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Un generatore elettrico da laboratorio e i buchi neri che si pensa alimentino i quasar, oggettiastronomici brillanti e lontani, presentano forse analogie. Questo semplice generatore e-strae energia da una sfera metallica in rotazione fra i poli di un magnete. Il moto del metalloconduttore attraverso le linee del campo magnetico genera una differenza di potenziale trai poli e l'equatore della sfera. Il contatto elettrico sull'asse e all'equatore è dato da spazzo-le, mentre il circuito, che alimenta una lampada a incandescenza, è chiuso da fili. Gli au-tori, basandosi sul lavoro di Roger I). Blandford e Roman Znajek dell'Università di Cam-bridge, sostengono che un buco nero in un quasar si possa considerare, analogamente, comeuna membrana rotante di materiale conduttore che interagisce con un campo magnetico.

SPAZIO

MEMBRANA

ORIZZONTEDEGLI EVENTI

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bile sorgente di energia dei quasar, og-getti puntiformi, luminosi quanto di-stanti, che risplendono con l'intensità diun'intera galassia. Per comprendere sen-za difficoltà questo ruolo abbiamo ela-borato insieme ad alcuni colleghi unnuovo paradigma per i buchi neri, cioèun nuovo modo per immaginare, consi-derare e descrivere questi oggetti. Il pa-radigma li tratta, fin dove è possibile,come oggetti astrofisici normali, costi-tuiti da materia reale. Nella nostra de-scrizione un buco nero è una superficiesferica o ellissoidale schiacciata, costitui-ta da una sottile membrana conduttrice.

Come entità teoriche i buchi neri van-tano una lunga storia. Due secoli fa ilfisico inglese John Michell e il matema-tico francese Pierre-Simon de Laplaceproposero indipendentemente l'esisten-za di «corpi oscuri», oggetti astronomi-ci dotati di un'attrazione gravitazionaletanto forte che la luce non potesse sfug-girne. La previsione, basata sulla teoriacorpuscolare della luce di Newton e sullasua descrizione della gravità in terminidi azione a distanza, non ebbe però lun-ga vita. All'inizio del XIX secolo, infatti,la sperimentazione rivelò che la luce inrealtà è costituita da onde e non dai cor-puscoli newtoniani, aprendo così la stra-da alla teoria ondulatoria della luce diJames Clerk Maxwell. Laplace stesso,vedendo franare le fondamenta della suaipotesi, la ritirò.

Nel 1917, tuttavia, con l'introduzionedella relatività generale, la descrizionenewtoniana della gravità fu soppiantatada quella di Einstein. I fisici si reseroallora conto del fatto che le onde lumi-nose di Maxwell, pur non risentendodella forza di gravità descritta in terminiclassici, potevano subire l'azione di quel-la relativistica. Le prime indicazioni os-servative di questo fenomeno si ebberonel 1919 durante un'eclissi, quando gliastronomi riscontrarono che la luce pro-

veniente da stelle lontane che appaionovicine al margine solare viene deviata,sia pure in misura leggerissima, dal Sole.Dalle equazioni della relatività generaleera immediato dedurre che, immaginan-do di comprimere il Sole a dimensionisempre più ridotte senza diminuirne lamassa, la luce stellare che ne avesse sfio-rato la superficie sarebbe stata deflessain misura progressivamente crescente:alla fine, per un valore del diametro del-l'astro pari a circa sei chilometri, tale lu-ce sarebbe stata imprigionata insieme al-le emissioni luminose provenienti dalSole stesso. Il Sole diverrebbe alloraun corpo oscuro simile, almeno superfi-cialmente, ai corpi oscuri di Michell eLaplace.

La struttura fisica dei corpi oscuri pre-visti dalla relatività generale è però pro-fondamente diversa da quella dei loropredecessori del XVIII secolo e straor-dinariamente più ricca. Questi oggettinon sono costituiti da materia, pur pos-sedendo una massa e potendo derivaredalla normale materia stellare tramite unprocesso di collasso gravitazionale. Unavolta formatisi, essi sono costituiti dispazio-tempo curvo, avvolto su se stessotanto strettamente da trattenere al pro-prio interno la luce, in una struttura cheprima di Einstein non era possibile nep-pure immaginare. Nel 1968 John Archi-bald Wheeler della Princeton Universityconiò per questi oggetti il nome di bu-chi neri.

Se ai fisici teorici erano occorsi più di40 anni per accettare i buchi neri comeuna previsione credibile della relativitàgenerale, della quale valesse la pena dicercare una verifica nell'universo, gliastronomi furono ancora più riluttanti.Fino alla metà degli anni sessanta mol-ti di loro consideravano l'universo unluogo tranquillo e ordinato nel qualequasi tutti i fenomeni erano noti e chiari,un ambiente nel quale non v'era postoper un oggetto stravagante come un bu-co nero.

Nel 1963, però, quest'opinione rice-vette un duro colpo dalla scoperta deiquasar. L'enorme quantità di energiache essi emettono comporta necessaria-mente l'esistenza di una massa gigante-sca che li alimenti, ma le rapide fluttua-zioni di luminosità inducono a ritenereche questa fonte centrale di energia siamolto compatta. La combinazione diuna grande massa e di piccole dimensio-ni presuppone l'esistenza di un campogravitazionale molto intenso: i sospetticominciarono a concentrarsi sui buchineri. Poi, nel 1967, venne la scopertadelle pulsar, oggetti che emettono im-pulsi di onde radio con una regolarità inapparenza inspiegabile. Entro un annosi capì che si trattava di stelle di neutroniin rotazione, oggetti di densità eccezio-nale nei quali una massa approssimati-vamente pari a quella del Sole è concen-trata in un volume del diametro di circa20 chilometri. Si tratta di un'estensionespaziale appena tre volte superiore a

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TEMPO

quella di un buco nero di pari massa: siriduca una stella di neutroni di tre vol-te, affermava la relatività generale sem-pre più vigorosamente, e si otterrà unbuco nero.

Negli anni successivi altri enigmi e al-tre sorprese si sono manifestati nei se-gnali rilevati da telescopi. antenne radioe altri rivelatori, a un ritmo così veloceda impedire agli astronomi di rinchiu-dersi nella sicurezza dei propri precon-cetti. I buchi neri generati dal collassogravitazionale di una o più stelle sonoormai una delle possibilità che gli stu-diosi prendono abitualmente in conside-razione quando cercano di spiegare leproprie osservazioni. In particolare, perquanto riguarda i quasar, l'idea che illoro «primo mobile» sia un buco nerocon una massa pari ad almeno 100 milio-ni di volte quella del Sole è ormai quasiun dato scontato.

Il ruolo dei buchi neri in astrofisica creaqualche imbarazzo di cui si può com-

prendere la natura rifacendosi al concet-to di paradigma introdotto da Thomas S.Kuhn. Questi, un fisico divenuto filoso-

SPAZIO

XSPAZIO

fo e storico della scienza, impiegò il vo-cabolo verso la metà degli anni sessantaper descrivere tutto l'insieme di stru-menti che una comunità di scienziati usaper studiare un determinato argomento.Tra i paradigmi della fisica teorica, peresempio, si devono annoverare le equa-zioni che esprimono le leggi fisiche ca-ratteristiche di tale disciplina, molti pro-blemi specifici risolti tramite tali equa-zioni, ma anche - ed è ciò che più impor-ta ai fini di questa discussione - un siste-ma di raffigurazioni e di diagrammi, cor-redato da un vocabolario adatto, cheesprime parte degli aspetti matematici inmaniera assai potente ed euristica. Que-ste raffigurazioni, questi diagrammi equesto vocabolario sono la base dell'in-tuizione fisica, la quale a sua volta per-mette i grandi balzi in avanti nella com-prensione di un problema che fanno pro-gredire rapidamente le frontiere dellaconoscenza. Naturalmente il giudice ul-timo resta la matematica, che sola puòstabilire se le intuizioni sono giuste.

Negli anni sessanta e settanta i fisicihanno sviluppato un paradigma dei bu-chi neri tanto elegante quanto potente:

Un modello astrofisicodei buchi neri

Descrivendo questi enigmatici oggetti come membrane sferoidali dimateriale conduttore è possibile raffigurarne intuitivamente le interazionicon la materia e i campi elettrici e magnetici in cui si trovano immersi

di Richard H. Price e Kip S. Thorne

E possibile giungere a una com-prensione dei buchi neri intermini fisici semplici? E co-

me si possono far rientrare questi corpinati dalla relatività generale, che sono ingrado di imprigionare la luce, curvare lo

spazio e rallentare il tempo, nel catalogodegli oggetti astrofisici dal comporta-mento intuitivamente chiaro? Oggi si ri-tiene comunemente che i buchi neri esi-stano e abbiano un ruolo importante inastrofisica, in particolare come la proba-

L'immagine di un buco nero nel paradigma dello spazio-tempo curvo (a sinistra) è diversada quella valida nel paradigma della membrana (a destra). Lo spazio-tempo curvo è unacombinazione dello spazio e del tempo in un'entità quadridimensionale unificata (nell'illu-strazione non compare una delle dimensioni dello spazio). I coni di luce rappresentano lapropagazione attraverso lo spazio-tempo della luce emessa in punti specifici; le «linee uni-versali» (in rosso) delineano la traiettoria delle particelle. Ogni particella dotata di massadeve muoversi più lentamente della luce; pertanto, i coni di luce che hanno origine in puntisituati lungo la linea universale della particella contengono completamente la linea stessa.Lontano dal buco nero tutti i coni di luce si aprono verso l'alto, mentre nelle sue vicinanzesi inclinano verso l'interno perché l'attrazione gravitazionale del buco nero influenza lapropagazione della luce. Una superficie verticale, l'orizzonte degli eventi, è tangente almargine esterno dei coni di luce: un fotone può spostarsi su di essa, muovendosi lungo lalinea di tangenza, ma una particella dotata di massa deve attraversarla, cadendo nel buconero. Nel paradigma della membrana l'immagine del buco nero è collocata nell'usualespazio tridimensionale come una membrana sferoidale di diametro pari a quello dell'oriz-zonte degli eventi nello spazio-tempo curvo, schiacciata perché il buco nero ruota su sestesso. I fotoni (in blu) possono restare sulla membrana, dove sono trascinati dalla ro-tazione; le particelle dotate di massa, invece, cadono nel buco nero attraverso la membrana.

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L'orizzonte degli eventi di un buco nero influenza lo spazio e il tempo: qui si vede ciò cheavviene agli orologi di osservatori posti a varie distanze dall'orizzonte nell'arco di un'oradi tempo «universale» (il tempo misurato molto lontano dal buco nero). Gli orologi, dap-prima sincronizzati (I), indicano alla fine ore diverse (2). Infatti, a causa della dilatazionegravitazionale del tempo gli orologi battono tanto più lentamente rispetto al tempo univer-sale quanto più sono vicini all'orizzonte degli eventi: la lancetta dell'orologio appena fuoridell'orizzonte non si è spostata affatto. Visti da lontano (3), gli osservatori (frecce) esibi-scono comportamenti diversi a seconda della distanza dal buco nero in rotazione. L'osser-vatore appena all'esterno dell'orizzonte gira in sincronia con la rotazione del buco nero,mentre gli osservatori lontani orbitano più lentamente. Ogni osservatore è in quiete rispet-to allo «spazio assoluto», ma lo spazio stesso è trascinato dalla rotazione del buco nero.

quello dello spazio-tempo curvo. L'ap-parato matematico pertinente è quellodella relatività generale, che descrive lospazio e il tempo come un'unica entitàquadridimensionale, e le sue raffigura-zioni caratteristiche sono i diagrammispazio-temporali, che comprendono iltempo e due delle tre dimensioni spa-ziali. In questi schemi si dipanano le «li-nee universali», curve cheindividuano latraiettoria di particelle come i fotoni, i«pacchetti» elementari di luce, attraver-so lo spazio-tempo.

In un diagramma spazio-temporale diquesto tipo un buco nero è rappresenta-to da una superficie cilindrica, l'orizzon-te degli eventi, sulla quale lo spazio-tem-po è curvato dall'intensa gravità, in mi-sura tale che i fotoni risultano imprigio-nati sulla superficie o al suo interno. L'o-rizzonte degli eventi costituisce un puntodi non ritorno: i fotoni e qualsiasi altraparticella possono cadere attraverso diesso nell'interno del buco nero ma nullapuò uscirne. L'orizzonte tronca dunqueogni comunicazione tra il buco nero e ilresto dell'universo.

Questi diagrammi e gli altri strumentidel paradigma dello spazio-tempo curvohanno permesso di comprendere in ma-niera assai approfondita la natura fisicadei buchi neri isolati, separati dall'influ-enza dell'universo esterno. Ma questorisultato non era sufficiente per gli stu-diosi: per comprendere i buchi neri nellaloro qualità di oggetti astrofisici, comefonte di energia di un quasar, per esem-pio, occorre capire come il buco nerointeragisca con il gas e i campi magneticiche lo circondano. Purtroppo non è af-fatto facile studiare queste interazioniservendosi del paradigma dello spazio--tempo curvo, che è fondamentalmente

incompatibile con le immagini mentalisulle quali gli astrofisici basano la lorocomprensione dei plasmi (gas caldi io-nizzati) magnetizzati. Tale paradigma èun concetto intrinseco al linguaggio chedescrive un continuum quadridimensio-nale unificato, mentre le descrizioni deiplasmi magnetizzati, dal canto loro, so-no espresse nella lingua più familiaredello spazio tridimensionale, completa-mente separato dal tempo.

Come hanno potuto allora i fisici teo-v-' rici affrontare i buchi neri nel tenta-tivo di spiegare i quasar? Fin verso la finedegli anni settanta gli studiosi aggirava-no l'incompatibilità tra linguaggio e im-magini evitando di ricorrere al para-digma dello spazio-tempo curvo: invecedi considerare la gravità alla stregua diuna curvatura dello spazio-tempo torna-vano a rifarsi al paradigma newtonianodella gravità intesa come forza attratti-va. Dove la gravità è debole, come ac-cade a grande distanza dall'orizzontedegli eventi, le previsioni della teorianewtoniana e di quella relativistica coin-cidono con grande precisione, ma dovel'accordo si rompe, come avviene pressol'orizzonte, i teorici troncano artificiosa-mente i calcoli.

I primi modelli di quasar facevano usodi questa impostazione per descriverecome l'accrescimento di materia possadare origine a una fonte di energia. Unbuco nero in una regione di gas interstel-lare denso attirerà materia a causa delproprio intenso campo gravitazionale. Ilflusso avrà simmetria sferica se il mo-mento angolare del gas è piccolo, ma siconcentrerà in un disco nel caso più co-mune di materia in rotazione. Nel suomoto centripeto il gas verrà compresso e

riscaldato e come ogni gas molto caldoemetterà radiazione sotto forma di onderadio, luce e raggi X. Per calcolare laquantità di energia emessa gli studiositenevano conto della radiazione prodot-ta in una regione che giungeva fin quasial punto nel quale la gravità relativisticadarebbe origine a un orizzonte deglieventi; qui però il calcolo veniva tronca-to de iure.

Questa impostazione potrebbe sem-brare piuttosto rozza, ma gli errori cuidava luogo erano piccoli rispetto alle in-certezze sui processi fisici che si verifica-no nel gas caldo e turbolento durante lafase di accrescimento. I tentativi (com-piuti dagli autori e da altri) di realizzareun modello del medesimo processo nelquadro del paradigma più preciso dellospazio-tempo curvo non sono stati con-fortati da un successo proporzionale allefatiche compiute. Nella trattazione del-l'attrazione gravitazionale di un buco ne-ro, in conclusione, risultava possibileevitare le carenze astrofisiche del para-digma dello spazio-tempo curvo.

Ma l'attrazione gravitazionale non èl'unica fonte di energia dei buchi neri.Come Roger Penrose dell'Università diCambridge dimostrò nel 1969, infatti, unbuco nero può immagazzinare quantitàenormi di energia sotto forma di energiarotazionale. James M. Bardeen dell'U-niversità di Washington osservò subitodopo che nell'universo reale è probabileche i buchi neri ruotino su se stessi moltorapidamente: durante il collasso che laporta a formare un buco nero o ad accu-mularsi su uno già esistente, infatti, lamateria, che inizialmente ruotava a ve-locità normale, turbinerà sempre più ve-locemente, inducendo nel buco nero unarapida rotazione. L'energia rotazionaledei buchi neri offriva quindi una possi-bilità alternativa davvero affascinanteper spiegare come vengono alimentati iquasar.

Le valutazioni numeriche indicavanonella rotazione una sorgente di energiaparticolarmente interessante dal puntodi vista teorico. Un buco nero di massadata possiede una velocità di rotazionemassima che non può superare: se la ma-teria che implode o si accumula ruotatroppo rapidamente, le forze centrifu-ghe bilanciano l'attrazione gravitaziona-le e impediscono alla materia di caderesul buco nero e accrescerne vieppiù lavelocità di rotazione. La maggior partedei buchi neri probabilmente ruota a unavelocità molto vicina a quella massimapossibile, una circostanza che permettedi stimare la quantità di energia accumu-lata nella rotazione. L'energia rotazio-nale di un buco nero con una massa pa-ri a 100 milioni di masse solari (circa3 x 1048 chilowattora) sarebbe proprioquella necessaria per conservare la lumi-nosità osservata di un tipico quasar pertutto l'arco della sua esistenza stimata,che può arrivare a vari miliardi di anni.

Fino al 1977, peraltro, nessuno erastato in grado di trovare un meccanismo

credibile dal punto di vista astrofisi-co per «estrarre» dal buco nero questaenergia rotazionale. L'immagine classi-ca di questi oggetti non offriva il minimoelemento per escogitarne uno: nella fisi-ca newtoniana, infatti, un campo gravi-tazionale si comporta esattamente allostesso modo quando la sua sorgente è inrotazione e quando è ferma. Esiste unacomponente del campo indotta dalla ro-tazione che è un fenomeno puramenterelativistico e non si può simulare in al-cun modo con la teoria gravitazionaleclassica.

Ma la ricerca di un meccanismo diestrazione è continuata, e nel 1977 Ro-ger D. Blandford di Cambridge e il suoallievo Roman Znajek sono riusciti a di-mostrare, con una formulazione mate-matica di tipo relativistico, che i cam-pi magnetici le cui linee attraversano l'o-rizzonte degli eventi di un buco neropossono estrarne l'energia rotazionale.Analizzando il problema dal punto di vi-sta matematico, ci siamo trovati d'accor-do con loro, poiché questo aspetto dellatrattazione era chiaro, ma il quadro fisi-co intuitivo ci sembrava confuso: ci man-cavano immagini e terminologie sempli-ci per descrivere l'interazione tra il buconero in rotazione e il campo magnetico.

Sono stati i nostri sforzi per giungere a una comprensione di carattere intui-

tivo del processo descritto da Blandforde Znajek a portarci a formulare il para-digma della membrana. La strategia èconsistita nella traduzione della descri-zione matematica relativistica dei buchineri nel linguaggio dello spazio tridimen-sionale che viene impiegato per i plasmimagnetizzati e nella realizzazione di unnuovo sistema di diagrammi e immaginidi buchi neri da affiancare a tale linguag-gio. A intraprendere la traduzione, all'i-nizio degli anni ottanta, è stato un grup-po di ricercatori riuniti, all'epoca, pres-so il California Institute of Technology,e oggi dispersi in tutti gli Stati Unitie in Europa. Tra i membri della CaltechParadigm Society, come l'associazione siera autodefinita, vi erano Douglas A.MacDonald, Wai Mo Suen, Ian H. Red-mount , Ronald J. Crowley, Xiao-HeZhang, Wojciech H. Zurek e noi.

Il paradigma della membrana cerca ditrattare un buco nero come un oggettotridimensionale semplice, non troppodiverso dal suo parente più stretto, lastella di neutroni. Una stella di neutroniin rotazione fornisce energia a una pul-sar tramite i campi magnetici. La descri-zione standard del meccanismo dellepulsar ci forniva un modello del tipo dirappresentazione che speravamo di met-tere a punto per comprendere i fenome-ni di estrazione di energia che avvengo-no nei quasar e quindi merita qualchecenno di richiamo in questa sede.

A onta del nome che porta, una stelladi neutroni, formatasi nel collasso delnucleo di una stella di grande massa,contiene non solo neutroni, bensì anche

protoni ed elettroni, che la rendono unoggetto dotato di elevata conduttività, senon addirittura di superconduttività. Inuna stella di neutroni le correnti elettri-che si mantengono pressoché indefinita-mente, e così pure i campi magnetici chequeste generano. In un linguaggio op-portunamente figurato - paradigmatico -si dice che questi campi magnetici so-no «congelati» nel materiale altamenteconduttore.

La stella di neutroni, quindi, somigliaa un magnete permanente; si può imma-ginare che le sue linee di campo magne-tico emergano dalla regione circostanteal polo nord e si estendano ad arco nellospazio per rientrare nella stella presso ilpolo sud. Questo magnete astrofisicoruota su se stesso. Le stelle progenitricidi quelle di neutroni presentano sempreun moto di rotazione, per quanto lentopossa essere, e il collasso dal quale si

forma la stella di neutroni accelera que-sta rotazione. Quindi si prevede che lamaggior parte delle stelle di neutroni,alla nascita, ruotino molto rapidamente,con periodi compresi tra un secondo eun millesimo di secondo. Ma poiché ilcampo magnetico di questi oggetti è con-gelato nel loro interno conduttore, an-che le linee di campo devono ruotare.

Dall'immagine mentale delle linee dicampo si ricava una conseguenza impor-tante della rotazione: anche se la stelladi neutroni ruota lentamente, a una di-stanza abbastanza grande da essa questelinee immaginarie dovrebbero turbinarenello spazio a velocità superiore a quelladella luce. Le particelle cariche che co-stituiscono il plasma nelle vicinanze del-la stella di neutroni sono congelate sullelinee di campo proprio come queste so-no bloccate nell'interno della stella, ma,non potendo muoversi più velocemente

Per comprendere l'emissione di energia di una pulsar, si può immaginare che le linee delcampo magnetico siano «congelate» nell'interno altamente conduttore di una stella di neu-troni in rotazione (a sinistra), l'oggetto compatto e incredibilmente denso che si trova al cen-tro della pulsar. Oltre un certo raggio (cilindro in colore) le linee di campo dovrebbero tur-binare nello spazio a velocità superiore a quella della luce; le particelle cariche che spira-leggiano intorno alle linee di campo devono però muoversi più lentamente. Di conseguenza,esse piegano all'indietro le linee di campo (a destra, vista dall'alto) e scivolano su di esseverso l'esterno a velocità poco inferiore a quella della luce. La rotazione della stella gene-ra così un flusso di plasma verso l'esterno, che a sua volta induce l'emissione di radiazione.

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------N'\\---- ORIZZONTE ALLARGATO

ORIZZONTE

Nel paradigma della membrana si ammette che il confine del buco nero sia l'orizzonteallargato, una superficie immaginaria che si trova immediatamente al di fuori dell'oriz-zonte reale. Quest'ultimo non può essere studiato nel paradigma perché non vi si puòcollocare alcun osservatore materiale. Tra l'orizzonte allargato e quello vero esiste unaddensamento di materia e campi che si sono depositati sul buco nero fin dall'e-poca della sua formazione; a causa della dilatazione relativistica del tempo il materiale chesi avvicina all'orizzonte degli eventi cade sempre più lentamente (dal punto di vista di unosservatore lontano) e non riesce mai a penetrare veramente all'interno del buco nero. Que-sti «sedimenti», irrilevanti per i processi astrofisici, sono nascosti dall'orizzonte allargato.

ArCARICHE

SUPERFICIALI

CAMPO MAGNETICO

PARTICELLECARICHE IN ARRIVO

della luce, si oppongono alla rotazionedelle linee di campo flettendole all'indie-tro e scivolando lungo di esse a velocitàpoco inferiore a quella della luce. In que-sto modo le linee di campo fungono daleve che trasferiscono l'energia rotazio-nale della stella al plasma in moto versol'esterno.

Le esatte modalità di trasformazionedi questa energia in emissioni radio a im-pulsi e in altri fenomeni tipici delle pul-sar sono complesse e fuori luogo in que-sta sede. Il concetto fondamentale è cheè possibile farsi una buona idea genera-le della natura delle pulsar e della loroinfluenza sull'ambiente circostante me-diante semplici ausili intuitivi (le linee dicampo magnetico) e regole pratiche em-piriche (il congelamento delle linee diforza nei conduttori). E di strumenticoncettuali simili che avremmo volutodisporre per capire in che modo un cam-po magnetico possa estrarre l'energia ro-tazionale di un buco nero.

Jl nostro primo impegno è stato di «estrarre» i buchi neri dallo spazio-

-tempo quadridimensionale per descri-verli nello spazio tridimensionale, mos-sa necessaria non solo per rendere piùfacile la raffigurazione di questi ogget-ti ma anche perché nello spazio-tempoquadridimensionale i campi magneticinon esistono come entità a sé; essi per-

dono la loro identità autonoma e si fon-dono con i campi elettrici in un'unicocampo elettromagnetico unificato dal-l'effetto devastante sulla normale intui-zione fisica. Per scindere questo campounificato in un campo elettrico e uno ma-gnetico distinti siamo stati costretti aridefinire uno spazio tridimensionale,coerente però con la formulazione ma-tematica dello spazio-tempo unificato.

Per far ciò ci occorreva un sistema diosservatori. Un osservatore, secondo leteorie di Einstein, può essere considera-to come un ente munito di una piccolaintelaiatura di regoli allineati e di unaserie di orologi sincronizzati per contras-segnare la posizione degli eventi e misu-rare velocità, accelerazioni e così via. Lateoria della relatività afferma che dueosservatori collocati nello stesso pun-to che si trovino in moto l'uno rispet-to all'altro misurano valori differenti dinumerose grandezze fisiche. Forse piùtraumatizzante è l'affermazione secondola quale questi osservatori saranno in di-saccordo sulla definizione stessa di spa-zio tridimensionale, cioè su quali puntidello spazio-tempo esistano contempo-raneamente (ovvero quali siano i puntiche costituiscono lo spazio tridimensio-nale in quel momento).

Lo spazio tridimensionale, e con essoun campo magnetico indipendente, sipuò definire quindi solo nei termini di un

osservatore specifico. Nel contesto delparadigma della membrana si riesce aottenere un campo magnetico indipen-dente (e la possibilità di immaginare li-nee di campo magnetico intorno a unbuco nero) scegliendo un osservatoreben determinato in ciascuna regione del-lo spazio-tempo. Il risultato di tale sceltaè una famiglia di osservatori ciascuno deiquali si ritaglia una «fetta» tridimensio-nale dello spazio-tempo e quindi defini-sce quale parte del campo elettromagne-tico sia elettrica e quale sia magnetica.A questi osservatori diamo il nome diFIDO, od osservatori fiduciari (fiducialobservers); è dal loro punto di vista chestudiamo la fisica nei pressi del buco ne-ro. Una volta scelti i nostri FIDO sipuò cominciare a parlare di buchi nerinel linguaggio tridimensionale che ci èfamiliare.

Per conferire al paradigma della mem-brana semplicità e potenza esplicativainsieme bisogna scegliere gli osservatorisecondo alcune regole matematiche ri-gorose; si dà il caso che queste regolerisultino perfettamente naturali una vol-ta tradotte in parole e immagini: ciascunFIDO deve restare sempre alla stessa di-stanza dal buco nero e alla stessa latitu-dine rispetto al suo asse di rotazione. Gliosservatori posseggono inoltre uno statodi moto orbitale ben preciso: si trovanotutti, in un senso molto particolare, inquiete nello spazio tridimensionale.

«In quiete» significa che ciascun osser-vatore, a qualunque distanza dal buconero, risulta immobile rispetto alle stellelontane? Tutt'altro: un campo gravita-zionale in rotazione rimorchia con sé lo«spazio assoluto». Nelle vicinanze dellaTerra l'effetto previsto è assai piccolo,ma presso un buco nero in rotazione ri-sulta sconvolgente: il buco nero trascinanel proprio moto lo spazio, e con esso gliosservatori, come farebbe con il mieleuna palla che vi ruotasse dentro. In que-sta analogia i FIDO sono in quiete rispet-to al miele (lo spazio assoluto) ma questoruota rispetto alle pareti della cucina (lestelle lontane). Vicino all'orizzonte deglieventi, gli osservatori e lo spazio in cuisi trovano ruotano quasi alla stessa velo-cità del buco nero stesso (un giro com-pleto ogni 90 minuti per un buco nero di100 milioni di masse solari in rapida ro-tazione), mentre lontano dall'orizzonterisultano quasi fermi rispetto alle stellelontane.

Questi discorsi sulle velocità di rota-zione tendono a far pensare che esista uncampione universale di tempo. Ma, perun osservatore che guardi da lontano, gliorologi dei FIDO sembrano battere a rit-mi diversi, tanto più lentamente quantopiù essi si trovano vicini all'orizzonte:gli orologi appartenenti a osservatori ar-bitrariamente vicini all'orizzonte batto-no con lentezza arbitrariamente grande.Questo fenomeno, la dilatazione gravi-tazionale (relativistica) del tempo, si ve-rifica anche nel campo gravitazionaleterrestre, ma in misura minima: la diffe-

renza tra la velocità di un orologio sullaTerra e quella di uno che si trovi su unsatellite geosincrono è di una parte su unmiliardo.

Il tempo segnato dall'orologio di unospecifico osservatore può essere utiliz-zato per descrivere le condizioni fisichein quel punto, ma per permettere al pa-radigma della membrana di affrontareprocessi fisici su grande scala che inte-ressano una vasta regione dello spaziodobbiamo definire un secondo tipo ditempo. Supponiamo che in ogni punto sitrovi un orologio che abbia un istante diavvio e un battito regolati in modo taleche gli orologi vicini all'orizzonte re-stino sincronizzati con quelli più lontaninonostante l'intenso campo gravitazio-nale. Questi orologi appositamente re-golati definiscono allora un «tempo uni-versale» che trascorre alla stessa velocitàovunque, analogamente a quello accet-tato dalla fisica classica e dalla nostraintuizione (che non è relativistica).

Jafamiglia dei FIDO è afflitta da un

grave problema: questi osservatorinon possono assolutamente trovarsi sul-l'orizzonte degli eventi o al suo interno.Sull'orizzonte il campo gravitazionale ètanto forte che solo enti che si muovanoalla velocità della luce, come i fotoni,possono restarvi. I FIDO invece, essendoosservatori materiali, devono muoversipiù lentamente della luce. Se venisse atrovarsi sull'orizzonte degli eventi o alsuo interno, un osservatore cadrebbeverso il centro del buco nero; la sua di-stanza dall'orizzonte dovrebbe cioè va-riare, costringendolo a violare le regolestabilite sopra per la scelta degli osser-vatori fiduciari. Data l'impossibilità dicollocare un FIDO sull'orizzonte, lo spa-zio assoluto del paradigma della mem-brana deve fermarsi subito prima.

Questa limitazione risulta meno fasti-diosa se si esaminano le condizioni fisi-che a una distanza arbitrariamente pic-cola dall'orizzonte degli eventi. Dal pun-to di vista di un osservatore lontano, gliorologi battono sempre più lentamentevia via che vengono a trovarsi più viciniall'orizzonte degli eventi; di conseguen-za, qualsiasi processo fisico in questa re-gione rallenta fino a velocità infinitesi-mali. Lasciando cadere una biglia nel bu-co e facendo misurare il tempo di cadutada un FIDO lontano, per esempio, si os-serva che essa all'inizio cade rapidamen-te ma poi, avvicinandosi all'orizzonte,rallenta. Alla fine rimane «appiccicata»all'orizzonte , spostandosi verso l'internoa una velocità che si smorza esponenzial-mente, ma orbitando intorno al buco ne-ro in maniera solidale alla rotazione diquest'ultimo.

Dal punto di vista di un FIDO sospesonelle vicinanze dell'orizzonte degli even-ti, invece, la biglia che cade viene acce-lerata fin quasi alla velocità della luce esubisce la «contrazione di Fitzgerald-Lo-rentz» che si verifica in tutti gli oggetti inmoto a velocità relativistica. L'osserva-

CAMPO ELETTRICO

Nel paradigma della membrana, sull'orizzonte allargato si sviluppano cariche e correnti su-perficiali, proprio come su una membrana di materiale conduttore. Al pari di questa, lamembrana del paradigma reagisce a un campo elettrico a essa perpendicolare generandouna carica superficiale, mentre produce una corrente superficiale (in blu) in risposta a uncampo magnetico parallelo (in alto). Densità di carica e quantità di corrente sono esatta-mente sufficienti a schermare l'interno della membrana dai campi esterni. Si immagina chele particelle cariche che cadono verso il buco nero (in basso) si accumulino sulla membrana;la carica si conserva ed è ridistribuita su tutta la membrana dalle correnti superficiali.

La membrana possiede una resistività elettrica, come la maggior parte dei materiali con-duttori; il suo valore specifico, 377 ohm, indica che occorrerebbero 377 volt per indurreuna corrente di un ampere in un quadrato dilato unitario sulla membrana. Questo valore,relativamente elevato, corrisponde alla resistività di un materiale capace di assorbirecompletamente tutti i segnali elettromagnetici incidenti. Il materiale della membrana ri-produce così la capacità dell'orizzonte degli eventi di assorbire tutta la radiazione.

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g h ab cd e f g h

ORIZZONTEALLARGATO

ab cd e

Un esperimento concettuale in cui un buco nero attraversa un in-tenso campo magnetico costituisce una verifica del paradigma dellamembrana. Secondo il paradigma, l'orizzonte allargato si compor-ta come una sfera conduttrice con una resistività superficiale di 377ohm (a sinistra). Le linee del campo magnetico che scivolano attra-verso la sfera dovrebbero indurre correnti parassite superficiali esubire una leggera distorsione; contemporaneamente la sfera risen-

tirebbe di una modesta resistenza meccanica. Guardando all'inter-no dell'orizzonte allargato (a destra) si vede che le linee del campoin effetti non attraversano l'orizzonte degli eventi, ma si avvolgonointorno a esso e si distaccano in forma di cappi. Queste complica-zioni, nascoste dall'orizzonte allargato (che nella realtà è molto piùvicino a quello vero di quanto appaia in figura), non hanno alcunarilevanza ai fini del comportamento astrofisico del buco nero.

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Sull'orizzonte allargato di un buco nero al centro di un quasar potrebbe formarsi un campomagnetico ordinato. Il buco nero è circondato da un disco di accrescimento a forma di ciam-bella costituito da gas ionizzato ad alta temperatura (in alto). Quando una bolla di plasmaproveniente dal margine interno del disco attrav ersa l'orizzonte allargato (1.21. trascinacon sé un groviglio caotico di linee di campo magnetico (in viola). Il campo magnetico cao-tico, mentre affonda, genera correnti parassite (frecce) che dissipano l'energia dei groviglifluendo attraverso la membrana ad alta resistività (3). Solo le linee ordinate che si esten-dono oltre il buco nero si conservano. unendosi ad altre depositatesi in precedenza (4).

tore vede la biglia assottigliarsi fino auno spessore arbitrariamente piccolo nelmomento in cui questa lo oltrepassa ca-dendo verso il buco nero. (Si noti che,dal punto di vista di un terzo osservatoreche cada nel buco assieme alla biglia,questa attraversa l'orizzonte degli eventisenza rallentare né contrarsi: tale è lastranezza dello spazio e del tempo nellarelatività generale!)

In questo modo, secondo il paradigmadella membrana basato sui FIDO, l'oriz-zonte si copre di vestigia del passato, chesi accumulano in strati di spessore in-finitesimale come sedimenti sul fondodel mare. Questa struttura stratificata,condannata a sprofondare con un rallen-tamento esponenziale verso l'orizzontedegli eventi, non ha nulla a che fare conil resto dell'universo. Poiché il para-digma della membrana è progettato perrisultare intuitivo da un punto di vistaastrofisico, la sua inadeguatezza a forni-re un'idea dei processi che si svolgonosull'orizzonte o al suo interno non costi-tuisce uno svantaggio. In effetti, nel pa-radigma della membrana questi fenome-ni vengono, per così dire, spazzati sottoil tappeto, costruendo un nuovo orizzon-te, un «orizzonte allargato» (stretchedhorizon) immediatamente al di fuori diquello vero e ignorando qualsiasi cosaavvenga entro quest'ultimo.

per poter tralasciare lo studio della materia e dei campi all'interno del-

l'orizzonte allargato, l'influenza del bu-co nero sul suo ambiente deve venireespressa in funzione di questa nuova su-perficie; più specificamente, l'influenza

reciproca tra campo elettrico e campomagnetico osservati dai FIDO sull'oriz-zonte allargato deve riprodurre l'effettodell'orizzonte reale sul campo elettro-magnetico, un effetto già dedotto dalvecchio paradigma dello spazio-tempocurvo. Quindi, definiamo le proprietàdell'orizzonte allargato del nuovo para-digma in modo che questo influenzi icampi misurati dagli osservatori in ma-niera coerente con le previsioni dellateoria dello spazio-tempo curvo.

Nel 1978, Znajek e Thibaut Damourdell'Università di Parigi hanno dimo-strato, indipendentemente l'uno dall'al-tro, che esiste una somiglianza tra leequazioni che descrivono il campo elet-tromagnetico sull'orizzonte degli eventie quelle che collegano campo elettrico ecampo magnetico nei materiali condut-tori. Nel paradigma della membrana noisfruttiamo proprio questa somiglianza:trattiamo l'orizzonte allargato come unamembrana sferica o schiacciata ai poli(se il buco nero sta ruotando su se stesso)di materiale conduttore.

Come qualsiasi altro conduttore, in ri-sposta a un campo elettrico esterno per-pendicolare la membrana costituita dal-l'orizzonte allargato genera una caricasuperficiale, esattamente con la distribu-zione e la concentrazione di carica ne-cessarie a troncare le linee di forza delcampo elettrico perpendicolare e impe-dire loro di penetrare al suo interno.Questo effetto di schermatura è in accor-do con il teorema di Gauss, il quale af-ferma che le linee di campo elettrico pos-sono avere inizio o fine solo su caricheelettriche. La membrana è anche sede di

correnti superficiali quando si trova sot-to l'azione di un campo magnetico a essaparallelo, in accordo con la legge di Am-père che esprime la relazione tra campimagnetici e correnti elettriche. La cor-rente superficiale nella membrana pos-siede esattamente il valore richiesto perschermare l'interno dal campo magneti-co parallelo.

La descrizione del campo elettroma-gnetico sull'orizzonte degli eventi of-ferta dalla relatività generale si espri-me quindi in maniera semplice quantosplendida in termini di cariche e correntisulla membrana. Un aspetto della de-scrizione viene soddisfatto ammettendoche sulla membrana sia valido il princi-pio di conservazione della carica elettri-ca. Ogni volta che nel buco nero cadonocariche vere, portate per esempio daelettroni o positroni, si può conside-rare il fenomeno come una trasforma-zione di queste cariche in carica superfi-ciale della membrana nel momento incui incidono sull'orizzonte allargato; lecariche si muovono poi da un punto al-l'altro della membrana sotto forma dicorrenti superficiali. Da questo punto divista non si crea né si distrugge carica: lasomma della carica vera nell'ambienteesterno al buco nero e di quella fittizia,ma di grandissimo valore intuitivo, accu-mulata sulla membrana resta costante.

Un secondo aspetto della descrizioneassume la forma di un'ipotesi altrettantosemplice, una variante della legge diOhm, che collega le correnti ai campielettrici che le generano. Quasi tutti iconduttori oppongono una certa resi-stenza al flusso della corrente; nel caso

di uno strato sottile di materiale condut-tore la resistenza è espressa con unagrandezza detta resistività superficiale.La formulazione matematica della rela-tività generale, tradotta nel paradigmadella membrana, indica per la resistivitàsuperficiale della membrana un valoreben preciso, pari a 377 ohm. In altre pa-role, per indurre una corrente di un am-pere in un'area quadrata di lato unitariodi materiale della membrana occorre-rebbe un campo elettrico di 377 volt. Sitratta di una resistività molto elevata inconfronto, per esempio, a quella del ra-me (una lastrina di rame di un millimetrodi spessore ha una resistività superficialedi 0,000018 ohm) e assume un significatoben preciso: è la resistività superficialedi un assorbitore perfetto di radiazioneelettromagnetica. La resistività di 377ohm è la manifestazione nel paradigmadella membrana del fatto che la radia-zione può solo entrare nel buco nero enon uscirne.

I n un contesto astrofisico il problema principale non è però quello dell'inte-

razione tra un buco nero e la radiazione(costituita da campi elettromagnetici inoscillazione assai rapida), quanto quellodell'interazione con campi magnetici sugrande scala, che variano in maniera re-lativamente lenta. Per renderci conto dicome la descrizione del buco nero in ter-mini di membrana conduttrice rappre-senti un aiuto nel raffigurarsi interazionidi questo tipo, si consideri un problemaideale molto semplice. Da qualche par-te, in una galassia molto lontana, esisteun campo magnetico assai intenso, comequello nel traferro di un magnete da la-boratorio. Un buco nero penetra in que-sto campo lungo una traiettoria perpen-dicolare alle linee del campo; qual è l'in-fluenza del buco nero sul campo, e quel-la del campo sul moto del buco nero?

Il paradigma della membrana inducea ritenere che il buco nero interagiscacon il campo in maniera approssimativa-mente uguale a quella di una membranasferoidale di materiale conduttore aven-te lo stesso diametro dell'orizzonte e unaresistività superficiale di 377 ohm. Inteoria, quando una superficie conduttri-ce penetra in un campo magnetico le cor-renti superficiali (correnti parassite) chene vengono indotte forniscono una nuo-va componente del campo magnetico, equindi distorcono le linee di campo ori-ginali. Contemporaneamente il campoesterno esercita una forza sulle corren-ti indotte, rallentando il passaggio delconduttore.

Il paradigma della membrana forniscepertanto un'immagine nella quale le li-nee del campo vengono leggermente di-storte nel loro scorrere sull'orizzonteallargato, mentre al contempo il buconero subisce un piccolo effetto di resi-stenza meccanica, di cui si può calcolareil valore preciso risolvendo le equazionidel paradigma. Vale la pena di sottoli-neare che la formulazione matematica

del paradigma dello spazio-tempo curvofornisce il medesimo risultato. Il vantag-gio del paradigma della membrana è chel'immagine che ne deriva è ovvia e intui-tiva e dà una sensazione della natura edell'entità della distorsione e della resi-

stenza meccanica prima ancora di pormano ai calcoli.

Ciò avviene in parte perchè il nuovoparadigma nasconde i particolari non si-gnificativi. Accantonando per un attimola membrana per sbirciare oltre l'oriz-

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Un buco nero in rotazione potrebbe fornire energia a un quasar facendo turbinare le lineedi campo magnetico che attraversano l'orizzonte allargato. Il plasma congelato alle lineedi campo, lontano dal buco nero, le rallenta e deforma il campo stesso. Il meccanismomediante il quale le linee trasferiscono l'energia rotazionale del buco nero al plasma lontanopuò essere considerato come un gigantesco circuito a corrente continua. Il campo magneticorotante induce un'enorme differenza di potenziale tra i poli e l'equatore dell'orizzonteallargato. La corrente (in rosso) va dai poli all'equatore e poi scorre verso l'esterno lungole linee di campo fino a grande distanza; qui viene trasferita per mezzo del plasma allelinee di campo che hanno origine ai poli e rifinisce verso il buco nero. Durante questoprocesso, la corrente deposita la propria energia nel plasma e lo accelera verso l'esterno.Questo meccanismo, ipotetico ma plausibile, potrebbe spiegare la grande luminosità deiquasar e la formazione dei getti di gas che in molti casi si vedono uscire dal loro centro.

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I fossili giurassici di Osteno di G. Pinna

Il giacimento fossilifero di Holzmaden di J.-C. Gall (da «Pour la Science»)

I vertebrati del Mesozoico in Thailandia di E. Buffetaut e R. Ingavat

I mammiferi di Messel di G. Storch (da «Spektrum der Wissenschaft»)

Gli elefanti nani del Quaternario in Sicilia di B. Accordi

zonte allargato, si scopre che le linee dicampo, a causa della dilatazione relati-vistica del tempo, non attraversano mail'orizzonte vero, ma si avvolgono intor-no al buco nero e infine si separano incappi che si contraggono cadendo versol'orizzonte. Queste linee avvolte stretta-mente sono un esempio dei resti stratifi-cati del passato ricoperti dall'orizzonteallargato. L'unico aspetto significativo

dal punto di vista astrofisico, e l'unicovisibile all'esterno dell'orizzonte allar-gato, è la leggera distorsione delle lineedi campo.

Come può il paradigma della membra-na aiutarci a capire l'interazione as-

sai più complessa tra un buco nero inrotazione e un campo magnetico, dallaquale forse i quasar traggono la propria

energia? Il paradigma evidenzia come ibuchi neri non possano conservare unproprio campo magnetico, come accadeinvece per le stelle di neutroni magnetiz-zate che danno origine alle pulsar. Il flus-so di corrente all'interno di una stella dineutroni, che non incontra quasi resi-stenza, riesce infatti a far persistere uncampo magnetico per un periodo vir-tualmente indefinito, mentre la resistivi-tà elevata della membrana di un buconero indica che su di essa correnti ana-loghe verrebbero dissipate entro pochiminuti, facendo estinguere il campo ma-gnetico. Per avere importanza nel forni-re energia a un quasar, un campo ma-gnetico dovrebbe riuscire a pervaderel'orizzonte allargato per tutta la vitadel quasar.

Esiste, però, una fonte esterna di uncampo di questo tipo: il gas interstel-lare che viene attirato nel buco nero.Tutto il gas interstellare è sede di cam-pi magnetici, le cui linee restano conge-late al suo interno allorquando esso vie-ne riscaldato e ionizzato vicino al buconero. La rotazione e la turbolenza diquesto plasma in accrescimento trasfor-mano le linee di campo in una sorta digroviglio caotico, parti del quale vengo-no depositate sull'orizzonte allargato da-gli ammassi di plasma che vi cadono so-pra. Le correnti parassite che fluisco-no nella membrana dissipano continua-mente l'energia del campo caotico, la-sciando linee di campo ordinate, «puli-te»,le quali entrano nella membrana inuna regione che corrisponde perciò a unpolo sud e ne escono presso il polo nord.Una volta che è stata depositata sul buconero, una linea ordinata non può veniredissipata: il plasma e il campo magneticodel disco di accrescimento ve la tratten-gono finché il buco nero non «soffia via»o inghiotte l'intero disco. In questo mo-do il buco nero acquista un campo ma-gnetico che può arrivare anche a 10 000gauss (un valore più di 10 000 volte su-periore a quello del campo magneticoterrestre).

Come ruota questo campo magneticoordinato? Se la membrana avesse unaresistività elettrica nulla, come quella diuna stella di neutroni, le linee del camposarebbero congelate su di essa e costrettea ruotare alla stessa velocità. Se invecela resistività fosse infinita le linee potreb-bero scivolare liberamente attraverso lamembrana e quindi evitare di ruotare. Ilfatto che in realtà la resistività sia di 377ohm induce a ritenere che le linee ten-dano a ruotare insieme alla membrana,ma con un certo slittamento. L'immagi-ne del trasferimento di energia che av-viene nelle pulsar vale quindi anche peri quasar: le linee del campo, che ruotanoturbinosamente, sebbene scivolino nellamembrana, fungono da leve che catapul-tano il plasma verso l'esterno a grandevelocità, trasformando la rapida rotazio-ne del buco nero in un flusso centrifugodi gas altrettanto rapido.

Il paradigma della membrana prospet-

ta un altro modo ugualmente valido diimmaginare il medesimo processo, chepermette di ottenere conoscenze quanti-tative oltre che qualitative sul fenomenodel trasferimento di energia. Il moto diqualsiasi campo magnetico genera uncampo elettrico. Nel caso di un buco ne-ro magnetizzato in rapida rotazione ilcampo elettrico prodotto in prossimitàdell'orizzonte allargato può dare luogo auna differenza di potenziale enorme trai poli della membrana e la sua regioneequatoriale: fino a 1020 volt. È come sel'orizzonte allargato fosse una grandebatteria.

Le linee di forza del campo magneticotrasportano la corrente generata dalladifferenza di potenziale fino a regionilontane del quasar, collegando la mem-brana con il proprio ambiente in un gi-gantesco circuito a corrente continua.La carica positiva scorre lungo le lineedi forza a partire dalla regione equato-riale della membrana, assumendo la for-ma di un eccesso di particelle cariche ne-gativamente che cadono nel buco nero,e rifluisce verso le regioni polari lun-go altre linee di forza, sotto forma diun eccesso di particelle dotate di cari-ca positiva. Lungo l'orizzonte allargatouna corrente fluisce dalle regioni polaria quelle equatoriali, chiudendo il circui-to a un estremo, mentre all'altro estre-mo, lontano dal buco nero, la correntepassa dalle linee di campo equatoriali aquelle polari attraverso il plasma chele separa.

La resistività di questo carico elet-trico situato in una regione distante è,probabilmente, simile a quella propriadella membrana. Come in qualsiasi cir-cuito di uso comune, un simile «adatta-mento di impedenza» tra il generatore ela regione del carico determina il massi-mo trasferimento di energia: circa metàdell'energia del circuito viene depositatanel plasma lontano e metà viene dissipa-ta sotto forma di «calore residuo» dell'o-rizzonte allargato.

Il risultato complessivo è che il plasmanella regione del carico viene acceleratoverso l'esterno, in accordo con i calcolioriginali di Blandford e Znajek. Attra-verso i complicati processi della fisica deiplasmi è allora possibile che parte dellasua energia cinetica venga trasformatanell'intensa radiazione emessa dal qua-sar. Forse il plasma accelerato alimentaanche i sottili getti di gas ionizzato che sivedono uscire da tanti quasar e che spes-so si estendono nello spazio per diversianni luce (si veda l'articolo Getti cosmi-ci di Roger D. Blandford, Mitchell C.Begelman e Martin J. Rees in «Le Scien-ze» n. 167, luglio 1982). E probabile, an-che se tutt'altro che certo, che molti qua-sar traggano la loro energia da questomeccanismo.

Grazie al paradigma della membranasiamo dunque riusciti a realizzare unquadro intuitivo di alcuni dei processiche collegano un buco nero con il restodell'universo.

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