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Periodico free press
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a pagina 13
d’areamediterranea
CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’: METIS SRL 0971 22715 CELL. 320 1813033 email: [email protected]
PIÙ CASE PER TUTTIAnno IV numero 7 - 18 Febbraio 2011 Direzione / Redazione: Via del Popolo 34 - 85100 Potenza - Telefono 0971 22715 Direttore responsabile: Antonio Savino
I MISTERI INFINITIElisa, Sarah, Yara. Ora è il turno di Livia e Alessia: due
gemelline legate da una tragica sorte. Un mistero che at-
tende ancora di essere dissipato. Sebbene quest’anno
ricorra il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, l’intero Paese
si stringe sì, ma non attorno all’aria di festa che dovrebbe
coinvolgerci, ma ad una madre preda di una speranza
disperata. “Sarò l'ultimo a morire, ho già fatto morire le
bambine, non hanno sofferto e ora riposano in un luogo
tranquillo” queste le parole di un padre, Matthias Schepp,
che hanno gettato nell’indignazione l’Italia intera. Un gesto
folle, deprecabile: consumato o no? Questo è il dilemma.
Un dubbio vorace che consuma ma, incredibilmente al
contempo, alimenta la fiducia e l’auspicio di una mamma
che altro non sogna, se non riabbracciare le amate figlie.
Bimbe che ora sono diventate le tesserine di un puzzle
che restituisce un’immagine torbida, feroce che nessuno
vorrebbe guardare neanche per un secondo. Un’inno-
cenza trasfigurata. Piccole fanciulle che, probabilmente,
hanno conosciuto in un intricato viaggio pianificato dal loro
“aguzzino” un fato avverso. In mezzo secolo, il nostro
Paese ha cambiato volto, usi costumi e ha vissuto tragi-
che esperienze, momenti storici densi di aberrazioni. E
tra queste possiamo, a buon diritto, annoverare la “storia
a tinte fosche” di giovani donne, uomini che tragicamente,
da un giorno all’altro, scompaiono nel nulla. In un vuoto
che consuma lentamente le persone che vivono questo
trauma. Probabilmente qualcuno si chiederà cosa possa
centrare il percorso storico che ha portato all’unità italiana
e destini tragici come questi. Può darsi nulla. Ma anche
loro sono figlie, sorelle e fratelli d’Italia. E quando com-
memoreremo questa fausta ricorrenza, rivolgiamo loro il
nostro pensiero.
Lu. Ar.
Lucia Annunziata è una giornalista battaglierae vecchio stampo: taccuino alla mano e peda-
lare. Conosce i ferri del mestiere dal profondo.Possiede un “pedigree” carrieristico di spessore:inviato, corrispondente, direttore, editorialista,finanche presidente Rai. �onnasconde, però, una militanza ostinata. �essuna remora ideologica, peròmettere al centro di tutto il proprio essere faziosità gauchiste, la rende avolte indigesta. L'ultima puntata di “In mezz'ora” lo conferma. Trasmis-sione tra le più robuste all'interno del palinsesto di Raitre, mantiene tuttele caratteristiche del programma televisivo muscolare: ritmo, alto livellodi attenzione, dialettica. Formula inventata nei primi anni Ottanta da Gio-vanni Minoli con Mixer, che l'Annunziata tenta di seguire a ruota. Spessoci riesce, in base all'interlocutore di turno. Soltanto che domenica scorsa
ha deciso di far prendere aria alle telecamereper una gita fuori porta nella soleggiatapiazza del Popolo, in occasione del megara-duno antiberlusconiano “in rosa”. Avrebbe
potuto, la sarnese Lucia, invitare in studio, come da copione, una delle or-ganizzatrici dell'evento protofemminista, per discuterne “de visu”. Inveceno. Il programma ha subìto una incomprensibile, quanto strumentale in-versione a “u” (Domanda: e se il protagonista fosse stato il sesso forte?).�el tempo a disposizione s'è capito ben poco riguardo a quanto cercavanodi dire Ritanna Armeni e Margherita Buy, le cui voci, oltre a quella dell'An-nunziata, erano surclassate dall'amplificazione del palco principale. Il fa-natismo non paga. Ancor più se rimarcato.
18 FEBBRAIO 2011
SineLinea
Nicola Melfi
FANATISMI
2
Il caso
ADOZIONI: La sentenza della Corte di Cassazione che
ha aperto la strada alle adozioni per i single in Italia
continua a far discutere. La necessità di adeguare la
legislazione nazionale a quella europea è un dato di
fatto. Il problema, piuttosto, è come.
Sul delicato argomento si è espressa anche l’Ami, As-
sociazione matrimonialisti italiani, secondo la quale non ci
sono le condizioni culturali, storiche e giuridiche per
modificare tanto profondamente il concetto legale di fa-
miglia.
RABBIA Un gruppo di esponenti dell'opposizione libica
all'estero ha chiesto ufficialmente al colonnello Ghed-
dafi di dimettersi dalla carica di capo di Stato e di per-
mettere l'avvio di una transizione verso la democrazia,
riferisce il giornale al-Quds al-Arabi. Da giorni su Fa-
cebook circola l'appello di alcuni attivisti libici a orga-
nizzare la «prima giornata della collera in Libia» per
protestare contro Gheddafi, la corruzione e la povertà.
L'appello, sottoscritto da diverse fazioni e correnti poli-
tiche indipendenti libiche, ribadisce la necessità «di met-
tere da parte Gheddafi e tutti i membri della sua
famiglia e avviare le riforme». Antonio Savino
Appuntamenti personali
Ore 23.30 Monica Bellucci
FILE TOP SECRET(Gli appunti del direttore)
I Fotografi alle calcagne non le danno manco il
tempo di scendere dall’automobile.
Emma Watson
Sanremo 2011
Quasi 12 milioni di italiani hanno scelto l'Ariston. Morandi meglio della Clerici, che nel 2010
ebbe oltre un milioni di spettatori in meno: erano stati davanti alla tv in 10.717.000 con unoshare del 45,29%. Nella prima parte di martedì sera invece, sono arrivati a una media di 14
milioni.Buona la partenza per le Iene Luca e Paolo, un pò meno per Belen e Canalis.
Egitto
Le vittime della rivolta in Egitto,che ha portato alla fine del regimedi Hosni Mubarak, sono state 365.La cifra è stata fornita dal ministrodella Sanità egiziano, Ahmed SamehFarid, alla televisione di Stato. Ildato è superiore a quello riferitoin precedenza dalle Nazioni Unite.L'Onu aveva stimato che, dal 25gennaio, giorno della prima manife-stazione anti-governativa, i mortifossero stati circa 300.
ternet, tenendo sempre presente che la rete
non è un gioco, ma che tutto ciò che avviene
nella realtà virtuale può avere ed ha conse-
guenze nel mondo reale.
Tra le numerose iniziative, anche una tra-
smissione radiofonica interattiva di 12 ore
con l’intervento di numerosi relatori.
Le principali linee guida dettate per i genitori
sono state individuate soprattutto nella ne-
cessità di dialogare con i propri figli e di af-
fiancarli nelle loro esplorazioni del web,
nell’opportunità di mostrarsi interessati a co-
noscere i siti visitati dai minori e di stabilire
insieme confini e regole, nell’importanza di
evitare che i più piccoli abbiano libero ac-
cesso alla rete dalle proprie camere da letto.
I consigli per i bambini, invece, sono stati di-
retti soprattutto ad evitare che essi forniscano
informazioni personali e che familiarizzino
Un mondo virtuale più sicuro
Sono sempre più numerosi gli
utenti di internet, dei social
network e dei giochi online,
e tra questi una parte crescente è co-
stituita da giovani e giovanissimi, a
volte esperti e più o meno consape-
voli, ma tante altre troppo ingenui
e del tutto ignari dei pericoli e delle
insidie del web.
E’ vero, internet è in grado di colle-
garci in tempo reale ad ogni parte
del mondo, di arricchire le nostre
conoscenze, di fornirci un valido
sostegno tecnologico e di semplifi-
care gran parte del nostro lavoro,
ma, se viene adoperato in maniera
scorretta e senza le dovute precau-
zioni, ci espone a rischi di propor-
zioni enormi.
Internet è un mondo talmente vasto
che non riusciamo a dominarlo. Bi-
sogna prendere coscienza del fatto
che l’uso delle tecnologie informa-
tiche comporta il venir meno dei ri-
ferimenti ambientali e spaziali a cui
siamo abituati. Non sempre in am-
bito digitale siamo in grado di veri-
ficare e di conoscere come e dove
vengono visualizzati e trattati i dati
e le informazioni che ci riguardano,
e crimini numerosi e sempre nuovi
possono avvenire in uno spazio vir-
tuale che non ha confini.
Ormai l’uso facile di internet è a
portata di mano della maggior parte
di noi. Ciò che prima era accessi-
bile soltanto attraverso l’uso del
computer ora si può raggiungere
anche attraverso i telefoni cellulari
e le console per giochi.
E’ di moda aderire ai social net-
work, pubblicando informazioni e
foto personali, e, molto spesso, fal-
sificando la propria data di nascita,
senza che ci siano controlli o si-
stemi per impedire che ciò av-
venga.
E’ per questo che dal 2004 l’Unione
Europea celebra ogni anno la Gior-
nata della Sicurezza in Rete, che ha
lo scopo di consapevolizzare i gio-
vani e gli educatori all’uso del web.
L’iniziativa è promossa dalla Com-
missione Europea nell’ambito del
programma “Safer Intenet” (inter-
net più sicuro), un network europeo
che coordina l’attività di Centri na-
zionali che si occupano di diffon-
dere un uso più sicuro del web da
parte dei giovani. I referenti italiani
sono “Save the Children” e “Adi-
consum”.
Tra il 2007 e il 2013, Intersafe di-
sporrà di ben 55 milioni di euro.
Quasi la metà dei fondi a disposizione
sarà utilizzata per la sensibilizzazione e
la maggiore consapevolezza dei citta-
dini, il 34% verrà impiegato nella lotta
agli usi e ai contenuti illegali, ed il re-
stante 18% sarà destinato alla promo-
zione di un ambiente virtuale più sicuro
e alla definizione di una conoscenza di
base.
L’anno passato l’iniziativa, che ha un re-
spiro mondiale e non soltanto europeo,
è stata seguita da 65 Paesi con centinaia
di progetti, e anche quest’anno sono
oltre 60 gli Stati che in tutto il pianeta
hanno aderito all’evento.
Lo slogan del 2011 è stato “Mano sul
mouse e piedi per terra. E’ più che un
gioco, è la tua vita”, allo scopo di edu-
care i ragazzi all’uso responsabile di in-
Giusi Santopietro
3
Direttore Responsabile
A�TO�IO SAVI�O
Direttore Politico
SARO ZAPPACOSTA
Redattori
Agnese AlbiniLuca Arlotto
Danilo ChiaradiaLaura CutullèSerena Danese
Michela Di PalmaSimona MarganellaLoredana Romanelli
Giusi Santopietro
Impaginazione &Grafica
Francesco Pietro Falotico
Stampa
Martano Editrice Modugno (BA)
Reg. Trib. Potenza �°375del 24 04 2008
Direttore Editoriale
Emilio D’AndreaSVI.MED.
associazione onlus per lo sviluppo
sostenibile del mediterraneo
Concessionaria Pubblicitaria
METIS srl
Contatti
[email protected]. 0971 22715
d’areamediterranea
18 FEBBRAIO 2011
con persone sconosciute, a far sì che
si rendano conto dei pericoli reali del
mondo virtuale, ad esortarli a con-
frontarsi con un adulto se qualcosa
non va. Bisogna far comprendere ai
più piccoli che tutto ciò che avviene
online lascia tracce permanenti,
quindi bisogna educarli e consigliarli
nella scelta dei siti e delle imposta-
zioni sulla privacy, optando sempre
per quelle che assicurano i più alti
profili di protezione. Ciò che preoc-
cupa maggiormente è la crescita del
numero dei giocatori online e l’ab-
bassamento della loro età media, due
dei temi focali della Giornata della
Sicurezza in Rete di quest’anno.
L’evento ha ricevuto la collabora-
zione di numerosi partner tra social
network e scuole e ha visto la parte-
cipazione di istituzioni, società scien-
tifiche, industrie ICT e media.
Fondamentale l’interessamento e
l’operato della Commissione euro-
pea su questi temi e la sua collabora-
zione con esperti ed operatori del
settore.
DATI PREOCCUPANTI
- In Italia il 57% dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni è iscritto ad un social
network, nel 34% dei casi essi hanno profilo pubblico . La media
europea è del 59%. Il Paese in cui l’uso di social network è più dif-
fuso è l’Olanda, dove la percentuale è dell’80% circa.
- In Europa oltre il 70% dei giovani tra i 9 e i 16 anni gioca online.
- I giovani dormono in media 2-3 ore in meno rispetto a 10 anni fa.
- Solo il 25% dei genitori utilizza filtri per controllare i contenuti vi-
sualizzati dai propri figli.
- L’Italia è il Paese europeo dove si registrano le più alte percentuali
di accesso a contenuti inadeguati e contatti con soggetti pericolosi
da parte dei minori, con l’11%, seguito dalla Lettonia con il 9%.
- L’84% dei cittadini europei utilizza software di protezione contro
gli abusi online.
La rivolta delle mutande
Venerdì scorso Terra di Basilicata è stato uno dei primi organi di informazione settimanali, a raccogliere l’appello di Giuliano Ferrara, a dar vitaad una “campagna di passione di denuncia pubblica” sul conflitto che vede le Toghe rosse della procura milanese e il leader del PDL Silvio Ber-lusconi, il conflitto del secolo tanto per intenderci. E su “Mare �ostrum” di venerdi’ abbiamo riportato un passaggio di Giuliano Ferrara, con il
quale smascherava i puritani di sinistra del Palasharp e di Repubblica nonche’ il complotto contro il Premier. A distanza di una settimana dalla notiziadella decisione finale della Procura milanese, abbiamo ritenuto opportuno dedicare uno speciale sul particolare momento politico Italiano, riportandola storica intervista rilasciata da Silvio Berlusconi a Giuliano Ferrara, direttore de “Il Foglio” dove in effetti e’ possibile riscontrare tutta l’essenza deldramma politico del Premier. Ci soffermeremo inoltre, sulla altrettanto storica manifestazione di sabato al Teatro Dal Verme,con le foto piu’ rilevanti suiprotagonisti, i passaggi piu’ importanti dell’ intervento di Piero Ostellino, nonche’ commenti sulla manifestazione. Ovviamente,il nostro speciale non di-sdegnera’ una pagina sul congresso dei “Traditori di destra”, vale a dire il fallito Gianfranco Fini e i suoi disperati scudieri. La prima pagina del nostrospeciale e’ deticata alla protesta del nostro Folletto, e ai commenti del PDL sulle decisioni delle Toghe rosse della Magistratura Milanese sul rinvio agiudizio di Silvio Berlusconi, ovviamente, saranno presenti anche sulla manifestazione delle donne.
4 18 FEBBRAIO 2011
IL NOSTRO “SE NON ORA QUANDO�..?”Se non ora quando�.“denunciare“, chi si e’ permesso di inculcare l’odio verso Silvio Berlusconi, a un bambino di 13 anni!?.Se non ora quando�.“denunciare” , una giornalista Rai(Lucia Annuziata) pagata da noi con il canone, che scende in piazza contro il Premier!?.Se non ora quando�.”denunciare”, il trio “Meraviglia” RAI, Santoro, Floris e Fazio che usano la TV pubblica, come una clava contro il Premier, arric-chendosi a dispetto della buona fede dei contibuenti!?.Se non ora quando�..”denunciare”, chi con la scusa di difendere l’onore delle donne, scende in piazza solo contro Silvio Berlusconi!?.Se non ora quando�..”denunciare”, chi porta le minorenni in corteo e le usa contro Silvio Berlusconi!?.Se non ora quando�.”denunciare”, che quelle Donne che sono scese in piazza per la dignita’, delle Donne,nel 1968 gridavano:”l’utero e’ mio e lo gestiscoio!” e “il corpo e mio lo gestico io!”?.Se non ora quando�.“denunciare”, chi ipocritamente si dimentica il comportamento del grande Poeta e icona della sinistra (P.P.Pasolini), che pagava igiovani di strada per soddisfare i suoi bisogni innaturali!?.
SPECIALE a cura
FABRIZIO FIORINI
SARO ZAPPACOSTA& Le manifestazioni contro e pro Premier, da un lato Giuliano Ferrara
e dall’altro le donne antiberlusconi
CO�FLITTO ISTITUZIO�ALECon la tecnica del colpo di stato, con il probabile tentativo di
mirare al ricordo di Piazzale Loreto, con uno schiaffo al Par-
lamento per sottometterlo, la Procura di Milano ha rinviato a
giudizio Silvio Berlusconi, accusandolo di reati già noti. Vi-
brante protesta del Popolo della Libertà.
Cicchitto: giustizia a orologeria "Come volevasi dimostrare -commenta ironico il capogruppo del Pdl alla Camera FabrizioCicchitto -. È proprio il caso di parlare di una giustizia ad orolo-geria che per Berlusconi è rapidissima, addirittura istantanea.
Tutto questo procedimento è viziato alla radice dal fatto che -trattandosi, visto il reato ascritto che è la concussione, di un’ im-putazione che per definizione riguarda il titolare di un pubblicoincarico, nel nostro caso deve essere trattato dal tribunale dei mi-nistri. Quindi c’è il tentativo di sottrarre Berlusconi al suo giu-dice naturale e anche di un fumus persecutionis che percorrequesto procedimento dall’inizio al suo attuale sviluppo". "Cisembra assai probabile che tutto ciò verrà contestato alla radicedalla difesa. Ma ciò che sta accadendo è anche contestabile a li-vello politico per l’ispirazione che anima tutta l’operazione".
Se non ora quando�.“denunciare”, chi come Nichi Ventola oggi paladino dell’etica, nel
1979, nel campo nudisti di Capo Rizzuto, faceva sfoggio del proprio corpo nudo (con il
motto:”Nudi si ma contro la DC:occhio,malocchio,diventerai finocchio”), rivendicando li-
berta’ di pensiero e di azione, in disprezzo al comune senso del pudore, come e’ dimostrato
dalle foto pubblicato da “il Giornale” di Lunedi’ 14 febbraio!?.
Se non ora quando��“denunciare”, che il Presidente della Repubblica e’ la fotocopia di
Scalfaro?.
Se non ora quando�.“denunciare”, che dalla Procura di Milano e stato lanciato un attacco
politico?.
Se non ora quando��.“denunciare”, ma che concussione e’ senza concussi!?.
Se non ora quando��“denunciare”, di sentirsi in uno stato di Polizia!?.
Se non ora quando�..“denunciare”, che e in atto un golpe da parte delle Toghe
rosse in combutta con la sinistra forcaiola!?.
P.S. SE NON ORA QUANDO��.TU DIMMI QUANDO,QUANDO,QUANDO��..?
Controle toghe rosse
L'I�TERVISTA I�TEGRALEAL PREMIER BERLUSCO�I "PERCHÉ ATTACCO I PM"C’è un piano antidemocratico, ge-stito da procure spionistiche e congiacobini al seguito, per liberarsi dime evitando il voto. Ma io noncedo, e al Quirinale c’è un galan-tuomo
GIULIA�O FERRARA E IL LEADER DEL PdL
Il presidente del Consiglio è sottoassedio giudiziario e il suo partito,che ha vinto le elezioni, dichiarache i pubblici ministeri agisconoin base a un piano politico ever-sivo, sono mobilitati contro di luicome una “avanguardia rivolu-zionaria”. L’accusa è pesante, maè anche dimostrabile?Questo è il contenuto del documentovotato all’unanimità dall’Ufficio dipresidenza del Popolo della libertà.Per quanto mi riguarda devo osser-vare che dalle cronache di questigiorni si capisce che i pubblici mi-nisteri e i giornali o i talk show dellalobby antiberlusconiana, che tra-scina con sé un’opposizione senzaidentità propria, si muovono di con-certo: si passano le carte, non sicomprende in base a quale norma,come nell’inchiesta inaccettabile di�apoli; oppure, come è avvenuto aMilano, scelgono insieme i tempi e imodi per trasformare in scandalointernazionale inchieste farsesche edegne della caccia spionistica alle‘vite degli altri’ che si faceva nellaGermania comunista. Per il reato dicena privata a casa del premierhanno stilato un mandato a compa-rire, solitamente di due paginetteburocratiche, allegando 400 paginedi origliamenti e altri documentipresunti d’accusa con uno scopopreciso, uno scopo comune a magi-strati che dovrebbero agire in nomedella legge e oppositori politici delgoverno e miei personali.Quale scopo?Lo hanno scritto su tutti i giornali ilprofessor Zagrebelsky, la signoraSpinelli, il professor Asor Rosa etanti altri: bisogna liberarsi di Ber-lusconi evitando il voto degli ita-liani, tutti rincretiniti secondo questeélites boriose e antidemocratiche, eci vuole dunque una iniziativa, cito
letteralmente, ‘extraparlamentare’ che puntisull’emergenza morale per distruggere lasovranità politica che il popolo italiano nonè degno diesercitare. Così distrussero, con il suo maleed il suo bene, la Prima Repubblica, cosìprovano da molti anni a far fuori la nuovapolitica, quella delle libertà civili, del ga-rantismo per tutti e dell’alternanza demo-cratica di governo garantita dal sistemamaggioritario di cui sono il padre politicoeffettivo.E’ la solita tiritera del ribaltone?�o, c’è qualcosa di più e di diverso. Il primoribaltone del 1994-1995 si fondò sul rigettodelle elezioni manovrato dal presidente
della Repubblica di allora, lo Scalfaro delfamigerato ‘non ci sto’che ora conciona allegramente sulla ‘legge-uguale-per-tutti’. Diedero una parvenza diistituzionalità a una manovra di Palazzofondata sulla perditadella maggioranza in Parlamento. Stavoltac’è una coscienza pubblica diffusa dell’in-tollerabilità costituzionale e civile di un sif-fatto modo di procedere, il famoso golpebianco, anche perché abbiamo un presi-dente che è un galantuomo, e allora ricor-rono a quello che lei, caro direttore, hachiamato ‘golpe morale’. Vogliono proce-dere con le scarpe chiodate di una giustiziache travolge i diritti della persona, e con essimira a travolgere il funzionamento regolaredelle istituzioni. E’ per questo che nel docu-mento del Popolo della libertà si parla di
eversione politica. E’ un giudizio tecnico,non uno sfogo irresponsabile. L’obiettivoconclamato, proclamato e declamato adalta voce è di far saltare governo e maggio-ranza attraverso l’assedio giudiziario, pa-ralizzando l’esecutivo, mettendo l’Italiasotto la luce più fosca al cospetto del mondo,e alla fine contando su una condanna pe-nale che sperano possibile e che costrui-scono con il preciso intento di togliermi idiritti civili. �on ce la faranno, però, intantoperché c’è un giudice a Berlino, e io ho fi-ducia di trovarlo, e poi perché in una demo-crazia il giudice di ultima istanza, quandosi tratta di decidere chi governa, è il popoloelettore e con esso il Parlamento, che sono
i soli titolari della sovranità politica.Ma questo vuol dire che lei personal-mente è in un certo senso al di sopra dellalegge?Certo che no. I padri costituenti avevano
stabilito saggiamente che prima di proce-dere contro un parlamentare si dovesse es-sere certi, attraverso un voto della suaCamera di appartenenza, che si era liberidal sospetto di accanimento o persecuzionepolitica. Era un filtro tra i poteri autonomidell’ordine giudiziario e la sovranità e au-tonomia della politica. Ioho già affrontato vittoriosamente decine diprocessi e affronterei serenamente qualsiasialtro processo. Da cittadino privato me lacaverei senza problemi, con accuse così ri-dicole, sostanziate solo da pregiudizio e datecniche inquisitorie indegne di un paese ci-
“Ma io resisto, perchè, come sempre nella mia
storia, l’attacco al mio privato è in realtà un at-
tacco al ruolo pubblico e alla democrazia”
vile, come la negazione dei testi adifesa del caso Mills o addiritturala violazione di un voto del Parla-mento, come nel caso di questigiorni. Ma io resisto perché, comesempre nella mia storia, l’attacco almio privato è in realtà un attacco alruolo pubblico che svolgo, alla miatestimonianza democratica. Vede,hanno perso per strada, come sem-pre quando ci si ostina in modo fa-zioso contro un avversariotrasformato in ‘nemico assoluto’, ladistinzione tra il conflitto politico eil funzionamento e la dignità delleistituzioni sovrane. Chi, come voidite, predica una Repubblica dellavirtù, con toni puritani e giacobini,ha in mente una democrazia auto-ritaria, il contrario di un sistemafondato sulla libertà, sulla tolle-ranza, su una vera coscienza mo-rale pubblica e privata. Io, qualchevolta, sono come tutti anche un pec-catore, ma la giustizia moraleg-giante che viene agitata contro dime è fatta per ‘andare oltre’ me,come ha detto il professor Zagre-belsky al Palasharp. E’ fatta permandare al potere attraverso unuso antigiuridico del diritto e dellalegalità, l’idea di cultura, di civiltàe di vita, di una élite che si credesenza peccato, il che è semplice-mente scandaloso, è illiberalità allostato puro. Luciano Violante è tor-nato a distinguere tra peccato ereato e ad ammonire contro quel-l’insana passione per una soluzioneextrapolitica, extraparlamentare edextrademocratica del conflitto ci-vile. Gli anticorpi contro il fanati-smo ci sono. Gente capace di capireche si sta facendo un danno ancheeconomico e d’immagine al paese,cercando di impantanarlo in una si-tuazione radicalmente negativa,che potrebbe condurre al declino eimbrigliare la sua capacità di svi-luppo, ce n’è. I sondaggi e l’aria deltempo ci dicono che la maggio-ranza dei cittadini è stufa della por-nografia politica e giudiziaria evuole che si torni a ragionare, e so-prattutto ad operare, intorno allecose che contano davvero per laloro vita. Ed è quello che io e il miogoverno ci sforziamo di fare tutti igiorni”.
da Il Foglio
518 FEBBRAIO 2011
La lezione di Ostellino
IL DISCORSO:
BRA�I SCELTI
“Cose ‘e pazzi”. Cose da pazzi è
anche un articolo di Roberta De
Monticelli su “La Repubblica” di
venerdì scorso: “Al signor libe-
rale vorrei chiedere se incoragge-
rebbe sua figlia o sua nipote a far
partecipare qualche utilizzatore
finale di quella bella grazia su cui
siede. Perché immagino che sua
figlia e sua nipote, esattamente
come lui, vorrebbero essere rico-
nosciute portatrici anche di altri
valori”.
Gentile signora De Monticelli, io
non ho incitato nessuno, tanto
meno incito mia figlia e mia ni-
pote, a condividere “quella bella
grazia” su cui siede. Ho solo ri-
vendicato la libertà delle donne di
farlo, se credono, e di risponderne
solo a se stesse, o al proprio con-
fessore; non a lei, signora, né a un
comitato di censori come quello
della Repubblica napoletana. E a
chi, come lei, se ne scandalizza ri-
spondo come Cuoco: “Cose ‘e
pazzi”. Il corpo della donna – che
piaccia o no, ma è un fatto – ha,
in sé, un potere anche sociale e al-
cune donne, nella Storia, l’hanno
persino usato, quel potere, per fini
politici assai nobili. Secondo i pa-
rametri della signora De Monti-
celli, la contessa di Castiglione –
che ha condiviso il letto con Na-
poleone III per facilitare il
compito risorgimentale di Cavour
– era una puttana, così come lo
sarebbero le giovani donne che
sposano un uomo ricco e più an-
ziano. Ebbene, gentile signora,
per me non lo sono.
A chi gli chiedeva quale fosse la
politica del Cremlino verso gli
omosessuali, un ministro sovie-
tico aveva replicato: “Noi siamo
contrari all’omosessualità”. Era
uno strampalato tentativo di esor-
cizzare l’omosessualità, giustifi-
candone la persecuzione, così
come la signora De Monticelli e i
neo-puritani dell’ ultima ora cer-
cano di esorcizzare una certa re-
altà femminile coprendola con un
velo di ipocrisia che chiamano
Etica collettiva. Io mi
ero limitato a descrivere una certa
realtà “come è”; loro hanno replicato
prescrivendo una
realtà “come vorrebbero che fosse”. E’
non solo un salto logico – dall’Essere
al Dover essere – ma la sindrome di un
latente totalitarismo morale e politico
inaccettabile per un liberale.
Perché, allora, il salto logico dall’Es-
sere al Dover essere è la sindrome del
totalitarismo? Innanzi tutto, perché è
una truffa sociologica l’immagine di
un paese dove sono perennemente in
lotta una minoranza portatrice di virtù
civiche e una massa di imbroglioni, di
parcheggiatori in seconda fila (gli elet-
tori del centrodestra). Barbara Spinelli,
Adriano Prosperi e altri neo-azionisti
non dicono “come stanno le cose”, ma
vogliono redimere i parcheggiatori
abusivi (che ci sono anche fra gli elet-
tori del centrosinistra); danno giudizi
di valore che spacciano per giudizi di
fatto. Io, che ne denuncio l’intima
avversione al liberalismo non lo faccio
per essere invitato a cena ad Arcore;
mi limito a registrare il loro modo di
concepire la democrazia. Non è
obbligatorio essere liberali ma, se non
lo si è, almeno non ci si professi tali
per, poi, pensare, scrivere, comportarsi
in modo apertamente opposto al
pensiero e alla prassi liberali.
Dunque, se si dice che “ogni mezzo è
lecito per cacciare Berlusconi”, per me,
non è più in ballo la sorte del governo;
è in gioco la democrazia, il sistema
nel quale non si cacciano i governi
“con ogni mezzo”, ma attraverso pro-
cedure
costituzionali. Io non sono berlusco-
niano, e neppure anti; non ho votato
centrodestra, come non ho votato altri
schieramenti, semplicemente perché
non voto da trent’anni. Non sono qui
per difendere questo governo né per
proporne altri. Se il governo di centro-
destra cadesse – nel rispetto delle pro-
cedure previste dalla Costituzione – mi
accingerei a giudicare quello che ve-
nisse con gli stessi criteri di sempre:
quanto accresce, o quanto riduce, i no-
stri diritti individuali, le nostre libertà
e il nostro benessere quello che fa il
governo?
E qui vengo al punto, e concludo. La
mia bussola sono i diritti, le libertà
dei singoli Individui, di ciascuno di
noi. E’ perciò che ho giudicato una
violazione dei suoi diritti individuali
il sequestro dei gioielli di una delle
ragazze che andava alle cene di Ber-
lusconi, quale ne fosse stato il com-
portamento. Immagino che molti di
voi non vadano alle cene del cava-
liere, e tanto meno a quelle del bunga
bunga, ma potrebbe capitare anche a
voi di subire gli “effetti collaterali” di
un’inchiesta della magistratura che
pur non vi riguardasse che indiretta-
mente. Come la prendereste? Ecco,
io sono venuto a chiedervi come la
prendereste.
Rivolta contro il dispotismo morale
degli accigliati giacobini italiani
618 FEBBRAIO 2011
Daniela Santachè e Mario Mantovani
Piero Ostellino Giuliano Ferrara
gazzi”. Sottotitolo:“�omenklaturaisolatadopo la brutta figura sugli incarichi”.Il Giornale, invece ci fa sapere in prima pa-
gina che: “Fini è ridotto a zerbino di Boc-
chino”, mentre a pagina 4 afferma: “L’ira
di Fini si abbatte sui colonnelli ribelli.
Ma c’è aria di diaspora”. Sottotitolo: “IlPresidente Fli furioso con i suoi per lafaida interna sui posti di potere: pessimafigura. Rivolta dopo l’incarico a Boc-chino”. Quasi a voler ricordare a qualcuno
che “pecunia non olet”, un altro articolo ci
parla del Merchandising di partito escla-
mando: “Bocchino e i gadget futuristi,
che coincidenze”. Sottotitolo: “I fili chelegano il deputato campano alla societàdei prodotti a marchio futurista”. Vale a
dire aggiungiamo noi: ecco come finiscono
gli ideali della destra al congresso nel Fli.
Dove, “Altro che leader della destra
Gianfry è lo zerbino di Italo”. Per il quale
leggiamo nel sottotitolo: “Fin i ha mollatola maggioranza per ridursi a maggior-domo di Bocchino pigliatutto. E il Presi-dente della Camera ubbidisce come il clanTulliani”.Ma, il titolo più originalee al
tempo stessso semplicemente storico è
quello di Libero in prima pagina, sei co-
lonne: “Dal Fascio allo sfascio”. Con sot-
totitolo,“Fini fa il despota e da il partito aBocchino. Gli altri futuristi si ribellano epreparano la fuga”. Per Il Foglio, “Fu-
turo e libertà è appena nata e già rischia
la sua prima scissione”.
Amara conclusionedel tradimento storico
Il congresso del FLI, tra catture e rivolte.
In arrivo eclatanti abbandoni
Forse ha chiesto molto il Mi-
nistro della Difesa Ignazio
Larussa, a conclusione del
primo congresso nazionale del
pseudo partito del Presidente della
Camera, in una intervista al gior-
nale La Stampa ha dichiarato:
“Speravo che Fini avesse un sus-sulto di coscienza, che di fronte allacampagna di lapidazione in atto diBerlusconi dicesse: con lui ho rottoma ora dico basta. Invece è diven-tato il leader di un partito dal qualesi fa eleggere leader per acclama-zione, lasciando in piedi l’equivocodi essere presidente della Camerae nel quale non riescono a mettersid’accordo nemmeno per eleggereun coordinatore. Il Fli –ha preci-
sato Larussa- è allo stesso tempo unpartito verticistico e più rissoso delPdl. Meno male che se ne sono an-dati sostenendo che mancava la de-mocrazia interna”. Un fallimento
totale, insomma. D’altronde basta
leggere alcuni titoli di giornali sui
servizi a commento dei risultati
congressuali. Ecco La Stampa di
Torino: a pagina 7 :“I colonnelli si
azzuffano nella cena del veleno”.
Sottotitolo: Lite tra D’Urso e Boc-chino, in ballo il posto di numerodue. Il leader decide, ma poi cam-bia idea: e le divisioni restano”.Nella stessa pagina in fondo a de-
stra un po’ di colore: “�iente foto
di gruppo, il leader va dai ra-
718 FEBBRAIO 2011
La fiducia al governo sul decreto milleproroghe al Senato ha registrato lo sfaldamento del
gruppo del Fli che sulla fiducia ha votato in ordine sparso nonostante l’indicazione a votare
contro del capogruppo Pasquale Viespoli. Hanno votato contro, infatti, oltre a Viespoli anche
Mario Baldassarri, Maurizio Saia e Giuseppe Valditara, si è astenuto Francesco Pontone e non
hanno partecipato al voto Giuseppe Menardi (che ha dichiarato in suo dissenso in aula), Maria
Ida Germontani, Egidio Digilio, Candido De Angelis e Barbara Contini. L'addio di Menardi "La
mia esperienza all’interno di Futuro e libertà al Senato è finita". Lo annuncia il senatore Giuseppe
Menardi che da giorni è su posizioni critiche verso Gianfranco Fini e Italo Bocchino e aveva
votato in dissenso dal suo gruppo nella fiducia sul decreto milleproroghe. Il punto è che Fli a
Palazzo Madama conta su dieci senatori e se Menardi va via il gruppo si scioglie se non ci sono
nuovi arrivi nei prossimi giorni. L’addio anche formale avverrà una volta conclusi gli adempi-
menti di carattere corrente legati al suo ruolo di segretario amministrativo. Se non interverranno
novità, o nuovi ingressi di senatori, i futuristi a Palazzo Madama potrebbero restare senza un
gruppo parlamentare. "Io - prosegue Menardi - torno nei confini della maggioranza parlamentare
e credo che dovremo trovare qualche collega per dare spazio ad un’anima critica nel centrode-
stra in modo che sia la terza gamba della maggioranza. Per quanto mi riguarda - sottolinea -
non c’è più il gruppo, ne sono uscito. Non c’è bisogno di scriverlo a Viespoli perché gliel’ho già
annunciato di persona".
PASTICCIO AL SENATO
La rabbiadelle donne
Domenica 13 febbraio
l’Italia è scesa in
piazza, le sorelle d’Ita-
lia si sono mobilitate per riven-
dicare la dignità, non solo di
donne, ma di un intero paese.
Non c'erano partiti nelle
piazze, non c'erano colori e
idee politiche divise e divisi-
bili, c’era solo un paese ferito
e stanco della politica del
bunga bunga e dei festini.
Donne e uomini in piazza in
tutta Italia (e non solo) per la
dignità: la parola d'ordine è "se
non ora, quando?". In 230 città
della Penisola si sono svolte
manifestazioni per chiedere più
rispetto per la libertà e i diritti
delle donne con la precisa ri-
chiesta di dimissioni del pre-
mier Berlusconi. In Piazza del
Popolo a Roma, in Piazza Ca-
stello a Milano, giù fino a Na-
poli e Palermo, ma anche
Tokyo, Londra, Bruxelles e Gi-
nevra... il mondo intero sembra
essersi mobilitato contro un
modo di far politica che va a le-
dere la dignità non solo delle
donne, ma di tutti coloro che
credono ancora che fare poli-
tica voglia dire impegnarsi per
il bene comune. Una protesta
che non ha avuto colore poli-
tico, che ha visto donne di di-
versi partiti salire sullo stesso
palco per affermare la propria
dignità. Tra gli interventi più
applauditi, quello di Suor Eu-
genia Bonetti, missionaria delle
Consolate, in Africa per 24
anni e a Torino da qualche
tempo nel centro Caritas: "Vo-
glio dare voce a chi non ha
voce: alle nuove schiave che
vengono nel nostro Paese pen-
sando di trovare un futuro mi-
gliore. E' per loro e per tutte
noi che faccio appello perché sia ri-
conosciuta la dignità della donna. Di
queste schiave siamo sorelle e
madri, per noi e per loro dobbiamo
dire basta a questo indegno mercato
del mondo femminile, a quei diritti
umani fondamentali che sono ne-
gati". Perché la voce delle donne è
sempre in pericolo, nonostante tutto.
Solo che non c'eravamo rese conto
di stare male anche qui. C'è voluta
Ruby per farci aprire gli occhi. Suor
Eugenia ha fatto diretto riferimento
al Rubygate: "Sono notizie che ci
sgomentano, che ci portano a pen-
sare che siamo lontani in Italia dal
considerare la donna per ciò che è. E
non ci rendiamo conto che la prosti-
tuzione del corpo delle donne è di-
ventata una parte integrante del
nostro vivere quotidiano. Non pos-
siamo restare indifferenti a questa
mentalità, ne siamo tutti responsabili
e bisogna da oggi fare ciascuno la
propria parte".
La leader della Cigl Susanna Ca-
musso ha inviato un messaggio che è
stato letto in diverse città. "Vorrei ab-
bracciare simbolicamente tutte le
donne giovani e non che lottano con-
tro la precarietà, tutte le donne che
vogliono lavorare e non vogliono
sentire su di loro quello sguardo che
svilisce e offende. Vorrei che la giu-
stizia fosse uguale. Vorrei che quando
si parla di minorenni si pensasse allo
studio, al gioco, al futuro. Vorrei che
chi ci definisce “puritane” ricordasse
i divieti che ci sono stati imposti,
dalla fecondazione assistita alla pil-
lola del giorno dopo. Vorrei che
quando si dice sesso non si pensasse
a un incarico politico. Vorrei un paese
con una sola morale, perché quella
doppia offende e nasconde la nostra
dignità. Vorrei, ma so che è così, che
libertà, democrazia, sesso, donne,
futuro fossero di nuovo parole pu-
lite. Nessuna di noi - ha concluso
Camusso - deve abbassare lo
sguardo perché i nostri sono occhi
limpidi. Farlo si può perché il fu-
turo è nostro".
Le donne d’Italia hanno final-
mente parlato tutte insieme. Senza
confusione hanno detto tutte la
stessa cosa. Rispettando il minuto
e mezzo di silenzio che ha prece-
duto l'inizio di ogni manifesta-
zione, in ogni piazza d'Italia. Un
silenzio necessario perché alla do-
manda “Se non ora quando?”
l'urlo dell'”adesso” risuonasse an-
cora più potente. Le donne d'Italia
si sono unite contro l'uomo che in-
carna un modo di fare politica che
è lontano dal fare politica reale. Le
donne d’Italia si sono date appun-
tamento in piazza perché hanno
figli e figlie che non vogliono far
crescere con valori che non hanno
scelto per loro stesse. E non si
sono divise dalle veline e dalle
escort, dalle parlamentari o dalle
prostitute. Le hanno comprese
nella loro visione e nella protesta
comune.
Le donne che erano in piazza
hanno risposto anche alle critiche
di chi ha bollato la manifestazione
come una protesta radical-chic,
hanno risposto a chi ha sostenuto
che la manifestazione fosse uno
strumento nelle mani di una fa-
zione politica. Hanno risposto con
il loro silenzio prima dell’urlo, con
le loro magliette bianche con la
scritta "Mi riprendo il mio futuro".
Critiche o meno, resta il fatto che
un milione di persone si sono ri-
bellate e hanno gridato un'insoffe-
renza che sarà difficile non
ricordare anche domani.
Loredana Romanelli
Sono scese in piazza
le sorelle d’Italia per rivendicare
la dignità
818 FEBBRAIO 2011
Questa volta chi sbaglia paga
Ho salutato la notizia re-lativa all’accordo tra ilPresidente del PDL e
quello di “ Io amo l’Italia” comeun evento riparatore di un ver-gognoso tradimento perpetratoin Lucania da parte della classedirigente del PDL sia nei con-fronti di Berlusconi, sia nei con-fronti di Magdi Cristiano Allam,mancato candidato del centrodestra alla guida della giunta re-gionale. Il rinnovato accordo trai due leader nazionali ha ripor-tato la nostra attenzione ai rap-porti esistenti nella nostra terratra il PDL e Io amo l’Italia, i cuileader locali- Nicola Pagliuca daun lato e Ernesto Navazio dal-l’altro, entrambi consiglieri re-gionali- sono semplicemente aiferri corti per cause remote, mo-tivo per cui l’accordo nazionale,sembra essere destinato a finirenel vuoto. Infatti, Ernesto Nava-zio ha respinto l’accordo ro-mano e ha confermato la suaposizione di centro all’internodello schieramento regionale,disdegnando la posizione di de-stra. Prima che ciò avvenisse,tuttavia, il sottoscritto ha lan-ciato un appello il 4 Febbraio, inprevisione delle prossime ele-zioni che si terranno nella cittàdei due leaders regionali, affin-chè il contrasto tra i due venissesuperato, augurandomi che “Pa-gliuca e Navazio abbiano laforza di dimostrare di essereesponenti politici illuminati,perché questa volta chi sbagliapagherà. Caramente, inevitabil-mente”.DATI ILLUMI�A�TI
Alla prima risposta negativa diErnesto Navazio ha fatto riscon-tro, su Terra di Basilicata , un ar-ticolo del nostro EmilioD’Andrea, nativo di Barile non-ché profondo conoscitore diquanto accaduto in passato e neigiorni attuali intorno alle vi-cende politiche di Barile, Melfie Potenza, pubblicato la setti-mana scorsa. Da far suo, D’An-drea ha affrontato il problema, etra l’altro, ci ricorda alcuni ne-mici che sono in vero, semplice-mente illuminanti. Il nostro
collega ha scritto: “ a determinare inmaniera rilevante la prevedibile Capo-retto dal Centrodestra è stato il cambiodi campo dell’alleato sindaco di Melfidel Pdl, Ernesto Navazio, che da capo-lista di “Io amo la Lucania” – candidatoPresidente proprio Allam -, in solitrenta giorni di campagna elettoraleoltre a far confluire al suo movimentooltre 30mila consensi (9%) si è conqui-stato l’elezione a consigliere regionale
con ben dodicimila preferenze perso-nali (4%). Ma come mai – si è chiestoD’Andrea- il Pdl si è lasciato scapparee, meglio, ha fatto di tutto per “libe-rarsi”, di un proprio rappresentante dispicco e di grande levatura come Nava-zio?”. Dati illuminanti che dimostranouna sola cosa: dei trentamila voti delmovimento ben 18 mila sono di Cri-stiano Magdi Allam – anima, spirito ecorpo del movimento – e rappresentanouna forte maggioranza rispetto ai 12mila voti di Ernesto Navazio che co-munque ha ottenuto un risultato di pre-stigio. Maggioranza di voti, quella diCristiano, che da diritto a tracciare lalinea che il movimento deve perseguire,e che i suoi movimentati hanno il do-vere di rispettare e su questo certamenteci ritroveremo. L’APPELLO DI D’A�DREA
Questo spirito politico che nasce dainumeri è stato giustamente consideratoda Emilio D’Andrea secondo il quale,in politica, non si può mai “dire mai”perché tutto e il contrario di tutto puòaccadere nel tempo di un battito d’ali.Per cui sostiene D’Andrea, Navaziodeve mantenere in consiglio regionalele posizioni scaturite dalle urne, ma pertutto il resto deve seguire anche l’indi-cazione del leader nazionale del suomovimento e ancor più, dimostrando
ancora una volta quel sentimento diamore, rispetto e considerazione per lagente e i territori di appartenenza, ha ildovere di mettersi a disposizione per unfatto di crescita, stabilità e rilancio nonsolo di Melfi ma dell’intera Basilicata.Come possa essere possibile raggiun-gere questo “contrastante” obiettivo,sorprendentemente, ce lo consiglia pro-prio il nostro collaboratore che dandovita al suo acume politico ci prospettail quadro dove individuare la chiave divolta per legare, ancora una volta Erne-sto Navazio e il Pdl in un nuovo fattod’azione, e le condizioni necessarie ache ciò avvenga. Per Emilio D’Andrea“ questa volta, però, deve essere il Pdl(magari col perentorio intervento dellostesso Berlusconi) a fare un passo in-dietro e concedere l’indicazione del sin-daco e di alcuni assessorati chiave aMelfi, proprio ai dirigenti di “Io amo laLucania”, sia per garantire il prosieguodella decennale, positiva ed esemplareesperienza amministrativa, sia soprat-tutto per ridare ad Ernesto Navazio e aMagdi Allam quella dignità politica cheinvano gli si è tentato di togliere nellestagioni passate e soprattutto, col me-desimo e vergognoso volta faccia allepolitiche regionali del 2010”. LA RISPOSTA DEL POPOLO
DELLE LIBERTA’
Ed infatti “miracolo” nel quadro delcentrodestra lucano il consiglio saggio,equilibrato, dignitoso e realistico diTerra, viene accolto dal Pdl, nel quadrodelle relazioni normali che intercorronotra un organo di informazione e un par-tito politico. È Gianni Rosa consigliereregionale che in una nota stampa ha di-chiarato lunedì mattina quanto segue:l’invito che faccio come vice coordina-tore vicario regionale è l’apertura deldialogo con le forze alleate a livello na-zionale. Qui in Lucania è improcrasti-nabile tra Pdl e “Io amo la Lucania”,dopo il recente accordo tra il PresidenteBerlusconi e Magdi Allam, al quale nonci si può sottrarre. Dialogo che diventaurgente e vitale visto il peso elettoralee la presenza di personalità quali NicolaPagliuca e Ernesto Navazio. La politicaè definita l’arte del possibile e anchepassione e sentimento umano ma èanche razionalità, capacità di leadershipche comporta anche il poter fare unpasso indietro contro gli interessi e leambizioni personali a favore di quelledella comunità”. Il centrodestra lucano,
precisa Gianni Rosa, ha ben am-ministrato Melfi, prima con Pa-gliuca, poi con Navazio, nelcorso degli anni si è riuscito ascardinare un sistema consocia-tivo creato da PCI e DC; oranon possiamo permetterci di di-struggere tutto questo. La citta-dina normanna, perl’importanza storica, culturale eeconomica che ha avuto, che ha,ha il diritto di avere ancora infuturo un’ amministrazione libe-rale innovativa e di spessore po-litico che solo il centrodestraunito può darle e che solo gli er-rori del centrodestra disunitopuò negarle. Personalmente mimetto a disposizione qualora siritenga necessario il mio contri-buto. Agli amici di Io amo laLucania – conclude GianniRosa – ed al suo leadere invito,però, ad essere conseguenti al-l’accordo nazionale anche inRegione Basilicata, con una po-litica coordinata assieme algruppo del Pdl”.
Saro Zappacosta
918 FEBBRAIO 2011
L’accordo nazionale PdL- Io amo l’Italia
ripropone in Basilicata vecchie ruggini
Italia? Non è un paese per vecchi
Quello dell’invecchia-
mento demografico è
un fenomeno vistoso.
Da un lato un welfare pressoché
inesistente o debole, incapace di
fornire adeguate risposte alla po-
polazione anziana, dall’altro un
aumento incalzante dei bisogni
e, soprattutto, della domanda di
assistenza per le persone dai 75
anni in su. Attualmente la cd. as-
sistenza domiciliare, di cui il si-
stema socio-sanitario dovrebbe
farsi carico, ha uno sviluppo in-
certo per una ragione precisa: le
liste di attesa sono sature e il
loro smaltimento, spesso, av-
viene quando alcuni tra i pa-
zienti che ne hanno fatto
richiesta passano a miglior vita.
Ciò incide particolarmente sulle
famiglie che si trovano a fron-
teggiare una situazione compli-
cata con mezzi propri e spesso
insufficienti per rispondere ai bi-
sogni dei propri cari anziani. La
Prof.ssa Fiorenza Deriu del-
l’Università degli Studi di Roma
“La Sapienza” ci ha fornito così
una lettura sociologica e demo-
grafica di un fenomeno che inte-
ressa l’intero Paese, oltre che la
nostra realtà strettamente locale.
Oltre ai numerosi e, ormai,
noti effetti psicologici, quali ef-
fetti produce da un punto di
vista sociale l’invecchia-
mento?
Da un punto di vista innanzituttodemografico, il fenomeno del-l’invecchiamento è legato so-stanzialmente a due variabili:da un lato ad una positiva e per-vicace prevenzione dal punto divista sanitario, accanto al rag-giungimento di certe conquistein campo medico che hannoconsentito un cospicuo aumentodella “speranza di vita”, atte-standosi a livelli molto alti inItalia, rispetto al resto delmondo, accanto al Giappone(speranza di vita che si registracome segue: 78 anni per gli uo-mini e 73 per le donne). Dun-que, ci troviamo di fronte ad unapopolazione longeva che ha re-
cepito i benefici di tali progressi. Dal-l’altro lato, il fenomeno dell’invecchia-mento è collegato ad un ulteriore dato:l’abbassamento della fecondità.. Oc-corre precisare che questa fase di “vitalunga” è eterogenea. Per cui bisognadistinguere tra anziani che possiamocollocare nella fascia d’età compresatra i 65 e i 75 anni da una parte; quelliche, dall’altra, sono annoverabili nellafascia dai 75 anni in su. E, quest’ul-tima, desta maggiori preoccupazioni eproblematiche. L’OMS (Organizza-zione Mondiale della Salute) asserisce,infatti, che è proprio in quella fasciaparticolare che le condizioni di salutetendono a peggiorare e incrinarsi, cre-ando una serie di bisogni e domande diassistenza che ricadono sulle famiglie.Questo perché il sistema del welfare èpoco presente e non fornisce interventidi cure e assistenza ai familiari. Dob-biamo, inoltre, parlare di invecchia-mento attivo per il quale, il nostroPaese, ancora non ha sviluppato unacultura robusta. Si tratta, in buona so-stanza, di concepire l’anziano noncome peso per la società o le famigliema, soprattutto, come risorsa. Si trattadi un intervallo temporale che seguel’uscita dal mercato del lavoro (precoceo meno) che, ancora, è poco socializ-zato e strutturato: non sono previste at-tività per consentire alle persone che sicollocano in tale situazione di dare unvalore diverso a questo tempo. Su diloro ricadono le maggiori incombenze:accompagnano i nipoti a scuola, vannoa fare la spesa. Il loro “tempo liberato”diventa un “tempo di servizio”. Ciò chesi sta cercando di fare è promuoverequesta cultura, far comprendere lorocome impiegare il proprio tempo: faredel volontariato, impegnarsi in politicao, comunque, nel sociale, studiare (at-traverso i programmi “long life lear-ning”, soprattutto per quanti nonhanno potuto coltivare nel corso dellapropria vita questo aspetto importante).Ancora: impegnarsi in attività lavora-tive attraverso le borse di studio per i“giovani anziani” che possono dare unulteriore contributo dal punto di vistalavorativo. Attivandolo come risorsa, inquesto tempo (o fase) di “invecchia-mento attivo”, l’anziano vive in buonasalute e nella consapevolezza di non
costituire un peso, prima che si inne-schi il processo degenerativo dopo i 75anni.Il sistema dei servizi socio-sanitari si
è modificato rispetto al passato: un
cambiamento legato, inevitabil-
mente, all’emersione di nuovi bisogni
da parte delle frange sempre più co-
spicue di popolazione anziana. In che
modo il welfare cerca di dare con-
crete risposte a questi nuovi bisogni?
Il welfare, come già detto, è debole epoco presente. Difficilmente riesce afar fronte alla continua domanda di as-sistenza, soprattutto per gli anziani dai75 anni in su. Assistenza, in modo par-ticolare, di tipo domiciliare: sebbene daalcune recenti ricerche, condotte dal-l’OECD (Organizzazione per la Coo-perazione e lo Sviluppo Economico),sia tra le forme preferite di assistenza– per una maggiore permanenza del-l’anziano nell’ordito familiare -, quelladomiciliare ha avuto scarso impatto sulnostro territorio nazionale. Si pensi giàal fatto che le liste di attesa per questotipo di prestazione socio-sanitaria sonomolto lunghe e le richieste, talvolta, ri-mangono inappagate. In estrema ratio,per anziani con patologie neurodege-nerative (Alzheimer, Parkinson, ische-mie, ecc), si decide di optare perl’istituzionalizzazione o, di frequente, siricorre al “badantato”: in genere, si fariferimento a giovani donne dell’est eu-ropeo che, ovviamente, sono retribuiteattraverso l’indennità di accompagna-mento (assegno spettante al degente eche si attesta attorno ai 450/470 euromensili) che non riesce, sicuramente, acoprire i costi di assistenza. Le fami-glie, in tal caso, hanno ulteriore aggra-vio e sono costrette ad aggiungereulteriori risorse. È auspicabile, oltreche necessario, incentivare le presso-ché deboli misure socio-sanitarie attra-verso sistemi di “dimissioni protette”,più idonea risposta del settore pubblicoper ciò che concerne le RSA e l’assi-stenza domiciliare.I problemi si accentuano ancor di piùse indaghiamo ulteriormente il feno-meno invecchiamento: è in aumento co-stante la “povertà degli anziani”, iquali vivono con una pensione esigua.Ancor di più il cd. “invecchiamentorosa”: donne che, appartenendo ad
una generazione in cui nonhanno svolto attività lavorative(o, se lo hanno fatto, per pe-riodi limitati) vivono di unapensione di riversibilità, insuf-ficiente a far fronte alla ge-stione quotidiana della propriaesistenzaVi sono, infine, gli anziani chevivono in una situazione di iso-lamento: coloro che non chie-dono servizi socio-sanitari e,poiché isolati, sono difficil-mente individuabili.Come è possibile leggere, da
un punto di vista sociologico,
la figura delle badanti e quali
sono, dunque, i riverberi che
tale figura imprime nel tes-
suto familiare? Si può parlare
di deresponsabilizzazione
delle famiglie rispetto alle ne-
cessità dei componenti an-
ziani?
Come ho affermato già in pre-cedenza, non dobbiamo leggereil fenomeno del “badantato”come un atto di deresponsabi-lizzazione delle famiglie. Tut-t’altro. Oggi ogni nucleofamiliare ha precisi compiti daadempiere fuori casa legati allavoro e non solo. Per cui di-venta difficile offrire la propriaassistenza ad un familiare an-ziano. Soprattutto se i suoi pro-blemi sono legati a malattieneurodegenerative: in questicasi diventa indispensabileun’assistenza “24 ore su 24”.Dall’altro lato, poi, non si puòparlare di deresponsabilizza-zione ma di ulteriore aggravioper le famiglie che ricorrono asistemi di tipo privatistico, vistele scarse risposte del settorepubblico (alle quali suppli-scono con propri mezzi).
1018 FEBBRAIO 2011
Luca Arlotto
Parla la Prof.ssa Fiorenza Deriu
Università degli Studi di Roma
Un gioiello sanitarionel borgo antico
La clinica Luccioni nacque a Potenza nel dicembre del 1946 su iniziativa
del Dott. Consuelo Luccioni. La prima sede trovò collocazione in un vec-
chio palazzo dell’800, situato nella vecchia Via Roma, oggi conosciuta come
Via del Popolo. Ben ristrutturato e reso perfettamente idoneo al suo ruolo
ospedaliero, il palazzo metteva a disposizione 22 posti letto, una sala opera-
toria chirurgica, una sala ostetrica, una sala gessi, una sala radiologica oltre
ad un’eccellente prestazione ambu-
latoriale. Immediatamente la clinica
acquistò prestigio grazie ai nume-
rosi interventi effettuati con grande
meticolosità e competenza. Da tutta
la regione cominciarono ad affluire
ammalati, bisognosi delle cure del
Dott. Luccioni e dei suoi esperti
collaboratori. Ben presto ci si ac-
corse che i posti letto a disposizione
erano insufficienti per accogliere i
pazienti, sempre più numerosi, e
dunque cominciò a valutarsi l’ipo-
tesi di trovare una nuova locazione,
confacente alle esigenze dell’ im-
pianto. La zona prescelta fu quella
di Via Mazzini, che negli anni 50 altro non era che un’immensa distesa di
campagna. Si diede il via ai lavori di edificazione e nel giro di diversi mesi
l’opera fu completata. Curata minuziosamente in ogni dettaglio, la nuova cli-
nica si apprestava ad accogliere e a curare con amore tutti i bisognosi di terapie
mediche. Il 30 Luglio del 1955 si celebrò l’inaugurazione. Al grande evento
parteciparono tutte le personalità di rilievo del mondo politico, medico, reli-
gioso. La novità di cui si fece promotrice la casa ospedaliera fu l’introduzione
della convenzione con la mutua. Anche la classe sociale povera poté godere
di prestazioni sanitarie. Le stanze si affollarono di pazienti e dunque ci si trovò
nuovamente di fronte all’esigenza di ampliare l’edificio. Venne costruito un
altro piano e si riuscì così a garantire ospitalità per 44 degenti. Purtroppo il
Dott. Consuelo Luccioni nell’Ago-
sto del 1959 venne a mancare, ma
nonostante la grande perdita, la cli-
nica continuò nel suo progetto gra-
zie alla competenza e alla
professionalità del figlio, il Dott.
Luigi Luccioni e di altri fedeli coo-
peratori. Da allora, sino ad oggi, la
missione di maestri esperti della
medicina è continuata ininterrotta-
mente a servizio di tanti ammalati,
segnati dall’angoscia delle loro ma-
lattie e speranzosi di trovare la tanto
sperata guarigione.
Liberamente tratto da L. Luccioni
“Una storia d’amore. La clinica
Luccioni dal 1946 ad oggi: ricordi, impressioni, rimpianti e speranze”, Maggio
1981, Tipografia Zafarone & Di Bello, Potenza.
Agnese Albini
1118 FEBBRAIO 2011
Dopo mezzo secolochiude i battenti
La Clinica Luccioni abbandona il centro del capoluogo. Un punto di ri-
ferimento importante per la città va via e con sé un pezzo importante
della memoria potentina: al di là dei ricordi che legano molti cittadini
alla struttura ospedaliera per vicende e motivi personali, viene meno un im-
portante punto di riferimento sanitario che, in taluni casi, ha supplito le carenze
della sanità pubblica laddove, a ridosso degli anni della ricostruzione, que-
st’ultima non poteva far fronte ad alcune esigenze e richieste. La storia conti-
nua, questo è chiaro, seppur con nuovi amministratori e in un altro contesto.
Ma li, nella zona più centrale di Potenza rimarrà in ogni caso un vuoto. Come
colmarlo? Nessuno ancora lo sa.
Quel che è certo è il polverone di polemiche che si è sollevato attorno alla de-
localizzazione della Clinica per. Ernesto Navazio (“Io amo la Lucania”), e il
capogruppo consiliare del “Movimento per le autonomie”, Francesco Mollica,
hanno rivolto un’interrogazione al Presidente della Giunta regionale Vito De
Filippo, chiedendo se vi sia compatibilità tra le previsioni del Piano regionale
integrato della salute e dei servizi alla persona e alla comunità in corso di ap-
provazione e il trasferimento della Clinica Luccioni.
I motivi di questa delocalizzazione? Mancanza di requisiti di sicurezza del-
l’edificio. Motivazioni, peraltro, contestate dal Dottor Luigi Luccioni che af-
ferma quanto segue: “Tutti gli impianti e i servizi sono a norma come verificato
da controlli dei Nas e dalla comunicazione tecnica dell’Asl”. Tra le altre cose
è stata contestata la mancanza di parcheggi e aree verdi, nonostante una con-
venzione della stessa clinica con il parcheggio multipiano di Via Armellini ( a
pochi metri dalla struttura) che prevede la gratuità del parcheggio per gli utenti.
Motivi, dunque, che lasciano perplessi e che, in ogni caso, destano un senso
di vuoto facendo venir meno uno storico e importante punto di riferimento per
la città tutta.
Simona Marganella
La clinica Luccioni resta
nella memoria di tante famiglie lucane
Rughe italiane e rughe lucane
Dati alla mano, qui l’Ita-lia è fatta vecchia: sulgroppone si porta molti
più anni di quanti immagi-niamo. E la Basilicata? Noi diTerra, nel maggio dello scorsoanno, provammo a tirare lesomme sulle “rughe lucane”,pubblicando una inchiesta sulletante pensioni elargite nella no-stra attempata regione. I datisono mutati di poco, a trattipeggiorati. Li riproponiamo, inlinea con l’inchiesta - che tro-vate su questo numero - sulcaso della Clinica potentinaLuccioni. Il capoluogo certonon si fa notare in quanto a visifreschi e schiene dritte. Il datopletorico è questo: in regione,su mille abitanti, nel 2009 sononati solo 8,1 bambini. Le na-scite, dunque, sono eventi cheaccadono come per magia. Lafascia di popolazione che va dai61 ai 65 anni, se si considera ilcapoluogo, raggiunge quota3.897 abitanti (a Potenza siamo,oggi, 68.594). La fascia inveceche va dai 66 fino a 101 anni sifa ridondante con la bellezza di12.300 unità. La comunità deglianziani cresce ed attecchisce sulterritorio regionale e la pre-senza di giovani - che pure cisono, nel capoluogo come in re-gione - non mitiga il divario,anzi lo rende assai più manife-sto. È chiaro quali e quantisiano i veri responsabili di que-sto dislivello che stride con lebelle speranze; tutto si può sin-tetizzare in due parole che ca-peggiano in ogni dove: futuroincerto. Ma loro, i nostri “vec-
chietti”, come se la passano in città?Molto poco è stato fatto in passato perrendere più leggero quel fardello che èla senilità. In città non esistono, a benvedere, luoghi dove “svernare” gior-nate, attitudini ed interessi. Circoli ri-creativi e associazioni non esistono. Agiudicare dalle inchieste apparse loscorso anno sulle pagine di Terra, rea-lizzate in giro per i quartieri di Po-tenza, qualcuno ha provato a far da séattraverso i Comitati di Quartiere: sigioca a briscola, si leggono quotidiani,si chiosa delle questioni cittadine, siguarda un talk show su una vecchia tv,tutto in piccoli locali a piano strada, glistessi dove ci si riunisce per le riunionimensili. E l’Italia, cercando di guar-dare oltre il proprio naso, com’è messasulla questione anziani? Il Sole 24 ore
ha lanciato l’allarme con un articolopubblicato recentemente che sa moltodi inchiesta vera e propria e non tantodi notiziola da fondo pagina. Le ridu-zioni sui finanziamenti statali non gio-vano nemmeno all’universo senile, inquanto vanno ad indebolire i cosiddetti
servizi pubblici - quelli forniti a do-micilio e quelli che si attuano attra-verso le strutture residenziali -peraltro già scarsi nel nostro paese,da sempre. Accade che i “livelli es-
senziali di assistenza” che lo Statodovrebbe garantire di diritto alle re-gioni vengono ad essere fortementemanchevoli, alla luce dei tagli lacri-mosi. Dal 2000 al 2009, in Italia, gliultra 65enni che richiedono l’inden-nità sono passati dal 6% al 9,5%: al-lora, non si comprende il motivo percui le regioni siano tenute a rispet-tare un certo standard di posti lettoin ospedale (appunto i livelli essen-ziali), ogni mille abitanti, ma non iposti dentro le case di riposo permille persone ultra75enni. Il nostrosistema pubblico da sempre delegaalla famiglia la scelta di aiutare icomponenti definiti deboli (anzianima anche diversamente abili). Que-sto si traduce, spesso, in dimenti-canze clamorose da parte deigoverni, circa i finanziamenti desti-nati ai servizi, come quelli a domi-
cilio: essenziali quando una fami-glia, che si trova a combattere conl’organizzazione quotidiana e conla presenza di un anziano da accu-dire, ha urgenza di un aiuto pra-tico. Un welfare, oggi, pocoattento al tema, che preferisce de-legare tutto il “pacchetto”. Loscenario che si paventa, nell’Italiadi oggi e, nel piccolo, in tutte leregioni, preoccupa: le liste per ac-cedere alle strutture residenzialiandranno ad ingrossarsi e l’impo-tenza di chi le gestisce non por-terà a nulla, se non a dinieghiperentori. La patata bollente peròpasserà nelle mani delle strutturelocali: ASL e Comuni dovrannodare una risposta alle richiestesempre più insistenti e che giun-geranno a iosa. L’unica strada daperseguire sarà quella della ridu-zione dell’assistenza fornita aisingoli. Il Sole 24 Ore cita unesempio: se prima ad un anzianoerano garantite tre visite settima-nali, oggi l’incaricato si presen-terà non più di una volta. Laqualità del servizio calerà, inquanto in poche ore si dovrà con-centrare tutto l’intervento di assi-stenza e lo stesso avverrà per iservizi che forniscono consulenzae informazioni. Uno Stato che di-mentica i servizi essenziali gettaun’ombra su un intero Paese e suun mondo, quello degli anziani,che non ha alcuna colpa e che nonmerita di diventare una questionemarginale.
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Michela Di Palma
18 FEBBRAIO 2011
La comunità degli anziani cresce in Basilicata
ed in Italia diventa questione marginale
Come cambia l’universo “Casa”
Housing sociale: nonè una patologia mauna misura gover-
nativa che tenta di correre inaiuto all’economia affossata,al settore edile intorpiditodalla crisi e alle nuove esi-genze abitative, così profon-damente alterate daassumere connotati parados-sali. Alcune fasce sociali, untempo posizionate ad un li-vello medio, sono diventateimprovvisamente deboli,impossibilitate a far frontead alcune necessità vitali:quasi quanto le classi deimeno abbienti. I giovaniprecari (ne abbiamo scrittosul precedente numero, aproposito del fondo di ga-ranzia per le giovani coppiecon contratti atipici che in-tendono accedere ad unmutuo), le coppie monored-dito, i single, gli anziani, glisfrattati, gli studenti fuorisede e gli immigrati. L’in-cremento dei prezzi del mer-cato e la riduzione del potered’acquisto delle famigliehanno fatto sì che la bollaesplodesse e che il contestosociale fosse modificato alcuore. Oggi si parla, anchenella nostra regione, di edi-lizia privata sociale. LaLegge è del 7 agosto 2009 -n. 25 - e cita le misure ur-genti e straordinarie volte alrilancio dell’economia e allariqualificazione del patrimo-nio edilizio esistente. La Re-gione si fa promotrice diprogrammi integrati di edili-zia residenziale e di riquali-ficazione urbana. Nel marzodel 2010 furono il ministrodell’Economia, Giulio Tre-monti, e delle Infrastrutture,Altero Matteoli, a siglare il
decreto per la scelta della Societàdi Gestione del Risparmio, incari-cata di gestire il fondo immobi-liare. I soggetti coinvolti sonoRegioni, Comuni, fondazioni ban-carie, investitori privati e istituzio-nali locali, operatori privati,cooperative, istituti di credito ebanche locali. Il tema dell’housingsociale diventa sempre più attualecol procedere, spedito e repentino,di cambiamenti sociali epocali.Abbiamo scritto del PISUS sulprecedente numero. È il caso, que-
sto, di ricordare che lo stessoPiano, tra i suoi obiettivi operativi,più precisamente in quel capitolodedicato ad “inclusione sociale enuovo welfare” riporta un contri-buto di riguardo sul tema dell’hou-sing. Si legge, nel documento, chei target perseguiti dall’housing so-ciale sono le pari opportunità, l’in-clusione sociale, la promozione direti e relazioni, la solidarietà e lacooperazione. Dove compare unbando destinato alla residenza so-ciale è lì che spuntano domandeprovenienti dai ceti sociali di cuisopra. Quelle classi oggi con unreddito medio - basso impossibili-tate a sostenere i costi abnormi del-
l’offerta pubblica o che inve-stono una fetta robusta del lororeddito, assai sproporzionata ri-spetto alle entrate e ai limitidella sopravvivenza. Il socialhousing, dunque, risponde aqueste esigenze del tutto nuovein contesti sociali un tempo “di-fendibili”. Nel PISUS, si famenzione di un diverso concettodell’abitare: condomini sociali,co-housing, interventi di ediliziaresidenziale sociale, attivazionedi strumenti finanziari, pro-grammi di locazione e riscatto.Anche in città, approfondendo iltema attraversole pagine del do-cumento, au-mentano nonsolo i fabbisognima anche la po-vertà. Unanuova povertàsociale, non piùrelegata a fascemarginali equasi casuali.La crisi è il vet-tore principaledel cambia-mento. Crisivuol dire moltoaltro, però. Si-gnifica conse-guenze di
diversa natura, reiterazionedelle drammaticità, accresci-mento dei divari sociali, stra-scichi lacunosi sui settori piùdisparati e all’apparenza di-sgiunti gli uni dagli altri. Crisivuol dire anche altro: presup-pone investimenti, sforzi con-giunti, azioni e progetti disostegno, politiche mirate enon premi di consolazione. Avolte anche miracoli.
Michela Di Palma
Si corre ai ripari per riconoscere
alle nuove classi sociali il diritto ad una abitazione
1318 FEBBRAIO 2011
Un giallo fatto in casa
Sullo sfondo della bella e
tranquilla Lucania si svol-
gono le vicende dei perso-
naggi del romanzo
“Username:Makaa Ya Mawep
(Terrore Lucano)”, prima prova
dell’ esordiente scrittore France-
sco Pietro Falotico. Due donne in
vacanza vengono uccise da un kil-
ler misterioso che sembra scom-
parso nel nulla. Due amici che si
ritrovano dopo anni e che inda-
gano fianco a fianco su una serie
di strani omicidi ed incidenti. Un
bambino che sembra poter leggere
il futuro. Una multinazionale in
crisi.... Questi sono gli ingredienti
del primo romanzo di Francesco
Pietro Falotico, un giallo da leg-
gere tutto d’un fiato e che conqui-
sta il lettore sin dalle prime
pagine. Nella sua opera prima, Fa-
lotico sembra ispirarsi ai grandi
scrittori di gialli, tuttavia elabora
uno stile tutto suo: veloce, con re-
pentini cambi di scena che ten-
gono il lettore sempre sul “chi va
là”, non permettendo la minima
distrazione, un intreccio di storie
e personaggi che si dipana lungo
tutto il percorso del romanzo. Un
giallo che lascia con il fiato sospeso
fino alla fine e che, anche alla fine, la-
scia con il dubbio che possa ancora
succedere altro. Un libro che, oltre a
farci conoscere le capacità e l’abilità
dello scrittore nell’intessere trame così
complesse, permette anche di cono-
scere ed apprezzare una regione, la Ba-
silicata, sconosciuta ai più. Un doppio
intento, dunque, quello del libro di Fa-
lotico: appassionare i lettori alla storia
che, lo ripetiamo, è coinvolgente ed
avvincente, ma anche far conoscere le
meraviglie della Lucania a chi ancora
non conosce questa splendida regione.
Francesco Pietro Falotico (1979) è
nato a Laurenzana (Pz), dove vive da
sempre e con il romanzo Username
Makaa Ya Mawep (Terrore Lucano)”
è alla sua prima prova da scrittore. Il
romanzo è edito dalla casa editrice
ZONA ed è disponibile in tutte le li-
brerie, a Potenza è possibile trovarlo
nella Libreria Hermes mentre a Matera
lo si trova nell’ Edicola del Corso.Per
ulteriori informazioni, è disponibile il
trailer sulla pagina facebook del ro-
manzo.
Loredana Romanelli
L’opera prima di un giovane autore lucano
che si cimenta alla scoperta di una regione
1418 FEBBRAIO 2011
I camici bianchi alle prese con Il pc!
La crisi economica c’è e si sente. In barba ad essa, una miriade di donne
che non rinuncia ad avere un corpo da sempre desiderato. Il bisogno del
“ritocco” diventa irrinunciabile, considerato una necessità primaria al pari
del vestirsi e nutrirsi. Non più soltanto casa e automo-
bile sono rateizzabili: anche il proprio sogno di sen-
tirsi in un corpo perfetto può essere realizzato
pagandolo poco per volta. Come? Attraverso società
finanziarie che coprono il costo dell’intervento este-
tico con un finanziamento che oscilla tra i 1000 e i
5000 euro. Il primo paese a sperimentare la gioia della
“bellezza a rate” è il Libano dove, nonostante la crisi
non solo economica da affrontare, sorge l’istituto
“First National Bank” per far fronte alle cospicue esi-
genze di un look tutto da rifare. A fronte di una pub-
blicità televisiva di impatto, l’istituto riceve ogni
giorno più di un centinaio di chiamate per chiedere un
piccolo aiutino e adempiere a quello che ormai di-
venta un imperativo categorico. Dalla liposuzione alla
rino-plastica: ce n’è per tutti i gusti! George Nasr, di-
rettore marketing della banca afferma che l'idea del
prestito è destinata ad essere un successo perché «studi statistici mostrano
che c'è un enorme richiesta in questo settore e ciò apre grandi orrizzonti».
Lo stesso continua dicendo che l’istituto è un’ancora di salvezza per i liba-
nesi ai quali piace «essere al meglio».
C’è chi invece non ha bisogno di prestiti per ricorrere ai chirurgi estetici:
basta aguzzare l’ingegno e il gioco è fatto. Imperversa, infatti, la moda del
“ritocco fai da te”: donne che si improvvisano fautrici di una deturpazione,
piuttosto che di un vero e proprio make up degno
di questo nome, con tutti i danni annessi e con-
nessi. E, talvolta, non solo fisici. Come afferma
Nicolò Scuderi - ordinario di Chirurgia Plastica al-
l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” -
“Viviamo in una società basata sulla bellezza este-
tica. Le persone non vogliono avere difetti fisici,
aspirano ad essere sempre più attraenti e inse-
guono l'eterna giovinezza. Inoltre - conclude Scu-
deri - i media hanno 'spinto' molto la figura del
chirurgo estetico. Tanto che, se prima la figura di
riferimento di un giovane medico era rappresen-
tata dal cardiochirurgo di fama, ora è il chirurgo
estetico. Che nell'immaginario rappresenta soldi,
successo e fama". Un corpo, dunque, da amare e
coccolare. Anche in tempi duri e ristrettezze. In
fondo, non c’è migliore investimento se non su sé
stessi. Occorre ricorrere al bisturi per riappropriarsi delle chiavi segrete del
proprio corpo e vivere una vita senza complessi. Botulino, quindi, come pa-
nacea di tutti i mali.
Simona.Marganella
Innovazione sul piano sanitario.
La novità dell’anno, prescrizioni
mediche on line
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Continuamente al passo
con i tempi, questo l’im-
perativo della società del
terzo millennio. L’informatica e la
tecnologia computerizzata inva-
dono anche l’azienda sanitaria. La
carica dei medici italiani si appre-
sta a prendere dimestichezza con
il computer e fare pratica con il
nuovo software. La vecchia “ri-
cetta” di malattia per i dipendenti-
pubblici e privati -ora si spedisce
Agnese Albini
18 FEBBRAIO 2011
Farsi belle a rate
esclusivamente on line direttamente all’
Inps, pena una sanzione. A sua volta,
l’Istituto Nazionale della Previdenza So-
ciale, invierà l’attestazione di malattia al-
l’amministrazione dove presta servizio il
lavoratore. Quest’ ultimo verrà rispar-
miato dall’obbligo di inviare il certifi-
cato tramite raccomandata con ricevuta
di ritorno al proprio datore. A pochi
giorni dall’introduzione della novità
compare il primo grande problema. Il
server del ministero dell’Inps che
avrebbe dovuto raccogliere migliaia di
documenti al giorno è collassato ed è an-
dato in tilt. E’ caos, il sistema si blocca!
I medici presi dal panico non sanno cosa
fare e temono di subire pesanti sanzioni
o addirittura il licenziamento. In difesa
della categoria, si schierano i diversi sin-
dacati che rassicurano i sanitari, i quali si
apprestano a rilasciare i certificati ai la-
voratori in formato cartaceo. Il tutto non
porterà loro alcuna conseguenza, in
quanto il malfunzionamento è dipeso dal
sistema generale informatico. Immediato
l’intervento di ripristino del disservizio e
altrettanto celere la conciliante rassicura-
zione da parte del Ministro per la Pub-
blica Amministrazione e l’innovazione,
Renato Brunetta. Dissapori e dissensi
non si sono di certo risparmiati, ma, si ri-
mane fiduciosi circa la buona riuscita del
nuovo piano. Eliminando il cartaceo si
riusciranno a risparmiare circa 100 mi-
lioni di fogli e ad evitare un inutile spreco
di pagine da archiviare. Giovamento
anche sul piano economico. Basta pen-
sare che il costo medio di un certificato
è di circa 10 euro a documento,
dunque eliminando tale proce-
dura e traslando al telematico si
limiterebbe un dispendio super-
fluo di denaro. Il Ministro parla
di nuovi posti di lavoro. Gli ad-
detti attualmente impiegati al-
l’Inps non sono sufficienti a
sbrigare le mansioni di smista-
mento del flusso informatico,
dunque è necessario assumere
altri dipendenti che potrebbero
coadiuvare l’operato dei colleghi.
Importantissimo, inoltre, il tem-
pestivo controllo sullo stato di
malattia del lavoratore, che potrà
anche ricevere una copia del cer-
tificato direttamente sulla propria
casella di posta elettronica. At-
tualmente è consentito ai medici
di rilasciare ancora il documento
di malattia cartaceo, ma solo per
un periodo di 3 mesi. Conclusa la
fase di “rodaggio” scatterà l’ob-
bligo di attenersi al nuovo mo-
dulo interattivo. Il giudizio del
popolo è positivo, quindi non
resta che attendere i frutti del
nuovo dell’innovativo progetto.
Per quanto riguarda il numero di
cambi, prima di partire chiedete al-
l'albergo se fornisce servizio di la-
vanderia, e quanto costa. Facendo
due conti, vi potreste accorgere
che il lavaggio di abiti e biancheria
è più economico dell'extra chiesto
dalla compagnia aerea per un ba-
gaglio a mano in più o troppo pe-
sante.
A meno che non abbiate prenotato
in un hotel low cost, è molto pro-
babile che in camera troverete
shampoo, doccia-schiuma e
asciuga capelli: evitate quindi di
portarli con voi. Se proprio non
potete fare a meno del prodotto
preferito, travasatene un po' nei
contenitori trasparenti (vedi link
più sopra) o acquistatelo una volta
arrivati in montagna. Infine, mini-
mizzate l'ingombro di spazzole,
pettini e spazzolini da denti, pro-
curandovi le versioni pieghevoli e
ultraleggere da viaggio.
Purtroppo, per la maggior parte dei
Lucani, il problema non è l’ingom-
bro dei bagagli, delle attrezzature,
su come raggiungere la località
sciistica, bensì quello di come
sbarcare il lunario quotidiano, su
come trovare un degno lavoro e
cercare di vivere senza problemi.
Quello che tutti conosciamo !!!
La passione per la settimana
bianca accomuna gran parte
dei lucani, ma il prezzo per
assecondarla può variare di molto
a seconda della località scelta per le
vacanze e del proprio stile di vita
più o meno lussuoso.
Non c'è storia: per una vacanza
sugli sci serve una copiosa attrez-
zatura. A parte l'attrezzatura (sci,
scarponi e bastoni), bisogna riu-
scire a comprimere in una valigia o
in un paio di borsoni l'abbiglia-
mento tecnico, l'occorrente per
l'igiene personale e tutto il resto di
cui potreste aver bisogno durante il
soggiorno sulla neve. Abitando in
Basilicata, ed avendo tante monta-
gne, il problema di fondo è capire
dove poter trascorrere una buona
vacanza sulla neve.
La questione si complica ulterior-
mente se volete raggiungere le piste
da sci delle attrezzate piste del nord
Italia. Se viaggiate in auto con fa-
miglia o amici al seguito, ma anche
se decidete di usare i mezzi pub-
blici (corriera, treno, aereo): in ogni
biglietto, infatti, è compreso un ba-
gaglio definito in misure e peso.
Per ciò che eccede la franchigia
scatta il pagamento di un extra.
Non fatevi assalire dal panico: con
qualche accorgimento in fase di
preparazione bagagli, riuscirete a
ridurre il loro ingombro e peso, e
quindi ad avere un viaggio più pia-
cevole e meno costoso. Certo, il de-
naro è per molti un problema ma se
per voi non lo è, potrete sempre
fare come quella ricchissima fami-
glia saudita che ha acquistato at-
trezzature e abbigliamento
direttamente in località sciistica
Vacanze sulla nevesolo per pochiNecessario una copiosa attrezzatura
degli Stati Uniti, al termine della settimana
bianca, ha lasciato tutto in dono al perso-
nale dell'hotel.
Se affrontate il viaggio in aereo, un classico
escamotage per minimizzare il carico è no-
leggiare sci e bastoni - ma non gli scarponi
- direttamente in montagna. Se avete in
programma un viaggio relativamente
breve, come un fine settimana lungo, do-
vreste riuscire a compattare tutto il neces-
sario in uno o due borsoni o in un piccolo
trolley. Fate molta attenzione alle disposi-
zioni delle singole compagnie per quanto
riguarda il bagaglio a mano: soprattutto
quelle che offrono voli low cost tendono a
imporre limiti molto severi sul numero,
sulle misure e sul peso del "cabin luggage",
facendo pagare a parte le eccedenze.
In questo caso, l'ideale è procurarsi una
buona borsa porta scarponi, che fungerà
proprio da bagaglio a mano principale.
Sono perfette quelle fatte a zaino, con ma-
niglie e spallacci imbottiti, scomparto pro-
tetto per la maschera e tante tasche e
taschine con cerniere e velcro in cui potrete
mettere di tutto. Potrete riempire l'interno
degli scarponi con calze, biancheria e pic-
coli oggetti come il carica batterie del cel-
lulare. In cima a tutto tenete la busta
trasparente con i liquidi e le sostanze per-
messe (per sapere come si prepara date
un'occhiata al sito dell'Ente Nazionale per
l'Aviazione Civile ), pronta per essere esi-
bita ai controlli di sicurezza.
Per una settimana bianca è necessario pre-
vedere più bagagli, quindi dovrete per
forza mandare qualcosa nella stiva dell'ae-
reo. Invece di una valigia, perché non pen-
sare ad una robusta sacca portasci doppia?
Ci metterete un solo paio di sci e riempirete
lo spazio restante con abiti e accessori, ma
non con l'occorrente per un giorno (vestiti
e biancheria): questo va tenuto con voi nel
bagaglio a mano in cabina, insieme ai me-
dicinali. Purtroppo bisogna sempre consi-
derare l'eventualità che il bagaglio spedito
in stiva possa finire in un'altra destina-
zione!
Per il viaggio indossate la giacca da sci in-
vece del cappotto o di un normale giac-
cone: eviterete di doverla mettere in borsa
e potrete riempire tutte le tasche con acces-
sori come guanti, passamontagna, cap-
pello. Sotto alla giacca indossate la vostra
tenuta aprés ski: se scegliete una paio di
pantaloni e un maglioncino eleganti, vi ga-
rantirete l'ammissione anche nei locali più
chic (ammesso che siano il vostro am-
biente).
Vestirsi a strati, si sa, aiuta ad affrontare
qualsiasi condizione atmosferica. Bando
quindi ai maglioni super pesanti e ingom-
branti in valigia, e largo a indumenti tec-
nici, leggeri ma efficacissimi contro il
freddo e il vento, e pure traspiranti. Tra l'al-
tro, non vanno per forza piegati con cura:
arrotolateli e riuscirete a farli stare nel poco
spazio disponibile.
TrenoRocky
1718 FEBBRAIO 2011
I signoridella finanza
Come mai la scelta di trattare un
argomento così spinoso e com-
plesso?
Il libro è intitolato “I Gattopardi diWall Street – Cronaca di una crisiannunciata, necessità di una nuovaBretton Woods”, ed è edito dallaEditricErmes di Potenza. E’ un libro che raccoglie gli articoliche io e Paolo Raimondi, coautoredell’opera, abbiamo pubblicato sulquotidiano economico “ItaliaOggi”.Come mai questo titolo?
Abbiamo scelto di parlare della crisinon attraverso un saggio, ma attra-verso gli articoli, in quanto essi, se-condo noi, rappresentano le tappe diquesto fenomeno che non si è an-cora concluso.Personalmente, ritengo che la crisimondiale si sarebbe potuta evitarese i governi nazionali, soprattuttoquelli dei Paesi industrializzati, fos-sero stati attenti all’eccessiva finan-ziarizzazione dell’economia, laquale ha danneggiato e danneggial’economia reale.Questo è l’asse portante della nostraanalisi.I signori della finanza mondiale,rappresentati soprattutto dai grandibanchieri americani di Wall Street,continuano a fare il bello e il cattivotempo, pur dicendosi disposti ad ac-cettare eventuali nuove regole del si-stema finanziario. Proprio come ilGattopardo, si dichiarano disponi-bili al cambiamento, ma sostanzial-mente il loro potere deve rimanereintatto.Le vicende che in questi giornistanno interessando i Paesi del nordAfrica, che mi auguro si concludanobene, sono scoppiate al grido di“pane e lavoro”, solo in seguito si ègiunti a chiedere libertà e democra-zia. In casi simili di impoverimentodi larghe masse, dove chi è ricco di-venta più ricco e viceversa, potreb-bero esserci sconvolgimenti anchenei Paesi industrializzati, per riequi-librare la distribuzione della ric-chezza.E oggi in Italia è il ceto medio chesi sta impoverendo.Il libro descrive questo quadro, mafornisce anche indicazioni e possi-bili soluzioni.In primo luogo, a mio avviso, biso-gnerebbe tornare allo spirito di
Giusi Santopietro
Un libro edito dalla EditricErmes
di Potenza che affronta le tappe
dell’ultima crisi economica
1818 FEBBRAIO 2011
Bretton Woods.Reputo necessario che gli Stati che si riuni-scono nel G20 adottino regole stringenti perlimitare la speculazione finanziaria, chedanneggia l’economia reale. C’è urgente bi-sogno che i governi regolamentino il sistemae assumano un ruolo più deciso.La crescita dell’economia reale dei cosid-
detti Stati emergenti sta scombussolando
i tradizionali assetti economici. Come si
inserisce questo fenomeno nello scenario
che ha appena descritto?
L’economia dei cosiddetti Paesi del BRIC,ossia Brasile, Russia, India e Cina, sta scon-volgendo gli equilibri che facevano capo almondo occidentale e sta mettendo in discus-sione il ruolo del dollaro come moneta di ri-serva e come riferimento del commerciointernazionale.Oggi questi 4 Paesi, come ha rilevato il Pre-sidente cinese, richiedono che non sia piùsoltanto il dollaro a rappresentare la monetadi riferimento e di riserva, ma un paniere dimonete.Già ora parte degli scambi tra questi 4 Paesinon avviene più attraverso il dollaro. Possiamo affermare, quindi, che l’economiache sta registrando maggiore criticità è pro-prio quella degli Stati Uniti.La crisi, non a caso, è scoppiata negli USA,a causa della concessione largheggiante, daparte delle grandi banche, di mutui e prestitia tasso zero e senza garanzie reali.Il primo segnale che il sistema iniziava a ce-dere si ebbe quando, nel 1971, �ixon abolìla parità del dollaro, consentendo la sua
oscillazione rispetto alle altre monete. Daallora è iniziato il lento ma continuo declino.Tuttavia, mentre prima la speculazione si ri-versava sulle società e sulle azioni dei pri-vati, ora sono direttamente gli Stati ad essereattaccati. Per quanto riguarda l’Europa, basti pensareall’esempio di Grecia, Irlanda e Portogallo.E non dimentichiamo che attualmente nelmirino ci sono Spagna e Italia.Tutto ciò ci induce a richiedere con forza unruolo più deciso dell’Unione, che finora èrimasta sostanzialmente assente. E’evidenteche a livello europeo non c’è una politicaeconomica comune, come invece avvieneper la politica estera e la difesa. Essendoci il predominio della Germania,che ha un’economia più solida, non si rag-giungono posizioni univoche nelle sedi in-ternazionali.L’Europa è davvero così malata?
E’ malata in quanto non ha accelerato l’uni-ficazione in materia economica e finanzia-ria, ma è dominata dall’asse franco-tedesco,mentre gli altri Paesi rimangono marginali.Ci vuole un vero governo europeo, in campoeconomico, della politica estera e della di-fesa, altrimenti gli egoismi nazionali deiPaesi più forti prevarranno sempre.La crisi finanziaria mondiale sta spostandogli equilibri economici creatisi dopo la se-conda Guerra Mondiale. Prima gli StatiUniti guardavano con attenzione all’Eu-ropa, ora guardano ai Paesi del BRIC.L’Europa o comprende di dover seguireun’unica politica economica, così da poter
competere con gli USA, o saràemarginata a livello mondiale.E cosa pensa dell’Italia?
Ciò che il nostro ministro Tremontisostiene in sede europea è in granparte condivisibile, ma le politicheadottate in Italia non vanno nelverso giusto.Se l’economia reale è in crisi, alloraè questa che va sostenuta, ma nellarealtà dei fatti ciò non avviene.E’ vero che la situazione è condizio-nata dal pesante debito pubblico,ma, se è giusto che ci siano più ri-gore e meno sprechi, bisognerebbeorientare le poche risorse disponi-bili alle attività produttive, la cui ri-presa è indispensabile per usciredalla crisi.Ovviamente, tutto ciò andrebbe co-ordinato con il sistema internazio-nale.Il federalismo fiscale può rappre-
sentare un nuovo punto di par-
tenza per l’Italia?
In Italia c’è necessità di una revi-sione dei poteri, a partire da Go-verno e Parlamento.�on ho pregiudizi sul federalismofiscale.Bisogna ridurre il peso fiscale perrilanciare l’economia, ma non vor-rei che le norme sul federalismoavessero l’effetto contrario facen-dolo aumentare, soprattutto nelMezzogiorno e nelle zone più de-boli, come la nostra regione.Su questi temi il Parlamento è statoed è disattento, ma sono questioniche vanno assolutamente discusseed affrontate.La disattenzione non deve lasciarepiede libero ai signori della finanza,che non hanno patria, ma hanno unsolo credo: il dio denaro. Per fortuna, ultimamente anche laChiesa ha preso posizione, comeabbiamo fatto noi nel libro. Il sistema mondiale ci induce a ri-flettere su una frase di GiovanniPaolo II: “Io ho visto il crollo delcomunismo statalista, voi vedrete lafine del capitalismo di speculazionefinanziaria”.E mi viene in mente anche la feliceintuizione di Enrico Berlinguer, cheparlava di una terza via tra comu-nismo e capitalismo.
L’autore de “I Gatto-pardi di Wall Street”Mario Lettieri.A destra, la copertinadel libro
Fino a dieci anni fa era
vietato anche solo par-
larne. Erà un tabù. Era
l’ennesima barbarie negata
dalla cultura dominante di sini-
stra, quella comunista per inten-
derci che, oltre a scrivere la
Storia con l’agevole penna dei
vincitori, ha taciuto alle proprie
generazioni e a quelle future le
diverse e innumerevoli atrocità
commesse a danno di centinaia
di migliaia di inermi cittadini,
sia nel corso della Resistenza e
della Guerra Civile Italiana, sia
nei mesi e negli anni successivi
alla stessa Liberazione del 25
aprile 1945, in nome di una di-
storta idea di libertà, giustizia e
uguaglianza sociale. E’ una fra
le tante oscure pagine di quegli
anni difficili e cruenti, tenuta
volutamente nascosta per de-
cenni al solo fine di evitare la
resa dei conti non solo con la
verità storica, ma anche e so-
prattutto con le tremende re-
sponsabilità di gruppo e, seppur
vi siano stati, con i soverchianti
rimorsi di coscienza dei singoli.
L’orripilante, criminale e delit-
tuosa realtà dei fatti, colpevol-
mente non riportata sui testi
ufficiali, è quella perpetrata fra
il 1943 e il 1947 dalle truppe ju-
goslave del comunista Tito,
quando, nelle zone del confine
orientale fra Friuli, Trieste,
Istria, Fiume e Dalmazia, con
un vero e proprio genocidio stu-
diato cinicamente a tavolino,
furono sterminate più di seimila
persone fra uomini, donne e
bambini, per la sola e semplice
colpa di essere Italiani. Oltre
350.000 gli sfollati costretti
all’esodo forzato dalla propria
terra e dalle proprie case, la-
sciandosi alle spalle anche i
pochi averi, insieme ai sacrifici
ed al lavoro di un’intera vita. A
quel già drammatico esodo di
tutta un’etnia si aggiunsero si-
stematiche e brutali esecuzioni
di massa, che videro centinaia
di gruppi familiari e intere co-
La vergogna delle foibe comuniste
Ricordare la peggiore delle barbarie
è un dovere civile,
munità territoriali essere “infoibati”
vivi in buie e fredde fosse naturali del
terreno, profonde anche oltre duecento
metri. Le Foibe sono delle voragini
rocciose a forma di imbuto rovesciato
e create dalle erosioni idriche, di cui il
sottosuolo dei vasti altopiani carsici è
particolarmente caratterizzato, così
rappresentate dall’agghiacciante de-
scrizione dello storico Roberto Batta-glia: “E’ un mondo di tenebre che sisnoda fra abissi verticali e cupi cuni-coli, che si perdono, a loro volta, nelsilenzio delle profondità terrestri; ca-verne immense, tortuose gallerie per-corse da fiumane urlanti, buie
concavità rivestite di cristalli, antriselvaggi che la fantasia del volgo po-polò di paurose leggende”. Solo nel
territorio istriano ve ne sono più di
1.700, fra cui la più tristemente nota è
quella di Basovizza, profonda 256
metri, in cui furono crudelmente get-
tate centinaia e centinaia di persone
indifese, i cui corpi mutilati e ancora
sofferenti la colmarono per circa 30
metri di altezza e per ben 500 metri
cubi di volume. Agli inermi malcapi-
tati, legati l’un l’altro ai polsi con un
tagliente filo spinato, l’esecuzione
violenta veniva espletata mediante
colpi di arma da fuoco al cranio, da
Emilio D’Andrea
19
traumi procurati con corpi con-
tundenti o acuminati e da pre-
cipitazioni dall’alto, con i vari
devastanti effetti che ne pote-
vano derivare, fra cui fratture
multiple, commozioni, shock
traumatici gravi ed embolie.
Ma ciò che risulta ancora più
terribile ed orrendo è che, per
molti di quegli sfortunati mal-
capitati, nonostante le gravi fe-
rite riportate, l’agonizzante
decesso sarebbe avvenuto a di-
stanza di un considerevole
lasso di tempo e anche per sete
o per fame. Oltre alle migliaia
di vittime accertate, vi furono
più di quindicimila persone di-
sperse: una vera e propria puli-
zia etnica, una poliziesca
tabula rasa di tutto ciò che
avesse anche la minima par-
venza o legame con l’italianità,
mendacemente spacciata per
sporadiche e circoscritte rap-
presaglie tese a vendicare pre-
cedenti prepotenze e delitti
commessi nei confronti dei ti-
tini da fascisti e tedeschi. Le
Foibe furono una fra le tante
gravissime macchie della fe-
roce, distruttiva e sterminatrice
ideologia comunista, di cui da
qualche tempo, con tutto l’or-
rore e il ripudio che ne scaturi-
scono, se ne ha piena contezza
e cognizione. E nel ricordare
tali tristi e luttuosi accadimenti,
come quelli della Shoah,
quando sicuramente anche Dio
si vergognò di avere procreato
il genere umano, si intende so-
pratutto restituire a quelle vit-
time innocenti un solenne e
collettivo rispetto umano e isti-
tuzionale, ma anche riscrivere
correttamente la Storia per of-
frirla ai giovani in tutte le sue
più diverse e raccapriccianti
sfaccettature, quale preziosa
memoria e conoscenza per evi-
tare che tali ignobili, disumane
e ripugnanti nefandezze non
abbiamo più a ripetersi.
18 FEBBRAIO 2011
La seconda serata del Festival di Sanremo targatoGianni Morandi su Rai Uno è stato seguito da unamedia di 10 milioni e 145mila spettatori, con share
medio del 42,67%. Rispetto alla prima serata c'è stato un calodi circa un milione e 850mila spettatori e di 3,7 punti percen-tuali. In ambienti RaiUno si fa notare che, rispetto alla se-conda serata dell'edizione di un anno fa firmata da AntonellaClerici, il calo percentuale è stato di poco superiore a unpunto, mentre come spettatori sono stati 20mila in meno.Emerge la satira di Luca e Paolo, sempre più protagonisti,che hanno colpito l'altra faccia della luna, «i buoni»: Saviano,Santoro, Fini, Montezemolo e fino un'allusione al Papa senzaperò raggiungere i livelli del il «Ti supererò» della prima se-rata. Si tenta con il balletto (s)vestito di Belen e con l'annun-ciato eros delle ballerine di pole dance del Vertical DollsStudio di Roma. Ma ancora non basta. Nella seconda partegli spettatori sono stati 8.000.000 co prime time, la media diRai1 è stata del 49,5%. Ieri gli spettatori erano stati 11.992.315, dalle 21.15 alle 0.25, con una media di share del46,39%
I fantastici viaggi di Gulliver
18:30
Lemuel Gulliver lavora negli uffici di un grande
giornale come fattorino della posta. Ogni
giorno gira con il carrello pieno di pacchi e let-
tere da consegnare a redattori e direttori. Una
fortuita occasione però farà sì che gli venga
data la possibilità di riscattarsi ai suoi occhi
redigendo un reportage dal triangolo delle Ber-
muda. Durante il viaggio un gorgo al contrario
lo catapulterà su di un'isola abitata da omini
piccoli come un action figure e laboriosi come
formiche. In breve diventerà l'idolo locale ma
la fama e il consenso saranno tanto facili da
guadagnare quanto rapidi da perdere.
La versione di Barney
19:00 21:30
Nel film, “politicamente scorretto” come il
romanzo, si piange e si ride, mentre si rac-
conta la vita folle e picaresca di Barney Pa-
nofsky, l’ebreo canadese irascibile,
impulsivo e sfacciato dalle rocambolesche
avventure che oramai, rabbioso settan-
tenne, decide di scrivere la sua versione
dei fatti sulla morte del caro amico Boogie.
PROGRAMMAZIONE CINEMA DUE TORRI
20
Amore & altri rimedi
(Love and Other Drugs)Maggie è un seducente spirito libero,
che per nessun motivo al mondo ce-
derebbe alla tentazione di un legame.
Un giorno, incontra Jamie, un giovane
dal fascino infallibile sia con le donne
sia nella sua attività lavorativa, lo
spietato mondo dell'industria farma-
ceutica. L'evoluzione del loro rap-
porto prende entrambi di sorpresa, e
li lascia sotto l'influenza del farmaco
più potente: l'amore
18 FEBBRAIO 2011
Sanremo tra alti e bassi
leggiare l’incarnazione di un dio, proba-
bilmente salito dall’inferno, sia per cu-
stodire le anime dei morti, sia per
proteggere i raccolti, risorsa economica
fondamentale. Tutt’oggi anche se questo
è tenuto in minor conto, occorre conside-
rare anche il valore cristiano del Carne-
vale. Visto come momento per riflettere
e riappacificarsi con dio, prima del lungo
periodo di quaresima. Dopo tanti cam-
biamenti si arriva al giorno d’oggi, in cui
questa festa è ancora ritenuta momento
ludico. Senza dubbio sono tre i luoghi più
famosi in Italia dove si festeggia in modo
eclatante il Carnevale: Venezia, Viareg-
gio e Ivrea. Per quanto riguarda il primo
luogo, celebri sono le maschere sfarzose
e colorate che si tramandano di genera-
zione in generazione e attirano turisti da
tutto il mondo. A Viareggio divertenti e
bellissimi sono i carri ricchi di satira e
ironia, che rappresentano nella maggior
parte dei casi personaggi famosi. Per fi-
nire, Ivrea passata alla storia per la bat-
taglia delle arance, in ricordo della
rivolta cittadina, avvenuta anni orsù, con-
tro il tiranno della città. Ma oltre queste
località celebri, in tutti i luoghi è possi-
bile festeggiare questa gioiosa ricorrenza.
L’importante è la fantasia nei travesti-
menti e il voler essere qualcun altro al-
meno per un giorno.
Polvere di coriandoli
Ancora una volta il Carne-
vale è arrivato, e abban-
donerà la scena solo
l’otto marzo (martedì grasso). Al
contrario di quello che si possa
pensare, questa non è una banale
ricorrenza, durante la quale è
d’obbligo travestirsi. Ha origini
molto antiche. Già nel paleolitico,
gli uomini compivano riti magici
e propiziatori ed erano soliti in-
dossare maschere estremamente
colorate che ricordano quelle in
uso tutt’oggi. Poi i Greci, si dilet-
tavano in festeggiamenti burle-
schi, simili sotto alcuni aspetti ai
contemporanei, conosciuti con il
nome di feste dionisiache. Le mo-
dalità, ovviamente, non erano
speculari alle odierne, infatti al-
lora il tutto consisteva nella rap-
presentazione di tragedie e
commedie “inedite” e ancora ci si
dilettava con danze e vino. Era
un’allegra festa collettiva. Per
quanto può sembrare paradossale para-
gonare il Carnevale a questi riti passati,
c’è una matrice comune. Lo spirito degli
uomini che non è mai mutato radical-
mente. Con il passare del tempo, questa
tradizione non è andata perduta e ne
hanno fatto tesoro anche i Romani, che
hanno dato un nuovo nome a questo av-
venimento: feste saturnali. La struttura e
lo svolgimento di quest’ultime era già
più articolato rispetto alle precedenti.
Duravano quasi per tutto il mese di Di-
cembre ed erano dedicate al dio Saturno.
Inizialmente si preparavano prosperi
banchetti per aprire nel migliore modo
possibile le feste, dopo si passava al ca-
povolgimento dei ruoli, passaggio estre-
mamente significativo. Per tutto il
periodo gli schiavi potevano diventare
uomini liberi; al contrario i loro padroni
dovevano immedesimarsi nello scomodo
ruolo dei servi. Ci si sottoponeva serena-
mente a questa farsa, probabilmente per-
ché in questo modo tutti potevano essere
almeno una volta nella vita, anche se solo
per finzione, quello che desideravano.
Un altro divertente gioco che avveniva n
questo periodo a Roma era l’incorona-
zione di un “Re della festa”. Era la sorte
a decidere il fortunato, il quale sarebbe
stato riconoscibile grazie a un coloratis-
simo costume e una sgargiante maschera.
Nelle sue mani vigevano tutti i poteri.
Non è da sottovalutare il significato reli-
gioso, infatti il costume doveva simbo-
Serena Danese
Carnevale tra ieri ed oggi
come è cambiato
21
18 FEBBRAIO 2011
APotenza, Carnevale, eraconsiderato come il Dio
della tarantella e del buongusto.Infatti, nel periodo della fe-stività, gli abitanti si lascia-vano andare a divertimentiai quali durante l'anno nonsi pensava neanche. Questisvaghi, erano comunque li-mitati al ballo, in particolarela tarantella, che al suonode la tammurrièdd', piffero,o altro strumento musicaledell'epoca, si ballava in ognicasa o nei vicoli ed ovunquefosse possibile.Era anche il periodo delmangiare e del bere, limitatoovviamente alle provvistedomestiche come: savu-cicch' e tutte quelle preliba-tezze che derivano dallacarne di maiale che in queiperiodi era presente in ognifamiglia.Era anche il periodo de limaccarone a ferrètte o cu lagiònca e in quel giorno ledonne di ogni famigliaerano impegnate a fare que-sta pasta, per poi gustarla-con la famiglia.I ragazzi, invece, nel giornodi carnevale si divertivanoper la strada cantando ritor-nelli in dialetto lucano.Il carnevale in Basilicatanegli ultimi tempi si e' ri-dotto a qualche scherzosotravestimento familiare, ri-correndo a vecchi abiti, avecchie uniformi militari oaddirittura a qualche abitotalare, il tutto ovviamentecucito artigianalmente.E' la festa dei semplici. Nonci sono qui i ricchi, abituatia divertirsi con le mascherecortigiane. In Basilicata alposto delle viole venezianesono presenti i tamburelli,gli zufoli e i cupa cupa, oqualche organetto.
Il divertimento
ad ogni costo
Umanista e Futurista
Giusy Alvito
Al Museo Vela di Ligornetto
una interessante mostra su Federico Pfister
Achi passa per Corso Vit-
torio Emanuele a Na-
poli e volge lo sguardo
“a monte” non può passare
inosservato (destando anzi una
certa curiosità) il “Castello”,
con la sua torre cilindrica che
“spezza” l’uniformità alquanto
monotona dello scorcio urbano
che si eleva da Mergellina. Ci si
chiede chi abbia la fortuna di
abitarci, perché da lì è solo im-
maginabile la vista mozzafiato
che si debba godere. Veniamo
ora a sapere che sul finire
dell’Ottocento vi abitò, nei suoi
primi anni, un grande personag-
gio della cultura e dell’arte,
sconosciuto ai più – questo è
perdonabile -, ma ignoto anche
ad enciclopedie dell’arte come
la famosa Garzantina, dove pe-
raltro non avrebbe certo sfigu-
rato né con il suo vero nome
Federico Pfister (Napoli 1898 –
Roma 1975), tra Cesare Pezzi,
pittore milanese dell’Ottocento
e Franz Pforr, pittore tedesco
anche lui ottocentesco, né con il
suo nome d’arte, De Pistoris, tra
il grande De Pisis e il miniatore
milanese del Quattrocento Gio-
vanni Ambrogio De Predis. Fu
ignorato anche nella grande
mostra sul Futurismo a Palazzo
Grassi a Venezia nel 1986. Ep-
pure veniamo a sapere che Pfi-
ster è stato uno straordinario
umanista e futurista la cui fi-
gura, opera e “portata” vengono
approfondite a tutto tondo in
una importantissima mostra al
Museo Vincenzo Vela di Ligor-
netto in Svizzera e in un cor-
poso catalogo edito dallo stesso
museo, offrendo al più vasto
pubblico e ad una riconsidera-
zione storico-critica una imper-
dibile ed affascinante
occasione.
La curatrice della mostra, non-
ché direttrice del Museo,
Gianna A. Mina, ci racconta
della sua “esitazione” riguardo
alla proposta di Luigi Cavadini
di realizzare questo evento
espositivo ed editoriale, per poi
doversi immediatamente, ed en-
tusiasticamente adoperare per
dar vita ad un eccezionale “re-
cupero” di una eccezionale pa-
gina di storia culturale ed artistica,
svoltasi tra Italia e Svizzera ed incen-
trata sulla figura di Pfister: “La lettura
– ci ha detto – degli esigui cenni bio-
grafici reperiti, e soprattutto l’impos-
sibilità di riassumere in poche parole
le sue numerose attività e il suo ampio
campo d’azione, bastarono per convin-
cermi che questo artista, studioso per-
fettamente a suo agio in più discipline
umanistiche, costituisse un ‘soggetto’
ideale per il nostro Museo, interessato
da sempre alla riscoperta e allo studio
di personalità dimenticate o poco co-
nosciute, che abbiano inciso nel tes-
suto culturale, oltre che artistico del
nostro tempo”. E va detto subito che
questa “occasione”, di grande rilievo
culturale, che la mostra di Ligornetto
ci offre, si traduce in un incontro con
un vero “protagonista” del Novecento
europeo, erede moderno di una tradi-
zione umanistica che rinvia ai grandi
esempi del nostro Quattro-Cinque-
cento.
Nato nella città partenopea, in un mi-
lieu cosmopolita e agiato, rimasto or-
fano in tenera età, Pfister studiò storia
dell’arte con Heinrich Wölfflin a Mo-
naco di Baviera, e in seguito si laureò,
nel 1941, in archeologia a Firenze;
negli anni ’30 lavorò come architetto a
Roma, mentre nei decenni successivi
tradusse e commentò importanti testi
di storia dell’arte (nel 1942 Il Bello
nell’arte di Winckelmann, nel 1952 Il
Cicerone di Burckhardt). Fu quindi at-
tivo come archeologo – in collabora-
zione con l’illustre collega Paolino
Mingazzini già a partire dagli anni ’30
- in scavi nella zona di Sorrento; in-
sieme pubblicarono studi sugli scavi
delle ville romane nell’area sorrentina.
Pfister manifestò inoltre una partico-
lare propensione per lo studio della fi-
losofia, che diventò suo principale
campo di ricerca, tanto che Giovanni
Gentile gli offrì la cattedra di Filosofia
all’Università di Napoli, a cui dovette
rinunciare in quanto cittadino stra-
niero. Grazie alla sua rete di cono-
scenze, al suo spessore culturale, e
forse anche alla sua cittadinanza elve-
tica (a Sciaffusa, capitale dell’omo-
nimo Cantone), dunque neutrale nel
conflitto, il suo apporto alla patria di
adozione fu particolarmente efficace
nella ricostruzione post-bellica, cui
contribuì sia in qualità di commissario
della Biblioteca Archeologica “ex Ger-
manica” di Roma sia come segretario
generale dell’Associazione Internazio-
nale di Archeologia Classica. Abile e
instancabile disegnatore, Pfister fu
anche pittore, un aspetto della sua at-
tività di cui si occupa principalmente
questa mostra; avvicinatosi all’arte fu-
turista già nel 1917, con lo pseudo-
nimo De Pistoris, divenne uno degli
esponenti dell’arte futurista meccanica
insieme a Prampolini, Pannaggi, De-
pero e Paladini. La presenza di sue
opere sui primi due numeri della se-
conda serie della rivista “Noi” del
1923-1925, e di suoi lavori alla Bien-
nale Romana del 1925 sono indice
della considerazione in cui era tenuto.
Fu particolarmente vicino ad Enrico
Prampolini, cui lo legavano sentimenti
di amicizia e di stima, e di cui scriveva
in una monografia a lui dedicata e pub-
blicata a Milano nel 1940: “La vitalità
dell’arte consiste nella vitalità del sog-
getto. Il dilemma tra l’antico e il mo-
derno sta tutto qui”.
A De Pistoris pittore, nel catalogo che
offre tanti contributi sulle varie sfac-
cettature di un personaggio di vera-
mente rara poliedricità, dedica
un interessante saggio Enrico
Crispolti, che lo indica come il
“quarto uomo” dell’ “arte mec-
canica futurista”, nella cui
ideologia concorrono anche
componenti di cultura cubista.
“Nella complessità di tensioni
interne all’arte meccanica futu-
rista – scrive Crispolti – la po-
sizione di De Pistoris risulta
prossima piuttosto a quella
maggiormente formale e d’in-
teresse plastico di Prampolini,
e distante dal radicalismo di
contenuto politico proletario
del macchinismo”; va comun-
que detto che “l’interesse di
Pfister per la pittura è di fatto
intermittente, periodico, in
esperienze fra di loro isolate,
non consequenziali”. Dopo, in-
fatti, questi primi anni ’20, una
ripresa nella pittura avviene
solo dieci anni dopo, ma nel
segno di un deciso ritorno alla
figurazione; dopo il 1960, e a
seguito di una lunga pausa
creativa, si registra un nuovo
“ritorno” alla pittura, “senza
preoccupazioni stilistiche” –
come egli stesso, insofferente a
incanalarsi e a riconoscersi in
un unico indirizzo espressivo,
annotava – ed un intensificarsi
del lavoro pittorico dopo il
1970, distinguendo egli stesso
i suoi quadri in “gruppo
astratto puro” e in una “costru-
zione astratta di soggetto”, sia
“paesaggi”, sia “figure”. Ap-
prodando, alla fine della sua
esperienza artistica, come dice
ancora Crispolti, ad “una figu-
razione spaziale più corposa, di
presenze protoumanoidi (nel
1974), in colori intensi, bruni,
azzurri, grigi, su blu intensi”.
2218 FEBBRAIO 2011
Autoritratto
ScomposizioneForze centripete, 1917
2318 FEBBRAIO 2011
d’areamediterranea
Anche la Basilicata si è final-
mente omologata al resto
d’Italia. Con un mese circa
di ritardo si intravedono nei grandi
supermercati le buste bio e non più le
vecchie di plastica. Il decreto aveva
sancito che questo provvedimento
ecologista partisse dal primo gennaio
2011, con l’ingresso del nuovo anno.
Idea innovativa che avrebbe portato
l’Italia ad essere la prima in Europa
in questo campo. Proprio il popolo
italiano,che è invece incriminato di
essere uno dei maggiori consumatori
di buste di plastica al mondo. Da una
stima è scaturito il seguente dato:
300 buste a testa ogni anno. Essendo
la richiesta così cospicua, il mercato
non può fare altro che assecondare il
consumatore. Eppure la vita di un
sacchetto di plastica è paurosamente
breve. Finito il suo ingrato compito,
nella migliore delle ipotesi viene
conservato per essere riadoperato in
un secondo momento; nella peggiore
delle ipotesi, invece, si rompe prima
di aver terminato il suo primo viag-
gio. E cosa ne sarà di quest’ultimo?
Verrà abbandonato nel primo luogo
possibile e vagherà per ben 200 anni
prima di scomparire definitivamente.
Una vita così breve per una morte
così lunga. Esso è fatto di politene,
un materiale che si ottiene dal petro-
lio, risorsa fondamentale. Quindi è
lampante pensare al grande business
che si cela dietro l’apparente sempli-
cità di questi contenitori. Con la ri-
CONCESSIONARIA DI PUBBLICITA’: METIS SRL 0971 22715 CELL. 320 1813033 email: [email protected]
E ora le buste ecologiche
Anno IV numero 7 - 18 Febbraio 2011 Direzione / Redazione: Via del Popolo 34 - 85100 Potenza - Telefono 0971 22715 Direttore responsabile: Antonio Savino
dotta produzione delle borse di plastica
si riduce anche il consumo di petrolio.
Ancora il loro, particolare materiale,
oltre ad essere nocivo per la flora, è un
pericolo per la fauna, quindi per molte
specie animali. Il percorso che compie
una busta rotta, ovviamente non è trac-
ciabile con precisione. Potrebbe finire
in mare, dove sarebbe la causa di morte
per molti animali marini. Potrebbe finire
in boschi o riserve naturali dove arre-
cherebbe i medesimi danni. Il mondo
animale in genere, inesperto riguardo la
pericolosità di questi “marchingegni
umani” può ingerire piccole ma nocive
parti. Fortunatamente per una volta
giunge una forte spinta positiva dalla po-
litica, che pretende venga rispettata la
data prestabilita come ultimatum. Tante,
troppe le lamentele da parte dei consuma-
tori ma in special modo da parte dei pro-
prietari di piccoli e grandi supermercati.
I quali hanno affermato con forza e tena-
cia di avere magazzini pieni di buste pla-
stificate pronte per l’uso; e soprattutto
anche se bisogna dire addio all’anno vec-
chio, loro, fino ad esaurimento
scorte, non diranno addio alle
vecchie e care buste. Eppure il
ministro dell'ambiente e della tu-
tela del territorio e del mare, Ste-
fania Prestigiacomo, non ha
voluto concedere al popolo ita-
liano l’ennesima proroga. Se
l’anno passato si era dovuto ce-
dere alla forti pressioni esterne,
spostando la data del decreto dal
primo gennaio 2011 al primo
2011, questa volta non c’è stato
modo di cambiare le carte. Ed è
per questo che in quasi tutta Italia
è difficile, ma purtroppo non raro,
trovare le buste di plastica. Ma bi-
sogna guardare al futuro con po-
sitività, e a conferma di ciò vi è il
numero abbastanza elevato di ac-
quisti sia di buste biodegradabili
e sia delle sacche in tessuto. Que-
ste sono ancora più comode ed è
possibile trovarle in cotone, iuta
e anche in altri materiali; sono
utilizzabili svariate volte e non
c’è il rischio di perdere, prima di
rientrare a casa, prodotti appena
comprati, a causa di un grande
foro sul fondo della busta. Si
spera che questo sia solo l’inizio
di una nuova era, basata su buone
norme ecologiche, in modo da
poter vivere in un mondo più
sano.
Serena Danese