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Università Cattolica di Milano Facoltà di Scienze della Formazione A.a. 2016/2017 Master in Competenze interculturali Formazione per l’integrazione sociale XIII edizione Barbara Pizzetti Matricola 4614002 Ottobre 2017 Progetto Dòsti: dialogo interreligioso e integrazione

Progetto Dòsti: dialogo interreligioso e integrazione · 4 Per approfondimenti consultare gli appunti del laboratorio monografico “Dialogo interreligioso, conflitti e comunicazione”

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Università Cattolica di Milano

Facoltà di Scienze della Formazione

A.a. 2016/2017

Master in Competenze

interculturali

Formazione per l’integrazione

sociale XIII edizione

Barbara Pizzetti

Matricola 4614002

Ottobre 2017

Progetto Dòsti:

dialogo interreligioso e

integrazione

1

SOMMARIO

1. Dalla religione d’Italia all’Italia delle religioni ............................................................................................ 2

1.1. I numeri delle religioni in Italia ............................................................................................................. 2 1.2. I processi di post-secolarizzazione: pluralismo e analfabetismo religioso in Italia ................................ 3 1.3. Religione e integrazione: diritto e sfera pubblica ................................................................................... 4

2. Popolazione straniera ed appartenenze religiose a Brescia ........................................................................... 5 2.1. Il trend generale della presenza straniera a Brescia e provincia ............................................................. 6 2.2. Profilo demografico della popolazione straniera residente in provincia di Brescia ................................ 6

2.2.1. Genere ............................................................................................................................................ 6 2.2.2. Status Giuridico (residenti/non residenti/irregolari) ........................................................................ 6 2.2.3. Aree di provenienza e nazionalità ................................................................................................... 7 2.2.4. Età .................................................................................................................................................. 7

2.3. Appartenenza religiosa .......................................................................................................................... 8 3. L’accompagnamento di un processo di dialogo interreligioso: il progetto Dòsti – Idee per un festival delle

arti e delle culture religiose a Brescia (2016-17) .............................................................................................. 9 3.1. I promotori e gli scopi dell’iniziativa ................................................................................................... 11 3.2. Gli attori .............................................................................................................................................. 11 3.3. Fasi del processo ................................................................................................................................. 12 3.4. L’evento pubblico ................................................................................................................................ 13 3.5. Criticità nell’organizzazione dell’evento ............................................................................................. 14 3.6. Sviluppi possibili ................................................................................................................................. 15

4. Dòsti: buona pratica di dialogo interreligioso? ........................................................................................... 16 4.1. Dòsti e le strategie della politica nazionale .......................................................................................... 16 4.2. Dòsti: un ponte fra istituzioni locali e società civile ............................................................................ 17 4.3. Il rischio dell’esotismo e dell’estetismo e la virtù della relazione: una rilettura dell’esperienza dal

punto di vista interculturale ........................................................................................................................ 17 Brevi conclusioni e rilancio ............................................................................................................................ 18 Bibliografia .................................................................................................................................................... 20 Sitografia ........................................................................................................................................................ 21 Fonti ............................................................................................................................................................... 21

2

«Vita dialogica non è quella in cui si ha a che fare con molti uomini,

ma quella in cui si ha davvero a che fare con gli uomini con cui si ha a che fare»

Martin Buber

1. Dalla religione d’Italia all’Italia delle religioni

L’Italia, paese di solida tradizione e predominanza cattolica, è attualmente contraddistinta da

un’evidente pluralità religiosa, intesa non solo in termini quantitativi – riferibili cioè alla crescente

adesione ad altre confessioni di fede o all’aumento delle confessioni presenti e professate sul

territorio nazionale, ma anche in termini qualitativi – relativi cioè a modalità sempre più

diversificate di vivere l’esperienza religiosa anche all’interno della stessa fede o della stessa

tradizione. Si assiste cioè ad un sempre più radicale passaggio dalla religione unica dell’Italia all’Italia delle religioni.

1.1. I numeri delle religioni in Italia

Secondo la rassegna enciclopedica presentata da CERNUR Centro Studi sulle Nuove Religioni, in

Italia sono attualmente presenti, in maniera organizzata, 866 minoranze religiose e spirituali (a

fronte delle 658 conteggiate nella prima edizione dell’enciclopedia, pubblicata nel 2001). Per

quanto possa essere difficile stabilire cifre e statistiche reali1, i totali della ricerca condotta “relativi

a quanti chiaramente manifestano un’identità religiosa diversa dalla cattolica in Italia sono di

circa 1.781.807 unità se si prendono in esame i cittadini italiani, e di circa 5.672.807 unità se si

aggiungono gli immigrati non cittadini, il che ha rilievo principalmente per il mondo islamico e

secondariamente per un’immigrazione cristiano-ortodossa dall’Est europeo di proporzioni

notevoli, ma anche – per esempio – per l’induismo, il buddhismo, le religioni sikh e radhasoami, un

robusto protestantesimo pentecostale e battista di origine cinese, coreana, filippina e africana, o

l’immigrazione copta proveniente da diversi Paesi dell’Africa”2.

Considerando da una parte i 55.639.398 cittadini italiani (inclusi quanti hanno acquisito la

cittadinanza, circa 1.150.000 persone) e dall’altra, il totale della popolazione residente ‒ fissato a

60.665.551 unità, delle quali secondo i dati resi noti nel 2016 dall’ISTAT 5.026.153 sono stranieri

(8,3%) ‒ la percentuale delle minoranze religiose in Italia rappresenta complessivamente il 3,2%,

della popolazione (percentuale che sale al 9,3 se si considerano i residenti sul territorio). Nel

dettaglio, la composizione del 3,2% di cittadini italiani che appartengono a minoranze religiose è la

seguente3:

Ebrei 36.256 2,0%

Cattolici “di frangia” e dissidenti 25.500 1,4%

Ortodossi 212.318 11,9%

1 Brunetto Salvarani imputa la difficoltà di fornire dati certi riguardo al pluralismo religioso in Italia a tre ordini di

motivi: la natura sensibile dei dati stessi; il fatto che in un paese tradizionalmente cattolico come il nostro,

l’appartenenza religiosa tenda a collocarsi naturalmente nel contesto cattolico anche quando corrisponda ad una pratica

modesta o addirittura nulla e ad un livello di partecipazione e comunione ecclesiale minimo; infine, alla natura stessa

del fenomeno migratorio per la quale solo in tempi recenti l’immigrazione è andata stabilizzandosi, consentendo di

definire un quadro più attendibile della appartenenza confessionale dei residenti di origine straniera. Salvarani B., I

(difficili) numeri delle religioni in Italia, in Melloni A. (a cura di), Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il

Mulino, Bologna, 2014, pp. 387- 391. 2 http://www.cesnur.com/il-pluralismo-religioso-italiano-nel-contesto-postmoderno-2/.

3 Per le definizioni, consultare la ricerca riportata sul sito del CESNUR.

3

Protestanti 450.392 25,3%

Testimoni di Geova (e assimilati) 424.259 23,8%

Mormoni (e assimilati) 26.750 1,5%

Altri gruppi di origine cristiana 6.000 0,3%

Musulmani 302.090 17,0%

Bahá’í e altri gruppi di matrice islamica 4.250 0,3%

Induisti e neo-induisti 35.672 2,0%

Buddhisti 157.011 8,8%

Gruppi di Osho e derivati 4.100 0,3%

Sikh, radhasoami e derivazioni 14.693 0,8%

Altri gruppi di origine orientale 3.530 0,2%

Nuove religioni giapponesi 3.150 0,2%

Area esoterica e della “antica sapienza” 16.450 0,9%

Movimenti del potenziale umano 30.000 1,7%

Movimenti organizzati New Age e Next Age 20.000 1,1%

Altri 9.386 0,5%

Totale 1.781.807 100,0%

1.2. I processi di post-secolarizzazione: pluralismo e analfabetismo religioso in Italia4

Sebbene i tratti caratteristici della secolarizzazione (chiese sempre meno frequentate, vocazioni in

calo, pratiche religiose ridotte) permangano, si assiste di fatto – come testimoniato tanto dalla

diffusione dei centri yoga e dall’inaugurazione di nuovi templi buddisti, quanto dalle discussioni

populiste accese in un qualunque bar di quartiere all’indomani di un nuovo attacco terroristico

rivendicato dall’ISIS o dal favore accordato alla figura carismatica di Papa Francesco – ad un

ritorno al sacro, ad un rinvigorimento della religiosità declinata in forme plurali e variegate. Ci

troviamo perciò di fronte a una fase di cambiamento fortemente contraddittorio, a quella che la

sociologia religiosa definisce post-secolarizzazione, contraddistinta: da una sempre più evidente

vulnerabilità delle grandi istituzioni religiose; da una continua messa in discussione del messaggio

religioso di fronte alla pluralità delle scelte possibili; da appartenenze sempre più fragili e

“temporanee”; da religioni non più statiche - basate su dogmi rigidamente fissati - ma “mobili”, che

si riconfermano valide quando, e se, capaci di contestualizzazione storica; da figure di riferimento

non più identificabili nel praticante, bensì nel pellegrino e nel convertito5 che ricercano risposte non

definitive ai propri bisogni esistenziali e spirituali; da formule religiose “alla carta” e personali.

La post-secolarizzazione italiana si manifesta in un crescente pluralismo religioso, diverso e

aggiuntivo rispetto a quello rappresentato dalle minoranze storiche (ebrei e valdesi), non soltanto in

correlazione ai flussi migratori e alla presenza degli stranieri, ma anche interno alla tradizionale

appartenenza al cattolicesimo. Secondo Franco Garelli6, infatti, il 10% dei cittadini italiani (circa

cinque milioni e mezzo di persone) vivono una condizione di “appartenenza senza credenza” e pur

identificandosi come cattolici, sono cattolici “a modo loro”, selettivi nei confronti dei dogmi e delle

pratiche da seguire e sincretici nell’attingere da altre religioni simboli, principi e tradizioni7.

Pertanto, i cattolici, (l’80% circa degli italiani) possono essere distinti in: 10%; - “militanti” (che

4 Per approfondimenti consultare gli appunti del laboratorio monografico “Dialogo interreligioso, conflitti e

comunicazione” condotto da Brunetto Salvarini durante il Master in Competenze Interculturali Formazione per

l’Integrazione Sociale, XIII edizione e Naso P., Salvarani B., Post-secolarizzazione. All’italiana, in Naso P., Salvarani

B. (a cura di), I ponti di Babele. Cantieri, progetti e criticità nell’Italia delle religioni, EDB, Bologna, 2015, pp. 5 – 26. 5 Hervieu – Léger D., Il pellegrino e il convertito. La religione in movimento, Il Mulino, Bologna, 2003.

6 Garelli F., Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, Il Mulino, Bologna, 2011, p. 24.

7 Ad esempio, relativamente all’Aldilà, solo il 36,3% degli italiani crede evangelicamente nella vita dopo la morte, il

24,4% non sa cosa aspettarsi, il 22,5% sa di non poter sapere, il 14,6% lo interpreta come “un nulla”, il 3,5% crede

nella reincarnazione, il 3,5 ha dato altre risposte. Ivi, p. 41.

4

prendono parte sia alla vita parrocchiale, sia a movimenti ed associazioni); 20% - “assidui” (che

frequentano la messa regolarmente e assiduamente); 50% - “maggioranza” (contraddistinta da

pratiche religiose saltuarie)8. Gli italiani, inoltre, sono caratterizzati da analfabetismo religioso:

essendosi interrotta la trasmissione dei saperi e delle pratiche di fede da una generazione a quella

successiva, per quanto maggiormente istruiti, sono sempre meno competenti in materia di religione

e non conoscono la confessione cattolica9. All’analfabetismo religioso, si aggiunge l’ignoranza

biblica dovuta all’esclusione dai luoghi deputati alla costruzione della cultura e dei processi

identitari e formativi, come la scuola e l’università, sia dell’insegnamento laico, scientifico e storico

della storia delle religioni, sia della “Scrittura”, testo base della cultura europea, religiosa e secolare,

che tanto ha influenzato l’immaginario dei popoli, plasmandone il linguaggio e permeandone storia,

arte, musica, letteratura.

1.3. Religione e integrazione: diritto e sfera pubblica

Secondo il sociologo della religione Josè Casanova10

, la nuova età “secolare”, contraddistinta come

detto da una sempre crescente pluralizzazione delle possibilità religiose e non, si fonda su tre

principi essenziali:

1. il riconoscimento della libertà religiosa come diritto individuale inalienabile basato sulla dignità

della persona, per cui non sono le credenze o le dottrine ad avere diritto, ma sono le persone ad aver

il diritto e il dovere di seguire la propria coscienza senza coercizione alcuna;

2. l’obbligo da parte dello Stato di tutelare le minoranze religiose e la libertà di religione di ciascun

singolo cittadino e di garantire l’uguaglianza religiosa, ossia uguale rispetto per tutte le visioni

religiose;

3. il riconoscimento del pluralismo religioso e culturale non soltanto come fatto imprescindibile ed

ormai inevitabile, ma come manifestazione positiva della condizione umana globale, principio che a

sua volta implica l’assunzione da parte di tutte le comunità religiose di un atteggiamento di mutuo

rispetto e riconoscimento reciproco, fino al dialogo interreligioso.

Ciò che caratterizza l’epoca attuale non è solo il fatto che diverse forme religiose siano ugualmente

accessibili all’individuo ed alla collettività, ma soprattutto il fatto che tali diverse forme religiose

debbano imparare sempre più a convivere in maniera positiva e costruttiva. Lo Stato post-secolare,

perciò, a fronte del pluralismo religioso e dell’espansione delle religioni dei “nuovi” cittadini e

degli immigrati, è chiamato a riformulare i modelli tradizionali di relazione fra stato e religione,

evitando, da un lato, la riaffermazione dell’egemonia cristiana nei confronti delle minoranze

religiose, dall’altro, un “secolarismo laicista”, inteso come atteggiamento negativo e aggressivo nei

confronti della religione stessa – e in particolare di certe religioni11

– e a creare e garantire le

8 Cartocci R., Geografia dell’Italia cattolica, Il Mulino, Bologna, 2011, p. 22.

9 Matteo A., La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli

(CZ), 2010. 10

Casanova J., Lo Stato post-secolare e il pluralismo religioso, in Vita e pensiero. Bimestrale di cultura e dibattito

dell’Università Cattolica 2017 – 1, Ed. Vita e Pensiero, Milano, 2017, pp. 15 – 21. 11 Per quanto il riconoscimento della libertà religiosa – avvenuto nel 1948 con l’istituzione dell’Organizzazione delle

Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo – rappresenti una delle maggiori conquiste degli

ultimi 70 anni, molte società europee stanno mostrando forti resistenze a riconoscere l’Islam come religione europea

legittima. In Italia, la libertà religiosa è garantita dalla legge fondamentale dello Stato, la Costituzione - che sancisce il

principio di non discriminazione su base religiosa (articolo 3), l’uguaglianza di tutte le confessioni di fronte alla legge

(articolo 8), la libertà di professare il proprio credo, sia individualmente che collettivamente, di promuoverne la

diffusione e di celebrarne il culto in pubblico o in privato a meno che i riti non siano contrari al buon costume (articolo

19), ed infine la proibizione di ogni forma di discriminazione o l’imposizione di speciali oneri fiscali nei confronti di

associazioni o istituzioni religiose basate sull’appartenenza confessionale (articolo 20) – e i rapporti fra lo Stato e le

confessioni religiose diverse da quella cattolica presenti sul territorio italiano sono regolati, previo riconoscimento della

personalità giuridica della confessione stessa da parte del Ministero dell’interno, tramite accordi bilaterali (intese) con le

relative rappresentanze. Nonostante quella islamica rappresenti la comunità di fede non cattolica più numerosa in Italia,

data la multiformità del mondo islamico e la mancanza di un soggetto - riconosciuto da tutti - con il quale avviare le

5

condizioni per una libera ed egualitaria espressione delle convinzioni ideologiche, morali e religiose

di tutti i cittadini (purché non in contrasto con i diritti fondamentali di ciascuno alla vita e al

perseguimento di un uguale sviluppo materiale e spirituale per tutti).

Poiché “l’esercizio del diritto di libertà religiosa permea, in realtà, così profondamente la trama

sociale da incidere, con un proprio impatto, sul concetto identitario del corpo sociale”12

(ogni

associazione religiosa, infatti, in base alla propria concezione di vita, regola non soltanto il rapporto

fra il fedele e il trascendente, ma anche il rapporto che intercorre fra i singoli fedeli ed il gruppo di

appartenenza e i rapporti intercorrenti fra il singolo/gruppo e le altre componenti della società) le

amministrazioni locali, quali prolungamento dello Stato, non potendo restare indifferenti alle

convinzioni, ai credo dei propri cittadini, devono operare scelte che mirino non solo a garantire la

libertà religiosa ma anche a “dirimere” i delicati aspetti collegati alla gestione del fenomeno (norme

alimentari e macellazioni rituali, servizi sanitari e assistenza spirituale nelle strutture ospedaliere,

festività religiose e celebrazione dei matrimoni, trattamento delle salme e sepoltura, edifici di culto,

somministrazione di cibi specifici nelle mense pubbliche, ecc.). Ed è proprio nei contesti in cui i

principi delle confessioni religiose manifestano una ricaduta e un’incidenza maggiori sulla vita

sociale, che la sinergia fra politiche di integrazione e dimensione religiosa può esprimere tutto il suo

potenziale nel favorire dialogo, inclusione e coesione sociale. Perché l’integrazione non si traduca

in una mera assimilazione ma nel rispetto e nella convivenza costruttiva delle diversità, è necessario

che le istituzioni prendano atto che l’attuazione della libertà religiosa non si limita

all’”autorizzazione” ad esistere di una confessione o associazione religiosa, di un ente di culto

all’interno della composita trama sociale, ma riguarda soprattutto le aree del quotidiano e della sfera

pubblica. La forte valenza sociale del dialogo interreligioso non è questione interna alle compagini

religiose, alle chiese e alle comunità, ma riguarda la collettività ed il clima in cui la collettività

cresce e matura i propri comportamenti ed i propri valori.

2. Popolazione straniera ed appartenenze religiose a Brescia

La città di Brescia, con i suoi 36.179 residenti stranieri, pari al 22,8% di tutta la popolazione

straniera provinciale e con un’incidenza sul totale della popolazione superiore alla media lombarda

(Brescia 18,4%, Lombardia 11,4%), occupa l’ottava posizione nella classifica nazionale delle città

capoluogo con il più elevato numero di cittadini stranieri, mentre si colloca al secondo posto, dopo

Milano, per incidenza degli stranieri sul totale della popolazione residente (Brescia 18,4%, Milano

18,8%). Data la numerosità dei residenti stranieri, sul territorio bresciano si registra la presenza di

molteplici comunità di fede e associazioni religiose, la cui composizione è strettamente correlata

alla nazionalità e alla provenienza dei migranti.

trattative, ad oggi non è stata stipulata alcuna intesa. Da parte governativa sono state promosse iniziative volte a favorire

l’aggregazione tra associazioni islamiche e la reciproca conoscenza con i rappresentanti delle Amministrazioni statali,

come ad esempio l’istituzione dal parte del Ministro dell’interno pro-tempore della Consulta per l’Islam in Italia (2005),

nel cui ambito sono state elaborate, nel 2007, la “Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione” e, nel 2008, la

“Dichiarazione di intenti per la federazione dell’Islam italiano”. Nel 2010, è stato istituito con decreto del Ministro

dell’interno il Comitato per l’Islam italiano, mentre nel 2012 è stata inaugurata, sotto la presidenza del Ministro per

l’integrazione e la cooperazione internazionale, la Conferenza per le religioni, la cultura e l’integrazione, di cui fanno

parte alcuni membri del Comitato per l’Islam italiano stesso. Per approfondimenti al riguardo, si consulti l’articolo

L’esercizio della libertà religiosa in Italia, curato da Anna Nardini e Iole Teresa Mucciconi per conto della Presidenza

del Consiglio dei Ministri Ufficio del Segretario Generale – Ufficio Studi e Rapporti Istituzionali, pubblicato alla

pagina http://presidenza.governo.it/USRI/confessioni/Esercizio_liberta_religiosa_italia.pdf. 12 Dal rapporto del 2013 Religioni, dialogo, integrazione. Vademecum a cura del Dipartimento per le libertà civili e

l’immigrazione Direzione Centrale degli Affari dei Culti Ministero dell’Interno, p. 7, scaricabile al sito

http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/documenti/religioni/2013_06_18_Vad

emecum_religioni_dialogo_integrazione.html_1375993340.html.

6

2.1. Il trend generale della presenza straniera a Brescia e provincia

Secondo i dati pubblicati annualmente da ISTAT, al 1 gennaio 2017, gli stranieri residenti in

provincia di Brescia sono 158.585 e rappresentano il 12,6% del totale della popolazione residente. Il

trend del numero dei residenti è in diminuzione in riferimento sia all’anno precedente - rispetto al 1

gennaio 2016, infatti, si registra una riduzione della popolazione straniera presente in provincia di

Brescia di circa 5 mila persone (-3,1%), sia al 1 gennaio 2011, anno di maggior presenza dei

residenti stranieri in provincia di Brescia - rispetto al quale si registrano 12.178 residenti in meno (-

7,1%). Tale riduzione è prevalentemente imputabile alle cancellazioni per acquisizione di

cittadinanza (9.376 persone) da parte dei lungo residenti. La diminuzione dei residenti stranieri è

parzialmente mitigata dal saldo positivo (+4.182 persone) tra gli stranieri che arrivano dall’estero

(5.536 persone) e quelli che sono partiti per altre destinazioni estere (1.354 persone). Dai dati

raccolti da ISTAT relativi alla Questura di Brescia e riferiti al 2015 si desume, inoltre che l’86,2%

dei nuovi permessi di soggiorno sono rilasciati per motivi di famiglia, mentre solo il 5% per motivi

di lavoro e il 4,7% per asilo, richiesta di asilo o motivi umanitari, a conferma del fatto che, per

effetto della crisi economica, il fenomeno migratorio provinciale attualmente è motivato più da

ragioni di ricongiungimento familiare, che da ragioni economiche.

2.2. Profilo demografico della popolazione straniera residente in provincia di Brescia

I dati relativi alla popolazione immigrata riportati, provenienti dal lavoro di indagine condotto sul

territorio locale dal Centro di Iniziative e Ricerche delle Migrazioni (CIRMiB) di Brescia, in

collaborazione con Comune di Brescia, Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità,

Provincia di Brescia, Prefettura e Questura di Brescia, Ufficio Scolastico territoriale, Agenzie di

Tutela della Salute, consentono di tracciare il profilo della popolazione straniera residente nella

provincia di Brescia riguardo agli aspetti demografici, sociali e culturali ritenuti qui più rilevanti13

.

2.2.1. Genere

A partire dal 2015, la componente maschile è diminuita più intensamente di quella femminile (-

9,2% gli uomini e -3,1% le donne nel periodo dal 2014 al 2017), per cui attualmente le donne sono

percentualmente in aumento. Parallelamente a ciò i flussi migratori provinciali sono passati da

un’immigrazione più significativamente maschile (nel 2003 gli uomini erano circa 60%) ad un

sostanziale equilibrio dei due generi (al 1 gennaio 2017 le donne sono il 51,2%).

L’inversione di tendenza è imputabile:

- alla progressiva sostituzione della richiesta di manodopera maschile per l’industria con quella di figure professionali prettamente femminili (colf e badanti), avvenuta a seguito

dell’allargamento dei confini dell’Unione europea e della crisi economica;

- alla più precoce naturalizzazione e acquisizione della cittadinanza, soprattutto nelle ultime due annualità, della componente maschile (giunta per prima in provincia di Brescia);

- alla crescita dei ricongiungimenti familiari.

2.2.2. Status Giuridico (residenti/non residenti/irregolari)

Secondo le stime fornite dall’Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità, la

popolazione straniera non residente costituirebbe il 16% del totale della popolazione straniera in

provincia di Brescia e comprenderebbe non solo immigrati irregolarmente presenti sul territorio

provinciale (8% circa degli stranieri presenti), ma anche di cittadini con regolare permesso di

soggiorno e non iscritti all’anagrafe comunale (8% circa). La porzione di stranieri irregolarmente

13

Cfr. Colombo M. (a cura di), Immigrazione e contesti locali. Annuario CIRMiB 2017, Ed. Vita e Pensiero, Milano,

2017.

7

presenti sul territorio provinciale appare particolarmente bassa rispetto agli anni precedenti 2005-

2010, quando gli irregolari erano stimati tra il 9 e l’11%, in calo rispetto al 1 luglio 2015 (-700

persone) e in linea con il trend regionale14

.

I regolari non residenti, invece, sono cresciuti rispetto al 1 luglio 2015 (+3.200 persone), ma la loro

consistenza numerica è influenzata dalle politiche amministrative adottate dai diversi comuni.

2.2.3. Aree di provenienza e nazionalità

Secondo i dati pubblicati da ORIM riguardo alle aree di provenienza degli stranieri presenti in

provincia di Brescia al 1 luglio 2016, utilizzando un campione probabilistico di 300 unità che

comprende anche stranieri non residenti, l’area di provenienza prevalente è quella dell’Est Europa

(44% dei presenti). Le percentuali di stranieri provenienti dalle aree dell’Africa (27%) e dell’Asia

(26%) sono sostanzialmente equivalenti, mentre gli stranieri che provengono dall’America Latina

hanno un’incidenza percentuale di gran lunga inferiore (3%).

Rispetto al 2015 la percentuale di popolazione Est europea è stabile, ma in leggera decrescita in

riferimento al campione degli stranieri non comunitari (28,2% nel 2015 e 26,8% nel 2016). In

confronto col 2001, appare evidente una riduzione della componente africana (47,7% nel 2001 e

26,9% nel 2016) e latino-americana (4,2% nel 2001 e 2,9% nel 2016), mentre è cresciuta

leggermente la componente asiatica (21,1% nel 2001 e 27,1% nel 2016).

Integrando l’osservazione con i dati anagrafici di fonte ISTAT, si osserva che la classifica della

prime 20 nazionalità più rappresentative per numero di residenti stranieri è rimasta pressoché

invariata rispetto al 1 Gennaio 2016. In particolare, le prime cinque nazionalità nella provincia di

Brescia sono: Romania (15,2% di tutti gli stranieri residenti in provincia), Albania (12,1%),

Marocco (9,4%), India (9,1%) e Pakistan (7,9%). La popolazione totale delle prime 20 nazionalità

rappresenta quasi l’89% di tutti gli stranieri residenti e il restante 10% si distribuisce in più di 150

nazionalità diverse; mentre nel capoluogo15

le nazionalità prevalenti sono: Romania (10,5% degli

stranieri del capoluogo) – in crescita rispetto al 2015 e Pakistan (10,1%) - in diminuzione rispetto al

2015, al punto che nel 2015 i rumeni sono diventati per la prima volta più numerosi dei pakistani.

Nel complesso, ad eccezione dei cinesi, tutti gli altri principali collettivi nazionali presenti a Brescia

hanno subìto, nelle due ultime annualità, una riduzione dei residenti.

2.2.4. Età

I dati ISTAT al 1 gennaio 2017 relativi alla distribuzione di genere per classi d’età della

popolazione residente rivelano che la componente femminile della popolazione prevale su quella

maschile, in particolare nella classe d’età 18-34 anni (52,1%) e in quelle oltre i 50 anni.

L’età mediana degli stranieri residenti è di 32 anni per gli uomini e 34 anni per le donne.

Diminuiscono indipendentemente dal genere i giovani residenti stranieri nelle fasce d’età 0-17 anni

(-6,3%) e 18-34 anni (-4,9%), probabilmente per effetto di una decrescita progressiva delle nascite

da genitori stranieri (gli stranieri hanno meno figli che in passato e alcuni acquisiscono la

cittadinanza italiana prima di procreare), della crescita delle acquisizioni di cittadinanza nella fascia

14

«Fissando l’attenzione sulle dinamiche dell’irregolarità nelle province lombarde nel corso dei sedici anni di

monitoraggio ORIM è interessante cogliere la generale convergenza dei tassi verso il basso e il progressivo comune

passaggio da un inizio secolo in cui era normale constatare anche più di un irregolare ogni cinque presenti, agli anni di

fine decennio in cui è andato decisamente consolidandosi il rapporto di uno a dieci; sino alla fase più recente in cui la

prospettiva di un irregolare ogni venti presenti sembra poter diventare sempre più realistica». Cesareo V., Blangiardo G.

(a cura di), L’immigrazione straniera in Lombardia. Rapporto ORIM 2016, Fondazione ISMU, Éupolis, Milano 2017,

p. 44. 15

«Nel capoluogo le nazionalità prevalenti sono differenti da quelle rilevate a livello provinciale, in quanto per una

questione di reti etniche, che supportano l’immigrazione e l’integrazione dei concittadini, spesso si creano delle aree di

residenza omogenee per nazionalità di provenienza». Peano Cavasola F., I trend demografici, economici e sociali degli

stranieri nel territorio bresciano – anno 2016, in M. Colombo, 2017, pp. 27-78.

8

d’età 18-34 anni e del fatto che i figli minori seguono la condizione dei genitori nel caso di una loro

naturalizzazione.

In ogni caso, la popolazione straniera residente in provincia è più giovane di quella residente

bresciana nel complesso, la cui età mediana è di 44 anni. Le prime tre classi di età, fino ai 49 anni,

rappresentano l’85,6% della popolazione, mentre per la popolazione provinciale complessiva gli

under 50 rappresentano solo il 59,3%.

I minori, che al 1 gennaio 2017 erano 40.392, pur essendo diminuiti rispetto allo scorso anno,

rappresentano un quarto della popolazione straniera (25,4%) e un quinto del totale dei minori

residenti (19,1%). In questa classe d’età le nuove nascite rappresentano l’8,5% dei bambini, delle

quali 2.892 sono avvenute da genitori entrambi stranieri e 667 da madre straniera e padre italiano.

Le nascite da entrambi genitori stranieri sono in costante calo dal 2009 (-26,5%) e diminuiscono più

intensamente della diminuzione del totale delle nascite (-19,2%) e di quella delle nascite da

entrambi i genitori italiani (-19,3%); mentre sono in aumento rispetto al 2009 i bambini nati da

coppia mista (+26,3% i bambini nati da madre straniera e padre italiano, +23,8% i bambini nati da

madre italiana e padre straniero).

2.3. Appartenenza religiosa

La provenienza dei migranti rappresenta uno dei fattori di maggiore incidenza sull’appartenenza

religiosa, per cui alla variazione della componente della nazionalità dei migranti, corrisponde una

variazione dell’appartenenza religiosa.

Il pluralismo religioso inoltre è all’origine di vari modelli di aggregazione comunitaria che l'Ufficio

Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR) distingue in tre filoni principali16

:

- ‘etnico’, in cui le comunità creano strutture organizzate in base alla provenienza, alla lingua ed

alle tradizioni di uno specifico gruppo, come nel caso dei sikh;

- ‘internazionale’, che aggrega credenti generalmente non italiani, privilegiando l’uso di lingue

coloniali come l’inglese ed il francese: è il caso delle cosiddette black churches, ovvero chiese

composte di fedeli africani di diversa provenienza che rispondono ad una sola confessione e del

"modello" islamico, che con la lingua araba, raggruppa in un’unica fede credenti non italiani

provenienti da aree del mondo diverse e distanti fra loro (Africa, Asia);

- ‘interculturale’, adottato dalle Chiese storiche del protestantesimo (valdese, metodista, battista,

ecc.), che favorisce l’incontro all’interno delle comunità di fede di fedeli non necessariamente della

stessa confessione.

Dalla ricerca condotta dall'Orim su un campione probabilistico di 300 cittadini stranieri

ultraquattordicenni, l'appartenenza religiosa della popolazione straniera in provincia di Brescia

rispecchia i modelli enunciati17

e risulta così ripartita:

- musulmani 48,8% - pur in presenza di variazioni significative delle nazionalità, la percentuale di musulmani sul totale degli stranieri si è mantenuta sostanzialmente stabile a

partire dal 2008; nel tempo, infatti, si è molto ridotta la componente africana della

popolazione, ma è cresciuta quella asiatica. Per effetto della numerosità delle comunità

provenienti da Marocco, Pakistan e Ghana, la quota di musulmani della provincia di Brescia

è di 10 punti percentuali superiore alla media lombarda (38%);

- cristiani 41,2% - rispetto al 2015 è diminuita la percentuale di coloro che professano la religione cattolica (14,3% di tutti gli stranieri, -9,3 punti percentuali) in favore dei cristiani

non cattolici (26,9% di tutti gli stranieri, +9 punti percentuali rispetto al 2015);

- sikh 3,5% - percentuale più elevata rispetto a quella regionale (1,7%);

16

UNAR, L’appartenenza religiosa degli immigrati, in Dossier statistico immigrazione 2015, IDOS, Roma 2015, pp.

186-187. 17 Per approfondimenti, cfr. Capra M., Appartenenza religiosa. Dai simboli ai sentimenti, in Colombo M. (a cura di),

Immigrazione e contesti locali. Annuario CIRMiB 2016, Ed. Vita e Pensiero, Milano, 2016, pp. 219-236.

9

- induisti 4,5% - anche in questo caso si tratta di una comunità molto numerosa e la percentuale rispetto al totale della popolazione straniera è superiore a quella regionale

(1,9%).

Tra le 78 associazioni istituite da cittadini stranieri con finalità di promozione culturale o di

solidarietà verso il paese d’origine, censite dal CIRMiB nel 2016 per conto dell’Orim, compaiono:

- 32 associazioni che fanno riferimento esplicitamente a nazionalità del continente africano;

- 3 associazioni che si riferiscono esplicitamente alla religione sikh (‘Gurdwara Singh Saba’,

‘Baba Budha Ji Sewa Society’, ‘Indian Sikh Community Brescia’);

- 7 centri/associazioni culturali e religiose di musulmani, prevalentemente fondati da cittadini di origine pakistana e dislocati principalmente nel capoluogo: (‘Cheik Ahmadou Bamba’,

‘Minhaj Ul Quran’, ‘Muhammadiah’, ‘Madni Dar Ul-Islam’, ‘Centro culturale Islamico di

Brescia’, ‘Consiglio delle relazioni islamiche’).

In sintesi, attualmente la popolazione straniera presente in provincia di Brescia presenta alcune

peculiarità già evidenziate nel corso degli ultimi anni per effetto di alcuni fenomeni, quali: la

riduzione della popolazione straniera nel suo complesso; la crescita delle acquisizioni di

cittadinanza; la prevalenza della motivazione familiare rispetto a quella economica per i nuovi

ingressi; la crescita del contingente di stranieri con un’anzianità di presenza sul territorio superiore

ai 10 anni; la significatività della popolazione di religione musulmana.

Secondo gli indici di integrazione elaborati dall’ORIM Osservatorio Regionale per l’Integrazione e

la Multietnicità18

, la condizione generale media della popolazione straniera a Brescia sta

progressivamente migliorando, tanto da giustificare l’avanzamento della città nella classifica delle

province lombarde dalla VII alla II posizione. Esaurita quindi la fase di emergenza (meno del 5%

dei nuovi ingressi riguardano il soggiorno per asilo, la richiesta di asilo o i motivi umanitari), a

fronte del progressivo aumento delle naturalizzazioni e quindi dei “nuovi” italiani, si pongono nuovi

interrogativi, bisogni e obiettivi, si aprono nuove questioni di carattere squisitamente politico. Le

politiche locali e provinciali devono perciò orientarsi non tanto – o non solo – verso interventi di

tipo assistenziale ma funzionali allo sviluppo di processi di integrazione e coesione sociale.

3. L’accompagnamento di un processo di dialogo interreligioso: il progetto Dòsti – Idee per un

festival delle arti e delle culture religiose a Brescia (2016-17)

La multiculturalità che la società attuale si trova a fronteggiare a fronte sia della migrazione, sia

della presenza di gruppi e comunità culturali stabilmente residenti, pone al centro della riflessione

nuovi concetti di identità intesa come plurale, aperta e “processuale” e di migrante come essere

18

Gli indici di integrazione nel contesto di insediamento riguardano: - la condizione economico-lavorativa, per cui un

immigrato può ritenersi integrato nel contesto di insediamento se “svolge un’attività regolare, stabile e garantita, che

sia tale da fornirgli adeguate risorse economiche attraverso una professione coerente con le proprie credenziali

formative”; - la condizione socio-territoriale, per cui un cittadino straniero può ritenersi integrato se “è in possesso di

un titolo di soggiorno valido e stabile (si va da un regolare permesso di soggiorno sino alla cittadinanza italiana), è

radicato nel territorio in cui dimora (ovvero iscritto presso un’anagrafe comunale) e dispone di una sistemazione

abitativa indipendente”; - la condizione giuridica, riguardo alla quale l’ipotesi è che la condizione di regolarità incida

sul livello di integrazione nel mercato del lavoro (e rispetto alle condizioni che ne derivano dal punto di vista

economico). Dal punto di vista metodologico, l'analisi condotta si è focalizzata su alcune variabili: per la dimensione

economico-lavorativa: “condizione professionale prevalente attuale”; “reddito medio mensile personale netto da

lavoro”; “titolo di studio posseduto”; per la dimensione socio-territoriale: “tipo di alloggio”; “condizione giuridico-

amministrativa”; “iscrizione anagrafica”, rispetto alle quali si è proceduto alla costruzione di sei indicatori di

integrazione con cui misurare il livello individuale raggiunto dai soggetti di interesse coinvolti nella rilevazione,

attribuendo "a ogni caso (unità statistica campionata) un punteggio di integrazione in relazione a ciascuna delle sei

caratteristiche considerate. Tali punteggi, compresi tra -1 (per la condizione “peggiore”) e +1 (per quella “migliore”)

sono stati preventivamente determinati attraverso l’elaborazione delle frequenze con cui le modalità delle

corrispondenti variabili erano presenti nel database". Cesareo V., Blangiardo G., 2017, pp. 84-87.

10

sociale dotato di “agency”19

, autore attivo del proprio progetto migratorio in grado di rivendicare i

propri diritti, di modellarsi in funzione del territorio che incontra e di interagire con i problemi che

tale territorio pone alla realizzazione di sé, di contribuire alla società civile. Il pluralismo (religioso,

linguistico, culturale), inoltre, solleva il tema della ibridazione, della mescolanza e del meticciato,

offrendo prospettive nuove – non solo educative – sul concetto di differenza.

Di fronte a tali mutamenti, la gestione della differenza culturale e del dialogo interculturale, perché

possa essere effettiva, deve assumere come sfondo etico e politico una “pedagogia” del

riconoscimento reciproco, della giustizia sociale tesa a garantire uguaglianza (nel tributare ad ogni

cultura pari dignità e assicurare a ciascuno uguali opportunità) ed equità (intesa come condivisione

degli stessi diritti fondamentali), dell’inclusione, della coesione e della partecipazione attiva e

responsabile come “dimensione effettiva della cittadinanza per intervenire nell’organizzazione

politica, economica e sociale di un Paese o di una comunità”20

.

Compito delle istituzioni, in particolare locali, diviene quello di promuovere interazioni fra soggetti

diversi, creare occasioni di superamento della tradizionale distinzione e divisione fra chi decide e

chi subisce le decisioni senza potervi partecipare e offrire le condizioni perché i residenti, anche non

italiani, contribuiscano attivamente e concretamente allo sviluppo della sfera pubblica e della

società civile.

In riferimento a ciò, la trattazione che segue ha lo scopo di portare ad esempio il processo

sviluppatosi in territorio bresciano nel corso degli anni 2016 e 2017 intorno al progetto Dòsti (cui

ho contribuito come referente per il coordinamento organizzativo in fase di tirocinio) evidenziando

il ruolo assunto dalle istituzioni locali e dalle comunità religiose, le quali assumono una funzione

determinante nei confronti non soltanto dei migranti ma anche della città e della società in

generale21

. Se da un lato le comunità di fede fanno parte di quelle reti etniche e catene migratorie

che rappresentano per gli individui e i gruppi una risorsa vitale per la riuscita del progetto

migratorio, poiché offrono accoglienza e supporto logistico-psicologico e consentono di mantenere

un legame di continuità con il proprio contesto di origine nel processo di elaborazione di nuove

strutture cognitive, relazionali e identitarie, dall’altro – come sottolineato dal Sindaco di Brescia

Emilio del Bono22

– le comunità religiose sono “sentinelle contro gli estremismi, contro i rischi

delle devianze terroristiche e della scorciatoia della violenza; sono presidi di umanità; strumenti di

legalità e palestre di democrazia” che basando il proprio operato sulla centralità della persona e il

rispetto dell’altro, rappresentano una diversa declinazione di quegli stessi principi e valori laici che

sono i principi ed i valori costituzionali.

19

“Migrants are not isolated individuals who react to market stimuli and bureaucratic rules, but social beings who seek

to achieve better outcomes for themselves, their families and their communities by actively shaping the migratory

process. Migratory movements, once started, become self-sustaining social processes. It is vital to add this sociological

and anthropological insight to the structural or institutional models provided by economists, political scientists and

legal specialists”. Castles S., The factors that make and unmake migration policies, in The International Migration

Review, Vol. 38, No. 3, Conceptual and Methodological Developments in the Study of International Migration, Center

for Migration Studies of New York Inc., 2004, p. 860. 20

Tarozzi M., Dall’intercultura alla giustizia sociale. Per un progetto pedagogico e politico di cittadinanza globale,

Franco Angeli, Milano, 2015, p. 67. 21

Per non disperdere, con l’abolizione delle Circoscrizioni, una ultratrentennale esperienza di governo di prossimità,

privando l’Amministrazione di un fondamentale strumento di ascolto del territorio e quindi di partecipazione alle scelte

amministrative, nel 2014 sono stati istituiti i Consigli di Quartiere. Attraverso le assemblee svoltesi in ogni quartiere

nella settimana centrale di novembre, è stata raccolta la disponibilità di quasi 500 cittadini ed il 14 dicembre 2014 tutti i

residenti nel Comune di Brescia, che avevano compiuto almeno 16 anni, sono stati chiamati a votare i loro

rappresentanti. La consultazione ha visto la partecipazione dell’elettorato attivo e passivo degli immigrat i regolarmente

residenti e ha portato all’elezione di alcuni consiglieri di origine straniera. 22

Nel discorso tenuto durante la tavola rotonda di apertura di Dòsti – Idee per un festival delle arti e delle culture

religiose, il 6 maggio 2017, il Sindaco ha inoltre sostenuto la necessità “di far crescere le nostre istituzioni e le nostre

comunità dentro questa educazione corale alla convivenza, al rispetto reciproco, alla crescita e alla dialettica, ma è

importante che ciò accada e venga convogliato entro gli alvei fondamentali”.

11

3.1. I promotori e gli scopi dell’iniziativa

Considerata la natura variegata e multiforme del tessuto culturale e religioso del suo territorio, la

provincia di Brescia è stata identificata dalla Direzione Centrale degli Affari dei Culti del

Dipartimento per le Libertà Religiose del Ministero dell'Interno, come area di riferimento per la

promozione di iniziative volte a favorire il dialogo religioso e interculturale e prevenire situazioni di

ghettizzazione che possano generare fenomeni di intolleranza, radicalismo o estremismo religioso e

culturale. La provincia di Brescia è stata “candidata” a divenire – attraverso il coinvolgimento

diretto delle principali istituzioni, delle comunità religiose e dei cittadini, in particolare stranieri -

fucina di buone pratiche e modelli di inclusione e confronto, improntati sul dialogo e sulla

partecipazione attiva alla vita sociale e culturale; laboratorio per progetti pilota replicabili ed

esportabili in altre province del territorio nazionale.

3.2. Gli attori

Il Consiglio Territoriale per l’Immigrazione23

, convocato dal Prefetto di Brescia Valerio Valente, e

dal Prefetto Giovanna Iurato della Direzione Centrale degli Affari dei Culti – Ministero

dell’Interno, ha quindi indetto a partire da maggio 2016 numerosi incontri con i rappresentanti delle

diverse comunità religiose presenti in provincia (cattolici, valdesi, ortodossi, evangelici, ebrei,

musulmani, musulmani murid e pakistani, sikh, induisti, buddhisti) ed i rappresentanti delle

istituzioni (Prefettura di Brescia, Assessorato alle Politiche per la Casa e alla Partecipazione dei

Cittadini del Comune di Brescia, Provincia di Brescia, Ufficio Scolastico Provinciale, Casa

Circondariale Canton Mombello, Università Statale di Brescia, Università Cattolica del Sacro

Cuore, Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni di Brescia). Al comitato così istituitosi24

, nel

corso degli appuntamenti si sono progressivamente aggiunti alcuni studenti del corso di laurea in

Scienze e Tecnologie delle Arti e dello Spettacolo (STArS) dell’Università Cattolica e del corso di

grafica del Dipartimento di Arti Visive dell’Accademia di Belle Arti Santa Giulia, ed esperti di

varie discipline artistiche e non: Michele Lobaccaro – autore, compositore e musicista dei

Radiodervish25

; Franco Rinaldi – pittore; Marco Meazzini – videomaker e collaboratore del

settimanale la Voce del Popolo; Matteo Asti – docente di media e cinema all’Accademia di Belle

Arti Santa Giulia; Mario Pasquero - Responsabile della Direzione Commerciale, Marketing e

23

Il Consiglio Territoriale per l'Immigrazione è un organismo collegiale, presieduto dal Prefetto, che ha il compito di

monitorare, a livello provinciale, la presenza degli stranieri e la capacità del territorio di assorbire i flussi migratori. Il

Consiglio Territoriale per l'Immigrazione attraverso la cooperazione sinergica con gli altri soggetti, istituzionali e non,

presenti sul territorio promuove iniziative di integrazione, formula proposte al Dipartimento per le Libertà Civili e

l'Immigrazione, per risolvere problemi locali connessi al fenomeno migratorio.

http://www.prefettura.it/brescia/contenuti/Consiglio_territoriale_per_l_immigrazione-51567.htm 24

I membri del gruppo di coordinamento: Marco Fenaroli (Assessorato alle Politiche per la Casa e alla Partecipazione

dei Cittadini - Comune di Brescia), Maddalena Colombo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia - CIRMiB),

Adriana Apostoli (Università degli Studi di Brescia), Roberta Monni (Area I Bis – Ordine e Sicurezza Pubblica,

Prefettura di Brescia), Driss Enniya (Coordinamento migranti C.G.I.L.), Don Claudio Zanardini (Diocesi di Brescia -

Ufficio Dialogo Interreligioso), Pastora Anne Zell (Chiesa Evangelica Valdese), Pastore Geoffrey Allen (Chiese

Evangeliche di Brescia e Provincia), Padre Gheorghe Timis (Parrocchia Ortodossa Rumena Santi Costantino ed Elena

di Brescia), Omar Ajam (Centri Culturali Islamici di Brescia e Provincia), Mbow Modou (Associazione Cheikh

Ahmadou Bamba), Revatì Cornolò (Unione Induista Italiana), Singh Dalbir e Kulvinder Singh (Comunità Sikh). 25

“I Radiodervish sono il gruppo che più di ogni altro ha definito appieno una poetica e una visione del mondo

schierata dalla parte di un’Italia ponte tra Europa e Mediterraneo. Nati in Puglia nel 1997 dal sodalizio artistico tra

Nabil Salameh e Michele Lobaccaro, i Radiodervish cantano di uomini e donne appartenenti a spazi, culture e tempi

differenti, alla ricerca di varchi e passaggi tra Oriente e Occidente. Ne è nato un originale cantautorato, che i

Radiodervish amano chiamare “Cantautorato Mediterraneo”, che trova le sue origini e i suoi riferimenti nelle varie

tradizioni raffinate e popolari del Mediterraneo. Grande importanza viene data all’incontro tra mondi sonori differenti

e ai testi colti e declinati in lingue diverse”. http://www.radiodervish.com/about

12

Diffusione del Gruppo Editoriale Bresciana (owner di Giornale di Brescia, Teletutto e Radio

Bresciasette).

3.3. Fasi del processo

Dagli incontri è emersa la volontà di elaborare e realizzare un progetto di cooperazione con i

seguenti obiettivi:

1. coinvolgere le associazioni religiose più attive e radicate sul territorio di Brescia e provincia,

sollecitando la partecipazione tanto dei ministri di culto quanto delle comunità di fedeli,

molte delle quali immigrate;

2. diffondere in modo semplice e diretto la conoscenza delle varie forme di culto, non solo fra

la popolazione residente (per migliorare la percezione comune delle diverse manifestazioni

religiose e culturali) ma anche fra le seconde generazioni che già vivono in un contesto

pluralistico;

3. sperimentare una forma unificante di dialogo attraverso i linguaggi artistici;

4. coinvolgere, attraverso le scuole e le istituzioni accademiche, il numero più elevato possibile

di giovani e di insegnanti di ogni disciplina.

Il processo si è sviluppato in diverse fasi ciascuna delle quali ha messo in evidenza esigenze e

tensioni differenti:

- la prima fase di aggancio degli interlocutori - avviata a maggio 2016, dietro convocazione da

parte del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione della Prefettura - si è incentrata sulla

conoscenza e il riconoscimento reciproco come presupposto essenziale per stabilire un clima

di collaborazione e dialogo e per comprendere:

quali potessero essere gli orizzonti e gli obiettivi condivisi;

quali potessero essere le finalità del costituire un tavolo allargato di lavoro, che

comprendesse tanto le istituzioni pubbliche quanto i rappresentanti di diversi

gruppi etnici e comunità religiose;

con quali modalità e azioni potessero essere perseguiti e raggiunti gli obiettivi preposti;

- la seconda fase, da ottobre 2016 a marzo 2017, si è articolata a partire dal confronto alla pari

fra i vari rappresentanti delle comunità religiose e degli enti e istituzioni convolti, all’interno

di un comitato organizzativo maggiormente ristretto, per:

definire il cartellone di azioni pubbliche ed eventi (festival delle arti e delle culture religiose) in cui articolare il progetto;

stabilire i contenuti da proporre e sviluppare;

individuare le procedure da seguire e gli esperti delle discipline artistiche cui affidare il coordinamento e la curatela dei diversi eventi in cartellone;

- la terza fase da marzo al 6 maggio 2107 (data in cui si è tenuto il festival), dedicata:

all’elaborazione del logo Dòsti; all’organizzazione e realizzazione dell’edizione zero di

Dòsti – Idee per un Festival delle Arti e delle Culture Religiose; alla raccolta immediata dei

materiali prodotti, esposti durante gli eventi (foto e libri sacri, testi degli interventi dei

relatori alla tavola rotonda, videointerviste, testi dei canti religiosi)26

;

- l’ultima fase, attualmente in corso, di debriefing e definizione degli sviluppi per l’edizione

successiva, che potrebbe essere realizzata nel corso del 2018, prima della fine dell’attuale

legislatura del Consiglio Comunale.

26 I materiali disponibili sono scaricabili alla pagina http://centridiricerca.unicatt.it/cirmib-attivita-progetti-sul-territorio.

13

3.4. L’evento pubblico

Il processo di dialogo interreligioso si è compiuto concretamente nella costituzione di un tavolo

permanente di confronto fra rappresentanti istituzionali e referenti delle comunità religiose e nella

realizzazione dell’edizione zero di Dòsti – Festival delle Arti e delle Culture Religiose: “una

manifestazione che vuole esprimere – con parole, oggetti, immagini e suoni – la fratellanza a

Brescia”27

.

Il Festival – tenutosi in data 6 maggio 2017 – ha visto la collaborazione, oltre che dei già citati

istituti accademici, di: Religion Today Film Festival, Associazione Cattolica Esercenti Cinema

(ACEC) Brescia, Fondazione della Comunità Bresciana, La voce del Popolo e l’adesione definitiva

di 8 comunità religiose: Associazione Gurdwara Singh Sabha di Flero, Centri Culturali Islamici di

Brescia e Provincia, Chiesa Evangelica Valdese di Brescia (Unione delle Chiese Metodiste e

Valdesi), Chiese Evangeliche di Brescia e Provincia, Comunità Ebraica di Verona e Vicenza,

Diocesi di Brescia - Ufficio Dialogo Interreligioso, Parrocchia Ortodossa Rumena Santi Costantino

ed Elena di Brescia, Unione Induista Italiana – Sanatana Dharma Samgha.

Si è tenuto nei luoghi più significativi della città: il Salone Vanvitelliano di Palazzo Loggia (sede

della giunta comunale), che ha ospitato la tavola rotonda; il Cortile di Palazzo del Broletto (sede

della Prefettura), che ha ospitato l’esibizione dei cori religiosi, delle danze tradizionali indiane e

delle arti marziali sikh Gatka e il Cinema Nuovo Eden, polo culturale sorto grazie al sostegno

dell'Amministrazione Comunale e alla gestione della Fondazione Brescia Musei, posto nel

centralissimo rione del Carmine (il quartiere storicamente più malfamato e da oltre un decennio più

multietnico della città), che ha ospitato la proiezione del film vincitore del Premio Miglior Film e

del Premio Nuovi Sguardi al Religion Today Film Festival 2016, Mariam di Faiza Ambah,

selezionato dal curatore Matteo Asti in condivisione con il comitato organizzativo, l’intervento

conclusivo di riflessione sulla giornata a cura della Prof.ssa Maddalena Colombo, direttrice del

Centro di Iniziative e Ricerche sulle Migrazioni – Brescia (CIRMiB) e il buffet preparato dalle

comunità islamica e ortodossa rumena.

Alla tavola rotonda, dal titolo La religione come relazione sociale, oltre ai rappresentanti delle

comunità religiose aderenti e alla moderatrice Prof.ssa Adriana Apostoli, docente di Diritto

Costituzionale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Brescia, sono

intervenuti: il Vescovo di Brescia Monari, il Sindaco Del Bono, l’Assessore alla Partecipazione

Marco Fenaroli, il Consigliere della Provincia Diego Belli, l’On. Marina Berlinghieri, il Prefetto di

Brescia Valerio Valenti, il Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno Domenico Manzione.

Durante la tavola rotonda – interamente ripresa dall’emittente locale di matrice cattolica Teletutto –

è stato proiettato il reportage Le voci e i Luoghi dell’Anima realizzato da Marco Meazzini con gli

studenti dello STArS e sono estati esposti (grazie al contributo del pittore Franco Rinaldi e del

referente della Fondazione CAB Agostino Mantovani), foto e libri sacri delle comunità religiose

aderenti. Al concerto I Suoni dell’Anima. Musiche e danze delle fedi in dialogo – curato da Michele

Lobaccaro – si sono esibiti i cori delle comunità Cristiana Ortodossa, Cristiana Cattolica, Islamica,

Murid, Valdese e Metodista, Atmananda e la Talavidya International Academy of Kuchipudi and

Bharatanatyam per la comunità Induista e la Sant Jar-Nail Singh Ji Gurmat Gatka Sangeet Academy

per la comunità Sikh. Oltre alla corposa adesione delle comunità religiose locali, si è registrata una

significativa presenza della cittadinanza tra cui molti studenti delle scuole medie di I e II grado.

27

Il pay off, accostato al logo Dòsti, recita: Dòsti, amicizia, sadaka: parole comuni a tradizioni religiose diverse,

capaci di integrare nella fede i diversi aspetti dell’esistenza individuale e sociale. Una manifestazione che vuole

esprimere – con parole, oggetti, immagini e suoni – la fratellanza a Brescia.

14

3.5. Criticità nell’organizzazione dell’evento

Il ruolo di responsabile organizzativo dell’evento Dòsti ricoperto all’interno del Comitato dal 27

febbraio 2017 ad oggi, mi consente di evidenziare alcune criticità che, pur essendo di natura

prettamente tecnico-organizzativa, rimandano ad aspetti di carattere culturale e concettuale.

I tempi di organizzazione e allestimento, infatti, si sono rivelati estremamente ridotti (la fase

operativa ha avuto effettivo inizio il 31 marzo) a fronte di considerevoli difficoltà: di reperimento

fondi e di individuazione di un ente con personalità giuridica titolato a ricevere contributi economici

da parte del Comune e ad espletare le pratiche di esercizio di pubblico spettacolo o di occupazione

del suolo pubblico, ecc.; di individuazione della sede adatta ad ospitare quella che inizialmente

avrebbe dovuto essere una vera e propria mostra di fotografie e oggetti sacri; di ricezione del

benestare delle autorità preposte in vece del Ministero dell’Interno per l’approntamento di

variazioni sul programma, dei materiali pubblicitari, dei contenuti delle relazioni degli intervenuti

alla tavola rotonda, eccetera. L’interazione con le comunità religiose si è rivelata piuttosto

difficoltosa, sia per quanto riguarda l’aspetto della rappresentatività delle religioni presenti al tavolo

di coordinamento rispetto a quelle effettivamente presenti sul territorio28

, sia per quanto concerne

l’attivazione spontanea dei gruppi e l’assiduità nella partecipazione e nella presenza dei loro

rappresentanti o la trasmissione in tempo reale degli sviluppi del progetto da parte degli stessi alla

comunità di appartenenza.

Inoltre, sebbene tutti i contenuti della manifestazione siano stati definiti di comune accordo dai

membri del comitato di coordinamento, si è potuta constatare una sostanziale discrepanza fra il

tenore delle richieste avanzate alle comunità aderenti e l’effettiva capacità delle comunità stesse di

soddisfare concretamente tali esigenze producendo materiali adeguati e rispondenti. Per quanto

riguarda ad esempio l’esposizione fotografica, i soggetti individuati dal curatore come

rappresentativi dell’identità religiosa delle comunità (comunità, cerimonie/riti, luoghi, oggetto di

culto, divinità) non hanno trovato rispondenza nei materiali prodotti dalle comunità stesse, perché le

comunità non disponevano di fotografie ad alta risoluzione di tali soggetti e al tempo stesso non

detenevano risorse e competenze per poterli approntare; pertanto, data la scarsità e la bassa qualità

delle fotografie prodotte – e l’impossibilità di garantire la presenza di referenti delle comunità

perché facessero da guide – non è stato possibile allestire una mostra, ma solo esporre i materiali

durante il convegno. Oppure ancora relativamente al tema della tavola rotonda, religione come

relazione sociale, gli interventi dei relatori si sono tradotti non in un confronto sul valore sociale

dell’appartenenza religiosa o sulla funzione della comunità religiosa quale strumento di relazione e

quindi integrazione e inclusione sociali, bensì in una presentazione dei precetti, delle denotazioni e

connotazioni della religione professata.

Pur riconoscendo la assoluta bontà del processo e dei risultati prodotti, ritengo che le criticità

riscontrate, siano sostanzialmente imputabili al fatto che il progetto Dòsti sia stato fortemente

voluto, e forse eccessivamente condizionato, dal Ministero dell’Interno, attraverso i suoi

rappresentanti territoriali, mentre per essere interiorizzato e fatto proprio dagli attori religiosi locali

avrebbe richiesto altri tempi e modalità organizzative. E che, da un punto di vista espressamente

interculturale, la finalità principale della politica dei “piani alti” e non tanto locale, sia stata far bella

28 Le difficoltà concernenti la rappresentatività effettiva delle religioni presenti al tavolo rispetto a quelle presenti sul

territorio sono testimoniate, ad esempio, dal fatto che nel corso dei mesi precedenti all’evento non sia stato possibile

“agganciare” la comunità dei buddisti, o che l’adesione degli ebrei sia avvenuta solo molto a ridosso della

manifestazione e mediante la comunità ebraica di Vicenza e Verona. Un altro esempio interessante è rappresentato dal

fatto che la comunità islamica sia frazionata in diversi sottogruppi (Centro Culturale Islamico di Brescia, Confraternita

Islamica Murid, Associazione Culturale Islamica Muhammadiah) i quali hanno contribuito allo sviluppo del processo

con diversi livelli di interessamento e partecipazione per cui spesso la mediazione fra i gruppi ed il comitato di

coordinamento è avvenuta per intervento del referente del Centro Culturale Islamico o addirittura dell’Assessore

Fenaroli o del delegato C.G.I.L., Driss Ennya. La natura composita dei gruppi islamici e la partecipazione non unitaria

hanno inoltre posto il problema di come identificare la comunità nei materiali pubblicitari e divulgativi, per cui è stato

scelto di utilizzare la definizione Centri Culturali Islamici di Brescia e Provincia.

15

mostra di sé e testimoniare con un atteggiamento politically correct29

che le minoranze religiose ed

etniche esistono, ma sono pienamente tollerate, legittimate e integrate nel tessuto connettivo sociale

di cittadine modello.

3.6. Sviluppi possibili

Il progetto Dòsti è stato concepito, fin dall’inizio, come destinato a svilupparsi nel corso degli anni.

Per quanto concerne l’edizione del 2018 le evoluzioni più evidenti riguardano:

- la continuità nell’adesione del Ministero dell’Interno al progetto per interposta persona del

Prefetto di nuova nomina Annunziato Valdé;

- la nomina all’interno del gruppo di coordinamento di un “general manager” e di un vice30

;

- l’avvio di un’azione sistematica di fundraising;

- il coinvolgimento ancora più diretto delle comunità religiose nella definizione dei contenuti

della manifestazione;

- l’ampliamento delle iniziative con particolare riferimento all’istituzione di “open day”

(aperture speciali) dei diversi luoghi di culto alla cittadinanza e alla partecipazione di

personaggi pubblici di rilievo legati alla religione o alla lotta per le libertà civili o

appartenenti al panorama culturale ed artistico, nazionale o internazionale;

- la partecipazione attiva delle scuole.

Relativamente alla partecipazione delle scuole, alcuni istituti scolastici di diverso ordine e grado

della provincia sono stati invitati a concorrere agli avvisi pubblici del MIUR Ministero

dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca a valere del Fondo sociale europeo nell’ambito del

Programma Operativo Nazionale “Per la Scuola” 2014-2020, per la presentazione di progetti

finalizzati all’inclusione sociale e all’integrazione. I progetti presentati riguardano l’uso delle arti

(performative e figurative) e dei media come strumenti di facilitazione nello sviluppo di processi

interculturali, di inclusione e di integrazione ed i prodotti artistici elaborati nel corso dei laboratori

condotti dagli esperti aderenti a Dòsti entreranno a far parte del cartellone della manifestazione del

201831

.

29

Riguardo all’atteggiamento politically correct assunto dalle autorità, mi pare che l’episodio più significativo sia

coinciso con la decisione presa dal Vice Vicario Prefetto, il giorno prima della stampa dei materiali pubblicitari

(brochure, locandine, ecc.), di sostituire la sinossi del film inserito in cartellone perché conteneva un esplicito

riferimento all’hijab. Il film, vincitore del Premio Miglior Film e del Premio Nuovi Sguardi al Religion Film Festival

2016 – suggerito dal curatore e approvato dal gruppo di coordinamento che comprende come già detto rappresentanti

delle diverse comunità religiose presenti sul territorio provinciale – narra del disagio vissuto da un’adolescente franco-

marocchina, che per difendere la propria libertà di portare il velo contro la legge che vieta i simboli religiosi nei luoghi

pubblici, sfida il padre e l’autorità scolastica. 30

A tal riguardo, il gruppo di coordinamento ha recentemente deliberato che tali ruoli dovessero essere assunti da Don

Claudio Zanardini (per anni responsabile dell’Ufficio per il Dialogo Interreligioso della Diocesi) e Driss Ennya del

Coordinamento Immigrati C.G.I.L., figura di riferimento nelle interazioni fra comunità islamiche e istituzioni. Si è

infatti ritenuto, date le derive terroristiche, di dover dare alla cittadinanza un segno netto riguardo ai rapporti sussistenti

e al ruolo rivestito dalla comunità islamica (la seconda più numerosa a Brescia). 31

Hanno concorso al Bando PON per l’integrazione e l’accoglienza: l’I.C. di Calvisano con il progetto sulla dimensione

musicale della lingua curato dal Michele Lobaccaro e rivolto ad alunni e genitori, “Parliamoci 2.0”; il CPIA 1 di Brescia

per laboratori serali per adulti, condotti dal pittore Franco Rinaldi, che prevedono la realizzazione in un libro “infinito”,

installazione artistica sul tema della religione e dell’integrazione; l’I.T.C. “Abba-Ballini” per un progetto su video e

intercultura digitale, condotto dal Prof. Asti, che vede la partecipazione di studenti e genitori.

16

4. Dòsti: buona pratica di dialogo interreligioso?

Il progetto Dòsti con la composita rete di interazioni che lo hanno generato, rappresenta

un’esperienza molto significativa (non solo per il territorio che lo ospita e che lo ha in un certo

senso originato), che è possibile rileggere in correlazione a più piani di riflessione: il piano della

politica nazionale, quello della comunità locale e il piano dialogico-relazionale.

4.1. Dòsti e le strategie della politica nazionale

Il progetto Dòsti si pone in linea con le pratiche e le strategie già promosse dalla Direzione Centrale

per gli Affari dei Culti32

- Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Ministero dell’Interno

a partire dalla convinzione che l’appartenenza religiosa, quale espressione fondamentale

dell’identità individuale e collettiva, giochi un ruolo fondamentale nel processo di integrazione

degli immigrati. La Direzione Centrale, con il sostegno del Fondo Europeo per l’Integrazione dei

cittadini di Paesi Terzi (FEI), ha ideato in passato altri percorsi, come quello di promozione del

dialogo interreligioso incentrato su una ricerca-intervento sui principali fattori di conflittualità e

coesione connessi alla dimensione religiosa, conclusosi nel 2013: un processo di confronto tra

comunità di religione diversa e tra le comunità religiose, le istituzioni locali e le varie componenti

sociali, avviato al fine di instaurare un clima di scambio e conoscenza reciproca e favorire

l’individuazione e l’identificazione di valori ed obiettivi comuni.

In tal modo il progetto33

– che tramite i Consigli Territoriali ha coinvolto sei Prefetture scelte a

campione in ragione della multireligiosità territoriale (Torino, Bergamo, Reggio Emilia, Perugia,

Caserta e Catania) – ha consentito di individuare, da un lato, elementi utili a favorire l’integrazione

tra le comunità, dall’altro, modalità di intervento idonee ad affiancare le istituzioni locali

nell’accompagnamento del complesso processo di conoscenza e dialogo.

Il punto di partenza della ricerca è stato fornito dalle rilevazioni svolte secondo un approccio non

esclusivamente giuridico, ma anche sociologico ed antropologico dall’Osservatorio sul pluralismo

religioso e dallo studio compiuto da un equipe di professori universitari ed esperti della materia.

Dal confronto, svoltosi su temi concretamente attuativi della libertà religiosa, sono emersi spunti

che hanno ispirato la creazione del vademecum “Religioni, dialogo, integrazione” – pubblicato nel

2013 – che si propone come strumento utile per tracciare e comprendere il quadro del pluralismo

religioso che caratterizza il Paese, per interpretare le criticità evidenziate dal territorio, per

migliorare la capacità di incontro e di scambio tra diversità e favorire il dialogo interreligioso e

interculturale, per diffondere il tema della libertà di religione e di culto, fino ad allora generalmente

ritenuto marginale e periferico rispetto alle altre e più emergenti priorità sociali.

32

La Direzione Centrale per gli Affari dei Culti vigila sulla concreta osservanza dei princìpi contenuti negli articoli 3, 8

e 19 della Costituzione e delle normative vigenti, ordinarie e speciali, in materia di libertà religiosa e di

regolamentazione dei rapporti Stato-Confessioni religiose, per rendere effettivo il diritto alla libertà religiosa.

In questo ambito si colloca il lavoro svolto dall’Osservatorio sulle politiche religiose, che rappresenta una delle

prioritarie funzioni assegnate all'ufficio Politiche dei culti e Relazioni esterne. Nato con lo scopo di esaminare e

approfondire le realtà dei culti diversi dal cattolico in Italia e la conoscenza del fenomeno religioso e delle sue delicate

implicazioni, svolge compiti di studio e di monitoraggio delle realtà religiose presenti nel Paese e delle problematiche

connesse.

http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/documenti/religioni/2013_06_18_Vad

emecum_religioni_dialogo_integrazione.html_1375993340.html. 33

La realizzazione del progetto, diretto da Paolo Naso (Sapienza Università di Roma) è stata affidata alla società Com

Nuovi Tempi e al Centro Studi e Ricerche Immigrazione Dossier Statistico (IDOS), mediante bando di gara indetto

dalla Direzione Centrale per gli Affari dei Culti.

17

4.2. Dòsti: un ponte fra istituzioni locali e società civile

Il pluralismo, come evidenziato, coinvolge tanto nativi quanto “nuovi” cittadini, tocca una quota

rilevante della società poiché penetra capillarmente nel tessuto sociale spingendosi e diffondendosi

in provincia e nelle periferie. Le istituzioni più prossime, i comuni, sono dunque chiamati ad

assumere un ruolo fondamentale come veicolo di conoscenza e riconoscimento, come strumento di

“normalizzazione” delle situazioni più complesse, come mezzo di composizione e integrazione

delle diverse anime della cittadinanza che abita e alimenta il territorio. Ed è proprio nelle città, nel

cuore del territorio, dove la connessione con chi governa è più stretta, che i legami sociali possono

essere più intensi e fecondi. È nelle città che il nesso fra la pratica della deliberazione politica e gli

effetti e le ricadute che tale deliberazione ha sulla realtà sociale territoriale, può assumere pieno

significato e potenziale e contribuire alla diffusione di una “cultura” della politica pubblica, della

cittadinanza attiva, della partecipazione alla vita sociale e culturale del territorio, del dialogo

interculturale.

In tal senso, il progetto Dòsti rappresenta un positivo esempio di come sia possibile interconnettere,

da un lato, le istituzioni locali e le decisioni prese in campo politico per delineare modelli coerenti,

organici e continui nel tempo atti a favorire l’integrazione, dall’altro, la società civile con i propri

organismi di base (le associazioni religiose, i centri culturali, le scuole), le proprie energie e risorse

auto-organizzative e le iniziative (più o meno spontanee) che mette in campo; un positivo esempio

di come tale interconnessione consenta di affrontare passo dopo passo, concretamente, il difficile

processo di coniugazione di differenze e uguaglianza. Rappresenta un positivo esempio del fatto che

“il pluralismo è un valore nella misura in cui è agito, vale a dire se e quando non si limita a

registrare la giustapposizione statica e lineare di comunità estranee, ma si dimostra capace di

esercitare una governance circolare orientata alla convivenza, al dialogo, alla cooperazione in

funzione del bene comune”.34

4.3. Il rischio dell’esotismo e dell’estetismo e la virtù della relazione: una rilettura

dell’esperienza dal punto di vista interculturale

La scelta di coronare un processo di dialogo e confronto costruttivo con la realizzazione di un

festival e di impiegare i linguaggi artistici (musica, danza, fotografia, ecc.) per esprimere e

comunicare l’identità culturale e religiosa di un gruppo, reca con sé due diversi ordini di rischio. Da

un lato, il rischio di incorrere in una tendenza all’estetizzazione della religione, cioè nella tendenza

a cogliere ed esibire, addirittura ostentare, solo gli aspetti “estetici” più originali, suggestivi e vivacemente evocativi o rappresentativi della religione (ad esempio, costumi e rituali) e quindi a

fruire – d’altro lato – “distrattamente” di elementi simbolici di grande spessore culturale e

identitario35

.

Dall’altro, il rischio di limitarsi a confrontare gli elementi più superficiali e immediatamente

riconoscibili delle culture e che “l’altro di ciascuno” si accosti mosso più da una curiosità vicina

forse all’esotismo che da un’autentica volontà di mettersi in discussione in un confronto profondo.

Ne risulterebbero identità rafforzate in senso conservativo, culture rigide, stereotipate e

semplificate, a tratti forse anacronistiche, per quanto affascinanti, quando la cultura è un sistema

complesso, dinamico, mutevole e permeabile di elementi declinati in modo personalizzato, situato e

storicizzato, “a scapito di una visione interattiva e dialogica del rapporto che le diverse culture

34 Salavarani B., 2015, p. 6. 35 A tal riguardo, ho potuto notare quanto interesse e curiosità e trasporto abbiano suscitato tra il pubblico accorso le

danze induiste e le arti marziali sikh in abiti tradizionali e soprattutto come, durante la tavola rotonda, sia stato

preferibile - da parte dei funzionari istituzionali preposti - disporre sul palco molti più rappresentanti della comunità

sikh di quanto previsto e concordato (suscitando peraltro a posteriori le rimostranze di altre comunità che si sono sentite

rappresentate in maniera non egualitaria), perché la loro presenza “molto colorata” sarebbe stata di grande impatto

visivo ed emotivo.

18

intrattengono fra loro”36

. È solo questa visione, quella relazionale, che pone al centro dell’interesse

non solo le connessioni e gli scambi, le reciproche influenze fra culture, ma soprattutto il rapporto

intersoggettivo fra gli individui, che nella loro diversità e con la propria storia, sono portatori di

queste culture, ad essere realmente interculturale.

Da cui l’idea di un dialogo interreligioso come “dialogo laicale sia nel metodo sia nei soggetti,

dialogo di cittadini attivi più che di specialisti o di accademici, un dialogo extra muros più che

intra muros”37

. In questo senso, l’esperienza di Dòsti, a prescindere dalle forme assunte dal

prodotto, ha rappresentato un processo di avvicinamento all’altro in funzione della costruzione di

spazi di incontro, intesi come occasioni di cittadinanza e progettualità condivisi, come ambiti nel

quale intessere e vivere relazioni interculturali attraverso gesti concreti, come orizzonti condivisi

entro cui collocare azioni comuni e comportamenti atti a modificare il contesto38

.

Brevi conclusioni e rilancio

A fronte del crescente pluralismo e della necessità da parte delle istituzioni politiche, nazionali e

locali, di elaborare giuste formule di governance delle differenze culturali e religiose, le presenza

della religione nella sfera pubblica e nella società civile (ispirata dal rispetto di norme e diritti

comuni e motivata dalla ricerca di un comune ed egualitario benessere) ed il dialogo interreligioso

rappresentano un efficace strumento di sviluppo di competenze interculturali, di mutua conoscenza

nel rispetto e nel riconoscimento delle reciproche differenze, di potenziamento degli scambi fra

istituzioni e gruppi religiosi, ma soprattutto di rafforzamento dei rapporti sociali fra individui.

Rileggendo l’esperienza di Dòsti, dal punto di vista delle relazioni interculturali e interreligiose, il

ruolo assunto nel processo di sviluppo del progetto mi ha permesso di osservare un’evoluzione da

una condizione iniziale di netto squilibrio – in termini di propositività e interattività – interno alle

comunità di stessa matrice religiosa (tra i gruppi cattolici, quelli meno partecipi e più “schivi” erano

inizialmente la comunità rumena ortodossa e quella evangelista) e tra comunità di diversa

appartenenza religiosa (quelle cattoliche si palesavano come più forti, strutturate e trascinanti

rispetto a quelle acattoliche, in particolare sikh), a un assetto di maggiore protagonismo,

coinvolgimento, autonomia e “autoralità” da parte delle comunità di minoranza. Ho inoltre potuto

rilevare il passaggio da un atteggiamento di grande preoccupazione rispetto a possibili

fraintendimenti e incomprensioni (riguardo agli atteggiamenti e ai significati attribuiti tanto agli

accadimenti quanto ai contenuti sviluppati), rafforzata da un evidente difficoltà anche linguistica, ad

una situazione di maggiore distensione e padronanza, non tanto dell’italiano, quanto della

comunicazione, cioè della capacità di evidenziare e trasmettere concetti che possano essere

compresi senza travisamenti, da una parte e della disponibilità a cogliere i significati più profondi

dei messaggi trasmessi, dall’altra.

Posso altresì ritenere che le difficoltà riscontrate e le criticità emerse lungo il percorso di gestazione

e gestione del progetto, siano indice del fatto che prima ancora che di un processo di dialogo

interreligioso, si è trattato di un processo di sviluppo di relazioni interculturali che come tali non

possono essere date per scontate ma richiedono competenza, attenzione, considerazione, sensibilità,

autoriflessione e consapevolezza.

Alla luce degli apprendimenti acquisiti durante il Master in Competenze Interculturali Formazione

per l’Integrazione Sociale, a rinforzo dell’idea che quello interculturale non è un atto di

affermazione o riproduzione di dimensioni identitarie originarie e sempre uguali a se stesse, bensì

un processo sociale di co-costruzione di significati e di significanti, di creazione di spazi di

incontro, di partecipazione attiva e responsabile, di esplorazione, conciliazione e integrazione

36 Amselle J. L., Connessioni. Antropologia dell’universalità delle culture, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, p. 214. 37

Salvarini B., Appunti per una rassegna di studi sul dialogo interreligioso e sulle buone pratiche, in Melloni A., 2014,

pp. 231-246. 38 Per approfondimenti cfr. Reggio P., Santerini M. (a cura di), Le competenze interculturali nel lavoro educativo,

Carocci editore, 2008.

19

creative di elementi differenti in una sintesi comune ed originale, suggerirei che nelle prossime

edizioni del Festival delle Arti e delle Culture Religiose si insistesse ancor più fortemente

sull’urgenza di instaurare rapporti paritari fra minoranze e maggioranza, sulla necessità di un reale

confronto e scambio in sede di dibattito pubblico piuttosto che di una mera presentazione dei tratti

più caratteristici dell’appartenenza e identità religiosa. Ribadirei l’opportunità di elaborare prodotti

e azioni artistici (ad esempio, un coro “misto” che componga brani religiosi ad hoc in una

commistione di generi e tradizioni musicali o ancora percorsi di ricerca-azione partecipata e

autorappresentazione mediante la fotografia o la narrazione, ecc.) che siano quindi espressione delle

istanze profonde della comunità in generale e non esibizione di tratti folcloristi o estetici. Proporrei

che si insistesse nel ritenere la parità, il confronto, lo scambio e l’elaborazione creativa e

partecipata, strumenti essenziali di condivisione e ridefinizione degli assunti culturali, di

valorizzazione non solo delle differenze, ma soprattutto delle risorse e delle interazioni sociali, di

azione e quindi di trasformazione del contesto e della società civile.

20

BIBLIOGRAFIA

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21

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FONTI

Appunti e dispense del Laboratorio monografico “Dialogo interreligioso, conflitti e comunicazione”

condotto da Brunetto Salvarini durante il Master in Competenze Interculturali Formazione per

l’Integrazione Sociale, XIII edizione

Dispense del corso di Analisi sociale dei processi migratori condotto da Maddalena Colombo al

Master in Competenze Interculturali Formazione per l’Integrazione Sociale, XIII edizione

Verbali, documenti, cartelle stampa, registrazioni audio, raccolti durante il periodo maggio 2016-

ottobre 2017 in riferimento al progetto Dòsti