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BULLETIN OF VISUAL CULTURE #1 GENNAIO - FEBBRAIO 2012 IN QUESTO NUMERO: TALK WITH: PESCE KHETE - MUSEO DI RISO: CINQUE ARTISTI E UN HACKER - TOMBINI ART INVASION: GLAM STREET - FEDERICA FAGGIANO: BLUE DRAG - IL RUGGENTE J. EDGAR: L’ALTRA AMERICA - UNDERGROUND: VENTI PERSIANI - GOUDEMALION - OSCAR MUNOZ: NARCISO RECORDING - L’ARTE DEL MERCATO: CECCHINI, MEZZAQUI, PERINO E VELE, PANCRAZ- ZI, CHIODI - ROUTES - FOCUS ON: HIPSTER, DJAGILEV E SCIANNA www.theartship.it

The Artship #1

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Bulletin of Visual Culture

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Page 1: The Artship #1

BULLETIN OF VISUAL CULTURE

#1 GENNAIO - FEBBRAIO 2012

IN QUESTO NUMERO: TALK WITH: PESCE KHETE - MUSEO DI RISO: CINQUE ARTISTI E UN HACKER - TOMBINI ART INVASION: GLAM STREET - FEDERICA FAGGIANO: BLUE DRAG - IL RUGGENTE J. EDGAR: L’ALTRA AMERICA - UNDERGROUND: VENTI PERSIANI - GOUDEMALION - OSCAR MUNOZ: NARCISO RECORDING - L’ARTE DEL MERCATO: CECCHINI, MEZZAQUI, PERINO E VELE, PANCRAZ-ZI, CHIODI - ROUTES - FOCUS ON: HIPSTER, DJAGILEV E SCIANNA

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Il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il conso-lidamento dei conti pubblici convertito in legge in data 22 dicembre 2011, con n. 214 pubblicata sulla G.U. n. 300 del 27.12.2011 – Supp. Ordinario n. 276, ha introdotto significativi cambiamenti relativi alle erogazioni culturali a favore della cultura. In particolare: l’art. 40, comma 9 prevede una riduzione degli adempimenti amministrativi per le imprese e per i cit-tadini che intendono effettuare erogazioni liberali a favore dei beni ed attività culturali ai sensi dagli articoli 15, comma 1, lettere g) ed h) e art. 100 comma 2, lettere e) ed f) del testo unico delle imposte sui redditi. La documentazione e le certificazioni attualmente richieste sono sostituite da un’apposita dichiarazio-ne sostituiva dell’atto di notorietà; l’art. 42, comma 9 prevede che le somme elargite da soggetti pubblici e privati, per fini rientranti nei compiti istituzionali del Ministero per i beni e le attività culturali, siano riassegnate, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze al Ministero per i beni e le attività culturali. Le persone fisiche e gli enti non commerciali possono beneficiare di sgravi fiscali al 19% Le imprese possono beneficiare di sgravi fiscali al 100%

Fonte: Ministero per i Beni e le attività culturali. http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/Ministero/UfficioStampa/ComunicatiStampa/visualizza_asset.html_1969781888.html

DA SAPERE

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Renaissance. I sei gradi di comunioneLa pars construens

Lo Zeitgeist contemporaneo, servo della società dell’immagine comincia a risvegliarsi, guardando con occhi

nuovi alla possibilità che non nel detto e non nel palese si debba cercare la verità, la risposta a quel sentimen-

to, a quello spirito in divenire che lega i fili della nostra comunione.

Nel terreno che scopre i colori del mondo, nell’occhio che riverbera le onde cromatiche della percezione,

nell’energia dei corpi in scontro e sfida, nel minuto identico del qui e ora, ricolleghiamo le nostre esperienze, nel

godimento, cogliendo l’occasione per dirsi io sono, esisto.

L’estetica e l’etica coordinano così il passo solcando l’orma della bellezza, del sublime spirituale che in principio

di necessità interiore dice di usare l’arte come mezzo, di riflessione e di ascensione del pensiero, verità celata e

solo imperfetta nel suo compiuto.

Lo spazio del pensiero, lo spazio dello spirito, lo spirituale dell’arte è in sintesi allora il luogo in cui si congiun-

gono la mia e la tua riflessione, trasparenze di un mondo altro, rispetto al muscoloso e saccente prevaricarsi.

Nella gentilezza della riflessione, oltre la patina amena e vuota della celebrità lo studio delle armonie rivela che

non è possibile dirsi senza riconoscere il proprio vicino, conversando con il canto interiore della comunità.

L’ esprit géométrique così fonde i suoi intenti con il magnetismo della finesse, permettendo all’occhio del vir-

tuoso di svelare l’Efesto della conoscenza, scoprendo uno spazio nuovo, fiore all’occhiello della giovane prospet-

tiva di rinascita culturale.

Paola Pluchino

Galgenlieder

Laß die Moleküle rasen, was sie auch zusammenknobeln! Laß das Tüfteln, laß das Hobeln,

heilig halte die Ekstasen.

Christian Morgenstern

BAYT

EDIT

ORIA

LE

♬ Tim Buckley - Song to the siren

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Federica Faggiano, Blue Drag

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Si ringraziano inoltre le persone che hanno colaborato con noi.Per le indicazioni degli artisti in B(a)uy It: Sandra Dalmonte Per la ricerca sonora: Luigino OlivaPer il supporto organizzativo e la consulenza: Andrea M. Campo, Valeria TaurisanoPer l’impaginazione e l’organizazzione grafica: Damiano Friscira

INDICE

2 Da sapere

3 Bayt Renaissance.Iseigradidicomunione(di Paola Pluchino)6 Hit It Goudemalion (di Anna Di Jorio)8 Macadam Museum Lastreetart,dopoimuri,conquistaancheimarciapiedi(di Elisa Montanari)10 In Conversation With IntervistaaPesceKhete(di Paola Pluchino)

12 Urban Addicted FerdinandoSciannapungelaSicilia(La Redazione)

13 Sottocoperta Yo!Hipster(di N.N.)

14 “Sottoqualecielo?”(di Rita Aspetti)

16 OpenCall(di Gabriella Mancuso)

17 E-Bomb Conténtumemoria(di C.S.)

18 Peanut Gallery EleganzaateatrotralaPortad’Oriente (La Redazione)

19 Il Proiettore di Oloferne Doppiapellicolatraladolcevitaamericanaeisuoigangster (di Giuditta Naselli)

21 New Persian Cats Ilcinemaundergroundiraniano(di Goli Irani)

23 Routes (di Gabriella Mancuso)

25 B(a)uy It UmbertoChiodi LucaPancrazzi SabrinaMezzaqui PerinoeVeleEmilianoPerino;LucaVele, LorisCecchini

CREDITI

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GoudemalionPantere glam e allegra chirurgia di Anna Di Jorio

Per Jean Paul Gaude può

dirsi concluso il tempo

della falsa modestia, am-

messo che ne abbia mai

vissuto uno. Il museo

delle Arts Décoratifs di

Parigi celebra i suoi 40

anni di carriera con la

mostra, “Goudemalion.

Jean Paul Goude une

retrospective” (fino al

18 marzo). Allestita come

un’unica grande installazione, la retrospettiva è un viag-

gio ritmico e simbolico nello “stile Goude” o “Goudema-

lion”, una mitologia personalissima declinata in tutte le

latitudini della creatività, dall’illustrazione alla fotogra-

fia, dalla pubblicità alla musica e alla moda.

Ha saputo attraversare quasi tutti i

linguaggi dell’arte contemporanea con

lo spirito di un visionario e il coraggio

di un prometeico “image maker”. Un

percorso che “viene tutto dal dise-

gno” come afferma lo stesso Goude,

per trasformarsi in grafismo, illustra-

zione, fotografia, affiche, scultura,

video; in ogni caso un’opera d’arte

dall’ideazione complessa. Sono im-

magini artificiali frutto di “esperimenti creativi” al limite

dell’architettura. Goude ritaglia e ricompone. E come un

mago che svela i suoi trucchi, definisce con ironia la sua

tecnica French Correction. Trasforma e redime l’im-

magine dalla sua coerenza con la leggerezza che solo gli

anni Ottanta potevano suggerirgli. È un allegro chirurgo.

Gioca. Ma i suoi “interventi” sull’immagine sono senza

censura. Plasma un universo talvolta impudico, comico

e sexy. Attraversa le barriere culturali, razziali e sessuali

proponendo allo spettatore non solo un’esperienza visiva

ma anche provocatoria, in perfetto stile Eighties.

Così perfettamente in linea con lo spirito dell’epoca, nel

1989 Goude riceve l’incarico di curare la regia e i costumi

della sfilata per il Bicentenario della Rivoluzione France-

se. Alla parata il contingente inglese marcia con le divise

zuppe d’acqua perché in Gran Bretagna piove sempre.

È una delle sontuose ballerine di valzer nere create per

questa sfilata, bambola automatica dotata di un’immen-

sa gonna a forma di semisfera, ad accogliere il visitato-

re all’ingresso della mostra. Subito dopo, delle bambole

russe scivolano sul pavimento davanti alla locomotiva

del Bicentenario che troneggia al centro della grande na-

vata. Segue la ricostruzione di un filmato pubblicitario

diretto nel 2002 per Chanel Joallerie. Ai lati centinaia

di foto, immagini, montaggi, manifesti, schizzi, bozzet-

ti e disegni - 600 in tutto - soprattutto di donne amate

dall’artista. Una fra tutte la modella e performer giamai-

cana Grace Jones, sua musa ideale, la diva delle notti

newyorkesi: cura il suo look e addirittura collabora al vi-

deo musicale di Slave to the Rhythm nel 1985. In Cry

Now, Laught Later, uno dei suoi ritratti più celebri, la

posa felina, lo sguardo spietato fanno di lei un’entità am-

bigua ed enigmatica, tra l’umano e la bestia.

È lo stile di Goude, selvaggio e primitivo, in cui la natura

umana subisce un processo di ibridazione con la natura

animale. Per questo in parte precur-

sore del Post-Human anni Novanta,

che per influsso delle biotecnologie e

della manipolazione genetica, conce-

pisce l’uomo come oggetto modificabi-

le, smontabile e riassemblabile. Certa-

mente in Goude è totalmente assente

il dialogo arte-scienza. La sua “apolo-

gia dell’artificio” è priva delle tensioni

apocalittiche e inquietanti che si ritro-

vano in artisti come Matthew Barney

e Vanessa Beecroft. “L’elfo di Saint-Mandé” vuole dare

forma e colore ai sogni della gente.

Ciò è ancor più evidente nel suo impegno da pubblici-

tario. Leggendario l’harem di donne

tradite che urlano “Egoïste” dalle fi-

nestre dell’hotel Negresco di Nizza,

sulle note del Romeo e Giulietta di

Prokofiev, per la fragranza maschile

di Chanel. Per Coco, Vanessa Para-

dis, uccellino in gabbia sensuale e

nostalgico, raffinato e decadente.

Non c’è l’urgenza di pungere il con-

sumatore con un messaggio preciso:

lo sforzo creativo è tutto orientato a

Ha saputo attraversare quasi tutti i linguaggi

dell’arte contemporanea con lo spirito di un

visionario e il coraggiodi un prometeico “image maker”

♬ David Bowie - Modern love

HIT IT

Jean Paul GoudeGaleries Lafayette

Laetitia Casta

Jean Paul Goude, Bjork (2007)

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suggerire un immaginario dai contorni onirici, sprovvisto di testo,

indeterminato e sfuggente.

Leggère e ironiche sono le campagne pubblicitarie realizzate per

i magazzini Lafayette. Laetitia Casta, splendida testimonial, non

l’unica, divertente e divertita. Ora nei panni di una stravagante

sposa che tiene tra le braccia una leggenda della musica france-

se, Henri Salvador, ora irriverente bellhop sull’attenti. Quest’anno

Goude propone un Iggy Pop sospeso in una smorfia tra cattiveria

rock e buonismo natalizio. Di sicuro fa un certo effetto vedere il

padre del punk con il cappellino da Babbo Natale e le scarpette

rosse tutte cromate, ma Goude è anche questo: provocazione, am-

biguità, un sorriso scanzonato ed eretico capace di smascherare i

miti e le icone di un’epoca.

Jean Paul Goude, Galleries LafayetteLaetitia Casta con Henri Salvador (2003)

Jean-Paul-Goude, Portraits of Grace Jones

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A Milano l’azienda Metroweb ha creato l’iniziativa “Tombini Art. Sopra il sotto”. La prima edizione si è svolta nel corso del 2009 e a novembre 2011 è iniziata la seconda. Per questa seconda occasione sono sta-ti creati venti nuovi tombini con la collaborazione di cinque Street artists internazionali; grazie al loro disegno e alla realizzazione tecnica in ghisa dell’azien-da Ferb, le botole che normalmente coprono la rete di fibre ottiche della città decorano ora una delle vie upperclass della città: via Montenapoleone. Gli arti-sti sono alcuni dei maggiori esponenti di questo feno-meno artistico, e cioè Shepard Fairey alias Obey (New York), Rendo (Mila-no), Flying Fortress (Berlino), Space Invader (Parigi) e The London Police (Londra). L’iniziativa che doveva ter-minare a fine dicembre 2011, grazie al grande successo è stata proroga-ta fino a maggio 2012 al termine del quale i tombini verranno battuti all’asta da Christie’s e il ricavato do-nato in beneficenza.Il desiderio dell’arte di uscire dalle porte del museo è ormai cosa nota. Le pratiche di arte ambientale, Pu-blic Art, Street Art e performance, per esempio, che in questi anni si sono espanse a macchia d’olio per le

nostre città, hanno fatto acquisire al pubblico consa-pevolezza della necessità di guardarsi attorno: la vera fruizione delle opere d’arte del nostro tempo comincia per strada.Mentre osserviamo ciò che ci circonda e volgiamo lo sguardo verso l’alto alla ricerca di sculture, installazio-ni o murales, abitualmente non prestiamo attenzione a dove mettiamo i piedi. Ecco un’iniziativa che ci fa prendere coscienza del fat-to che l’arte oltre ad essere per strada è anche sulla strada.

La Street Art ha così l’occasione di avvol-gere completamente lo spettatore: questi non si trova solo contornato da enormi im-magini che comunicano costantemente dai muri, ma ora anche abbassando lo sguardo per fuggirne, è ancora raggiunto dalla pa-rola dell’arte. Come si evince da un’intervista a The London Police, alcuni degli stessi artisti partecipanti, non riconoscono l’iniziativa come un evento propriamente di Street

Art, bensì come progetto essenzialmente artistico. Nonostante ciò, questa si propone alcune delle stesse finalità di un “pezzo” sul muro.L’arte vuole entrare a far parte della vita della gente,

La street art, dopo i muri, conquista anche i marciapiediProroga all’iniziativa open air “Tombini Art” di MilanoSarà visibile fino a maggio 2012di Elisa Montanari

MACADAM MUSEUM

Da un’iniziativa dimarketing

commercialesi approda alla

riqualificazione di elementi urbani

antiestetici

Tombini Art, via Montenapoleone

♬ Marlene Kuntz - Bellezza

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parlarle sottovoce e diventare parte integrante dell’as-setto urbano per il quale è creata. Vuole essere un’ar-te democratica, visibile da tutti e vissuta da tutti, condividendo le stesse sorti del luogo nel quale è inse-rita, quand’anche sia il calpestio della gente.

Ma questa visibilità e capacità di avvolgere lo spettato-re è una caratteristica sulla quale si fanno concorrenza arte e pubblicità. Non dimentichiamoci infatti che, per quanto sia apprezzabile artisticamente, “Tombini Art” è un’iniziativa commerciale, ideata per rendere maggiormente conosciuta l’azienda. A tal fine su ogni opera è applicata una targhetta col nome della società finanziatrice insieme al nome del progetto. Si rischia allora di cadere in una mercificazione dell’arte che abbandona i propri assunti di libertà espressiva per mettersi al servizio di un “signore”? Per quanto questa soluzione possa sembrare un abominio, non bisogna rischiare di cadere in un moralismo troppo sterile. Non si può ignorare che l’arte fin dall’antichità è sempre stata utilizzata come strumento di propaganda, sia quando questo intento era palese e venivano glorificati l’operato e le doti del committente, sia quando sempli-cemente diventava uno mezzo indiretto per ottenere prestigio. La maggior parte delle opere è sempre stata commissionata da un acquirente che ne influenzava la realizzazione. Questo rapporto tra l’arte e il suo fi-nanziatore può anche essere portatore di vantaggi per entrambe le parti; il committente può sfruttare la vi-sibilità dell’iniziativa artistica a patto di non pilotare il soggetto della rappresentazione, in modo da lasciare ai contenuti quel respiro creativo necessario alla pratica artistica di qualità.

L’arte torna a farsi decorazione della città, come av-veniva già in tempi lontani, ma in questo caso cambia il soggetto sul quale opera; palazzi e piazze lasciano il posto a tombini e altri oggetti solitamente anonimi, non esteticamente apprezzabili e di norma associati al degrado delle nostre strade. Ad essi viene così infusa nuova linfa vitale. La riqualificazione urbana attraverso le pratiche ar-tistiche è un’operazione che sta interessando sempre più costantemente le nostre città. Abitualmente è la via praticata anche dalla Street Art, anche se spesso le pubbliche amministrazioni non se ne rendono conto; fortunatamente un risveglio da questo punto di vista sembra essere alle porte.

Tombini Art, via Montenapoleone

Obey

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Intervista a Pesce Khetedi Paola Pluchino

Pesce Khete, da dove deriva questo nome?E’il mio vero nome!

Potrebbe sembrarti una domanda banale, ma perché dipingi?Perché a volte ho la sensazione di sapere dove mettere le mani.

Su Flash Art dicembre/gennaio dici di essere un’autodidatta, qual è quindi il monito che ti ha spinto verso la pittura?Il mio avvicinamento alla pittura è stato quantomai naturale. Semplicemente un giorno di qualche anno fa mi resi conto che in libreria ero più attratto dagli Art Dossier piuttosto che dal manuale di Biologia. Non sono una persona portata alla pura teorizzazione. Ap-profondisco ciò che mi piace, e poi cerco di rifarlo. Mi piacciono di più le cose che riesco a rifare. Anche la Biologia è una mia grande passione, ma non ho nessu-na predisposizione con la matematica. Con la pittura ho avuto molti meno problemi che con la Statistica.

Questa fine dell’anno ti ha visto coinvolto in un doppio vernissage: presso il MARCA a Catanza-ro e a Milano come gestisci questa notorietà?Ho un’idea un po’diversa della notorietà..

Quale Galleria ti sostiene?Prima di tutti The Flat – Massimo Carasi, che ha avuto il coraggio e l’intuizione di pescarmi nell’Oceano.

A quali movimenti pittorici ti ispiri?So che potrebbe apparire come una risposta poco sim-patica, ma a nessuno in particolare, ammesso che si possa parlare di veri e propri movimenti. Penso che sia cosa comune apprezzare nel corso degli anni cose anche apparentemente molto diverse tra loro. Con la maturità si è sempre meno sensibili agli stili, e sempre di più alla sostanza. Ultimamente sono rimasto impressionato da una mo-stra del pittore svizzero Cuno Amiet.

Pensi che il mondo dell’arte sia troppo saturo di “padroni” o credi che invece i grandi maestri debbano continuare nell’indicare e promuovere talenti?L’Italia è il paese dei giovani artisti no? Realmente, non mi sono mai posto questa domanda.

Se potessi tu stesso organizzare una collettiva, quali artisti porteresti con te?Da qualche tempo sono molto più attratto dalla foto-grafia, e dedico una grande parte del mio tempo a lei. Se dovessi organizzare una collettiva oggi inviterei Syl-vain Emmanuel P., Alba Yruela e Rafa Castells. Posso chiedere anche a Wolfgang Tillmans? Come rispondi a chi sostiene che nel panorama delle arti visuali rimane poco spazio per la pittu-ra tradizionalmente intesa?Che basta solo navigare su qualche blog internazionale per farsi un’idea differente.

Ti senti condizionato dai curatori che sostengo-no il tuo progetto?Non direi. Semplicemente nelle collettive mi affido to-talmente alla personale visione del curatore, mentre nelle personali tendo a fare tutto per conto mio. Ov-viamente l’allestimento è la prova finale nella prepara-zione di una mostra, il momento in cui confluiscono le infinite suggestioni accumulate nel corso del tempo.

Come difenderai la tua personalissima poetica?Credo che sia al sicuro perché si muove indipendente-mente dalla mia volontà.

Passiamo all’uso dei materiali:A differenza del pittoricismo classico, tendi a usare una cromia squillante, con degli inserti pittorici in linea con quell’Art Brut di Dubuffet e Fautier che incantò la società materica, tutta-via, nel tuo essere naive rimani sempre figura-tivo. Inconsapevolmente sei un ibrido stilistico. Ora, fuori dagli schematismi teorici, tu come de-finiresti il tuo stile?E’chiaro che non potrei definire uno stile. Penso di non aver mai ragionato in termini di stile. Anzi, non si può che essere sospettosi di qualsivoglia stile. Ciò che a me importa è di poter affrontare qualsiasi soggetto senza limitazioni di “genere”. Il soggetto non è che un pretesto privo di un contenuto didascalico. Ha un sen-so di rimbalzo, al quale non lavoro razionalmente.Anche la matericità di cui parli non è frutto di una scel-ta quindi, ma probabilmente deriva dal mio bisogno di dare vitalità alla superficie. E’semplice comunicazione.

Anche l’allestimento che scegli abbraccia l’idea del precario, dell’imperfetto, del non finito, i tuoi sembrano quaderni d’artista, perché questa scelta?In verità nell’allestimento tenderei verso la perfezio-ne, o almeno alla mia idea di perfezione. Non avendo

IN CONVERSATION WITH

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cornici, i miei dipinti sono abbastanza difficili da allesti-re, ed è per questo che cerco sempre di farlo personal-mente. Quando non mi è possibile, purtroppo anche il materiale usato per appendere a parete i dipinti tende ad assumere la sua rilevanza e la sua vistosità, mentre io tendo a renderlo il più asettico possibile, per non in-teragire troppo con i due veri protagonisti: il singolo dipinto, l’insieme dell’allestimento. Non sono io il re-sponsabile delle imperfezioni di cui parli! (sorride)

Quando dici che la cornice crea una distanza, “raffreddando” l’energia vitale dell’opera cosa intendi?Intendo che la carta e il colore dell’oilstick sono di per sé dei materiali caldi. Olio, odore, pieghe della carta, provocano dal vero un rapporto molto intimo con chi ci si trova davanti. Il vetro, o il plexiglass, sono riflettenti e respingenti. Isolano la materia dall’atmosfera circo-stante e provocano una distorsione, una distanza. Esat-tamente ciò che ricercava Francis Bacon.

Quali i tuoi prossimi progetti?Accumulare energie per un nuovo ciclo di dipinti. Ra-gionare su cosa mostrare all’imminente Fiera di Bolo-gna. Sperare che la Kodak non fallisca.

♬ Arcade Fire - Black mirror

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Ferdinando Scianna punge la SiciliaPalermo rievoca la sua memoriaLa Redazione

Ferdinando Scianna e la Sicilia- “da porta a Porta” è il titolo della mostra inaugurata il 17 dicembre 2011, visitabile fino al 22 gennaio 2012 a Palermo. Oltre 70 fotografie in bianco e nero e a colori che raccontano le tradizioni dell’isola, la sua bellezza quasi carnale, le sue contraddizioni, l’immaginazione segreta che i suoi riti provocano.Un neorealismo duplice non solo teorico, del costume e della luce, del sofisticato bianco e nero di merletti e lutti, di devozione e di folklore ma anche pratico e contingente. La mostra ha infatti due sedi espositive: l’Oratorio dei Santi Elena e Costantino e il Loggiato San Bartolomeo, in un percorso che vuole collegare idealmente le due principali porte di Palermo: Porta Nuova (Palazzo d’Orleans) e Porta Felice (Foro Italico).Il nervo vago della mostra, dal cuore al mare della città, indica un itinerario simbolico, tracciato da 70 banner bifacciali appesi lungo l’asse viario di Via Vittorio Emanuele.Comune denominatore, l’espressività dei soggetti fotografati che si fa poliedrica e in divenire, passage del tempo che attende all’icona: il volto scavato di un penitente al santuario dei Santi Alfio, Cirino e Filadelfo, a Tre Castagni sulle falde dell’Etna; la processione notturna a Baucina, per la festa di Santa Fortunata; ma anche la lava incandescente del vulcano in eruzione o il bianco delle miniere di sale; e ancora, i ritratti di Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, lo sguardo ridondante di Martin Scorsese mentre mostra la foto di sua madre in fasce. Le terre della rimembranza, nei volti e nei luoghi di un’umanità a volte troppo lontana dalla frenesia, scostante verso i cartelli della moda, viaggiatrice della sua propria anima di sale e lava, pur qui, di fronte all’obiettivo del fotografo, si lasciano cogliere, ambientando l’immagine nella veste della percezione storica, dal remoto al suo contrario.

URBAN ADDICTED

Comune denominatore, l’espressività dei soggetti fotografatiche si fa poliedrica e in divenirepassage del tempo cheattende all’icona

Ferdinando Scianna, Feste (1963) Ferdinando Scianna, Caltagirone (1987)

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Yo! Hipster

Questioni di lessico: per un’estetica dei “nuovi”

di N.N.

Difficile da definire, il termine hipster è un po’sul-la bocca di tutti, anche se nessuno si inserirebbe mai spontaneamente in una categoria designata da un ter-mine che va spesso a braccetto con “maledetto”.

Guardatevi dalla sfacciataggine di riferirvi a qualcuno con questo epi-teto anche se, in realtà, la parola in sé vuole semplicemente descrivere il modo “finto-trasandato” di vestire, con pantaloni che lasciano scoperti i fianchi. Non si può quindi parlare di “cultura hipster” dato che quel-lo che li rappresenta di più sembra essere uno sfacciato – menefreghi-smo- spacciato - per - nichilismo o una sorta di superiorità verso qua-lunque cosa non rientri nella bizzar-ra estetica della quale hanno fatto la loro bandiera.

Un hipster, in pratica, è qualcuno che ascolta grup-pi che non avete mai sentito nominare, che indossa magliette ironiche o, in generale, indumenti che pen-savate (o speravate) di non vedere mai abbinati, che si sente nettamente superiore a voi in qualsiasi cosa. L’“hipsterismo” è una filosofia di vita spesso intrec-ciata a una strana sensibilità estetica: l’hipster riget-ta diffuse attitudini mainstream, indossa abiti vintage e pantaloni tanto stretti da rendere sterili, sneakers old school e occhiali spessi, anche se ha una vista per-fetta. Non è raro che frequentino bettole o locali eco-nomicissimi anche se nove volte su dieci possiedono costosissimi prodotti apple, per tweettare idiozie in qualunque momento e da ogni luogo. Sia l’esemplare

uomo che l’esemplare donna sfoggiano tagli di capelli ricercati e androgini, oltre a taglie ridottissime e ta-tuaggi imbarazzanti.

Nonostante la manifesta aberrazione verso ogni for-ma di conformismo, l’hipster è tec-nicamente conformista all’interno della sua subcultura tentando di-speratamente di sembrare quanto più londinese possibile. L’hipster è sempre il primo ad aver comprato in un negozio prima che diventasse di moda e affrontasse la grande distri-buzione godendo, successivamente, di potersi lamentare del fatto che le masse gli copino: lo stile, le conver-se, la frangia, gli skinny - pants, le magliette dei gruppi punk di H&M.

Lo stesso fenomeno è applicabile alla musica: i concer-ti indie sono veri covi di hipsters ma, solo se la band è al primo disco e non è considerata da nessuno davvero cool. Qualunque dettaglio o gruppo musicale diventi seguito viene subito abbandonato.

Il sentimento anti-hipster è molto diffuso per ovvie ragioni elencate poco sopra, ma anche, per una punta d’invidia per lo strano ed inspiegabile fascino che inne-gabilmente i dannati hipster possiedono.

Nonostante la manifesta aberrazione verso ogni forma di conformismo, l’hipster è tecnicamente conformista all’interno

della sua subcultura ten-tando disperatamente

di sembrare quanto più londinese possibile

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“Sotto quale cielo?”Cinque artisti alle dipendenze del Museo RisoA Palermo la cultura artistica contemporanea che ha avuto la sua eco internazionaledi Rita Aspetti

Palermo, Corso Vittorio Emanuele, civico 365. Basta semplicemente alzare lo sguardo e, guardando dalla piazza antistante – piazza Bologni – si scorge la facciata di Palazzo Riso, edificio semplice, dall’architettura ricostruita, che viene edificato negli ultimi anni del Settecento con la partecipazione dell’architetto Giuseppe Venazio Marvuglia, e che prende il nome dal Barone Riso che lo ha acquistato nel XIX secolo. Da qualche anno è il Museo d’Arte Contemporanea della Sicilia. Oltrepassando la soglia d’ingresso, a sinistra si trova il bookshop, a destra il luogo di ristoro. Andando oltre si incontra la biglietteria e, percorrendo lo scalone (non di marmo, ma interamente ricostruito ex-novo) si accede al primo piano del Palazzo dove è possibile osservare un’imponente scultura ambientale di persiane e vetrate dismesse, che, collocate in un contesto “altro” hanno perso la loro funzione d’uso; disposte una accanto all’altra, le persiane formano una sorta di labirinto chiuso, osservabile dal suo esterno. Flavio Favelli l’autore. Esotismi il titolo. 2011 l’anno di realizzazione. Città di Termini Imerese.Dalla stanza accanto proviene l’acustico di un’altra opera. Un video. Le immagini proiettate sono quelle del backstage (è il momento della ricerca delle comparse e degli attori) che raccontano e ricordano i minatori della provincia

di Enna. Protagonisti sono i diversi e molteplici volti colorati, vivaci, spontanei, semplici della Sicilia che lavora. Sul serio. Volti imbarazzati che, sorridono e si vergognano davanti una videocamera. Marinella Senatore l’autrice. Nui Simu il titolo. 2010 l’anno di realizzazione. Già alla 54ª Biennale di Venezia. Nello stesso ambiente, separati da un grande pannello centrale, è possibile osservare un’installazione in legno: un ponte, con due lampade e una macchina della nebbia. Sinestesia. (Perché) percorrendo la struttura si è avvolti dalla nebbia profumata e illuminati dalla luce prodotta dalle lampade, dal suono del video che proviene dall’ambiente vicino. Diviene quasi spontaneo alzare le mani e cercare di accarezzare il pulviscolo profumato misto alla luce color arancio. Stessa autrice dell’opera precedente. 16° il titolo. 2007

l’anno di realizzazione. Nelle stanza adiacente, la dimensione sonora incontra quella visiva. Soggetto: l’imminente smobilitazione della FIAT (tema attualissimo e scottante!); i mezzi: un video muto, ove le immagini della fabbrica abbandonata e dei suoi dintorni desolati si alternano a quelle intense,

in bianco e nero, dei corpi di atleti che lottano, e un’installazione ove un carrello con altoparlanti, un microfono, una batteria di automobile, degli amplificatori e dei riflettori propagano i rumori di corpi sotto sforzo; rumori che divengono la “colonna sonora” del video. Zafos Xagoraris l’autore. Indicatore il titolo dell’opera. 2010 l’anno di realizzazione. Città di Termini Imerese.Risalendo le scale, al secondo ed ultimo piano, sparsi sul pavimento sono i resti delle barche dei migranti di Lampedusa: legni, salvagenti, reti. Dei “cimiteri” che segnano il volto dell’isola. Davanti ad essi lo spettatore contempla, riflette, sente. Hans Schabus l’autore. Deriva il titolo. 2011 l’anno di realizzazione. Città di Capo D’Orlando. Nella stanza adiacente una grande struttura formata da strati di luci, le luminarie, giace sul pavimento.

Sottocoperta

Franco Battiato - Invito al viaggio♬

Gli artisti, risiedendo ciascuno in una località, sono entrati in con-tatto con la gente così come con

gli addetti ai lavori, indagando l’identità del territorio, hanno lavorato con le maestranze locali e con gli uffici tecnici dei

comuni ospitanti

Marinella Senatore, Nui Simu (2010)

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Grande griglia multicolore somigliante ad una città in veduta aerea. Massimo Bartolini l’autore. La strada di sotto, 2011. Città di Ficarra.Il percorso prima descritto ha una storia che inizia con ETICO-F e si conclude con “Sotto quale cielo?”.ETICO-F, cinque movimenti sul paesaggio, è stato un progetto di Riso, che ha scelto Capo d’Orlando, Enna, Ficarra e Termini Imerese, come location per ospitare cinque artisti di fama internazionale - Massimo Bartolini, Flavio Favelli, Hans Schabus, Marinella Senatore, Zafos Xagoraris - invitati a realizzare un lavoro on-site specific secondo un approccio di ricerca centrato sull’ascolto del territorio e la lettura del paesaggio. Nasce così un progetto, curato da Daniela Bigi, che ha preso vita nel mese di luglio del 2010. L’intento è quello di mettere in relazione aree differenti per collocazione geografica, storia e sviluppo, attraverso la sensibilità e le meccaniche progettuali della ricerca artistica contemporanea, proseguendo, nello stesso tempo, lungo un cammino di riscoperta e rivalutazione del patrimonio storico-artistico siciliano attraverso il dialogo con il pensiero e le forme della contemporaneità.Gli artisti, risiedendo ciascuno in una località, sono entrati in contatto con la gente così come con gli addetti ai lavori e, indagando l’identità del territorio, hanno lavorato con le maestranze locali e con gli uffici tecnici dei comuni ospitanti, all’interno di edifici storici di pregio intesi come piattaforme lontane nel tempo, talvolta addirittura ferme in un passato storico, dalle quali guardare alla Sicilia di oggi. Un percorso che intreccia il bagaglio di valori che deriva da una storia complessa con la fisionomia di un presente che pone interrogativi sul futuro.

“Sotto quale cielo?” è il titolo dell’esposizione curata sempre da Daniela Bigi, fase conclusiva del progetto delle residenze d’artista di Riso. Appena conclusa - 8 gennaio 2012 – la mostra ha riunito le opere prodotte nell’estate 2010, in quei luoghi della Sicilia, e altre opere create appositamente per il Museo, sempre dedicate al paesaggio siciliano reale, artificiale e riprodotto. Brani di realtà, set artificiali, ricerche musicali, racconti umani, proposizioni metaforiche rappresentano le componenti di un articolato percorso di approfondimento che, nato sotto il cielo di Sicilia, si estende a tutti i cieli sotto i quali collochiamo la nostra azione nel presente, individualmente o collettivamente. Tanti cieli quanti gli artisti che cooperano con il territorio in cui si ritrovano ospiti durante le residenze d’artista, in Sicilia così come in ogni altra parte del mondo.Da qualche giorno, improvvisamente, il Museo di Riso pare abbia chiuso i battenti; cliccando sul sito si legge:«Scusateci, abbiamo provveduto all’oscuramento del sito internet a causa di un attacco hacker». Ma quali hacker?

Da sinistra a destra:Flavio Favelli, Esotismi, 2011. Assemblaggio di persiane, finestre, cassette di plastica. COURTESY MUSEO DI RISO (in alto)Massimo Bartolini, La strada di sotto, 2011. Luminarie, mix di luci (in basso)Zafos Xagoraris, Indicatore, 2010. Installazione. COURTESY MUSEO DI RISO (al centro)Marinella Senatore, 16° installazione. COURTESY DELLARTISTA E MONITOR ROMA (in alto)Hans Schabus, Deriva, 2011. Installazione (dimensioni varie). COURTESY MUSEO DI RISO (in basso)

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OPEN CALL di Gabriella Mancuso

RESIDENZE D’ARTISTA Offre uno studio sulla Promenade des Anglais per 2 settimaneInfo: www.galleriamonteoliveto.it

PREMIO BEYONDMEMORY Primo premio: 1000 euro (fotografia) Celeste network - Fondazione studio marangoni 29 febbraioInfo: www.premioceleste.it/beyondmemory

PREMIO COMBAT PRIZE 2012 Borse di studio fino al 21 aprile Info: www.premiocombat.it

PREMIO ART IN THE CITY Expo in fiere d’arte contemporanea fine febbraioInfo: www.art-inthecity.it

EXPRESS YOUR ART! Arte: mostra presso la Galleria Campari di Milano - 15 febbraioDesign: viaggio studio per una persona, una settimana a Helsinki - 15 febbraioInfo: www.associazioneartgallery.org

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E-BOMBContén tu memoriaOscar Muñoz: una protografia del tempodi C.S.

Scomporre l’istantaneo nel tempo, è uno degli obiettivi fondamentali e costanti del lavoro dell’artista colombiano Oscar Muñoz, adesso in mo-stra con una sua completa retrospettiva al Museo de Arte del Banco de la República di Bogotà (fino al 19 marzo). Muñoz è uno degli artisti colombiani più riconosciuti e affermati in campo internazionale, tra-mite i suoi disegni effimeri che si disolvono nel medium o nel supporto rimanendo flash di memoria, una memoria individuale o collettiva che diventa uno strumento di riflessione della nostra società.

Il suo lavoro è concentrato nello spazio temporale posteriore al mo-mento vero e decisivo nel quale l’immagine si fissa, diventando fotografia: plasmando il suo punto di vista e la sua visione delle cose.

La semplicità e la purezza con la quale progetta e fissa le sue opere affascina lo spettatore e lo coinvolge, portandolo a uno stato di ammaliamento che lo indu-ce a questionarsi sulla veridicità di certi mezzi; come in “sedimetaciones”, dove una foto che svanisce in acqua, come se fosse tinta non fissata su carta, (per poi) riappare poi magicamente di nuovo sul supporto, diventando una metafora sulla vita e la morte dell’immagine.

Supporti come acqua o sabbia servono da mezzi per fissare o per diluire un’immagine, un’identità che, col passar del tempo, svanisce come un ricordo dimenticato nella memoria; la polvere o pittura in contatto con il medium diventano immagini, evaporando diventano sedimenti sul fondo di una vasca, una doccia o un lavandino, ricom-ponendo i tre momenti fondamentali: la creazione, la vita e la morte.

Muñoz fa sparire i limiti tra la fotografia, l’incisone, il disegno, l’installazione, la scultura e il video, facendoli diventare semplici mezzi per documentare, svelare, fissare e prolungare l’esistenza della memoria, una memoria destinata a sparire che non deve morire.

L’immagineacquista importanza soltanto quando il suo referentesvanisce

Oscar Muñoz, Narciso. Frame video

http://youtu.be/6qbf5ANo0a0

Oscar Muñoz, Courtesy Iturralde Gallery

Oscar Muñoz, Linea del destino (2006). Single screen projection

Radiohead - All I need♬

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Eleganza a teatro tra la Porta d’Orientee la città che fu BarkenoDjagilev e l’abito del tempo: in mostra, la scenaLa Redazione

Due citta: Venezia e Barcellona; due sedi espositive: Mu-seo di Palazzo Mocenigo e Caixa Forum; due mostre: “Alaxandre Vassiliev. L’eleganza in esilio. Tra moda e costume, il tempo di Djagilev”, e “I Balletti Russi di Dja-gilev, quando l’arte balla con la musica”. Un unico soggetto: Sergej Djagilev, l’impresario russo che dopo aver studiato legge diviene consulente artisti-co del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo.Alla sua figura le due mostre dedicano il loro interesse. Alla sua completa produzione legata alle vicende dei fa-mosi Ballets Russes che dal 1909 al 1929 hanno arric-chito la scena artistica culturale internazionale. “I Balletti Russi di Djagilev 1909/1920, quando l’arte balla con la musica” è il titolo della mostra inau-gurata al Caixa Forum di Barcellona, il 5 ottobre 2011 e da poco conclusasi – 15 gennaio 2012 - organizzata dal museo d’arti decorative di Londra Victoria and Albert Museum.Sono andati in scena: abiti, accessori per le coreografie, disegni, locandine, programmi, fotografie, modellini su scala di teatri e documentari.

In laguna la mostra curata da Francesca Dalla Bernandina con la collaborazione di “Noah Brand Energy”, inaugurata il 16 settembre e visitabile fino al 29 febbraio 2012 al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia: “Alaxandre Vassiliev. L’eleganza in esilio. Tra moda e costume, il tempo di Djagilev”.

Progetto nato dalla collaborazione tra il moscovita Alexandre Vassiliev, studioso della moda e del costume, collezionista, scenografo, costumista e la russista Fran-cesca Dalla Bernandina e che si svolge nell’ambito delle celebrazioni dell’ “Anno della cultura e della lingua italiana in Russia e della cultura e della lingua russa in Italia”.Esposti sono i costumi di scena e le opere d’arte realizzate da famosi artisti tra cui Leon Bakst, Natalia Gončarova, André Derain, Alexander Benois e Trubenskoj, opere provenienti dalla collezione del famoso danzatore e coreografo Toni Cande-loro e gli abiti realizzati da nobili emigrati russi fuggiti in vari paesi europei in seguito alla Rivoluzione d’Ot-tobre.Da notare lo «stile russo» d’inizio ‘900, che ripercorre

gli anni che hanno visto il successo della nota compa-gnia dei «Ballets Russes», unitamente alla passione artistica del loro grande im-presario, Sergej Djagilev che tanta e tale influenza ebbe sul mondo della moda del suo tempo, artefice di uno stile “d’ispirazione orientale” nelle arti dello spettacolo ancora oggi apprezzato in tutta Europa.Quando si dice che lo spirito del tempo non ha confini.

PEANUT GALLERY

Ballets Russes, Barcellona

Abiti da sera, Venezia, Collezione Vassillev

Abiti, Venezia, Collezione Vassiliev

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Anni fa Béla Balàzs valorizzò il potere immenso che l’arte cinematografica ha, rispetto alle altre discipline, di agire in profondità nel sociale, mostrando la com-plessità del cuore umano. Il cinema, spirito delle masse, si connota per la sua essenza popolare, per la moderna capacità di raccontare il presente, analizzando i conflitti dia-lettici dell’uomo. Il pluripremiato regista Clint Eastwood, cosciente delle potenzialità della macchina da presa, sfrutta la sua fluida narrati-vità, portando sullo schermo la sto-ria di J.Edgar Hoover, un uomo oscuro e controverso, che contri-buì, più di tanti altri, a scrivere la storia della politica americana.Poco più che ventenne Hoover prende le redini dell’FBI, allora un ente investigativo di poco rilievo, e, organizzando l’addestramento di agenti e la formazio-ne di laboratori scientifici, fondati sull’innovativo uso delle impronte digitali, edifica ciò che oggi è il braccio destro del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America. Nell’arco di 50 anni, attraverso tre guerre e otto presidenti, Hoover diviene uno degli uomini più potenti e ambigui della storia americana. Combatte la criminalità, eliminando gangster del calibro di John Dillinger, ma diviene responsabile di numerose azioni,

fatte di ricatti e di fascicoli segreti, che lambiscono l’il-legalità. Contrario ai valori liberali della comunità afro-americana e riluttante all’omosessualità, il presidente dell’FBI cela, per tutta la vita, una relazione con il suo vice Clyde Tolson, tanto da lasciargli il patrimonio

alla morte e da condividere l’eter-nità con una tumulazione, fianco al fianco, nel cimitero del Parlamento americano. Con J.Edgar, l’ottantunenne East-wood affida a Leonardo di Caprio un ruolo di spessore, in un film che, sulla linea tra passato e presente, congiunge vizi e virtù di una terra, che, come ha mostrato il grande

Raoul Walsh, nel lontano 1939, ne I ruggenti anni Venti (The Roaring Twenties), è stata edificata con atti di violenza ed illegalità. Il film di Walsh narra-va infatti la storia dell’uomo medio americano, Eddie Bartlett (James Cagney), un eroe di guerra, che du-rante il periodo del proibizionismo è costretto, per indigenza, a trasformarsi in un contrabbandiere di al-colici. Sullo sfondo di una narrazione “da cinegiorna-le” il regista eleva la figura del gangster a caricatura del sogno americano, dipingendo il protagonista come un eroe moderno, vittima di un ambiente ostile, che lo condurrà alla morte in un’inquadratura che, per la

IL PROIETTOREDI OLOFERNE

Il loro unico scopoè la realizzazione di un

racconto filmico asciutto, lineare, perentorio

che non si abbandoni a valzer emozionalie a prediche sterili

Doppia pellicola tra la dolce vita americana e i suoi gangsterdi Giuditta Naselli

J. Edgar, locandina

Frankie HI NRG MC - Disconnetti il potere♬

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drammaticità iconografica, sembra citare La Pietà di Michelangelo. Un aneddoto divertente racconta che, durante la pre-parazione del film, J.Edgar Hoover, telefonò alla star James Cagney e gli disse: “Se fai il delinquente, ri-cordati che alla fine del film devi morire. Non ammet-to che i cattivi restino vivi”. Anche l’integerrimo capo dell’FBI si dimostra conscio delle doti ammalianti del grande schermo e delle capacità che esso ha di svelare le antinomie della società. D’altronde il cinema rispec-chia pienamente uno degli assiomi di Hoover (“Una società che non impara dal passato, non ha futuro”), tanto che I Ruggenti anni Venti rappresenta l’ulti-

mo grande gangster, in quanto, dopo la fine della se-conda guerra mondiale, i fuorilegge spariscono dalle pellicole lasciando il posto a uomini d’affari e le orga-nizzazioni criminali si dissolvono a favore di aziende e grandi imprese.Walsh e Eastwood possiedono un modo di girare che può essere comparato per l’assenza di finalità pedago-giche in film che emergono per la disarmante ricostru-zione della verità. Il loro unico scopo è la realizzazione di un racconto filmico asciutto, lineare, perentorio, che non si abbandoni a valzer emozionali e a prediche sterili, stimolando l’intelletto dello spettatore ed inter-rando in esso un seme produttivo, quello del dubbio.

The Roaring Twentieslocandina

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L’arte underground in Iran ha avuto il suo esordio nella musica. Negli anni Novanta del secolo scorso, il gruppo musicale rock O-hum non ottenne la licenza di pubblicazione e decise così di registrare e distribui-re illegalmente nel mercato il suo disco.A poco a poco nel secolo Ventunesimo i registi, e in particolare i giovani, hanno sentito l’esigenza di fonda-re un cinema underground. Il significato del termine underground in Occidente è certamente diverso dal significato che ha in Iran: se infatti il cinema under-ground Occidentale rappresenta il cinema indipen-dente, che vuole dirsi alternativo, uno dei motivi più importanti per cui è nata l’arte underground in Iran è stato senza dubbio la censura. Le leggi governative non permettono di parlare di po-litica o dei problemi della società, e tante altre priva-zioni alla libertà personale, hanno soffocato il cinema iraniano. Così, grandi registi come Beyzai, Taghvai, Panahi, Farman Ara fra i tanti, hanno deciso di non lavorare in questo campo chiuso, mentre alcuni come Abbas Kiarostami, Mohsen Makhmalbaf, Amir Na-deri ed Ebrahim Golestan hanno deciso di trasferirsi definitivamente in Europa o in America dove possono esprimersi liberamente e le loro opere vengono apprezzate. In questo periodo ci sono invece tanti altri registi più coraggiosi che, insieme ai giovani laureati del cinema, hanno deciso di rimanere in patria con l’in-tenzione di salvare il cinema artistico iraniano.Considerando però che questi cineasti non accettano la censura del regime, e nemmeno vogliono produrre film dal-le tematiche raccomandate dal regime, hanno deciso di agire in modo indipendente. Ovviamente, senza la licenza del governo e con un investimento personale basso - in linea con quel filone definibile sotto l’eti-

chetta di Low budget film -, risulta evidente come questi film non possano sperare di ottenere la licenza per la proiezione; i registi ambiscono così ai festival cinematografici stranieri, consapevoli che, mandando i loro film illegali all’estero, incorrerebbero sicuramen-te in una punizione da parte del regime. Prima ver-rebbero intimati di non fare arte con qualsiasi mez-zo, e in seguito rischierebbero anche la prigione. Un esempio ci è dato dall’esperienza di Jafar Panahi che, dopo tanti film prodotti senza la licenza per la proie-

zione, nel 2010 decide di fare un film indipendente sul broglio delle elezioni presidenziali in Iran; mentre lo stava girando viene arrestato e in seguito viene condannato a dieci anni di car-cere e vent’anni di silenzio: ovvero, per vent’anni non avrà il permesso di pro-durre, scrivere, fare interviste. Anche Bahman Ghobadi nel 2009 racconta in No one knows about persian cats la storia dei gruppi musicali underground

dell’Iran; gli attori principali sono i cantanti del gruppo rock iraniano Take it easy hospital fuggiti in Inghil-terra. Il film è stato applaudito al Festival di Cannes, ma Ghobadi ha pagato il prezzo di non poter più tor-nare in Iran fintanto che esista la repubblica islamica. Forse non possiamo considerare Shirin Neshat e Marjane Satrapi come cineaste dell’underground ira-niano, ma anche loro, a causa dei loro film, non po-tranno tornare in patria. I cineasti che abbiamo nominato finora sono i più fa-mosi del cinema iraniano, altre a loro vi sono nume-rosi giovani talenti iraniani che stanno lavorando di nascosto, o hanno già realizzato qualcosa. In propo-sito mi ricordo sempre di un discorso di un famoso professore del cinema iraniano che diceva: “Quando si

NEW PERSIAN CATS

“Quando si chiude la porta, l’artista

esce dalla finestra, e quando chiudi anche la finestra,

l’artista comincia a dipingere la stanza.”

Il cinema underground iranianoStoria di una primavera sotterraneadi Goli Irani

Jafar PanahI, This is not a film. Frame video

Bahman Ghobadi, No one knows about persian cats. Frame video

O-Hum - Tehran♬

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“Panahi uses the camera – trained on himself more or less throughout the movie – as a means of liberation.At once utterly specific in its focus and wholly universal in its relevance, it’s perhaps the bravest and most important home movie ever made.”

The British Film Institute

chiude la porta, l’artista esce dalla finestra, e quando chiudi anche la finestra, l’artista comincia a dipingere la stanza.”; aveva ragione, i giovani artisti iraniani sono molto coraggiosi, sono ragazzi che stanno vivendo nel mondo dell’informazione e che non vogliono più sotto-stare alle regole, a loro non importa essere conosciuti ed avere un grande incasso. Granaz Moussavi ha dovuto lasciare l’Iran quando, nel 2009, ha realizzato My Teheran for sale; in questo film underground sociale, il regista racconta la storia di una ragazza laureata in teatro che a causa del suo lavoro è dovuta scappare da casa, e adesso si trova a dover superare nuovi problemi.

Si può dire che il cinema underground iraniano or-mai ha trovato la sua strada e si è fatto conoscere nel mondo, che ci sono delle voci che non possono essere sentite, con internet filtrato e i giornalisti stranieri li-cenziati e rimandati nell’inospitale patria. Non dobbia-mo dimenticare che ancora adesso, proprio in questo momento, ci sono dei giovani artisti che stanno realiz-zando magari un altro capolavoro, di nascosto, senza permesso e con tutte le difficoltà e pericoli connessi.

Workers in Iran’s film industry have been facing growing repression in recent mon-

ths. Several are detained or face imprisonment for their peaceful activities related

to their work.

Actress MarziehVafamehr is believed to remain in detention in Gharchak (or Qar-

chak) Prison in Varamin, south east of Tehran since her arrest in June 2011. On 4

August 2011, her husband said that her temporary arrest order had been extended

for one month. Her current legal situation is unclear to Amnesty International.

Extract by AMNESTY INTERNATIONAL - PUBLIC STATEMENTIran: End persecution of film industry workers 1 october 2011

Info: www.amnesty.org/en/library/asset/MDE13/088/2011/en/00a971ac-3a05-454e-865e-eb473134b073/mde130882011en.html

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ROUTES

Bologna, Onoartecontempora-nea, All Tomorrow’s Parties. Andy Warhol, la Factorye Velvet UndergroundFino al 13 febbraio 2012Info: www.onoarte.com

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Palermo, Palazzo Reale,Il muro ha un suonoFino al 3 febbraio 2012Info: www.beniculturalionline.it

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Milano, Triennale Design Mu-seum, Le fabbriche dei sogniFino al 26 febbraio 2012Info: www.triennaledesignmu-seum.it

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Milano, Galleria Carla Sozzani, Edward SteichenFino al 12 febbraio 2012Info: www.galleriacarlasozzani.org

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Milano, via Montenapoleone, Tombini ArtProrogata fino a maggio 2012

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Palermo, Oratorio dei Santi Elena e Costantino e Loggiato San Bartolomeo, Ferdinando SciannaFino al 22 gennaio 2012

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Roma, Complesso del Vittoriano, Piet Mondrian l’armonia perfettaFino al 20 gennaio 2012Info: www.urbis360.com oppure www.comune.roma.it

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Roma, Maxxi, The Otolith Group. La forma del pensieroFino al 5 febbraio 2012Info: www.fondazionemaxxi.it

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Roma, Gnam, CostellazioneTransavanguardiaFino al 4 marzo 2012Info: www.gnam.beniculturali.it

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Roma, Gnam, Arte PoveraFino al 4 marzo 2012Info: www.gnam.beniculturali.it

Torino, Castello di Rivoli, Arte Povera InternationalFino al 19 febbraio 2012Info: www.castellodirivoli.org

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Torino, Castello di Rivoli,Le scatole viventiFino al 15 gennaio 2012Info: www.castellodirivoli.org

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Torino, Gnam, Dialoghi James Brown. FirmamentFino al 12 febbraio 2012Info: www.gamtorino.it

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Napoli, Madre, Arte Povera, più azioni povere 1968Fino al 20 febbraio 2012Info: www.museomadre.it

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Perugia, Museo Civico di Palazzo della Penna,Beuys e lo sciamano: estasi, rito e arteFino al 4 Marzo 2012Info: turismo.comune.perugia.it

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Prato, Sale Espositive del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Nicola De Maria, I miei dipinti si inchinano a DioFino al 4 marzo 2012Info: www.centropecci.it

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Genova, Palazzo Ducale,Van Gogh e il viaggio di GauginFino al 15 marzo 2012Info: www.palazzoducale.genova.it

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Genova, Palazzo Ducale,I saltimbanchi di Pablo PicassoFino al 29 gennaio2012Info: www.palazzoducale.genova.it

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Venezia, Palazzo Grassi,Il mondo vi appartieneFino al 21 febbraio 2012Info: www.palazzograssi.it

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Venezia, Collezione Peggy Gug-genheim, Palazzo Venier dei Leoni

Le Avanguardie da Picassoa PollockFino al 19 febbraio 2012Info: www.guggenheim-venice.it

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Venezia, Museo di palazzo Mocenigo, Alaxandre Vassiliev. L’eleganza in esilio. Tra moda e costume, il tempo di DjagilevFino al 29 febbraio 2012

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Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo, Teodolinda Caorlin a VeneziaFino al 13 marzo 2012

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Pordenone, Galleria d’Arte Mo-derna e Contemporanea, Ales-sandro Borgonzoni,MaceriaprimaFino al 26 febbraio 2012Info: www.artemodernapordenone.it

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Trento, Mart, Casa Depero,I nuovi futuristiFino al 26 febbraio 2012

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Rovereto, Mart, Diango Hernán-dez. Living Rooms, a Survey Fino al 26 febbraio 2012Info: www.mart.tn.it

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Aosta, Centro Saint-Bénin, Andy Warhol - Dall’apparenza alla trascendenzaFino all’11 marzo 2012Info: www.regione.vda.it

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Londra, Estorick Collection of Modern Italian Art,Aberto Burri: form and matter,8 aprile 2012Info: www.estorickcollection.com

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Bogotà, Museo de Arte de la República, Oscar Munoz- proto-grafiaFino al 19 marzo 2012 Info: www.sicardi.com/news/2012-03-19_oscar-muoz-protografas/

Seconda uscita, gennaio 2012:

Eventi e Mostre

di Gabriella Mancuso

Bauhaus - Bela Lugosi’s dead♬

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Rimini, Castel Sismon-do, Da Veemeer a Kandinsky,21 gennaio - 3 giugno 2012Info: www.lineadom-bra.it

Marino, Palazzo Sums, Da Hopper a warhol, pittura americana del XXsecolo21 gennaio - 3 giugno 2012Info: www.lineadom-bra.it/da-hopper-a-warhol/la-mostra

Seravezza in Versilia - Lucca, Luoghi vari, Seravezza Fotografia 201228 gennaio - 9 aprile 2012Info: www.terremedi-cee.it

Bologna, Sala Nottur-no, Centro servizi, Fiera, Presentazione di Sonde (Draft)28 gennaio, ore 12.00

Bologna, Sala Borsa, Ontani si racconta27 gennaio, ore 21.00

Roma, Maxxi, Ciclo di incontri: Le Storie dell’Arte, Ti racconto una mostra: Achille Bonito Oliva e Con-temporanea21 gennaio, ore 11.30 – 13.00

Roma, Angela Vette-se racconta gli anni ottanta in Italia tra Modernismo e Postmo-dernismo18 febbraio 2012Info: www.fondazione-maxxi.it

Roma, Macro, ”ABCon-temporary”, percorso formativo di seminari e workshop sull’arte contemporaneaFino al 5 febbraio 2012Info: www.arteprima.org

Chieti, Museo Arche-ologico Nazionale d’Abruzzo - La Civi-tella, Keith Haring: il murale di MilwaukeeFino al 19febbraio 2012Info: www.alefcultu-ral.com

Bologna, Viale della fiera 20, Arte Fiera - Internazionale d’arte contemporanea, 27-30 gennaio 2012Info: www.artefiera.bolognafiere.it

Incontri FiereDa vedereVernissage

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B(A)UY ITUmberto Chiodi, Bentivoglio (BO) 1981Tra Fellini e Grandville a banchettare

Poetica dell’oggetto assente, diametro di una perfezione incompiuta dell’anima.

L’artista opera fondendo l’espressione dei colori con l’azione che mortifica l’origine del corpo stante, caricandolo così di una linfa arcana e tradotta, dalla gestazione pensata dell’altrove.

Dopo i figurini, simili per certi versi al compagno Ontani, Chiodi modifica il percorso artistico seguendo la sua personalissima cifratura per mappe e percorsi, di ombre che indicano l’esistenza sottaciuta di una luce, baccanale del belletto. La danza degli oli fa scivolare gli occhi dello spettatore in un immaginario assorto e tremendamente a lui vicino, velo di maya squarciato con l’ironia del sogno.

Umberto Chiodi, Due e un vestito (2008)COURTESY GALERIE MICHAEL SCHULTZ

Luca Pancrazzi,Figline Valdarno (FI) 1961La siepe di Borges

“Io nel pensier mi fingo”

Il paesaggio è il limite per mezzo del quale l’uomo decide il suo percorso, moltiplicando le proprie scelte in un tutt’uno che, mettendo il linea l’occhio la mano e la mente, indica di volta in volta la direzione intima e personale del cammino. Procedere non è come eliminare le altre possibilità, ma anzi sommare i percorsi paralleli che già si creano, che influenzano i dialoghi fatti con quelli che verranno. Frutto di contingenze è l’abile ingegno di colui che modifica poco, ma sposta, il filtro dell’arte, permettendo alla linea prospettica di dirsi ancora poetica, tintinnio del tempo che decantando, suggerisce.

Luca Pancrazzi, Wind bags (2007)

Sabrina Mezzaqui, Bologna 1964La parola come mantra votivo

Intervenendo sul simbolismo del testo, agisce sui rituali di modificazione della parola che si fa oggetto, prestandosi al dire in forma diversa rispetto al verso prodotto.

Testi antichi e testi sacri, maneggiati nella forma del qui e ora, fogli di carta arrotolati come pergamene intraducibili rivelano allo spettatore l’intervento manuale, minuzioso e ripetitivo,

convincimento rotondo di una processione ciclica della realtà che si purifica, costretta dal suo stesso modo d’espressione: nel pensiero che si fa parola, lo spirito partecipa all’invisibile senso primigenio della verità, fondando così sulle sue macerie, il residuo della sua ascensione.

Sabrina Mezzaqui, Il giuoco delle perle di vetro

♬ Unkle - Rabbit in your headlight

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Perino e Vele Emiliano Perino,New York 1973;Luca Vele, Rotondi 1975Re –inform - azione

Lo dicono simile alla coppia Bertozzi e Casoni, per via di quell’abilità nel ridare dignità a materiali considerati anartistici - la ceramica per i primi, la cartapesta per i nostri. Esiste tuttavia un elemento di scarto tra le concezioni dei due sodalizi, fondato, sembrerebbe, sull’affermazione del collettivo Voina “L’artista che nega la consapevolezza politica è solo un designer”. Aiutati dal processo di deperibilità della notizia, che nel loro caso non è solo simbolico ma anche pratico, questi artisti ricreano la propria informazione, edificando sul proficuo solco dell’arte, scorci di realtà al limite, tra livelli interpretativi che celano, dietro il bello stile, inviti al tangibile urbano.

Così, con leggerezza, danno solidità a castelli di carta, trasformando il vezzo del bambino nel pamphlet dell’adulto.

Perino e Vele, Public invasion (2009)

Loris Cecchini, Milano 1969Retore dell’utopia razionale

Sospeso e urbano, domestico e pur estraneo, affabile e perturbante, caduco e illuminante.

I mondi dell’uomo sono corpi in caduta libera, essenze informi modificatrici di gravità. Chiudersi dentro le architetture artificiali della coscienza non è ripararsi ma prestare il fianco

alle interpretazioni del fuori, dell’altro e dell’altrove. Da qui le trasparenze che permettono l’indagine dei meccanismi che sottendono alla percezione. Nel momento in cui il piccolo si estende e il grande implode, l’artista si astrae e si riflette, nella volta architettonica che il suo pensiero produce, memento del suo sono stato, sibilla del suo sarò. Incrociando le braccia al convincimento che solo il niet, il rifiuto aprioristico di una categorizzazione può rendere veramente liberi, in delega al movimento dell’anima come utopia del corpo bianco.

Loris Cecchini, Wallwave vibrations (2009)

Aucan - Heartless♬

♬ Parsec - Goya

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Christian Morgenstern, Fisches Nachtgesang (1905)