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SHANGHAI CONTEMPORARY E DINTORNI Autore: Andrea Gandiglio 24.09.2009 Domenica 13 settembre si è chiusa allo Shanghai Exhibition Centre la terza edizione di ShContemporary, Fiera Internazionale di Arte Contemporanea dell’Asia e del Pacifico. Abbiamo trascorso i 5 giorni in programma accompagnati per la città da Girolamo Marri, giovane videoartista e performer italiano, trasferitosi a Shanghai nel 2008 per completare un percorso di ricerca sui rapporti tra Oriente e Occidente, iniziato 5 anni fa a Londra. Shanghai è indubbiamente un osservatorio privilegiato per comprendere l’evoluzione di questo dialogo – culturale e commerciale – che ha portato, nel 2007, gli organizzatori di Bologna Fiere a scegliere la “Parigi d’Oriente” quale sede di una manifestazione che già molti considerano la più importante fiera d’arte contemporanea dell’Asia. La terza edizione, pur patendo una significativa riduzione del numero di espositori – connessa agli effetti della crisi economica – ha chiuso con 30.000 visitatori da tutto il mondo, registrando una grande vivacità di eventi collaterali ed un’affluenza di collezionisti che ha largamente soddisfatto i galleristi presenti. Nuova lungimirante iniziativa è stata il lancio del Collector’s Development Program, rivolto alle nuove generazioni di collezionisti asiatici e pensato, nelle parole dei direttore della fiera Colin Chinnery “per fare sistema e offrire a gallerie ed advisors una piattaforma che possa realmente fare una differenza di lungo termine nel mercato dell’arte contemporanea cinese”. Zhu Jia,We Are Perfect,2008, ShangART Dall’Italia erano presenti, in esposizione, Galleria Continua di San Gimignano (che già ha una sede a Beijing) con opere di Gu Dexin, Kan Xuan, Liu Janhua ed una performance di Nedko Solakov nella sezione Discoveries; Galleria 42 di Modena, con i grandi scatti di Luca Pozzi e le opere di Mattia Barbieri, Nicholas Deshayes, Paola Margherita, Francesca Pizzo, Chiara Tagliazucchi e Adriana Jebeleanu; e Giorgio Persano di Torino, con una video-installazione di Susan Norrie, Luisa Rabbia, Lawrence Weiner ed un interessante affiancamento - in nome di un segno ed un tratto che mostrano una continuità ideale - tra Mario Merz e il cinese Shen Fan (del quale è in programma una personale a Torino a gennaio 2010). Persano, alla sua terza edizione, non sembra condividere la mitizzazione - che talvolta riaffiora nei discorsi dei corridoi e delle vip lounge – della prima edizione e della sua presunta irraggiungibilità, ma motiva la maggiore sobrietà e la contenuta euforia attuali con gli evidenti problemi di mercato causati dalla crisi mondiale, confermando la sua volontà di partecipare alle edizioni future. D’accordo anche Arthur Solway di James Cohan, la raffinata galleria newyorkese che da un anno è presente con una sede a Shanghai e che in fiera espone stupendi esempi di “contemporary tapestries” di Fred Tomaselli, Gavin Turk e Kara Walzer - senza nascondere una certa prevedibile (ma, a suo avviso, superabile) difficoltà a far comprendere questo tipo di opere al pubblico cinese.

SHANGHAI CONTEMPORARY E DINTORNI 2009

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Autore Andrea Gandiglio

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SHANGHAI CONTEMPORARY E DINTORNI Autore: Andrea Gandiglio 24.09.2009 Domenica 13 settembre si è chiusa allo Shanghai Exhibition Centre la terza edizione di ShContemporary, Fiera Internazionale di Arte Contemporanea dell’Asia e del Pacifico. Abbiamo trascorso i 5 giorni in programma accompagnati per la città da Girolamo Marri, giovane videoartista e performer italiano, trasferitosi a Shanghai nel 2008 per completare un percorso di ricerca sui rapporti tra Oriente e Occidente, iniziato 5 anni fa a Londra. Shanghai è indubbiamente un osservatorio privilegiato per comprendere l’evoluzione di questo dialogo – culturale e commerciale – che ha portato, nel 2007, gli organizzatori di Bologna Fiere a scegliere la “Parigi d’Oriente” quale sede di una manifestazione che già molti considerano la più importante fiera d’arte contemporanea dell’Asia. La terza edizione, pur patendo una significativa riduzione del numero di espositori – connessa agli effetti della crisi economica – ha chiuso con 30.000 visitatori da tutto il mondo, registrando una grande vivacità di eventi collaterali ed un’affluenza di collezionisti che ha largamente soddisfatto i galleristi presenti. Nuova lungimirante iniziativa è stata il lancio del Collector’s Development Program, rivolto alle nuove generazioni di collezionisti asiatici e pensato, nelle parole dei direttore della fiera Colin Chinnery “per fare sistema e offrire a gallerie ed advisors una piattaforma che possa realmente fare una differenza di lungo termine nel mercato dell’arte contemporanea cinese”.

Zhu Jia,We Are Perfect,2008, ShangART Dall’Italia erano presenti, in esposizione, Galleria Continua di San Gimignano (che già ha una sede a Beijing) con opere di Gu Dexin, Kan Xuan, Liu Janhua ed una performance di Nedko Solakov nella sezione Discoveries; Galleria 42 di Modena, con i grandi scatti di Luca Pozzi e le opere di Mattia Barbieri, Nicholas Deshayes, Paola Margherita, Francesca Pizzo, Chiara Tagliazucchi e Adriana Jebeleanu; e Giorgio Persano di Torino, con una video-installazione di Susan Norrie, Luisa Rabbia, Lawrence Weiner ed un interessante affiancamento - in nome di un segno ed un tratto che mostrano una continuità ideale - tra Mario Merz e il cinese Shen Fan (del quale è in programma una personale a Torino a gennaio 2010). Persano, alla sua terza edizione, non sembra condividere la mitizzazione - che talvolta riaffiora nei discorsi dei corridoi e delle vip lounge – della prima edizione e della sua presunta irraggiungibilità, ma motiva la maggiore sobrietà e la contenuta euforia attuali con gli evidenti problemi di mercato causati dalla crisi mondiale, confermando la sua volontà di partecipare alle edizioni future. D’accordo anche Arthur Solway di James Cohan, la raffinata galleria newyorkese che da un anno è presente con una sede a Shanghai e che in fiera espone stupendi esempi di “contemporary tapestries” di Fred Tomaselli, Gavin Turk e Kara Walzer - senza nascondere una certa prevedibile (ma, a suo avviso, superabile) difficoltà a far comprendere questo tipo di opere al pubblico cinese.

Zhou Yunxia, Princess Dress, Shuebbe Projects, 2008 Tra immancabili esemplari di “pop art cinese” (Liu Chun Hai, Another Journey in Youth, 2009, Pata Gallery), opere che celebrano, più o meno ironicamente, la “volontà di potenza” della Cina (Zhu Jia, We Are Perfect, 2008, ShangART Gallery) e “neo-caravaggeschi” (Jiang Huan, Elegiac, 2009, New China Arts Limited), colpiscono l’attenzione i lavori di Zhou Yunxia, un ex-cuoco scoperto da Christa Schübbe (Schübbe Projects, Düsseldorf) che, nello stand della galleria, racconta con passione la lavorazione del suo Princess’s Dress (2008), una paziente cucitura di pelli di rospo (raccolte tra gli scarti dei mercati di Shanghai) per creare un elegante abito - ispirato a “Las Meninas” di Velazquez - che ben esprime la convivenza di “miseria e nobiltà” del mondo cinese. Quello che risulta evidente e comune a tutti gli artisti cinesi in esposizione è l’altissimo livello tecnico delle produzioni, frutto della severa formazione perseguita nelle Accademie d’Arte cinesi. Tale che alcuni artisti sembrano ancora paradossalmente imprigionati in un certo “manierismo” che non consente loro quel salto di creatività e innovazione richiesto dal collezionismo occidentale più esigente. Per comprendere cosa sta succedendo da qualche anno nella metropoli cinese è necessario tuttavia non limitarsi alla Fiera, ma visitare le gallerie, i musei e i quartieri in continuo e febbrile sviluppo in vista dell’Expo 2010. Se il domicilio prescelto dalla maggioranza degli artisti cinesi rimane per il momento Pechino, centro di produzione culturale e politica, Shanghai è la città dove il dinamismo e la vitalità – anche di mercato – dei nuovi fermenti culturali e la contaminazione con l’arte occidentale sono forse più evidenti. Poco prima di visitare la Shanghai Gallery of Art, a ridosso del Bund, ci rechiamo al Glamour Bar, noto locale di atmosfera trendy e internazionale, che propone nel corso dell’anno un eccellente calendario culturale. Qui, tra “expat” e ricchi ed eclettici cinesi, seguiamo l’interessante presentazione di Mathieu Borysevicz, visual artist e curatore americano che, affascinato dall’esplosione urbanistica e pubblicitaria cinese ha appena pubblicato “Learning from Hangzhou”, un documentatissimo libro fotografico introdotto dall’architetto-filosofo Robert Venturi, autore, negli anni ’60 - quando l’asse espansivo del mondo era localizzato negli Stati Uniti – di “Learning from Las Vegas”.

Liu Janhua, Unreal Scene, Galleria Continua, 2008 Tra una certa trepidazione del pubblico, attratto dal calibro internazionale del personaggio, segue sul palco, affacciato sul fiume, Hans Ulrich Obrist, critico d’arte e curatore svizzero, di cui sono state raccolte le interviste a 26 artisti, rappresentativi del panorama contemporaneo cinese, nel volume “The China Interviews”. Di questi, 10 sono stati esposti ed 1è tuttora in esposizione alla Shanghai Gallery of Art. Decidiamo quindi di attraversare la strada e parlare con Min Kwak, giovane franco-coreana responsabile del marketing e delle vendite della galleria. Min ci accoglie in uno spazio al terzo piano del Three on the Bund, un fantastico esempio dell’architettura sviluppata dalle grandi banche e trading company occidentali nei primi decenni del Novecento, ora interamente di proprietà della famiglia singaporegna Liem. La galleria è un mirabile esempio di restauro conservativo, che ha pochi rivali in città quanto a superficie (1000 mq.) e vista panoramica sull’area di Pudong. In questi giorni Wu Shanzhuan, l’ideatore del “club” Red Humour International, e la compagna islandese Inga Svala Thòrsdòttir espongono le opere del ciclo Thing’s Right(s) 09 The More, una provocatoria estensione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani agli oggetti, concepita, a partire dal 1995, come un work in progress. Dalle enormi vetrate della galleria si vedono i lavori in corso per creare, entro l’apertura dell’Expo di maggio, il tunnel che restituirà la superficie del Bund al suo passato pedonale. Shanghai è una città in febbrile trasformazione. Le inaugurazioni di nuovi spazi – soprattutto spazi industriali recuperati e destinati all’uso espositivo – si susseguono a distanza di poche settimane. Nei giorni della fiera ha ricevuto la sua consacrazione un ex-capannone industriale all’800 di Changde Road (ora noto come “800”), che ospita, fino al 30 settembre, la mostra Rebirth@800Show. Art Meets Architecture, nata per promuovere un gigantesco progetto immobiliare nella zona. Presto sarà pronto anche il “mattatoio”, un edificio non lontano dal Bund che i pochi ad averlo visitato in anteprima già definiscono unanimemente “amazing” e che fa pensare a quanto avvenuto a New York nel Meat Packing District. Già aperto al pubblico è invece il Minsheng Museum, nell’area di un ex-acciaieria nota come Red Town e rinominata New Ten Steel Creative Industry Clustering Park, che vale assolutamente la visita. Al Minsheng è in corso Warm Up, una selezione di opere - molte della quali provenienti dalla Boers-Li Gallery– in cui prevale quell’ossessione, quella ripetitività dei gesti e dei suoni che ben documenta la quotidianità dell’esplosione industriale, urbanistica e commerciale cinese. Il timore degli operatori del settore è: cosa fare di tutte queste strutture? Come farle vivere d’arte e popolarle? Un problema che si porrà con particolare urgenza finita l’euforia dell’Expo 2010, il maxi-evento che ora sembra in grado di trainare qualsiasi cosa. Un esempio di successo ormai affermato è l’area di Moganshan 50, diventata sede, negli ultimi anni, di numerose gallerie, studi di design e bistrot. Qui si è insediato da un anno anche Roberto Ceresia, giovane e intraprendente gallerista siciliano, fondatore, nel 2005 a Palermo, della Galleria Dell’Arco che, dopo essersi inizialmente concentrata sulla valorizzazione del Futurismo siciliano, sta ora sviluppando un percorso di avvicinamento tra l’arte contemporanea occidentale ed orientale, iniziato con la personale italiana di Xiong Wenyun (artista cinese esposta anche all’International Center of Photography di New York e al MoMa di Chicago) ed ora in corso con la mostra di Luo Xiaodong, A Move Within, curata dall’italiana

(residente a Pechino) Cecilia Freschini. Roberto condivide il giudizio di Arthur Solway: il fermento artistico e culturale di Shanghai è in pieno sviluppo, ed è solo all’inizio… Andrea Gandiglio_ Responsabile Comunicazione e Relazioni Esterne Teknemedia