicendevoli dei Coniugi (incompleto). Fgg.49-51.

Per il giorno dei Fedeli Defunti. Fgg. 52-53.Penultimo Articolo del Credo: la vita eterna (incom-

pleto). Fgg. 54-55.Simbolo Apostolico: la vita eterna - Paradiso e

Inferno. Fgg. 56-60.Per la Festa del Corpus Domini. Fgg. 61-62.Lettera del Padre Morini. Fg. 62.Corrispondenza alla Grazia Divina. Fgg. 63-65.In difesa delle Feste Cristiane - Polemico. Fg. 66.Ancora sul Simbolo Apostolico: l’Inferno - la parola:

Amen. Fg. 67.La Fede e le opere. Fg. 68.Del modo di stare in Chiesa e di ricevere la S.

Comunione. Esempio S. Luigi Gonzaga. Fgg. 69-70.Spiegazione del Vangelo del sordo-muto - dei Sacri

Riti (Pole mico). Fg. 71.Bellezza della vocazione Religiosa - Alle Suore. Fgg.

72-73.Il Pater Noster - Terza petizione. Fgg. 74-76.Il Pater Noster - Quarta petizione - Fgg. 76-78.Il Pater Noster - Quinta petizione. Fgg. 79-82.Il Pater Noster - Sesta petizione (incompleto). Fgg.

82-83.Alla pagina 84 esiste un richiamo per la pag. 151

bis che non esi ste in questo volume.Onestà solamente col cristianesimo (manca l’inizio,

vedi richia mo). Fgg. 84-86.La Religione Cattolica è la sola vera. Fgg. 87-89.Spiegazione del Vangelo della Domenica di Settua-

gesima. Fgg. 90-92.Spiegazione del Vangelo della Domenica di Sessa-

gesima. Fgg. 92-95.Spiegazione del Vangelo della undicesima Domeni-

ca dopo la Pen tecoste. Fgg. 96-97.Spiegazione del Vangelo della sesta Domenica dopo

la Pentecoste. Fgg. 98-99.Spiegazione del Vangelo della seconda Domenica

dopo Pasqua. Fgg. 100-102.L’Eucarestia. Fg. 101.Lettera del P. Remaggi. Fg. 103.

XXIV

Pater Noster - settima petizione (incompleto). Fgg.25-28.

Ave Maria - istruzione. Fgg. 29-32.Sulla Divina rivelazione e i caratteri della Dottrina

Cristiana. Fgg. 33-36.Per una Prima Comunione. Fgg. 34a-40.Prima Comunione del 1880. Fgg. 42-48.Prima Comunione del 1881. Fgg. 50-56.Per una premiazione catechistica. Fgg. 58-60.Per l’ultimo giorno dell’anno. 1889. Fgg. 66-67.Per il primo giorno dell’anno 1879. Fgg. 70-77.Il Santo Nome di Maria. Fgg. 78-85.La potenza di Maria. Fgg. 86-93.Ai suoi Religiosi - 1860. Fgg. 94-97.In Vestizione di due Fratelli Laici. Fg. 98.Ai Suoi Religiosi - La preghiera. Fg. 101.Prima Comunione del 1882. Fgg. 102-106.Un appunto breve. Fg. 107.

Autografi e manoscritti vari conservati in Archivioalle Car telle 1357-1358 (Via Matris); copie fotostatichedi altri mano scritti, cartella 1359 - Copia fotografica emicrofilm dell’Epistolario al P. Generale durante il suoProvincialato che si trova nell’Archi vio dell’Ordine, 5volumi in Archivio di S. Andrea. Registri di nati, defun-ti, matrimoni ecc. nell’Archivio Parrocchiale.

Nell’Archivio del Comune e della Confraternita dellaMisericordia - Via reggio, molti altri manoscritti, cosìpure nell’archivio del Conven to di Pistoia e altri con-venti.

XXVII

messo al Padre Provinciale (l’autografo si trova nell’Ar-chivio del Convento della SS. Annunziata di Firenze).Fg. 177.

Lettera del P. Pucci al P. Provinciale per chiedere ilpermesso di andare a Poggiole (vedi Volume terzo, Fgg.26-29 «al po polo di Poggiole») 1849 - Copia; l’autografosi trova nel l’Archivio del Convento della SS. Annunzia-ta di Firenze. Fgg. 178-179.

Copia del testamento del P. Pucci - L’Originale aFirenze SS. An nunziata di Firenze. Fg. 180.

Lettera al P. Socio per chiedere un sostituto. Copia;l’originale a Firenze Convento della SS. Annunziata.Fgg. 181-182.

Direzione Cristiana per la Gioventù - Copia; origi-nale a Firenze. Fgg. 183-195.

Lettera al P. Priore di ?... - Copia; l’originale aLucca? - Fg. 196.

Idem per un permesso. Copia - originale a Lucca? -Fg. 197.

Copia di lettera per avvertire dell’arrivo - Originalea Firenze? Fg. 198.

Idem. Fg. 199 - Idem al Priore di Montepulciano.Fg. 200.

Frammento di pensiero spirituale. Fg. 201.

VOLUME QUINTO

Non si tratta di un vero volume ma di scritti variritrovati in momenti successivi e riuniti in una scatolaconservata nell’ar chivio del Convento di S. Andrea inViareggio al numero d’inven tario 339 e che quindi nonsono stati esaminati durante i Pro cessi di Beatificazio-ne e Santificazione. Anche di questi è in corso la copiamicrofilmata.

Sono scritti su varii argomenti sacri, discorsi, ecc.

Sulla Passione di N. S. Gesù Cristo. Fgg. 1-10.Sulla presenza di Dio. Fgg. 10-15.Sul Purgatorio (incompleto). Fgg. 15-20.Pater Noster - sesta petizione (incompleto). Fgg. 21-

24.

XXVI

reggere. Certo, il parlare è ottocentesco, e ha unsuo fascino particolare.

Mi sono limitato alle Omelie domenicali. IlSanto Curatino ha tenuto certo altre omelie peralcune Feste del Signore e della Vergine Maria; main maniera quasi occasionale, e non di tutte leFeste.

Quanto alle citazioni latine, sia bibliche che deiPadri e dei Dottori della Chiesa, non ho credutoopportuno darne l’indicazione esatta, anche per-ché il Santo citava forse a memoria frasi diventateormai correnti nella predicazione del tempo.

La presente edizione on-line, nel cinquantesimoanniversario della Canonizzazione di S. Antonio M.Pucci, avvenuta a San Pietro in Roma, da parte delbeato Giovanni XXIII, l’indomani della chiusuradella prima sessione del Concilio Vaticano II, cioèil 9 dicembre 1962, intende solo mettere a dispo-sizione non solo dei Frati Servi di Maria, ma dichiun que lo desideri, un tesoro omiletico, che sepercorre piste esegetiche molto diverse da quelleodierne, richiama tutti al dovere di approfondire idati fondamentali della fede cattolica e di farnenorma di vita evangelica e morale.

Roma, 15 agosto 2012,Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria.

XXIX

3. L’Omeliario domenicale di S. Antonio M.Pucci

L’Omeliario domenicale in se stesso ha ungrande valore: è usato nella Chiesa cattolica eanche in quella bizantina, col nome di Kuriako-drovmion. Quello di S. Antonio M. Pucci, oltre al suointrinseco valore religioso, conserva anche unavalenza politica, perché ci immette – sia puresoltanto a Viareggio – in un ambiente di profondicambiamenti culturali, religiosi e sociali: si stacompiendo l’unità dell’Italia, il Papa è contestato,lo stato pontificio sta per finire e di fatto finisce.

Quarant’anni di omelie domenicali del Curatinosono dunque un riflesso di ciò che si stava compi-endo in Italia.

E sono la testimonianza di infiltrazioni di nuovedottrine teologiche e morali difformi da quelle cat-toliche e di costumi che si adeguavano a nuoveistanze e situazioni.

Non è compito mio presentare i contenuti del-l’Omeliario domenicale di S. Antonio M. Pucci:prediche autografe, scritte su quaderni, su fogli,con ristrettezza di spazio, perciò a volte dislocatelà dove l’autore poteva trovare un foglio ancorabianco, scrivendo magari fitto fitto, o anche con uncumulo di abbreviazioni, che lui solo potevadipanare pronunciando le sue omelie ai fedeli, eche io ho cercato di interpretare nel miglior modo,tenendo conto dei contesti e dei luoghi paralleli.

Caratteristica degli scritti è anche una sovrab-bondanza di maiuscole, oggi meno accettate, e diparole disusate (ad esempio: doventare, invece chediventare) o graficamente inesatte, come noja,gioja, vecchiaja, ecc., che mi sono permesso di cor-

XXVIII

1

SANT’ANTONIO MARIA PUCCI, O.S.M.IL CURATINO DI VIAREGGio

OMELIARIO DOMENICALE

Scripta Servi DeiP. Antonii Mariae Pucci

Volumen secundumcontinens Homilias super Evangeliis

foliis 313 regestas, duplicatis foliis 200 et 247

Ogni foglio è convalidato dal timbro della Curia Arcivescovile diLucca ed il volume è stato esaminato nei vari Processi, Diocesa-no e Apostolici.

Domenica 1ª dell'Avvento

[1r.] Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo par lando a' suoi discepoli disse loro: vi saranno segninel sole, e nella luna e nelle stelle, e sulla terra le genti tuttesaranno in grandi angosce per la confusione del mare e de'suoi burra scosi flutti. Gl'uomini si struggeranno di pauranell'aspettativa di quelle cose che sopravverranno all'univer-so mondo. Imperoc ché le virtù dei cieli saranno commosse:e allora si vedrà il Fi gliuolo del l'Uomo comparir sulle nubicon grande apparato di pos sanza, e di maestà. Incomincian -do ad avvenir queste cose osser vate e levate in alto la vostra

prima sfoggiò la divina misericordia, nella seconda compa-rirà in tut ta la sua pienezza l'eterna divina giustizia; e risol-viamoci adesso ad approfittarci di quella, se non vorremonel giorno dell'uni versale sindacato provare i rigori tremendidi questa.

Gl'attributi che più fa risplendere Iddio nel governo delmon do sono appunto la sua misericordia infinita, e la suainfinita giustizia; la misericordia però suol sempre andareavanti alla giustizia come si protesta lo stesso Dio nelle divi-ne Scritture; e per conseguenza dopo aver fatto egli compa-rire la misericordia farà spiccare in tutto il suo splendore ladivina giustizia. Ma confrontiamo fra loro le due venute diGesù Cristo nel mondo.

Quando ai tempi di Cesare Augusto comparve Gesùsulla terra in umane sembianze di tenero Bambinello sigodeva in tutto il mondo la pace: ed era ben convenienteche le nazioni tutte fosse ro in pace, poiché questo Re pacifi-co di gloria venìa [2v.] a riconci liare l'uomo con Dio.

Ma non così sarà alla seconda sua venuta nel mondo.Allora non lo precederà la pace; ma guerre e intestinediscordie; ma fame e pestilenze; ma terremoti e disastri diogni fatta; ma sole ottenebrato, luna ecclissata, stelle e cieliin disordine, tuoni fulmini e lampi riempiranno di terrore edi spavento,e an nunzieranno, che Cristo viene a giudicarela terra.

Là alla grotta di Betlemme cantarono gl'Angeli: “Glorianel l'alto dei Cieli, e pace sulla terra agl'uomini di buonavolontà”, e mentre annunziavano ai pastori la nascita deldivin Redentore, gli rassicurarono a non temere, e gli impo-sero di far tosto ri cerca del divino Infante per adorarlo. Maquesti Angeli stessi non più annunziatori di pace a suon di

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testa perché si avvicina la vo stra redenzione. E gli portòquesta similitudine: Osservate la pianta del fico, e tuttigl'albe ri: quando essi incominciano a produrre i lor frutticonoscete, che è vicina l'estate. Così an che voi quandovedrete succedere tali cose, sappiate che è vici no il Regno diDio. In verità io vi dico che non passerà questa generazionefinché non accadano tali cose. Il cielo e la terra passeranno,ma le mie parole non mancheranno. Fin qui l'odierno sacroEvangelo.

[1v.] Tanto nella precedente domenica, ultima dopo laPentecoste, quanto in questa che corre oggi prima dell'Av-vento ha voluto Chiesa santa nostra madre amantissima farrisuonare alle nostre orecchie quei tratti del santo Vangelo,che ci rammentano l'universale Giudi zio, onde noi intendes-simo, che la memoria di quel giorno tremen do ha da starsempre fissa nella mente e nel cuore di ogni cre dente. Fini-sce il suo anno la Chiesa, e dice ai figli suoi: “Ram mentatevidel giorno estremo del mondo, e del come starete in quel dìdinnanzi al Figliuolo dell'Uomo quando in trono di maestà sifarà a giudicare la terra”. Incomincia oggi il suo anno e l'i-stessa verità gli rammemora, perché mossi a vera penitenzavadano incontro in questi giorni al sommo pacifico Re collaco scenza monda da ogni macchia di peccato, e adorna disante ope razioni: “In adventu Summi Regis mundantur cordahominum, ut di gne ambulemus in occursum illius”. Sì, questesono l'esortazioni, che la Chiesa indirizza a’ suoi fedeli inquesto giorno. Dunque, popolo mio dilettissimo, secondia-mo le mire della [2r.] nostra buona madre: facciamo il con-fronto della prima venuta di Gesù Cristo nel mondo collasua seconda venuta, e vedremo che nella prima vennePadre amoroso, nella seconda verrà Giudice severo: nella

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tromba farale si faranno a chiamar tutti i morti alla granvalle di Giosafat dinnanzi a Cristo Giudice non più adagiatoin umil presepio, ma sedente in trono di maestà. Popoli tuttialla gran valle. O voi che dormite il sonno di morte alzatevi,venite al Giudizio: “Populi, populi in valle concisionis. Surgitemortui, venite ad judicium”. Così rim bomberà lo squillo del-l'Angelica tromba dall'oriente all'occaso, da mezzogiorno asettentrione, e si apriranno i sepolcri, si smuo veranno iCimiteri.... [3r.] questa voce tremenda risuona nel Paradiso,si fa sentire nel Purgatorio, penetra nell'Inferno; ed ecco datutte le parti uscire le anime quali giuste, quali riprovateche si rivestono dei loro corpi, ecco tutta risuscitata la razzadi Adamo, e si incammina alla valle; ecco altri Angeli, chenella valle medesima separano i buoni dai rei. Nel mondoera mescolato il grano colla paglia, i capri colle agnelle; main quel giorno non sarà così. Il buon Padre non sta bene colfiglio discolo e libertino, l'onesta giovine non più si tolleracolla madre vana e mondana, la casta sposa dividasi dalmarito adultero e spergiu ro, la persona dabbene e cristiananon più col sensuale e diso nesto, ma invece il padre, lafiglia, la sposa, la persona cri stiana alla destra, il figlio, lamadre, il marito, il disonesto alla sinistra. Oh Dio che sepa-razione crudele! Ma torniamo al confronto.

Quando Gesù Cristo discese dal cielo la prima volta,venne in qua lità di buon Pastore per cercare la pecorellasmarrita, vale a dire per salvare la perduta umana genera-zione; e nel conversare cogl'uomini erano sue delizie il trat-tare con benignità [3v.] e affa bil dolcezza i più gran peccato-ri, trattava con loro, con loro mangiava e di loro ne prende-va le difese.

Tutto il contrario nel dì finale. In aria di giudice inesora -

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bile discenderà dall'alto dei cieli a far vendetta di tutti i pec-catori della terra. Se li cercò da buon Pastore, se gli amò daPadre misericordioso, se di loro andò in cerca per convertir lia sé per farli ravvedere; ora li rinfaccerà le lor fellonìe.Come, griderà questo Giudice eterno, come osi tu stare ame din nanzi reo di tanti eccessi? Come voi, o sepolcriimbiancati, che nel mondo compariste persone dabbene,potrete adesso nascondere la vostra ipocrisia, le vostre fin-zioni, i vostri peccati tenuti celati anche a miei ministri neltribunale di Penitenza, tenuti celati agl'occhi del mondo, machiari e aperti agl'occhi miei? Or bene sia a un mondo intie-ro noto e manifesto quanto commette ste in occulto. Si apraquel velo, e tutta la serie orrenda di quei gravi misfatti com-parisca in piena luce presso tutti quan ti gl'uomini. E nonsono forse opera vostra quei pensieri? Ohimè che rossoreper i disgraziati peccatori.

[4r.] Torniamo al confronto. Gesù nel corso della sua vitasu que sta terra, come dice san Giovanni nel suo Vangelo,non fu ricono sciuto dal riprovato mondo: “Et mundus eumnon cognovit”. Ma be ne sarà conosciuto da tutti nel giornodella sua collera e del suo furore: “Cognoscetur Dominusjudicia ferens”. “Io son quel Re, dirà egli a’ giudei, Io sonquel Re da burla che prendeste a schiaffi colà nel Pretorio diPilato... Io son quel Dio, o atei libertini, di cui non volevateudirne parlare, per seguire senza rimorso i desideri dellavostra carne e delle vostre superbie... Io son quel Cristo, chevoi, o eretici, scismatici, miscredenti, che rinnegaste... Iosono, mi conoscete, o cristiani? io sono il vostro Redentore,il vostro Capo, il vostro Legislatore supremo, che per salvar-vi discesi dal seno del Padre... Io tacqui allora, ma ora nonpiù, e dovrete provare in tutto il suo rigore la mia oltraggia-

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ta divina giustizia. Voi Angeli assistenti... voi Santi giudicatefra me, e il mio popolo, e vedete se potea far di più a loroprò... [4v.] Io venni nel mondo non per giudicare il mondoma per salvarlo: mi assoggettai a tutte le umane miserie,predicai il mio Vangelo e colle parole, e coll'esempio, ma ilmondo si rise di me, e della mia Legge, si fece beffe dellamia Chiesa, e de' sacerdoti, provi dunque adesso le mie divi-ne vendette. Mondo iniquo, pazzi seguaci del mondo, ama-tori della carne e della vanità, della bugia e dell'errore sorti-temi di innanzi, andate a quell'Inferno, che non credeste, aquel fuoco che non paventaste”.

Se non che fermatevi anche un'istante, e osservate comeda me venga premiata la virtù, ricompensato il merito. Voiintanto, o anime giuste che foste a me fedeli in vita, cheseguiste i miei esempi, che osservaste i miei precetti, chefoste perseguitate dai malvagi, venite adesso a ricevere ladovuta mercede: “Venite benedetti...”.

[5r.] Domenica 2ª dell'Avvento

Avete udito, popolo mio dilettissimo, dal santo Vangelo,che il Bat tista mentre era ritenuto in carcere dall'empio elibidinoso Erode udì le opere meravigliose e stupende diGesù Cristo, e mandò due de’ suoi discepoli a interrogarlo,se egli era il Messìa promesso, oppure se ne doveano aspet-tare un altro. Ma che forse il santo Precursore Giovanni, ilquale lo conobbe ancora rinchiuso nel seno materno, e dipoilo additò, e lo annunziò al popolo per il vero Agnello di Dio,che toglie il peccato dal mondo, non sa adesso che egli è ilFiglio di Dio, il Messia sospirato da tanti secoli? Io vi dico,che san Giovanni sapeva benissimo, che quegli, di cui avea

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udite le opere mirabili, era il Redentore del mondo, ma chemandò appunto due de' suoi discepoli a interrogarlo, af -finché essi, e tutti quelli ai quali l'avrebbero raccontato, daimiracoli operati da Gesù Cristo potessero conoscere chiveramente egli era. Infatti dopo che questi due inviati ebbe-ro interroga to Gesù Cristo come loro avea imposto il Batti-sta, Gesù chiamò a sé gl'Infermi, che erano confusi collagran folla di popolo, il qua le era venuto a ascoltare le sueprediche, e agl'uni scioglie la lingua, e agl'altri apre gliocchi, e a [5v.] chi dà l'udito, e a chi raddirizza le gambestorpiate. Questa è la risposta, disse Gesù Cristo, andate, eraccontate a Giovanni quel che avete udito, e veduto: ditegli,che io illumino i cechi, che fo parlare i muti, che fo udire isordi, che fo camminare speditamente gli zoppi, e questemie opere ben danno a conoscere quello, che io sono, etanto vi basti. Sì, fratelli dilettissimi, le opere son quelle chepersuadono e convincono, e non le semplici parole: le opereson quelle, le quali addimostrano chi uno è, o non è, ma lesem plici parole tante volte ingannano, e sono smentite dalleopere. Veniamo alla pratica. Tutti colle parole dicono diesser cristia ni, ma pochi son quelli che lo sono davvero. Seio dimando a tut ti voi, siete cristiani? A una voce mi rispon-dete: Siamo cristia ni per grazia di Dio. Ma dirsi cristianicolla lingua e poi non esser tali di fatto è una cosa che nonva d'accordo. E però ci vole una risposta simile a quella, chediede Gesù Cristo agl'invia ti di Giovanni, vale a dire unariposta di opere, e di opere da buon cristiano. Dunque iotorno a interrogarvi, se siete cri stiani, poiché non posso per-suadermi, che lo siate realmente... Bada veh, che stamatti-na [6r.] il padre curato ci ha presi per tanti turchi... però senon crede alle nostre parole, quando gli dicia mo che siam

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cristiani, gli porteremo le Fedi del Battesimo... No, non vi hopresi per turchi, ma vi ho sempre creduti battezza ti; no, nonvi ho presi per turchi, ma anzi tutte le volte che vi vedo quiradunati nella Chiesa compresi da devozione, tutte le volteche vi ho parlato da questo luogo di verità ho creduto diparlare a persone battezzate, ma oggi considerando il tenoredi vita, che da molti di voi si tiene non posso persuadermiche siate cristiani. Non mi venite fuori con le Fedi del Batte-simo, che di quelle non ne faccio caso; le fedi che vorrei davoi per cre dervi cristiani, sono le buone opere. Dunque nonconfidate tanto nel vostro Battesimo, poiché il Battesimosolo non basta a for mare un cristiano, ma si richiede anco-ra l'osservanza della leg ge divina, bisogna ancora seguitar lepedate di Gesù Crocifisso, perché il nome di cristiano vienda Cristo, e cristiano vuol di re seguace di Gesù Cristo. Nonmi vantate di esser cristiani perchè avete ricevuto il Battesi-mo, poichè vi posso dire che an[6v.]che al cuni giudei si van-tavano un giorno alla presenza di Gesù Cristo di discendereda Abramo per linea retta, da quel gran santo Patriarca:“Semen Abraham sumus”; ma sapete cosa li rispose il divinReden tore? Li disse, che se erano figliuoli di Abramo glimostrasse ro le virtuose operazioni di un tanto Padre. Non lidisse mica, che gli mostrassero scritti autentici per compro-vare che essi erano della schiatta di Abramo, ma li disse: Sesiete figli di Abramo, fate quello che egli fece. “Si filiiAbraham estis, opera Abraham facite”. Così io dico a tuttivoi, se siete cristia no fatelo vedere colle opere.

Volete, dunque, che io vi creda cristiani? Allontanatedall'a nima vostra il peccato, allontanate dalle vostre botte-ghe, dai traffici, dai negozi gli inganni, e le frodi; distaccateil cuo re da quella roba, che avete, e fatene parte ai poveri, e

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alla Chiesa; lasciate voi ,o giovani, quelle impurità vergo-gnose, voi ammogliati, voi maritate date un perpetuo addioa quelle prati che scandalose e disoneste; voi bestemmiatori,voi ubriaconi abbandonate quelli abiti cattivi che avete distrapazzare il nome santissimo di Dio, della Madonna e dei[7r.] Santi, abbandonate le Bettole, le Osterie, i ridotti in cheinsieme coi danari perdete l'uso di ragione, e condannate lapovera anima vostra, agl'eterni do lori dell'Inferno. Lasciate ilvizio infame della maldicenza, e della calunnia, smetteteuna volta di dire quelle parole impro prie, quei discorsi gras-si e sudici, quelle invettive, quelli improperi, quelle impreca-zioni, e maledizioni, che scagliate e contro del Cielo, e con-tro la terra, e contro del vostro pros simo, lasciate le bugie, igiuramenti, e tutto quanto insomma vi proibisce Iddio, e laChiesa vostra santa madre. Dipoi santifica te i giorni diFesta, siate umili, mansueti, poveri di spirito; mortificati:date buona educazione ai vostri figliuoli, ai vo stri sottoposti,insegnateli la dottrina cristiana, a amare, a temere il Signo-re, dateli buon'esempio, e non siate loro pietra di scandalo.In una parola sola: volete, che io vi creda veri cristiani?State lontani dal male, e fate delle opere buone. “Diverte amalo, et fac bonum”.

Padre, quel che ci avete detto coll'aiuto di Dio procuria-mo di farlo, e l'anima ci preme più di quel che voi pensate...Roba d'altri non abbiamo... Non abbiamo ammazzato nes-suno... Ci ac[7v.]costiamo ai Sacramenti, si va alla Messa, asentire la parola di Dio quando voi ce l'annunziate dal Pul-pito e dal sacro altare, e fac ciamo meglio, che si può, e peròcrediamo di esser cristiani.

Sarà vero tutto ciò che voi dite, ma intanto io interrogo ipoveri, e sapete cosa mi dicono di voi? Mi dicono, che siete

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un avaraccio schiavo dell'interesse e dei quattrini, e dallevo stre mani non esce mai un'elemosina. Io domando di voial vostro vicino, ed ei mi risponde che avete una lingua dia-bolica, la qua le taglia e cuce, e accende liti, e fomentadiscordie fra fami glie. Io dimando alla vostra moglie chisiate voi, ed ella colle lacrime agl'occhi mi risponde, che erameglio per lei non avervi mai conosciuto perché la strapaz-zate, la picchiate, la trattate male, e dividete i vostri affetti,il vostro amore con altre don ne. Io interrogo i vostri figliuoli,e dimando di voi, ed essi mi dicono, che li fate mangiare ilpane della tribolazione, che li trascurate, che di essi nonavete premura né quanto all'anima né quanto al corpo. Iocerco di voi quanti vi conoscono, ed essi mi dicono, che senon rubate palesemente, rubate però di nasco sto, perchénon pagate i debiti, non date la dovuta mercede agli operai,usate frodi, tessete inganni, commettete [8r.] ingiustizie nelvendere, e nel comprare; mi dicono che se non ammazzatecolle ma ni, ammazzate però colla lingua, e col cuore acagione di quelli odi, di quei risentimenti, di quelle mormo-razioni; che se non am mazzate il corpo, ammazzate l'anima,che è peggio, coi vostri scandali, col mettere la malizia a chinon l'ha, coll'insegnar li massime storte contrarie alla reli-gione nostra santissima, coll'incamminarli per la via, chediritta conduce all'Inferno: mi dicono che se vi accostate aiSacramenti, lo fate per usanza; che se vi portate alla Chie-sa, vi andate per scandalizzare i vostri fratelli; mi diconoinsomma, che vi chiamate cristiani, ma che di cristianiavete il solo nome.

Fratelli miei dilettissimi, purtroppo è vero, che moltibisogna andarli a cercare nel libro dei battezzati, per ac -certarsi se siano cristiani, poichè le loro operazioni sono

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peggiori di quelle dei turchi. Sì, molti son registrati nel librodel Battesimo, ma vi son registrati per maggior loro condan-na. E perché? Perchè un giorno Iddio li giudicherà a tuttorigore; li farà conoscere, che se erano battezzati, aveanoancora rinunziato al mondo, e invece essi son sempre vissu-ti immersi nelle conversazioni mondane, e del mondo hansempre seguite le massime; che se erano cristiani, aveanrinunziato al demonio, e invece hanno più servito ad diavo-lo, che a Cristo; che aveano rinunziato alle pompe, e allevanità, e invece [8v.] sono stati perduti dietro di esse. Einfat ti come può dire, che non siano perduti nelle vanitàtanti giovani, che vogliono seguire tutte le mode, e che perse guire queste mode mettono sossopra la famiglia, vi susci-tano discordie, e fanno concepire debiti ai poveri padri, allepovere madri? Come si può dire, che non siano perdutenelle pompe quelle femine, quelle giovinotte, che spendonopiù nel vestirsi, che nel mangiare, che lisciano tanto, abbi-gliano e accarezzano quel mucchio di putredine, che prestopresto deve ridursi a marcire in una fossa? Ah! tempidisgraziati a che siam ridotti! Siam ridotti un'altra voltaall'idolatrie dei Gentili! Sì, perchè invece di adorare il veroDio si ado ra il corpo, che è un ammasso di vermi: Si adoraquel Ganime de, che va vestito di tutto punto: Si adora quel-la fanciulla, che non ha tanti quattrini da comprarsi unapuntina da coprirsi il petto, una pezza da velarsi il capo, e lespalle... Vorrei, che mi capiste... Parlo di voi, o donne, cheporta te i vestiti, i corsetti sull'ultima moda senza puntarli,che portate in capo un cencio rappezzato e piegato, che nonvi copre neppure il collo, e così vestite non vi vergognate diandare a ricevere il Signore e venite apposta nella Chiesaper farvi vedere, per farvi adorare da questi e da quelli, e

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siete lo scandalo del popolo cristiano. E credete con ciò dipiacere agl'uomini? Eh! disingannatevi una volta, non pote-te piacere a nessuno che abbia un po' di criterio, anzi saranpiù quelli che vi biasimano di quelli che vi lodano... Tuttidiranno che non siete donne da famiglia, che siete unavanità, perchè gli ornamenti di una donna devono essere levirtù... Ma il peggio si è che, vestite in tal foggia, dispiaceteal Signore e andate dannate... Si dannò l'Epulone, perchéandava superbamente vestito. Si dannò una fanciulla nelCalabrese appunto... E vi dannerete voi, se seguiterete tantemode scandalose...

[9r.] Domenica 2° dell'Avvento

Avete udito, popolo mio dilettissimo, come il santoPrecurso re Giovanni Battista fosse ritenuto in carcere, dadove man dò que' suoi discepoli a Gesù Cristo. E chi eraquell'empio, che ritenea in dura prigione un santo, un inno-cente quale era il Battista? Il disonesto, l'impudico Erode. Eperché cel tenea? Perché questo santo Precursore soffrirnon potea l'infa mi dissolutezze di Erode con Erodiade suacognata, e ne li rimproverava del continuo acceso di unsanto zelo per la gloria del suo Signore, e per la salvezzadelle anime cui era spe dito da Dio a predicare il Battesimodella penitenza, e co sì prepararle a ricevere il Messia, pro-messo ai Patriarchi, predetto dai Profeti, e desiderato datutte le genti. Sì, per questo san Giovanni era ritenuto incarcere da Erode.

Purtroppo è vero, che dagli empi è avuta in odio la veri -tà, e da essi vengono perseguitati coloro, che parlano il lin-guaggio della verità, perché questa verità medesima li rin-

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faccia il loro malvagio operare. Avrete provato [9v.] voi stes -si, che basta rimproverare il vizio per farsi dei nemici, iquali a guisa di frenetici se la prendono con chi era venutoa curarli, e gli tendono insidie, e gli inventan calunnie, e glimuovon persecuzioni, e gli attentano talvolta ancora allavita. Ma e che dunque per questo dobbiamo tralasciare dicorreggere il peccatore, dovremmo menargli buono il suopeccato, dovremmo adularlo ne' suoi depravati costumi?Mai no, fratelli e figli miei dilettissimi! Dobbiamo invecearmarsi di santa Pazienza, di invitta costanza dietro l'esem-pio del Battista, e sul riflesso dell'eterna ricompensa pro-messa da Gesù Cristo nel suo Vangelo, a quelli che sonoperseguitati per la giustizia: “Beati qui persecutionem patiun-tur propter justitiam; quoniam ipsorum est regnum coelorum”.

Se noi riflettiamo, che le tribolazioni, le persecuzioni, ele miserie sono appunto il retaggio dei miseri figli di Adamo,se riflettiamo, che queste furon lasciate per testa mento aicristiani dal loro capo e legislatore Gesù Cristo, se riflettia-mo, come dice l'Apostolo Paolo, che quelli i quali [10r.] piac-quero al Signore, furono in ogni tempo martoriati, ango -sciati, oppressi, costretti a vagar pei monti, e pei boschi, atravestirsi e a nascondersi nelle tane dei lupi, nelle ci sterne,e nei cavi della terra, non ci riuscirà certamente tanto diffi-cile il sopportare con pazienza le angoscie di questa miseravita. Anzi le soffriremo con piena rassegnazione ai voleri delcielo, e ci stimeremo felici a patire per amor di Gesù, ilquale per l'amor grande che a noi portò volle discendere dalcielo in terra, volle racchiudersi per nove mesi nel senopurissimo di Maria, volle nascere in una stalla, assoggettar-si a tutte le umane miserie, volle finir la vita satollato diobbrobri sopra una croce.

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Ma ohimè! che noi ben lungi dall'imitare nelle sofferen zeil santo Precursore Giovanni, imitiamo invece il libidinosoErode sempre immersi nelle sozzure della carne, sempreper duti in mille dissolutezze, in male pratiche, in prave con -suetudini! E se qualche anima buona venga a noi per darcila mano a sortire da [10v.] questi pantani di iniquità, ce lapas siamo con un disprezzo; e non è poco, se non ci rivoltia-mo a lei con arroganza insoffribile, e non la carichiamo diimproperi, e di villanie, come appunto fece Erode al Batti -sta, che lo rinchiuse in carcere oscura, per avergli annun -ziata la verità, e ripresi i suoi eccessi. Ah! noi miseri, cono-sceremo al punto di morte la nostra cecità, e quanto siamale il non dar retta alle riprensioni, e agl'avvisi delle perso-ne sagge e dabbene! Ma allora sarà troppo tardi.

Torniamo al Vangelo. Giovanni dalla sua prigionemanda a Gesù Cristo due de' suoi discepoli a interrogarlo.Vedete, po polo mio dilettissimo, l'ammirabil lezione per noitutti! Sì, a Gesù Cristo dobbiamo ricorrere e ai sacerdotilasciati da Esso ne' suoi piedi, quando abbiamo qualchedubbio da sciogliere, qualche perplessità o scrupolo dicoscenza. A Gesù Cristo dobbiamo ricorrere per mezzo del-l'orazione in tutti i nostri bisogni. A Gesù Cristo e a suoiministri dob biamo fare ricorso per essere istruiti nella santaDottrina, nei doveri del cristiano, e nel retto vivere; e nonmai da coloro dovete andare, che camuffati sotto la pelle dipecora, pieni di ipocrisia e di inganno vi predicano [11r.]massi me storte, le Eresie di Lutero, di Calvino e di tutti iprotestanti, che sono nemici di Cristo, della sua Chiesa edel suo Vicario in terra il Romano Pontefice. A Gesù Cristodobbiamo ricorrere, che ci parla per bocca de' suoi ministrie nelle prediche, e nei Vangeli, e nei Catechismi, e non mai

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dobbiamo bere il veleno in quei libracci infami riboccanti dierrori, di false dottrine, di sudicerie le più schifose.

E che forse non sono abbastanza evidenti i motivi di no -stra credibilità? E che forse non siamo sicuri, che la no straChiesa, la nostra religione è la vera, da aver bisogno d'anda-re a scuola dai protestanti, e di pescare nei loro libri la ere-sia e lo scisma, come hanno fatto, e fanno tan ti incautianche di questa nostra città? Noi siamo più che certi, che lanostra fede, la nostra santa religione cattolica è la vera, anzil'unica la sola vera perchè fondata da Ge sù Cristo e da Luiassistita continuamente fino alla consuma zione dei secoli, eche tutti coloro che da lei si allonta narono sono in errore, enon possono conseguir salute, se ad essa non faccian ritor-no. Nell'istessa maniera, che i morti risuscitati, i ciechi illu-minati, gli zoppi che cam[11v.] minavano, gl'infermi guariti, ipoveri evangelizzati compro vavano, che Gesù Cristo era veroFiglio di Dio, così questi stessi miracoli operati dal medesi-mo Gesù Cristo, da suoi Apo stoli, e da altri Santi in ognitempo sono una prova più che bastante, che è vera e divinaquella religione in favor della quale furono operati.

Beato quegli che non resterà di me scandalizzato, rispo -se Gesù Cristo ai discepoli di Giovanni. Come la vita santadi nostro Signore potea essere occasione di scandalo? Sì,fra telli e figli miei dilettissimi, per il mondo, e per i paz ziseguaci del mondo, i quali poco o niente pensano all'e -ternità, e vivono perduti nei piaceri della carne, nelle super-bie della vita presente, la mortificazione, la Croce i patimen-ti di nostro Signor Gesù Cristo sono uno scandalo; per ché aguisa dei giudei non sanno comprendere come mai ilFigliuolo di Dio si sia lasciata dar la morte dagl'uomini, enon si sia liberato dalle loro mani; perché la passione la

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morte del divin Redentore sarà per loro, come lo fu per igiudei, un motivo di più per condannarli all'inferno; [12r.]mentre di questa non se ne vollero approfittare e troppoduro li parve il far guerra a sé stessi, e alle loro disor dinatepassioni. Uno sguardo, figli miei, alla nostra co scenza, eosserviamo se la vita di Gesù Cristo è ricopiata in noi; vale adire, osserviamo se il nostro procedere si assomiglia a quel-lo di Gesù Cristo, se amiamo la penitenza, la pu rità dimente di cuore e di corpo, se siamo misericordiosi verso deinostri prossimi, se siamo umili, mansueti, pove ri di spirito emorti al mondo. Se così ci troviamo, noi felici; noi beati; ilParadiso è nostro. Ma se d'altronde noi fossimo nemici dellaCroce di Gesù Cristo, se fossimo nel numero di coloro peiquali il patire è uno scandalo; se fossimo infangati nei vizi,nelle dissolutezze del secolo, perduti e ostinati nel peccato;allora è certa la nostra eterna dannazione; l'inferno è lanostra casa per una dis graziata eternità.

Finalmente il nostro divin Redentore, partiti i disce polidi Giovanni, fa un'encomio di questo suo santo Precursoredicendo, che egli è appunto quel desso, che colla predicazio -ne, e coll'esempio avea da preparare le menti e i cuori perricevere e riconoscere il desiderato Messìa. Gran cosa, fe delimiei, è la dignità, la santità, del Battista; [12v.] gran co sal'esser lodati dalla bocca stessa dell'eterna Verità! Questo èun segno certo di predestinazione, dicendoci l'Apo stolo, che“quegli è stimabile, il quale è lodato da Dio”. Vedete, Giovan-ni è odiato dal mondo, dai malvagi, dagl'adulteri, dai diso-nesti, e per ciò è lodato da nostro Signore. Bramate anchevoi di esser lodati da Dio adesso, al punto di vostra morte,nel dì del giudizio in faccia a un mondo intiero, e nellabeata eternità? Odiate il mondo, odiate le sue massime del

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tutto contrarie a quelle del Vangelo, odiate i suoi depravaticostumi, le sue pompe, le sue mode perverse: fate una leggerigorosa al vostro corpo, ai vo stri sensi, alle potenze dell'ani-ma vostra: amate Iddio, amate il prossimo: osservate leFeste, rispettate le Chie se: fuggite le male pratiche, le praveconsuetudini, i cat tivi compagni, i pericoli, e le occasioni; evi do per cer to, che incontrerete il genio di Dio, sarete da luilodati e benedetti nella vita presente, per essere poi fattipar tecipi di eterna felicità, di eterni gaudi nella beata Pa triadel Cielo, che di tutto cuore vi desidero.

[13r.] Domenica 2ª dell'Avvento

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo i giudei mandarono da Gerusalemme sacerdoti eLeviti a Giovanni per interrogarlo così: Chi sei tu? Giovanniconfessò, e non negò: confessò, che non era Cristo. E dinuovo gli dissero: Che dunque? Siei tu Elia? Ed ei rispose:No, non sono Elia. Sei tu il Profeta? No, disse loro. Pale saciadunque chi tu sei, affinché possiamo render risposta acoloro, che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso? Iosono, riprese Giovanni, io sono la voce di colui che gri da neldeserto: dirizzate la via del Signore, come disse Isaia profe-ta. Questi Deputati erano della schiatta dei farisei. E inter-rogarono un'altra volta Giovanni, e gli disse ro: Se tu non seiné Cristo, né Elia, né il Profeta, perché battezzi? Allora eirispose dicendo: Io battezzo nell'acqua, ma in mezzo a voi viè uno, che non conoscete punto. egli è che dee venir dopo dime, e che è stato prima di me, a cui io non son degno nep-pure di sciogliere i legaccioli delle sue scarpe. Queste coseaccaddero in Betania di là dal Gior dano, dove era Giovannia Battezzare. Fin qui l'odierno Vangelo.

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In questi indagatori delle azioni del Battista mandati dalsinedrio di Gerusalemme, io riscontro [13v.] quei curiosi cri -stiani, i quali pare che non abbiano altro mestiero, che dipescar novità, che di star sulle intese di questo e di quel lo, eraccontarlo poi anche agl'altri, che insomma altro non fannodalla mattina alla sera, che badare ai fatti del loro prossimo,che osservare chi sia colui che bazzica in quella casa, chetratta con quella fanciulla, che si intro mette in quel traffico,in quel negozio, per fare un mucchio di ciarle, di pettegolezzi,e di scandali. E il peggio si è che questi tali si credono di nonfar peccato, e lo reputa no un lecito passatempo.

Per disingannarsi adunque sappiano, che la curiosità disapere quello che non ci appartiene è la madre di tutti i pec-cati, e l'origine di ogni disunione, che nasce fra le cri stianefamiglie. Osservate infatti: Chi portò nel mondo il peccato?La curiosità di troppo sapere. Eva nostra Progeni trice sipone in discorso col nemico serpente, e udito da esso checol mangiare del frutto vietato avrebbe conosciuto il bene, eil male, fatalmente lo coglie, ne mangia, e ne fa mangiareanche al marito; ed ecco che tira nel mondo il pec cato, eprecipita se stessa e noi suoi miseri figli nel ba ratro di tutti imali e nell'eterna dannazione. Chi rese em pio, crudele, omi-cida e adultero il santo profeta David? [14r.] La cu riosità disapere. Stava egli dopo il mezzodì sulla loggia del suo palaz-zo, vede una donna che non conosce, dimanda, interrogachi ella si sia, e venendogli risposto, che essa è, mandatosto per lei, e cade nel brutto pecca to, e da questo nell'altrodi fare uccidere l'innocente e fedelissimo Uria. Chi spinsesan Pietro a rinegar ben tre vol te il suo divino Maestro? Lacuriosità di vedere quel che sa rebbe avvenuto a Gesù neiTribunali.

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Ma lasciamo da parte i fatti delle divine Scritture, e ve -diamo ciò che giornalmente succede ai curiosi, e di quantipeccati si impiagano l'anima, e quanti commetter ne fannoai loro prossimi. Per tacere, che i curiosi ordinariamenteson portati senza diritto alcuno, ma con aperta ingiustizia aricercare i fatti altrui per odio per gelosia per invidia chehanno contro dei loro prossimi, io dico, che essi si sca vanouna pietra di scandalo, la quale li precipita in un'in finità dipeccati, che fin'allora non conoscevano punto. Osservate:quel giovine e quella fanciulla per grazia del Signore nonsapevano cosa fosse impurità; ma curiosi di conoscere dallacompagna e dall'amico, che cosa volesse dire quella parola,a che servisse quel dato oggetto, che succe desse fra queidue, che avvenisse in quel luogo, in quella casa: ecco che[14v.] han ripiena la mente di pensieri nel veder quella per-sona; son dominati da sospetti e da cattivi giu dizi nel con-versare; annidano nel cuore rancori e affetti disordinati:ecco fatti palesi misteri di iniquità che era meglio restasseroin oblio e in dimenticanza, per cui son venuti scandali aipiccini, si sono introdotte mormorazio ni in tutto il paese:ecco che non si pensa più all'anima propria perché perdutidietro i fatti degli altri, non pos sono più raccogliersi nell'o-razione perché la mente è per duta in cose del tutto monda-ne e impertinenti.

Andiamo più avanti: la curiosità di troppo sapere espo netante volte il nostro prossimo a palesarci cose, che non puòrivelare senza peccato. Infatti tanti e tanti de boli di mente edi cuore, incalzati dalle ricerche dei cu riosi tradiscono ilsegreto loro affidato e da loro promes so, manifestano i delit-ti occulti, raccontano anche più del vero, e spesse volte vandicendo: oh! sai, il tale ha detto quest'e questo de’ fatti tuoi:

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il tale pensa male di te, e ti disprezza, il tale ti vede dimal'occhio, ti odia, e ti invidia: ed ecco mormorazioni ecalunnie, odi e inimici zie, susurri e litigi, ed ecco che non viè più pace fra famiglia e fa[15r.]miglia, fra parenti e con-giunti, fra amici e vicini, e rotto frattanto il vincolo dellacarità, che do vrebbe di tutti i cristiani formare una solafamiglia, si introduce nel popolo fedele la disunione e laguerra. Que ste sono purtroppo le triste conseguenze dellacuriosità di ricercare i fatti degl'altri. Epperò, fratelli e figlimiei dilettissimi, guardatevi dalla curiosità, e invece dibadare a quello che non vi appartiene, pensate ai fatti vo -stri. Quando gl'inviati a Giovanni gli ricercavano con tan taansietà chi egli si fosse, risponde che in mezzo di lo ro vi erauno che non conoscevano; quasi che volesse dire: Comesiete curiosi. L'istesso dirò io a tanti curiosi, e specialmentea tante beatelle, che vogliono farla da sante, e che stannotutto il giorno sulle ciarle, e sulle chiacchie re, sull'intese diquella e di quell'altra, che indagano sui portamenti di quelsacerdote, di quel confessore, e poi tutto rifioriscono adanno a pregiudizio della fama della riputazione dei ministridel Signore, e che son la causa di tanti scandali, di tantidissapori, di tante inimicizie, di rò sì col Bat[15v.]tista acostoro: Voi siete curiosi di investi gare, di sapere, di censu-rare i fatti altrui, e a ciò, che dovreste attendere di propositonon vi pensate né punto né poco. Avete un'anima da salva-re, e non vi pensate: avete un'anima carica di peccati, diimperfezioni, di di fetti; e intanto a quest'anima non attende-te; non pensate a purgarla dal vizio, a emendarla da queicattivi abiti, da quelle ree consuetudini, da quelle pratichescandalose, e non pensate ad ornarla di tante virtù, che lemancano, e di meriti, che possono essere suoi indivisibili

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compagni nel la gloria immortale. Sì, dirò col Battista: Voisiete tut ti solleciti nel ricercare le vanità, le frascherìe dimon do, voi la fate da censori delle azioni del vostro prossi-mo, che in nessun modo vi appartengono, e siete spensiera -ti sul conto vostro: e perduti nelle cose di terra non po teteinnalzare la mente al cielo, non potete pensare a Dio, nonpotete attendere ai doveri del vostro stato. Lasciamo dunqueuna volta di badare ai fatti degl'altri, e siamo più premurosidella nostra santificazione, della nostra famiglia, e di tuttoquanto insomma ci appartiene per de bito di cristiano.

[16r.] Ma torniamo al Vangelo per dire poche altre parolesul tenore della risposta data dal santo Precursore agl'inviatidi Gerusalemme. Incalzato egli dalle ricerche di questi curio -si, non dice bugia, risponde con schiettezza e con semplici tà,dice che non è Cristo. Ogni fedel cristiano dovrebbe imitare ilsanto Precursore Giovanni nel rispondere alle diman de chegli vengono fatte, e scansare il linguaggio della bu gia, cheoggigiorno si è reso comune nella società, e che è l'origine ditanti inconvenienti, di tanti peccati. Voi ben sapete, o almenodovete sapere, che la bugia non è mai lecita; che non si puòdire mai la bugia ancorché si trat tasse di guadagnare tutto ilmondo, perché la bugia si op pone all'eterna verità, che èIddio; perché dice lo Spiri to Santo “che quella bocca, chementisce, uccide l'anima”, per ché dalla bugia ne nasconodanni gravissimi sì nello stato morale, che nel civile, perchéinsomma le persone bugiarde sono vili, sono infami e diso-norate presso Dio e presso il mondo. Voi però pensando con-tro quello che vi dice la fede, contro il buon senso, e contro iprincipi della sana mora le, e della retta ragione, credete chela bugia non sia poi un gran male; e lo argomento dalla faci-lità che avete di dir bugie. Questi sono i primi peccati, [16v.]

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che imparaste ai piccoli, questi sono i peccati che vi accom-pagnano al sepolcro. Si incomincia a dir bugie sino dagl'anniteneri,e si seguita a dirne anche nella canuta età. Collebugie si cerca di mettere in mezzo il nostro prossimo neicontrat ti di vendita e di compra: colle bugie si avvìa il traf ficoe la bottega, colle bugie si arriva a quell'impiego a quellacarica: colle bugie insomma si incomincia e si fi nisce ognicosa, e pare che ai giorni nostri niente si pos sa intraprende-re senza dir bugie. Ai giorni nostri è spen ta la buona fedetanto necessaria nell'umana società, e non ci possiamo piùfidar di nessuno, perché dappertutto regna la frode e l'ingan-no. E però, io ripeto, che la bugia non la credete un granmale in realtà, e da essa ne derivano grandissimi danni. Sic-ché fuggitela a tutto potere: sia semplice, e non doppio ilvostro linguaggio, come vi dice Iddio nelle sante Scritture, ecome vi insegna il Santo Batti sta col suo esempio nel santoVangelo di questa mattina.

[17r.] Domenica 3ª dell'Avvento

Richiesto il Battista dagl'inviati dal sinedrio di Geru -salemme se egli fosse il Messìa, o Elia, o il Profeta, ri spondeschiettamente, che non è Cristo, né Elia, né il Pro feta; masolo una voce per gridare ai popoli, che si dispon gano aricevere il desiderato dei colli eterni, l'aspettato di tutte legenti, quel Riparatore divino, che avea da rav vicinare il cieloalla terra, da rappacificare l'uomo con Dio: e soggiunge dipiù, che Questi è già venuto; che si tro va in mezzo a loro; eche tanta si è la sua grandezza, infinita la sua potenza, cheei non è degno tampoco di abbassar si a’ suoi piedi, e scio-gliergli i legaccioli delle scarpe.

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Due soggetti, popolo mio dilettissimo, due soggetti de gnidella nostra riflessione abbiamo nel santo Vangelo di que stamattina; l'umiltà profonda di Giovanni; la grandezzaimmensa di Gesù Cristo. L'umiltà di Giovanni, perché laimitia mo, la grandezza di Gesù Cristo perché la esaltiamo, el'adoria mo.

Potea facilmente il Battista farsi [17v.] credere il Messìa,perché i giudei a cagione della gelosia, dell'odio e del l'invidiache nutrivano contro di Gesù Cristo erano ben dispo sti adaccordargli tale prerogativa; ma Giovanni ben lungi dall'at-tribuirsi qualità che non ha, risponde: “Non sum”, nol sono:e li fa conoscere, che il Messìa è in mezzo a lo ro, ed essi loignorano. Potea, se non altro, Giovanni con tutta verità van-tare la sua nascita illustre, la sua prosa pia sacerdotale, lasua santificazione nell'utero materno, la sua innocenza, lasua penitenza, la sua dignità di Pre cursore, lo spirito diElia, di cui era ripieno. Potea van tarsi non solo profeta,come lo avea chiamato Gesù Cristo mede simo; ma conside-rando che solo Iddio è grande, che solo Id dio è l'Autore deltutto, e che le sue doti, i suoi privi legi erano doni gratuiti, egrazie singolarissime dal Pa dre dei lumi, confessa che inquesti egli non ha merito al cuno, e che altro non è che unasemplice voce dell'eterna Verità.

Oh quanto è diversa la condotta di Giovanni da quelladel mondo, e dei pazzi seguaci del mondo! I mondani spessevolte vantano [18r.] virtù che non hanno; e superbi e ipocri-ti, qua li essi sono, vogliono comparire dappiù di quello chemeri tano: e se abbiano essi qualche virtù, qualche buonaquali tà se ne pavoneggiano, se ne gloriano; e vogliono cheda tut ti sia conosciuta, che da tutti siano lodati e stimati. Eperché questo? Perché superbi non sanno riconoscere il loro

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nulla, la loro miseria, la loro dappocaggine che senza l'aiu todi Dio niente di bene può operare: perché nemici di GesùCristo non voglion dar retta a’ suoi divini insegnamenti, a’suoi esempi, quando lor dice: “Imparate da me, che sonomansueto e umile di cuore – Discite a me, quia mitis sum, etumilis corde”; perché non si curano dell'eternità, credendosiessi fatti per gl'onori, per i piaceri vili del tempo; non sicurano del Paradiso in cui saranno ammessi gl'umili, e dacui verranno esclusi i superbi, dicendoci il medesimo GesùCristo: “Se non sarete umili come i fanciulli non entrerete nelRe gno dei cieli – Nisi efficiamini sicut parvuli, non intrabitis inRegnum Caelorum”.

Ma noi cristiani, ditemi, vorremo imitare i superbi delmondo, e non piuttosto l'[18v.]umile santo Precursore Gio-vanni? Ah che se ne va il nostro nome di cristiani, se siamosuperbi, se non pra tichiamo la virtù della santa umiltà adimitazione non solo di Giovanni, ma di Gesù Cristo nostroCapo, e nostro modello, il quale si umiliò fino alla morte diCroce. E badate, non basta per essere veri cristiani l'umiltàdi certuni, che sono umi li a parole, ma poi superbi di fatto:sono umili finché gli menate buono il lor sentimento; e vidiranno anche, che non sono buoni da niente, che sonopeccatori, che son la spazzatura del mondo; e dicono ciò peressere creduti umili; per passare gente dabbene, per esserlodati: questi non sono umi li, ma superbi sopraffini, ipocritifinti, bugiardi solenni. Infatti se li dite voi quel che dicevanoessi di se medesi mi, vi fanno tosto il broncio, si crucciano,si conturbano: se il confessore li rimprovera i loro vizi, i lorodifetti, perdono la pace dello spirito, non sanno soffrire sgri-date: se i loro parenti, amici, domestici li dicono una mezzapa rola risentita, un motto, che vada a ferir l'animo proprio,

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subito si risentono, si rivoltano come vipere invelenite con -tro di quelli.

[19r.] Popolo mio dilettissimo, altra umiltà voglio da voi,che vi manifesti veri seguaci del Nazzareno, che vi facciaincon trare il genio di Dio, che vi renda meritevoli di vitaeter na. Umiltà ha da esser la vostra di intelletto e di cuore,che vi faccia conoscere quel che siete realmente, che vi fac -cia concepire bassa stima di voi stessi. E per acquistarequesta santa umiltà riflettete seriamente a quello che fosteper il passato, a quel che siete di presente, a quel che sa retein avvenire. Son parole di S. Bernardo: “Cogita quid fuisti,quid es, quid eris”. Dove eravate voi trent'anni, qua -rant'anni, sessant'anni fa? Eravate nel nulla, eravate unnulla, eravate solo un ente possibile. E questa esistenza,che ora avete donde ebbe principio? Da Dio: e solo Iddio vipotrà levare dal niente, e darvi in limosina la vita, che avete,la sanità, i talenti, le buone doti. Perché dunque in -superbirvi? Perché dunque ribellarvi col peccato a questoDio, che vi creò? Perché non volere osservare la sua santalegge?

E che siete al presente? Voi siete un composto di due so -stanze, una spirituale che si chiama anima, e una materia-le, che si chiama corpo. Or bene, quest'anima è debole,inferma, e portata per la natura corrotta a tutti [19v.] i vizi,alla super bia, all'avarizia, all'impurità, alla collera... e senzal'aiu to della divina grazia non può concepire neppure unbuon pen siero: anzi quest'anima molte, e molte volte l'ab-biamo per il peccato privata dell'amicizia di Dio, l'abbiamomacchia ta di colpe enormissime, l'abbiamo fatta schiava diLucife ro, condannata all'Inferno, tolta al Paradiso, ridottanel lo stato il più infelice, il più deplorabile: ed anche attual -

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mente non sappiamo se siamo degni di amore, o di odio,non sappiamo se siamo in grazia, o in disgrazia di Dio.

Il corpo poi non può esser più vile, di quello che è: e gli èsoggetto a mille infermità, a mille mutazioni, a mille disgrazie:egli è un vaso di putrido sterco, come lo chiama S. Bernardo,un letamaio di immondezze le più schifose e ri buttanti: ilpadre che lo ha generato, dice Giobbe, sono i ver mi, la madreche lo ha nutrito, sono i vermi, la sorella che lo conduce e loaccompagna sino alla tomba sono i vermi. Ec co dunque cos'èquesto corpo che tanto si ama, di cui tanto si insuperbisce, econ cui tanto da noi si offende il Signo re!

Cosa sarete in avvenire? Il vostro corpo sarà gettato amarcire in una fossa, dove in breve addiverrà un brulicamedi vermi, poi [20r.] un nudo scheletro, e poi queste ossaformeran no appena tanta polvere da empire il concavo diuna mano, che con un soffio si dilegua e sparisce dall'uma-no sguardo. E dell'anima vostra che sarà in allora? L'animavostra allo ra, se adesso non avete giudizio, sarà a bruciareper sempre nell'Inferno. Se dunque foste levati dal nulla, seadesso siete un nulla, e miserabili peccatori, se dopo lamorte il corpo à da ritornare nel fango da dove venne tratto,e l'anima non sapete se anderà al Paradiso coi beati, ovveroall'In ferno coi dannati, umiliatevi, fratelli miei, nell'abissodel vostro nulla, della vostra miseria, della vostra fiacchez-za: lontana per sempre da voi la superbia; e vivete in unsanto e salutare timore, che vi tenga lontani dal peccato, edai pericoli di peccare.

Impariamo finalmente dal santo Precursore Giovanni adesalta re la grandezza, la dignità di Gesù Cristo. Già voi losapete che Gesù Cristo è vero Figliuolo di Dio, Dio insiemecol Padre, e con lo Spirito Santo. E che sebbene per redime-

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re il mondo scendesse dal cielo in terra, e si facesse nostrofratello vestendosi di umana carne, pure non cessò di esse-re Dio, e non rinunziò a quelli onori, che gli si devono dallecreature, come a lo ro Creatore, [20v.] e Signore, principio efine di ogni cosa. Anzi con queste sue umiliazioni si meritò,come dice l'Apostolo, di essere esaltato dal Padre; e di rice-vere un Nome al di sopra di ogni nome, perché nel Nomesuo di Gesù genufletta no gl'Angeli in cielo, gl'uomini sullaterra, e nell'Infer no i Demoni: e ogni lingua confessi, che ilmedesimo Gesù Cristo è stato assunto alla gloria del Padre.Sì, adoriamolo Gesù, nostro Dio, nostro Riparatore, esaltia-molo, lodiamolo colla lingua, ma molto più colle opere. Siesalta colle opere Ge sù Cristo osservando la sua santaLegge; si loda colle opere imitan done i suoi esempi comefacea il Battista; si adora colle opere rintuzzando in noi ledisordinate passioni. Ma quei cristiani, che lo lodano collalingua, e lo bestemmiano con una vita da atei e da miscre-denti, da turchi, e da libertini, invano portano il nome dicristiani: e questo confessare che fanno Gesù Cristo senzapoi imitarne gl'esempi sarà un motivo di più per condannar-li all'Inferno. Dunque, popolo mio dilettis simo, se mai per lopassato noi fummo cristiani di solo nome perché battezzati,perché assuefatti a qualche atto ester no di religione, procu-riamo da qui innanzi..

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[21r.] Domenica 4ª dell'Avvento

La penitenza, popolo mio dilettissimo, la penitenza ètan to necessaria dopo il peccato, che senza di essa non èpos sibile conseguire la vita eterna: e ce lo dice a chiare noteGesù Cristo nel suo Vangelo con queste parole: “Se nonfarete pe nitenza perirete”. Che vuol dire: Se non farete peni-tenza, perirete? Vuol dire, che coloro, i quali hanno peccato,non possono ritornare nella divina amicizia, e perconseguen za non possono salvarsi, se non si pentono ditutto cuore, e non si confessino rei dei loro eccessi. E nonsolo egli ce l'insegnò a parole, ma di più coll'esempio,menando una vi ta di mortificazione e di privazione continuadalla sua umi le nascita in Bethelemme fino alla sua mortesul Calvario. I Santi ancora che conobbero appieno lanecessità della pe nitenza per andare al Paradiso, la pratica-rono in tutti i modi, e si resero imitatori del Capo dei prede-stinati Gesù Cristo.

È di tanta importanza la penitenza, che il santo Precur-sore Giovanni dopo averla praticata nel deserto per lo spaziodi trent'anni, incominciò la sua predicazione dallape[21v.]niten za, e in tal modo ottenessero i popoli il perdonodei loro peccati: “Praedicans baptismum paenitentiae inremissionem peccatorum”. Dal che si vede, che quanto ènecessario il Battesimo per togliere dall'anima il peccato ori-ginale, con cui tutti si nasce, altrettanto è necessaria lapenitenza per cancellare i peccati attuali, che si commetto-no volontariamen te arrivati all'uso di ragione. La penitenzaadunque si può chiamare un secondo Battesimo; battesimoperò, come dicono i santi Padri, laborioso e difficile, perchéacqua vi vuole di amare lacrime spremute dal cuore colla

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contrizione, ma del l'istessa efficacia del primo nel rimetterei peccati del penitente.

Ne volete una prova, che la penitenza rimetta i peccati?Davide peccò di adulterio e di omicidio, ma si pentì dappoiconfessando il suo peccato, e il Signore gli fece intendereper mezzo del suo profeta, che gl'avea già perdonate le suecolpe. Convertitevi a me, dice Iddio, e io mi rivolgerò a voicon tutta misericordia; mi getterò dietro le spalle le vostreiniquità; e ancorché i vostri peccati siano enormi, sianomoltissimi, verranno lavati coll'acqua della penitenza. Vo -le[22r]te altre prove ancora? Fermatevi sui libri del vecchio enuovo Testamento un'altro istante, e potrete osservare comeEzecchia e Manasse, san Pietro, e la peccatrice Maddalenaottenessero il perdono dai gravi lor falli colla penitenza.Riandate le Istorie, e troverete un Agostino, un Camillo daLellis, una Pelagia, una Margherita da Cortona, e altri mol-tissimi, che colla penitenza di peccatori famosi addiven nerograndi santi, e si prepararono la via, che conduce al -l'eternità beata per quando il Signore avesse bussato allaporta per levarli da quest'esilio di lacrime, giusta l'in -segnamento di Giovanni: “Parate viam Domini” – Preparatela via del Signore.

Sì, popolo mio dilettissimo, la penitenza unita alla Con -fessione dei nostri peccati, oltre a farci ottenere il per donodi essi, ci dispone eziandio, come dice il Crisostomo, a rice-vere lieti nel nostro petto il Signore sacramentato, che maisi può ricevere colla coscenza lorda, e viziosa, per riceverlopoi sicuri e senza timore al punto di morte e nel dì del giu-dizio, quando verrà non più Padre misericordioso, ma giudi-ce severo. E chi di noi infatti avrebbe l'ardire di accostarsi aricevere Gesù nella santa Comunione, senza avergli [22v.]

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preparata la via colla penitenza? Se per ricevere un Princi peterreno nella propria Città si appendono drappi preziosi allefinestre delle Case, si addobban le strade, si innal zano architrionfali, quanto più non dovremo preparare l'anima nostraper ricevere il Re della gloria, che venendo a noi in questoSacramento di amore, ci dona tutto se stesso, e in certomodo tutti in lui ci trasforma? Dunque, io vi ripeto col Bat-tista: “Parate viam Domini”, preparatevi colla pe nitenza, conuna sincera confessione delle vostre colpe a ricevere loSposo delle anime nell'augustissimo Sacramento dei nostrialtari.

Allora “omnis vallis implebitur”. Tutti i vuoti cagionati invoi dal peccato saranno ripieni; le opere vostre buone morti-ficate per lo innanzi dalla colpa torneranno a rivive re; levirtù o spente, o offuscate dal vizio riacquisteran no l'anticosplendore, e la loro luce riverbereranno su di quei che viosservano, come il sole la fa risplendere in pie no meriggio; efinalmente, se daddovero vi darete alla peni tenza, di superbiaddiverrete umili, di avari, disprezzato ri delle richezze, diimpuri, casti di anima e di corpo, di iracondi, mansueti epazienti, di golosi, temperanti nel man giare e nel bere, diinvidiosi, amanti del vostro prossimo, di pigri, solleciti epremurosi della vostra santificazione.

[23r.] Colla penitenza inoltre “omnis collis humiliabitur”:la su perbia figurata nei colli, e nelle alte montagne saràabbas sata, perché essendo questa, come dice lo SpiritoSanto, la fon te e l'origine di tutti i peccati, non può rimane-re in un cristiano penitente, il quale riconosciuta la suacecità e i peccati commessi, non solo si umilia d'innanzi aDio, e si confessa reo di mille scelleratezze e di mille Inferni,ma si abbassa ancora in faccia a un uomo, che sebbene

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rivestito del carattere sacerdotale, e costituito dal Signoresuo ministro per perdonare i peccati, pure è debole emeschino, cir condato dalle medesime infermità, soggetto alpeccato come il penitente medesimo. E per verità come puòstare la super bia in uno, che ha riconosciuto il proprionulla? In uno che ha riconosciute le tante ingratitudini dalui usate verso un Dio, che lo ha creato, che lo ha redento,che gli ha per donato, che gli conservò la vita, che lo provvi-de in tutti i suoi bisogni, sebben ribelle ai divini voleri? inuno che è penetrato dell'eterne verità, e che sa esservi ilParadi so per gl'umili, e l'Inferno pei superbi? [23v.] Vedetedunque che la penitenza allontana da noi la superbia, gene-ra in noi la santa umiltà.

Né solo la penitenza, quando è verace, produce gl'an -zidet ti mirabili effetti; ma cangia altresì le nostre cattive in -clinazioni in oggetto di merito col combatterle da magnani -mi e forti per motivo di virtù, per restare osservanti delladivina Legge; e allora si avvera in noi, che “erunt prava indirecta, et aspera in vias planas”. Sì, fratelli e figli miei dilet-tissimi, allora l'ingiustizia, che nasce dall'amor proprio, edall'ingordigia dei beni caduchi e transitori, da luogo allagiustizia, e alla santità; perché non è possi bile che un veropenitente voglia offendere Iddio, voglia peccare contro sestesso, voglia ledere i diritti sacrosanti del suo prossimo.Allora la collera dà luogo allo zelo, e tutte le altre passionidisordinate danno luogo alle cristiane virtù; perché non èpossibile, che un vero penitente sia seguace del vizio, e delleumane corruttele: “Erunt prava in directa”. E di più “asperain vias planas”.

Prima che il peccator si converta di tutto cuore a Dio lavia dei divini comandamenti gli comparisce piena di di f -

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ficoltà insormontabili; ma quando però ha pianto [24r.] acalde la crime i suoi trascorsi quelle difficoltà vengonoappianate: “Et erunt aspera in vias planas”. Il giogo delSignore, che prima gli compariva troppo peso, arduo e duro,gli addiviene soave e leggero, per le dolci consolazioni, chesparge nel l'anima la penitenza, per l'attrattiva della divinagrazia, che porta ad operare gran cose per la gloria delSignore. Il demonio colle sue suggestioni maligne, il mondoco’ suoi perfidi insegnamenti, la carne coi suoi piaceri, co'suoi dilet ti diventano nemici assai deboli, e facilmente livince; e ogni ostacolo, che incontra nel cammino della salu-te, supera in un modo soprannaturale e prodigioso.

Dopo di ciò il vero penitente non guarda più con orrorela morte; ma anzi la desidera, per vedere il suo Salvatore,per unirsi a Lui inseparabilmente nella beata eternità; equesto è l'ultimo effetto della penitenza, di far vedere Id dio:“Et videbit omnis caro Salutare Dei”. Dice Gesù Cristo inaltro luogo del Vangelo, che i mondi di cuore vedrannoIddio. Dunque tutti coloro, che per mezzo della penitenzahanno detestati i loro peccati, hanno purificata l'anima daogni macchia devono [24v.] vedere e godere Iddio primanella quiete di una buona coscenza, e poi nella gloria delcielo.

Popolo mio dilettissimo, affrettiamoci anche noi a vederela gloria del grande Iddio col mezzo della penitenza. Eccoche è vicino il divin Redentore a sortire dal seno di suamadre, per fare la sua prima comparsa nel mondo. Lascia-mo il Battista, e fermiamo i nostri sguardi su quel celesteBam bino. Porgiamo l'orecchio a quanto egli ci dice nel suomu to linguaggio da quella stalla, da quell'orrido presepio eintenderemo benissimo, che la via che ci ha da guidare al

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Paradiso si è appunto la via del pianto, dei gemiti, dei so -spiri, la via delle sofferenze. Egli dalla sua nascita fino allasua morte ci predica con l'esempio la penitenza, poiché nelcorso di trentatré anni soffrì fame e sete, freddo e cal do,persecuzioni e calunnie, derisioni e contumelie, flagel li espine, e morì finalmente satollato di obbrobri sopra dellaCroce. Colla voce poi ci dice espressamente: “Chi non portala mia Croce, non è degno di me. Chi vuol venire dietro a me,rinieghi se stesso, e prenda la sua Croce, e mi segua”. Vi sondure queste parole? Credetemi, fratelli miei, vi sarebberopiù dure quando allora andreste maledetti al fuoco eterno.

[25r.] Domenica fra l'Ottava dell'Epifania

Maria santissima e il suo castissimo Sposo Giuseppe,dopo avere adempiuti i doveri di religione nel tempo dellaPasqua, se ne ritornavano a Nazaret loro patria, e senzaavvedersene avea no perso il fanciullo Gesù. Oh quanti cri-stiani hanno perdu to colpevolmente il Signore a cagion delpeccato! Sì, hanno perduto Iddio e la sua divina amicizia ibestemmiatori, che colla loro sacrilega lingua avventandosaette avvelenate contro del cielo, vorrebbero, se fosse pos-sibile, levarlo dal suo Trono, metterselo sotto dei piedi, ecalpestarlo come il fango della terra per iffogare quell'ira, equel pazzo furore che li divora. [25v.] Hanno perduto Iddio,e la sua grazia gl'avari e i golosi, che si formarono una divi-nità delle ricchezze, dell'oro e dell'argento; si formarono unadivinità del loro ventre, perduti essendo nell'ubriachezze,nella crapula, nelle gozzoviglie, senza pensar mai che hannoun'anima da salvare. Hanno perduto Iddio gl'impuri, i diso-nesti, quegl'uomini e quelle donne che se la passano in lai-

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dezze, in cattive pratiche, in prave consuetudini, in discorsiosceni, in infami commerci. Hanno perduto Iddio per le lorosuperbie quei discoli, quei libertini, che per seguire la modadel se colo miscredente voglion fare i saccenti su quelleverità di nostra santa fede che dovrebbero credere fermissi-mamente sen za indagarle, e bestemmiando, come dice sanGiuda, ciò che non intendono, motteggiano, scherniscono, emettono in deri sione Sacramenti e sacerdoti, e quanto vi hadi più adorabi le e sacro nella Chiesa di Dio. Hanno perdutoIddio quegl'in vidiosi, quei maledici, quegl'ingiusti e prepo-tenti, che son divorati dall'astio; che tuttogiorno rubano l'o-nore la fama la riputazione dei loro prossimi con mormora-zioni e calunnie, con improperi e villanie; che succhiano ilsangue dei pove ri con liti ingiuste, che tradiscono, mettonoin mezzo gl'in cauti, e non pagano la dovuta mercede ai lavo-ranti. Hanno perduto Iddio quei pigri e neghittosi, che nien-te fanno per l'anima, non santificano le Feste, non rispettanle Chiese, non fanno mai orazione, non si accostano collenecessarie di sposizioni ai santi Sacramenti: anzi si servonodelle Feste, delle Chiese e dei Sacramenti per maggiormenteaggravare l'a nima propria, e le altrui di peccati enormissimi.[26r.] In una pa rola hanno perduto Iddio i peccatori tutti. Equale premura si danno di ritrovarlo? Nessuna. Disse benedi loro lo Spi rito Santo, che ora se la passano nei piaceri dicarne, nei diver timenti del suolo, negli spassi, e nelle como-dità: “Ducunt in bonis dies suos”. Ma poi? Ahi miseri! Poiquando meno se l'aspettano vengon percossi dalla falce dimorte, e precipi tano per una eternità nell'Inferno. “Ducuntin bonis dies suos, et in puncto ad inferna descendunt”.

Popolo mio dilettissimo, se mai per vostra disgrazia ave steperso Iddio col peccato, andatene tosto in cerca, co me fecero

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Maria e Giuseppe, i quali sebbene perduto l'avesse ro senzaloro colpa, pure tornarono a Gerusalemme e per tre giornicontinui fra i pianti, i gemiti, i sospiri lo ricer carono instanca-bilmente finché non l'ebbero ritrovato nel tempio a disputarcoi Dottori. Sì, ricercatelo Iddio mentre è Padre di misericor-dia, se provar non volete i tremendi ri gori di sua inesorabilegiustizia: ricercatelo col piangere amaramente i vostri eccessi,coll'odiare, e detestare sopra ogn'altro male le vostre colpe,coll'accusarle tutte nel Tri [26v]bunale di Penitenza, e percerto voi lo trovererete: cerca telo adesso; cercatelo subito;non aspettate alla morte, per ché forse nol troverete mai più.E allora? Allora voi morire te nel vostro peccato, e sarete per-duti in eterno. Questa minaccia terribile sortì dalla boccastessa dell'eterna Verità, e guai sempiterni a quegl'infelici, aquei forsennati che la incorrono! “Quaeretis me, et non inve-nietis; et in peccato vestro moriemini”. Dove si trova Iddio?Forse fra i giochi, e fra i pia ceri della vita? Forse fra gli strepi-ti, e le conversazioni mondane? Forse fra le ricchezze, e fra glionori, nella licenza, e nell'ozio? No, fratelli e figli miei dilettis-simi; Maria e Giuseppe lo ritrovarono nel tempio, dove zelavala gloria del suo divin Padre. Dunque si trova Iddio nelleChie se, ai pie’ dei santi Altari, e coll'accostarsi ai santi Sacra -menti, si trova Iddio nel silenzio, nell'orazione, nella medi -tazione delle massime eterne. Dunque più frequenza allaChie sa per sentire la parola di Dio, per assistere alle sacreFunzioni, per isgravare la vostra coscenza dal peccato, percibarvi del Pane degli Angeli, e troverete Iddio nel tempo, pergoderlo poi nell'eternità beata del cielo.

[27r.] Il fanciullo Gesù nell'età di dodici anni insieme conMa ria sua Madre santissima e col suo padre putativo Giu-seppe si porta a Gerusalemme per celebrarvi la Pasqua, e

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quindi se ne ritorna a Nazaret coi medesimi e sta a loro sog-getto e obbediente. Imparino i genitori da Maria e da Giusep-pe il modo di educa re, di istruire i loro figliuoli, e di invigilarecontinua mente sulla loro morale condotta. La intendano unavolta per sempre i genitori cristiani, che il primo pensieroverso dei figli ha da essere quello di istruirli nel timor santodi Dio; di assuefarli fino da piccoli alla pratica delle virtù,agl'e sercizi della religione e colle parole, e coll'esempio. Laintendano una i genitori, che i figli e le figlie non si devonmandare alla Chiesa soli, ma bisogna che ve li accompagni ilpadre, e la Madre, come Maria e Giuseppe vi accompagnaronGesù. E questi figli medesimi non li abbandonino a giornateintiere in preda dell'ozio, in compagnia di altri a sbirba re perle strade e per le piazze, ove imparano a fare di ogn'erba unfascio; ma invece li tengano in casa, li facciano apprendereun qualche mestiere, se nel loro stato vogliono provare con-solazioni, se dopo morte voglion salvarsi.

[27v.] Imparino poi i figliuoli dal fanciullo Gesù e comedevono comportarsi con Dio, e come debbano star soggettiai loro Maestri, ai loro genitori. A Dio devono consacrare ilcuore, l'intelletto e la volontà appena arrivati che sianoall'uso di ragione. A Dio devono continuamente pensare colportarsi di frequente alla Chiesa per imparare la Dottrinacristiana, per assistere alle sacre Funzioni, collo star lontanidai pericoli, dalle occasioni, dai cattivi compagni, coll'osser -vare esattamente la sua santa Legge. I loro Maestri devonoascol tarli e riverirli, e apprendere da essi ciò che li vieneinsegnato. Devono attendere allo studio, a stare in buonaar monia coi loro condiscepoli. Ai genitori poi devono i figliamore, rispetto e obbedienza. Infatti è ben ragionevole e giu -sto, che si debba amare, rispettare, e obbedire quelli, che

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dopo Dio ci hanno messi al mondo, che hanno avuta grancura di noi per allevarci, e nutrirci, per tenerci lontani daipericoli, e da tutto ciò che ci poteva far danno; è ragione volee giusto che da noi si amino, e si rispettino quelli, i qualisparsero tanti sudori, durarono grandi fatiche, soffri ronomoltissimi stenti perché [28r.] noi arrivassimo a quell'etàprovetta e matura in cui siamo al presente. Dunque onora-te, o figli, dice lo Spirito Santo, vostro padre, e non vidimentica te dei gemiti di vostra madre; e sappiate, chesenza di es si voi non sareste nati.

L'amore e il rispetto, che i figli devono portare ai loro geni-tori bisogna che lo addimostrino colle opere: vale a di re biso-gna che vogliano loro gran bene, che parlino loro con som-missione e riverenza, e che non intraprendano mai cose dirilievo senza il di loro consiglio. Bisogna che i figli pen sino almantenimento dei genitori, ad assisterli nei loro bisogni, aguardarli, a difenderli dai rischi, ad assisterli nelle malattie, asovvenirli nella vecchiaia, a imitazione di Gesù Cristo cheprima di morire raccomandò a san Giovanni la sua MadreMaria santissima: a imitazione del buon Tobia, che giorno enotte faticava per provvedere ai bisogni de' vecchi e infelicisuoi genitori; e avea cura incessante di essi.

L'obbedienza pure dei figli verso dei loro genitori ha daessere pronta, e continua in tutte le cose, che non sono pec -cato. Dunque comanda il padre, o la madre? Voi, o figli, ob -bedite subito, obbedite sempre, senza ripeter parola fatetutto ciò che essi vi [28v.] dicono per lo meglio dell'animavostra, e così sarete certi di far la volontà del Signore, ilquale ha collocati ne' suoi piedi i genitori, e gl'ha dataautori tà su di voi, perché vi possano comandare e guidarvinella via della salute.

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Ma, ditemi, dov'è oggigiorno l'amore, il rispetto, l'ob -bedienza dei figli verso dei genitori? Se ci portiamo nelle cri-stiane famiglie vedremo purtroppo farsi tutto il contrario dacerti figli empi, snaturati e inumani. Vedremo, che dallamaggior parte dei figli si disconosce, e si oltraggia la paternaautorità, perché superbi, com'essi sono, non vo gliono obbe-dire; voglion seguire i propri capricci, e le disordinate pas-sioni senza remora e senza ritegno. Altri poi rispondonomalamente, si rivoltano al padre e alla madre, levan loro ilrispetto, e incorrono i miseri nelle maledizio ni dello SpiritoSanto. Altri ancora ne vedrete, che, per dar retta ai voleri diuna moglie capricciosa e impaziente, abban donano i Vecchiloro genitori senza riporgerli neppure un bicchier d'acqua,senza guardarli più né vivi, né morti. Oh barbarie inaudita!Le tigri, i leoni, e le bestie più feroci aiutano i lor padri, leloro madri; ma tanti figli abbando nano, e si dimenticano deiloro genitori! Fratelli e figli miei dilettissimi, impariamo daldivin fanciullo Gesù a rispondere amorevolvemte e obbedirei nostri genitori, e allora sopra di noi pioveranno le benedi-zioni celesti. Dice. lo Spirito Santo che saranno felici e bene-detti questi figli che amano e rispettano i loro genitori...

[29r.] Ottava dell'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo Giovanni vide Gesù, che venia verso di lui, e disse:ecco l'Agnello di Dio, ecco quello che toglie i peccati del mon -do. Questo, è quello di cui dissi: dopo di me viene un uomo,il quale è fatto prima di me; perché era prima di me, e io nonlo conosceva. Ma affinché sia manifestato in Israello per que-sto appunto io venni battezzando coll'acqua. E Giovanni fece

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testimonianza dicendo. Io viddi discendere lo Spiri to Santoin forma di Colomba dal cielo, e si fermò sopra di lui. E ionon lo conosceva: ma quegli, che mi mandò a battezzare col-l'acqua, mi disse: chi battezza nello Spirito Santo è quellosopra di cui vedrai discendere e riposarsi lo Spirito Santo. Eio viddi, e faccio testimonianza, che questo è il Figlio di Dio.Fin qui l'odierno sacro Vangelo. Avete udito dal Vangelo diquesta mattina, che il nostro Signor Gesù Cristo andò a tro-var il suo santo Precursore Giovanni Battista. Ma per qualmotivo egli vi andò? non vi andò certamente per ricevere ilBattesimo, che Giovanni dava ai giudei, i quali accorrevano alui da tutte le parti in gran folla, poiché ci assicura l'istessoBattista, che Gesù Cristo era già stato battezzato da lui nelfiume Giordano, quando vidde discendere sopra di esso loSpirito Santo in forma di [29v.] Co lomba. E perché dunqueGesù Cristo andò da Giovanni? Dice san Giovanni Crisosto-mo, che vi andò, perché Giovanni lo facesse conosce re atutto il popolo di Israello per il vero Messia, che tan to ansio-samente aspettavano, per il Salvatore del mondo, che doveatutti salvarci, e riaprire le porte del Cielo col suo sangue, ecolla sua morte. Gli ebrei non lo conoscevano per figliuolo diDio, anzi lo credevano un peccatore come loro, avendoloveduto ricevere il Battesimo della penitenza, e a scoltare leprediche del santo Precursore insieme con tutti gli altri. Eper questo appunto Giovanni vedendo venire alla sua voltaGesù Cristo, incominciò a gridare: “Ecco l'Agnello di Dio, eccoquegli, che toglie i peccati del mondo”. Ecco, o giudei, l'Agnel-lo senza macchia che deve soddisfare la divina giustiziaoltraggiata, offesa dai peccati degl'uomini: non mica quell'A-gnello immolato dai vostri Padri nell'uscire dalla barbaraschiavitù dell'Egitto, che era soltanto una figura di questo,

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ma il vero Agnello di Dio, vero Figlio di Dio, che per amorvostro ha preso carne umana da una Vergi ne, senza lasciaredi essere [30r.] Dio insieme col Padre, e collo Spirito Santo.Sì, questo è fatto prima di me, perché esiste fino dall'eter-nità; è da più di me, perché egli è Dio, e Uomo insieme; egli èmaggiore di me, perché io sono una di lui miserabil Creatu-ra, e non son degno neppure di umiliarmi a’ suoi piedi, etoccare le di lui scarpe. Riconoscetelo adunque per Figliuolodi Dio. Gli ebrei, se non conobbero subito il Messia, se nonlo credettero Figlio di Dio, sono in qualche parte scusabili,poiché quella luce, che rischiara ogni uo mo, che viene inquesto mondo, non si era per anche spiega ta in tutto il suosplendore, come si è manifestata a noi cristiani, rigeneraticolle acque del santo Battesimo. Noi, che per buona fortunanascemmo in grembo di santa madre Chiesa, credia mo,come dice san Cirillo, che un solo Agnello, cioè Gesù Cri sto,è morto per tutti, per salvare tutto il gregge; un so lo è mortoper tutti perché tutti amassero Iddio, perché tut ti potesseroentrare nel porto sicuro di salute eterna; un solo è morto pertutti, perché tutti rinunziassero ai pravi appetiti della carnee del senso, ai piaceri, alle frasche rie del mondo, all'amorproprio, alle proprie passioni, e amassero quello che è mortoper loro sopra di una Croce. [30r.] E non è ben giusto, popolomio dilettissimo, che noi amiamo Iddio, che è stato il primoad amarci, che ci ha amati in certa qual ma niera più di sestesso, mentre per non lasciarci andare all'Inferno vollemorire con tante pene, con tanti dolori? E non è di dovere,che noi gli manteniamo quella fedeltà, che gli giurammo nelsanto Battesimo in faccia al sacerdote suo ministro? E senon lo facciamo, non si divien tremila volte più rei di quelleturbe che nol conoscevano per Figlio di Dio? Fu appunto nel

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Battesimo, che noi sortendo dalla schia vitù del peccato,diventammo figliuoli di Dio adottivi, fum mo arricchiti dellasua grazia, ripieni del suo Santo divino Spirito, riacquistam-mo quell'innocenza, che ci era stata tolta per lo peccato diAdamo; si è appunto nel santo Battesi mo, che si infondononell'anima nostra tutte le virtù, ci si riaprono le porte delCielo, si acquista l'Eredità del no stro divin Padre, che è laGloria deliziosa del santo Paradiso, siamo dotati di quelcarattere indelebile di veri figli di Dio. Sicché l'anima nostraviene ad essere l'anima di Dio, e il nostro cuore, il cuore diDio; diventiamo insomma più figliuoli suoi per questa sacrarigenerazione, di quello che non siamo figli di colui, e dicolei, che ci generarono dan doci una [31r.] parte di loromedesimi. Vedete dunque, miei cari, quan to è grande lavostra dignità, la vostra eccellenza dappoi ché siete rinati allagrazia di Dio per mezzo del santo Batte simo! Ma oh quantodeve confondervi la vostra disordinata affezione alle cosebasse di questa misera terra! Un figlio di un Principe certa-mente non si abbassa fino a lavorare il campo come il figliodi un Contadino, e se lo facesse, si direbbe subito, che nonsa tenere il suo posto, e che non dovea nascer sovrano, mapiuttosto figlio di uno sbarazzino. Ora un cristiano per mezzodel Battesimo diventa figlio di Dio, e per conseguenza piùnobile di qualunque principe ter reno. Se dunque si perde incose basse, e si attacca alle vanità di questo mondo, nonvedete, che egli fa vergogna alla sua dignità di figlio delMonarca supremo del Cielo, e della terra? Eppure i grandifigli di Dio, voglio dire i cristia ni di oggigiorno non vivononeppure da turchi, ma peggiori di essi: i cristiani di oggigior-no non cercano altro che beni terreni, non pensano altro chea ammassare ricchezze anche con delle ingiustizie le più

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enormi contro de’ loro prossimi, non pensano a altro, che acontentare il corpo, anche con piaceri vietati, e all'anima nonvi attendono né tanto né poco; non pensano mai a ringrazia-re [31v.] il Signore del benefizio... E non vi pare, popolo miodilettissimo, una fortuna ben grande l'essere battezzati, epoter dire io sono figlio di Dio, son fratel lo di Gesù Cristo?Sono tempio vivo dello Spirito Santo, io sono ere de del Para-diso, è mia quella Gloria, quei contenti, quella beatitudineeterna, se non vi rinunzio col peccato mortale? Ma sappiate,che se grande è la vostra dignità, altrettanto sono grandi gliobblighi che vi corrono come cristiani. Ram mentatevi, diquello che avete promesso a Dio nel santo Bat tesimo: gli giu-raste fedeltà e amore, dunque siete obbliga ti ad amarlo, aosservare la sua santa Legge, a badar bene di non maioltraggiarlo col peccato mortale, poiché chi fa giu ramento èobbligato a mantenere quanto con esso promette. Rammen-tatevi, che nel santo Battesimo voi rinunziaste al demonio, ea tutte le sue suggestioni maligne. O perché dunque in vecedi servire a Dio, servite al diavolo, quando fate di ogni erbaun fascio? Rinunziaste al mondo, e a tutte le sue pompe; operché dunque seguite le massime del mondo [32r.] e anda tedietro le sue pazzie? Se avete rinunziato al mondo, perchévivete immersi nel mondo, state attaccati a suoi divertimenti,e pare a vedervi, che non lo dobbiate mai lasciare, e chesiate fatti per il mondo, e non per il Paradiso. Eppure questomondo che tanto amate presto presto lo dovete abbandonaree con voi non dovete portare che il bene e il male. Rammen-tatevi che nel santo Battesimo rinunziaste alla carne, alvostro corpo e a suoi dissoluti piaceri. Come va dunque, chevoi non sapete altro, che di carne, state sempre infangati neipiaceri maledetti, e cercate di accarezzare, di contentare in

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tutto quel corpo che in breve deve diventare cibo di vermi,ossa spolpate, un mucchio? Come va, o sen suali, che passa-te la vostra vita nello sfogo delle passioni, in pratiche impu-re, e disoneste, in amori lunghissimi. Rammenta tevi, cheuomo battezzato vuol dire uomo morto, e seppelli to; morto almondo, sepolto ai vizi, e a tutto ciò che disdi ce ad un cristia-no. Gesù Cristo volle appunto esser battez zato nel Giordanoperché in quelle acque fossero sepolte le iniquità [32v.] delGenere umano, e perché quelle acque restassero santificate,affinché noi morti al peccato per mezzo delle acque del santoBattesimo, rinascessimo alla grazia nuove crea ture. Dunque,fratelli, e figli dilettissimi, viviamo secon do la legge santa diDio, manteniamo al Signore tutte quelle promes se, che gliabbiam fatte nel santo Battesimo, e esercitiamoci in cristianeoperazioni.

[33r.] Domenica lª dopo l'Epifania

Quanto sia grande il Patrocinio di Maria santissimanell'ottene re dal Dator di ogni bene doni e grazie a noi mise-ri morta li, chiaro lo addimostra il santo Vangelo di questamattina. Vedete là alle Nozze di Cana in quali angustie evergogna si sarebber trovati gli Sposi per la mancanza delvino, se Maria Madre di Gesù non li avesse rimirati conocchio di com passione, e non si fosse fatta mediatrice fraessi e il suo divin Figliuolo! E benché in sulle prime sembriche Ei non voglia far grazia, rispondendo: “Cosa importa avoi, o don na, e a me se non hanno più vino?”, pure le pre-ghiere di Madre, e di una tal Madre qual'era Maria, fannoforza al di Lui sensibilissimo cuore, e cangia in vino quel-l'acqua che dai servi era stata riposta nei vasi.

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Rilevate da ciò, fratelli e figli dilettissimi, la possan za diMaria presso il Trono dell'Altissimo nell'impetrare a noiquanto ci fa di bisogno sia per l'anima che per il cor po! No,non vi ha dubbio: come il Padre niente può negare al Figlio,lo sposo niente alla Sposa, il figlio niente alla Madre, cosìessendo Maria figlia diletta dell'eterno [33v.] divin Padre,Madre amatissima del divin Verbo incarnato, e casta Sposadello Spirito Santo, tutta la Triade augustissima è in certoqual modo debitrice a Maria: ed ecco il perché i san ti Padrichiamano Maria Tesoriera dei divini favori, Avvoca ta poten-tissima nel perorare la nostra causa, Regina dell'u niverso, eMadre dispensatrice di tutte le grazie.

Ella infatti col divenire Madre di Dio fu innalzata al piùsublime grado di grandezza: nessuno vi ha né fra gl'Angeliné fra gl'uomini che possano uguagliarla; e da questa gran -dezza appunto se ne deduce l'efficacia singolare del di LeiPatrocinio. È vero che molto possono in cielo gli Angeli bea-tissimi Spiriti, molto i santi Patriarchi e Profeti, molto gliApostoli, i Martiri, i Confessori, le Vergini, e tutti que’ feliciComprensori della gloria celeste, ma Maria può assai di piùessa sola che tutti insieme costoro. E perché? Perché èMadre di colui, che ci ha salvati, che ci ha meri tate tutte legrazie, e che col prendere da Lei l'umana car ne si è obbliga-to a tutti i doveri naturali di un figlio verso la propriaMadre: perché Maria essendo sua Madre è in possesso ditutte le ragioni che ha una Madre sopra di un suo figliuolo,[34r.] e perché finalmente quella Carne che si immolò sullaCroce, e per cui tutte le grazie discendono sopra di noi, èCarne di Maria; e vuole il Dio che Ella pure abbia partenella distribuzione dei doni celesti, che son frutti dell'uma-na redenzione.

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Maria inoltre non solo è potentissima ad ottenerci tuttoda Dio, ma vuole ancora il tutto impetrarci con la sua inter -cessione perché è nostra Madre amantissima. È nostraMadre; Madre clemente, Madre pietosa, e noi siamo suoifigli, che molto le costiamo; avendoci Essa partoriti sullecime in sanguinate del Calvario fra penose ambasce e doloricrude li. Sì, sul Calvario il moribondo Gesù ci raccomandò aMa ria sua Madre nella persona del diletto Giovanni, e a Leici lasciò come figli; ed Ella ci accettò in suoi figli, e come talici ama, ci guarda e ci difende; e come tali da noi ne allonta-na quanto ci può recar nocumento; mitiga le nostre pene, estilla ne’ cuori amareggiati il dolce balsamo delle celesticonsolazioni. Dunque siamo noi oppressi dalle malat tie?Ricorriamo a Maria che è la salute degl'infermi: “salus infir-morum”, e ben presto saremo restituiti in salute. Siamo[34v.] noi nelle angustie nelle tribolazioni? Ricorriamo aMaria, che è chia mata consolatrice degl'afflitti: “consolatrixafflictorum”, ed essa ci consolerà. Siamo noi in peccato, o inpericolo di peccare? Ricorriamo a Maria, che è chiamatarefugio dei peccatori: “refugium peccatorum”, ed essa citoglierà dal peccato, ci scamperà dai pericoli. Abbiamo noibisogno di grazie, di aiuti? Ricor riamo a Maria, che è chia-mata aiuto dei cristiani: “auxilium christianorum”, ed essa ciprovvederà nelle nostre bisogna.

Temiamo noi forse di essere rigettati da Lei? Ah non te -miamo, fratelli, poiché in Maria niente vi è d'austero, matutto spira in essa grazia e amore! In essa tutto è dolcezza,pietà e misericordia! Ditemi infatti, se alle Nozze di Canasenza esser pregata a favor degli Sposi, fa sì che il suo divi-no Figliuolo trasmuti l'acqua in vino, quanto più non siimpegnerà a nostro vantaggio se noi la preghiamo umil -

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mente? Se Maria tanto poté e fece, mentre tuttavia militavasulla terra, quanto più non potrà e farà adesso, che trion fanei cieli assisa alla destra del Figlio, costituita Madre degliuomini, Regina degl'Angeli e dei Santi, e Signora del -l'universo? Quanto più non potrà e non farà adesso amabileal Cielo, desiderabile alla terra, terribile all'Inferno? [35r.]Basti il dire che colassù nell'Empireo Maria è Madre di Dio einsieme nostra Madre; che ci ama quanto può amare unaMadre; che è tutta impegnata per noi, e che vivamente desi-dera di averci seco compagni in quella Gloria beata, peresser cer ti che da Lei riceveremo ogni bene.

Dunque abbiamo gran fiducia in Maria, poiché Ella hagran desiderio di farci del bene; anzi ha più desiderio Essadi beneficarci di quello noi non ne abbiamo di ricever favori.Siamo divoti di questa gran Madre, poiché non possiamo es -ser buoni cristiani senza professare divozione a Maria. I piùgran santi nel mondo sono stati i più divoti di Maria; e laChiesa cattolica praticò mai sempre di onorare Maria, con-dannando gl'errori che derogavano alla sua santità, alla suagrandezza, alla sua impareggiabile dignità, alla sua pu rità everginità, e a tutte le altre prerogative, delle qua li si com-piacque Iddio di adornarla. La onorò la Chiesa col l'inalzareTempli ed Altari, coll'istituire Feste; col compor re orazioni, eproporle quindi all'osservanza, e alla prati ca dei fedeli. San-tificate adunque [35v.] queste sue Feste, visita te le sueChiese, i suoi Altari, le sue Immagini. Leggete libri divotiche parlino di Maria; fateli sentire questi li bri ai vostri figli,ai vostri sottoposti, riponete tutta la vostra famiglia nel belcuore addolorato e trafitto di ques ta gran Regina. Non passimai giorno senza pensare ai dolori di Maria, riflettendo chetali dolori gli vennero cagionati dai vostri peccati, perché

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questi appunto dieder la morte a Gesù frutto benedettodelle sue caste viscere. E quando la sera intorno a voi vede-te raccolta tutta la famiglia, in ginocchiatevi dinnanzi allasua Imagine, e recitate la Coro na dei Dolori. Sappiate, mieifigli, che l'essere devoti de' Dolori di Maria è segno di eternasalute. Comparve un gior no Nostro Signore a san Giovanni,e gli disse: Qualunque gra zia mi chiederanno i cristiani perintercessione della mia Madre santissima Addolorata, iogliela concederò, e poi la stessa mia Madre comparirà lorovisibilmente per consolarli e assi sterli nelle ultime agonie.

I nostri vecchi erano molto devoti di Maria; la onorava nocon Feste, con pie pratiche, con orazioni e giaculatorie, econ imitare le di Lei eccelse virtù, ed era allora che in [36r.]questa Città fiorìa la religione, vi era fede, e buon costu me;ma oggigiorno da tanti e tanti la divozione alla Vergi ne vientacciata di rito superstizioso, e vano, proprio del le testedeboli; oggigiorno non mancano protestanti ed eretici anchefra noi, i quali spargono delle dottrine false ed empie, deilibracci che riboccano di eresie, e che offendono la granMadre di Dio, negando alla medesima quel culto, quellavenerazione che le è dovuta, e quei privilegi e quel le graziecon cui la contraddistinse il Signore fra le altre creature.Altri poi vi sono, che mai pensano a Maria, a Lei non ricor-rono nelle necessità, a Lei non si raccomandano né mattinané sera. Altri poi vi sono che La onorano colle lab bra soltan-to, hanno fiducia, è vero, nel di Lei valevole patrocinio, mapoi La addolorano, Le rinnovano aspre ferite al materno suoCuore con una vita da atei, da miscredenti, da libertini,sempre orgogliosi e superbi, sempre avari e perdu ti nelleingiustizie, sempre infangati nell'impudicizia, [36v.] sem precollerici e bestemmiatori, sempre golosi, ubriaconi, in tem -

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peranti, sempre invidiosi, mormoratori, pigri e neghittosinell'adempimento de' propri doveri. Tutti questi ancorchéonorino Maria con preghiera, con elemosine, e con altre piepratiche non si posson dir veri, ma falsi devoti; poiché lavera divozione a Maria consiste nel praticare e imitare le diLei virtù. Volete dunque incontrare il gradimento di Dio?Volete piacere a Maria e meritarvi la materna sua protezio -ne? Siate umili, distaccati dal mondo, puri e casti di animae di cuore e di corpo, abbiate pazienza nelle tribolazioni,siate obbedienti alle Leggi, ai vostri superiori, amate Iddio eil prossimo; e vi accerto che Maria vi ricolmerà di favo ri e digrazie nel corso della vita, vi assisterà nel punto di vostramorte, vi accompagnerà alla gloria dei Beati, ove Le saretein eterno compagni indivisibili.

[37r.] Domenica 2ª dopo l'Epifania

Ci racconta il santo Vangelo di questa mattina, come inquel tempo si fecero le Nozze in Cana di Galilea: e vi era laMa dre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù Cristocon i suoi Discepoli. E mancando il vino, la Madre di Gesùdisse al suo Figlio: Non hanno più vino. E Gesù rispose:Cosa importa a me, e a voi se non hanno vino? Non è peranche giunta la mia ora. La Madre disse ai servitori: Fatetutto quello che vi dirà il mio Figlio. Ora vi erano in quellacasa sei gran va si di pietra, i quali conteneano due o tremisure per cia scheduno, e che erano in uso presso dei giu-dei per farvi le purificazioni prescritte dalla legge. Gesùdisse ai servi: Empite i vasi di acqua. E gli empirono fino incima. E Gesù soggiunse: Attingete adesso, e portatela aldirettor del con vito. E quelli la portarono. Quando il Diretto-

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re ebbe gusta ta l'acqua mutata in vino non sapeva di dovevenisse, i ser vi però sapeano di aver attinta dell'acqua, echiamò lo spo so, e gli disse: Tutti mettono a tavola prima ilvino buono, e quando i commensali hanno bevuto a sazietà,pongono il vi no più piccolo: ma tu hai serbato il buon vinofino a ora. Questo fu il primo dei miracoli operati da GesùCristo in Cana di Galilea: e manifestò la sua gloria, e credet-tero in lui i suoi Discepoli. Fin qui l'odierno Vangelo. [37v.]Se altre volte, popolo mio dilettissimo, nella ricorrenza diquesta domenica vi ho par lato della possanza di Maria nel-l'ottenere dal suo Figlio Gesù doni, e grazie in favore di noimiseri mortali, stamat tina mi piace di rivolgere la vostraattenzione sopra altro per voi importante argomento. Giac-ché dunque il S. Vangelo parla di Nozze, voglio ancor io par-lare di Sposalizi ossiv vero del santo Matrimonio.

Il Matrimonio dei cristiani è un affare di grande impor -tan za, e però di grandissime conseguenze. Il Matrimonio deicristiani è un Sacramento, e Sacramento grande, come lochia ma l'Apostolo, perché ci rappresenta l'unione di GesùCristo colla santa Chiesa sua Sposa; perché la materia diesso è materia più nobile di quella che si adopera negli altriSacramenti, men tre che negli altri la materia è inanimata,comune, e volga re, e in questo sono materia i corpi dei Con-traenti già divenuti tempio vivo dello Spirito Santo, membradi Gesù; perché i fini di esso sono grandi, dando egli agl'uo-mini un rime dio per la concupiscenza, facendo stringereintima società fra due persone differenti, che non si posso-no disciogliere se non dalla morte, popolando l'universo dicittadini, la Chiesa di adoratori del vero Dio, il Paradiso dibeati compren sori; e perché finalmente i suoi effetti sonomirabili, dac ché esso Matrimonio [38r.] accresce la grazia

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santificante, e dà ancora ai contraenti aiuti grandissimi persantificare l'a nima propria in tale stato, per vivere in pace, ein carità, per amarsi scambievolmente, per procreare, e alle-vare i fi gliuoli nel timor santo di Dio. In poche parole: ilMatrimonio dei cristiani non è semplice Contratto, come loera una vol ta nella legge antica, e come lo è tuttavia fra gl'e-brei, fra turchi, e fra gl'infedeli tutti, ma bensì fu inalzato daGesù Cristo alla dignità di Sacramento, e di Sacramentogran de, come brevemente vi accennai.

E che dunque da ciò? Dovete imparare a onorarlo, comeve ne avvisa il medesimo Apostolo san Paolo: “Honorabileconnubium in omnibus”. Dovete onorarlo prima di riceverlo,nell'atto, che vi accostate a riceverlo, e dopo averlo ricevuto.E per onorare il santo Matrimonio prima di riceverlo biso-gna, che i giovinotti, e le fanciulle vi si preparino per mezzodel l'orazione: che si raccomandino cioè al Signore, a Mariasantissima, al loro Angelo Custode, affine di trovare unbuon compagno, una compagna timorata di Dio. E perchéIddio faccia loro que sta grazia, devono ancora esercitarsi inopere buone, fre quentando i Sacramenti, visitando la Chie-sa, facendo elemo sine, e esercitandosi nell'esatta osservan-za dei divini comandamenti. Poiché dice lo Spirito Santo cheuna buona moglie, un buon [38v.] marito non sarà dato atutti di averlo, ma solamen te a quelli, che se lo sarannomeritato con delle opere buo ne. Devono inoltre consultare ipropri genitori, prima di dar parola di future Nozze, e alloraIddio per ricompensare la loro obbedienza prestata al padre,e alla Madre, farà sì che incontrino buona sorte. È un gran-de abuso, fratelli miei, quell'usanza, che si ritrova fra voi; dipromettersi cioè giovinotti a fanciulle senza che ne sappianoniente i pro pri genitori e per causa di questo ne nascono

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gravi discor die fra famiglie e famiglie, mentre i genitori nonpossono andar d'accordo coi figliuoli, che vogliono accompa-gnarsi con una, o con uno di non pari condizione, di costu-mi non troppo onesti, di parentela non troppo onorata. Èverissimo, che i figli, e le figlie sono liberi nello scegliersiuno sposo, una sposa, ma devono però ascoltare con som-missione il parere del padre, e della madre, che hanno mag-giore espe rienza di mondo, e non si fermano solamente allebelle fattezze del volto, come tante volte fanno gli sconsiglia-ti fi gliuoli.

Il fine poi, che devono avere e l'uomo e la donna primadi legarsi in santo Matrimonio non ha da essere un finecarna le, un fine umano, ma bensì tutto retto, santo, e divi-no. Dovete pigliar moglie, dovete prender marito per farvisanti nello stato coniugale, per avere dei figliuoli, cheamino, e che [39r.] servano il Signore, per non macchiarvil'anima di quei peccati bruttissimi, che si potrebbero com-mettere fuori del lo stato matrimoniale, se non si faccia con-tinua guerra alla nostra carne sfrenata. A raggiungere que-sti fini santissimi è necessario ancora esser bene istruitinella dottrina cristiana, senza della quale è impossibile vive-re da veri se guaci di Gesù Cristo e di adempire ai doveri dipadri, e di madri, che vi addossate nel prendere moglie, emarito.

Ora ditemi son queste le disposizioni che accompagnanoall'altare i giovani, e le fanciulle di oggigiorno? Ah! che aigiorni nostri a tutt'altro si pensa prima di stringersi insanto nodo! Dimandate infatti a quel giovine, a quella fan -ciulla perché si accasino? Ed essi vi risponderanno: perchéporta così l'uso del mondo; per sortire dalla soggezione delpadre, e della madre, e non è poco se non vi dicono che lo

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fanno per dare sfogo alle loro indomite passioni. E siccomela sbagliano nel fine, così si servono di mezzi indegni pergiungere a esso. Si servono voglio dire di amori, che nonhanno mai fine; si servono di mode sconce, che male siaddi cono per fino a un turco; si servono di una licenzasfrena ta di parlare da soli, a soli, di vagheggiarsi l'un l'altrain luoghi [39v.] solinghi, e remoti, di promettersi insieme. Ein tal modo vivendo, come faranno a non cadere? Io vi possoas sicurare, che cadono, e cadono in gravissimi peccati. Ean corché fossero santi consumati in tutte sorte di virtù, de -von cadere per ragion del pericolo prossimo in cui sono delcontinuo.

Ma se questi sconsigliati Giovani, queste stolte fanciullesi servono di mezzi indegni per giungere al Matrimonio pri -ma di contrarlo, considerate poi, se potranno avere le ne -cessarie disposizioni nell'atto, che ricevono questo santoSacramento. Per onorare il santo Matrimonio nel tempostesso che lo ricevete, è necessario, che abbiate ben purgatal'anima dal peccato mortale per mezzo di una buona Con-fessione, che abbiate ben purgata la mente dai cattivi pen-sieri, dai pravi desideri, e che abbiate libero il cuore dagliaffetti carnali, e impuri. Ora, ditemi, come potrete disporvialla Confessione, a concepire un vero dolore, un fermo pro-posito, dopo aver passati anni, e anni in tante domestichez-ze, in tanti discorsacci, in tanti sguardi lascivi, in tanteveglie, in tante tresche, in tante libertà vergognose, in tantecompia cenze, in tante dilettazioni morose? Ah! che voi pur-troppo farete una Confessione forzata, un atto di dolor collelab bra senza che punto si ammollisca il vostro cuore ormaiindu rato nel peccato a cagione dei contratti abiti [40r.] catti-vi, essen do moralmente impossibile risolversi in un tratto a

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odiare quello, che si amò per tanto tempo. Ed ecco, cheaccostando vi così malamente disposti al santo Matrimoniocommettete un orribile sacrilegio invece di ricevere un Sa -cramento; incon trate le maledizioni di Dio nell'atto stessoche il ministro del Signore rivestito delle sacre divise e del-l'autorità di Cristo nel Nome delle tre divine persone Padre,Figliuolo, e Spi rito Santo vi stringe in santa alleanza, e chesupplichevole chie de per voi la benedizione del Cielo. E taliMatrimoni del diavolo qual esito felice potranno mai avere?Succederà, co me succede purtroppo alla giornata, che pas-sato il bollor del la passione, si raffredda l'amore del qualetanto si abbru ciava prima di sposarsi, e per cui si offesetante volte il benedetto Gesù, il marito si coglie a schifo lamoglie, la moglie maledice quell'ora, e quel momento in cuiconobbe la prima volta il marito; seguon disgrazie nei parti,malat tie nei figli, perdite di beni, nelli interessi di famiglia;in una parola sola, la loro casa addiviene un Inferno.

Dunque, fratelli, per iscansare tali disavventure, procu -rate, come vi dissi, di onorare il vostro Matrimonio, e pri madi contrarlo, e nell'atto che lo celebrate. Ma ancora nonbasta. Dovete altresì onorarlo dopo, che lo avete contratto.E quest'onore deve consistere nell'amarsi l'uno con l'altro,nel sapersi compatire scambievolmente, nell'aiutarsi avicen da il marito, e la moglie. [40v.] Questa è dottrina delPrincipe degli Apostoli san Pietro, e del grande Apostolodelle genti san Paolo, i quali ispirati dallo Spirito Santo inti-mano ai co niugati di amarsi, di aiutarsi, di compatirsi neiloro difet ti. Sì, devono amarsi, perché la loro unione è sim-bolo di quella, che passa fra la Chiesa, e Gesù Cristo, ilquale per far sela senza macchia, e senza ruga diede la vita eil sangue sopra di una Croce: devono amarsi insieme mari-

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to, e moglie, perché si può dire, che essi in virtù del santoMatrimonio di ventino un sol corpo, e un'anima sola, nonessendo più né l'uno, né l'altra padroni di sé, e neppure de’propri senti menti, de’ propri affetti, per averne l'uno fattoun intiero sacrifizio all'altra comparte.

Devono ancora marito e moglie onorare il santo Matri-monio colla coniugale continenza, badando bene di non tra-dir mai quella fede, che giurarono ai piè dell'altare, e in fac-cia alla Chiesa tutta, che nella persona del sacerdoteaccettò le loro promesse. Si rammentino pure marito, emoglie, che fra di loro non è tutto permesso, perché il santoMatrimonio ha le sue leggi, ha i suoi confini, a trapassare iquali sa rebbe peccato più o meno grave secondo la maggio-re, o mino re trasgressione, che si commette. Nel campomaritale vi so no frutti, che si possono gustare senza offen-dere Iddio, ma ve ne sono ancora dei velenosì, che gustan-doli arrecano l'e terna morte dell'anima ai coniugati...

[41r.] Domenica 3ª dopo l'Epifania

Due cose grandi, popolo mio dilettissimo, due cose gran-di ci porge da considerare il santo Vangelo di questa matti-na; la fede cioè e l'umiltà del lebbroso e del Centurione, e altem po stesso la carità, potenza, e sapienza di Gesù Cristonostro Redentore. Osservate infatti l'umiltà dei primi: l'unosi prostra a terra, e vedendosi ricoperto di schifosissima leb -bra si reputa indegno di accomunarsi colla folla per segui reGesù sul monte; l'altro si confessa immeritevole e in -sufficente a riceverlo dentro la sua casa. Osservate pure lafede di entrambi: il primo dice: “Signore, se voi volete, potetemondarmi”, il secondo soggiunge: “Dite, o Signore, una sola

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parola, e il mio servo sarà sanato”. Sebbene ambedue sa -pessero, che Gesù Cristo era povero, meschino e abietto;che campava colle altrui carità; che si perseguitava a morteda gli scribi, dai farisei, dai Capi della Sinagoga, e che daimedesimi si reputava un'impostore, un bestemmiatore, unindemoniato, contuttociò [41v.] lo confessano per vero Figliodi Dio, che ha potestà di concedere la richiesta salute conun solo atto del suo volere.

Questa umiltà, e questa fede fanno sì che il lebbrosoven ga mondato dalla lebbra per cui era tenuto lontanodall'uma no consorzio, e che il Centurione abbia il suo servorimes so in salute. Ecco, fratelli e figli miei dilettissimi, l'ef -ficacia della santa umiltà accompagnata dalla fede nell'ot -tene re grazie dal Signore. Voi ancora avete bisogno estremo,che Iddio vi aiuti nelle vostre necessità sì spirituali chetempo rali; avete nemici crudeli tutti intenti alla vostra per-dita, alla vostra rovina. Dunque imitate il lebbroso, e ilcenturio ne, ricorrete a Dio pieni di viva fede, di ferma fidu-cia, e di umiltà grande, e per certo voi sarete esauditi nellevo stre suppliche, saranno appagati i vostri desideri: poichéquanto Iddio resiste ai superbi col sottrarli i soccorsi del lasua grazia, altrettanto ama gli umili di cuore, e fa discende-re in gran copia sovra di essi le sue celesti benedi zioni.“Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam”, comeabbiamo in san Pietro. E l'Apo[42r]stolo san Giacomo dicepu re: “Umiliatevi nel cospetto di Dio, per essere poi esaltatida esso nella beata Patria del cielo”. Di più abbiamo dalloSpirito nell'Ecclesiastico, che quelli i quali si umiliano intutte le cose, ritroveranno grazia presso Dio.

Sì, popolo mio dilettissimo, il Signore che risguarda lecose umili e abiette, e quelle alte e superbe le ha in di -

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sprezzo, sempre ascoltò la preghiera degl'umili, e su di es sifissò pietoso le sue pupille, per tenerli lontani dalle diaboli-che astuzie. E diceva benissimo il mellifluo san Ber nardo,che non vi è altro mezzo tanto efficace e potente quan to l'u-miltà per confessarsi nella divina amicizia, per ricu perarla semai perduta a cagion del peccato, e per ottenere quanto ci fadi bisogno mentre ci ritroviamo nelle miserie, nelle afflizioni,nei travagli, e nelle disgrazie. Oh! come intesero questeimportanti verità e il lebbroso, e il Centu rione, benché nonfossero istruiti dagl'esempi del divin Redentore, benché nonvivessero nella Legge di grazia come noi viviamo!

Osserviamo adesso la carità, la potenza, e la sapienza diGesù Cristo nell'operare questi due gran prodigi. Appenavien pregato dal lebbroso e dal Centurione subito li concedequan to gli addimandano senza frapporre indu[42v]gio;ammirate qui la sua carità. Con una sola parola: “Mundare”scomparisce la lebbra, e le carni di quell'infelice riprendonole loro qualità naturali. Con dir solamente: “Ti sia fatto comehai richiesto” quel servo ricupera la perduta sanità, e resta -no appagate le vive brame del Centurione; riconoscete dun-que la sua divina potenza. Comanda al lebbroso che si pre-senti al sacerdote, perché ai soli sacerdoti apparteneva ilgiudicare, e il distinguere lebbra da lebbra, e il riammetterenel la società degl'altri quelli che erano guariti da questo ma -le; considerate qui la sua saggezza nel risparmiare a ques toguarito lebbroso la vergogna che avrebbe sofferta, se, acco-munandosi col restante del popolo, ne fosse stato manda tovia con orrore perché creduto sempre infetto dal contagio somalore. Considerate la sua infinita sapienza nel far sì che isacerdoti possano dai di lui miracoli riconoscere la sua divi-nità; nel far sì che i pagani stessi, fra i quali era il Centurio-

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ne, venissero alla cognizione del vero, e gli tributassero quelculto e quell'onore che egli si merita, come Signore supremodel cielo e della terra. Ammiriamo, ri peto, la carità, la poten-za, la sapienza di Gesù Cristo nell'ope rare tali prodigi; manon ci fermiamo soltanto in una ste rile ammirazione.

[43r.] Impariamo ancora da questo nostro divino Esem-plare a praticar la virtù della carità verso dei nostri prossimipoveri, tribolati, malati o nell'anima, o nel cor po. Diamo loroda mangiare, se hanno fame; vestiamoli se sia no nudi; pre-stiamoli assistenza, se infermi; consoliamoli nelle loro affli-zioni; allontaniamoli dal peccato e dalle oc casioni e dai peri-coli di peccare colle nostre esortazioni, coi nostri buoniesempi; raccomandiamoli a Dio, perché per severino nelbene, se giusti, perché si ravvedano e si con vertano, se pec-catori. Siamo poi saggi e prudenti in ogni nostra operazione,ma di una saviezza, di una prudenza cristia na, che ci portia odiare il vizio, a seguir la virtù, ad acquistarci meriti pelParadiso.

Quando nostro Signore ebbe ammirata tanta umiltà, etanta fede insieme nel Centurione, si rivolse alla folla che loseguìa con queste parole: “In verità io vi dico, che non horitrovata tanta fede in Israello. E però io vi dichiaro, che moltiverranno dall'oriente, e dall'occaso, e avran luogo insieme conAbramo, Isacco, e Giacobbe nel regno dei cieli; e i figli delregno saranno fatti fuori, e gettati nelle tenebre esteriori, dovesarà pianto e stridore dei denti”. Minaccia terribile ella [43v.]è questa che ci ha da riempire di un santo e salutare spa-vento, che ci ha da tenere nell'esatta osservanza della divinalegge, nell'esercizio di sante ope razioni, se non vogliamo, chesi avveri su di noi, come purtroppo si verificò sopra diversipopoli, e regni intieri, una volta cristiani cattolici, e ora, i

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miseri, abbandonata la nostra religione santissima, gemononella schiavitù del demonio, fra le tenebre dell'eresia, e delloscisma, e nell'ombra di morte. Vi convinca di questa verità ela Grecia, e la Rus sia, e la Germania, e l'Inghilterra, unavolta Chiese fio renti in santità e in dottrina, perché unite aquella di Roma, e ora bronchi sterili staccati dall'Albero dellavita vanno brancolando nel buio di tutti gl'errori, per esserepoi gettati ad ardere nel fuoco dell'Inferno. Attendete a -dunque con tutte le forze, con tutto lo spirito alla propriasantificazione, per evitare questa luttuosissima sorte.

Ma ohimè! quanto mi fanno temere i vostri portamentidel tutto contrari alla sana morale, e alle sante massime delVangelo! Quanto mi fate temere che abbiate ad essere ri -lasciati da Dio al vostro reprobo senso, in balìa delle di -sordinate passioni, perché appunto [44r.] scialacquate lesue san te grazie, disprezzate le sue ispirazioni, avete aschifo la sua divina parola, profanate le sue Feste, le sueChiese, i suoi Sacramenti, bestemmiate il suo santo Nome,lo caricate di ingiurie e di villanìe con espressioni le piùinfami, le più ributtanti, trasgredite i comandi di Chiesasanta e ve la passate con un ghigno, con un disprezzo sopral'esortazioni e gl'avvisi de’ sacerdoti posti da Dio a zelare lasua gloria, a condurre le anime vostre nel porto della salute.

Ora ditemi, così operando, non vi meritate voi forse, chetoltovi il Regno di Dio, sia dato ad altre genti, che ne ri -traggano maggior profitto? E se questo vi accada, se vi vientolta la santa fede e la vera religione, che dite di professare,chi di voi più miseri, chi di voi più disgraziati? Se vi vientolta la fede, e la vera religione, chi al capezzale di morte viconsolerà, vi arrecherà conforto? Chi allora asciugherà levostre lacrime, chi mitigherà i vostri dolori, chi vi toglie rà

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dalla coscenza i rimorsi, chi vi riassicurerà a sperare il per-dono dei vostri peccati, chi vi riprometterà la vita eter na deiBeati? Ah! che sarete costretti in quel punto terribi le a pian-gere, a sospirare, a disperarvi, ed esclamando col Savio:“Erravimus [44v.] a via veritatis”, sarete gettati per semprenelle tenebre esteriori. Al primo vostro comparir nell'infer nosi turberanno quei cupi abissi, e gl'infedeli tutti veden doviprecipitare nel fondo al di sotto di essi, grideranno stupefat-ti ed attoniti: “Tu quoque vulneratus es, sicut et nos?”. Voiancora giacete feriti come noi in questo carcere sempiterno,e più di noi assai siete e sarete tormentati in questo luo godi tutti i supplizi? Ah! Miserabili; voi nati nel seno della cat-tolica religione, rigenerati col Battesimo, e nutriti nel giardi-no della Chiesa col latte della divina parola e dei Sacramen-ti, per seguire le superbie del secolo, per contentare lavostra carne, per ingolfarvi in piaceri da bestie, perdeste lafede, rinunziaste al Paradiso, vi meritaste un Inferno! Ohquan to meglio sarebbe per voi non essere stati mai cristiani!Questi sì saranno i rimproveri, che i turchi, gl'ebrei, e i pa -gani, getteranno in faccia a coloro che rinnegaron la fede, emenarono una vita da atei, da discoli e libertini.

Volete, popolo mio dilettissimo, evitare questa massimafra le disgrazie? Imitate il lebbroso e il Centurione poco famentovati; vivete di fede, ma di una fede tale che vi por ti aoperar la giustizia; conservatevi sempre in una santaumiltà, che vi sproni a pregar del continuo per ottenere ildono della santa Perseveranza nel bene, non sapendo voi sesiate in grazia, o in peccato, e ignorando ancora se siateascritti nel libro dei predestinati, o dei reprobi. Dunque pre-gate umiliandovi, pregate sempre, perché chi è umile eprega si salva, chi è superbo e non prega si danna.

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[45r.] Domenica 4ª dopo l'Epifania

Salito Gesù Cristo su di una barca insieme co' suoiDiscepoli, vengono assaliti da burrasca sì fiera, che la barcamedesima era ricoperta dai flutti, ed essi in procinto direstare som mersi. Ecco, popolo mio dilettissimo, una imma-gine della vita dell'uomo sulla scena del mondo. Cosa è ellainfatti la vita nostra, se non una barca incostante, la qualeora si solleva in alto dalla fortuna, ora cade al basso fra ivortici della miseria e delle disgrazie? Cosa è ella mai la vitanostra, se non un avvicendarsi di bene, e di male? Se voiattendete a ciò che passa nel mondo, sarete pienamente con-vinti di questa verità. Osserverete che l'uomo non mai rima-ne in un medesimo stato, come dicea il santo Giobbe: “Nun-quam in eodem statu permanet”. Quando in florida salute egliè e quando oppresso dalle infermità; quando nell'auge dellericchezze, e quando nell'estremo della miseria: quandonegl'onori e quando negl'ignomia: oggi sa lutato, riverito,tenuto in buon concetto, e dimani odiato, perseguitato eoppresso: oggi tutto fervore nel servizio di Dio, dimani freddoinsensibile ai divini benefizi: e ora lo domina [45v.] la super-bia, l'avarizia, e la collera, e ora lo tormenta l'invidia, la pigri-zia, e l'amore dei piaceri. E che dun que ha da fare il meschi-no in tante vicissitudini, in tanti pericoli, in tante angustie?Si ha da insuperbire nelle cose prospere, si ha da sgomenta-re nelle avverse? Questo mai no, popolo mio dilettisimo.

Gesù Cristo che, come dice il Crisostomo, permise quel-la grossa tempesta di mare per istruire i suoi Discepoli anon gon fiarsi negl'onori, e a non lasciarsi abbattere dalsoverchio timore nei pericoli, insegna pure a noi cristianicosa dobbiamo fare in questo luogo di prova, su questa

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terra di esilio lontani dalla beata Patria del cielo. La nostravita ha da es sere una continua pugna coi molti nemici cheabbiamo, colle nostre disordinate passioni, quando ci tenta-no e ci stimolano al peccato. Nelle miserie, nelle afflizioni,nelle tentazio ni non mai venga meno il nostro coraggio; enella quiete del lo spirito, nelle dolcezze, nelle consolazioni,nelle grazie speciali, nei benefizi di Dio umiliamoci profon-damente, ri conosciamo la nostra insufficenza, rammentan-doci che quanto abbiamo di bene è tutto dono gratuito chedipende dall'alto [46r.] senza alcun nostro merito.

Quando i Discepoli di Gesù Cristo videro turbarsi ilcielo, ingrossare il mare, e la barca investita da gagliardissi-mo vento correr rischio di essere ingoiata dai flutti sveglia noil loro divino Maestro, e gli dicono: “Signore, salvateci, altri-menti andiamo al fondo”. Ma perchè mancarono di fi ducia,vengono da lui sgridati con queste parole: “Perchè temete, ouomini di poca fede?”. Questa è una eccellente lezione pernoi, che, come dissi poc'anzi, ci troviamo in conti nue lottecoi nostri spirituali nemici: mondo, carne, e il de monio, ecircondati da mille tribolazioni e angoscie, misero retaggiodei figli di Adamo. In queste angoscie ad imitazion degl'Apo-stoli bisogna far ricorso al Signore per mezzo dell'orazioneaccompagnata da viva fede e da ferma speranza della bontà,onnipotenza e misericordia di Dio, il quale niente ne ga acoloro, che lo pregano di vero cuore. Che se noi siamo pove-ri di virtù, se si resta nella nostra miseria, se non riceviamograzie, deriva, dice san Giacomo, perchè preghiamo ma -lamente, e non siappiamo addimandarlo.

E per vero, se quel giovine e quella fanciulla ricorresseroa Dio, e sapesser pregare come mai potrebber durarla inamo ri sì lunghi, in tante laidezze brutali, in tante schifezze

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nefande? Se quel coniugato, e quella maritata ricorressero aDio, e sapesser pregare, come mai romperebbero quella fedeche si giurarono a vicenda ai piè del santo altare, come maisi tradirebbero l'un l'altro, e macchierebbero l'anima diadul terio, e sarebbero tanto negligenti, come lo sono,nell'adem pire ai doveri sacrosanti di padri e di madri? Sequell'Uomo e quella Donna ricorressero a Dio e sapesseropregare, come mai userebbero tante frodi e tanti inganni,come mai tante ingiustizie, e tante prepotenze, tante mor-morazioni e calun nie, tante irreligiosità e bestemmie, tantisacrilegi, tan te profanazioni dei dì festivi, della casa di Dio?Certamen te io dico, che se ricorressero a Dio e sapesserpregare, non si imbratterebbero l'anima di sì enormi pecca-ti, e non starebbero i mesi e gl'anni intieri in disgrazia delmedesimo Dio, schiavi di Lucifero e in pericolo manifesto diperdersi eter namente.

Altri poi tentati dal demonio si scoraggiscono, si perdonodi animo; oppur si abbattono nelle malattie, nelle disgrazie,nelle perdite dei beni di fortuna, e son mancanti di fede inquella divina Provvidenza, la quale ha cura grande persinodel più vile insetto da Lei creato. Que[47r.]sti assai più degl'A -postoli pericolanti in su la barca si meritano quel rimprove ro:“Perché temete, o uomini di poca fede?”. Perché temete, opusillanimi, perché non confidate in Dio, perché non soffri tecon pazienza le pene, i travagli, mezzi appunto ordinati dal-l'Altissimo per farvi acquistare maggior gloria nel cielo? Per-ché date in escandescenze di furore, e di rabbia, perché aguisa di rospi raddoppiate il veleno sotto la sferza che vi per-cuote, perché vomitate ingiurie e bestemmie contro di Co lui,che vi ferisce, è vero, ma vi ferisce appunto per risa narvi, perguarirvi dalle vostre iniquità, e che mentre fa le parti di Giu-

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dice, non cessa però di esservi Padre di mi sericordia? Ah!piuttosto, fratelli e figli miei dilettissi mi, abbandonatevi deltutto nelle braccia della divina pietà, in questa riponete tuttala vostra fiducia, rassegnatevi al volere di Dio, ed egli coman-derà ai venti della tentazione che si acquietino, comanderà almare delle tribolazioni, che cessi dall'agitarvi, comanderà allabarca di vostra vita che cammini sicura sulle onde del tempoper giungere al Porto felice dell'eternità, e tosto alla tempestane succederà la calma, la quiete, la consolazione, quale sipuò avere in que sta valle di lacrime.

Se diamo all'indietro uno sguardo, potre[47v.]mo accer-tarci, che tutti quelli, che piacquero a Dio, passarono aprova di ten tazioni, di persecuzioni, di patimenti, e loro nonmai mancò la mano del Signore per prestargli aiuto econforto. Osser vate infatti: se permise Iddio al demonio diperseguitare il suo fedelissimo Giobbe col ridurlo all'estremodella povertà, col fargli perdere tutti i figli, con ricoprirlo dipiaghe e di ulceri, con ridurlo a giacere su di un letamaio,per ivi ascoltare i rimbrotti della moglie, le contumelie e isarca smi de' suoi amici, gli diede ancora pazienza bastanteda soffrire con merito tali infortuni, e finalmente ne lo libe ròe lo rese assai più felice e dovizioso di prima. Se per miseche Giuseppe fosse perseguitato, e venduto da' suoi fra telli,non cessò giammai di assisterlo, e di proteggerlo, e final-mente lo innalzò alla dignità di Vicerè dell'Egitto. Se tantialtri Patriarchi e Profeti dell'antica Legge dovette ro soffrirepene e travagli e dagl'uomini, e dall'Inferno, ne vennero peròliberati, perché pieni di confidenza ricor revano a Dio. Se poiveniamo ai santi del nuovo Testamento, quanto non fece ildemonio per allontanarli da Dio, e dalla fedele osservanzadella sua religione? Contro di loro mosse le più crudeli per-

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secuzioni, messe in opra tutte le arti in fernali per farli per-dere [48r.] il coraggio, per farli rinnegare la fede: esili, prigio-nie, fame, povertà, vessazioni, ecu lei, rote, mannaie, scuri,bronzi infocati, accese fornaci, caldaie bollenti, poterono sìtormentare all'eccesso quei santi pazienti, poterono dar lorola morte del corpo, ma non mai far vacillare la loro eroicafortezza, perché rivolti a Dio, e in Dio confidando, addiven-nero superiori a se stessi, e facilmente superarono tutte leastuzie diaboliche.

Da qui conoscete, popolo mio dilettissimo, che Gesù Cri-sto non dorme per quei che lo invocano, per quei che in luicon fidano, a quei che vegliano sopra le disordinate passioniaffine di reprimerle, e di restar vittoriosi. A questi non maipermette che sian tentati sopra le loro forze; anzi fa sì chedalle tentazioni, e dagl'affanni ne ritraggan profit to per lavita eterna. Conoscete ancora che il medesimo Ge sù Cristose non dorme ai vigilanti, ai solleciti della propria salvezza,dorme però ai pigri, ai neghittosi, a tutti coloro, che, ingolfa-ti nei vizi e nel mal costume, vivono come se non dovesseromai morire, come se al di là del sepolcro non vi fosse peressi né inferno né Paradiso.

Se poi mi addimandate perché si addormenta Gesù, io virispondo col Crisostomo [48v.] che fa ciò appunto perchégl'Aposto li, conoscendo il pericolo in cui si ritrovano, faccianoa Lui ricorso, e lo preghino a salvarli. Per lo stesso motivopare talvolta che egli non ascolti le persone dabbene, men trele lascia nelle aridità di spirito, nella freddezza, nelle desola-zioni, come fece con santa Teresa, e con altri santi; ma non vicrediate già che questo sia un male, anzi è un mez zo perdistaccarle dal proprio sentimento, per farle conosce re il pro-prio nulla, per arricchirle di meriti pel Paradiso.

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Vi aggiungo di più, che Gesù Cristo si addormenta insulla barca per lasciarci un'immagine dell'uomo giusto, ilquale sempre uguale a se stesso conduce vita tranquillaanche in mezzo alle procelle di questo mondo perverso epervertitore, e gode un Paradiso anticipato, fra le inquietitu-dini e i mol ti disastri che lo affliggono e lo tormentano. Lodisse lo Spirito Santo che la retta coscenza fa gustare unperenne e dol ce convito. Ed anche un Poeta gentile col sololume della ragione arrivò a conoscere, che quegli che menavita onesta, vita scevra da colpa sen resta sicuro, benchéperseguitato e oppresso dal suo avversario. Dunque voleteanche voi star quieti fra le miserie che vi accompagnano inogni istante? Lontani dai vizi: seguaci della virtù: amanti diDio e del prossimo; e sarete felici nel tempo, più felici poinell'eter nità.

[49r.] Domenica 4ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto. essen do entrato in quel tempo in una Barchetta, loseguirono i suoi Discepoli; ed ecco che subito si suscitò unaburrasca sì grande che la navicella era ricoperta dai flutti: eGesù intanto se ne dormiva. Allora i suoi Discepoli si acco-starono a lui, e lo svegliarono dicendogli: Salvateci o Signo-re, altrimenti ci perdiamo. E Gesù li rispose: Perché temete,o uomini di poca fede? E nel tempo medesimo alzandosi,comandò al vento, e al Mare che si quietassero, e ritornòuna gran calma. Tutti quelli che eran presenti restaronoammirati, e dicevano: Chi è mai questo, al quale obbedisco-no i venti e il Mare? fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Che cos'è questa barca agitata dai flutti, e in procinto di

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restare sommersa nelle acque di spazioso Mare? Questanavicella assalita da impetuoso vento, e quasi ricoperta daburrascosi flutti è la santa Chiesa cattolica nostra madreamantissima, la quale un Uomo-Dio venne a piantare nelmondo, la dotò, l'arricchì di celeste Dottrina e di Sacramenti,di grazie abbondantissime, e di possanza ineffabile, gli pro-mise la sua continua assistenza divina, e le lasciò a capo ilPapa Romano Pontefice nella persona di san Pietro, a cuitutti i Vescovi, tutti i sacerdoti, tutti i fedeli devono obbediree star soggetti. Que[49v.]sta Chiesa cattolica fino dai suoiprimi anni fu fortemente agitata da molte burrascose procel-le suscitate o dall'Inferno, o dalla malizia degli eretici, degliscismatici, e dei cattivi cristiani, ma non è stato mai possibi-le di mandarla al fondo e di farla perire, e neppure si perderàgiammai, perché sempre aiutata dal suo Capo invisibileGesù Cristo, il quale, come dissi, le ha promessa la sua divi-na assistenza fino alla consumazione dei secoli.

Questa mistica barca anche oggigiorno viene attaccatada tutte parti; viene agitata dai venti infernali di dottrineempie, false, e inique; è quasi ricoperta dalle acque pestiferedelle Eresie, e dello scisma, ma essa intanto ferma e costan-te sfida alla pugna le più accanite burrasche, e resta sem-pre vittoriosa di tutti gli errori, che tentano di allagare ilgenere umano. Sì purtroppo è vero, popolo mio dilettissimo,che in questi tempi disgraziati, ne’ quali viviamo, si fa ditutto per dare addosso alla Chiesa, a quella Chiesa santissi-ma di cui noi per grazia del Signore ne siamo membri inforza del Battesimo, e godiamo di tutti i beni spirituali, chein essa si ritrovano, e che sono i Sacramenti, i sacrifizi, leorazioni, i digiuni, e tutte le buone opere. Si fa guerra aquesta nostra madre dai miscredenti, dai libertini, dai liberi

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pensatori, i quali per ingannarci ci eran venuti fuori col follepretesto di liberare l'Italia dalla tirannia, e dal dispotismo, eaffine [50r.] di riuscire nel loro intento incominciarono dalmagnificare la religione, dall'innalzare fino alle Stelle il Vica-rio di Cristo, ma poi nel loro cuore ordivano trame, tesseva-no pravi disegni, e altro non aveano in mira, che ricondurcinel paganesimo, dal quale ci aveva tratti il cattolicismo, aaltro non pensavano, che a fare di noi tutti un popolo diprotestanti. E non dico forse la verità? E sono forse mieivani sospetti? E sono forse calunnie messe fuori da spiritideboli contro tali persone benemerite alla Patria? Dio lovolesse, che non fosse mai vero, e che fossero invece vaneapprensioni! Ma il fatto sta, che l'abbiam veduto coi propriocchi, e l'abbiam toccato con mano, che essi tendevano adistruggere ogni ordine sia religioso, che civile, per intro-durre fra noi la confusione, l'errore, il delitto. E potevamoaspettarci di meglio da cotali Riformatori? No certamente;perché eran quelli, che non andavano mai alla Messa, e chenon si vedeano mai alla Chiesa, eran quelli che non si con-fessavano mai, e che non aveano niente rispetto per le cosedi religione.

Se non che queste furie infernali, andatili a vuoto i loropravi disegni, non cessarono di imperversare contro la Navi-cella di Pietro, voglio dire contro la santa Chiesa; anzi lapresero a combattere con odio più accanito, e la combattonotuttavia con armi le più [50v.] insidiose, con le loro lingueavvelenate dalla maldicenza, e dall'eresia. Vanno dicendoquesti tristi (e ne sono anche a Viareggio, sapete), vannodicendo, che non ci è Inferno, che non c'è Purgatorio, chenon importa confessarsi, che non importa andare alla Chie-sa a fare orazione, che non importa far tante Feste, e adope-

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rare tanta magnificenza per il culto di Dio, ma che basta uncuor buono, umile e schietto; vanno dicendo che il venerdì,il sabato, le Vigilie, le Tempora non ce le ha messe GesùCristo e che si deve guardare a quel che sorte dalla bocca, enon a quello, che vi entra; che la Chiesa dev'esser povera, enon deve aver tante ricchezze; vanno dicendo, che il Papa èun uomo come gl'altri, che fa delle cose malamente, che nondeve comandare nel temporale, che non deve mostraretanta pompa, e lo caricano dei più enormi improperi, deititoli i più ributtanti; vanno dicendo il maggior male possibi-le dei sacerdoti, dei religiosi, porzione eletta del Signore, permetterli in discredito, per tirare al male gli incauti, e gliinnocenti, inventando calunnie e accrescendo a più nonposso quella mancanza fatta o dal prete, o dal frate: e nondicono mica il prete e il frate ha fatto, ha brigato, ma i preti,i frati son qua, son là, son sotto, son sopra. Bella logica perverità! Logica da Asini, da ignoranti, logica da tristi, e mali-gni [51r.] quali essi sono!...

Badate bene, fratelli, e figli miei dilettissimi, di nonlasciarvi ingannare da questi nemici giurati della santaChiesa cattolica, non date mai retta alle loro ciarle, alle loroderisioni sopra quanto ha di più sacro la nostra religionesamtissima. Ma state fermi e attaccati alla barca simbolicadove entrò oggi Gesù Cristo e i suoi discepoli, la quale adispetto dei moderni sapienti potrà sì esser combattuta,assalita dai turbini, dalle tempeste, ma non mai esser vinta,e dovrà durare fino al dì del Giudizio. State attaccati a quel-la fede, che vi fu infusa nel vostro Battesimo, state fermi inquella dottrina, che succhiaste insiem col latte dai vostrigenitori, dai vostri pastori, e sacerdoti. Lasciate infuriarquesti venti, lasciateli sbraitare questi demoni incarnati,

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lasciate, che si facciano burle di voi, che vi deridano, che vibeffeggino, che vi chiamino bacchettoni, non importa; tantoessi non la potranno mai con voi, se vi mantenete fedeli cri-stiani. Sappiate, che quelle dottrine empie, e bugiarde, inse-gnate oggi dai nemici della religione, sono dottrine condan-nate, e rigettate le cento volte nei secoli passati; quanto essidicono e contro del Papa, e contro i Sacramenti, e contro lepratiche religiose, e contro i sacerdoti, e contro la Chiesatutta, fu detto da Lutero, da Calvino, da Zuinglio, da Melan-tone, da Carlostadio, da Bucero, da Ecolampadio, da Soci-no, da Giansenio, e da tanti altri eresiarchi, quali tutti con-dannati sono dalla santa Chiesa cattolica. Sappiate ancora,che se vi lasciate ingannare da questi seminatori di zizaniapestifera, voi non sareste più in questa barca fortunata,[51v.] fuori della quale è impossibile salvarsi dalle burraschedell'Inferno. No, fuori della Chiesa di Gesù Cristo non vi èsalute: questo è un dogma di fede, che non si può negaresenza cadere nell'eresia; e però gli infedeli, gl'ebrei, i turchi,i protestanti, gl'eretici, gli scismatici tutti non si possonosalvare; se muoiono nella lor cecità, nei loro errori senza farritorno alla Chiesa, senza entrare in questa barca dov’èGesù Cristo e i suoi Discepoli, bisognerà che precipitino nelvasto mar dell'Inferno, e restarvi affogati per una eternità;eternità disgraziata, che ha fatto tremare i più gran santi,eternità che fa inorridire al solo pensarvi.

Vi dissi, che fino da’ suoi primi anni la santa Chiesa cat-tolica fu agitata, fu angustiata non solo dagli eretici, maancora dai malvagi cristiani, i quali disprezzando ogni leggesì divina, che umana vivono a seconda delle loro disordinatepassioni. Pur tuttavia, se diamo un'occhiata alla storia deipassati secoli, non troveremo certamente la corruttela dei

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costumi tanto inoltrata, come lo è oggigiorno in mezzo dinoi, che in forza di nostra Professione dovremmo essere figlidocili e obbedientissimi [52r.] a una madre sì tenera qual èla Chiesa. Infatti ditemi quando mai per il passato dominòla bestemmia, parto dei Demoni, come domina purtroppo ainostri dì? Quando mai la profanazione delle Feste, e delleChiese giunse al segno di far servire e le une e le altre permaggiormente offendere il Signore, come succede ai nostritempi? Quando mai le prepotenze, l'ingiustizie, i raggirifraudolenti, la finzione, l'ipocrisia, gli scandali, la maldicen-za, l'impurità, gli adulteri, gli odi, i sacrilegi inondarono laterra, come nel secolo presente? Ah! che la santa Chiesapiange sopra tante scelleratezze, che si commettono dai cri-stiani, sopra tante procelle, che contro di lei vengono susci-tate dagli scostumati, dai malviventi, e prega, e ordina pub-bliche orazioni per allontanare da suoi figli i castighi, i fla-gelli, che sono per aria, e vicini a piombarli sul capo. E noiche facciamo? Noi col peccato sull'anima, rei di mille Infer-ni, invece di far penitenza, invece di unirci alle preghieradella Chiesa e rattemprare i suoi dolori, ci immergiamosempre più nel vizio, ci portiamo ai divertimenti, ai balli,alle veglie, alle tresche, non dico forse il vero? Non siete voiforse quei tali, che nelle sere passate vi lasciaste tentare daldiavolo, e andaste alla veglia a trescare, a ballare, a offende-re barbaramente il Signore? Parlo di voi, che ci andaste,parlo di voi, o madri crudeli, che ci conduceste le vostrefigliuole, parlo di voi, o padri, che daste [52v.] il permesso aivostri figli di prestarsi a quel bordello, a quella brigata, e mifaccio maraviglia di taluni, e di certune, che tengono in casasua questi diabolici congressi. Sì, i balli, e le veglie li chiamoradunanze del diavolo per i grandi peccati, per i molti incon-

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venienti, che vi accadono. E perché non ho io la lingua diun Crisostomo per biasimare, per detestare, per maledire iballi, e le veglie? Quello, che questo santo Dottore diceva alsuo popolo contro dei giochi del circo, posso ripeterlo a voicontro delle danze e dei balli. Che succede difatti nei balli?Vi succedono clamori, e discordie, e tante volte ancora pic-chiamenti, ferite, ammazzamenti, vi si dicono bestemmie, visi fanno discorsacci, vi si risvegliano cattivi pensieri, vi sifomentano malvagi desideri; vi si fanno toccamenti, e confi-denze troppo avanzate fra persone di sesso diverso; vi inter-vengono uomini molli e effemminati, donne di poco onore,di vita macchiata, prostitute sfacciate; si va al ballo inno-centi, ma si torna a casa peccatori; si va al ballo cristiani, sisorte da esso men che pagani; si va al ballo giovani onesti,ce se ne viene libertini perduti; si va al ballo fanciulle illiba-te, si torna alla casa paterna macchiate dalla disonestà; siva al ballo Sposi fedeli, ce ne ritorniamo, se non di fatto,almeno adulteri di cuore: in una parola, si va al ballofigliuoli di Dio, e si sorte schiavi di Lucifero. E poi avretetanto ardire di dirmi: Che peccato è il ballo? Ah! fratellimiei, avete udito quanti mali, quanti peccati si ricavano dalballo. E però fuggite, e se vi siete andati, pentitevi di verocuore, e non siate più nel numero di quelli che contristano,che affliggono la santa Chiesa di Dio.

Rammentatevi che grazia...

[53r.] Domenica 5ª dopo l'Epifania

Il padre di famiglia, che seminò del buon seme nel suocampo è Iddio, il quale parlando ai santi Patriarchi, e ai Pro-feti dell'antica Legge manifestò al mondo qual fosse la sua

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divina volontà, e di quali mezzi si dovessero servire gliuomini per giungere al porto dell'eterna salute. Venuta poi,come dice l'Apostolo, la pienezza dei tempi, il medesimo Dioci parlò mandando in terra l'Unigenito suo Figliuolo CristoGesù, che, fattosi carne senza mescolanza di umana carnenel seno purissimo di Maria sempre Vergine, riscattò tuttoquanto il Genere umano dalla legge del peccato, e gl'annun-ziò il suo santo Vangelo.

Il campo dove Iddio ha sparso il seme della sua celestedottrina è la santa Chiesa tanto del vecchio come del nuovoTestamento; e questo seme rende frutti centuplicati di vitaimmortale, se non venga impedito dalla zizania del vizio, edel peccato. Ma purtroppo è vero, popolo mio dilettissimo,che il nemico dell'uman genere, voglio dire il demonio, spar-se in ogni tempo sopra del buon seme il loglio pestifero odell'eresia, o dello scisma, o del mal costume; e ve lo sparseappunto, perché quelli che dovean vegliare dormìano ilsonno della pigrizia, [53v.] e non attendeano al gregge affi-datoli da Dio, perché lo reggessero, e lo guidassero neipascoli di vita eterna come capi e pastori. Dunque, vel ripe-to, il padre di famiglia è Iddio, il seme da lui sparso è la suaceleste dottrina, il campo è la Chiesa e le anime dei fedeli, ilnemico è il demonio, e tutti coloro de’ quali ei si serve perdeviare gli uomini dal retto sentiero di verità, e trarli nelbaratro di perdizione.

Ma perché, voi mi direte, nel campo mistico della Chiesapermette Iddio questa mescolanza di grano eletto e di ripro-vata zizania? Perché, risponde Agostino, si eserciti lapazienza dei buoni, e i tristi, e i malvagi dall'esempio diquelli correggano i depravati costumi, e si convertano evivano. Perché, soggiunge il medesimo santo Dottore, ha

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voluto piuttosto Iddio ritrarre il bene dal male, che non per-mettere alcun male. Perché finalmente l'uomo, sebbenearricchito di grazie in forza del libero arbitrio, opera comepiù gli talenta o il bene, o il male mentre è viatore su questaterra, per averne dappoi o premio o castigo arrivato al suotermine. Così è, popolo mio dilettissimo, nella Chiesa di Diovi ha da essere il buon sieme insieme [54r.] colla zizania, ilbuon grano insieme colla paglia, finché non giunga il tempodella mietitura, quando il grano sarà riposto nel granaiodell'eterno Padrone, e la zizania, e la paglia gettata ad arde-re nelle eterne fiamme; finché non giunga il tempo dellamorte, il dì del giudizio, quando i buoni saran chiamati alParadiso, i cattivi condannati all'Inferno.

Sapete piuttosto quel che imparare noi dobbiamo dallaesposta parabola? Dobbiamo imparare la vigilanza. Miei fra-telli, dicea l'Apostolo Pietro ai primi fedeli, e lo dice anche anoi, miei fratelli, siate sobri, vegliate, poiché il diavolo nondorme, ma del continuo vi tende insidie, vi si raggira all'in-torno quasi ruggente leone per divorarvi, per perdervi eter-namente. Dunque forti alla fede; resistete a quest'avversa-rio; respingete da voi le sue suggestioni maligne. Vegliate sudi voi stessi, su le vostre disordinate passioni, e più di tuttosul vostro cuore, il quale benché sia fatto per Iddio, e sianoinsaziabili le sue brame fuori di Dio, pure si lascia facilmen-te ingannare dalle apparenze, e fissa il suo fine in quellecose, che dovrebbero servirgli di mezzi per giungere a quelfine per cui ei venne creato. Vegliate ancora [54v.] affinchéquelli che vi avvicinano, che vi fanno da amici, che teneteper compagni non vi abbiano da seminare nell'anima lamiscredenza, la scostumatezza, il libertinaggio. Sopra que-st'anima vostra ha scolpita Iddio la sua bell'Immagine, e vi

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ha seminato il lume della fede, e vi ha sparse le altre teolo-gali, e morali virtù, e i doni dello Spirito Santo; e il buonseme delle grazie e delle celesti benedizioni: ma guai a voi sevi addormentate! Allora per certo verranno i vostri nemici, visemineranno sopra la zizania del peccato, ed ecco che lavostr'anima addiviene nemica del medesimo Dio, odiosa a’suoi purissimi occhi, più schifosa di un demonio, meritevoledi eterni supplizi.

Popolo mio dilettissimo, se la vigilanza fu mai semprenecessaria al cristiano per non rimaner vittima infelice dicoloro che hanno congiurato alla sua perdita, assai più sirende indispensabile nei tristi tempi, che corrono oggi, incui la empietà vien portata in trionfo, e le trasgressioni alladivina Legge si son rese universali e comuni. Osservateinfatti: la bestemmia, parto del diavolo, si ode risonare su labocca di ogniuno: da tutti si disputa, si discute, si trattanocose di fede, e si pronunziano intanto per malizia, o perignoranza le più grosse [55r.] Eresie: le Feste non più si san-tificano, le Chiese non più si rispettano, e le une, e le altresi destinano per maggiormente offendere Iddio, e scandaliz-zare il prossimo: non più rispetto e obbedienza ai genitori,ai sacri pastori, alle autorità stabilite da Dio, ma invecedisprezzo e licenza, insubordinazione e orgoglio: non piùcarità verso i propri simili, non più compassione, ma inveceegoismo, prepotenze, ingiustizie, frodi, inganni, mormora-zioni, calunnie, vessazioni e tirannie: non più continenza everecondia, ma disonestà, stupri, incesti, adulteri, e ovun-que discorsi osceni, male pratiche, e ree consuetudini: nonpiù schiettezza e lealtà, ma finzioni, ipocrisia, menzogne espergiuri: non più astinenza, sobrietà, e pratiche di divozio-ne, ma crapule, intemperanze, ubriachezze che muovono a

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stomaco, ma tiepidezza somma nel servizio di Dio. Non piùsi conosce digiuno in quaresima e nelle altre comandatevigilie; non più astinenza dalla carne il venerdì, e il sabato;non più Confessione e Comunione alla Pasqua, ma tra-sgressioni continue ai precetti di Chiesa santa e intanto sivuol comparire cristiani cattolici, mentre le azioni sono daprotestanti, da ebrei, da turchi. Sicché si avvera [55v.] preci-samente quel che disse lo Spirito Santo per bocca del realeProfeta: “Corrupti sunt, et abominabiles facti sunt in studiissuis; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum”. Sisono corrotti, sono addivenuti gli uomini abominevoli neiloro pensieri, nelle loro infami azioni, e neppure uno vi èche operi il bene.

Dunque non avea io ragione a dirvi: Vegliate sopra di voimedesimi, su delle vostre passioni, su di quelli che vi cir-condano, perché in tanta corruttela o il demonio, o i suoiemissari non vi abbiano a seminare nell'anima la zizania deivizi? Di quest'anima, ditemi, ne fate alcun conto? Ne fatecaso di salvarla? Mi rispondete, che sì: dunque vegliate.Anche i genitori, anche i capi di casa, di bottega, di negoziohan da vegliare attentamente su i figli, su la famiglia, suisottoposti perché in questi il demonio e il mondo non abbiaa spargervi la zizania del peccato. Osservino le loro inclina-zioni, i loro portamenti, con chi trattano, con chi conversa-no per farli abbracciare quello stato, quell'impiego, quellaprofessione a cui gl'ha destinati Iddio; per allontanarli dalmale, dalle occasioni, dai pericoli, di cui purtroppo siabbonda alla giornata, ed è grazia del Cielo per chi non viincoglie e non vi precipita.

[56r.] Vuoi tu, dissero i servi al Padrone del campo, chesi vada a svellere la zizania? No, rispose egli, ma aspettate il

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tempo della messe, e allora dirò ai mietitori che raccolganoin fascetti la zizania per darla alle fiamme, e che il buongrano lo ripongano nel mio granaio. Eccovi, o dilettissimi,decifrata la sorte che attende i buoni figurati nel buon fru-mento, e la sorte dei cattivi, figurati nel loglio. Ella è veritàdi nostra santa fede registrata più volte nel Vangelo, cheanderanno i buoni a godere Iddio per sempre in Paradiso,piomberanno gli empi a penare per sempre nel baratro del-l'Inferno. Ora quale di queste due sorti toccherà a me, toc-cherà a voi? La decisione si rimetta alla nostra coscenza.Interroghiamola senza passioni: che ci dice ella? Siamo noiseguaci del divin Redentore col morire a noi stessi, allenostre cupidigie sregolate, col vivere distaccati dal mondo,dalle ricchezze, dai sensuali piaceri, oppure troppo dure edifficili ci riescono le privazioni, le mortificazioni, la peniten-za? Abbiamo l'anima libera dalla colpa, adorna della graziadi Dio, e delle cristiane virtù, oppure la portiamo del conti-nuo imbrattata dal vizio, e schiava di Lucifero? Siamo noicristiani di nome, e poi infedeli e pagani di opere? Se dun-que la nostra vita è conforme a quella di Gesù Cristo, ralle-griamoci con noi medesimi, [56v.] perché, come il buongrano fu riposto dai servi nel granaio del padrone, così l'ani-ma nostra sarà portata dagl'Angeli alla gloria del Cielo. Sepoi viviamo nel peccato, e serviamo al demonio, allora que-sti Angeli medesimi, separandoci dalla compagnia deibuoni, come zizania pestifera, ci getteranno a bruciare peruna eternità nell'Inferno. “Exibunt Angeli, et separabuntmalos de medio justorum, et mittent illos in caminum ignis”.Dunque se siamo in grazia, benediciamo il Signore, e faccia-mo di tutto per perseverare in essa; se siamo in peccato,svegliamoci dal nostro letargo, appigliamoci alla penitenza,

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subito, senza frapporre indugio; diversamente saremocostretti un giorno a pentirci, ma senza prò, senza speranzadi riparare alla nostra rovina, senza speranza di riacquista-re il gran bene perduto, che è Iddio, centro di ogni felicità,di ogni contento.

[57r.] Domenica 6ª dopo l'Epifania

Il Regno dei Cieli, diceva Gesù Cristo, è simile a un gra-nello di senapa. Che cos'è questo Regno dei cieli di cui parlaoggi il divin Redentore? “Regnum caelorum praesentis tem-poris Ecclesia dicitur”, risponde il gran Pontefice san Grego-rio. Per Regno dei cieli si intende dunque la santa Chiesacattolica, madre e Maestra di verità; quella Chiesa che l'Uo-mo-Dio venne a piantare nel mondo sulle rovine del Gentile-simo e delle umane superstizioni. Ma perché questa Chiesaviene assomigliata al piccolo granello di senapa, e al pocolievito nascosto nella massa della farina? Perché come ilgrano della senapa sebben piccolo produce un albero gran-de, e come il lievito sebbene poco di mole fermenta tutta lamassa della farina, ove è riposto, così la santa Chiesa diCristo Signore, sebbene circoscritta in principio nel suodivin Fondatore e in dodici poveri pescatori rozzi, ignoranti,crebbe mirabilmente, e si dilatò negl'angoli più remoti dellaterra, e su di Lei vennero a posarsi tutte sorte di uccelli;vale a dire, secondo S. Girolamo, a Lei si unirono sovrani epopoli di ogni clima, di ogni lingua, di ogni nazione, e allasua celeste sapienza, e alla sua irresistibil fortezza dovettercedere e la Sinagoga di Gerosolima, e l'Areopago di Atene, ei riti superstiziosi di Roma, e la [57v.] tirannide dei Neroni,dei Massimini, dei Valeriani, degl'Aureliani, dei Diocleziani e

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Massimiani, dei Giuliani e di altri moltissimi che messero inopra, contro i Santi. Martiri quanto di crudele e di inumanoseppe inventare l'Inferno nemico giurato di questa Chiesamedesima.

Voi lo sapete, che la Chiesa cattolica è la riunione ditutti i fedeli rinati alla grazia per mezzo del santo Battesimo,legati insieme coi medesimi vincoli di carità, fermi neglistessi dommi, negli stessi articoli di fede, seguaci di GesùCristo, che ne è il Capo invisibile, obbedienti e soggetti alPapa Romano Pontefice, che ne è il Capo visibile, e Vicariodi Dio su questa terra. Dunque i turchi, gl'ebrei, gl'idolatri,e gl'infedeli tutti non possono esser membri di questa Chie-sa, perché mancanti del Battesimo, il quale è la porta percui vi entriamo. Dunque i protestanti, gl'eretici, gli scismati-ci son fuori di essa, perché non credono i suoi dommi, nonseguono la sua dottrina.

Le proprietà della Chiesa sono le seguenti. Ha da esservisibile, perpetua, infallibile. Ha da esser visibile ne' suoisacri pastori distinti in gradi diversi per ordine di Gerarchia;ha da esser visibile nell'amministrazione dei Sacramenti, enella predicazione dell'Evangelio; ha da esser visibile ne'suoi fedeli. Per tale la preconizzò Isaia quando disse: “Ilmonte della casa del Signore sarà stabilito e preparato sullacima dei monti... e a quello correranno tutte le genti”. Per talela ad[58r]dimostrò il divin Verbo, quando in san Matteo laparagona a ben fortificata città situata su di un colle, cheda tutti si vede. Per tale ce la dà a conoscere lo SpiritoSanto paragonandola al sole dal di cui calore nessuno puòschermirsi: “Nec est qui se abscondat a calore ejus”. E Cri-sto Gesù perché si fece Uomo, perché chiamò a seguirlo ilcollegio Apostolico, e gli altri Discepoli, se non perché que-

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sta sua Sposa diletta fosse visibile a tutti? Perché, comedice san Paolo, Ei pose in questa Chiesa Apostoli, Vescovi,Pastori e Dottori per esercitare il Ministero Sato, per regger-la e governarla, se Ella non dovea essere palpabile e visibi-le? Dunque si arrovellino pure i protestanti e gl'eretici, e irazionalisti, e tutti quanti son fuori del suo seno materno,ma sarà sempre vero, che la Chiesa è visibile ne' suoi pasto-ri, nel suo pubblico culto, ne' suoi Concili, nella sua profes-sione di fede, e nell'insegnamento di sua dottrina.

La Chiesa di Cristo ha da essere perpetua, vale a diredurar deve fino al dì del Giudizio. Questa perpetuità dellaChiesa la promise il divin Redentore con quelle parole dettea san Pietro; “Tu sei Pietro, e sopra questa pietra inalzerò lamia Chiesa, e le porte di Inferno non mai prevarranno controdi quella”. La promise inoltre agl'Apostoli, quando li mandònell'universo mondo a istruire, a battezzare le genti, e disseloro: “Ecco [58v] io sono con voi del continuo fino alla consu-mazione dei secoli”. Dunque si armino pure i suoi nemici, lemuovano pure le più accanite persecuzioni, ma intanto essidevon mancare, e la Chiesa a lor marcio dispetto ha darestare salda, e immobile perché sorretta e assistita dal suodivin Fondatore. Il corpo di Cristo, che è la Chiesa, dissesan Paolo, che ha da rimanere finché tutti gl'abitanti dellaterra non vengano all'unità della fede. Alleanza perpetua,disse Iddio per bocca di Isaia, alleanza perpetua io sarò colmio popolo, e sapranno le genti, che questo è il seme cuibenedisse il Signore. Il Regno dei cieli, si legge in Daniele,non mai mancherà, né sarà dato a altro popolo; esso in vecedistruggerà gl'altri regni, e resterà saldo in eterno. Questoregno dei cieli, come vi dissi a principio, è la Chiesa santa diDio: e questa Chiesa, dicea nel quarto secolo il Crisostomo,

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è sì potente che da nessuna creata cosa può vincersi: piùpotente dello stesso cielo, della terra tutta, e dell'Inferno,poiché il cielo e la terra passeranno, ma la Chiesa non man-cherà giammai. E per vero, se non credi alle parole, arrendi-ti al fatto. Quanti tiranni non tentarono di abbatterla?Eppure non riuscirono nel lor pravo disegno. Essi intantonon più si rammentano, e la Chiesa, più del sole risplende.

Ma non basta, che la Chiesa sia visibile e perpetua, per-ché tutti possan venire [59r] al suo seno e conseguir la salu-te; si richiede di più che essa sia infallibile nelle sue decisio-ni, e nel proporre ai fedeli ciò che hanno da credere, quelloche hanno a operare. Dunque dobbiamo tenere per fede,che la Chiesa non può sbagliare, e quanto ci dice, e ci inse-gna è tutto vero, perché viene ispirata dallo Spirito Santo,perché è sempre assistita da Gesù Cristo, perché essa,come la chiama l'Apostolo, è firmamento e colonna di verità.Il dire al contrario sarebbe ingiuria somma al divin Reden-tore, poiché allora o in Lui si rifonderebbe l'errore, o si asse-rirebbe che egli non ha provveduto abbastanza a quellaChiesa, che per farsela senza macchia diede la vita e il san-gue su di una Croce. Il dire al contrario sarebbe eresia diLutero, di Calvino, e di altri eretici condannati le mille volte,e esecrati dai veri credenti. E poi, ditemi, se la Chiesa potes-se sbagliare come mai condannerebbe Iddio coloro, che nonvollero credere? E come debbo io credere a uno, che puòmettermi in mezzo, che può spacciarmi menzogne per coseineluttabili e vere? Eppure chi non crede alla Chiesa diceGesù Cristo che sarà condannato. “Qui vero non credideritcondemnabitur”. Anzi dice di più, che quegli che non crede èdi già giudicato: “Qui non credit jam judicatus est”.

Ma passiamo ad accennare i caratteri, ossia i contrasse-

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gni, che distinguono la vera Chiesa [59v.] dalle false congre-ghe dei settari. Questi noi si professano nel Simbolo della S.Messa: “Et unam, sanctam, catholicam, et apostolicam Eccle-siam”. Credo in una sola Chiesa, santa, cattolica, e aposto-lica. Dunque la vera Chiesa è una sola, perché la verità èuna, e non vi può essere unione fra la luce e le tenebre, fraCristo e Belial. La vera Chiesa è una, perché, dice S. Paolo,vi è un solo Dio, una sola fede, un solo Battesimo. La veraChiesa è santa, perché santo è Gesù Cristo suo Capo, per-ché santifica i fedeli coi Sacramenti, perché loro propone acredere cose sante, perché sono sante le sue dottrine, i suoiinsegnamenti. La vera Chiesa è cattolica, perché ha sempreinsegnate tutte le verità, quali ricevette dal suo divino Istitu-tore, perché è stata sempre da diciannove secoli, e sarà finoall'universale giudizio, perché fu stabilita da Cristo univer-sale, vale a dire da propagarsi in tutto l'universo. “Andate –Ei disse agl'Apostoli –, in tutte le parti del mondo, e predicateil Vangelo a ogni creatura”. La vera Chiesa è Apostolica, per-ché furono gl'Apostoli, che o per se stessi, o per mezzo dialtri da loro ordinati la diffusero nelle Provincie e nei regni;perché la suggellarono col proprio sangue dopo avere perLei affrontati pericoli, patimenti, persecuzioni, carceri, esili;perché finalmente per una serie non mai interrotta di Papi edi Vescovi risale fino ai tempi Apostolici, e insegna a’ suoifigli le verità medesime che allora si insegnarono.

[60r.] Vediamo adesso, se queste proprietà e questicaratteri della Chiesa cattolica possano convenire alle altresette da lei separate e divise. La visibilità e splendidezzaconviene alla sola nostra Chiesa cattolica, perché le altrecomunioni non sono visibili nella legittima successione deiPastori, nella partecipazione dei Sacramenti, nell'esercizio

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del culto, nella professione della fede, nella decisione deidommi. La perpetuità e indeficenza conviene alla solanostra Chiesa cattolica, perché le altre sette non arrivano aitempi di Gesù Cristo, ma sono rami staccati dall'albero,sono membra morte divise dal Capo che le animava, dappoi-ché si allontanarono dalla medesima Chiesa; perché nonsempre devon durare nella lor pervicacia, ma secondo lapromessa di Cristo, prima che venga la fine del mondohanno da rinsavire, hanno da far ritorno al seno della catto-lica religione. L'infallibilità conviene alla sola nostra Chiesacattolica, perché le altre sette hanno sbagliato, e sbaglianocontinuamente nelle dottrine che professano, ora abbrac-ciando un errore, ora un altro senza esser mai sicuri di averrinvenuta la verità; perché non credono a Dio, che ha parla-to, ma all'uomo che va soggetto agli sbagli più grossolani emadornali, ammettendo, come essi fanno, lo spirito privatonell'interpetrare le divine scritture.

[60v.] Il carattere dell'unità è solo proprio della Chiesacattolica, poiché dagl'Apostoli fino a noi ha sempre profes-sata una sola fede, ha seguita una sola legge, ha sempreallontanati da sé gl'amanti di novità, di eresie e di scismi,mentre le altre comunioni si son divise, e suddivise quasi ininfinito, per seguire dottrine contrarie le une a quelle dell'al-tre. Basta leggere le Variazioni di Bossuet per restare con-vinti di questa verità. Neppure la santità può convenire allesette eterodosse, poiché la dottrina che professano è empia,ingiuriosa a Dio, contraria alla sana morale, e conduce isuoi seguaci all'insubordinazione, al libertinaggio, allo sfogodelle disordinate passioni. Queste sette inoltre non possonoessere cattoliche, perché non sono di tutti i tempi, di tutti iluoghi, come lo è la nostra Chiesa, e perché non ammettono

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tutta la dottrina di Gesù Cristo come Ella l'ammette, e lasegue. Queste sette inoltre non sono apostoliche, perchénon hanno avuto principio dagl'Apostoli, ma sono state fon-date da uomini perversi, iniqui, sensuali, superbi, libertini,come furono Marcione, Ario, Pelagio, Eutichete, Ilus,Vicleffo, Lutero, Calvino, Giansenio, e altri moltissimi chetroppo vorrebbe c'a numerarli.

Vedete adunque, popolo mio dilettissimo, la graziasomma, che vi ha fatta Iddio, col farvi nascere nel seno dellasua cattolica Chiesa, fuori della quale non vi è salute! Eperò badate bene di diportarvi...

[61r.] Domenica di Settuagesima

Il Regno dei cieli viene assomigliato a un padre di fami-glia che di buon mattino sorte di casa, e manda gl'operai alavorare nella sua Vigna. Chi è, popolo mio dilettissimo,questo padre di famiglia? È Iddio Padre e Signore di tuttoquanto il creato sì in Cielo, che sulla terra. Qual è la vignada lavorarsi con cura indefessa e sollecita? È la sua Chiesain cui mai sempre vi suscitò Papi, Vescovi e sacerdoti ripienidi Spirito Santo perché da lei sradicassero e allontanasserole male erbe, e gl'orgogliosi germogli dell'eresia e dello sci-sma. Oppure la vigna è l'anima nostra, che costretta ad abi-tare in questo corpo di peccato e di morte à bisogno del con-tinuo dell'opera nostra, della nostra cooperazione alle graziedivine, se vogliamo che renda frutti di vita eterna. Chi sonoadunque gl'operai, che a qualunque ora del giorno, vale adire in tutti i tempi, in tutte l'età della vita, han da lavorarein questa vigna dell'anima? Siamo noi, fratelli miei, cheincessantemente dobbiamo fare come il Salmista, il quale

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rimuovea dal proprio spirito, dal proprio cuore tutto quantopotea pregiudicargli, tutto quanto potea dispiacere agl'occhipurissimi del Signore; siamo noi che da questa misticavigna dell'anima dobbiam tenerne lontano [61v.] il vizio, einnestarvi gl'ubertosi tralci della virtù. Che cos'è finalmenteil danaro diurno dato dal Padron della vigna a’ suoi lavoran-ti sul far della sera? È la gloria eterna del santo Paradiso,che l'eterno Padrone darà al punto di morte e nel giornodell'universale Giudizio a coloro che avran faticato santa-mente nella vigna della Chiesa, e dell'anima propria. Laqual gloria sebbene sia la medesima nella sostanza, perchéparte dal medesimo eterno Sol di giustizia che è Dio, puresarà maggiore, o minore in proporzione dei meriti di ciascu-no. La qual gloria vien benissimo paragonata al danarodiurno, perché appunto è eterna, dicendo Boetio, che l'eter-nità è un istante continuato.

Fermiamoci, o dilettissimi, a considerare i tratti di infini-ta misericordia del nostro buon Padre, che è Iddio. Osserva-te. Prima che noi fossimo ci destinò genitori cristiani, perchépotessimo nascere nel seno della cattolica religione, fuoridella quale non vi è salute. Nati appena a questa valle dilacrime, ai patimenti, alla morte, ci fé rinascere alla sua divi-na amicizia per mezzo del santo Battesimo; e fu allora checome alla prim'alba del mattino ci chiamò a lavorare nellasua vigna, a combattere da coraggiosi e da forti contro delmondo, della carne e del demonio, cui rinunziammo solen-nemente al sacro Fonte Battesimale. Ma pria di arrivare a unperfetto uso di ragione o fosse la natura [62r.] corrotta sem-pre proclive al male, o fosse la poca vigilanza del padre edella madre, e i mali esempi osservati in altri fanciulli nostripari, fatto sta, che imparammo la malizia, si commise il pec-

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cato, e perdemmo Iddio per propria colpa. È vero verissimo,che più rei di noi furon coloro che ci deviarono dal retto sen-tiero, e che conto rigorosissimo ne han da rendere all'eternoGiudice delle vendette, ma è vero altresì, torno a ripetervi,che perdemmo Iddio, perché si commise il peccato. QuestoDio però come all'ora di terza, venne in cerca di noi; ci feceistruire nei doveri di cristiano, nella sua celeste dottrina,nelle massime del Vangelo per ministero del parroco Padre epastore di nostre anime; ci perdonò le fanciullesche nostretrasgressioni ai suoi divini mandati, e degnossi la primavolta di venire in Sacramento ad abitare dentro del nostropetto. Oh quali giorni felici passavano allora per noi! Tuttiinfervorati nel divino servizio, tutti spiranti fiamme di caritàverso il centro dei veri diletti, menavamo una vita lieta etranquilla, senza che il corpo ricalcitrasse allo spirito, e lorendesse schiavo sotto la legge del peccato.

Col crescere poi negl'anni si pervenne a quell'età dellagioventù, in cui le passioni tutte dell'umano cuore, adescatedai sensi non custoditi abbastanza, solleticate dai perfidiinsegnamenti dei tristi, dei malvagi compagni, accecatedalle superbie della vita si sollevarono contro di Dio, controdell'[62v.]anima, la ricoprirono di piaghe mortali, la seppelli-rono nel pantano delle più ributtanti dissolutezze, e fecerman bassa su quanto di virtuoso ritrovarono in lei. Ciònonostante il clementissimo Iddio ci richiamò a lavorarenella sua vigna per mezzo di quella predica, di quella medi-tazione, di quella morte improvvisa, di quella disgrazia, diquella buona ispirazione, di quel confessore, di quell'amicofedele, e noi aprimmo gl'occhi, vedemmo il baratro in cuieravamo caduti, ci svegliammo da quel profondo letargo dimorte, e alzandoci allora la grazia di nostro Signor Gesù

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Cristo tornò un'altra volta ad illustrarci la mente, ad abbel-lirci di nuovo de' suoi preziosi carismi. E questa è l'ora sestadi nostra vita mortale.

Anche all'ora di nona, voglio dire nella nostra virilità,tornò Iddio a chiamarci a lavorare nella vigna dell'anima;quando tentati dal demonio, ci eravamo abbandonati aipravi abiti, alle male pratiche, alle ree consuetudini, ai gio-chi pericolosi, agl'ingiusti contratti, alle usure, ai furti, all'e-storsioni, alle prepotenze contro i più deboli dei nostri pros-simi. Sì, anche nella nostra virilità, Iddio ebbe compassionedi noi, ci ritrasse dalla via di perdizione, ci perdonò i nostripeccati, e quali piante novelle ci riammise alla sua amicizianel giardino di Chiesa. Vedete adunque quanto fu buonocon noi il Dio delle misericordie infinite! Ma qui non fermasila sua bontà. Chiama [63r.] altresì a lavorar nella vigna, aravvedimento sincero nell'ultima ora del giorno, cioè nellavecchiaia, nella decrepitezza, al punto di morte; perché,come dice il Profeta, non ha limiti la sua bontà, non ha rat-tenti l'onnipotente suo braccio, che non possa, o non vogliasalvare, quelli che a qualsivoglia momento accettano i corte-si e graziosi suoi inviti. Pentimento sincero ci vuole, fratellimiei, risoluzione efficace di cangiar vita e costumi, e allora ilSignore, dice Ezechiello, si getta dietro le spalle le nostreiniquità, ci perdona i nostri peccati, benché molti di nume-ro, benché di malizia gravi e enormi.

Dunque, se così è, voi mi direte, ora che siamo giovani,che siamo sempre all'ora di sesta ci possiamo prender beltempo, ci possiam divertire; quando poi saremo vecchi,quando saremo vicini a morire, allora ci daremo al beneoperare, ci daremo a Dio, lavoreremo nella vigna dell'anima:tanto ci avete pur detto, che il Signore è buono, e ci riceve

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in tutte l'ore, in tutti i tempi di nostra vita? Come, io virispondo, se il Signore è buono, voi appunto volete pagarlocolla moneta dell'ingratitudine? Volete oltraggiarlo, voleteoffenderlo barbaramente? E non son forse mostri di naturaquei tali che rendono male per bene? E nol sarete assai dipiù voi a offendere un Dio, che tanto vi benefica? Anzi per-ché Iddio è buono, perché vi ha perdonato, e vi perdona voidovete amarlo, dovete servirlo, e non l'avete a offender maipiù. E poi io [63v.] vi soggiungo: è vero che Iddio ci accoglieal suo seno amoroso a tutte l'ore, e ci perdona, e si dimenti-ca dell'ingiurie che fatte gli abbiamo; ma è vero ancora chese oggi ascoltiamo la voce del Signore, che ci chiama a peni-tenza, non dobbiamo fare i sordi, non dobbiamo indurire ilcuor nostro, non dobbiamo aspettare a dimani per accettar-ne l'invito; altrimenti ci demeritiamo la grazia tanto neces-saria a pentirci davvero, quanto ci è necessario l'invitomedesimo. È vero che ci possiam ravvedere, e nella gio-ventù, e nella virilità, e in vecchiaia, ma è vero ancora,secondo l'avviso dello Spirito Santo, che dobbiamo operareil bene mentre abbiam tempo, poiché desidereremo al fineun'ora sola, un momento per aggiustare le partite dell'ani-ma, e quest'ora, e questo momento non ci verrà concesso. Epoi chi vi assicura di arrivare alla vecchiaia? Non si moreanche giovani? Non si more anche in sanità la più florida, lapiù robusta? Oh quanti pensavano come voi a darsi beltempo! Volevano anch'essi convertirsi in vecchiaia prima dimorire, ma quando meno sel figuravano vennero colpitidalla morte, e ora son nell'Inferno.

Dunque non più differiamo la nostra conversione, masubito diamo ascolto alla voce del buon padre di famiglia,che ci chiama a lavorare nella vigna dell'anima. Diversa-

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mente operando abbiam tutti i motivi di temere l'eternadannazione. Io leggo nell'Evangelio, che quanti ne chiamòGesù a seguirlo li chiamò una sola volta, e mentre passava.[64r.] Furono ben fortunati quelli, che al primo invito gliandaron dietro senza frapporre dimora, abbandonaronoquanto aveano di più caro nel mondo; lasciarono il peccato,e gl'oggetti ancora che di nuovo poteano indurli a peccare.Prova ne siano un Matteo, una Maddalena, un Saulo, un'A-gostino, una Margherita da Cortona, e altri moltissimi, chealla prima illustrazion della mente, alla prima chiamata diDio si arresero alla grazia, e obbedirono prontamente; edecco che di peccatori famosi, di persecutori della Chiesaaddivennero gran santi, e zelatori insigni della gloria delmedesimo Iddio. Ma quanto felici e beati son questi, altret-tanto disgraziati furono altri molti, che sordi alla voce delSignore procrastinarono la lor conversione, la rimisero cioèda un giorno, all'altro giorno, da un'anno, all'altr'anno, eintanto Iddio non più gli chiamò; e mentre lo cercarono inmorte Ei si fece beffe di loro, morirono nel loro peccato, eora intanto urlano e si disperano ne’ cupi abissi infernali, edovran disperarsi per una eternità. Con ragione adunqueebbe a dire il medesimo Agostino: “Timeo Dominum tran-seuntem”: Temo, o fratelli, il Signore che passa: e lo temoappunto, perché passato che sia è solito a non tornareindietro; e guai eterni a chi non si approfitta dei [64v.] gra-ziosi inviti che fa mentre passa!

Né mi state a dire che quasi tutti si prendono spassi e sidivertono quando son giovani e sani; e che poi sopraggiuntidalla vecchiaia, o da qualche infermità si danno a Dio can-giando vita e costumi. No, non mi state a dir questo, poichévi rispondo colle parole del Vangelo odierno: “Che molti sono

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i chiamati, ma pochi gl'eletti”. La conversione di costoro nonè verace, non è sincera, ma finta e apparente per mancanzadelle necessarie disposizioni. Iddio vorrebbe sì che si ravve-dessero, e per questo li chiama tutti, e a tutti dà le graziesufficenti perché si ravvedano; ma essi intanto non siapprofittano di queste grazie medesime, e vanno perduti. Eperò, popolo mio dilettissimo, non seguiamo la corrente deimolti, che sono i cattivi; ma invece atteniamoci a quello chepraticano i pochi, che sono i buoni, se vogliamo aver lasorte di salvarci coi pochi. Che disse infatti Gesù Cristo nelsuo Vangelo? Disse: “Se vuoi conseguire la vita eterna, osser-va i divini precetti”. Dunque non si salveranno coloro che sela passano in ozio e in peccati che sono peggiori dell'ozio,ma soltanto quei cristiani che santamente si affaticanonella vigna dell'anima. Dunque non ci è da farsi le maravi-glie se pochi si salvano, perché pochi appunto osservano lalegge di Dio, e molti menano vita animalesca e brutale.

[65r.] Domenica di Sessagesima

“Quegli che semina uscì di casa per seminare il suoseme”. Quegli che semina è Gesù Cristo nostro Signore, ilquale escendo dal seno Paterno viene dal cielo in terra perseminare il seme della sua divina parola. Dunque il seme èla parola di Dio; e questa divina parola dopo averla il mede-simo Gesù Cristo predicata con l'esempio, volle annunziarlaa voce nelle Città, nelle borgate, e nei Castelli per dove pas-sava predicando il regno di Dio nelle Sinagoghe dei giudei:ma siccome, compita l'opera del nostro riscatto dall'ingordefauci di eterna morte, dovea far ritorno al suo Padre celeste,però volle, che si perpetuasse con darne la missione ai santi

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Apostoli, ai Vescovi, e ai sacerdoti fino alla consumazionedei secoli.

Vi ho detto più volte, che la Chiesa di Dio ormai diffusain tutto l'universo mondo è simile a un campo, che per ladiversità del terreno ove produce buon grano, ove biade inabbondanza, e ove loglio, triboli e spine; ma però il tuttoproduce dopo averne ricevute in seno le respettive sementi,essendo assioma dei naturali “che senza seme niente si pro-duce”. [65v.] Inferite da ciò la necessità di spargere nellementi dei fedeli il seme della divina parola, se vogliamo chequesto mistico campo produca il frutto nella pazienza. IlPontefice san Clemente vicino ai tempi Apostolici, altriRomani Pontefici dopo di lui, e finalmente il sacro Conciliodi Trento conoscendo di quanta importanza si fosse lo spar-gere nel campo della Chiesa il seme della divina parola,ordinò che in tutte le Domeniche o dal pergamo o dal sacroaltare si annunziassero al popolo le massime del Vangelo, leverità di nostra religione santissina, e si istruissero gli igno-ranti nella cristiana Dottrina. Or bene i ministri del santua-rio non mancano a questo lor sacrosanto dovere, ma il piùdelle volte son costretti a predicare alle panche, perché i cri-stiani di oggigiorno odiano la verità e sono amanti dellamenzogna; perché i cristiani di oggigiorno amano meglio idivertimenti e gli spassi, che di andare alla casa di Dio perivi istruirsi nei dommi di nostra santa fede, e imbevere lamente e il cuore dei precetti di sana morale e di vita eterna.E abbiam poi da farci le maraviglie, se, come dicea Osea, lafrode e l'inganno, la maldicenza e la calunnia, gli spergiuri ele bestemmie, [66r.] l'ingiustizia e la violenza, la fornicazionee l'adulterio si son resi comuni fra noi, e inondano tuttaquanta la superficie della terra? Anzi dovrebbero piuttosto

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restare ammirati, se senza il seme della divina parola, ilcampo della Chiesa rendesse frutti di grazia, di santità, e digiustizia.

Ditemi infatti, se per i suoi tempi voi non seminate ilvostro campo, cosa potrete raccogliervi, ancorché situato inbuon posto, ancorché coltivato che sia, ancorché nell'inver-no sia difeso dai ghiacci, e nell'estate irrigato dall'acque?Del grano no certamente, perché non vel seminaste: ci rile-verete delle male erbe tanto più rigogliose, quanto è piùingrassato il terreno. In simil guisa i cristiani, che uniti, esubordinati ai loro legittimi pastori formano il campo misti-co della santa Chiesa, se non ricevono su di loro il semedella divina parola invece di produrre i frutti della virtù,produrranno frutti di morte e di peccato. Più che a sufficen-za ce l'addimostra l'esperienza giornaliera. E per verità chisono coloro che appena appena si confessano alla Pasqua?Quelli appunto che non si vedono mai a sentire né Vangeloné catechismo. Chi sono quegl'altri perduti in amori, in cat-tive pratiche, in schifezze le più vergognose? Quelli che nonmai si portano ad ascoltare la Parola [66v.] di Dio. Chi sonoquegl'ultimi che non conoscono digiuno comandato in Qua-resima, nelle vigilie, e nei quattro Tempi, che non conosco-no astinenza dalla carne nel venerdì e nel sabato, che vannoalla Messa forse la domenica per scandalizzare tutti quantiosservano il modo indecente con cui stanno in Chiesa, chesucchiano il sangue dei poveri, e delle vedove e dei pupillicon liti ingiuste, che negano la dovuta mercede agl'operai,che insomma son cristiani di nome, e pagani di fatto perchémenano vita peccaminosa, vita da atei, da miscredenti, dalibertini perduti? Quelli sono che hanno a schifo, hanno anausea la preziosa semente della divina parola. A questi tali

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cosa gioveranno le scienze filosofiche, matematiche, fisiche,mediche, chirurgiche, giuridiche, naturali, e tutte le artiliberali e meccaniche, se poi son privi della vera sapienzache è la scenza di Dio, il timore dei divini giudizi, il modopratico di regolare le proprie azioni a norma di quanto pre-scrive il medesimo Dio nella sua santa Legge? Queste scien-ze, che senza il timor di Dio sono fomento all'umana super-bia, li serviranno per loro maggior dannazione nel baratrodell’Inferno.

Fin qui, popolo mio dilettissimo, sebbene parlassi convoi, non parlava di voi, [67r.] ma parlava di coloro, chehanno occhi da vedere e non vedono, hanno orecchi daascoltare, e non ascoltano; anzi chiudono e gli occhi e gl'o-recchi a quella luce che illumina ogni uomo che viene nelmondo, a quella divina parola, che al dir dell'Apostolo è piùacuta di una spada, e penetra nello spirito, nel cuore, e per-fino alle midolla delle ossa. Parlava di coloro, ai quali è pro-posto in parabole il mistero del Regno di Dio, e non lo inten-dono appunto, perché odiano la verità, e non la voglionoascoltare: e questi non si salvano, perché mancano di fede,la quale si acquista, e si mantiene viva in noi coll'udire ladivina parola: “Fides ex auditu”. Incominciando dunque aparlare di voi, voglio, dilettissimi, benché in succinto, farvinotare, che per andar salvi non basta udire la parola di Dio,ma bisogna ancora regolare le azioni di nostra vita a tenoredi quanto essa divina parola ci suggerisce e ci insegna; poi-ché dice l'Apostolo S. Giacomo “che non saranno presso Diogiustificati quelli che odono la sua santa Legge, ma colorobensì che la osservano”. Infatti sebbene il seme che caddedalle mani di quegli che seminava fosse il medesimo, nonperò tutto potè produrre i suoi frutti. Quel che cadde sulla

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via fu calpestato dai viandanti, e lo mangiarono gl'uccelli:quel che cadde [67v.] fra le pietre nato appena si seccò permancanza di nutrimento: quel che cadde fra le spine restòsoffogato. In simil modo accade al seme della Parola di Dio.Se noi ministri del Vangelo siam costretti a spargerlo sullepubbliche vie, voglio dire sopra certi cristiani sbadati,distratti e negligenti, che solo per usanza vengono alla Chie-sa, e mentre ascoltan la predica, l'istruzione, il catechismohanno la mente ripiena di vanità, di pazzie di mondo, dipensieri carnali e terreni, che a guisa di uccelli rapaci tolgo-no dalla memoria questo prezioso seme, allora certamentenon può esso svilupparsi né tampoco crescere e produrre isuoi frutti di sante operazioni. Se poi questo medesimoseme abbia la sorte funesta di cader sulle pietre, cioè sucerti cuori ormai fatti duri alla grazia del Signore a cagionedei mali abiti contratti e convertiti in una seconda natura, acagione di certe pratiche impure, di cattive amicizie, potràforse per un momento, o per qualche giorno ancora ispirareorrore al vizio, e timore dei giudizi di Dio, potrà forse risve-gliare qualche velleità oppur'anche una tal quale volontà dilasciare il peccato e convertirsi a Dio; ma siccome questesono superficiali e non approfondano le radici, però alprimo certo di tentazione vengono meno, e si dileguano[68r.] come nebbia al soffio di tramontana. Se finalmente ilseme della parola di Dio venga da noi gettato infra le spine,neppure allora potrà fruttificare, perché queste spine loricoprono, e impediscono che l'aria gli comunichi i beneficisuoi influssi, che il sole lo fecondi co' suoi caloriferi raggi.

Quali son queste spine, che soffocano il seme della divi-na parola? Spine io chiamo l'amore disordinato alle ricchez-ze, agl'umani interessi, dei quali ai nostri tempi la maggior

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parte dei cristiani se ne sono formati un Dio, a lui dedicanotutti i loro pensieri, cui bruciano quotidiano incenso. Spinaio chiamo quei desideri disordinati al temporale piacere, chequasi tutti ricercano del continuo senza pensiero alcuno pelcielo, ove soltanto si ritrovano i veri diletti. Spine io chiamoquei balli, quelle veglie, quelle tresche, quei ridotti, ove siperde la divozione, la compunzione del cuore, ove ci esponia-mo ai pericoli certi di cadere in peccato, ove ci dimentichia-mo ben presto dei buoni propositi, concepiti allor quandovenne a cader sull'anima nostra il seme della divina parola.

Che dunque, popolo mio dilettissimo? Dunque la conse-guenza è questa, che se vogliamo che il seme della parola diDio produca ove il frutto trigesimo, ove il sessagesimo, e oveil centesimo dobbiamo far sì che cada in [68v.] buon terreno.E vuol dire dobbiamo portarci a sentire la parola di Dio col-l’anima ben preparata e disposta. Dobbiamo lasciare fuori diChiesa tutti i pensieri mondani, tutte le umane sollecitudini:entrati nel luogo santo umiliarci profondamente nell'abissodel nostro nulla e adorare la tremenda maestà dell'Altissimo,e eccitarci a compunzione, a dolore dei peccati commessi.Dipoi giunta l'ora della predica, dell'istruzione, della spiega-zione figurarsi di vedere Gesù Cristo medesimo e di udirdalla sua Bocca quelle verità sacrosante, che escono dallelabbra del sacerdote; e queste verità imprimerle bene nellamemoria per ruminarle e digerirle in appresso affinché siconvertano in sostanza di spirituale nutrimento, comeappunto si fa del cibo materiale che si prende nei debititempi per alimentare la vita del corpo. Così operando io soncerto che il seme della divina parola avrà la sorte di caderein buona terra, e che renderà i suoi frutti. Frutti di umiltàper superare l'orgoglio, frutti di fraterna dilezione per dare

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addosso all'avarizia, agli odi, ai rancori, all'invidie, all'ingiu-stizie, all'egoismo, frutti di continenza, di sobrietà, di castitàper reprimere i sensuali diletti, i piaceri della carne, frutti infine di sante operazioni per vincere la pigrizia, e mantenersinell'esatto adempimento dei propri doveri. E questi fruttiallora saranno per noi un buon Passaporto al Paese dell'eter-nità, e ci faran meritare la gloria dei Beati in Cielo.

[69r.] Domenica di Quinquagesima

L'amabilissimo Redentor nostro, chiamati a sé gl'Aposto-li dice loro: Ecco che noi ci portiamo a Gerusalemme dove ilFigliuolo dell'Uomo sarà tradito, schernito e vilipeso; doveEi sarà schiaffeggiato, ricoperto di sputi, flagellato a unacolonna, coronato di spine, trattato da Re di burla, condan-nato alla morte di Croce; ma dopo tre giorni egli risorgeràtrionfante della morte, dell'Inferno, e del peccato. Gl'Aposto-li però niente intesero, e non seppero capire il significato diqueste parole. Anche la Chiesa santa, popolo mio dilettissi-mo, oggi appunto propone da considerarsi ai fedeli questotratto del Vangelo, per farli intendere che i cristiani hannoda ricopiare in se stessi l'originale modello Cristo Gesù colmorire al mondo e alle proprie passioni, col crocifiggere lacarne e tutte le sue concupiscenze, come dice l'Apostolo, sevogliono aver la bella sorte di risorgere un giorno alla vitaimmortale, e di essere ammessi alla beata Patria del Cielo.

Ma ohimè che i cristiani in questi giorni specialmente dilicenze carnevalesche non intendono, o per dir meglio nonvogliono intendere sì alta sapienza, tale scenza divina! Anzioperano tutto il contrario di quanto essa insegna per esserveri seguaci del Nazzareno Signore. [69v.] Colla maschera al

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viso si credono lecito tutto quello che piace: così la pensava-no i gentili sedenti nelle tenebre del peccato e nell'ombra dimorte; ed essi pure perché così la pensano si danno inpreda alle più abominevoli nefandità, alle più ributtantisconcezze dei gentili medesimi in quei balli, in quelle con-versazioni, in quelle pratiche, in quelle tresche, in quellecrapule, in quelle ubriachezze dove insieme coll'anima per-dono ancora la salute del corpo, dove caricandosi di peccatimandano ancora in rovina le proprie famiglie. E non dicoforse la verità? Esagero io forse? Osservate quanto vi cadesotto dei propri sguardi, e da per voi giudicate. Osservate evedrete una turba di giovani scapestrati percorrere le vie diBabbilonia, e sacrificare all'impudica Venere, al Dio Cupidoanima, sanità, quattrini e perfino la propria vita. Osservate,e vedrete altri pazzi e briachi ballare, saltare, e prostrarsidinanzi a Bacco Dio dei bagordi e dell'intemperanza. Osser-vate, e vedrete maritate e fanciulle, che han perso il timorsanto di Dio, perdute nelle vanità, nelle pazzie del mondo,addivenute schiave di Lucifero, pietra di scandalo agli stolti,agl'incauti, che presi dai loro vezzi, dalle lor seduzioni siabbandonano al vizio, al peccato.

Ahi miseri mondani! E fin'a quando amerete voi la follia,e la menzogna? E fin quando anderete in cerca del sozzopiacere, che [70r.] vi stimola e vi alletta a seguirlo, ma cheraggiunto appena e gustato, vi arreca noia e fastidio, generain voi la morte, e vi lascia poi in un mare di guai e di pun-genti rimorsi? E fin a quando vorrete voi durarla nelladurezza del cuore, nell'ostinazione, nella perfidia? “Filiihominum, usquequo gravi corde?”. Lo so che per voi laCroce, la mortificazione di Gesù Cristo serve di scandalo; loso che le abnegazioni, i patimenti da voi si reputano matte

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follie da bigotti, e da scrupolosi; ma so ancora che i seguacidel mondo, gl'amatori della carne sono riprovati da Dio, sonnemici di Cristo, son ciechi maligni, che a bella posta si por-tano sull'orlo del precipizio per cadere irreparabilmente nel-l'abisso di tutti i tormenti: ma so ancora che quelli che cro-cifiggono la carne colle sue concupiscenze sono i verisapienti, sebbene voi li stimate barbogi e stolidi. Sì, questisono i veri filosofi, conciossiaché la vera saggezza consistanel vincer se stesso, come lo confessarono ancora i savi delpaganesimo.

Deh! dunque, o dilettissimi, abbandoniamo le massimeperverse del mondo iniquo, di quel mondo maledetto da Dio,di quel mondo per cui il divin Verbo non pregò, di quelmondo capitanato dal diavolo, [70v.] e diamoci totalmentealla sequela del Redentore. Dovremo sì soffrire, dovremofaticare, dovremo far continua violenza alla corrotta nostranatura, alle male nostre inclinazioni; ma non importa: unosguardo alla gloria beata, e tutto si vincerà facilmente: unosguardo al Paradiso e saremo convinti appieno, che le mise-rie, le tribolazioni, i patimenti del tempo niente han che farecon quei gaudi, con quelle contentezze ineffabili che l'amo-rosissimo Iddio riserba al di là del sepolcro a quei che fedel-mente lo servono. Noi siamo cristiani; dunque il mondo nonè per noi; dunque i piaceri del senso non si addicono a quelsacro carattere, che portiamo scolpito nell'anima; dunque lematte allegrie le abbiamo a lasciare ai Gentili da cui trasse-ro l'origine. Noi siamo cristiani, e però dobbiamo sapere,che il regno dei cieli soffre violenza, e solo lo conseguirannocoloro, che avran vinte le proprie passioni; siamo cristiani, eperò ad imitazione di Gesù Cristo dobbiamo amare la Croce,accollarsela con tutta rassegnazione ai divini voleri, e por-

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tarla fino alla morte. In sulle prime ci riescirà pesante, èvero, ma poi il riflesso, che Gesù soffre con noi, ci accompa-gna, e ci dà forza da poter tollerare, addolcirà le nostre sof-ferenze, e le cambierà in letizia e in gaudio.

[71r.] Ritorniamo al Vangelo. Un cieco sedente dietro lastrada che conduce a Gerico ode gran strepito e scalpicìo dimoltitudine che si appressa: dimanda cosa si fosse: gli vienrisposto, che viene Gesù il Nazareno, e tosto egli si pone agridare: “Gesù Figliuolo di David misericordia di me”. Chi èquesto cieco, popolo mio dilettissimo? Chi sia nol sappiamo,risponde il Magno Gregorio; ma possiam dire con ragione,che in quest'infelice ci viene espresso il mondo, vale a diregl'amatori del mondo, che avvolti fra le folte tenebre dell'i-gnoranza e della concupiscenza siedono lieti e tranquillisulla via del peccato. Che se muove a sensi di compassionequel cieco perché vedere non può la luce del giorno, néscampare i perigli, cui incessantemente è esposta la suapersona; assai più si meriteranno la nostra pietà queidisgraziati, quei miserabili, che volontariamente e con pienamalizia sono ciechi nell'anima. Non vi ha dubbio; la cecitàdella mente, la durezza del cuore è la massima fra le disgra-zie: poiché dessa è un segno di impenitenza finale, e di eter-na riprovazione. E per vero, come possiam convertirci,quando è accecata per tal modo la mente, che commette ilpeccato senza nemmeno vederlo? Come si può ammollirequel cuore, che ormai assuefatto al vizio, altro non saamare fuori di questo?

[71v.] Ma dunque, direte voi, è disperata la salute di chicadde nella cecità della mente? No, io vi rispondo, non èdisperata, purché si usino in tempo e si applichino i rimedioppurtuni. Questi però si accenneranno in appresso. Ora

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vediamo le cause di tal cecità deplorabile e funesta. Due ione ritrovo nell'odierno Vangelo: l'una è l'ozio: coecus sede-bat: l'altra sono gl'impegni, l'ingerenze che abbiamo colmondo traditore, finto e bugiardo; e questa pure la riscontroin quel cieco, che se ne stava sulla pubblica via chiedendoelemosina di chiunque passava: secus viam medicans. Hodetto che la prima causa della cecità della mente è l'ozio,perché dica lo Spirito Santo che da esso vengono tutti idisordini, tutti i peccati, che si ritrovano sulla terra: “Ognimalizia la insegnò l'oziosità”. Quella mente che non vengaoccupata dai sentimenti della virtù, e da serie meditazioni, èil ricettacolo di malvagi pensieri, e di prava volontà. Infattiperché un Davide, sebbene gran santo, cadde nel bruttopeccato di adulterio, di omicidio? Perché dopo il mezzodì sene passeggiava ozioso sulla loggia del suo Palazzo. Perchéquei di Sodoma e di Gomorra si abbandonavano a laidezzele più infami, le più vergognose? Perché, dice Ezzechiello, sene viveano nell'ozio e nella pigrizia. E poi vi basti sapere,che l'ozio è il padre e l'origine di tutti i vizi. Dissi ancora chela seconda causa della cecità della mente [72r.] è l'ingerirsinel mondo, nelle sue vanità, nelle sue adunanze coi malvagicompagni, nelle sue viziose abitudini del tutto contrarie allasana morale, alle massime di nostra religione santissima.Ne volete una prova? Osservate tanti e tanti cristiani, alcunidei quali forse vivono alla vostra mensa, con voi conversano,con voi si divertono, osservateli, io dico, come non si fannoalcuno scrupolo di portarsi a tutti i ridotti di vanità, dove siparla alla libera di piaceri, di follie, di intrattenimenti peri-colosi, di lussuria, di guadagno, di cose di mondo; e intantobevono la malizia come l'acqua, assorbono il veleno di tutti ivizi per le mani, per gl'occhi, per gl'orecchi a cagione della

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troppa libertà nel trattare, nel guardare, e nel discorrere, eaddivengono, i miseri empi e libertini, come sono coloro chefrequentano; così fatti schiavi di Satana perdono il lume,che rischiarava le tenebre della mente, diventano ciechi, eduri di cuore, e non più vedono il precipizio cui vanno aparare.

Volete voi evitare questa cecità di mente, o dilettissimi?Fuggite l'ozio, e i convegni di mondo, applicandovi del conti-nuo nel disimpegno dei vostri doveri, vivendo ritirati dalmondo, sebbene costretti a stare nel mondo, vivendo sem-pre lontani da tutto ciò che può corrompere il cuore, e gua-starne i costumi; lontani sempre dal peccato e dai pericolidi peccare. [72v.] Dipoi imitate quel cieco, che lungo la stra-da di Gerico gridava al Signore: “Gesù Figliuolo di Davidemisericordia di me”. Ricorrete a Dio per mezzo dell'orazione;pregatelo, che vi liberi dal cadere nella cecità della mente,che, come vi dissi, è segno di eterna riprovazione. Che sepoi per vostra disgrazia vi foste di già incorsi, allora congemiti e sospiri gridate dal fondo del vostro cuore insiemecol cieco evangelico: “Gesù Signore abbiate pietà, abbiatemisericordia delle anime nostre redente colla vostra morte,col vostro preziosissimo sangue, e fate che illuminate dallavostra grazia sortano una volta dalle mortifere tenebre delpeccato”. Oppure esclamate col Re profeta: “Oh! mio Dioscrutatore delle reni e de' cuori, illuminate gl'occhi di miamente con un raggio del vostro celeste splendore, onde nonpiù dorma il sonno di morte, come feci in addietro, onde ilPrincipe di questo mondo da voi debellato e vinto non abbiaa vantarsi di aver prevalso contro di me”. E quando abbiateottenuto di vedere la vostra miseria, e di convertirvi dallevostre iniquità, non più indugi, ma subito, come fece quel

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cieco, datevi a seguir Gesù Cristo coll'esatta osservanzadella sua santa Legge. Occupatevi in continue azioni di gra-zie all'Altissimo, che ruppe i legami che vi teneano avvintialla terra, che levò dagl'occhi vostri quel velo, che vi teneanascosto il sentiero della salute; e cantate in eterno le suegrandezze, perché fece con voi misericordia, e patti di amici-zia e di pace.

[73r.] Domenica di Quinquagesima

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto in quel tempo prese seco i dodici Apostoli, e disse loro:Ecco che noi ci portiamo a Gerusalemme, e si adempirannotutte quelle cose che del Figliuolo dell'Uomo furono predettedai Profeti. Imperocché sarà egli consegnato in mano ai gen-tili, sarà schernito, flagellato, e ricoperto di sputi. E dopo chelo avran flagellato, lo faranno morire, e il terzo dì risusciteràdalla morte. Ma gl'Apostoli non intesero cosa alcuna di tuttoquesto, e queste parole eran per loro oscure, e non capivanoquel che li diceva Gesù. Avvenne poi, che mentre egli eravicino a Gerico un ceco che seduto dietro la strada a diman-dar limosina avendo udito lo scalpicciare della gran genteche passava dimandò cosa fosse, e gli fu [73v.] risposto chepassava Gesù il Nazzareno. E il Ceco subito incominciò a gri-dare dicendo: Gesù Figliuolo di David abbiate compassionedi me. Quelli che andavano innanzi lo sgridavano perchétacesse; ma egli gridava più forte: Figliuolo di David miseri-cordia di me. Gesù allora si fermò, e comandò che gli condu-cessero quel ceco. E quando gli si fu avvicinato lo interrogòdicendo: Che vuoi che io ti faccia? E il ceco rispose: Signore,fatemi vedere. E Gesù a lui: Vedi, la tua fede ti ha fatto salvo.

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E in quell'istante il ceco vide, e andava dietro a Gesù glorifi-cando Iddio. E tutto il popolo vedendo questo prodigio dièlode a Dio. Fin qui l'odierno santo Vangelo.

L'amabilissimo Redentor nostro Gesù Cristo parla inquest'oggi a’ suoi Apostoli dei sacrosanti misteri della suaPassione, Morte, e Risurrezione, [74r.] ma essi tuttaviaimperfetti e carnali niente intendono di siffatto discorso nonpotendo penetrare il velo dell'arcano sublime e recondito.

Anche la Chiesa santa, fedele interpetre della volontà delsuo divin Fondatore. vestita a lutto nelle sue sacre divise,come voi vedete, rammenta di passaggio in questi giorni laPassione e Morte di Gesù col Vangelo che avete udito, e siprepara a meditarla più a lungo nei prossimi giorni dellasanta Quaresima; ma ahimè! che i fedeli cristiani più imper-fetti assai di quel che non eran gl'Apostoli in quel temponon intendono punto, o per dir meglio, non vogliono inten-dere il linguaggio della lor madre amantissima! E sonoappunto come quei cechi del gentilesimo, che prima dellavenuta del divin Verbo sedeano nell'ombra di morte, e nelletenebre dell'idolatrìa, de' quali il [74v.] ceco odierno guaritoda Cristo con portentoso miracolo era una semplice figura.

Purtroppo è vero, popolo mio dilettissimo, che in questigiorni di licenze carnevalesche i cristiani son cechi, e nonvedono i pericoli, i precipizi cui vanno a parare. I cristianison cechi perché si danno in preda alle follie del gentilesi-mo, e pare che, perduto il senno e la ragione, siano divenuticompagni all'indomito puledro andando senza freno alcunoa vagare per i prati della dissolutezza, e tracannarsi finoall'ultima feccia l'immondo calice di Babilonia.

Deh! voi almeno che siete frequenti e assidui a udir laparola di Dio, alle sacre funzioni, alla pratica di opere reli-

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giose, fatemi questa grazia che per amor di Dio vi addiman-do: Lasciate che i cechi la faccian da cechi, i matti, damatti, e voi fate da buoni cristiani. Astenetevi dall'accorrere,e dal vedere le vane pazzie, le scandalose sciocchezze delmondo insensato, [75r.] e tenetene lontani i vostri figli, levostre figlie, i vostri sottoposti, le vostre mogli, i vostri mari-ti, e tutti i vostri prossimi. Datevi a servire a Dio con piùimpegno in questo tempo dannoso all'anime, oltraggioso aDio medesimo, e portatevi più spesso alla Chiesa affine disantificare un tempo che vien profanato così mostruosa-mente dalli stolti mondani. Questa è la grazia, che io vichiedo, anzi ve la chiede Gesù Cristo medesimo per boccamia onde riparare in qualche modo le tante offese che ricevein questi giorni di Carnevale, che con ragione si chiama “lavendemmia del diavolo”.

Ditemi infatti, e non dovranno chiamarsi questi giornigiorni di corruttela, e di disordine, giorni di peccato e eternadannazione, quando tanti vostri fratelli fuorviati, dimentichidi quel sacro carattere di figli di Dio che impresso gli fu nel-l'anima per mezzo del santo Battesimo, pasciuti le tantevolte del Corpo, e del sangue del Signore [75v.] sono poiingrati ai divini benefizi, e disprezzano Iddio con una speciedi autenticità basata sul depravato costume dei cechi idola-tri? E non è un disprezzo di Dio e della sua santa Leggel'immodesta libertà autorizzata dai balli, l'inverecondia sfac-ciata, lo scandalo luttuoso delle saltatrici, e delle maschere?E non è un disprezzo di Dio e del suo Vangelo il darsi inpreda alle pratiche, ai costumi del pazzo mondo, il quale ènemico giurato di Gesù Cristo?

Così è, figli miei dilettissimi, i cristiani si son dimenticatiin questi giorni del loro Creatore e Signore, e gli han voltate

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villanamente le spalle; hanno abbandonata la vera sorgentedell'acqua viva che sola potea smorzare la sete dell'umancuore, e voltati si sono alle rotte cisterne di fangosi e sen-suali piaceri. Sì, tutti corrono dietro al gran mondo: sonpiene le pubbliche vie e le piazze di gente scioperata e ozio-sa: riboccano pure le stanze da ballo di giovani, e di fanciul-le, di ammogliati e di ma[76r.]ritate, e intanto la Chiesa èdeserta e non vi ha chi tenga compagnia all'augustissimoSacramento de’ nostri Altari. Le stravaganti fogge dei diver-timenti disonorano la religione, le mode scandalose, i trattiindecenti corrompono il buon costume, i salti licenziosi aiquali presiede il demonio, le parole oscene, i motti allusivi, isospiri amorosi rubbano al Costato di Cristo un'infinità dianime incaute.

Che farete voi adunque, mentre dal mondo si muove intal guisa guerra a Gesù, alla sua legge santissima, al cri-stiano pudore? Vi unirete forse a costoro per essere complicie spettatori dei trionfi di Satana? Avrà più forza in voi unamateriale allegria che la compassione dell'offesa di Dio? Mavia, se non vi muovono gl'oltraggi che si fanno al Signore daiseguaci di Bacco e di Venere, vi muova almeno il vostrobene e l'amor di voi stessi.

Qual vantaggio avete riportato dai balli, dai festini, da'carnevali trascorsi? Quante volte la vostra allegria si è con-vertita in tristezza, il gaudio in lutto? L'amor non corrispo-sto vi ha portato doglia e rancore, il corrisposto confusionee rimorso. Le gelosie vi han fatto struggere, l'invidia marci-re: le risse, le rivalità vi han tolto il sonno dagl'occhi [76v.] ela pace dal cuore: la crapula, le pompe, le dissolutezze vihan resi poveri, infelici, avviliti. Si è rinnovata in voi la dolo-rosa catastrofe del figliol prodigo. Ah! disgraziati giovani!

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Quello però che più importa: ditemi, volete salvarvi? Mirispondete di sì. Ma se volete salvarvi, fuggite l'occasione dipeccare. Imitate Abramo. Egli trovavasi nella Caldea inmezzo a un popolo idolatra. Le pagane superstizioni nonmacchiarono mai la sua fede nel vero Dio, ma però era inpericolo; per sottrarsi da questo bastò un solo comando...

Che sono le feste del carnevale? allegrie profane istituitedai pagani per onorare i loro bugiardi dèi. Fa orrore il sololeggere nella storia del paganesimo. Sembra impossibile chel'uomo dotato di ragione sia giunto ad eccessi che degrada-no l'umana natura. Non soffre il pudore che si rammenta lesozzure delle baccanti ubriache, la prostituzione nel culto diVenere, le vergognose nefandezze? Or voi, popolo mio dilet-to, nati nel grembo di santa Chiesa, illuminati da quellaluce che riverbera dal Vangelo, avrete cuore di imitarli senzarimorso?... Ah! non sia mai vero. Obbedite come Abramo...

Gl'eletti di Dio mai sempre si distinsero nell'osservanzadei divini mandati. Tobia ancor giovane... e gl'Eroi Macca-bei, come si diportarono a’ tempi di Antioco? Quell’empio...

[77r.] Domenica lª di Quaresima

Gesù Cristo è condotto nel deserto per essere ivi tentatodal diavolo: e dopo aver digiunato quaranta giorni e quaran-ta notti questo Spirito maligno lo assale con dirgli: Se tu seiFigliuolo di Dio, fai che queste pietre si cangino in pane pertoglierti dattorno la fame che patisci. Ecco dunque Gesù ten-tato di gola, la quale purtroppo è causa funesta di più bruttipeccati. Ma restò deluso il demonio ne' suoi perfidi disegni, esvergognato della sua impudenza, poiché Cristo gli ebberisposto “che l'uomo ha da tenere in pregio maggiore la parola

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di vita, e le cose del cielo, che il pane terreno, e le soddisfazio-ni del senso”. Non si arresta qui la diabolica astuzia. Vienportato Gesù entro la santa Città, e collocato nel più alto deltempio, e una seconda volta il demonio lo tenta, e gli dice:“Gettati giù da questa sommità, e verranno gli Angeli santi asorreggerti, perché il tuo piede non abbia a urtare, e cagionartidel male”. Eccovi qui una tentazione di vanità. Anche questaperò la rigetta il Signore, e dice: “Che non bisogna mai tenta-re Iddio”. Non è per anche sazio lo Spirito di Averno. Condu-ce Gesù su di un'alta montagna [77v.] e mostrandogli tutti iregni della terra e la gloria di loro, gli dice: Se prostrato alsuolo mi adori, tutte queste cose io ti darò in dono, e le pos-sederai. Allora Cristo finisce di confondere il demonio, che lotentava di ambizione, con dirgli: “Fatti indietro, o Satana, erammentati, che sta scritto: Adorerai Iddio solo, e a lui soloservirai con tutto l'impegno”. Forse taluno potrà farsi le altemaraviglie, che l'increata sapienza del Padre, discesa appun-to dal cielo per togliere le forze al demonio, venisse dal demo-nio stesso trasportata, e sul più alto del tempio, e sopra diun'alta montagna. Ma sappia costui che se Gesù Cristo nonreputò cosa indegna della sua onnipotenza e di sua divinitàil lasciarsi condannare alla morte da Pilato, e crocifiggere daigiudei, che membri erano, e ministri del diavolo, molto menoindegno di Lui dovea stimare l'esser condotto e tentato dalmedesimo diavolo, che è assai più nobile per natura di quan-to siano gl'uomini, come ragiona il gran Pontefice san Grego-rio. Gesù Cristo dunque potea esser tentato dal diavolo, manon potea esser vinto. Poté in lui presentarsi la maligna sug-gestione dell'inimico, ma in lui non poté aver luogo né ladilettazione né il consenso, perché vero Dio, e per conse-guenza impeccabile.

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[78r.] Che se poi voleste sapere la ragione per cui GesùCristo abbia permesso di esser tentato dal diavolo, io virispondo che ciò permise affine di vincere le nostre tentazio-ni. Questo è un motivo di confidenza per noi, popolo miodilettissimo, allorquando siamo travagliati dalla tentazione.Sia pure gagliarda quanto mai si vuole; sia pure incalzantee molesta; ne affligga e ne perturbi lo spirito, ne agiti ilcuore con tutte le umane passioni; ne stimoli anche lacarne al sensuale diletto; io vi dico, che non è peccato, senon vi acconsentiamo, se non ci poniamo in pericolo diacconsentirvi, se a bella posta non ne andiamo in cerca.Anzi vi aggiungo di più, che la tentazione è un mezzo perfarci umiliare nell'abisso del proprio nulla, per farci ricorre-re al Signore colla preghiera, per distaccarci dal mondo, edalle sue vanità, per farci acquistare meriti per il Paradiso“Beato è quell'uomo, dice l'Apostolo Giacomo, che soffre latentazione; poiché quando sarà stato provato, riceverà lacorona di vita, che ripromise Iddio a quelli che lo amano”.

Volle inoltre Gesù esser tentato dal diavolo, per inse-gnarci il modo di ribattere, di respinger le tentazioni. Allatenta[78v.]zione della gola ci insegna a resistergli col medi-tare di frequente i puri piaceri, i veri contenti che ci stannoriserbati nel cielo; e però non vi è il nostro tornaconto a per-derci in quelle dissolutezze carnali, a cui purtroppo ne con-duce la gola non mortificata. Alla tentazione della vanagloriaci insegna resistervi col fuggire le lodi, la vana stima delmondo, i rispetti umani; poiché il cristiano non ha da piace-re agl'uomini, ma bensì a Dio, che è scrutatore anche dellepiù segrete intenzioni. Alla tentazione finalmente dell'ambi-zione ci insegna resistervi col disprezzo delle umane gran-dezze, le quali confrontate coll'Autore supremo dell'universo

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compariscono quasi piccolo granello di arena, e meno delniente; e con stimar grandemente l'unico, il vero bene che èIddio. Ma ohimè quanto siamo noi stolti, quanto siamosconsigliati e illusi! Invece di imitar Gesù Cristo, di valercide' suoi esempi per confondere il demonio, per superarloquando a noi si fa d'intorno colle sue tentazioni maligne,forse forse lo andiamo a cercare col dar motivo, col porre lacausa alle tentazioni medesime.

Infatti noi contentiamo la gola in tutto quello che vuolesenza riguardo al[79r.]cuno di oltrepassare i limiti della cri-stiana sobrietà; senza riguardo alcuno di trasgredire il pre-cetto di Chiesa santa che sotto pena di peccato mortale cicomanda il digiuno in Quaresima, nelle Vigilie, nei QuattroTempi, che ci comanda l'astinenza dalla carne nel venerdì enel sabato. Eppure si dovrebbe sapere, che dalla gola nescaturisce la bestemmia, l'infedeltà, la disonestà, e un'altrafalange di peccati senza numero. Leggete i Libri santi, e tro-verete, che il peccato fu introdotto nel mondo dalla gola concui venner tentati dal diavolo i nostri Progenitori Adamo edEva: che l'idolatria in cui caddero gl'Israeliti alle falde delSinai ebbe origine dai banchetti e dall'intemperanza; cheanche al presente molti e molti abbandonano la nostra reli-gione santissima per darsi al protestantismo, perché troppodura li sembra la santa sobrietà, e l'astinenza dai cibi incerti giorni da essa comandata e prescritta a’ suoi sudditi:che caddero i Sodomiti nei peccati infami di impurità, per-ché appunto, dice il Crisostomo, dediti erano alle golosità,all'intemperanza: che colà nel deserto l'israelitico popolobestemmiò contro Dio perché non avea da saziare i desiderisfrenati della gola; [79v.] e che finalmente anche oggidì mol-tissimi dei cristiani prorompono in orrende bestemmie, in

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imprecazioni, in tradimenti in ingiustizie, in peccati di ognifatta per causa della gola, che vogliono, o vorrebbero con-tentarla in ogni sua richiesta.

Se poi passiamo col pensiero a riflettere alle tante man-canze, che si commettono di vanagloria, molto ritroveremoda doverci confondere; di molte cose sentiremo rimorderci lanostra coscenza. Abbiamo noi in abbondanza beni di fortu-na? Ecco che ne insuperbiamo, e con occhio di disprezzoriguardiamo coloro che ne hanno meno di noi. Abbiamoqualche talento, qualche abilità a preferenza di altri? Ecco,che vogliamo comparire i sapienti, non soffriamo che altri cisuperi, e la nostra opinione ha da prevalere sopra quella dialtrui. Si disprezzano gli inferiori, si emulano gl'uguali, sipretende di far nostro schiavo il povero, il tapino, l'ignoran-te. Anche nei doni di grazia, nell'esercizio delle cristianevirtù vi si introduce la vanagloria: e questo non solo nellepersone imperfette, ma altresì in coloro, che dicono di cam-minare la via della perfezione. Pratica quegli l'umiltà, lapazienza, la [80r.] castità, l'astinenza, la pietà, la mansuetu-dine, la mortificazione, la elemosina, ma per riscuotereomaggi, e onore, e lode e stima da quelli che lo rimirano.Ah! uomo superbo, io dirò coll’Apostolo, cosa hai tu, chenon abbi ricevuto da Dio? E se ciò che hai è dono di Dio,perché vanagloriarti, come se fosse qualche cosa di tuo?Siate dunque, o dilettissimi, persuasi una volta che “ogniottimo dono, ogni cosa perfetta ci viene dal cielo; sen partedal Padre dei lumi”. Dunque lontana da voi la vanagloria,non avendo di vostro cosa alcuna fuori del peccato.

Peccati di ambizione ancora ne troverete buon numeroin voi: e questi forse poco rimordono la vostra coscenza,perché da voi ,ossia per malizia, ossia per ignoranza, poco si

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riflette a questa passione sregolata, che fa provare nelmondo un anticipato inferno ai miseri mondani. Ambizioneintendo quella sete insaziabile che avete ai beni di terra, allericchezze agl'agi, ai comodi della vita. Ambizione intendoquella brama (incompleto)

[81r.] Domenica 2ª di Quaresima

Avete udito, popolo mio dilettissimo, dal santo Vangelo,che il nostro Signor Gesù Cristo volle questo giorno far pro-vare ai tre prediletti Discepoli un saggio della sua Gloria,della sua divinità col trasfigurarsi nelle alte cime del Tabor-re. Mosè, ed Elia, cioè la legge, ed i Profeti rendono testimo-nianza, che Gesù è il vero figlio di Dio, quello, che deve o-perare la Redenzione del Genere umano; ed anche una voce,che si fece sentire nel Cielo, attesta che Gesù Cristo è l'og-getto delle divine compiacenze, e che lui solo dobbiamoudire, se conseguir vogliamo la gloria del Paradiso.

Gesù Cristo poco innanzi avea detto ai suoi Discepoli chein Gerusalemme avrebbe dovuto molto patire, che in quellaingrata Città sarebbe stato schernito, e vilipeso, flagellato auna Colonna, coronato di spine, e condannato alla morteignominiosa della Croce. E adesso appunto per far conoscereai Discepoli, che queste cose non gliel'avrebbero fatte soffri-re, se egli non avesse voluto, si trasfigura sul Monte santo,perché essi non mancassero nella fede, e non si perdesserodi coraggio quando vedrebbero successo tutto questo, [81v.]come si esprime, il Pontefice e Dottor san Leone. Perciò volleGesù Cristo che si trovassero presenti nella di lui Trasfigura-zione questi tre amati Discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni,come quelli, che doveano seguirlo nell'Orto del Getsemani

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per vedere la sua dolorosa Agonia, e da ogni parte del suosacratissimo Corpo sudare a grosse gocciole sudore di vivosangue. Sì, ogni fedel cristiano, popolo mio dilettissimo, devecredere che Gesù Cristo è il vero Figlio di Dio, che è statoconsegnato nelle mani dei giudei, che fu esposto alla piùcrudele persecuzione non per infermità, non per forza, masoltanto per l'amore grandissimo, che ci ha portato, per sualibera elezione, per riscattare le anime nostre dall'Inferno, eper riconciliarci coll’eterno suo divin Padre. E da ciò cosadobbiamo concludere? Dobbiamo inferirne, che amore vuoleamore: che se Gesù ci ha amati tanto fino a dare il sangue ela vita noi pure dobbiamo amarlo, dobbiamo far tutto peramor suo per sua gloria, dobbiamo piuttosto morire, che rin-negare lui, e quelle eterne verità, che ci [82r.] furono da luistesso rivelate, e proposte dalla santa madre Chiesa a crede-re. Gesù Cristo si volle trasfigurare sul Taborre secondo ilmentovato san Leone per animare la nostra speranza, perfarci intendere che anche noi saremo trasfigurati nell'ultimogiorno del mondo, i nostri corpi doventeranno chiari, erisplendenti al pari del Sole, sottili, e penetrantissimi,immortalati, e glorificati insiem coll'anima, se adesso viviamoda cristiani, se adesso da noi si adempie la legge santa delSignore. E però, scrivendo l'Apostolo ai Calossesi, Li dice:“Ora siete morti, esposti a tante infermità, a tante disgrazie, atante persecuzioni con Gesù Cristo, ma quando comparirà Cri-sto Giudice, che è la vostra vita, anche voi comparirete con luinella Gloria – Tunc et vos apparebitis cum ipso in Gloria”. Oh!che dolce conforto, che soave consolazione è mai per un cri-stiano questa sì bella speranza. Dunque vada pure adessoqualunque cosa del mondo, vada pure tutto il nostro san-gue, vada pure la vita purché non si perda questa dolce spe-

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ranza, purché non si perda quest'anima fatta ad [82v.]immagine, e similitudine di Dio. Vengano pure tutti i Demonidell'Inferno, tutte le di lui potenze Tartaree, che non cipotranno far niente, se noi stiamo attaccati alla Legge di Dio,e di Chiesa santa. Vengano pure le più crudeli persecuzioni,ci facciano provare tutte le pene, tutti i tormenti, che se noisiamo con Gesù non potranno mai spaventarci. Potrannobensì nuocere al corpo, ma l'anima non la possono uccidere.Potranno bensì nuocere al corpo nella vita presente, ma que-sto corpo medesimo risorgerà un giorno glorioso, e trionfantecon Gesù Cristo. Però, fratelli miei, e figli dilettissimi, piutto-sto che commettere il peccato, che rinnegar la fede, vadaqualunque altra cosa del mondo come vi dissi. Ora ditemi,sentite in voi questi generosi sentimenti? Vi sentite disposti asoffrire di tutto prima che commettere il peccato, prima chemancare ai doveri di ogni buon cristiano? Se è così la vostrasperanza è perfetta, e sarete anche voi trasfigurati con Gesù[83r.] nella Gloria. Ma se d'altronde vi sgomenta il patire, setemete le dicerie del mondo, e le sue persecuzioni, voi sietepresuntuosi e superbi, siete vili, e codardi. Per imitar GesùCristo bisogna portare la sua Croce, bisogna rinunziare alleproprie passioni, bisogna essere dal mondo perseguitati; poi-ché beati son quelli che soffrono persecuzioni per la giusti-zia, e di loro sarà il regno dei cieli. “Beati qui persecutionempatiuntur”. Beato è quell'uomo, al dire di S. Giacomo, chesoffre tentazioni ecc.ecc. Se voi siete nemici del patire, sietecome Pietro ancora imperfetto, il quale secondo san Marconon sapea ciò che dicesse, allora quando pregò il divinoMaestro a trattenersi per sempre sulle Cime del Tabor; nonsapea ciò che dicesse mentre volea la ricompensa prima dimeritarla. Non si può dire forse altrettanto anche di voi, i

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quali vorreste essere a parte con Gesù nella sua gloriosa tra-sfigurazione, ma poi non volete seguirlo nelle sue pene? Nonsiete forse di quelli, che vorrebbero seguire Gesù sul Taborrema che poi non lo vogliono seguire al Calvario? [83v.] È vero,che è cosa buona il Paradiso, lo stare con Gesù, goderlo sve-latamente faccia a faccia, trovarsi in compagnia della Verginesantissima, degl'Angeli, e dei Beati; è cosa buona desiderareil Paradiso, e pregare tutti i giorni il Signore, che ci dia gra-zia di andarvi; ma sappiamo d'altronde, e ce lo dice la fede,che il Paradiso è la ricompensa, è il premio dei buoni, e chesi darà solamente a quelli che avranno molto faticato per lagloria di Dio, che avranno combattuto da forti, e da magna-nimi contro le tentazioni del demonio. Ora veniamo a noi.Cosa avete fatto fin qui per conquistarlo? O per dir meglio,quanto avete fatto, e lo fate anche adesso per perderlo, e perandare all’Inferno? Se alcuni si fossero decisi di andar dan-nati non potrebbero far peggio di voi. Volere il Paradiso, e poicovare odi nel cuore, fare ingiustizie al loro prossimo, scoltel-larsi l'uno coll'altro per le case, e per le rughe; volere il para-diso, e poi andare di notte tempo a fare degli insulti a chinon li dà noia, a trattarli ingiustamente dei titoli i più infami,non risparmiando neppure i sacerdoti ministri del Signore, enon curando le scomuniche, che si tirano dietro quelli, iquali [84r.] insultano i ministri di Dio; volere il Paradiso e poiingolfarsi nei piaceri maledetti e volere mantenere quelle reeamicizie, praticare scandalosi amoreggiamenti, cattive com-pagnie, anche perfino in questi santi Giorni. Tutto ciò carimiei è quello che non so capire, e con ciò mi fate conoscereabbastanza, che volete il Paradiso colla lingua, e coi fattivolete l'Inferno; e l'avrete sicuramente ve lo dichiaro da partedi Dio, l'avrete l'inferno se non mutate, se non lasciate di

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vivere alla peggio come avete fatto fin'ora. Voi volete il Para-diso, ma poi state troppo attaccati alla roba, ai trastulli, aidivertimenti. Non vi ingannate, fratelli, vi dice san Paolo, chegli avari... Volete il Paradiso, ma poi frodi, inganni nei con-tratti... crapule, ubriachezze, osterie, giuochi specialmente igiorni di festa... Mormorazioni, calunnie... Volete il Paradiso,ma poi fate servire le vostre membra, il vostro corpo alleimpurità vergognose: e non sapete, che dice san Paolo, né gliimpuri... Se voi pertanto volete esser trasfigurati con GesùCristo, se volete il Paradiso incominciate da questo punto apraticare il bene, a fuggire il male. Perdonate... restituite...Invigilate sulla vostra famiglia, o padri e madri, e voi o figlio-li... [84v.] Se volete il Paradiso allontanate da voi, o femmine,quelle maniere di vestire, atterrate la superbia, e la vanaglo-ria, i puntigli di onore e di risentimento, fate delle elemosineai poveri per quant... Se volete il Paradiso mortificate gliocchi, la lingua... distaccatevi il cuore dalle cose... adempiteai vostri doveri, e nei giorni di festa specialmente... insommase volete il Paradiso si usi raccoglimento e non... umiltà enon... pazienza e non... Questo è ciò che... se volete andare agodere la gloria... di cui era una debole immagine... Special-mente, per essere a parte con Gesù della sua gloria bisognaaver pazienza nei travagli di questo... Per ultimo vi sovvenga,che quale Gesù comparve in questo giorno sul Taborre, talecomparirà nel giorno del giudizio quando verrà a rendere... Ese i Discepoli abbagliati dallo splendore... e atterrati da quel-la voce... cosa sarà in quel giorno per i poveri peccatori,quando con volto adirato pronunzierà sì irrevocabil senten-za... “Andate maledetti al fuoco eterno”?...

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[85r.] Domenica 3ª di Quaresima

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come il nostroSignor Gesù Cristo era in quel tempo a scacciare un demo-nio, e quel demonio era muto. E avendolo discacciato, ilmuto parlò, e le turbe restarono ammirate. Ma alcuni diloro dissero: egli scaccia i demoni in virtù di Belzebul prin-cipe dei Demoni. E altri, tentandolo, cercavano da lui unqualche segno del Cielo. Esso poi conoscendo i loro pravipensieri, li disse: Ogni regno in se diviso sarà desolato, euna casa caderà sopra dell'altra. Ma se anche Satanasso èdiviso in varie parti, come mai può stare il suo regno? per-ché voi dite, che io scaccio i demoni in virtù di Belzebulprincipe dei Demoni. Che se io discaccio i Demoni in virtùdi Belzebul, i vostri figliuoli in virtù di chi li discacciano? Eperò essi medesimi saranno vostri giudici. Se io poi discac-cio i Demoni nel dito di Dio, certamente è giunto a voi ilregno del medesimo Dio. Quando uno bene armato custodi-sce la porta della sua casa, sono in sicuro tutte le cose, chevi ha. Ma se viene uno più forte di lui, e lo vince, gli toglieràtutte le di lui armi nelle quali avea riposta la sua fiducia, egli ruberà le sue spoglie. [85v.] Chi non è meco, è contro dime: e chi non raccoglie meco disperde. Quando lo spiritoimmondo è uscito da una persona corre per luoghi aridi cer-cando riposo, e non trovandolo, dice: Ritornerò nella miacasa da dove sono partito. E ritornato, la trova ben pulita, eadorna. Allora va e prende seco altri sette spiriti più cattividi lui, e vi entrano e vi dimorano. E la condizione di quel-l'uomo diventa peggiore della prima. Mentre Gesù dicevaqueste cose, una certa donna, che era fra la turba, alzandola voce gli disse: Beato il ventre, che ti ha portato, e il petto

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che ti allattò. Anzi, rispose Gesù Cristo, beati son quelli, cheascoltano la parola di Dio, e la custodiscono dentro delcuore. Fin qui l’odierno sacrosanto Vangelo.

Quella folla di popolo, la quale si trovava presente quan-do Gesù Cristo discacciò il demonio dal povero muto, restòstupefatta, ed attonita alla vista di un tanto miracolo, e rico-nobbe, che il medesimo Gesù Cristo dovea avere in sé virtùdivina, poiché è solo di Dio operare miracoli, e distruggerel'impero del demonio sopra dei nostri cuori. Appena fu scac-ciato quel diavolo il muto cominciò a parlare. Sì, popolo miodilettissi[86r.]mo, quando nostro Signore per mezzo della suagrazia ha tolto dall'anima nostra il peccato, e per conseguen-za il dominio, che vi avea il demonio, allora essa che pria eramuta, era morta, incomincia a parlare, a fare opere meritorieper l'altra vita. Incomincia a parlare con Dio, a dimandargliperdono delle sue colpe, a pentirsene, a piangerle, a dete-starle di tutto cuore, e a magnificare le divine misericordieper essere stata sottratta dalla schiavitù del demonio, e dalbaratro dell'Inferno. Che bella felicità adunque è quella distarsene in grazia di Dio! E che disgrazia d'altronde è maiper un cristiano l'essere impossessato dal demonio a cagionedel peccato mortale! Quella folla di popolo, come vi ho dettoin principio, restò ammirata quando Gesù Cristo ebbe...Alcuni però bestemmiavano, e diceano che Gesù... Questaera una bestemmia orrenda, il dire che... È come abbiamo insan Marco, una bestemmia contro lo Spirito Santo che simerita una eterna pena, e di cui difficilmente ne possiamoavere il perdono. “Qui autem blasphemaverit in SpiritumSanctum, non habebit remissionem in aeternum, sed reus eritaeterni delicti”. Vi fa veramente maraviglia, che si scaglinocontro di Gesù Cristo tali bestemmie orrende. Ma ditemi un

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poco: non è forse [86v.] vero, che anche fra i cristiani deinostri tempi domina purtroppo il vizio maledetto dellabestemmia, vizio tanto esecrando, diabolico, e perfido, che lirende peggiori... E non sapete, che peccato sia la bestem-mia? La bestemmia è un peccato enormissimo maggiore ditutti gli altri... Se osservate nell'Esodo troverete... Se nelLevitico, vedrete, che i bestemmiatori siano... In san Paolo aiRomani vi trovate le più forti riprensioni... In tutta quanta ladivina scrittura... I santi Padri, ancora i Teologi descrivonocoi più neri caratteri il vizio enorme della bestemmia... Malasciate da banda i Padri, la Scrittura, facciamoci a conside-rare colla sola ragione l'enormità della bestemmia. Chi èquesto Dio che bestemmiate? Egli è un Dio onnipotente...Dunque sarà un gran peccato... Sarà una nera ingratitudi-ne... Eppure chi lo crederebbe mai, che regnassero fra di noitante... Eppure ancorché da tutti si sappia che la bestem-mia... fa da cosa comune presso dei cristiani, e si trovanotanti empi, tanti scellerati, che strapazzano, calpestano ilnome tre volte santo di Dio... e come è possibile, che questitali non paventino i fulmini del Cielo, e non temano che lisorprenda la morte anche nel tempo stesso che bestemmia-no? [87r.] Non sarebbero mica i primi che in pena di un talpeccato, li ingoiasse la terra, o li incenerisse un fulmine dalCielo. Si legge nella vita di san Filippo Benizi, che alcuni gio-vinastri e... Dunque, popolo mio dilettissimo, invece dibestemmiare il nome di Dio, procurate di benedirlo e di rin-graziarlo per tanti benefizi, che vi ha concessi, e rammenta-tevi, quando vi sorprende la rabbia e la collera, che anche abestemmmiare non guadagnate niente, ma invece scapitatemoltissimo per l'anima vostra. State attaccati alla fede, cheavete professato nel santo Battesimo, alla religione santissi-

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ma cattolica, a cui per grazia del Signore appartenete, aquella religione, che professa la vera credenza, che riconosceper Vicario di Gesù Cristo il Sommo Pontefice Romano fuoridi cui non vi può essere salute, avendoci detto Nostro Signo-re nel santo Vangelo di questa mattina, che chi non è con luiinvece di raccogliere disperge, vale a dire quelli, che lobestemmiano, quelli che non credono in lui, nella Sua reli-gione, nella dottrina, che ci ha rivelata, quelli che storgonoin cattivo senso la sacra Scrittura, la interpretano [87v.] aloro capriccio come fanno i protestanti, e non secondo laspiegazione che gli dà santa madre Chiesa, sono suoi nemicigiurati, ministri di Satana, e non potranno aver parte con luiin Paradiso.

Domenica 4ª di Quaresima

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come il NostroSignore Gesù si portò di là dal mare di Galilea, che è il mare diTiberiade; e lo seguiva una gran moltitudine di persone, per-ché vedeano i segni e i prodigi, che faceva sopra gli infermi.

Gesù dunque salì sopra di un Monte, ed ivi sedendo sifermò con i suoi discepoli. Ed era vicina la Pasqua dei giu-dei. Gesù avendo alzati gli occhi, e veduta quella gran turbadi popolo che era venuta a lui, disse a Filippo: Dove trovere-mo tanto pane per dare da mangiare a questa gente? Eglidicea però queste cose per far prova di lui; poiché sapeabenissimo quello, che voleva fare. Filippo gli rispose: Nonbastano dugento danari d'argento di pane perchè ne tocchiun tantino per uno. Allora uno dei discepoli, che era Andreafratello di Pietro, gli dice: Vi è qui un ragazzo [88r.] che hacinque pani d'orzo e due pesci; ma questa roba a che serve

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per tante persone? Disse dunque Gesù: Fate mettere a sede-re queste persone. In quel luogo vi era molta erba e si miseroa sedere su quest'erba in numero di quasi cinquemila. Gesùdunque prese i pani e avendo rese grazie a Dio ne distribuì atutti, e dei pesci similmente ne diede quanto ne volevano.Quando quelli furono sazi, disse a' suoi Discepoli: Raccoglie-te adesso gli avanzi perché non si sciupino. Li raccolseroadunque, e di essi vi empirono dodici canestri. Quelli uominiavendo veduto questo miracolo operato da Gesù Cristo,cominciarono a gridare: Questi veramente è un gran profeta,che deve venire nel mondo. Ma Gesù conoscendo che sareb-bero venuti a rapirlo per crearlo loro Re, fuggì di nuovo alMonte esso solo. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Questo gran miracolo operato da nostro signor GesùCristo, satollando tanta gente con soli cinque pani e duepesci, recherà a voi gran meraviglia, e stupore; ma sebbeneconsiderate quello che sottodì cade sotto dei vostri occhivedrete rinnovato continuamente un tanto prodigio. Di fattonon si moltiplica con ugual miracolo quel [88v.] poco digrano, che seminate nei vostri campi? Quelle poche viti, cheavete nei vostri poderi, non vi forniscono molti barili divino? E insomma i pochi alberi, che avete nelle campagnenon vi rendono ogni anno in gran copia frutti di ogni fatta?Questi prodigi non sono meno portentosi di quello, cheoperò oggi Gesù Cristo... E dicea bene il santo Dottore Ago-stino... Questo miracolo però della moltiplicazione dei paniviene riguardato dai santi Padri come una immagine dell'ali-mento miracoloso del santissimo Sacramento dell’Eucare-stia, nel quale dimorandovi continuamente Gesù Cristoserve ad alimentare tutti quelli che vi si accostano, e rimanesempre l'istesso. In questo Sacramento di amore vi si riceve

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Gesù Cristo vero Dio, e vero Uomo, vi si mangia la suaCarne santissima, vi si beve il suo preziosissimo sangue. Sì,popolo mio dilettissimo, in questo Sacramento di amoreGesù Cristo ci tiene preparate tutte le grazie, tutti gli aiuti,che ci sono necessari tanto per l'anima... In questo Sacra-mento ci dà maggiormente a conoscere, che egli ci ama[89r.] con vero amore di Padre. Ma noi, ditemi, come vi ciaccostiamo? Ohime! che noi appena vi andiamo una voltaall'anno forzati, sto per dire, dai ripetuti inviti di Chiesasanta e dai suoi ministri sacri...

Domenica di Passione

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come il nostroSignor Gesù Cristo disse in quel tempo alle turbe dei giudei:Chi di voi potrà riprendermi di peccato? Se io vi dico laverità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta la paroladi Dio. E però voi non la udite perché non siete da Dio. Igiudei allora risposero, e gli dissero: Non diciamo noi bene,che tu sei un samaritano, ed hai il diavolo addosso? Gesùrispose: Io non ho il diavolo addosso, ma onoro il Padre mio,e voi disonoraste me. Io poi non ricerco la mia gloria; vi èchi la cerca, e fa giustizia. In verità, in verità io vi dico: sealcuno osserverà la mia parola non vedrà la morte in eter-no. Dissero dunque i giudei: Adesso conosciamo, che tu seiindemoniato. È morto Abramo, sono morti i Pro[89v.]fetiancora, e tu dici: se alcuno osserverà la mia parola nonmorirà in eterno. Dunque sei tu dappiù del nostro padreAbramo, il quale è morto? I profeti ancora sono morti. E chipretendi tu di essere? Gesù rispose: Se io glorifico me stes-so, la mia gloria è un nulla: Colui che mi glorifica è il Padre

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mio, il quale voi dite, che è vostro Dio. Voi però non l'aveteconosciuto, ma io lo conosco: e se dicessi che non lo cono-sco sarei un bugiardo come voi. Ma io lo conosco, e osservola di lui parola. Abramo vostro padre desiderò grandementedi vedere il mio giorno; lo ha veduto, e ne ha goduto. I giu-dei dunque gli dissero: Come? non hai ancora 50 anni, edhai veduto Abramo? Gesù Cristo rispose: In verità, in veritàio vi dico, che io esisto prima, che nascesse Abramo. Quelliallora presero in mano dei sassi per tirarli contro il Signore,ma Esso si nascose e uscì dal tempio. Fin quì l'odiernosacrosanto Vangelo.

Quanto sarebbe felice il cristianesimo, popolo mio dilet-tissimo, se tutti fossimo accesi di un santo zelo per la gloriadi Dio, come nel Vangelo di questa mattina lo dimostra GesùCristo verso dei giudei! Ma è vero purtroppo, che i cristianidei nostri tempi non si danno nessuna premura [90r.] di cor-reggere, e di sgridare quei difetti, e quei mancamenti, chevedono nei loro fratelli, e non curano punto il precetto dellacorrezione fraterna tanto consentaneo alla retta ragione edallo spirito del santo Vangelo; e in questo non corregger, enon voler esser corretti imitano appuntino i giudei, che avea-no creduto poc'anzi a Gesù Cristo, e oggi poi superbi, schiavidel proprio sentimento, non vogliono essere sgridati da lui;gli replicano a ogni parola, e in tutto quello che dicono,fanno conoscere la rabbia, l'odio, e l'invidia, che li rode leviscere contro del Salvatore, e lo trattano perfino da peccato-re, e da indemoniato. E però dovè dirli, il Signore in tuonoautorevole: Chi di voi mi può riprendere di peccato? Se io vidico la verità... E perché anche voi non abbiate a meritarviquesto rimprovero, vi dico, che quando venite corretti dalvostro prossimo, dovete ascoltarlo con docilità, e quando

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vedete questo prossimo medesimo che si allontana dal rettosentiero, dovete avvisarlo con buone maniere, e così guada-gnerete molte anime a Dio. La correzione, che dovete fare...ha per fine la salute delle anime per le quali l'amorosoGesù... Gesù Cristo scelse dodici... Ebbene, volle fare l'istes-so anche con voi quando... Ma saremo noi capaci [90v.] perfar ravvedere il nostro fratello, che ha mancato in qualchecosa? Sì, vi risponde il Dottore san Giovanni Crisostomo: voipotete benissimo colle buone esortazioni, coi buoni insegna-menti... Di fatto tante volte potete colle buone parole, colbuon'esempio fare più voi, che un ministro della divina paro-la, che un confessore, che un parroco... Una prova ne siaquello successe a Naamano siro. Il santo profeta Eliseo gliordinò per guarire dalla lebbra che si portasse al FiumeGiordano... e qui non intendo di parlare soltanto ai padri,alle madri, ai Padroni, ai Capi di Bottega, e di traffici, aiquali incombe l'obbligo di sgridare e riprendere i figli, lefiglie, i servi, e tutti i loro sottoposti; ma voglio parlare a tuttii fedeli cristiani, poiché a tutti secondo l'avviso dello SpiritoSanto corre l'obbligo... “Recupera proximum tuum secundumvirtutem tuam”. Vi siete persuasi di questa verità; ma in pra-tica come vi portate? Adempite a questo dovere di riprende-re?... Io dico di no: perché quando vedete, che il vostro fra-tello... Quando sentite che si parla... [91r.] Ma voi dite chequesto ufizio di correggere... è un uffizio molto incomodo.Come temete voi di essere, come oggi Gesù Cristo lo fu,ingiuriati dalle persone corrette? Ebbene questo sarebbe unfavore... E non mi state a dire, che voi non sapete parlare,non sapete che cosa dirgli, e che altri faranno quello, chenon potete far voi; poiché vi rispondo, che per correggere ilproprio prossimo, che manca, non vi è bisogno di gran dot-

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trina... Altri suppliranno per voi? Ma ditemi un poco, se unricco Signore vi promettesse una moneta d'oro per ciascunavolta che correggerete... Io non intendo di pensare ai peccatidegl'altri; chi se li fa vi pensi un poco da per sé: chi se li fason suoi, e ne renderà conto a Dio; io penso per me, e credodi fare abbastanza. È vero, che i peccati sono di chi li fa, e nedovrà egli render conto a Dio, e quando si tratta di cose, chenon ci appartengono, è meglio non frammischiarvici; masappiamo d'altronde, che “unicuique mandavit Deus de proxi-mo suo” che... e che quando vediamo... noi siamo obbligatidalla carità a correggerlo, poiché è un membro del medesimocorpo, è un nostro fratello in Gesù Cristo... [91v.] Finalmen-te, dicono alcuni, noi si correggerebbero i nostri fratelli, se cidassero retta, e facessero quanto li poniamo davanti gliocchi. Voi non dovete pensare se faranno, o no quanto li dite,fate il vostro dovere, e il Signore darà forza alle vostre parole;se non danno retta alla prima, ritornate per la 2ª e 3ª voltaad ammonirli; e se neppure allora vi ascoltano, denunziatelialla Chiesa, cioè al proprio parroco, al proprio pastore, e sequei tali non danno retta neppure ai ministri di Dio, sianotenuti da voi non più per cristiani, ma come Gentili, comeinfedeli. Così ci dice Gesù Cristo in altro luogo del santoVangelo... Adesso mi rivolgo a voi, che non volete sentire lecorrezioni, e le sgridate di quelli, che vi vogliono bene. Voimiseri, e infelici... I giudei, come avete udito, non patisconodi essere sgridati da Gesù Cristo, rimbeccano ad ogni suaparola, e lo minacciano perfino di lapidarlo; ma che ne acca-de di loro? Il Signore da lor si ritira, si invola alla loro barba-rie... temete dunque anche voi, che se [92r.] non date retta...Iddio si allontanerà da voi, vi lascerà in balia del peccato, edel demonio, e così abbandonati...

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Domenica in Albis

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come in queltempo, sulla sera, essendo serrate le porte del luogo, ove gliApostoli erano radunati, per timore dei giudei, venne Gesù,e si presentò là in mezzo, e disse loro: La pace sia con voi. Eavendo dette queste parole, li mostrò le mani, e il costato. IDiscepoli per tanto, visto il Signore, si rallegrarono grande-mente. Egli di nuovo li disse: La pace sia con voi. Come ilPadre mio mandò me, così io mando voi. Avendo detto que-sto, soffiò sovra di essi, e li disse: Riceverete lo SpiritoSanto. A quelli, a cui voi avrete rimessi i peccati sarannorimessi, e a quelli, a cui li avrete ritenuti saranno ritenuti.Tommaso poi, detto Didimo, non si trovava presente quan-do venne Gesù. E gli altri Discepoli gli dissero: Abbiamveduto il Signore. Ma egli rispose: Se io non vedo nelle suemani il segno dei chiodi, e se non metto il dito nel luogo deichiodi, e la mia mano nel costato, non lo credo. Otto giornidopo, mentre i suoi Discepoli erano di nuovo rinchiusi incasa, e Tommaso con essi, venne Gesù a porte chiuse, sipresentò in mezzo di loro, e disse: La pace sia con voi. Quin-di disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito, e [92v.] osserva lemie mani; tocca il mio costato, e non voler essere incredulo,ma fedele. E Tommaso gli rispose: Mio Signore, e mio Dio. EGesù a lui: Perché mi hai veduto, o Tommaso, hai creduto,beati quelli che non videro, ed hanno creduto. Gesù Cristofece molti altri prodigi ancora alla presenza de’ suoi Disce-poli, ma non sono stati scritti in questo libro. Queste coseperò furono scritte, perché crediate, che Gesù Cristo è ilFiglio di Dio, e affinché, credendo, abbiate la vita eterna nelNome di lui. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

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Ogni fedel cristiano, se conseguir vuole la eterna salute,bisogna, come conchiude il Vangelo di questa mattina, checreda fermamente in Gesù Cristo; che Gesù è il Figlio diDio, che ha operata la redenzione del genere umano collasua morte, e passione; bisogna che creda nella remissionedei peccati per rimettere i quali egli diede la potestà agliApostoli e ai di loro successori che sono i Vescovi e i Sacer-doti, quando disse: “Accipite Spiritum”. Ma forse voi mi dire-te: Noi crediamo tutte queste cose; dunque, saremo salvi.Dovete sapere. però, popolo mio dilettissimo, che per salvar-si non basta semplicemente credere, bisogna anche operaresecondo quello che ci comanda Iddio nella sua santa legge,bisogna anche di più porre in pratica i consigli evangelici.Ora sappiate, che nostro Signor Gesù Cristo nel Vangeloappunto di questa mattina ci annunzia la pace, qual mezzonecessario per vivere da cristiani e per salvare le animenostre. “La pace sia con voi”, disse oggi il divino Maestro. Equesta pace pure io credo, che ve l’abbia data quando sorti-ste dal confessionale e vi disse per bocca del suo ministro...(V. Branca, p. 287, Ed. di Pisa 1842).

[93r.] Domenica 2ª dopo Pasqua

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo parlando in quel tempo ai farisei disse loro: Io sono ilbuon Pastore. Il buon Pastore dà la sua vita per le sue peco-re. Il mercenario poi, e quegli che non è pastore, di cui nonson proprie le pecore, vede venire il lupo e abbandona lepecore e fugge; e il lupo intanto rapisce e disperde le pecore.Ora il mercenario fugge, perché è mercenario, e niente glipremon le pecore. Io sono il buon Pastore, e conosco le mie

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pecore e le mie pecore conoscono me. Come conosce me mioPadre, e io conosco il Padre, e metto la mia vita per le miepecorelle. Ho ancora dell'altre pecore che non sono di que-st'ovile, e bisogna che ve le riconduca e ascolteranno la miavoce, e vi sarà allora un solo ovile e un sol Pastore. Fin quil'odierno sacrosanto Vangelo.

Per ben due volte Gesù Cristo nell'odierno Vangelo siprotesta di essere il buon Pastore, e fa conoscere ai superbie ipocriti farisei quali contrassegni abbisogni considerareper distinguere il vero pastore dal vile mercenario. [93v.] Ilbuon pastore, Ei dice, dà la vita per le sue pecorelle; ma ilmercenario, che non è pastore, appena scorge da lungi veni-re il lupo, se ne fugge, e lascia l'ovile in preda di quellabestia feroce.

Vediamo ora la verità delle divine parole. Noi tutti, comedice Isaia, eravamo pecore erranti: “Omnes nos quasi oveserravimus”, e sbagliata la via che ne mena al Cielo, ci erava-mo smarriti per balze e per dirupi: già il lupo infernale ciera sopra per divorarci con 1’acute e avvelenate sue zanne.Ma cosa fa allora il buon Pastore Gesù? Lascia le altrenovantanove pecore nel deserto per andare in traccia diquella che si era perduta; vale a dire lascia la compagnia deiCori Angelici e per salvare la perduta umana generazionedal cielo discende nel seno di Maria; dal seno di questa Ver-gine passa a posarsi sulla ruvida paglia della grotta di Beth-lemme, di là nell'Egitto, dall'Egitto a Nazaret, da Nazaretpercorre la Giudea, la Galilea, la Palestina tutta predicandoovunque il Regno di Dio.

[94r.] Ma per restare vieppiù convinti, che Gesù Cristoha compito col fatto ciò che avea detto a parole del buonPastore, osservatelo là nel Cenecolo di Gerosolima, ove

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pasce delle stesse sue Carni i ben'amati Discepoli sottoumili specie di pane e di vino, e per eccesso di sua divinacarità vuole, che questo Sacramento di amore si perpetuinella Chiesa fino alla consumazione dei secoli, per daretutto se stesso in cibo alle sue pecorelle che sono i fedeli.Osservatelo inoltre fatto preda di lupi feroci per salvare leagnelle; voglio dire eccolo nel Getsemani tradito da Giuda,legato dagli sgherri, trascinato pei tribunali, ricoperto disputi, di villanie e di oltraggi, flagellato alla colonna, corona-to di spine, condannato alla morte; eccolo confitto allaCroce e spira l'anima fra i più crudeli dolori. Morto che Eifu, dopo tre giorni ritornò a vivere vincitor della morte e del-l'Inferno, e dopo aver data la vita e il sangue per la salvezzadelle sue pecorelle, ne affidò la cura a san Pietro, e agl'altriApostoli, [94v.] che anche oggigiorno e fino al dì del giudiziole pascono e le pasceranno col cibo della divina parola e deiSacramenti nella persona dei Papi, e dei Vescovi, dei sacer-doti, e sempre le guardano e le guarderanno dalle insidiedel lupo infernale, dalle mene e false dottrine dei precursoridell'Anticristo, quali sono appunto i miscredenti, i prote-stanti, gl'eretici, i malvagi cristiani.

Ecco dunque, che Gesù Cristo è il buon Pastore, perchéha fatto appunto quanto disse dover fare il buon pastore ariguardo delle sue pecorelle. Ecco dunque che sono buonipastori solo quei Vescovi quei sacerdoti, i quali uniti nell'u-nità della fede e della sana dottrina al Papa Romano Ponte-fice pascono le anime alle lor cure affidate, sacrificando,quando occorre, anche la vita per la loro eterna salute. Perlo contrario sono mercenari tutti quei ministri protestantiche vi si raggirano d'intorno per farvi apostatare dallavostra religione, per ascrivervi alle loro sette empie e bugiar-

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de, perché non fanno mica ciò per volervi [95r.] bene, masolo il fanno per interesse proprio, per egoismo, per conten-tare la loro pazza superbia, per rendervi i più infelici, i piùdisgraziati del mondo.

Ditemi adesso, se Gesù è il nostro buon Pastore, e noisiamo sue pecorelle; se ci pasce coi Sacramenti, colla divinaparola, e con tutto se stesso, qual dovrà essere la nostracorrispondenza verso di sì buon Padre e Pastore? Qualedovrà essere? Quale appunto da noi la richiede nell'odiernoVangelo. Ei dice: “Oves meae vocem meam audient”. Le miepecore ascolteranno la mia voce. Dunque bisogna ascoltarequesto buon Pastore quando ci parla al cuore colle suesante ispirazioni, coi rimorsi della nostra rea coscenza, esubito abbandonare il peccato, e seguir la virtù. Dunquebisogna ascoltarlo, quando ci richiama per mezzo de' suoiministri sul retto sentiero della salute, e subito eseguire lasua divina volontà senza frapporre indugi. Dunque bisognaascoltarlo quando ci parla e coi benefizi [95v.] e coi castighi,e colle perdite, e colle malattie, e colle disgrazie, e subitodarsi all'esatta osservanza della sua divina legge, e dei pre-cetti di santa Chiesa.

Ma che sarebbe di voi, se, invece di ascoltare il vostrobuon Pastore Gesù, ascoltaste il diavolo e daste retta allesue tentazioni maligne? Che sarebbe di voi, se invece diascoltare Gesù che vi parla coi buoni libri, vi daste a leggerelibracci empi, fogli perversi riboccanti di eresie, di nefandedissolutezze? Che sarebbe di voi se, invece di ascoltareGesù che vi parla e dal sacro altare e dal pergamo e dai Tri-bunali di Penitenza, per bocca dei parrochi, dei predicatori,dei confessori, ascoltaste piuttosto quei malvagi compagni,quei discoli, quei libertini che vi insegnano disonestà e schi-

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fezze, che vi fanno tradire la vostra fede, la vostra religione,e fanno di voi tanti protestanti, tanti scomunicati, tanti tiz-zoni di inferno? Ah! che allora, bisogna che vel dica consommo mio dolore, ah! che allora voi [96r.] non fareste partedell'ovile di Gesù Cristo! Non apparterreste al numero fortu-nato dei suoi eletti! Ma sareste pecore sbandate senzapastore e senza guida o già cadute fra gl'artigli del demonio,o prossime a cadervi.

Dunque, miei cari, fuggite i pericoli tutti, e le occasioni,e datevi alla sequela del buon Pastore Gesù. Per tenervistretti a Gesù, fate guerra alle vostre passioni, portate delcontinuo la sua Croce col soffrire pazientemente le miserieche vi opprimono in questa valle di lacrime. Rimanetevi fortie costanti in quella fede santissima che professaste nelsanto Battesimo, se volete appartenere alla greggia fortuna-ta di Gesù Cristo, che è la sua Chiesa. Siate obbedienti eossequiosi alle leggi di questa Chiesa medesima, sottopostiai vostri legittimi pastori: ascoltate le loro esortazioni, i loroconsigli, e lasciatevi guidare da essi nei pascoli di vita eter-na. Rammentatevi per ultimo che non si può essere di Gesùsenza essere [96v.] figli docili e obbedienti alla Chiesa, e nonsi può essere figli della Chiesa ribellandosi alle sue leggi, a’suoi pastori; e che nel giorno del Giudizio il buon PastoreGesù non riconoscerà per suoi quei disgraziati cristiani, iquali per dar retta ai pravi insegnamenti dei tristi abbando-narono la vera religione dei loro padri, e si dettero in predaalle corruttele del vizio e dell'errore. Anzi dirà loro: Non mivoleste in vita per vostro Padre e Pastore benefico, mi avreteadesso Giudice severo e inesorabile: andate dunque da memaledetti, andate al fuoco eterno.

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[97r.] Domenica 2ª dopo Pasqua

Io sono il buon Pastore: “Ego sum Pastor bonus”.Io sono il buon Pastore, dicea oggi Gesù Cristo parlando

a quei farisei superbi e ipocriti, che non mai vollero ricono-scerlo per tale, ma che anzi, rimanendosi sempre nella lorcecità, nella lor fellonia, tutti i mezzi adopravano per levarlodal mondo con una morte la più barbara, la più crudele.

Io sono il buon Pastore, dice pure a voi tutti, popolo miodilettissimo, il medesimo Gesù Sapienza increata del Padre,e vel dice appunto per tenervi stretti al suo ovile, perchénon abbiate a dire lungi da lui e pascolarvi nei prati dell'av-velenato piacere, a cui vi invitano e i pazzi libertini, e iseguaci del mondo, e i pravi appetiti di una carne ribelle,colla quale più che con altro nemico combattere vi converrà,perché sempre con esso voi la portate fino alla soglia [97v.]del sepolcro: e vel dice appunto per allontanarvi da quellebalze, da quei dirupi, dove il lupo infernale il demonio viattende in agguato per farvi sue prede, per perdervi in unaeternità disgraziata.

Io sono il buon Pastore, dice in modo speciale a voi carifanciulletti e tenere Verginelle, che qui mi fate cerchio ecorona per appressarvi fra pochi istanti alla sacra MensaEucaristica. Io sono il buon Pastore, che non contento diavervi levati dal niente nella vostra creazione, di avervi con-servati con tante cure, con tante sollecitudini fino al presen-te giorno, di avervi fatti istruire nei doveri del cristiano, diavervi perdonati i vostri falli per mezzo del Sacramento dellaPenitenza, voglio di più pascolarvi in questa mattina dellemie sacratissime Carni, e dissetarvi alla fonte del mio san-gue preziosissimo.

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Il buon pastore, prosegue a dir Gesù Cristo, [98r.] dà lavita per la salvezza delle sue pecorelle. Ma d'altronde il mer-cenario che solo pascola il gregge per la lana e pel latte cheda esso ne trae, appena scorge da lungi venirsene il lupo, sene fugge, e abbandona l'Ovile. Noi tutti, popolo mio dilettis-simo, eravamo pecorelle smarrite per la primiera colpa diAdamo, eravamo perduti tra erbe velenose e nocive; lupi,fiere selvagge, e serpenti ci aveano ne' loro artigli: piaghe,scabbia, e altri malori ricoprivano miseramente la poveraanima nostra: ch'ha egli fatto il buon Pastore Gesù? Èdisceso dal cielo in terra, si è rivestito delle nostre spogliemortali, si è fatto veder pargoletto nella grotta di Betlemme,nelle foreste dell'Egitto, nelle contrade di Palestina, si èesposto alla perfidia Giudaica, alle ignominie, alli strazi, elacero, pesto, contraffatto dalle ferite si vide morir sullacroce appunto per la salvezza di noi sue smarrite pecorelle.

[98v.] Che significa infatti quel sangue, quelle spine,quelle piaghe, quei chiodi? A che quelle lividure, quellisquarci di carne nel suo sacratissimo corpo? A che quellamorte crudele, ignominiosa e infame? Ah! bene intendo,dice l'Apostolo, “pro omnibus mortuus est Christus”. Per l'a-more grande che a noi tutti portava, per noi tutti diede lavita e il sangue! Dunque messe in opra quanto dicea ai fari-sei del buon pastore, il quale piuttosto che lasciar perireagnelle, perisce egli stesso, divenendo cibo ai lupi feroci.Rallegratevi adunque, o seguaci del Crocifisso, che il buonPastore non mai vi abbandona! Consolatevi, o felici pecorel-le, poiché Gesù buon Pastore dà per voi e vita e sangue; vitae sangue e tutto se stesso a voi dona!

Ora, ditemi, il mondo, la carne, il demonio, pastori mer-cenari, perché alla [99r.] fine dei conti niente gli cale di voi,

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quali cure si prendono pel vostro benessere? Quali fatiche,quali sacrifizi eglino si fanno per vostro vantaggio? Ah che ilmondo nemico giurato di Gesù Cristo, mentre si arroga difarsi vostro pastore dettandovi le sue leggi, proponendovi isuoi depravati costumi, introducendovi nelle sue pazze follie,vi abbandona, tosto che da voi dispare la gioventù, tosto chesvanisce quella bellezza, quell'avvenenza fugace, e quandopiù non vi arride fortuna, e quando più non vi sono ricchez-ze, e quando insiem con esso avete dilapidato quel patrimo-nio procuratovi con tanta sollecitudine dagl'avi vostri. Ecome, e in quale stato vi abbandona allora il mondo? carichidi vizi, dominati da prave consuetudini, pieni di abiti malvagiormai convertitisi in natura. Così abbandonati a voi stessi,carichi e pieni di peccati più enormi, nemici di Dio, divieneirreparabile la vostra rovina, restate esposti a divenire benpresto preda di mo[99v.]stri infernali, che ovunque vi insidia-no, vi tendono lacci per isbranarvi, per perdervi nel baratroprofondo di tutti i tormenti.

La vostra carne ancora, sollevandosi contro lo spirito, eil demonio padre della menzogna, e di tutte le empietà,vogliono farla da pastori sopra di voi: ma intanto sono mer-cenari, sono impostori, sono ladri, che colla divisa di pasto-re, entrano nell'ovile di Gesù Cristo per perdere, per uccide-re quelle pecorelle incaute, che non sanno guardarsi dalleloro insidie, dai loro inganni. La carne vi solletica con quelprurito di piacere micidiale, che appena gustato genera invoi la morte, e morte sempiterna; che appena gustato in voialtro non lascia, che rimorsi crudeli, i quali straziano delcontinuo la rea vostra coscienza, la dilacerano, la martoria-no, la tormentano in modo sì acerbo da non potersi ridirecon le parole; giusto anticipato infer[100r.]no del disgraziato

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peccatore, per cui al dire dello Spirito Sabto pace non vi èneppure in mezzo allo sfogo delle sfrenate sue voglie. “Nonest pax impiis”.

Il demonio, come vi accennai, la vuol fare anch'egli dapastore su di voi con quelle lusinghe, con quelle suggestioni,con quegli inganni che continuamente vi tende. Ma qualeinteresse può avere il demonio per le vostre anime? È veroche vi promette felicità, contenti, agi, e comodi; ma poi non vimantiene le sue promesse. Che anzi vi fa menare vita infeliceabbeverandovi di fiele il più amaro, e dopo la breve' durata diquesta valle di lacrime per ricompensa vi attende all'Inferno apiangere, a penare, a disperarvi per una eternità.

E voi dunque sareste sì stolti da voler lasciarvi sedurre,da voler lasciarvi guidare dal mondo, dalla carne, e daldemonio, che non sono pastori, ma mercenari invece, chenon ricercano il vostro bene, ma anzi il vostro danno? E voisarete sì cechi, da non vedere i rischi cui andate incontromentre vi lasciate guidare [100v.] da pastori crudeli, cheinvece di salvarvi, vi perdono miseramente, perché non sonpastori ma lupi ingordi e rapaci?

Ah voi almeno, mia gioventù diletta, giacché mi giovasperare, che per anche non vi siate lasciati guidare da que-sti pastori mercenari come sono i Demoni, il mondo, lacarne, o se mai per qualche instante questi vi sedussero, visiete da loro sottratti per mezzo della sacramentale Confes-sione, seguitate le traccie del buon Pastore Gesù: lui soloascoltate, lui solo obbedite, e da lui solo lasciatevi guidarenei pascoli di vita eterna. Vedete, bambini miei, questobuon Pastore Gesù vi pasce stamane con la stessa suacarne, vi disseta con tutto il suo preziosissimo sangue. Puòesservi dunque pastore migliore di lui, più amoroso di lui,

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più impegnato di lui per la vostra salvezza? Qual è mai nelmondo quel pastore sì buono, che cibi di tutto se stesso leproprie agnelle, che mangiare si faccia da esse? Ah! il soloGesù fa tutto questo! Il solo Gesù è buon Pastore, Pastoresanto, Pastore sollecito per la vostra santificazione. Sicchéecc.

[101r.] Domenica 3ª dopo Pasqua

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto, parlando in quel tempo a suoi Discepoli, disse loro: Frapoco non mi vedrete più, e fra poco voi tornerete a vedermi,poiché vado al Padre. I Discepoli all'udir queste parole sidimandarono 1’un l'altro: Cosa vuol dire il nostro divinoMaestro con questo discorso: Fra poco non mi vedrete più, efra poco mi rivedrete, perché vado al Padre? Noi non sappia-mo cosa si voglia dire con questo ‘fra poco’. Conobbe Gesùche i Discepoli voleano interrogarlo su di ciò e per questo lidisse: Voi vi dimandate a vicenda cosa io mi abbia volutodirvi colle seguenti parole: Fra poco non mi vedrete più, efra poco mi rivedrete. In verità, in verità io vi dico che pian-gerete, vi lamenterete, e il mondo si rallegrerà: vi attristere-te, ma la vostra tristezza si convertirà in gaudio. Quandouna [101v.] ritrovasi alle pressure del parto è molto attrista-ta, perché vede giunta la sua ora: ma quando poi abbia datoalla luce il suo pargoletto, più non si ricorda dei dolori sof-ferti per la gioia che prova nell'aver dato un uomo al mondo.Ancora voi adunque sarete adesso rattristati e mesti, ma dinuovo io vi vedrò, e si rallegrerà il vostro cuore e il vostrogaudio nessuno vel toglierà. Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

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Avete udito, popolo mio dilettissimo, come parlò GesùCristo a suoi diletti discepoli colà nel Cenacolo di Gerosoli-ma la sera della vigilia, che precedette il giorno della ama-rissima sua Passione e tormentosa morte. Egli così li parla-va per disporli a sopportar con pazienza la tristezza da cuisarebber compresi in quei giorni, nei quali più nol vedreb-bero mortale e passibile cogl'occhi, e quando ancora perconfermare la sua celeste dottrina in tutte le parti delmondo avrebbero dovuto incontrare calunnie, e persecuzio-ni, stenti e travagli, carnificine, carceri e morte.

[102r.] Se non che i discepoli, al dire del gran Dottoresan Giovanni Crisostomo, quasi sbigottiti dall'amarezza edal cordoglio per la partenza annunziatali dal loro divinoMaestro, non compresero punto il senso delle parole delSalvatore. Perciò appunto più chiaro ed aperto li parlaGesù, e li dice: Coraggio vi fate, o miei amati Discepoli,coraggio vi fate, poiché la vostra tristezza sarà ben prestocangiata in letizia e in gaudio. Io, è vero che vado incontroalla morte, ma la mia morte aprirà a voi l'adito di una vitagloriosa. È vero che per annunziare il mio vangelo all'uni-verso mondo andrete incontro a fatiche, a stenti, a odi, apene, a tribolazioni di ogni fatta, ma sarà breve il patire pervoi, e la gloria, che con esso vi meritate, sarà una gloriaimmancabile ed eterna colassù nell'Empireo, dove voi mirivredete, non più soggetto alle umane miserie, non piùsatollato di obbrobri e disprezzato dagl'uomini, ma tuttorisplendente di luce immortale alla destra del mio divinPadre.

[102v.] Ciò che disse Gesù Cristo agl'Apostoli, lo ripeteanche a noi, fratelli e figli miei dilettissimi, lo ripete anche anoi per animarci alla pazienza nella vita presente, in cui

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purtroppo circondati noi siamo dalla miseria, e dalle tribola-zioni, giusto retaggio di Adamo prevaricatore. Siamo dunquetentati dal nemico dell'uman genere il demonio, ci tendelacci e insidie il mondo perverso e pervertitore, ci alletta e cistimola la carne ribelle a gustar quel piacere, che appenaassaporato genera in noi la morte dell'anima? Ebbene com-battiamo da forti, sosteniamo gl'impeti, e le lotte di questinemici crudeli, e allora ci renderemo meritevoli di immortalecorona nella Patria fortunata degl'eletti. Ne dubitate forse,fedeli miei? Udite come parla l'Apostolo san Giacomo nellasua Epistola cattolica: “Beato è quell'uomo che soffre conpazienza le tentazioni, poiché quando sarà provata la suacostanza, riceverà la corona di vita, che Dio ha promessa acoloro che lo amano”.

[103r.] Siamo poi calunniati, perseguitati, ed oppressidalle persone del mondo? Siamo tormentati dalle malattie edalle disgrazie? Siamo nelle afflizioni, nella povertà, nellamiseria, nella fatica, nel travaglio, nella desolazione, nellearidità di spirito, nel tedio, e nella noia? Ah! buon segno èquesto, miei cari, poiché dopo il cupo squalore di questanotte di prova e di tristezza, spunterà sì per noi l'aurora diquel lietissimo giorno in cui vedremo faccia a faccia l'eternoSole di giustizia Gesù Signor nostro; e la gioia che provere-mo allora nessuno potrà mai toglierla dal nostro cuore: “etnemo tollet a vobis”. Consoliamoci adunque su questo dolceriflesso, e saremo pienamente convinti coll’Apostolo sanPaolo, che le pene della vita presente svaniscono affatto, enon si meritano più il nome amaro di pena, se bene ponia-mo mente alla ventura gloria che per mezzo di esse ci acqui-steremo colassù nel Cielo.

[103v.] Dopo aver parlato fin qui alle persone dabbene

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simboleggiate nei Discepoli, cui parlava Gesù Cristo nell'o-dierno vangelo; dopo avere, io dico, esortato queste alla cri-stiana pazienza nelle miserie di quaggiù sul riflesso conso-lante di quella felicità perfetta che le attende nella vita avve-nire; permettetemi, fratelli e figli miei dilettissimi, che unaparola rivolga anche ai peccatori, che compresi sono in quelmondo, che secondo la espressione del medesimo Gesù Cri-sto gioisce e si rallegra nel delitto e nel peccato, mentre ilgiusto è vilipeso ed oppresso. E chi sono questi peccatori aiquali intendo io di rivolgermi in questo istante? Sono coloro,che in ben diverso senso da quello, in cui lo dicea Gesùagl'Apostoli, così parlano almen col fatto ai loro peccati intempo di Pasqua per riportare alla Chiesa quel pezzo di foglioconsegnato loro dal parroco: Piaceri brutali, cattive pratiche,rapaci ingiustizie, giochi, ridotti, fra poco non mi vedrete[104r.] più perché vado a confessarmi, ma passati i giornisanti, ritorneremo a vederci, perché non è possibile astenercidalle bestemmie, dal gioco e dalla bettola; è impossibile astare per sempre senza quel piacer lusinghiero, senza quel-l'amicizia ormai stretta da lunghi anni; troppo per noi gravo-so si è lo star lontani da quell'occasione, da quei compagni,che formano il nostro diletto, il nostro passatempo. Ah! infe-lici, ah! disgraziati peccatori! E non paventate punto i tre-mendi guai fulminati nell'ira sua dalla eterna Sapienza delPadre, quando vi dice: Guai a voi o ricchi, o potenti nell'ini-quità; guai e sempiterni guai a voi, o mondani, che rideteadesso, perché piangerete dappoi nel baratro di Inferno? enon vedete che l'andare dal peccato alla confessione, dallaconfessione al peccato, e in una parola il ricadere in peccatomerita maggior castigo, e conduce poi al maggior dei casti-ghi, [104v.] voglio dire all'impenitenza finale?

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Volete vederlo? Mirate Caino... il peccare una volta, duetre... può esser bollor di passione, impeto di gioventù, debo-lezza di animo... e perciò meritate più compassione: madopo aver provato per esperienza, che col peccato perdete lagrazia di Dio, ritornate a dar la morte a Gesù... vi meritateun Inferno. Se tornate a peccare, non sarà forse maggiore lavostra malizia, e per conseguenza non meriterete maggiorecastigo?

Cadete finalmente nell'impenitenza finale, poiché ioosservo un Assalonne, tipo di quelli che si servono dellabontà del Signore per maggiormente oltraggiarlo; io osservoAssalonne, che abusandosi della clemenza del suo GenitoreDavide, provò finalmente la mano sdegnata di Dio colà nellaforesta di Efraim, quando disfatto il suo esercito e datosi aprecipitosa fuga al passare sotto di una querce vi restòappeso per i lunghi capegli, e da Gioab raggiunto gli fu pas-sato il cuore con tre colpi di lancia. Così vanno a finire ipeccatori, muoiono disperati...

[105r.] Domenica 4ª dopo Pasqua

Restarono contristati gli Apostoli, quando nostro SignorGesù Cristo li disse, che dovea ritornare al Padre, e cheperò li avrebbe lasciati in questo mondo privi della sua cor-porale presenza. Ma nel tempo stesso li consola prometten-doli lo Spirito Santo che avrebbe mandato dieci giorni dopola sua gloriosa Ascensione al Cielo, perché illustrati da essopotessero ammaestrare gli uomini in tutto quanto l'universosopra le verità di nostra religione santissima li dice, che permezzo di questo divino Spirito gli renderanno giustizia, efaranno vedere al mondo tutto, che il Figlio di Dio fu con-

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dannato ingiustamente alla morte dai perfidi ebrei, ma chepoi risuscitato per propria virtù ritornò al Cielo trionfante eglorioso per regnarvi in eterno col suo Genitore: li dice, cheil mondo, cioè gli uomini tutti saranno pienamente convinti,che il demonio è di già giudicato, perché Egli colla sua pas-sione, e morte ha operata la redenzione del genere umano,ci ha salvati dalla morte eterna, ci ha riaperte le porte delCielo, che chiuse erano state per lo peccato. “Arguet mun-dum” ecc. ecc.

Dunque vedete bene, popolo mio dilettissimo, che ilnostro Signore Gesù Cristo, sebbene ritornasse al Cielo,non lasciò però sola la sua Chiesa della quale li santi Apo-stoli sono fondamenta, e colonne; ma gli promise [105v.] loSpirito Santo, la sua divina assistenza sino alla fine desecoli: “Et ecce vobiscum sum usque ad consummationemecc. ecc.”. Fra questi dodici Apostoli uno ne scelse per capodi tutta la cristianità, di tutta la santa Chiesa cattolica, chepresto presto si sarebbe propagata in tutto il mondo. E que-sto capo fu Pietro, da cui tutti doveano dipendere nel pasto-rale ministero, e a cui disse: “Tu sei Pietro, e sopra questaPietra inalzerò la mia Chiesa e le porte dell'Inferno non lapotranno mai abbattere: e ti darò le Chiavi del Regno de’Cieli. Tutto ciò, che scioglierai sulla terra sarà sciolto nel Cieloe tutto ciò, che legherai qui in terra sarà legato anche inCielo”. Dunque nel solo Pietro, come dice san Leone, vieneda Gesù Cristo collocato il centro dell'unità cattolica, e tuttigli altri Apostoli, e tutti gli altri Vescovi, che furono, sono esaranno sino alla fine del mondo devono dipendere dallaCattedra di Pietro, poiché a lui solo fu dato di pascere lepecore, e gli Agnelli, vale a dire a lui devono obbedire nonsolo i semplici fedeli, ma anche i Vescovi tutti, e alla Chiesa

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di Roma devono star soggette tutte le altre Chiese. Eccodunque in Pietro, che dimora la verità, e l'infallibilità, per-ché Gesù Cristo di queste due lo assicurò prima di partireda questa terra; ecco Gesù Cristo medesimo, che nella per-sona del suo Vicario insegna, definisce, lega, e scioglie, eparla per la sua bocca. E siccome la Chiesa dovea durare[106r.] secondo la promessa del divin Salvatore fino al dì delgiudizio, e Pietro d'altronde come tutti gli altri uomini doveamorire, così fu necessario, che le promesse fatte a Pietropassassero anche nella persona dei Papi Pontefici Romani,che sono successori legittimi di lui. E di fatto per 19 secolitutte le Chiese del mondo hanno sempre riconosciuta percapo e Maestra quella di Roma, e nella persona del Papahanno riconosciuto un Dio in terra, vale a dire un di luiVicario assistito sempre dalla grazia dello Spirito Santo, chenon può mai sbagliare nell'insegnarci, e spiegarci i dommi,e le dottrine di nostra santa religione. E chi non è unito colPapa successore di san Pietro, chi non sta a’ suoi ordini, èun ramo staccato dall'albero, che non può produrre fruttoalcuno, e che però presto presto sarà gettato sul fuoco. Daciò, fratelli miei dilettissimi, dovete intendere che se voglia-mo salvarci bisogna credere tutte quelle verità, che sonostate rivelate da Dio, insegnateci dai santi Apostoli, spiegatee definite dai santi Concili, i quali perché possano far leggi atutta la Chiesa cattolica devono essere approvati dal PapaVicario in terra di Cristo. Da ciò dovete comprendere lanecessità di obbedire umilmente a tutti gli ordini di santaChiesa senza volervi far giudici superbi di quanto Essa viimpone. Da ciò dovete capire una volta, che per esser buonicristiani bisogna credere nel Papa, rispettarlo, e obbedirlo, ericonoscere in lui non un uomo soggetto a mancare, ma

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Gesù Cristo stesso infallibile nelle sue dottrine. [106v.] E sevolete star saldi nella fede, procurate di fuggire tutte leoccasioni, tutti i pericoli, che vi potrebbero far vacillare inessa: fuggite i cattivi compagni, quei libertini sfrenati, iquali hanno da ridire su tutto ciò, che li insegna la santaChiesa cattolica, i quali leggono la sacra Scrittura, e lavogliono intendere a loro modo (ignoranti, e temerari, chesono) e dicono più bestemmie, che parole; e non voglionoobbedire alla Chiesa, che li proibisce di leggere la Scritturamedesima tradotta in lingua volgare senza annotazioni diapprovati Autori. E voi, padri e madri, aprite una volta gliocchi e vedete i disordini in cui disgraziatamente son cadutii vostri figliuoli. Essi di cristiano, non hanno più che ilnome; e sapete perché? perché li lasciate andare a lorcapriccio con quei discoli e ai ridotti, e alle conversazioni, eai circoli, dove si parla sfrontatamente contro la verità dinostra santa fede, dove si disprezza quanto ha di più sacrola religione. E cosa ne succederà? ne avverrà, che questeparti di voi medesimi, voglio dire questi stessi vostri figli,che nel santo Battesimo li faceste cristiani, li faceste anno-verare nel Ruolo fortunato dei fedeli cattolici perderanno lafede, diventeranno atei, e non conosceranno altro Dio, chele loro sfrenate passioni. Padri e madri, levate dalle manidei vostri figliuoli quei libracci protestanti, che insegnanomassime storte, e dottrine false, levategli quelli altri, chetrattano di cose oscene, ed impure, che corrompono i costu-mi; levateli anche quelle Bibbie sacre tradotte in lingua vol-gare perché le spiegano a loro modo, e non secondo il sensodella santa Chiesa cattolica; e rammentatevi, che tali [107r.]libri non si possono leggere, non si possono tenere nemme-no presso di sé, e quelli, che li hanno sono obbligati sotto

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pena di peccato mortale a consegnarli nelle mani del pro-prio curato, o parroco, oppure alla Curia Arcivescovile diLucca, e se dentro 15 giorni non li consegnino come sopra,oltre al peccato vi è anche la scomunica riservata al nostroArcivescovo, ed altre scomuniche ancora rammentate dallibro dell'Indice. Sotto le medesime pene, cioè se non voleteincorrere nelle scomuniche, e nel peccato siete obbligati adenunziare tutti quelli, che abbiano presso di sé i suddettilibri; li leggano, o li facciano leggere da altri, siete obbligatia denunziare i bestemmiatori, tutti quelli che dicono Eresie,o che difendono, o tengono in casa loro degli eretici, osospetti di eresia, tutti quelli, che tengono adunanze perabbattere la santa fede cattolica, tutti quelli, che seguano imali con delle stregonerie, e con delle superstizioni, chemedicano il mal d'occhio, o fanno altri segni, o magie, ovane osservanze, cose tutte inventate dal diavolo, e che lefanno per parte del diavolo, perché lo hanno dalla sua, oespressamente, o tacitamente. Siete obbligati a denunziarequelli, che mangiano carne il venerdì, e il sabato, e le altrevigilie comandate dalla santa Chiesa senza averne un verobisogno, e senza le debite licenze. Ma voi mi direte, che nonfate la spia a nessuno, che pensate ai fatti vostri, e che nonbadate a quello che gli altri fanno, che gli altri dicono. Sì,dovete badare ai fatti vostri, non ve lo nego, ma qualchevolta [107v.] la carità vi obbliga a badare anche ai fatti deglialtri, quando potete giovare alle anime loro, alla patria, allasocietà cristiana; e quei tali, che vi ho mentovati, sonoappunto la rovina degli Stati, i pervertitori dell'ordine stabi-lito da Dio, la peste degli incauti, delle anime cristianericomprate col sangue di Gesù Cristo, il flagello più terribiledella religione. E però la santa Chiesa assistita sempre dallo

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Spirito Santo come gli promise oggi il Redentore divino, viobbliga a denunziarli. Ti obbliga, perché da per sé sola nonpuò conoscerli, non può sempre sentirli, non può tutte levolte vederli, e per conseguenza non può far valere contro diloro le ben giuste meritate pene. E non abbiate paura conciò di far la spia, di far del male a qualcheduno, che anzi adenunziarli voi fate gran bene prima per l'anima vostra per-ché vi acquistate dei meriti per l'altra vita, e poi per leanime loro perché venendo corretti possano ravvedersi, eprovvedere alla sua eterna salute. Ditemi un poco perchéGesù Cristo volle provvedere alla sua Chiesa lasciandole ilCapo visibile, che è il Papa, lasciandole i Vescovi, i parrochi,e i sacerdoti tutti? Volle fare in tal modo perché questi congelosa cura guardassero il popolo di Dio a loro affidato, loistruissero nelle verità di nostra religione, e correggesserocon parole e con fatti quei disgraziati, che si allontanano dalretto sentiero. Dunque, come vi ho detto, voi farete unacosa molto grata a Dio, e vantaggiosa alla santa Chiesa,[108r.] se denunziate quelli, che mancano contro di essa.Non abbiate paura, vi ripeto, con ciò di far la spia, di badareai fatti degl'altri; ma piuttosto fatevi scrupolo di non denun-ziarli, piuttosto fatevi scrupolo di parlarne fra di voi altri, dimormorarne e di sparlare male di loro in mezzo alle adu-nanze, alle conversazioni: allora sì che fate male perchémancate alla carità; ma se d'altronde lo dite a un Ministrodi Dio voi fate bene perché adimpi-te a quanto vi impone lacarità medesima. E non vi sono forse note le prave intenzio-ni dei sapientuoli moderni? E non sapete cosa si son pian-tati nella testa? Dalle loro espressioni, dalle loro massimeperverse, che cercano di spargere dovreste averli conosciuti.Essi hanno in mira di manomettere la religione cattolica

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nella nostra Italia: essi predicano un Vangelo, una dottrinadettata dal diavolo, e del tutto contraria a quella di GesùCristo: essi vi insegnano le eresie di tutti i secoli, vi diconoche non ci è Inferno, che sono ragazzate l'osservare i digiu-ni, il venerdì, e il sabato, che non importa andare allaMessa, a sentire la parola di Dio, l'esercitarsi in altre virtùcomandate dalla Chiesa, o consigliate da essa: essi vi dico-no, che non importa confessarsi ai sacerdoti, e che bastaconfessarsi a Dio, e tante altre cose ripugnanti alla naturastessa vi diranno che non sono peccati. Vi predicano queste,perché sono marci, sono appestati, e vorrebbero appestareanche voi. [108v.] Abbiamo detto fin da principio, che GesùCristo prima di ritornare al Cielo lasciò ne’ suoi piedi sanPietro, gli diede la potestà di legare, e di sciogliere, e chequesta potestà nel tempo stesso la diede anche ai di lui suc-cessori. Abbiamo detto, che il Papa è Vicario di Gesù Cristo,è il Capo di tutta la Chiesa, è il centro dell'unità cattolica, acui tutti i fedeli, tutte le altre Chiese devono far capo, a cuidevono tutti obbedire. Ebbene, sapete cosa dicono questisaccenti del giorno? Dicono contro del Papa improperi i piùabominevoli, bestemmie le più esecrande, sarcasmi, e satirele più pungenti, le più ributtanti. E non importa, che questiempi la piglino tanto contro del Papa, poiché non potrannomai derogare alla sua dignità, alla sua santità, non potran-no mai buttare a terra il suo primato, avendo detto il Signo-re, che anche tutto l'Inferno scatenato non la potrà controdi lui. Altri poi non hanno che ridire sulla potestà del Papa,ma lo vorrebbero più povero, perché, come essi si esprimo-no, san Pietro, e gli altri Papi dei primi secoli della Chiesa,non aveano regno temporale, non aveano tante ricchezze.Cosa ne dite, voi dilettissimi, di questo modo di parlare, di

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questo zelo, che hanno della povertà evangelica tali simula-tori, e ipocriti? Io dico, secondo il mio poco criterio, che essinon sono buoni cattolici; perché i buoni hanno piacere, egodono, che il Papa abbia non solo potestà spirituale, masibbene anche [109r.] il dominio temporale, godono che illoro Capo sia riccamente abbigliato, e riconoscendolo unDio sulla terra, sanno, che non vi è abbastanza di amore, dimagnificenza, di dignità, che sia sufficente a dimostrare ladi lui celeste grandezza. Non date retta adunque a questisciagurati, non li credete quando vi dicono, che la causa ditanti mali, che affliggono l'Italia è stato il Papa; ma rispon-deteli invece, che sono stati loro: loro sono stati, che collapoca religione, per non dir punta, con la loro falsa politicahanno rovesciato ogni ordine, col pigliarsela contro la Chie-sa, e i suoi ministri sacri, colle scomuniche che hannoaddosso, colle loro infedeltà hanno depauperato gli stati,hanno fatte spese immense, (e a noi poi toccherà a pagarle)ci hanno insomma tirati addosso i divini flagelli, coi quali ilSignor ci percuote, e ci percuoterà in appresso. Già io nonmi maraviglio, che da questi libertini sia perseguitata laChiesa, sia perseguitato il di lei Capo, che è il Papa, sianoperseguitati i di lei ministri, i di lei Apostoli, che sono isacerdoti, conciossiaché disse Gesù Cristo nel Vangelo diquesta mattina che i suoi seguaci bisogna che abbiano inquesto mondo delle Croci, e delle persecuzioni, e che quellistessi, che li perseguitano accecati dal diavolo si sarebberocreduti di averci ragione, e di fare con ciò cosa grata a Dio.Non mi faccio maraviglia, [109v.] che questi tali perseguitinola Chiesa di Gesù Cristo, poiché, come si esprime, nonhanno conosciuto né lui, né il suo divin Padre. Lo hannoconosciuto è vero per offenderlo, per bestemmiarlo, ma non

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l'hanno conosciuto per osservare la sua santa Legge. E perconseguenza torno a ripetere non è maraviglia se persegui-tano i servi mentre non la risparmiano al loro Signore. Manon ci sgomentiamo, fratelli miei e figli dilettissimi, faccia-moci coraggio nelle miserie, e nelle persecuzioni, che ci ven-gono dagli empi, soffriamole con pazienza, e con rassegna-zione alla volontà del Signore, sicuri e certi, che la provadella nostra fede opera in noi la pazienza, la pazienza gene-ra in noi la speranza, e la speranza ci rende sicuri della glo-ria del Cielo. Rendiamo ancor noi testimonianza al Figlio diDio, e Signor nostro Gesù Cristo col confessare senzapaura, ed anche in faccia a suoi persecutori quella fede san-tissima che ricevemmo nel Battesimo, stimandoci fortunatise per difenderla, per propagarla dovessimo dare, come gliApostoli santi, il sangue e la vita. Preghiamo Iddio per quelliche ci perseguitano, che ci hanno fatto, e ci fanno passare igiorni nel terrore e nello spavento, nelle miserie, e nelle tri-bolazioni affinché di tutto cuore a lui si convertano, abban-donino gli errori, e gli scismi, e ritornino figli obbedienti,sudditi fedelissimi di Chiesa santa che ha sempre visceretenere per abbracciarli, e stringerli al suo seno materno.

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[110r.] Domenica 5ª dopo Pasqua

Qualunque cosa voi chiederete al Padre mio in mionome, egli ve la concederà. Così parlava il divin Redentore a’suoi Discepoli nell'odierno Vangelo. Chiedete, e riceverete; esarà pieno il vostro gaudio. Che dobbiamo imparare, popolomio dilettissimo, dalle annunziate parole di nostro SignorGesù Cristo? Dobbiamo conoscere la efficacia, e la necessitàdella preghiera.

Riguardo alla necessità io dico, che quanto è necessarioil cibo materiale al nostro corpo per mantenerlo vivo e insalute, altrettanto è necessaria la preghiera per ottenere daDio quanto ci fa di bisogno e per l'anima e per il corpo. Ilpiano ordinario della divina Provvidenza è questo, che iltutto otteniamo per mezzo dell'orazione. Potrebbe sì Iddioaccordarci la grazia anche senza esserne da noi richiesto;ma fate poche eccezioni, egli non ci concede queste graziemedesime se non gliele addimandiamo colla umile e ferventenostra preghiera.

[110v.] Ora ditemi, chi è fra voi, che non abbia bisognodi grazie? Chi è fra voi che sia sufficente a se stesso senza ildivino aiuto? Nessuno certamente. Senza di me, dice GesùCristo in altro luogo del Vangelo, senza di me non potetecosa alcuna: “Sine me nihil” ecc. ecc. Da per noi, dice l'Apo-stolo, non possiamo niente; ma ogni nostra virtù, ogninostra forza è da Dio. Dunque se noi viviamo, se noi operia-mo, se siamo sani e robusti, se siam liberi dalle disgrazie, sestiamo lontani dal peccato, se ci esercitiamo nella praticadelle cristiane virtù, se si giunge alla gloria del cielo, se nonsi precipita all'Inferno, è tutta grazia di Dio. Ma sappiate,che tutte queste grazie il Signore le concede solamente a

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coloro che lo pregano. Dunque conoscete da ciò quanto ènecessaria l'orazione.

E poi perché il medesimo Gesù Cristo ci dice ripetuta-mente: “Pregate; pregate sempre”, “Vegliate e pregate pernon essere vinti dalla tentazione”? Perché sapea benissimo,che attesa la nostra debolezza, ci era di assoluta necessitàla preghiera; e che chi spera di conseguire gli aiuti [111r.]celesti senza orazione, è un temerario che pretende cammi-nar senza piedi, è un folle che presume volar senza l'ali.

La preghiera inoltre è necessaria all'uomo viatore perrendere a Dio quel culto di onore e di sudditanza, che glideve. È il medesimo Dio che nei salmi parla così: “Nel giornodella tribolazione fai ricorso a me, invocami con viva fede, ein tal guisa mi onorerai, ed io ti sarò propizio e ti esaudirò” –In die tribulationis invoca me” ecc. ecc. Colla preghiera infat-ti confessiamo a Dio la nostra meschinità, la nostra dipen-denza da Lui, la sua onnipotenza, la sua misericordia; edecco che si riconosce per nostro Creatore e Signore, pernostro sostegno e nostra difesa in mezzo alle miserie che necircondano su questa terra di esilio. Dunque vedete beneche bisogna sempre pregare perché l'orazione è necessaria.

Ma questa preghiera, questa orazione, sarà sempre effi-cace, vale a dire Iddio esaudirà sempre le nostre orazioni?Sì certamente. Vi è di mezzo la divina promessa, e non pos-siamo dubitarne senza mancare a quella fede che [111v.]abbiam professata nel santo Battesimo. Si è protestato Iddioin mille luoghi della sacra Scrittura di volere ascoltare lepreghiere del povero, dell'umile e dell'oppresso: di voler con-cedere tutto quanto gli sarà dimandato; dappoiché l'orazio-ne fatta a dovere fa forza al suo cuore pietoso e non puòresistervi; come una tenera madre non può negare a’ figli

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suoi quanto le addimandano. E Gesù Cristo che cosa dicenell'odierno Vangelo? Dice: “Qualsivoglia cosa voi chiedereteal Padre in mio nome, Esso ve la concederà”. E lo promettecon giuramento: “Amen amen dico vobis”, e prosegue: “Chie-dete, e riceverete”. E in altro luogo: “Chi chiede, riceve; chicerca trova; a chi batte sarà aperto”. Dunque pregate, eotterrete, perché l'orazione è efficace, e la sua efficacia siappoggia alla divina promessa.

Mi direte forse che son deboli le vostre orazioni. Nonimporta, vi rispondo coll'Apostolo san Giacomo. Anche Eliaera uomo passibile, mortale, meschino come voi; eppurepregò che non piovesse e non piovve più per tre anni e seimesi: tornò a pregare, e il cielo mandò la sua [112r.] pioggia, ela terra rendette i suoi frutti. E chi salvò Daniele dalle zannedi feroci leoni? La preghiera. E chi preservò dalle fiammedella fornace di Babilonia i tre Giovani ebrei? L'orazione. Echi ne allontanò in ogni tempo e le pestilenze, e le malattie e idisastri tutti che vennero ad affliggere la misera umanità?L'umile e fervorosa preghiera inalzata a Dio, alla Vergine, aiSanti. E perché anche oggidì non subissa questo mondo ini-quo, pieno di eresie, ridondante di bestemmie e di miscreden-ze, perduto nella lussuria, nella ingiustizia e nei tradimenti,nell'egoismo, e nelle profanazioni di quanto vi ha di più sacronella religione del Cristo? Perché appunto la Chiesa santanon cessa di pregare; perché appunto tanti sacerdoti, tantireligiosi, e tante anime buone gridano a Dio incessantemente:“Parce Domine, parce populo tuo, et ne des haereditatem tuamin perditionem”. Ah! Signore, pietà del [112v.] vostro popolo,perdonategli le sue colpe, non lo trattate secondo i suoi meri-ti, e allontanate da esso i flagelli della adirata vostra divinagiustizia pronta a disperderlo dalla faccia della terra.

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Molti dicono ancora: noi preghiamo e ripreghiamo, e nonsi ottiene quanto si desidera. Dunque non è sempre veroche l'orazione sia un mezzo efficace per impetrare tutto daDio. Tacete, miei cari, non dite più di queste eresie: che io vifarò conoscere il motivo per cui voi non siete esauditi nellevostre orazioni. Sapete perché non vi esaudisce Iddio quan-do pregate? Perché, risponde per me il citato Apostolo sanGiacomo, pregate malamente. Pregate senza fede, senzaumiltà, senza attenzione, senza perseveranza. Come voleteche Iddio ascolti le preghiere di coloro che non credono nep-pure nel pane che mangiano? Che attribuiscono tutto alcaso tanto il male che il bene? Che non riconoscono Iddioautore e dispensatore del tutto? Come volete che Iddioascolti le preghiere di quei cristiani superbi, che pretendonodi saperne più di Salomone, che vogliono insegnare allaChiesa, al Papa, ai Sacer[113r.]doti, che si credono esserglitutto dovuto, che bestemmiano quello che non intendono, epresumon financo di penetrare nei segreti inaccessibili delladivina Provvidenza? Come volete che Iddio esaudisca le ora-zioni di quei distratti e sbadati cristiani, i quali preganosenza attenzione, senza divozione e colla mente ripiena difrascherie di mondo, oppure pregan fra il sonno, e con svo-gliatezza e con negligenza somma? Ditemi, se un povero sifa alla vostra porta e vi chiede l'elemosina con arroganza,con superbia, e al tempo stesso vi offende con dirvi che sieteavaro, che da voi non spera niente; ossivero mentre vi pregadi aiuto lo vedete distrarsi con chi passa, e divertirsi in altrioggetti, non vi credereste da lui offeso, burlato e messo inischerno? Gli fareste la elemosina? Io dico di no: anzi glidireste: escimi davanti, villano temerario; non meriti com-passione; ma invece ti meriti di essere abbandonato da

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tutti, e che tutti ti facciano pagare il fio della tua temerità edel tuo orgoglio. Così Iddio, vedete, così Iddio rigetterà da sétutti coloro che lo pregano senza umiltà, senza fede e senzaattenzioni.

[113v.] Dunque la preghiera va fatta con fervore, conumiltà, con fiducia nella onnipotenza e misericordia di Dio.Ma non basta ancora. Bisogna inoltre perseverare nella pre-ghiera finché non si sia ottenuto quanto si dimanda. Biso-gna chiedere le grazie in nome di Gesù Cristo nostro pos-sente avvocato e nostra propiziazione presso del Padre.Bisogna prima di tutto chiedere la salvezza dell'anima, lasanta perseveranza nel bene fino alla morte (e questa dob-biam chiederla tutti i giorni), poi chiediamo pure anche legrazie temporali, ma colla condizione però che non siano dinocumento all'anima; e allora certamente il Signore che èricco in misericordia ci concederà tutto quanto ci fa di biso-gno, dacché ci ha promesso nel santo Vangelo di questamattina che qualunque cosa chiederemo in suo nome potre-mo ottenerla: “Amen amen dico vobis, si quid petieritisPatrem in nomine meo, dabit vobis”.

[114r.] Domenica fra l'Ottava dell’Ascensione

L'amabilissimo Redentore Cristo Gesù annunzia a’ suoiApostoli ciò che lo Spirito Santo avrebbe operato in essi, esul mondo universo; e predice loro quanto dovranno soffrireda parte degli uomini perduti nel vizio, dominati dalle pas-sioni, accecati dalle false dottrine dell'idolatria e dellasuperstizione.

Tutto questo si avverò pienamente quando ripieni diSpirito Santo predicarono da per tutto e nelle Sinagoghe, e

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nelle adunanze de' giudei, e nei Templi e nelle scuole deiGentili, e dinnanzi ai Re, ai Principi, ai Magistrati, e aipopoli tutti Cristo Crocifisso vero Figlio di Dio, e la sua cele-ste sapienza, quale poi tramandarono a noi registrata neisanti Evangeli.

Fu allora che lo Spirito Santo, Dio insiem col Padre, ecol Figliuolo rese testimonianza a Gesù Cristo. Facendoloconoscere e adorare negl'angoli più remoti della terra; lofece altresì confessare da tutti per vero Figlio di Dio: allonta-nando dalle menti degl'uomini le tenebre dell'errore e dell'i-gnoranza, ne tolse ancora dal cuore la durezza, l'empietà, eil peccato: distruggendo l'impero iniquo del demonio, spo-gliò l'uomo vecchio dei pravi abiti, delle ree consuetudini, emosse l'umana vo[114v.]lontà al bene operare. Sì, tutto que-sto è stata opera stupenda e maravigliosa di quello Spiritodivino consolatore delle anime.

E come infatti dodici poveri Pescatori, quali eran gl'Apo-stoli, rozzi, illetterati, privi di ogni umano sostegno, anziperseguitati da tutti, avrebber potuto far mutar faccia almondo, e a un mondo ripieno di tutti i vizi senza l'aiutodello Spirito Santo? Se questo fosse accaduto; vale a dire sela religione del Nazzareno si fosse propagata e diffusa senzamiracolo, ciò sarebbe il maggior miracolo del mondo, comedice Agostino.

Vogliamo anche noi, popolo mio dilettissimo, esser ripie-ni dello Spirito per potere coi santi Apostoli render testimo-nianza a Gesù Signor nostro? Separiamoci come fecero gliApostoli dagli strepiti del mondo; e se mai per ragione delnostro stato, dei nostri impieghi, della nostra condizione daquesti non ci possiamo separare col corpo, distacchiamonela mente e il cuore. Facciamo con più frequenza orazione, e

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preghiamo questo Santo divino Spirito che venga a posarsisopra di noi, e in noi insiem col Padre e col Figliuolo fissi lasua dimora; che da noi ne allontani il peccato, e l'affetto alpeccare; e che ci riempia delle sue sante [115r.] grazie; e deisuoi preziosi celesti doni.

Che se avremo tal sorte, di ricevere lo Spirito Santo, io vido per certo che allora saremo tutt'altro di quel che fummoin addietro. Se in addietro siam vissuti schiavi delle propriepassioni, perduti nei piaceri di carne, ingolfati nei diverti-menti del secolo, ignoranti delle cose di Dio, della fede, dellareligione, ricevuto lo Spirito Santo fuggiremo tutto ciò chesa di mondo e di peccato, ameremo le cose celesti, e com-prenderemo per quanto è possibile le sublimi verità dellafede. Se in1addietro fummo negligenti e spensierati a farciistruire in tutte quelle cose che ogni fedel cristiano è tenutoa sapere, e a credere e per necessità di mezzo, e per neces-sità di precetto onde giungere al suo ultimo fine che è Iddio,ricevuto lo Spirito, non più marciremo nella nostra pigrizia;non più ci riuscirà peso insopportabile l'andare spesso allaChiesa, ed ivi cibarsi del pane della divina parola spezzato edistribuito dai sacerdoti al popolo fedele: ma anzi accorrere-mo famelici, [115v.] a gustare di questo cibo celeste, per poiridurre alla pratica quanto ci fa intendere Iddio per mezzode' suoi sacri ministri.

Se avremo la sorte di ricevere lo Spirito Santo ne' nostricuori, allora non più sconsigliati andremo in traccia dellavanità e della menzogna; non più perplessi e dubbiosi nellascelta fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre, fra Cristoe Belial; ma invece sceglieremo per nostra porzione Iddio,fuggiremo il peccato, le occasioni e i pericoli di peccare; e dacoraggiosi e da forti combatteremo le disordinate passioni, i

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rispetti umani, non avremo vergogna a comparire cristianicattolici, seguaci della virtù, aborrenti del vizio; saremoinsomma vittoriosi appieno del pazzo mondo, della carne edel demonio.

Voi ben sapete, popolo mio dilettissimo, che due son levie che ci si parano allo sguardo su questa terra [116r.] diprova. L'una sparsa di fiori, di sensuali piaceri, di mondaneallegrie. Su questa vi camminano i sapienti del secolo, imiscredenti, i libertini nemici di Dio giurati, e persecutoridella sua Chiesa, del suo Vicario in terra, de' suoi ministrisacri, della sua religione. Su questa vi camminano i disone-sti, gli avari, i ladri, i violatori di ogni diritto, i peccatoritutti. Ma questa via, dice lo Spirito Santo, conduce allamorte. Quelli cioè che camminano per questa via cascanopoi nel baratro della perdizione, ed ivi rimangono sepolti peruna eternità. L'altra via è seminata di bronchi, di triboli e dispine: corrono in questa le persone dabbene, i buoni cristia-ni; e per questa sola si arriva alla vera vita, che è colassù incielo nostra Patria diletta. Ora per non errare nella via checonduce all'Inferno; per entrare nella retta via che conduceal Paradiso, abbiam bisogno dell'aiuto celeste, e [116v.] que-st'aiuto ci sarà dato sicuramente se lo Spirito Santo discen-derà sopra di noi, e ci arricchirà de' suoi santi doni.

Quando infatti questo divino Spirito discende in un'ani-ma, le comunica il santo fuoco della carità, per la quale siama Iddio e si ama il prossimo; e in forza di questa caritàmedesima riescono facili le cose più ardue, e costano pocafatica anche i più grandi sacrifizi; si vince il torpore e lanoia che si provava una volta negl'esercizi di pietà e di divo-zione, ed anche in mezzo alle pene si gusta una gioia inde-scrivibile, che ci fa provare un'antecipato Paradiso. Né può

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esser diversamente; poiché lo Spirito Santo è l'amor sostan-ziale del Padre e del Figliuolo, e per conseguenza chi lo haricevuto nel suo cuore bisogna che divampi delle sue santefiamme, per cui si allontana la colpa, si purifica l'anima,che irrigata dalla celeste rugiada della grazia tosto si risolvea [117r.] seguir la virtù.

È ben vero però, che lo Spirito santo, sebbene ci accen-da del suo santo amore, non ci libera da ogni timore: anzi ciriempe insiem coll'amore di un santo e salutare timore, ilquale in ogni nostra azione ci rende guardinghi ed attentiper non far cosa che dispiacer possa agl'occhi suoi purissi-mi, ma senza toglier al nostro cuore quella pace che sorpas-sa ogni mondano desiderio, e che è anche nella vita presen-te premio dovuto alle virtuose e sante operazioni.

Ah! dunque, fratelli e figli miei dilettissimi, facciamo ditutto per potere avere la bella sorte di ricevere lo SpiritoSanto che è Spirito di sapienza e di intelletto, Spirito di for-tezza e di consiglio, Spirito di scenza e di pietà, Spirito deltimor santo di Dio, e della santa speranza. Preghiamolo inquesta santa Novena [117v.] come lo pregavan gli Apostoliinsieme con Maria santissima congregati colà nel cenacolodi Gerusalemme, affinché discenda ne' nostri cuori, purifi-chi in essi quanto vi è di vizioso, gl'accenda nell'amor santodi Dio, gl'adorni de suoi preziosi carismi. Che se questo suc-ceda, vi accerto miei cari, che viveremo felici nella vita pre-sente, e felici infinitamente di più nella beata eternità.

[118r.] Domenica fra l'Ottava dell'Ascensione

Gesù Cristo nell'odierno Vangelo promette a’ suoi Apo-stoli lo Spirito Santo che è Dio insiem col Padre e col

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Figliuolo. Dice loro, che questo Spirito è Spirito di verità,per distinguerlo dallo spirito del mondo che è spirito di fal-sità e di menzogna. Dice loro che questo Spirito di Dio glirenderà testimonianza col far conoscere a un mondo intierola sua divinità, e i misteri tutti di sua incarnazione, vita,passione, morte, risurrezione, e gloriosa ascensione al cielo;e che essi pure gli saran testimoni col predicarlo vero Dio evero Uomo a tutti i popoli della terra.

Gli predice inoltre le persecuzioni, le tribolazioni, e lamorte che dovranno soffrire pel Nome suo da coloro che nonconoscono né Lui, né il suo divin Padre: e ciò appunto per-ché non vacillino nella fede, perché non prendano scandaloda suoi patimenti, ricordandosi che prima del compimentogliel'avea già preannunziato.

[118v.] Tutto questo si avverò alla lettera. Era il giorno diPentecoste: i discepoli insieme con Maria sempre Verginesono a pregare nel cenacolo di Gerosolima, ed ecco versol'ora di terza si ode un rumore ben grande, come di impe-tuosissimo vento, e la sala risplende per la luce di diversefiammelle che vanno a posarsi sul capo di ciascheduno. Checosa è questa, o dilettissimi? È quello Spirito consolatorepromessogli dal divino Maestro, che sotto forma di lingue difuoco viene a riempirli de' suoi santi doni.

Gli Apostoli allora tutti accesi di amore di Dio, arricchitidi sovrumana Sapienza, dotati del dono delle lingue, vannointrepidi in ogni contrada ad annunziare la buona Novella,a predicar Gesù Cristo vero Figlio di Dio, a confessarlo alcospetto dei Re, dei Presidi e dei Tiranni, e a rimproverareai giudei nelle pubbliche Sinagoghe la ingiustizia da lorocommessa nel dar la morte al Santo, al Giusto, e nel salvareun uomo omicida.

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Dominava nel mondo la pagana superstizione: eranoperduti gli uomini nell'em[119r.]pietà, nel delitto: abbrutital'umana natura dai vizi i più ributtanti, adorava in milleguise il demonio, tributava incensi a tutto ciò che non eraDio. Ma questo divino Spirito mandato dal cielo coll’autare icuori, rinnova la faccia della terra, previene colla sua graziala predicazione del Vangelo e in tal modo rende testimonian-za al Figliuolo di Dio, come egli avea predetto.

I santi Apostoli pure addivengono testimoni della verità,della santità, della divinità di Gesù Cristo predicando nelmondo universo la sua celeste dottrina, dilatando mirabil-mente la sua Chiesa, il suo Segno. Hanno da contrastarecon una filosofia che divinizza, che favorisce tutte le umanepassioni: hanno da togliere ree abitudini inveterate da secolie convertitesi in una seconda natura: han da combattere lapotenza dei Cesari; ma non importa: assistiti dall'alto, forti-ficati dalla divina grazia, trionfa[119v.]no dell'errore e delvizio, delle umane e infernali Potestà, e in mezzo alle piùcrudeli persecuzioni confermano col proprio sangue quellareligione santissima che l'Uomo Dio era venuto a portarsulla terra, e perfettamente si adempì quanto il medesimoGesù Cristo avea profetizzato, quando nell'odierno Vangelodisse loro: “Verrà un tempo in cui coloro che vi daranno lamorte, si penseranno di prestare grato ossequio a Dio”.

Ora veniamo a noi, popolo mio dilettissimo, e conside-riamo come detto a noi stessi tutto ciò che Gesù Cristodisse agl'Apostoli. Noi viviamo in un secolo perverso e per-vertitore, in cui è persegitata la Chiesa, è beffata ne' suoiministri, è assalita da giornalacci, da scritti infami. Cristo èimpugnato nelle sue dottrine, deriso ne' suoi Sacramenti,negato nella sua divinità. Dio stesso sbandito dai liberi pen-

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satori dalla mente e dal cuore di ognuno, più si vorrebbeche non [120r.] vi fosse: anzi, si ha l'audacia, la forsennatez-za di dire che non vi è.

Viviamo in un secolo in cui si fa di tutto per rapire alleintere nazioni il lume delle comuni credenze, per ridurlesotto la schiavitù delle più sfrenate e truculenti passioni e,scavato il fondamento di ogni autorità umana e divina, sicerca di far cadere le società più potenti nell'anarchia, onella tirannide della forza bruta. E a riuscir nell'intentoquali mezzi si adoperano? Congiure, tradimenti, frodi,inganni, menzogne, calunnie, oppressioni, e violenze. Equali ne sono i deplorevoli effetti? La miscredenza, e l'immo-ralità, l'egoismo, e la licenza al mal fare.

Dunque come cristiani che dobbiamo noi fare per rende-re testimonianza a Gesù Cristo in mezzo a questo universa-le disordine? Dobbiamo confessarlo a fronte aperta, dobbia-mo affermare pubblicamente le sue dottrine, difenderle infaccia a’ suoi nemici, e gloriarci di esser cristiani.

[120v.] Che se invece ci vergognamo di Lui, della suareligione, delle pratiche di pietà: se ci vergognamo di starecol Papa, colla Chiesa, colla parte sana dei credenti veri, eglisi è protestato, che si vergognerà di noi in faccia al suodivin Padre, e non ci riconoscerà per suoi seguaci nel giornodell'universale giudizio.

A confessarci cristiani, a vivere da cristiani saremo, èvero, derisi e perseguitati, e odiati dagl'empi, dai malvagi;ma non importa. Rammentiamoci allora, che Gesù Cristonostro Capo è stato perseguitato prima di noi, e ci ha inse-gnato colle parole e coll'esempio, che la via, che ne mena alcielo, è appunto la via delle croci e dei patimenti. Rammen-tiamoci allora, che egli ce l’avea predetto, che in questo

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mondo i suoi seguaci devon passare per la trafila delle per-secuzioni, e purificarsi in esse, come l'oro nel crogiolo sipurifica dalla scoria.

[121r.] Non vi faccia invidia, miei cari, la prosperità delladro civile, la gaiezza, l'allegria del disonesto perduto, edella mala femina, l'apparente felicità dei nemici di Dio, delsuo Cristo e della sua Chiesa, poiché dessi non sono felici,sono anzi disgraziati: questa chimera di felicità è di brevedurata, e sarà ben presto cangiata in confusione, in disgra-zia. Lo disse lo Spirito Santo per bocca del reale Profeta, cheavea veduto l'empio esaltato come il cedro del Libano; mache, vedutolo appena, ei più non era al suo passaggio. Disseancora, che gli empi in mezzo ai piaceri, agli spassi monda-ni, alle soddisfazioni della carne non trovano vera pace, vericontenti; ma che seducon se stessi per togliersi i rimorsidalla rea coscenza, che li tormenta anche nello sfogo delledisordinate passioni.

Dunque meglio per voi essere afflitti e perseguitati coibuoni,che pro[121v.]sperati coi malvagi; meglio per voi por-tare la croce nella vita presente, ed esser poi esaltati nellagloria del cielo, che godere adesso per breve tempo, e poidisperarsi per una eternità colagiù nell'Inferno.

[122r.] Domenica della Santissima Trinità

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo parlando in quel tempo a suoi Discepoli, disse loro:“A me fu dato ogni potere nel cielo, e sulla terra. Andateadunque, istruite tutte le nazioni battezzandole nel nome delPadre, e del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnandole aosservare tutte quelle cose, che io vi ho comandate: e sappia-

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te, che io sono con voi fino alla consumazione dei secoli”. Finqui l'odierno sacrosanto Vangelo.

La santa Chiesa nostra amorosa madre, che per noi suoifigli, ha veramente cure sollecite e incessanti, dopo averciinsegnato a onorare l'eterno divin Padre col pregarlo in tuttoil tempo dell'Avvento a spedire il suo diletto Unigenito; dopoavere proposti a noi i misteri dell'Incarnazione; Nascita,vita, morte, resurrezione, e gloriosa salita al Cielo delFigliuolo di Dio nel tempo, che passa dal Natale fino al dìdell'Ascensione; dopo averci insegnato a celebrare le gloriedello Spirito Santo dal giorno della Pentecoste fino a tuttoieri, proponeci oggi a considerare, e a venerare insieme letre persone divine, che costituiscono il Mistero della Santis-sima Trinità. Perciò appunto nella messa di questa mane cifa risonare all'orecchie quel testo evangelico da voi udito,nel quale si fa espressa menzione di tutte e tre le divine Per-sone, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, che formano l'adora-bile Trinità.

Questo è il Mistero più grande di nostra religione cattoli-ca, mistero che merita tutta la sommissione del nostrointelletto, tutta devota l'adorazione del nostro cuore. Sicchénel mistero della Santissima Trinità dovete credere, tre Per-sone divine, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo, ma dovete cre-dere, che vi ha un solo Dio, perché tutte e tre le Personeconvengono in una sola Essenza, in una sola natura divina.Dovete credere che Dio è il Padre, Dio il Figliuolo, Dio loSpirito Santo, tre Persone distinte, perché il Padre non è ilFigliuolo, il Figliuolo non è il Padre, lo Spirito non è né ilPadre né il Figliuolo, ma dovete credere ancora che questetre Persone, sebbene siano tra di loro distinte, non sonoperò divise, e per conseguenza, come vi dissi, sono un solo

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Dio. Onnipotente è il Padre, onnipotente il Figliuolo, onnipo-tente lo Spirito Santo, eppure non si danno tre onnipotenti,ma bensì uno solo. Eterno è il Padre, eterno è il Figliuolo, e-terno lo Spirito Santo, eppure non devo credere in tre eter-ni, ma in un solo Dio eterno. Il Padre fino dall'eternità cono-scendo sé stesso genera il Figliuolo, ma il Figliuolo sebbenegenerato dal Padre, tuttavia è uguale a lui in tutte le divineperfezioni. Il Padre, e il Figliuolo vedono le loro immenseperfezioni, le approvano, se ne compiacciono, e amandosiscambievolmente producono lo Spirito Santo che è l'amoresostanziale del Padre, e del Figliuolo, eppure questo SpiritoSanto, sebben procedente da ambedue, in egual modo è Dioeterno, infinito, beato, e beatificante [123r.] come il Padre, eil Figliuolo. Oh! Mistero ineffabile, oh! grandezze senza limi-ti! Io non comprendo come mai tre Persone uguali, divine,distinte, una generante, e l'altra generata, una procedentedall'altre due, che la producono, possono essere un Dio soloeterno, indiviso, ma pur tuttavia devo crederlo fermissima-mente perché me ne assicura un Dio infallibile, e santissi-mo: e in tale credenza consiste appunto quella umile som-missione dell'intelletto, con cui, vi dissi, che bisogna onora-re il Mistero Augusto della Santissima Trinità.

Onde però possiate sempre più fortificarvi in questa fede,procurate di intervenire alle scuole della dottrina cristiana, edel catechismo, dove solamente si acquistano cognizioni piùestese, e più esatte su di ciò che deve credere ogni fedel cri-stiano. Non basta, fratelli e figli miei dilettissimi, non bastastudiare da per sé la Dottrina, ma bisogna andare a sentirladai sacerdoti, che rivestiti furono da Dio del carattere divostri Maestri, e assistiti da lui con aiuti speciali perché pos-sano introdurvi nei pascoli di vita eterna. Per lo che se mai vi

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si affaccia alla mente un qualche dubbio su quanto dovetecredere, badate bene di non dargli retta, ma tosto rigettatelo,e andate dai ministri del Signore, i quali vi istruiranno sopradi quello, che dovete tener per fede.

[123v.] La devota adorazione del cuore deve inoltre adora-re il mistero della Santissima Trinità. In considerando quan-to ci ha amati col darci a nostro fratello il suo diletto Unige-nito, in riflettere bene quanto per noi ha fatto il Figliuolodandosi in preda alla morte, e morte ignominiosa di Croce,in richiamarci a memoria i doni e le grazie compartitici dalloSpirito Santo che si diffuse ne' nostri cuori, dobbiamo eccita-re in noi sensi di riconoscenza, e di gratitudine, dobbiamoriconoscere da questo Dio, uno e trino, ogni nostro bene,dobbiamo amarlo di tutto cuore, e aver per lui quel rispetto,e quella riverenza profonda, che si merita un Dio impercetti-bile, e impercettibile perché grande infinitamente.

L'adorazione del cuore verso l'adorabile Trinità dovetemanifestarla altresì con qualche segno esterno proprio dellareligione che professate. Il principale fra i segni, che rendo-no testimonianza della nostra fede, si è il segno della santaCroce. Con questo segno voi confessate, che vi è un soloDio, e vi sono tre persone distinte, Padre, Figliuolo, e SpiritoSanto. E però usatelo questo segno e la mattina nell'alzarvida letto, e la sera prima di andare a dormire, e al principiodel lavoro, e quando vi trovate nei pericoli, e nelle tentazio-ni, ma usatelo questo segno di Croce con fede, e con devo-zione [124r.] grande, e non fate come tanti dei cristiani, chelo fanno solo per usanza senza raccoglimento di mente e dicuore, e lo fanno con incompostezza sì grande, che volgonoin dispregio un segno venerabile al Cielo, terribile all'Infer-no, per cui si mettono in fuga e in iscompiglio i Demoni.

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Specialmente voi, padri e madri insegnate a vostri figliuoliquesta pia usanza di farsi il Segno della Croce, ma insegna-teli ancora quello, che rappresenta, vale a dire insegnateli acredere che vi ha un Dio solo, che questo Dio è in tre Perso-ne distinte, uguali, indivise, in una parola, insegnateli iprincipali Misteri di nostra santa fede, senza sapere i qualiné voi, né i vostri figliuoli non potete salvarvi.

Ma per onorare, come conviene, il Mistero augusto dellaSantissima Trinità non basta la sommissione dell'intelletto, ela devota adorazione del cuore. Fa d'uopo ancora regolare lanostra vita a tenore di quanto crediamo. Disse oggi GesùCristo a’ suoi Discepoli, che non solo andassero in tutto ilmondo a istruire i popoli, a battezzarli nel nome del Padre,del Figliuolo, e dello Spirito Santo e a insegnarli quello, chedoveano credere circa il Mistero della Santissima Trinità, edi tutti gl'altri Misteri e verità sacrosante, ma gli disse di piùche li ammaestrassero [124v.] anche a osservare quelle cose,che loro avea comandate. Dunque, fratelli e figli miei dilettis-simi, non vi contentate di onorare la Santissima Trinità colcredere, che è un Dio, uno in essenza e trino nelle persone,ma procurate ancora di onorarla con una vita tutta santa, etutta pura, colla fedele osservanza dei divini comandamenti,e in modo speciale, colla santificazione dei giorni di Festa, iquali appunto furono stabiliti per rendere alla Triade augu-stissima il debito culto. Ma ohimè! Se diamo un'occhiata aidisordini, che si commettono nei festivi, qual oggetto di tri-stezza, e di pianto ci si para d'innanzi! Io vedo, e con doloresommo lo vedo, che i giorni di festa appunto, invece di spen-derli nel servizio di Dio, si fanno servire al demonio, e al pec-cato. Io vedo quelli sconsigliati Giovani, che nel giorno difesta vanno vagando per le strade, e per le piazze imbrancati

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con altri compagnacci a divorare coll'occhiate, e coi gesti lapudicizia altrui, a fare discorsi sconci, e disonesti, de’ qualise ne vergognerebbe anche un turco seguace dell'impuro esudicio Maometto. Io vedo quelle disgraziate e infelici fan-ciulle, che serbano appunto i giorni di festa per isfoggiarnelle pompe, e nelle mode, per fare all'amore il più imperti-nente. Io vedo giovinotti e fanciulle, che non contenti dioffendere Iddio, e in casa, e al passeggio, e ai divertimenti,vengono ancora a insultarlo nella sua stessa casa, voglio direnella Chiesa, [125r.] specialmente all'ultima Messa, e il gior-no alla Funzione. Io vedo insomma nei giorni di festa, e gio-vani, e ammogliati, e Capi di casa, e fanciulle, e maritate, evedove, che invece di onorare la Santissima Trinità col venirealla Chiesa a sentir la parola di Dio, a ricevere i Sacramenti,ad assistere con tutta devozione alle sacre funzioni, se nevanno alla bettola, all'osteria, al gioco, si trattengono indiscorsi inutili e peccaminosi, in mormorazioni le più dete-stabili. Ah! non sia di voi così, né de vostri figliuoli, né devostri parenti, e congiunti, ma invece fate a gara nei dì festividi portarvi alla Chiesa, e di starvi con quella devozione, cheben si merita il luogo santo e di ascoltare la voce del vostropastore, che vi parla in nome di Dio, e allora, e allora voionorerete come si deve il Mistero della Santissima Trinità.

Onorate quindi le tre divine Persone con quell'Inno divo-to, di cui continuamente risuonano le nostre Chiese, vogliodire col Gloria Patri ecc. ecc. Nulla avean di più caro i primi-tivi cristiani di quest'Inno giaculatorio: “Sia gloria al Padre,che ci creò, sia gloria al Figlio che ci ha redenti, sia gloria alloSpirito Santo che ci ha santificati; come era nel principio, siaora e per sempre, e nei secoli, de secoli”. E però ripetetesovente anche voi: “Gloria, Patri, et Filio ecc. ecc.”, e procu-

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rate, che tali parole vengano da labbra pure, e monde, poi-ché non potrebbero piacere alla Santissima Trinità le vostrilodi, se mentre la venerate con questo cantico, la offendetepoi con parole [125v.] che male si addicono alla bocca di uncristiano.

Finalmente per onorare la Santissima Trinità ascoltatespesso la santa Messa, la quale appunto fu istituita daGesù Cristo per lodare, benedire, e ringraziare la Triadeaugustissima dei tanti benefizi ricevuti nella Creazione,nella redenzione, e nella nostra santificazione. Non vi hanella Chiesa funzione più solenne del santo Sacrifizio dellaMessa con cui si renda a Dio quel culto, che gli è dovutocome Signore supremo di tutte le cose, e per conseguenzanon dovete avere tanto a cuore altra cosa, quanto il portarvitutti i giorni a sentire la santa Messa. Né mi state a dire chenon avete tempo di venire alla Messa: il tempo lo avreste,basterebbe saperlo trovare. Andatevene a letto per tempo lasera, invece di passarvela in discorsi inutili, e di girare perle strade, e sui canti della Città, e la mattina allora vi alze-rete a buon'ora, e quando sia tempo di incominciare i vostrilavori avrete di già assistito all'incruento santo Sacrifizio.Udite spesso la santa Messa, ma uditela con attenzione, conumiltà e con devozione grandissima stando, come si devenel tempio santo rammentandovi, che quello, che si sacrifi-ca nella Messa è l'istesso Gesù Cristo che offre se medesimoal Padre vittima di propiziazione per i peccati del mondo,rammentandovi, che gl'Angeli, spiriti celesti e purissimi,stanno nelle nostre Chiese tremanti e riverenti per lo rispet-to. e allora voi onorerete quel Dio uno e trino, che credetenel Mistero della Santissima Trinità.

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[126r.] Domenica lª dopo Pentecoste

L'odierno Vangelo è chiaro di per se stesso, e non hagran bisogno di esposizione: pure cercheremo di meditareun po’ più a lungo ciò che Gesù Cristo si è degnato di mani-festarci in compendio per lo nostro maggiore spirituale van-taggio.

«Siate misericordiosi, dice egli, come è misericordioso ilvostro Padre celeste. Non vogliate giudicare, e non sarete giu-dicati; non vogliate condannare, e non sarete condannati”.Che vuol dire, popolo mio dilettissimo, essere misericordio-si, come lo è il nostro Padre celeste? Vuol dire muoversi acompassione dell'altrui miseria; vuol dire saper compatire lealtrui infermità, gl'altrui difetti, vuol dire far del bene atutti, e non far mai male a chicchesia. E siccome la miseri-cordia, che aver dobbiamo per i nostri simili, ci porta volen-tierosi a sollevarli dalle tribolazioni in che si trovano, e nelcuore ce le fa sperimentare come se fossero nostre proprie;così per l'opposto il giudizio temerario ce ne separa, ce neallontana, e ci fa dire col superbo fariseo: “Non sono come ilrimanente degl'uomini”. In me non vi è questo vizio; nonconosco cosa sia il tal difetto; non so come mai i tali e i talipossono aver commessa la tal mancanza. [126v.] E peròGesù Cristo dopo averci comandata la misericordia, ci vietail temerario giudizio, dicendo: “Non vogliate giudicare e nonsarete giudicati”.

Quanto sia ingiustissimo il giudizio temerario, lo cono-scerete chiaramente, se per poco voi riflettiate, che questoracchiude in sé tre sorte di ingiustizie: una contro Iddio,una contro il prossimo, un'altra finalmente contro di noimedesimi. Racchiude il giudizio temerario ingiustizia contro

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Dio, perché quegli che giudica gl'altri si arroga un'autorità,che è propria di Dio solo, il quale, oltre le esterne azioni,penetra ancora nell'interno delle persone, e ne vede i motidel cuore, i pensieri della mente, e le inclinazioni dellavolontà; e non vuole assolutamente Iddio, che alcunodegl'uomini gli tolga questo suo diritto di giudicare. Rac-chiude ingiustizia contro del prossimo, perché lo giudichia-mo senza autorità, senza giurisdizione, senza cognizione dicausa; e forse forse lo giudichiamo accecati dalle passioni odi astio, o di odio, o di invidia. Racchiude finalmente il giu-dizio temerario ingiustizia contro di noi medesimi perché cirende meritevoli degl'eterni supplizi; mentre se, a tenoredelle parole di Gesù Cristo, non saranno giudicati, nonsaranno condannati coloro che non giudicano, e non con-dannano altrui; dunque quelli che giudicano, e che condan-nano saranno certamente giu[127r.]dicati e condannati daDio.

Non vi crediate però, fratelli e figli miei dilettissimi, chedalle parole del santo Vangelo sia proibito e condannatoqualsivoglia giudizio. No, questo non può essere, né puòandare d'accordo colla giustizia di Dio, la quale vuole, cheanche nel mondo vi siano dei giudici legittimi per condan-nare e punire i delitti, per frenare le prepotenze dei ricchicontro dei poveri, per mantenere il buon ordine, la pace e latranquillità negli stati e nei regni. Quindi è che il divinRedentore condanna soltanto i falsi, i temerari giudizi, iquali si fanno dalle private persone senza senno, senzaragioni forti e palpabili, e sono appunto giudizi senza giudi-zio: oppure condanna quei giudizi, che si pronunziano inve-ro da chi è investito di autorità, dai pubblici funzionari, masi pronunziano ingiustamente, trasportati da spirito di par-

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tito, o da altra disordinata passione, per cui molte volte ven-gono condannati gli innocenti, e assolti i colpevoli. Il chefece dire al santo Dottore Agostino, che i giudizi degl'uominisono assai diversi da quegli di Dio, mentre gli uomini si fer-mano solo all'esterno, giudicano sovente dall'abbondanzadel loro cuore, e per questo si ingannano; e Iddio [127v.] perlo contrario, conoscendo pienamente i pensieri, i desideri ele intenzioni, giudica delle cose e degl'atti umani come sonoin sé stessi, e perciò non si inganna, ne può mai ingannarsi;e perciò ne succede, che alcune azioni giudicate buonedagl'uomini Iddio le condanna, e altre che gl'uomini vitupe-rano, e disprezzano, Iddio le approva.

Coloro, che giudicano temerariamente i loro prossimisono ciechi, che pretendono condurre altri ciechi. Così lichiama Gesù Cristo. Sono ciechi che chiudono gl'occhisopra i loro mancamenti più gravi, e intanto presumono disindacare le azioni, e l'intenzioni altrui. E mentre giudicanomale i loro simili, dice l'Apostolo san Paolo che condannanosé medesimi. Sono ciechi che hanno una trave negl'occhi, laquale non li lascia vedere i tanti peccati, che hanno sull'ani-ma, e poi pretendono di vedere un piccolo fuscellino nell'oc-chio dei loro fratelli. Ah ipocriti e bugiardi! Ah sepolcriimbiancati pieni di zelo al di fuori, ma ricettacolo al di den-tro di putredine e di schifosissimi vermi! Prima di giudicaregli altri giudicate voi stessi; prima di riprendere le mancan-ze del vostro prossimo, abbandonate voi i pravi abiti, le cat-tive pratiche, cangiate vita, mutate costumi, togliete dall'a-nima vostra quei peccati, che volete emendare negl'altri.

[128r.] Coloro che giudicano temerariamente i loro pros-simi sono ciechi, che vanno a tentone, perché è impossibileall'uomo investigar la sorgente e la radice delle umane azio-

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ni, la quale è riposta nel cuore, essendo questo, come dice ilProfeta, solamente noto e aperto allo sguardo di Dio: “Scru-tans corda et renes Deus”. Sicché gl'uomini nel giudicaredell'interno delle persone non posson far altro che formaredei falsi e temerari giudizi, lontani le cento miglia dallaverità. Sono finalmente ciechi coloro che giudicano temera-riamente gli altri; perché affine di giudicare a dovere biso-gnerebbe entrare nei sentimenti di Dio, nelle sue disposizio-ni, e che ciò si facesse in un modo degno di lui. Ma chi èche possa aver tale presunzione? Iddio solo è giusto, ed èretto il suo giudizio: Iddio è di scenza, e di sapienza infinita,e i suoi giudizi si fanno con piena cognizione di causa: Iddioha tutto presente, il passato e il futuro, il visibile e l'invisibi-le, e i suoi giudizi son veri, sono inappellabili. Ma l'uomoper lo contrario è falso e bugiardo; ma l'uomo è limitatissi-mo nel suo sapere; ma l'uomo è circondato dalle passioni, etante volte addiviene schiavo delle medesime; dunque l'uo-mo che senza diritto, senza cognizione, osa giudicare altruiè un cieco, che presto presto andrà a cadere nella fossa digravi disordini.

[128v.] Per iscansare i temerari giudizi, che purtroppo siformano contro dei nostri prossimi, rammentiamoci ancoradi quell'altre parole di Gesù Cristo vale a dire: “Colla stessamisura con cui avrete misurato gli altri, sarete misurati anchevoi”. Dunque voi siete maligni e chiamate ipocrisia le altruiopere di pietà; e interpretate alla peggio le sue azioni, le sueintenzioni; e ardite ancora penetrare nel santuario del suocuore; e siete andati a screditarlo, a mormorare, a mettermale di lui nelle brigate, e nelle conversazioni? Orbene: voipure sarete giudicati senza misericordia. Farà Iddio compa-rir l'innocenza da voi creduta e spacciata per malvagità; ver-

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ran protetti quelli che voi calunniaste, e giudicaste senzagiustizia; e tolta a voi dal viso la maschera, sarete da tuttirimirati con orrore, e con disprezzo; tutti vi fuggiranno; nes-suno amerà la vostra compagnia, per non partecipare a quelmarchio di infamia, che vi rende la feccia peggiore dell'uma-na società, e sarete giudicati peggio ancora di quello che voigiudicaste gl'altri. Ma non terminerà qui il vostro giudizio:un giudizio più tremendo e rigoroso vi aspetta al tribunaledi Dio, dove saranno giudicati senza misericordia quelli chenon ebbero misericordia dei loro prossimi, dove sarà resa lapariglia ma con misura copiosa, calcata e abbondante.

[129r.] Dunque, fratelli e figli miei dilettissimi, non giudi-cate mai alcuno, pensando, che chi altri giudica condannase stesso, pensando che anche voi avete ben presto da essergiudicati da Dio. Interpretate sempre in bene le azioni delvostro prossimo; e quando le azioni medesime non si posso-no giustificare, perché malvage, allora scusate l'intenzione,e incolpatene l'umana fragilità; allora raccomandate a Dioquell'infelice, quello sconsigliato vostro fratello, affinché,lasciate le vie di iniquità e di perdizione, possa incamminar-si sul retto sentiero della salute. Questo è il primo atto dimisericordia che dovete esercitare verso del prossimo biso-gnoso delle nostre orazioni. Di poi se egli abbia fame, voidovete dargli da mangiare; se egli sia nudo, voi dovetevestirlo. Rammentatevi, che se il vostro prossimo è povero,voi pur siete povero, e bisognoso del divino soccorso. Dun-que volete le grazie da Dio? Date ai poveri il pane terreno, evi sarà dato il pane celeste... “Date, et dabitur vobis”.

Ma non basta ancora: la misericordia che aver doveteverso dei vostri prossimi, richiede ancora, che voi li perdo-niate di tutto cuore ciò che vi hanno fatto di male . Dunque

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vi hanno offeso, vi hanno fatto torto, ingiurie, e affronti?Bisogna perdonare. O perdonare, o dannarsi. Non è consi-glio, ma è precetto di perdonare le offese. “Dimittite”, [129v.]vi dice in tono assoluto Gesù Cristo nell'odierno Vangelo,perdonate e vi sarà perdonato.

Ma voi non perdonate, e neppure Iddio allor vi perdona ivostri peccati. Io non posso credere che fra voi vi sia alcunosì pazzo, che voglia andare all'Inferno; ma ve ne sarannopurtroppo di quelli, che non vogliono perdonare. Or dico acostoro: Volete salvarvi? Essi mi risponderanno, che sì. Per-donate quell'offesa, quel torto ricevuto? Essi mi risponde-ranno di no. Dunque io ripiglio, voi non potete salvarvi, per-ché Iddio non può perdonarvi, avendo detto di perdonaresoltanto a quelli che perdonano. Dunque io vi ripeto, o per-donare o dannarsi.

Studiamoci adunque, popolo mio dilettissimo, di imitareil nostro buon Padre celeste coll'usare misericordia ai nostriprossimi, col sovvenirli nei loro bisogni, col perdonare dicuore le offese che ci hanno fatto, e badiamo bene di nongiudicare, di non condannare alcuni. Piuttosto togliamo danoi tanti vizi, tanti difetti che abbiamo radicati nell'anima enel cuore, e allora avremo più coraggio riprendere il nostrosimile, se mai non vivesse a norma di quanto comanda laLegge santa del Signore.

[130r.] Domenica 3ª dopo Pentecoste

Calunniato Gesù Cristo dagli scribi e dai farisei, perchétrattava affabilmente coi peccatori e coi Pubblicani, e mangia-va con essi, porta loro la parabola di un buon pastore, chelascia nel deserto le sue pecore, per andare in cerca di quella,

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che si era smarrita, e correva rischio di essere ingoiata dailupi rapaci: e raggiuntala appena, la prende, se la pone inspalla, e pieno di gioia la riporta all'ovile, e chiama gli amici afar festa con lui. Porta loro questa parabola, io ripeto, perfarvi conoscere, che lo calugnavano a torto, mentre lo rimpro-veravano, che mangiava e trattava coi peccatori. Poiché, seGesù conversava con loro, il facea appunto per guadagnarli aDio, per allontanarli dal peccato, per toglierli dall'eternamorte, come fa il buon pastore quando per balze e per dirupiva ansioso a ricercare la pecorella che si era smarrita.

Gesù Cristo infatti fa coll'uomo quel che fa il pastorecolla sua pecora. Ha cura dei cattivi come dei buoni: anzi,per così dire, pare che lasci in abbandono i buoni che sonoal sicuro, per an[130v.]dare in traccia del peccatore, che hafuorviato dal retto sentiero della salute. Per questo infelicenon risparmia fatiche, pene, premure, sollecitudini; discen-de dal cielo, prende le nostre spoglie mortali, si nascondeper nove mesi nel seno di una Vergine, nasce povero in unastalla, vive nascosto fra le angustie di umil bottega, menavita povera, laboriosa, perseguitata, muore finalmente in unmar di pene e di spasimi, satollato di obbrobri, sopra di unaCroce. Tutto ciò sembra poco all'amore sviscerato che nutreper l'uomo; vuole di più farsi suo cibo nel santissimo Sacra-mento dell'Eucaristia.

Il buon pastore lascia le novantanove pecore nel desertoper andare in cerca della pecorella smarrita: non le lascia inuna pubblica strada, né in luoghi frequentati dal mondo,dove potrebbero esser disperse o rapite dai passeggeri, mabensì in luogo solitario e remoto. Ecco, popolo mio dilettissi-mo, il modo che tiene il buon Pastore Gesù co' suoi eletti,colle anime fedeli alle sue grazie. Le separa dagli strepiti

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mondani, le chiama in santa solitudine, ed ivi fa loro gusta-re le celesti consolazioni. Queste anime fortunate nondanno alcuna pena al pastore, [131r.] perché sono esse alsicuro, e per certo non accadrà loro alcun sinistro. Voleteanche voi, fratelli e figli miei, ritornare in grazia se mai laperdeste per il peccato, volete anche voi mantenervi in essa,se per vostra buona sorte la possedete? Allontanatevi dalmondo, se non col corpo almeno colla mente e col cuore;amate il ritiro, fuggite la compagnia dei tristi, che vi inse-gnano massime storte, e che fanno di tutto per allontanarvidalla nostra santa religione cattolica e che potrebbero estin-guere in voi quella fede che professaste nel vostro Battesi-mo. Amate la solitudine, se fermi e costanti volete mante-nervi nella sana credenza, se non volete respirare l'ariapestifera e corrotta dell'eresia e dello scisma, che fanno granguasto di anime ai nostri tempi.

Noi tutti, al dir del Profeta, eravamo pecore senza capo esenza guida; ciascuno di noi deviò dal retto sentiero checonduce a salute: il lupo infernale ci teneva fra le sue zanneper perderci in un’eternità disgraziata; ma le viscere amoro-sissime del buon Pastore Gesù non soffrirono un tantodanno. Egli lasciò le novantanove nel deserto, vale a dire,come spiegano dotti interpetri, lasciò gl'Angeli [131v.] delcielo, per venire qui in terra in cerca della perduta umanagenerazione; e si reputa ben compensato de' suoi stenti,delle sue pene, delle sue umiliazioni, purché la ritrovi, pur-ché gli sia dato di ricondurla all'ovile dell'eterno suo Padre.Che ciò sia la verità, più chiaro si manifesta dalla paraboladel figliuol prodigo, che fa seguito all'odierno Vangelo.

Il padre di questo disgraziato figliuolo gli aveva datatutta la parte del patrimonio, che sarebbegli pervenuta alla

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sua morte. Va egli tosto in lontano Paese, voltando barbara-mente le spalle a un tanto amoroso padre: e intanto in com-pagnia di discoli, di libertini, di persone di malaffare, dissi-pa le sue pingui sostanze, si riduce all'estremo della mise-ria, e vien costretto a vendersi a un avaro padrone, chenudo e stracciato lo deputa alla custodia di immondi ani-mali, e per levarsi la fame non ha neppure di quel cibo, chemangiavano gli animali stessi. Ma che fa quest'infelicevedendosi condotto a sì mal partito? Si risolve di tornarepentito al padre, e di chiedergli pietà e misericordia. Quelbuon vecchio, appena vede da lungi venire il prodigo figliuo-lo, gli corre incontro, l'abbraccia, lo ricopre di mille affettuo-sissimi baci, gli pone indosso i più bei vestimenti, ordinalauto banchetto, e vuole si faccia gran festa, perché haritrovato il figlio, che miseramente si era perduto.

Eccovi, o dilettissimi, un'immagine di quanto ha fatto ilbuon Pastore Gesù col genere umano decaduto dallo statodell'originale innocenza a cagione della colpa di Adamo!Ecco un'immagine di quanto fa tutto giorno coll'infelice, coldisgraziato peccatore! Anzi fa ancora di più. Lo previeneinfatti colla sua grazia perché possa pentirsi de' suoi pecca-ti; lo assiste, lo aiuta perché corrisponda a questa graziamedesima; gli fa conoscere lo stato infelice dell'anima pro-pria imbrattata orrendamente dal peccato; gli pone davantiagl'occhi i tremendi castighi che lo aspettano colaggiù nel-l'Inferno, se non si ravvede, e un Paradiso di eterni contentidi gloria immortale nel cielo, se da coraggioso e da forte fac-cia guerra a se stesso e abbandoni il peccato. Dipoi immer-gendolo nel bagno salutare del suo preziosissimo sangueper mezzo del Sacramento della Penitenza lo purifica daogni macchia, lo riveste della bella stola dell'innocenza, lo

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rimette nella sua divina amicizia, e carezzandolo e abbrac-ciandolo al suo seno amoroso se lo pone sopra [132v.] lespalle, lo riconduce all'ovile de' suoi eletti ed ivi lo ciba dellesue carni santissime, lo disseta al fonte del suo Sangue pre-zioso. Vedete l’immensa carità del buon Pastore Gesù.

Ora ditemi, chi è fra noi che non si arrenda a tantefinezze di amore? Chi è fra noi che voglia seguitarla nel pec-cato, e così rimanersene nel sommo della miseria schiavo diLucifero, spogliato della divina grazia, escluso dal Paradiso,precipitato nel cumulo di tutti i mali? Mi giova sperare cheneppure uno vi sia fra noi sì stupido e folle. Ma se mai vifosse, lasciatemi piangere sulla sua cecità; lasciatemi dirgli:Infelice, disgraziato peccatore, e fino a quando vorrai tuseguitare ad abusarti della divina clemenza, che ti chiama,che ti cerca, che ti stimola a ravvedimento sincero? E fino aquando vorrai tu seguitare a scialacquar le grazie divine,patrimonio a te dato in parte dal buon Padre Iddio pria chetu partissi dalla casa paterna per immergerti nelle crapule,nei bagordi, nelle dissolutezze? E fino a quando fuggirai lon-tano dal buon Pastore Gesù, che ansiosamente viene incerca di te, e lo contraccambierai colle più nere ingratitudi-ni? [133r.] Ahi misero! Se non ti muovono le cure, le solleci-tudini di un Dio che infinitamente ti ama, almeno abbi com-passione dell'anima tua: “Miserere animae tuae”. Apri gliocchi e vedi in quale abisso di miseria ti ha condotto il pec-cato; e “considera et vide” quanto gran male si sia l'avereabbandonato il tuo Signore, fonte inesausta di tutti i con-tenti, per andare a abbeverarti nelle sozze e fangose cisternedel vizio! Mira sotto i tuoi piedi quel Lago di fuoco, quellefiamme divoratrici, quei furibondi dragoni infernali, che tiaspettano per tormentarti per una eternità.

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Torniamo al Vangelo. Quando il pastore ha ritrovata lasmarrita pecorella, e l'ha ricondotta all'ovile, chiama gl'ami-ci e vicini, e vuole che con esso lui facciano gran festa. Taleè la condotta del buon Pastore Gesù verso del peccatore.Ritornato che sia egli sul retto sentiero della verità e dellagiustizia, abbandonate che abbia le vie del peccato, gli rido-na Iddio la sua grazia, lo ristabilisce ne' suoi diritti all'eter-na gloria, e invece di rimproverargli i suoi misfatti, la suaingratitudine, lo tratta con affabilità, con dolcezza, e invitagli Angeli del cielo a far festa, a rallegrarsi sulla conversionedi questo figlio che era perduto, e che ora ha fatto ritorno alsuo seno amoroso. [133v.] Invita pure tutte le creature dellaterra a cantargliene cantici di ringraziamento, ad esaltarel'eterne sue misericordie, che ritrassero dalla morte il mise-rabile peccatore, e lo ridonarono alla vita.

Volete dunque, popolo mio dilettissimo, essere oggetto diletizia e di gaudio alla terra e al cielo? Abbandonate il pec-cato, convertitevi a Dio, e lasciatevi guidare dal buon Pasto-re Gesù, che in ogni tempo vi chiama, e che sempre vi corredietro anche quando voi fuggite da lui. Sì, lasciatevi guidareda questo Padre amoroso, ed egli vi introdurrà nei pascoli divita eterna, dove sarete al sicuro dalle suggestioni malignedel lupo infernale, dove farete progressi di cristiane virtù,dove sarete fecondì di sante operazioni per meritarvi alfinela gloria dei beati.

[134r.] Domenica 3ª dopo Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo i pubblicani, e i peccatori si accostavano a Gesù perudire la sua divina parola; e gli scribi e i farisei mormorava-

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no dicendo: quest'uomo riceve i peccatori, e mangia conloro. E Gesù li portò questa parabola. Chi vi ha fra voi, cheabbia cento pecore, e se di esse ne perda una, non lasci lealtre novantanove nel deserto, e vada in cerca di quellasmarrita finché non la ritrovi? Quando poi l'avrà ritrovatatutto allegro se la pone sopra le spalle, e venendo a casachiama gl'amici e i vicini, e dice loro: Rallegratevi meco per-ché ho ritrovata la pecorella che smarrii. Io vi dico, che cosìsi farà maggior festa in Paradiso per un peccatore, chetorna a penitenza, che per novantanove giusti, che nonhanno bisogno di penitenza. O qual è quella donna cheabbia dieci pietre preziose, e ne perda una, forse non accen-de la lucerna, spazza la casa, e cerca in tutti i nascondiglifinché non l'abbia ritrovata? E dopo averla trovata chiamale [134v.] amiche e vicine, e dice loro: Rallegratevi meco,perché ho ritrovata la pietra preziosa, che avea perduta.Così, io vi dico, si farà grande allegrezza in faccia agl'Angelidi Dio sopra un peccatore, che fa penitenza. Fin qui l'odier-no sacrosanto Vangelo.

Avete udito, popolo mio dilettissimo, quanto i pubblicanie i peccatori fossero solleciti nel portarsi a udire la parola diDio, che loro venia annunziata dalla bocca dell'eternaVerità? Così voi pure, se bramate diventar giusti da peccato-ri che siete, se volete perseverare nella via di santità, e digiustizia in cui vi siete inoltrati, e se volete in appressoguardarvi da quelle colpe ormai detestate e tolte dall'animavostra per mezzo della sacramental Penitenza, venite, mavenite spesso a sentire la Parola di Dio quando vi si annun-zia e al Vangelo, e alle prediche e al catechismo, imprimete-la bene nell'anima vostra e nel vostro cuore, e son certo chequesta divina semenza approfonderà in voi le sue radici, e vi

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farà render frutti di sante operazioni per l'acquisto della vitaeterna.

[135r.] Fuggite dipoi la superbia, e l'orgoglio de' farisei, edegli scribi, che mormoravano di Gesù Cristo perchéappunto trattava con benignità i pubblicani e i peccatori, econ essoloro conversava, e prendeva il cibo: rammentandovidi quello che lasciò scritto il Pontefice e Dottore san Grego-rio “che Cristo, essendo la vera giustizia, è pieno di compas-sione, e di misericordia verso dei poveri peccatori: ma ched'altronde la falsa giustizia manifestata chiaramente nellaperfidia e ipocrisia dei farisei non ha altro che inumanità, edasprezza”. I falsi divoti infatti vorrebbero sterminare i pec-catori, e il loro zelo è ripieno di tuoni, e di fulmini; ma i veridivoti usano maniere affabili, tratti di carità, e modi dolcis-simi per ritrarre dal precipizio il loro incauto fratello, che silasciò tentare a commettere il peccato, e se qualche volta sifacciano vedere sdegnati contro degl'iniqui, non è che odinoloro, ma bensì odiano quei vizi che riscontrano in essi perl'offesa e pel disonore, che si arreca a Dio. Sicché non vicostituite mai giudici delle azioni altrui, e quando vedete lepersone [135v.] dabbene, che trattano, che conversano coimalvagi, dite piuttosto che ciò fanno per guadagnarli a Dio,per ricondurli all'ovile del buon Pastore Gesù, il quale liaspetta a braccia aperte per introdurli nei pascoli della vitaeterna.

Rammentatevi allora, che anche voi eravate pecorellesmarrite, che anche voi per propria colpa tante volte viallontanaste dalla sequela del Pastore perdendovi nelle folliedi mondo, e del peccato; ma Gesù Pastore buono, Pastoresanto delle anime vostre, vi levò dall'orlo del precipizio, vistrappò dalle braccia del diavolo, e prendendovi sopra le sue

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spalle vi ricondusse in luogo di salute. E non una sola volta,sapete, vi allontanaste da Dio, ma migliaia e migliaia divolte, quando, senza pudore e senza ritegno veruno, anda-vate a immergervi nel fango più sozzo di tutti i peccati. Iddiointanto facea sentire al vostro cuore la sua voce amorosa, vichiamava, vi cercava con grande premura, vi invitava conpiacevolezza, vi stimolava a far ritorno a lui. E buon per voi,che non faceste i sordi alle divine chiamate, [136r.] che vilasciaste guidare da Colui, che è la vera via, la verità, e lavita! Sicché, fratelli miei, fu sola grazia dell'Altissimo, seabbandonaste il peccato, se non andaste a perdervi in quel-le balze, in quei dirupi, dove il lupo infernale vi attendea peringoiarvi, e per perdervi in un'eternità disgraziata colaggiùnel cupo abisso di inferno. Tali riflessi vi terranno lontanidalla malignità degli scribi, e dei farisei, quando vedete che ibuoni frequentano i cattivi per guadagnarli al Signore.

Fin qui intesi parlare a quelli, che udita la voce delPastore, a lui ritornarono umiliati, e contriti, e del tuttoabbandonarono il peccato, e l'occasioni prossime di peccare.Ma che dirò di quelli infelici, di quelli sgraziati peccatoriostinati nel vizio, che lasciano gridare il Pastore, che rendo-no inutili le sue ricerche, che si servono dell'istessa suamisericordia per maggiormente offenderlo, per maggiormen-te oltraggiarlo? Ah! dirò, che essi dormono il sonno dellamorte, e di morte sempiterna! Ah! dirò che quanto Iddio èstato fin qui a riguardo [136v.] loro Dio di infinita misericor-dia, altrettanto sarà in appresso Dio di inesorabil giustiziase anche per poco la vorranno seguitar nel peccato! Ah! diròche grandi castighi pesano sul loro capo, e pronti sono apercuoterli, se non ritornano al gregge di Gesù Cristo permezzo di una sincera penitenza!

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Ditemi, peccatori, peccatrici, se mai qui siete, credete voidi essere stati fatti per questo mondo? credete voi di nondover mai morire? credete voi di essere stati creati per per-dervi in divertimenti, in piaceri maladetti, che solleticanol'appetito, ma che poi appagare non lo possono perché finiti,perché limitati? Se voi credete così, la sbagliate, siete ininganno, siete in errore. Vi dice la fede, che foste creati perIddio, per amarlo e servirlo su questa valle di lacrime, perandare un giorno nella beata eternità lontani da questa vitamortale. Vi dice la fede, che i peccatori al punto di mortedovranno precipitare coll'anima all'Inferno, e quindi dopo lafinale risurrezione vi dovranno pure precipitare anche colcorpo. Vi dice la fede che nell'Inferno eterno sarà il piantoeterno, il tormento senza speranza di alcun conforto. E voisarete sì stolidi da voler seguitar nel peccato, da non pensarpunto punto all'anima, e da accarezzar di soverchio questovostro corpo, che in breve ha da essere cibo di vermi, e unmucchio di marciume? Deh! fate senno una volta! Date unosguardo al vostro buon Pastore Gesù, e mirate i tratti amo-rosi di sua ineffabile misericordia. Mirate a una a una lesue piaghe; mirate quel capo e quelle tempia traforate daspine, quel volto scolorito e pallido dall'atrocità de' tormenti,quelle mani e que' piedi trafitti dai chiodi, quel cuore piaga-to da una lancia, quelle innocentissime membra scarnifica-te, e stracciate dai flagelli, quel Sangue sparso fino all'ulti-ma stilla pel vostro riscatto, mirate insomma, io vi ripeto, ilvostro buon Pastore Gesù immerso in un mare di angosceagonizzare e finire la vita fra i più spietati tormenti, e sap-piate che tutto questo è il gran prezzo dell'anima vostra, diquell'anima, io dico, che a voi niente preme, e che per mini-me bagatelle la condannate all'eterno pianto, all'eterno dolo-

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re. [137v.] Sta registrato nella divina Scrittura che Esaù ecc.ecc. Dice il Vangelo che l'impudico Erode affascinato daivezzi di una ballerina ecc. ecc.

Questa in vero vi sembrerà una pazzia, che per cosìpoco rinunziassero l'uno al diritto del malorascato, l'altroalla metà del suo Regno; essi però potevano in qualchemodo riparare la lor perdita. Ma voi libertini, che andatedicendo cose le più assurde, le cose più empie contro la reli-gione; andate dicendo, che la confessione non ce l'ha messaGesù Cristo, ma invece i preti e i frati; andate dicendo, chel'impurità, la disonestà non è peccato, ma che la è cosanaturale; e così vi date a conoscere per quelli ignorantacciche siete, non sapendo neppure i comandamenti di Dio;andate dicendo le più grosse bestemmie, le più gravi eresiecontro quello che ci insegna la fede. Ma voi, Giovani scape-strati, voi fanciulle inconsiderate, che prolungate gli amori,che parlate troppo alla libera, che profanate le Chiese, chepassate la vostra Gioventù nelle licenziose domestichezze,non solo perdete inutilmente il tempo, non solo perdete edanari e sanità, ma, quel che è peggio, perdete l'animavostra, che tanto ha costato a Gesù. La perdono gli sciope-rati, la perdono i maldicenti...

[138r.] Domenica 4ª dopo Pentecoste

L'odierno Vangelo parla di pesca copiosa fatta nel Maredi Tiberiade dalla barca di Pietro, il quale calò le sue retidietro il comando che ne ebbe da Gesù Cristo.

Vediamo adesso che cos'è questa Barca, che cos'è que-sto mare; e vediamo pure chi sono i Pescatori ed i pesci. Labarca è la Chiesa santa cattolica; la pesca è la predicazione

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del Vangelo; il mare è il mondo: i Pescatori sono i sacerdoti,i pesci sono tutti quanti gl'abitatori di questa terra, e comela sola barca di Pietro ebbe la sorte di avere a bordo il divinRedentore, e di fare copiosissima presa di pesci eletti, ben-ché fosse fuor d'ora e avesser da superarsi difficoltà varie emolteplici; così la sola Chiesa cattolica può vantarsi di avercon sé [138v.] Gesù Cristo suo Capo invisibile, che le hapromesso di assisterla fino alla consumazione dei secoli, edi fare copiosa pescagione di anime ad onta degli sforzi con-tinui che fanno per combatterla il mondo, le passioni disor-dinate, e l'Inferno: mentre che le sette e le congreghe degl'e-retici, dei protestanti, degli scismatici tutti si affaticanoinvano a far proseliti, e solo tirano a sé discoli e perversi chesono il rifiuto e la feccia dell'umana società.

Dunque la sola mistica barca di Pietro che è la santaChiesa cattolica ha con sé Gesù Cristo; e le sette che da Leisi separarono, e tutti coloro che a Lei si ribellano hanno pernemico il medesimo Gesù Cristo, lo hanno rinegato e lorinegano, e si sono scelti per loro padre il demonio principedelle divisioni e della discordia. Dunque tutti quelli infeliciche si allontanano da questa Chiesa per dar retta agl'inse-gnamenti dei tristi, che ricusano obbedienza e rispetto[139r.] al Papa Romano Pontefice e Capo visibile di essavanno a perdersi nei vortici dell'errore, nelle tenebre dellamorte e del peccato, e miseramente precipitano nell'Inferno.E però, fratelli e figli miei dilettissimi, badate bene di nonlasciarvi ingannare da quelli che vi si raggirano d'intornoper farvi tradire la vostra fede, la vostra religione. Non datemai retta a coloro che vogliono farla con voi da saccenti filo-sofi, ma che poi sono ignoranti, per insegnarvi dottrinefalse, dottrine empie scavate dall'Inferno. Rispondete loro

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che voi state al Credo antico, e a quanto vi insegnarono iPadri vostri, i vostri sacerdoti; perché quella è la vera, è lasana credenza, e quanto vi vorrebbero insegnare essi empi elibertini è dottrina del diavolo.

Vi ho detto poc'anzi, che la Pesca è la predicazione delVangelo, il mare è il mondo, i pescatori i sacerdoti. InfattiGesù Cristo nell'odierno racconto disse a san Pietro: “Da quiin[139v.]nanzi tu sarai pescatore di uomini”. Con questeparole Gesù diede la missione a san Pietro, agl'altri Apostoli,e a tutti i loro successori, quali sono i Papi, i Vescovi e isacerdoti, di annunziare in tutte le parti del mondo il suoVangelo, la sua celeste dottrina, e per tal mezzo propagarquella Chiesa, quella religione che egli era venuto a portarsulla terra. La predicazione dunque del santo Vangelo ci vienfigurata in quella prodigiosa pescagione fatta colà nel maredi Tiberiade dalla barca di Pietro. Il mare del mondo fu per-corso dai santi Apostoli, e da coloro che vennero dopo di essiin ogni tempo; ed anche oggigiorno Missionari in gran nume-ro si portano fra le genti di ogni clima, di ogni genere, di ogninazione, e pescano a Dio un'infinità di anime che eranoavvolte nelle tenebre dell'errore e nell'ombra di morte. Edecco appunto che i sacerdoti sono pescatori di anime, perchéo le conducono alla fede, o le [140r.] allontanano dal peccato,annunziando loro l'eterne verità, e ponendogli dinnanziagl'occhi le pene che aspettano il peccatore giù nell'Inferno, ela gloria del santo Paradiso riserbata dopo la morte a quelliche veramente amano e servono Iddio nella vita presente.Vedete dunque, fratelli e figli miei dilettissimi, che i sacerdotibisogna rispettarli, seguire i loro santi insegnamenti, lasciar-si guidare da essi, perché ce li ha dati il Signore, onde tolga-no le anime nostre da questo mare infido del mondo che le

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agita colle procelle delle disordinate passioni, e le rimettanosul retto sentiero della salute. Dunque quei miscredenti,quei perduti cristiani che perseguitano i sacerdoti del Diovivente, che li dileggiano, e si fanno beffe di quanto loroannunziano in nome del medesimo Iddio, sono figli di perdi-zione riserbati nell'altra vita alle pene eterne.

[141r.] Finalmente i Pesci al dire di sant’Ambrogio sonogl'uomini viatori su di questa misera terra: “Pisces enim suntqui nunc enavigant vitam”. E volesse pure Iddio, che tuttiquanti, e uomini e donne, e grandi e piccoli, e dotti e indottisi lasciasser pigliare all'esca della grazia e della virtù, e si ras-somigliassero a certi pesci che sembrano dotati di intelletto edi consiglio! Vedono questi galleggiare fra le onde ghiotti edelicati bocconi, e mentre accorrono a sfamarvisi tanti altriincauti pesciolini, e a trovarvi una morte, essi fuggono lonta-no, e rendono deluse le insidie dello scaltro pescatore. Maohimè! Purtroppo è vero, che la maggior parte dei cristianiimitano la cecità, la follia di quei pesci, che si lasciano ingan-nare dall'apparenza! Trangugiano, miseri, l'esca insidiosa, enon si accorgono che vi è nascosto un amo adunco, che lisbranerà le viscere! S,ì la maggior parte dei cristiani invece diarrendersi alle dolci attrattive della grazia, agl'inviti amorosidei sacri ministri che vorrebbero tirarli a Dio, si lascianosedurre dai mali esempi del mondo, dalle suggestioni deldemonio, dal dolce avvelenato della carne, e intanto, infeliciche sono, vanno incontro a una morte sempiterna. Di questidisgraziati peccatori ne fu figura un Sansone tradito e vintodai vezzi di Dalila; ne fu figura un Salomone che sebbensapientissimo si lasciò ingannare dalle donne idolatre; ne fufigura Esaù che per una scodella di lenticchie vende la suaprimogenitura al fratello.

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Ma che ne avverrà di questi uomini, che si rassomiglianoa quegl'incauti pesci traditi e ingannati dalle insidie delpescatore? Ne avverrà, che come questi, resteranno preda dicoloro che gli tendono lacci. E poi disse Gesù Cristo in altro[141v] passo del Vangelo, che come si fa coi pesci, i qualiappena tirati alla spiaggia dalla rete, se buoni vengon ripostinei vasi, e se cattivi si gettano a marcir sulla arena, così allafine del mondo dagl'Angeli si farà la separazione dei buoni daicattivi. Quelli che si lasciaron sedurre dai pravi appetiti delsenso saranno gettati nell'eterna perdizione; quelli poi chesaggi e prudenti avranno saputo resistere alle tentazioni deivietati piaceri, avranno fuggiti i pericoli di peccare, e si saran-no serbati fedeli a Dio, verranno collocati negl'eterni taberna-coli della Gloria celeste, ove tutti il Signor ci conduca.

[142r.] Domenica 4ª dopo la Pentecoste

Molte cose, popolo mio dilettissimo, da considerarsi visono nel santo Vangelo di questa mattina. Dietro l'esempiodelle turbe odierne, che in gran folla si portano ad ascoltarGesù Cristo, consideri ogni cristiano di quanta importanzasia l'ascoltare la parola di Dio, la quale ci viene annunziatadai sacerdoti in nome di Gesù Cristo medesimo. Nella barcadi Pietro dove scese Gesù Cristo, e da dove insegnava alleturbe, dobbiam riconoscere la santa Chiesa cattolica il dicui Capo e Maestro invisibile è lo stesso Cristo, il di cuiCapo visibile è il Romano sommo Pontefice successore legit-timo di san Pietro in tutta la potestà di Giurisdizione, e le dicui fondamenta sono i santi Apostoli mandati dal divinRedentore in tutte le parti del mondo ad annunziare la suasanta Dottrina.

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Solamente in questa barca mistica, che ne’ suoi primordiviene agitata dai tempestosi venti, e dipoi si riempie di Pescieletti, si può fare acquisto di sante virtù, si può ritrovare laverità, si può rinvenire l'eterna salute. Fuori di questa barcanobilitata dalla presenza di Gesù Cristo, e di Pietro, ci siaffatica, ci si topina, si lavora per tutta l'intiera notte dellavita presente, e allo spuntare dell'aurora dell'Eternità, vale adire al punto di morte, ci troviamo con le mani vuote senzaaver fatta pescagione alcuna in vantaggio [142v.] dell’animapropria. Sicché si affatichi pure l'Ebreo o il turco, operiquanto mai vuole il Protestante e l'Eretico, vanti pure filan-tropia, ostenti virtù che non ha il Miscredente, e il Deista;tutti quanti insomma son fuori della Chiesa, diano anchetutti i loro averi al povero, si mortifichino, si strazino, passi-no la vita loro in ogni opera buona, se non vengono a ripara-re in questa mistica barca di Pietro ove entrò Gesù Cristo ein cui ritrovasi quella religione santissima che un Uomo-Diovenne a portare nel mondo, tutto questo niente gli gioverà inordine alla vita eterna, e costretti saranno nel dì del giudizioa confessare: “Signore, abbiam faticato moltissimo, abbiamostentato in tutti i giorni di nostra vita mortale, e niente ci è gio-vato per l'anima”, come appunto confessò Pietro prima diavere in sua compagnia Gesù Cristo. Fuori della barca diPietro altro non si insegnano, che falsità, che Eresie, che sci-smi, e per conseguenza fuori di essa nessuno potrà salvarsi;nella sola barca di Pietro, voglio dire nella sola Chiesa catto-lica, si insegna la verità, quella Dottrina medesima, che oggiinsegnava Gesù Cristo alle turbe lungo il mare di Tiberiade;in essa sola può ritrovarsi salute.

Dunque noi tutti ci salveremo, poiché per grazia delSignore siamo entrati in questa barca fortunata insiem con

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Gesù nel dì del nostro Bat[143r.]tesimo, e crediamo a tuttequelle verità, che in Essa si insegnano. Qui appunto io vivoleva per farvi considerare più a lungo, che non bastaappartenere alla Chiesa cattolica, non basta il credere atutto ciò che Ella ci propone come Articolo, come Dogma difede per conseguire la vita eterna; ma che di più fa d'uopooperare conformemente a quello che crediamo. Non basta ilgettare la rete dalla barca di Pietro, ma bisogna gettarlacome, dove, e quando vuole il nostro Redentore Gesù Cristo,se vogliamo far buona pesca, se vogliamo acquistarci meritiper l'altra vita. Vorrei però che si disingannassero tutti, etanti cristiani, che fanno sì facile il salvarsi; che si credonofalsamente di piacere a Dio col fare un miscuglio di bene edi male, all'esercitarsi in qualche opera buona alla quale sisentono più inclinati, e in cui contentano più l'amor pro-prio, che il gusto del Signore; che si credono stoltamente diessere veri cristiani coll'osservanza di qualche divino precet-to, ma non di tutti, col seguire il proprio capriccio senzauna piena obbedienza, e sommissione ai divini voleri. Colorola sbagliano all'ingrosso, poiché ci dice in altro luogo delVangelo Nostro Signor Gesù Cristo “che non tutti quelli iquali dicono: Signore, Signore, entreranno [143v.] nel Regnodei Cieli, ma quelli soltanto, che faranno in tutto e per tutto lavolontà del suo divin Padre”.

Ora ditemi, fratelli e figli miei dilettissimi, la volontà diDio è sempre la regola delle vostre operazioni? Esaminateviun poco senza passione, e osservate se le vostre azioni sianofatte come vuole Iddio, quando vuole Iddio, e dove vuoleIddio. Voi fate contratti di vendita, di compra, di società; mali fate forse come vuole Iddio? In questi contratti commetteteingiustizie, rubate voi mai al vostro prossimo, vi può essere

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qualche cosa, che renda pregiudizio all'anima vostra? Voiparlate con tutta sorte di persone; ma le vostre parole sonosempre misurate? i vostri discorsi intaccano mai l'onore, lariputazione dei vostri fratelli? La vostra lingua la fate servirea benedire il Signore, a edificare coloro che vi ascoltano,oppure l'adoprate per bestemmiare, per scandalizzare glialtri con motti laidi e sudici, che neppure si sentono nellabocca di un turco? Voi Giovane, voi fanciulla, siete vicini aconchiudere quel Matrimonio, e vi sembra che in esso vivere-te felici, e vi par millanni di stringervi in santo nodo, maprima di tutto avete voi consultata la volontà di Dio? Sonocontenti i vostri genitori? il fine che vi conduce al Matrimo-nio è forse quello di aver figli, di salvar meglio l'anima vostra,oppure di aver buona dote, di dare sfogo senza ri[144r.]tegnoalle vostre passioni? Voi avete alle mani quella lite, vi sembragiustissima, il vostro Procuratore, il vostro Avvocato vi dàtutte le ragioni del mondo, vi assicura, che la vincerete; madite prima di muover questa lite, avete fatto ricorso a Dio,avete esaminato se era volontà sua, che da voi si intentasse?Cristiani miei, il voler fare la propria volontà è il principio diogni male; e però secondo l'avviso di sant’Agostino bisognaconformare in tutte le azioni la nostra volontà a quella diDio, e badar bene di non far servire ai nostri capricci il divi-no volere: “Voluntas tua corrigatur ad voluntatem Dei, nonvoluntas Dei detorqueatur ad tuam”.

Per quanto siano onesti, e buoni i fini, che vi prefiggetenel fare la vostra volontà, commettete sempre il peccatosempre che essa non sia conforme a quella di Dio. Di fattoosservate un Saulle, che ha avuto ordine da parte di Dio dimuovere aspra guerra agli Amaleciti, e di non risparmiarlané a uomini, né a donne, né a vecchi, né a fanciulli, e nep-

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pure alle bestie di qualunque specie si siano; obbedisce egliprontamente ai divini comandi, e solo scampa dalla stragecomune il Re Agag e alcuni buoi, ed altri pochi animali, chevuole sacrificare al Signore in ringraziamento della riportatavittoria. Il fine di Saulle era buono, ma perché era contrarioalla volontà di Dio restò viziato, e da Samuele vien dichiara-to reo di idola[144v.]tria quest'infelice Monarca, e decadutodal suo Regno. E però non vogliate essere imprudenti, vidirò coll'Apostolo, ma prima di far qualche cosa osservatebene se la facciate come vuole Iddio.

Esaminatevi ancora, se facendo buone azioni, voi le fac-ciate quando, e dove vuole Iddio, altrimenti di buone chesono, diventano peccaminose, perché non fatte secondo idisegni dell'Altissimo. Voi giovinotti, voi fanciulle credete,che abbracciando quello stato di professione, portandovi inquel tal luogo, ottenendo quell'impiego, recitando orazioni,ascoltando Messe, frequentando Sacramenti, possiateacquistarvi gran meriti, far molto bene al vostro prossimo,salvar più facilmente l'anima vostra, e invece scapitate nonpoco, perché camminate contr'acqua, perché vi poneste, ovolete porvi in quello stato, in quell'impiego, in quella pro-fessione dove Iddio non vi voleva, perché fate certe cosequando Iddio altre ne chiederebbe da voi. Iddio vi voleva alChiostro, vi voleva nella porzione eletta de’ suoi ministri, nelnumero di quelli, e di quelle che menano vita celeste, chevivono Vergini, e voi a suo dispetto restate nel mondo cor-rotto, prendeste moglie, e marito, vi sposaste a colui, acolei, che non era a voi destinato. Iddio vi voleva in quellaProfessione, un'altra ne abbracciaste. Da voi padri, e madridi famiglia Iddio voleva meno corone, meno Mes[145r.]se,meno Sacramenti, e più vigilanza, più educazione verso de’

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vostri figli. Da voi, o figli, Iddio voleva più obbedienza, piùsommissione ai vostri Maggiori, e meno pratiche di pietà: eperché questo? Perché le buone opere fatte quando Iddionon le vuole, e quando altre ne chiederebbe da noi, diventa-no peccati. E qui vorrei, che mi capissero certe Personedevote alla moda, certe bacchettoncelle, che fanno consiste-re la devozione nel biascicare Paternostro, e orazioni, nellostrusciare le Chiese e i Confessionali, e che poi da una Con-fessione all'altra son sempre le solite, e forse forse peggioriuna volta dell'altra, che sono piene di superbia, e di ipocri-sia, che fanno le buone per esser vedute, e stimate dagl'al-tri, che fanno le buone e le sante, e poi in casa sono Demo-ni, facendo bestemmiare il marito, il padre e la madre, i fra-telli, e le sorelle, avendo una lingua che taglia e che cuce, inuna parola, che sono cristiane di nome, e pagane di fatto,perché schiave della propria volontà, perché ad essa tutte siconsacrano. “Quasi scelus idololatriae nolle acquiescere”.Che dovran dire queste persone al punto di morte? Dovran-no anche esse confessar cogli Apostoli: “Abbiamo molto fati-cato, ma niente abbiamo preso”. Ah! dunque, figli miei dilet-tissimi, procu[145v.]riamo di imitar Pietro, che prontamenteobbedisce alla voce del divino Maestro, e per questo appun-to fece copiosissima pesca: obbediamo anche noi a tutti inostri superiori, tanto ecclesiastici che secolari, e alloraobbediremo a Dio, che per loro mezzo ci comanda. Osservia-mo con esattezza i precetti di Dio e della Chiesa, e alloraritroveremo salute nella barca di Pietro, in cui avemmo labella sorte di entrare nel giorno del nostro Battesimo.

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Domenica 5ª dopo Pentecoste

L'amabilissimo Redentor nostro per farci conoscere, checi è neccessaria una vera e soda virtù ripiena di buone ope-razioni, se vogliamo conseguire la Gloria del Cielo, e chenon basta una pietà apparente adorna di belle foglie, mavuota di frutti, dice a tutti queste parole del santo Vangelo:“Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli scri-bi, e de’ farisei, non entrerete nel Regno dei cieli”. Gli scribi ei farisei erano persone distinte, erano istruiti nella Legge, laquale doveano spiegare al popolo, e farla osservare. Eranoperò ipocritoni famosi, vale a dire all'esterno comparivanoosservanti, devoti, modesti, e zelatori della Gloria di Dio; manell'interno erano dominati da tutte sorte di vizi. Digiunava-no essi due volte alla settimana, pagavano le decime anchedelle cose le più minute, e si esercitavano in molte peniten-ze; ma poi erano avari, superbi, impazienti, ingiusti, e peròle loro buone opere non erano accette a Dio, facendole soloper esser veduti, e stimati dagl'uomini. Ancora voi, fratelli efigli miei dilettissimi, se quando fate qualche opera buona,la fate per esser veduti, e stimati dalle persone del [146r.]mondo, e non per dar gusto al Signore, niente vi guadagnateper l'anima, anzi vi scapitate, perché fate peccato, e incorre-te la taccia di ipocriti, come gli odierni farisei, che vennerosgridati fortemente da Gesù Cristo. E però, quando voiobbedite ai vostri Maggiori, fatelo di cuore, e non per com-parire obbedienti; quando vi accostate ai santissimi Sacra-menti, quando andate alla Chiesa, e frequentate i sacridiscorsi, la Dottrina cristiana, quando fate elemosina, quan-do insomma vi esercitate in qualunque opera buona, fateloa gloria di Dio, in vantaggio dell'anima vostra, per dar buon

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esempio agl'altri, per giovare al prossimo, e non mai peresser lodati da quelli, che vi osservano. Ma tutto questo nonbasta ancora affine di andare esenti dalla taccia infame diipocriti: si richiede di più per esser perfetti cristiani, pernon screditare la vera devozione, per difenderla dalle satire,dalle derisioni, dalle dicerie dei libertini, e stolti mondani:bisogna badar di non smentire col nostro tenore di vitaquelle pratiche di devozione, che si frequentano, altrimentiqueste a poco o a nulla gioverebbero per l'anima. Infattiditemi, qual conto devo fare delle vostre orazioni, o padri difamiglia, delle messe, che ascoltate, delle vostre visite allaChiesa, delle benedizioni ricevute, delle vostre elemosine, sepoi spendete nel gioco, nei divertimenti, nelle crapule, e nel-l'ubriachezze, alla Bettola, e all'Osteria, quel danaro, chedovreste spendere per dar da mangiare alla famiglia, percollocare le figliuole, per pagare i debiti? Qual conto devofare della vostra pietà, se poi non insegnate i doveri del cri-stiano ai vostri figli, gli mettete la briglia sul collo, li lasciateandare di giorno e di sera con quei cattivi compagni, i qualigli dicon male della religione, [146v.] del Papa, e dei sacer-doti, e cercano di farli perdere quella fede santissima cheprofessarono nel loro Battesimo, e cercano di allontanarlidal bene, insegnandoli la Dottrina del diavolo? Qual contodevo fare di quei pochi buoni avvertimenti, che date a questimedesimi figli vostri, se poi le cattive pratiche, che avete concolei da qualche anno, i cattivi discorsi, che vi lasciate sortirdi bocca, quelle bestemmie orrende, quelle imprecazioni, emaledizioni, che vomitate contro di Dio, della Madonna, edei Santi smentiscono quanto di buono li istillaste nell'ani-ma, e nel cuore colle vostre esortazioni? Quale stima devoavere delle vostre Confessioni, delle vostre Comunioni, delle

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vostre buone opere, o madri, se poi siete tanto trascuratesulla condotta delle figliuole, e le lasciate trattare e discorre-re con tutte sorte di persone, se poi non volete bene alvostro marito, lo fate arrabbiare, lo fate bestemmiare, lo tra-dite le tante volte con quei commerci infami, e disonesti? sepoi non avete pazienza colla famiglia, non attendete ai vostridoveri, mormorate tutto giorno di quest'e di quello, trattatemale con parolacce la vostra vicina, siete insomma lo scan-dalo del vostro contorno? Che devo pensare delle vostredevozioni, o giovinotti, o fanciulle? Non siete voi forse queitali, che vi faceste ascrivere nella Compagnia di Maria san-tissima nella Congregazione di quel santo, di quella santa, epoi ve la passate in amoreggiamenti, che non hanno maifine, che tenete bene spesso fra le mani corone, rosari, e poidi quelle mani medesime ve ne servite a offendere barbara-mente il Signore e da voi soli, e con altri? Che devo pensaredelle vostre elemosine, delle vostre opere di pietà, o Mercan-ti, se poi succhiate il sangue dei poveri, non pagate [147r.]la mercede agl'operai, e volete arricchire col rubare a mansalva, avari, usurai, come siete, date i vostri danari anche alventi, e venticinque per cento a quei poverini, che presi dalbisogno costretti sono a cadere nelle vostre mani rapaci?Che devo dire di voi, Bottegai, Artisti, manifattori, se, nelmentre che nelle vostre botteghe, nelle vostre officine, ne’vostri laboratori tenete il lume acceso all'Immagine diMaria, e del vostro santo Avvocato, vendete insiem collemerci le frodi ancora, e gl'inganni, lavorate la domenica, efate festa al lunedì, e passate le giornate intiere in discorsilascivi e impuri senza nessun riguardo dell'innocente gio-ventù, che curiosa di sapere ciò che sarebbe meglio ignorarevi ascolta, e vi osserva? Altro non dirò, altro non penserò di

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voi, se non tanto quello che mi fate dire, mi fate pensarecolla vostra condotta. Dirò, che siete Ipocriti, che sieteSepolcri imbiancati, vale a dire belli al di fuori per qualcheopera buona che fate, ma pieni di peccati al di dentro. Diròche a guisa degl'odierni farisei vi fate scrupolo a inghiottireun moscerino, e poi ingollate dei grossi Cammelli. Vi fatescrupolo, se non andate alla Messa ogni giorno, e poi non vifate scrupolo a lasciare a casa i figliuoli, insieme maschi efemine; vi fate scrupolo a mangiar carne alla vigilia, quandosiete tristi e incomodati, e poi non vi fate alcuno scrupolo abestemmiare, a mormorare, a tirar degli spergiuri. Vi fatescrupolo a lasciare un'orazione, e poi, non vi fate scrupolo alasciare in balìa di se stessi i giovanotti, e le fanciulle, e incasa, e al passeggio, e alla Campagna. E in conseguenza,bisogna pur che vel dica con sommo mio dolore, voi nonentrerete nel Regno dei Cieli, perché la vostra giustizia nonè maggiore di quella degli scribi, e dei farisei. Dunque pron-to riparo, e non siate cristiani in apparenza ma di fondo, edi virtù. [147v.] Prosegue Gesù Cristo, e dice nel santo Van-gelo di questa mattina che non si può ammazzare alcuno, equesto divin comandamento era stato dato nella Legge diMosè. Ora siccome egli era venuto a perfezionare questalegge, volle proibito non solo l'omicidio, ma anche tutto ciòche ad esso ne conduce; proibisce l'ira e la collera, la qualeci porta a trattare di cattive parole il nostro prossimo e dallecattive parole ci porta parimenti a covare nel cuore odio erancore contro di lui; e dichiara reo di omicidio chiunque siadira contro de’ suoi fratelli e però meritevole dell'istantaneocastigo, poiché ce ne ha fatto un assoluto comando di amar-ci a vicenda, di aiutarci scambievolmente nei nostri bisogni.Dunque come potranno star quieti in coscenza quei tali, che

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per ogni minima offesa loro fatta, per ogni piccolo torto rice-vuto, montano nelle furie, danno nelle smanie e caricano ditutti i vituperi, di tutte le villanie coloro, che li hanno offesi,con scandalo gravissimo di quanti li ascoltano? Comepotranno aver l'amor fraterno, senza di cui è impossibilesalvarsi, quei tali, che covano nel loro cuore odi, macchina-zioni nella loro mente, disegni perversi e studiano nel loropensiero tutti i modi di fare vendetta? E per conseguenza,come potranno fuggire la pena del fuoco eterno, minacciatoa tutti quelli, che si accendono di ira, d'odio e di sdegnocontro de’ propri fratelli? Ah! che un giudizio senza miseri-cordia sta riserbato a colui, che non ebbe misericordia alsuo prossimo: “Iudicium sine misericordia, ecc. ecc.”. SoloIddio lo sa quanti peccati distesi di numero avranno costorocommessi e non se ne saranno neppure confessati, per nonessersi esaminati prima d'accostarsi al tribunale di Peniten-za! perché le credevano minuzie e cose da niente!

Ma Padre, sento che qualcuno mi dice: Io col tale non ciho niente: non odio mica la sua persona, odio solamente isuoi cattivi costumi; non gli porto mica odio, ci ho solamen-te un pò di contraggenio, un pò d'antipatia naturale. Ada-gio, non ci scusiamo tanto, perché davanti a Dio non valgo-no scuse. Come non avete niente col tale? E se non ci aveteniente, perché quando lo incontrate pigliate per un'altrastrada? se ci avete un semplice contraggenio e antipatianaturale, perché non gli parlate e non gli date quei segnicomuni, che si sogliono dare a tutti? se odiate i suoi cattivicostumi, e non la persona, perché gli desiderate del male,perché ne mormorate, perché avete piacere che altri nedicano male? Ma è stato egli il primo a offendermi; e perònon tocca a me a rinchinarmi, molto più che è da meno di

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me. Se il vostro prossimo è stato il primo ad offendervi, saràobbligato anche il primo a umiliarsi, a dimandare scusa eperdono. Ma se non lo facesse, siete almeno obbligato percarità a farlo, a salutarlo, per farlo rientrare in sé stesso,per liberare l'anima sua dallo stato di peccato, ecc. ecc.ecc...

[148r.] Domenica 4ª dopo Pentecoste

In quel tempo le turbe si affollavano intorno a Gesù perascoltar le sue parole, ed egli se ne stava sul lido presso illago di Genesaret.

Appena le umili turbe del popolo conobbero in Gesùquel Messia, che con ansietà grande era da tutti aspettato,non fu possibile trattenerle che non lo seguissero per ascol-tar la sua celeste dottrina. Ogni parola che usciva dalla suabocca scendeva al cuore, e illustrava come luce divina l'in-telletto per apprendere le sublimi verità, che aveva portatodal Cielo. Tutti ammiravano la sua dottrina ma non tutti laseguivano, e specialmente i superbi farisei, i quali gonfi diloro stessi, mostravano sommo disprezzo per Gesù di Naza-ret. Oh quanti seguaci di questi farisei ai giorni nostri, che asomiglianza di quelli ascoltano la divina parola, ma non sicurano di praticarla. Se domandate a un cristiano se credein Dio e in Gesù Cristo vi risponde di sì, ma se tenete dietroal suo modo di vivere, vi dimostra il contrario di ciò che dicedi credere, crede in Dio, e lo bestemmia, crede in Dio e lonega, crede in Dio e lo assale con parole ed espressioni dia-boliche. [148v.] Cari, non è forse questo il modo di vivere perla maggior parte dei cristiani ai giorni nostri? E non vedia-mo co’ propri occhi che la società, la famiglia, si è messa in

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opposizione a Dio, e si tenta di annientarlo se fosse possibi-le, e distruggere anche l'idea dal mondo? E come sarà possi-bile che la società, la famiglia possa sussistere negando ilprincipio che la costituisce? Se l'idea di Dio non incute ter-rore ad uomini, rispetteranno poi la sua legge? La leggedivina che ha sanzionato pene eterne e bui eterni per coloroche non la osservano, credono di poterla alterare persua-dendosi che essendo Dio tanto buono, non vorrà condanna-re per un peccato ad una pena eterna. Quante illusioni,miei cari! Dio non si muta, e se è misericordioso, è anchegiusto, e come le opere buone fatte nel tempo le premia coneterna ricompensa, così il peccato sarà punito di eternapena. Ed è ben giusta che chi potè e si credè di poter viveresenza Dio, sia sempre lontano da Dio. Pensateci.

[149r.] Domenica 4ª dopo Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo le turbe si portavano in gran folla a Gesù per udire ladivina parola, ed egli stava lungo lo stagno di Genesaret. Evide due Barche fermate alla riva, mentre i pescatori smon-tati a terra lavavano le loro reti. Gesù montò sopra una diquelle Barche, che era di Simone, lo pregò che l'allontanas-se un poco da terra, e ponendosi a sedere a bordo da quellabarca insegnava alle turbe. E quando ebbe finito di parlaredisse a Simone: Conduci in alto mare la Barca, e calate levostre reti per la pesca. E Simone rispose: Ah! Maestro,abbiam faticato tutta la notte, e non abbiamo preso niente:ma sulla vostra parola calerò le reti. E avendo fatto questo,presero una moltitudine di pesci tanto copiosa e abbondan-te, che si rompeva la rete a tirarla su. E subito diedero il

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segnale ai compagni, che erano su la conserva perché venis-sero ad aiutarli. Venuti che furono riempirono tutte due leBarche di pesci, in modo che per lo peso stavano quasi peraffondare. Il che vedendo Simon [149v.] Pietro si gettò aipiedi di Gesù, e disse: Ah! Signore, ritiratevi da me che nonson degno di stare con voi a cagione de’ miei peccati. Poichélo stupore di aver presi così tanti pesci avea invaso lui, Gia-como e Giovanni, e tutti quanti si trovavano presenti. EGesù disse a Simone: Non aver paura: da qui innanzi tusarai pescatore di uomini. E condotte a terra le Barche, essilasciaron tutto, e seguirono Gesù Cristo. Fin qui l'odiernosacrosanto Vangelo.

In questa barca di Pietro ove entrò oggi Gesù Cristo, eda dove ammaestrava le turbe, dovete, popolo mio dilettissi-mo, riscontrarvi la santa Chiesa cattolica, il di cui Capoinvisibile è il medesimo Gesù, che prima di partire da que-sto mondo e ritornarsene al Padre lasciò ne' suoi piedi sanPietro, e nella persona di Pietro tutti quanti i Romani ponte-fici, i quali fino alla fine del mondo saranno suoi legittimisuccessori nel Primato di onore, di potestà e di Giurisdizio-ne. Solo in questa mistica barca sempre ripiena di pescieletti si ritrova la verità, si fa acquisto della virtù, e della[150r.] eterna salute. Fuori di questa barca nobilitata dallapresenza di Gesù Cristo e di Pietro ci si affatica, ci si attapi-na, e si lavora inutilmente, poiché passata la notte intieradella vita presente, e allo spuntar dell'aurora dell'eternità,quelli che ne son fuori dovranno trovarsi con le mani vuotesenza aver fatta pescagione alcuna in vantaggio dell'anima,e precipitare dovranno nel baratro di tutti i tormenti.

A questa Chiesa santissima simboleggiata nella barca diPietro, il Redentore amoroso delle anime nostre lasciò molti

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mezzi, lasciò molti aiuti salutari, che sono prove incontra-stabili dell'amore sviscerato, che a noi portava. Ma il mag-gior contrassegno, che noi abbiamo del divino amore ariguardo nostro, si è appunto il santissimo Sacramento del-l'Eucaristia, istituito in quella sera medesima in cui da persé stesso volle dar inizio all'amarissima sua Passione. Equando gli uomini pensavano a dargli la morte, pensò egli lamaniera di dar loro per contraccambio la vita col restarerealmente, e sostanzialmente, [150v.] vero Dio e vero Uomo,sotto le specie del Pane e del Vino. A questo Sacramento diamore invita tutti colle parole del Savio: “Venite, comeditepanem meum, et bibite vinum, quod miscui vobis”. Venite,mangiate il mio pane, e bevete il vino, che io vi ho mesciutoNon pane terreno, e corruttibile, ma pane degl'Angeli, panedi vita eterna, nostra e comune, ma ambrosia celeste, netta-re di Paradiso, che è quel Sangue istesso versato fino all'ul-tima stilla pel vostro riscatto.

Sì, popolo mio dilettissimo, l'amabil nostro Gesù invitatutti quanti i popoli della terra a cibarsi delle sue Carni san-tissime, ad abbeverarsi del suo Sangue prezioso, ma nontutti ne accettano il grazioso invito. Noi soli cristiani cattoli-ci, che la Dio mercé avemmo la bella sorte di essere rigene-rati alla grazia per mezzo del santo Battesimo, siamo tuttipartecipi di sì inestimabil Tesoro. Noi solo cristiani cattolicici accostiamo alla Mensa Eucaristica e diveniamo una cosaistessa con Gesù. [151r.] Ah! dunque avventurati di goderedi un tanto bene, facciamo di tutto per ben disporci a rice-verlo dentro di noi in questo dì solenne sacro all'Angelicogiovine san Luigi Gonzaga, Protettore e Patrono della nostraCongregazione, e della nostra Gioventù. Adoriamolo primafatto Vittima di propiziazione per i nostri peccati su di que-

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sto altare di pace, preghiamolo con fervore pei nostri spiri-tuali e temporali bisogni, scongiuriamolo a benedire i nostricuori, le anime nostre, i nostri figli, le nostre famiglie, inostri interessi, le nostre campagne, e a tenerci lontane ledisgrazie, i flagelli che purtroppo abbiamo meritati a cagio-ne delle nostre colpe. Quindi composti a modestia, e a rac-coglimento ben grande, tutti accesi di amore, accostiamocial convito celeste, riceviamo su della nostra lingua quell'O-stia santissima, introduciamola dentro del nostro petto, eintanto magnifichiamo, e lodiamo il Signore perché egli ègrande, egli è buono, e fino al dì là dei secoli si estende lasua misericordia: “Quoniam magnus, quoniam bonus, etusque in saeculum misericordia ejus”. Magnignifichiamo elodiamo il [151v.] Signore perché egli è grande, egli è il Dionostro, e noi siamo il suo popolo, e le fortunate agnelle delsuo gregge: “Quoniam ipse est Dominus Deus noster, nosautem populus ejus et oves pascuae ejus”.

Che se invece di accostarci devoti alla santa Comunione,vi andassimo per solo costume e per usanza, per motivi dileggerezza, di vanità, per motivi umani, senza la grazia diDio, senza il corredo delle cristiane virtù, aspettiamoci puredal sacramentato Signore non le benedizioni celesti, mapiuttosto i tremendi rigori di sua inesorabil giustizia, comeappunto successe ai Betsamiti, che per aver rimirata conocchio curioso e irriverente l'Arca santa del Testamento vi -dero cadere sotto la mannaia di morte settanta fra gl'Otti-mati del popolo e 50 mila della plebe.

E ditemi, fratelli e figli miei dilettissimi, se Iddio punìcon tanto rigore il popolo di Betsames per la sola curiosità,per la sola leggerezza con cui rimirò l'Arca del Signore, chein fondo in fondo altro non [152r.] era se non una semplice

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figura dell'Augustissimo Sacramento, che farà poi con queicristiani, che si accostano a riceverlo col peccato mortale,oppure dopo averlo ricevuto sconoscenti e ingrati a tantobenefizio accordatoli dal loro benigno Signore, se ne partonodi Chiesa subito senza rendergliene le debite grazie, e forseforse tornano ad oltraggiarlo mentre egli dimora tuttaviadentro del loro petto? Che farà con quei giovanastri indevo-ti, che immersi in mille laidezze, perduti nelle prave consue-tudini, abituati ad ogni sorta di eccessi, non hanno rossore,non hanno ritegno a contaminare colla lor sacrilega lingua,col loro depravato cuore, quelle carni santissime dell'Imma-colato divino Agnello? Che farà poi con quelle ree femine,che si portano alla Comunione senza aver prima abbando-nate le inique pratiche, le tresche infami con colui che teseinsidie alla lor pudicizia, che si portano alla Comunione perfar pompa, per far comparsa di loro medesime, per riscuote-re quegl'omaggi dovuti al solo Re della Gloria? Ah! cheparmi vederlo [152v.] il sacramentato Signore levare dallemani del sacerdote minacciosa la destra e dar di piglio aiflagelli per iscaricare la piena del suo furore su di questisgraziati e infelici cristiani, che profanano empiamente sìvenerandi e augusti misteri!

Dunque, figliuoli miei, se vogliamo ritrarre frutti di spiri-tuale profitto dalla santa Comunione, accostiamoci tutti sì,e giovani e vecchi, e grandi e piccoli, accostiamoci spesso,ma andiamovi con sensi di viva fede, di ferma speranza, e dicarità ardente: andiamovi penetrati da umiltà grandissima:confessiamo la nostra pochezza: esaltiamo le celesti gran-dezze di colui che accoglie con piacere la preghiera dell'umi-le, e da sé rigetta quella dell'arrogante e del superbo.

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[153r.] Domenica 4ª dopo la Pentecoste

L'amabilissimo Redentor nostro lungo lo stagno di Gene-saret vide due Barche fermate, mentre i Pescatori erandiscesi a terra per lavare le reti. In questo stagno, che è unpiccolo mare, ci viene figurato il mondo, il quale in confron-to degl'altri corpi celesti creati da Dio, e lanciati da essonello spazio a formare i loro periodici giri, si può dire picco-lissimo; ma del continuo agitato e commosso per ogni partedai flutti spumanti delle umane passioni. Infatti dacchél'uomo per la colpa di Adamo decadde dallo stato primierodi innocenza, di giustizia e di santità, tutti i mali e di colpae di pena piombaron nel mondo; e sebbene Gesù Cristocolla sua morte e passione abbia tolta la colpa e cancellatoil decreto di eterna condanna contro di noi fulminato, vi ètuttavia rimasto il fomite della concupiscenza, e un'altramoltitudine di guai lamentabili, che assai duro ci rendono ilnostro pellegrinaggio su questa misera terra.

[153v.] Ma che far noi dobbiamo per non naufragarementre veniamo agitati da tante procelle? Riduciamo allapratica l'avviso, che ci ha dato lo Spirito Santo; custodiamocioè col maggior nostro impegno la legge santa del Signore,riformiamo la nostra condotta, domiamo le disordinate pas-sioni, distacchiamoci dalle affezioni carnali, fuggiamo il pec-cato, e le occasioni e i pericoli di peccare, e allora vi do percerto, che questo mare in procella addiverrà tranquillo, epotremo facilmente giungere al porto di eterna salute.

E sedendo Gesù sulla nave ammaestrava le turbe. Nonsappiamo che cosa insegnasse Gesù Cristo alle turbe dallabarca di Pietro, perché non cel dice il santo Evangelista. Mapossiamo immaginarci benissimo, che dalle Barche pigliasse

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l'argomento del suo discorso. Le Barche nel Mare quantomeno son cariche, tanto meno han paura della Burrasca, etanto più facilmente giungono in porto; e quanto più sonoaggravate dal peso delle merci che trasportano, tanto piùcorron rischio di far naufragio. Il medesimo accade ai nostricorpi: se a loro niente si nega, e si contentano in tutto; se sitrattano lautamente, e si concede loro ogni divertimento,ogni spasso, ogni soddisfazione, si ribellano allo Spirito, eprecipitano nell'abisso di tutti i vizi. [154r.] Che far dunquedobbiamo per evitar un tanto danno che ne deriva all'anima?Dobbiamo imitare i marinai, i quali quando vedono che la lorbarca corre rischio nella tempesta di essere ingoiata dalleonde, gettano in mare le merci, e neppur la risparmianoall'oro, all'argento, alle robe le più preziose per alleggerire labarca medesima, affine di sottrarsi dalla morte ed afferrare ilporto. Così noi abbiam da fare quando si tratta della salutedell'anima. Disprezziamo tutto, tutto sacrifichiamo, tuttoperdiamo, purché non si perda l'anima. Fratelli e figli mieidilettissimi, niente han a che fare gl'onori, i piaceri, gl'agi, icomodi, le ricchezze tutte del mondo, e la vita stessa in con-fronto dell'anima; poiché queste cose passan più veloci delvento, e l'anima deve durare in eterno: queste cose ancheunite tutte insieme non posson saziare l'umano cuore, e lapremura, che avremo di salvar l'anima ci farà contenti e feli-ci anche nel tempo in mezzo alle miserie, e tribolazioni: que-ste cose, rimirate al lume della fede, sono arena piccola e diniun valore, e l'anima costa tutto il sangue di un Dio.

Quando Gesù ebbe finito di parlare alle turbe, disse aSimon Pietro che conducesse in alto mare la Barca, e checalasse le reti per la pesca, e Pietro rispose: Ah Signore...Ancora noi, popolo [154v.] mio dilettissimo, se vogliam fare

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acquisto delle sante virtù, se vogliamo fare buona pesca disante operazioni, che ci accompagnino all'eternità, condu-ciamo in alto la nostra barca; vale a dire distacchiamocidalla terra, e solleviamoci verso del cielo; allontaniamo ilnostro sguardo dalle cose basse e transitorie, e fissiamolo inalto per contemplare le celesti ed eterne: “Quae sursum suntquaerite, non quae super terram”. Diversamente operandosarem costretti nel punto di morte, e al dì del giudizio, aesclamare con Pietro: Ah Signore, molto abbiam faticatonella nostra vita mortale; molto abbiamo stentato per con-tentare il mondo, la carne, il demonio, e le disordinatenostre passioni; abbiamo percorse vie scabrose e difficili,sparse di bronchi e di spine pungenti, ma senza alcun frut-to; ma niente abbiam preso, niente abbiam guadagnato senon la nostra eterna dannazione! Fratelli miei, vogliamoscansare questa massima fra le disgrazie, l'eterna nostrariprovazione? Stiamo fortemente attaccati alla barca di Pie-tro, voglio dire alla santa Chiesa cattolica; stiamo saldi nellafede che ivi si professa; siamo esecutori fedeli della divinaLegge, e allora faremo pesca copiosa per la beata eternità....

[155r.] Domenica 5ª dopo Pentecoste

La giustizia degli scribi e de' farisei non era vera giusti-zia, ma pretta apparenza e ipocrisia, perché la loro pietà, illoro zelo si fermava solo all'esterno, senza curarsi punto difar guerra, e reprimere le loro interne disordinate passioni.Si contentavano di osservare il materiale della Legge, ma poitrascuravano l'essenziale della Legge medesima; e perciòGesù Cristo dice loro che sono ipocriti, e sepolcri imbianca-ti, belli cioè al di fuori, ma luridi e schifosi al di dentro.

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Se questa giustizia dei farisei non è bastante a salvarliperché priva del midollo e limitata alla sola corteccia dellaLegge, molto meno sarà sufficente per noi cristiani, cheviviamo sotto la Legge di grazia perfezionata dall'Autoredella grazia medesima, Gesù Cristo. Infatti egli cel dice achiare note: “Se la vostra giustizia non sarà maggiore diquella degli scribi e de’ farisei non entrerete nel Regno”. Lagiustizia dei farisei è di non fare omicidio, di non fare adul-terio, di non commettere il furto, di non giurare il falso; e lagiustizia dei cristiani ha da essere più perfetta: vale a dire icristiani non solo si devon guardare dal commettere talidelitti, [155v.] ma devono prevenirli ancora coll'astenersi datutto ciò che potrebbe influire a renderli rei di simili eccessi.

È per questo che Gesù Cristo dice: Sta scritto nellaLegge: Non ammazzerai, e chiunque ammazzerà, sarà reodel giudizio. Ma io appunto per impedir l'omicidio, e perchémai non abbia fra voi a venir meno la pace, vi dico di più;che chiunque ammazzerà sarà reo del giudizio: chiunquedirà stolto, cioè uomo da nulla, al suo prossimo, sarà reodel Concilio; chi poi lo tratterà di pazzo sarà reo del fuocoeterno. Eccovi, popolo mio dilettissimo, nelle parole deldivin Salvatore proibito di ammazzare non solo, ma proibitoaltresì l'ira e la collera, che vi porta a offendere il vostroprossimo colle opere, colla lingua, e col cuore. L'offendetecolle opere quando gli fate danno nei beni di vita uccidendo-lo, ferendolo, e percuotendolo. L'offendete colla lingua,quando lo caricate di vituperi, di villanie, di scherni, di titolii più infami. L'offendete col cuore quando contro di luinutrite odi, rancori, e pensieri di vendetta.

Gesù Cristo adunque volendo che fra noi cristianiregnasse inalterabile la fraterna carità, che ci amassimo a

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vicenda, che ci sapessimo compatire ne’ propri difetti gl'unicogl’altri, che ci aiutassimo scambievolmente nei nostribisogni, vuole ancora sbandito dal cuore di ognuno l'odio,che [156r.] direttamente si oppone alla carità medesima; e siprotesta di rigettare i nostri sacrifizi, le nostre offerte, se sifacciano con delle amarezze nel cuore contro dei nostri fra-telli. Egli ci comanda l'amor dei nemici, di perdonarli le offe-se, di pregare per loro, di far del bene a quelli che ci hanfatto del male. E con ragione; poiché essendo nostro Creato-re e Signore ha tutto il diritto di comandarci, e a noi correl'obbligo di obbedirlo. Il nostro prossimo inoltre ancorché ciabbia offesi, non è che cangi natura; è sempre figlio delmedesimo Padre celeste; è sempre nostro fratello, e peròdobbiam perdonargli di tutto cuore, e fargli quel bene chedesideriamo per noi.

Che se noi volessimo far gl'ostinati, e perseverare nellaprava volontà di odiare i nostri nemici, di adirarci contro diloro, e di far vendetta dei torti ricevuti e delle ingiurie; sareb-bemo rei di gran peccato in faccia a Dio; ci sovrasterebbe ungiudizio senza misericordia e tutto rigore al divin Tribunale;e finalmente l'eterna dannazione nel fuoco dell'Inferno: Poi-ché abbiamo in san Giovanni “che chiunque odia il suo fratel-lo è omicida” e perciò si merita il castigo degl'omicidi; e nelsanto Vangelo di questa mattina abbiamo, che quegli il qualesi adira col suo fratello, e lo tratta da pazzo, e nutre rancori[156v.] contro di lui si fa reo del fuoco eterno.

Ora ditemi, fratelli e figli miei dilettissimi, vi sembraduro questo precetto: “Perdonate ai vostri nemici: deponeteogni odio, ogni pensier di vendetta: fate del bene a coloro, chevi han fatto del male”? Ma e non sarà più tremenda per voiquella inappellabil sentenza, che vi risuonerà all'orecchie al

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punto di morte e nel dì dell'universale giudizio: “Partitevi dame, maledetti, andate al fuoco eterno”? Se voi non perdona-te, e come fare a resistere per parte vostra in quelle fiammecocenti, in quegl'ardori sempiterni? Vi par troppo penoso ilsopportare in pace una paroletta pungente, una mancanzadi rispetto, un affronto qualunque? Ma e come soffrir voipotrete per una eternità tanti dileggi dai diavoli, tanti insultidagl'ebrei, dai turchi, dagl'eretici, dagli scismatici, e daireprobi tutti in quello stagno di fuoco, in quel luogo di tutti itormenti? Le acque dell'universale diluvio arrecarono dannigravissimi ai miseri abitanti del mondo universo; il fuoco e ilsolfo, che piovve sopra dell'infelice Pentapoli fu di sommodolore, e di grande spavento, e causa di morte crudele per idi lei abitanti; ma tutto ciò non è che una debole immagine,una smorta figura delle pene che soffriranno nell'Infernotutti coloro che adesso odiano il loro prossimo, e che nonvogliono saper di perdono. Infatti l'esser privi del sommoBene, l'esser circondati e martoriati [157r.] da tutti i tor-menti non per un giorno né per un anno, né per mille milio-ni di anni, ma per una eternità, finché Dio sarà Dio, dev'es-sere una pena indicibile, una intensissima pena da nonpotersi adesso concepire dalla corta mente dell'uomo.

Vendicativi, e non volete ancor perdonare? E non voletefar pace con chi vi offese? E volete seguitare nell'odio? Ahinfelici! E non sapete voi forse che sopra del vostro capo viadunate i tesori dell'ira divina, e legna che poi vi abbruce-ranno in eterno? Non siete voi que' dessi che ogni piccolpenar vi sgomenta, che neppur tre minuti potete tenerfermo un dito sopra di un'ardente candela? Come dunquepotrete resistere su quegl'ardenti carboni, ed immersi in unvortice immenso di fiamme come pesci nell'acqua? E ciò

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senza mai finire; ma sempre, e poi sempre, eternamente?Deh! fate senno una volta, e per l'amor che portate a voistessi, perdonate ai vostri nemici se vi preme salvare l'ani-ma vostra. Diversamente operando, voi siete perduti, e aniente vi giovano le vostre opere buone: non vi giovano aottenere il perdon dei peccati, perché Iddio non perdona, achi non vuole perdonare: non vi giovano per la vita eterna,perché fatte in peccato non meritano la ricom[157v.]pensadel cielo. A persuaderci di questa verità udiamo ciò che diceil Signore nell'odierno Vangelo. Se tu sei d'innanzi all'altareper offrire il tuo sacrifizio, ed ivi ti ricorderai, che il tuo fra-tello ha qualche cosa contro di te, lascia subito il tuo dono,vai a far pace col tuo fratello, e poi ritorna, ed offri il tuosacrifizio. Ecco dunque che a Dio non piacciono i sacrifizi ele vittime di olocausto, le ostie di propiziazione, di lode e diringraziamento, se partono da un cuore predominato dall'o-dio, e da labbra lorde di contumelia e di maldicenza.

Apprendete dal fin qui detto, popolo mio dilettissimo,quanto vi sia necessaria una soda pietà, e una giustizia piùretta di quella dei farisei per entrare nel Regno dei cieli. No,non basta un’apparente bontà per salvarsi, ma si richiedeuna bontà vera basata sull'esatta osservanza della Legge diDio, e feconda di sante operazioni. Non basta il pregare, mabisogna pregare a dovere, e quella lingua che prega nonfarla mai servire né alle bestemmie, né agli spergiuri. Nonbasta al dì festivo astenersi dai lavori, ma bisogna ancoraportarsi ad ascoltar la parola di Dio, e occuparsi in altreopere di pietà. Non basta obbedire i propri superiori, mabisogna di più rispettarli e assisterli nei loro bisogni. Nonbasta astenersi dal far danno ai nostri prossimi, o nella vitao nell'onore o nella riputazione, ma bisogna inoltre amarli,

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[158r.] stimarli, e far loro del bene. Non basta astenersidalle fornicazioni e dagl'adulteri, ma bisogna ancora allon-tanar dalla mente i pensieri impuri, e dal cuore gli sregolatidesideri, i pravi affetti. Non basta non rubare, non far dannial prossimo, ma bisogna ancora farli parte del nostro colfare elemosina ai poverelli. Non basta astenersi dalle bugie,dai giuramenti falsi, ma bisogna altresì confessare la veritàquando lo richiede l'onor di Dio, il vantaggio dei prossimi, ela religione che professiamo. Non basta il confessarsi, il farComunione, il visitare le Chiese; ma bisogna ancora confes-sarsi bene, comunicarsi in grazia di Dio, stare in Chiesa condevozione, e con raccoglimento. In poche parole per esserveri cristani, per poter andare in Paradiso, bisogna amareIddio, e amare il prossimo: bisogna operare il bene, e fuggireil male: bisogna esser veri divoti, e non ipocriti falsi com'e-rano gli scribi e i farisei.

Ma ohimè! quanti ipocriti farisei vi sono alla giornata,che vogliono esser cattolici a loro modo, e poi di cattolici, dicristiani ne hanno il nome appena! Parlano essi il linguaggiodella bestemmia e dell'eresia; sono superbi, empi, ignoranti,e vogliono comparire umili, religiosi, e sapienti. Trovano[158v.] da ridire su quello che dovrebbero credere ferma-mente; pretendono di insegnare il dogma e la morale alPapa, ai Vescovi, ai sacerdoti; non hanno più fede, e si fog-giano una religione adattata alle loro passioni, ai lorocapricci, alle loro superbie. Sono poi scostumatissimi nelpensare, nel parlare e nell'agire; perduti nelle cose di carne,si credono di essere al mondo solo per contentare il corpo;ingolfati nel gran mondo, del mondo ne seguono i maliesempi, del mondo ne ricercano le follie e i divertimenti.Sempre schiavi del demonio, per servire questo giurato

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nemico dell'uman genere, si son dimenticati affatto deicomandamenti di Dio, e dei precetti di Chiesa santa. Peressi il giusto e l'onesto è la propria utilità, il proprio vantag-gio: per essi al diritto è subentrata la forza, alla ragione laprepotenza: per essi si è cambiato il nome alle cose e sichiama vizio la virtù, e virtù vizio, bianco il nero, e nero ilbianco. Per essi non vi è più né Dio né prossimo, né supe-riori né leggi, né Feste, né Chiese né Confessione né Sacra-menti, né Quaresime né vigilie, né venerdì né sabato. E segl'andate a interrogare sulla loro professione di fede, virispondono che sono cattolici. E dovremo noi crederli? Ahno, miei cari, non dobbiamo crederli, non possiamo crederli!Anzi dobbiamo evitare la loro compagnia, per non restareammorbati dal 1oro alito pestifero.

[159r.] Domenica 6ª dopo Pentecoste

“Mi fanno compassione”, disse Gesù Cristo a’ suoi Disce-poli, “mi fanno compassione questa povera gente, perché songià tre giorni che mi seguitano, e non hanno da mangiare”. Inqueste parole del santo Vangelo risplende la misericordiadel Signore, che mirabilmente diffonde i suoi divini benefiziai miseri mortali figurati nella turba bisognosa di alimento.Sì, popolo mio dilettissimo, egli è Iddio, che nella sua infini-ta misericordia provvede, regge, e governa tutto quanto ilcreato. Egli è che fa spuntare il sole sopra dei buoni egual-mente che sopra dei cattivi, e che fa discender la pioggia sulcampo del giusto, come su quello del peccatore. Egli è che atutti dà la vita, la respirazione, e quanto abbisogna. Egliinsomma ha continua e sollecita cura di noi, ci scampa daipericoli...

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Ma chi obbliga Iddio a farci del bene? Abbiamo noi forseuna qualche cosa che lo induca ad operare in tal guisa ariguardo nostro? Se noi avessimo tal presunzione sarebbe-mo rei di gran peccato d'innanzi la sua altissima maestà;dicendoci l'Apostolo: Che noi niente abbiamo per i nostrimeriti, ma che il tutto è dono gratuito di Dio. E se il tuttoabbiam ricevuto dalla mi[159v.]sericordia di Dio, perché glo-riarcene, e insuperbirci quasiché non l'avessimo ricevuto?Dunque il solo motivo per cui Iddio ci usa misericordia, e ciprovvede nelle necessità è la nostra miseria. Per questo eglivuole che pieni di fiducia ricorriamo a Lui per mezzo dellapreghiera, e che gli chiediamo tutti i giorni il pane e gl'altribeni ancora sì per la vita dell'anima come per la vita delcorpo. Il che fece dire a sant’Agostino le seguenti parole:“Allorché dite, dacci oggi il nostro pane quotidiano, confessa-te di essere il povero e il mendico di Dio, e non ne avete ver-gogna”. Chiunque è ricco di beni di terra è povero mendi-cante. Un povero sta alla porta del ricco, e il ricco ancorasta alla porta del ricco grande che è Iddio...

Ma per attirar su di noi gl'effetti della divina misericor-dia bisogna attaccarci al divino servizio, e servire Iddio confedeltà e con perseveranza, a imitazione delle turbe odierneche per tre giorni continui seguirono Gesù Cristo e si di -men ticaron perfino di prendere il cibo necessario, e perciòegli le saziò mirabilmente con pochi pani e pochi pesci. Eper vero, non ha sempre Iddio avuta cura speciale per quelliche lo amarono e lo servirono fedelmente? Non fu egli chesalvò Noè, e la sua famiglia dalle acque?... [160r.] Consulta-te le divine Scritture, e troverete consolanti promesse fatte emantenute da Dio a quelli che lo invocarono, che lo amaro-no e lo servirono...

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Egli è così, popolo mio dilettissimo, il Signore non maimancò di provvedere coloro, che a Lui si conservaron fedeli.Prova ne sia l'odierna turba, che appunto si meritò di essersaziata nel deserto, per aver avuta a cuore la divina parola;per aver seguitato Gesù Cristo senza neppur pensare allecose le più indispensabili alla vita...

Noi tutti dobbiamo seguir quest'esempio di totale abban-dono nelle braccia della divina Provvidenza, se vogliamo daessa ricevere largamente quanto ci fa di bisogno. Sì, stiamoattaccati a Gesù Cristo non solo con gioia e con affetto, macon perseveranza ancora. E se mai nel divino servizio siincontrassero delle difficoltà, se avessimo a soffrire dellepersecuzioni, non ci arrestiamo per questo, ma seguitiamocon pazienza, forti e costanti, e sarem consolati. Osservate,dice 1'Aposto san Giacomo, con quanta pazienza, stenti esudori aspetta l'illustre agricoltore i frutti dal suo campo. Insimil modo operate anche voi... Ma noi da molto tempo ser-viamo Dio, mi direte... [160v.] Se Iddio non vi esaudiscesubito, segno è che così richiede lo meglio dell'anima vostra.Anche san Paolo pregò per tre volte il Signore che lo liberas-se dagli stimoli della carne ribelle, ma il Signore non l'e-saudì, e gli rispose...

Molte volte Iddio differisce a concederci quello che gli siaddimanda, benché sia utile vantaggioso all'anima; masapete perché? Perché impariamo a stimare e apprezzare lesue grazie. Quanto più la cosa è rara, tanto più viene stima-ta dagl'uomini: e quanto più si è desiderata, e ci è costatafatica a ottenerla, tanto più la teniamo in pregio, se di essaveniamo in possesso. Chiedete dunque, cercate, ma conpazienza e con piena rassegnazione alla volontà di Dio...

Finalmente abbiam da considerare il modo con cui Iddio

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dispensa le grazie e i favori a coloro, che lo pregano, loamano e lo servono con fedeltà. Con un atto solo del suodivino volere opera continuati prodigi a vantaggio nostro, eci concede assai di più di quello che abbiamo desiderato edimandato. Osservate infatti: comanda Gesù Cristo che sidistribuiscano alle turbe quei pochi pani e que' pochi pesci,e tosto furon saziate quattromila persone, e n'avanzaronsette corbe ben piene. In quella guisa che il Padre con unasola parola creò l'universo... [161r.] Oh quanto dunque sonoda condannarsi quei cristiani, i quali pare che colla lorocondotta neghino la divina Provvidenza, e manchino di fedecontro la misericordia del Signore! Essi si lagnano, danno inescandescenze di rabbia e di furore quando...

Domenica 7ª dopo la Pentecoste

Guardatevi dai falsi Profeti, diceva Gesù Cristo a’ suoiDiscepoli; e a noi tutti pure lo dice che in forza del ricevutoBattesimo siamo obbligati a professar la sua fede, a osser-var la sua Legge, a seguire i suoi esempi. Sotto questo nomedi falsi Profeti si intendono gl'empi, i malvagi, la compagniadei quali è perniciosa ai buoni, e però da essi si deve sfuggi-re, se cadere non vogliamo nel baratro di tutti i vizi. Nientedi più pericoloso che il conversare con persone viziose; poi-ché siamo di tal tempra, che facilmente noi operiamo quelloche si vede fare dagl'altri. Per questo appunto sì nel Vecchiocome nel Nuovo Testamento ci viene inculcata e raccoman-data la fuga e la separazione dai tristi, dai perversi, se nonvogliam pervertirci; se non vogliamo far quel male che essifanno; se vogliamo conservar puro e illibato il cuor nostroperché possa mantenersi vivo tempio di Dio.

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[161v.] Mosè servo fedele a Dio amò meglio fuggire dallaReggia di Faraone dove correva rischio la sua innocenza permenare vita stentata nel Deserto, che ivi rimanersi fra l'onorigl'agi e i comodi della Corte. In san Giovanni si dice: “Udiiun'altra voce che venne dal cielo e disse: Esci di Babilonia, opopolo mio, per non aver parte a’ suoi peccati e non essereinvolto nelle sue piaghe”. Col nome di Babilonia si intendono...

Questa separazione dal mondo si può fare in due modi,o col ritirarsi nei deserti, nei chiostri, o col restare in fami-glia, accudire alle proprie faccende, ma intanto tener daesse lontano il cuore. Pochi invero potranno lasciare ilmondo col corpo, ma tutti se vogliono lo possono lasciarecol cuore. Miei fratelli, dice san Paolo, miei fratelli nonabbiate commercio alcuno coi fornicari, cogl'avari, coi male-dici, coi beoni, coi ladri, fuggite dalle loro conversazioni, nonvi famigliarizzate con essi...

È vero però che non dobbiamo mica voler male ai malva-gi, ai peccatori. Anzi dobbiamo amarli, raccomandarli a Dio,correggerli nei loro difetti, nelle loro mancanze; dobbiamoodiare i loro vizi e amare le persone. Se poi conversando conloro corriamo pericolo di essere sviati, se le nostre correzioninon giovano, allora dobbiam fuggire... [162r.] Dice Gesù Cri-sto che questi falsi Profeti si camuffano sotto la pelle dipecora, ma poi al di dentro sono lupi rapaci. Questi talisono gli ipocriti, che sotto il manto della pietà, dello zelo edella devozione nascondono acute zanne di lupo per farestrage di anime e incamminarle alla via dell'Inferno. Ed oh!quanti si aggirano all'intorno di voi, vi fanno da amici, simostrano zelantissimi del vostro bene, vi promettono granbelle cose, e poi quando meno il pensate vi tradiscono, vimettono in mezzo, e ottenuto il loro intento, vi abbandona-

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no ai rimorsi di vostra coscenza e in balìa dei disgusti che viprocacciò la vostra dabbenaggine.

Ma e come conoscere questi falsi?... Dai loro frutti liconoscerete, vi dice Gesù Cristo... Avete mai colta uva dallespine e fichi dai triboli? Così niente di buono potrete aspet-tarvi da coloro che vi mettono in ridicolo le cose della reli-gione, che si fanno beffe della Chiesa, dei Sacramenti, deisacerdoti, delle sacre funzioni. Niente di buono poteteaspettarvi da coloro, che, sebbene onesti cittadini vi sem-brano, e compassionevoli verso dei poveri, e amanti delpubblico bene, pure vivono insubordinati alle leggi, ostinatinel proprio parere, né mai li vedete andare a Messa, mai aconfessarsi, mai alla sacra Mensa, mai da essi un digiuno,[162v.] mai astinenza dalla carne il venerdì, e il sabato. Altripoi conserveranno queste esteriori apparenze, ma peringannarvi, per insinuarvi nella mente e nel cuore massimestorte, per insegnarvi dottrine perverse, per togliervi quellafede santissima che professaste nel vostro Battesimo...

Ma qual sarà la sorte funesta che avranno alla fine que-sti ipocriti, e tutti coloro che da essi si lasciano ingannare?Lo disse Gesù Cristo che ogn'albero... Dunque dovrannoessere condannati all'Inferno, dove per una eternità viveran-no sepolti nelle fiamme e nel fuoco, martoriati da tutti i tor-menti; sempre lontani dal sommo Bene Iddio; sempre trafit-ti nel cuore dalla memoria delle grazie ricevute e scialacqua-te, del poco o niente per cui si son perduti, del poco chepoteano fare per salvarsi e non l'hanno fatto; semprecostretti a volere ciò che non potranno mai avere, e a nonvolere quello che avranno sempre...

Finalmente “non tutti quelli, che dicono: Signore, Signore,entreranno nel Regno dei Cieli”... Su queste parole molto da

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riflettere vi è per tutti. Voglion dire, popolo mio dilettissimo,che per salvarsi non bastano le parole, ma ci vogliono fatti:non basta l'apparenza, ma ci vuole la sostanza: ci vuoleesatta osservanza della Legge di Dio, si richiede la fuga dalpeccato, e l'esercizio delle cristiane virtù, sicché quello chefanno è santo in Cristo, e poi son demoni in casa.

[163r.] Domenica 6ª dopo la Pentecoste

Si racconta nel Vangelo di questa mattina come in queltempo una gran turba di persone, essendosi portata a Gesù,né avendo alcuna cosa da mangiare, egli chiamò i suoi Disce-poli, e disse loro: Mi fanno veramente compassione questapovera gente; poiché sono già tre giorni che mi seguitano, enon hanno da mangiare. E se li rimando digiuni alle lorocase, si sverranno per via, perché alcuni di essi son venuti dimolto lontano. Allora risposero i Discepoli: E come potremotrovar tanto pane da saziarli in questo deserto? Ebbene,riprese Gesù, quanti pani avete con voi? E avendo rispostoche solo sette ne aveano, comandò Gesù, che si ponessero asedere per terra. E prendendo in mano i sette pani, ringraziòil suo divin Padre, li spezzò, e gli diede ai Discepoli perché lidistribuissero alle turbe. Avevano anche pochi piccoli pesci, equesti pure Gesù li benedì e comandò che si distribuisseroalle turbe medesime. [163v.] Tutti mangiarono a sazietà; equindi raccolti gl'avanzi, di essi ne riempirono sette ceste.Quelli poi che aveano mangiato erano quasi quattromila. EGesù li licenziò. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Che dovete apprendere, popolo mio dilettissimo, dalleparole fin qui recitate del santo Vangelo? Dovete imparare,che in Dio vi è provvidenza, e che questa divina provvidenza

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non solo invigila sugl'esseri ragionevoli, e li sostiene, e linutrisce, e li preserva da ciò, che può loro arrecar nocu-mento, ma che di più assiste del continuo anche le coseinanimate e insensibili, e quelle eziandio che, sebbene ani-mate, prive sono di ragione e di senno. Osservate: ha biso-gno la terra di acqua, di rugiada, e di calore solare per pro-durre frutti, piante, biade, e per ornarsi di erbe, e di fiori:hanno bisogno le bestie di alimento, e di tetto: hanno biso-gno e gl'uccelli dell'aria, e i pesci dell'acqua di cibo e di rico-vero; e la divina provvidenza appunto manda in tempoop[164r]portuno e la pioggia e il sole alla terra; ciba o ne’presepi domestici, o nelle tane selvagge le bestie; pascemirabilmente gl'uccelli, e i pesci, e li provvede di nido, e diasilo o nelle folte boscaglie, o fra le rocce, e i macigni deimari, e dei fiumi. Ah! no, che Dio non manca neppure perun solo momento di conservare quell'ordine stabilito daesso nei giorni della creazione, e di provvedere con conti-nuato miracolo a tutto quanto egli creò!

Ma lasciamo da parte le cose brute e insensibili, e consi-deriamo la divina provvidenza verso di noi seguendo le trac-ce del Vangelo. In quella turba di gente saziata da Gesù Cri-sto colà nel deserto con soli sette pani, e pochi pesciolini,dovete riscontrare tutte quante le nazioni della terra; fra cuisebbene molti mormorino della Provvidenza divina, e labestemmino empiamente, pure essa mai non manca ai lorobisogni, ai loro agi e comodi, alle loro indispensabili neces-sità. [164v.] Infatti chi mantiene tutti i popoli? Chi conservòper tanti secoli l'umana generazione? Chi condusse fino anoi la posterità di Adamo? Quel medesimo Signore, che inquesto giorno disse ai Discepoli: “Mi fanno compassione que-sta povera gente – Misereor super turbam”.

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Sì, è questo medesimo Signore, che mosso a compassionedi noi, e dei nostri bisogni, dice alla terra, che ci somministriil vitto; dice agl'animali, e alle piante, che ci provvedano delvestito; dice agl'uomini tutti che fra di loro si prestino opera avicenda per mezzo del commercio, e il tutto si adempie aforma dei comandi della divina Provvidenza; e tutti dal piùgrande al più piccolo, dal Regnante al suddito, dal ricco alpovero siamo provvisti in ogni necessità, in ogni bisogno.

Ma i poveri, voi mi dite, sembrano quasi scordati dalladivina Provvidenza, poiché tante e tante volte si trovanoprivi delle cose le più indispensabili alla vita. Ah! Tacete percarità! Non proferite questa [165r.] orrenda bestemmia! Nonè vero, che Iddio si scordi dei poveri; anzi li ama moltissimo,e si protesta di essere il difensore, il Protettore dell'orfano,della vedova, del pupillo, del miserabile. Anch'essi li provve-de di quanto è necessario alla vita. E sapete come? Con darloro forza e salute perché possano lavorare, e ingegnarsi,con far loro trovare persone benefattrici, che si muovano apietà sopra delle loro sventure. E quando i poveri per qual-che loro infermità, o per altro accidente, non possano atten-dere al lavoro, e così procurarsi il necessario alimento, allo-ra Iddio ha depositato nelle vostre mani, o ricchi, o possi-denti, il loro sostentamento, e a voi corre l'obbligo di dar damangiare all'affamato, di vestire il nudo, di soccorrere intutti i modi il miserabile e l'oppresso. E badate, voi cheavete mezzi di fare elemosina, e non la fate, voi che siete dicuor duro verso dei poveri, [165v.] fate peccato, perchémancate a un assoluto comando del Signore, il quale vidice: “Date ai poveri quello che vi avanza”.

E non solo quello che vi avanza, ma quando il povero siritrova in estrema necessità dovete fargli parte anche di

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quello che sarebbe necessario al vostro decoroso stato. Evuol dire, che i ricchi devon far di meno di qualche cosa peraiutare il povero. Dunque vedete bene che la divina Provvi-denza ha pensato e pensa anche ai poveri.

È ben vero però, che qualche volta permette Iddio, che imiserabili soffrano la fame, e che la durino per qualche temponell'indigenza: permette Iddio che i poveri siano oppressi daiPotenti, siano perseguitati e calunniati dai ricchi, e che nontrovino protezione dalle persone del mondo. Ma sapete perchéIddio permette questo? Lo permette per vedere se essi abbianopazienza, e così si acquistino maggiori meriti per l'altra vita: lopermette talvolta per punire i loro pecca[166r.]ti su questaterra, perché dopo la vita presente li vuole con lui al Paradiso:lo permette perché se lo meritano a cagione della poca rasse-gnazione alla sua santissima volontà, delle furie, e delle sma-nie nelle quali montano quando le cose non vanno a loromodo, di quelle tante bestemmie, imprecazioni e maledizioni,che scagliano e contro del cielo e della terra, mentre si ritrova-no in miseria. Lo permette finalmente perché molte volte se lomeritano per la vita dissipata e oziosa, che essi menano. Difatto io ho osservato, che chi ha voglia di lavorare, non soffre lafame, chi ha voglia di lavorare da per tutto sa ricavarne van-taggio, si ingegna per tutti i versi. E ho osservato d'altronde,che patiscono appunto, e voglion campare alle spalle degl'altriquegl'uomini sfaccendati, [166v.] che non hanno né arte néparte, e che altro non san fare se non che passeggiare le stra-de, le piazze della Città, e fermarsi sui trucchi, sui giochi, alleBettole, e ai caffé. Soffrono quelle donne che non hanno vogliadi lavorare, e che dalla mattina alla sera altro non fanno, chegirottolare da una porta all'altra col pistello in braccio, a mor-morare del prossimo, a scoprir difetti a quest'e a quello.

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Ora, ditemi, se tutti questi soffrono, se patiscono lafame, sarà colpa della divina Provvidenza? Ah no! La colpa ètutta loro, che non vogliono ingegnarsi, che non voglionoservirsi delle forze, e della salute, mezzi appunto sommini-strati dalla divina Provvidenza per guadagnarsi quello che ènecessario alla loro sussistenza.

Se poi tutti, e poveri e ricchi, vogliamo che la divinaProvvidenza sparga con più larga mano le sue beneficenzesopra di noi, procuriamo, fratelli e figli miei dilettissimi, dimeritarcielo in qualche modo con imitare le turbe odierne.Esse dimentiche... altro non hanno a cuore, che di seguirGesù Cristo. Esse perseverano... e per questo il divinRedentore le sazia con stupendo miracolo... [167r.] GesùCristo, come avete udito, moltiplica i pochi pani e i pochipesci per saziar quelle turbe che lo seguìano colà nel deser-to. Che ci vien figurata in questa prodigiosa moltiplicazione?Ci vien figurato il santissimo Sacramento dell'altare, che ilmedesimo Gesù Cristo istituì nell'ultima Cena per saziarcinoi suoi seguaci nel penoso deserto di questo mondo. Comenel deserto egli ringraziò l'eterno suo Padre, prese in manoquei pani, li benedì, li spezzò e li diede ai Discepoli perché lidistribuissero alle turbe, così nel Cenacolo di Gerusalemmeprese in mano del pane, messe del vino nel Calice, e mutòquesto pane e questo vino nel suo Corpo e nel suo Sangue:si diede in cibo e in bevanda a’ suoi Apostoli, e ordinò loroche in sua memoria questo Sacramento di amore si molti-plicasse fino alla consumazione dei secoli per saziare ditutto se stesso i suoi fedeli seguaci.

A cibarsi poi a questa mensa degli Angeli, a mangiarequesto Pane di vita, chiama tutti colle parole del Savio:“Venite, comedite panem meum ecc. ecc.”.

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[168r.] Domenica 7ª dopo Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto parlando in quel tempo ai suoi Discepoli disse loro:Guardatevi dai falsi Profeti, che vengono a voi con vestimen-ti di pecora, e al di dentro poi son lupi rapaci. Dai loro fruttili riconoscerete. E che forse possiamo noi cogliere uva dallespine, oppure fichi dai triboli? Così ogni albero buono fabuoni frutti, l'albero poi cattivo produce frutti cattivi. Nonpuò un albero buono dar frutti cattivi, né un albero cattivodar frutti buoni. Ma ogni albero, che non fa buon frutto,sarà tagliato e gettato nel fuoco. Voi dunque dai loro frutti liconoscerete. Non tutti quelli, che mi dicono: Signore, Signo-re, entreranno nel Regno dei Cieli; ma solamente coloro chefanno la volontà del mio Padre celeste entreranno nel regnodei Cieli. Fin qui l'odierno Vangelo.

Chi sono, popolo mio dilettissimo, questi falsi Profeti, da'quali ci comanda oggi Gesù Cristo di guardarcene a tuttapossa per non restar sorpresi dalle loro astuzie, e dalle frodi[168v.] che mettono in opra per sorprendere gl'incauti?Secondo il parere di sant’Ilario, sono quelli che fingonovirtù, che non hanno, fingono pietà e devozione, cioè al difuori compariscono persone dabbene, timorati di Dio, ma aldi dentro son peggio degl'altri; in una parola sono i bacchet-toni falsi. Giusta il parere di sant’Agostino, sono i falsi Dot-tori, e gl'eretici di tutti i tempi, i quali insegnano la dottrinaalla rinversa. san Girolamo pure afferma l'istesso, e dice,che questi falsi Dottori, questi eretici praticano la continen-za, la carità, il digiuno, e finanche opere buone, ma nel lorocuore tengono veleno pestifero per ammorbare tutti quelli,che li stanno all'intorno, e prestano fede alle loro parole di

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seduzione. san Giovanni Crisostomo poi crede, e lo credoancor io, che questi falsi profeti siano coloro, che menanovita animalesca e brutale, e sebbene all'esterno comparisco-no galantuomini, e buoni cristiani, pure cercano di sedurrequelli che non li conoscono; simulano sempre, e te la fannoquando meno l'aspetti, e ti insegnano massime storte, e ticonducono al male, e ti mettono in mezzo coi loro raggiri, eti tradiscono, e ti menano pel naso finché non abbianosaziate le loro sfre[169r.]nate voglie, e poi si abbandonanonel disordine di tutti i vizi.

Sì, tutti questi sono falsi Profeti dai quali bisogna guar-darsi per non restar vittime infelici di loro perfide dottrine, diloro pessimi esempi. Ma come faremo noi a conoscerli questifalsi profeti? quando essi vengano specialmente ricopertidalla pelle di pecora per illuderci, per ingannarci? Gesù Cri-sto medesimo ci addita il modo sicuro di conoscerli, quandodice: Dai loro frutti li conoscerete. Se dunque quelli che vi siaggiran d'intorno vi predicano massime storte contrarie aquelle, che ci ha lasciate il nostro divin Redentore, e che vifurono insegnate fino dai vostri primi anni dal padre, dallamadre, e dai sacerdoti del Signore, ancorché facciano miraco-li, ancorché vi sembrino persone dabbene e timorate di Dio,non li date retta, non li ascoltate nemmeno, perché sono falsiprofeti, i quali sotto il manto della pietà e dello zelo nascondo-no acute zanne di lupo per divorar l'anima vostra, e precipi-tarla nel Baratro Infernale. Se dessi siano misericordiosiverso del povero, e facciano grandi elemosine, e assistanoinfermi, e sudino e si affatichino pel bene della Patria, ma viinzufilano poi all'orecchio, che non vi è Inferno, néPa[169v.]radiso, che per salvarsi non importa rintuzzar lepassioni, e esercitarsi nella pratica dei consigli evangelici, ma

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che basta una onestà cittadina, non li date retta, sono lupirapaci, che cercano di togliervi quella fede santissima cheprofessaste nel santo Battesimo. Se vi dicano, che l'umiltà,l'obbedienza, e l'altre virtù, che sono il distintivo dei veri cri-stiani, fomentano l'ozio e la pigrizia, e non lasciano sviluppa-re l'ingegno; se vi predicano libertà e uguaglianza, e conse-guentemente disprezzo alle leggi tanto ecclesiastiche, che civi-li come fecero negl'anni scorsi, e non cessano di fare alcunitristi anche ai dì nostri, allora è calata la maschera, è tolto ilvelo, e chiunque sebbene semplice e rozzo potrà conoscere,che sono falsi profeti, sono lupi rapaci, i quali cercano diintrodurre nella cristiana Repubblica il dispotismo dell'eresiae dello scisma, e il disordine di tutti i mali.

E non importa, che questi tali vi vengano fuori col Van-gelo alla mano spiegato a loro modo; non importa, che viricantino la solita canzona, che vogliono cioè riformare laChiesa, il costume, la disciplina, e richiamarla al primierofervore, ai beati tempi degl'Apo[170r.]stoli, come han sempreparlato gl'eretici tutti, i protestanti e gli scismatici; no, nonimporta, io dico, che vi vengano fuori con queste baie affinedi ingannarvi, poiché sono note abbastanza le loro praveintenzioni, e le potete conoscere senza angustiarvi di troppo.E come le conoscerete? Dai loro frutti. “A fructibus eorumcognoscetis eos”. Sono quelli stessi, che non vanno mai allaMessa, né a udire la parola di Dio, oppure se vi vanno allaFesta, lo fanno solo per usanza, per criticare il ministro diDio, e le sacre funzioni. Che forse non è vero? Osservatecome stanno in Chiesa, e da per voi giudicate. Sono quellistessi, che non conoscono né venerdì, né sabato, che nonsanno cosa sia digiuno comandato in quaresima, e nell'altreVigilie fra l'anno. Sono quegli stessi, che dicon male della

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Confessione, e degl'altri Sacramenti, del Papa, dei sacerdoti,e della religione. Quei medesimi, che non sanno aprir boccasenza offendere Iddio, non muover passo, non proferir paro-la senza scandalizzare i lor prossimi. Quei medesimi, chehanno tutti i peccati mortali addosso, e che appena appenasi confesseranno in Pasqua per non esser [170v.] notati adito. Quei medesimi insomma che menano una vita bestialesempre immersi in mille laidezze, sempre perduti in cattiveamicizie, in pratiche scandalose, in commerci infami; chenon contenti di offendere Iddio essi soli, tirano al maleanche gl'altri coi loro cattivi insegnamenti, coi loro scandali,e che non conoscendo altro Dio fuori del proprio interesse,fuori delle sfrenate passioni, vivono come se non dovesseromorir mai, come se al di là del sepolcro non vi fosse néInferno, né Paradiso.

Ora, ditemi in grazia, alberi di tal fatta carichi gremiti difrutti cattivi come potranno darvi dei buoni frutti? Comepotranno condurvi a quella felicità, che vi promettono, aquei beni da loro tanto decantati? Per credere, che da essipossiate ritrarne veri vantaggi bisognerebbe dare una men-tita solenne al Vangelo di questa mattina, dove ci assicuraGesù Cristo che non possiamo cogliere uva dalle spine, néfichi dai triboli; e che ogni albero buono produce buoni frut-ti, e ogni albero poi cattivo produce frutti cattivi. [171r.]Udite inoltre che cosa ne succederà di questi falsi profeti, diquesti figli di perdizione, di questi malvagi, che cercanosedurre gli incauti per trarli nel male, e di tutti quelli anco-ra che li danno retta, e si lasciano ingannare da essi. Lodisse Gesù Cristo che sarà tagliato il filo della loro vita, everranno gettati al fuoco. Ogni albero, che non faccia buonfrutto, sarà tagliato, e dato in preda alle fiamme. Purtroppo

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è vero miei cari, che questi seminatori di discordia, di falsedottrine, di massime contrarie alla nostra religione santissi-ma, questi pervertitori del buon costume, e di ogni ordine simorale che civile, morranno nell'impenitenza finale e piom-beranno per una eternità nell'Inferno insieme con queimeschini che sviarono dal retto sentiero. Mio Dio! e quantisettari, e quanti eretici, e quanti libertini, e saputelli moder-ni, e riformatori alla moda, e stolti illusi non gemono ades-so, piangono, urlano, si disperano su quegl'ardenti carboni!Confessano ora la loro follia, provano quanto sia terribile ilcader nelle mani di un Dio vendicatore, ma senza prò, senzasperanza di rimediare al mal fatto, di ricu pe[171v.]rare ilgran bene perduto!

Dunque, miei figli, vel ripete anche un'altra volta: “Guar-datevi dai falsi Profeti, che vengono a voi colla veste di pecore,ma al di dentro sono lupi rapaci”. Non vi fidate dello loromoine, delle loro astuzie; non vi appagate di qualche operabuona, che vedete fare da essi, delle belle promesse, che vifanno, e delle loro ipocrite maniere, poiché ci dice Gesù Cri-sto che per andar salvi non basta una pietà, una bontàapparente e volpina, ma che di più si richiede perfetto adem-pimento dei divini voleri. “Non tutti quelli che mi dicono:Signore, Signore, entreranno nel Regno dei Cieli, ma quelli sol-tanto, che fanno la volontà del mio Padre celeste”. State saldinella fede, fuggite a tutto potere i perversi, i cattivi compa-gni, se non volete incorrere nella sorte funesta, che vi atten-de dopo questa breve, e misera vita. Rammentatevi per ulti-mo che il giorno del Signore si avvicina, in cui apparirà sma-scherata l'ipocrisia dei malvagi, e ognuno di noi conto rigoro-sissimo dovremo rendere al Tribunale di Cristo Giudice, perriportarne o premio o castigo, giusta il nostro operato.

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[172r.] Nessuno, diceva oggi Gesù Cristo a’ suoi Discepo-li, nessuno può servire a due Padroni. E chi sono, popolomio dilettissimo, questi due padroni? Sono Iddio e il demo-nio, Iddio e il mondo, Iddio e la carne. E sebbene Iddio solosia il vero padrone perché dal niente tutto egli creò, e iltutto regge e governa con provvidenza ammirabile, purel'uomo accecato e dominato dalle proprie passioni abbando-na purtroppo il divino servizio per farsi schiavo del mondo,della carne e del demonio che la vogliono far da padronisopra di lui, e non vede – il misero – il precipizio ove va aparare. Iddio è Padrone buono, Padrone santo, Padrone ric-chissimo, che a’ suoi seguaci promette beni veri, grandi,inenarrabili, pace e quiete nel tempo e nell'eternità; e ildemonio, il mondo, e la carne sono padroni crudeli finti ebugiardi, che molto promettono, e niente mantengono, cheseducono, allettano alla loro sequela gli stolti, gl'incauti, mache poi altro non dan loro se non rimorsi, [172v.] noie,dispiaceri, tribolazioni, inquietudini nella vita presente, epiù poi al punto di morte, e disperazione eterna al di là delsepolcro nel baratro di inferno.

Eppure chi il crederebbe, se non ce ne accertasse lagiornaliera esperienza, che nonostante quanto abbiamodetto, han più seguaci il demonio, il mondo e la carne diquello che non ne abbia Iddio? Osservate infatti: quell'uomointeressato, avaro, sordido si è reso schiavo del denaro edelle ricchezze: a queste serve, invece di esser servito daesse ne' bisogni della vita: a conservarle, ad accrescerle, usafrodi ed inganni, commette le più grandi ingiustizie, succhiail sangue al povero, alla vedova, al pupillo, toglie la dovutamercede all'operaio, al bracciante. Ha un bel gridare GesùCristo nel santo Vangelo di questa mattina: “Non potete ser-

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vire a Dio, e alle ricchezze”. L'avaro intanto, interessato,pensa sempre a accumulare, a divenire più ricco, e a questapas[173r.]sione dell'avarizia, dell'interesse offre quotidianoincenso, sacrifica agi, comodi, sanità, riposo; e dirò anche dipiù, gli sacrifica anima, Paradiso, e Dio. Parlate all'interes-sato di una vita avvenire, della caducità delle cose presenti,della grandezza di Dio, degli stimoli insopportabili con cuipunge la sete dell'oro, e delle pene eterne che gli stan riser-bate: egli niente cura fuori dell'interesse, non conosce altroDio fuori delle ricchezze, altro non paventa, che restare spo-gliato di esse.

Ah infelice! e fino a quando amerai tu la vanità e anderaiin traccia della menzogna? E fino a quando servirai aldemonio Principe delle ricchezze inique, le quali sono spineche pungono, che tormentano quelli che vi stanno troppoattaccati? E non sai tu forse, che presto hai da morire, eche di quanto possiedi niente potrai portarti con te, ma cheil tutto hai da lasciare forse a eredi che scilacqueranno inun subito quanto tu accumulasti con fatica molta, conlungo tempo, con grandi stenti? Mi dirai forse che bisognaes[173v.]ser cauti nel mondo, che bisogna tener conto dellaroba, che bisogna ingegnarsi, e pensare a una malattia chepuò sopraggiungere, alla vecchiaia, che vien con molti inco-modi. Sì, questa è prudenza; questo io lo accordo: ma nonbisogna star troppo attaccati a quello che abbiamo, nonbisogna esser tanto interessati sopra ciò che riguarda il ciboe il vestimento; poiché ci dice oggi Gesù Cristo nel santoVangelo, che prima di tutto dobbiamo ricercare il Regno diDio, che è la sua santa grazia, la sua gloria in tutte lenostre azioni, il suo divin beneplacito, e poi tutte le altrecose ci saranno date per soprappiù. Ci dice che l'anima è

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dappiù del corpo, e per conseguenza ci deve premere più diqualsivoglia altra cosa del mondo. Ci dice che non dobbia-mo esser troppo solleciti sopra ciò che dobbiamo mangiare,e intorno al modo di rivestirci, ma che dobbiamo del tuttoabbandonarci in braccio della divina Provvidenza; poiché sequesta ha tanta cura e del fiore del prato, e del pesce delmare, e [174r.] della belva del bosco, molto più poi avràrigardo a noi, che fummo creati a sua immagine e similitu-dine, e destinati quindi a regnare nel cielo per una eternità.

Altri ancora servono al demonio, e sono coloro, che oltread essere attaccati all'interesse, alle ricchezze, alle cose diquaggiù, seguono le sue maligne suggestioni, si lascianotentare da esso, e non fanno mai a lui resistenza. Servonoal demonio i seguaci del mondo, quelli che van dietro agl'e-sempi dei perversi, agl'umani capricci, alle pompe, allemode, alle vanità, perché appunto il demonio vien chiamatoda Gesù Cristo Principe di questo mondo corrotto. Servonoal demonio quelli che si perdono nei desideri sfrenati dellacarne, nelle sensuali soddisfazioni, nelle impurità vergogno-se, nelle male pratiche, nei commerci infami, perché ap pun -to il demonio si chiama dalle divine Scritture, e dai santiPadri, spirito di libidine, spirito di lussuria, spirito di incon-tinenza, spirito di fornicazione...

[174v.] Sì, popolo mio dilettissimo, tutti questi servendoalle ricchezze, al demonio, al mondo, alla carne, non posso-no in verun modo servire a Dio, il quale è un Signore gelosodell'onor suo, e non può ammettere divisioni di cuore.

Ora ditemi, nel numero di questi infelici sareste peravventura ancor voi? Esaminate la vostra coscenza, osser-vate minutamente i nascondigli del vostro cuore, e vedete semai in essi si ritrovino male affezioni, che vi rendano schiavi

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di Lucifero, della carne e del mondo. Che se questa vostracoscenza, questo vostro cuore siano scevri da colpa, e daattacchi viziosi alle cose di quaggiù, buono per voi! Voi sieteseguaci di Gesù Cristo, voi servite a Dio, e Iddio vi ricom-penserà nella beata Patria del Cielo, dopo avervi protetti, eprovveduti su questa misera terra. Se poi fosse il contrario,allora voi sareste disgra[175r.]ziati e nel tempo e nella eter-nità. Nel tempo, perché al dire dello Spirito Santo non vi èpace per gl'empi, e perché sareste sempre esposti ai flagelli,ai castighi coi quali l'adirata divina giustizia punisce i pre-varicatori della sua santa Legge; nell'eternità, perché visarebbero riserbate le pene eterne del baratro di perdizione.

Ma oh! Dio e quanti anche fra voi forse che qui mi ascol-tate vi saranno, che sebbene tengano per fede queste verità,servono pure al demonio, al mondo, alla carne! Quanti dor-mono in pace i loro sonni mentre sanno di essere nemici diDio, perché col peccato sull'anima, perché schiavi appuntoe del demonio, e del mondo e della carne! Dunque facciamosenno una volta, popolo mio dilettissimo, risolviamo subitodi darci a Dio, di amarlo e servirlo, e stiamo sicuri che egliavrà cura speciale di noi, e ci provvederà [175v.] in tutti inostri bisogni, come ci ha promesso nel santo Vangelo diquesta mattina: “Quaerite primum Regnum Dei, et justitiamejus, et haec omnia adjicientur vobis”.

[176r.] Domenica 7ª dopo la Pentecoste

L'amabilissimo nostro Redentore, dopo aver fatto unmirabil discorso a’ suoi Discepoli, e ad una gran turba dipopolo, che lo seguìa, dopo aver loro spiegato le beatitudiniin cui si contenea quasi tutta la morale cattolica, li volle

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avvisare, che si sapessero ben guardare dai falsi Profeti, daquelli cioè, che con mentite sembianze, con false divise,sarebbero andati a loro per spargerli nella mente e nelcuore delle eresie, e degli errori, per allontanarli dalla viaretta de’ suoi divini comandi, e per farli preda dell'InfernaleLucifero.

Queste parole dette da Gesù Cristo le ripeto anche a voi,popolo mio dilettissimo, perché possiate star lontani daquelli eretici, da quei libertini, che sono tutti intenti allavostra spirituale rovina, che fanno le parti del diavolo percondurre all'Inferno un'infinità di anime ricomprate colSangue preziosissimo di Gesù, allevate e educate in senoalla cattolica religione, in cui solamente si può rinvenire l'e-terna salute. E sapete di qual mezzo si servono per ingan-nare gl'incauti? Si servono del pretesto di riformare i costu-mi, di ricondurre fra noi la santa semplicità dei primi fedeli,e col manto della [176v.] pietà e della devozione cercano diinsinuarvi delle massime storte, delle false dottrine, e peròvi ripeto: “Guardatevi dai falsi Profeti, che vengono a voi collevesti di pecora, ma che poi in realtà sono lupi rapaci”. “Atten-dite a falsis Prophetis ecc. ecc.”. Se dunque i fedeli, secondol'insegnamento di Gesù Cristo, sono obbligati a guardarsida questi falsi Profeti, sarà pure obbligo dei loro pastori difarglieli conoscere, perché ne possano essi star lontani, enon dar retta a ciò che dicono, a quello che fanno. E questoappunto voglio fare stamane andando dietro alle tracce delsanto Vangelo. L'egregio Dottor san Leone dice: La stradastretta e difficile, che conduce al Paradiso non consistesolamente nell'adempimento dei divini precetti, ma nellostare ancora attaccati sempre a quella fede che professam-mo nel santo Battesimo. E però ancorché vediamo, che

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alcuni abbiano in apparenza le vestimenta di pecore perilluderci, per ingannarci, se ci predicano il Vangelo alla rin-versa, non dobbiamo crederli, perché sono falsi Profeti, einter[177r.]namente sono lupi rapaci. Ancorché faccianomiracoli, se ci predicano dottrine nuove contrarie a quelle,che ci ha lasciate Gesù Cristo, e che ci predica la santaChiesa cattolica madre e Maestra di verità, non dobbiamocrederli, non dobbiamo fidarci di loro, poiché sono lupirapaci. Ma come potremo far noi a conoscerli, mi direte, sevengono con delle fintaggini, con dei falsi pretesti? Il mododi conoscerli ve lo addita Gesù Cristo medesimo in quelleparole di già riferite: Voi li conoscerete dai frutti loro: “afructibus eorum cognoscetis eos”. Forse le spine possonodarvi dell'uva? e forse potrete cogliere i fichi dai triboli? Cosìogni albero buono dà buoni frutti, e ogni albero cattivo fafrutti cattivi. Se dunque quelli, che si raggirano d'intorno avoi, vi predicano col Vangelo alla mano spiegato a loromodo, che per andar salvi basta essere onesti cittadinisenza darsi poi tanta premura di rintuzzare le vostre passio-ni sfrenate, e di esercitarsi nella pratica dei consigli evange-lici, non li date retta, non li credete [177v.] già perché sonofalsi Profeti, sono nemici di Dio, e delle anime vostre. Se vidicono, che l'umiltà, e l'obbedienza, i quali sono i veridistintivi del cristiano, vi rendono vili, e fomentano l'ozio, ela pigrizia, e non lasciano mai sviluppare l'ingegno, e iltalento dato da Dio all'uomo, non li credete, non date lororetta, perché sono lupi rapaci. Se vi predicano libertà euguaglianza, e conseguentemente disprezzo alle leggi tantoecclesiastiche che civili, come fecero in questi due anniprossimi decorsi, allora è tolto il velo, è calata la maschera,ed anche il più rozzo, il più semplice può conoscere, che

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sono falsi Profeti, e che cercano di introdurre nella societàcristiana l'eresia, e lo scisma, il torrente di tutti i disordini.Dunque dai loro frutti li conoscerete. E senza rimontare aisecoli passati nei quali vi furono molti Profeti falsi, moltieretici, per vedere le trame, i sotterfugi, l'ipocrisia, e il falsozelo, di cui si servìano per disseminare i loro errori, faccia-moci a considerare il carattere dei nostri fratelli Italiani, checi volean render felici, col ridonarci [178r.] la premiera indi-pendenza, che voleano riformare la disciplina della Chiesadocente, che voleano allontanare da essa gli abusi, che nellaloro testa erano senza numero, e ritroveremo dei segniabbastanza, che ce li faranno conoscere per falsi Profeti, perlupi rapaci, che erano venuti a noi colle vesti di pecora perilluderci, per ingannarci. E di fatto, dopo che l'Augusto Pon-tefice Pio IX ebbe concesso quel memorando, ed amplissimoperdono ai sudditi ribelli per procurare la pace, la tranquil-lità, e la felicità delle famiglie, incominciarono a celebrare,ad encomiare, ad inalzare fino alle stelle il nome di questoPontefice, non mica perché fossero figli devoti del Vicario diCristo, ma per dare della polvere negli occhi ai popoli, perfar partito alla loro setta, e sotto questo specioso titolo mac-chinarono disegni perversi, trame diaboliche, mene insidio-se, sollevavano i popoli, e invece della tanto decantatalibertà procuravano a noi il disordine, le turbolenze, l'anar-chia. E sapete perché? Perché dei popoli ne voleano far tantiatei, volevano introdurre il disprezzo delle più sacrosanteleggi, voleano eccitare il furore, e la rabbia di questi popolimedesimi contro del Papa, dei Cardinali, e dei sacerdoti, einsomma della cattolica religione. [178v.] Non mancò ilsanto Padre, prevedendo le disgrazie, che minacciavano lanostra Italia, e tutta Europa, non mancò di tonare dal Vati-

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cano, e di ammonire, e di esortare i popoli tutti perché siguardassero da questi lupi rapaci, ma intanto essi collasolita maschera di pecore dissero tutto il male possibile diquella Religiosa Società tanto benemerita della cristianaRepubblica, e dei civili Governi della Compagnia di Gesù,voglio dire da cui in tutti i tempi sortirono uomini sommiper santità, e per dottrina. Non contenti delle liberali Istitu-zioni concesse da tutti i sovrani di Italia perché non eranosufficenti a condurre a termine i loro pravi disegni, predica-no nei circoli, e nelle pubbliche piazze, nei fogli dati allestampe, le più esacrande bestemmie e contro di Gesù Cri-sto, e contro la di lui Madre Maria santissima, e contro deisanti: declamano contro del Culto sacro, contro l'ecclesiasti-ca disciplina, contro i santi Riti della religione, e contro i dilei più indispensabili precetti. Nemici giu[179r.]rati di ognilegittima Potestà messa da Dio, allarmano i popoli, e controdel Papa, e contro dei Principi, e li riesce, che da gente com-pra e corrotta venga acclamato un Fantasma di Repubblica,per così alimentare le agitazioni, per così sradicare dalcuore di ogniuno tutti i principi di giustizia, di onestà, divirtù, di religione, e con immenso danno dell'umana societàpropagare da per tutto quel mostro orrendo del comunismo,o socialismo come essi lo chiamano. Se bene vi rammentate,popolo mio dilettissimo, vi avvisai più volte anche in queitempi di terrorismo a non lasciarvi abbagliare dalle vesti dipecora con cui si facevano a voi dinnanzi certi uomini per-versi, e vi prometteano un avvenire felice, e vi prometteanodi rispettare la religione: vi dissi più volte a starvene ogniu-no a casa vostra colla vostra famiglia, e non intrigarvi nellemischie, e nei ridotti degli empi, e in modo speciale mi rac-comandai a voi padri, e madri, a tener lontani dai cattivi

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compagni, che sono falsi Profeti, i vostri figli, i vostri sotto-posti, e se davate retta a me, ai miei [179v.] avvertimenti,quel vostro figlio non sarebbe stato guastato nelle massimedella religione, non gli avrebbero messo in testa degli errori,e delle false dottrine, e quella vostra figlia non avrebbeperso l'onore, non sarebbe stata sedotta dai malviventi, cheerano di costumi corrottissimi, e dediti ad ogni sorta dilicenza. Né vi vale la scusa, che voi non li conoscevate, chevi promettevano bene, che in casa vostra parlavano di cosesante, erano tutto zelo per difendere la giustizia, per ripara-re ai mali, che vigeano in mezzo alla società, che trattavanocon grande riserbatezza colle vostre figlie, poiché dai lorofrutti li potevate conoscere.

Domenica fra l'Ottava del Natale

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come in queltempo Giuseppe, e Maria Madre di Gesù ammiravano lecose, che si dicevano di quel fanciullo. E Simeone li benedì,e disse a Maria: Ecco che questo vostro Figlio per molti saràoggetto di salute, e per molti sarà oggetto di dannazione nelpopolo di Israello, e molti lo prenderanno per bersaglio deiloro scherni, e delle loro contradizioni; e l'anima vostra saràtrapassata da una acuta spada, affinché siano scoperti ipensieri di molti cuori. E vi era anche Anna Profetessa figliadi Fanuel della Tribù di Aser: questa era molto avanzata inetà, ed era vissuta col suo marito sette anni, dopo averlosposato da vergine. Ella era vedova in età di anni 84. Stavasempre nel tempio [180r.] e passava i giorni, e le notti inorazioni, e in digiuni. Giunse in quell'ora medesima ancheessa, e si mise a lodare il Signore, e a parlare di quel fan-

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ciullo a tutti quei, che aspettavano la Redenzione di Israello.Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Dal Vangelo di questa mattina dovete, popolo mio diletti-mo, imparare da Maria e da Giuseppe la maniera di spende-re bene i giorni solenni dedicati al culto di Dio, a celebrare imisteri della nostra religione santissima. La Vergine santa,insieme al suo Sposo Giuseppe, stanno ad ammirare tuttociò, che si diceva del Bambino Gesù e dentro ai loro cuorimeditano e la di lui divinità e le di lui perfezioni: e il granbene, che avea apportato al loro popolo e a tutto quanto l'u-niverso, il quale a cagion del peccato di Adamo era statofatto preda di eterna morte e condannato a un’eternità disupplizi nell'inferno. E noi pure dobbiamo pensare sempre,ma più principalmente in questa Ottava del santo Natale, almistero ammirabile dell'Incarnazione del nostro SignoreGesù Cristo, che per redimerci dalla schiavitù del demonio,tanto si umiliò, fino a prendere la nostra carne, rivestendosidelle nostre miserie, assoggettandosi a tutte le pene, cheson proprie dei peccatori. Volle farsi uomo, senza lasciare diessere Dio insiem col Padre, e collo Spirito Santo. Ma dite-mi, cristiani miei, ci pensate voi mai a questo amore grande,che Iddio vi ha portato? Ah! che purtroppo riserbate lesolennità per più offenderlo, per più strapazzarlo con pecca-ti, i più vergognosi, [180v.] con ingiurie le più esecrande. Edove si ritrova più in voi la fede che vi istruì e vi assicuròdella veracità, della santità di questi misteri? Osservate iprimi fedeli della Chiesa. Essi nelle solennità principali siesercitavano in opere sante, in pratiche di pietà e di caritàcristiana, vi si preparavano con digiuni, con vigilie, contutte sorte di penitenze... E perché questo? Perché eranoben penetrati dalle obbligazioni che si porta dietro il nome

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di cristiano; e appunto per essi l'Incarnazione, la Vita, laPassione, e la Morte del Redentore fu oggetto di eterna salu-te. Ma se per essi fu oggetto di salute, per noi sarà oggettodi dannazione sempiterna, se seguitiamo a vivere comeabbiam vissuto finora, e se non imitiamo loro, che in ciòsono nostro esempio e nostro modello. Disse pure a Maria ilVecchio Simeone, che il suo Figliuolo Gesù per molti sareb-be stato di rovina e per molti di salvezza.

Sì, fratelli miei; per quelli, che credono in lui e nella suaceleste dottrina, che osservano la sua santa legge, egli èOstia, Vittima e olocausto presso il divin Padre, e Avvocatopotentissimo per sciogliere dal peccato; ma per quelli chenon lo vogliono conoscere, non lo vogliono amare e non lovogliono servire, è oggetto di dannazione, perché si abusanodelle grazie da lui ricevute, dei benefizi a loro concessi; cal-pestano barbaramente il suo Sangue prezioso e se lo rendo-no Giudice severo alla morte e nel dì del Giudizio, per con-dannarli alle pene, ai tormenti dell’inferno. La profezia delsanto [181r.] Vecchio si è avverata fino a un punto e si avve-ra tuttoggi. La Passione, la Morte di Gesù Cristo si rese inu-tile per giudei: perché il fellone si fece traditore del suo divinMaestro; non solo, ma si diede di più a una sciocca dispera-zione; si rese inutile per molti degli ebrei, perché ostinati nelproprio parere, non vollero riconoscere il Messia, non volle-ro credere alla sua santa dottrina; si rese inutile per tanticristiani, perché dopo aver confessato Gesù Cristo per Figliodi Dio, dopo aver seguito per un poco la sua religione, laabbandonarono vergognosamente per darsi in preda all'ere-sia, per seguire pazzamente le dottrine di un qualche impo-store; si rese inutile e si rende inutile anche oggigiorno pertanti e tanti, che sebbene credano in Gesù Cristo e facciano

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professione della santa fede, pure se ne van dannati acagione dei loro peccati, del loro trasgredire gravemente allalegge santa di Dio; si è avverato anche che moltissimi hannopreso e prendono Gesù Cristo per verseggiarlo di scherni edi contraddizioni. Di fatto: scorrete il santo Vangelo e osser-vate che i farisei e gli scribi non cessarono mai di oltraggia-re, di calunniare e di schernire Gesù Cristo: lo trattarono daimpostore, da sovvertitore del popolo, da indemoniato, damalfattore, e sempre gli tesero dei lacci e delle insidie: nellasua passione e morte poi lo insultarono con parole ebestemmie, gli diedero calci, pugni e schiaffi, gli sputaronoin faccia, lo flagellarono alla colonna, lo coronarono dispine, lo inchiodarono ad una Croce.

Mirate anche oggigiorno gl'eretici, i molti e scostumaticristiani, e vedrete che non cessano di contraddire a GesùCristo e alla di lui santa Dottrina, poiché predicano il Van-gelo alla rinversa, dicono delle grosse empietà, cercano diinsegnare [181v.] delle massime storte, fanno di ogni erbaun fascio, ed hanno perduto ogni principio di vergogna e dirossore. Gesù Cristo dunque, secondo la profezia di Simeo-ne, doveva essere oggetto di rovina per molti e bersaglio discherni; ma deve ancora essere per molti altri oggetto dieterna salvezza: e questo, fratelli miei, deve animare lanostra fiducia. Sicuramente Gesù Cristo fu oggetto di eternasalvezza per Maria santissima, per gl'Apostoli, pei santiMartiri, per tanti Confessori, per tante Vergini, e per quelliche seguono le di lui pedate; e lo è ancora ai giorni nostriper tanti buoni cristiani che osservano la sua santa legge.Ora dimando e dico: per me e per voi sarà oggetto di salvez-za o di dannazione? Ciascuno interroghi la propria coscien-za. Io vi posso assicurare che quando penso a’ casi miei, mi

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raccapriccio da capo a piedi: e temo fortemente che il San-gue dell'amabile Gesù debba essere versato inutilmente perl'anima mia. Voi poi non so se lo temete. A rimirarvi perdutichi negli amori e in proposte disoneste e brutali, chi inimicie troppo attaccati alle cose del mondo e non pensando maiall'anima, chi dediti al gioco e ai divertimenti, all'udirebestemmiare peggio di un turco, sparlare e dir male delvostro prossimo; al vedervi lontani dalla Chiesa e dai Sacra-menti e senza nessuna premura dell'anima vostra, di quellade’ vostri figli, de’ vostri sottoposti, pare certamente che nonabbiate nessun timore e che facciate troppo facile il salvarvi.Ah! non vorrei, popolo mio dilettissimo, che la paura viabbia a venire tutta in una volta, al punto della morte,quando non avrete più tempo. E però se non volete cheGesù abbia sparso tanto sangue, abbia patito tante peneinutilmente per voi, procurate adesso di imitare Maria san-tissima, Giuseppe, e quella santa vedova romana del Vene-rato Martirologio, data preda del vaccino fino alla suamorte: passò la vita sempre angustiata da pene, da doloriacerbissimi, rassegnata sempre ai divini voleri. San Giusep-pe ebbe sempre grande cura di salvare la vita del bambinoGesù e visse sempre nella santità e nella giustizia. La santaProfetessa Anna, come udiste, passava i giorni e le notti nel-l'orazione, ne’ digiuni, e spesso frequentava il luogo santo. Eperò anche voi, se vi preme l'anima in tutte le misure,abbiate gran premura di ben custodire la grazia, che è lavita dell'anima; state lontani dai vizi e esercitatevi nellevirtù cristiane, mortificate i vostri sentimenti, la vostracarne, con delle penitenze; state vicini alla Chiesa e ai san-tissimi Sacramenti; udite spesso la parola di Dio, e allorapotete stare sicuri che il Corpo, il Sangue di...

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[182r.] Domenica 8ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come in queltempo parlando Gesù Cristo a’ suoi Discepoli disse loroquesta parabola. Vi era un certo uomo ricco, che aveva unFattore, e questi fu accusato che avesse dissipate le suesostanze. Il Padrone lo chiamò, e gli disse: Cosa ho mai sen-tito dire di te? Rendimi conto della tua amministrazione,poiché da qui innanzi non ti voglio più al mio servizio. Allorail Fattore tutto confuso disse fra sé: E che farò, quando ilmio Padrone mi abbia tolta la sua agenzia? A lavorare nonson buono; a mendicare mi vergogno. Ma ho capito come hoda fare, perché mi ricevano nelle loro case, allorché nonsarò più al servizio. Sicché chiamati a uno a uno i debitoridel suo Padrone, disse al primo: Quanto devi tu dare al mioPadrone? E quegli rispose: Cento barili d'olio. Fai presto,riprese il Fattore; prendi la tua carta d'ob[182v.]bligazione, esegnane 50. E tu, dimandò a un altro, quanto devi al mioPadrone? Ed egli: Cento misure di grano. Prendi anche tu latua carta, e segnane 80. Il Padrone, che riseppe il successo,lodò il fattore malvagio, perché avea operato con prudenza.Sì, prosegue Gesù Cristo, i figli di questo secolo sono piùprudenti dei figli della luce nella loro generazione. Ed io vidico fatevi degl'amici colle vostre malvagie ricchezze, affin-ché vi ricevano negl'eterni Tabernacoli quando passerete daquesta all'altra vita. Fin qui l'odierno Vangelo.

Quali riflessioni fare si devono, popolo mio dilettissimo,sopra il Vangelo da voi udito in questa mattina? Il contodimandato dal Padrone evangelico al suo Fattore ci significail conto rigorosissimo, che noi pure dovremo rendere alpunto di morte, e nel giorno dell'universale giudizio di ogni

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nostro operare; e questo riflesso ci deve tener lontani dalcommettere nuovi peccati. Il Fattore, che opera con [183r.]prudenza, e che provvede per tal maniera alla sua vita avve-nire, ci insegna i mezzi per isfuggire il rigore del divino giu-dizio, e ci insegna pure a rimediare il male, che abbiamfatto per lo passato.

Il Padrone evangelico, che chiama... Egl'è Iddio, cheafferma essere tutto suo e l'oro e l'argento... e la terra, etutto quanto contiene...

Se dunque tutto è di Dio, come mai ci troviamo arricchi-ti di tanti beni sì nell'anima, come nel corpo, sì nell'ordinedi natura, come nell'ordine della grazia? Di tutti questi benisiamo semplici amministratori, come lo era il Fattore ram-mentato...

Ma chi è sulla terra che tale si stimi e si reputi...Lusinghiamoci pure in mezzo all'abuso, che noi faccia-

mo di tante grazie, di tanti doni, allontaniamo pure quantosi sa e si può l'idea della morte, e del giudizio; e che forsepotremo scamparli? [183v.] E che forse potremo nascondereagl'occhi di Dio una qualche cosa? In quella guisa, che fudiffamato il Fattore presso del suo Padrone, così ciaschedu-no di noi sarà accusato presso Dio dal demonio... Ci accu-serà il nostro Angelo Custode... Ci accuseranno le personeda noi offese... Ci accuserà la nostra rea coscenza... E dietroqueste accuse si farà Iddio a incominciare il nostro sindaca-to... Rendimi conto, griderà egli, rendimi conto, infedele eco-nomo de' tuoi pensieri... Rendimi conto, o padre, o madre...Rendimi conto, o figlio, o figlia... Rendimi conto, o Ammo-gliato, o maritata... Rendimi conto, o Grande, o Impiegato...Rendimi conto, o povero... E ditemi, fratelli e figli miei dilet-tissimi, un conto così tremendo, così minuto non vi spaven-

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ta, non vi atterrisce, e non vi fa mutar vita? Segno che nonvi pensate.

[184r.] Vi pensiamo, sento rispondermi, e anzi questopensiero ci mette nella massima costernazione. Vi pensate,e non mutate costumi? Vi pensate, e non aggiustate i contida presentarsi all'eterno divin Giudice? Aspettate forse adimani? Da qui a un Mese? E non sapete, che si muoreanche prima di dimani, anche prima di un mese? Ah voiinfelici, ah voi disgraziati se la morte vi sorprende con quellebestemmie, con quelle impurità, con quelle cattive pratiche,con quelle ingiustizie, con tutti insomma quei peccati, cheavete sull'anima.

Noi siamo pronti a prepararci alla morte, ma come fare-mo a saldar tante partite, che abbiamo aperte con Dio?Come rimediare al mal fatto? Udite, e fatevi animo. Comefece il Fattore infedele, così voi pure far dovete [184v.] seb-bene di una maniera diversa. Sentito dal suo Padrone, chenon più avrebbe potuto restarsene all'amministrazione disue sostanze, andava fra sé dicendo: Cosa farò io?... Pro-curò di farsi degl'amici perché l'aiutassero mentre si sareb-be trovato in miseria.

Questo disperato ripiego del fattore infedele vi suggeri-sce il modo da riparare le perdite dell'anima vostra. E que-sto far lo dovete in tre modi: 1° col prevenir la disgrazia. 2°col trovar capitali. 3° col valersene per farsene degl'amici.

Prevenite la disgrazia; e vuol dire non aspettate a pensa-re al giudizio, quando verrà la notte, e non vi sarà piùtempo di operare il bene, come fanno quegli stolti, quelliinsensati, che aspettano la morte per pensare alla morte,simili alle vergini pazze che aspet[185r.]tavano a prepararele lampade alla venuta dello Sposo.

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Bisogna trovar capitali, che ci scampino dal rigore deldivino giudizio. E sapete quali sono questi capitali? Sono imeriti di Gesù Cristo... sono i santissimi Sacramenti...

(f. 185 bianca)

[186r.] Finalmente facciamoci degl'amici con aiutare ipoveri, con suffragare... coll'esercizio delle cristiane virtù...

L'amabilissimo Redentor nostro Gesù Cristo, discaccian-do dal tempio quei profanatori, che ivi vendevano, e com-pravano, come udiste nella scorsa domenica, volle insegnar-ci il rispetto, e la venerazione, che portare si dee alle Chiesenelle quali abita non più di passaggio, e in figura come unavolta nel tempio di Gerusalemme, ma sostanzialmente, erealmente vero Dio, e vero Uomo, quale appunto sta in Cieloalla destra del Padre. Oggi parimenti ponendoci davanti gliocchi l'esempio del fariseo, e del pubblicano, che ambeduesi portano a pregare nel tempio, ci insegna a fuggire lasuperbia dell'uno, e a seguire la umiltà dell'altro, alloraquando noi andiamo alla Chiesa per inalzare le nostre sup-pliche a Dio. Sì, popolo mio dilettissimo, se voi volete otte-nere tutte quelle grazie, delle quali abbisogna la vostrainferma natura per stare lontani dal vizio, se volete partiredalle Chiese, e tornare giustificati a casa vostra, imitate l'o-dierno pubblicano, che prostrato a terra in un'angolo deltempio non ardiva tampoco di alzare gli occhi al cielo, ma sipercotea fortemente il petto, e dimandava pietà al Padredella misericordia. Spogliatevi della albagia, e dell'orgogliodel fariseo, che ripieno di sé stesso andava millantando isuoi digiuni, le sue astinenze, e tutte le sue opere buonedavanti all'altare. Umiliatevi nell'abisso del vostro nullad'innanzi alla maestà del vostro Dio, mentre vi ritrovate in

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questi sacri recinti, se riportare volete il perdono dellevostre colpe. E affinché voi possiate arrivare al consegui-mento di beni tanto preziosi, vi propongo oggi a considerare,dietro la scorta del Vangelo, i sentimenti di umiltà, dei qualideve essere ripieno ogni fedel cristiano allorché si ritrovanella Chiesa.

Dopo aver Salomone edificato il tempio magnifico...Quando gli Israeliti si portarono a festeggiare... [186v.] Sedunque tali sentimenti di umiltà ispirava il tempio di Geru-salemme, dove Iddio dimorava solamente in figura, qualiaffetti non dovranno risvegliare nel cuore de’ fedeli le nostreChiese? Qui dimora continuamente lo stesso Figliuolo di Dio:qui ha fissato egli il suo soggiorno fino alla consumazionedei secoli: qui è adorato dagl'Angeli, riverito dagl'Arcangeli,amato dai Cherubini, e dai Serafini, temuto dalle celestiPotestà, che tutti inclinati circondano il sacro Tabernacolo, enon cessano mai di chiamarlo il Dio della santità, degno diogni rispetto, e di infinito onore. La fede inoltre ce lo rappre-senta qual supremo Re e Signore, che tutto il mondo regola,e governa con sapienza, e provvidenza ineffabile; qual giudi-ce tremendo dei vivi, e dei morti, che premia le buone opere,e punisce a tutto rigore i misfatti degl'uomini.

Ed è per questo, che i cristiani rischiarati dal lume diquesta fede dovrebbero essere compresi da sentimenti di unsanto terrore e di umiliazione profonda quando mettono ilpiede entro la Chiesa, e dovrebbero insieme consacrare tuttii loro pensieri, e desideri al Signor della gloria, confessando,che egli solo è grande, e onnipotente, ed essi per lo contra-rio vili vermi della terra, vasi di contumelia, e di disprezzo.E di fatto, se voi girate lo sguardo dentro i recinti dellaChiesa, rimirerete da per tutto oggetti, che spirano umiltà.

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Sopra gl'Altari si offre tutti i giorni l'immacolato divinoAgnello all'eterno suo Padre, vittima di propiziazione per ipeccati del mondo; e questo sacrifizio è un attestato solennedella soggezione, che l'uomo deve a Dio. Più sopra vedrete laCroce, per cui noi fummo redenti... Su di essa è l'immaginedel Redentore, che per l'amor grande a noi dimostrato tantosi umiliò fino alla morte, e morte di Croce. Là vi è l'immagi-ne di Maria santissima, la più umile fra tutte le donne, laquale appunto fu innalzata alla dignità di Madre di Dio, per-ché si umiliò al di sotto di tutte le creature. [187r.] QuellePitture, quei Simulacri, ci rappresentano l'invitta Pazienza,l'eroica costanza, il disprezzo delle vanità, e dei titoli pom-posi (dei quali tanta stima ne fa il mondo) che sempre dimo-stravano tanti santi mentre viveano su questa terra, e altempo stesso rimproverano la nostra superbia, e lo sfogobrutale di nostre sregolate passioni. Osservate, o cristiani,là nelle Chiese il Fonte battesimale, ed esso vi ricordi, cheuna volta eravate figli di ira, e di peccato, ed esso vi ram-menti le solenni promesse, che faceste a Dio, e le quantevolte mancaste mortalmente a queste promesse medesime.Rimirate quei Tribunali di penitenza, ed essi vi diranno diquali colpe più e più di una volta fu imbrattata l'animavostra. Date un'occhiata a’ cadaveri de’ Defunti, che si por-tano alla Chiesa per far loro i dovuti suffragi, e udite comeessi vi parlano al cuore: vi dicono: A che ti invanisci, o pol-vere, o cenere? Come noi siam ridotti, tu pure ti ridurrai.Oggi sei tutto immerso e perduto nelle vanità, nelle pazziedel mondo, dimani sarai a noi compagno destinato a marci-re in una fossa lontana dall'abitato, per non ammorbar l'a-ria colle fetenti esalazioni. Oggi sei gonfio, e superbo,disprezzi il tuo fratello perché dammeno di te, dimani il tuo

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corpo diverrà cibo pei vermi, e forse l'anima tua inabissatasarà nelle fiamme di Inferno.

Ditemi, dopo tali e tante considerazioni, che ci rammen-tano la nostra dappocaggine, il nostro nulla, e ci dovrebberoriempire l'anima, e il cuore di sentimenti di vera umiltà,perché mai vi possono essere dei cristiani orgogliosi, esuperbi anche nella Chiesa stessa? Perché essi non hannopiù fede. Credono a loro modo, e non secondo gl'insegna-menti, che dati li furono fino da piccoli bamboli. Credono ailoro perversi compagni, che li insegnano dottrine eretiche,una morale dettatali dalle proprie passioni, e non più credo-no al loro Padre, e Pastore, che li ama in Gesù Cristo, che liannunzia parole di vita eterna, e stretti li por[187v.]ta alcuore con vincoli di cristiana carità. Intendo parlare di queicristiani moderni, che molti ce ne sono alla giornata, i qualinon contenti di fare continua guerra al Dio degl'Eserciti enelle bettole, e nei caffé, e nelle conversazioni, e nei ridotti,e sulle strade, e sulle Piazze, con mano armata contro l'On-nipotente, giusta l'espressione del Giobbe, ardiscono insul-tarlo, e offenderlo nella stessa sua casa in mille guise.Intendo parlare di quei cristiani alla moda, che entrano inChiesa, nella casa del Signore, senza farsi neppure il Segnodella santa Croce, senza prender neppure l'acqua benedet-ta, senza degnarsi di piegar le ginocchia, di abbassare lafronte, di fare uninchino al santissimo Sacramento, a guisadel superbo fariseo rammentato dal Vangelo, e volgendo vil-lanamente le spalle all'altare si mettono a guardare, chi va echi entra, chi è vestito meglio, e chi peggio, si mettono aciarlare, e a ridere, a dar la baia a quest'e a quello, e intantosi dà campo libero agl'occhi di vagheggiare tutte sorti dioggetti, e intanto si fanno movimenti indecenti, che non si

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ardirebbero farli nelle più volgari conversazioni, e intanto sitendono insidie all'altrui pudicizia, si fissa la Chiesa perluogo di rincontro, per fare all'amore, per passarsela ingeniali trattenimenti. Si va alla Chiesa per criticare le augu-ste Cerimonie di nostra religione santissima, per tendereinsidie ai sacri ministri, per censurare la divina parola, chedalle loro labbra sorte ad insegnamento del popolo. Si vaalla Chiesa da tanti uomini e da tante femmine non micaper adorare il Signore, ma per far pompa di sé medesimi,per sfoggiar nelle mode, per attirarsi gli sguardi di ogniuno,per riscuotere quegli omaggi, che tributare si dovrebbero alDio della maestà.

Che forse non dico il vero? [188r.] A voi stessi me neappello, alla vostra coscenza forse colpevole di tali delittivoglio che ne sia rimesso il giudizio. Non vedeste mai anchein questa Chiesa giovani scapestrati, e indevoti, fanciulle, emaritate, senza religione, che appena arrivate sulla Portastrapazzano a mezz'aria un pò di segno di Croce, si pianta-no ritti come pali a far la sentinella perché qua non entri ilnemico? Non ne vedeste degl'altri ritti alle colonne lavorarenon solo di occhi, ma di mano ancora, e divorare l'altruipudicizia? Quanti poi ne avrete visti o sdraiati sulle panche,o seduti nei Confessionali ascoltare la Messa, assistere allesacre funzioni senza neppure inginocchiarsi quando si alzal'Ostia sacrosanta, quando dal sacerdote si comparte aifedeli la benedizione! E questi, ditemi, non dovranno chia-marsi farisei superbi, che non vogliono umiliare se stessinel cospetto del loro Signore, negandogli così la dovuta ado-razione? Anzi son essi peggiori del fariseo, perché hanno ladi lui superbia, ma non ne hanno le virtù. Il fariseo digiuna-va due volte la settimana, e ad essi par troppo gravoso l'a-

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stenersi dalla carne il venerdì, e il sabato. Il fariseo rispetta-va la roba altrui, pagava i debiti ai creditori, ed essi fanno ditutto per mettere di mezzo i loro prossimi nel vendere, e nelcomprare, esercitando ogni sorta di ingiustizia, e non dannomai agli operanti la dovuta mercede. Il fariseo non profanail suo corpo colla disonestà, essi per lo contrario si immer-gono nei più vergognosi piaceri. Il fariseo partì dal tempiocon un peccato di più sull'anima, essi van via dalla Chiesarei di mille scandali dati a chi li vede, [188v.] carichi diimpurità, e di irreligiosità, e di sacrilegi senza numero com-messi nella Chiesa medesima. Dunque questi profanatorisuperbi della casa di Dio sarebbe meglio che non venisseromai alla Chiesa. Tanto la Messa non li vale, non li valgonole Funzioni, che anzi si aggravano di mille colpe come hodetto poc'anzi. Ma se questi tali offendono Iddio nella Chie-sa, dove anderanno a cercare pietà, e misericordia allorquando la sdegnata divina giustizia li colpirà e con malattie,e con disgrazie, e con altri flagelli? Correranno forse allaChiesa qual luogo di asilo, e di riparo, dove le tante volteoffesero il Signore? Ah! che allora queste sacre Mura gride-ranno vendetta contro di loro, e invece di ritrovarci perdonode' loro falli, alleviamento agl'affanni, che l'opprimono, vitroveranno la loro condanna.

Dunque, popolo mio dilettisimo, risvegliate in voi la fede,e procurate di imitare l'umile pubblicano, e non mai il fari-seo orgoglioso, e riprovato. Questo pubblicano si porta altempio per pregare conoscendo il gran bisogno, che ha delladivina misericordia a cagione delle grandi sue colpe, poichéesso era ben persuaso, che la Chiesa è casa di orazione, echiunque prega in essa con veri sentimenti di umiltà vieneesaudito. Sebbene egli sia accusato dal fariseo dei più

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orrendi delitti non risponde cosa alcuna a sua difesa, per-ché sa, che quando uno si trova in Chiesa di altro non deveaccuparsi, che di parlare [189r.] con Dio, e di dimandarliperdono delle proprie colpe. E tenete a mente, che se dob-biamo al Tribunale di Dio render conto strettissimo di ogniparola oziosa, molto più dovremo renderli conto rigoroso deivani discorsi, delle irriverenze, e di tanti sacrilegi, co' qualiabbiamo profanata la casa del Signore.

(f. 189v bianca)

[190r.] Domenica 11ª dopo Pentecoste

Tutte quelle cerimonie adoprate da Gesù Cristo nel gua-rire il sordomuto, furono altresì ripetute sopra ciascuno dinoi nel giorno fortunato del nostro Battesimo. Il sacerdotein quel dì, rivestito delle sacre divise, si fece alla porta delsacro tempio e scacciò da noi lo spirito immondo, che è ildemonio; ci segnò nella fronte e nel petto col segno di croce,e imponendo sopra di noi la sua mano, pregò Iddio ad allon-tanare da noi la cecità del cuore, e a rompere i lacci di sata-na, co' quali ci teneva avvinghiati sotto la sua dura schia-vitù. Ci pose sulla lingua il sale benedetto, e di nuovocomandò al diavolo ad andare lungi da noi, chiamati daGesù Cristo alla grazia del santo Battesimo.

Quindi il sacerdote colla sua saliva ci toccò il naso e leorecchie, pronunziando quelle medesime parole di GesùCristo: “Effeta, che vuol dire, apritevi”; e fattici rinunciare aSatana, alle sue opere, e alle sue pompe; e fattaci fare laprofessione di fede nelle tre divine Persone, Padre Figlio eSpirito Santo, ci fé rinascere novelle creature alla sua divinaamicizia, per mezzo del santo Battesimo.

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Ora che dobbiamo noi apprendere dal fin qui detto?Dobbiamo apprendere che noi tutti, per la colpa d'origine,nasciamo figli di ira, figli del peccato, schiavi di Lucifero.condannati a una morte eterna. Nasciamo in uno statoassai più infelice del sordomuto del Vangelo, [190v.] sordialla voce del Signore e muti a confessare la fede di GesùCristo, a pregare, a benedire e ringraziare; ma che pel Bat-tesimo si guarisce dalla sordità e dal mutismo spirituale,come il sordomuto guarì da sordità e mutismo corporale,per il contatto e la parola del divin Redentore.

Ecco dunque che ogni fedele cristiano deve tenere sem-pre aperte le sue orecchie per udire la parola di Dio, perascoltare l'istruzione di santa Chiesa sua madre amantissi-ma, per apprendere la cristiana dottrina circa le verità cheha da credere, circa le opere che ha da praticare, circa levirtù da seguirsi e i vizi da evitarsi. Ogni fedele cristiano devesciogliere la sua lingua per lodare e benedire il Signore, peredificare co' suoi discorsi tutti coloro che lo ascoltano.

Ma si usa così delle orecchie e della lingua dalla maggiorparte dei cristiani? Ah! che invece si aprono le orecchie perudire le eresie, le bestemmie degli empi, degli eretici, deimiserabili, dei liberi pensatori. Invece di portarsi alla Chiesanei dì festivi a sentire il Vangelo, la predica, il catechismo, siva alle sale dei protestanti, degli evangelici valdesi, si va neiclubs, nelle conversazioni da taverna ad imparare la dottri-na del diavolo, a mal pensare, a mal credere, a mal operare,ove si finisce a diventare libertini perduti. Invece di ascolta-re i libri buoni, si ascoltano libracci infami, romanzi e gior-nali riboccanti di corruzione e di empietà. [191r.] Invece diascoltare coloro che ci insegnano bene, si ascoltano volen-tieri le maldicenze, le mormorazioni, le calunnie, i discorsi

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osceni e disonesti. E della lingua qual uso si fa? Ce ne ser-viamo purtroppo per offendere Iddio, per offendere il prossi-mo, per scandalizzare coloro che ci ascoltano. Colla linguasi bestemmia, si mormora, si spargono dubbi circa le veritàdella fede; colla lingua si dice male di Dio, di Cristo, dellaVergine, dei Santi, dei Sacramenti, del Papa, dei Sacerdoti.

E ditemi, fratelli e figli miei dilettissimi, non sarebbemeglio per noi essere sordi, essere muti, che fare un sì cat-tivo uso delle orecchie e della lingua? Che ci giova l'esserestati battezzati, se poi il nostro parlare, il nostro operare èpeggio di quello di un turco, d'un ebreo, di un pagano?

Gesù Cristo, prima di guarire il sordomuto, lo trae indisparte, si rivolge al cielo, e manda fuori un gran sospiro,per farci intandere che se noi vogliamo guarire dai maliabiti, che ci fan sordi alle sante ispirazioni, che ci rendonomuti alla preghiera, alla confessione delle colpe, bisognaallontanarsi dagli stramazzi del mondo, fuggire l'occasione, imalvagi compagni e darsi alla solitudine; dobbiamo sforzar-ci a fare orazione, a pentirci dei nostri peccati e riflettereche la morte ci può sorprendere da un momento all’altro eportarci all'inferno; e riflettere che il piacere del peccatocommesso dicendo e agendo dura un momento e la penache si merita sarà sempiterna. [191v.] Il sordomuto fu pre-sentato a Gesù da persone caritatevoli, perché lo guarisseda quella sordità e mutolezza; e noi pure dobbiamo impe-gnarci a favore del nostro prossimo bisognoso, ma in modospeciale per i poveri peccatori, raccomandandoli a Dio che liconverta a sé, che li faccia ravvedere dalle vie del peccato.Voi, o genitori, avete quel figlio, quella figlia sorda alla gra-zia, perduta nel vizio, nella lettura di libri cattivi, impegnatain amicizie lascive, venduta alle sette dei miscredenti e dei

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mestatori; dunque, non fate i muti a loro riguardo; pregateper la loro conversione, fate intendere, avvisate, correggete,fate di tutto per guadagnarli a Dio. Voi, o coniugati, avetequel marito, quella moglie, che non vivono rettamente, chefan dire del nome suo, che trasgrediscono i divini precetti,che non obbediscono alla Chiesa; dunque, non fate i muti,ma inveve datevi tutto l'impegno di farli lasciare il peccato,di renderli virtuosi.

Voi tutti quanti siete, avete dei prossimi da correggere,da tirare al bene; dunque, secondo l'avviso dello SpiritoSanto, adopratevi a tutt’uomo per la salvezza dell’animaloro. Dipoi, tenete aperte l'orecchie per udire la parola diDio quando ci parla e colle illustrazioni della mente e collesante ispirazioni e per mezzo dei sacri ministri, e con libri dipietà e di devozione, e adempiremo quanto gli abbiamo pro-messo nel santo Battesimo.

[190v.] Domenica 12ª dopo la Pentecoste

Non senza ragione, popolo mio dilettissimo, l'amabileRedentor nostro Gesù Cristo chiamava beati i suoi dilettiDiscepoli; poiché vedevano coi propri occhi, ascoltavanocolle proprie orecchie quello, che dinnanzi molti secoli fupromesso ai Patriarchi dell'antica legge, fu predetto dai Pro-feti, che ispirati erano dallo Spirito del Signore, e aspettatoda tutte le nazioni della terra. Ma non meno felici, e beati diloro siam noi, che avemmo la bella sorte di nascere nel senodella cattolica Chiesa, dove si adora l'umanato Figlio di Dio,e si confessa e si crede Dio insiem col Padre, e collo Spirito,dove a questo Dio, che ritrovasi in tre Persone distinte, sitributa un culto non solo interno, ma esterno ancora per

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mezzo di pratiche religiose, a preferenza di tanti altri nostridisgraziati fratelli, ai quali si ritrovano o nell'ebraismo osti-nato, o nel maomettismo impudico, o nel gentilesimo stati-do, o in mezzo agli scismi, e all'eresia sfrontato. ...

Non meno felici, e beati saremo noi, fratelli e figli in Cri-sto dilettissimi, se ridurremo alla pratica quanto Gesù Cri-sto fa ridire in questa mattina al Dottor della Legge! Amor diDio, amor del prossimo; ecco la pienezza della cristiana per-fezione. In questi due precetti si contiene tutto quanto devefare un cristiano, se vuole conseguire la vita eterna. Imper-ciocché datemi [192v.] uno, che ami davvero il Signore, e vifarò vedere che egli sta lontano da ogni sorta di peccato,mentre amor di Dio, e peccato non possono andare insiemeuniti essendo l'uno opposto all'altro per natura. Datemiuno, che ami il suo prossimo, e vedrete, che si sa ben guar-dare dal fare ingiuria, torto, ed affronto a chicchessia, si saben guardare dall’arrecare danni a’ suoi simili, e invece fadel bene a tutti, aiuta i suoi fratelli, che si ritrovano in biso-gno per quanto glielo permettono le proprie forze. Dall'a-dempimento dunque di questi due precetti dipende lanostra eterna salute, come dichiarò appunto Gesù Cristo,dicendo al Dottor della legge: “Fac hoc, et vives - Fai questo,e vivrai”.

Vi sono però molti fra i cristiani moderni, che a guisa delcurioso Dottore, il quale andò a Gesù per tentarlo, sonosmaniosi di imparare la legge di Dio, vanno volentieri adascoltare la divina parola, interrogano, addimandano, e sec-cano ancora il ministro del Signore perché li insegni a vivereda veri cattolici, affine di conseguire la gloria celeste; maquando poi si tratta di mettere in pratica quello che hannoimparato sono pigri, e neghittosi: non sanno fare una mini-

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ma violenza a se stessi, non sanno mortificare le propriepassioni, rintuzzare i pravi appetiti della carne, e reprimerequei moti violenti di collera, che tante volte li portano apigliarsela col medesimo Dio, che dovrebbero amare contutto il cuore, con tutta l'anima, e con tutte le forze. [193r.]Questi sono semplici ascoltatori e non esecutori della legge.Questi sono disprezzatori, e non amatori di Dio. E di fattocome si può dire, che amino il Signore quei cristiani, i qualinon pensano mai a lui, non fanno mai niente per amor suo,e di lui non si ricordano né mattina, né sera? Quando siama una qualche persona, sempre a quella si pensa; o simangi, o si beva, o si lavori non ce ne possiamo scordare, etante volte ancora la di lei memoria viene a render più dolcii sonni della notte. Quando si ama una qualche persona perlei tutto si soffre: le dure fatiche, i lunghi viaggi, i più grandisacrifizi riescono soavi, e niente si stimano. Ora fate il con-fronto per vedere se di tal maniera amate Gesù, che degno èdi tutto il vostro amore. Andate mai a fargli amorosa visitanella Chiesa dove volle restar nascosto sotto le specie delpane, riscuotere le vostre adorazioni, e il vostro amore? Sof-frite con pazienza le traversie, le tribolazioni, i disagi, gliaffanni, che gli opprimono l'anima sui questa terra di esilio?Ah! che voi a tutt'altro pensate. Pensate a far la visita all'a-mico, al vicino, a pigliarvi gli svaghi tutti, e i divertimenti, etroppo duro vi riesce a passare poco tempo con Gesù nellaChiesa. Ah! che voi siete pronti a patir tutto per le frasche-rie di mondo, per contentare il vostro corpo, ma quando sof-frir dovreste per amor del Signore date in escandescenze dipassione, e di collera. Se voi amate una qualche persona,che Dio guardi di torcerli un capello, e di fargli la più ben-ché minima offesa, la più lieve ingiuria. Come poi vi potete

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lusingare di amare Iddio, mentre lo offendete in mille guise?Come mai si può dire che amino Iddio quei tali, che lo cal-pestano peggio del fango della terra colle bestemmie le piùorrende, colle maledizioni, [193v.] colli improperi, e villaniele più esacrande? Come volete che amino il Signore queigiovinastri, che tutto giorno circondati dai cattivi compagnise la passano in discorsi osceni, e nelle impurità le più ver-gognose? Come volete che amino il Signore quelle fanciullevane, che prima di giungere al santo Matrimonio la davanonegli amori per anni, e anni, e in amori ancora i più sconci,i più impudichi, che studiano ogni arte, ogni maniera persfoggiar nella moda, per abbigliare quel corpo che prestopresto deve ridursi in un mucchio di ossa spolpate, a unammasso di vermi, e di marciume? Potranno forse amare ilSignore quegli ammogliati, e quelle maritate, che hanno l'a-nima nelle braccia del diavolo, e i piedi sull'orlo dell'Infernoa cagione di quei commerci infami, delle pratiche disoneste,e scandalose colle quali offendono la maestà infinita di Dio,tradiscono la fede matrimoniale, e si imbrattano l'anima dilascivia, di adulteri, e di mille peccati? Potranno forseamare il Signore quegli avari sordidi, che per il misero gua-dagno di un soldo fabbricano ingiustizie, frodi, e inganni,succhiano il sangue ai poveri, non li pagano la dovuta mer-cede, e tante volte ancora, per aumentare ricchezza, non siprovvedono neppure del necessario, fanno stentare la fami-glia, e patiscono la fame? Ah! fratelli miei, tutti questi nonpossono adempire al primo precetto, che li impone di amareIddio con tutta l'anima e con tutto il cuore.

Ora passiamo al secondo precetto che va congiunto colprimo, al precetto cioè di amare il prossimo come noi stessi,per vedere se anche qui ci si [194r.] manchi dalla maggior

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parte de’ cristiani. Quest'amore del prossimo non dev'esseredi semplici parole, ma deve dimostrarsi coi fatti; non dev'es-sere soltanto sulla lingua, ma deve bensì essere radicato nelcuore. Le opere del samaritano rammentato oggi dal Vange-lo ben dimostrano l'amor suo sincero, e verace verso diquell'infelice, che per la strada di Gerico fu assassinato dailadri, e nel tempo medesimo dicono a ciascheduno di noiquello che sta registrato nell'Ecclesiastico: “Aiuta il tuo pros-simo nel miglior modo che puoi, a seconda dei mezzi che ti hadati la divina provvidenza”. E però avete voi de’ denari? Sol-levate la miseria dei bisognosi, allontanate dal pericolo dipeccare qualche anima disgraziata, e non fate come queimalvagi cristiani che si servono del danaro per tirare le per-sone tribolate a offendere il Signore. Avete voi credito estima? Servitevene per difendere l'innocenza, e la pudiciziaaltrui, per salvare dalle mani dei prepotenti la vedova, l'or-fano e il pupillo. Non avete né ricchezze, né autorità, maavete tempo, avete sapere abbastanza? Ebbene servitevi deltempo e del sapere per insegnare agl'ignoranti, per consola-re gli afflitti, per visitare gli infermi, per prestare insommatutti quelli offici di carità, che sono in vostro potere. Perandar salvi bisogna amare Iddio, come vi dissi, e bisognaamare il prossimo per amore di Dio. Chi è questo prossimo?Quello che si ritrova in bisogno. Cosa dobbiamo noi fare aquesto prossimo? Quel che fece il buon samaritano.

Ma ditemi adesso, dove è questa carità ai giorni nostri,questa carità che sente compassione dell'altrui miserie, eche pronta e sollecita accorra a prestar sollievo a chi ritro-vasi in bisogno? [194v.] Questa carità, che è benigna, epaziente, che non si gonfia, che non cerca i propri comodi,ma gli altrui, che non si rallegra del male, ma bensì si ralle-

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gra intorno alla verità, e alla giustizia, dov'è? Ritrovasi forsela carità cristiana in quelle famiglie, dove tutto giorno viregnano le impazienze, la collera, le imprecazioni, e le male-dizioni? Dove i fratelli son sempre in lite fra di loro, si vedo-no di mal'occhio, fomentano asti, e gelosie, e non è poco senon si uccidono l'uno coll'altro a guisa di Caino, e di Romo-lo, che si macchiarono le mani nel sangue de’ loro fratelli?Dove il marito è in discordia colla moglie, la moglie col mari-to, e si trattano di tutti i vituperi, a cagione delle pratichescandalose, e impure, che l'uno tiene con altre donne, e chel'altra ha con altri uomini? Dove la Socera è sempre in con-trasto colla nuora, e la nuora non può vedere la Socera, enon sanno compatirsi a vicenda ne' propri difetti, ne’ proprimancamenti? Dove è la carità cristiana in quei vicinati ne’quali famiglie, e famiglie si guardano con occhio bieco, cova-no in cuore odi, e rancori l'una contro dell'altra, il maritorapporta alla moglie, la moglie al marito, sicché tante voltesi viene alle mani, gli uomini si insultano, si percuotono fradi loro, e le donne con una lingua serpentina aguzzata aguisa di affilato rasoio si trattano di tutti i vituperi, di villa-nie, dei titoli i più infami? Dove è la carità in quei figliuoli,che per dar retta ai capricci della moglie abbandonanopadre, e madre senza riporgerli neppure un bicchier d'ac-qua nella loro vecchiaia, lasciandoli languire nella miseria[195r.] e nella fame? Dove è la carità in quelle lingue maledi-che, che vanno sempre sferzando l'onore, e la riputazionedei loro simili, che mormorano a tutt'andare scoprendo idifetti occulti, e inventando calunnie all'altrui innocenza, emettendo in derisione le opere virtuose, che vedono pratica-re agl'altri, e che non la risparmiano neppure ai ministri delsantuario, ai sacerdoti del Dio vivente? Dove è la carità in

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quelli scostumati cristiani, in quelle persone mondane, checoi loro scandali, coi loro insegnamenti, coi mali esempistrappano le anime dal costato di Cristo, le consegnano aldemonio?

Ah! non dirò altro, che felici i primi tempi della Chiesa!Felici quei primi tempi in cui i cristiani aveano un sol cuore, eun'anima sola: “Multitudinis autem credentium erat cor unum,et anima una”. Così leggo negl'Atti degl'Apostoli; sicché for-mavano l'ammirazione degli stessi Gentili, i quali pieni di stu-pore esclamavano: “Guardate come si amano i cristiani”. Dite-mi, se in questo secolo illuminato, in cui non abbiamo inbocca altro, che filantropia, fratellanza, e uguaglianza, voca-boli speciosi e vuoti, e de’ quali si mena tanto strepito, ritor-nassero a vivere i primitivi cristiani, ci riconoscerebbero forseper loro fratelli, per figli di una medesima religione, perseguaci del Crocifisso, che per far bene a tutti volle farsinostro fratello, volle assoggettarsi a tutte le umane miserie,volle morire satollato di obbrobri, carico di ferite, ricoperto disangue sopra del duro legno di Croce? O piuttosto non direb-bero che noi non siamo più cristiani, al vedere che nelle bot-teghe, nei traffici insieme colle merci si vendono le frodi, e gliinganni? Al vedere i poveri abbandonati morirsene nell'inediae nel languore, mentre i ricchi se la passano nelle delicatezze,e piuttosto che darlo ai miserabili [195v.] un tozzo di pane lofanno mangiare ai cani, al vedere che spendono nelle mode lepiù inutili, e vane quel danaro, col quale dovrebbero ricoprirela nudità di tanti meschini? Sì, fratelli miei dilettissimi, seritornassero a vivere i primi fedeli della Chiesa, resterebberoscandalizzati dalla nostra condotta, e non ci riconoscerebberopiù per loro fratelli.

Ora, ritornando al Vangelo, osservate che il ferito lungo

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la strada di Gerico era un'Ebreo, e quello che gli fasciò lepiaghe, e lo curò con tanta carità era un samaritano. Gl'ebreierano dichiarati nemici dei samaritani, e si guardavano dimal'occhio; ma non ostante questa inimicizia, appena ilsamaritano vide quel povero Ebreo sì malamente trattato dailadri, che tosto si mosse a compassione verso di lui come sefosse stato un suo amico il più caro. Riflette sant’Agostino,che appunto Gesù Cristo portò al Dottor della legge questaparabola per farci intendere, che la legge della carità fraternadeve essere universale. Prima cioè dobbiamo amare, aiutare,e soccorrere quelli, che ci sono stretti per parentela e persangue, e di poi tutti quanti, o siano barbari o colti, o cristia-ni o gentili, o turchi, o ebrei, o cattolici, o scismatici, tuttidobbiamo amarli. Dobbiamo amare anche i nostri nemici,perdonarli le ingiurie, e quando essi si trovano in bisognosiamo obbligati a soccorrerli per quanto ce lo permettano lenostre forze. E allora ci faremo conoscere veri imitatori diDio, che fa spuntare il sole sopra dei malvagi egualmenteche su dei buoni, imitatori di Gesù Cristo, che prima dimorire pregò l'eterno suo Padre per i suoi Crocifissori.

[196r.] Domenica 12ª dopo Pentecoste

Di chi erano simbolo e immagine i dieci lebbrosi monda-ti da Gesù Cristo con stupendo miracolo? Questi dieci leb-brosi erano figura di tutti coloro che hanno l'anima imbrat-tata dal peccato di qualsivoglia specie, ma specialmente dalpeccato dell’impurità. Non vi ha dubbio. Il peccato mortale,qualunque, è una lebbra che dà la morte all’anima, la privadella grazia di Dio, la spoglia dei meriti che si era acquistaticolle sante operazioni, e la condanna all’inferno. Ma il pec-

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cato dell’impurità è una lebbra schifosissima, difficile a gua-rirsi, che fa dimenticare Iddio e la gioia del Cielo, che cipone nella vile condizione dei bruti, che fa perdere la fede,che dà la morte all’ anima e al corpo.

E quanto è facile il restare contaminati da questa lebbraschifosa! Un sol pensiero, un sol desiderio, una compiacen-za carnale, una fornicazione, un adulterio, uno sguardo, untoccamento illecito, un discorso osceno ci conduce a unostato assai più infelice di quello dei dieci lebbrosi, che eranriguardati da tutti con orrore e fuggiti da tutti pel timore delcontagio.

I dieci lebbrosi almeno conoscevano la loro infelicità, laloro disgrazia: ma i disonesti non la conoscono o non lavogliono conoscere, e intanto la seguitano fino alla mortenelle impurità le più vergognose, ne’ pravi abiti, nelle malepratiche, nelle ree consuetudini, e vanno poi a precipitarenell’inferno. Ed oh! quanto è grande il numero di questidisgraziati! Dicea il Dottor della Chiesa sant’Alfonso, chequasi tutti i dannati si son dannati per la impurità, e cheper guarire da questa schifosissima lebbra si richiede unagrazia speciale di Dio, e questa grazia bisogna ottenerla permezzo della preghiera e colla frequenza dei santissimiSacramenti.

Infatti: come fecero i dieci lebbrosi per essere liberatidalla lebbra? Ebbero ricorso a Gesù Cristo e pieni di fedegridarono a Lui: “Gesù Maestro, misericordia di noi!”. EGesù li mandò ai sacerdoti.

Dunque siamo noi dediti alla lussuria? Siamo imbrattatida questa brutta pece? Ah! preghiamo, fratelli, preghiamomolto, dimandiamo perdono a Dio, consideriamo la nostrainfelicità, pentiamoci di vero cuore, facciamo fermi propositi

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di lasciare il peccato e le occasioni di peccare, e andiamo aisacerdoti, confessando le nostre colpe nel tribunale di Peni-tenza, e resteremo mondati da questa schifosa lebbra del-l’impurità. [197r.] Sì, confessiamoci spesso colle debitedisposizioni, e mentre il sacerdote ci impartisce la santaassoluzione, Iddio ci dirà come disse al riconoscente lebbro-so: “Alzati e vai, la tua fede ti ha fatto salvo”.

Ma ohimè! I disonesti invece, o non si confessano mai, osi confessano molto di rado; motivo per cui non guarisconomai da questa schifosa lebbra, e dai piaceri della carne pas-sano ai tormenti dell'inferno per una eternità. Fra i diecilebbrosi mondati, uno solo torna indietro per ringraziareGèsu; gli altri nove, ingrati e sconoscenti, si dimenticanoben presto del loro divino benefattore. Fratelli e figli mieidilettissimi, imitiamo il riconoscente lebbroso: ringraziamoIddio dei tanti benefizi... procuriamo di amarlo, non l'offen-diamo mai più, e rammentiamoci, che l'uomo ingrato è unmostro di natura, e assai al di sotto dei bruti, i quali acca-rezzano coloro che li fanno del bene.

(f. 197v bianca)

[198r.] Domenica 13ª dopo Pentecoste

Nei dieci lebbrosi guariti oggi da Gesù Cristo con stu-pendo miracolo, come voi udiste dal Vangelo, siamo figuratinoi tutti, popolo mio dilettissimo, che purtroppo ci troviamocoll'anima deplorabilmente deturpata dalla schifosa lebbradel peccato. No, non ci illudiamo, tutti chi più, chi menoabbiam peccato, e si pecca; tutti, chi più chi meno siamo reidinnanzi a quel Dio, che per fino negl'Angeli stessi trovò

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cose degne di punizione, e per conseguenza abbiamo biso-gno di fare umile e pronto ricorso al Signore ad imitazionedi quei lebbrosi, onde egli si degni nella sua infinita miseri-cordia di curare le nostre piaghe, accordandoci il perdono, eci fortifichi coll'aiuto della sua possente grazia per non piùrimbrattare l'anima da quelle macchie, che lavate furono nelbagno salutare della penitenza.

I dieci lebbrosi vedendosi da tutti avuti in orrore, perchéimmondi, da tutti fuggiti per timor del contagio, annoiatianche di sé stessi per la schifezza, che comparia sulle pro-prie carni, si risolvono finalmente di andare a Gesù, e scor-gendolo da lontano incominciano [198v.] a gridare: “GesùFigliuolo di David, misericordia di noi”. La lezione è per voipeccatori, peccatrici, che assai più imbrattati nell'animadella lebbra dei rammentati lebbrosi avete estremo bisognodel celeste medico Gesù Cristo che vi mondi dal peccato, evi ristituisca allo stato della primiera innocenza.

Ma siccome i lebbrosi per guarir dalla lebbra furonomandati ai sacerdoti, così a voi intima il medesimo Gesù:“Ite, ostendite vos sacerdotibus”. Andate ai sacerdoti, aprite-gli il vostro cuore, manifestateli le vostre colpe con veropentimento di averle commesse, con proposito di non maipiù commetterle, ed essi, cui fu commesso distinguere leb-bra da lebbra, cui furono confidati i misteri del Regno diDio, cui si consegnaron le chiavi per aprire ai penitenti sin-ceri la porta del cielo, e chiuderla agl'ostinati peccatori, pro-nunziando su di voi quelle consolanti parole: “Io ti assolvoda’ tuoi peccati”, vi parteciperanno i meriti di Sangue diGesù Cristo e mondati voi resterete dalla lebbra della colpa,e ridonati all'amicizia di Dio.

Fra i dieci lebbrosi guariti da Gesù Cristo nel mentre

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che si portavano ai sacerdoti uno solo vi fu, e questi era unsamaritano, [199r.] che grato e riconoscente pel benefizioricevuto indietro ritornò per render grazie al suo divinoBenefattore, dimostrando in tal maniera che gli stava acuore la guarigione del corpo non solo, ma quella altresìdell'anima: e l'una e l'altra ottenne in effetto mentre dalmedesimo Salvatore sentì dirsi: “Vai; la tua fede ti ha fattosalvo». Nelle quali parole i sacri espositori riconoscono l'ot-tenuta guarigione e dell'anima, e del corpo.

Dieci sono i guariti, disse Gesù, ma dove sono gl'altrinove? Non vi è stato che questo forestiero che tornasse adar gloria all'Altissimo? Sì, rispondiamo noi, dieci sono statii guariti, ma gl'altri nove altro non aveano in mira che laguarigione del corpo, e la salvezza dell'anima niente lipreme, come lo danno a vedere col fatto. Ora veniamo a noi,fratelli e figli miei dilettissimi, ditemi a chi rassomigliamo: alriconoscente lebbroso, oppure agl'altri nove ingrati? Ah chepurtroppo siamo tutti solleciti per guarire dai mali delcorpo, e trascuratissimi per guarire dai mali dell'anima.Vediamolo.

[199v.] Per guarire dai mali del corpo non vi è studio, chesi tralasci. Non contenti delle sentenze di Galeno, degl'afori-smi di Ippocrate, e di quanto vi hanno trattati di medicina, dichirurgia, di botanica, e di chimica negl'antichi volumi deiGreci, degl'Egiziani, e dei Latini, ogni giorno si intraprendononuovi studi, si fanno nuove scoperte e sopra semplici e com-posti, e sopra minerali e vegetali, e sopra l'erbe e piante tuttedella terra. Università aperte di medicina, pingui emolumentiai professori, premi di incoraggiamento agli studenti. E tuttoquesto è ben fatto, ed è una prova dell'impegno grandissimo,che si ha per risanare dai mali del corpo.

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E all'anima chi è che vi pensa? E per l'anima quale stu-dio si fa, quale scenza si apprende dalla maggior parte deicristiani? Ah che bisogna dirlo a nostra confusione: “Non estscientia animae”. Non vi è scenza per l'anima! Tanti e tantil'hanno inferma, l'hanno impiagata da ferite gravissime, enon sanno, oppure non voglion sapere il modo di risanarla:la contrizione del cuore, la penitenza vorace sono per essi[200r.] rimedi sconosciuti e pellegrini. Sicché dice bene diessi lo Spirito Santo che per l'anima sono ignoranti: “Nonest scentia animae”. Che sono infermi, e imbecilli, addor-mentati nel vizio e nel peccato, giusta la frase dell'Apostolonella prima ai Corinti: “Multi infirmi et imbecilles, et dor-miunt multi”.

Per guarire dai mali del corpo non si risparmiano spese,si intraprendono viaggi, si muta aria, si sospendono gl'affarii più importanti, i negozi i più lucrosi, si fan lunghe cure,diete lunghissime, si sorbiscono medicine ingrate al palato,si lascia la famiglia, si fanno insomma i più gran sacrifizi. Eperché ciò? Per salvare una vita, che è una continua morte,per vivere ancora qualche anno, qualche mese, qualchegiorno di più. Ma tante cure, tante spese, tanti sacrifizimolte volte non giovano, e si muore, e si muore con doloripiù intensi, con sfinimenti, con spasimi più acuti. Nonimporta, il tutto si tenti, niente si risparmi, perché vi è lavita di mezzo, che forse con tali rimedi si può allungarealtro poco.

Ora ditemi, cristiani miei, se tanti ri[200v.]medi ci voles-sero per guarire l'anima dal peccato, forse non saremmotentati a credere che Iddio troppo richiedesse da noi? E sepoi tanto meno richiede, non saremo sommamente più reidavanti al suo divin tribunale, se ora non provvediamo ai

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casi nostri, se non risorgiamo dallo stato di colpa? E checosa vuol mai egli da noi? Lo dice nella Sapienza, che nonvuole erbe, e impiastri costosi, non vuole perdita di sostanzee di ricchezze, ma un cuore bensì contrito e umiliato, unavolontà che detesti i passati errori, e che sia risoluta dimorire, piuttosto che ritornare al peccato; vuole insommauna Confessione sincera, come disse ai dieci lebbrosi delVangelo: “Ite, ostendite vos sacerdotibus”. Eppure chi il cre-derebbe? A sì dolci prescrizioni del celeste Medico si fa ilsordo, si resta indecisi, si rimette la guarigione dell'anima adimani, a Pasqua, a di qui a un anno, e forse forse agl'ulti-mi periodi della vita, epoche tutte per noi incerte.

Andiamo anche più innanzi: per salvare la vita delcorpo, ci soggettiamo alle operazioni le più dolorose. Biso-gna aprir la vena? Si apra subito. Sono necessari vessicanti[200bisr.] senapismi? Si applichino pure. È indispensabile iltaglio della mano, del braccio, della gamba? Si tagli, si tron-chi, purché si salvi la vita: si tronca, e si taglia, ma il piùdelle volte non giova, e dopo tanti tormenti si muore. Guai anoi, fratelli e figli miei dilettissimi, se per la salute dell'ani-ma fossero necessari sì duri e violenti rimedi! Spaventatidalla sola immaginazione, si darebbe in disperazione. Masappiate però che il nostro divin medico Cristo Gesù altririmedi più facili, e men dolorosi ci prescrive. Vuole sì, che silevi l'occhio, che si tagli la mano, e il piede, se questi ci sonooccasione di perdere la grazia che è la vita dell'anima; macome? Col troncare quell'amicizia, coll'abbandonar quellapratica, se vi dà occasion di peccare, ancorché essa vi fosseutile e cara quanto è l'occhio, il piede, e la mano. Avete voiun impiego, e questo, o per malizia, o per ignoranza, o perrispetti umani vi è occasione di peccare, di perder l'anima

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vostra, o le anime altrui? Ebbene, dovete lasciar l'impiego, ela carica, ancorché l'impiego stesso vi fosse necessario,quanto è l'occhio per vedere, quanto è il piede per sostener-vi, se volete [200bisv.] salvarvi. Tutto questo però da molti emolti si crede un parlare straniero, perché amano 1'occa-sion di peccare per quel piacere, per quel guadagno che neriportano, come che la salvezza dell'anima o la di lei spiri-tuale ruina fossero cose di lieve momento.

Ma qui non finiscono le cure del corpo. Quando i rimedidell'arte salutare riescono invano, si ricorre a Dio, allaMadonna, ai Santi. Benissimo voi fate a ricorrere... ma per-ché poi non avete altrettanto di premura a raccomandarviper l'anima, che guarisca una volta dai vizi, e si dia allasequela della virtù?

Finalmente, per guarire dai mali del corpo si ricorre,sapete a chi? al demonio. Possibile, che si ricorra al demo-nio nostro giurato nemico? Così non fosse, ma è vero pur-troppo. Così fece l'empio, e scellerato Ocozia, che mandò...Così fanno tante femine sciocche, tanti impostori scaltri,che presumono medicare le malattie con segni vani, conmodi superstiziosi... coi quali almeno tacitamente si invocail demonio, e ciò per l'amore smoderato che si porta al corpoe che l'anima poi resti impiagata, che offenda Dio, nonimporta.

Ecco, fratelli e figli miei dilettissimi, la stravanza gran-dissima veduta da Salomone. Io ho veduto, dicea egli, i Prin-cipi andare a piedi, come servi, e i servi...

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[201r.] Domenica 15ª dopo la Pentecoste

Una massima salutare raccomandata alla nostra memo-ria dallo Spirito Santo per fuggire il peccato, e regolare lanostra vita a norma dei divini precetti; una verità ammessae riconosciuta e da atei e da eretici, e da filosofi razionalisti,miscredenti e di bello spirito vo' richiamarvi al pensier dellamente in questa mattina, seguendo le tracce che mi segna ilVangelo. E sapete qual massima è mai questa, che rammen-tare vi voglio? È il pensier della morte. Vi sbigottite voi forsea tale annunzio? Si contrista forse assai di troppo il vostrospirito a tali rimembranze? Ma che forse è sempre amara lamorte, e non vi ha maniera di raddolcirla? Coraggio, mieicari, poiché se io dietro il funebre spettacolo, che incontrò ildivin Redentore alle porte di Naim vi presento il pensierdella morte, dietro pure il miracolo operato da Gesù Cristomi ingegnerò raddolcirvi il pensier della morte istessa. Udi-temi.

Mentre Gesù, accompagnato da’ suoi Discepoli e dacopiosa turba di persone, si portava alla bella e deliziosaCittà di Naim, si incontra vicino alle porte della Città in unafunebre proces[201v.]sione, che accompagna alla tomba unDefunto figlio unico di madre vedova. Non vi crediate già,fratelli e figli miei dilettissimi, che il nostro Redentore divinoandasse a caso verso la Città di Naim. No, egli che tuttooperava per la gloria del suo divin Padre, e per confermarenella vera fede i suoi seguaci, dopo aver sanati qua e là perdove passava e paralitici e lebbrosi, e cechi e sordi, e muti einvasati dallo spirito immondo, e altri vari generi di infer-mità, vuole ora mostrar la sua possanza anche sulla morte,col richiamare alla vita quel giovine morto, che si piangea

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inconsolabilmente dalla madre afflitta, e si portava allasepoltura da assai numeroso popolo di quella Città.

Quando dunque ci si aspettavano lieti evviva, segni diesultanza, per parte degli abitanti della Città, preparativimagnifici, accoglienze festose al Profeta dei Profeti, al Signordei Signori, al Dio della gloria, dovremo invece udire pianti elamenti, cantici mesti e lugubri, ferale spettacolo di morte?Così è, fedeli miei; e sebbene l'idea della morte sia da tuttifuggita, e da tutti si cerchi di allontanarla dalla mente, puresempre [202r.] a noi si presenta a funestarci il pensiero; equanto più da noi si cerca allontanarla, tanto più ci si fadappresso e ci preme. Il nostro orgoglio nol soffre, ma intan-to gl'oggetti tutti, che abbiamo dintorno ci rammentano ilnostro nulla, la nostra miseria. Sono insaziabili i nostridesideri verso delle ricchezze, dei guadagni, degl'interessimondani, ma intanto ci viene incontro la povertà dellatomba, che consiste in poche braccia di terra, la quale nonsarà neppur tutta nostra, ma l'avremo in comune con altricadaveri. L'amor dei piaceri solletica i nostri sensi, maintanto fuggir non si può quel pensiero, che questo nostrocorpo ha da essere in breve un ammasso di putredine, epasto ai vermi.

E ditemi infatti, non vi rammenta la morte e il suonolugubre dei sacri bronzi, e quanto leggete, e quanto udite, equanto vedete, e quanto fate, e quanto possedete? Certa-mente questa terra che da voi si calpesta, fu abitata da altri,che or più non sono; quella casa, in cui abitate, quei beniche possedete, quella carica, quell'impiego, quell'arte, quelme[202r.]stiere, che or possedete, che ora esercitate, da altrifurono posseduti e esercitati, che ora son passati nel nume-ro dei più. E avviene di sovente l'incontrarsi, come si incon-

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trò oggi Gesù Cristo, con cadaveri, che son portati a dissol-versi nei Cimiteri, e l'udire i pianti, i sospiri, i lamenti di chiperse il figliuolo, o la figlia, di chi perse il padre o la madre,di chi perse il marito o la moglie, di chi perse il fratello o lasorella, di chi perse il Parente o l'amico.

Era ancora il mondo ne’ suoi primordi, quand'ecco Iddiostesso intima ad Adamo, che egli era polvere e terra, e chepresto alla terra avrebbe dovuto tornare. Passarono pochianni, e la morte di Abele innocente rammentò al padrequanto il Signore minacciato gl'aveva; e questo pensier dellamorte passò allora di generazione in generazione senzapotersi mai più eliminare dalla mente dell'uomo.

Poco vale, fratelli e figli miei dilettissimi, il distrarsi inmezzo ai divertimenti della Città, negli spassi, e nelle occu-pazioni della campagna per fuggire l'idea della morte, [203r.]poiché le infermità, gli incomodi che soffrite, l'insensibiledecadimento della vostra vita, ve ne presentano l'immagine.Il sole, che tutti i giorni si incammina al tramonto, i fiumi,che scorrendo lungo tratto di paese vanno a perdersi inmare, gli alberi, che al sopravvenire del Verno si spoglianodi frondi, e di frutti, i fiori e le erbette, che presto appassi-scono, e sfuggono al nostro sguardo, le nebbie, che in unbatter d'occhio si dileguano, sono tutte immagini dellanostra vita labile e meschina, e tutte ci rammentano chesiamo mortali, e che al par di loro dovremo mancare.

Sulla scena del mondo vi è chi piange e chi ride, chi lapassa in allegria e chi nella massima tribolazione, comeappunto succedeva là vicino alle porte di Naim, dove laturba che seguìa Gesù era lieta e esultante, quella cheaccompagnava il Feretro era mesta e dolente: sì, sulla scenadel mondo vi è chi gode, e chi soffre; ma qual sarà la fine di

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ognuno? la morte, un meschino sepolcro lontano dall'abita-to. Anche in questa nostra Città, vi sono, come in Naim,quelli che camminano col Signore, e quelli che camminancol mondo, e vi è pure il Campo santo, [203v.] poco discostoda essa, che tutti accoglie nelle sue viscere, e buoni e catti-vi. E quante generazioni non ricopre adesso quella terra,quel soggiorno di morte? e che tutte poi dovrà rendere ungiorno? Ma sappiate però che non tutti gli renderà in ugualmodo, mentre i giusti dovrà renderli immortali a una eternavita, i peccatori immortali pur essi ma condannati a un'eter-na morte.

Anche in questa Città vi ha sempre avuti seguaci ildemonio in quelli usurai, e avari interessati, in quei Giova-ni, in quelle fanciulle perduti nelle pompe e negl'amori, inquei coniugati immersi nei tradimenti, e negl'adulteri, enelle dissolutezze le più vergognose, in quei libertini nemicidi Dio, della religione, della Chiesa, dei sacerdoti; ma ovesono adesso? Quella terra ricopre le loro spoglie mortali, male anime loro, ove sono? Il giudizio rilasciamolo a Dio, ma seessi fossero morti in peccato, diciamolo pure senza timoredi sbagliare, le anime loro sono nell'Infermo. Che ne dite, omondani? Intendeste qual sorte vi attenda con tutti i vostripiaceri, con le vostre ricchezze, coi vostri ambiziosi onori?Andrete a finir nella tomba, e là porterete le vostre vanità.

Ritornate col pensiero alle Porte di Naim. Eccovi unDefunto ecc. ecc. [204r.] A seri riflessi, a cui vi richiamai finqui, forse si conturbò il vostro spirito, e daste luogo in cuorvostro alla tristezza: ma fate cuore vi dirò, come disse Gesùalla desolata vedova di Naim, rasciugate le lacrime, fateluogo a idee più gioconde: perché piangere, perché affligger-vi? Perché noi tutti, mi rispondete, abbiam da morire. Ma

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non sapete, che la morte è un sollievo alle nostre miserie, unriposo alla nostra stanchezza, il termine dei pericoli, il finedegl'altrui tradimenti, dell'altrui invidie, dell'altrui violenze epersecuzioni? Sì, tutto è vero, voi ripigliate, ma potrebb'esse-re la nostra morte il principio di una disgraziata eternità. Èl'anima, Padre, che ci fa temere, perché tante e tante voltel'abbiamo imbrattata col peccato. Saggiamente voi risponde-te; ma io vi dico che questo eccessivo timore l'avete a lasciareai malvagi. Essi sì, che devono aspettarsi una mala morte,dicendo lo Spirito Santo: “Mors peccatorum pessima”. Ma lamorte dei giusti non sarà morte, bensì un dolce sonno, unpassaggio dalla fatica al riposo, dall'esilio alla patria, dallatempesta al desiato porto di salute, dalla pugna al godimentodei meritati trionfi, in una parola, la morte dei giusti è untransito prezioso nel cospetto del Signore: “Pretiosa in con-spectu Domini mors sanctorum ejus”.

[204v.] Che se poi a cagione delle vostre colpe temete lamorte, questo timore può far sì, che meno amara vi riesca.Udite il miracolo operato da Cristo sul morto giovine diNaim. Si accosta il divin Redentore alla Bara, ove giaceaestinto ecc. ecc. La bontà del clementissimo Iddio vi ispiraappunto il timor della morte, perché questo timore portan-dovi a odiare, a detestare il peccato, vi riesca a salute; e viriuscirà salutare, se raccomandandovi a Dio, lo suppliche-rete umilmente a perdonarvi le vostre colpe; vi riuscirà salu-tare, se vi porti a piangere i vostri trascorsi, e allora potretecon fiducia, e con ferma speranza di ottenere il perdonoapprossimarvi ai santissimi Sacramenti lasciati appunto daGesù Cristo alla sua Chiesa per risuscitare l'anima dallostato di morte, perché poi quest'anima medesima non abbiaa temere la morte del corpo. Sì, io vi ripeto, odiate, detestate

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il peccato, pentitevene di vero cuore, risolvete di non maipiù commetterlo, confessatelo al sacerdote nel Tribunale diPenitenza, e quel medesimo Signore, che risuscitò il figliodella vedova di Naim, rinnoverà sull'anima vostra l’istessomiracolo: e così risuscitati alla grazia, non più sarete oggettidi lacrime alla vostra madre, la Chiesa, che piangea lavostra morte spirituale, camminerete speditamente nellastrada dei divini precetti, per goder poi di un'eterna vitanella Patria dei Beati.

[205r.] Per la Domenica 16ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto in quel tempo, essendo entrato nella casa di un certoprincipe dei farisei per mangiare il pane in giorno di sabato,tutti lo osservavano. Ed ecco, che gli fu presentato un'Idro-pico. E Gesù rispondendo, disse ai periti della Legge, ed aifarisei, se si poteva guarire in giorno di sabato; ma essi tac-quero, e non gli risposero. Allora Gesù Cristo prese l'Infer-mo, e lo risanò, e gli disse, che se ne andasse a casa sua. Erispondendo ai farisei disse loro: Se un vostro asino, o unvostro bove cade nel pozzo, e non lo levate forse fuori anchein giorno di sabato? E a queste parole i farisei restavanoconfusi, e non potevano rispondere. Diceva poi ai convitatiquesta parabola: Quando tu sarai invitato alle nozze, nonpigliar mai il primo posto, affinché, essendovi qualchedunomaggiore di te, non venga il padrone di casa, e ti dica: Tiratiindietro, e dai luogo a questo, e tu non debba occupare allo-ra l'ultimo posto con tua gran vergogna. Ma quando saraiinvitato mettiti sempre nell'ultimo posto, perché quandovenga l'invitatore ti dica: Amico, fatti più innanzi. Allora

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sarai onorato presso tutti i convitati, perché ogniuno, che siesalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Fin quil’odierno Vangelo. [205v.]

Udiste, popolo mio dilettissimo, che il nostro SignorGesù Cristo, come ce ne assicura il Vangelo di questa matti-na, fu sempre perseguitato, e calunniato dagli scribi, e daifarisei. Egli era venuto al mondo per portargli la luce, perlevare gli uomini dalle ombre della morte, e dal peccato; maquesti uomini medesimi amarono meglio le tenebre, che laluce, e chiusero gli occhi alle opere stupende, e maravigliosedi lui, che dimostravano chiaramente la sua divinità, perandar dietro senza rimorso alle sfrenate passioni dellacarne, e alle vane apparenze, alle folli lusinghe del mondocorrotto. Udiste altre volte, che Gesù Cristo da per tutto ovepassava, risanava infermi, raddrizzava storpi, illuminavacechi, risuscitava morti, ed operava altri miracoli; e tuttoquesto per dimostrare, che egli era quel Figlio di Dio, ilquale dovea liberare tutto il mondo dalla schiavitù deldemonio, quel Messia promesso ai Patriarchi, predetto daiProfeti, e aspettato da tutte quante le nazioni della terra; macon tutto ciò gli scribi, e i farisei, e insieme anche i cattivicristiani, non cessano mai di perseguitarlo, e di offenderlo,e prendono materia dagli stessi suoi benefizi, dalle stessesue grazie, per caricarlo di calunnie e di ingiurie, come fece-ro appunto in questa mattina, che lo trattarono da malfatto-re, e da uomo irreligioso, che non santifica le Feste coman-date dalla legge, guarendo l'Idropico poco fa mentovato. MaGesù, tutto pazienza e amore, con[206r.]vince quegli scribi,che l'adoprarsi in vantaggio del proprio bisognoso nei giornifestivi non è opera servile e profana, ma bensì opera di grancarità, opera molto grata ed accetta all'Altissimo Iddio.

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Quindi prosegue a darli delle istruzioni sopra l'umiltà cri-stiana, senza di cui è impossibile piacere al Signore, dicen-do loro, che non si devono ricercare mai i primi posti, mache bisogna invece mettersi sempre nell’ultimo luogo, sevogliamo incontrare il genio di Dio e delle persone, perchénon vi è cosa, che tanto abbia in odio Gesù quanto la super-bia, e non vi è cosa che tanto muova la bile e la rabbia,quanto il millantarsi, che fa uno, delle proprie qualità, e sti-marsi più, di quello che è in realtà. Gesù Cristo dando que-ste lezioni di umiltà ai farisei, volle istruire nel tempo stessoanche noi cristiani, che se vogliamo arrivare alla gloria delcielo, bisogna fuggire la superbia, che fu bastante a precipi-tare Lucifero nell'Inferno, e di un Angelo, che egli era, nefece un demonio; bisogna sempre considerarci per quelpugno di terra, di fango, che noi siamo, e reputarci i mag-giori peccatori del mondo, che tante volte avemmo l'ardire diimpugnare le armi contro l'Onnipotente, giusta l'espressio-ne di Giobbe, quando senza pudore, e senza ritegno sioffendeva, si strapazzava orribilmente il nostro buon Gesù.Se voi però, fratelli miei dilettissimi, volete fuggire la super-bia, che è la radice e il fonte di tutti quanti i peccati, e sevolete d'altronde esercitarvi nella santa umiltà, [206v.]imparate fin da fanciulli a temere Iddio, rammentandovibene, che al suo divin tribunale dovrete rendergli contostrettissimo di tutti i doni, che vi furono concessi sì nell'or-dine di natura, come nell'ordine di grazia. Sicché, se voisiete più ricchi di altri, badate bene di non insuperbirvi, dinon disprezzare il vostro fratello, perché al punto dellamorte vi sarà chiesto conto di queste ricchezze medesime, ecome le avete impiegate; vi sarà dimandato, se di esse neavete fatto buon uso a soccorrere i poverelli, le vedove, e i

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pupilli; oppure se le avete fatte servire a offendere il Signorein quei giochi, in quei divertimenti, in quelle Osterie, inquelle conversazioni peccaminose; vi sarà dimandato se diqueste ricchezze medesime ve ne serviste per difendere latradita innocenza, oppure per mettere in mezzo quest'equello con delle frodi, con degl'inganni, con delle liti ingiu-ste, che succhiarono il sangue a tante povere famiglie.Tenete a mente ancora di quell'altra espressione del Vange-lo, dove dice il nostro Signor Gesù Cristo, che è più facilepassare un cammello per la cruna di un ago, che si salvi unricco; e questa sentenza vi terrà in un salutare timore, viimpegnerà a spender bene le vostre ricchezze, a tenervinella santa umiltà, e a usare familiarmente col vostro pros-simo povero. Se avete maggiori talenti degli altri, se sietepiù di loro istruiti, non ricercate i primi posti, non vi insu-perbite, ma trattate tutti con bontà, [207r.] insegnate agl'i-gnoranti, ma non vi vogliate stimare maggiori di loro, perchéIddio ha tanto cura del grande che del piccolo, dei dotti edegl'indotti; perché quegli che ha più ricevuto, dovrà rende-re anche di più al tribunale di Dio, e se si perde una perso-na istruita sarà nell'Inferno molto più tormentata di unapersona rozza ed ignorante. Se vedete, che i vostri prossimimancano in qualche cosa, che menano vita cattiva, cheinfangati si ritrovano in qualche peccato, che frequentano leoccasioni pericolose non ve ne fate maraviglia, non vi stima-te migliori di loro, ma avvertiteli piuttosto con carità, racco-mandateli al Signore, e umiliatevi davanti a lui, consideran-do bene il vostro nulla, e rammentandovi, che se Iddio nonvi tiene le sue sante mani addosso, potreste diventare assaipeggiori di loro. /Sì, fratelli miei, temete sempre di voi stes-si, e delle vostri deboli forze, temete sempre i tremendi giu-

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dizi di Dio, e vi manterrete nella santa umiltà, e fuggirete ilmaledetto vizio della superbia, da cui erano tanto dominati ifarisei rammentati dal Vangelo, che ambivano sempre iprimi posti, e amavano di essere stimati, e riputati dalpopolo; e però Gesù Cristo li riprende colla parabola, cheavete intesa, e con dirli, che quelli i quali cercano insuper-birsi saranno umiliati, e quelli che si umiliano saranno esal-tati, e ben veduti e da esso Dio,e dalle persone del mondo.Que[207v.]sto timor di Dio genera in noi l'umiltà, e ne allon-tana la superbia, questo timor santo di Dio è necessario aipeccatori perché si ravvedano dai loro falli, è necessario aigiusti, perché si mantengano in grazia, e resistano alle sug-gestioni del demonio tentatore. Questo timor santo di Diomette in fuga il peccato, e ridona all'anima la grazia, cheavea perduta, e gli ridona ancora la sicurezza, e la tranquil-lità. Di fatto quei peccatori ostinati non si sarebbero mairavveduti dalle loro iniquità, non avrebbero mai lasciato glioggetti del peccato, se non fossero stati compresi dall'orrordella morte, dai giudizi tremendi di un Dio, che tutto vede, eal cui penetrante sguardo niente si può celare, se paventatonon avessero i rigori di un Inferno, che dovrà essere la casadel peccatore per una eternità; ma appena videro quel com-pagno cattivo, rapito da morte imprevisa, appena si sentiro-no tremare la terra sotto ai piedi a cagione di orribile terre-moto, appena furono sorpresi da violenta malattia, si ricor-darono, che vi era un Signore supremo, il quale vegliaincessantemente sugli andari dell'uomo, il quale è giudicesevero, per punire il vizio e premiare la virtù, il quale èancora Padre misericordioso, per abbracciare il peccatorepentito, e dargli il bacio di pace. Tali riflessi, tali timoriaccompagnati dalla speranza del perdono furono bastanti a

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levar dalle braccia del diavolo [208r.] moltissime anime, chevi erano precipitate, e le fecero umiliare davanti a Dio perdimandargli perdono e misericordia. Anche i giusti, come vidissi, hanno molto bisogno del timor santo di Dio per man-tenersi nella virtù della santa umiltà, e scansare l'orrendovizio della superbia; poiché rammentandosi che colle deboliloro forze non possono operare niente di buono, riconoscen-do la loro insufficenza nelle continue lotte contro delle pro-prie passioni, se non vengano aiutati dalla grazia, si umilia-no nel cospetto del loro Signore, sempre temono con timorefiliale di offenderlo, e strapazzarlo, e così lo impegnano avegliarli sempre al fianco, e a tenerli lontani dall'acconsenti-re alle tentazioni. Ma d'altronde, se perdono il timor di Dio,subito saranno assaliti come i farisei dalla superbia,disprezzeranno i loro prossimi, li reputeranno assai peggioridi loro, e in tal guisa cadranno dallo stato di innocenza, ecammineranno a gran passi per la via di perdizione. Di que-sti lacrimevoli esempi ne sono ripiene le Storie, le quali ciassicurano purtroppo fin dove conduca la non repressasuperbia. Abbiamo, che moltissimi arrivati fino all'apicedella santità, per un peccato di superbia precipitarono nel-l'Inferno; abbiamo, che moltissimi dopo aver passata la vitain ogni genere di virtù e di perfezione, dopo aver passatimolti anni in austere penitenze colà nei Deserti, si lasciarontentare dal demonio [208v.] della superbia, si stimaronomaggiori degl'altri, persero il timor santo di Dio, e si sonoperduti per sempre. Ecco dunque, cristiani miei, quello cheopera in noi la superbia, quello che succede a un cristianoquando ha perduto il santo timor di Dio! Dunque, percarità, fuggiamo la superbia dei farisei, non disprezziamomai il più infimo, il più minimo dei nostri prossimi, e non ci

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stimiamo mai maggiori di loro, perché non sappiamo quelche ha disposto di loro il Signore, e non sappiamo neppurea quel che possiamo arrivare. Se noi siamo in peccatoabbiam bisogno dell'umiltà, abbiamo bisogno di paventare itremendi rigori della divina giustizia. Se noi siamo in graziadi Dio, umiliamoci ancora, e temiamo di non cadere in pec-cato, e fuggiamo tutti i pericoli e tutte le occasioni. E se mainoi siamo disprezzati, se ci fanno delle ingiustizie, se cidicono delle parole dispiacenti, umiliamoci nel nostro nulla,e rammentiamoci, che siamo polvere, che tante volte abbia-mo offeso il Signore, e però degni noi siamo di ogni disprez-zo e di ogni ingiuria.

[209r.] Per la Domenica 23ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesù Cri-sto, parlando in quel tempo ai Discepoli di Giovanni, uncapo della Sinagoga si appressa a lui, e lo adora dicendo:Signore, la mia figlia è morta adesso: ma venite a toccarla,ed ella vivrà. Allora Gesù Cristo alzandosi, lo segue insiemeco’ suoi Discepoli. Nell'istesso tempo una donna, che dadodici anni avea delle perdite di sangue, si avvicina di dietroa Gesù, e tocca l'estremità della sua veste: imperocché anda-va fra sé dicendo: Se io posso solamente toccare il suo vesti-mento, sarò guarita. Gesù Cristo, voltandosi indietro, evedendo quella Donna, gli disse: Mia figlia, abbiate confiden-za, la vostra fede vi ha guarita; e di fatto fu guarita in quel-l'ora medesima. Quando poi arrivò alla casa di quel capodella Sinagoga, vedendo alcuni sonatori di musici strumenti,che costumavano a quei tempi, quando vi era un qualchedefunto, e una turba di persone, che face[209v.]vano grande

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strepito, disse loro: Ritiratevi: questa fanciulla non è morta,ma dorme. E quelli si burlavano di lui. Ma appena fu sortitaquella folla di gente, Gesù entra nella stanza, prende per lamano la fanciulla, ed essa subito si alza, esterna in salute; ela fama di questo prodigio si diffuse in tutto quel paese: Finqui l'odierno sacrosanto Evangelio.

Avete udito, dilettissimi, che l'amabilissimo nostro Signo-re acceso di carità e di amore per i miseri figli di Adamo, nonsì tosto ebbe l'invito dal capo della Sinagoga che si mise incammino per andare a risuscitare e guarire la morta suafiglia; e si serve della medesima occasione per rendere lasanità a quella povera donna travagliata per dodici anni daflusso sanguigno, che a lui si accosta piena di fede, per toc-cargli la veste, e così restarne guarita. Vedete: questo mododi operare di nostro Signor Gesù Cristo è un esempio, unalezione mirabile per noi tutti, che nati nella umana Società,nella religione cattolica, abbiamo un dovere, a cui ci obbligala carità cristiana, di prestarci a ogni bisogno del prossimo, edi approfittarci di ogni incontro favorevole, di ogni occasioneper far del bene a tutti, [210r.] sovvenendoli in ogni neces-sità; giacché l'amore del nostro simile quando è fondato nel-l'amore di Dio, è un amore puro, un amore santo, un amoresincero, che opera in noi la santità, e che non ha limiti, e siestende a tutti i ceti di persone, o siano povere o ricche, onobili o plebee...

Dunque, se vogliamo imitare Gesù Cristo nostro model-lo, e nostro esemplare, dobbiamo, fratelli miei, aiutare ilnostro prossimo in tutti i suoi bisogni, per quanto ce lo per-mettono le nostre forze, le nostre facoltà. Ma esaminiamomeglio il senso morale del Vangelo. Che cosa considerardobbiamo nella morta fanciulla poco fa mentovata? In que-

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sta fanciulla si deve considerare l'anima del peccatore, laquale è morta alla grazia di Dio, è restata priva di tutti queimeriti, che acquistati si avea, è diventata bruca e nuda ditanti digiuni, di tante elemosine, di tanti sacramenti ricevu-ti, di tante Messe ascoltate, e in poche parole non gode piùdella Comunione dei santi, di quei beni universali e comuni,che si fanno nella Chiesa di Gesù Cristo; quest'anima,[210v.] io dico, vien riguardata da Dio con occhio di odio e diabominazione, si trova avvinta da lacci fortissimi nelle brac-cia del diavolo, e non deve fare altro che un passo per cade-re miseramente e per sempre nelle fiamme eterne dell'Infer-no. L'anima del peccatore vive sempre in gran pericolo diandar dannata, ed ha sempre la morte alle spalle, che lainsegue e la preme, e non aspetta altro che un cenno del-l'Altissimo, per troncare il filo di sua vita mortale, e perdecidere della sua sorte per una eternità. Il misero peccato-re che si trova imbrattato dal peccato mortale è ancora piùsoggetto alla morte di qualunque altro, perché, come dicesan Paolo, il peccato è un grande stimolo, che molto affrettala morte, e la fa venire prima del tempo: “stimulus autemmortis peccatum est”.

Eppure dietro tutto questo noi siamo tanto pazzi e tantostolti, che non pensiamo mai ai casi nostri, non entriamomai nei reconditi nascondigli della nostra coscienza per esa-minar bene noi stessi, per rimediare ai nostri guai, perprendere quei rimedi opportuni, onde risorgere da quellostato di morte in cui, ci ha precipi[211r.]tati il peccato, eguarire da quei mali tanto perniciosi alla povera animanostra. Eppure dietro tutto questo, vi sono tanti spensieratidell'anima, che a tutto pensano, tutto prevedono, tutto con-siderano, fuori che al massimo affare della vita eterna. E

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dicea bene il santo profeta Geremia, che lasciamo passareinutilmente i giorni di salute, senza neppure abbadarvi,senza nessun pensiero per l'anima. “Transeunt dies salutis,et nemo recogitat corde”. Si, popolo mio dilettissimo, lo sap-piamo e bene lo sappiamo, che quando l'anima nostra sitrova nel peccato mortale ella è nemica di Dio, e se ne giacenel misero stato di morte; ma noi non si pensa mica a farricorso al Signore, come fece quel capo della Sinagoga,quando vide morta quella sua figlia diletta! Ah! che piutto-sto imitiamo quelli sciocchi mentovati dal Vangelo, i quali sieran portati alla casa della defunta per sonare e ballare, estare allegri, quando era tempo di piangere, e addolorarsisul caso di quella meschina.

Ah! sì, che noi rinnoviamo spesso queste stravaganze!Noi, coll'anima morta a Dio [211v.] a cagion del peccato, egià vicina a precipitare nel baratro di perdizione senza spe-ranza di non mai più sortirne, ci diamo in preda ai piaceridella carne e del senso, ce ne viviamo i mesi e gli anniinfangati nel pantano delle più laide dissolutezze, ci portia-mo a offendere barbaramente Iddio in quelle tresche, inquelle combriccole, in quella casa, in quella Bettola, e noncontenti di viver male noi soli, coi nostri cattivi esempi, coinostri discorsi impuri, con delle bestemmie enormi, chefanno rannuvolare il Cielo, siamo occasione di scandalo,pietra di inciampo ai nostri fratelli, che ci vedono e che cisentono. E come mai è possibile che non si conosca lanostra cecità, la nostra pazzia? Non si conosce, ve lo ripetoanche un'altra volta col Profeta, perché passano i giorni disalute,e nessuno vi pensa. “Transeunt dies salutis, et nemorecogitat corde”. Se voi, peccatori, peccatrici, vi pensaste,come mai potreste dormire in pace i vostri sonni, mangiare,

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e bevere allegramente senza curarsi poi dell'anima? E nolsapete voi forse che nell'atto stesso del peccato, della con-versazione, e del divertimento potreste [212r.] passare daquesta all'altra vita col morire malamente, e così dal morbi-do letto, dal dolce giacere del peccato, dalla gioia stolta dellatresca, andarvene a penare per tutta quanta l'eternità inquei carboni ardentissimi, in quelle fiamme spasimanti del-l'Inferno, ove le anime dei malvagi, e dei libertini saran persempre calpestate dai Diavoli?

Ah! dilettissimi, per quanto amate voi stessi, vi prego apensar meglio ai casi vostri; vi prego a non voler gustare queipiaceri maledetti, che appena gustati generano in voi lamorte; vi prego a imitare subito quel capo della Sinagoga,correndo subito anche voi ai piedi di Gesù Crocifisso adimplorare misericordia e perdono; sì, andate a’ suoi santissi-mi piedi e ditegli pieni di fede: Signore, la mia figlia è morta,venite, toccatela, ed ella vivrà; l'anima mia è morta alla vostragrazia per lo peccato, ma dite una sola parola, toccate questomio cuore fatto di pietra, e subito vivrò e sarò sanato. Voiancora, padri e madri, che lasciate marcire negl'amori queipoveri vostri figli, prima che giungano, Dio sa come, al matri-monio, che lasciate andare le vostre figlie al teatro, al ballo, eal ridotto, senza [212v.] nessuno, che li guardi dietro, lasciatetanto i maschi che le femine conversare e bazzicare con i cat-tivi compagni, e non vedete, che così facendo voi li condanna-te a una morte eterna? Ah! chi sa da quanto tempo essi sonomorti nell'anima, e voi neppure vi pensate! E perché non fatetutti gli sforzi possibili, onde questi vostri figli e figlie risorga-no dallo stato di morte? E perché non li esortate, che lascinole cattive pratiche, che si portino ai piedi di un confessore nelTribunale di Penitenza, per risorgere dalla morte dell'anima?

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E se le vostre esortazioni, le vostre prediche non giova-no, perché non imitate quel capo della Sinagoga, che appe-na vide morire la sua figlia subito andò a trovare Gesù Cri-sto, a pregarlo affinché gli risuscitasse quest'unica sua spe-ranza? Possibile che voi, i quali vi vantate di professare lafede, e la legge del Signore, siate meno selleciti di uno, cheappena lo conosceva, e appena ne avea sentito fare di luiqualche parola? Ah! dunque, fratelli miei, vergognando dinoi stessi, nel vedere quanto siamo spensierati, e negligentidell'anima nostra, e di quella dei nostri sottoposti! E se poista a cuore, se ci preme la nostra eterna salute, subito checonosciamo di esser morti alla grazia di Dio per il peccato;subito che vediamo i nostri figli, i nostri di casa, in qualchedisgrazia spirituale, facciamo pronto ricorso al Signore,come fecero quel capo della Sinagoga, e quella donna trava-gliata dalle perdite di sangue, ecc. ecc.

[213r.] Domenica 18ª dopo la Pentecoste

Fu certamente grande atto di carità quello che praticaro-no verso del Paralitico rammentato dall'odierno Vangelocoloro che fecer di tutto per presentarlo davanti a Gesù Cri-sto. Infatti, come narra san Marco, vedendo quegl'uominiche per la calca di gente che attorniavano il Redentore nongli era possibile giungere a’ suoi piedi, montaron le scale,salirono sul tetto della casa, vi fecero un'apertura, e quindicalarono giù il letto ove era coricato il Paralitico, onde ilmedesimo divin Redentore lo guarisse. Vedete, fratelli e figlimiei dilettissimi, quanto è ingegnosa la carità! Se voi puresarete animati da questa divina virtù, opererete, sto perdire, miracoli, studierete ogni mezzo per soccorrere i vostri

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prossimi mentre si ritrovano in bisogno, e sarete perfettiimitatori di Gesù Cristo, che per dove passava facea delbene a tutti.

[213v.] Gesù Cristo vedendo la fede di costoro, disse alParalitico: Confida, o figlio, che ti son perdonati i tuoi pec-cati. La fede è il principio della nostra purificazione; e sap-piamo dalle divine Scritture, che senza fede è impossibilepiacere a Dio: e chi non crede non ha bisogno di morire peressere giudicato, poiché è già giudicato dalla sua miscre-denza, e solo richiedesi la morte perché egli resti condanna-to all'Inferno per una eternità. Dunque, tutti quei miscre-denti e libertini dei quali tanti ve ne sono alla giornata, eche dubitano e spargon dei dubbi sopra le verità sacrosantedi nostra fede, di nostra religione santissima, son di già giu-dicati, e altro loro non resta che morire per esser condanna-ti ai sempiterni dolori. Ah! miserabili, se ne accorgerannoun giorno, ma senza prò, a che stato infelice e disgraziato licondussero le loro superbie, i loro capricci, i loro depravaticostumi! Miei cari, se incorrere non volete questa sortefunesta, siate cauti e saggi, non vi lasciate sedurre da queilibracci infami [214r.] pieni di eresie, da quei fogli, da queigiornali riboccanti di bestemmie e di empietà che i nemici diDio e della sua Chiesa vomitano tutto dì contro del RomanoPontefice, dei sacri ministri e di quanto vi ha di più sacro evenerabile nella Chiesa medesima. State forti e costanti inquella fede che professaste nel santo Battesimo, in quellasana dottrina che vi venne insegnata nella vostra giovinez-za; poiché quella è la vera fede, quella è la vera Dottrina diGesù Cristo, e per lo contrario la dottrina che vi insegnano isuperbi mondani è dottrina di perdizione, è dottrina del dia-volo vostro giurato nemico.

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Noi, Padre, per grazia di Dio stiamo attaccati alla verafede, e si scateni pure anche tutto l'Inferno non ci muovia-mo dalla sana credenza... Siamo nati cattolici, e coll'aiuto diDio vogliamo morir cattolici. Fate bene, io vi rispondo, avivere in queste sante disposizioni. Ma permettetemi didirvi, che la sola fede non basterà a salvarvi. No, miei[214v.] figli, la sola fede non basta. La fede senza le buoneopere è una fede sterile, è una fede morta che non può pia-cere a Dio, e per conseguenza non può salvarvi. La fedesenza la carità a niente vale in ordine nella vita eterna; masiccome la carità vuole fatti e non parole per potersi chia-mar con tal nome, così la fede vuol essere accompagnata dasante operazioni, affinché possa farci conseguire l'eternasalute, affinché possa dirsi vera fede. E per verità, qual fedeè la vostra se mentre credete quanto la Chiesa santa vi pro-pone da credere, non osservate poi tutti i divini comanda-menti? Qual fede è la vostra, o padri o madri, se... e poi...?

Il Paralitico, e coloro che lo portarono a Gesù chiedeva-no soltanto la guarigione del corpo, ma Gesù sempre magni-fico ne’ suoi doni, sempre ricco in misericordia, vi aggiungeancora la salute dell'anima, rimettendo a quell'infelice i suoipeccati. Noi però, assai meglio istruiti di costoro, prima ditutto dobbiamo dimandare a Dio i beni dell'anima, ed egliallora per [215r.] giunta ci darà anche tutto ciò che ci ènecessario per la vita e la salute del corpo. Ce ne assicura ilmedesimo Gesù Cristo in altro luogo del Vangelo, ove dice:Cercate prima il Regno di Dio, che è la sua grazia, la suagloria, e le altre cose vi saranno date per soprappiù.

Quegli scribi superbi, sentendo che Gesù Cristo rimetteai peccati al Paralitico, van dicendo nel loro cuore: “Costuibestemmia”. Ma Gesù li riprende: “Perché pensate voi male

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ne’ vostri cuori?”. Con queste parole fa conoscere Gesù Cri-sto la sua divinità; poiché solo Iddio perfettamente conoscee i pensieri della mente e i desideri del cuore, e al di luipenetrante sguardo niente, niente si può celare. Sì, egli èvero, che dove non può arrivare la scenza limitata dell'uo-mo, vi arriva e vi penetra l'infinita Sapienza di Dio, che tuttovede, tutto intende, tutto conosce. L'uomo si inganna nelgiudicare il suo simile, l'uomo si ferma alla sola apparenza,ma Iddio non si può ingannare, e penetra nella sostanza.[215v.] Dunque, fratelli e figli miei dilettissimi, lungi sempreda voi i cattivi pensieri, i malvagi desideri, i quali se da voisi avvertano e si acconsentano vi fanno meritevoli del fuocoeterno quanto i peccati di parole o di opere. Infatti chidannò Lucifero? Il solo pensiero... Chi dannò Giuda? Il solopensiero... Chi precipita nell'Inferno anche adesso tantiuomini, tante donne? I pensieri cattivi, i malvagi desideriche non si confessan nemmeno...

Che vi sembra più facile, disse Gesù agli scribi, dire tisono rimessi i tuoi peccati, oppure alzati su dal tuo letto o-ve giaci infermo, e cammina? E a voi, che qui mi ascoltate,pare più facile la conversione di un peccatore, ossivero farrisorgere un morto, far guarire un infermo? cristiani miei! Ècosa più facile render la vita a un morto, che far risorgereun peccatore. E però guardatevi ben dal peccato, non vi abi-tuate a peccare sulla folle lusinga che vi pentirete dappoi,che vi confesserete [216r.] de’ vostri peccati, poiché tutti, oquasi tutti quei disgraziati che ora urlano e si disperanocolaggiù nell'Inferno, si son dannati con questa lusinga diconvertirsi, di ravvedersi prima di morire.

Affinché sappiate che il Figliuolo dell'Uomo, ha la pote-stà in terra di rimettere i peccati, disse al Paralitico: Su,

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prendi il tuo letto, e vattene a casa tua. Questa condottatenuta da Gesù Cristo nel guarire il Paralitico, obbligandolocioè a caricarsi del suo letto, ci fa conoscere che quandoIddio perdona i peccati col Sacramento della Confessione, altempo stesso impone l'obbligo di far penitenza dei peccatimedesimi per soddisfarne la pena temporale che li è dovuta,e per meritare la grazia di potere perseverare nel bene finoalla morte. Tale è la legge che ha imposta Iddio ai peccatori.Sì, miei figli, due cose sole restano al peccatore: o penitenzasincera e verace, o inferno, luogo di tutti i tormenti per unaeternità! [216v.] Dunque, a noi la scelta. Vogliamo andareall'Inferno? Seguitiamola pure, come abbiam fatto fin qui,nei peccati, nei piaceri, nei divertimenti, nella superbia, nel-l'impurità e nello sfogo delle disordinate passioni, allora cianderemo sicuramente: ma notiamo per altro, che chiunqueprecipita in quel baratro profondo, non ne sorte mai più.Non vogliamo andare all'Inferno? Dunque abbracciamosubito la Croce della penitenza; piangiamo nel dolore delcuore le nostre colpe; detestiamole colla volontà; non lecommettiamo mai più; facciamo da qui in avanti una leggesevera ai nostri sensi, negandogli quanto essi richiedonocon pregiudizio dell'anima; e quel corpo che finora ha servi-to al peccato, si faccia servire alla cristiana mortificazione. Ilvero penitente ha da imitare il Paralitico, che ottenuto ilperdono de' suoi peccati andò a casa sua dietro il comandodi Gesù Cristo. Il peccatore adunque riconciliato con Diodeve andare a casa sua. La sua casa è il Paradiso: a questodee tendere continuamente...

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[217r.] Domenica 19ª dopo la Pentecoste

Gesù Cristo nel santo Vangelo di questa mattina ciriporta il convito fatto da quel Re nelle nozze del suo figliuo-lo; al qual convito chiamò molti per mezzo de’ suoi servi, mapochi furono quelli che accettarono; e fra questi pochi unove ne fu, che ebbe l'ardire di entrar nella sala vestito mala-mente, e che perciò ne fu escluso, condannato alle tenebreesteriori, ove regna il pianto e lo stridore de’ denti. E perchéGesù Cristo portò questa parabola? La portò per farci inten-dere che sebbene dal suo divin Padre siamo stati chiamatitutti alle nozze déll'Agnello, vale a dire sebbene tutti sianostati chiamati alla Gloria del Paradiso per i meriti di GesùCristo; pure sono pochi quelli, che si salvano: “Multi suntvocati, pauci vero electi”. Questa terribile sentenza fu profe-rita dalla bocca dell'eterna e infallibile verità e però vi deveriempiere di un santo e salutare timore, che vi faccia starlontani da qualsivoglia peccato. Ma quantunque siano pochiquelli, che si salvano, pure, aiutati dalla grazia del Signore,possiamo ancora noi, se n'abbiamo voglia, essere nel nume-ro di que’ pochi. Quindi è che, se noi non saremo in questonumero de’ buoni, che sono pochi , ciò accadrà per nostracolpa; accadrà perché abbiamo voluto essere nel numerodei molti che vanno dannati.

Purtroppo è vero, popolo mio dilettissimo, che i chiamatisono molti, ma quelli che si approfittano [217v.] delle divinechiamate sono pochi. E qui non si intende mica di parlaredi quelli che per loro disgrazia nacquero fuori del grembo disanta madre Chiesa, i quali, se muoiono così, certamente sidannano, ma si intende di quelli che rigenerati dalle acquedel santo Battesimo credono e professano tutti i dogmi della

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nostra religione santissima e appartengono alla vera Chiesa,che è la nostra cattolica, i quali, sebbene siano tutti chia-mati, pochi son quelli che giungono a salvamento.

Sì, fratelli e figli miei dilettissimi, qui si parla de’ cristia-ni, come affermano Origene, sant’Ambrogio, sant’Agostino,san Giovanni Crisostomo, ed altri Santi e Dottori. E che ciòsia vero chiaro lo dimostra il tenore di vita, che si menadalla maggior parte de’ cristiani: quel tenore di vìta, io dieo,del tutto contrario al Vangelo, e ai santissimi Comandamen-ti di Dìo. Voi ben sapete, che la sola fede non basta per sal-varsi, ma si richiedono ancora le buone opere. Osservatenella sala delle Nozze, che era aperta a tutti, come vengatrattato quel temerario, il quale ardì introdurvesi senza laveste nuziale: legato nelle mani e nei piedi fu condannato alcarcere dell'eterno pianto.

Non basta adunque l'essere entrati nella sala dellenozze, nella Chiesa di Gesù Cristo per mezzo della fede, mabisogna ancora esser vestiti della veste nuziale di sante evirtuose [218r.] operazioni; voglio dire non basta avere ilcarattere di cristiano, ma si richiede di più una vita santa,un perfetto adempimento alle obbligazioni del nostro stato,e una vera conformità agl'esempi lasciatici da Gesù Cristoper conseguire la vita eterna. Noi tutti, scrivea il gran pon-tefice san Gregorio, noi tutti ci raduniamo nella Chiesa apregare, a sentire la parola di Dio, che ci viene annunziatadai sacerdoti, ma chissà quanto pochi saranno quelli che sisalvano di noi! Tutti invochiamo il nome del Signore nellaChiesa, ma poi la vita che meniamo lo bestemmia e lo stra-pazza. Molti seguono Iddio colle parole, ma pochi son quelli,che lo seguono colle buone opere. È cosa terribile, fratellicarissimi, l'aver udito dal Vangelo, che tutti siamo stati

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chiamati al Paradiso, ma che non sappiamo se avremo labella sorte di andarvi. E però ognuno tema, e si affatichiincessantemente nell'esercizio delle buone opere perchésappiamo, che molti sono i chiamati ma pochi gl'eletti. Tuttiquelli che sono battezzati, dice l'Apostolo, sono rivestiti diGesù Cristo. E vol dire che la loro vita deve conformarsi aquella del nostro divin Salvatore. Per questo appunto quan-do ci battezziamo il sacerdote ci porge una veste bianca cheè simbolo della cristiana giustizia, la quale dobbiamo con-servare illibata fino alla morte.

Ditemi adesso, [218v.] l'avete mai ricoperta di sozzure,l'avete mai imbrattata questa candida divisa? Vi siete con-servati illibati dal peccato mortale fino al dì d'oggi? Ah! cheappena arrivaste ad un imperfetto uso di ragione vi immer-geste nel torrente delle umane dissolutezze; prima di arriva-re a conoscere il vostro Dio lo avete offeso in mille maniere!E dopo cosa avete fatto per risorgere dal peccato? Nientefaceste, la vostra vita è stata una catena contìnua di Con-fessioni, e di peccati, e invece di servirvi de’ Sacramenti perritornare in grazia di Dio, ve ne siete serviti per maggior-mente offenderlo e strapazzarlo. Non dico forse il vero?Ebbene rimettetevi al retto giudizio della vostra coscienza.Interrogatela un poco: Che vi dice? Siete voi umili, mansue-ti, poveri di spirito, mortificati, caritatevoli, misericordiosi?Ah! che invece moltissimi di voi, non dico tutti, sono pieni disuperbia e di orgoglio, biliosi e collerici; moltissimi di voinon sanno distaccare il cuore da quei beni, che li furonocompartiti dalla divina provvidenza perché ne facesseroparte anche ai poveri, non si contentano del giusto e dell'o-nesto, non pagano la dovuta mercede ai lavoranti, li defrau-dano le loro fatiche, e hanno ripiene le mani di sangue spre-

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muto a forza di ingiustizie, di frodi e di inganni d’addosso aipoverelli; sono avari lordi, che non conoscono altro Dio fuoridel denaro, e dell'interesse.

[219r.] A moltissimi di voi rimorderà la coscenza perquelli sforzi impuri che daste alle vostre passioni, per quellecarnalità che passo sotto silenzio affine di non oltrepassarei limiti del cristiano pudore: a moltissimi vi rimorderà diessere stati di cuor duro, e di mani strette sopra la miseriadei vostri fratelli. Purtroppo oggigiorno si vive nella Chiesadi Gesù Cristo da molti come se fossero fuori di essa. Neiprimi tempi del cristianesimo si poteva dire da’ cristiani aiGentili: vostre sono le intemperanze, la fornicazione, gliadulteri, vostre sono le ingiustizie, i furti, le prepotenze,vostri sono gli odi, i rancori, le invidie, vostre sono lebestemmie, le imprecazioni, le maledizioni, le calunnie, lemormorazioni, gli spergiuri, e qualunque sorta di delitto,ma fra di noi non regnano tali peccati, e se per caso un cri-stiano si è fatto reo di qualcheduno di questi eccessi, sap-piate, che non lo riconosciamo più per cristiano, poiché nonson cristiani i di lui costumi. Così potevano dire i cristianicattolici de’ primi tempi della Chiesa. Ma se ai giorni nostrivi fossero ancora i Gentili, poca o punta differenza sivedrebbe fra loro e noi, perché i nostri costumi tante e tantevolte sono peggiori di quelli dei turchi, degl'eretici, e degl'in-fedeli. Dunque non è da farsi maraviglia, se anche dei cri-stiani molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti: “Multi suntvocati” ecc. ecc.

[219v.] Ad alcuni cristiani gli pare di far anche troppo sevengono qualche volta in Chiesa, se ascoltano qualche voltala parola di Dio, se vanno alla Messa tutti i giorni, se si acco-stano spesso ai santissimi Sacramenti. Eppure questo non

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basta per essere ammessi nella sala delle celesti nozze, vivuole di più la veste nunziale, vale a dir bisogna aver l'animaadornata della grazia di Dio, e purificata da ogni lordura delpeccato. E difatto che cristiani siete voi se nel mentre chetenete fra le dita la corona, ritenete ancora in casa vostraroba d'altrui; se nel mentre che voi fate orazione, covate odimortali dentro al vostro cuore; se state devoti in Chiesa, epoi dissoluti, impuri, e libertini nelle conversazioni; se fatequalche digiuno, qualche astinenza, qualche mortificazione,e poi ve la passate in discordie, in liti, in disunioni fra fratellie fratelli, fra padri e figli, fra marito e moglie; se ascoltateMesse, e poi usate frodi, inganni, ingiustizie nei contratti?Come mai con questo miscuglio di bene e di male potrete voipiacere a Dio, e conseguire la vita eterna?

Ah! non vi ingannate fratelli, e figli miei dilettissimi; con-tro di voi mi pare che da Dio si pronunzino le minaccioseparole proferite un giorno dal Padrone evangelico: Come voiavete l'ardire di sedere alle nozze [220r.] del mio Figliuolosenza essere vestiti della veste nunziale? Come avete l'ardiredi stare a me davanti coll'anima priva di grazia, e macchiatada capo a fondo dei più orrendi misfatti? Orsù dunque,ministri di mia giustizia, legate questi temerari e gettateli adardere nel sempiterno pianto insieme cogl'eretici e cogl'infe-deli. Invano si vantano di essere cristiani, perché di cristia-no hanno solamente il nome, e il carattere; e questo nome, equesto carattere li resterà a eterna loro disperazione, e que-sto nome, e questo carattere servirà ai Demoni perché più litormentino in quelle fiamme divoratrici, servirà ai turchi,agl'ebrei, agl'infedeli tutti perché si facciano beffe di loro, lischerzino e li deridano per non aver saputo approfittarsidelle grazie segnalatissime, degl'amarosi inviti fattigli dal

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Signore. E nel mentre che questi temerari cascheranno nelbaratro dell'eterna lor dannazionela loro coscenza sarà tor-mentata dal rimorso crudele di aver menata una vita deltutto contraria alla fede e alla religione che professarono, edi essere dannati per propria loro colpa, e per essere statinella Chiesa di Gesù Cristo senza la divisa delle buoneopere. Se dunque la maggior parte dei cristiani vivono cosìribelli alla legge di Dio come avete osservato, bisognerà con-cludere, che dovrà ancora verificarsi rispetto ai cristiani lasentenza di Gesù Cristo: “Che molti sono i chiamati, mapochi gl'Eletti”.

[220v.] Il Paradiso, voi mi direte, sta aperto per tutti. Èverissimo, io vi rispondo, che il Paradiso è aperto a tutti: manon tutti camminano per la strada che vi conduce; lo disseGesù Cristo che la strada del cielo è stretta, e pochi ecc.ecc.; che la via dell'Inferno è larga e un'infinità di cristiani vicorrono come giganti. E di fatto osservate come vi corronoquei bestemmiatori, quelli Ubriaconi, quelli avari, ecc. Cheimporta adunque che il Paradiso sia aperto per tutti, se poisono pochissimi quelli che vi vanno? Ma Gesù Cristo èmorto per salvarci tutti! Sì, è morto per salvarci ecc. e que-sta è una gran consolazione per un cristiano il poter direcoll'Apostolo: Il mio Dio è morto per me ecc.; ma nongodranno i frutti della Passione ecc. quelli che non voglionomortificare ecc. Iddio è infinitamente buono, e vuole chetutti ci salviamo; dunque come può essere che siano tantoin piccol numero quelli che vanno in Paradiso? Ve lo dirò ioperché pochi vanno in Cielo. Perché non corrispondono allegrazie del Signore. Iddio vuol tutti salvi, ma con volontàcondizionata, cioè purché tutti osservino la sua legge.Eppure, voi dite, quasi tutti i cristiani prima di morire si

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confessano, si sacramentano, e sono assistiti dal sacerdote,il quale loro dà i conforti tutti della religione. E che cosavolete concludere da questo? Che tutti quelli, che ricevono isacramenti in morte vadano salvi? Ah! fratelli! Quantunquein punto di morte ecc. ecc.

[221r.] Domenica 20ª dopo la Pentecoste

Se altre volte il santo Vangelo ci ha riportata la guarigio-ne miracolosa di poveri ciechi, lebbrosi, paralitici, muti esordi, oggi ci riporta quella del figlio di un Principe colla con-versione del medesimo Principe suo padre e di tutta la suafamiglia. Prendiamo sott'occhio questa conversione e coisacri espositori consideriamone il principio, il progresso, ilcompimento; e vedremo che fu incominciata dalla disgrazia,avanzata dalla preghiera, e perfezionata dai divini benefizidel Salvatore. Consideriamo ancora che la conversione diquel Principe nel suo principio accusa la nostra durezza, nelsuo progresso riprende la nostra tiepidezza, e nel suo perfe-zionamento fa comparire la nostra ingratitudine.

La conversione di questo Principe incominciò dalladisgrazia. Finché ei non vide il suo figlio assalito da gravemalattia, e ormai vicino a morire, non si diede pensiero difar ricerca di Gesù. Anche prima d'allora avea sentito parla-re de' suoi miracoli, della sua virtù divina, [221v.] ma sicco-me menava giorni lieti nell'auge della grandezza, fra le ric-chezze e i comodi della vita, perciò nessuna premura si eradata di conoscere il Figliuolo di Dio. Venne la disgrazia, edecco, che non frappone indugio, cammina un giorno interoper andarlo a pregare della guarigione del moribondo suofiglio.

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Popolo mio dilettissimo, le disgrazie sono il ferro del chi-rurgo che taglia per guarire la piaga; sono le pillole amaredel medico per allontanare gl'umori peccanti che cagionanola febbre; sono il morso, il bastone per domare i briosi pule-dri che scorazzano a lor talento pei prati e pei campi. Sì,diciamolo col Magno Gregorio: “Mala quae nos premunt, adDeum ire compellunt”. Le malattie, le disgrazie, le tribolazio-ni che ci tormentano, ci fan sovvenire che sopra di noi vi èun Dio premiatore della virtù, e giusto punitore del vizio, eci costringono a fare umile ricorso a Lui per esserne liberati.Giona disobbedisce a Dio, ma raggiunto dalla burrascaimpara a proprie spese, che male si appone colui che osaresi[222r.]stere a questo Dio onnipotente. Il superbo e indu-rato Faraone, benché al cessare del castigo tornasse allesolite tirannie contro del popolo... pure ad altri nuovi casti-ghi risolvea... Antioco sbalzato dal carro e costretto a restar-sene in letto... Eliodoro sacrilego spogliatore del tempio fla-gellato... Mille e mille altri potrei addurvene in prova che leavversità fanno ricercare Iddio pria vilipeso e oltraggiato dainostri peccati.

Ora, se avete coraggio, lagnatevi che Iddio vi affligga conquella infermità, con quella perdita di guadagno, con quellaafflizione, con quella disgrazia di terra, di mare, di bestiami,di raccolti. Non avete voluto amarlo, obbedirlo quando vibonificava, quando vi tenea in salute? Anzi vi serviste de'suoi divini benefizi per maggiormente oltraggiarlo? Dunqueè effetto di sua misericordia se vi costringe a cangiar vita coicastighi, come lo fu per quel Regolo a cui la disgrazia dellamalattia del figlio servì per fargli ricercare il Signore, e perprincipio della sua conversione.

[222v.] La conversione però del Regolo accusa e riprende

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la nostra durezza. Poiché Iddio ci percuote per risanarci, enoi raddoppiamo la nostra malizia sotto la di lui potentemano. Ci percuote Iddio colle guerre e colle pestilenze, cipercuote colla pioggia e colla siccità, ci percuote colla perdi-ta dei parenti, delle raccolte, delle sostanze, e ditemi qualfrutto ne abbiam ricavato? Siamo noi ritornati a Lui pentitie umiliati? Abbiam data la colpa all'aria, ai vapori, agl'inset-ti, ai nemici, senza voler dire “sono stati i miei peccati”,senza farne nostro prò per lasciare il vizio, e mettere insicuro la nostra eterna salute. Il Regolo benché lontano faricorso a Gesù per ottenere la guarigione del figlio; e noi,che in ogni confessore possiam trovare un medico, per gua-rire l'anima nostra, siamo trascurati e negligenti. Oh nostravergognosa durezza! Il Regolo per far ricorso a Gesù abban-dona il figlio sebbene moribondo, e noi non si vuol lasciareun compagno, un amico, un divertimento, una vanità che cisono occasione di peccato. Il Regolo udendo la fama dei pro-digi operati da Gesù Cristo l'andò a trovare, e noi sebbeneistruiti dalla fede, tuttavia non ci muoviamo, [223r.] non cisappiamo risolvere a lasciare il peccato, a convertirci a Dio.

Che se per avventura la nostra conversione fia incomin-ciata, manchiamo però di coraggio per farla progredire, e sene resta imperfetta, quale era appunto in sul principio quel-la del Principe rammentato dall'odierno Vangelo. QuestoRegolo però l'accrebbe allora quando, pregato Gesù Cristo avolersi portare a casa a guarirgli il figliolo, ebbe in risposta:“Se voi non vedete che i miracoli, non credete”. E nonostanteinsistè nella preghiera, dicendo: Venite, o Signore, primache muoia il mio figlio. E assicurato da Cristo che il suofiglio era vivo, credette a queste parole, e se nne andò. Vede-te, fratelli e figli miei dilettissimi, come grado per grado si

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avanza la fede e la conversione di questo Principe! Non soloprega, ma crede ancora; non solo prega e crede, ma inco-mincia ancora a operare coll'obbedire a Gesù Cristo che glidice: “Vai, il tuo figlio vive”. Molti peccatori vi sono tra noi,che si riconoscono per tali; temono e sperano, e si risolvonoa confessarsi; ma intanto [223v.] non fanno un passo nell'a-more di Dio, non hanno verun dolore dei propri peccati, nonsanno decidersi a abbandonare il vizio, a seguir la virtù.Vorrebbero che Iddio venisse a patti con loro: gli par troppogravoso amare i nemici, rinunziare ai malvagi pensieri, aipravi desideri; gli par troppo difficile il sobbarcarsi al giogosoave della legge del Signore. Ahi miseri peccatori! È purdeplorabile la vostra condotta! È pure infelice il vostro stato!È pur grande la vostra tiepidezza! La vostra conversione èimperfetta, non ha progredito di un passo; è una chimera,una semplice apparenza!

Volete voi che sia verace? Imitate quel Regolo. Pregateanche voi Gesù, che vi guarisca l'anima dall'infermità delpeccato, che vi dia il suo amore, il suo santo timore, unpentimento sincero, un fermo proposito di cangiar vita ecostumi, ed egli che in voi cominciò l'opera della vostra con-versione, la farà ancor progredire verso il suo perfeziona-mento. Dipoi andate anche voi a dimostrare coll'opera che èverace questa conversione. Andate, [224r.] restituite quellaroba a chi si deve, pagate quei debiti, risarcite quei danni,rimettete l'onore tolto con quella mormorazione, con quellamala pratica, con quella prava azione. Incominciate a essereumili, modesti ,continenti, puri di anima, di cuore e dicorpo. Praticate insomma le opere di misericordia e tutte lecristiane virtù.

Finalmente la conversione del Regolo si perfezionò, men-

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tre arrivato a casa sua e trovato guarito il figlio credette pie-namente in Gesù Cristo e vi fece credere tutta la sua fami-glia, che ben presto addivenne una riunione di perfettiseguaci del medesimo Gesù Cristo. Questa conversione per-fetta del Regolo, questa gratitudine addimostrata da essoverso del suo divino Benefattore condanna, fratelli miei, lenostre sconoscenze da noi usate verso del benigno Signore.Ah quante volte ci ha egli guariti nel Sacramento della Peni-tenza! Quante volte ci ha egli beneficati! Ma noi invece diamarlo e servirlo siam ritornati ad offenderlo. Invece didarci premura di tirare a Dio i nostri sottoposti, i nostri figli,i nostri domestici, gl'abbiamo scanda[224v.]lizzati collebestemmie, colle parolacce, coi cattivi discorsi, colla malacondotta. Invece di insegnarli e colle parole e coll'esempiol'osservanza della divina legge, abbiam loro insegnato il malcostume, e li abbiam posti nella via dell'Inferno. E tutti gl'al-tri nostri prossimi non furono per opera nostra deviati dalretto sentiero? Non fosse mai vero, ma è vero purtroppo! Sì,è vero che tanti e tanti han perduto la fede per quei mottida noi scagliati contro le pratiche religiose, per quei dubbisparsi sopra il Dogma cattolico, e sopra quelle verità sacro-sante insegnate dalla Chiesa madre e Maestra, colonna efondamento di verità. Sì, è vero purtroppo che tanti e tantisono divenuti perversi, empi e scostumati a cagione deinostri mali insegnamenti. Dunque, fratelli e figli miei dilet-tissimi, non più siamo ingrati ai benefizi del Signore, mazeliamo la di lui gloria, il di lui onore col far santi noi stessi,e col tirare al bene coloro che vivono in peccato.

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[225r.] Domenica 20ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo vi era in Cafarnao un certo ufiziale della Corte Regia,che avea un figlio malato. Questo ufiziale, avendo saputoche Gesù Cristo venia dalla Giudea nella Galilea, andò atrovarlo, e a pregarlo, che venisse a casa sua a guarire il dilui figlio, che stava lì per morire. Gesù dunque gli disse: Sevoi non vedete dei segni, e dei miracoli non credete. E l'ufi-ziale gli rispose: Venite, o Signore, prima che muoia il miofiglio. Vai, gli disse Gesù, che il tuo figlio sta bene. Ed eglicredette alle parole di Gesù Cristo, e se n'andò. Nel mentreche andava a casa i suoi servi gli vennero incontro, e gliraccontarono, che il suo figlio era guarito. Esso li addi-mandò quando avea incominciato a star meglio. E gli rispo-sero: Ieri all’ora settima lo lasciò la febbre. Il padre conobbe,che quella era stata l'ora appunto in cui gl'avea detto Gesù:Il tuo figlio vive; e credette esso, e tutta la sua famiglia inGesù Cristo. Fin qui l’odierno Vangelo.

Il nostro Signor Gesù nel Vangelo di questa mattina, colriprendere quell'ufficiale della poca fede che avea in lui, eche l'avea spinto a pregarlo che andasse a casa sua perguarirgli il figlio malato, volle insegnare a tutti [225v.] noi,che i motivi, i quali ci devono spingere a far ricorso a lui,non siano meramente temporanei, ma tutti tendono allasantificazione dell'anima, che è da più del corpo, e che perconseguenza ci deve premere più di qualsivoglia altra cosadel mondo. Se quell'ufiziale ricercava solamente la guarigio-ne del figlio, e niente pensava a liberar l'anima dalle tenebredell'infedeltà e del peccato era in qualche parte scusabile;ma noi, ai quali sono stati rivelati i misteri del Regno di Dio,

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non dobbiamo aspettare miracoli, come dice san GiovanniCrisostomo, per amare e servire il Signore, poiché la fede ciassicura abbastanza che egli è nostro Dio tanto nel tempodella prosperità tanto in quello delle tribolazioni, e che peròquella fede medesima non deve mai venir meno neppurenelle più grandi sventure agl'adoratori del vero Iddio. Neltempo medesimo, che Gesù Cristo era disposto ad esaudirela preghiera di quell'ufficiale, lo riprende e lo sgrida, quasiche gli volesse dire: Tu sei tutto sollecito perché il tuo figlioriacquisti la salute del corpo, e alla salvezza dell'anima suanon vi pensi né punto né poco.

E con ciò volle riprendere ancora la poca premu[226r.]radi tanti genitori cristiani, i quali non invigilano mai sullacondotta dei loro figliuoli, i quali fanno di tutto per lasciarequesti figliuoli medesimi agiati e comodi nella vita presente,ma poi non procurano con ogni diligenza possibile, che viva-no da cristiani, e che acquistino i veri beni della vita eterna.Eppure dovrebbero sapere, che quella religione che profes-sano li obbliga e li stringe ad amare ne’ loro figliuoli più l'a-nima che il corpo, poiché li assicura che il corpo finisce, chela vita presente passa come un fumo, come ombra nottur-na, e 1'anima deve durare in eterno. Sicché dunque queipadri, e quelle madri, che pensano solamente al benesseretemporale de’ loro figli, e non si curano punto dell'animaloro, sono tiranni, sono crudeli, sono barbari uccisori de’figli medesimi, di questi figli, io dico, i quali irrimediabil-mente si dannano a cagione di un amor malinteso portatolida’ loro genitori. Sì, è vero purtroppo, popolo mio dilettissi-mo, che molti genitori cristiani amano malamente i proprifigli, amano in loro il corpo, e non l'anima; ricercano la lorofelicità in quelle cose, dove non la trovarono per sé medesi-

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mi: si occupano del continuo per ammassarli ricchezze, perprocurarli posti onorifici, dignità pompose...

[226v.] Domenica 6ª dopo l'Epifania

In queste due parabole e del piccolo granello di senapa,che produce poi un albero grande, e del poco levame, checommacola e fermenta tutta la massa della farina, sipotrebbe considerare la santa Chiesa cattolica, la quale nelsuo principio era piccolissima perché circoscritta in dodicipoveri Pescatori, e in altri pochi credenti, ma che poi benpresto crebbe a dismisura, dilatò i suoi rami in tutte le partidel mondo, e mirabilmente si diffuse ne’ più remoti angolidella terra; su di lei andarono a posarsi tutte sorte di uccel-li, vale a dire a lei si unirono e Imperatori, e Re, e sovrani, eprincipi, e ricchi e poveri, e giudei, e Greci, e Latini e Barba-ri, e insomma tutte le tribù della terra. In queste due para-bole si potrebbe parimenti riconoscere la Comunione mira-bile delle buone operazioni, che si ritrova in questa Chiesamedesima, per la quale Comunione le sante azioni di unfedele cristiano si dilatano e si diffondono in tutta la massadi veri seguaci di Gesù Cristo come membra di un solocorpo, come parti di un solo tutto.

Ma voglio che voi, popolo mio dilettissimo, un’altra con-siderazione facciate sopra le udite parabole, che credo più aportata del vostro ingegno. Tanto nel piccolo grano di sena-pa, quanto nel poco lievito dovete riconoscervi la possenza,e la malvagità dello scandalo, e le tristi conseguenze, che daesso ne derivano all'umana società e al popolo del Signore.Che cosa è lo scandalo? È un detto, o un fatto meno rettocol quale siamo occasione di ruina spirituale al nostro

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[227r.] prossimo. Chi sono quelli che commettono il peccatodi scandalo? Sono coloro, che insegnano male agl'altri, colo-ro che o con discorsi, o cogl'esempi cattivi, o con altre azio-ni, o col non riprendere e sgridare i loro sottoposti, quandonon adempiono alle proprie obbligazioni, tirano al peccato ilprossimo, e lo mettono nella rete del demonio. Che peccatoè il peccato di scandalo? Solo Iddio può comprendere l'enor-mità e la malizia dello scandalo. Egli nelle divine scritture lochiama peccato troppo grande: “peccatum grande nimis” efulmina contro gli scandalosi i più terribili guai: “Vaemundo a scandalis”. E in fatti, ditemi, con chi se la prendelo scandaloso? Coll’anima de’ suoi fratelli, mentre la allon-tana da Dio, le fa perdere la sua santa grazia, e la rendeschiava di Satanasso. I ladri, che rubano, offendono il pros-simo loro nella roba, e fanno gran peccato è vero; i maldi-centi e calunniatori offendono il prossimo nella stima, nelbuon nome, e nella riputazione, fanno gran peccato è vero,ma gli scandalosi strappando le anime a Gesù Cristo efacendole incorrere nell'eterna dannazione, commettono unpeccato sì grande, che non ha paragone cogl'altri: “peccatumgrande nimis”. Lo scandaloso, dice appositamente sant’Ago-stino, fa più male di quel che non fecero i persecutori dellaChiesa quando barbaramente infierivano contro dei cristianicon i più spietati tormenti, poiché essi tormentavano ilcorpo, mentre l'anima sen volava alla gloria del Cielo; ma loscandaloso più [227v.] spietato tiranno, colle sue lusinghe,colle sue seduzioni, i suoi perfidi insegnamenti, uccide l'ani-ma e la strascina nel baratro infernale. E non solo gli scan-dalosi fanno guerra alle anime, ma la fan a Gesù Cristomedesimo, che per salvarci diede la vita e il sangue moren-do trafitto su di una Croce. Lo disse apertamente l'Apostolo

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san Paolo: Voi, o scandalosi, nel tempo che percotete leanime de’ vostri prossimi, cogli scandali trafiggete il cuoreamoroso di Gesù; nel tempo che colpite i vostri fratelli diavvelenate saette, colpite insieme il loro primogenito GesùCristo. Dite, o libertini, e non sono forse tutte ingiurie e vil-lanie, scagliate contro di Gesù Cristo, quel motteggiare,schernire e vilipendere la nostra religione santissima, quelmettere in ridicolo le sue pratiche di pietà e di devozione,quel farsi beffe de’ suoi sacerdoti, de’ suoi sacri ministri,quel dire tutto giorno che non c’è inferno, che non sonopeccati le azioni più impure e brutali, quel parlare e dirmale del Papa, screditandolo e accusandolo di ciò che nonha fatto, e che non ha mai inteso di fare?

Dite, non sono forse colpi, che voi scagliate contro diGesù Cristo, o uomini sconsigliati, o donne senza timor diDio, o giovinastri impuri, tutti quei discorsi disonesti chefate fra di voi altri senza nessun riguardo, senza nessunritegno, anche alla presenza di ragazzi che per mezzo vostroimparano la malizia e s'incamminano per la via dell'inferno?Ma non vi contentate de’ soli discorsi, fate anche di fatti; einsegnate loro quel male, che ancora non sanno, li insegna-te a gustare quel dolce maledetto del peccato, e così li pone-te nelle mani del diavolo, dalle quali chi sa se scapperannomai più. Oh! quante scuole infernali a bordo di quei basti-menti dove si bestemmia a tutta possanza orribilmenteIddio nostro Creatore, si ha sempre in bocca come il pane ilCorpo, il Sangue di Gesù Cristo; peraltro si strapazza Mariasantissima nostra cara Madre, si caricano di tutti i vituperii Santi nostri protettori e avvocati, si dileggiano e si insulta-no, si parla di cose impure e si fanno peggio dei turchi.Quante scuole infernali in quei trasporti, in quelle botteghe,

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dove si insegna a rubare a man salva, a tessere frodi [228r.]e inganni, e a vendere l'anima insiem colle merci, dove siinsegna agl'innocenti la scostumatezza, l'impurità e ognisorta di vizi? Quante scuole infernali e nelle conversazioni enelle veglie e anche alle campagne, mentre si lavora e siattende alle proprie faccende, dove si lavora e cogli occhi ecolle mani, e co’ piedi e colla lingua e intanto si traviano leanime e si fan preda di eterna morte?

Ah purtroppo è vero, che questi son tutti colpi avventaticontro del Crocifisso Signore dai perfidi scandalosi! Ed è perquesto appunto che Gesù Cristo dalla Croce, come fece unavolta coi giudei, grida, e si lamenta degli scandalosi, dicen-do: “E perché mi trattate così barbaramente, perché mirubate le anime, che cosa vi ho fatto di male? Ancora per voifuroro aperte le mie vene, per voi fu versato il mio sangue,per voi mi furono squarciate le carni, mi fu trafitto il capodalle spine, fui conficcato nelle mani, e ne’ piedi, mi fu tra-passato da una lancia il Costato. Per voi sto tutto giornonelle Chiese, nascosto... per voi tante volte, mi intrattengopresso il mio divin Padre e trattengo i flagelli... forse mi trat-tate sì male perché nacqui in una stalla, mi sacrificai tuttoa prò vostro?”...

Bisogna notare però, che gli scandalosi sono peggio de’giudei, fanno più ingiuria a Gesù Cristo di quello che glifacevano i giudei quando lo inchiodarono sul legno infame...Questi, non volendo favorire i di lui amorosi disegni col dar-gli quella morte colla quale doveva riscattarci; ma gli scan-dalosi, con i loro pessimi esempi, rendono inutile la passio-ne, la morte, il sangue di Gesù Cristo riguardo a quelleanime che sviano dal retto sentiero. Ma noi, sento alcuniche dicono, ma noi per grazia di Dio non siamo quei mini-

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stri del demonio che voi dite, perché non ci pare di insegna-re male a nessuno, non abbiamo mai insegnato la malizia alnostro prossimo. Piano piano, un poco che anche voi sieterei di scandali al Tribunale di Dio.

Ma voi, Padre, pensate troppo male di noi. Dio me neguardi dal pensar male di qualcuno; ma quando le cose sivedono e si toccano con mano, non si può fare a meno dinon giudicare. E infatti, venite meco. Ditemi voi, o madri:avete mai dato scandalo ai vostri figli migliaia e migliaia divolte, con qualche parolaccia, con qualche bestemmia, conqualche passatempo e collaborazione? [228v.] E alle figliuoleoh quante volte siete state pietra di inciampo! Si, le figlioleper colpa vostra han perduto la grazia di Dio a cagione diquegli amori maledetti che gl'avete permessi. Già siete voialtre madri che fate all'amore per le figlie e gli cercate ildamo se non l'hanno, e se qualche vostra figlia non vuoldiscorrere con uno ce la obbligate e discorrete voi per lei. Evoi, o padri di famiglia, daste mai scandalo ai vostri figli?Dio solo può numerare i vostri scandali. Quelle bestemmieche avete alla bocca, quel farvi vedere commettere cose chenon convengono, quell'andare in quella casa, bazzicarequella donna, andare ai giochi, e all'osteria, imbriacarsi,quel non andare mai in Chiesa, né al vangelo, né al catechi-smo, quel mettere la briglia sul collo ai figliuoli, e lasciarliandare fuori la sera a girare con altri compagni a farediscorsi impuri (e li fanno, sapete, voi non li sentite, ma liho sentiti io con questi orecchi i vostri figliuoli fermati suicanti delle strade): tutte queste cose, io dico, sono scandaliche date alla vostra famiglia. E voi, o giovinotti, e voi o fan-ciulle, ne avete mai dati delli scandali? vi pare di no? Adagioun poco. Quelle mode scandalose, quegl'abbigliamenti poco

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modesti, quell'andare scollate, quello stare e sulla porta, ealla finestra, e civettare, con tutti quelli allungamenti dimano, quell'occhiate maliziose, quei motti, quelli scherzinon son forse scandali enormi coi quali fate sdrucciolare nelpeccato anche le persone più timorate di Dio?

Ah bisogna che lo dica colle lacrime agl'occhi: il paese èpieno di scandali, questo cattivo levame ha guastato e cor-rotto tutta la massa dei cristiani, questo grano piccolo disenapa è cresciuto a dismisura e ha stesi i suoi rami intutta quanta la società. Non si risparmia né la legge di Dio,né dello stato, a motivo dei cattivi insegnamenti, ecc. ecc.

[229r.] Domenica 21ª dopo la Pentecoste

Poiché il santo Vangelo di questa mattina parla di debitinon ancor soddisfatti e saldati, io pure dietro le sue traccevoglio ora parlarvi di debiti molti, che contratti avete e conDio, e col prossimo vostro. E prima di tutto vi dico, che tuttiquanti qui mi ascoltate avete aperte partite immense colladivina giustizia, perché tutti avete peccato; e i peccati appun-to si chiamano debiti e vogliono la competente soddisfazione.Né dovete restare offesi, se vi dico che tutti avete peccato;anzi dovete confessarvi peccatori, e questo sarà un mezzoefficace per muovere Iddio a pietà verso di voi, e impegnarlo acondonarvi i debiti tutti, che contratti avete con lui. Che sevoi baldanzosi e superbi vi faceste a me dinnanzi, e mi dice-ste, che non avete peccati, io coll'Apostolo san Giovanni viripeterei, che siete solenni menzogneri, e bugiardi: “Si quisdixerit peccatum non habere ecc. ecc.”. Prendete infatti i libridella vostra coscenza, esaminateli attentamente senza pre-giudizi e senza passione, e oh! Dio qual enorme numero dì

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debiti vi si para alla mente! Oh come stan male le vostre par-tite! Sono debiti da pagarsi quei malvagi pensieri di impurità,di superbia, di ambi[229v.]zione, che a bella posta teneste inmente per lungo tempo; quei desideri brutali di carnalitànefande, di roba altrui e di vendetta; quelle compiacenze,quelle genialità, quelle dilettazioni morose: son debiti dapagarsi quelle bestemmiacce orrende, imprecazioni e maledi-zioni, che scagliaste contro di Dio, di Maria santissima,degl'Angeli, dei Santi, e delle creature ove più risplende la glo-ria del Signore; sono debiti da pagarsi quei discorsi grassi eosceni, quelle mormorazioni e calunnie, quelle impertinenzedette ai vostri prossimi, quelle bugie, quei giuramenti, quellerispo-stacce ai vostri genitori, ai vostri superiori, quelle paro-lacce, che tuttodì vi sortono dalla bocca: debiti sono quellefornicazioni, e adulteri, quei furti, e quelle ingiustizie, quelleprepotenze, e quelle frodi; debiti sono gli scandali, e le occhia-te immodeste, le intemperanze, e le ubriachezze, debiti sonotanti sacrilegi commessi nelle Chiese, e nell'accostarvi ai san-tissimi Sacramenti senza le necessarie disposizioni; debitisono tanti amoreggiamenti, o giovinotti e fanciulle, tantedomestichezze infami, tante pratiche vergognose, o ammo-gliati e maritate: debiti sono tante mancanze ai vostri doveridi padri e di madri, di figli e di sottoposti, di padroni e diservi, tante omissioni da voi fatte [230r.] a quanto vi coman-dava la legge di Dio, e della vostra santa madre la Chiesa.

Ora sappiate, che l'eterno Padrone vuol esser pagato davoi, vuol esser soddisfatto di tutti questi debiti, che contrattiavete colla sua divina giustizia a cagione de’ vostri peccati.E come potrete voi saldare tanti debiti poveri e miserabiliche siete? Ma tant'è, Iddio vuol essere soddisfatto. Dunquequal altro mezzo vi rimane se non di fare ricorso all'orazio-

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ne, come fece il mentovato servo del Vangelo? Egli vedendosiincapace di pagare il debito grossissimo, che avea col suopadrone, lo prega ad avere un poco di pazienza, che poi l'a-vrebbe pagato del tutto. Allora fu che dietro questa preghie-ra il padrone gli perdonò ogni cosa. Dunque anche voi, fra-telli e figli miei dilettissimi, se volete che Iddio vi perdoni ivostri peccati, confessate la vostra incapacità davanti la suadivina presenza, e pregatelo ad avere misericordia di voi, aperdonarvi i vostri peccati. Non siate lenti e pigri nella pre-ghiera, e per quanto possiate essere aggravati da colpe mor-tali, non vi perdete mai di coraggio, confidate nella miseri-cordia del Signore, pregatelo di cuore, ed egli vi ascolterà,ed egli vi salderà i vostri debiti, poiché, come dice san Gio-vanni Crisostomo, l'orazione può liberare dal supplizio edalla pena chiunque ha offeso Dio con innumerabili peccati.

[230v.] Torniamo al Vangelo. Quel servo, che poc'anziavea ottenuto il perdono del suo gran debito, adesso lo vedoconsegnato agli sgherri, e condotto a languire in oscura pri-gione. E perché questo? Perché dopo essere stato graziatodal suo Padrone si incontra con un suo conservo, il qualegli dovea dare cento danari, lo afferra per la gola ecc. ecc.

Ohimé, quante volte fra noi cristiani si rinnovano cosìtristi esempi! Ve ne abbiamo di quelli, che appena usciti diChiesa da sentire la Parola di Dio dove promisero di abban-donare gli odi, i rancori, i risentimenti, appena lasciato ilConfessionale dove ottennero da Dio il perdono dei loro pec-cati, appena che hanno gustato il Pane degl'Angeli nel san-tissimo Sacramento dell'altare, per una paroletta, per unacosa da niente, ritornano ad esser nemici dei loro prossimi,e non vogliono saper di perdono, e non sanno sopportare leingiurie, e non sanno compatire i difetti, i mancamenti

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degl'altri. E ditemi, come potranno questi tali sperare cheIddio li perdoni i loro debiti, i loro peccati, se non voglionoessi perdonare i torti, gli affronti che fatti li sono? Ah! cheIddio dirà a questi infelici, come il Padrone del Vangelo disseadirato a quel servo malvagio! Dirà Iddio a chi non vuoleperdonare: E,con qual fronte puoi esser tu sì duro e sì osti-nato nella tua pervicacia, da non volere rimettere di cuore leoffese che hai ricevute, quando io, che sono tuo Signore,ascoltai le tue preghiere [231r.] e ti perdonai ogni debito? Iole mille volta ti sovversi peccatore, non ti discacciai da mecome meritavi, non ti condannai all'Inferno, come potevafare dopo il tuo primo peccato, e tu non vuoi ancor perdona-re a chi ti offese? Or sappi adunque che io non più ti perdo-no; ti abbandono ai tremendi rigori di mia inesorabil giusti-zia; gli sgherri ai quali io ti rilascio sono i demoni; il carcerea cui ti condanno è l'Inferno; i supplizi, i tormenti che tiaspettano sono crudeli, sono insopportabili, e dovrannodurare per una eternità. Così parla Iddio, a chi non vuoleperdonare.

Tant'è, popolo mio dilettissimo, Iddio non vi rimette ivostri debiti, non vi perdona, se voi non perdonate ai vostriprossimi le offese, che vi hanno fatte. Lo disse Gesù Cristonel santo Vangelo che il suo Padre celeste vi farà, come fufatto a quel servo che non volle aver pazienza col suo debi-tore, se di vero cuore voi non rimetterete agl'altri le ingiuriee gl'oltraggi. E badate bene di non dire il Pater noster condelle animosità, con dei rancori nel cuore, altrimenti a quel-le parole, dimitte nobis ecc. ecc., voi chiedete la vostra con-danna. Dunque perdonate, e vi sarà perdonato.

Fin qui vi ho parlato dei debiti, che avete con Dio, ecome far dovete perché egli ve li perdoni. Ora poche parole

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vi dirò sui debiti, che potete avere col prossimo, e che lagiustizia vuole che siano saldati. E qui non intendo parlaredei doveri morali [231v.] che ogniuno ha verso il suo simile,e neppure di quei debiti che provengono da ruberie, dafrodi, da inganni, ma solamente di quelli voglio accennarviche avete contratti senza peccato, per esempio nel comprarequella tal roba, nell’accattare quella tal cosa, nel farvi farequell'opera, quel lavoro, nell'aver preso a tenere quella talsomma da un'altro; e neppure intendo di parlare di queipoverini, che desidererebbero di pagare i lor debiti, fanno ditutto per pagarli, ma non possono; questi meritano pietà ecompassione. Di coloro propriamente io parlo, che se voles-sero, potrebbero pagare i lor debiti. Di quei padri di famigliaio parlo, che dicono di non poter pagare i lor debiti perchénon hanno i quattrini, ma intanto vedo che vanno a scialac-quarsi al gioco, alla Bettola, ai divertimenti, e vogliono starbene alle spalle dei gonzi. Di quelle madri io parlo, che dico-no di non poter pagare la Bottega, che loro ha dato da man-giare, ma intanto non sanno risparmiare cosa alcuna,vogliono contentare la gola, vogliono il suo caffé la mattina,il suo vino a desinare e cena, vogliono andar ben vestite,vogliono che le loro figliuole seguano tutte le mode, tutte lepompe, tutti i fronzoli, e chi avanza aspetti. Di tutti quelliinsomma io parlo, che per tenere il denaro in sacca o nelloscrigno, avaracci che sono, [232r.] per vivere scioperatisenza voglia di lavorare, non pagano mai i loro debiti,defraudano la dovuta mercede agl'operai, oppure se glieladanno, gliela fanno stentare, gli ci fanno frustare più d'unpaio di scarpe prima che restino pagati. A tutti questi iointimo da parte di Dio: “Redde quod debes”, pagate i vostridebiti, altrimenti vi caricate l'anima di ingiustizie e di pecca-

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ti enormissimi. Sì, i debiti bisogna pagarli: vi ci obbliga lagratitudine, perché con quel denaro accattato ci faceste ivostri interessi, con quella roba ci campaste la vostra fami-glia, con quel lavoro dell'operaio provvedeste ai vostri biso-gni, e chi vi imprestò, e chi vi diede, e chi vi fece lavori, viprestarono gran servizio, vi fecero gran favore, gran carità;dunque se non li pagate, peccate di ingratitudine. Vi ciobbliga la giustizia a pagare i debiti, perché essa vi insegnaa dare a ciascuno quello che è suo. Ora ditemi, non sarà dellavorante quella mercede che si guadagnò col lavoro dellesue mani, col sudore della sua fronte? Non sarà del nego-ziante, del bottegaio l'importare di quella roba che per caritàvi diede a credenza? Non sarà di chi ve la diede a imprestitoquella somma di denaro, quel servizio, quell'oggetto qualun-que? Voi mi rispondete che sì. Dunque io vi ripeto: Pagate[232v.] i vostri debiti, poiché non pagandoli, voi non potetescansare la taccia di ladri. E per verità nessuna differenzapassa fra il ladro e colui che non paga i suoi debiti, perchétanto l'uno che l'altro ritengono ingiustamente quello chenon è suo, e che per nessun titolo possono ritenere. Iovoglio credere, che fra voi, che qui mi ascoltate, non vi siaalcuno, il quale ritenga le fatiche degl'operai, il quale perpropria colpa e negligenza non paghi i suoi debiti, nel tempofissato, ma se mai vi fosse, sappia che questi debiti, questedefraudate mercedi, gridano vendetta contro di lui presso iltrono dell'Altissimo, per condannarlo al carcere tenebrosodell'Inferno: sappia che così parla Iddio nel Levitico: “Badabene di non aspettare a dimattina a pagare l'opera del tuomercenario; pagalo prima che tramonti il sole, e rendi subitola mercede a chi l'ha meritata”. E se non obbedisce a questocomando del Signore, non aspetti da lui misericordia, ma si

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prepari a subire quei tormenti eterni, che son preparati acoloro, che ingiustamente ritengono la roba altrui. Dunqueconcludo con sant’Agostino: Restituite il denaro che non èvostro; perdete anzi anche quel che è vostro, se bisogna, pernon perdere l'anima che costò tutto il sangue di un Dio:“Redde pecuniam, perde pecuniam, ne perdas animam”.

[233r.] Domenica 22ª dopo la Pentecoste

Questa schiatta perversa e iniqua dei farisei non cessa-rono mai di perseguitare Gesù Cristo mentre dimorava inmezzo di loro. Da per tutto gli tendevano lacci e insidie, affi-ne di sorprenderlo ne’ suoi discorsi, e in tutte le sue azioni.E perché questo? Per screditarlo presso del popolo, e farlopassare per un impostore, per un indemoniato. Ma quantoerano sciocchi! Egli leggeva nel loro cuore, e ne conosceaminutamente tutti i movimenti, e però seppe schernirsi ditutte le trame, che gli veniano ordite. Egli era Dio, e non lopoteano mettere in mezzo, e per questo appunto, essendostato richiesto, se si poteva o no pagare il tributo a Cesare,li risponde che non solamente poteano, ma che erano obbli-gati in coscenza a pagare al sovrano il dazio dovuto, edoveano pagare a Dio ciò che apparteneva a Dio. Adessosono a voi, fratelli e figli miei dilettissimi, e dietro le traccedel Vangelo vi intimo da parte di Dio, di cui ne son ministro,sebbene indegno, di dare a Cesare quello che è di Cesare, ea Dio quello che è di Dio. Dunque: avete voi roba d'altri?Rendetela subito al suo padrone. Avete debiti da pagare?Pagateli più presto che potete; vi hanno prestata qualchecosa? Non vi scordate di renderla, come [233v.] purtropposuccede. Vi hanno imprestati dei danari per un mese, per

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due, per tre, per più? Cercate di essere puntuali di renderlinel tempo stabilito, altrimenti se non li rendete secondo ilconvenuto voi fate peccato, voi siete ladri ritenendo ingiu-stamente roba degl'altri. Siete voi figliuoli di famiglia, sietevoi sottoposti? Rendete a Cesare quel che è di Cesare, vale adire obbedite in tutto e per tutto, rispettate, onorate vostropadre, e vostra madre, i vostri maggiori, i vostri superiori. Vipar duro a obbedire? Eh! fratelli miei, ancorché non ve locomandasse la religione, dovreste obbedire, poiché la sogge-zione è fondata in natura; da questa nessuno se ne puòdispensare, e non vi è persona al mondo, che non abbiaun'altra a sé Superiore. E poi state certi, che è meglio obbe-dire, che comandare. A obbedire non si sbaglia mai, perchési fa sempre la volontà di Dio. Rendete a Cesare quel che èdi Cesare. Obbedite, onorate, e rispettate il vostro Principe,pagate a lui le gabelle, i dazi, le imposte, e rammentatevi,che così ha stabilito il Signore, e così porta la necessità delbisogno pubblico. E non solo lo dovete fare costretti dallaforza, ma, come dice san Paolo, perché così richiede ilvostro dovere...

[234r.] Quando avete reso a Cesare quello che è di Cesa-re, bisogna che diate a Dio quello che è di Dio. Così vicomanda Gesù Cristo nel santo Vangelo di questa mattina.Tutto quel che avete è dono gratuito di Dio, e però a lui solodovete riferirlo; ma specialmente l'anima vostra è moneta sudi cui portate scolpita la bella immagine del Creatore, e perconseguenza la dovete rendere a Dio, quale egli ve la conse-gnò nel giorno fortunato del vostro Battesimo. Infatti quan-do muore qualcheduno, si dice che ha resa l'anima a Dio,perché siamo persuasi, che essa è di Dio, e non di altri.Gran motivo è questo, popolo mio dilettissimo, per averne

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massima premura, per farne quel conto, che ben si merita.Quest'anima, che avete è figliuola di Dio. Leggetene lasoprascrizione, ossevatene l'impronta. Di chi è quell'adora-bile immagine, che porta scolpita in sé stessa? Di quel Dio,che l’ha creata, di quel Gesù che l'ha redenta col suo prezio-sissimo Sangue, di quello Spirito vivificatore, che l'ha santi-ficata. Guai a voi, se quando la dovrete rendere a Dio non visi ravvisi più la sua bell'immagine.

Ditemi, se voi doveste morire oggi, come si ritrova l'ani-ma vostra? Potrebbe Iddio riconoscervi la sua immagine? Dichi è quell'immagine così contraffatta, così deforme, che iovedo in quell'anima? È forse di Dio? Ah! che non più vi siscorgono le sue nobili fattezze. [234v.] E di chi è dunquemai? È divenuta schiava di Satanasso, il quale deformando-ne i i preziosi lineamenti di Dio, vi ha impresso il marchioinfame d'Inferno. È divenuta la povera anima vostra servadella carne, e di tutte le sfrenate passioni, alle quali fin'a-desso avete dato sfogo brutale. Che sarà dunque di quest'a-nima al punto di vostra morte, quando vi sarà dimandatada Dio? Noi ministri del Signore, vestiti allora delle divisesacerdotali, ci porteremo al vostro letto e in nome dellasanta Chiesa diremo a Dio: Signore, vi prenda pietà di que-st'anima agonizzante, ella è vostra creatura sortita dallevostre mani, ella è formata a vostra immagine, a vostrasimilitudine, ricevetela dunque nella celeste Gerusalemme.Ma se ella sarà imbrattata dal peccato, risponderà Iddiopieno di sdegno: No, non è mia, non vi ravviso più la miaimmagine, fu deturpata dall'impronta del demonio al qualeha sempre servito, dunque vada col diavolo, che io non lavoglio nella mia gloria. Cosi dirà a ciascheduno di voi seadesso pensate al corpo e non mai all'anima. Se adesso non

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lasciate quelle ree pratiche, quelle cattive amicizie, queidiscorsi, quelle bestemmie, quelle adunanze, quelle ingiusti-zie. Dunque, stimate come si conviene l'anima e consideratea’ piedi del Crocifisso quanto ella è preziosa! Per lei Gesù furicoperto di piaghe, per lei fu coronato di spine, per lei diedela vita e il sangue su di una Croce. Incominciate una volta afare tutti i giorni un po’ d'orazione, a visitare la Chiesa, afrequentare i Sacramenti, a venire a sentire la parola di Dio,a mortificare le vostre passioni. E a bordo di quel bastimen-to e a quel lavoro di campagna, e in quella bottega, in queitraffici, si finiscano una volta i discorsi sucidi e grossolani,le parolacce e le bestemmie, e invece di insegnare male airagazzi al generale, diamoli buoni esempi. E a bordo di que-sto bastimento, dite la sera il santo Rosario, come usavateanche voi, a rammentarvi che allora andavate meno guasta-ti.

[235r.] Domenica 22ª Dopo la Pentecoste

Potete chiaramente conoscere, popolo mio dilettissimo,dal santo Vangelo di questa mattina quanto gli scribi e ifarisei fossero nemici giurati di nostro Signor Gesù Cristo.Siccome egli più volte avea smascherata la loro malignità eipocrisia in faccia al popolo, non ardivano attaccarlo palese-mente, e però si radunarono in complotto segreto per ten-dergli insidie.

Dovete sapere, che a quei giorni fervea grande questionese si dovesse o no pagare il tributo a Cesare, che colle armiavea soggiogata la Giudea. Alcuni insieme col Re Erodedicevano di sì, altri molti dalla parte del popolo dicevano dino. Cosa fanno adunque i farisei per sorprendere Gesù Cri-

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sto? Gli mandano i loro discepoli insieme coi partigiani diErode perché lo interrogassero: Se era lecito pagare il tribu-to a Cesare. Se egli avesse risposto che sì, sarebbe incorsonel furore del popolo; se avesse risposto che no, sarebbecaduto in disgrazia di Cesare e degl'Erodiani. Ma oh! quantosi ingannarono![ 235v.] Infatti Gesù Cristo per schermirsidelle loro trame cosa risponde? Poche e concludenti parole.Dice loro: Rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dioquel che è di Dio. Ma udite di grazia l'adulazione di questiipocritoni con cui, istigati dal diavolo, tentano Gesù Cristo:Maestro, noi sappiamo, che tu sei verace, e che non parteg-gi per chicchessia, palesaci il tuo pensiero...

Vedete, popolo mio dilettissimo, astuzia diabolica; vedeteadulazione maligna, e potenza infernale! Ma Gesù li trattacome essi si meritano. Li tratta di ipocriti, di razze adultere,di genìa di vipere. Così si meritano esser trattati tutti quelliche col miele alla bocca si fanno a voi dintorno per adularvinei vostri vizi, per lodarvi in qualche virtù che potete avere,a fine di strascinarvi poi a contentare le loro sfrenate voglie,a fine di tradirvi, di ingannarvi nei beni di anima e di fortu-na. E però state all'erta, non vi fidate di queste maschere, epregate Iddio, come facea il santo David, che la dolcezzadell'olio del peccatore non venga a impinguare il vostrocapo: “Oleum peccatoris non impinguat caput meum”.

[236r.] Temete, o giovine, le lodi di quel malo compagno,che vi loda appunto per cogliervi nel vostro debole, e tirarvial peccato, poiché questo è olio di peccatore. Temete, o fan-ciulla, gl'encomi, l'adulazioni, che quel discolo, quel liberti-no vi fa della vostra bellezza, della vostra onestà, dellavostra bravura, poiché questo è olio di peccatore. Temete, oammogliati, o maritate, le lusinghe di quelle sirene, i vezzi

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di quei disonesti, poiché questo è olio di peccatore. Temetetutti quei pensatori moderni, che adulano la vostra saggez-za, che inalzano alle stelle i vostri talenti, per trarvi poi alibertà mal'intesa, al disprezzo di ogni legge, al disordine ditutti i vizi, a togliervi dall'anima e dal cuore le massime dinostra religione santissima, poiché anche questo è olio, anziessenza di olio del peccatore. Fratelli miei, i santi fuggìanole lodi del mondo, e amavano essere disprezzati dal mondo;perché appunto sapeano, che il mondo, vale a dire i tristidel mondo, sono nemici di Cristo, seguaci del diavolo, pre-cursori dell'uomo del peccato, che sarà l'Anticristo.

[236v.] È egli lecito, o no, dicono i farisei a Gesù Cristo,di pagare il tributo a Cesare? Questo è un caso di coscenza,che solo Gesù Cristo può sciogliere, a lui solo compete loscioglierlo, e a quella Chiesa santa cattolica, che venne apiantare nel mondo. Così è, popolo mio dilettissimo, allasola Chiesa compete il diritto e il potere di decidere suipunti di fede, e di moral disciplina senza timor di sbagliare,perché sempre assistita dallo Spirito Santo, e Ella sola hal'impegno di rischiarare i dubbi, e di indirizzare le animenell'esatta osservanza dei divini precetti, per guidarle poialla beata Patria del Cielo. Gl'eretici d'altronde, e gli scisma-tici, e quanti son fuori di Essa, nessuna premura si prendo-no sui costumi e sulla condotta morale dei loro fratelli.Andate in Olanda, in Danimarca, in Inghilterra, e vedrete seio dica la verità. Vedrete questi popoli tutti dediti al com-mercio e per mare e per terra, e non cercano che di arricchi-re, e non badano a commettere usure, e non attendonotanto al lecito, purché vi abbiano l'utile, e...

(f. 237r bianca)

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[237v.] Ma dove sono alla giornata quelli che realmenterendano a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è diDio? Forse fra i possidenti e benestanti? No, perché fra que-sti altro non vi scorgo che egoismo, indifferenza, dimenti-canza di Dio, dell'anima propria e di quella dei sottoposti, eniente di fede, di carità, e nessun pensiero per le feste, perle chiese, per la religione. Forse fra i braccianti, artisti, bot-tegai? No, perché fra questi vi sono le frodi, gl'inganni, i rag-giri, e anche da questi non si dà più ascolto agli insegna-menti della Chiesa, ma invece alle dottrine dell'empietà edell'errore. Forse fra la contadinanza? Fra i contadini vi èmeno male che negl'altri ceti; ma non pensate, anche fraquesti vi è chi non si confessa mai, vi è chi non va mai asentire la parola di Dio, chi non santifica le feste, chi menacattiva vita, chi è perduto nei pravi abiti, in cattive pratiche.Forse fra la marineria? [238r.] No, perché fra la marineria,fatte poche eccezioni, non si crede più niente, si dà retta aiprotestanti, si va alle prediche che si fanno contro del Papa,della religione cattolica, si prendono, si tengono, si leggonoBibbie, libri proibiti, fogliacci pieni zeppi di eresie. Ne voletedelle bestemmie, dei discorsacci, delle impurità, dei peccati?andate a bordo dei bastimenti, nei porti, e lì vedrete ditutto, e sentirete di tutto, fuorché del bene, con scandalograve di tanta bella gioventù, di tanti poveri ragazzi che siammaestrano alla scuola del diavolo.

Eh miei cari! Non vi rammentate più di 8 o 9 anni fa,quando fuggivi dal Paese, quando venivi in processione aconfessare i vostri peccati, a deporre ai piedi di Maria san-tissima ceri, candele e voti? Allora ci credevi, allora paventa-vi i castighi del cielo, e ora non credete più, e ora non teme-te più? Ma sappiate però che quel Dio che c'era allora, c'è

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anche adesso, e che se non paga tutti i sabati, paga poi atempo e luogo, e che quanto più aspetta con pazienza tantopiù poi castiga con rigore. Dunque

(f. 238v contiene uno specchietto sui “Benefattori contri-buenti mensilmente”; sono elencate 6 persone)

[239r.] in una parola non sono punto scrupolosi, quandone' loro negozi vi abbiano il tornaconto: solo li sta a cuore diinimicare, di contrariare la religione cattolica, perché con-danna i loro errori, perché sì oppone coi suoi santi insegna-menti al mal costume, e reprime le disordinate passioni;perché in Essa anche la menoma mancanza vien rigardatacontraria alla legge di Dio, e come tale condannata e ripro-vata, e una buona azione benché minima si stimà superiorea tutto l'oro del mondo.

Perché mi tentate, o ipocriti? Rispose Gesù Cristo aifarisei. Mirate, dilettissimi, la mansuetudine, e la sofferenzadi nostro Signore. Non prende in mano i flagelli, come fececontro i profanatori del tempio, non fa scendere il fuoco dalcielo per fulminarli, come si sarebbero meritati, ma solo glirimprovera perché si ravvedano, perché conoscano che egliè Figliuolo di Dio, mentre legge nel loro interno i pravi dise-gni, gl'aveano condotti a Lui a interrogarlo, e a tendergliinsidie. Tale è stata sempre la condotta di Dio verso dei pec-catori. [239v.] No, non fa cadere Iddio la piena del suo furo-re tutta in una volta; ma incomincia, dice il Profeta, a farnevedere il fumo con quella piccola persecuzione, con quellalieve disgrazia, con quella infermità, per quindi compiere losterminio del peccatore, se ai primi avvisi non abbandoniquindi il peccato, e si converta al Signore. Guai dunque e

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guai terribili a quei peccatori ostinati che non si arrendonoai primi segni della divina collera, e che alle infermità, alledisgrazie, ai castighi altra causa gli attribuiscono fuori delladivina volontà; guai a questi infelici, io ripeto, che imitanonella pervicacia e nell'orgoglio il superbo Faraone, poichépresto presto le verghe si cangeranno in serpenti, il fumocangerassi in fuoco divoratore, che li tormenterà nell'animae nel corpo per una eternità. Dunque, fratelli e figli mieidilettissimi, temete sempre le piccole disgrazie, che vi acca-dono, approfittatevi di esse per mutare i vostri depravaticostumi, perché son queste chiamate del benignissimoIddio, che ve le manda appunto per farvi evitare mali mag-giori e sempiterni.

[240r.] Mostratemi la moneta colla quale dovete pagare iltributo... Di chi è questa immagine, e questa sopraiscrizio-ne? Di Cesare, gli rispondono. Dunque, ripiglia Gesù Cristo,rendete a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è diDio. Due cose qui ci insegna il divin Redentore. Ci insegnacol suo esempio a vivere distaccati dal mondo, e dalle ric-chezze; ci insegna come dobbiamo comportarci e con Dio ecoi Regnanti della terra. È vero verissimo che sapeva Gesùessere quella moneta di Cesare Imperator dei Romani, mavolle fare tale interrogazione, perché conoscessero che Einon si curava dell'oro e dell'argento, ma ricercava sola lasalvezza dell'anime, e noi pure mentre viviamo in questavalle di lacrime avessimo sempre la mira al Cielo, e disprez-zassimo i beni caduchi e transitori di questa misera terra.

Secondariamente vuole Gesù Cristo che l'uomo, fatturadi Dio, portando in se scolpita la bella Immagine del suoCreatore, gli renda quel culto di onore, di ossequio, di sud-ditanza, ohe la ragione e la fede insieme gli suggerisce e gli

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impone. E siccome quest'uomo è fatto non per vivere a sésolo, ma per vivere in società, e così arrivare al suo ultimofine, perciò appunto [240v.] gli corre l'obbligo di onorare,rispettare e obbedire le legittime Potestà messe da Dio alGoverno della società medesima, la quale senza un capo,che la diriga e governi, non potrebbe sussistere.

Dunque, popolo mio dilettissimo, rendete a Dio quelloche è di Dio. E vuol dire, amatelo, rispettatelo, obbeditelo intutto ciò che Ei vi comanda nella sua santa Legge. Dunque,non più bestemmie, non più spergiuri, non più disonestà,non più ingiustizie, non più sacrilegi. Dunque maggiorrispetto alle Feste, alle Chiese, ai sacerdoti, ai Parenti.

Rendete a Cesare quel che è di Cesare. Dunque piùrispetto ai sovrani e alle loro Leggi, e ai loro Rappresentanti,non per timor del castigo, come dice l'Apostolo, ma perchéve lo comanda Iddio, e siete obbligati in coscenza. Dunquenon più si defraudino al Principe i dazi, le gabelle, le impo-ste che son necessarie allo Stato pel buon regime e pubblicasicurezza, poiché il pagar queste è comando di Dio giusta gliinsegnamenti del medesimo Apostolo san Paolo. E rendendoa Dio quel che è di Dio, e a Cesare quel che è di Cesare, viso dire che vivrete tranquilli nella vita presente, e beati nellavita avvenire.

[241r.] Domenica ultima dopo Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto parlando in quel tempo a’ suoi Discepoli, disse loro:Quando vedrete nel luogo santo l'abominazione di desolazio-ne predetta già da Daniele profeta (chi legge intenda bene)allora quelli che saranno nella Giudea fuggano ai monti, e

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quelli che saranno sulla terrazza della casa non scendano abasso a prendere cosa alcuna: e quelli che saranno allacampagna non ritornino indietro a prendersi la veste. Guaipoi in quei giorni alle pregnanti, e nutrici. Pregate pertanto,che la vostra fuga non succeda in giorno di sabato, o intempo di inverno. Imperocché sarà allora una tribolazione sìgrande, che altra simile non vi è stata giammai, né vi saràin futuro. E se non fossero abbreviati quei giorni, nessunuomo sarebbe salvo; ma a cagion degl'eletti saranno abbre-viati quei giorni. Se allora qualcuno vi dirà: Ecco qua, eccolà Cristo, non vogliate credergli. Perocché verranno fuorifalsi Cristi, e falsi Profeti, che faranno segni e prodigi dacondurre nell'errore anche gl'eletti, se ciò fosse [241v.] pos-sibile. Ecco che io ve l'ho predetto. Se dunque vi dirannoche Cristo è nel deserto, non uscite a vederlo: se vi dicono,che egli è nei luoghi nascosti della casa, non vogliate creder-li. Perché come il baleno vien dall'oriente e si fa vedere finoin occidente, così sarà la venuta del Figliuolo dell'Uomo.Ovunque sarà il corpo, ivi si raduneranno le aquile. Masubito dopo la tribolazione di quei giorni si oscurerà il sole,e la luna non rifletterà la sua luce, e le stelle cadranno dalcielo, e le virtù celesti saranno commesse. E allora compa-rirà nel cielo il segno del Figliuolo dell'Uomo: allora piange-ranno tutte le tribù della terra: e vedranno comparire sullenubi del cielo il Figliuolo dell'Uomo con grande apparato dipossanza e di maestà. E manderà i suoi Angeli, che contromba, e gran voce raccoglieranno i suoi eletti dai quattroventi, dalla sommità del cielo fino a’ suoi confini. Dallapianta del fico imparate la parabola. Quando i suoi ramison teneri, e incominciano a sbocciare le foglie, dite pure,che è vicina l'estate; così voi quando vedrete tutte [242r.]

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queste cose, sappiate che è vicino e alla porta. In verità io vidico, che non passerà questa generazione, che queste cosenon siano avvenute. Il Cielo e la terra passeranno, ma nonmancheranno le mie parole. Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

Due grandi disastri predice nostro Signor Gesù Cisto nelsanto Vangelo di questa mattina; e di ambedue ne annunziai segnali, e coi colori più tetri ne dipinge il terribile avveni-mento. L'uno si è avverato appuntino sopra l'ingrata Geru-salemme, e sugl'infelici abitanti di essa, come ne fan fede leistorie di Tito e Vespasiano Imperatori di Roma; e però credoinutile il descrivervelo questa mane: e solo vi esorto a farvisavi sull'altrui disgrazie. Sì, popolo mio dilettissimo, impa-rate ad esser prudenti, a provvedere all'anima vostra, eallontanare da voi il peccato, specialmente l'ingratitudine aidivini benefizi, se non volete incorrere la sorte funesta, chetoccò a Gerusalemme, la quale fu gettata a terra fin dallesue fondamenta, e passati a fil di spada i suoi abitanti pernon essersi approfittata delle grazie del Signóre.

[242v.] L'altro disastro predetto da Gesù Cristo si avve-rerà alla fine del mondo, quando egli verrà a giudicare laterra: e su questo voglio che più a lungo fermiate la vostraattenzione.

L'universale giudizio minacciato da Dio, e che avrà luogonel giorno estremo del mondo è di fede, poiché ripetuto loabbiamo le mille volte nelle divine Scritture. In quel giorno,che dai Profeti si chiama giorno di ira, di collera, e di ven-detta, e di misericordia, la sentenza, che ognun di noi avràavuta nel giudizio particolare al punto di morte, sarà fattapalese, e agl'Angeli, e agl'uomini tutti, e ai Demoni!. In quelgiorno il corpo insieme coll'anima riporterà il premio, o il

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castigo a seconda delle opere che avrà fatte con essa, obuone o malvagie. In quel giorno saranno consolati i giusti,atterriti gli empi, e la divina provvidenza, che ora si bestem-mia, giustificata appieno sì rispetto agl'uni, che agl'altri.Dunque necessario si rende questo divino giudizio: ma ohquanto sarà terribile!

[243r.] Dicano pure gli empi nel loro cuore che non vi haDio; o che se vi è non si prende cura delle umane azioni. Sifacciano pure beffe dei minacciati divini giudizi: mettanopure in derisione gl'avvertimenti e le correzioni delle perso-ne dabbene: si credano pure al sicuro dai colpi della divinacollera che ora bestemmiano, e che scherniscono. Ma cheprò dalla loro insensibilità e miscredenza, quando a lorodeve succedere appunto quanto avvenne agl'antidiluviani,che non vollero credere ai savi consigli del giusto Noè? Que-sto santo Patriarca per ben cento venti anni predicava aquei sensuali e colle parole, e coll'esempio la penitenza, maessi colla massima indifferenza miravano fabbricarsi l'Arcadi salvezza, e seguitavano a peccare; miravano accorrere datutte le parti della terra bestie di ogni specie, uccelli di ognirazza a riparare su quel Legno dall'imminente eccidio, e laduravano nelle loro carnalità nefande: quand'ecco si apronole cataratte del cielo, rompono i fonti del grande abisso, l'ac-qua ricopre tutta quanta la superficie della terra, e i lorocorpi addivenuti cadaveri [243v.] galleggiano intanto suquelle acque micidiali, e le anime son già sepolte per semprenell'inferno.

Popolo mio dilettissimo, quanto accadde ai tempi di Noèdeve succedere altresì alla fine del mondo. “Sicut in diebusNoe ita erit adventus Filii hominis”. Sì, ha da venire un gior-no in cui pioverà fuoco dal cielo per ridurre in cenere tutta

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la faccia della terra, per sommergere in un diluvio di fiammetutti i di lei abitatori. Ha da venire un giorno, in cui ilFigliuolo dell'Uomo Cristo Gesù preceduto dagl'Angeli, e dalSegno adorabile della sua Croce comparirà sulle nubi congrande apparato di gloria e di maestà, ed ivi alzato il suoTribunale, pronunzierà l'ultima inappellabil sentenza esopra i buoni, e su dei malvagi.

Che vi dice il cuore a questa innegabile verità di nostrareligione santissima? Non si riempie di un santo e salutaretimore? Eppure, fratelli miei, e voi e io dovremo trovarcisicuramente a questa comparsa di Cristo, giudice allora ine-sorabile dei vivi e dei morti!

Lo so che i mondani o non credono a questa tremendaverità, oppur se la credono, se la figurano assai lontana comecosa che non debba mai accadere. Insensati, miserabili! Eche forse sarà perciò essa men vera, e men sicura? E cheforse per non crederla costoro [244r.] potranno evitare i tre-mendi rigori della divina giustizia? Anche quei disgraziatiprima del diluvio non credettero alle minaccie, agl'avvisi delbuon Patriarca, ma appunto per questo restaron sommersinelle acque di quello. L'istesso accadrà agl'increduli, agl'empi,ai libertini, che non credono, che non temono, o che anziaffettano di non credere, di non temere; e con ciò danno avedere anzi di credere, e di temere, mentre fanno di tutto pernegare una verità, che sentono in sé stessi, e che troppo gl'in-comoda, perché mette freno alle loro disordinate passioni.

Ah! temete, vorrei dire a costoro se mi ascoltassero,temete il divino giudizio, se non volete sperimentarlo rigoro-so e senza misericordia! E quanti increduli, e quanti spiritiforti non hanno fatto impallidire la filosofia del secolo quan-do si son trovati a lottar da vicino colla morte? Alcuni di

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essi in quel punto tremendo hanno abbracciato il Crocifissopria vilipeso; altri han chiamati i sacerdoti prima calunniatie perseguitati da essi; altri poi hanno invocati i soccorsidella religione prima d'allora posti in dispregio. E perchéquesto? [244v.] Perché l'idea del giudizio può restare assopi-ta, può restare offuscata dalle disordinate passioni, dallestorte massime del secolo, dai pravi insegnamenti dei tristi,ma tolta dalla sinderesi non mai. Infatti al primo dolore dicapo, alla prima malattia, a una perdita, a una disgrazia,subito l'uomo conosce che vi è un Dio vindice delle maleazioni; subito si rammenta che egli ha da morire, che loaspetta un giudizio severo, o un premio eterno coi beati, oun eterno castigo coi reprobi colaggiù nell'Inferno. Dunquetemete, fedeli miei, temete adesso, che il vostro timore vipuò riuscire a salute.

Ma sì che voi temete, o anime giuste sull'incertezza dellasorte che vi attende nel giorno estremo del mondo; nonsapendo se avrete luogo fra i capri lascivi, oppure fra leinnocenti agnelle; non sapendo se nel giorno dell'ira saretealla destra coi santi, oppure alla sinistra coi reprobi. Temetepure, poiché temettero anche i santi. Temeva un Girolamoin mezzo alle più austere penitenze e gli sembrava a ogn'orasentirsi ri[245r.]suonare all'orecchio il rimbombo di quel-l'Angelica tromba, che chiamerà tutti i morti al giudizio.Temea un san Cipriano, e fra sé andava dicendo: Che saràdi me in quel terribile giorno? Temete ancor voi, ripeto, equesto timore vi farà scansare i rigori dei divino giudizio.Noè perché scampò la morte nell'universale diluvio? Perchécredette a Dio, e temè il minacciato castigo. E non importa,sapete, che i mondani si facciano beffe del vostro salutaretimore. No, non importa. In quel giorno muteranno linguag-

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gio, e costretti saranno a dire: Ah! noi insensati: la vita deibuoni la stimammo pazzia, e disonorato il fine di loro:“Vitam illorum extimabamus...”. Ma eccoli annoverati fra ifigli di Dio, e la sorte di loro li ha computati tra i santi:“Ecce quomodo...”. Anime angustiate, perseguitate dalmondo iniquo, desolate vedevo, derelitti pupilli; poverioppressi dall'angherie dei ricchi, dall'ingiustizie dei prepo-tenti, dalle liti ingiuste, fatevi di coraggio, state di buonanimo, poiché in quel giorno sarete in luogo di sicurezza[245v.] contro dei vostri oppressori, che defraudavano lamercede delle vostre fatiche, abusarono della pazienzavostra, della vostra piccolezza: “Funestabunt justi in magnacostantia adversus eos, qui se angustiaverunt, et abstuleruntlabores eorum”.

Se non che quest'universale giudizio oltre ad essere diterrore agl'empi, e di consolazione ai giusti, è necessarioancora che ci sia, dice l'Angelico, perché la provvidenza diDio resti giustificata in faccia a un mondo intiero. Non èvero il vedere fra noi l'empio esaltato come il cedro del Liba-no; il bestemmiatore, l'adultero, il ladro godere sanità, ric-chezze, piaceri, diletti; la donna di mondo, la fanciullaimpudente, la maritata infedele nell'auge dell'abbondanza,degl'onori portate in trionfo; e le oneste persone d'altrondesempre povere, e perseguitate, sempre oppresse, e derise.Perloché molti tentati sono a bestemmiare la divina Provvi-denza di cui ne ignorano gli alti e imperscrutabili fini. Manon così nel giorno dell'universale giudizio. Si conosceràallora, che se Iddio permise le persecuzioni dei tiranni, ilface appunto [246r.] per coronare la pazienza dei martiri: sepermise le croci, le tribolazioni, le disgrazie ai buoni, lo feceper provarli, come si prova l'oro nel fuoco, per far loro

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acquistare più gradi di gloria nel santo Paradiso: se permiseche fossero prosperati i malvagi, che facessero fortuna nelmondo, il permise solo per premiarli di qualche virtù natu-rale, di qualche buona opera da loro esercitata, perchéappunto dopo la morte erano vittime destinate al macello,vittime riserbate a un'altra morte sempiterna nel baratrodell'Inferno.

Dunque, popolo mio dilettissimo, amiamo meglio esseretribolati coi giusti, che prosperati cogl'empi; poiché nel gior-no del giudizio i tribolati, gl'oppressi staranno in luogo disicurezza contro i loro oppressori, e gl'empi per lo contrarioripieni saranno di disperato terrore. “Turbabuntur timorehorribili”. Un altro sguardo a Noè e a suoi connazionali: egliin fatiche, e questi in ozio; egli in timori, e questi in piaceri;egli deriso come uomo troppo credulo, e questi applauditi,acclamati. Ma chi [246v.] la indovinò? Noè salvo benedice isuoi sudori, le sue fatiche, i suoi timori, e rende grazie alSignore, che lui ha scampato e tutta la sua famiglia dalleacque micidiali dell'universale diluvio; e gl'altri invece addi-venuti gonfi cadaveri galleggiano qua e là su quelle acquemedesime. Fratelli e figli miei dilettissimi, “sicut in diebusNoe, ita erit adventus Filii hominis”. La luttuosa catastrofeaccaduta ai tempi di Noè, deve rinnovarsi alla fine delmondo, quando Gesù Cristo verrà a fare il giudizio univer-sale, quando separati i buoni dai cattivi, sarà reso e agl'unie agl'altri ciò che avranno meritato. Bramate essere in quelgiorno dalla parte dei giusti insieme con Noè scampati all'u-niversale eccidio? Non vi rincresca la fatica che si prova arintuzzare le disordinate passioni; fuggite il peccato di qua-lunque specie si sia, ma specialmente il peccato della diso-nestà, che fece venire il diluvio di acqua, e che affretta quel

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diluvio di fuoco, che dovrà succedere alla fine del mondo, incui saranno sepolti tutti i peccatori ostinati.

[247r.] Domenica 16ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo essendo entrato in giorno di sabato nella casa di uncerto principe dei farisei a mangiare il Pane, essi lo osserva-vano. Ed ecco, che gli vien presentato un Idropico. E rispon-dendo Gesù disse ai periti della legge, e ai farisei, se eralecito guarire in giorno di sabato; ma essi tacquero, e nonrisposero,

Ed egli prendendo l'infermo, lo risanò, e gli diede il suocongedo. E rispondendo ai farisei disse loro: Se il vostroasino, o il vostro bove cada in un pozzo, forse che non lolevate fuori anche in giorno di sabato? Ed a queste paroleessi non potevan rispondere. Diceva poi agli invitati questaparabola. Quando sarai invitato alle nozze, non ti devi met-tere nei primi posti affinché, essendovi qualcheduno a temaggiore, non venga il padrone di casa, e ti dica: Dai luogoa questo, e non principi allora ad occupare l'ultimo postocon tua vergogna, e rossore. Ma quando sarai invitato, vai emettiti sempre nell'ultimo posto, affinché quando viene l'in-vitatore ti dica: Amico, vieni più sopra. Allora sarai onoratopresso tutti gli invitati; perché ognuno che si esalta saràumiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Fin qui l'odiernosacrosanto Vangelo.

Gli scribi, ed i farisei nemici giurati di nostro SignorGesù Cristo, non lasciavano passare alcuna occasione, cheavesse la sola apparenza dell'inosservanza dalla loro legge,per calunniarlo, ed infamarlo appresso del popolo; e quanto

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più cresceva la di lui stima , e la di lui gloria in mezzo agl'e-brei, tanto più si sforzavano, accecati dall'invidia e dall'or-goglio, per fargli perdere il buon credito, che acquistato siera colle sue virtuose operazioni. La vita pura, santa e per-fetta del Salvatore, la cognizione che egli avea dell'internodelle persone, la purità della sua dottrina, i suoi miracoli,erano cose dispiacenti ai farisei, perché condannavano laloro malizia, e li rimproveravano, quanto fossero lontanidalla retta osservanza della divina legge; e perciò si accen-devano di una mortal gelosia contro di lui, e non sapendo ache cosa attaccarsi, lo calunniano che non osservi il giornodi sabato, giorno presso di loro festivo, in cui son vietate leopere servili: a questo fine lo invitano a pranzo, e tutti stan-no ad osservare anche le sue minime azioni, i suoi discorsi,le sue parole, per trovar materia da mormorare, e per avve-lenare anche gli atti di carità, più lodevoli e maravigliosi.

Questo, fratelli miei, è proprio delle persone astiose, eche sempre sospettano e giudicano temeriariamente dei loroprossimi, li invidiano, e portan loro dell'odio. Quando sinutrono dentro al cuore dei rancori, quando ci dispiace laprosperità, ed il benessere degl'altri, ci attacchiamo a tuttoper farli perdere il buon nome e la riputazione. Vediamo, peresempio, uno che ha del bene, che è maggiore di noi, e chegli vanno felicemente i suoi traffici, i suoi negozi, i suoi lavo-ri; se non stiamo bene avvertiti, se ci lasciamo trasportaredalla bieca invidia, subito si prova dispiacimento, subito cirincresce, che il nostro prossimo abbia del bene. Ne vedia-mo un altro, che mena più di noi la vita da cristiano, che èdedito all'orazione, che frequenta i Sacramenti e le chiese,che sfugge i cattivi compagni, e le occasioni prossime dipeccare; subito si va dicendo che [247v.] è un ipocrita, un

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bacchettone, e che fa il bene per esser veduto, e lodato;vediamo un terzo, dal quale abbiamo ricevuto una piccolaingiuria, e subito sentiamo verso di lui dell'odio e del ranco-re, si cerca di vendicarci del torto, che ci è stato fatto, glidesideriamo del male, e si principia a dir su male di lui, ascreditarlo, a denigrargli la fama ed il buon nome. Eccodove ci strascina l'odio e l'invidia, se non cerchiamo subitodi frenarla in principio.

I farisei e gli scribi, per tentar Gesù Cristo, e sorprender-lo, gli fanno condurre un idropico in giorno appunto disabato, e così provano se esso santifica la festa coll’astener-si dal guarir quell'infermo; ma egli che conoscea fino afondo i loro pravi disegni, egli, che leggeva sino nei remotinascondigli di questi impostori, ed ipocritoni, prima di risa-narlo, volle correggere la loro iniquità, e confondere la pravaloro malizia: li dimandò, se era lecito il guarire gl'infermi ingiorno di sabato; ma essi non seppero rispondere, e si tro-varono impicciati, per non scomparire, se si fossero messi adisputare con esso lui, e soltanto covavano dentro al cuoreun'odio ed una malignità tale contro di Gesù Cristo, che l'a-vrebbero divorato vivo, se stato li fosse possibile. Esso conquesta dimanda fece conoscere, che non si era scordatodella solennità del giorno di sabato, e prendendo per lamano l'infermo Idropico lo risanò, e lo licenziò con grandeammirazione di tutti coloro, che erano testimoni di quelmiracolo.

Questo modo di procedere di nostro Signore, è una lezio-ne per tutti noi, onde conosciamo in quali opere di carità edi misericordia bisogna occuparsi nei giorni di festa, dedica-ti e riserbati al culto divino. Bisogna dunque passare i gior-ni festivi in pratiche sante, coll’aiutare e sovvenire i nostri

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fratelli, col visitar li infermi, coll’insegnarli le cose necessa-rie per l'eterna salute, col somministrarli insomma quelloche li è necessario per quanto ce lo permettono le nostreforze; né facendo questo possiamo avere scrupolo e timoredi non santificare le feste come conviene, perché Gesù Cri-sto stesso ce ne ha dato l'esempio col guarire l'idropico; epoi, come esso disse ai farisei, se in giorno di festa corriamosubito a levar fuori dalla fossa il proprio asino o il propriobuove, molto più dobbiamo accorrere in esso giorno a solle-var la miseria dei nostri prossimi. Quindi prosegue il divinRedentore a dare un'altra lezione molto importante a questiscribi maligni per correggere la pazza loro vanità, che avea-no nel mettersi a mensa; tutti aveano molta premura dipigliare con isfacciatezza il posto più onorevole, e andavanogonfi di superbia e di orgoglio; e per questo appunto liavverte, che quando saran chiamati al convito, vadano sem-pre nell'ultimo posto, per non avere il rossore di esservimandati dal padrone di casa.

Nell'abbassarsi, dice Bernardo santo, non vi è da temerecosa alcuna, e quanto più uno si umilia resta onorato pres-so Dio, e presso le persone, ed è sicuro di non soffrire alcundisgusto; ma inalzandosi più di quello, che deve corrererischio [247r.-ripetuto] di essere disonorato e fatto bersagliodelle dicerie del mondo; e non questo soltanto or obbliga adumiliarci, e prendere gli ultimi posti, ma un motivo più forteci spinge a praticar questa santa virtù dell'umiltà, quale èquello, di esser fatti partecipi della vita eterna, se la prati-chiamo, e di esserne esclusi per sempre, se da noi si trascu-ra. Ce lo dice l'istesso Gesù Cristo in altro luogo del Vangeloa chiare note: “Nisi efficiamini sicut parvuli, non intrabitis inRegnum Caelorum”. Se non ritornerete alla semplicità dei

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fanciulli, se non domerete lo spirito della superbia, abbas-sandovi al di sotto degl'altri, non potrete giungere al regnode' cieli.

Ci dice poi, che dobbiamo imparar da lui ad esser man-sueti ed umili di cuore, se vogliamo ritrovar pace e riposoalle anime nostre: “Discite a me, quia mitis sum, et humiliscorde”. Esso era Dio infinito ed eterno insiem col Padre, erafelice e beato in tutte le sue perfezioni, e niente avea biso-gno dell'uomo, eppure tanto si umiliò per nostro amore, perinsegnare a noi come dobbiamo portarci, che giunse perfinoa farsi nostro fratello, prendendo carne umana, morendocon tante pene, e con tanti dolori sopra l'infame patibolodella Croce. Se dunque il nostro buon Gesù si è tantoabbassato, e perché noi miserabili creature, polvere e cene-re, vogliamo inalzarci sopra dei nostri prossimi, e cerchiamodi deprimerli a forza di villanie e di ingiustizie, riputandoli etenendoli per cosa vile peggiori della feccia? Se dunque ilnostro buon Gesù si è tanto abbassato, perché noi avremo aschifo i nostri prossimi, e se abbiamo qualche cosa di più onei beni di anima o di corpo, ci insuperbiremo e riguardere-mo essi con occhio bieco, con aria di disprezzo? Ah! no, carimiei, non dobbiamo diportarci in tal modo, ma anzi, comecristiani, siamo obbligati ad imitare il nostro Capo GesùCristo, coll’umiliarci al di sotto di tutti e col riputarci sem-pre peggiori degl'altri. Vi è anche un mistero, fratelli mieidilettissimi, da considerare nel santo Vangelo di questamattina, e chiaramente ve lo riconoscono i santi Padri. Gl'e-brei erano stati invitati i primi al banchetto celeste collaRivelazione delle verità eterne, ma per la loro ostinazioneorgogliosa e superba, da per sé stessi si sono esclusi dallafelicità del santo Paradiso; ed alcuni poveri Pescatori, alcuni

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Pubblicani, alcune donne Peccatrici, ed i gentili stessi colcuore contrito ed umiliato, hanno graziosamente accettatol'invito fattoli dai predicatori della parola di Dio, e ricono-scendosi indegni di un tanto favore, si erano posti nell'ulti-mo luogo, non ardivano di alzare gli occhi al cielo, e si eranocollocati nel sito inferiore del tempio, e per questo appuntohanno meritato che fosse loro detto: Ascendete più sopra,riempite i primi posti, dei quali se ne sono resi indegni i giu-dei colla loro superbia ed alterigia: “Perché chiunque si umi-lia sarà esaltato, e chiunque si esalta sarà umiliato – Quiaomnis qui se exaltat humiliabitur, et qui [247v.-ripetuto] sehumiliat exaltabitur”.

Nel numero di questi avventurati siamo anche noi, chesenza nessun precedente nostro merito avemmo la bellasorte di esser chiamati alla fede cattolica, e di essere fattipartecipi del convito celeste: eppure siamo peggiori dei fari-sei, siamo pieni di superbia e di orgoglio, e sebbene debolied infermi, aggravati da tante miserie, incapaci da per noi amuovere solo un dito senza il soccorso della grazia divina,non cerchiamo mai di umiliarci al cospetto dell'Altissimo.Per essere umile, basta conoscere se stesso, basta esaminarbene la nostra fragilità, la nostra dappocaggine, basta con-siderare la nostra viziata natura, e come siamo tanto facili acommettere il male, e tanto negligenti e spensierati a fare ilbene. Non vi è altra cosa, che debba tanto umiliarci, quantola nostra superbia, mentre siamo tanto piccini, e vogliamocomparire grandi, siamo ignoranti, privi di cognizioni, evogliamo parlare da dotti, e vogliamo disputare di tutto,anche su dei misteri impercettibili all'umano intelletto, evogliamo farla da giudici indagando e scrutinando le azionied i comandi dei nostri superiori, sia ecclesiastici che seco-

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lari. Ma se non vi è altra cosa che tanto debba umiliarciquanto la nostra superbia, neppure vi è altra virtù, né altracosa tanto facile, quanto è l'umiltà. Tutti ci possiamo umi-liare, e non ve ne è neppur uno, che far non lo possa: diran-no alcuni di non poter digiunare, di non poter esercitarsi inaltre penitenze, o austerità per la loro complessione debole,per le loro fatiche; diranno altri di non potere intraprenderelunghi e disastrosi pellegrinaggi a motivo delle loro faccen-de, di non potere far lunghe orazioni, di non esser chiamatia conservare illibata la loro verginità, di non potere insom-ma praticare molte altre virtù; ma nessuno potrà dire dinon esser capace di umiliarsi. Se ci vogliamo inalzare al disopra degl'altri, si trovan subito mille ostacoli al nostroingrandimento; ma se d'altronde vogliamo abbassarci, nes-suno ce lo impedisce, nessuno se ne offende, nessuno vi sioppone.

L'umiltà cristiana è l'origine del nostro riposo; i veriumili di cuore stanno sempre contenti, stanno in pace contutti, né mai si accendono di odio e di sdegno contro de’ loroprossimi; menano una vita beata su questa terra anche frale miserie e le tribolazióni, e poi saranno pienamente felicinella gloria celeste, preparata ai veri seguaci dell'umanatoFiglio di Dio: l'orgoglio e la superbia sono la fonte da cuiscaturiscono tutte le inquietutini e tutte le afflizioni, ed isuperbi passando i loro giorni nella noia e nel disordine ditutti i vizi, principiano in questo mondo ad anticiparsi lepene ed i tormenti, che li aspettano colaggiù nelle fiammedivoratrici e spasimanti dell'Inferno. Guai a voi, grida il Pro-feta, che siete grandi e sapienti agl'occhi vostri: “Vae vobis,qui sapientes estis in oculis vestris”; guai a voi presuntuosi esuperbi, che disprezzate i vostri simili, che accendete nelle

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famiglie il fuoco della discordia, che fomentate i litigi, cheseminate le diffidenze e le gelosieche montate nelle [248r.]smanie e nelle furie per ogni poco di che, per un puntiglio,per una paroletta un poco pungente, guai a voi, perchévolendovi inalzare al di sopra dei vostri superiori, sarete alpunto della vostra morte esclusi dal regno dei beati comel'orgoglioso Lucifero, e precipitati per tutta quanta l'eternitànell'Inferno.

Domenica 17ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo, di questa mattina, come i fariseisi accostarono a Gesù Cristo, ed uno di essi Dottore dellalegge per tentarlo lo interrogò, dicendo: Maestro, qual è ilmaggiore comandamento nella legge? Gesù gli disse: Ameraiil Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta l'anima, econ tutta la mente. Questo è il maggiore e primo comanda-mento. Il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimotuo come te stesso. In questi due comandamenti si contienetutta la legge, ed i Profeti. Quindi, congregati i farisei, GesùCristo li interrogò, dicendo: Cosa vi sembra di Cristo, di chiè figlio? Gli rispondono: Di Davide. E come dunque, ripreseGesù, David lo chiama in ispirito Signore, dicendo: Disse ilSignore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché nonporrò i tuoi nemici sgabello de’ tuoi piedi? Se dunque Davi-de lo chiama suo Signore, come mai può essere suo figlio? Enessuno dei farisei poteva rispondergli, né alcuno ebbe ardi-re in quel dì di più interrogarlo: Fin qui l'Odierno sacrosan-to Vangelo.

Sembra invero, fratelli miei dilettissimi, cosa mara-vigliosa, che un Dottore della Legge, il quale dovea insegna-

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re agl'altri la maniera di ben vivere, ignorasse poi il primodei precetti, che lo sapevano anche le persone più rozze, edignoranti; ma non ci deve recare meraviglia alcuna, perchése esaminiamo bene i portamenti dei farisei, si conoscesubito, che essi facevano tali interrogazioni a Gesù Cristoper sorprenderlo nei di lui discorsi, e per alleviare i rimorsidella rea loro coscenza, credendosi osservatori della leggeperché facevano i sacrifizi prescritti in essa, e non si cura-vano punto dell'essenziale della religione, che consiste nel-l'amare Dio sopra tutte le cose, e nell'amare il prossimocome noi stessi per amor di Dio. Quando l'uomo è dedito alvizio, quando è perduto dietro alle passioni della carneribelle, immagina ed inventa mille pretesti per iscusare lasua malvagità presso alle persone, che lo circondano, e peracquietare i forti stimoli, che gli lacerano l'intimo senso, eche gli rimproverano del continuo il suo [248v.] pravo opera-re. Corrompendosi il cuore, la passione acceca e perturba lospirito.

Di fatto e non si vedono forse anche in mezzo di noialcuni, che nella società passano per gente dabbene, perpersone assennate e di riputazione, eppur nonostante profe-riscono parole senza ragione, e manifestano sentimenti chefavoriscono l'interesse e le proprie passioni? E se esaminia-mo bene noi stessi, ci ritroveremo molto peggiori dei farisei:si cerca di scusarci appresso degl'uomini, se siamo cadutiin qualche difetto, e per non scomparire, per palliare e dimi-nuire le nostre mancanze, inventiamo un'infinità di bugie, es'arriva perfino a far credere buono e virtuoso quello che dinatura sua è pessimo e malvagio. Ma taluni sono anche inuno stato molto peggiore, vale a dire se ne vivono addor-mentati nel peccato, ed accomodano la loro coscenza ai

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desideri sfrenati del senso. Ah! che questo è uno stato moltoinfelice, quando siamo giunti a giustificare ai nostri occhi ilpeccato; e questa giustificazione niente ci gioverà al puntodi morte, anzi essa firmerà la nostra condanna.

E come mai potranno risorgere dallo stato del peccato ipeccatori ostinati, che hanno indurito il cuore alle voci amo-rose di Gesù, e più non curano i forti rimorsi della coscenza?E come mai potranno allontanarsi dal precipizio in cui songià caduti, se si credono di essere in salvo? Non li resta cheun solo momento per liberarsi da un tale disastro, nonhanno che un solo mezzo per convertirsi al Signore, e questoè di vincersi da forti e coraggiosi, di chieder perdono e mise-ricordia, e cercare di riacquistare quanto hanno perduto.

Ah! dunque fratelli miei, temiamo di cadere in questostato deplorabile di una falsa coscenza, abbandoniamo lefolli ragioni, che ci fanno riputare buono quello che è catti-vo, occupiamoci insomma ad osservare la legge di Dio, enon a scrutinarla. Voi amerete il Signore vostro Dio, ci diceGesù Cristo, questo è il massimo dei Comandamenti, edamerete il vostro prossimo come voi medesimi. Dunque noinon possiamo aver alcun dubbio sopra ciò, che dobbiamofare per conseguir la nostra eterna salute, avendocielo fattoconoscere di sua propria bocca Gesù Cristo. Bisogna amareDio con tutto il cuore, ac tutta l'anima, e con tutte le forze;è cosa molto ragionevole l'amare Dio Signor nostro; siamoobbligati ad amarlo per molte ragioni: lo dobbiamo amarecome nostro creatore, come nostro Redentore, come nostroBenefattore insigne. E a dire il vero, chi ci diede la vita, chice la conserva con ammirabile provvidenza? Iddio è quelsolo. Ci diede una madre amorosa affinché nella nostratenera età ci nutrisse del proprio latte, ci scampasse dai

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pericoli, [249r.] ci riparasse dagl'insulti del caldo e del fred-do; ci diede dei fratelli, dei buoni compagni, affinché cialleggerissimo a vicenda le pene che ci attorniano per ognidove in questa terra di esilio. Il cielo sparge su di noi i suoibenefici influssi, la terra ci dà nutrimento, pascolo e dilettoco’ suoi fiori, co’ suoi frutti ed animali, e tutto questo persola misericordia del Signore; dunque è ben giusto, è bendovere, che noi amiamo Iddio nostro Creatore e Conservato-re benefico. Siamo obbligati ad amarlo perché desso è ilnostro Redentore pietoso, che per scamparci dall'Inferno, edalla morte eterna volle egli stesso morire ingiuriato e male-detto dai giudei sopra l'infame patibolo della Croce, vollepatir tante pene, tanti tormenti insoffribili, volle versaretutto il suo preziosissimo Sangue fino all'ultima stilla pernostro amore.

Ma qui non hanno termine i benefizi stragrandi del Signo-re: ci tiene preparati altresì un'eternità di contenti, una beati-tudine senza mescolanza di mali nel santo Paradiso, serimarremo fedeli alle sue sante grazie, alle sue divine miseri-cordie fino alla morte. Eppure noi siamo insensibili a tantifavori, non amiamo Dio come conviene, e tante e tante volteabbiamo perfino la temerità di lamentarci, quando esso cimanda qualche sventura affine di provare se gli siamo fedeli.Eppure noi siamo tanto sconoscenti ed ingrati al nostro Dio,che gli voltiamo temerariamente le spalle per andar dietro allefrascherie di mondo, alle suggestioni del demonio, ed alleprave cupidigie della carne; ce ne viviamo immersi nel pecca-to, nei maledetti piaceri, senza mai ricordarci del Signore,senza mai inalzare a lui la nostra mente, i nostri affetti.

Amerete i vostri prossimi, come voi medesimi, disse Cri-sto nostro Redentore al perito della Legge. L'amor del pros-

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simo, ci è indispensabile per adempire alla legge di Dio, per-ché se non amiamo i nostri prossimi, è segno evidente, chenon amiamo neppure Iddio stesso, mentre questo è il suocomandamento principale: l'amor di Dio e l'amor del prossi-mo vanno d'accordo, e non può star l'uno senza dell'altro.Dunque se noi vogliamo poter dire di amare il Signore, biso-gna, che si ami anche il nostro prossimo, e se vogliamopoter dire di amare il nostro prossimo, lo dobbiamo aiutarene’ suoi bisogni, lo dobbiamo compatire ne’ suoi difetti, per-donarli le ingiurie, raccomandarlo al Signore, ed esercitareinsomma verso di lui tutte le opere di misericordia. Seadempi[249v.]remo questi due comandamenti siamo sicuridi far la volontà del Signore, possiamo star certi di essereveramente cristiani, perché in essi si comprende tuttaquanta la legge, e tutte le Profezie.

Finalmente Gesù Cristo per provare la sua divinitàdomanda ai farisei come la sentivano di Cristo, e di chi locredevano figliolo; ed essi gli risposero, che lo credevanofiglio di David. Egli li persuase e convinse, che era Dioinsiem col Padre, e come Dio era sempre stato ab eterno, ecome tale non avea la sua origine da Davide. Con questalezione volle provare ai giudei, che era in esso la naturadivina unita all'umana e volle prevenire la condanna dimolti eretici, che avrebbero negata con isfacciatezza la suadivinità nei secoli susseguenti. Noi, cristiani miei, per graziadel Signore, illustrati dalla divina Rivelazione, crediamoquesto gran mistero, lo conosciamo senza poterlo compren-dere, e confessiamo che il divin Verbo si è fatto Carne, si èrivestito dell'umana natura senza punto abbandonare lanatura divina; confessiamo, che Gesù Cristo è Uomo-Dio:come Dio è figlio unico dell'eterno Padre, che lo ha generato

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fino dall'eternità, come Uomo discende da Davide per lagenerazione di Maria santissima che lo concepì nelle suesacrate Viscere per opera dello Spirito Santo e lo partorì nelPresepio di Bettelemme sopra un poco di paglia; e perciòDavide lo riconosce per suo discendente secondo la Carne, elo glorifica, e lo esalta come suo Signore; predice nel Salmocitato dal Vangelo di questa mattina, che Cristo dopo averterminata la sua carriera su questa terra, ritornerà gloriosoe trionfante al Cielo, e sarà assiso alla destra del Padre, eche alla fine del mondo si farà di nuovo vedere agl'uominicircondato dagl'Angeli santi, e in gran trono di maestà daràl'ultima sua sentenza ai buoni ed ai cattivi. Allora i suoinemici, i malvagi peccatori, saranno fatti sgabello a suoipiedi, saranno cioè precipitati all'Inferno per tutta quantal'eternità, ed i buoni d'altronde li chiamerà a godere nelCielo di tutte le felicità, di tutti i contenti.

Ah! dunque, fratelli miei dilettissimi, cerchiamo di cre-dere questo gran mistero con profonda umiltà, e non di esa-minarlo; sfuggiamo la superbia e l'orgoglio dei farisei, chefacevano tali dimande a Gesù Cristo per tentarlo e sorpren-derlo, e dove non arriva la nostra ragione, la nostra capa-citàsuppliamo colla fede, poiché il nostro buon Dio si prestaai voti, alle preghiere dell'anime semplici e fedeli, che cerca-no di essere istruite, e li spiriti superbi che rigettano i suoiinsegnamenti li punisce col negarli i suoi lumi celesti, e colnon farli più sentire al cuore la sua santa voce. E sapete dadove nasce, che ai nostri tempi è quasi spenta la fede?nasce dal non volersi assoggettare alle sue ammirabili lezio-ni; ma guai [250r.] a quelli, che fuggono e temono i lumi del-l'eterne verità; saranno condannati in questa vita alle tene-bre dell'ignoranza, andranno di vizio in vizio, di peccato in

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peccato, e nell'altra vita poi cadranno in tenebre più fune-ste, e dovranno rimanersene nell'eterna morte.

Domenica 18ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù,ascendendo in una barchetta, passò il Mare di Galilea, evenne nella sua Città. Ed ecco, che gli presentarono unParalitico, che giacea in letto. E vedendo Gesù la fede diquelli, disse al Paralitico: Confida, o figlio, che ti sonorimessi i tuoi peccati. Ma alcuni degli scribi dissero dentrodi sé: Questi bestemmia. E Gesù avendo veduto i loro pen-sieri, disse: Perché pensate male nei vostri cuori? È forsepiù facile dire: Ti sono perdonati i tuoi peccati, oppure dire:Alzati, e cammina? Ma affinché sappiate che il Figlio del-l'Uomo ha la potestà in terra di rimettere i peccati, alloradice al Paralitico: Alzati, prendi il tuo letto, e vattene a casatua. Ed egli si alzò, e andò in sua casa. Vedendo poi le turbequesto prodigio temerono, e glorificarono Iddio, che diedeuna tal potestà agl'uomini: Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

Dobbiamo, fratelli miei dilettissimi, ammirare in questamattina la gran carità di nostro Signor Gesù Cristo, e lagran premura, che egli avea di guarire gli infermi, tantodalla malattia del corpo che dell'anima. Conobbe, che nellasua Città vi erano dei malati bisognosi dell'aiuto divino, esubito abbandonò la Galilea passando il Mare, per venire arender la sanità a questi infelici. O misericordia e bontàinfinita del Signore! Quando si tratta di giovare agl'uomininon risparmia fatica veruna, si espone a tutti i disastri delviaggio, e corre qual madre amorosa che veda pericolare un

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suo figlio, e solleva la miseria e le angosce dei tribolati edegl'afflitti. Perciò sull'esempio di esso siamo obbligati adaccorrere in soccorso dei nostri prossimi quando la carità lorichiede, quando si ritrovano in bisogno tanto riguardo alcorpo, quanto riguardo allo spirito, e che noi siamo in circo-stanze da poterli soccorrere ed aiutare. Ma la carità, l'amoregrandissimo di Gesù inverso dell'uomo, non si limitò sola-mente agl'abitanti di Cafarnao, si estese bensì a tutte quellecittà per dove passava, poiché dapertutto correva a sanare,a guarire infermi, ed esercitava verso tutti atti di carità, e dimisericordia. La sua carità, il suo amore non si limitò ai soliabitanti della Giudea, ma egli, che era venuto al mondo persalvare i peccatori, [250v.] egli che si era rivestito dell’uma-ne spoglie per liberarli dall'eterna morte, pensò anche a noicol lasciare nella sua Chiesa alcuni mezzi infallibili ondepotessimo riconciliarci col suo divin Padre, quando pernostra sventura ci fossimo allontanati da lui, a cagione delpeccato. Questi mezzi sono molto facili a praticarsi, sonoadattati ad ogni ceto di persone, ad ogni condizione, e nes-suno vi è, che non li possa mettere in pratica. Questi mezzisono i santissimi Sacramenti, istituiti appunto dal Signoreper perdonarci tutti quanti i nostri peccati, e per concederciin grande abbondanza tutte le sue sante grazie, per usareverso di noi le sue infinite ed ineffabili misericordie.

Dunque non dobbiamo stupire sopra i gran prodigi ope-rati in gran numero dal nostro divin Redentore nel guariregli infermi mentre conversava cogl'uomini su questa terra;ma dobbiamo ammirare bensì la sua ammirabile provviden-za, la sua misericordia infinita nel perdonare i peccati, nelloscordarsi dell'ingiurie, che tutto giorno riceve da noi scono-scenti ed ingrati peccatori; dobbiamo ammirare bensì la sua

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economia ineffabile, avendo voluto lasciare a’ suoi sacerdoti,a’ suoi ministri la potestà di rimettere i peccati. E non ve neè alcuno tanto grande ed enorme, che non possa rimettersidalla santa Chiesa cattolica, quando concorrano nel Peni-tente quelle disposizioni, che son necessarie.

E perciò, cristiani miei, non dobbiamo mai stancarci aringraziare il nostro buon Dio per un tanto benefizio accor-datoci, e non dobbiamo mai scordarci le tante offese che gliabbiamo fatte, e piangere le dobbiamo con amari singulti,con lacrime di penitenza; e perciò badate bene di non piùoffendere il vostro Signore, allontanatevi dal peccato e dalleoccasioni prossime, che vi potrebbero indurre di nuovo apeccare, altrimenti si renderebbe troppo nota, troppo mani-festa la vostra sconoscenza, la vostra malvagità.

Egli è vero purtroppo, che nella Chiesa di Gesù Cristo,di cui la Città di Cafarnao era una figura, vi sono moltissimicristiani malati di una malattia spirituale, malattia tantopiù deplorabile e tanto più difficile a guarirsi, quanto piùuno è volontariamente infangato ed immerso nel peccato; eda questa malattia dell'anima non possiamo guarire coimezzi naturali; ma abbiamo bisogno del Celeste MedicoGesù Cristo, abbiamo bisogno, che egli ci tocchi il cuorecolla sua santa grazia, e che ci faccia concepire un veropentimento dei nostri peccati. Il Signore però è semprepronto dal canto suo a farci sortire da [251r.] questa parali-sia mortale, purché noi lo vogliamo, ei se ne sta sempre abraccia aperte ad aspettare i poveri peccatori per stringerlial suo seno amoroso, per darli il bacio di pace, e per gettarsidietro le spalle tutte le loro iniquità, e se essi se ne giaccio-no sempre nel lezzo del peccato, se essi non si convertonomai al Signore, devono imputare a loro medesimi tutta la

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colpa. O perché dunque, peccatori ostinati, non volete maialzarvi dal vostro letargo, perché ve ne volete restareoppressi da una infermità, che vi condurrà sicuramente allamorte ed a una morte sempiterna nelle fiamme tormentosis-sime dell'Inferno?

Ah! quante volte il Signore si era accostato al vostro lettoper restituirvi la sanità, e voi non l'avete voluta, e voi l'aveterigettato dal vostro cuore, per andarvene dietro ai piacerimaledetti della carne, ed alle lusinghe fallaci del mondo, edel demonio? Voi l'avete costretto il vostro buon Gesù a riti-rarsi lontano, vi siete sempre abusati delle sue sante grazie,avete scialacquate le sue celesti ricchezze peggio del figliuolprodigo. Ma sappiate però, che egli vi aspetta anche unaltro poco con pazienza, egli adoprerà ancora qualche altromezzo per guarirvi dalla vostra malattia, ma poi si stancadella vostra sconoscenza, ed ingratitudine, ma poi vi diràcome disse all'empia Babilonia: “Curavimus Babilonem, etnon est sanata, derelinquamus eam”. Io ti ho curato, non tiho lasciato mancare i rimedi perché potessi guarire dallatua infermità, e tu mi hai disprezzato, non hai voluta la tuaguarigione, ed ecco che ti lascio in abbandono. O voi infelici,se siete abbandonati da Dio, o voi miseri se fate anche unaltro poco i sordi alle divine chiamate!

E se vi abbandona il Signore, ditemi, a chi mai ricorrere-te per guarire dalle infermità del peccato? E se siete abban-donati da Dio, chi mai prenderà le vostre difese? Dunque,per carità, fatevi animo e coraggio, distaccatevi una volta daquei lacci che vi tengono immersi nel fango della dissolutez-za, e lasciate operare in voi la virtù divina; allora, come ilParalitico che acceso di viva fede potè ottenere da Gesù Cri-sto la sua guarigione, così anche voi sarete guariti da tutte

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le macchie e brutture del peccato, e resterete fortificati nellavia delle virtù cristiane.

Un'altra riflessione dovete fare, cristiani miei, sopra ilsanto Vangelo di questa mattina, e dovete considerare, chenien[251v.]te resta nascosto agl'occhi di un Dio, che tuttovede, tutto scorge, tutto conosce. Avete udito come GesùCristo riprese e sgridò fortemente quegli scribi e fariseimaligni, che dentro al loro cuore pensavano e giudicavanomale di lui, lo credevano un bestemmiatore, ed un imposto-re falso. Sì, è verissimo che Dio essendo onnipotente,sapientissimo ed infinito in tutte le sue perfezioni, vede econosce non solo le nostre azioni, ma anche i più occultipensieri della nostra mente, penetra ed arriva anche nei piùremoti nascondigli del nostro cuore, ne esamina i più minu-ti movimenti, ne misura e scrutina tutti gli affetti.

Ma se ciò è vero, come è verissimo (essendo dogma, edarticolo di fede) ditemi un poco come mai potete voi passar-vela i giorni, e le notti intiere in quei maledetti pensieri cat-tivi e disonesti, in quei desideri impuri e diabolici? Se Diotutto vede, e tutto conosce, come mai potete nutrire nelvostro cuore per sì lungo tempo, per anni e anni odi, rancorie sentimenti di vendetta contro del vostro prossimo? Se Diotutto vede e tutto conosce, o perché voi pensate sempre amale dei vostri fratelli, e formate sopra di loro giudizi esospetti temerari? Si cercano luoghi remoti e nascosti perdare sfogo alle maledette passioni, ci approfittiamo delletenebre della notte per fare dei dispetti e dei danni al nostroprossimo, per derubargli la roba, per mandare a termineuna trama, un'insidia, ci andiamo lusingando, che nessunoci ha veduto, nessuno ha scoperto il nostro peccato. Come?nessuno ci ha veduto? dunque possiamo star sicuri, che

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non andrà a scoprirsi la nostra scelleraggine? Ah! miseri, ciha veduti Iddio, che quanto è paziente nel soffrire le ingiu-rie, altrettanto è severo nel punirle con rigore nell'altra vita.Se nessuno degli uomini ci ha veduti presentemente com-mettere il peccato, ci vedranno alla fine del mondo, nel gior-no dell'universale giudizio; quando tutti avremo scritto infronte il processo dei nostri delitti, e tutti potranno leggere ipeccati degl'altri; allora voi vedrete i peccati miei, che io hocommessi, ed io pure conoscerò e vedrò i peccati vostri; e, oDio, qual rossore, quale vergogna sarà mai per noi!

Ah! fratelli miei dilettissimi, se il nostro Dio dovesse cor-reggere e sgridare anche ai nostri tempi i pravi pensieri, imalvagi desideri del cuore, come fece coi farisei del Vangelo,quante forti riprensioni ci meriteremmo noi mai, che siamotanto portati alle cose terrene, senza punto pensare alSignore, al Cielo, al Paradiso, all'anima? Ma state pur sicu-ri, che se non sgrida adesso, se non riprende il nostro maloperare, sgriderà poi, ci riprenderà al punto di nostramorte, [252r.] quando ci presenteremo a lui per essere giu-dicati. Ma guardate un poco, misericordia infinita di un Dio!Ci ha voluto dare un mezzo anche per iscansare questo tre-mendo giudizio; e sapete qual è questo mezzo? È di giudi-carci da per noi stessi coll'accostarsi al Sacramento dellaPenitenza: in questo Sacramento per la virtù delle Chiavilasciate da Gesù Cristo agli Apostoli, e nella persona degliApostoli a tutti i sacerdoti, ci vengono rimessi e perdonatitutti i nostri peccati. Se mai dunque, per vostra maladisgrazia, vi sentite aggravata l'anima dalla colpa, corretesubito a nostro Signor Gesù Cristo nel Tribunale di Peniten-za, manifestate, ed accusate a’ suoi ministri le vostre man-canze con vero e sincero dolore d'averle commesse, e con

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proposito fermo e stabile di non mai più commetterle, edegli vi dirà, come disse al Paralitico: Confida, o figlio, nellamia misericordia, che ti sono perdonati li tuoi peccati: “Con-fide, fili, remittuntur tibi peccata tua”; ed allora, guariti datutte le infermità della povera anima vostra, potrete cammi-nare nella strada della perfezione, e delle sante virtù, saretecontenti e felici su questa terra, e più contenti e felici nellabeata eternità.

Per la Domenica 21ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesùdisse a’ suoi Discepoli questa parabola: Il Regno de’ cieliviene assomigliato ad un uomo Re, che volle fare i conti coni suoi servitori. Ed avendo principiato a far questi conti glifu presentato uno, che gli era debitore di diecimila talenti.Ma non avendo esso da pagare comandò il di lui padrone,che fosse venduto egli, la moglie, ed i suoi figli, e tuttoquanto avea per restarne soddisfatto. Prostrandosi a terraquel servo pregava il Padrone, dicendo: Abbi un poco dipazienza, che io ti renderò ogni cosa; ed esso ebbe miseri-cordia del servo, lo licenziò, e gli condonò tutto il debito.Uscito fuori quel servo trovò uno de suoi compagni, che glidovea cento danari, e prendendolo per la gola, gli disse:Rendimi ciò che devi. E quel misero, mettendosi in ginoc-chio, lo scongiurava, dicendo: Abbi meco un poco di pazien-za, e ti renderò quanto avanzi da me. Ma esso non volleascoltar preghiere, andò, e lo fece mettere in carcere finchénon avesse pagato il debito. Vedendo poi i di lui conserviquello che era accaduto, si contristarono grandemente, ven-nero, e raccontarono al loro padrone tutto ciò che era acca-

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duto. Allora il padrone fece venire a sé quel servo infedele, egli disse: Servo iniquo, io ti ho condona[252v.]to tutto ildebito, perché mi pregasti; e forse non dovevi anche tumuoverti a compassione del tuo conservo, come io ho avutocompassione di te? E adirato il padrone lo consegnò inmano della giustizia fintanto che non avesse scontato tuttoil debito. Così, conchiude Gesù Cristo, il mio Padre celestefarà a voi, se non perdonerete di vero cuore al vostro fratel-lo. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Quell'Uomo Re, ossia quel padre di famiglia, riportato daGesù Cristo nella parabola del santo Vangelo di questa mat-tina, è, fratelli miei dilettissimi, il nostro Signore Iddio: egli èil Re della gloria, il Dominatore supremo del Cielo e dellaTerra e di tutto quanto il creato, e noi siamo suoi servitori.Tutti gli uomini del mondo sono servi di Dio, e tutti devonrender conto a lui. E perciò in tutte le nostre azioni, dobbia-mo figurarci di essere al suo divin Tribunale, e di esser dalui interrogati, per regolare santamente la nostra vita senzapunto discostarci dalla retta osservanza dei divini Coman-damenti. Rendetegli spesso conto a Dio del vostro modo diprocedere coll'esaminare ogni tanto la vostra coscenza, ecoll'estirpare da essa tutto ciò che può dispiacere agl'occhidel Signore; poiché, non possiamo dissimularlo, bisognerà,o presto o tardi, o per forza o per amore, o in questa vita oal punto di morte, rendergli conto strettissimo di ogninostro operare, con questa sola differenza, che in questavita potremo sperimentare gl'effetti maravigliosi della suaineffabile misericordia; ma d'altronde al punto di morteandremo incontro ai tremendi rigori della sua inesorabilgiustizia. È una gran bontà del Signore l'esser sempre pron-to ad esaudir le nostre preghiere, ad accogliere i nostri voti,

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ad abbracciarci con viscere pietose di Padre, quando ci pre-sentiamo a lui contriti, ed umiliati per rendergli conto dellanostra vita nel Sacramento della Penitenza; ed è pure mise-ricordia del Signore il poter noi travagliare, ed affaticarcinella pratica delle sante virtù, per acquistar dei meriti inordine alla vita eterna.

Approfittatevi dunque in questo giorno del favore, cheesso vi concede, se provar non volete un giorno il suo rigoresenza alcuna speranza di ammenda. Accostatevi, grida l'A-postolo, ripieni di fiducia al vostro Dio, al trono di tutte legrazie, se trovar volete gli aiuti oppurtuni in ogni vostrobisogno, se volete conseguir misericordia: “Adeamus ergocum fiducia ad tronum gratiae, ut misericordiam consequa-mur, et gratiam inveniamus in auxilio opportuno”.

[253r.] Noi, fratelli miei, siamo debitori a Dio di una gransomma; gli dobbiamo altro che diecimila Talenti! Ci abbia-mo un gran conto esorbitante da rendergli, che tutto ci saràrichiesto fino a un puntino, se non procuriamo di scontarlofinché abbiam tempo, vale a dire se non lo scontiamo finchési vive, finché restiamo in questa terra di esilio. Eppure noiviviamo tanto trascurati e negligenti, ce la passiamo addor-mentati nello sfogo delle nostre malnate passioni, e nonpensiamo mai a liberarci da questo conto terribile! Di fattose rientriamo un poco in noi stessi, se esaminiamo bene lanostra coscenza, da quanti debiti non ci troviamo noi aggra-vati, debiti tutti che dobbiamo rendere al Signore? Ah! daquanti peccati ci troviamo oppressi! E pensieri cattivi nutritia bella posta dentro della mente e del cuore, e desideriimpuri e malvagi di cose proibiteci dalla legge santa di Dio edella Chiesa, e giudizi e sospetti temerari formati contro delnostro prossimo. Se esaminiamo bene la nostra coscenza,

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quante parole non ritroveremo o inutili, o indiscrete, o diso-neste, o maligne, o false, o irreligiose; quante calunnie, emormorazioni contro la fama e l'onore dei nostri fratelli? Seesaminiamo bene la nostra coscenza, quante azioni nonritroveremo tutte peccaminose, e sguardi ed opere impure, escandali dati, e cattivi insegnamenti e danni arrecati in ognimaniera alla roba altrui? E quante mancanze non abbiamocommesse intorno ai nostri doveri, e di padri, e di madri, edi figli, e di sudditi, di padroni e di servi? Anche le azionipiù buone sono state viziate per motivi storti, per fini cattivi;ci siamo abusati di tante grazie, che il Signore ci avea com-partite a larga mano, le abbiamo scialacquate peggio delfigliol prodigo; abbiamo trascurate le buone ispirazioni, irimorsi della coscenza, disprezzati i buoni esempi, le santeistruzioni, abbiamo profanati i Sacramenti, non siamo vis-suti insomma da cristiani.

Questo è quel gran debito maggiore di diecimila talenti,che dovremo rendere al Signore, o in questa vita per mezzodella penitenza, oppure al punto di nostra morte senzarimedio alcuno. Sicché atterrito il santo Davide alla vista diun tanto debito da rendersi a Dio esclamava dicendo: Nonentrate, o Signore, in giudizio col vostro servo, poiché nes-sun uomo sarà giustificato alla vostra presenza. E noi debo-li ed imperfetti, peccatori come siamo, da qual terrore nonsi dovrebbe esser compresi al solo riflettere, che dovremocomparire al Tribunale di Dio per esser giudicati, e per ren-dergli conto del debito immenso, che contratto abbiamocolla divina giustizia? [253v.] Sì, fratelli miei dilettissimi, èvero che il conto, che noi dobbiamo rendere a Dio è grandis-simo, ritrovandoci noi carichi di una infinità di peccati; maegli, vedendo la nostra insufficenza a pagarlo, si muove a

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pietà de suoi miseri servi, come fece il Re del Vangelo, se glichiediamo perdono e misericordia; egli ci condona tutto ildebito, se all'esempio di quel servidore ci prostriamo davan-ti la sua divina maestà, se gli confessiamo sinceramente, econ dolore i nostri peccati, se lo preghiamo ad aver pazienzaverso di noi, e gli promettiamo di impiegare tutto queltempo, che ancora piacerà a lui di concederci, nel suo divi-no servizio, e nel riparare i torti che gli abbiamo fatti. Loconfesso ancor io, che colle sole nostre forze naturali siamoincapaci a soddisfare per i nostri delitti, per quanto noi cipossiamo affaticare; ma Gesù Cristo, morendo con tantepene sopra della Croce, versando fino all'ultima stilla tuttoil suo preziosissimo Sangue, ha soddisfatto eccedentementeall'eterno divin Padre per tutti i peccati nostri, e non soloper i nostri, ma anche per tutti quelli del mondo, secondol'espressione dell'Evangelista san Giovanni. Dunque, offria-mo questo gran prezzo, che è tutto il Sangue di un Dio, e cisaranno rimessi senza dubbio i nostri peccati.

Avete udita la pessima condotta di quel servo iniquo,che dopo essergli stato rimesso dal padrone tutto il debito,avea preso per la gola il suo compagno, che gli dovea unasomma molto minore, e non avea voluto ascoltar le sue pre-ghiere. In questo servo ingiusto ci viene significato l'uomovendicativo, l'uomo cioè che non sa dimenticare le ingiurie,e non vuole perdonar ai nemici. Eppure ci comanda Iddio diamare i nemici, e di fare del bene a quelli che ci fanno delmale, è se noi non adempiamo a questo precetto, neppure ilSignore ci perdonerà i nostri peccati, poiché gli diciamo tuttii giorni nell'orazione del Pater noster, che ci perdoni i nostripeccati in quella guisa, che noi li perdoniamo a quelli che cihanno offeso: se dunque vogliamo vendicarci dei torti, che

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abbiamo ricevuto, e non vedete che si chiede la nostra con-danna? L'amare quelli che ci odiano, che ci fanno del male,che si sforzano per apportarci nocumento, è un atto moltodifficile, ma non è impossibile, è un atto che costa fatica,ma coll'aiuto di Dio tutto possiamo, avendocielo esso co-mandato.

L’àmare i nostri nemici è un atto eroico, che la sola leggedi Gesù Cristo ha inventato, e nessun altro Legislatore l'a-vea potuto immaginare. L'istesso Gesù Cristo ce ne ha dato[254r.] l'esempio di amare i nostri nemici, e mentre conver-sava cogli scribi e farisei, e mentre se ne stava morendosopra la Croce, allora quando pregava l'eterno Padre a per-donare a’ suoi Crocifissori. E come mai dopo tanti comandi,dopo tanti esempi di Gesù, voi potrete continuare quelle ini-micizie, quelle dissensioni, quei litigi con i vostri prossimi?E come mai dopo tanti esempi, vi monta subito il sanguealla testa, ve ne andate nelle smanie, nelle collere e nellefurie, se qualcheduno vi dice una parola un poco pungente,vi arreca una qualche ingiuria, e vomitate contro di lui unammasso di vituperi e di villanie, e mettete uno scandalo,che non finisce mai nel vicinato?

Mi diranno alcuni, io sono momentaneo, mi incattiviscosubito, ma passato lì, non è altro, subito divento buono, eperdono di vero cuore a quelli che mi hanno offeso. Ma secosì è, io vi rispondo, o perché dunque nutrite sempre unpoco di rancore verso di essi? o perché dunque quando sipresenta l'occasione ne mormorate, ne dite male? o perchédunque se gli accade qualche disgrazia, se hanno qualchedisgusto, voi ne godete nel vostro cuore? o perchédunque lisfuggite, e non li parlate? Ah! che questo è segno evidente,che voi non li avete perdonato di vero cuore per amor di

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Dio, questo è segno, che voi non fate quanto vi comanda ilSignore. Ma siccome al servo iniquo gli fu fatto pagare tuttoil debito di già condonato, perché non volle perdonare, edaver pietà al suo compagno debitore, così anche a voi Iddionon rimetterà i vostri peccati, se non li perdonate di verocuore a tutti quelli che vi hanno offeso: “Sic et Pater meuscaelestis faciet vobis, si non remiseritis unusquisque fratrisuo de cordibus vestris”.

Per la Domenica 22ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa Mattina, che i fariseiessendosi adunati in consiglio pensarono di sorprendereGesù ne’ suoi disoorsi. E gli mandano i loro discepoli insie-me cogli Erodiani affinché gli dicessero: Maestro, noi sappia-mo, che sei verace e che insegni la via di Dio nella verità, enon hai cura di alcuno, imperocché non sei accettatore dipersone: palesaci adunque il tuo parere: è egli lecito di paga-re il tributo, a Cesare o no? Gesù Cristo, conosciuta la loromalignità, disse: Perché mi tentate, o ipocriti? Mostratemiun poco la moneta del tributo. Ed essi gli presentarono unDanaro. E Gesù disse loro: Di chi è questa immagine, e que-sta soprascrizione? Gli rispondono: Di Cesare. Allora riprese:Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dioquello che è di Dio. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

[254v.] Il nostro Signor Gesù Cristo, fratelli miei dilettis-simi, era santo santissimo, e perfetto in ogni suo attributo,e infinito in ogni sua perfezione; eppur nonostante volleesser sempre calunniato e perseguitato dagli scribi e fariseimaligni, per fare intendere a noi, che in questa vita trovia-mo spesso dei calunniatori, e di quelli, che ci perseguitano e

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colle parole e coi fatti, ancorché viviamo da cristiani comerichiede il santo Vangelo; volle essere, dissi, così perseguita-to e calunniato per darci due istruzzioni molto utili, edimportanti alla nostra eterna salute: la prima è di nonlasciarci abbattere, e di non affliggerci troppo quando glialtri ci odiano, ci portano invidia e ci perseguitano, ma dob-biamo bensì farci animo, e coraggio nelle miserie e nell'an-gustie, dobbiamo soffrirle con pazienza per amor di Gesù, ein isconto dei nostri peccati, riflettendo, che se ci persegui-tano, è stato egli perseguitato prima di noi, ed ha soffertosenza mai aprir bocca, come un paziente Agnellino, che ècondotto al macello, riflettendo che se noi stiamo male inquesta vita, se ci vengono fatte dell'ingiurie, staremo meglionel santo Paradiso, dove saremo ricompensati di tutti i tra-vagli, di tutte le fatiche; e questa è la seconda istruzione.

Peraltro queste lezioni maravigliose del Salvatore sonomale osservate dalla maggior parte dei cristiani, poichéquando noi siamo inimicati, quando riceviamo dei torti, cilasciamo troppo sorprendere dall'afflizione, e tante e tantevolte ci lasciamo anche trasportare dalla collera, e dal malumore, che si risente contro dei nostri fratelli. Se mai civien detto che altri ha mormorato di noi, che ha palesatoqualche nostro difetto, la prima cosa che facciamo, è diinformarci chi sia stato quel tale. Insensati, che noi siamo!E non sarebbe per noi più vantaggioso il non saperlo, il pro-curare anzi di non venirne mai in cognizione per evitare dauna parte la tentazione della vendetta, e dall'altra per nonfarci un nemico irreconciliabile? Eppure l'avrete forse ancheprovato; e non state meglio di anima e dì corpo quando vive-te in pace con tutti? Allora ve ne state quieti e tranquilli,siete veduti di buon occhio, e non avete alcuno stimolo, che

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vi rimorda la coscenza. Sapete piuttosto quello, che dovetefare, quando si dice male di voi? Dove[255r.]te esaminarbene il vostro interno per vedere se è vero quello che diconodi voi, e se è vero dovete procurar di correggervi, e di umi-liarvi davanti al Signore; dovete offerirgliela in sconto de’vostri peccati. La maniera di mantener la pace cogl'uomini èdi non essere permalosi, e di procurare di star lontani dalleoffese dei nostri prossimi, o in parole o in azioni, e di soffrircon pazienza le persone moleste. Amate dunque i vostriprossimi e sfuggirete tutto ciò che può offenderli e disgu-starli. Riconoscete i vostri difetti, la vostra debolezza, edallora vi lamenterete a torto delle ingiurie, delle offese, chevi vengono fatte.

Gli scribi ed i farisei, per confondere Gesù Cristo e perrenderlo odioso al popolo ed alle autorità costituite, lo inter-rogano se si debba pagare il censo all'Imperatore Romano,che si era già impadronito della Giudea, e prima di tutto lolodano per sapiente e per amante della verità. Ma essoseppe conoscere e scoprire i loro pravi disegni, e li rispose diuna maniera, che non ardirono di più interrogarlo. Li disseche doveano a Cesare il dazio imposto, e che doveano a Diotutto quello che era di Dio. Erano pure stolti i farisei! Si cre-devano, che Gesù Cristo fosse come gli uomini, che si muo-vono dalle lodi e dagl'onori, che li vengono fatti, ed anchemoltissime volte per umani rispetti, per un poco di vanastima, e di riputazione mal intesa, tradiscono la lorocoscenza, trascurano i loro doveri, e si dannano l'anima. Ecome mai si potevano credere ciò, se confessarono di pro-pria bocca, che egli era amante della verità, e che non accet-tava persone? Erano accecati dalla passione, erano pieni diinvidia contro di esso, e tanto basta per capire la loro scoe-

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renza, e la loro dappocaggine; perché quando l'uomo silascia dominare dai moti disordinati dell'appetito sensitivo,non bada più a quello che fa, a quello che dice, e si abbassafino alla vil condizione dei bruti privi di ragione e di senno.

Gesù Cristo parlando in tal maniera ai farisei volle dareanche a noi questa importante lezione, e volle farci intende-re, che siamo obbligati a pagare al nostro sovrano quelloche gli si perviene come nostro capo, come il primo delloStato, a cui spetta fare eseguir la giustizia, a mantener lapace fra di noi ed a ricercare la tranquillità ed il benesseredei sudditi. Dunque noi siamo obbligati [255v.] a pagar leGabelle, i dazi, ed i tributi, che ci vengono imposti da chi cipresiede, siamo obbligati ad obbedire a tutte le leggi delPrincipe, e lo dobbiamo onorare, rispettare ed amare; e tuttequeste cose dobbiamo farle non solo per il timore di esserepuniti da esso, ma anche perché siamo obbligati in coscen-za, come ci insegna l'Apostolo san Paolo: “Ideo necessitatesubditi non solum propter iram, sed etiam propter conscien-tiam”. Perciò non hanno ragione questi spiriti rivoltosi, que-sti liberali, che cercano tutti i mezzi per scuotere il giogodella soggezione, che fanno tutti gli sforzi possibili per getta-re a terra i legittimi sovrani, e poi per abbattere la nostrasanta religione. Sicché quando mai vi girassero attorno que-sti begli spiriti del giorno, badate bene di non darli retta,mantenetevi fedeli a’ vostri superiori, e vi tornerà megliotanto negli affari temporali che spirituali. “Reddite ergoquae sunt Caesaris, Caesari”. Rendete a ciascuno quello chegli dovete per giustizia, come vi impone la natura, la rettaragione, e Dio: rendete ai creditori i debiti, che avete conessi, ai vostri maggiori rendeteli onore, obbedienza e rispet-to, e se mai avete danneggiati i vostri prossimi nella roba,

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siete obbligati a restituirli quanto li avete rubato; e nonimporta l'aver rubato poco per volta, l'aver rubato per esem-pio ora un poco di uva, ora un cocomero, ora altri frutti,altre cose, poiché quando siete arrivati a somma grave, amateria notabile, vi corre un grave obbligo di restituire aipropri padroni tutto quanto ingiustamente gli avete tolto.Rendete l'onore e la fama, a quei miseri, a’ quali voi gliel'a-vete tolta colle vostre calunnie, colle vostre mormorazioni,coi vostri cattivi trattamenti: “Reddite ergo, quae sunt Cae-saris Caesari”.

Finalmente vi comanda il Signore di rendere a Dio, quel-lo che è di Dio. Il vostro corpo è fattura del Signore, dunquedovete impiegarlo nel suo divino servizio, dovete offrirglieloin perpetuo olocausto, e badar bene di farlo strumento dipeccati. L'anima vostra è stata creata ad immagine e simili-tudine di Dio, vi è stata infusa da esso, dunque la dovete alui consacrare, la dovete a lui rendere, affine di restare glo-rificati nel santo Paradiso. Insomma tutto ciò che avete,tutto ciò che siete lo dovete al Signore, perché [256r.] Egli velo ha concesso, e ve lo conserva con ammirabile provviden-za, e da voi altro non chiede, che di essere corrisposto, altroda voi non ricerca, che di essere amato sopra tutte le cose.Vedete dunque quanto male fanno quei tali, che invece didarsi tutti al Signore, si danno in braccio al demonio, sidanno in preda al vizio e si precipitano senza accorgersenenel baratro della miseria, nell'eterna dannazione? Ah! cri-stiani miei, procuriamo di imitare le anime sante, che finodalla fanciullezza si consacrarono intieramente a Dio, edisprezzarono le vane lusinghe del mondo,e della carne, edallora potremo esser certi di incontrare il genio del Signore:“Reddite quae sunt Dei, Deo”.

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Per la Domenica 23ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesùparlando in quel tempo alle turbe, ecco, che un Principe siaccostò, e lo adorava, dicendo; Signore, la mia figlia ora èmorta: ma vieni, imponi la tua mano sopra di essa, e vivrà.E Gesù alzandosi lo seguiva con i suoi Discepoli. Ed ecco,che una Donna, la quale soffriva da dodici anni il flusso disangue, si accostò di dietro e toccò il lembo della di luiveste. Imperocché dentro a sé diceva: Se toccherò soltanto ildi lui vestimento, sarò sanata. Ma Gesù voltandosi, e veden-do quella, disse: Confida, o figlia, la tua fede ti ha fattosalva. Ed in quell'ora fu sanata la donna. E Gesù essendoarrivato alla casa del Principe ed avendo veduto quelli chesonavano, e la turba tumultuante, diceva: Allontanatevi,perché non è morta la fanciulla, ma dorme. Ed essi lo deri-devano. E quando fu scacciata la turba, entrò, e la preseper la mano. E la fanciulla si alzò. E la fama di questo pro-digio si sparse in tutto quel paese. Fin qui l'odierno sacro-santo Vangelo.

Dobbiamo in questa mattina, fratelli miei dilettissimi,considerare ed ammirare questi due gran miracoli operatida nostro Signor Gesù Cristo, e la guarigione meravigliosadella donna, che soffriva da tanti anni la perdita del sangue,ed il risorgimento della fanciulla morta figlia di questo Prin-cipe della Sinagoga. Ma siccome tutte le opere stupende delSalvatore furono operate a nostro vantaggio, perché ci ser-vissero di regola e di norma in tutte le azioni, bisogna consi-derare in esse il senso morale, che significano, onde semprerilevar possiamo un qualche buono pensiero proficuo e van-taggioso alla nostra eterna salute. Nella Donna guarita dal

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flusso dove[256v.]te considerare il peccatore infangato edimmerso nel maledetto vizio della impurità e della lascivia;vizio, che dà la morte al corpo e all'anima; vizio, che si èreso comune a tutti gli uomini in questi tempi disgraziati edinfelici, e che tira dietro a sé tanti altri vizi; vizio, che reseun Sansone debole di uomo fortissimo che egli era, unDavid di santo lo rese omicida e spietato, un Salomonesanto sapiente ed accorto lo fece idolatra, ed i Vecchioni,calunniatori della casta Susanna.

Quella Donna malata erano dodici anni da che aveaprincipiato a soffrire del flusso di sangue, tutti i rimedi daessa adoprati erano stati inutili, e vani, e la sola virtù diGesù Cristo mossa dalla viva fede di quella misera potè libe-rarla da una tanta malattia. Così il vizio della impurità èquello che resta più attaccato di tutti gl'altri, è quello chetiene per anni ed anni inferme le povere anime nostre, ed èil più difficile a guarirsi, il più ostinato a liberarsene. Leafflizioni, la perdita dei beni e delle dignità, le disgrazie didiversi generi, che spessissimo ci correggono dalle altre pas-sioni, che spessissimo ci fanno ravvedere, ed appigliare auna vita migliore, poco o niente ci emendano dalle impuritàvergognose. Queste disonestà sono proprie di tutti gli stati,sono una passione, che da per tutto ci accompagna, e ciseguita, si nasconde perfino a sé stessa, e l'impotenza disoddisfarla punto non la distrugge. Questo fuoco infernalesi nasconde fra le rughe ancora della vecchiezza, e nonpotendo più imbarazzare i sensi, si sforza di dilettare lamemoria e l'immaginazione. Questo vizio maledetto dispiaceinfinitamente alla Santissima Trinità, perché deforma edimbratta l'anima nostra creata ad immagine e similitudinedi Dio Padre, perché dà la morte all'anima nostra redenta

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con tutto il Sangue di Gesù Cristo nostro Salvatore, perchédeforma il nostro corpo fatto vivo tempio dello Spirito Santoper mezzo del Battesimo. Questo vizio mostruoso dellaimpurità è stato quello, che sommerse quasi tutta l'umanastirpe nelle acque dell'universale diluvio, quello che fece pio-vere dal Cielo fuoco divoratore sopra Sodoma e Gomorra,quello fu che colpì di morte improvvisa molte altre persone,e le precipitò ad ardere eternamente nell'Inferno.

Vi può esser dunque altra malattia più deplorabile, piùschifosa di questa della disonestà, di cui la Donna guaritanel santo Vangelo di questa mattina ne era una figura? Cri-stiani miei, e qui fra noi ve ne saranno di questi malati? Ah!ve ne sono purtroppo, che scherzando colle loro passioni,condannano ad una morte certa ed eterna e l'anima e ilcorpo, che accarezzando il [257r.] proprio corpo, lo fannolegna per l'Inferno, che seminando carne, raccoglierannofrutti di carne, vale a dire l'eterna corruzione, che vivendoinsomma sepolti nel peccato e nei piaceri del senso spire-ranno l'anima loro in braccio al demonio. Ditemi un pò, edove anderanno questi tali per esser guariti da una malattiasì perniciosa, e quali rimedi adopreranno? Il solo rimedioefficace alla loro guarigione, è di ricorrere al celeste Medico,a Gesù.

Siccome questa Donna mentovata più sopra avea ricorsoinutilmente alle medicine senza mai poter guarire dalla suamalattia, e non fu risanata se non quando ricorse accesa diviva fede a Gesù Cristo, così quelli che sono malati di que-sta malattia spirituale della disonestà, non potranno esserguariti se non hanno ricorso al Signore per mezzo dellamortificazione, e dell'orazione. Gesù Cristo solo li può libe-rare da tutti questi mali, che li opprimono l'anima, che li

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condurranno sicuramente alla morte, se non se ne liberano.Gli uomini su di ciò niente possono per sé stessi senza ilsoccorso della grazia divina, senza gli ajuti della religione.La filosofia si vanta di saper rimediare ai mali dell'anima,ma ella non sa guarire un male senza un altro male contra-rio, e più funesto, essa non sa reprimere una passionesenza opporgli un'altra passione. La religione soltanto puòporre riparo ai mali spirituali, che sono i peccati; ella solaha la forza di reprimer le passioni, per i precetti che detta,per i consigli che dà, per i doveri che impone, per i grandiesempi che ci presenta, per i sentimenti che ispira, per gliinteressi grandi che ci offre, e finalmente per i moltissimisoccorsi, che ci somministra.

Il nostro Signor Gesù Cristo va di prodigio in prodigio;appena ebbe guarita questa donna, si incammina alla casadel Principe per risuscitare la di lui figlia, che era morta; edivi giunto fa ritirare tutte le persone, che vi erano accorse.In questa fanciulla morta, dobbiamo considerare l'anima,che si ritrova in peccato mortale: voi ben sapete, che questopeccato dà la morte all'anima, la priva della grazia di Dio, ela fa rea dell'inferno. Il peccato mortale ci fa perdere in untratto tutto il merito, che acquistato avevamo per le buoneopere da noi fatte, ci fa diventare nemici del Signore, ed atti-ra su di noi i castighi e le disgrazie, che per esso ci siamomeritate. Per risuscitare quest'anima così miseramentemorta alla grazia di Dio per cagione del peccato, ci è biso-gno, che esso venga co’ suoi divini soccorsi, che la scuotadal letargo di morte, in cui sen giace, che la muova a ravve-dimento sincero colle sue interne ispirazioni, e la strappiuna volta da quei lacci, che la tengono avvinta [257v.] inseno al demonio. La maniera usata da nostro Signore nel

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risuscitare la fanciulla morta, insegna a tutti noi come fardobbiamo per risorgere dal peccato, e per ritornare nell'ami-cizia di Dio. Bisogna dunque principiare a ritirarsi dalle dis-sipazioni, dai divertimenti e dai piaceri, che distruggono l'a-nima, e l'allontanano dal pensiero della propria salute. Que-sti sono legami, che bisogna romperli, per rendergli lalibertà di ritornare a Dio.

Bisogna allontanarsi dal mondo, e se non ce ne possiamoliberare del tutto, bisogna distaccarne il cuore, altrimentinon sarà mai verace la nostra conversione. Bisogna farsi unasolitudine nel mezzo al mondo, bisogna fuggire le sue con-versazioni pericolose, rinunziare a’ suoi divertimenti, starlontani dalle sue illusioni, che ci privano dei beni spirituali.Se l'anima non abbandona le mondane dissipazioni, i grandimotivi della religione non gli toccheranno punto il cuore, nonla consoleranno le promesse di Dio, non la spaventeranno lesue minacce. Ma appena avrà abbandonato tutte le vanitàdella terra, e si sarà messa a considerare il suo ultimo fine,che è Dio, allora vedrà chiaramente le sue macchie, la suadeformità, la sua disgrazia, in cui si ritrova dopo il peccato,vedrà sopra la sua testa pendente la vendetta celeste prontaa percuoterla; e sotto a’ suoi piedi l'abisso spalancato peringoiarla. Ella scorgerà da una parte la divina giustizia, cheinalza il braccio per percuoterla, e dall'altra la divina miseri-cordia, che gli stende le mani per abbracciarla. Ella vedràGesù Cristo tutto pietoso per salvarla e nel medesimo tempopronto a divenir suo giudice per condannarla, se ne restaostinata. Nel mentre che si aprono i suoi occhi al lume cele-ste, che gli risplende, il suo cuore ora si apre alla speranza eal terrore, che gli fanno entrare il pentimento de’ suoi tra-scorsi, e gli fanno meritare il perdono.

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Dunque, peccatori, peccatrici, se mai qui siete, abban-donate in quest'istante tutte quelle occasioni, che vi tengo-no addormentati nel peccato, fuggite il mondo ed i tumultidelle passioni, se volete risuscitare alla grazia di Dio, sevolete che questo Dio medesimo vi prenda per la mano, e viliberi dallo stato di eterna morte. Ma se volete che il Signorevi risusciti l'anima, bisogna che lasciate andare quelle prati-che cattive, quelle tresche peccaminose, quei compagni stol-ti, che fanno tutti gli sforzi possibili per rovinarvi, che aguisa dei sonatori nella casa del Principe della Sinagoga cer-cano di distrarvi coi loro pazzi divertimenti e di allontanarvidalla meditazione delle massime eterne. Ah! purtroppo èvero, che tanti cristiani traviati non si convertono mai alSignore, non abbandonano mai il peccato, perché temono lederisioni dei mondani, perché li rincresce di abbandonarequei cattivi compagni, che con i loro pravi insegnamenti lihanno precipitati nel colmo della miseria, nella massimadelle disgrazie, e li hanno incamminati nella strada dell'In-ferno. Eh via! una volta vincete [258r.] da forti e coraggiositutti i nemici, che si oppongono alla vostra eterna salute,sfuggite tutto ciò che vi allontana dal far ritorno al Signorevostro Dio tutto bontà, e tutto misericordia per voi, ascolta-te la sua santa voce, che si fa sentire al cuore, perchélasciate finalmente il peccato e l'affetto al peccato, ed alloracosì risusciterete da questa morte spirituale, che vi facevagemere e sospirare lontani dal sommo bene, e accostatevitutti accesi di carità, penetrati da un vero dolore dei vostrifalli, alla santa Comunione, per ottenere da Gesù Medicodelle anime vostre tutte quelle grazie, tutti quelli aiuti che visono necessari, per mantenervi fedeli a Dio in tutto il tempodi vostra vita, e per essere poi coronati nel santo Paradiso.

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Domenica 3ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù,essendo disceso dal monte, lo seguiva una gran turba dipersone; e un lebbroso venendo a lui l'adorava dicendogli:Signore, se voi volete, potete mondarmi. Gesù stendendo lamano lo tocca, e gli dice: Lo voglio, si guarito; e nel medesi-mo istante fu guarito dalla lebbra. Allora Gesù gli disse:Bada bene di non raccontare ad alcuno questo prodigio: mavai, presentati al sacerdote, e offri il dono prescritto daMosé, affinché questo serva di testimonianza. Gesù essendoentrato in Cafarnao, un Centurione lo andò a trovare e lopregava così: Signore, il mio servo è malato di paralisianella mia casa, e soffre estremamente. Gesù gli disse:Anderò, e lo guarirò. Ma il Centurione gli rispose: Signore,io non son degno, che voi entriate nella mia casa; ma ditesolamente una parola e il mio servo sarà sanato. Poichésebbene io sia un uomo sottoposto agli altri, avendo peròdei soldati sotto di me; io dico all'uno vai là, ed esso ci va,ed all'altro vien qui, ed esso viene, al mio servitore, fai que-sta cosa, ed esso la fa. Gesù Cristo sentendo queste parolesi ammirò, e disse a quelli che lo seguivano: In verità io vidico che non ho trovata tanta fede in Israello. Così io vidichiaro, che molti verranno dall'Oriente, e dall'Occidente, eavranno luogo nel regno de’ Cieli con Abramo, Isacco, e Gia-cobbe: ma che i figli del Regno saranno gettati nelle tenebreesteriori: dove faranno i pianti, e lo stridore dei denti. AlloraGesù disse al Centurione: Vai, e ti sia fatto come hai credu-to. E il suo servitore fu guarito alla medesima ora. Fin quil'odierno sacrosanto Vangelo.

Molte riflessioni morali vi sarebbero da fare, fratelli miei

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dilettissimi, sopra il Vangelo di questa mattina; ma permaggior brevità voglio, che tre sole ve ne facciate, che credomolto utili e vantaggiose per l'anime vostre. In primo luogodovete riflettere, che per ottenere delle grazie da Dio bisognaaccostarsi a lui pieni di viva fede, come fece il lebbrosopoc'anzi mentovato, e chiedergli quanto ci fa [258v.] di biso-gno tanto per l'anima, che per il corpo; bisogna accostarsi alui ripieni ancora di grande umiltà, riputandoci indegni distare alla sua divina presenza tanto poveri e meschini comesiamo, incapaci da per noi a fare qualche cosa di buonosenza il soccorso delle sue sante grazie; ed egli tutto pienodi bontà e di misericordia per noi, egli che esaudisce le pre-ghiere degli umili e resiste ai superbi, ci consolerà nellenostre afflizioni, ci provvederà di tutto il necessario, e spar-gerà in gran copia sopra di noi le sue celesti benedizioni. Ilnostro Signor Gesù Cristo dappertutto dove passava guari-va gli infermi, consigliava i dubbiosi, ed operava a prò deipopoli di gran prodigi.

Questo suo impegno, che avea di rendere la salute delcorpo ai malati, era un saggio, una testimonianza della suagran premura, del suo unico pensiero di guarire le animemalate ed inferme a cagion del peccato. A questo scopo siera fatto Uomo, era disceso dal Cielo in terra, avea presocarne umana nel ventre purissimo di Maria sempre Vergine,si era assoggettato a tutte le miserie, che sono proprie del-l'uomo peccatore, ed a questo solo scopo volea finire la suavita sopra l'infame legno della Croce oltraggiato e maledettodai giudei. Perciò non ci deve recare maraviglia alcuna,quando ci mettiamo a considerare, che un Dio onnipotente,felice in se stesso, infinito in ogni perfezione, abbia avutotanta premura per l'uomo, l'abbia amato, sto per dire, più di

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sé stesso, e per l'amore grande che gli portava non abbiarisparmiato e fatica veruna, e che si sia perfino sottopostoalla morte la più spietata, la più ignominiosa. Dobbiamoammirare piuttosto, e compiangere la stoltezza e la cecitànostra, che ritrovandoci aggravati da tante miserie, circon-dati da tanti pericoli, carichi di una infinità di peccati, nonfacciamo mai ricorso al Signore, non ci raccomandiamo maia lui, che ha tanta premura dell'anima nostra per essere e-sauditi, ed aiutati nelle proprie necessità!

O voi, che vi trovate l'anima imbrattata ed immersa nelfango di ogni colpa, che siete agitati dalle tentazioni, daglistimoli della carne e del demonio, che siete perduti nei pazzidivertimenti del mondo, che non avete pace, né riposo per iforti rimorsi della rea coscienza, che siete circondati dalledisgrazie e dalle afflizioni, che vi fanno passare i giorni divostra vita nell'amarezza e nel duolo, perché dunque nonfate come il lebbroso, perché dunque pentiti ed umiliati nonricorrete al Signore, perché dunque accesi di viva fede e dauna ferma speranza di ottenere quanto dimandate, non vimettete mai a pregarlo, che vi liberi da questi mali? Se vole-te delle grazie, bisogna chiederle a Dio, e [259r.] se sietesempre poveri, e deboli nelle sante virtù, questo deriva per-ché non lo pregate come conviene.

La seconda riflessione, che far dovete sopra le parole delsanto Vangelo, è questa: che siccome il Centurione appenavide ammalato il suo servitore si portò in gran fretta davantia Gesù Cristo, e lo pregò umilmente a voler guarirlo, cosìvoi, che avete dei sottoposti, dovete prendervi gran premuraaffinché essi vivano da cristiani secondo la legge santa diDio, e che siano liberati dal peccato e dai vizi, malattie fune-ste e mortali dell'anima. Questo è un dovere, è un obbligo

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che vi incombe, che gravita sopra la vostra coscenza, e nonvi potete mancare, non potete trascurarlo senza farvi rei dipeccato innanzi a Dio. E specialmente voi altri, padri emadri, procurate con gran cautela che vivano bene i vostrifigliuoli, che abbiano il santo timor di Dio, e che si avvezzinofino da bambini ad essere rispettosi ed obbedienti a voi, e atutti i loro superiori; insegnateli le orazioni e la Dottrina cri-stiana, accompagnateli alla Chiesa da per voi, e non ce limandate con altri ragazzi a farvi del chiasso, ma procurateche vi stiano con devozione come richiede il luogo santo, lacasa di Dio; fateli accostare spesso ai santissimi Sacramentiper tenerli più facilmente lontani dal peccato, e quandovedete che fanno male, sgridateli, correggeteli, ammoniteliprima con buone parole, poi anche colla sferza. E se maianche questo non giovasse, ed i vostri figli, i vostri garzoni, ivostri servi seguitassero ad essere scapestrati e capricciosi,allora ricorrete al Signore, ditegli, che i vostri sottopostisono malati nell'anima, che i vostri rimedi non hanno giova-to, e che perciò stenda sopra di essi la sua santa mano, lirisani dalla loro malattia, e li faccia camminare nella stradade suoi santi comandamenti.

Ma invece di diportarsi in tal maniera, vi sono tanti padrie tante madri che lasciano vivere come vogliono i loro figli, enon si curano punto che siano buoni, che siano amanti del-l'onestà, e non si curano punto di guarirli da tanti mali, cheli opprimono l'anima, e che sicuramente li condurrannoall'Inferno, se non vi pongono rimedio: vi sono tanti padri etante madri, che gettano a’ loro figli la briglia sul collo e lilasciano vivere alla peggio secondo li dettano la corrottanatura e le sfrenate passioni; vi sono tante madri, che quan-do i loro figli si scompinzano con altri, quando gli toccano

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questi figli anche per un capello a cagione di qualche male-stro fatto, subito saltan fuori come tante furie infernali, dico-no un ammasso di vituperi e di villanie a quelli che glielihanno toccati, si trattano di tutti i titoli, mettono il diavolonel vicinato, fanno uno scandalo, che non finisce mai, e cosìdanno il gallo ai [259v.] loro figli, li insegnano male, li fannodiventare cattivi prima del tempo, li rovinano insomma quel-l'anima datagli da Dio, creata a sua immagine e similitudine.Ma guai a quelli superiori, che fanno così coi loro sudditi! siapparecchiano un gran conto terribile da rendersi al tribu-nale del giudice Supremo, hanno rinnegata la fede, per ser-virmi dell'opinione dell'apostolo san Paolo, e sono peggioridegl'infedeli: “Qui suorum, et maxime domesticorum curamnon habet, fidem negavit, et est infideli deterior”.

Finalmente sopra l'ammirazione di Gesù Cristo, che fecedella gran fede di questo centurione, e sopra quel che dissealle turbe, che lo seguivano, dovete riflettere, che questodono grandissimo della fede fattoci gratuitamente da Dio, lopossiamo perdere per nostra sventura, se non conformere-mo la nostra vita a quella fede che si professò nel santo Bat-tesimo, e che professiamo di tenere anche adesso. I giudeine sono una prova convincentissima; essi erano il popoloeletto dal Signore, aveano da lui ricevuto un'infinità di gra-zie segnalate, erano stati amati da lui con amor singolare, apreferenza delle altre nazioni; ma a cagione della loro osti-natezza, della loro perfidia, perché non vollero ricevere ilFigliuolo di Dio, e vollero rimanersene nelle sfrenatezze dellacarne, della superbia e dell'orgoglio, furono abbandonati alloro reprobo senso, ed entrarono i Gentili, e li tolsero ilposto, che aveano nel regno di Dio. Così anche voi, se nonrenderete frutti di vita eterna, se non vivrete come comanda

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il Signore, se resterete ostinati nel vostro peccato, chi lo sa,che non siate esclusi dal grembo di santa madre Chiesa...in cui soltanto si può conseguire la eterna salute, in cuiaveste la bella sorte di nascere a preferenza di tanti altri,che nacquero in seno all'eresia, oppure all'infedeltà?

Lo ha detto Cristo nostro Signore, che verranno dall'O-riente e dall'Occidente nella cognizione del vero Dio, nellaProfessione della religione cattolica, e quelli, che vi sono di giàne saranno allontanati. Mirate la disgraziata Inghilterra; dopoche vi ebbe predicata la fede il di lei Apostolo Agostino simantenne per più secoli fedele ed obbediente alla religionecattolica, ed in quel tempo fioriva in gran santità, era prospe-rata anche di più, che non è adesso nei beni di fortuna, erainsomma un Regno felice; ma appena ebbe scosso il giogosoave della vera Dottrina, decadde dallo stato florido, in chesi trovava, appena si diede in braccio alle passioni, allo spiritoprivato, al proprio capriccio, fu allontanata dalla vera Chiesa,perse quel posto, che vi avea preso da tanto tempo, ed ora lamisera, se ne vive divisa in un'im[260v.]mensità di Sette frasé distinte, che tutte professano una qualche nuova Dottrinadifformata, e contraria alla verità; ora si trova circondatadalle tenebre dell'errore e della menzogna. E quando riflettoai progressi grandissimi, che fa la religione nostra cattolica enell'America e nell'Oceania, ed in altre parti degl'infedeli, peruna parte me ne gode l'animo, mi rallegro perché questi ven-gano alla cognizione del vero Dio, e siano fatti degni dell'eter-na salute; ma dall'altra io mi rattristo, e temo che questa reli-gione santissima, questa dottrina vera venga tolta a noi, e siadata ad altri, che riportano maggior frutto. E con ragione, fra-telli miei, ci è da temere perché vediamo purtroppo, che i cri-stiani di oggigiorno non vivono più da cristiani, perché vedia-

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mo dominare la miscredenza e l'irreligiosità, ed i dogmi piùsacrosanti sono disprezzati e guardati come cose indifferenti;perché vediamo regnare il vizio ed il mal costume tanto neiGiovani, come nei Vecchi, ed il vizio si è tanto inoltrato fra dinoi, che si è quasi convertito in natura. Ah! dunque cristianimiei dilettissimi, temiamo davvero, che ci venga tolto questodono prezioso della vera fede a cagione dei nostri peccati, chesono senza numero, temiamo, e questo timore ci faccia starepiù avvertiti, e circospetti nell'adempimento dei nostri doveri,ci faccia scansare tutti i pericoli e tutte le occasioni, cheallontanare ci potrebbero dal conseguir l'eterna nostra salute.

Per la Domenica 4ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesù inquel tempo entrò in una barca in compagnia de’ suoi Disce-poli. E subito si levò una gran tempesta, che la barca eraricoperta dai flutti, e in quel mentre esso dormiva. Allora isuoi Discepoli si accostarono a lui, e lo svegliarono dicendo-gli: Signore, salvateci, noi si affoga. Gesù li rispose: Perchétemete, o uomini di poca fede? Ed alzandosi nel medesimotempo comandò ai venti, e al mare, che si acquietassero, eritornò una gran calma. Allora quelli che erano presentifurono sorpresi da una gran maraviglia, e dicevano: Chi èquesti, a cui obbediscono i venti, ed il mare? Fin qui l'odier-no sacrosanto Vangelo.

I santi Apostoli allora quando videro ingrossare il Mare,e che la tempesta era vicina a sommergerli sotto delleacque, si spaventarono grandemente, svegliarono il Signore,che dormiva nella barca dicendogli: Salvateci, o Signore,perché altrimenti andiamo al fondo. Ma che cosa potevano

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essi temere, se aveano in compagnia Gesù Cristo, che seb-bene dormisse pure conoscea e vedea il frangente, in che sitrovavano? Questi Apostoli non erano peranche confermatinella fede, non erano peranche illustrati pienamente dalloSpirito Santo, perciò non [260v.] aveano quella gran fiduciain Gesù Cristo, come la ebbero dopo aver ricevuta la Missio-ne per tutto il mondo per annunziare alle genti il santo Van-gelo, l'eterne verità, e liberarle dalla tirannia del demonio.

Il nostro divin Redentore si addormentò, e volle esseresvegliato da’ suoi Discepoli con quelle parole: “Salvateci,Signore, altrimenti ci perdiamo”, per insegnare a noi la manie-ra di ricorrere a lui quando ci assalgono le tentazioni delnemico Infernale, quando le passioni disordinate e la carne cistimolano ad andar dietro ai loro sfoghi e maledetti piaceri.Moltissime volte al giorno noi cadiamo in un'infinità di pecca-ti, perché viviamo troppo dimentichi del nostro ultimo fine,che è Dio, perché siamo troppo negligenti sopra il grandeaffare di nostra salute, non abbiamo punta premura dellapovera anima nostra, e viviamo come se fossimo stati creatiper questa terra, per queste cose caduche e transitorie delmondo; perché quando ci premono e ci incalzano le tempestedel Mar burrascoso, di questo luogo di esilio, non gridiamo alSignore: Salvateci, che ce ne andiamo in perdizione?

Finché noi, cristiani miei, siamo vestiti di questa corrot-ta natura, e stiamo lontani dalla nostra Patria, che è nelCielo, non possiamo fare a meno di essere agitati da tanteprocelle, da tante passioni, che ci circondano per ogni dove;ma se noi avessimo una fede veramente viva ed operativa,niente ci potrebbero nuocere, e se noi ci raccomandassimoa Dio, come fecero gl'Apostoli, quando erano in procinto diaffogare, e si facessero tutti gli sforzi possìbili per non

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acconsentire mai al peccato, si potrebbe acquistarci moltis-simi meriti appresso Dio, e quelle stesse passioni congiuratealla nostra rovina se li diamo retta, servir ci potrebbero aformar la nostra corona col combatterle incessantemente. Eperò quando vi sentite mancar la fede, quando sentite man-carvi il coraggio nelle tentazioni, pregate il Signore, che visalvi l'anima da questi pericoli, poiché egli ha la potestà dicomandare al Mare ed ai venti, che cessino una volta diangustiarvi, e che vi lascino in calma; pregatelo, che vengain vostro soccorso, e subito resteranno debellati i vostrinemici, subito si calmeranno i flutti tempestosi, che vi agi-tano, e l'anima vostra godrà di una pace indicibile, che innessuna maniera può dare il mondo corrotto.

Bisogna peraltro guardarsi di non star troppo sicuri,quando ci sembra di vivere in pace, di star quieti in coscen-za, e di non essere afflitti dalle tentazioni, perché da unmomento ad un altro si potrebbe cadere in mille miserie;dopo le consolazioni celesti potrebbero tornare i nostrinemici a tentarci, e ci potrebbero mandare in rovina, men-tre sappiamo dal santo Giobbe che la vita dell'uomo è unacontinua guerra in questo mondo: “Militia est vita hominissuper terram”. Sicché dunque dobbiamo star sempre bene[261r.] avvertiti, e circospetti sopra di noi stessi per timore dinon essere sorpresi dall’infernale Dragone, che sempre si rag-gira all'intorno degl'incauti e spensierati cristiani per divorar-li, e strascinarli all'Inferno; dobbiamo combattere da forti ecoraggiosi contro delle passioni, che cercano di sorprenderci,e tirarci dentro ai piaceri del senso, confidati nella divinamisericordia, nella divina bontà del Signore, riconoscendocideboli ed incapaci da per noi a fare qualche cosa di bene. Per-ché mai ai giorni nostri domina tanto il vizio ed il mal costu-

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me? Perché la maggior parte degl'uomini non vivono da ani-mali ragionevoli, ma da bestie? Perché sono dediti alle impu-rità vergognose, alle crapule, alle ubriachezze, ai giochi peri-colosi? Perché mai ai giorni nostri non si fanno, che ruberie,ladrocini, bestemmie, imprecazioni, risse, mormorazioni ecalunnie? Sapete perché? Perché in noi è quasi spenta quellafede, che professammo nel santo Battesimo, perché i cristianideì nostri tempi non hanno più quel fervore, quel raccogli-mento come aveano ne’ primi tempi della Chiesa, perchéadesso quando siamo tentati a commettere il male, quando citroviamo nei pericoli di perdere l'anima nostra, non ci racco-mandiamo al Signore, che ci scampi e ci liberi. Ecco dunqueda dove deriva la nostra rovina, da dove nasce quella granfacilità, che abbiamo di cedere alla tentazione, e di cadere inpeccato. Nasce dunque dal non raccomandarsi al Signore,quando ci troviamo nei pericoli di cadere.

Avete udito dal santo Vangelo, che Gesù Cristo con i suoiDiscepoli essendo entrati in Mare sopra una Barca, sisuscitò una forte tempesta, che eran quasi tutti per affonda-re. Questa barca agitata dai venti, è, fratelli miei dilettissimi,la santa Chiesa cattolica, formata dal di lei Capo Gesù, elasciata su questa terra sotto il regime del Romano Pontefice,dei Vescovi, e degl'altri sacerdoti. Questa Chiesa cattolicafino da’ suoi primi tempi è stata perseguitata da tutte le pro-celle, che immaginare mai si possano, suscitate o dall'Infer-no, o dalla malizia degl'eretici, degli scismatici, e dei cattivicristiani; e per quanto sia stata agitata, e per quanto saràcombattuta in appresso, non sarà mai possibile che perisca,o che perda qualche cosa della sua bellezza e della sua vera-cità, perché il medesimo Figliuolo di Dio gli ha promesso lasua assistenza fino alla consumazione dei secoli.

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Non crediate già, che per Chiesa cattolica si intenda unadi queste Fabbriche materiali, dove voi andate a sentire lasanta Messa, ed a pregare il Signore. Chiesa cattolica vuoldire la riunione di tutti i fedeli cristiani, che sono battezzati,che credono, e professano la fede, la legge di Gesù Cristo, ericonoscono il Papa Capo visibile della Chiesa e Vicario interra del nostro Cristo. Poi, cristiani miei, siamo membra diquesta Chiesa per grazia del Signore, godiamo di tutti i benispirituali, che in essa si ritro[261v.]vano, e siamo stati piùfortunati di tanti altri, che nati sono fuori di questa Chiesa,dove non possono salvarsi. Sì, fuori della vera Chiesa, nonvi è salute; questo è un dogma di fede, che non lo possiamonegare. Gli infedeli, perciò, che non si unirono a Gesù Cri-sto per mezzo del Battesimo, i novatori superbi, che si allon-tanarono dalla Chiesa, o che ne furono allontanati, nonsono membri della medesima Chiesa, e quand'anche distri-buissero tutti i loro averi al povero, e al mendico, quand'an-che mortificassero la carne a forza di digiuni e di austerità,e passassero la loro vita nelle più remote e selvagge bosca-glie, se se ne muoiono fuori della Chiesa di Cristo, fuori diquella Barca, vanno a precipitare eternamente nell'Inferno.Udite quanto si legge nel Prato Spirituale su tal proposito. Ilsanto Abate Teodoro, capitando un giorno ad uno Spedale,vi trovò un monaco di Soria, che gli sembrava un uomo digran virtù ecc. ecc.

Voi direte forse, io sono nato nella vera Chiesa, credotutto ciò, che essa mi propone a credere e mi servo deimezzi da essa accordatimi per salvarmi, dunque io mi sal-verò sicuramente. Ve lo concedo, che siate in questa barcacon Gesù, e che in essa voi possiate scampare tutte le pro-celle, che susciterà il demonio contro di voi, e che possiate

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salvare l'anima vostra. Ma ditemi un poco, vivete poi confor-mi a quella fede, che professaste? vivete poi da veri sudditi,da veri figli di questa madre? Non basta, sapete, l'essere inquesta Chiesa, se d'altronde noi siamo membra morte, valea dire se viviamo immersi in ogni sorta di vizio e di peccato.

Se vogliamo ritrovar salute in quella barca dove sonoentrati Gesù e i di lui Apostoli, dove siamo entrati anche noiper nostra buona fortuna allora quando si promise a Dio dicombattere col demonio, col mondo, e colla carne, bisognafare quanto ci prescrive il Signore, bisogna esser modestinelle opere e nei discorsi, bisogna rendere a Dio quell'onoree quel rispetto, che si merita; bisogna esser giusti coi pros-simi, perdonarli le ingiurie, santificare le feste, rispettare lacasa di Dio. Facendo questo, potrete dire con ragione diappartenere alla Chiesa di Cristo, potrete star sicuri da tuttigli insulti delle tentazioni in questa barca salutare, e final-mente giunger potrete al porto felice tanto desiderato delsanto Paradiso, dove, cessate tutte le procelle di questo Marburrascoso del mondo, godrete di una calma perfetta, esarete beati per tutta una eternità; che il Signore a tutti noila conceda.

[262r.] Per la Domenica 5ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesù dissein quel tempo al popolo questa parabola: il Regno de Cieli èsimile ad un uomo, che avea seminato del buon grano nelsuo campo. Ma nel tempo che gli uomini dormono, viene unsuo nemico, semina sopra il grano della zizzania, e se ne va.Essendo dunque cresciuto il grano, ed avendo gettata laspiga, anche il cattivo loglio cominciò a comparire. Allora i

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servi del padre di famiglia, gli dissero: Padrone, o non aveteseminato del buon seme nel vostro campo? Da che derivadunque che vi è nata la zizzania? Ed egli li rispose: È stato unmio nemico, che ve l'ha seminata. I suoi servitori gli dissero:Vuoi tu, che si vada a sradicarla? No, li rispose, perchécogliendo la zizzania potreste anche strappare il buon grano.Lasciate crescere l'uno e l'altra fino alla messe, e al tempodella messe dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e lega-tela in fascetti per gettarla sul fuoco, e adunate il buon granodentro al mio granaio. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

La parabola evangelica di questa mattina ci insegna, chein questo mondo corrotto vi è una mescolanza di bene e dimale; vi è stato seminato il buon grano da nostro Signore,ma dipoi è venuto il nemico maligno, che vi ha gettato soprala zizzania di tutti i vizi.

Sì, fratelli miei dilettissimi, il nostro buon Gesù è disce-so dal Cielo in terra, si è assoggettato a tutte le umanemiserie, è giunto perfino a morire dissanguato e vilipesosopra l'infame patibolo della Croce, per seminare nei vostricuori il buon seme della sua celeste dottrina, per liberarvidalla morte eterna, che vi eravate meritata a cagion del pec-cato, e per arricchire l'anima vostra di una infinità di mezzispirituali proficui e vantaggiosi a conseguire l'eterna salute;ma quindi è venuto il demonio, vostro mortale e giuratonemico, ed ha seminato nei vostri cuori il maledetto semedella incontinenza e del peccato; vi ha fatto disprezzare que-sti mezzi, che sono i santi Sacramenti, e voi ne avete fattamateria di peccato, mentre erano ordinati per ricuperare lagrazia perduta e vi erano stati lasciati per la vostra giustifi-cazione; è venuto il demonio vostro nemico, vi ha fattodisprezzare e rendere inutile per voi la morte di un Dio, e

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voi infelici gli avete dato retta, avete ricevuto [262v.] quelseme pessimo sopra del vostro cuore da esso seminatovi.Fino dalla vostra tenera fanciullezza i buoni genitori, ilvostro proprio pastore, vi seminarono nell'anima il buonseme della Dottrina cristiana, delle sante massime del Van-gelo, vi insegnarono la maniera di viver bene e santamente,come comanda il Signore.

Moltissime volte dai pulpiti cercarono i sacri Oratori dirichiamarvi nel proprio dovere col fare risonare alle vostreorecchie l'eterne verità, i giudizi tremendi di Dio, e vi incam-minarono nella strada della salute e dei divini precetti: ilvostro confessore ancora si sforzò di strapparvi una volta daquei peccati impuri, da quelle occasioni prossime, da quelleconversazioni pericolose, vi suggerì i mezzi, che dovevateporre in opra per star lontani dal male; e voi riceveste que-sto buon seme, che in voi seminarono, lo custodiste per unpoco di tempo; ma poi vennero i vostri nemici infernali, ven-nero i cattivi compagni, e sopra questo buon seme vi semi-narono della zizzania, vi insegnarono a commettere il male,e così a poco per volta andaste di peccato in peccato, diabisso in abisso, e finalmente questo seme cattivo è tantocresciuto in voi, che ha soffocato quel buono, e vi ha ridottia peccare per abito senza accorgervene, e vi ha fatto dimen-ticare tutte quelle buone istruzioni, che vi furono seminatenel cuore in vostra gioventù.

Vedete dunque, cristiani miei, quanti nemici avete tuttiintenti alla vostra perdita, alla vostra eterna rovina! Il demo-nio è il primo di questi nemici, ed i cattivi compagni, i liberti-ni sfrontati, che adesso coi loro pravi insegnamenti vi fannoda amici, sono i primi ad abbandonarvi se vi accade unaqualche disgrazia; e se non state bene avvertiti saranno forse

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quelli, che vi macchinano qualche tradimento, e che vi faran-no andar male anche i vostri interessi temporali; ma quel cheè peggio si è, che spargono nel vostro cuore massime anticat-toliche, contrarie alla santa legge del Signore e della Chiesasua diletta Sposa, massime contrarie al buon costume e allasana morale; quel che è peggio si è, che l'anima vostra creataa immagine e similitudine del Signore, redenta collo spargi-mento di tutto il suo preziosissimo Sangue, nutrita tantevolte dalla parola di Dio e dai santi Sacramenti, la strascina-no irreparabilmente all'Inferno ad ardere eternamente coiDemoni. Tutto questo male deriva perché siamo tropponegl[263r.]igenti quando si tratta di affaticarsi per l'anima, edi star bene circospetti per rigettare quel seme cattivo, checercano di seminarci nel cuore i nostri nemici.

Il padrone del campo disse a suoi servitori, che lascias-sero stare la zizzania fino al tempo della messe; così Iddio,Signore e padrone di tutti gli uomini ha voluto che nella suaChiesa si lasciassero stare tanto i buoni che i cattivi, affin-ché questi fossero un oggetto di pazienza ai primi, e affinchéi cattivi fossero aiutati dai buoni esempi, dalle esortazioni edalle preghiere dei buoni. Infatti, quante volte la divina giu-stizia non si era accesa di giusto sdegno contro dei malvagicristiani, quante volte la sua destra onnipotente non aveaimpugnati i flagelli per fulminarli, e percuoterli? ma le ora-zioni dei buoni sono state quelle, che li hanno preservati daquesti flagelli, sono state quelle, che hanno disarmata lamano di Dio. Infelici peccatori, voi siete quella zizzaniafunesta, che appesta ed ammorba il buon grano, voi sietequel loglio, che cercate di soffocare il buon seme, e cagiona-te danni incalcolabili alla Chiesa di Dio, a questo misticocampo dove è seminato il buon seme insieme col cattivo.

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O perché dunque non farete mai pace con questa vostrabuona madre, che vi ha partoriti tra le pene e tra le doglie?o perché dunque schernirete i vostri buoni fratelli, che cer-cano di ritrarvi dal peccato, e dal precipizio in che vi trova-te? o perché dunque invece di emendarvi, vi affaticate piut-tosto a perdere, a dannare anche i buoni? Ah! dovreste rin-graziarli, dovreste volerli bene, perché se voi siete semprevivi, se non siete peranche percossi dai tremendi rigori delladivina giustizia, lo dovete alle loro buone azioni, alle loropreghiere! Deh! cessate una volta di essere cattivo seme,abbandonate una volta le prave consuetudini di peccare,piangete i vostri falli, ed il Signore di cattivi vi farà diventarbuoni cristiani, e perderete l'amarezza del loglio, diventandobuon grano, appigliandovi ad una vita migliore. A questosolo scopo Iddio vi soffre su questa terra, vi lascia stare tra ibuoni nel grembo della sua Chiesa. Vi ci tiene soltanto per-ché mutiate la vostra pessi[263v.]ma vita, perché facciatedegni frutti di penitenza. Già si avvicina il tempo dellamesse, ed il padre di famiglia, Gesù Cristo, ha comandato a’suoi servi, che raccolgano il buon grano, e lo ripongano ne’suoi granai, e la zizzania legata in fascetti vuole che si con-segni alle fiamme, perché non è più degna di star mescolataal buon seme.

Ah! sì, cristiani miei, fate degni frutti di penitenza, per-ché ogni giorno vi avvicinate alla morte, si avvicina ilmomento di lasciare questa vita mortale, e di cominciarneuna nuova, che non dovrà mai più finire. Finché restiamosu questa terra i buoni cristiani sono mescolati coi cattivi,finché viviamo, i buoni soffrono le persecuzioni dei malvagi,ma alla morte ne saranno per sempre separati, perché essise ne anderanno al Paradiso a godere Dio eternamente, e

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questi saranno gettati nel fuoco dell'Inferno a penar semprecoi Diavoli. Ecco dunque la fine tanto diversa del buongrano, e della zizzania! Perciò, fratelli miei dilettissimi, pro-curate adesso, che avete tempo, di essere buon seme, e dilevar via dal vostro cuore quella cattiva semenza, che vihanno sparsa i vostri nemici, poiché se la lasciate crescerenon vi riescirà più di estirparla; e quando vorrete aver fati-cato alla vostra eterna salute non avrete più tempo, e pian-gerete senza rimedio. “Et tempus non erit amplius”.

Per la Domenica 6ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse in quel tempo alle turbe questa parabola: IlRegno de’ Cieli è simile ad un granello di Senapa, che unuomo prende, e lo semina nel suo campo. Questo grano è ilpiù piccolo di tutti i semi: ma quando è cresciuto, egli è ilpiù grande di tutti gli erbaggi, e divien un albero tanto gran-de, che gli uccelli dell'aria vengono a posarsi sopra i suoirami. Li disse ancora un'altra parabola: il regno de’ Cieli èsimile al lievito, che una donna prende, e lo mette in tremisure di farina, finché la pasta non sia tutta fermentata.Gesù disse tutte queste cose in parabole al popolo, e nonparlava mai loro senza parabola; affinché si adempisse que-sta parola del Profeta: Io aprirò la mia bocca per parlare inparabole; io pubblicherò delle cose, che sono state nascostefino dalla creazione del mondo. Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

[264r.] Per il regno de’ celi, che dal santo Vangelo di que-sta mattina viene assomigliato al piccolo granello di senapa,possiamo intendere la religione cristiana cattolica, che noi

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per grazia di Dio crediamo e professiamo. Questa religionenel suo principio fu piccola, fu conosciuta da pochi, madappoiché i santi Apostoli ebbero ricevuto lo Spirito Santo,dappoiché andarono in tutto il mondo ad annunziare allegenti l'eterne verità del Vangelo, si estese mirabilmente inogni angolo della terra, e tutte le nazioni che fin'allora avea-no pianto nell'oscurità del peccato e sotto l'ombra di morteabbracciarono questa stessa religione, e si diedero a seguirle orme del divin Redentore. Gli Imperatori, i Re, i principidella terra piegavano la superba fronte al di lei Vessillo,innummerabili popoli si portavano ad ascoltare la parola diDio, che veniali insegnatali dagl'apostoli, e da essi eranobattezzati, ed ammaestrati nella dottrina cristiana: e ora lanostra religione è la più numerosa, la più estesa di tutte lealtre. Con ragione dunque la possiamo paragonare al gra-nello di Senapa, che invano è il più piccolo di tutti i semi,ma quando è cresciuto viene un grand’albero, e sopra i suoirami vanno a riposarsi gli uccelli.

Così questa religione era piccola nel suo principio, ma dipoi allargò i suoi rami in tutto l'universo, e ad essa vennerodall'oriente e dall'occidente, dall'Aquilone e dall'Austro tuttele nazioni della terra. E non poteva essere diversamente,poiché Gesù Cristo suo Capo e Fondatore la posò sopra unacasa ferma ed immobile, gli promise la sua assistenza finoalla consumazione dei secoli, comandò che tutti l'abbrac-ciassero, e le di lei verità volle che fossero annunziate adogni creatura: egli fu, che illustrò le menti degli uomini, per-ché vedessero la cecità ed il precipizio in che si trovavano,mosse i loro cuori e le loro volontà, perché andassero dietroal lume celeste, che rifulse nelle loro menti.

Anche adesso, fratelli miei, il Signore per sua divina

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misericordia vi fa tante volte conoscere lo stato deplorabile incui vi trovate, quando siete perduti nel peccato, e nei piacerimaledetti della carne; ma voi siete più duri ed ostinati degliinfedeli stessi, fate i sordi alle divine chiamate, e seguitate apassarcela nel peccato: trascurate le grazie del Signore, lestimate per bagatelle da niente, e non mai vi fate animo perseguire le sante ispirazioni e gli impulsi della grazia.

O non sapete ancora, che se noi disprezziamo questepiccole grazie, questi piccoli aiuti, ci rendiamo indegni diriceverne dei maggiori? [264v.] Ogni pratica di virtù cristia-na, ancorché sia piccola, non si deve mai sprezzare, perchédisprezzando le cose piccole a poco a poco andiamo a cade-re in peccati più gravi, giusta l'espressione dello SpiritoSanto: “Qui spernit modica, paulatim decidet”: e stimandod'altronde anche le più piccole virtù, restiamo sempre mag-giormente fortificati nelle vie del Signore, e ci prepariamo aricevere delle grazie maggiori: perché Iddio, vedendo che noifacciamo conto de’ suoi doni celesti, sebbene piccoli, simuove a compassione di noi miserabili creature, e ci com-parte in maggior copia queste stesse grazie. Ed esse in sulprincipio piccole, cresceranno a poco a poco, stenderanno iloro rami nell'anima nostra, a guisa del minuto grano disenapa, e ci incammineranno nella strada della santa per-fezzione.

Ma ditemi, cristiani miei, le curate voi queste piccolegrazie del Signore? ne fate voi caso di non offenderlo anchevenialmente con avvertenza? Ah! purtroppo, che i peccativeniali si commettono senza scrupolo, e si va dicendo chenon è poi gran cosa una piccola bugia, un piccolo sfogo dicollera, una paroletta un poco risentita, una mormorazion-cella, un piccolo furto, una piccola ingiuria. Ed io dico, che

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quando si tratta dell'offesa di Dio, è sempre un gran maleda doversi temere, e sfuggire; poiché questo Dio essendosommamente buono e misericordioso, essendo sommamen-te grande, santo e perfettissimo in tutti i suoi divini attribu-ti, non merita di essere ingiuriato e vilipeso in questamaniera; ma anzi da noi si deve amare, rispettare ed obbe-dire, adempiendo in tutto e per tutto la sua santissimavolontà. E poi non sapete, che anche le piccole mancanzefanno un danno grandissimo all'anima nostra? Ci fanno tie-pidi e freddi nell'amore di Dio, ci dispongono a cadere in deipeccati mortali, e finalmente ci fanno meritevoli di tuttequelle pene, di tutti quei dolori, che si soffrono nel fuoco delPurgatorio.

Abbiamo moltissimi esempi nella sacra Scrittura, i qualici convincono del male grandissimo, che arrecano i piccolipeccati, e del pericolo a cui si espongono quelli che li com-mettono a bella posta. Si legge di Giuda, che, tenendo essoil deposito delle limosine, che venìano somministrate alRedentore ed a suoi Apostoli, di quando in quando si porta-va via qualche cosa, e da questi piccoli furti giunse perfinoall'esecrando misfatto di vendere al Principe de’ sacerdoti ilMonarca dell'universo per il vil prezzo di trenta danari. San-sone cominciò da un piccolo attacco verso una Donna, equesta fu, che gli cagionò la sua ro[265r.]vina. Davide pas-seggiava sopra del suo balcone, e da un semplice sguardonon represso in principio, arrivò a commettere un peccatogravissimo di adulterio, e di omicidio. Un'altra infinità diquesti deplorabili fatti potrei citarvi, onde persuadervi diquesta verità, che se disprezziamo le piccole cadute, se lefacciamo avvertitamente, andremo sempre di male in peg-gio, di peccati veniali in peccati mortali, e ci esporremo al

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pericolo di essere abbandonati dal Signore. Su tal propositoci da una bella similitudine il santo Dottore Agostino: met-tiamo, dice egli, che una nave abbia un piccolo foro da doveentra in essa l'acqua in piccole stille; se i marinari non vipongono riparo o col turare il buco, o col levar via l'acqua,quelle piccole stille saranno capaci ad empir la nave a pocoper volta, e a farla andare al fondo.

Così i peccati veniali crescendo insensibilmente in quelliche li commettono apposta, giungeranno finalmente a darlidisgraziatamente la morte: “Minuta plura peccata, si negli-gantur, occidunt”. Il non far conto di quel rimorso, che sen-tiamo nella coscenza, quando si parla liberamente del pros-simo, ci conduce a sdrucciolare in grandi calunnie. Ledomestichezze, le facezie, le burle mettono capo nelle piùabominevoli oscenità. L'avvezzarsi ad ingannare altrui orain una cosa, ora in un'altra serve di scala alle rapine ed ailadronecci; e così discorrendo di tutti gli altri vizi, che sonopiccoli come il grano di senapa, ma poi diventano grandi,come i ramosi alberi. Dunque, fratelli miei dilettissimi, biso-gna far conto delle piccole grazie, delle buone ispirazioni,che ci vorrebbero allontanare anche dai peccati veniali,altrimenti Iddio ci sottrarrà altre grazie più efficaci, e cadre-mo in peccati enormi.

Dalla parabola del lievito che messo nella massa dellafarina la fermenta tutta, potete rilevarci un'altra riflessionevantaggiosa per l'anima vostra. E dovete considerare, cheper crescere ogni giorno più nelle virtù cristiane, comesiamo obbligati in forza delle promesse fatte a Dio nel santoBattesimo, abbiamo bisogno della grazia del Signore, senzadi cui niente possiamo acquistar di bene per l'anima nostra.Di fatto colle proprie forze naturali non siamo capaci a fare

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delle buone azioni, che siano meritevoli della vita eterna,perché queste forze sono molto deboli, essendo noi inclinatial male sino dalla nascita. Dunque ci sono necessarie legrazie di Dio per affaticarci con profitto [265v.] ad operare lanostra salute. Tante volte Iddio per i suoi giusti fini concedeagli uomini delle grazie minori; queste grazie sono sufficien-ti, se essi se ne approfittano, se vi corrispondono come sideve, ed approfittandosi di esse il Signore gliene concededelle maggiori. Allora quelle grazie, sebbene piccole, fannocome il lievito per nostro modo di intendere, attirano nell'a-nima grazie più copiose ed abbondanti, e la fan crescerenelle buone operazioni; di poche diventano molte, e l'animacosì pasciuta, così nutrita dai doni celesti cammina spedita-mente nella strada delle virtù, e si rivolge verso la sua carapatria del santo Paradiso. Vedete dunque, se voi vi approfit-tate di tante piccole grazie, che vi sono concesse dalla mise-ricordia del Signore, lo obbligate in certo modo ad accordar-vene sempre più; ma se d'altronde sarete ingrati a questemedesime grazie, se seguiterete a passarvela nei peccati enello sfogo delle passioni, vi verranno negati i soccorsi diDio, sarete da esso abbandonati, e precipiterete per unaeternità nell'Inferno.

Domenica 24ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesùdisse in quel tempo a suoi Discepoli: Quando vedrete l'abo-minazione di desolazione, che è stata predetta da Danieleprofeta; quando vedrete questa abominazione, che si ritro-verà nel luogo santo: quegli che legge intenda bene; alloracoloro che sono nella Giudea fuggano ai monti; e quelli, che

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si ritrovano al coperto non vadano a pigliare cosa alcuna dicasa sua; e quelli che si ritrovano alla campagna non ritor-nino a prendere la sua veste. Guai poi alle pregnanti, e aquelle che danno latte in quei giorni. Ma pregate affinché lavostra fuga non succeda in tempo di inverno, o in giorno disabato. Imperocché allora dovrà essere una gran tribolazio-ne, quale non fu dal principio del mondo, né mai più sarà.E se non fossero stati abbreviati quei giorni, non sarebbesalvo alcuno, ma a cagion degl'Eletti saranno abbreviatiquei giorni. Allora se qualcheduno vi dirà: Ecco, che qui, olà, vi è Cristo, non gli credete. Perché salteranno fuori deiCristi e dei Profeti falsi, e daranno segni e gran prodigi dacondurre in errore anche gli eletti, se ciò [266r.] fosse possi-bile. Io vi ho predetto queste cose. Se dunque vi diranno:Ecco, che è nel deserto, non andate a vederlo: ecco, che è inluoghi nascosti, non vogliate crederli, imperocché come illampo esce dall'Oriente e striscia fino all'occidente, così saràancora la venuta del Figlio dell'Uomo. In qualunque luogosarà il corpo, ivi si aduneranno anche l'Aquile. Ma subitodopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, e laluna non darà il suo lume, e le stelle cadranno dal cielo, e levirtù celesti saranno commosse: e allora comparirà nel cieloil Segno del Figliuolo dell'uomo: e allora piangeranno tuttele tribù della terra: e vedranno il Figliuolo dell'uomo compa-rire sulle nubi in gran virtù e maestà. E manderà i suoiAngeli colla tromba e con voce sonora; e aduneranno i di luieletti dai quattro venti, dalla sommità del cielo fino al suotermine. Dall'albero poi del fico apprendete la parabola:quando i di lui rami saranno teneri, e saranno già spuntatele foglie, sappiate, che è vicina l'estate: così anche voi quan-do vedrete tutte queste cose, sappiate che è vicino alle

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porte. In verità io vi dico, che questa generazione non pas-serà finché non succedano tutte queste cose. Il cielo, e laterra passeranno, ma le mie parole non preteriranno. Finqui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Il nostro Signor Gesù Cristo, dopo aver fatto a’ suoi disce-poli un orribile racconto di quanto dovea succedere all'ingrataGerusalemme, e a tutta la sua nazione, essi uscendo dal tem-pio, gliene facevano ammirare la sua bellezza, e magnificenza;ma la risposta, che loro diede finì di metterli in sgomento.Disse loro: Ammirate quanto volete; di questa superba molenon resterà pietra sopra pietra, sarà demolita fino dalle suefondamenta, e tutta quanta la città verrà data in preda aiRomani. Allora Pietro, Giacomo, Giovanni, e Andrea, discepolipiù famigliari di Gesù, gli dimandarono in qual tempo dovea-no succedere tali disavventure, quali ne doveano essere i pre-sagi, e qual sarebbe stato il segno dell'ultima sua venuta, edella fine del mondo. Il divin Salvatore rispose a tutte questedomande. Li disse, che le disavventure sopra Gerusalemmeerano vicine, e che i segni precedenti ad essa, ed alla consu-mazione de’ secoli, si renderebbero noti e manifesti. L'abomi-nazione nel luogo santo predetta da Daniele profeta doveaessere un preludio dell'assedio della città, e questa stessaabominazione seguirà anche alla fine del mondo, quandosaran profanati orribilmente i nostri sacri misteri, e quantoha di più sacro la religione.

Allora guai [266v.] a quell'anime tiepide, a quell'animevili, che vicine a comparire davanti al Tribunale di GesùCristo non avranno mai saputo distaccarsi da queste cosemondane, e si troveranno sempre infangate e sepolte in ognisorta di peccato. Non vi sarà più tempo per esse di piangerecon profitto le loro ingratitudini e le loro mancanze; non

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potranno più esercitarsi in opere di penitenza, perché ilpunto della morte è un tempo poco adatto a convertirsi alSignore. Sarà tanto grande la desolazione, in cui si ritrove-ranno i miseri peccatori, che fin'allora non avranno maiprovata una simile; essa sarà molto maggiore di quella, cheprovarono gli abitanti di Gerusalemme, quando divenneropreda dei Gentili a cagione della loro malvagità, e sarancostretti a rimirare un Dio pieno di furore e di sdegno, cheeserciterà tutta la sua collera per sterminarli, e farli consu-mar nell'orrore prima di venire al giudizio. La desolazione elo spavento saranno tanto grandi in quei giorni, che baste-rebbero a mettere in disperazione anche le anime dei giusti,se Dio a riguardo loro non abbreviasse quei giorni: “Et nisibreviati fuissent dies illi, non fieret salva omnis caro”. Poichécomparirà l'Anticristo, che colle sue false Dottrine, colle sueprediche, con dei segni e prodigi maravigliosi, cercherà disedurre gli uomini e di tirarli nella rete del demonio.

Anche adesso, cristiani miei, tutti quei libertini, tutti queimalvagi uomini, che cercano di sedurvi, di strascinarvi nelpeccato, tutti quelli che vi insegnano male colle loro parole econ i loro pessimi esempi sono tanti Anticristi, tanti ministridel diavolo, dai quali vi dice Iddio che ve ne guardiate, e chesfuggiate la loro compagnia. Siccome il baleno parte dall'o-riente e si fa vedere fino in occidente, così sarà la venuta delFigliuolo dell'uomo. Dopo che la luce evangelica avrà sparso isuoi benefici raggi in tutto il mondo, quando meno se loaspetteranno gli uomini, si vedran comparire questi segni, edil Signore verrà a fare il giudizio finale, e saranno giudicatitanto i buoni che i cattivi; i giusti, come tante aquile, voleran-no rapidamente al Signore, che colla sua divina virtù li trarràa sé, ed i peccatori saranno da esso allontanati. Ma dopo quei

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giorni di tribolazione resterà oscurato il Sole, e non traman-derà più ai viventi il suo lume, la luna sarà ricoperta da neremacchie di san[267r.]gue, cadranno dal cielo le stelle, e levirtù celesti saranno in confusione. Allora il segno del Figliuo-lo dell'uomo comparirà nel cielo, e tutti questi fenomeni riem-piranno di terrore e di spavento, annunzieranno la prossimavenuta del Salvatore a giudicare i vivi ed i morti.

Quando Gesù Cristo fece la sua prima comparsa nelmondo là nella squallida grotta di Bettelemme era di uncontegno umile e debole, povero e miserabile; ma in questasua ultima venuta sarà circondato di gloria e di maestà, perfar vedere agli eletti i tesori inesausti delle sue ricchezze, eper esercitare sopra dei reprobi tutta la sua possanza, tutti itremendi rigori della sua adirata giustizia. Nel tempo stessomanderà i suoi Angeli colla tromba sonora per adunare tuttigli uomini che sono, o che saranno stati fin dal principio delmondo. Questo giorno sarà terribile, giorno di collera e divendetta, di terrore e di spavento per gli infelici peccatori,che avran fatto i sordi alle divine chiamate mentre viveanosu questa terra. Anche le stesse creature inanimate senten-dolo avvicinarsi, mostreranno il loro sbigottimento, e lo ispi-reranno negli animi di tutti. Gli stessi Angeli del cielo saran-no in qualche modo spaventati nel veder cambiata la facciadell'universo. Le onde del mare, agitate da venti furiosi,minacceranno di inondare la terra; la terra stessa mandan-do fuori quel calore cagionato dalle materie combustibili,che si ritrovano dentro le sue viscere, sarà scossa da fortied orribili terremoti. La pestilenza, le guerre, la fame, flagellitutti devastatrici del genere umano, affliggeranno terribil-mente i miseri mortali, e dopo tutti questi segni spavento-sissimi seguirà il giudizio finale.

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Il Segno del Figliuolo dell'uomo si farà vedere nel cielo;questo segno, come dicono i Padri e gli Interpetri, sarà lostendardo della sua Croce dove volle morire dispregiato emaledetto. Questa Croce sarà aggradevole per i buoni per-ché in questa vita la portarono con Gesù, ma per i cattivi,che la riguardarono con disprezzo, sarà un oggetto di terro-re e di disperazione. Al suono di quella tromba Angelicarisorgeranno tutti, riprenderanno quel medesimo corpo, cheavranno avuto in questo mondo, e si incammineranno alla[267v.] Valle di Giosafat, dove fatto sarà l'universale giudi-zio. Ivi tutti adunati, verranno gli Angeli a fare la separazio-ne dei buoni dai cattivi. I buoni saranno mandati alladestra, ed i cattivi alla sinistra: e tutti avranno scritto infronte il processo dei loro delitti. Allora quei malvagi pensie-ri fomentati e nutriti nella mente, quelli odi mortali, queirancori, quell'invidie nascoste saranno conosciute da tutti.Allora quei peccati vergognosi ed impuri commessi nelletenebre della notte, in luoghi solinghi e remoti saranno fattipalesi a ognuno. Allora insomma tutti i peccati nostri li por-teremo scritti in faccia, e da ciascuno potranno leggersi.

O Dio! qual vergogna, qual rossore sarà mai per noi inquel giorno terribile! Ma ecco, che comparirà sulle nubi l'e-terno Giudice Cristo Gesù preceduto da tutti gli strumentidella sua passione e morte dolorosa, con a lato la sua caraMadre Maria santissima, circondato dagli Angeli santi, perpronunziare l'ultima sua sentenza sopra degli uomini. Aquesta comparsa resteranno spaventati i peccatori, preghe-ranno i monti a cadere sopra di loro per sottrarli dalla pre-senza di un Dio sdegnato, e bramerebbero piuttosto di esse-re precipitati all'Inferno prima del tempo, che udire dal giu-dice supremo la loro eterna condanna. Allora con volto adi-

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rato, con parole di sdegno e di furore, rivolto ai reprobiGesù Cristo dirà loro: Partitevi, o maledetti, dal mio cospet-to: voi, che in vita non mi avete voluto obbedire, che avetetrasgredita la mia santa legge, che avete scialacquate le miegrazie, andatevene da me lontani al fuoco eterno. “Disceditea me maledicti in ignem aeternum”. Ed aprendosili la terrasotto de’ piedi balzeranno accatastati l'uno sopra dell'altroall'Inferno, li si schiuderanno dietro le porte di quel carceretenebroso, e dovranno restarvi per sempre, per una eter-nità.

Quindi con faccia ridente, con parole tutta dolcezza emansuetudine, il Giudice eterno, rivoltatosi ai buoni, diràloro: Venite benedetti alla mia destra, venite a godere quelregno, che colla mia passione, colla mia morte vi ho merita-to: venite benedetti da me, benedetti dall'eterno mio Padre,benedetti da Maria santissima e dagli Angeli, venite al Para-diso ad essere felici e contenti per una eternità. [268r.] Edallora gli eletti tutti brillanti di gioia e di luce se ne voleran-no al Cielo in seno al loro Dio a bearsi per una eternità.Ecco dunque, cristiani miei, il fine dei buoni e dei cattivi.Ditemi un poco quale di queste due sentenze toccherà anoi? quella dei buoni, o quella dei cattivi? Ah! che noi non losappiamo. Sappiamo di certo che una delle due ci deve toc-care, ma quale sarà ne siamo incerti. Sappiamo bensì, chese noi vivremo bene, e da veri cristiani, se noi osserveremola legge santa del Signore, avremo la sentenza felice e beatadei buoni, ma se d'altronde vivremo da peccatori ci saràdata la condanna dei reprobi, e dovremo andarcene perdutiper sempre.

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Per la Domenica dopo la Circoncisione

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come l'Angelodel Signore apparve a Giuseppe nel mentre che dormiva, egli disse: Alzati, prendi il fanciullo e la sua madre, e fuggi inEgitto, e di là non ti partire finché io non ti avviserò; impe-rocché Erode cercherà il fanciullo per farlo morire. Giusep-pe essendosi alzato, prende il fanciullo e la sua Madre, ed intempo di notte si ritira in Egitto, dove rimane fino alla mortedi Erode, affinché si adempisse questa parola del Profeta: Iochiamai il mio Figlio dall'Egitto: Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

Voi ben saprete, dilettissimi, che, nato il nostro SignorGesù Cristo nella Stalla di Bettelemme, comparve nel Cielouna Stella di straordinaria bellezza, e si fece vedere a treinsigni Personaggi dell'Oriente, che erano assai versati nel-l'Astronomia. Al comparire di questa stella conobbero essi,che denunziava la nascita di un gran Re, e tosto si miseroin viaggio per andare ad adorarlo, e ad offrirgli i loro doni, equesta stella li andava avanti nel loro cammino. Giunti chefurono a Gerusalemme, dimandarono dove era nato il Re deigiudei; ma Erode, avendo inteso ciò, restò grandemente tur-bato, fece chiamare i Magi, e li disse, che andassero in trac-cia del nato fanciullo, e quando l'avessero trovato, ripassas-sero da lui per indicargliene il luogo. Andarono i Magi, maquando ebbero [268v.] adorato il divino Infante, un Angelo liavvisò, che non tornassero a Gerusalemme, e che per anda-re a’ loro paesi pigliassero un'altra strada. Allora Erodevedendosi burlato dai Magi, cercava tutti i mezzi per farmorire il Bambino Gesù. Ed è perciò, come abbiamo uditodal santo Vangelo di questa mattina, che l'Angelo del Signo-

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re apparve nel sonno a Giuseppe, e gli indicò di fuggire inEgitto in compagnia di Gesù e di Maria santissima. Ma tuttequeste cose sono successe, fratelli miei, per nostra istruzio-ne ed esempio. Come san Giuseppe per essere padre putati-vo di Gesù, ebbe da soffrire di grandi travagli e di grandiangustie nel penoso viaggio e nel doloroso esilio dell'Egitto,onde involare dalla rabbia di Erode il Bambino Gesù, cosìtutti noi nei nostri impieghi e nelle nostre faccende, dobbia-mo armarci di un santo coraggio e di una santa pazienza,per adempire con ogni sollecitudine ai propri doveri, e pervincere tutte quelle avversioni, e tutte quelle fatiche, che viritrova la nostra corrotta natura.

Sì, è vero purtroppo, che quando si tratta di dover fatica-re, quando si tratta di dover soffrire con pazienza le propriemiserie e di dover soddisfare alle nostre obbligazioni vi tro-viamo molte difficoltà e molta inquietudine, ma se conside-riamo bene, che noi fummo condannati alla fatica a cagionedel peccato, se consideriamo bene, che questi travagli accet-tati volentieri dalla mano del Signore ci meritano una eter-nità di contenti nel santo Paradiso, allora ci sentiremomossa la volontà ad assoggettarvisi di buona voglia, ed adobbedire a Dio, che così comanda e dispone. Così fece sanGiuseppe, appena ebbe intesa dall'Angelo la divina volontà,non si mise a ponderare le ragioni di questa fuga, che anzi sisottopose subito a tutti i disastri del viaggio, a tutte le fati-che, e non pensò ad altro che a salvar la vita a Gesù, comerichiedeva il suo dovere; e così far dobbiamo anche noi neinostri vari e distinti impieghi, se vogliamo esser chiamati daDio col bel nome di suoi servi fedeli e prudenti.

Ora diamo un poco un'occhiata a noi stessi, e vediamose da noi si adempiano con fedeltà le proprie obbligazioni.

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Ditemi voi, padri e madri, come state attenti per dare unabuona educazione [269r.] ai vostri figliuoli, ai vostri sottopo-sti? Procurate voi di allontanarli dai pericoli, come fece sanGiuseppe? Quando se ne vanno con quei cattivi compagni,quando frequentano quelle occasioni pericolose, e conversa-no troppo liberamente, li sgridate voi, li correggete? Lilasciate marcire forse per anni ed anni in amori disonesti ecattivi, in pratiche, in tresche animalesche, e bestiali? Lilasciate voi andare ai giochi, ai circoli, alle conversazionipeccaminose? Li insegnate a temere Iddio fino dalla fanciul-lezza col darli buoni e santi avvertimenti? Ah! che appena ivostri figli hanno conseguito un poco di ragione, subito lilasciate padroni di sé stessi, non vi curate più di loro, limettete la briglia sul collo, e fate più conto che non perisca-no i vostri animali, di quello che non si perdano l'anima ivostri figliuoli. Dunque non è poi maraviglia, se vediamo ifigli scapestrati e disobbedienti ai loro genitori; non è poimaraviglia se questi stessi figli si rivoltano come cani ai loromaggiori, e se li levano il rispetto e li mangiano colla rabbia.Il tutto deriva, perché hanno avuta poca educazione, perchéparve ai padri e alle madri troppa fatica il procurare diadempiere questo loro sacrosanto dovere. Ma se i padri e lemadri devono imitare san Giuseppe per allontanare daipericoli i loro figliuoli, se devono assoggettarsi a tutte le fati-che, a tutti i disastri inseparabili del loro ufizio, anche ifigliuoli devono imitare Gesù Bambino col sottoporsi dibuon animo a chi ha cura di loro. Per mezzo della loro doci-lità devon procurare di essere irreprensibili nella condotta enei portamenti, devono obbedire in tutto ciò, che non è pec-cato ai loro genitori, devon portarli amore, riverenza erispetto, e guardarsi bene dal dar loro risposte, che possano

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dispiacerli ed affliggerli. Devono insomma procurare, chenon riesca tanto gravoso ai poveri genitori il loro governo ela loro premura, che per essi continuamente si prendono.

[269v.] Ma non è egli vero, figli e figlie, che voi invece fatetutto il contrario? Non è egli vero, che la volete far da padro-ni, ed invece di obbedire ai vostri maggiori li volete coman-dare? Non è egli vero, che non ne possono aver bene di voi,che li levate tante volte il rispetto dovuto, che volete vivere avostro capriccio, che non date retta alle loro buone esorta-zioni? Sappiate, figlioli cari, che questa non è la maniera divivere da veri cristiani e come vi comanda il Signore: sap-piate, che il vostro dovere è di star sottoposti, ed obbedientiin tutto, e per tutto ai vostri genitori, e rammentatevi anco-ra del conto strettissimo che render dovrete al Tribunale diDio se non li avrete obbediti. E non solo i padri e le madri, enon solo i figli e le figlie, ma tutti quanti noi siamo, dobbia-mo sottoporci alle fatiche gravi e diverse, che seco portano inostri impieghi, i nostri doveri, se non vogliamo aggravarcil'anima di peccato, se non vogliamo farci rei davanti all'Al-tissimo.

Un'altra riflessione far dovete sopra il Vangelo di questamattina, e dovete considerare, che per tenere lontana l'ani-ma vostra dal peccato, bisogna che sfuggiate tutti quei peri-coli e tutte quelle occasioni, che vi fanno cadere in esso. Ilglorioso san Giuseppe, per togliere dalle mani di Erodeempio tiranno il Bambino Gesù, se ne andò nell'Egitto, edivi rimase finché tolto non fosse dal mondo quel Re scellera-to. Anche voi, cristiani miei, se cader non volete sotto lemani del demonio, se non volete restar presi nella sua rete,state lontani da tutto ciò, che può far cadere l'anima vostra,e che può farvi in un istante preda di eterna morte. Ponen-

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dosi a bella posta nelle occasioni, e voler pretendere di con-servarsi innocenti, è una gran vana presunzione, è un ten-tare Iddio, che ci comanda di allontanarci dai pericoli, senon vogliamo cadere in essi. Il mettersi continuamente nelleoccasioni di peccato, e non fare il peccato, non può essereche un gran [270r.] miracolo, ed invano da noi si presume,mentre ce ne assicura lo Spirito Santo, dicendo, che chiun-que ama il pericolo, in esso perirà sicuramente: “Qui amatpericulum in illo peribit”.

Se ciò è vero, come è verissimo, essendone fatti certi dal-l'esperienza, ditemi un poco, come potranno star lontani daipeccati quei giovinotti,e quelle fanciulle, che la durano peranni ed anni in tresche, in amoreggiamenti cattivi, in con-versazioni pericolose, in occhiate troppo frequenti, in discor-si vani e troppo liberi? Se ciò è vero, come è verissimo, inqual modo potranno star lontani dalle ubriachezze quei tali,che se ne stanno tutto giorno nei bagordi e nelle osterie?Come potranno star lontani dalle esecrande bestemmie que-gl'altri, che frequentano i giochi, i circoli, e i ridotti, dove siha sempre in bocca il nome di Dio, e dove si dispregia, e sicalpesta peggio del fango della terra? Se ciò è vero, come èverissimo, ditemi dilettissimi, come potranno guardarsidalle mormorazioni quelli che praticano certe case, certepersone, presso le quali si cerca sempre di infamare questoe quello, di togliergli l'onore e la riputazione? Come potran-no guardarsi dal peccato quelli, che hanno dei cattivi com-pagni, co’ quali senza vergogna e senza rossore si fa di ognierba un fascio? Io ho sempre sentito dire, che chi bazzica lozoppo impara a zoppicare, e chi si pone nel pantano èimpossibile che ne riesca pulito: e poi me lo dice lo SpiritoSanto nei Salmi, che frequentando buone persone, riescirò

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ancor io una persona dabbene, e conversando cogl'empi nesortirò pervertito: “Cum sancto sanctus eris, et cum perversoperverteris”.

Dunque, fratelli miei, se vogliamo stare in grazia delSignore, bisogna sortire dal dominio di Erode, come secon-do il Vangelo fece san Giuseppe, Gesù e Maria, bisogna cioèfuggire le occasioni del peccato, che sono tan[270v.]ti osta-coli, opposti alla nostra eterna salute. Se noi vogliamo essercoronati nel cielo in compagnia di Giuseppe, bisogna fare,come esso fece; bisogna cioè adempire con ogni sollecitudi-ne ai nostri doveri, e non lasciarci sorprendere dal tedio edalla fatica, che seco dietro si portano.

Domenica fra l'Ottava dell'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come il fanciul-lo Gesù cresceva e si fortificava, essendo ripieno di sapien-za, e la grazia di Dio era in lui. Suo padre e sua Madreandavano tutti gl'anni a Gerusalemme per la Festa diPasqua. E allora quando fu giunto all'età di dodici anni, viandarono secondo il consueto al tempo della festa. Dopoche furono passati i giorni della festa e mentre se ne ritor-navano, il fanciullo Gesù resta in Gerusalemme senza chesuo padre e sua Madre se ne accorgessero; e pensando, chefosse con qualcheduno de’ suoi compagni, camminaronoper un giorno, e lo cercavano fra i loro parenti e conoscenti;ma non avendolo ritrovato, ritornarono a Gerusalemme percercarlo. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio in mezzo aiDottori, che li udiva e li interrogava: e tutti quelli che l'a-scoltavano restavano ammirati dalla sua sapienza e dellesue risposte. Allorché dunque lo videro, furon ripieni di stu-

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pore, e sua Madre gli disse: Mio Figlio, perché avete agito intal maniera con noi? Ecco, che vostro padre ed io vi cerca-vamo tutti afflitti. Egli li rispose: Perché mi cercavate voi? Enon sapete che devo occuparmi in quelle cose, che riguar-dano mio Padre? Ma essi non comprendevano ciò, che voleadir loro. Quindi se ne va con loro, e viene a Nazaret, ed eraa loro soggetto. Ora Maria santissima conservava tutte que-ste cose dentro al suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza,in età e in grazia davanti a Dio, e presso le persone. Fin quil'odierno sacrosanto Vangelo.

Il nostro Signor Gesù Cristo, dilettissimi, in tutta la suafanciullezza è stato il modello e l'esemplare di noi altri cri-stiani, che per grazia del Signore militiamo sotto il [271r.] dilui Stendardo. Ci dice il Vangelo, che esso cresceva insapienza, in grazia e in virtù innanzi a Dio e davanti agl'uo-mini. Dunque, se esso è stato il nostro esemplare, anche noiprocurar dobbiamo di imitarlo col crescere sempre più ingiustizia ed in santità. Se esso dunque è il nostro modellodobbiam ancor noi adoprare la diligenza possibile per viveresecondo i suoi esempi ammirabili di perfezione e secondoquello che ci detta la sua celeste dottrina. E però in ognigiorno di nostra vita dobbiamo affaticarci senza mai cessa-re, per togliere dal nostro cuore tutte quelle affezioni terre-ne, che ci tengono immersi nelle cose del mondo, e peracquistarci quelle virtù, che ci mancano, necessarie allanostra eterna salute. Vedete, cari miei, se noi ci emendassi-mo anche da un solo difetto, da un solo peccato all'anno,potremmo arrivare al punto di morte purgati affatto da ognimacchia, e così conseguire l'eterna felicità del Paradiso, chesta riserbata alle anime buone, a quelle anime, che nelcorso di loro vita seppero combattere contro le tentazioni del

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demonio e contro le passioni sfrenate della carne. Ma ilmale sì é, che noi pensiamo a contentare il corpo in tuttoquello che vuole, e all'anima non ci pensiamo mai, non cispendiamo neppure un solo momento. Dunque, principia-mo una volta ad imitare il nostro divin Redentore, ed appro-fittiamoci di tante grazie, che Dio continuamente ci compar-te in gran copia col crescere sempre di virtù in virtù, finchénon giunga per noi il fine del viver nostro.

Abbiamo udito anche dal Vangelo, che Maria santissimaessendo andata a Gerusalemme nel tempo della Pasqua,perse il suo Figlio Gesù, e in quei tre giorni che lo tenneperduto non fece altro che piangere e sospirare. Anche ipeccatori, cristiani miei, hanno perduto il loro Signore acagion del peccato, e non conoscono punto la gran disgra-zia, che hanno incontrata, o almeno non la vogliono cono-scere, e fanno i sordi alle divine chiamate e non [271v.] sicurano mai di ritornare in grazia. Ma se Maria tanto siafflisse per averlo perduto, e come va poi, che questi pecca-tori non piangono per averlo perduto, se ne dormono inpace, e non cercano di ritrovarlo? Ciò accade perché essinon intendono cosa vuol dire aver perduto Iddio col peccato.Dicono, noi facciamo quel peccato non per perdere Iddio,ma per pigliarci quel piacere, quella roba d'altri, quella ven-detta; e lo dicono perché non intendono bene cosa vuol direpeccato, cosa vuol dire offendere, e disprezzare Iddio. Iddioè una maestà infinita di fronte al quale tutti i Re della terrasono un niente. Egli è così grande, che le creature tutte afronte di lui sono tanto piccole, come se non vi fossero;Iddio è insomma quegli, che li ha creati, che li ha redenti,che li ha nutriti col suo Sangue e li ha resi suoi figliuoliadottivi. E cosa mai è l'uomo? “Saccus vermium, cibus ver-

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mium”, risponde san Bernardo: un sacco di vermi, che lodivoreranno nella sua sepoltura. È un miserabile, che nien-te può, niente ha, niente da per sé stesso conosce. Eppurequest'uomo, questo niente, ha l'ardire di offendere e di stra-pazzare un Dio così grande.

Ecco dunque, o peccatori, fino a qual segno è giunta lavostra malvagità; ecco quanto è mai grande l'ingiuria e ildisprezzo, che avete fatto a Dio! Ingrati, vi dice Iddio, voi miavete perduto a bella posta, mi avete voltato le spalle col-l'andar dietro ai vostri pravi desideri, vi siete da me allonta-nati, mentre io non mi sarei mai separato da voi; questo velo dice per bocca di Geremia, di questo si lamenta, perché vivuol sempre bene, e desidera davvero che voi facciate ritor-no a lui e che lo ricerchiate con grande premura, come feceMaria santissima in quei tre giorni, che lo tenne perduto.“Tu reliquisti me, dicit Dominus, retrorsum abiisti”.

Si legge nell'Esodo, che Dio mandò il suo servo Mosè alFaraone Re dell'Egitto, acciocché da parte sua gli intimassea lasciare in libertà il popolo di Israello; ma il superbo Rerispose: “Quid est Dominus?”. Chi è questo Signore, che micomanda di lasciare andare il suo popolo? Non lo conosco:voglio fare come mi piace. Così rispondono i peccatori osti-nati, che hanno perduto Iddio col peccato, [272r.] e non lovogliono ritrovare.

Dicono essi, se non colle parole almeno coi fatti: Signore,voi mi comandate, ma io non voglio obbedirvi, mi comandateche io perdoni quell'ingiuria, ma io voglio vendicarmi: mi dite,che faccia le cose giuste, che restituisca quella roba rubata,ma io voglio pigliarmela; volete, che io mi astenga da queipiaceri disonesti e brutali, ma io non voglio astenermene;volete insomma, che io vi ricerchi quando ho sempre tempo

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di ritrovarvi, che vi invochi di cuore quando mi siete vicino,ed io non vuo’ ritrovarvi, non mi curo di voi, voglio restarme-ne nel mio peccato: “Quid est Dominus, ut audiem vocemejus?... nescio Dominum”. Questo è il linguaggio, che adoperail peccatore ostinato, quando se la vuol passare allegramentenello sfogo delle maledette passioni. Ma per qual motivo, opeccatori, avete perduto il vostro Dio, per qual motivo vi sietedati in preda al peccato? Ah! risponde per voi Ezecchiello:“Violabant me propter pugillum hordei, et fragmentum panis”.Per un pugno di orzo, per un pezzo di pane. Per un fumo divano orgoglio, che presto sparisce, per uno sfogo di collera,per un gusto da bestia. Dunque vi siete lasciati vincere daldemonio così facilmente, vi siete lasciati ingannare da questoamico maligno, che altro non cerca, che di strascinarvi secoall'Inferno? Dunque presso di voi valea più quella vile soddi-sfazione, che la grazia di Dio? quel piacere brutale, che l'amo-re divino? Dunque avete posposto il vostro Dio alle cose mise-rabili di questa terra, che presto finiranno per voi, e più pre-sto di quello che vi pensate?

Il Tiranno fece porre avanti a san Clemente un mucchiodi gemme, di oro e di argento, e disse che gliele avrebbedate, se rinunziava alla fede di Gesù Cristo. Il santo alloradiede un gran sospiro, e cominciò a piangere considerandola cecità degli uomini, che mettono a confronto un poco diterra con un Dio tanto grande, e con invitta pazienza diedeil suo corpo ai tormenti, e volle morire piuttosto chemostrarsi ingrato al Signore. Dicessero pur così i disgraziatipeccatori, quando il diavolo li tenta; ma essi invece si attac-cano a certi miseri beni, e lasciano Dio, e disprezzano Dio,che è [272v.] un bene infinito, e che solo può farli contenti.Si lasciano dominare dalle proprie passioni, si lasciano

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prendere dal demonio, e da per sé stessi si ingannano, sifanno una coscenza falsa ed erronea, e fra di loro vannodicendo: Questo non è poi gran peccato; Iddio è di miseri-cordia; noi siamo di carne, siamo fragili, eh! tiriamo innan-zi, il Signore ci compatirà.

Ah! inganno funesto, che ne porta tante anime all'Infer-no; oh! temerità troppo putente! E non sapete, o miseri, chevoi disgustate il Signore, che vi ha fatti, e vi fa continua-mente un'infinità di benefizi? Che voi disgustate un Signore,che per salvar l'anima vostra ha voluto morir sopra di unacroce, ha voluto spargere tutto il suo preziosissimo sangue?E non sapete, o miseri, che così facendo vi rendete indegnidel perdono, vi private di tante grazie, e correte il rischio didannarvi per sempre? E fino a quando vorrete restarvenecosì induriti di cuore, amanti della vanità e delle menzogne,e fino a quando ve ne starete lontani dal vostro Dio, chetanto vi ama, che vi aspetta con pazienza da gran tempo, eche è sempre pronto per abbracciarvi e stringervi al suoseno amoroso? Ah! non più così, figliuoli cari, non stancatedi più la misericordia del Signore! Considerate quanta granmala cosa sia l'aver perduto Iddio col peccato. Ricercatelosubito per mezzo di una buona e santa Confessione, permezzo di un vero dolore e di un fermo proposito, e quandol'avrete trovato badate bene di non mai più perderlo. Fatecome fece Maria, conservate nel vostro cuore le verità, chevi sono annunziate in questa mattina, state uniti e stretti aDio per mezzo della grazia, e se volete esser veri cristiani,imitar dovete il fanciullo Gesù, col crescere di giorno in gior-no, di anno in anno nelle buone e sante operazioni, e saretefelici.

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Per la 2ª Domenica dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come in queltempo si fecero le Nozze a Cana di Galilea, e Maria santissi-ma Madre di Gesù vi fu invitata; e vi furono anche invitatiGesù ed i suoi Discepoli, ma nel mentre che erano a pranzovenne a mancare [273r.] il vino, e la Madre di Gesù disse alsuo Figlio: Essi non hanno più vino; ed egli gli rispose: Cosaimporta a voi, o Donna e a me, se non hanno più vino? Nonè per anche giunta la mia ora. Maria santissima disse aquelli, che servivano a tavola: Fate tutto ciò, che vi dirà mioFiglio. Bisogna sapere, che nella casa del convito vi eranosei gran vasi di pietra, che tenevano per ciascheduno due otre misure, e che erano in uso presso gl'ebrei per farvi lepurificazioni. Gesù disse loro: Empite i vasi di acqua; edessi li empirono tutti. Allora di nuovo li disse: Attingeteadesso, e portatelo al Cantiniere, ed essi lo portarono. Appe-na il Cantiniere ebbe assaggiata l'acqua mutata in vino, nonsapeva da dove veniva (gli altri ministri poi sapeano bene diaver messo dell'acqua nei predetti vasi), ed avendo chiamatolo Sposo, gli disse il Cantiniere: Tutti gli uomini al principiodella tavola mettono il vino migliore, e quando i commensalihanno bevuto a sazietà, mettono il peggiore; ma voi avetesempre riserbato sin'adesso il buon vino. Questo è stato ilprimo miracolo di Gesù, che fu fatto a Cana di Galilea; emanifestò la sua gloria, e i suoi Discepoli credettero in lui.Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Sopra l'invito fatto a Gesù Cristo ed a suoi discepolidallo Sposo del Vangelo alle nozze di Cana vi dirò pocheparole, perché voglio che il mio discorso si raggiri in questamattina sopra di altra materia per voi molto importante.

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Voglio pertanto che riflettiate per un momento quanto siagrande ed eccellente la dignità del Matrimonio, mentre daCristo nostro Signore è stato inalzato nella nuova legge algrado sublime di Sacramento, e come ce ne ha informatistamane il sacro Testo, egli stesso in compagnia della suacara Madre e de’ suoi diletti Discepoli volle ritrovarsi adassistere a quel Matrimonio, che fu celebrato in Cana diGalilea, dove l'acqua fu mutata in vino per un miracolodella sua onnipotenza. Sacramentum hoc magnum est, cidice l'Apostolo san Paolo.

Questo Sacramento del Matrimonio è grande, perché dauna parte ci rappresenta l'unione di Gesù colla sua Chiesa,e dall'altra arricchisce della grazia divina i fedeli, che tra diloro si congiungono in santo nodo, e si mantengono fedelil'uno all'[273v.] altro ne’ propri doveri fino alla morte. E peròconcepir ne dovete una stima ed una riverenza maggiore diquella, che forse fino a qui ne avete avuta. Prima di contrar-re questo santo Sacramento dovete raccomandarvi al Signo-re, perché vi faccia conoscere la sua volontà, se siete chia-mati o no a questo stato, che dietro si porta moltissimeobbligazioni. Il fine che dovete avere nel contrarlo, deveessere la maggior gloria del Signore e la maggiore facilità disalvarvi in questo stato; e se volete che alle vostre nozze viintervenga Gesù e Maria, badate bene di non andare alMatrimonio con fini storti e mondani, badate bene di noncontrarlo per capriccio o per interesse, e non fate precederetanti amoreggiamenti, che sono la causa di una infinità dipeccati, e la peste funesta, che ammorba la anima dellamaggior parte dei cristiani. Quando avrete contratto questoSacramento, vivete in santa pace ed in santa armonia, comevi comanda il Signore, considerandovi come una sola carne,

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aiutandovi l'uno coll’altro scambievolmente nei propri biso-gni, ed allevando nel santo timor di Dio quei figli, che daesso vi sono dati come pegni del vostro amor coniugale.

Ma ho detto fin da principio di volervi trattare l'altracosa, e di volervi fare altre considerazioni sopra il Vangelo diquesta mattina. Sicché dovete riflettere quanto sia grande lapotenza di Maria per ottenerci le grazie, che da Dio deside-riamo. Sebbene paia a prima vista che Gesù Cristo allenozze di Cana ripugni al desiderio della sua Madre, che lopregava in favore degli Sposi, pure resta commosso dalla dilei preghiera, e muta in vino quell'acqua, che esso avea fattoportare nei vasi dai servi. Così è, dilettissimi: la Verginsanta è di un merito tanto grande presso Dio, che le suedimande a favore di noi miseri non possono essere rigettate,perché sono preghiere di Madre, ed hanno una certa ragio-ne di comando avanti a Gesù Cristo suo diletto Figlio, chel'ama con amore infinito; e perciò è impossibile, che da luinon sia esaudita. Quindi è, che l'aiuto di questa divinaMadre vien chiamato da un Dottore, onnipotente: “Omnipo-tens auxilium tuum, o Maria”. Sì, perché è giusto che il Figliocomunichi la sua potestà alla Madre, sì, perché un figlio ditenere viscere, come è Gesù, non potrà mai contraddire aquello che gli ha dato l'esistenza; e pertanto il Figlio [274r.]che è onnipotente, ha fatto onnipotente la Madre per quantoè capace una creatura, cioè in ottenere dal Figlio quanto glidimanda. Un giorno santa Brigida intese Gesù Cristo, checosì parlava a Maria: Cara Madre, chiedetemi pure quantovolete, perché io tutto a voi concedo; vi concedo tutto, per-ché a me non negaste cosa alcuna in terra, e se voi non minegaste cosa alcuna in terra neppur io ve la posso negare inCielo. Dunque avea ragione san Bernardo a dire, che in

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terra non si concede grazia agl'uomini, se prima non passaper le mani di Maria.

Perciò, peccatori, peccatrici, se mai qui siete, ricorretepure con fiducia alla gran Madre di Dio, che ella vi otterrà dalSignore quanto gli dimandate: ella vi salverà colla sua inter-cessione dalle mani del demonio in cui siete caduti a cagiondel peccato, ella vi porgerà tutti quell'aiuti e tutte quelle gra-zie, che vi sono necessarie per conseguir la vostra eternasalute. Ella ha salvato tante anime, che oramai si eran datealla disperazione, tante che si erano vendute al diavolo; dun-que anche noi, per quanto possiamo essere aggravati di colpemortali, per quanto possiamo essere ingolfati ne’ cattivi abitie nelle prave consuetudini, procuriamo di ritrovar Maria, dacui è stata ritrovata la grazia, se vogliamo ricuperarla. Tuttociò che desideriamo da Dio, cerchiamolo per mezzo di Maria eci sarà concesso; perché ella è Madre, e quando domanda alFiglio qualche grazia per noi, subito subito viene esaudita:“Quaeremus gratiam, et per Mariam quaeremus; quia Materest, et frustrari non potest”. Così san Bernardo.

Ma se Maria è potente per ottenerci da Dio quanto leaddimandiamo, altrettanto è pietosa per sovvenirci in tutti inostri bisogni. Che ciò sia vero l'abbiamo udito dal santoVangelo: manca il vino agli Sposi e per tal mancanza essistanno afflitti; e niuno di quella casa dice a Maria, che preghiil Figlio a consolarli in tanta necessità; ma il cuor di Maria,avvezzo sempre a consolare gli afflitti, si rivolge al Figlio, e loprega del miracolo, sebbene essa non ne fosse da alcuno pre-gata. Se dunque questa gran [274v.] Signora Maria santissi-ma fece tanto senza esser pregata, quanto poi non farà a chila invoca di vero cuore e a lei si raccomanda! Se dunqueMaria santissima fu tanto pietosa mentre dimorava su questa

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terra, quanto poi lo sarà colassù nel Cielo assorta in tantagloria alla destra del Figlio! Molto più, che adesso conoscemeglio i nostri bisogni di quando se ne stava nel mondo! Inessa è cresciuta la compassione verso di noi, adesso in lei ècresciuto il desiderio di farci delle grazie, perché vuole conDio la salvezza di tutto il genere umano.

Ah! no, non è possibile, che questa amorosa Madre sap-pia, e conosca una persona nei patimenti e nelle miserie, enon la compatisca, e non la soccorra. Quando un peccatoreumiliato e contrito ricorre a questa gran Regina, ella nonguarda alla moltitudine dei peccati, che porta, ma guardabensì alla sua buona intenzione, che ha di emendarsi, lonasconde sotto del suo bel manto, e lo presenta al tronodella divina misericordia per farli ricuperare la grazia per-duta. Se gli occhi di Dio rivolti sono sempre sopra delleanime giuste, secondo il detto del real Profeta, gli occhi peròdi Maria rivolti sono sopra dei giusti e sopra i peccatori;sopra dei giusti per difenderli dagli assalti del nemico Infer-nale, e sopra dei peccatori per strapparli una volta dalle suemani crudeli; come appunto fa una tenera madre, che sem-pre mira il suo bambolo diletto, perché non cada in qualchepericolo, e per rialzarlo, se mai vi inciampa. In Maria nientevi è d'austero: tutto è pietà, tutto è dolcezza, tutto miseri-cordia; ed in essa trovano rifugio i meschini, trovano salvez-za i rei per qualunque delitto abbiano mai commesso, e gliafflitti vi trovano consolazione. Diceva il Dottore san Bona-ventura, che quando guardava Maria, gli parea di veder lastessa misericordia: “Domina, cum te aspicio, nihil nisi mise-ricordiam cerno”. Se dunque, cristiani miei, Maria è tantopotente a salvarci, se essa è tanto pietosa a volerci accordardelle grazie, ricorriamo pure pieni di fiducia a pregarla, que-

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sta buona nostra Madre di misericordia, che sempre staapparecchiata ad aiutarci nei nostri bisogni. Udite quantoaccadde a santa Maria Egiziaca. Essa dopo aver menatauna vita dissoluta e cattiva per tanti anni, volea un giornoentrare nella Chiesa di Gerusalemme, dove celebravasi laFesta di santa Croce. Ma Iddio ecc. ecc. ecc...

[275r.] Così anche voi dilettissimi, se volete ricevere dellegrazie, ricorrete a Maria, e se bramate di salvar l'animavostra e di farvi santi, abbiate fiducia in questa Madre diMisericordia. Onoratela con recitarle in famiglia il Rosario,con dirle la mattina e la sera tre Ave Maria alla sua sacra-tissima purità, con dirle questa giaculatoria: Mamma mia,aiutatemi in questo giorno, in questa notte, e liberatemi dalpeccato. Salutatela quando passate da qualche sua immagi-ne con dire: Dio vi salvi, Madre di misericordia. Entrate inqualche Congregazione a onore di lei, e specialmente porta-te l'abitino de’ Dolori. Vedete, si leggono un'infinità di mira-coli operati da Maria a favore di quelle persone, che sonostate devote de’ suoi acerbissimi dolori, che patì nella Pas-sione e nella morte del suo Figlio Gesù. Insomma nonlasciate passar giorno senza esercitarvi in qualche devozio-ne di Maria, ed essa vi aiuterà col suo potente patrocinio invita ed in morte, e dopo morte ancora.

Per la 3ª Domenica dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo, essendo entrato in Cafarnao, un centurione venne atrovarlo, e così lo pregava: Signore, il mio servo è malato diparalisia, ed è tormentato estremamente. Gesù gli rispose:Io verrò, e gli renderò la salute. No, disse questo Centurio-

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ne, non son degno, o Signore, che voi entriate nella miacasa; ma dite una sola parola, ed il mio servo sarà sanato...Ed il Salvatore, vedendo la sua fede, lo consolò, ed in quellastessa ora il di lui servo riacquistò la salute... Quindi rivoltoa’ suoi Discepoli Gesù Cristo li disse: in verità, in verità io vidico, che in tutto Israello non ho ritrovato tanta fede; e chemolti verranno dall'Oriente e dall'Occidente ed entrerannonel Regno de’ Cieli con Abramo, Isacco, e Giacobbe, e i figlidel regno saran gettati nelle tenebre esteriori, dove ritrovasiil pianto e lo stridore de’ denti... Così l'odierno sacrosantoVangelo.

Le riflessioni, che far dovete, fratelli miei dilettissimi,sopra di ciò, che avete udito dal Vangelo, si ritrovano versola fine del medesimo in quelle parole: “Multi ab Oriente, etOcciden[275v.]te venient, et recumbent in Regno Caelorum;filii autem Regni ejicentur in tenebras exteriores”. Vale a dire,che molti nati in mezzo agl'infedeli si salveranno coi Santi inParadiso, e tanti altri, che nati per buona fortuna in grembodi santa madre Chiesa anderanno perduti coi Demoni all'In-ferno a cagione delle loro infedeltà e dei loro peccati, che liresero ribelli ad un Dio tanto buono e misericordioso. Dove-te riflettere, che i rimorsi, da cui saranno agitati questirebrobi, sono crudeli al di sopra di ogni credere: “Ibi erit fle-tus, et stridor dentium”. Questo verme, che li morderà leviscere, deve essere insopportabile, perché vedranno essiquanto poco di bene far doveano e non l'hanno mai fatto.Vedranno, che i giusti si sono salvati per tanto poco; si sonosalvati cogli stessi mezzi, colle stesse grazie, che anche aloro furon concesse dalla bontà del Signore, e forse anchecon mezzi, con grazie minori, ed essi al contrario si sonodannati; ed allora pieni di rabbia e di disperazione saran

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costretti ad esclamare col Savio... Ah! noi miseri, noi insen-sati! Credevamo, che la vita dei buoni fosse stupidità, fossepazzia; ci facevamo beffe di loro mentre dimoravano sullaterra, ed ecco, che quelli sono ora annoverati fra i Santi nelCielo, e noi ci troviamo qui in queste fiamme, in questiardori nell'Inferno. Ah! diranno i miseri, se noi ci fossimoastenuti da quel peccato, se si era vinto quel rispettoumano, fuggita quell'occasione, quel cattivo compagno, nonci ritro-veremmo in questo fuoco. Se noi ci fossimo confes-sati più spesso, se avessimo veramente abbandonato ilmaledetto vizio, come tante volte abbiamo proposto diabbandonarlo, se nelle tentazioni del demonio ci fossimoraccomandati di cuore al Signore, non saremmo certamentetormentati in questi carboni ardenti.

Questi saranno, fratelli miei, i lamenti, le grida disperatedei poveri dannati! Crescerà poi la pena, il tormento di que-sto rimorso, quando rifletteranno i dannati a’ tanti buoniesempi, che ricevuti aveano da giovani, dai vecchi suoi pari,i quali pure vissero in mezzo al mondo come loro, ma seppe-ro bensì tenere dal mondo distaccato il cuore. Crescerà que-sto rimorso alla considerazione di tante grazie, di tanti doniconcepiti dal Signore, per conseguirne la loro eterna beati-tudine, [276r.] doni tutti accordatili dal pietoso Iddio nonper sopraffare gli altri, non per insuperbirsi e millantarsi,non per vivere tra piaceri disordinati di questa terra, ma peril solo unico oggetto di servirlo davvero, e così guadagnarsila gloria del Paradiso. Crescerà questo rimorso dei poveridannati al considerare quanto per loro avea fatto il Signore,quante volte li avea chiamati amorevolmente a penitenza,quanto tempo li avea aspettati, quante buone ispirazioni edillustrazioni celesti li avea accordate, ed essi quasi come per

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dispetto non hanno mai voluto approfittarsene; ed in questofrattempo comparendoli l'Angelo del Signore con voce difurore e di sdegno farà tuonare a loro orecchi quelle terribiliparole dell'Apocalisse: “Et tempus non erit amplius”. Per voiinfelici non vi è più tempo di salutar penitenza. Tutti questiriflessi, tutte queste tetre immagini saranno tante spadecrudeli, che passeranno da banda a banda il cuore di queimiseri, che si ritrovano nel carcere tenebroso dell'Inferno.Esclameranno pure: Se noi si pativano quelle pene, cheabbiamo sofferte per soddisfare i nostri capricci, per com-mettere il peccato, se noi si pativano per amor di Dio, ci sitroverebbe contenti: se noi facevamo per salvarci quello chefatto abbiamo per dannarci, adesso potremmo essere incielo coi Santi. Ah! rimorso terribile per i dannati, più fune-sto e penoso del fuoco, e degl'altri tormenti, che nell'Infernosi soffrono!

Ma questo è poco: un altro rimorso più crudele, che pro-veranno i reprobi per sempre, sarà nel considerare al pocoper cui si son perduti. Si sono perduti per una soddisfazio-ne momentanea, che si presero nel mondo, per quel piaceremaledetto, che provarono nel commettere il peccato, e chepassò come un sogno, ma la pena che per esso si son meri-tati dovrà durare in eterno in quell'abisso profondo, dove litoccherà stare ad ardere disperati ed abbandonati da tutti.A noi che viviamo su questa terra la vita passata di 30, di40, di 80 anni non ci sembra, che un momento. E ai danna-ti, ditemi un poco, cosa li pareranno quelli anni anche mag-giori, che passarono tra le delizie di una vita animalesca, elibertina, tra i piaceri della carne e del senso, ora che siritrovano in quelli eterni dolori, e ve ne dovran [276v.] pas-sare centinaia, migliaia, e milioni, e poi dovran rifarsi da

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capo senza mai più finire? Già, che anche in questa vita ilpeccatore non vive mai felice, non sta mai quieto in coscen-za, perché il suo peccato gli sta sempre davanti gli occhi, lorimprovera e lo tormenta, e quel gusto che prova, quel pia-cere che rileva dallo sfogo delle passioni dura un momento,e rilascia nel suo cuore una smania, un'inquietudine, unrimorso, che non lascia aver bene. Quella contentezza chehanno i malviventi non è vera, ma falsa, e se vogliono con-fessare la verità, diranno, che quando erano in disgrazia diDio, non sono stati mai bene.

Se vogliono gustare quanto sia soave e piacevole il Signo-re, provino un poco a viver da veri cristiani, e conoscerannoallora, che sta meglio un'anima in grazia di Dio mentre ritro-vasi nelle tribolazioni e nelle miserie, che i peccatori con tuttii loro spassi, coi loro divertimenti, e con tutte le ricchezzedella terra. Ma questo poco rileva; quello che peggio è,dovranno piangere e sospirare per tutta quanta l'eternità ilpiacere di un solo momento. Si legge nel Libro dei Re, cheSaulle fece un'ordine, stando nel Campo, e vietò a tutti sottopena della vita di cibarsi di qualsivoglia cosa: Gionata suofiglio, essendo giovane, ed avendo fame, mangiò un poco dimiele; ed il padre subito che lo riseppe, comandò, che si ese-guisse l'ordine e che si desse la morte al figlio disobbediente.Onde il povero figlio esclamava piangendo. Come per unpoco di miele dovrò io essere giustiziato colla pena di morte?Cosi, fratelli miei, esclamerranno i dannati nell'Inferno; perun poco di piacere falso, che ritrovammo nel peccato, dovre-mo noi esser soggetti a questa morte eterna peggiore di ognimorte perché non ci lascia mai morire? Sì, dovrà succederein questo modo, dovrà esser così certamente, e nessuno simuoverà a compassione di loro; che anzi tutti goderanno

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della loro giusta pena perché a causa di un breve piacerehan voluto perdere l'anima, il Paradiso, e Dio.

Ma tutto questo ancora non compisce l'Inferno dei dan-nati. Considerando essi, che per propria colpa hanno per-duto quel gran bene, che è Iddio, questo sarà il maggiorInferno, che possano mai soffrire quei disgraziati. Ondescrisse san Pier Grisologo che sono essi più tormentati dallaperdita del Paradiso e di Dio, [277r.] che dalle fiamme edalle stesse pene dell'Inferno: “Plus Caelo torquetur, quamGehenna”. Si contenterebbero essi, che li fossero accresciutimille Inferni anche più terribili, e che non restassero prividella visione di Dio; ma questa sarà per loro la pena mag-giore, il doversene stare per sempre separati da Dio bontàinfinita, creatore e conservatore benefico di quanto si ritrovanel mondo e nella eternità, e tutto questo per propria lorcolpa. Se uno che abbia perduto anche una piccola bagatel-la tanto si affligge e si addolora, e non trova mai posa, fin-ché non l'ha rinvenuta, qual pena sarà poi per i dannati nelpensare, che hanno perduto un Dio, e che l'hanno perdutoper sempre? Vedranno, che Iddio li volea salvi, ed avea rila-sciato in mano loro o la vita o la morte secondo quello più liaggradiva, giusta il detto dell'Ecclesiastico: “Ante hominumvita, et mors”. Vedranno, che se voleano, potean salvarsi, eper lo contrario si sono dannati. Vedranno nel giorno delgiudizio, che tanti loro compagni si son salvati, ed essi per-ché non hanno mai voluto finir di peccare, non hanno maivoluto smettere di offendere Iddio, si son dannati, e dannatiper sempre, hanno perduto il benigno Signore, e lo han per-duto per sempre. Questa pena li voderà le midolla degli ossi,non li farà mai ritrovar pace e riposo, li accompagnerà peruna eternità infelice. Sicché avranno in orrore loro medesi-

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mi, se la prenderanno contro se stessi, smanieranno peggiodi un vitello ferito, si arrabbieranno come cani mordaci. Ecostretti saranno a dir col Profeta: “Non est pax ossibusmeis, a facie peccatorum meorum”.

Ah! dunque, fratelli miei dilettissimi, se per lo passatoavete perduto Iddio a cagione dei vostri peccati, non segui-tate per carità ad essere così stupidi e folli, ma procurate dirimediare al mal fatto, or che ne avete sempre tempo. E seora non vi risolvete di mutar vita, chi lo sa che Dio non viabbandoni, e vi perdiate per sempre? E però quando ildemonio vi tenta rammentatevi dell'Inferno, ed allora saràben difficile, che vogliate offendere Iddio. Rammentatevi del-l'Inferno, e ricorrete a Gesù, a Maria, ed essi vi libererannodal peccato.

[277v.] Per la Domenica 4ª dopo l'Epifania

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come in queltempo Gesù, essendo in compagnia de’ suoi Discepoli entròin una Barca. E subito dopo si sollevò una tempesta sìgrande, che la barca era ricoperta dai flutti; ed in quel men-tre esso se ne dormiva. Allora i suoi Discepoli si accostaro-no a lui, e lo svegliarono dicendo: Signore, salvateci, noiandiamo in perdizione. Gesù li rispose: Perché temete voi, ouomini di poca fede? Ed alzandosi nel medesimo tempo,comandò ai venti e al Mare, che si acquietassero, e ritornòuna gran calma. Allora quelli, che erano presenti furonoripieni di stupore e di maraviglia, e dicevano: Chi è questi acui obbediscono i venti ed il Mare? Fin qui l'odierno sacro-santo Vangelo.

Le riflessioni da farsi in questa mane sopra le parole del

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Vangelo sono, fratelli miei dilettissimi, molto facili ad ognu-no, che si mette a considerare di proposito, ciò che signifi-cano e la Nave in mezzo al Mare, ed i venti che muovono laburrasca. La nave agitata dalla tempesta significa l'uomo,che si ritrova nel mar burrascoso di questo mondo traditoree bugiardo. Siccome una Nave che muove dal Porto vaincontro ad una infinità di pericoli, va a rischio di incon-trarsi con dei Corsari, che la facciano loro preda, va arischio di trovare delle secche e non poter tirare più avanti,va a rischio di urtare in degli scogli segreti e di rompersi,così l'uomo cristiano in questa vita è circondato da millepericoli, dalle tentazioni cioè del demonio, dagli allettamentidella carne, dalle male occasioni, dai cattivi compagni, dalliscandali, che gli vengono dati, dai consigli perversi, dairispetti umani, e specialmente dalle passioni disordinate,che significate ci vengono dai venti impetuosi e furibondi,che mettono la nave in gran pericolo di perdersi. Sicché lanostra vita, al dire del Dottor san Leone, è piena di pericoli,di lacci e di nemici, tutti intenti alla nostra eterna rovina.

Il primo nemico che abbiamo della salute, nemico piùpotente e più crudele, siamo noi stessi; dicendoci l'Apostolosan Giacomo, che ciascuno è tentato dalla propria concupi-scenza, incantato ed allettato: “Unusquisque tenta[278r.]tura concupiscentia sua, abstractus, et illectus”. Oltre poi di noistessi, de’ nostri pravi appettiti, che ci stimolano al male,abbiamo un'altra infinità di venti cattivi, che fanno tutti iloro sforzi possibili per farci affogare nelle acque di questomare tempestoso. Abbiamo i Demoni, che ci combattono, cifanno guerra accanita e sono più forti di noi, e perciò biso-gna raccomandarsi incessantemente a Dio, affinché ci aiuti,e ci soccorra in tutti questi incontri pericolosi. Di più anche

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gli uomini, con cui costretti siamo a conversare, ci combat-tono la nostra salute; i quali o ci perseguitano, o ci tradisco-no, o ci adulano coi loro inganni, colle loro frodi e coi loromali consigli. Onde ci fa sapere sant’Agostino (e quand'an-che non ce lo dicesse esso, lo conosciamo purtroppo da noistessi per esperienza), che tra i fedeli in ogni professione visono degl'uomini finti, ingannatori, e bugiardi: “Omnis pro-fessio in Ecclesia habet fictos”.

Ditemi ora, se una Città fosse circondata al di fuori danemici potenti, e di dentro fosse pure ripiena di cittadinisediziosi, perfidi e traditori, come mai potrebbe più sussi-stere, e non essere ben presto debellata e vinta? In talestato è ciascuno di noi, mentre viene in questo mondo, esubito è cinto da mille nemici, circondato da mille ostacoli,che tutti si oppongono alla di lui salute, e se vuole restarevittorioso ha bisogno di combattere dalla mattina alla sera,dalla sua nascita fino alla morte, dicendoci lo Spirito Santoper bocca di Giobbe, che la vita dell'uomo è una guerra con-tinua sopra la terra: “Militia est vita hominis super terram”.E chi dunque potrà liberarlo da tanti inciampi, da tantipericoli e da tante miserie? Solo Iddio, fratelli cari, ce lopuol liberare, solo Iddio può concederli quelli aiuti e quellegrazie, che a renderlo vittorioso sono sufficienti. E qualimezzi potrà l'uomo adoprare per salvarsi da tanti e sì poten-ti nemici?

Il mezzo facile, che trovarono i Discepoli mentovati inquesta mattina dal Vangelo, cioè il mezzo di ricorrere al divi-no Maestro Gesù, e dirgli con viva fede: “Signore salvateci,altrimenti noi siamo perduti”. Deve insomma l'uomo farecome il Pilota, che nel tempo di una grande tempesta noncessa mai di guardare la stella, che lo guida al porto [278v.]

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tanto da lui desiderato. Sì, in questa misera vita noi dobbia-mo sempre tener gli occhi rivolti a Dio, che è ripieno di pietàe di misericordia, e che solo può liberarci dai nostri nemici,dai nostri pericoli. Così facea Davide; quando vedeasi cir-condato,, ed oppresso dai pericoli di peccare, rivolgea gliocchi ai monti santi di Dio, da dove gli venivano aiuti effica-ci e potenti. Il Signore per i suoi giusti disegni permettetante volte che noi siamo tentati, che siamo perseguitati inquesto mondo, e che siamo stretti da una infinità di perico-li, acciocché ci raccomandiamo continuamente a lui, e cosìmeritarsi la grazia di essere scampati e salvati. Le tentazionidel demonio, le persecuzioni degl'uomini, e tutte le avversitàche si soffrono, non sono mali, sapete, per noi; ma anzisono beni ordinati dalla divina Provvidenza, se noi sappia-mo servircene in bene come vuole Iddio, per distaccarcidagli affetti delle cose errate, per farci aborrire questomondo perverso, provando amarezze, e spine negli stessionori del mondo, nelle stesse ricchezze, nelle stesse delizie,spassi e divertimenti. Tutto questo Iddio lo permette affin-ché ci distacchiamo dai beni caduchi, ne’ quali incontriamotanti pericoli di perderci, e cerchiamo di unirci con esso,che solo può contentarci a pieno.

Ma noi invece facciamo tutto all'opposto da quello, cheda noi richiede il Signore; siamo tanto folli e insensati, chequando ci ritroviamo nelle malattie, nelle disgrazie, nellapovertà e nelle tribolazioni, invece di ricorrere a Dio, e dirglicon quei discepoli: Salvateci, Signore, perché ci troviamo ingran pericoli, ricorriamo agli uomini, che niente possono, emettiamo la nostra confidenza più in essi che in Dio; e daquesto deriva, che noi non troviamo alcun sollievo nellenostre miserie, che tanto ci affliggono. Mentre viviamo su

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questa terra bisogna sempre affaticarsi con gran premuraalla nostra eterna salute; ma siccome noi siamo circondatida tanti pericoli, da tanti nemici, che tutti vi si oppongonocon grande sforzo, perciò dobbiamo portarci in questo affa-re, come ci dice l'Apo[279r.]stolo, con gran timore, e tremo-re, riponendo sempre la nostra speranza in Dio, che è pienodi misericordia. E sapete perché? Perché temendo e treman-do ricorriamo più facilmente a Dio, onde implorare queimezzi, che ci sono necessari a salvarsi. Perché chi nonteme, chi non trema in questo negozio, troppo presume disé stesso, sta sicuro di salvarsi colle proprie forze, e cosìmerita di essere abbandonato da Dio, di essere rilasciato inbalìa delle proprie passioni, e di dannarsi eternamente. Ilprimo mezzo dunque per salvarsi è il raccomandarci semprea Dio, che ci tenga le mani addosso per non offenderlo mai.L'altro mezzo è di toglier dall'anima tutti i peccati commessicol farsene una buona confessione generale, perché la Con-fession generale è un gran rimedio per fare una vera muta-zione di vita.

Ma oh! pazzia dei mondani, invece di scaricare l'animadal peso, che la tiene aggravata, la caricano di un maggiorpeso: invece di sfuggire i pericoli di peccare, seguitano sem-pre a mettersi nelle occasioni, e invece di ricorrere alla mise-ricordia di Dio col chiedergli perdono dei peccati commessi,col chiedergli il dono della santa Perseveranza fino allamorte, non fanno altro che offenderlo, lo strapazzano a piùnon posso, e così lo costringono ad abbandonarli. Il terzomezzo è di non lasciarsi mai vincere dalle passioni sregolate.Signore, dicea l'Ecclesiastico, non mi lasciate accecare daqualche passione: “Animae irriverenti...”. Perché chi è ceconon vede, non conosce più quello che fa, e però è capace di

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fare ogni male. Così tanti si perdono con farsi dominare dallepassioni; chi dalla passione delle ricchezze, chi dalla passio-ne dei piaceri sensuali e cattivi, chi dalla passione della col-lera, dell'ira e della vendetta, ed intanto si avanzano verso ilsepolcro carichi di peccati e privi di buone operazioni; e nonsi ricordano mai, che per andare in Paradiso bisogna farsiviolenza, bisogna combattere dalla mattina alla sera controdi queste passioni sfrenate.

E sapete, non vale quella scusa, che apportano tanti: Mitrovo in mezzo al mondo, dove queste passioni continua-mente mi insultano contro mia voglia, e però non possoguardarmene. Perché, io rispondo, si può benissimo col-l'aiuto di Dio guardarsi dai peccati anche col vivere in mezzoal mondo; e vi salverete, se tenete il cuore distaccato dallecose create...

[279v.] Per la Domenica di Settuagesima

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse ai suoi Discepoli questa parabola: Il Regno de’Cieli è simile ad un padre di famiglia, che la mattina abuon'ora sortì di casa per mandare degli operai a lavorarenella sua Vigna, ed avendo convenuto di darli un danaroper mercede, li mandò al lavoro. Uscì di nuovo verso l'ora diterza, e veduti altri, che stavano sulla Piazza senza far nien-te, disse loro: Andate ancora voi a lavorare nella mia vigna,e vi sarà dato quello che è di giustizia; ed essi vi andarono.Verso l'ora di sesta e di nona sortì, e fece l'istesso. Final-mente all'ora undecima del giorno, uscendo di casa, netrovò altri, che stavano senza lavoro, li disse: Perché ve nestate qui tutto il giorno oziosi? Ed essi risposero: Perché

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nessuno ci ha invitati al lavoro. Ebbene, riprese, andateancora voi a lavorare nella mia vigna. Giunta la sera, ilpadre di famiglia disse al suo fattore: Chiama gli operai, epagali, cominciando dagl'ultimi venuti fino ai primi. Quellidunque, che erano andati a lavorare all'ora undecimaessendo venuti ebbero un danaro per ciascheduno. Quellipoi, che erano andati i primi al lavoro si pensavano di rice-vere di più, ma anche a loro fu dato un danaro, e fra loromormoravano, dicendo: Come? essi hanno trafficato appenaun'ora, ed hanno avuto quanto noi, che abbiamo faticatotutto il giorno. Il padre di famiglia, rispondendo a uno diessi, gli disse: Amico, io non ti faccio alcuna ingiuria. Nonavete forse convenuto meco di un danaro? Prendete dunquequello che dovete avere, ed andate in pace: se io voglio dareanche agl'altri quello che dò a voi, e non sono padrone difarlo? Ed il vostro occhio è maligno e cattivo, perché io sonbuono? Così gli ultimi saranno i primi, ed i primi gli ultimi;poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. Fin qui l'o-dierno sacrosanto Vangelo.

Sotto la similitudine della vigna, dove furon mandati dalpadre di famiglia gli operai a tutte le ore del giorno, ci vienesignificata, fratelli miei dilettissimi, l'anima nostra, cheappunto l'abbiamo ricevuta da Dio per coltivarla ad ognimomento colle opere buone, onde possa un giorno essereammessa alla gloria eterna del Paradiso, che deve essere lasua mercede, significataci nel danaro.

[280r.] Ma è una gran cosa, che l'uomo cristiano mentrecrede ciò che gli deve succedere, non sia poi compreso da unsalutare timore? È una gran cosa, che il cristiano creda lamorte, il giudizio, l'inferno ed il Paradiso, e poi viva come senon ci credesse, come se queste verità sacrosante di fede fos-

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sero favole ed invenzioni di belli ingegni, e non si affatichipunto nel coltivare la vigna dell'anima sua, solo scopo per cuiegli è stato creato? Molti anche fra i cristiani, e forse la mag-gior parte, vivono come se non avessero mai da morire, comese non dovessero mai comparire davanti al tribunale di Dio,come se per essi non ci fosse né inferno, né Paradiso. E forsenon ci credono? Sì, credono, ma non vi pensano né punto népoco, e così se ne vanno eternamente perduti. Ripongonotutta la loro premura nei negozi, negli affari terreni, usanotutta l'attenzione, perché li riesca vincere quella lite, ottenerequel posto onorevole e di lucro, il concludere quel Matrimonio:quanti mezzi, quante misure essi prendono! Si scordano perfi-no di mangiare, di dormire e di prendersi un giusto diverti-mento, un'onesta ricreazione! Ma per l'anima cosa si fa?

Ah! l'anima si manda in dimenticanza, all'anima non visi pensa, e si va dicendo: Vi penserò in mia vecchiaia, vipenserò al punto di morte. Ditemi, e chi vi assicura di vede-re lunghi anni, di arrivare all'età canuta? E quand'anche ciarrivaste (il che per altro è molto incerto) chi vi assicura dipotere affaticarvi per l'anima quando sarete inveterati neicattivi abiti, nelle prave consuetudini di peccare? E al puntodi morte avrete voi tempo di rimediare al mal fatto? E chi vene assicura? Morirete voi forse di una lunga malattia, oppu-re di una morte repentina, improvvisa, e subitanea? E nonvi vergognate dunque di così trascurare l'anima vostra, cheperduta una volta, tutto avrete perduto? Fratelli miei, vidice san Paolo, io voglio da voi che attendiate sopra a tuttoa fare il vostro gran negozio: “ut negotium vestrum agatis”,cioè che attendiate a coltivare come si deve l'anima vostraper conseguir poi l'eterna salute. Per le frascherie di mondo,per gli interessi temporali, per un poco di che, tutto fumo,

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tutta vanagloria, che presto finisce, si perdono molti l'ani-ma, che non deve mai finire. Se si perde una mano, ce neresta un'altra, se ci viene levato un occhio, ne abbiamo pureun altro per vederci, se ci va male un affare, possiamo rifar-ci in un altro, ma se uno [280v.] muore in disgrazia di Dio,aggravato di colpe mortali, perde l'anima, e non potrà maipiù rimediare a una tal perdita.

Se dunque non ci muove la preziosità, l'eccellenza dell'a-nima nostra a farne quel conto che si merita, essendo essacreata ad immagine e similitudine dello stesso Dio, cimuova almeno quello che ha fatto il nostro Signor Gesù Cri-sto per ricomprarla dall'Inferno, per liberarla dall'eternamorte. Ci muova quel Sangue, che ha sparso fino all'ultimastilla sopra di una Croce, ci muovano quelle pene, queidolori, che esso innocentissimo ha sofferti per noi. Egli diquest'anima nostra ne ha tanta stima, che gli è parso darpoco, il dare tutto se stesso per il di lei riscatto; egli di que-st'anima nostra ne ha tanta stima, ne ha tanta premura,che ad ogni momento vi pensa, ad ogni ora l'aiuta, e la soc-corre colle sue sante grazie, coi suoi santi lumi, e dolcemen-te l'invita ad affaticarsi con profitto, se vuole il danaro pro-messo ai suoi veri figli, ai suoi veri servi fedeli, se vuole cioèquell'eterna mercede, che in cielo tien preparata alle animebuone. Anche il demonio ne fa molta stima di questa animanostra, e per farsene padrone, per precipitarla all'Inferno adessere sua infelice compagna non dorme, non tralascia nes-suno artifizio, ma continuamente le gira all'intorno per divo-rarla e farla sua. E se il demonio tanto si affatica per dan-narvi, perché dunque voi dormite in un affare di tantaimportanza? Intendete bene, fratelli miei, se voi salvate l'a-nima, non importa che perdiate anche tutti i negozi, che

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avete in questo mondo, imperocché salvandovi, sareteappieno felici per una eternità: ma se d'altronde vi dannateuna volta, se andate all'Inferno, non vi gioverà niente l'esse-re stati felici in questo mondo, non vi gioverà niente l'avereacquistate ricchezze, onori e dignità, perché, perdendo l'ani-ma, tutto avrete perduto, e l'avrete perduto per sempre.

Sant’Ignazio di Loiola, quel gran santo, che tirò tanteanime al Signore, e colle sue prediche e col suo buon esempio,disse un giorno a san Francesco Saverio: Francesco, tu cheattendi qui in Parigi ai beni di terra, ed agli onori del mondotraditore e bugiardo, cosa mai aspetti in questa vita? Cosa tigioveranno le ricchezze che ti vengono promesse dal mondodopo la tua morte? le potrai forse portar teco? Allora France-sco diede un perpetuo addio a tutto quanto avea di più caronel mondo, lasciò tutto coraggiosamente, si fece Religioso, edivenne santo. Non vi è via di mezzo: o saremo salvi, oppuredannati. Per esser salvi bisogna affaticarsi nelle buone opera-zioni, bisogna lavo[281r.]rare la vigna dell'anima nostra, erammentarsi sempre del fine per cui siamo stati creati.

Creati noi fummo da Dio per salvarci, e per questo essoci conserva. Non siamo dunque stati creati né per questaterra, né per essere ricchi, né per passarcela allegramentenegli spassi e nei divertimenti, ma solo per acquistarci lavita eterna. Abbiamo un'anima immortale; questa animanell'altra vita deve essere o eternamente felice in cielo coiBeati, o eternamente infelice coi Demoni nell'Inferno, e per-ciò è un folle, è uno stolto quegli che ripone le sue speranze,la sua felicità nelle cose create, che in nessun modo lo pos-sono contentare, invece di tendere del continuo alle cosecelesti, che sole lo potranno tenere in pace, lo possonosaziare appieno nella vita futura.

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Ah! è una gran disgrazia quella di tanti e tanti, che pen-sano solamente al presente e niente al futuro. Dio volesse,che questi tali la intendessero una volta, e sapessero viveredistaccati dal mondo, e fissassero lo sguardo ai beni delParadiso, beni ineffabili, beni infiniti ed eterni: “Utinamsaperent, et intelligerent, ac novissima praeviderent”. sanFilippo Neri trovandosi un giorno a parlare con un certo gio-vine, che era dotato assai di talento, e che sperava di farfortuna nel mondo, gli disse così: Stattene di buon'animo,vivi allegramente, tu farai gran fortuna, diverrai bravo avvo-cato, sarai fatto Cardinale, e chi sa, forse anche Papa: epoi? e poi? Vai, gli disse, pensa a queste due parole, che tiho dette. Se ne partì il giovane, e ritornato in casa sua nonfaceva altro, che pensare a quelle parole: “e poi? e poi?”. Edin questa meditazione, si risolse di abbandonare tutte lesperanze del mondo, si diede tutto a Dio in una Congrega-zione, dove se ne morì santamente.

Intendetela dunque, poveri mondani, che la vita presen-te è una commedia, è una scena, che presto finisce, e chetutti i piaceri maledetti, tutti gli onori, tutte le ricchezzedevono finire per voi, dovrete una volta lasciarli. Domandatea tanti Re della terra, a tanti Imperatori, a tanti, che fecerola prima comparsa nel mondo, e adesso si ritrovano nell'In-ferno a penare, a che cosa li giovarono le contentezze cheprovarono in vita, ed essi vi risponderanno col Profeta, chepiù niente si ritrovano in mano di quello che aveano in que-sta vita. Ed una tale riflessione vi renda più cauti e più dili-genti nell'avvenire, per affaticarvi con profitto a coltivare lavigna dell'anima vostra, come ha voluto dimostrarvi il divinRedentore nella parabola, che avete udita dal Vangelo.

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[281v.] Per la Domenica di Sessagesima

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come il popolo,essendosi riunito in gran folla, e dalle Città correndo a GesùCristo, disse per similitudine: Quegli che semina andò aseminare il suo seme. E mentre seminava, una parte delseme gli cadde nella strada, e restò calpestato dai viandantie lo mangiarono gli uccelli dell'aria. Ed un'altra parte caddesopra le pietre, ed appena nato seccò per mancanza diumori. Ed un'altra parte cadde fra le spine, e nate insiemeanche le spine lo soffocarono. Ed altro finalmente cadde interra buona, e nato e cresciuto rese il cento per uno. Dicen-do queste cose, esclamava: Chi ha orecchi da ascoltare,ascolti. L'interrogavano poi i di lui Discepoli, che cosa voles-se dire quella parabola. Ai quali Esso rispose: A voi è datoconoscere il mistero del Regno di Dio: ma agl'altri soltanto èdato in parabole, affinché vedendo non vedano, ed ascoltan-do non ascoltino e non intendano. Questa poi è la parabola:Il seme significa la parola di Dio. Quello che cadde dietro lastrada, denota quelli che ascoltano, quindi viene il diavolo, etoglie dal loro cuore la divina parola, affinché credendo nonsi salvino. Quello che cadde sopra le pietre, sono quei tali,che avendo ascoltato, ricevono con allegrezza questa divinaparola, ed essi non hanno radici, perché credono per unpoco, e nel tempo della tentazione si allontanano da quantoli comanda Iddio. Quello che cadde fra le spine, sono queiche udirono, e passandosela nelle cure secolaresche, nellericchezze, e ne’ piaceri della vita, restano soffocati e nonriportano alcun frutto. Quello finalmente che cadde in terrabuona, sono quelle anime fortunate, che ascoltando la paro-la di Dio, la ritengono nel loro buono ed ottimo cuore e

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fanno frutto nella pazienza. Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

Avete udito, fratelli miei dilettissimi, cosa significa que-sto seme caduto dalle mani del contadino in quei vari luoghidescritti dal sacro Testo. Avete udito altresì il grandissimofrutto di vita eterna, che riportano quelli, i quali ascoltandola divina parola con attenzione di mente e con devozione dispirito, si sforzano continuamente di conformare tutte leloro azioni ad una norma retta e sicura, qual è questa stes-sa divina parola; ma che gli uomini ingolfati nelli piaceri enelle ricchezze, che sono tante spine, tutte congiurate a farliperdere i frutti delle cristiane esortazioni, restano soffocati,se ne vivono miseri non solo in questa vita, ma quel che èpeggio anche nella vita futura.

O miseria grande dei poveri peccatori! Essi se ne restanosepolti fra le spine di questo secolo corrotto; affascinati daibeni terreni, infangati nel lezzo dei loro brutali piaceri, mena-no una vita del tutto animalesca, non si rammentano mai, chehanno un'anima da salvare, sono infelici insomma nella vitapresente, saranno eternamente miseri nel fuoco dell'Inferno.Che i peccatori non ritrovino pace neppure in mezzo allo sfogodelle malnate passioni ce lo dice Iddio in mille passi dellaScrittura. Si legge in Isaia, che non vi è pace per gl'empi: “Nonest pax impiis”. Sebbene il demonio si sforzi colle sue pravesuggestioni di persuaderli, che ritroveranno la loro felicità, laloro contentezza nel tirare a termine quella vendetta, nell'averquella roba per mezzo di frodi e di inganni, nel contentarequella voglia sfrenata e disonesta, pure restano tormentati dainfiniti timori, da crudeli rimorsi, che non li lasciano averposo, appena hanno consumato il peccato, sicché bisogna direche non vi è pace per gl'empi: “non est pax impiis”.

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Si trova nei Salmi, che i nemici di Dio, cioè i peccatori,hanno fatto una vita infelice, e non hanno mai conosciuta lavia della pace: “Contritio, et infelicitas in viis eorum, et viampacis non cognoverunt”. Le bestie essendo prive di ragione edi senno, e create essendo solamente per questa vita, si tro-vano contente e felici, quando hanno tanto da saziare le lorovoglie. Il cane, se ha un osso di carne, eccolo appieno con-tentato; il giumento, se ha un fascio di erba fresca, ritrovasubito la sua pace, e non altro desidera; ma l'uomo, creatoad immagine e similitudine di Dio, fatto essendo per esso,per amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo poi nella beataeternità, non ritrova mai una vera pace se non in Dio solo:nei diletti del senso, nei piaceri terreni, negli onori mondanivi si involga quanto mai vuole, li gusti tutti quanto mai glipiace, non mai lo contenteranno, perché non è fatto peressi; anzi, quanto più uno si immerge nel peccato, quantopiù uno è intento nel dare sfogo alle proprie passioni, tantopiù è inquieto, tanto più è misero, perché cammina con-tr'acqua, perché è lontano dal suo ultimo fine, che è Dio.

Di fatto e come mai, dice Bernardo santo, la terra, ilvento e lo sterco possono saziare un uomo? Ho veduto nelmondo, che altri saziavano la fame di terra, altri di onore edi ambizione se n’andavano ripieni, altri siaccendeva[282v.]no di rabbia e di vendetta, altri finalmentesi immergevano nelle più schifose disonestà. Quindi escla-mava: O sciocchi, e non vi accorgete che queste cose, di cuivi empite, non vi tolgono la fame, ma anzi sempre più vel'accrescono? “Haec potius famem provocant, quam extin-guunt”. Ne sia di ciò un esempio Salomone: esso dopo averaccordato al suo corpo tutto quanto desiderava, dopo averpassata la vita fra le delizie, fra le ricchezze, e gl'onori della

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Reggia, fu costretto ad esclamare, che tutto questo eravanità ed afflizione di spirito.

Ma oltre alle divine Scritture, le quali ci assicurano, chenon vi è pace, non vi è contentezza per gli empi, che si ritro-vano in disgrazia di Dio, ce ne accerta di più anche l'espe-rienza funesta da noi avuta, quando stavamo avvolti tra lespine del vizio e del peccato. E poi dimandate a quell'avaro,che sugge il sangue agli operai, ed ai poveri per accumularedell'oro, come se la passa allegramente con tutte le sue ric-chezze mal'acquistate, ed esso se vuol parlarvi sincero, saràcostretto a rispondervi, che non è per anche contento, chetanto più accumula tanto più è ansioso di accrescere, quan-to più ha più vorrebbe avere, che è agitato da mille inquie-tudini, da mille timori, e che è più felice un poverello, ilquale campa a giornata col suo meschino guadagno.

Dimandate agl'ambiziosi, se sono contenti, quandohanno conseguito l'intento, a cui tendeano con cento raggiri;ed essi vi diranno, che avuto quanto desideravano, è cresciu-ta in loro la superbia e l'ambizione, le inquietudini, le invidieed i timori. Dimandate insomma agli impudici, agli ubriaconied ai peccatori tutti, quali sono stati i loro contenti dopo aversaziata l'ingordigia, l'impurità e le altre passioni disordinate,ed essi dovranno rispondervi, che appena abbandonato Diocol peccato, non ebbero più bene, non trovarono pace, esubito sopra di loro saltò il timore di morte, i dolori dell'In-ferno; subito il rimorso della coscenza, quel verme crudele,che sempre rode, sempre morde l'anima dei miseri peccatori,non li lasciava aver un momento di quiete neppure nei ridot-ti, nei conviti, nelle tresche, e nei passatempi, e sempre lirimproverava, che aveano perduto il loro Dio.

È dunque vero, giacché non può mancare la divina

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parola, che pace non vi è per gli empi: “Non est pax impiis”.Dice lo Spirito Santo che i peccatori sono come il Mare intempesta, che non ha posa. Avete veduto come fa il marequando si ritrova in burrasca? Un'onda va e un'onda viene,ed anche prima che sia passato un colpo, ne succede unaltro, e mette tutto sossopra quel bozzo di acque; così sonoquei cristiani ravvolti e mischiati nelle [283r.] spine pecca-minose del mondo, li lascia una passione e li incalza un'al-tra, soddisfano un desiderio ed un altro si accende, purchénon restino mai contenti ed in calma. Stanno coll'animasottosopra e rivolta al rovescio; invece di stare uniti con Dio,e distaccati dalle creature, stanno uniti alle creature e stac-cati da Dio, e queste stesse creature invece di contentare illoro cuore lo riempiono sempre più di amarezza.

Il Re Davide, spiegando la vita infelice, che menava men-tre stava in peccato, dice, che le lacrime erano il suo panedi giorno e di notte. Andava egli alle Ville, ai giardini, ed aidivertimenti, ma in qualunque luogo si portasse, sentiaripetersi dentro dell'anima: Noi non ti possiamo contentare.E dove hai il tuo Dio: “ubi est Deus tuus?”. Vai, cerca subitoil tuo Dio, che solo ti può contentare. Dunque avete inteso,fratelli miei, che per quanto ci abbondino i piaceri, i benidella terra, se non abbiamo per amico Iddio, sono tantespine, che ci trafiggono il cuore e da loro restiamo soffocati.

Ma quanto è infelice la vita dei peccatori, di quelli che silasciano dominare dai pravi appetiti della carne e dalle falselusinghe del mondo, altrettanto è tranquilla quella dei giu-sti, dei buoni cristiani, che ricevendo sopra del cuore ladivina parola, sanno regolare secondo i di lei insegnamentitutte le loro operazioni.

E per assicurarvi del vero, datemi un'anima, che ama

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Dio sopra tutte le cose, e vi farò vedere quanto se ne vivacontenta. O che ella sia nell'abbondanza o nella povertà, oche sia nelle tribolazioni o nelle delizie, o che sia perseguita-ta o ben veduta, se ne resta sempre uguale a sé stessa,sempre allegra e gioconda, perché sa di incontrare il geniodel suo Dio e di essere un giorno fatta partecipe della gloriadel Paradiso. Non ha niente che la tormenti al di dentro, equello che soffre al di fuori è per essa un contento, una verapace, quale si può avere in questa terra di esilio. Diceinsomma l'Apostolo, che la pace, fatta godere da Dio a colo-ro che lo amano, supera tutti i diletti, che provano i sensua-li nel contentare il proprio corpo.

Il gran Dottore di santa Chiesa Agostino, dopo aver pas-sati molti anni nelle più vergognose laidezze del senso, toc-cato dalla grazia si convertì al Signore, e dopo una tal con-versione andava ripetendo con lacrime di consolazionesugl'occhi: Ah! mio Dio, ora conosco la mia stoltezza: ioricercava la mia felicità nei piaceri carnali, nei beni terreni,ed essi non erano altro che pene e vanità: ah voi so[283v.]lo,Signore, siete la pace, ed il gaudio de’ nostri cuori: “Durasunt omnia, et tu solus requies”. Altri santi ancora, senten-dosi ripieni di amor santo e di giubilo, pregavano Dio a nonallargare con essi tanto la sua benefica mano, e lo pregava-no a diminuirli le loro consolazioni; ora ditemi un poco, vene sono stati mai dei mondani, che ritrovandosi tra gli agi,fra gli onori, fra i piaceri, abbiano detto: Non più ricchezze,non più contenti, non più riguardi? No certamente, perchéquanto più hanno, tanto più vorrebbero avere, e quanto piùdesiderano tanto restano famelici ed inquieti.

Dunque è verissimo, che i peccatori sono i più infelicianche fra i piaceri del mondo, e le persone dabbene godono

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anche fra le miserie di una grande felicità. Perciò, cristianimiei, procurate di essere quella buona terra, dove caduto ilseme rese il cento per uno, val a dire, procurate di vivere daveri figli di Dio, combattendo dalla mattina alla sera controle sregolate passioni. Incominciate a frequentare le Chiese,a visitare Gesù sacramentato, per quanto ve lo permettono ivostri negozi, le vostre faccende, accostatevi spesso ai san-tissimi Sacramenti, fuggite le cattive pratiche, le male con-versazioni, ed allora vedrete quanto è mai soave il Signore;troverete quelle consolazioni e quella pace vera, che ilmondo non ha saputo mai darvi con tutte le sue lusinghe econ tutti i suoi contenti.

[284r.] Per la 3ª Domenica dopo Pasqua

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse in quel tempo a suoi Discepoli: Tra poco voinon mi vedrete più, e tra poco voi mi vedrete, perché io mene vado al Padre. I Discepoli, che non intendevano questoparlare, andavan dicendo fra loro: Cosa significano questeparole: Tra poco mi vedrete, e tra poco non mi vedrete più?Cosa voglia dire questo ‘tra poco’, noi non lo possiamo capi-re! Ma Gesù, conoscendo che voleano interrogarlo su di ciò,disse loro: Voi vi interrogate gli uni gli altri cosa abbia iovoluto significare con quelle parole: Tra poco voi mi vedrete,e tra poco non mi vedrete più, perché me ne vado al Padre.In verità, in verità io vi dico: voi manderete dei gemiti e deisospiri, piangerete dirottamente, e il mondo sarà nella gioia,e voi nella tristezza; ma la vostra tristezza si convertirà ingaudio. Quando una Donna è vicina al Parto, si ritrova nel-l'apprensione e nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma

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dopo che essa ha dato alla luce il tenero pargoletto non sirammenta più dei travagli sofferti, per la gioia di aver messoun uomo al mondo. Così voi, adesso siete nella tristezza; maio vi vedrò di nuovo, si rallegrerà il vostro cuore, e nessunopotrà mai togliervi questa allegrezza. Fin qui l'odiernosacrosanto Vangelo.

Il nostro Signor Gesù Cristo avea indirizzate questeparole a’ suoi diletti Discepoli prima della sua morte, perchénon restassero troppo afflitti, e sconsolati privi della suapresenza, essendo egli per risuscitare in breve, ed allora loavrebbero riveduto, ed allora sarebbe convertita in gioia latristezza da loro provata. Sì, è vero, fratelli miei dilettissimi,che non bisogna affliggersi di troppo, quando noi siamo per-seguitati, quando passiamo i giorni di nostra vita nelle tri-bolazioni e nelle miserie, poiché questa finirà presto, dicen-doci san Giacomo, che ella è un fumo, un vapore, che pre-sto finisce, e si disperde: “Quid enim est vita vestra? vaporad modicum parens”.

Ma sappiate però, che quanto è breve la nostra vita,quanto è corto quel tempo in cui viviamo, altrettanto è pre-zioso; perché ad ogni momento ci possiamo acquistare infi-niti tesori per il Paradiso, ad ogni momento ci possiammeritare quella gloria sempiterna, che da nessuno ci potràessere mai più tolta. Se spendiamo [284v.] bene questotempo breve, che Iddio ci accorda, egli si farà rivedere a noicolassù nel Regno dei beati, ed allora conosceremo, che perun poco di travaglio sofferto con pazienza nel mar burrasco-so di questo mondo, avrem conseguita una gloria che nonavrà mai fine. Ma se d'altronde consumiamo questo tempoper perdere Iddio, per sguazzarcela nei divertimenti monda-ni e per peccare, saremo infelici di qua, perché o per forza o

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per amore bisogna patire, e saremo disgraziati di là nell'In-ferno, dove i peccatori, nemici di Dio, precipiteranno adardere per sempre. Ah! fratelli miei dilettissimi, non lascia-mo passare inutilmente questo tempo accettevole, questigiorni di salute, come ce ne avverte l'Apostolo delle genti,perché forse forse, passato questo giorno, per noi non cisarà più salute! “Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nuncdies salutis”. “Tempus breve est”.

Se dunque questo tempo è breve, non ci perdiamo mai dicoraggio a patire: se questo tempo è breve, distacchiamociadesso da tutte le cose di mondo, che presto presto dovremolasciare: se questo tempo è breve, serviamoci del mondo nonper godere di questi beni caduchi e transitori, ma sì bene peracquistarci la nostra salute eterna. Di ciò ne siamo avvertitianche dal Savio nell'Ecclesiastico, dicendoci esso, che iltempo è una cosa molto preziosa, è il dono più grande che cipossa fare Dio. san Bernardino da Siena, san Bonaventura esan Bernardo con altri molti Padri e Dottori ci vengono adasserire lo stesso. Il tempo vale tanto, quanto vale Iddio, per-ché in ogni tempo bene speso possiamo guadagnarci l'istessoDio, perché in ogni momento di tempo possiamo ottenere ilperdono dei nostri peccati e possiamo acquistare le virtù, legrazie del Signore e la gloria del Cielo: e non vi è una perditatanto grande, quanto è quella del tempo.

Eppure tanti e tanti dei cristiani scialacquano questotempo, lo perdono inutilmente, invece di spenderlo bene esecondo il fine per cui Iddio lo ha loro concesso. Una buonaparte passano le quattro, le cinque ore, ed anche le giornateintere in giochi, in divertimenti là sulle piazze, nelle osterie,e ne’ circoli, e non hanno neppure riguardo ai giorni difesta, anzi riserbano questi agli spassi, alle ubbriachezze e

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ad altre azioni peccaminose; e se andate a dimandarli per-ché si diportano in tal maniera, essi vi rispondono, che lofanno per passare il tempo.

Ah! disgraziati! E forse non passa di per sé anche troppovelocemente, senza che voi lo spendiate in fare dei peccati?E forse non arriviamo [285r.] anche troppo presto alla mortesenza neppure avvedersene? Ah! se questo tempo malespeso in vita lo poteste avere in quel punto terribile, quantomai lo paghereste! Ah! se le anime dei dannati avesseroanche un solo momento di quel tempo da voi sì male impie-gato, e quanto lo impiegherebbero bene per riparare allaloro eterna rovina! E voi pieni di peccati da capo a piedi,sepolti nel vizio e nei cattivi abiti, mi dite che non sapetecosa farne del tempo?

Quanto siete cechi, cristiani miei; e perché non procuratedi levar via dal vostro cuore quelle prave consuetudini, queivizi, che vi tengono inabissata l'anima nelle tenebre di morte?e perché non vi ponete a piangere i vostri peccati, a detestarli,a chiederne perdono a Dio? Perché non vi esercitate in operedi carità e di misericordia verso dei vostri prossimi? Perchénon attendete e non invigilate sopra il buon regime dellavostra famiglia? Perché non santificate le Feste come vicomanda il Signore e la santa madre Chiesa? Tenete bene amente che i giorni festivi non sono stati fatti per divertirsi, perpassarsela nelle gozzoviglie e nei bagordi, nelle conversazionie negli amori, ma sì bene furono istituiti per pensare a Dio eall'anima, per intervenire alle sacre funzioni, che si fanno allaChiesa, e per esercitarsi in opere di pietà e di devozione.

Osservate tanti sfaccendati starsene per le strade senzafar niente, oppure affacciati alla finestra colle mani inmano, come si suol dire, e dimandateli cosa fanno. Essi vi

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rispondono, che fanno passare il tempo. E perché, dice sanBernardo, perdere questo tempo tanto prezioso? perché per-dere anche una sola ora, che la misericordia di Dio ci accor-da per acquistarsi la divina grazia, per salvare l'anima?

Oh! tempo buttato, e male speso! sei un bene, che solo tisi trova in questa vita, e nel Cielo e nell'Inferno non ti potre-mo mai più avere! Quanto sei poco apprezzato dagli uomini,quanti e quanti fanno getto di te! Eppure, ci dice Iddio nelsanto Vangelo di questa mattina: “Modicum, et jam non vide-bitis me”. Fra poco non mi vedrete più: tra poco non avretepiù tempo di operare il bene; tra poco verrà per voi il giudi-zio, e allora non sarà più tempo di affaticarsi con profitto.

Ma mi sento dire da alcuno: E che male fò io a starmenein ozio, a prendermi i divertimenti, a stare dissoccupato,quando non bestemmio, non do noia ad alcuno, e [285v.]bado a’ fatti miei? Come dunque, non vi par male perdere iltempo inutilmente, in certe occupazioni pericolose, in trat-tenimenti di nessun rilievo? E non sapete dunque, che iltempo vi è concesso per salvare l'anima vostra? Al punto divostra morte vi chiederà conto Iddio di ogni tempo perduto,vale a dire di ogni tempo, che non avete speso per lui. Quel-lo che far potete oggi, non aspettate a farlo domani, perchédomani chi lo sa se sarete più vivi. E dopo vita non vi è piùtempo di far bene, ma saremo premiati nel cielo, se avremobene speso il tempo, o saremo puniti nell'Inferno, se questosarà stato da noi male impiegato. Se dunque oggi vi chiamaIddio a confessarvi, a lasciare quel peccato, a rendere quellaroba rubata, a perdonare quell'ingiuria, non aspettate adimani, perché dimani potreste esser morti, o se vivi, forsenon sarete più chiamati da Dio, e se Dio vi abbandona nelvostro peccato, voi siete perduti.

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Ma io son giovine, sento dirmi, lasciami passare la gio-ventù, e poi ci daremo al buono. Non importa, che siete gio-vine, perché la morte non ha riguardo alcuno né ai giovininé ai vecchi; e Gesù Cristo maledisse quell'albero di fico,che trovò senza frutto, sebbene non fosse ancora la stagionedei frutti: volendo con ciò farci intendere, che noi anchenella nostra gioventù bisogna render frutti di operazioni vir-tuose; altrimenti saremo maledetti, e andremo a finir moltomale. E però se vi ritrovate in peccato, non tardate neppureun momento a convertirvi al Signore, pentitevi, confessatevi,e non aspettate a farlo in altro tempo, perché, vi ripeto, chisa se questo tempo avvenire vi sarà concesso.

Gran che! Il demonio non lascia passare un momentosenza affaticarsi nella rovina delle anime, e noi poi siamtanto trascurati e negligenti sopra il grande negozio dellanostra eterna salute, e scialacquiamo un tempo tanto pre-zioso e propizio! E chi ce lo dice a noi se in appresso avremocomodità per aggiustare la partita della nostra anima? Edavendola anche, ne avremo noi forse la buona volontà? Nonci ha mica, sapete, promesso Iddio di darci le sue grazie,quando noi le trascuriamo, e ce ne serviamo per offenderloe per strapazzarlo col peccato; e se esso ci concede per suamisericordia [286r.] questo giorno, non sappiamo di certo sece ne concederà altri alla nostra conversione. Tremava ilsanto Giobbe per non sapere se gli restavano altri giorni divita. E tu vai vantandoti: Mi confesserò domani, mi ravve-derò nella mia vecchiaia. E come dice sant’Agostino, puoi turiprometterti altri giorni di vita, se non sai neppure se tisarà accordata un'altr'ora? “Diem tenes, qui horam tenes?”.

Ah! Dunque, fratelli cari, approfittatevi adesso di queltempo, che il Signore vi dà, spendetelo in opere buone, in

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opere sante, ed affaticatevi con sollecitudine alla santifica-zione dell'anima vostra; poiché non vi servirebbe d'altro, chedi confusione nel fine di vostra vita il dire: Oh! se mi fossifatto santo, oh! se avessi passato i mesi e gli anni nell'ama-re Dio e nel salvare quest'anima mia! Memori allora, masenza frutto, di quelle sentenze scritturali: “Il tempo è breve”e “Per noi non ci sarà più tempo” – “Tempus breve est, et tem-pus non erit amplius”.

Per la 4ª Domenica dopo Pasqua

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesùdisse a suoi Discepoli: Adesso me ne vado a colui, che mi hamandato, e nessuno di voi mi interroga, dove io men vado.Ma perché vi ho dette queste cose, vi siete lasciati assaliredalla tristezza. Per tanto io vi dico la verità. Per voi è cosautile, che me ne vada: poiché se io non andassi, lo SpiritoConsolatore non verrebbe a voi, ma se io vado, lo manderò avoi. E quando egli sarà venuto riprenderà il mondo dal pec-cato, dalla giustizia, e dal giudizio. Dal peccato, perché nonhanno voluto credere in me; dalla giustizia, perché io me nevado al Padre, e non mi vedrete più; dal giudizio, perché ilprincipe di questo mondo è di già giudicato. Avrei anchemolte altre cose da dirvi, ma al presente non le potete capi-re. Quando sarà venuto lo Spirito di verità, vi farà conoscereil tutto; imperocché non parlerà da sé stesso, ma dirà quel-lo, che avrà udito, e vi annunzierà le cose future. Egli glori-ficherà me, perché da me riceverà, e lo annunzierà a voi.Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Come Gesù Cristo, essendo Dio insieme col Padre, ecollo Spirito Santo, dopo avere operata la nostra Redenzio-

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ne, e dopo aver fatto quanto imposto gli avea l'eterno suoGenitore se ne ritornò al Cielo, da dove era partito nel pren-dere carne umana, così noi, mortali nel corpo, [286v.] ma dianima immortali, se condurremo una vita da giusti, torne-remo al nostro Dio al punto della morte per essere fatti par-tecipi della sua gloria celeste.

Tutti i pensieri di un cristiano devono tendere a questamèta; deve ogni cristiano aspirare a quella eterna felicità,deve sempre desiderare di far ritorno al suo Dio, che solopuò contentare tutti i nostri desideri. Ogni fedel cristiano èsempre compreso da un santo timore di perdere Iddio acagion del peccato, e questo timore fa sì, che stiamo bene inguardia contro noi stessi, contro le passioni sfrenate dellacarne, e che fuggiamo con ogni cautela tutti i pericoli e leoccasioni, le quali possano strascinarci nel peccato.

È sempre compreso, dico, ogni fedel cristiano da unsalutare timore in quella guisa appunto, come i santi Apo-stoli restarono turbati dalle parole di Gesù Cristo, che disseloro: Io me ne torno a colui che mi ha mandato. Questoallontanamento però di Gesù Cristo da’ suoi Discepoli nonfu loro nocivo, fu anzi molto utile ad essi, perché dieci giornidopo la sua gloriosa Ascensione al Cielo mandò su di loro ilSanto divino Spirito in forma di lingue di fuoco, e restaronoaccesi del suo santo Amore, e furono ripieni di sapienzaceleste e di dottrina, per annunziare a tutte le genti la fedein Gesù Cristo.

Così tante volte Iddio si diporta con noi per vedere se glisiamo fedeli ed obbedienti; sembra tante volte che ci abban-doni, facendoci provare aridità spirituali, negandoci consola-zioni sensibili; ma tutto questo lo fa per nostro maggior pro-fitto, per distaccarci dalle cose terrene e transitorie, per farci

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purgare i nostri peccati in questa vita e per rimunerarci poicon consolazioni più abbondanti, con grazie più efficaci.Dunque voi ben vedete, che il Signore non opera niente acaso, ma fa tutto a fin di bene, tutto fa in nostro vantaggio,tutto dispone in numero e misura.

Disse Gesù Cristo a suoi Discepoli, che quando fossevenuto lo Spirito Santo avrebbe sgridato il mondo del suopeccato, lo avrebbe ripreso su la giustizia, per insegnare atutti la maniera di viver bene, sul giudizio per convincerenoi, che è cosa ben fatta e giustissima il dover portar lapena dei nostri peccati; vale a dire, che quegli il quale hapeccato deve patire o in questo mondo, facendo frutti degnidi penitenza, o in quell'altro senza alcun profitto, senza spe-ranza di perdono.

Vi sono [287r.] però molti fra i cristiani, che sebbeneabbiano ricevuto lo Spirito Santo nei Sacramenti del Batte-simo e della Cresima, sebbene abbiano le tante volte sentitele forti riprensioni dal medesimo divino Spirito e dai sacriPergami e dal Tribunale di Penitenza e dall'interne ispirazio-ni e dagli stimoli mordaci della rea coscenza, pur nonostan-te se la passano i giorni, i mesi e gli anni interi in braccio aldemonio ed al peccato, immersi nei piaceri e negli interessidel mondo, e se vi fate ad interrogarli dove vanno a parare,se sono cristiani, se credono la vita eterna, se voglionoandarsene al Paradiso, oppure all'Inferno, vi risponderanno,che fan professione della fede e Legge di Cristo, che credonotutto quello, che Dio ha rivelato, e che vogliono e speranosalvarsi. Ma e come mai possono sperar di salvarsi, se collemale operazioni smentiscono quella fede, che vantano pro-fessare? E come mai potranno salvarsi, se sono cristiani disolo nome, e di fatto poi sono peggiori dei turchi, degli

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Increduli, degli infedeli? E come mai potranno sperare, cheIddio li salvi, se da per loro stessi si pongono sull'orlo del-l'Inferno, e vogliono vivere perduti? Ah! si preparino purequesti tali a sentire le forti riprensioni dello Spirito Santo,che al punto della morte li convincerà senza appello dell'e-normità dei loro peccati, della malvagità delle loro ingiusti-zie, fatte senza numero contro dei prossimi, della falsità deipropri giudizi, coi quali andavano persuadendosi sciocca-mente di vivere secondo i dettami della retta ragione e delladivina legge e di potere stare in sicuro, che insomma li con-vincerà delle opere loro tutte malvagie!

Volete dunque seguitare, peccatori, peccatrici, se maiqui siete, volete dunque seguitare a vivere così alla peggio ead esporvi al rischio di subire un tremendo giudizio delloSpirito Santo e di perdervi eternamente? Ma vi resta unoscampo, fratelli miei dilettissimi, per poter scansare quelleforti sgridate, che farà al mondo il Santo divino Spirito,quando verrà a riprenderlo delle sue infedeltà. E questo si èdi giudicarvi adesso da per voi stessi coll'esaminare tutti iremoti nascondigli della vostra coscenza, col purgarla beneper mezzo di una buona e santa Confessione, e col mettervisotto la direzione, sotto la guida sicura del vostro Padre Spi-rituale; correte dunque, volate, mettetevi nelle sue [287v.]mani, ed ubbiditelo puntualmente in tutto quello vi suggeri-sce. In questo mondo non abbiamo, come gl'Apostoli, GesùCristo, che sensibilmente ci faccia udire la sua voce, e checi dia le sue istruzzioni, ma abbiamo i sacerdoti, ministrisuoi, e ci ha detto, che chi ascolta essi, ascolta lui medesi-mo. Dunque dobbiamo adempire in tutto e per tutto quelloche ci viene significato dal nostro confessore, dobbiamolasciare la nostra propria volontà per fare quella di lui, ed

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allora possiamo star sicuri di far la volontà del Signorenostro Gesù Cristo.

Pochi per altro sono quelli che, lasciato il proprio senti-mento, si rimettano al giudizio ed alla saviezza del DirettoreSpirituale. Alcuni si credono falsamente di diventar santicol fare molte penitenze e molte orazioni, altri col comuni-carsi spesso, col frequentare la Chiesa e con esercitarsimale a proposito in altre opere di pietà e di devozione, eintanto risentono gravi incomodi nella propria salute, sirendono incapaci a fare i negozi di maggiore importanza,lasciano nei pericoli e i figli, e i domestici, invece di attende-re a loro, fanno inquietare il padre e la madre, il marito ed ilPadrone, e tutti i loro maggiori, e così si credono far cosagrata a Dio e avanzarsi nella perfezione cristiana. Ma costo-ro si ingannano, perché prima di tutto bisogna attendere alproprio dovere, bisogna far prima le cose di obbligo. E comefaranno per conoscere questi doveri? Devono consigliarsi colproprio confessore e devono far tutto ciò, che esso li impo-ne; devono abbandonare affatto la propria volontà, e rimet-tersi a quella degli altri. In questo consiste la vera santità,con questo la vostra devozione sarà soda e virtuosa, conquesto solo mezzo potete farvi santi ed evitare le riprensionidello Spirito Santo quando verrà a giudicare il mondo soprail peccato, sopra la giustizia, e sopra il giudizio! “Cessat pro-pria voluntas”, dicea il mellifluo san Bernardo, “et infernusnon erit”. Cessiamo di far la volontà propria, seguitiamo lavolontà di Dio col sottoporsì al giudizio di un dotto confes-sore, e per noi non ci sarà giudizio, per noi non ci saràInferno. E quand'anche sbagliasse il nostro confessore nel-l’indirizzarci per le vie della salute, noi, se facciamo l'obbe-dienza, possiamo stare in sicuro, appoggiati sempre alle

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parole di Cristo, che chi ascolta i sacerdoti, ascolta lui stes-so: “Qui vos audit, me audit”. [288r.]

Ma quanto sta in sicuro quegli, che obbedisce al suoPadre Spirituale, altrettanto è in pericolo prossimo di dan-narsi chi non lo obbedisce e lo disprezza, mentre sta scrittoin san Giovanni: “Qui vos spernit, me spernit”. Chi disprezzai consigli del confessore, disprezza lo stesso Dio, e si tiraaddosso le divine maledizioni. Samuele, l'ultimo dei Giudici,essendo già vecchio, volea mettere ne’ suoi piedi i figliuoligiudici in Israello; ma il popolo, adunatosi, si portò in Ramaa Samuele, e gli disse: Ecco, che tu sei invecchiato ed i tuoifigliuoli non camminano le tue vie, e perciò stabilisci sopranoi un Re, come hanno tutte le nazioni della terra. Questoparlare dispiacque al profeta, e tosto si mise a pregare ilSignore, ed egli gli rispose, che i figliuoli di Israele non avea-no rigettato lui, ma bensì 1'istesso Dio: “Non enim te abjece-runt, sed me, ne regnem super eos”.

Tali appunto sono tanti sconsigliati e malvagi cristiani.Essi, peggiori di Israello, non vogliono assoggettarsi al giudi-zio, alle esortazioni ed ai consigli del proprio confessore.Esso ti impone di abbandonare una volta il maledetto pec-cato, di lasciare questo amore, quelle tresche, quei cattivicompagni, quel gioco, quelle conversazioni pericolose, quelleoccasioni prossime, ed eglino forse si mettono a contrastareanche nel tribunale di Penitenza, e dicono che non possonofare a meno; oppure se promettono di emendarsi, lo farannoper istrappare l'assoluzione, per non essere notati a dito inoccasione della Pasqua se stanno lontani dai Sacramenti. Epoi passati lì, a guisa di animali immondi tornano a man-giare ciò che rigettato or hanno, ritornano agli stessi pecca-ti, si mettono negli stessi pericoli; e per illudere se stessi si

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scaldano a questa fascina, che anche i confessori sonouomini come gli altri, sono peccatori come loro stessi. Maditemi un poco, questa scusa vi varrà, quando lo SpiritoSanto riprenderà il mondo sopra il peccato e sopra il giudi-zio vostro stolto? Queste stesse Confessioni fatte appostaper la Pasqua, saranno vere confessioni, oppure tanti sacri-legi che aggraveranno sempre più il vostro giudizio? Ah! ione temo giustamente, fratelli miei, dacché in voi non ci vedoammenda, dacché voi non farete mai l'obbedienza del vostroconfessore.

Dunque per carità, [288v.] se volete che su di voi discen-da lo Spirito Santo che vi infonda nell'anima e nel cuore isuoi celesti doni, se volete che vi parli internamente permezzo delle sue sante ispirazioni, e che in voi non ritrovicosa alcuna da sgridare, quando venga, giudicatevi adesso,fate una buona Confessione, obbedite in tutto al vostro con-fessore, e usate tutti i mezzi che vi pone innanzi per emen-darvi dal peccato. Allora potrete star quieti e tranquilli nellatestimonianza di una buona coscenza, vivrete felici in que-sta vita, farete la morte dei giusti, e sarete beati per tuttaquanta l'eternità.

Per la 5ª Domenica dopo Pasqua

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesù Cri-sto disse in quel tempo a suoi Discepoli: In verità, in verità,io vi dico, che tutto ciò, che voi chiederete al mio Padre inmio nome, egli ve lo concederà. Fino ad ora non avetedimandato cosa alcuna in mio nome. Chiedete, e riceverete,affinché la vostra gioia sia piena e perfetta. Io vi ho dettequeste cose in parabola. Ma verrà un tempo in cui non vi

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tratterrò più in parabole, e vi parlerò apertamente di mioPadre. In quel tempo pregherete in mio nome, e non vi dicoche io pregherò per voi il mio Padre; poiché egli stesso viama, avendo voi amato me, e creduto che io sortii dal Padre.Sortii dal Padre e venni nel mondo, ora lascio il mondo eritorno al mio Padre. Gli dissero i suoi Discepoli: Adesso voiparlate apertamente, e non parlate più in parabole. Adessonoi vediamo bene, che tutto voi sapete, e non vi è bisognoche alcuni vi interroghi, e per questo appunto crediamo chevoi siete venuto da Dio. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Le riflessioni, che far dobbiamo su di quello che ci diceGesù Cristo nelle parabole evangeliche di questa mattinasono, dilettissimi fratelli, facili a farsi da ognuno. Aveteudito: “Petite, et accipietis, ut gaudium vestrum sit plenum” –“Chiedete, e riceverete, affinché sia perfetta la vostra gioia”.Chiedete e riceverete, se la vostra preghiera sarà fatta all'e-terno divin Padre in nome di Gesù Cristo. Noi siamo miseri,circondati dai pericoli e dalle tribolazioni, costretti a farsempre contro di noi se vogliamo sal[289r.]varci, e per que-sto la preghiera, ossia l'Orazione, ci è molto necessaria; néaltra cosa vi è tanto efficace, quanto l'Orazione, per ottener-ci tutte quelle grazie e quelli aiuti, che giovar ci possano aconseguir la salute eterna. “Omnipotens est oratio”, dicevasan Cipriano, “et una cum sit omnia potest”. Ed anche nel-l'Ecclesiastico vi si legge, che l'orazione fatta bene attira sidi noi il divino aiuto, mentre Iddio essendo onnipotente, ric-chissimo e pieno di misericordia non sa disprezzare quegliche, umiliato a suoi piedi, lo invoca di cuore. Ciò si intende,quando lo preghiamo come conviene.

Molti pregano il Signore, molti fanno orazioni, ma sonopochi quelli che pregano bene; e non ottengono le grazie da

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loro desiderate, perché, dice l'Apostolo san Giacomo, preganomalamente, pregano senza umiltà, senza confidenza e senzaperseveranza, condizioni necessarie per ottenere quanto addi-mandiamo. Bisogna dunque pregare il Signore con umiltàgrande, riconoscendoci indegni di stare alla sua presenza,mentre egli è un Dio tanto grande e noi siamo tanto piccini,siamo un pugno di terra e di fango, polvere e cenere, che pre-sto presto si dilegua dal vento, perché le preghiere dei super-bi non vengono ascoltate, perché resiste alle orazioni deisuperbi e non le può soffrire, ed agli umili comparte in grancopia le sue sante grazie. “Deus superbis resistit, humilibusautem dat gratiam”. Voi pertanto che andate gonfi di superbiae di orgoglio, che vi tenete da più di quello che siete in realtà,che confidate nelle vostre deboli forze, che vi stimate miglioridegl'altri, sappiate stamane, che le vostre orazioni non ascen-dono fino al cospetto del Signore, sappiate, che Dio ve lerigetta e non le può patire a cagion della vostra superbia.

Per lo contrario, se ci umiliamo nell'abisso del nostronulla, se confessiamo la nostra dappocaggine, sarà esauditasubito la nostra preghiera, perché in certo modo quella ora-zione, che parte dalla bocca di un vero umile, fa forza alcuore benigno di Dio e quasi lo obbliga ad ascoltarla. Ondeebbe a dire il santo Dottore Agostino: Quando ti umili, Iddioviene a te e ti abbraccia, e ti stringe al suo cuore amoroso:“Humilias te, Deus venit ad te”, ma quando ti esalti [289v.] evai gonfiandoti della tua sapienza, delle tue azioni virtuose,delle tue ricchezze per disprezzare il tuo simile, per riputar-lo come dammeno di te, allora Iddio fugge, da te si allonta-na, e non ti ascolta: “Exaltas te, Deus fugit a te”. Ancorchévoi siate peccatori, se umiliati e contriti vi fate innanzi aDio, gli addimandate perdono dei vostri peccati, e vi confes-

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sate indegni di stare alla di lui presenza, egli come fedelissi-mo nelle sue promesse, non potrà fare a meno di non ascol-tarvi, perché ha detto di non disprezzare un cuore, quandoveramente è contrito, quando veramente si umilia e pregacon insistenza la divina misericordia a perdonargli le suecolpe, a rimetterlo nel primiero stato di amicizia e di grazia.

Affinché siano esaudite le nostre orazioni dobbiamo insecondo luogo pregare il nostro Dio con confidenza e conferma speranza di ottenere quanto gli addomandiamo. Peranimarci a questa confidenza ha voluto Gesù Cristo, inse-gnandoci il Pater noster, che si chiamasse Padre, in quellaguisa appunto che un figliolo prega con confidenza il suoGenitore che lo ama, e lo chiama col dolce nome di Padre.Oh! che bel coraggio, che bella speranza danno queste paroleai poveri peccatori! Abbiano pur commessi infiniti peccati,abbiano pure le tante volte oltraggiata la bontà infinita di unDio, se essi, abbandonata la colpa, si umiliano davanti all'Al-tissimo, e gli chiedono perdono e misericordia e gli chiedonola salvezza dell'anima con confidenza di ottenerla, sarannotosto esauditi, attesa la divina promessa, che qualunque cosasi chieda, pregando, crediamo di riceverla, perché così Iddioce la concederà. Chi dunque può temere, che gli manchi ladivina promessa? Forse Iddio è simile agl'uomini, che promet-tono, e poi non mantengono? Forse ci direbbe nel Vangelo diquesta mattina: In verità, in verità io vi dico, che qualsivogliacosa chiederete al Padre in mio nome ve la darà; se ciò veronon fosse? E perché mai ci esorterebbe tanto il Signore achiedergli le sue grazie, se non avesse intenzione di darcele?Tenete a mente, che il nostro Dio non può mentire, perché èla stessa verità; né può mutarsi, perché quanto da lui sidispone tutto è giusto, tutto è santo, tutto è immutabile.

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Ma dicono alcuni: Ho poca confidenza in Dio, ho paura,che egli non mi ascolti, perché sono peccatore, perché trop-pe volte l'ho offeso ed ingiuriato con i miei peccati. Nonimporta, io dico; Iddio ascolta tutti, e giusti e peccatori,[290r.] purché lo preghino con confidenza, e in nome diGesù Cristo. Iddio ascolta tutti e giusti e peccatori, perché,come dice l'Angelico, le nostre preghiere non si appoggianosopra i nostri meriti, ma bensì su quelli di Gesù. E peròquando noi gli chiediamo cose utili e vantaggiose per lanostra eterna salute con confidenza di ottenerle, teniamoper fermo di essere esauditi. Ho detto cose utili alla saluteeterna, perché se uno dimandasse cose cattive, come diammazzare il nemico, di vendicarsi dei torti e dell'ingiuria, odi fare altra cosa deforme e peccaminosa, non sarebbeesaudito, poiché, come osserva il Crisostomo, allora non sipregherebbe il Signore, ma piuttosto si offende e si delude:“Qui orat, et peccat, non rogat Deum, sed eludit”.

Così ancora molte volte non si ottiene da Dio ciò che sidimanda, sebbene vantaggioso per l'anima, perché vi ponia-mo a bella posta degli ostacoli; e questo fa sì, che siamoindegni di essere esauditi. Per esempio, se voi pregasteIddio, che vi liberi dal peccato, egli vi esaudirà sicuramente,ma se poi vi ponete nelle occasioni prossime e nei pericoli,se seguitate ad andare in quella casa, a praticare quel com-pagno, a fermarvi in quell'oggetto pericoloso, egli non vi hapromesso il suo aiuto, egli allora non vuol dare le sue graziea quelli, che se ne abusano, e se di nuovo cadete in peccatola colpa non è di Dio per non avervi aiutato, ma è tuttavostra, per esservi messi temerariamente nel pericolo.

Deve avvertirsi di più, che la promessa di Gesù Cristo diesaudire chi lo prega, non è stata fatta per tutte le grazie

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temporali, come di guarire da quella malattia, di esser libe-rati da quella disgrazia, di avere una buona raccolta, o cosesimili: queste grazie ancora le concede Iddio, quando è pre-gato e quando esse sono giovevoli alla salute dell'anima,altrimenti le nega, perché ci vuol bene, perché ci ama, men-tre sarebbe peggio per noi, se ce le accordasse. Onde glieledobbiamo sempre chiedere colla condizione, se sarannovantaggiose all'eterna salute. Dunque, se volete essereesauditi nelle vostre orazioni, ricorrete a Dio con fiducia,con ferma speranza di ricevere, e chiedetegli tutte le grazienecessarie, prima per l'anima e poi per il corpo, e per otte-nerle addimandategliele in nome di Gesù Cristo, come vi[290v.] insegnano le parole del santo Vangelo. E se fin'ades-so non le avete ottenute, la ragione si è, perché non avetepregato Iddio in nome del suo diletto Figliuolo: “usque modonon petistis quidquam in nomine meo”.

Finalmente bisogna pregare con perseveranza, se voglia-mo essere esauditi nei nostri desideri. Non basta, fratellimiei dilettissimi, non basta il pregare una e due volte, mabisogna pregare continuamente, bisogna pregar sempre, enon fare come fanno taluni, che si stancano ben presto delpregare; e se il Signore per i giusti suoi fini non vi ascolta laprima volta, non vi perdete per questo di animo, ma ritorna-te di nuovo a pregarlo, e non lasciate di pregarlo finché nonvi abbia fatta la grazia, che voi gli dimandate. Tante voltenon vi esaudirà né alla prima, né alla seconda, né alla terzavolta; e sapete perché? Per vedere un poco se voi sietecostanti nella preghiera, per provare la vostra fede, e se glisiete rassegnati in tutto ciò che a lui piace. Seguitate dunquea pregarlo, che si muoverà a compassione di voi; chiedeteglitutte le grazie in primo luogo che riguardano l'anima, e spe-

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cialmente dimandategli il dono della santa Perseveranza nelbene fino alla morte. Il dono della perseveranza dobbiamosempre chiederlo al Signore, perché da questo dipende lanostra eterna salute, da questo solo dipende tutto il nostrointeresse. Se andiamo a chiedere una qualche cosa al nostroprossimo, forse per la prima volta ci dirà di non volerceladare, ma se noi seguitiamo a bussare alla di lui porta più epiù volte, finalmente si stancherà, e ci donerà quanto voglia-mo per levarsi dintorno quella seccatura. Quanto più, dicesant’Agostino, quanto più Iddio, che è un Signore ricchissi-mo, ci accorderà quello gli addimandiamo, mentre ci esorta apregarlo e gli dispiace grandemente, quando non lo preghia-mo di cuore: “Quanto magis dabit Deus, qui hortatus est peta-mus, cui displicet si non petamus”.

Dunque, ve lo ripeto anche un'altra volta, fate spessoorazione, chiedete e riceverete; e perché la vostra orazionesia grata ed accetta all'Altissimo, pregatelo con umiltà gran-de, pregatelo con confidenza di ottenere quanto addimanda-te, pregatelo con perseveranza, se volete essere esauditi, ese salvar volete l'anima vostra.

[291r.] Per la Domenica infra Octavam Ascensionis

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse a suoi Discepoli: Quando sarà venuto lo SpiritoSanto che io vi manderò dal Padre, Spirito di verità, e cheprocede dal Padre, egli mi renderà testimonianza, e voiancora mi farete testimoni, perché siete meco fin da princi-pio. Io vi ho dette queste cose, affinché non restiate scanda-lizzati. Vi scacceranno dalle Sinagoghe, e verrà un tempo incui quelli che vi daranno la morte si penseranno di prestare

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un grato ossequio a Dio. E vi faranno queste cose, perchénon hanno conosciuto né il Padre mio, né me. Ma io vi hoparlato in tal maniera, onde vi ricordiate, che ve lo avea giàpredetto, quando accadranno per voi tali persecuzioni. Finqui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Il nostro Signor Gesù Cristo, dilettissimi, con quelleparole del sacro Vangelo che avete sentito risuonare allevostre orecchie in questa mattina, volle esortare i suoi dilet-ti Discepoli, perché gli restassero fedeli ed obbedienti nellepersecuzioni, che loro sovrastavano a cagione della rabbiadei giudei e della rabbia dei Gentili contro il nome cristiano;e loro predisse, che questi nemici della fede avrebbero cre-duto di far cosa grata al Signore, imbrattandosi le mani nelsangue innocente dei veri Credenti. Ma spieghiamo il sensomorale di essa predizione e facciamoci delle serie riflessioni,che giovar ci possano alla santificazione dell'anima nostra ead estirpare quei vizi, che in noi han gettate profonde leradici e cercano di strascinarci nell'abisso della miseria, nelprofondo pelago di dannazione eterna. Quei tali, compresidalla predizione di Gesù Cristo, sono nel senso morale i cat-tivi cristiani, cristiani solo di nome, e di fatti poi peggioridegl'infedeli. Sono quei malvagi cristiani, che uccidono leanime loro, perdendo la grazia di Dio, per umani rispetti,per piacere al mondo ed agli amici del mondo, e nel tempostesso credono falsamente, oppure si lusingano di credere,che operando in tal maniera non fanno cosa ingiuriosa aDio, mentre così porta il costume del giorno, mentre, diconoessi, bisogna vivere secondo l'uso dei tempi. Oh! quantimiserabili ne ha mandati all'Inferno una tal follia! Oh!quan[291v.]ti ne ha perduti questo nemico dell'uman gene-re, il rispetto umano!

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Perciò, fratelli miei, trasportando il senso delle paroledel Vangelo, che parlava dei nemici che sarebbero insorticontro la vera fede, voglio parlarvi del rispetto umano nemi-co tiranno, che uccide le anime nostre e del quale non nedobbiamo far conto, se ci sta a cuore la nostra salute eter-na. Disse Cristo nostro Redentore in san Matteo: che molteanime se ne vanno in rovina per causa degli scandali, chevengono dati dai malvagi: “Vae mundo a scandalis”.

Dobbiamo dunque fuggire questi scandalosi per quanto èpossibile, non dobbiamo attaccare con esso loro amicizia efamiliarità, perché altrimenti se ameremo la loro conversa-zione, non potremo poi opporci con tutta quella fermezza ecostanza, che si deve, ai loro pravi costumi, a’ mali consigli,e così per umani rispetti, per non contradire questi scellera-ti, imiteremo i loro esempi e perderemo l'amicizia di Dio. Gliamanti del mondo, i cattivi, si gloriano e si vantano di essereiniqui e cercano di trarre nei loro peccati anche i buoni, eper riuscire nell'intento si mettono a riderli, a burlarli; e nonsanno gli stolti che, così facendo, commettono un peccato, ilquale molto dispiace al Signore, come abbiamo nell'Ecclesia-stico: “Ne despicias hominem avertentem se a peccato, nequeimproperes ei”. Non disprezzare quegli che sta lontano dalpeccato, né cercare di tirarlo a fare il male colle tue derisioni;perché a quei che deridono le persone dabbene Iddio tienepreparati castighi terribili e in questa e nell'altra vita. Essideridono i servi di Dio, e Dio deriderà loro per tutta l'eternitànell'Inferno. Essi si sforzano per svergognare i santi appres-so il mondo, e Dio li farà morire svergognati e poi li manderàa stare fra i dannati per tutta l'eternità.

E per vero dire, è una grande scelleraggine, è peccatotroppo enorme e da demonio quello di coloro, che non con-

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tenti di offendere Iddio, cercano di farlo offendere e strapaz-zare anche dagl'altri; e spessissime volte li riesce, perché sitrovano molte anime deboli e vili, che per non essere derisedagl'uomini, per non essere fatte il trastullo e lo scherno deimondani, scelgono piuttosto di dispiacere al loro benignoSignore. Di ciò si lamentava colle lacrime agl'occhi il granDottore di Chiesa sant’Agostino, che dopo la sua Conversio-ne. quando si trovava con questi ministri del diavolo, si ver-gognava di non essere iniquo e sfacciato, [292r.] come eranoessi. E quanti non se ne trovano dei nostri fratelli, che pernon sentirsi dire: Eccolo il santo, eccolo lo scrupoloso ed ilBacchettone, si uniscono ai libertini, agli scapestrati, allepersone malvagie? Quanti per non passare da uomini vili edi poco spirito, si vendicano delle ingiurie e dei torti ricevuti?Quanti dopo esserli scappata di bocca qualche massimastorta e scandalosa, non vogliono disdirsi, come sono obbli-gati, per un falso puntiglio di onore, per una malintesa ripu-tazione? Quanti insomma, per non perdere un amico cattivo,per umani rispetti vendono l'anima al diavolo e fannoappunto, come fece Pilato, che per non perdere la grazia diCesare, condannò Gesù Cristo alla morte? Quanti insommaper umani rispetti, per timore dei mondani, trascurano i pro-pri doveri di padri e di madri, di Padroni e di sudditi, di Fat-tori e di operai, e così si preparano un'eterna dannazione?

Ah! fratelli dilettissimi, se vogliamo salvarci, bisognavincere i rispetti umani, bisogna sopportare volentieri quellaconfusione, che ci vien fatta provare dalle derisioni delmondo, confusione tanto lodevole per noi quando si patisceper Iddio, quanto riprensibile negl'altri che ingiustamente cela fanno patire. Giusto l'avviso del Pontefice san Gregorio:“Sicut verecundia laudabilis ita reprehensibilis in bono”.

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Ma sento che alcuno mi dice: Io faccio i fatti miei, atten-do a me stesso e mi affatico per salvarmi l'anima; se poi glialtri mi sviano, se mi perseguitano con i loro ghigni burle-schi e mi strascinano a lasciare il bene ed a seguire la loropessima vita, la colpa non sarà mia, ma sarà tutta di loro.Non importa, posso rispondervi, non importa che vi perse-guitino: per essere veri seguaci di Gesù Cristo bisogna esse-re perseguitati, bisogna che sia crocifissa la nostra carnecon tutte le sue concupiscenze. Essi vi perseguitano perchénon possono vedervi vivere da cristiani, vi perseguitano per-ché la vostra vita è un continuo rimprovero ai loro malvagicostumi; vi perseguitano perché, essendo essi superbi evendicativi, vorrebbero che tutti fossero come loro; essendoessi avari e disonesti, ubriaconi e maledici, vorrebbero cheancora voi foste tali; e se per vostra buona fortuna non losiete, [292v.] vi chiameranno uomini intrattabili, senzaonore, selvatici e senza creanza.

Ma non importa, lasciateli dire, non vi curate puntodella loro stima, perché sono tanti ciechi, e non sanno dovevanno a parare; sono tanti sciocchi, privi di criterio e disenno; sono senza ragione e parlano in tal maniera, perchésono immersi nei piaceri del mondo, che non li lascia vedereil precipizio, a cui vanno incontro. Non è vero poi, che se voidate retta ai cattivi insegnamenti, se tralasciate i vostridoveri, se lasciate il bene e vi immergete nel male per rispet-to umano, non è vero, dico, che la colpa sia tutta di loro; ciavete colpa anche voi, perché non dovreste curare le diceriedel mondo, non dovreste badar a quel che dicono gli altri,ma piuttosto attendere dovreste alle vostre obbligazioni, agliinteressi spirituali dell'anima.

I martiri per giungere alla gloria celeste, non hanno fatto

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caso né delle carezze, né delle minaccie dei Carnefici, chevoleano distrarli dal seguire Gesù Cristo. Tutti gli altri santiancora hanno lasciato dire il mondo, si sono risi di chi rideadi loro, e per questo si son fatti santi. L’istesso Gesù Cristo,in quel tempo che dimorò sulla terra, fece del bene a tutti, enonostante, come lo trattò il mondo? Lo perseguitò sino afarlo morire sopra l'infame patibolo della Croce.

Eh! non bisogna dunque curare i rispetti umani! Diceasan Cipriano, che se noi siamo cristiani, non bisogna vergo-gnarsi di questo nome, e che non può tenersi per cristianoquegli, il quale teme di comparire per tale. Christianum seputat, si Christianum esse veretur? Se siamo cristiani, dimo-striamoci cristiani di nome e di fatti; altrimenti se ci vergo-gnamo di seguir Gesù Cristo su questa terra, ancor Esso sivergognerà di noi davanti al suo Padre celeste: e nel giornodel Giudizio, pieno in volto di furore e di sdegno, rivolto a noidirà: Vi siete vergognati di me nella vostra vita mortale, ed ioadesso mi vergogno di vedervi meco alla destra: andatevene,maledetti, all'Inferno a trovare i vostri malvagi compagni, de’quali temevate le derisioni e ai quali deste più retta che ame; andatevene a penare con essi per tutta quanta l'eternità.Se voi negate le massime di Gesù Cristo, se fate contro quel-lo che vi dice il Vangelo per umani rispetti, è come se voi rin-negaste Gesù Cristo medesimo. Se temete di essere derisidagl'amici per vivere bene, se avete paura di esser burlati daicompagni per vivere da cristiani, [293r.] e come, dice il Criso-stomo, non temete punto di essere odiati da Dio? Non vis aconservo derideri, sed odio haberi a Deo tuo?

Ah! dilettissimi, chi ama il Signore di vero cuore e vuolsalvarsi, deve disprezzare il mondo e tutti i rispetti umani, eciascuno in ciò deve farsi molta forza, molta violenza. Con-

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soliamoci su questo riflesso, che se ci turbano gli uomini delmondo, nell'istesso tempo Iddio ci benedice e ci loda. E nonci basta forse l'essere lodati dal Signore, da Maria santissi-ma, dagl'Angeli, e dai santi del Cielo? Lasciate dunque dire imondani, e seguitate a viver bene, a dar gusto al Signore, ilquale tanto vi premierà in Paradiso, quanta più violenza visarete fatta nel mondo, e nel disprezzare i rispetti umani,nemici peggiori alle anime nostre, di quanto non siano statii persecutori della fede, predetti da Gesù Cristo a’ suoiDiscepoli nel Vangelo di questa mattina. Quando i cattivi viburlano, raccomandateli a Dio perché si ravvedano e nonconducano più tante anime all'Inferno, come han fatto perlo passato. E tenete sempre a memoria quell'avviso, che cidà l'Apostolo, scrivendo ai Galati: Che quegli, il quale vuolpiacere agl'uomini di mondo, in nessun conto può piacere alSignore: “Si adhuc hominibus placerem, Christi servus nonessem”.

Domenica 8ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto parlando ai suoi Discepoli disse loro questa parabola: Viera un uomo ricco, il quale avea un fattore, e questi si è dif-famato presso lui quasi che avesse dissipate le sue sostan-ze. E chiamatolo a sé gli disse: Cosa mai ho sentito dire dite? Rendimi conto della tua amministrazione; giacché daqui innanzi tu non potrai star più al mio servizio. Il Fattorefra sé pensando disse: Cosa faccio dopo che il mio padronemi avrà allontanato dalla sua Agenzia? A lavorare non sonbuono, a mendicare mi vergogno. Ah! lo so cosa debba fare,perché mi ricevano nelle loro case quando sarò allontanato

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dalla Fattoria. Chiamati dunque tutti i debitori del suopadrone, disse al primo: Quanto devi dare? E quello rispose:Cento ba[293v.]rili d'Olio. Ebbene, fai presto, prendi la tuacarta, e segnane cinquanta. Quindi disse ad un altro: E tuquanto devi al mio padrone? E quegli rispose: Cento misuredi grano. Prendi, disse, anche tu il tuo foglio, e scrivineottanta. Il Padrone, che seppe il successo, lodò il fattoremalvagio, per aver operato con prudenza; perché i figli diquesto secolo nella loro generazione sono più prudenti deifigli della luce. Ed io vi dico: fatevi degli amici colle vostreingiuste e fallaci ricchezze, affine di essere ricevuti neglieterni tabernacoli al punto della morte. Fin qui l'odiernosacrosanto Vangelo.

È molto facile a tutti, fratelli miei dilettissimi, a compren-dere il senso morale della parabola evangelica, che or orarisonò alle vostre orecchie. Nella persona di quel fattore infe-dele siamo figurati noi tutti, che, presto o tardi, comparirdovremo davanti all'eterno Padrone, davanti a Cristo Giudiceper rendergli conto di ogni nostro operare. Tutti siamo debito-ri al Signore dei beni che possediamo; gli siamo debitori dinoi stessi, dei nostri retaggi, dei nostri fondi, delle nostre ren-dite. Siamo debitori al Signore di tanti beni di anima, dicorpo, di fortuna e di grazia. Tutti siamo debitori al Signoredel tempo, che abbiamo, della nostra sanità, dei nostri talen-ti; e di tutti questi beni, di tutte queste grazie ce ne sarà fattoun rigoroso sindacato, quando Iddio ci chiamerà al rendi-mento dei conti nella separazione, che farà l'anima dal corpo;essendo stabilito, dice san Paolo, a ciascun dei mortali didover morire, e di subito comparire al Giudizio: “Statutum esthominibus semel mori, post hoc autem judicium”. Poiché ognu-no di noi sarà presentato al divin Tribunale per ricevere il

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premio se avrà bene operato, o per ricevere il castigo se saràstato ribelle alla legge del Signore. Ed oh! quale spavento saràmai per un'anima, che si trova aggravata di peccato mortale,alla prima vista di un Dio sdegnato, che si mostrerà con tuttoil rigore e con tutta la sua possanza!

Se un san Filippo Benizi, se un sant’Agatone, se unasanta Maria Maddalena [294r.] de’ Pazzi tremavano da capoai pie’ essendo vicini a morire, dopo aver consumata la vitaloro nelle austerità e nelle penitenze, dopo essersi consuma-ti in tutte sorte di virtù, cosa dovran fare i peccatori in quelterribile momento? Essi vedranno Gesù con quelle stessepiaghe, con cui salì al Cielo, e queste piaghe consoleranno igiusti, ma troppo spaventeranno i peccatori, vedendo inquelle l'amore grande del Redentore che loro ha dimostratoe la negra ingratitudine contrapposta dai peccatori medesi-mi. Dice san Basilio, che saranno i peccatori più tormentati,al comparire di un Dio sdegnato, per lo rossore che dalfuoco stesso dell'Inferno: “horridior, quam ignis, erit pudor”.

Si racconta nella Genesi, che i fratelli di Giuseppe furoncompresi da un gran terrore allora, quando egli dolcementeli rimproverò del loro tradimento: “Io son quel Giuseppe, chevoi tradiste”, ed essi non seppero che rispondere. EppureGiuseppe era un uomo, era un loro fratello, sebbene inalza-to fosse alla dignità di secondo Re dell'Egitto.

Che dunque risponderanno i peccatori a Gesù Cristo,quando dirà loro: Io sono quel vostro Redentore e giudiceche tanto avete disprezzato? Dove fuggiranno i miseri,quando al di sopra comparirà il Giudice irato, al di sottol'Inferno aperto, da una parte i peccati che li accusano, dal-l'altra i Demoni per trarli al supplizio eterno? Rendetemiconto, infedeli economi, dirà Cristo Giudice, rendetemi

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conto delle dissipate sostanze, delle grazie ricevute, del maluso che ne avete fatto: genti mondane, rendetemi contodella vostra sanità, e come l'avete spesa, del vostro comodo,dei vostri talenti; grandi del secolo, rendetemi conto dellegran ricchezze, degli impieghi pomposi, dell'autorità, dellamagnificenza: ecclesiastici, religiosi, rendete conto delle ren-dite pingui, patrimonio dei poveri, di cui eravate semplice-mente economi, dei talenti male impiegati, non coltivati enon fatti valere, delle grazie segnalatissime, dei benefizi divi-ni, compartitivi da me in [294v.] gran copia, tutti adattati aivostri vari e diversi stati ed impieghi. Voi padri di famiglia,rendetemi conto della mala educazione data ai vostri figliuo-li, del cattivo esempio, con cui li strascinaste nelle vie delvizio e del peccato: voi, o figliuoli, rendetemi conto sopra idoveri, che avevate verso dei genitori, dell'obbedienza, delrispetto, che portato li avete; rendetemi conto di quelli amo-reggiamenti prolungati per anni ed anni, di quelle tresche,di quelle pratiche scandalose, di quelle conversazioni pecca-minose, dove mi offendeste, mi calpestaste peggio del fango,dove toglieste l'onore e la fama ai vostri simili, dove pensa-ste ai modi più adattati per mettere in mezzo quest'e quello,per vendicarvi di quel torto, di quell'ingiuria, di quell'affron-to: “Redde rationem villicationis tuae”.

E a questo rigoroso sindacato niente potranno addurredi scusa i peccatori, perché resteranno pienamente convintidella loro infedeltà, della loro fellonia, vedendo a quel chiarolume l'enormità delle loro colpe, e accusandoli la loro stessacoscenza, come appunto il Fattore del Vangelo non seppe inmodo alcuno scusarsi presso il suo Padrone. E quindi, agi-tati fortemente dal rimorso della rea coscenza, che li divo-rerà le viscere, saran costretti ad esclamare: Per noi non vi

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è più salute, per noi non vi è più scampo, non vi è piùtempo a ravvedersi: “Et tempus non erit amplius”.

Finché noi, fratelli cari, ce ne restiamo in questa vita, irimorsi che ci agitano il nostro interno, mentre sono casti-ghi ordinati per i peccatori dalla divina giustizia, sonoanche altrettanti strumenti, altrettante grazie ordinate dalladivina Misericordia per disporli al ravvedimento, dandoceli ilSignore, affinché ci ricordiamo di aver peccato e facciamricorso alla penitenza. Ma allora quei rimorsi non sarannopiù salutari e ad altro non serviranno, che per accrescere laloro pena, il loro supplizio. I rimorsi, che ebbero in questavita, saranno al[295r.]trettanti rimorsi in morte, che loroformeranno un duplicato Inferno. Sì, perché mentre rodevaquesto verme della coscenza e li facea sentire l'enormità delpeccato e li ponea davanti agl'occhi le tetre immagini dellepassate dissolutezze, non paventarono la divina vendetta,non temerono il giudizio, non inorridirono dell'Inferno, a cuiora si vedono condannati, e condannati per sempre. Sì, per-ché mentre i libertini sentìano i rimorsi delle loro scandalo-se domestichezze, gli avari dei loro furti, degli inganni edelle ingiustizie, i maldicenti delle loro mormorazioni, i col-lerici delle loro rabbie e degli odi, si faceano forza, schiavidelle iniquità, per comparire tranquilli e coraggiosi, invecedi prender motivo da ciò a cambiar vita e variar costumi.Ora vorrebbero per un momento approfittarsi di quel rimor-so crudele, vorrebbero i miseri riparare alla gran perdita chehanno fatta del loro Signore, ma in nessuna maniera lo pos-sono, perché l'anima è di già separata dal corpo, perché giàl'eterno Giudice e inesorabile pronunzia contro di loro laterribile condanna, che li allontana per sempre dal loroCreatore, e li confina in una eternità di tormenti. O rendi-

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mento di conti, quanto sarai rigoroso, o giudizio di un Dioquanto sarai terribile per un peccatore! Dunque sarà finitaper noi? diranno i peccatori, dunque non ci sarà più spe-ranza di perdono?

Sì, fratelli miei dilettissimi, avete sempre tempo di rime-diare alle vostre perdite, avete sempre tempo di accomodarele partite della vostra anima. E questo rimedio è molto facile,quale ve lo suggerisce il divin Redentore nel Vangelo di que-sta mattina: come fece il Fattore infedele, così far doveteanche voi. Dovete adesso procurarvi degli amici per mezzodelle vostre ricchezze, onde vi ricevano negli eterni taberna-coli e vi facciano scampare il giudizio tremendo, che stariserbato agl'iniqui. Fate delle elemosine, aiutate [295v.] ivostri prossimi per quanto ve lo permettono le proprie forze,le proprie facoltà, e se mai vi trovaste della roba male acqui-stata, della roba d'altri, procurate di restituirla al propriopadrone se lo conoscete, oppure spendetela in usi pii, in usisanti, in sovvenire ai bisognosi. Suffragate le anime sante delPurgatorio con orazioni, con pie pratiche, con esercizi di cri-stiane virtù. E così vi farete dei grandi amici, dei gran patro-ni presso il trono dell'Altissimo, che colle loro suppliche viimpetreranno il perdono de’ vostri peccati, la grazia divina inquesta valle di lacrime, e ve lo renderanno propizio nel puntodella morte, quando vi chiederà conto delle vostre azioni.

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Domenica 9ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo, essendosi avvicinato a Gerusalemme, vedendo laCittà pianse su di quella, e disse: Ah! se almeno in questogiorno, che è per te, tu avessi saputo conoscere le cose, cheerano sufficienti a darti la pace: ora poi sono nascoste a’tuoi occhi. Verranno in te i giorni del mio furore; i tuoinemici ti circonderanno di assedio, ti circonderanno perogni dove, e getteranno a terra te, i tuoi figliuoli e quanti siritrovano dentro le tue mura; non lasceranno in te pietrasopra pietra; perché tu non hai saputo conoscere il tempodella tua visita. Ed entrato nel tempio cominciò a scacciarequelli, che ivi vendevano e compravano, dicendoli: Sta scrit-to: che la mia casa, è casa di Orazione: ma voi l'avete ridottauna spelonca di ladri. Ed insegnava tutti i giorni nel tempio.Fin qui l’odierno sacrosanto Vangelo.

L'amantissimo Redentor nostro Gesù Cristo, mentre siavvicinava alle Porte dell'ingrata Gerusalemme per consu-marvi il gran sacrifizio della sua vita e la redenzione di tuttoquanto il genere umano, non potè trattenere le lacrime, epianse dirottamente, prevedendo le disavventure, che sovra-stavano a quel popolo infedele. [296r.] Queste sue lacrimeperò, questo suo pianto, non era effetto di debolezza inde-gna della sua divina maestà, ma fu bensì effetto di suatenera compassione verso de’ suoi figli, che veramente liamava con paterno affetto. Bisogna dunque pur dire, chel'Altissimo Iddio abbia gran cura degl'uomini, e li pongadavanti tutti i mezzi possibili per farli ravvedere dalle loropessime vie, per farli scansare le disgrazie dell'altra vita nonsolo, ma bene anche di questa vita presente. E qui mi

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sarebbe in acconcio di trattarvi della ruina di Gerusalemme,che accadde sotto Tito e Vespasiano Imperatori secondo lapredizione di Cristo, e delle disgrazie e dei flagelli, che sitirano addosso i peccatori per non approfittarsi delle visitedel Signore, per fare i sordi alle divine chiamate, ma di que-sto ve ne parlai altre volte.

E seguitando Gesù Cristo, che si porta al tempio, comeavete udito dal Vangelo, dietro alle di lui azioni, voglio checonsideriate quanto rispetto e quanta riverenza meriti il luogosanto. Avete veduto in spirito il Redentore divino, che accesodi un santo zelo per la gloria del Signore, getta a terra i Ban-chi dei venditori, sgrida fortemente quei trafficanti, chiaman-doli, come erano in realtà, profanatori del santuario. La miacasa, egli dice, è casa di Orazione, ove me ne dimoro in tuttala maestà; la mia casa è fatta a tutt'altro, che per vendere ecomprare; la mia casa è mia mansione tremenda, e voi ridottal'avete un mercato, e voi l'avete resa una spelonca di facinoro-si ladroni: “Domus mea domus orationis vocabitur, vos autemfecistis speluncam latronum”. Si è vero, dilettissimi, la Chiesaè casa del Dio vivente, è luogo di preghiera, che rimirandolada capo a fondo spira ovunque santità, riverenza e rispetto: laChiesa materiale, ove si adunano i fedeli per prestare unculto all'Altissimo, per offrire sacrifizi, vittime ed olocausti alSignore, è una figura della Chiesa cattolica, sparsa in tutto ilmondo, ed insieme unita colla [296v.] stessa professione difede, colla stessa professione di sentimenti, collo stesso vin-colo di santa carità, e colla partecipazione delle buone opere,e degli stessi Sacramenti. Bisogna dunque entrarvi con verisensi di pietà e di religione, col solo fine di dar gloria a Dio, dionorarlo, ringraziarlo e benedirlo, di presentargli le nostresuppliche, le nostre preghiere.

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Quando l'Ebreo popolo ritornò dalla schiavitù di Babilo-nia, fece di tutto per rialzare il rovinato tempio di Gerosoli-ma, e appena fu edificato festeggiò con trasporti della piùtenera devozione la fondazione del nuovo tempio. E qua udi-vansi musicali strumenti, e là risuonava il canto festoso deifanciulli, dei Giovani e delle tenere verginelle; da una partele acclamazioni, le grida giulive del popolo, dall'altra i gemitidi dolore, misti con lacrime di gioia, che sgorgano dagl'occhidei venerandi vecchi e delle nobili matrone. Se questo nuovotempio spiegava tante maestà, se istillava nell'animo diquelli, che vi entravano tanta devozione e rispetto, e da essisi teneva in gran pregio, perché secondo la predizione diAggeo, dovea spesse volte farvi comparsa il Salvatore delmondo, che dovremo noi dire delle nostre Chiese, ove GesùCristo ha fissata la sua dimora fino alla consumazione deisecoli rinchiuso e nascosto sotto gli accidenti di poco pane?Convien dunque esclamar con Giacobbe alla vista dellamistica scala: “Oh! quanto è santo, quanto venerando, e terri-bile egli è questo luogo: Esso altro non è, che la casa di Dio, ela porta del Cielo!”.

Quivi la religione vi spiega tutta la sua magnificenza, ilsuo magistero venerando, quivi nella maestà de’ riti, dellecerimonie fa vedere la sua grandezza, la sua santità. All'in-gresso delle nostre Chiese vi si trovano vasi pieni di Acqualustrale, con cui bagnandosi i fedeli e segnandosi del segnodella santa Croce, cerchino ancora di mondare il cuore dalleprave affezioni con verace pentimento dei loro peccati. Piùoltre vi si incontrano altari addobbati di arredi sacri, ornaticon robe le più [297r.] preziose per quanto lo permettono lerendite loro. Vasi sacri di argento e di oro, parati sfarzosidella seta più fina, di stoffe assai ricche sono la suppelletti-

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le, che serve al santo sacrifizio. In queste Chiese vi scorgere-te, e Immagini del Crocifisso, e ritratti di Maria sempre Ver-gine, ed effigie di tanti altri Santi, che furono sostegno edecoro della cristiana Repubblica. In una parola sola, entra-te nelle Chiese, mettetevi attentamente a considerare, quan-to in esse si mira, le funzioni, che ivi si celebrano, e sonpersuaso e convinto, che presi resterete e penetrati dallapiù viva devozione, dal più profondo rispetto per un luogo sìmaestoso e sì santo. Ma non ho detto anche tutto: appres-satevi al sacro Tabernacolo, e quivi, come vi insegna la fede,mettetevi a considerare un Dio fatto carne, che sotto appa-renze di pane asconde la sua maestà infinita, perché senzatema si portino ad adorarlo i fedeli ed a riceverlo spessonella santa Comunione.

Quivi nel luogo santo rinascemmo alla grazia per mezzodel Battesimo; quivi nel luogo santo ritornammo all'amiciziadi Dio dopo il peccato per mezzo della Penitenza; nel luogosanto fummo fatti partecipi degl'altri Sacramenti, mezzifacili ed efficaci per santificare le anime nostre. Qui nelleChiese ci vengono annunziati i misteri del Regno Celeste, lemassime di eterna salute, che Gesù Cristo rivelò, insegnò epersuase nel tempio di Gerusalemme, che gli Apostoli istrui-ti dallo Spirito Santo insegnarono a tutte le nazioni, e cheascoltar voi dovete con sommissione e con umiltà.

Voi però, fratelli miei, non vogliate essere del numero dicoloro, che intervengono bensì alla Chiesa ad ascoltare leverità sacrosante, che vi vengono insegnate, vi stanno assaicon devozione, amano la verità quando risplende, volentierila intendono, ma che poi la odiano quando li rimprovera ilvizio ed il mal costume, e cercano di oscurarla, per immer-gersi più libera[297v.]mente in tutte sorte di peccati. Neppu-

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re vogliate essere del numero di quelli altri disgraziati, chesolo si portano alla Chiesa per tendere insidie ai sacri mini-stri, per censurarli e deriderli, per perseguitarli a guisa deigiudei, che presero delle pietre, onde lapidar Gesù Cristo,quando annunziava loro la verità, e diceva essere della stes-sa natura col Padre.

Rammentatevi, che il sacro tempio è un sicuro rifugiodalle tempeste continue, che provar dobbiamo dalla rabbiainvidiosa del diavolo e dalle vane lusinghe e dalle suggestionifraudolenti del mondo. Facilmente udirete, conversandocogl'uomini, pronunziare delle massime contrarie al Vangelo,delle proposizioni contro il Dogma e la fede, udirete i nemicidella religione declamare contro quei principi di sana mora-le, che beveste col latte dal padre, dalla madre, e dai sacer-doti; e allora non perdete tempo, andate, correte al Taberna-colo del Signore, state a sentire quello vi si annunzia dalsacro pergamo, dal sacro altare, e se ciò non vi combina conla dottrina dei mondani, tenete pure per fermo, che quantofuori udiste, tutto è falso, tutto è menzogna. Correte al sacrotempio, che è luogo di salute, porto sicuro, ove vanno a get-tare l'àncora i miseri nocchieri, che battuti furono dai fluttidel Mar burrascoso del mondo; in esso cercate i benefizi delCielo, e verranno esaudite le vostre suppliche.

Le Chiese sono appunto quei luoghi destinati alla pre-ghiera, senza di cui non potremmo ottener certe grazie (trale quali il dono della santa Perseveranza, che spesso dob-biamo domandare al Signore) certe grazie, io dissi, che nonsi ottengono senza addimandarle. Le Chiese sono quei luo-ghi santi, ove tutti i giorni per le mani dei sacerdoti l'Imma-colato divino Agnello Cristo Gesù si offre all'eterno divinPadre in espiazione dei peccati del mondo. La Chiesa, come

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disse [298r.] il Signore, per bocca del suo profeta, è casa diorazione; nella Chiesa, come abbiamo dai Paralipomeni, siaggradiscono da Dio le vittime, che vi vengono offerte, sirivolgono da esso gli sguardi sopra di coloro che lo pregano,stanno aperte le di lui orecchie per ascoltare le orazioni.

Ah! gran rispetto dunque, grande venerazione si merita-no queste Chiese, dove abita realmente l'Altissimo Signore,dove ascoltate vengono le nostre preghiere! Ma che sarebbe,cristiani miei, se invece di umiliare voi stessi innanzi allamaestà tremenda di un Dio, e chiedergli soccorso nellevostre miserie, lo irritaste maggiormente colle vostre irrive-renze, colle vostre insolenze, colle vostre irreligiosità? Ciòsarebbe un convertire in orrendi misfatti gli stessi esercizidella pubblica preghiera, sarebbe un voler tornare condan-nati da quella casa santissima, ove si implora clemenza dalPadre delle misericordie. Non si legge in altri luoghi dellasacra Scrittura, che Gesù Cristo si sia messo a punir da perse stesso i peccatori; soltanto nel tempio, trasportato daldivino zelo per il luogo santo, dà di piglio ai flagelli e si ponea percuotere, a scacciarne di là i profanatori del santuario.Fuggite di qua, o empi, egli esclama, allontanatevi di qui; enon sta forse scritto, e non sapete voi forse, che la mia casaè casa di orazione, e voi osaste trasformarla in una speloncadi ladri? “Nonne scriptum est quia domus mea, domus oratio-nis vocabitur? Vos autem fecistis eam speluncam latronum”.

Eppure dopo tali castighi del Signore, dopo tanti flagelli etante sue minacce contro i profanatori delle Chiese, se netrovano anche ai giorni nostri tra i cristiani ed in grannumero di questi insolenti profanatori. E non fosse pur vero!ma se li ho veduti io con questi occhi tanti e tanti ciarlarenel tempo delle sacre [298v.] funzioni; e Dio non voglia, che

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non dicessero male di qualcheduno, o non parlassero di coseoscene, e disoneste! Li ho veduti io star nelle Chiese con unginocchio solo piegato a terra; e par propriamente che stianonella Berlina! Anche i giudei, fratelli cari, mentre stava Gesùsulla Croce, si faceano a schernirlo e a beffarlo, piegando aterra un ginocchio; e da ciò conoscete, se sia cosa ben fatta ildiportarvi in tal modo nella casa di Dio. Altri poi vanno allaChiesa per vedere ed esser veduti; vanno all'impazzata, atesta alta, mirando qua e 1à, come se fossero in una sala dateatro; altri colle risa, cogli strepiti, col vestire scandaloso,danno abbastanza a conoscere di aver meno fede dei turchi,che per il rispetto portato alle loro Moschee neppure ardisco-no sputarvi. Molti padri e molte madri ancora profanano illuogo santo. E bella! credono di acquistarsi dei meriti pressoDio! E sapete come fanno? Conducono i piccoli Bamboli didue, di tre, di quattro anni, che colle loro grida, colle loroimpertinenze distraggono i fedeli e tolgono la devozione ed ilraccoglimento anche a chi l'ha. Diportandovi in tal modo,credete pure a me, che voi profanate la Chiesa, e fate assaivedere, che non avete per essa quel rispetto e quella venera-zione, che dovreste.

Dunque, dilettissimi, se mai per 1'addietro profanaste inqualche modo la casa di Dio colle vostre irriverenze, appi-gliatevi subito al rimedio; pentitevi del passato, procurate distarvi con più devozione per l'avvenire. Altrimenti aspettate-vi pure i castighi tremendi di un Dio sdegnato, che quantopiù vi aspetta con pazienza, tanto tanto più vi punirà conrigore. Né vi basti portarvi alla Chiesa col solo materialeaspetto, ma portatevi colà mossi da un sincero pentimentodei vostri peccati, penetrati da sensi profondi di vera devo-zione.

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[299r.] Domenica 10ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse in quel tempo ad alcuni, che confidavano in sécome giusti e disprezzavano gl'altri, questa parabola: Dueuomini si portarono al tempio per pregare: uno fariseo, el'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, dicea tra séqueste cose: Signore, io vi ringrazio di non essere come ilrimanente degli uomini: ladri, ingiusti e adulteri; come purequesto pubblicano. Digiuno due volte la settimana; pago ledecime di tutto ciò che possiedo. Ed il pubblicano, standoda lontano, non voleva neppure alzare gli occhi verso ilCielo; ma si percuoteva il petto dicendo: Siate, o Dio, propi-zio a me peccatore. Io vi dico, che questo ritornò di là giusti-ficato a casa sua: perché ognuno che si esalta sarà umilia-to, e chi si umilia sarà esaltato. Fin qui l'odierno sacrosantoVangelo.

Dalla sentita parabola bene vi accorgerete, dilettissimi,dell'argomento, di cui trattar vi voglio in questa mattina.Voglio parlarvi della gonfiezza di cuore, voglio parlarvi dellasuperbia, vizio esecrando e maledetto, per cui son venutetutte sorte di mali nel mondo, per cui il primo uomo decaddedallo stato felice di sua primiera innocenza, e precipitò nel-l'abisso di tutti i malanni. Vi dirò col Dottore di santa ChiesaAgostino: Guardatevi dalla superbia, giacché vi è noto dall'E-vangelio quanto Iddio l'abbia in odio, ed in abominazione:“Audisti sermonem? Cave superbiam”. Guardatevi dallasuperbia, perché quella appunto fu, che sbalzò Lucifero dallesedi del Cielo e confinollo per una eternità nell'Inferno. Lasuperbia. al dire del Pontefice san Gregorio. fa un'aspra edaccanita guerra a tutte le virtù, tutte le uccide, tutte le

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distrugge. Gli altri peccati, gli altri vizi fanno danno soltantoa quelle virtù, cui si oppongono; ma questa è il capo, l'origi-ne ed il fonte, da cui procedono tutti gli altri vizi.

Udiste il fariseo tessere un elogio [299v.] delle sue buoneoperazioni mentre stava nel tempio, ed invece di pregare,come dovea, va millantando le proprie virtù, ed insulta l'u-mile pubblicano, che si battea il petto per lo dolore prostra-to a terra nel più remoto angolo del santuario. Ah! disgra-ziato fariseo! Si vanta e si gloria di sé stesso, si loda super-bo, ritto, in piedi davanti all'altare, ed ecco a terra, ecco inrovina e i suoi digiuni e la sua continenza e la sua religione,giacché all'orto fortissimo della superbia e dell'orgoglio con-viene, che cadano, convien che si perdano. Di tante bellequalità non ne ha che la sembianza, non ne ha che l'appa-renza, ma non il merito e la sostanza, che sole appagano gliocchi del Signore. Di qui è, che la superbia, a guisa di ladri,che si servono di maniere lusinghevoli ed artificiose perassicurare il colpo, ci spoglia in un tratto di nostre spiritualiricchezze.

Il demonio, nemico giurato dell'uman genere, per tentarele anime virtuose, che camminano rettamente la strada deidivini comandamenti, lascia da benda gli altri vizi della lus-suria, della gola e dell'invidia, e si appiglia piuttosto al par-tito di destare ne’ loro cuori sentimenti di amor proprio e divana reputazione. E però li lascia frequentare le Chiese,accostare spesso ai Sacramenti, ed esercitare molte altreopere di pietà, di cristiana mortificazione e di carità; maquando meno se lo pensano, eccolo a tentarli di superbia edi vanità. Ed oh! quanti meschini son restati vittime dellasuperbia! Si legge nella storia dei Padri, che tanti e tantimonaci, tanti solitari del deserto, dopo esser vissuti da santi

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per moltissimi anni, dopo aver consumata la vita loro nellepenitenze e nelle austerità e in tutte sorte di virtù, viciniessendo a morire, si lasciarono tentare di superbia, perde-rono in un momento tutti i meriti, che si erano acquistaticon tanti sudori, [300r.] e se ne andaron dannati per unaeternità.

Ecco dunque, cristiani miei, dove conduce la superbia,se non stiamo bene in guardia contro di noi stessi! Guai, eguai terribili, a chi non resiste a questo mostro dell'orgoglio,a chi non si esercita nell'opposta virtù, vale a dire nellavirtù dell'umiltà cristiana. Perché senza u-miltà è impossibi-le piacere a Dio; senza umiltà a niente ci può giovare lafede, che al dir dell'Apostolo richiede un'umile sommissionedel nostro intelletto a quanto ci è stato rivelato. Senzaumiltà la speranza ancora passerebbe in presunzione,essendo noi certi che colle proprie forze, senza il soccorsodella grazia, niente di buono possiamo operare. La Caritàparimente, per non dirvi di tante altre virtù, la carità, che èla pienezza della legge per cui si ama Iddio per se stesso, edil prossimo nostro per Iddio, se collegata non è colla santaumiltà, essa non è più virtù, degenera in vizio, diventasuperbia, perde quei nobili caratteri, che formano l'eroismocristiano, e ne fa tanti miscredenti e infedeli.

Di grazia: che cosa abbiamo da insuperbirci? Forse lebuone qualità? ma se queste le abbiamo ricevute da Dio!Forse i talenti? Anche questi ci son venuti dal Padre deilumi: “Omne datum optimum, et omne donum perfectumdesursum est a Patre luminum”, secondo l'insegnamento disan Giacomo. Forse i natali, la nobiltà del sangue, le ricchez-ze? Ebbene anche su di queste, che merito ci avete? Sapetepure, che il nascer grandi è caso, e non virtù; sapete pure

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che il sangue, che scorre nelle vene e al greco ed allo Scita eal Lappone ed all'Etiope, e al povero e al ricco, e al nobile e alplebeo, è l'istesso sangue, perché veniamo tutti da Adamonostro primo padre, perché siamo fratelli tutti in Gesù Cri-sto, creati per un fine solo, cioè per il Paradiso. Perché dun-que insuperbirci, perché dunque inalzarci al di sopra deinostri fratelli, e disprezzare gli altri come fece il superbo fari-seo col pubblicano, quasi che non siano gli altri uomini alpar di noi, quasi che si ignori essere [300v.] noi tanto, e valertanto, quanto siamo, e vagliamo davanti a Dio?

Ah! fratelli miei dilettissimi, ve lo ripeto anche un'altravolta quel detto di Agostino: “Audistis sermonem? Cavetesuperbiam”. Voi, che fate professione di pietà, che vi eserci-tate in opere sante, guardatevi dalla superbia, avvezzatevi asentir bassamente di voi medesimi, non vi fidate troppodelle vostre deboli forze, non presumete di voi stessi, abban-donate la propria volontà e sottoponetevi al giudizio delvostro confessore; ma quello, che più caldamente vi racco-mando, si è di non lodarvi da per voi stessi, di non tenervimigliori degl'altri, molto più che la lode in propria bocca ciabbassa, ci umilia, e ci fa diventar vili anche presso le per-sone del mondo. Non fate come tanti e tanti, che se fannoqualche opera buona, vorrebbero che tutto il mondo lasapesse per ritrarne stima e riputazione. Non fate cometanti altri, che vogliono passare da persone spirituali, e poison pieni di superbia e di propri capricci. Essi si accostanospesso ai Sacramenti, fanno delle visite frequenti alla Chie-sa, recitano delle orazioni, son modesti nell'agire e nel par-lare, rispettano la roba altrui, sembrano insomma tantiAngeli in carne; ma se andate a stuzzicarli, se li toccate untantino sull'onore, se li dite anche una mezza parola a tra-

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verso, se li storcete un capello, ecco che diventano tantiDemoni, si rivoltano come cani arrabbiati, e così fan vedere,che non hanno neppure il principio di pietà e di devozione,che insomma non hanno altro che superbia, e troppa stimadi sé stessi: in una parola sola, essi sono buoni di nome enon di fatto, e perdono in un punto quanto acquistato siaveano in tanti anni.

Vi dice Gesù Cristo nell'odierno Vangelo, che il fariseocon tutte le sue buone azioni se ne partì dal tempio con unpeccato di più, e all'incontro il pubblicano per essersi umi-liato e contrito tornò giustificato in casa sua: “Perché chi siesalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà [301r.] esaltato”.Questo Gesù Cristo medesimo ci dice in altro luogo: “Impa-rate da me ad essere umili e mansueti di cuore”, a sfuggirel'alterigia e la superbia. Di fatto egli ci ha date di gran lezio-ni di umiltà, mentre essendo Dio insiem col Padre e colloSpirito Santo, volle tanto umiliarsi fino a venire simileall'uomo, volle vestirsi di spoglie mortali, volle assoggettarsiad un mare di ignominie e di pene, volle morire dissangua-to, vilipeso e maledetto dai giudei sopra l'infame patibolodella Croce.

Nella umiltà, virtù opposta alla superbia, da cui dobbia-mo star lontani, sono nascosti i tesori della celeste sapien-za; e questa sapienza non può impararsi da altri, fuori cheda quelli, che imitano Gesù Cristo nostro esemplare enostro modello. Dunque per seguire Gesù Cristo imitiamoquel pubblicano, che sebbene accusato pubblicamente dalfariseo di tanti delitti, pure non si difende, non risponde,ma fortemente si percuote il petto piangendo e gridandopietà, misericordia dal Signore. Riconosciamo, fratelli miei,le proprie nostre debolezze, confessiamoci indegni di star

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sopra la terra dopo aver tante volte oltraggiato un Dio tantogrande; ed egli, che è fedelissimo nelle sue promesse, egliche si è protestato di rigettare i superbi e di accogliere i veriumili di cuore, ascolterà le nostre suppliche, ci perdonerà linostri peccati, e finalmente saremo ammessi a riempirequelle vacue sedi, da cui scacciati furono gli Angeli superbi,e saremo pienamente beati per tutta quanta l'eternità.

Domenica 12ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina come Gesù Cri-sto disse in quel tempo a suoi Discepoli: Beati gli occhi, chevedono quelle cose che voi vedete. Imperocché io vi dico, chemolti Profeti e molti Re vollero vedere ciò che voi vedete, enon lo videro, e udire ciò che voi udite e non l'udirono. Edecco un Perito della Legge si alzò, e tentandolo disse: Mae-stro, cosa devo fare per conseguire la vita eterna? Cosa[301v.] sta scritto nella Legge? Come leggi? gli rispose GesùCristo. Ed egli: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore,con tutta l'anima, con tutte le forze, e con tutta la tuamente, ed il prossimo tuo come te stesso. Hai rispostobenissimo, disse Gesù; fai questo e vivrai. Ma il Perito,volendo giustificare se stesso, riprese: E chi è questo mioprossimo? Allora Gesù Cristo incominciò a raccontargli que-sto fatto. Un certo uomo si portava da Gerusalemme a Geri-co e si imbatté nei ladri, i quali lo spogliarono, e caricatolodi percosse e di piaghe, lo lasciarono mezzo morto. Passòper quella stessa strada un sacerdote, ma vedutolo in talestato, tirò avanti il suo cammino. Fece l’istesso anche unLevita, che passava per di là. Un samaritano poi, cammi-nando per quella via passò presso di lui, e vedendolo così

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derelitto quel povero infelice, si mosse a compassione. Eavvicinatosi, fasciò le di lui ferite gettandovi sopra dell'olio edel vino, lo collocò sopra il suo giumento, lo condusse ad unalbergo vicino, e ne ebbe cura per tutto quel giorno. Nell'al-tra mattino diede due danari all'albergatore, e disse: Abbicura di questo ferito, e tutto quello che spenderai di più telo rifarò al mio ritorno. Quale di questi tre ti pare che fosseprossimo a colui, che fu assalito dai ladri? E quello rispose:Quegli che si mosse a compassione verso di lui. Dunque,ripigliò Gesù Cristo, vai, e anche tu fai lo stesso. Fin qui l'o-dierno santo Vangelo.

Non importerebbe, fratelli dilettissimi, non importereb-be, che io mi trattenessi a lungo per spiegarvi quanto aveteudito dal Vangelo, giacché da sé stesso è molto facile, e cia-scuno può capire abbastanza le lezioni mirabili, che ci ven-gono date da Gesù Cristo nella persona del perito dellaLegge: lezioni necessarie a sapersi e a praticarsi da ognifedele, se gli sta a cuore e gli preme di conseguire la vitaeterna; lezioni primarie, una delle quali ci insegna comedobbiamo amare Iddio, e di questa ve ne ho parlato altrevolte; l'altra ci insegna ad amare il nostro prossimo, e diquesta vi dirò qualche cosa stamane.

Non importerebbe, io dissi, trattenermi a lungo sul pro-postomi argomento, ma voglio parlarvene qualche poco del-l'amore del prossimo, perché, sebbene si sappia di essere aciò obbligati, pure vi manchiamo tante volte e con tantafacilità, che nemmeno ci se ne accorge, nemmeno si cono-sce. Questa carità, che aver dobbiamo per i nostri prossimiè tanto gelosa, che molte volte ci sembra di giovarle ed inve-ce gli si apporta nocumento. In quella stessa guisa, che sidiportò il samaritano con quel povero assassinato dai ladri,

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così ci dobbiamo portar noi con i nostri fratelli. E prima ditutto bisogna fare agli [302r.] altri ciò che abbiam piaceresia fatto a noi. Ora la discorro così: noi avremmo piacere,che gli altri ci onorassero, ci rispettassero e ci porgesseroaiuto nei nostri bisogni; dunque, se è vero il principio posto,come è verissimo, e principio di natura, noi dobbiamo ono-rare, rispettare ed aiutare i nostri prossimi nei loro bisogni,per quanto ce lo permettono le nostre forze e le nostrefacoltà. E queste opere di carità, che esercitare dobbiamoverso dei nostri prossimi, non sono di consiglio semplice-mente, ma sì bene di precetto, avendo detto Cristo al Peritodella Legge, ed insieme anche a tutti noi: “Vade, et tu facsimiliter”. Andate, ed anche voi fate, come questo samarita-no fece, se volete conseguire l'eterna salute.

Abbiamo noi piacere che gli altri ci rispettino, dunqueanche noi dobbiamo dimostrarci rispettosi verso di loro. Noisi vorrebbe essere onorati e riveriti dai nostri simili; dunqueanche noi altri bisogna portare quell'onore, quella conve-nienza, quelle maniere civili e garbate ai nostri fratelli.Vogliamo che gli altri rispettino e lascino stare la robanostra; dunque anche noi non portiamo mai via la robadegli altri, non mettiamo in mezzo nessuno, non ci serviamodella frode e dell'inganno, ma piuttosto diportiamoci leali esinceri con tutti.

Ditemi, se noi ci trovassimo in miseria, circondati dalledisgrazie e privi di quanto ci è necessario tanto riguardoall'anima che al corpo, non si avrebbe caro, che altri usas-sero misericordia con noi? Ebbene se vogliamo questo, biso-gna essere misericordiosi verso dei nostri simili, dicendocilo Spirito Santo: Aiuta il tuo prossimo nella maniera miglio-re a te possibile: “Recupera proximum secundum virtutem

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tuam”. Avete voi dunque del denaro? Servitevene, per trarredalla miseria qualche infelice e per trarre dal peccato e dalmale qualche anima disgraziata. Avete voi buon credito,autorità, possanza? Impegnatevi a difendere gli altrui dirittioltraggiati, l'innocenza tradita, la pudicizia, esposta ai peri-coli del mondo corrotto, difendete gli orfani, la vedova ed ilpupillo. Se poi non potete far questo per mancanza di mezzi,ma invece avete tempo libero, e dottrina sufficiente, alloraaiutate i vostri prossimi col visitare gli infermi, col consolaregli afflitti, coll'insegnare agl'ignoranti, coll'assistere insom-ma quelli che hanno bisogno della vostra assistenza, deivostri consigli e dell'opera vostra.

[302v.] E rammentatevi, che questo dovere di amare ilprossimo è tanto rigoroso e tanto pressante, quanto quellodi amare Iddio. Infatti, mettetevi a considerare la paraboladel samaritano, e conoscerete bene dalla parola del divinRedentore la necessità di amare Iddio e il prossimo vostro.In esse parole vi è compresa tutta la morale cristiana. Perandare salvi cosa è necessario? Amare Iddio sopra tutte lecose ed il prossimo per amore di Dio. Chi è questo prossi-mo? Colui che si trova in bisogno. Che gli dobbiamo noifare? Quello che fece il buon samaritano al ferito di Gerico.Pose dell'olio e del vino sulle di lui piaghe, le fasciò e vi posetutta la premura, perché presto guarisse dalla sua malattia.L'amore, che si deve a Dio e al prossimo non deve essere dipure parole, di semplici cerimonie, ma dev'essere bensì ope-roso e di fatti, giusta l'espressione dell'Evangelista san Gio-vanni: “Non diligamus verbo neque lingua, sed opere et veri-tate”. Volete dunque poter dire con sincerità di amare ilvostro prossimo? Andate a cercare un qualche malato perassisterlo; un qualche ignudo per ricoprirlo colle vostre

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vesti, un qualche famelico per satollarlo del vostro pane:abbiate insomma due piedi, se volete camminare rettamen-te, vale a dire la carità verso Dio e l'amore verso il prossimo,come vi insegna sant’Agostino, e con questi due piedi voicorrerete sicuramente al Signore: “Duos pedes habete... Istispedibus curre ad Deum”.

Fin adesso vi ho detto di fare agl'altri, ciò che vogliamosia fatto a noi; ed ora vi dico, che non dobbiamo fare agl'al-tri, ciò che non vogliamo sia fatto a noi: questo principio dimorale è fondato in natura come il primo, e come il primo ècomune a tutte quante le nazioni. Se voi adempirete a que-sti due precetti, che insieme si confondono e vengono a dirciuna stessa cosa, potrete asserir con ragione di amare ilvostro prossimo e di mettere in pratica quanto vi imponeGesù Cristo nel Vangelo di questa mattina.

Ma, di grazia, questa carità, questo amore di indoledolce, e mansueto, che ci fa essere pronti alle altrui miserie,che ci fa rispettare i diritti de’ nostri fratelli, che ci tien lon-tani dal portare loro nocumento, che ci fa sfuggire gli ingan-ni, le frodi, i torti e l'ingiurie contro di essi, ritrovasi [303r.]forse oggigiorno fra i cristiani? Ah! che in questo nostrosecolo tanto colto e tanto pulito, in cui si vanta umanità,filantropia, e amore per il bene comune, appena si trovaqualche vestigio, qualche piccola apparenza di fraternacarità. Non dico già, che in voi sia spento quel senso com-passionevole verso le altrui miserie, perché anzi ne ho delleriprove certissime, che vi siete sempre adoprati per aiutaregli infelici, e quando alcuno ha dovuto soggiacere a qualchedisgrazia, vi siete presi grande impegno e gran premura,affine di rendergliela meno sensibile, affine di alleggerirglie-la in qualche parte.

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Questa è una lode, che per giustizia si deve a voi, fratellidilettissimi, e non potrei dire diversamente, senza essereaccusato di falsità. Ma fuori di questo, si ritrovano forse invoi gli altri requisiti della fraterna dilezione, requisiti tantonecessari per essere i veri eletti del Signore e per confor-marsi in tutto a quella legge di amore, che professate? Esa-minate un poco bene la vostra coscenza, e vedrete chiara-mente, che dalla maggior parte dei cristiani non si vivesecondo i precetti della fraterna carità.

Ditemi, vi è forse la carità in quelle famiglie, dove ilmarito e la moglie stanno sempre in guerra e si trattanomalamente e si danno disgusti e dolori a vicenda, perché ilmarito fomenta amori disonesti e brutali, perché la moglietiene pratiche scandalose, in quelle famiglie, dove le impa-zienze, le imprecazioni sono continue, dove i fratelli si guar-dano di malocchio, e si parlano col fiele alla bocca? Si trovaforse la carità in quelle case, dove i più stretti parenti sonsempre in disunione, dove la Socera non sa compatire inniente la nora, e dove la nora vol far sempre a suo modo enon vuol dipendere da’ suoi maggiori? Si trova forse lacarità in quei vicinati, dove gli uni e gl'altri si caricano divillanie, di parolacce, vengono alle mani tra di loro, si per-cuotono, si maltrattano, si insultano, si fanno degli spregi,si vendicano dei torti ricevuti, passano i mesi, e gli anniintieri senza parlarsi, come se fossero tante tigri, tanti infe-rociti leoni? Dov'è la carità in quei tali, che invece di spen-gere accendono le liti, invece di esortare alla pazienza provo-cano alla vendetta, invece di compatire i difetti del prossimoli accrescono, gliene inventano dei nuovi, li fanno sapere atutti, gli tolgono l'onore, la fama, la stima e la riputazione?Dov'è la carità in quegl’altri, che per mettere in mezzo il

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[303v.] prossimo parlano con due lingue, che per accenderedelle risse e sorprendere gli incauti, suggeriscono dei mezzida prendersi come buoni, e dentro al cuor loro intanto liconoscono, li credono cattivi; che ti stanno d'intorno conmaniere tutte piacevoli, come se fossero tanti santi, e poi tela fanno quando meno te l’aspetti? Dov'è la carità fraterna,ripeto, in questi tali, che hanno il cuor doppio, che sono lafeccia, il veleno, la rovina della fede, che si debbono presta-re gli uomini fra loro, che sono il flagello dell'umana società,e che perciò vengono maledetti dallo Spirito Santo con quel-le parole: “Vae duplici corde”: Guai, e guai terribili, a quelliche mentiscono, a quelli che dicono il contrario di quelloche sentono dentro al loro cuore!

Ah! purtroppo, cristiani miei, siamo costretti a confessarlocon nostro rossore, che in noi si è quasi spenta quella carità,che è il vincolo della perfezione! Nei primi tempi della Chiesala fraterna carità regnava tra i fedeli con luminoso trionfo, edi tutti essa formava un cuor solo ed un'anima sola, comeabbiamo dagl'Atti degl'Apostoli, in modo tale, che li stessiinfedeli, gli stessi Pagani restavano stupefatti, ed attoniti,dicendo: “mirate un poco, come si amano”. Se adesso ritor-nassero al mondo quei Gentili potrebbero dire lo stesso di noicristiani, che per grazia del Signore professiamo la stessafede, la stessa religione dei nostri Antenati? Potrebbero dire lostesso nel vedere derubare la roba degl'altri e nel farli altreinfinità di danni; nel vedere oppressa l'innocenza ed ascoltatoil vizio, nel vedere tante ingiustizie nei fondachi e nelle botte-ghe, tanti odi e tante vendette, tante disunioni e tante frodi?Ah! no, che non potrebbero dirlo! Ma invece resterebberoscandalizzati nel mirare un tanto rovesciamento di costumi,nel vedere una tanta diversità di operare. Ma questo solo

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poco concluderebbe, il peggio si è, che diportandosi in talmodo, si sta molto male in coscenza; e se così ci sorprende lamorte, ce ne andiamo a casa del diavolo; mentre sappiamo dicerto, che per andare in Paradiso bisogna amare Iddio, manon si ama Dio senza amare anche il Prossimo; perché il pre-cetto di amare i nostri simili va unito al primo, che ci coman-da di amare il nostro Signore.

Dunque, concluderò il mio discorso colle parole di GesùCristo, che disse al Perito della Legge: “Vade, et tu fac simili-ter”. Fate anche voi ciò, che fece il Samari[304r.]tano col feritodi Gerico: aiutate i vostri prossimi, non li fate ingiurie edoltraggi, amateli come voi stessi per amore di Dio, e la vitaeterna, che supera infinitamente le umane consolazioni, stariserbata per voi nel Cielo.

Domenica 13ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo andando in quel tempo a Gerusalemme, passava permezzo alla Samaria ed alla Galilea. Ed essendo entrato inun certo Castello, gli andarono incontro dieci uomini leb-brosi, che si fermarono da lungi, e gridarono, dicendo: GesùMaestro, abbiate misericordia di noi. Quegli appena vide,disse: Andate, presentatevi ai sacerdoti. E avvenne, chementre andavano, restarono mondati dalla lebbra. Uno poidi quelli, trovandosi guarito, ritornò indietro, gridando adalta voce, e magnificando Iddio per la grazia ricevuta: e siprostrò ai piedi del Signore e gli rendeva infinite grazie: equesti era samaritano. Ma Gesù rispondendo, disse: Forsenon sono stati dieci i mondati? E dove sono gli altri nove?Non vi è stato altro fuori di questo forastiero, che ritornasse

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e desse gloria a Dio? E disse al samaritano: Alzati, e vai;perché la tua fede ti ha fatto salvo. Fin qui l'odierno sacro-santo Vangelo.

Cosa ci viene significato, fratelli miei dilettissimi, neidieci lebbrosi guariti da Gesù Cristo con grande e stupendomiracolo? Ve lo dirò io in poche parole. I dieci lebbrosi sonoun simbolo, sono una figura dei miserabili peccatori, che siritrovano in disgrazia di Dio, di quei peccatori, che sonoaggravati da colpe mortali, che sono immersi e sepolti nelfango dei vizi i più stomachevoli e schifosi. Non vi ha dubbioalcuno, che il peccato sia una lebbra molto perniciosa, cheinfetta e ricopre miseramente l'anima nostra, la fa morirealla grazia di Dio, la priva di tanti meriti, che acquistati siavea per mezzo delle opere buone e la condanna al fuocodivoratore dell'Inferno.

Gesù Cristo però, nostro Redentore e Legislatore divino,pieno essendo di pietà e di misericordia per i disgraziati pec-catori, ci addita un rimedio molto facile, e moltoadat[304v.]tato, onde ritornare in grazia dopo il peccato com-messo; ed a ciascun peccatore dice, come ai dieci lebbrosi:Andate, mostratevi ai sacerdoti – “Ite, ostendite vos sacerdoti-bus”. Questi sacerdoti della nuova legge di grazia sono statimessi dal Figliuolo di Dio ne’ suoi piedi, sono stati costituitisuoi ministri, giudici delle coscenze e medici delle anime,sono insomma quelli, che nel Sacramento della Penitenzaper la potestà datali da Cristo ci mondano dalla lebbra delpeccato per mezzo della sacramentale assoluzione.

Ma siccome non si forma giudizio senza cognizione dicausa e non possiamo applicare efficaci rimedi all'infermose prima non si conosce la malattia, così per restare assoltie guariti dal peccato, bisogna confessarlo al sacerdote.

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Degna fu veramente di lode la pronta obbedienza dei diecilebbrosi; vanno, corrono ai sacerdoti, per ottenere la brama-ta guarigione; la ottengono e provano a un tratto quanto siagiovevole l'obbedire alla voce di Cristo.

Anche voi, cari miei, quando si tratta di guarire da qual-che infermità del corpo, li imitate benissimo i dieci lebbrosi,non guardate a spendere danari, non risparmiate faticaveruna, sapete ben superare e vincere tutti gli ostacoli,prendete le medicine ancorché siano amare, siete insommaquasi sempre a seccare il medico: e fate bene, sapete, per-ché il conservarsi la vita, il cercare i rimedi opportuni affinedi riacquistare la persa salute, è un diritto di natura esiamo obbligati a farlo.

Ma quando poi vi ritrovate aggravati di malattia spiri-tuale, voglio dire quando la povera anima vostra ritrovasiimbrattata di peccato, allora non li imitate mica i dieci leb-brosi! Quando si tratta del corpo, sì, ma quando si trattadell'anima eh! non vi date nessuna premura. Ditemi, non vifa paura il peccato? Non avete nessun timore di andareall'Inferno, non per un giorno, non per un Mese, non per unanno, ma per sempre, per una eternità a bruciare coiDemoni in un fuoco divoratore e spasimante? Non vi rimor-de, ditemi, la coscenza, sapendo di essere in disgrazia diDio? Come mai potete dormire in pace i vostri sonni, comemai potete mangiare e bere: portarvi ai giochi, ai diverti-menti, sapendo di aver l'anima ricoperta da questa lebbratremenda?

[305r.] Perché dunque non vi portate subito al Medicospirituale, ai piedi di un confessore, per aprirgli lo statoinfelice, in che vi trovate, per restar guariti dal vostro male?La fede vi intima le parole, che disse Gesù ai lebbrosi, Iddio

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vi chiama con dolci parole, vi minaccia dell'eterna morte, serestate duri ed insensibili a suoi inviti amorosi, vi promettedi più il Paradiso, se lasciate il peccato e si protesta, perbocca del suo profeta, di non più ricordarsi delle iniquità,quando voglia il peccatore lasciare le sue vie pessime, e con-vertirsi di tutto cuore al Signore: “Si impius egerit paeniten-tiam, omnium iniquitatum ejus non recordabor”. E voi nonsapete ancora risolvervi, rimettete da oggi a dimani, da unasettimana all'altra la vostra conversione? Non trovate maitempo opportuno di correre al Tribunale di Penitenza e dimanifestare le vostre colpe? ora vi trattiene un riflesso, oraun'altro, ora vi fa ostacolo questa faccenda ora quella?Posso io credere, che vi sia grata quella lebbra funesta, chevi copre, vi guasta l'anima, vi fa essere un oggetto di orroredinanzi a Dio, vi espone al rischio di andarvene dannati persempre?

Quando voi, fratelli, avete un peccato mortale sull'ani-ma, tutte le opere vostre buone, che avevate già fatte resta-no mortificate, e quelle che farete con esso sono inutili inordine a meritare la vita eterna; e però tutte le orazioni cherecitate, tutte le Messe e prediche ascoltate, tutte le Elemo-sine, digiuni e mortificazioni a niente vi gioveranno, se voipersistete nel peccato mortale. E tanti danni, tante perditenon vi riempiono di un salutare spavento? E voi invece dipresentarvi ai confessori, che soli possono restituirvi lasalute dell'anima, passate tanto tempo nell'allontanamentoda Dio e da’ sacerdoti che sono suoi ministri? Eppure, sebene voi lo considerate, avete l'Inferno aperto sotto de’ vostripiedi! Ad ogni momento potreste morire, e precipitarvi irre-parabilmente! Oggi siete sani, è vero, siete forti e robusti,vegeti e allegri; ma dimani, e forse anche prima, potete

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esser morti, perduti, dannati! Oggi ve la passate allegra-mente fra i piaceri disonesti e brutali, fra gli amoreggia-menti e le pratiche scandalose, fra le ubriachezze e le Cra-pule, e dimani potete essere fra le fiamme divoratrici diInferno! Ed è mai dunque possibile, che vogliate indugiareanche dell'altro a Confessarvi, a convertirvi?

Avrei intenzione di confessarmi, sento dirmi da taluno,ma mi [305v.] vedo circondato da certe colpe, mi trovoaggravato di certi peccati, che il confessore sicuramente mirimanda senza assoluzione. Io vi rispondo, che se voi avetele necessarie disposizioni, se avete un vero pentimento deivostri peccati, ed un ferreo proposito di non mai più com-metterli, il confessore vi assolverà benissimo; e se mai diffe-risce di darvi l'assoluzione, lo fa per vostro bene, lo fa pervedere se mettete in pratica quei mezzi, che esso vi suggeri-sce, onde lasciare più facilmente il peccato; e però voi dove-te fare quanto vi prescrive, dovete ritornare da lui al tempostabilito; e state pur sicuri che facendo l'obbedienza delconfessore non potete sbagliare e ve ne potete star lieti incoscenza. Quello poi, che caldamente vi raccomando, si è dinon fare come tanti e tanti, i quali, se per giusti motivi ilconfessore li rimette ad altro tempo per compartirli la sacra-mentale assoluzione, vanno subito a cercarne un altro, efanno tanto, e dicon tanto, e tanto si raccomandano, cheloro finalmente riesce strapparla. Non fate, come questi tali,io vi ripeto, perché ordinariamente le loro Confessioni sonoaltrettanti sacrilegi per mancanza di disposizioni, e mentreil confessore li dice queste consolanti parole: “Ego te absol-vo”, Iddio sdegnato li fulmina quelle altre terribili: “Ego tecondemno”, io ti condanno.

Vi è chi mi replica: io intendo bene di confessarmi, ma

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non subito, poiché non lo vedo necessario; aspetterò a con-fessarmi per la tale e tal'altra solennità, aspetterò a Pasqua,perché allora soltanto la Chiesa mi obbliga. Burlate forse, odite davvero? Se dite davvero, quale stoltezza non è mai lavostra! Voi siete malati e malati gravemente nell'anima;potete guarir subito e non volete, e amate anzi la vostramalattia, differendone a bella posta la guarigione!

Figuratevi di essere ricoperti di lebbra nel corpo comeerano i dieci lebbrosi rammentati dal Vangelo, e che nessu-no vi voglia d'intorno per timore del contagio, e che tutti viriguardino con occhi di orrore e di compassione insieme;ditemi, in tale stato non sareste pieni di noia, di inquietudi-ne e non vi raccomandereste al Signore, che vi liberasse datanta schifosità? E se Dio vi facesse sentire la sua voce, e vidicesse: Andate dai sacerdoti, che vi guariranno, io son per-suaso, che correreste a passi di gigante, e giunti presso diloro, gettandovi a terra prostrati, gridereste: Ah! presto, deh!presto mondateci da questa lebbra per carità!

Fratelli dilettissimi, voi avreste tanta premura per ilcorpo, che è un pugno di fango, e poi per l'anima, creata aimmagine e similitudine di Dio, destinata ad un fine sopran-naturale, qual è, il Paradiso, tanta freddezza? [306r.] Per ilcorpo tanto impegno, e per l'anima tanto indugio, tanto ritar-do? Non siete obbligati a confessarvi più presto? Anzi sieteobbligatissimi; perché stando tanto tempo in peccato, e per-ciò in pericolo prossimo di dannar l'anima, voi mancate allacarità verso voi stessi, voi fate un altro peccato mortale. Vole-te aspettare alla solennità, volete aspettare a confessarvi aPasqua? Ebbene, siete voi sicuri di campar tanto? Ci arrivere-te voi alla solennità di Maria santissima Addolorata, allaFesta di san Francesco, alla Pasqua? Qual pazza condotta è

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mai la vostra! Quanto siete mai stolti, se ad un puro esserevoi assicurate la vostra guarigione spirituale!

Ma che ho da dire al confessore, mi oppone quell'altro,se non ho peccati; non ho ammazzato alcuno, non ho ruba-to, e me ne bado a’ fatti miei. Dunque non avete peccati? Edio vi dico con san Giovanni, che voi mentite, che sietebugiardi: “Si quis dixerit peccatum non habere mendax est,et in eo veritas non est” (cf. 1 Gv 1,8). Ancorché , per quantopare a voi non abbiate colpe gravi sulla coscenza (il che nonè tanto facile a conoscersi), se vi esaminate bene, senza pas-sione, senza vane lusinghe, forse troverete anche qualchepeccato mortale trascurato o dimenticato; e poi conoscereteuna falange immensa di mancanze leggere da mettervi spa-vento; e queste mancanze le commettete ogni giorno e contanta facilità, che non ve ne accorgete nemmeno.

Perciò bisogna che vi confessiate spesso, come hannopraticato tanti Santi, e come praticano anche adesso le per-sone devote, dicendovi sant’Agostino, che fino a tanto chevoi dimorate su questa terra, avete sempre di che confessar-vi: “Semper confitere, quia semper habes quod confitearis”. Ipeccati veniali sono anche essi una lebbra, sono una cattivagramigna, che getta profonde le radici, se presto non si svel-le: i peccati veniali a poco a poco ci strascinano nei mortali,se da noi non si cerca farli guerra e astenersene quanto maisi può.

Convien dunque, fratelli miei dilettissimi, imitare i diecilebbrosi del Vangelo, e quando per nostra disgrazia siamocaduti in qualche colpa mortale, senza frapporre indugio,senza alcuna dimora, portiamoci ai piedi dì un confessore,detestiamole sinceramente e rimettiamoci a quello che eglici suggerisce. E quand'anche per nostra buona ventura non

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avessimo gravi peccati, ma soltanto dei veniali, confessia-moci spesso nonostante; e dopo una tal confessione non cidimentichiamo del Signore e del sommo benefizio, che essoci ha fatto, come fecero i nove lebbrosi, [306v.] ma pieni diriconoscenza e di gratitudine, prostrati a’ suoi piedi, rendia-mogli i dovuti ringraziamenti per il favore grande che ci hacompartito, mondando l'anima nostra dalla schifosa lebbradel peccato, e così fortificati dalla divina grazia, che si ricevenei santi Sacramenti, starem lontani in appresso dalle offe-se del Signore, cammineremo rettamente la strada de’ suoiComandamenti, e finalmente la Celeste Patria del Paradisosarà per noi. Ho detto.

Per la Domenica 14ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come GesùCristo disse in quel tempo a’ suoi Discepoli: Nessuno puòservire a due Padroni; imperocché o odierà l'uno e ameràl'altro; oppure uno difenderà e l'altro lo avrà in disprezzo.Non potete servire a Dio e alle ricchezze. Però io vi dico dinon essere troppo solleciti sopra ciò che dovrete mangiare, ecome dovete vestirvi. Forse non è da valutarsi più l'animadel cibo? ed il corpo più del vestimento? Guardate gli uccellidell'aria, che non seminano, non mietono, non adunano neigranai; e il vostro Padre celeste li pasce. Forse voi non sieteda più di loro? Chi di voi pensando può aggiungere un cubi-to alla sua statura? E del vestimento perché siete cosìansiosi? Considerate i gigli del campo come crescono, e nonlavorano e non cuciono. Vi dico poi, che neppure Salomonein tutta la sua gloria è rivestito come uno di essi. Ma se cosìIddio veste il fieno del prato, che oggi è e dimani vien conse-

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gnato alle fiamme; quanto più non avrà cura di voi, o uomi-ni di poca fede? Non vogliate dunque troppo pensare, dicen-do: Che cosa mangeremo, che cosa berremo, e con cheandremo vestiti? Poiché questo è proprio dei gentili. Il vostroPadre celeste ben sa che avete bisogno di queste cose. Cer-cate dunque prima il regno di Dio e la di lui giustizia, e poitutte le altre cose vi verranno di giunta. Fin qui l'odiernosacrosanto Vangelo.

Udiste, fratelli dilettissimi, cosa richiede da voi GesùCristo nel santo Vangelo di questa mattina? Vuole chedistacchiate il vostro cuore dai beni caduchi e transitori diquesta terra, i quali non apportano altro che inquietudine enoia, e che aspiriate del continuo ai celesti beni, i quali solipossono saziare appieno i nostri ardenti desideri. Gesù[307r.] vuol questo da voi, perché come egli vi ha detto, nonsi può servire al tempo stesso a due Padroni: cioè voi nonpotete servire e contentare il demonio, dando retta alle sueprave tentazioni, e servire a Dio vostro Signore, il quale solovuol essere amato ed obbedito.

Voi non potete dare sfogo alle vostre malnate passioni,che vi trascinano nel peccato, e al tempo stesso piacere aDio. Voi non potete stare attaccati alle ricchezze, a quelpoco che avete, senza offendere il Signore, che vuol essere ilprimo ad essere amato. E non ha forse ragione Iddio a vole-re tutto il vostro cuore, l'anima vostra, tutti i vostri pensieri,tutti i vostri affetti, tutte le azioni della giornata? Egli è unDio tanto grande e tanto possente, che al confronto di luitutte le cose create svaniscono e appaiono meno del niente.Egli è ripieno di tutte le perfezioni, egli è dotato di tanti divi-ni attributi, che al di lui paragone niente può reggere, nien-te si può immaginare. E poi, ditemi, chi vi ha data l'esisten-

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za, chi vi ha creati? Iddio. Chi vi conserva la vita, chi visomministra quanto vi è necessario? Iddio. Chi vi ha pro-messo il Paradiso, se voi vivete da cristiani? Iddio. Chi vi haarricchiti di tante grazie, chi vi ha somministrato tantimezzi per salvar l'anima? Iddio. Chi vi ha riscattati dall'In-ferno e dalla morte eterna, chi vi ha liberati dal peccato edalla schiavitù del demonio? Iddio, col mandare in terra ilsuo diletto Unigenito, coll'assoggettarlo a tutte le miserie,che sono proprie dell'uomo, col farlo morire in un mare dipene e di angosce sopra l'infame patibolo della Croce. Sedunque Iddio è tanto grande, se vi conserva la vita, se viarricchisce di grazie e di meriti; se vi ha salvato, morendodissanguato e vilipeso, merita benissimo di essere amato eservito da voi, merita di occupare tutto il vostro cuore, meri-ta insomma di essere anteposto a tutte le altre cose create.

E che vi han fatto di bene il demonio, il mondo e lacarne, che voi tanto amate? Il demonio è un seduttore, chesempre vi perseguita, vi tenta, vi strapazza, per condurviseco all'Inferno. Il mondo è un bugiardo, è un traditore, checolle sue lusinghe molto vi promette, [307v.] ma poi non vidà altro che pene, noie e tribolazioni. La carne, quando vistimola a dare sfogo alle vostre passioni, pare che vi pro-metta tutte le felicità, tutti i contenti possibili, e all'incontroappena gustato il maledetto piacere del peccato, che duraun piccol momento, non sentite altro, che dei rammarichi,che dei rimorsi nella vostra coscenza, i quali vi fanno prova-re un Inferno anticipato. Vedete dunque, cari miei, che nonvi torna conto a disprezzare Iddio per andare dietro aldemonio, al mondo e alla carne.

Vediamo ora se anche tutti i beni della terra possonocontentare il vostro cuore, e perciò se meritano di essere

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amati. I beni terreni, le ricchezze, i piaceri anche presi tuttiassieme non potranno mai saziare il vostro cuore, perchésono finiti, son limitati, ed il cuor vostro è fatto per un beneinfinito, qual è Dio, e finché non giungerà a Dio, finché nonarriverà a spaziarsi in quell'Oceano immenso di tutte le ric-chezze, di tutte le felicità, non potrà mai essere soddisfattoappieno. Sicché avea ben ragione l'innamorato di Dio Ago-stino ad esclamare continuamente: “Facti sumus, Domine,ad te, et irrequietum est cor nostrum, donec requiescat in te”.Signore, voi ci avete creati per il Paradiso, per amarvi, e ser-virvi tutta una eternità, ci avete fatti per voi, ed il cuornostro sarà sempre irrequieto, sarà sempre nella noia, fin-ché non giunga a riposare in voi.

Infatti i beni di questa terra sono appunto come il fioredel campo; questo la mattina al primo comparire del sole ètutto colorito, è tutto bello, tutto fresco, ma nella serasecca, gli cadon le foglie e non gli resta che lo stelo inariditoper essere gettato sul fuoco; così i beni terreni son tantefoglie, che presto svaniscono, presto cadono, e quelli che vistanno attaccati troppo sono come tanti gambi risecchiti,che in un soffio saran tagliati dalla falce della morte e getta-ti al fuoco dell'Inferno. Così accadde al ricco Epulone, per-ché avea riposta la sua felicità nelle richezze, e così accadràanche a noi, se amiamo più i beni di questo mondo cheIddio. I denari, la roba, le pompe, gli onori, a cui stiamotanto attaccati e per cui tante volte si trascura l'anima, sioffende Iddio e si tradiscono i doveri i più sacrosanti, passa-no cogli anni, spariscono come un fumo, o presto o tardibisogna lasciarli, ed all'uomo non gli resta altro, che lebuone opere e le cattive, che lo devono accompagnare all'e-ternità, ed all'uomo altro non gli resta di tutte le sue

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sostanze, che poche braccia di terra, da esservi sepolto inuna [308r.] fossa a marcire, ad essere divorato dai vermi.

Dunque dirà quel giovine, quella fanciulla, dove sonoandati i nostri amori, i nostri piaceri brutali, le nostremode, le nostre tresche, il bel tempo, che ci siamo preso?Ah! questi diletti fallaci sono spariti come un'ombra, ed anoi altro non resta che un misero sepolcro! Dunque, diran-no quegli avari, dove sono andate tutte le nostre ricchezze, inostri fondi, i nostri beni, che per acquistarli abbiamomesso in mezzo quest'e quello, per conservarli abbiamofatto uso della frode, delle usure e degli inganni, e tantevolte abbiamo anche patita la fame? Ah! che tutto finì benpresto colla nostra corta vita, ed a noi altro non resta cheun meschino sepolcro! Dove sono andati i nostri diletti,diranno quegli ubriaconi, quei golosi, che si erano fatti unDio del loro ventre, dove sono andati? Ah! che tutto è sfug-gito in un momento, ed a noi altro non resta, che la morteed il sepolcro! “Et solum mihi superest sepulcrum”. Qual pròabbiamo noi rilevato da tanti beni, da tanti contenti, datanti piaceri? Ah! nessuno ne abbiamo avuto dei veri, ed o-ra proviamo purtroppo i più acerbi rimproveri della nostraimbrattata coscenza, e conosciamo a fondo quanto siamostati pazzi nello stare attaccati ai beni di questo mondo!

Così, fratelli miei, saran costretti a confessare nel puntodella morte i miseri peccatori, che nella loro vita invece diservire a Dio, servirono al demonio, al mondo, alla carne;che invece di amare il Signore di tutto cuore, amarono lecose create ed in esse se ne vissero ingolfati! Il Re Salomo-ne, come voi ben sapete, fu dotato da Dio di tanta scenza edi tanto sapere, che, come dice la Scrittura, non vi è stato,né vi sarà uomo, che lo agguagli in Dottrina. Fu ricchissimo

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di fondi e di bestiami; si prese tutti i divertimenti e gli spas-si possibili, si ingolfò in tutte sorte di piaceri: ebbene, contutta la sua sapienza, con tutti i suoi agi e comodità, contutti i suoi palazzi, Ville e Giardini, fu costretto alfine diesclamare, che tutto era vanità ed afflizione di spirito:“Omnia vanitas, et afflictio spiritus”.

Se dunque tutto il fin qui detto è vero, come è verissimo,perché tanta sollecitudine, perché tanto attacco ai beni diquesta terra, che non sono veri beni, ma pruni e spine, chepungono, che tormentano l'anima nostra? Se tutti questibeni li dove[308v.]te lasciare, e presto, perché dunque liamate tanto? Se da tutti questi beni non dovete aver altro,che quel poco di vitto e di vestito, perché tanta paura, che vimanchi il terreno sotto dei piedi? Non dico già che voi nondobbiate ingegnarvi, e che non dobbiate avanzarvi negliinteressi ,tenendo di conto di quello che avete: questo no;anzi sono il primo a dirvi, che siete obbligati a trafficare neivostri vari e diversi stati, siete obbligati a sfuggire l'ozio, cheè il padre di tutti i vizi; anzi vi dico di non sciupare quelpoco che avete; ma poi non dovete attaccarvi il vostro cuore,non dovete diffidare della divina Provvidenza, che alimentae nutrisce gli uccelli dell'aria, i pesci del mare, le Belve dellaforesta, e ricopre mirabilmente di leggiadre foglie e i fiori delcampo e gli arboscelli del bosco.

Prima di tutto dovete amare Iddio, che vi ha creati, chevi ha redenti, che vi conserva la vita; dovete attendere allasantificazione dell'anima vostra coll'esercizio delle virtù cri-stiane, e quando avrete fatto dal canto vostro quello che fardovete, rimettetevi nella Provvidenza del Signore. Tutti ivostri desideri tendano alla Patria del santo Paradiso, percui siete stati creati, e poi tutte le altre cose spettanti alle

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necessità temporali vi verranno in seguito di ciò: “Quaeriteprimum Regnum Dei, et justitiam ejus, et haec omnia adji-cientur vobis”.

Per la Domenica 15ª dopo la Pentecoste

Ci racconta il Vangelo di questa mattina, come Gesù Cri-sto in quel tempo andava in una Città, che si chiama Naim, econ esso andavano i di lui discepoli, ed una gran turba dipersone. Essendosi poi avvicinato alle porte della Città, ecco,che si portava un Defunto, figlio unico di sua madre, e questaera vedova; e con essa vi erano molti altri della Città. Laquale avendola veduta il Signore si mosse a compassione dilei, e gli disse: Non piangere, o donna. Ed accostatosi toccò ilcataletto. (Quelli poi che lo portavano si fermarono). E disse:fanciullo, io te lo comando, alzati. E quello che era morto sialzò ed incominciò a parlare. E lo ridiede alla sua madre. Matutti furono presi da timore, e magnificavano Iddio dicendo:che un gran profeta si è manifestato in noi, e che Iddio visitòil suo popolo. Fin qui l'odierno sacrosanto Vangelo.

Un gran miracolo [309r.] è questo, fratelli dilettissimi,operato da nostro Signor Gesù Cristo a prò dell'infelice vedo-va di Naim, che inconsolabilmente deplorava la perdita del-l'unico suo figlio, unico di lei sostegno, che formava le deliziedel suo cuore ed in cui avea riposte tutte le speranze di suacasa. Egli nell'operare un tal prodigio volle dimostrare la suadivina possanza, essendo soltanto proprio di Dio il richiama-re da morte a vita; volle dare a conoscere quanto sia di cuortenero per alleggerire le miserie dell'uomo, volle insomma farvedere a noi che era venuto al mondo per beneficare tutti,per farli risorgere dalla morte del peccato, a cui erano stati

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condannati per la disobbedienza di Adamo. Egli disse allavedova, che non piangesse, che non si abbandonasse troppoal suo giusto dolore; ma che piuttosto si rimettesse allavolontà di Dio, che privata l'avea di questo figlio.

E con ciò volle insegnare anche a noi, come diportarcidobbiamo nella morte dei nostri più cari. È certo, che l'ec-cesso di tristezza, a cui si abbandonano taluni, quando limore alcuno della famiglia, è degno di riprensione; e perchévoi, dilettissimi, possiate scampare tutto ciò, che non èconforme al Vangelo, voglio dirvi in questa mattina il modo,che dovete tenere in tali luttuose circostanze. La natura ha isuoi diritti, ed a questi diritti non possiamo rinunziarvisenza incorrere nella taccia di uomini snaturati e disleali; enell'atto di soddisfare a questi diritti possiamo ancora acqui-starci merito e lode. Il mostrare dunque tristezza in volto, ilmanifestare colle lacrime il dolore, che ci opprime il cuorenella perdita dei nostri congiunti, dei nostri parenti ed amicinon è viltà, non è debolezza, ma anzi è virtù di commisera-zione verso il proprio sangue, verso la propria parentela everso l'umana condizione. Questo non lo vorrebbe la superbafilosofia del mondo, ma lo permette benissimo la morale delVangelo, la quale non nega alla misera umanità un giustosfogo di dolore e di pianto in siffatte occasioni.

Anche Gesù Cristo, che era Dio e Uomo insieme piansesulla tomba di Lazzaro, e versò delle lacrime nella morte dilui per manifestare il contrassegno del tenero amore, cheavea verso di questo suo amico. Lo Spirito Santo pure ciinvita a piangere nella morte dei nostri cari. E sant'Agostinoancora pianse, quando trovandosi a Ostia Tiberina, la suapia madre santa Monica passò da questa vita agli eterniriposi. Potete dunque piangere ancora voi nella [309v.]

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morte di vostro padre, di vostra madre, de’ vostri Parenti,congiunti ed amici; ma piangete però con una certa modera-zione, con una certa rassegnazione ai voleri di Dio, che cosìvuole; ma badate bene di non prorompere in certe impa-zienze, che sono piuttosto da disperati che da dolenti; bada-te di non scagliare delle ingiuriose invettive contro dei Medi-ci, che hanno curato l'infermo, contro dei domestici che glisono stati d’intorno, contro dei sacerdoti, che gli hanno pre-stato assistenza, che gli hanno annunziata vicina la morteper ben disporvelo: badate insomma di non abbandonarvi adelle tristezze, a delle impazienze, a delle parole ingiuriosecontro Dio che troppo disdicono al cristiano cattolico.

Gesù Cristo disse alla vedova rammentata oggi nell'o-dierno vangelo, che cessasse dal pianto, e la religione inti-ma anche a voi quelle parole: “Nolite flere”, non vogliatepiangere, non vogliate disperarvi, quando vi muore qualcheparente, qualche amico; e poiché avete soddisfatto ai doveridi natura, non vi dimenticate di quelli della religione. Forseil motivo che vi spinge a piangere è quell'istesso, che spinsela vedova di Naim, per esservi morto un qualche figlio, unqualche marito, su cui si appoggiava tutta la speranza dellavostra famiglia; ma sappiate, che se voi avete perduto que-sti, avete sempre Iddio, il quale tutti assiste, tutti governa eprovvede, con ammirabile provvidenza.

Forse voi siete afflitti per la morte del padre o dellamadre, del fratello o della sorella? Ma sappiate, che in Diotutti abbiamo un Padre benefico, una madre tenera, un fra-tello amante, un'affezionata sorella. Forse vi trae dagl'occhiil pianto la perdita di un amico, di un benefattore? ma fatevicoraggio, perché Iddio è amico di tutti, a tutti fa del bene, ecomparte in gran copia le sue sante grazie a chi si rassegna

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a’ suoi divini voleri. Sappiate, che la vita e la morte sta nellemani di Dio, e però tutto accade per sua divina volontà. Nonvogliate dunque abbandonarvi troppo al pianto, alla dispe-razione, al dolore, ma imitate piuttosto il pazientissimoGiobbe, che in un sol giorno fu privato di tutti i suoi ama-tissimi figli, eppure fattosi superiore a se stesso andavaripetendo queste rassegnate parole: “Il Signore me li avea...”.

[310r.] Gran male si è, popolo mio dilettissimo, la trop-pa fidanza nelle proprie forze, mentre deboli e meschini suquesta valle di lacrime niente di buono possiamo operaresenza l'aiuto della grazia di Dio! E che forse non lo esperi-mentiamo purtroppo dalla mattina alla sera, che veniammeno a noi stessi e che manchiamo del continuo a queibuoni concepiti propositi di volerci mantenere fedeli a Dio?E non è forse vero, come dicea l'Apostolo, che sentiamonelle nostre membra una legge tiranna, che osa incessante-mente contraddire a quel lume dell'intelletto, che aiutatodalla grazia ci porta ad agire con rettitudine? Ah! Sì, mieicari, è verissimo, che il più delle volte noi facciamo quelmale, che far non vorremmo, e quel bene che si vorrebbeoperare da noi non si opera! E perché questo? Perché, cirisponde Gesù Cristo nel suo Vangelo: “Sine me nihil pote-stis facere”. Perché, torno a ripetervelo, niente possiam con-tare sulle nostre deboli forze rilasciate a sé medesime.

Che se noi, baldanzosi e superbi, ci credessimo sufficen-ti a noi stessi, saremmo di quel numero di presuntuosi cuiparlava oggi Gesù Cristo e a cui per convincerli dell'errore,in che si trovavano, portò la parabola

(fra il f. 310r e il f. 310v ci sono tre fogli bianchi: è forsequi che si inseriva il vangelo del fariseo e del pubblicano, pro-prio di un’altra domenica)

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[310v.] del fariseo e del pubblicano, che ambedue recati-si a pregare nel tempio, l'uno vi rinvenne la sua riprovazio-ne, l'altro vi fu giustificato; l'uno vi restò condannato nono-stanti i digiuni, le elemosine e le altre sue buone opere, l'al-tro ne partì assoluto, benché gran peccatore aggravato damoltissime colpe; condanna il primo la propria superbia,assolve il secondo la santa umiltà.

Così è, o dilettissimi: il fariseo era di quegl'uominisuperbi che confidavano in sé come giusti e disprezzavanogl'altri, e però fu riprovato: il pubblicano era di quelli, che,come dice lo Spirito Santo, non hanno vergogna di confessa-re nell'umiltà del cuore i loro falli, e per questo ritrovò gra-zia e misericordia nel cospetto del Signore. Ecco dunque,che come dissi a principio, la confidenza nelle proprie forzeè un gran male, perché produce in noi la superbia, che è ilcapo e l'origine di tutti i peccati; e perché ne impedisce lasanta umiltà, senza di cui non possiamo salvarci.

Volete voi fuggire questo vizio di fidarvi troppo dei proprilumi, dei propri pareri, e di quelle buone operazioni che davoi si fanno, e che forse forse vi fan credere essere voi miglio-ri degl'altri? Considerate in primo luogo, che il vostro intel-letto [311r.] a cagion della colpa di origine restò offuscato dimolto dalle tenebre dell'ignoranza, e però di sovente va sog-getto all'errore, e per non errare ha bisogno del continuo diuna guida sicura, cui sia stata promessa da Dio la infallibi-lità: questa guida è la Chiesa. Considerate di poi, che levostre buone opere, perché sian tali abbisognano della gra-zia, e questa non si merita perché è dono gratuito, che viendall'alto, dicendoci l'Apostolo Giacomo, che “omne datumoptimum, et omne donum perfectum desursum est, descen-dens a Patre luminum”. Dunque, in che confidare voi potete,

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se infermi nell'intelletto pigliate facilmente per vero quelloche è falso, e per falso quello che è vero? In che confidare voipotete, se incostanti e viziati nella volontà, chiamate bene ilmale, e male il bene, e operate intanto non a norma di quan-to prescrive la Legge santa di Dio e la retta ragione, ma bensìa seconda delle vostre disordinate passioni? Ah! miei cari,diffidate di voi stessi e delle vostre forze, e ogni vostra fiduciariponetela in Dio, che dà le sue grazie agl'umili, mentre resi-ste ai superbi; che esalta coloro che si abbassano, ed abbas-sa e umilia quelli che troppo si inalzano.

Ma ahimè, quanti alla giornata imitano nella superbia ilfariseo, anzi imitano il diavolo principe della superbia, econdottiere di tutti [311v.] i riprovati superbi, destinati adardere per una eternità nelle profonde voragini dell'Inferno!E chi sono costoro? Sono tutti quelli che tronfi e superbi delloro sapere, del loro corto intendere e di quanto hannoappreso da fogliacci eretici, da libracci infami e dal conver-sare con persone rinnegate e protestanti, pretendono diinsegnare la morale e il dogma al Papa, ai Vescovi, ai sacer-doti costituiti da Dio Maestri in Israele, e mandati nell'uni-verso mondo a istruire i popoli e a guidarli nella via dellasalute. Sono tutti quelli che voglion creder a loro modo, enon secondo i dettami della santa fede; tutti quelli che vivo-no secondo i desideri della carne, e per illudere se stessi esedurre gli altri chiamano mere fragilità, cose da nulla, sfo-ghi legittimi e naturali ciò che la ragione stessa dice essereproibito e ripugnante alla onestà, alla civiltà dei popoli edelle nazioni. Sono tutti quelli che si stimano migliori e piùsaggi degl'altri per qualche talento, per qualche buona qua-lità che riscontrano in sé medesimi, e intanto dimentichi diquanto dice san Paolo: “Omnis sufficientia nostra ex Deo

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est”, disprezzano i loro fratelli, li reputano da meno di loro,ne spiano le azioni, ne viziano le intenzioni, ne mormoranoe ne censurano la condotta.

[312r.] Sì, tutti questi hanno per padre il demonio, per-ché animati sono dal di lui spirito, che è spirito di superbiae di orgoglio. Tutti questi imitano il fariseo rammentato oggidal Vangelo. Anzi io dico, che sono essi peggiori assai diquel fariseo, perché di lui han la superbia, ma non nehanno poi le virtù benché apparenti. Infatti il fariseo digiu-na almeno due volte la settimana, e questi mangian carne ilvenerdì e il sabato, non conoscon per niente l'astinenzadella Quaresima, delle Vigilie, delle quattro Tempora, e vandicendo coi protestanti che il digiuno non ve l'ha messoGesù Cristo, ma il Papa; e che bisogna guardare a ciò chesorte dalla bocca, e non a quello che vi entra. Ignoranti chesono! Lo so ancor io che dobbiam guardar bene, che dallabocca non escano mai bestemmie, spergiuri, contumelie,calunnie, detrazioni, discorsi impuri, ma so di vantaggio,che bisogna in certi giorni guardare anche a quello che vi sipone, e che la cristiana mortificazione, il digiuno, l'astinen-za è di istituzione divina, è Apostolica dietro il comando el'esempio di Gesù Cristo, che colà nel deserto digiunò qua-ranta giorni e quaranta notti. Dunque la legge del digiuno,dell'astinenza, viene da Dio, dalla Chiesa; ma la Chiesa chil'ha fondata? [312v.] Gesù Cristo. E Gesù Cristo a chi disse:“Tutto ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche incielo; e tutto ciò che legherai sulla terra, sarà legato anche inCielo?”. Alla Chiesa, al Papa. Dunque la Chiesa, il Papahanno la potestà di far leggi, e questa potestà l'hanno daDio. Dunque noi sudditi e figli della Chiesa, il di cui Capovisibile è il Papa Romano Pontefice, siamo obbligati ad

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osservare le sue leggi, fra le quali vi è anche quella che sottopena di peccato mortale ci comanda il digiuno in alcunigiorni dell'anno, e l'astinenza dalla carne il venerdì e ilsabato.

Ma torniamo in argomento da cui mi avvedo essermiallontanato. Torno dunque a ripetere e a sostenere, che idescritti poc'anzi sono assai peggiori di quel fariseo super-bo; mentre questo non macchia il suo corpo colla disonestà,cogli adulteri, e quelli invece sen vivono infangati nelle dis-solutezze e nella più schifosa libidine; mentre questo pagale decime dovute pel mantenimento del culto divino, e quelliinvece rimpiangono quel poco che si spende negl'addobbidella Chiesa e nel fare con un certo decoro le Feste e lesacre Funzioni, e ti van sempre ricantando la trita canzone,che la Chiesa e gl'uomini di Chiesa hanno da esser poveri. Ilfariseo finalmente non si aggrava l'anima colle ingiustizie;ma quelli invece hanno mutato il diritto, si credono giustociò che è ingiusto, [313r.] lecito tutto quello che piace, eusano intanto violenze e commettono furti, e simulano sem-pre, e usano frodi e inganni, e promuovono liti ingiuste, esucchiano il sangue dei poveri, della vedova e del pupillo.

Lasciamo però adesso tutti questi, che seguono nellasuperbia il fariseo, e diamo di volo uno sguardo al pubblica-no, per imitarne la di lui umiltà. Osservatelo colà nel piùremoto angolo del tempio: egli è prostrato a terra, si batte ilpetto, si confessa peccatore, e grida pietà al Padre dellemisericordie. O voi tutti che vi portate alla Chiesa, per darescandalo a quanti vi osservano, che state in essa ritti comepali, o seduti sulle panche senza degnarvi di piegar le ginoc-chia, oppure, distratti e sbadati, a tutt'altro pensate che aDio, oppure ridete, ciarlate, fate atti indecenti, imparate da

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questo pubblicano la umiltà che vi deve accompagnarementre voi siete nel luogo santo. Imparate da lui a ricono-scervi per quei peccatori che siete; imparate da lui a confes-sare nell'umiltà e nella compunzione del cuore quelle colpecon cui tante volte e tante offendeste il benignissimo Iddio;imparate da lui a non mai anteporvi agl'altri, ma ricercateinvece la vita umile e oscura come praticarono i santi; esiate persuasi una volta di questa verità, che nell'abbassarsisiam sempre al sicuro, ma [313v.] a inalzarsi di troppo sicorre rischio di fare precipitosa caduta. Umiliatevi dunquenell'abisso del vostro nulla, confessate la vostra insufficenzaad operare il bene, e Iddio vi esalterà; poiché, conchiude inquesta mane il Vangelo: “Chi si esalta sarà umiliato, e chi siumilia sarà esaltato”.

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Scripta Servi DeiP. Antonii Mariae Pucci

Volumen quartumcontinens fragmenta sacrarum concionum et instructionumsuper veritatibus fidei, meditationum - nonnullas epistolas ettransumptum scriptorum varii argumenti foliis 200 regesta (foliis200).

Ogni foglio è convalidato dal timbro della Curia Arcivescovile diLucca ed il volume è stato esaminato nei vari Processi, Diocesa-no e Apostolici.

[90r.] Domenica di Settuagesima

Il padre di famiglia, che a tutte le ore del gior-no, chiama gli operai a lavorare nella sua Vigna èIddio, che sempre ci invita ad affaticarci, e a lavo-rare continuamen te nell'affare unico e importan-tissimo della nostra eter na salvezza. La Vigna, chedobbiamo tutti lavorare è la nostra anima, la qualeappunto a guisa di terra infeconda, e ripiena di tri-boli, di sciammia e di spine ha gran biso gno diessere da noi coltivata, se vogliamo che renda frut -ti di vita eterna. Negli operai mandati al lavoro dibuon mattino, giusta la spiegazione dei Padri, siintendono quei cristiani, i quali prevenuti dallebenedizioni celesti fi no dai primi albori della lorovita, faticarono,e lavora rono nella mistica vignadell'anima, e la tennero sempre immune, semprelontana dal peccato mortale. Gl'operai man dati

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alla vigna verso l'ora terza del giorno sono quei cri -stiani, che ne' primi anni della loro gioventù segui-rono invero i costumi corrotti del secolo, stetteroinvero ozio si per qualche poco di tempo senzaattendere a coltivare l'anima propria, ma che poichiamati da Dio o per mezzo di quel predicatore, odi quel confessore, o di quella disgra zia, di quellaperdita, subito gli obbedirono, abbandona rono ilpeccato, e si posero a trafficare nella vigna del -l'anima, e ripararono il tempo perduto nelle fra-scherie di mondo, lavorando e affaticandosi conimpegno maggiore. Quelli, che furono invitati all'o-ra di sesta sono quelli, che dopo aver passata lametà della loro vita nei vizi e nel peccato, final-mente ascoltarono la voce del Signore, e si conver-tirono, e si misero a pensare di proposito al -l'anima. Quelli chiamati all'ora nona del giornosono quei che si ravvedono in età molto avanzata evicini alla vec chiaia, i quali pensando seriamenteal gran male commesso se ne pentono di tuttocuore, e procurano di riparare la lo ro viziosa ozio-sità col lavorare instancabilmente nella vigna del-l'anima, sbarbando da essa i cattivi abiti, allonta-nandone i vizi e innestandovi le sante virtù. Neimanda ti al lavoro verso l'ora undecima, vale a diresul far del la sera, si intendono quelli che si con-vertono a Dio nell'ul tima vecchiaia, [90v.] e negliultimi giorni della loro vita, i quali sebbene si met-tano tardi al lavoro, pure se obbedisco no al buonpadre di famiglia Iddio che li chiama, troveran nopresso di lui misericordia e pietà. Finalmente la

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mer cede promessa dal padre di famiglia sul faredella sera ai lavoratori della vigna è la gloria eter-na del santo Paradiso, che darà nel punto di mortea quelli, che avranno faticato per l'anima.

Vedete dunque quanto è buono Iddio, il quale adogni momento di nostra vita ci chiama a lavorarenella sua Vigna, a lavorare cioè per la santificazionedell'anima nostra; e purché noi gli dimandiamo per-dono delle passate ingrati tudini egli si scorda dellenostre mancanze e dell'ozio in cui siamo vissuti peranni e anni senza far mai nessu na opera buona, maanzi aggravandosi orrendamente la coscien za diuna infinità di peccati! Questo è un segno che Eitiene in gran pregio l'anima nostra, che è quellamistica vigna al cui lavoro vuole che tutti siamointenti e solle citi. Per ciò appunto egli ci ha creati: ciha creati per faticare, per lavorare, per combattereda mattina e sera contro degl'Infernali ladroni, chefanno di tutto per depre dare questa vigna, Ci hacreati appunto per salvare quest'a nima: per quest'a-nima si fece Uomo, per quest'anima volle patir tantepene e tanti travagli: per quest'anima volle esseretradito da un suo Discepolo, legato come un Malfat -tore, tradotto pei Tribunali, flagellato a una colon-na, co ronato di spine, moriva finalmente dissangua-to e vilipeso sopra di una Croce: per quest'animalasciò alla sua Chiesa tanti Sacramenti, per quest'a-nima finalmente dispose tutte le cose create comemezzi conducenti al conseguimento del santo Para-diso, che è il fine nobile per cui fu essa creata. Dun-que bisogna pur dire che l'anima nostra è molto

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prezio sa nel cospetto del Signore, e che però meritadi essere da noi stimata come conviene, merita cheper essa noi ci affatichiamo e lavoriamo fino agliultimi respiri di no stra vita. Fuggite dunque l'ozio,che è il padre dei vizi, e trafficate continuamenteper l'anima, poiché l'eterna mercede è solamenteper quelli, che santamente si affatica no. Impiegatebene il tempo, [91r.] che Iddio con tanta benignità viconcede, e badate bene di non passarlo oziosi sullepiazze, sulle strade e nelle conversazioni inutili,pensando che dall'impiegare o bene o male queltempo dipende o la vostra eternità felice o la vostraeterna dannazione.

Non fate come quei neghittosi cristiani, che aguisa degl'oziosi rammentati oggi dal Vangelo, sene stanno con le mani alla cintola, e non sannoaltra arte, altro mestie ro, che quello del non farnulla, e all'anima non vi pen sano, e in questavigna non lavorano né punto né poco, ma perdutinei piaceri brutali, immersi in tutte sorte di pec -cato, vivono come se non dovessero morir mai,come se non avessero una sola anima, come se perloro non vi fosse né Inferno né Paradiso.

Noi però non stiamo oziosi, poiché abbiamo fac-cende, traffici, negozi da accudire, abbiamo fami-glia da tirare avanti, da avanzare, da assistere...Fate bene, è vero, a attendere alle vostre occupa-zioni, ai vostri lavori, alle vostre famiglie; ma peròil lavoro necessario che dovete fare nella vigna del-l'anima tante volte da voi si trascura, oppure si famolto male, con pigrizia e con negligenza.

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Se voi siete obbligati ad attendere alle faccendedella casa, della bottega, del traffico, della campa-gna, molto più siete obbligati a attendere all'animavostra, la quale deve andare avanti a tutto, devepremervi più di qualunque altra cosa. Perché, dite-mi, se dopo aver bene avviata la famiglia morite e vidannate, che vi gioverà l'aver lasciati agiati e como-di i vostri figli, i vostri nipoti? Se dopo aver datobuon esito a quel negozio, a quel traffico, dopo averriempita la vostra bottega, voi vi dannate, chi vileverà più dall'Inferno? Nessuno certamente. Se vidannate, a che vi servirà l'essere stati bene nelmondo? a che vi gioverà l'essere stati ben visti,riputati, ono rati presso degl'uomini? A che varran-no le ricchezze, l'o ro e l'argento, se poi dovrete per-dere l'anima? “Quid prodest homini si mundum uni-versum lucretur animae vero suae detrimentumpatiatur?”. Siatene adunque persuasi, che tutte levostre occupazioni, tutte le vostre fatiche, tut ti isudori da voi sparsi fuori della vigna del buonpadre di famiglia, non vi giovano a niente. E vuoldire: Ancor ché vi affaticate, sudate, e [91v.] penatene’ vostri diversi im pieghi senza indirizzare tutte leazioni, tutti gli stenti e pene all'onore, alla gloria diDio, e al profitto spiri tuale dell'anima, la fede con-danna voi di oziosi, e dal me desimo Dio i vostri tra-vagli saranno considerati trattenimenti inutili evane oziosità. Dunque abbiate sempre fis so nelpensiero di incontrare il genio del Signore, di ac -quistarvi meriti per l'altra vita, e affaticatevi nell'e-stirpare dalla vigna dell'anima tutto ciò, che può

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dispia cere agl'occhi purissimi del buon padre difamiglia che è Iddio.

Ma che sarebbe poi, se invece di purgare lavigna dalle spine e dalle cattive erbe, ve le pianta-ste, ve le innestaste, e ve le faceste crescere piùrigogliose? E per meglio spiegarmi: se voi invece diallontanare dall'anima vostra il peccato, le cattiveconsuetudini, gli abiti per versi oramai inveterati,voleste seguitarla nel vizio, voleste seguitarla inquelli amori, in quelle pratiche scan dalose, in queiridotti, in quei giuochi, in quelle osterie, con queicattivi compagni, che cosa potreste aspettarvi dalpadre di famiglia, quando sul far della sera coman-derà a’ suoi ministri di dare a ciascheduno la meri-tata mercede? Ah! che a voi allora non sarà dato ildanaro della vita e terna, ma invece sarete condan-nati all'eterno pianto, all'e terno dolore colaggiùnell'Inferno in compagnia dei Demoni e di tuttigl'altri servi infedeli e inutili lavoratori.

Ma Padre, sento qualcheduno che mi dice,Padre, se fino a desso io non ho pensato a lavorarenella vigna, se non ho pensato all'anima, avròtempo a pensarci; ci avete pur det to, che Iddio ciaspetta fino all'ora undecima del giorno, vale adire fino alla morte? Sappiate adunque, che iosono sempre all'ora di terza, son giovine, e peròavrò sempre tempo a lavorare nella vigna, a pensa-re all'anima. Aspette rò che il buon padre di fami-glia faccia un altro giro in cerca di operai, aspet-terò quando sia più vecchio, allora reciterò corone,allora mi confesserò più spesso, allora verrò in

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Chiesa a sentire la parola di Dio, a ascoltar Mes se,a assistere alle sacre funzioni, ora lasciatemipiglia re un pò di bel tempo, lasciatemi gustare ipiaceri della gioventù. Prima di rispondervi voglio,che voi mi diciate se siete cristiani cattolici,op[92r.]pure se abbiate bevuto al la fonte del paga-nesimo, che i nostri sapienti moderni vo leano risu-scitare nel seno della santa Chiesa cattolica.

Se siete cristiano-cattolici, mi meraviglio di voiche mi parlate con tal linguaggio, poiché dovetesapere, che non si può differire la nostra conver-sione neppure al gior no di dimani, essendo noiincerti del giorno e dell'ora della nostra morte;dovete sapere, che se oggi il padre di famiglia,Iddio, vi chiama, bisogna subito ascoltare atten tila sua voce e non restare più nella durezza delcuore, nell'ostinazione del peccato; dovete sapere,mentre avete tempo, operate il bene: “dum tempushabemus operemur bonum”, perché desidereretepoi un giorno, un'ora, un momento, e questo nonvi sarà concesso: “et tempus non erit amplius”.Volete aspettare, che il padre di famiglia faccia unaltro giro? Ma ditemi, lo farà egli? volete aspettareall'ora di sesta, di nona, all'ora undecima? Ma,ditemi, verranno per voi quest'ore fortunate? Se glioperai invitati dal padre di famiglia, avesserorisposto: Ora non vogliamo venire al lavoro, è trop-po presto, ci vogliamo divertire, verremo stasera.Che cosa li avrebbe risposto? Gli avrebbe detto: Sevoi non volete venire a lavorare nella mia vigna,non importa, ne troverò degli altri, e voi sul fare

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della se ra vi troverete colle mani vote, perché ilmio danaro voglio che sia dato a chi lavora, a chimi serve, e quest'in felici sarebbero stati per sem-pre allontanati dalla vigna del Padrone.

Così anche voi, se aspettate a operare il be nenell'età più avanzata, nella vostra vecchiaia, Iddiovi manderà la morte in gioventù, ve la manderàquando meno ve l'a spettate, e forse anche neltempo in cui l'offendete col peccato, e allora per voiè finita, siete dannati per sempre, e la mercede,che vi era stata promessa sarà data ad altri, i qualilavoreranno nella vigna del Signore. Se poi foste diquelli sviati, che hanno persa la fede per dar rettaai saputelli moderni, se foste di quelli che si la -sciarono strascinare nell'eresia e nel libertinaggio,che hanno perso ogni sentore di religione, di pietà,di onestà civile e morale, allora piego le vele, eneppure vi rispon do, perché con voi è tempo persoe fiato buttato, e non posso far al[92v.]tro, che rac-comandarvi al Signore, perché vi illumini la mente,vi ammollisca il cuore e vi pieghi la volontà al beneoperare. E solamente vi ricordo, che anche per voiverrà il giorno del Signore: sì, verrà, e invece diricevere il denaro coi buoni, riceverete il castigo,che vi siete meritato coi reprobi.

Dunque, rivolgendomi a voi di bel nuovo, a voiche mi ascoltate, e che credo veri cri stani, vi pregoper le viscere della misericordia del Si gnore adarrendervi alle voci del buon padre di famiglia, chestamattina vi chiama per mezzo di un indegno suoministro a lavorare nella vigna dell'anima vostra.

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Lavorate pure con impegno, che presto verrà sera,e vi sarà data la mercede degli Eletti colassù nellaGloria del Cielo.

Domenica di Sessagesima

Non vi è gran bisogno, che io mi trattenga inquesta mattina a spiegarvi il senso della parabolaevangelica, poiché Gesù Cristo da per sé stesso sidegnò farvi inten dere, che cosa significa il semecaduto dalla mano del contadino, e quali siano levie pubbliche, le pietre e le spine, che impedisconoal seme di germogliare e di rendere il frutto nellesue stagioni; e però a voi altro non resta a fare,che a ricevere nel vostro cuore questo seme e ren-dere frutti di vita eterna. Pure non essendo tutticapaci da per voi a considerare e a intendere beneil senso aelle parole del divin Salvatore, voglio, chemi ascoltiate attenti mentre io ve le sminuzzo, e vele dò a capire.

Disse Gesù Cristo, che il seme, caduto dallemani di que gli che seminava, è la parola di Dio, laquale continuamen te viene seminata nel campodell'anima nostra dai ministri del Signore. Se dun-que vogliamo, che questo seme renda il cento peruno, prima di tutto è necessario che sia spar sosopra di noi, vale a dire è necessario che noiandiamo ad ascoltare la parola di Dio, quando civiene annunziata nelle Prediche, nella Dottrina enei Catechismi: e badiamo bene di non essere delnumero di quei disgraziati cri stiani, i quali hanno

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solamente orecchie per ascoltare le ciarle, le mor-morazioni, le bestemmie, i discorsi osceni dei mon-dani; ma poi, o non vogliono mai ascoltare le paro-le di vita eterna o malamente l'ascoltano, e sonoappunto co me coloro dei quali parlava oggi ilRedentore a’ suoi dilet ti Di[93r.]scepoli, che veden-do non vedono, e ascoltando non in tendono.

E questi non potranno mai rendere alcun frutto,perché senza ascoltare la parola di Dio non si puòstar lontani dal peccato, e per conseguenza neppuresi possono acqui stare le sante virtù, che sonoappunto i frutti, i quali ricercherà da noi l'eternoPadrone al tempo della raccol ta, al punto cioè dellanostra morte. Infatti, datemi un campo fertile quan-to volete, un campo che sia ben colti vato e lavoratodal Contadino per le sue stagioni, che si possaadacquare nell'estate, quando vi è gran siccità, chesia difeso nell'Inverno dal freddo e dai venti, che siainsomma ben governato e custodito con tutta pre-mura e sollecitudine, ma che poi nell'Autunno permancanza di seme non venga seminato; che cosapotrò io aspettare da questo campo al tempo dellamietitura? avrò da esso del grano, oppure dellasciammia, della gramigna e delle cat tive erbe? Cer-tamente del grano non ne potrò avere, per ché nonve lo seminai; avrò solo delle erbe selvatiche prodot-te dal terreno appunto più rigogliose perché erastato bell’e ingrassato.

Lo stesso è di un cristiano, che non rice ve nelsuo cuore la parola di Dio. Sia pure istruito anchein tutte le scienze del mondo, abbia pure sortito

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dalla na tura un carattere dolce, mansueto e pieghe-vole all'altrui volontà, sia pure intento e sollecito asollevare dalla miseria il suo prossimo, faccia puremiracoli, se non va ad ascoltare la parola di Dio,non potrà mai far frutti di vita eterna, non acqui-sterà mai la vera sapienza, non di verrà mai davverocristiano. E la ragione è questa, che per essere giu-sti bisogna aver fede, bisogna esser bene istrui ti ne’propri doveri, ma siccome la fede non si può averesenza udire la divina parola, secondo l'insegnamen-to di san Paolo, e non possiamo essere istruiti da’propri doveri senza udire le parole dei ministri delsantuario, ne viene per conseguenza che la paroladi Dio ci è necessarissima; onde per vivere da cri-stiani ci è tanto necessaria la parola di Dio per con-seguire la vita eterna, quanto è necessario al campoil seme perché renda frutti al suo Padrone.

Sia tene dunque persuasi una volta, che senzaandare a senti re la parola di Dio, non si può vivereda veri cristiani. Me ne appello [93v.] alla vostracoscienza. Ditemi, perché in voi si ritrova gran setedi roba, di onori, di ricchezze? Per ché non sapeteconoscere, oppure non riflettete che la ro ba, glionori del mondo e le ricchezze sono vanità, e nonlo sapete conoscere, e non vi troverete in Chiesaquando il sacerdote del Signore facea vedere, chetutti i beni di terra non possono saziare il vostrocuore. Perché tante vol te usate frodi, inganni, truf-ferie nel vendere e nel compra re, perché tantevolte rubate a man salva, succhiate il sangue de’poveri, defraudate la mercede agl'operai, e per il

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guadagno di 4 soldi rinunziate al Paradiso e vimeri tate un Inferno? Perché voi non eravate inChiesa quando il ministro di Dio predicava, che ditutti questi beni ai quali adesso avete tanto attac-co, e che tante volte aumen taste con delle ingiusti-zie, al punto di vostra morte non potrete portarnecon voi neppure una piccola parte, e do vrete tuttolasciare; perché voi non eravate in Chiesa quandovi si ricordavano le ricompense, che Iddio tien pre-parate agl'Eletti, e vi si minacciavano le pene terri-bili, i tormenti spaventosissimi, che aspettano ipeccatori nel baratro infernale. Perché insommaodiate il bene e amate il vizio? Perché non avetegustato la consolazione, che si ritrova a amareIddio, non avete conosciuta la bruttezza del pecca-to, come fecero quelli, i quali vennero ad ascol tarePrediche e istruzioni cristiane.

E voi, cristiani, che qui mi ascoltate, risponde-temi senza dir bugie; se fi no da giovinetti voi fostevenuti al Vangelo, al catechismo, come ci venite dauna mano di tempo, avreste fatti tan ti peccati, cheformano adesso il vostro martirio, il vo stro rimor-so, e che in punto di morte formeranno la vostraconfusione, e Dio pur non lo voglia, che nell'altravita formino la vostra eterna dannazione? Ah! no,che tante co se che facevi una volta ora non le fare-sti, e sento che mi dite: Ah! Padre, vorrei piuttostomorire, che fare quel le cose, le quali facevo unavolta. E perché questa muta zione di volontà? Per-ché adesso ascoltate la parola del Signore, e unavolta non vi passava neppure per la fanta sia.

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Ma voglio ancora, che voi meco date un'occhia-ta agl'al tri tanti dei cristiani, che forse con voivivono, con voi parlano, con voi [94r.] mangiano,con voi si divertono, perché meglio restiate convin-ti, che senza ascoltare la parola di Dio non si puòvivere secondo la legge del medesimo Dio.

Ditemi, in grazia, chi sono quei padri di fami-glia, che invece di attendere ai loro figliuoli eistruirli nel timor santo del Signore e guardarli daicattivi compagni e pararli in Chiesa nei giorni diFesta e farli accostare spesso ai santissimi Sacra-menti, li mettono la briglia sul collo e se ne vannoall'osterie, alle bettole, ai giuochi, ai di vertimenti,chi sono, dimando, questi padri snaturati? Sonoquelli che non ascoltano mai la parola di Dio. Chiso no quelle madri le quali a tutto badano, a tuttoattendo no, forché al proprio dovere e lasciano leloro figlie trattare da soli a soli coi giovinotti, cheloro permet tono amori licenziosi e lunghi, che lelasciano civetta re, discorrere con tutte sorte dipersone, e sulla porta di casa e alla finestra e perle strade e alle veglie e ai balli, e di giorno e dinotte, e che tante volte fanno esse all'amore per lemedesime figliuole? Sono quelle madri, che non sivedono mai in Chiesa ad ascoltare la parola di Dio.Chi sono quei giovani, quelle fanciulle senza pudo-re e senza ritegno, disobbedienti, dispettosi, colle-rici, senza rispetto verso de’ propri genitori? Sonoappunto quelli, che invece di venire ad ascoltare laparo la di Dio stanno a impoltronire nel letto, alisciarsi, a abbigliarsi, a fare all'amore. Chi sono

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insomma quei cri stiani, privi di bene e ripieni ditutti i vizi, che di sonorano la fede che professanocon una vita peggiore di un turco, che contanoappena una Messa sola nel giorno festivo, unasola confessione e Comunione all'anno, e for seneppure una volta l'anno? Sono quelli, che vannodigiu ni della parola di Dio. E perché oggigiorno sisentono tante bestemmiacce? E perché si vedonotante ubriachezze, tante intemperanze? E perchétante disunioni fra moglie e marito, tante mormo-razioni nei ridotti, tante ingiustizie nelle botteghe enel traffico, tante risse e tanti adul teri, tante catti-ve pratiche ancora fra Ammogliati e maritate? Per-ché appunto, come dicea il profeta Osea, non ri -trovasi più sulla terra la scenza di Dio; e questadivina scenza è mancata fra noi perché non si vapiù ad ascoltare la divina parola. La parola di Dioè lume, che rischiara, e noi chiudiamo gli occhiper non vederci; la parola di Dio è cibo dell'anima,e noi l'ab[94v.]biamo a nausea, l'abbia mo a schifo,la parola di Dio è seme, che arricchisce il campomistico dell'anima nostra, e noi non vogliamo rice -verlo. E però che cosa possiamo aspettarci, se nonsterili tà e peccati? Dicea su tal proposito sant’Ago-stino, che co lui il quale si lusinga di essere buoncristiano o di ravvedersi senza ascoltare la paroladi Dio, è un temerario, che tenta il medesimoSignore. E io vi dico, che voi non vi potrete salvaresenza ascoltare la divina parola, e che non sietefigliuoli di Dio, se non udite Iddio, che vi par la perbocca dei suoi ministri. Chi è di Dio, diceva Gesù

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Cristo, ascolta la divina parola, dunque quelli chenon l'ascoltano non possono essere di Dio.

Ma Padre, dicono alcuni, le vostre Prediche, levostre istruzioni non ci vanno a genio; ci sferzateun pò troppo; ci scoprite certi altarini... Ci toccatealle volte su certi tasti... e poi ci tenete troppo inChiesa. Abbiamo famiglia, sapete, da accudire,abbiamo le nostre faccende, le nostre occupazioni,e però non si viene al Vangelo, non si viene allaDottrina.

Piano piano, non portate tante scuse a un fiato,non adducete tanti vani pretesti, perché davanti aDio non valgono; perché chi vuol provar troppo,niente prova. Non vi vanno a genio le mie Predi-che? Non importa che vi vadano a genio, poiché ionon devo ricer care il vostro incontro, ma il piaceredi Dio e il van taggio dell'anima vostra. Quando voivenite in Chiesa a sentire la parola di Dio, non cidovete venire per contentare la vostra curiosità,per solleticare le orecchie, e per dire poi: Oh comestava bene quella sentenza al tale, come quadrava-no alla tale quelle parole che ha dette il curato. Ah!no, cristiani miei, non si deve venire in Chie sa perbuttare la broda addosso a questo e a quello, maci dobbiamo venire per appropriare a noi tutti queidifet ti, che riprende il ministro di Dio, e per acqui-stare quel le virtù che ci mancano. Vi dispiaccionopoi le reprensio ni, vi rincrescono quelle parole, lequali scoprono i vo stri difetti, i vostri vizi? È beneche vi dispiacciano; vuol dire, che non ci cadretepiù da qui in avanti. Ma di temi, come mai un

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ministro del Signore potrà menarvi buo ni i vostripeccati? E non sapete che egli deve spargere ilseme della divina parola tal quale lo ha ricevuto daDio per mezzo dei santissimi libri? E non sapete,che io sono obbliga to a sgridare il vizio, a inveirecontro dei corrotti costu mi, contro degl'inconve-nienti, che succedono tra voi affidati alla miaCura, alle mie pastorali sollecitudini?

[95r.] E non sapete, che se io stessi in silenzioquando è tempo di parlare, mi farei reo di gravepeccato, mancherei ad uno dei miei principalidoveri? Eh! cari miei, non bisogna aversi per malequando ci dicono la verità! Ma bisognerebbe piut-tosto ringraziare Iddio, che per mezzo di altri ciparla, affine di richiamarci nel retto sentie ro de’suoi santi Comandamenti. Vi tengo troppo in Chie-sa? A stare un'ora in Chiesa vi annoiate: a tenercompagnia a Gesù sacramentato per un'ora vipiglia il tedio: a sta re in casa di Dio per imparare aviver da veri cristiani, per trattare l'importantissi-mo negozio della vostra eterna salute, un'ora vipar troppo lunga; ma poi a passar le gior nateintiere, le serate e anche le notti al giuoco, al caffé,al teatro, al biliardo, alle veglie, ai balli, nel le con-versazioni coi discoli, coi cattivi compagni per ap -prendere la malizia, per sentirne di tutte sorti, perfare di ogni erba un fascio, per andare eternamen-te a casa del diavolo, allora non viene a noia cosaalcuna, allora va tut to a genio e passa anche trop-po presto il tempo. Avete le faccende della casa,avete da attendere alla famiglia, ave te da andare

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alla campagna? Sia pur vero: ma, ditemi, per ché ladomenica mattina non vi alzate per tempo a fare lefaccende di casa, a custodire la famiglia, per poterpoi quando sono al Vangelo venire a ascoltare laparola di Dio? Se avete da attendere alla famiglia,se dovete andare alla campagna, perché non fateuna volta per uno? E il giorno, ditemi voi padri evoi madri, perché quando suona alla dottrina, alcatechismo non pigliate i vostri figli e ve li manda-te avanti alla volta della Chiesa? Avete da fare?han no da fare anche i vostri figliuoli, le vostrefigliuole?

Ah! sì, avete da fare voi padri di famiglia intempo di Dottrina, avete da andare a giocare inquella casa e in quell'altra, ma non mi meravigliodi voi, mi meraviglio di quei tali, che tengono ilgioco in casa sua: avete da andare all'osteria coicompagnacci a sgocciolar fiaschi e imbriacarvi;queste sono le gran faccende che avete nel tempoche si annunzia al popolo la parola di Dio. I vostrifigli, le vostre figlie han da fare purtroppo anch'es-si! In tempo di Dottrina hanno da andar vagabondiper il paese, hanno da fare all'amore, e voi madrisnaturate glielo permettete e tante volte li aiutate,e invece di venir colle vostre figlie a sentir la paroladi Dio, lasciate queste figlie medesime in casa coldamo, e ve n'andate coll'amica, e colla vicina aciarlare, a mormorare...

[95v.] Quelli poi, che vengono ad ascoltare laparola di Dio, non si devono contentare di ritrovar-si presenti solamente col corpo, ma sibbene anco-

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ra collo spirito; poiché io os servo, che il semecaduto sulla pubblica strada, sulle pie tre e fra lespine non rese alcun frutto: quello caduto nellastrada lo portaron via gl'uccelli, quel che cadde sule pietre non poté barbicare, quel che cadde fra lespine, restò soffocato.

Così accadrebbe della parola di Dio. Se essafosse gettata sopra di quei cristiani, i quali si met-tono a ciarlare, a ridere, a scherzare, a guardarechi esce e chi entra, non potrebbe fare alcun frutto,perché gettata sulla pubblica via. Se si sparge laparola di Dio sopra di quei cristiani, che hanno ilcuore impietrito da tutta sorte di peccati, ancheallora non produce alcun frutto, perché sparsasopra dure pietre. Se finalmente que sta divinaparola venga seminata sopra di quei cristiani, cheson tutti immersi nelle frascherie di mondo, neipiace ri, nei divertimenti, nei pensieri terreni,resterà soffoca ta, perché seminata infra le spine.

Che dunque? Dunque do vete venire a sentire laparola di Dio, ma ci dovete veni re ben disposti: cidovete venire con cuore umiliato,e con trito, perravvedervi da quei vizi, che in voi si ritrovano;dovete venirci e stare a sentire Iddio che vi parlaper bocca del suo ministro senza vagare qua e làcogli occhi e col pensiero; dovete venirci col cuoredistaccato dalle cose di terra, e allora questa divi-na parola approfondrà in voi le sue radici e pro-durrà frutto nella pazienza, come accadde delseme caduto in terra buona, che fruttò al suopadrone il cento per uno.

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[96r.] Domenica 11ª dopo Pentecoste

Tutte quelle cerimonie adoperate da nostroSignor Gesù Cristo nel guarire il Sordomuto, sonripiene di misteri, ordi nati tutti al nostro vantaggioe profitto spirituale. Per ché nostro Signore allonta-na dalla folla il Sordomuto pri ma di guarirlo? Perfarci intendere, che se vogliamo guarire dall'infer-mità dell'anima, che sono i peccati, fà d'uo poallontanarsi dal tumulto delle passioni, daglischiamaz zi del mondo, dalla società dei perversicompagni, e darsi alla meditazione delle massimeeterne.

Perché il divin Sal vatore manda gemiti e sospiriprima di guarire quell'infe lice? Per farci capire, chesenza il soccorso della grazia divina non possiamosortire dalla schiavitù del peccato e che perciòabbiam bisogno assoluto di chiedere questa gra ziamedesima per mezzo della preghiera.

Perché finalmente pone al Sordomuto le ditanelle orecchie e della saliva in sulla lingua? Per farconoscere a’ suoi Discepoli ciò che doveano osser-vare prima di conferire il santo Battesimo.

E chi ci vien figurato nella persona del Sordo-muto, guarito con stupendo miracolo da Gesù Cri-sto? Siamo figurati noi tutti, po polo mio dilettissi-mo, che nati figli di ira e del pecca to eravamo sordialle voci del Signore, eravamo muti per confessarela sua fede, le sue grandezze, le sue divine miseri-cordie. Ma egli nella persona del sacerdote suoministro prima di farci rinascere alla grazia per

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mezzo del Battesimo toccò le nostre orecchie, pro-ferì quella parola per farci intendere, che doveva-mo tenerle aperte alla sua ce leste dottrina e chiusedel tutto alle suggestioni del demonio e alle lusin-ghe dei mondani; pose della saliva sulla nostra lin-gua per indicarci, che di essa ce ne dovevamo ser-virire a lodarlo, a be nedirlo, ringraziarlo e non maia offenderlo.

Ora ditemi, di queste orecchie, di questa linguacome ne abbiamo usato, come ce ne serviamo alpresente? Ah! Purtroppo è vero, che ci serviamodegl'orecchi per offendere Iddio. Si ascoltanovolentieri quei discoli, quei libertini, quelli incre-duli, che motteggiano la religione, che si fannobeffe delle cose religiose, delle pratiche di pietà e didevozione, che parlano male dei sacerdoti, delPapa, che tagliano i panni addosao a questo e aquello, che inventano calunnie e tolgono la fama,la riputazione, il buon nome ai loro prossimi. Seascoltiamo volentieri i discorsi impuri e disonesti, imotti, gl'equivoci, letraccie, che ci fan perdere lafede, e corrompono i buoni costumi.

Se io ascolto, sento quello che qualcheduno midice, [96v.] lo faccio per acquistare cognizione, perimparare gl'usi della vita. Adagio, miei cari, non viingannate con tali pretesti. Io vi dico, che in tantecose è meglio saper poco che molto. È meglio vive-re in una santa semplicità, che con una menteripie na di novità mondane, le quali a altro non ser-vono, che a imparar la malizia, che a corrompere ilcuore.

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Di fatto qual fu la cagione che trasse nella rovi-na e nella mi seria i nostri Progenitori Adamo e Evainsiem con noi suoi miseri discendenti? Fu lavoglia del troppo sapere; lusingati essi dal nemicoserpente a mangiare il pomo vietato, colla promes-sa che sarebbero divenuti sapienti, come lo èIddio. Decadono dallo stato della originale inno-cenza, nell'abisso di tutti i di sordini.

L'istesso succederà a voi, se vi fate ad ascoltarei nemici della religione e di Dio, i quali vi fannocattivi di scorsi. E però rammentate dell'avverti-mento dello Spirito Santo registrato nel l'Ec cle sia -sti co, che vi dice: “Intorno alle tue orecchie formauna folta siepe di spine, e non voler ascoltare le lin-gue dei malvagi”. Poiché siccome dagl'occhi quan-do non siano mortificati entra il peccato nell'ani-ma, così dagl'orecchi aper ti a tutte sorte di discorsisi insinua la malizia nel cuo re dell'uomo.

Ma Padre, odo chi replica, i discorsi cattivi mientrano da un'orecchio e mi sortono da quell'altro.Non può es sere, io vi rispondo, perché gustare ilveleno e morire è tut ta una medesima cosa: il met-tersi sull'orlo del precipizio e cadere, succede iltempo stesso. I cattivi discorsi lasciano sem prenella nostra mente impuri fantasmi, suscitanosempre in noi desideri disordinati, accendono ilfuoco della libidine, se non subito, quando vedia-mo quella persona almeno, quando ritornano allanostra fantasia. Che dunque? Dunque fuggi te icattivi discorsi, non state ad ascoltare le linguemalvage. “Linguam nequam noli audire”.

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E della lingua, che fu condita col sale dellasapienza, perché si esercitasse in buoni discorsi,come ce ne servia mo? Ahimé! di quella lingua dellaquale dovrebbe servirsi l'uomo cristiano per renderragione della sua fede, per confessare l'augustissi-mo Nome di Gesù Cristo in faccia al mondo, tantie tanti se ne servono per bestemmeriare, per stra-pazzare Iddio, la Vergine e i Santi. Di quella linguase ne servono i mondani per spargere delle Massi-me contro la religione, per pronunziare delle eresienon solo nelle loro infernali secrete adunanze, maeziandio fra la bassa e ignorante plebe; ed è perquest'appunto che oggigiorno dalla bocca del Fab-bro, del Falegname, del calzolaro, del Sarto, delbarbiere, e del semplice giorna lier oprante si sen-tono proposizioni eretiche, che riempiono d'orrore ifedeli seguaci di Gesù Cristo.

[97r.] Che dirò poi del parlare osceno, che tantodomina fra i cristiani del giorno d'oggi? Ha un beldire l'Apostolo quando scrivendo a quelli di Efesocosì si esprime: “La fornicazione e ogni genere diimpurità non si nominino neppure fra di voi, perchétali discorsi non si addicono alla santità del cristia-no”. I discorsi cattivi non escano mai dalla nostrabocca, mentre ai no stri dì non riesce gradevole laconversazione, se in essa non si facciano discorsiimpuri e disonesti: mentre la gioventù di al tro nonsi diletta, che di raccontare novelle sconce, stor-nelli laidi e sudici, di altro non si compiace, che diravvolgersi nel pantano schifoso della lussuria.Hanno un bel dire gli stes si filosofi gentili, che i

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discorsi impuri corrompono i buoni co stumi,quando fra i cristiani si è detto addio al pudore, alritegno, e si credono leciti i discorsi di doppio sen -so, gli indovinelli, le parole ambigue, che fanno insé tra lucere la più fina malizia e che fanno appun-to maggior male, perché dette con bel garbo, per-ché non suscitano ribrezzo a sentirle, ma solleti-cando la curiosità, fanno sì che i vi si fermi lamente in considerazioni abominevoli; hanno unbel dire, ripeto, quando fra ammogliati e maritatesi cre de falsamente che si possa discorrere di tuttosenza riguardo alcuno.

E la carità fraterna, quante volte non resta offe-sa dalla lingua? Dapertutto si alzano tribunali performare giudi zi, per fulmininare sentenze contro diquesto e di quello. Anche le azioni più buone, chesi vedono in'altri, si interpetretano alla peggio. Simormora, si raccontano i difetti, i mancamenti, siingrandiscono, se ne inventano di quelli che nonson veri. Si caricano di improperi, di villanie, dititoli i più infami i nostri fratelli se mai ci hannofatto un qualche torto, un piccolo affronto. Siaccendono liti, si fomentano discor die, si fannopettegolezzi per ogni poco di che; special mente frale donne, che hanno una linguaccia del diavolo, siformano scandali, che non finiscono mai più. Eccocome ci serviamo della lingua nostra guarita, esantificata da Gesù Cristo nel giorno del nostroBattesimo.

Ah! Cristiani miei, vi dirò col Crisostomo, consi-derate quanto sia grande la dignità della vostra

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lingua, mentre sopra di essa si è posato Ge sù Cri-sto venendo a voi nella santa Eucarestia, e badatebene di non contaminarla con parole, che stannomale in bocca di un credente. Fate alla vostrabocca una serratura, vi dice sant’Ambrogio, affin-ché stia chiusa quando bisogna, e da essa nonescano mai parole di risentimento, mai voci [97v.] diindignazio ne, mai contumelie contro dei vostriprossimi.

Dunque, po polo mio dilettissimo, il frutto cheriportar dovete da quan to io vi dissi fin qui si è dichiudere le orecchie ai cat tivi discorsi, e di aprirleper ascoltare la parola di Dio, che vi viene annun-ziata da suoi ministri; di non mai la sciarvi scappa-re dalla lingua parole, che offendano Iddio e ilprossimo, ma invece scioglietela per benedire eglori ficare il Signore, se volete un giorno essere aparte del la gloria eterna, che sta riserbata a quellii quali avran saputo mortificare se stessi.

[98r.] Domenica 6ª dopo la Pentecoste

Abbiamo dal vangelo, che ritrovandosi GesùCristo nel de serto seguito da una gran folla dipopolo accorso da tut te le parti per sperimentaregl'effetti di sua onnipoten za e bontà infinita e perudire la divina parola, sentì viva compassione diquesto popolo medesimo, che non avea cosa alcu-na da mangiare, e lo satollò con sette pani e pochipesci, e del pane e dei pesci tanto ne avanzò, chene furono ripiene sette grandi paniere.

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Sapreste voi dirmi, popolo mio dilettissimo, chisia questa turba di gente languida, inferma e biso-gnosa di cibo per ristorare le affievolite forze colà inquell'aspro deserto dove ritrovavasi Gesù Cristo?Siamo noi tutti, che veniamo alla luce del giornofigli di ira e del peccato e per conseguenza soggettia mille miserie e tribolazioni, che ci circondano perogni dove e ci fan passare la vita nell'amarezza enel pianto, e su questa misera terra per conseguen-za costretti da dolce necessità a far ricorso alSignore e pregarlo umilmente a soccorrerci in tuttii no stri bisogni, a liberarci da tanti guai.

Ma siano pure grazie infinite al clementissimonostro Iddio, che prima di compiere l'opra di nostraRedenzione seppe trovare il modo di restarsene inmezzo a noi realmen te e sostanzialmente vero Dio evero Uomo, per ricevere i nostri omaggi, per ascolta-re le nostre suppliche, per li berarci da tutti i mali!Parmi vederlo questo Dio di mise ricordia colà nelCenacolo di Gerosolima rivolgersi al Padre, e dire,accennando gli Apostoli [98v.] che rappresentavanotutta la Chiesa, la quale dovea fondarsi e istituirsi:eterno mio Padre, mi fanno veramente compassionequesta povera gente; se io li lascio digiuni del cibodi vita e terna sicuramente verranno meno per via,si lasceranno so praffare dai nemici di loro salvezza,che li tendono insi die e inganni perché mancanti diforze bastanti da espor si per restar vittoriosi nelduro cimento; sicché io rimar rò con loro fino allaconsumazione dei secoli per nu trirli del cibo deiforti.

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[99r.] Infatti prende in mano del pane, lo benedi-ce e lo spez za, lo dà a mangiare ai Discepoli e dice:Prendete e mangia te, questo è il mio Corpo. Simil-mente mette del vino nel calice, e loro porgendolosoggiunse: Questo è il mio Sangue. E così, sotto lespecie del pane e del vino, si fa nostro ci bo enostra bevanda.

A gustare poi di questa Mensa celeste invitatutti col le parole del savio: “Venite, mangiate il miopane, e beve te il vino che io vi ho mesciuto”. Nonpane terreno e cor ruttibile, ma pane degl'An geli,pane di vita eterna; non vino comune, ma nettaredi Paradiso, che è quel Sangue me desimo versatofino all'ultima stilla pel vostro riscatto. Sebbeneperò tutti siano invitati alla santa Comunione delCorpo e del Sangue del Signore, e con promesse econ minac ce, pure noi soli cristiani, che la Diomercé avemmo la bella ...

(riprende la numerazione dal f. 100r)

[Domenica 2ª dopo Pasqua?]

[100r.] Ci racconta il Vangelo di questa mattina,come Gesù Cristo parlando in quel tempo ai fari-sei, disse loro: Io sono il buon Pastore: il buonPastore dà la vita per le sue pecorelle. Ma il merce-nario, e colui che non è pastore e a cui non appar-tengono le Pecore, quando vede venire il Lupoabbandonale e fugge; e il lupo in tanto rapisce edisperge le Pecore. Ora il mercenario fugge, perché

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è mercenario, e non gli importa delle peco re. Iosono il buon Pastore, e conosco le mie pecorelle, ele mie pecorelle conoscono me. Siccome il Padrecono sce me e io conosco il Padre, e metto la miavita per le mie pecorelle. Ho ancora dell'altre peco-re, che non sono di quest'Ovile, e bisogna, che vele conduca anche esse; ed esse ascolteranno lamia voce, e vi sarà un solo gregge, ed un soloPastore. Fin qui l’odierno sacrosanto Vangelo.

I farisei, razza perversa e iniqua, cercano di farmo rire l'autore della vita stessa Gesù Cristo, cheera venuto al mondo per salvare il suo popolo, perliberar lo dalla schiavitù del demonio e ricondurloin pascoli di vita eterna. Perciò appunto li portaquesta parabola del buon Pastore, facendogliconoscere, che egli era quel Pastore predetto dalprofeta Isaia, il quale avrebbe da to la vita e il san-gue per la salvezza delle sue peco relle, e che eraben diverso dai mercenari, quali erano appunto ifarisei, a’ quali parlava, uomini attaccati al propriointeresse, che per la sordida avarizia da cui eranodominati, insegnavano al popolo massime del tuttoopposte e contrarie alla legge di Dio. Dice loro, cheegli, il buon Pastore, non ha difficoltà di anda reincontro alla morte, purché le sue pecorelle sianoliberate dalle zanne del lupo infernale, ma che essiper lo contrario, essendo mercenari, non avevanoriguardi nessuni per la gloria di Dio, per la salvez-za delle anime affidate alla loro custodia, non lecuravano altro che per riguardi di temporale inte-resse e che erano pronti ad abbandonarle alla cru-

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deltà dei lupi, allorché avessero veduto soprastar-gli un qualche pericolo.

Gesù Cristo è il buon Pastore, anzi l'unico Pa -store buono per essenza, poiché egli è Dio insiemcol Padre e collo Spirito Santo e ha cura grandedelle sue creature, conserva e governa con ammira-bile provvidenza le sue pecorelle. Egli è buon Pasto-re, che non contento di dare la vita sopra dellaCroce pel riscatto delle sue pecorelle, volle di piùpascolarle della sua divina parola, satollarle di tut -to sé stesso, [100v.] dando e il suo Corpo in cibo e ilsuo Sangue in bevanda nel santissimo Sacramentodell'Eucarestia. Egli solo è il buon Pastore, perchésolo è andato esente da quei piccoli difetti ancora,in cui son caduti i più gran santi, che fino adessoillustrarono e abbellirono la santa Chiesa cattolica.Ma questo però non impedisce, che non si possanochiamare buoni quei pastori di anime, i quali, aiu-tati dalla grazia del Pastore supremo Gesù Cristo,riguardano le pecorelle affidateli non come loroproprie, ma come figlie di un Dio, redente collosborso di tutto il suo preziosissimo Sangue, ma peramore nel Signore, e disposti sono a dare anche lavita propria per salvarle sull'esempio del divinoRedentore.

Molti sono i pastori stabiliti per divino consiglioa reggere e governare il Corpo mistico della Chie-sa, che milita in mezzo agli scogli del mare ondosodel mondo. Gesù Cristo Pastore buono e santissi-mo, prima di ritor nare al Padre, lascia a capo diquesta Chiesa medesima san Pietro, e nella perso-

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na di Pietro tutti i Romani Pontefici, che sarannofino alla consumazione dei secoli. E però tutta lapotestà data all'Apostolo Pietro ritro vasi ancheadesso nell'immortale Pio IX successore le gittimodi lui.

Dunque, badate bene, fratelli e figli di lettissimi,di non lasciarvi ingannare da quei sapienti moder-ni, che in realtà sono ignoranti, bestemmiando ciòche non intendono giusta l'espressione dell'Apo-stolo san Gia como, badate bene di non lasciarviingannare da questi figli ribelli di nostra madre laChiesa, i quali vi diranno male del Papa, della reli-gione, dei sacerdoti, e vi inzufilano all'orecchio lepiù enormi eresie, le più abominande bestemmie.Al Capo comune della cristianità, al supremogerarca Romano Pontefice devono obbedire iVescovi altri pastori di anime, che sparsi sono intutto il mondo cattolico; a questi Vescovi devonostar soggetti i parrochi pastori anch'essi, sebbenedi minor potestà, di minore giurisdizione, ed eccoquella unione sacerdotale tanto necessaria allaChiesa per difendere la greggia di Gesù Cristodalle insidie dei lupi di Inferno, quanto è necessa-ria al corpo umano per mantenerlo in salute, l'ar-monia delle membra, che lo compongono.

In conseguenza di quanto vi dissi, ancor io sonpastore, come parroco di questa Chiesa, e voi sietemie beneamate pecorelle; [101v.] sono vostro pasto-re, e però obbli gato a pascere le vostre menti colcibo della parola di Dio, senza di cui non potrestevivere lungamente nella grazia del Signore; poiché

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quanto vi è necessario al corpo il mangiare e ilbere per conservare la vita tem porale, altrettantovi è necessaria all'anima la divina parola per nonricadere in peccato.

(dal f. 101v si trovano fogli invertiti e intermezzaticon lettere e altro)

[102r.] Io vostro pastore devo insegnarvi le viedella giustizia e della santità, devo riprendere esgridare i vostri depravati costumi, quando vi vedocorrer dietro al torrente delle dissolutezze, quandoso, che violate la legge santa del Signore. Io vostropastore devo pa scolare le anime vostre coi santiSacramenti, e di giorno e di notte, secondo che lorichiede il vostro bisogno, sacrificando pel vostrobene spirituale agi, comodità, riposo e perfino lavita stessa, quando l'onor di Dio e il vostro veromeglio lo richiedesse.

Ma se a tanto è obbligato il pastore, non menosono obbligate le agnelle verso di lui. Vostro obbli-go si è di intervenire ad ascoltarmi nei giorni diFesta, quando dal sacro altare vi annunzio laparola del Vangelo, la quale è pa rola di Dio. Estate certi, che se voi non mi ascoltate, non poteteessere in verun modo mie pecorelle, dice oggi GesùCristo, che ascoltano le voci del loro pastore: e senon sie te mie pecorelle fedeli, neppure potete esse-re dell'eterno Pastore Gesù Cristo, il quale mi hadetto, facendomi suo sacerdote e ministro: “Chiascolta te, me ascolta, e chi non ti vuole ascoltare

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neppure me ascolterà”. Quin di è vostro obbligo disentire con rispetto le correzioni, che in coscenzasono obbligato a farvi, quando mancate in qualchecosa, e a obbedire ai miei precetti, ai miei insegna-menti. Siate pur sicuri, che delle cose cattive, col-l'aiuto di Dio, non ve ne voglio insegnare e mi paredi non avervene mai insegnate.

Sareste obbligati ancora a provvedermi diquanto mi fa di bisogno per vi vere, se io non avessialtri mezzi da andare avanti. Ma se io son provvi-sto, la Chiesa però è povera ed ha bisogno di moltecose. Ha bisogno di Arredi sacri, di biancheria, dicera, ha bisogno di tutto, e per conse guenza a voitocca aiutarla. Fate dunque delle elemosi ne, datedelle oblazioni, perché si possa mantenere il divinculto, perché si possa onorare Maria santissima e iSanti, che in essa Chiesa si venerano. Non abbiatepaura che le [102v.] elemosine che fate le mangino ifrati. No, che essi non devono avere neppure unpicciolo, ma devono solamen te servire ai bisogninecessari della Chiesa. Queste, che fin quì viannunziai, sono le vostre obbligazioni.

Ora ditemi, le avete adempite per il passato?Siete voi venuti al Vangelo, alla Dottrina, al catechi-smo per ascoltarmi e mettere in pratica quanto nelnome di Dio vi annunziavo? Ah! che molti invece diandare ad ascoltare la voce del proprio pastore sene vanno a giocare, a divertirsi, a ubriacarsi allebettole e all'Osterie. Altri nel tempo delle sacre fun-zioni, nel tempo della predica, dell'istruzione religio-sa, se la passavano negl'a mori, in visite, in pratiche

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scandalose, in dissolutez ze. Quando io sgridava ivostri difetti, quando ripren deva i vostri deprecaticostumi, invece di ascoltarmi con rispetto, con rive-renza, come si merita un ministro di Dio, andavi alacerarmi con questo e con quello, andavi a mormo-rare contro di me. Badate bene, non inten do parlaredi tutti voi, ma di qualcheduno solamente.

Fratelli, e figli miei dilettissimi, se in me non vole-te rispettare la persona, perché peccatore io sonocome voi, almeno rispettate quel sacro Carattere dicui vado ador no, rispettate almeno quel grado di cuison rivestito. Piuttosto, se in me vedete qualchedifetto, raccomandate mi a Dio, alla Madonna santis-sima affinché possa soddisfare ai miei doveri e inse-gnarvi a tutti, più coll'esempio che colla voce, lastrada della salute. Dunque, ve lo ripeto ancheun'altra volta, se volete far parte del gregge fortuna todegl'eletti colassù nel Cielo, dove senza differenza dipersone sarà un solo Ovile e un sol Pastore divino,procurate adesso di ascoltare con sommissione, erive renza la voce dei sacri pastori, dei sacerdoti,rispet tateli, obbediteli, raccomandateli a Dio, e nonbadate a quello che fanno, se operano male, mabensì a quello che nel nome di Gesù Cristo annun-ziano. “Quaecumque ergo dixe rint vobis facite”...,

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[Domenica 3ª dopo Pasqua?]

[104r.?] Fra poco non mi vedrete più, e fra pocodi nuovo voi mi vedrete... e si rallegrerà il vostrocuore, e questa vostra allegrezza nessuno potràrapirla, e involarla al vostro cuore medesimo. Cosìdiceva oggi nel Vangelo lo amabil nostro SignorGesù Cristo parlando co’ suoi Discepoli. Qual èquesta allegrezza, questa gioia, questo gaudio ina-lienabile dal cuore dei veri cristiani, promesso dalRedentore delle anime nostre? Credo io, che siaappunto quello, che provano i veri credenti tutte levolte, che con umiltà di spirito, con purità dicuore, con vivo e ardente desiderio, con semplicitàdi santi affetti, si accostano a riceverlo sacramen-tato nella Venerabile Eucaristia.

Si è perciò che l'amor nostro Gesù, prima diandare a patire, a morire su di una Croce, chiamaa sé gli Apostoli, e a loro, e a noi così parla: Frapoco non mi vedrete più cogli occhi del corpo, per -ché io vado al mio Genitore, io vado incontro allapassio ne, alla morte, ma mi vedrete cogli occhidella fede umilia to e nascosto sotto poche specie dipane e di vino, mi ve drete sotto le medesime speciedimorare nelle Chiese in mezzo a voi, per ascoltarele vostre orazioni, le vostre suppliche, per riceverele vostre adorazioni, per venire a far vi amorosavisita nella santissima Comunione; e allora chi sari dire le consolazioni, la pace, l'allegrezza, che pro-verà il vostro cuore? Ah! che sarà tanto il vostrocontento, che vi farà ben presto dimenticare tutto

vita e il Sangue tutto con patire nei modi più bar-bari e più atroci, volle di più farsi vostro cibo evostra bevanda, nascondendo la sua maestà infini-ta nell'augustissimo e santissimo Sacramento.

Quali dunque dovranno essere le disposizioni,che vi devono accompagnare a ricevere il vostrobuon Dio nell'eucaristica mensa? Prima di tuttodovete essere puri di anima e di cuore, vale a direnon dovete aver peccati sull'anima, e neppuredove te essere attaccati alle cose del mondo, madovete essere tutti di Dio, dovete pensare a luisolo. Dipoi esercitate vi in atti di viva fede, di fermasperanza e di ardente carità; credete fermamente,che Gesù è nel santissimo Sacramento, qualeappunto sta in cielo alla destra del Padre: speratecon fiducia grande che egli, venendo nell'animavostra, di struggerà in voi il regno del peccato, viarricchirà di grazie e di meriti per poterne un gior-no andar con lui a regnare nel santo Paradiso:amate il vostro buon Gesù con tutta l'anima, contutto il cuore e per amor suo fate pace coi vostrinemici, perdonate loro le offese, che vi han fatte.

Bambini miei, voi non siete degni di venire aquesto altare a ricevere Gesù: ma egli colla suamisericordia supplisce alle vostre indegnità; e peròumiliatevi profondamente davanti a lui, confessatele vostre mancanze, dimandategli Perdono dicuore, promettetegli di non mai più offenderlo, eaccesi di un vivo desiderio dell'amor vostro...

(testo rimasto incompleto)

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quanto avrete sofferto per amor mio, tutte le mise-rie e le tribolazio ni di questa misera valle di Esilio!E questo contento nessuno potrà toglierlo al vostrocuore: “Et nemo tollet a vobis”.

Di fatto tutto questo si avverò nell'ultima Cena,allora quando l'amabilissimo Gesù Signor nostroprese in mano del pane, ringraziò l'eterno suoPadre, benedisse e spezzò questo Pane medesimo,e lo diede a’ suoi Discepoli, dicendo: “Prendete, emangiate: Questo è il mio Corpo”. Similmente,messo il vino nel Calice, lo benedì, e porgendo lo aquei Discepoli disse loro: “Prendete, [104v.?] bevete,questo è il mio Sangue”. E come io ho fatto con voi,voi pure fate lo in memoria della mia Passione sinoalla fine dei secoli. Tutto questo si avvera e si rin-nova su dei nostri Altari ogniqualvolta si celebranoi sacrosanti misteri della religione immacolata, chenoi professiamo.

Ora la parola ri volgo a voi, cari giovinetti e tene-re verginelle, che sie te la mia corona e il mio gau-dio, il frutto delle mie pasto rali fatiche, delle mieincessanti sollecitudini: a voi che far dovete mirivolgo, e in questa mano, la prima vo stra comu-nione, che per la prima volta avete la bella sor ted'introdurre dentro del vostro cuore il Re dellaGloria, il Padrone del mondo, vi dico: Poteva ilvostro buon Gesù amarvi con amore più grande?Ah! no certamente! Poiché non contento di avervicreati a sua immagine e similitu dine, non contentodi avervi fatti nascere in grembo di sua Chiesa,dove solo potete salvarvi, non contento di darvi la

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PREFAZIONE1. Nota biografica di S. Antonio M. Pucci III2. Gli scritti di S. Antonio M. Pucci IV3. L’Omeliario domenicale

di S. Antonio M. Pucci XXVIII

Scripta Servi DeiP. Antonii Mariae PucciVolumen secundum

continens Homilias super Evangeliisfoliis 313 regestas, duplicatis foliis 200 et 247

Domenica 1ª dell'Avvento 1Domenica 2° dell'Avvento 5Domenica 2° dell'Avvento 12Domenica 2ª dell'Avvento 17Domenica 3ª dell'Avvento 22Domenica 4ª dell'Avvento 28Domenica fra l'Ottava dell'Epifania 33Ottava dell'Epifania 38Domenica lª dopo l'Epifania 43Domenica 2ª dopo l'Epifania 48Domenica 3ª dopo l'Epifania 54Domenica 4ª dopo l'Epifania 60Domenica 4ª dopo l'Epifania 65Domenica 5ª dopo l'Epifania 71Domenica 6ª dopo l'Epifania 77Domenica di Settuagesima 83Domenica di Sessagesima 89Domenica di Quinquagesima 95Domenica di Quinquagesima 101Domenica lª di Quaresima 105Domenica 2ª di Quaresima 110Domenica 3ª di Quaresima 115Domenica 4ª di Quaresima 118

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Domenica 20ª dopo la Pentecoste 293Domenica 20ª dopo la Pentecoste 298Domenica 6ª dopo l'Epifania 300Domenica 21ª dopo la Pentecoste 305Domenica 22ª dopo la Pentecoste 311Domenica 22ª Dopo la Pentecoste 314Domenica ultima dopo Pentecoste 320Domenica 16ª dopo la Pentecoste 328Domenica 17ª dopo la Pentecoste 335Domenica 18ª dopo la Pentecoste 341Per la Domenica 21ª dopo la Pentecoste 347Per la Domenica 22ª dopo la Pentecoste 353Per la Domenica 23ª dopo la Pentecoste 358Domenica 3ª dopo l'Epifania 364Per la Domenica 4ª dopo l'Epifania 370Per la Domenica 5ª dopo l'Epifania 375Per la Domenica 6ª dopo l'Epifania 380Domenica 24ª dopo la Pentecoste 385Per la Domenica dopo la Circoncisione 392Domenica fra l'Ottava dell'Epifania 397Per la 2ª Domenica dopo l'Epifania 403Per la 3ª Domenica dopo l'Epifania 408Per la Domenica 4ª dopo l'Epifania 414Per la Domenica di Settuagesima 419Per la Domenica di Sessagesima 425Per la 3ª Domenica dopo Pasqua 431Per la 4ª Domenica dopo Pasqua 437Per la 5ª Domenica dopo Pasqua 443Per la Domenica infra Octavam Ascensionis 449Domenica 8ª dopo la Pentecoste 455Domenica 9ª dopo la Pentecoste 461Domenica 10ª dopo la Pentecoste 468Domenica 12ª dopo la Pentecoste 473Domenica 13ª dopo la Pentecoste 480Per la Domenica 14ª dopo la Pentecoste 487Per la Domenica 15ª dopo la Pentecoste 493

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Domenica di Passione 120Domenica in Albis 124Domenica 2ª dopo Pasqua 125Domenica 2ª dopo Pasqua 130Domenica 3ª dopo Pasqua 134Domenica 4ª dopo Pasqua 138Domenica 5ª dopo Pasqua 147Domenica fra l'Ottava dell’Ascensione 151Domenica fra l'Ottava dell'Ascensione 155Domenica della Santissima Trinità 159Domenica lª dopo Pentecoste 166Domenica 3ª dopo Pentecoste 171Domenica 3ª dopo Pentecoste 176Domenica 4ª dopo Pentecoste 181Domenica 4ª dopo la Pentecoste 185Domenica 5ª dopo Pentecoste 191Domenica 4ª dopo Pentecoste 196Domenica 4ª dopo Pentecoste 197Domenica 4ª dopo la Pentecoste 202Domenica 5ª dopo Pentecoste 204Domenica 6ª dopo Pentecoste 210Domenica 7ª dopo la Pentecoste 213Domenica 6ª dopo la Pentecoste 216Domenica 7ª dopo Pentecoste 221Domenica 7ª dopo la Pentecoste 229Domenica fra l'Ottava del Natale 234Domenica 8ª dopo la Pentecoste 239Domenica 11ª dopo Pentecoste 248Domenica 12ª dopo la Pentecoste 251Domenica 12ª dopo Pentecoste 258Domenica 13ª dopo Pentecoste 260Domenica 15ª dopo la Pentecoste 266Per la Domenica 16ª dopo la Pentecoste 271Per la Domenica 23ª dopo la Pentecoste 277Domenica 18ª dopo la Pentecoste 282Domenica 19ª dopo la Pentecoste 287

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Scripta Servi DeiP. Antonii Mariae Pucci

Volumen quartumcontinens fragmenta sacrarum concionum et instructionum super veritati-bus fidei, meditationum - nonnullas epistolas et transumptum scriptorumvarii argumenti foliis 200 regesta (foliis 200).

Domenica di Settuagesima 503Domenica di Sessagesima 511Domenica 11ª dopo Pentecoste 521Domenica 6ª dopo la Pentecoste 526[Domenica 2ª dopo Pasqua?] 528[Domenica 3ª dopo Pasqua?] 535

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