1
S oprattutto in questi periodi di turbolenza delle economie mi pia- ce pensare all’impresa come a un’entità che interpreta il cambiamento e costruisce il nuovo. In Italia, invece, spesso è considerata come un ‘male necessario’, con una visione oramai superata e che la di- pinge come uno strumento per garantire la ricchezza di pochi a discapito del lavoro di molti. Per questo, specialmen- te in questo Paese, l’impresa ha più nemici che amici, e an- che quelli che dovrebbero es- serle amici talvolta, forse invo- lontariamente, si comportano da nemici. SFIDE PER UN FUTURO MIGLIORE Se riuscissimo a capire che senza le imprese il mondo non sarebbe quello che conosciamo, ma ben peggiore, allora, forse, i concetti di merito, mobilità e concorrenza emergerebbero più facilmente. Senza impresa, in- fatti, non c’è un sistema econo- mico, che genera reddito e quin- di imposte, senza le quali non ci sono infrastrutture, né può fun- zionare la pubblica amministra- zione che garantisce le regole di convivenza: vale a dire che non avremmo più un posto sicuro dove stare. Certo, è vero che per lo più il gettito fiscale proviene dai lavoratori dipendenti; ma chi permette a questi di avere un reddito sul quale prelevare le imposte? L’impresa è, quindi, un soggetto sociale veramente utile al Paese e dovremmo, pertanto, esserne tutti orgogliosi. Incapaci di sognare di ROBERTO SIAGRI L’OPINIONE un miliardo di euro di fatturato nei nuovi settori tecnologici ad alta crescita, come ad esempio l’Ict. Abbiamo bisogno anche noi di ‘campioni’ nazionali nei settori di frontiera della cono- scenza. Per generare imprese di qualità è necessario coltivare una società effervescente con la capacità di porsi degli obiettivi e accettare sfide in campo scienti- fico, culturale, sociale. Sfide che aprano la mente ai sogni, perché ogni cosa, come diceva Walt Di- sney, va prima sognata e solo se la puoi sognare la puoi anche re- alizzare. Ci sono aree del mondo più feconde e altre meno in ter- mini di innovazioni prodotte. Questa non equa distribuzione è strettamente legata alla capacità di sognare un futuro migliore. L’America della corsa alla Luna era un melting pot incredibile, tra sfide scientifiche e sociali, luogo idoneo per sperimentare nuove cose e pensare a un mon- do migliore. I risultati non sono mancati. VA ALZATA L’ASTICELLA Alla base dei fenomeni inno- vativi ci deve essere una società vibrante e disponibile al cam- biamento: senza questi presup- posti sociali non c’è innovazio- ne. Di sicuro un Paese che ha una buona ricerca di base ha la possibilità di alzare il livello del dibattito culturale, e questo mi- sura la temperatura della società ovvero la sua effervescenza e, quindi, la sua predisposizione all’innovazione e al cambia- mento. Sbaglieremmo, però, a pensa- re che l’innovazione abbia sola- mente i connotati di un nuovo prodotto o servizio basato su nuove tecnologie. Essa è anche uno strumento che cambia lo status sociale ed economico. Nella maggior parte dei casi l’innovazione crea nuove fasce abbienti e, dunque, una nuova classe dirigente. Senza innova- zione, insomma, non c’è ricam- bio sociale. È facile, quindi, capi- re perché pochi sono interessati a essa, mentre la maggior parte delle persone per un motivo o per un altro la osteggia. Se ne era già accorto a suo tempo Nicco- lò Machiavelli quando nel 1513 scrisse a Lorenzo de’ Medici: “Non c’è nulla di più difficile e pericoloso che introdurre un nuovo ordine di cose, poiché il cambiamento ha per fieri nemi- ci tutti quelli che si trovano bene nelle vecchie condizioni e solo tiepidi difensori tra quelli che si troveranno meglio nelle nuove”. Abbiamo bisogno di un si- stema che alzi l’asticella della sfida dando la possibilità di sognare. Dobbiamo, poi, do- tarci di una base di conoscenze scientifiche che ci consentano di capire se i nostri sogni sono realizzabili o no, se si tratta di sfide che possiamo affrontare. In caso affermativo, nasceran- no idee e prenderanno forma tante invenzioni, nei laboratori o nei garage. Alcune di queste invenzioni, realizzate con nuove tecnologie, entreranno nel cir- cuito economico sotto forma di innovazioni. Le invenzioni, che saranno diventate innovazioni, ce l’avranno fatta grazie alla te- nacia e alla leadership di un im- prenditore. Ecco perché, molto spesso, le imprese nascono con almeno due soggetti: l’inventore e l’innovatore. Un magico duo. ilFRIULI BUSINESS 5 9 SETTEMBRE 2011 Un buon sistema economico, poi, deve occuparsi anche del- la crescita dimensionale delle imprese. Non sto parlando di agevolare le aggregazioni, ben- sì di permettere a quelle realtà che vogliono crescere di poterlo fare, senza cozzare contro tetti di vetro creati da vecchie rendi- te di posizione e scarsa concor- renza. Una bassa dinamica di trasformazione dimensionale è sintomo di scarsa capacità del Paese di far emergere l’innova- zione; questo, poi, si riflette nella mancanza di concorrenza, di attenzione al merito, di mobilità. L’incapacità dell’Italia di gene- rare grandi imprese innovative è sotto gli occhi di tutti e dovreb- be far riflettere. C’è qualcosa che non va: se si guarda agli ultimi vent’anni, non c’è traccia della nascita di una sola impresa da Da oltre vent’anni nel nostro Paese non c’è traccia della nascita di una sola nuova grande impresa: chi vuole crescere cozza contro tetti di vetro creati da vecchie rendite di posizione e scarsa concorrenza CI PUÒ SALVARE SOLO UNA SOCIETÀ VIBRANTE E DISPONIBILE AL CAMBIAMENTO L’INNOVAZIONE CAMBIA ANCHE LO STATUS SOCIALE ED ECONOMICO DI UNA COMUNITÀ, ECCO PERCHÈ, COME SPIEGAVA GIÀ MACCHIAVELLI, HA COSÌ FIERI NEMICI

Opinione: diamo vita ai sogni

Embed Size (px)

DESCRIPTION

CI PUÒ SALVARE SOLO UNA SOCIETÀ VIBRANTE E DISPONIBILE AL CAMBIAMENTO L’INNOVAZIONE CAMBIA ANCHE LO STATUS SOCIALE ED ECONOMICO DI UNA COMUNITÀ, ECCO PERCHÈ, COME SPIEGAVA GIÀ MACCHIAVELLI, HA COSÌ ‘FIERI NEMICI’

Citation preview

Soprattutto in questi periodi di turbolenza delle economie mi pia-

ce pensare all’impresa come a un’entità che interpreta il cambiamento e costruisce il nuovo. In Italia, invece, spesso è considerata come un ‘male necessario’, con una visione oramai superata e che la di-pinge come uno strumento per garantire la ricchezza di pochi a discapito del lavoro di molti. Per questo, specialmen-te in questo Paese, l’impresa ha più nemici che amici, e an-che quelli che dovrebbero es-serle amici talvolta, forse invo-lontariamente, si comportano da nemici.

sfide per un futuro migliore

Se riuscissimo a capire che senza le imprese il mondo non sarebbe quello che conosciamo, ma ben peggiore, allora, forse, i concetti di merito, mobilità e concorrenza emergerebbero più facilmente. Senza impresa, in-fatti, non c’è un sistema econo-mico, che genera reddito e quin-di imposte, senza le quali non ci sono infrastrutture, né può fun-zionare la pubblica amministra-zione che garantisce le regole di convivenza: vale a dire che non avremmo più un posto sicuro dove stare. Certo, è vero che per lo più il gettito fiscale proviene dai lavoratori dipendenti; ma chi permette a questi di avere un reddito sul quale prelevare le imposte? L’impresa è, quindi, un soggetto sociale veramente utile al Paese e dovremmo, pertanto, esserne tutti orgogliosi.

Incapaci di sognaredi roberto siagri

L ’ O P I N I O N E

un miliardo di euro di fatturato nei nuovi settori tecnologici ad alta crescita, come ad esempio l’Ict. Abbiamo bisogno anche noi di ‘campioni’ nazionali nei settori di frontiera della cono-scenza. Per generare imprese di qualità è necessario coltivare una società effervescente con la capacità di porsi degli obiettivi e accettare sfide in campo scienti-fico, culturale, sociale. Sfide che aprano la mente ai sogni, perché ogni cosa, come diceva Walt Di-sney, va prima sognata e solo se la puoi sognare la puoi anche re-alizzare. Ci sono aree del mondo più feconde e altre meno in ter-mini di innovazioni prodotte. Questa non equa distribuzione è strettamente legata alla capacità di sognare un futuro migliore. L’America della corsa alla Luna era un melting pot incredibile, tra sfide scientifiche e sociali, luogo idoneo per sperimentare nuove cose e pensare a un mon-do migliore. I risultati non sono mancati.

va alzata l’asticella

Alla base dei fenomeni inno-vativi ci deve essere una società vibrante e disponibile al cam-biamento: senza questi presup-posti sociali non c’è innovazio-ne. Di sicuro un Paese che ha una buona ricerca di base ha la possibilità di alzare il livello del dibattito culturale, e questo mi-sura la temperatura della società ovvero la sua effervescenza e, quindi, la sua predisposizione all’innovazione e al cambia-mento.

Sbaglieremmo, però, a pensa-re che l’innovazione abbia sola-mente i connotati di un nuovo

prodotto o servizio basato su nuove tecnologie. Essa è anche uno strumento che cambia lo status sociale ed economico. Nella maggior parte dei casi l’innovazione crea nuove fasce abbienti e, dunque, una nuova classe dirigente. Senza innova-zione, insomma, non c’è ricam-bio sociale. È facile, quindi, capi-re perché pochi sono interessati a essa, mentre la maggior parte delle persone per un motivo o per un altro la osteggia. Se ne era già accorto a suo tempo Nicco-lò Machiavelli quando nel 1513 scrisse a Lorenzo de’ Medici: “Non c’è nulla di più difficile e pericoloso che introdurre un nuovo ordine di cose, poiché il cambiamento ha per fieri nemi-ci tutti quelli che si trovano bene nelle vecchie condizioni e solo tiepidi difensori tra quelli che si troveranno meglio nelle nuove”.

Abbiamo bisogno di un si-stema che alzi l’asticella della sfida dando la possibilità di sognare. Dobbiamo, poi, do-tarci di una base di conoscenze scientifiche che ci consentano di capire se i nostri sogni sono realizzabili o no, se si tratta di sfide che possiamo affrontare. In caso affermativo, nasceran-no idee e prenderanno forma tante invenzioni, nei laboratori o nei garage. Alcune di queste invenzioni, realizzate con nuove tecnologie, entreranno nel cir-cuito economico sotto forma di innovazioni. Le invenzioni, che saranno diventate innovazioni, ce l’avranno fatta grazie alla te-nacia e alla leadership di un im-prenditore. Ecco perché, molto spesso, le imprese nascono con almeno due soggetti: l’inventore e l’innovatore. Un magico duo.

ilFRIULI BUSINESS 59 S E T T E M B R E 2 0 1 1

Un buon sistema economico, poi, deve occuparsi anche del-la crescita dimensionale delle imprese. Non sto parlando di agevolare le aggregazioni, ben-sì di permettere a quelle realtà che vogliono crescere di poterlo fare, senza cozzare contro tetti di vetro creati da vecchie rendi-te di posizione e scarsa concor-renza. Una bassa dinamica di trasformazione dimensionale è sintomo di scarsa capacità del Paese di far emergere l’innova-zione; questo, poi, si riflette nella mancanza di concorrenza, di attenzione al merito, di mobilità. L’incapacità dell’Italia di gene-rare grandi imprese innovative è sotto gli occhi di tutti e dovreb-be far riflettere. C’è qualcosa che non va: se si guarda agli ultimi vent’anni, non c’è traccia della nascita di una sola impresa da

Da oltre vent’anni nel nostro Paese non c’è traccia della nascita di una sola nuova grande impresa: chi vuole crescere cozza contro tetti di vetro creati da vecchie rendite di posizione e scarsa concorrenza

Ci può salvare solo una soCietà vibrante e disponibile al CambiamentoL’innovazione cambia anche Lo status sociaLe ed economico di una comunità, ecco perchè, come spiegava già macchiaveLLi, ha così ‘fieri nemici’