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1 Seconda Università degli Studi di Napoli Dipartimento di Economia Corso di Laurea in Economia Aziendale TESI DI LAUREA IN ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA D'AZIENDA Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

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Page 1: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

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Seconda Università degli Studi di Napoli

Dipartimento di Economia

Corso di Laurea in Economia Aziendale

TESI DI LAUREA

IN

ANALISI ECONOMICO-FINANZIARIA D'AZIENDA

Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento

contabile

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INDICE

INTRODUZIONE ......................................................................................... 4

CAPITOLO 1

COS’È L’AVVIAMENTO ........................................................................... 7

1.1 IL CONCETTO DI AVVIAMENTO ..................................................... 8

1.2 LA VALUTAZIONE DELL’AVVIAMENTO .................................... 12

1.2.1 CAPITALE NETTO .......................................................................... 13

1.2.2 CAPITALE ECONOMICO ............................................................... 15

Metodi diretti ............................................................................................... 16

Metodi indiretti ............................................................................................ 20

E.V.A. .......................................................................................................... 27

Ulteriori considerazioni............................................................................... 32

1.3 I MOTIVI PER VALUTARE L’AVVIAMENTO ............................... 32

CAPITOLO 2

TRATTAMENTO CONTABILE ATTUALE ........................................... 38

2.1 PREMESSA .......................................................................................... 38

2.2 L’AVVIAMENTO ACQUISITO E QUELLO INTERNAMENTE

GENERATO ............................................................................................... 39

2.3 LA RECOGNITION DELL’AVVIAMENTO ...................................... 43

2.4 TRATTAMENTO CONTABILE SUCCESSIVO ............................... 53

2.5 DISCLOSURE ...................................................................................... 63

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CAPITOLO 3

ATTUALI CRITICITÀ............................................................................... 68

3.1 IL RUOLO DELL’AVVIAMENTO NELLA CRISI FINANZIARIA 73

3.2 CRITICITÀ DELL’IMPAIRMENT-ONLY APPROACH .................. 80

3.3 LA REINTRODUZIONE DELL’AMMORTAMENTO PER IL

GOODWILL ................................................................................................ 86

3.4 IL RUOLO DEL GOODWILL NEI CONFLITTI DI AGENZIA ........ 97

CONCLUSIONI ........................................................................................ 105

RIFERIMENTI ......................................................................................... 109

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INTRODUZIONE

L’avviamento è certamente elemento in merito al quale, tutt’oggi, molti dibattiti

sono ancora aperti e lo riguardano in maniera trasversale: dal suo inquadramento

concettuale fino ai giudizi circa l’adeguatezza del suo trattamento contabile in relazione

anche alle criticità emerse dall’analisi delle evidenze empiriche. Formalmente, si tratta di

un elemento che figura in bilancio tra l’ampia categoria delle immobilizzazioni

immateriali pur presentando, rispetto alla quasi totalità degli altri elementi dell’attivo e

del passivo, la peculiarità di non essere ricollegabile ad alcun diritto giuridico, tratto che

rende l’avviamento un item non osservabile e scarsamente propenso ad una traduzione

numeraria oggettiva e, quindi, attendibile. Trattasi, inoltre, di elemento la cui rilevanza

all’interno della dottrina economico-aziendale è indiscussa in quanto parte

imprescindibile del processo di valutazione della dinamica aziendale: la sua esistenza è,

se vogliamo, ricollegata al concetto stesso di azienda come entità sinergica e coordinata

e non come mero raggruppamento dei singoli beni ivi ricompresi. Tale principio

dottrinale ha delle implicazioni per quanto concerne la determinazione del valore

dell’impresa, il quale non può essere ricondotto a quello dei suoi fattori osservabili ma

deve ricomprendere elementi intangibili e non quantificabili ma essenziali al fine di creare

quelle condizioni ottimali che consentano all’azienda di poter essere definita come tale.

L’avviamento racchiude proprio quest’ultima essenza: esso è dato dal surplus che il

valore dell’impresa assume rispetto a quello delle singole parti che la compongono. Il

valore complessivo dell’impresa è dato, a sua volta, dalla sua capacità di creare ricchezza

in quanto attitudine, quest’ultima, che meglio di altre esprime l’abilità nel gestire e

combinare i singoli fattori aziendali in modo da creare un sistema efficiente e coordinato.

Con queste prime osservazioni non si vuole, di certo, pretendere di fornire un

inquadramento esaustivo del concetto di avviamento. Tuttavia, esse contribuiscono già

da ora a rendere un’idea della particolarità di questo elemento e delle conseguenti

problematicità in merito ad una sua “traduzione” nel linguaggio contabile. In merito a

quest’ultimo punto è bene sottolineare come l’impresa non debba in nessun caso includere

in bilancio il proprio avviamento: ciò contrasta con le finalità del bilancio stesso tra le

quali non vi è quella di delineare un quadro della capacità dell’impresa di produrre

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guadagni futuri. L’inclusione del goodwill nell’attivo patrimoniale è giustificata soltanto

dalla messa in atto di operazioni interaziendali (come le acquisizioni aziendali) attraverso

le quali due o più imprese divengono parte di un unico business. Tali pratiche sono

divenute sempre più frequenti1 alla luce del recente processo di globalizzazione che ha

portato alla deregolamentazione e l’apertura dei mercati internazionali agli investimenti

esteri. Si tratta di considerazioni di carattere macroeconomico ma che rendono

maggiormente rilevante il goodwill in relazione al ruolo svolto dallo stesso

nell’informativa di bilancio.

Peculiarità concettuali, difficoltà di realizzare una quantificazione oggettiva e

pienamente condivisibile e ruolo assunto in relazione alle problematiche emerse

dall’osservazione delle evidenze empiriche sono gli elementi principali che rendono

necessaria una messa in discussione dell’attuale modo di intendere l’avviamento in

contabilità. La presente discussione si propone di evidenziare le principali criticità

dell’attuale trattamento contabile, cercando, se possibile, di porre un po’ d’ordine

all’interno delle varie linee di pensiero esistenti in materia. Ricerche empiriche e

considerazioni accademiche attinenti l’argomento verranno prese in considerazione al

fine di realizzare un analisi più esaustiva attraverso una discussione della quale si illustra

brevemente il modo in cui si è deciso di strutturarla in questa sede.

Anzitutto si tenterà di realizzare un inquadramento del concetto di avviamento in

senso strettamente economico e tralasciando, per il momento la sua definizione contabile.

Nel farlo saranno indispensabili alcuni richiami alla dottrina economico-aziendale ad

integrazione dei quali si proporranno considerazioni di carattere finanziario. Se è vero

che le modalità di trattamento contabile di qualsiasi elemento riflettono i tratti qualitativi

di quest’ultimo, allora andare a delineare questo inquadramento concettuale è premessa

imprescindibile per valutare la conformità dell’avviamento al suo attuale trattamento

contabile, che rappresenta il passaggio successivo. Nel fare ciò si procederà con il

1R. Caiazza, Cross-Border M&A. Determinanti e fattori critici di successo, Torino, Giappichelli Editore,

2011. L’autore sottolinea come il fenomeno delle operazioni che giustificano il sorgere in bilancio di un

valore di avviamento sia divenuto rilevante nell’ultimo decennio: “Dopo il trend negativo che ha

caratterizzato il triennio 2001-2003, il fenomeno delle fusioni e acquisizioni ha cominciato a crescere

nuovamente dal 2004, raggiungendo il suo picco nel 2007 per poi decrescere per effetto della grande crisi

mondiale del 2009. Tale ondata è stata caratterizzata da operazioni di natura cross-border quale risposta

all’integrazione dei mercati, alla necessità di consolidare il core business attraverso l’unione con i

concorrenti, dalla maggiore dimensione delle operazioni, dal crescente ruolo degli investitori istituzionali

e dall’ingresso di operatori provenienti da paesi a sviluppo emergente, quali PECO e Cina, che nelle scorse

decadi erano rimasti fuori dalla competizione globale.”

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seguente ordine: anzitutto verranno delineate le modalità di prima iscrizione e, quindi, il

modo in cui è determinato il valore di bilancio dell’avviamento; in seguito si procederà

ad evidenziare quanto attualmente previsto per il suo trattamento contabile successivo la

recognition e, infine, si illustrerà quanto i documenti contabili dispongono in materia di

disclosure. Nel fare tutto ciò si prenderanno in considerazione i documenti contabili

nazionali dell’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) e quelli internazionali, gli

IAS/IFRS emessi dall’International Accounting Standard Board; verranno, quindi,

evidenziate le principali differenze di trattamento contabile tra i due ambiti alla luce della

crescente necessità di convergenza delle pratiche di redazione del bilancio a livello

globale dettata da circostanze quali l’avvicinamento dei mercati internazionali e

l’aumento degli investimenti esteri che amplificano l’esigenza di rendere i bilanci

comparabili anche a livello internazionale. Soltanto in seguito potranno essere formulati

giudizi circa l’adeguatezza dell’attuale trattamento contabile per il goodwill alla luce della

definizione concettuale proposta nella prima parte della discussione. Discutendo delle

attuali criticità si farà riferimento, in particolare, ad un modello concettuale che offre una

visione originale e, a parere di chi scrive, esaustiva del concetto di avviamento: è sulla

base di tale modello, denominato discernible-element approach, che verranno mosse

molte delle critiche relative al modo di intendere il goodwill negli standard internazionali.

Ma la messa in discussione dell’attuale trattamento contabile verrà fatta anche in

relazione ad alcune tendenze macroeconomiche (dettate, a loro volta, da aspetti di natura

comportamentale) che sono state rilevate, in particolare, negli anni successivi lo scoppio

della crisi finanziaria del 2007 e che hanno fatto emergere problematiche non di poco

conto.

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CAPITOLO 1

COS’È L’AVVIAMENTO

Le problematiche relative all’identificazione dell’avviamento e alla sua

successiva misurazione contabile derivano dalle difficoltà di realizzare appieno ed in

maniera condivisa un suo inquadramento concettuale. Ragionando in termini astratti resta

pacifico che qualsiasi posta di bilancio necessiti di essere definita in termini qualitativi

affinché si possa pervenire ad una corretta riconversione quantitativa della medesima;

affinché la si possa, in altri termini, tradurre in numeri. Del resto, ciò rispecchia l’essenza

stessa del sistema di contabilità in senso lato come analisi della dinamica economica

dell’azienda prima ancora che come mero adempimento legislativo. In questi termini la

ragioneria si pone come medium dell’analisi aziendale: essa è, infatti, da un lato, risultato

del processo di conversione degli aspetti qualitativi in termini numerari, e, dall’altro,

punto di partenza per la successiva riconversione degli stessi in dinamica economica2.

Ora, se è vero che sono questi i compiti ai quali ogni sistema di contabilità deve

adempiere, risulta chiara l’importanza di una corretta definizione in chiave concettuale di

ogni singolo elemento aziendale come condizione imprescindibile per una sua successiva

conversione in numeri.

Ecco perché dell’avviamento si cercheranno di comprendere, prima ancora

dell’attuale metodo di rilevazione e misurazione, i suoi tratti fondamentali ed il suo ruolo

nella realtà economica aziendale. Soltanto successivamente potranno essere formulati

giudizi circa eventuali inadeguatezze nell’attuale trattamento contabile.

2 E. Giannessi, 1960 citato in: E. Cavalieri, Economia Aziendale, Torino, Giappichelli Editore, 2010

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1.1 IL CONCETTO DI AVVIAMENTO

Nel definire cosa sia l’avviamento risulta necessario capire il modo in cui esso è

inteso nella dottrina economico-aziendale, ove l’obiettivo di fornirne un adeguato

inquadramento concettuale è subordinato, anzitutto, alla discussione circa le diverse

configurazioni di capitale e le relazioni intercorrenti tra le stesse. Soltanto in questo modo

risulterà possibile pervenire ad una chiara interpretazione dei dettati normativi in materia,

i quali, considerati isolatamente, risultano inadeguati nell’ottemperare allo scopo.

Passando in rassegna un breve richiamo delle fonti normative in materia contabile,

infatti, ci si accorge subito della peculiare natura di tale elemento se lo si confronta agli

altri elementi aziendali. Al par. 7 del documento “OIC 24 Immobilizzazioni immateriali”

ne viene data una prima definizione, ove esso è inteso come “l’attitudine di un’azienda a

produrre utili che derivino […] da incrementi di valore che il complesso dei beni

aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni in virtù

dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente”. Si potrebbero, idealmente,

discernere dalla definizione proposta dall’OIC 24 due chiavi di lettura delle quali una è

squisitamente economica mentre l’altra è legata all’ottica manageriale. Fermo restando la

stretta interconnessione tra le due.

Ed è già dalla prima che si possono riscontrare profondi elementi di discontinuità

tra l’avviamento e gli altri fattori aziendali. Questa discontinuità attiene al fatto che,

tenendo a mente l’idea di contabilità in senso lato accennata poc’anzi, se l’analisi della

dinamica aziendale presuppone la conversione in numeri dei fattori aziendali che,

congiuntamente, concorrono a definire l’attitudine dell’azienda stessa a produrre

ricchezza, l’avviamento è definito proprio come tale attitudine e non come singolo

elemento della realtà aziendale. In particolare, il suo sorgere presuppone la capacità di

chi fa impresa di “mettere insieme nel modo giusto” (volendo esprimere il concetto in

modo molto basilare) i vari fattori aziendali in modo da ottenere dei profitti maggiori di

quelli che si otterrebbero utilizzando i vari fattori come elementi a se stanti piuttosto che

come parte di un più complesso schema di combinazione. Altrove questo concetto viene

ricondotto all’espressione di “excess earning power” (tradotto letteralmente: capacità di

guadagni in eccesso), espressione con la quale molti identificano, in pratica, l’avviamento

stesso.

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Per quanto attiene l’ottica manageriale essa fa riferimento alla capacità da parte

del management di far sì che i vari fattori aziendali interagiscano tra di loro all’interno

dell’azienda formando una combinazione che meglio di altre consenta il raggiungimento

dello scopo economico di creazione di valore. Ecco perché si afferma che la definizione

stessa del concetto di azienda non si esaurisce nei fattori che essa possiede ma nella

modalità in cui essi vengono combinati al fine di creare valore3. Ma accanto a questa

prospettiva intra-aziendale, se ne instaura un’altra che attiene ai rapporti tra l’impresa e

gli stimoli che promanano dall’ambiente circostante (sul quale essa esercita un’influenza

ed è, a sua volta, influenzata in maniera più o meno rilevante a seconda di fattori quali la

prossimità dell’ambiente considerato o le dimensioni dell’azienda stessa) e la capacità del

management di gestire la complessità di questi rapporti che, se inadeguatamente

fronteggiati, compromettono il processo di creazione di valore.

Di tutto ciò tiene in considerazione anche la definizione, già citata, fornita

dall’OIC 24 quando, nel prosieguo dello stesso paragrafo, specifica le possibili

motivazioni che potrebbero giustificare il pagamento di un corrispettivo che superi il

valore della somma dei singoli elementi dell’azienda nell’ambito di un’ipotetica

acquisizione aziendale: “extra reddito generato da prodotti innovativi o di ampia

richiesta, creazione di valore attraverso sinergie produttive o commerciali, ecc.”. Ecco

perché, come si diceva in precedenza, nel tentare di fornire una definizione

dell’avviamento non si può far riferimento soltanto ai dettami normativi ma si necessita

che essi siano letti alla luce della dottrina economico-aziendale. Del resto la discussione

non fa riferimento ad un elemento al quale è riconducibile un costo o specifiche tutele

legali, bensì a un’attitudine aziendale, derivante da fattori spesso non osservabili e

quantificabili.

Il problema (se di problema si può parlare) è che anche elementi quali capacità e

competenze nel gestire la combinazione dei fattori aziendali sono essi stessi fattori

aziendali, al pari di un macchinario o delle scorte di magazzino, in quanto, esattamente

come questi ultimi, concorrono a consolidare la capacità dell’impresa di produrre valore.

Volendo, infatti, intraprendere un ragionamento a ritroso, ricordando quelli che vengono

definiti come “fattori aziendali primigeni”, vale a dire capitale e lavoro, possiamo con

ragionevolezza ricondurre le capacità imprenditoriali alla seconda categoria.

3 E. Cavalieri, Economia Aziendale, op. cit.

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Essendo, in sintesi, pacifico che, al pari della dotazione fisica e finanziaria, anche

elementi meno visibili quali l’esperienza o la conoscenza sono legittimati ad essere

ricompresi nell’accezione “fattore aziendale”, è altresì palese che questi ultimi, così come

i primi, concorrano ugualmente allo svolgimento dell’attività aziendale e, quindi, alla

creazione di ricchezza, rilevando sulla determinazione del valore stesso dell’impresa. Ma

mentre la dotazione fisica (impianti, macchinari, scorte, ecc.) ben si presta ad essere

ricondotta oggettivamente a valori numerici, non si può dire lo stesso per tutti i fattori

aziendali, tra i quali ve ne sono alcuni la cui stima deve necessariamente basarsi su

congetture più o meno realistiche (si pensi a molte delle attività intangibili) ed altri ai

quali risulta pressoché impossibile pervenire ad una quantificazione attendibile nemmeno

operando congetture e semplificazioni (si pensi alle capacità manageriali).

Orbene, premesso che, come già ricordato, il valore dell’impresa va oltre il valore

delle sue singole parti, e considerato che molte delle componenti della realtà aziendale

mancano dei requisiti che le consentirebbero di essere tradotte in valori numerari e,

quindi, per forza di cose sono escluse dal bilancio stesso dell’impresa, emerge una

discrepanza tra il valore contabile dell’impresa e il suo valore economico, inteso

quest’ultimo come valore dell’insieme di fattori che, opportunamente combinati tra di

loro, concorrono a formare la capacità della stessa di creare ricchezza.

Volendo ragionare in termini di singoli fattori produttivi possiamo affermare che

la suddetta discrepanza sorge in quanto il valore di un fattore di produzione non dipende

soltanto dalla natura dello stesso ma dall’utilizzo per il quale è preposto. Ciò significa

che, se considerato parte integrante di una più complessa organizzazione produttiva (c.d.

use in combination), esso assume un valore maggiore rispetto all’ipotesi in cui sia

considerato come elemento a se stante (c.d. stand alone basis). E significa, altresì, che

un’ipotetica valutazione al fair value4 di tutti i fattori aziendali andrebbe probabilmente a

ridurre (ma non ad annullare) la suddetta discrepanza. Valutare un’attività aziendale al

fair value, infatti, vuol dire operare una stima che rifletta il valore assunto nella

combinazione aziendale e che, quindi, ne massimizzi l’utilizzo o il valore di presumibile

realizzo in caso di cessione nel caso in cui l’acquirente ne vada a fare un uso analogo,

4IASB, IFRS 13 Fair Value Measurement. Il documento fornisce una esplicita definizione del concetto di

fair value: “The price that would be received to sell an asset or paid to transfer a liability in an orderly

transaction between market participants at the measurement date.”

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oppure, nel caso di una passività, operare una stima del corrispettivo che, al tempo

presente, sarebbe necessario per estinguere tale obbligazione.

In senso lato è comunque da sottolineare come sia ipotesi irrealistica

l’incorporazione del valore economico dell’impresa in bilancio in quanto definita in

assenza dei principi di ragionevolezza e prudenza: se è vero che una pervasiva valutazione

a fair value avvicinerebbe5 il valore del capitale netto aziendale a quello economico, è

anche vero che nella determinazione di quest’ultimo si deve ancora tener conto di quei

già citati fattori non incorporabili in bilancio (capacità imprenditoriali, esperienza, know-

how…) che continuano a giustificare l’esistenza di tale differenza e, quindi,

dell’avviamento. Tale ipotesi comporterebbe, come logica conseguenza, l’anticipazione

dei redditi futuri, quelli per i quali, cioè, se ne presume ragionevolmente la realizzazione

futura ma comunque subordinata al completamento di processi produttivi non ancora

ultimati. In altre parole, presuppone un mancato rispetto del principio della competenza

economica.

L’ipotesi di una valutazione al fair value di tutti gli elementi patrimoniali

contribuisce a fornire una differente prospettiva della questione di fondo, che, come già

discusso, attiene alla presenza di una discrepanza tra i due modi di intendere il capitale

aziendale, ovvero come somma dei valori delle singole parti, da un lato, e come valore

intrinseco dell’azienda che si manifesta nella sua capacità di generare ricchezza dall’altro.

Questa differenza attiene, tra le altre cose, all’impossibilità oggettiva di valutare

taluni fattori aziendali, alla quale si affianca l’inopportunità di suddetta valutazione,

derivante dalla presa d’atto che sarebbe controproducente unificare i valori di capitale

netto e capitale economico in un unico ammontare per le ragioni di cui si è parlato poco

fa.

A ciò si aggiunga una ulteriore riflessione: l’inesistenza, come vedremo, di una

metodologia condivisa che permetta di giungere alla determinazione di un valore

economico del capitale aziendale univoco ha come conseguenza l’impossibilità di trovare

per l’avviamento un valore altrettanto condiviso. Esistono, piuttosto, differenti tecniche

valutative, ognuna delle quali parte da presupposti e basi teoriche differenti, così come,

5 Si badi: “avvicinerebbe” e non “farebbe coincidere” in quanto, anche nel caso di una valutazione a fair

value di tutti gli elementi patrimoniali, la differenza tra capitale netto e valore complessivo aziendale

continuerebbe ad essere alimentata dalla presenza dei già citati fattori aziendali che, seppur non

comparendo negli schemi di bilancio, concorrono comunque alla creazione di valore.

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del resto, sono differenti i punti di vista di chi muove tale analisi. Ecco, quindi, che la

valutazione dell’avviamento presuppone di tenere in considerazione non soltanto la

tipologia del modello valutativo ma anche gli interessi particolari dei soggetti che, a vario

titolo, sono interessati a conoscere l’entità di questo elemento. In linea di massima si

potrebbe abbreviare la questione semplicemente costatando l’esistenza di due gruppi di

soggetti interessati a valutare l’azienda nel suo complesso e, quindi, l’avviamento:

soggetti interni all’azienda, la cui esigenza può essere, ad esempio, di natura strategica o

di valutazione della bontà delle operazioni di gestione poste in essere; soggetti esterni

all’azienda, tra i quali si instaurano, a vario titolo, analisti finanziari, potenziali investitori

oppure potenziali acquirenti dell’azienda stessa. Comunque si tenterà nel seguito del

capitolo di illustrare più nel dettaglio sia le differenti metodologie di valutazione sia i

potenziali interessi in capo a chi effettua tale analisi.

In ogni caso, la discrepanza tra le due configurazioni di capitale ci fornisce

un’indicazione di massima di quanto l’azienda sia legittimata ad essere considerata tale

piuttosto che un semplice raggruppamento di vari elementi: ci dice, insomma, se essa sia

o meno avviata e in che misura. Ecco perché suddetta differenza viene identificata con il

termine “avviamento”.

1.2 LA VALUTAZIONE DELL’AVVIAMENTO

La discussione appena proposta può essere sintetizzata nella seguente definizione,

che vede l’avviamento come “l’eccedenza del valore del capitale economico del

complesso, rispetto al valore delle singole parti patrimoniali che lo compongono […]

esso indica di quanto l’insieme vale più della somma delle parti6”. Per dirlo in altri

termini, la differenza tra il valore dell’insieme e quello delle singole parti suggerisce se e

di quanto l’impresa è avviata. Ci suggerisce, altresì, che la problematica principale circa

la valutazione dell’avviamento presuppone la “corretta” valutazione delle singole parti e

6 A. Amaduzzi, 1960 citato in: E. Cavalieri, Economia Aziendale, op. cit.

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quella dell’insieme. E prima ancora, una specificazione adeguata dell’aggettivo

“corretta”.

Si tenterà, quindi, di cogliere i tratti essenziali di quei concetti senza la cui

determinazione risulta impossibile la quantificazione dell’avviamento aziendale, ovvero:

il capitale netto e le sue opportune riqualificazioni; il valore economico del capitale, al

quale è riconducibile, in sostanza, il valore stesso dell’azienda.

1.2.1 CAPITALE NETTO

E’, in linea di massima, identificabile con la ricchezza direttamente riconducibile

agli shareholder, ovvero a ciò che è iscritto nello Stato Patrimoniale civilistico sotto il

nome di Patrimonio Netto. Tale grandezza può essere variamente intesa: oltre alla

definizione appena proposta può essere definita come il capitale conferito nella fase di

avvio dell’attività di impresa dai soci con l’aggiunta dei conferimenti successivi e degli

utili conseguiti trattenuti in azienda a titolo di rifinanziamento; oppure come la somma

delle attività nette (decurtate delle passività).

Riprendendo quest’ultima definizione (attivo meno passivo) risulta chiaro come

la corretta stima del capitale netto dipenda da quella operata per le attività e le passività,

ove il termine “corretta” usato (forse impropriamente ma volutamente) fino a questo

punto fa riferimento ad una stima che presenti un elevato grado di attendibilità; il quale,

a sua volta, presuppone che “l’assegnazione dei valori agli elementi del capitale venga

definita in funzione di quelli da assegnare al reddito di periodo7”. Suddetta assegnazione

deve avvenire, in altri termini, rispecchiando i principi di ragionevolezza e prudenza che

consentano di imputare al periodo in corso solo gli utili conseguiti a seguito di processi

produttivi ultimati nell’arco temporale di riferimento, rispettando il principio della

competenza economica: in altre parole, per una corretta valutazione dell’avviamento il

7 E. Ardemani, 1978 citato in: E. Cavalieri, Economia Aziendale, op. cit.

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capitale netto deve il più possibile rispecchiare quello di funzionamento la cui

determinazione è comunque condizionata dall’impossibilità di ricondurvi “quelle risorse

immateriali accumulate in maniera graduale e spontanea nel tempo […] riconoscibili e

valutabili con maggiore difficoltà e la loro considerazione mal si concilia con le esigenze

di oggettività delle determinazioni di reddito di periodo”8 . In ogni caso, essa è comunque

orientata dai dettami normativi la cui stesura, sia in ambito nazionale che internazionale,

è in linea di massima indirizzata affinché siano rispettati diversi principi tra i quali

troviamo anche quelli appena citati9.

Nonostante la sua determinazione sia guidata dai dettami normativi, non sempre

il capitale netto risulta essere un valore univoco in senso assoluto. Esso risulta, in un certo

senso, influenzato dalle necessità di chi muove l’analisi. Per cui se la sua determinazione

viene effettuata ai fini dell’adempimento dell’obbligo di comunicazione imposto dal

legislatore, allora i dettami normativi cui si è appena fatto riferimento svolgono un ruolo

“unificatore” in quanto la loro ottemperanza non consente a chi svolge l’analisi di

discostarsi da un certo range di valori. Ma in altri casi l’analisi viene condotta per scopi

diversi dall’adempimento burocratico e il valore del capitale netto andrà a rispecchiare le

diverse esigenze conoscitive di chi ne effettua la quantificazione, come si avrà modo di

osservare nel prosieguo.

1.2.2 CAPITALE ECONOMICO

8 Lucio Potito, Economia Aziendale, Torino, Giappichelli editore, 2014 9 Ciò è riscontrabile tanto nel Conceptual Framework for Financial Reporting dello IASB quanto nel

documento 11 dell’OIC nonostante i due Board seguano palesemente una diversa impostazione concettuale.

Se è, infatti, esplicito il fine perseguito dal primo, ossia, in sostanza, quello di statuire standard contabili

che agevolino la lettura dei bilanci a chi deve prendere decisioni economiche inerenti l’azienda (e, quindi,

di agevolare le decisioni di un potenziale investitore che deve decidere di finanziare a titolo di proprietà o

di debito) è chiara, invece, l’impostazione seguita dall’OIC di elevare a stakeholder primari i creditori

impostando i principi contabili al fine della loro tutela. Il che genera differenze, talvolta sostanziali, che

fanno riferimento, ad esempio, ad una maggior enfasi posta in ambito nazionale sul requisito della prudenza

rispetto a quello della tempestività dell’informazione, rimarcato con maggior forza dal Framework. Ma,

nonostante queste peculiarità, principi quali comparabilità, chiarezza, rappresentazione fedele sono comuni

ad entrambi.

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Si potrebbe dire che la differenza più rilevante tra questa configurazione di

capitale e quella di cui si è appena discusso sta nel rispetto del principio della competenza

economica. Se esso è imprescindibile nella definizione dei valori di bilancio, non lo è,

invece, nella definizione del valore globale dell’impresa che, anzi, si riflette proprio nel

valore della ricchezza che essa presumibilmente produrrà in futuro. A tal proposito è bene

segnalare che, proprio per la caratteristica di essere influenzato da stime e congetture sui

redditi futuri, non esiste un modo univoco di definizione del capitale economico.

Esistono, piuttosto, differenti metodologie caratterizzate da un grado più o meno elevato

di discrezionalità e, quindi, di attendibilità. In aggiunta, c’è da sottolineare che si tratta

pur sempre di metodi riconducibili alla dottrina economico-aziendale o all’ambito

finanziario, scarsamente suscettibili di una “traduzione” in ambito normativo: il che

genera rilevanti ripercussioni nel modo in intendere l’avviamento negli standard

contabili, come si avrà modo di vedere più avanti.

Pur tenendo presente la già citata mancanza di univocità nel metodo di

determinazione del valore economico del capitale, è generalmente condivisa l’idea che

essa debba avvenire ispirandosi quanto più possibile ai criteri seguenti10:

a) Generalità: la valutazione deve prescindere da effetti contingenti di domanda e

offerta e in particolare, qualora la valutazione sia finalizzata alla determinazione

di un corrispettivo per l’acquisto di un’azienda, deve essere indipendente dagli

interessi specifici delle parti, dal loro potere contrattuale e, più in generale, dalle

loro caratteristiche;

b) Razionalità: la valutazione deve seguire un metodo valido concettualmente e

dotato di consistenza teorica, secondo uno schema logico, chiaro e condivisibile;

c) Obiettività: fa riferimento alla concretezza nell’applicabilità del metodo e a questo

principio si ricollegano quelli di dimostrabilità (attinente alla credibilità ed

oggettività sui quali si fondano i valori e le quantità inclusi nel metodo stesso) e

stabilità (i valori e le quantità inclusi nel metodo devono quanto più possibile

rispecchiare eventi che raffigurino una prospettiva temporale orientata alla

10 La digressione circa la determinazione del capitale economico trae spunto, in particolare, da: Luigi

Rabuini, Metodologie di stima del capitale economico delle aziende, 2008, in www.borsaitaliana.it

Page 17: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

17

continuità, escludendo, quindi, quelle componenti di natura straordinaria ed

occasionale).

Fatta questa dovuta premessa, nella prassi i differenti metodi di valutazione del

capitale economico di un’azienda o ramo d’azienda possono essere ricondotti a due

macro-classi: metodi diretti e indiretti. A loro volta, da tali macro-classi si dipartono

tecniche di valutazione differenti: così, mentre nella prima categoria possiamo distinguere

tra i metodi diretti in senso stretto e quelli fondati su moltiplicatori empirici, nella seconda

troviamo metodi basati su grandezze flusso e metodi basati su grandezze stock, oltre che

una terza tipologia che costituisce una sorta di incrocio tra le due metodologie indirette

(c.d. metodi misti). In ogni caso si tenterà di illustrare tali tecniche valutative nel

prosieguo.

Metodi diretti

Sono compresi in questa categoria tutti quei metodi la cui valutazione si basa su

dati desunti dall’esterno, ricorrendo a paragoni con altre imprese simili alla valutanda per

caratteristiche qualitative e quantitative. In particolare, i dati in questione fanno

riferimento a valori formatisi in due differenti contesti di mercato:

a) Il mercato di borsa per le imprese quotate, cui segue l’utilizzo di multipli di

borsa (stock market multiples);

b) Il mercato del controllo per le imprese non quotate, cui segue il riferimento a

transazioni aventi ad oggetto imprese comparabili (deal multiples).

Nell’ambito della categoria dei metodi diretti, ulteriore distinzione può essere fatta

tra quelli in senso stretto e quelli fondati su moltiplicatori empirici.

Page 18: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

18

Con i metodi diretti in senso stretto il capitale economico dell’impresa valutanda

viene stimato sulla base del valore complessivo delle sue azioni (nel caso in cui,

ovviamente, l’impresa sia quotata) oppure sulla base del valore complessivo delle azioni

di imprese similari a quella oggetto di valutazione. Volendo tradurre in numeri, indicando

il capitale economico con W, abbiamo:

𝑊 = ∑ 𝑃𝑖 ∗ 𝑚𝑖

𝑛

𝑖=1

dove:

𝑃𝑖 è il prezzo di mercato di un’azione della tipologia i (ordinaria, privilegiata, di

risparmio…)

𝑚𝑖 è il numero di azioni della tipologia i

Qualora sia possibile operare tale confronto senza discostarsi dai criteri guida di

valutazione del capitale economico precedentemente elencati, il metodo risulta possedere

un elevato grado di validità in quanto tipicamente i prezzi delle azioni, così come valutati

da mercati efficienti in cui è riscontrabile la sostanziale assenza di asimmetrie

informative, riflettono le potenzialità attuali e future dell’azienda: ricalcano, in altre

parole, la definizione stessa di “capitale economico”.

Nel caso in cui l’azienda oggetto di valutazione non sia quotata il suo capitale

economico può essere stimato approssimandolo a quello di altre imprese le cui

caratteristiche quali-quantitative risultino essere simili. Algebricamente il metodo è

caratterizzato da una media aritmetica, semplice o ponderata, in una maniera che ricalca

la seguente:

𝑊 =∑ 𝑊𝑠

𝑛𝑖=1 ∗ 𝑝𝑖

∑ 𝑝𝑖𝑛𝑖=1

Page 19: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

19

dove:

𝑊𝑠 indica i valori economici del capitale delle aziende prese in considerazione sulla

base di transazioni aventi ad oggetto imprese simili

𝑝𝑖 indica i pesi attribuiti a ciascuna valutazione

Per quanto riguarda i metodi diretti fondati su moltiplicatori empirici, essi si

basano sui c.d. multipli come punto di riferimento per la valutazione del capitale

economico. Tali multipli sono, in pratica, calcolati come il rapporto tra il valore

economico di un campione di imprese similari alla valutanda (con riferimento a imprese

facenti parte del mercato borsistico o di quello di controllo a seconda del fatto che la

valutanda sia o meno quotata) ed alcune variabili relative alle imprese stesse (fatturato,

risultato operativo, margine operativo lordo, cash flow, ecc.; è intuitivo il perché tra tali

variabili non sia stato menzionato il risultato netto: in quanto tale, esso incorpora anche

elementi facenti riferimento alla gestione extra-caratteristica e il suo impiego

comporterebbe, quindi, il mancato rispetto del requisito della stabilità). Dopo aver stimato

il multiplo, il valore economico del capitale si ottiene moltiplicandolo per la stessa

variabile considerata in precedenza ma stavolta riferita all’impresa oggetto di valutazione.

Analiticamente:

𝑊 = (𝑃/𝑘)𝑠 ∗ 𝑘

dove:

(𝑃/𝑘)𝑠 è il moltiplicatore di mercato di un campione di imprese simili alla

valutanda per caratteristiche quali-quantitative ottenuto mettendo a rapporto il prezzo di

mercato di tali imprese (𝑃𝑠) desunto dal contesto di mercato cui si è fatto riferimento e la

grandezza, tra tutte quelle espressive del valore di tali imprese, ritenuta più appropriata

per la valutazione (𝑘𝑠)

Page 20: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

20

𝑘 rappresenta la stessa caratteristica usata per la stima del moltiplicatore ma

riferita all’impresa valutanda

A tale metodo vi si fa anche riferimento con l’espressione equity approach to

valuation, in quanto consente di pervenire direttamente alla stima del capitale economico,

a differenza di un’ulteriore metodologia fondata anch’essa sui moltiplicatori empirici,

denominata entity approach to valuation che consente di pervenire, invece, alla stima

dell’enterprise value (valore di mercato del capitale operativo) e, quindi, sottraendo a

quest’ultimo il valore dei debiti finanziari, al capitale economico nella maniera seguente:

𝑊 = [(𝑃 + 𝐷)/𝑘]𝑠 ∗ 𝑘 − 𝐷𝑡

dove:

𝐷𝑠 è il valore di mercato dei debiti finanziari delle imprese-campione

𝐷𝑡 è il valore di mercato dei debiti finanziari dell’impresa valutanda

In conclusione, possiamo affermare che, con i metodi di valutazione diretti, il

valore del capitale economico di un’impresa è desunto da valori reperiti in specifici

contesti di mercato. Nel caso in cui l’impresa oggetto di valutazione è quotata in borsa,

ciò equivale ad affermare che il suo valore economico si approssima al prezzo teorico

delle azioni determinatosi sul mercato borsistico. Ma la correttezza nella determinazione

di tale prezzo teorico è subordinata al corretto funzionamento del mercato stesso che, a

sua volta, dipende dall’esistenza di determinate condizioni quali l’assenza di asimmetrie

informative che rende ogni operatore onnisciente e razionale o la concorrenzialità di tale

mercato. Nella realtà, tuttavia, l’assenza di tali tratti inficia l’attendibilità delle

metodologie di valutazione di cui si è appena discusso.

Metodi indiretti

Page 21: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

21

La presa d’atto della possibile presenza di imperfezioni nei mercati finanziari

rende necessaria la definizione di metodi di stima del capitale economico che annullino

la loro dipendenza dai dati desunti da tali mercati ma che si basino, invece, su dati di

natura endogena all’azienda opportunamente rielaborati. In estrema sintesi possiamo

distinguere tre differenti metodologie indirette di stima del valore economico del capitale:

a) Metodi basati su grandezze flusso

b) Metodi basati su grandezze stock (patrimoniali)

c) Metodi di valutazione misti

Possiamo, poi, ulteriormente scindere la categoria sub. a) a seconda dei valori

considerati nella valutazione fermo restando che l’impostazione di fondo del processo

resta invariata, in quanto essa atterrà comunque all’attualizzazione dei presumibili valori

di flusso futuri. Avremo, quindi:

1) Metodi reddituali

2) Metodi finanziari

Nel primo caso si perviene alla stima del valore economico del capitale

attualizzando i flussi di reddito normalizzati che si presume l’impresa riuscirà a

conseguire in futuro. La valutazione complessiva di un’azienda, lo ricordiamo, attiene, in

estrema sintesi, alla capacità di creare ricchezza attraverso l’attività di gestione sulla quale

la stessa fonda l’oggetto della sua esistenza. Attraverso, cioè, quella sequenza di

operazioni coordinate e sinergiche di cui se ne dà per scontata la ripetizione in un arco di

tempo relativamente lungo. E’ soltanto l’attività tipica di gestione dell’azienda che deve

essere presa in considerazione per la sua valutazione complessiva, motivo per il quale

risulta necessario normalizzare le grandezze reddituali per epurarle dalle componenti

atipiche di gestione attraverso procedimenti quali l’eliminazione di oneri o proventi

estranei alla gestione tipica oppure la riconsiderazione degli oneri fiscali (ad esempio,

Page 22: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

22

considerando solo quella parte degli stessi che, in maniera proporzionale, può essere

ricondotta al reddito operativo).

Fatta questa dovuta premessa possiamo esprimere in formule il tutto:

𝑊 = 𝑅1𝑣1 + 𝑅2𝑣2 + … + 𝑅𝑛𝑣𝑛 + 𝑃𝑛𝑣𝑛

dove:

𝑅1, 𝑅2, … 𝑅𝑛 sono i flussi futuri di reddito (normalizzati) che si ritiene l’impresa

sia in grado di realizzare

𝑃𝑛 è il valore di realizzo dell’azienda alla fine dell’arco temporale entro il quale

viene condotta la valutazione (n), decurtato delle riserve formate dagli utili non distribuiti

in quanto elementi, questi ultimi, già incorporati nella definizione di R

𝑣1, 𝑣2, … 𝑣𝑛 sono i coefficienti di attualizzazione dei flussi reddituali

Il metodo finanziario ricalca esattamente la stessa metodologia con la differenza

che debbono essere considerati i flussi di cassa (cash flow) anziché quelli reddituali. Si

arriva così alla definizione squisitamente finanziaria di DCF (Discounted Cash Flow).

Si fa convenzionalmente riferimento a tali metodologie di valutazione con

l’espressione metodi fondamentali teorici, di cui si rende necessaria una ulteriore

precisazione. Se è pacifica la loro validità concettuale in quanto rispecchiano appieno la

definizione di capitale economico, sorgono delle difficoltà in merito alla loro applicazione

dal momento che il metodo presenta evidenti limiti legati alla sua soggettività e

imprevedibilità. La soggettività si traduce nel mancato rispetto del requisito della

generalità in quanto la determinazione dei valori potrebbe oltremodo essere influenzata

dagli interessi particolari che guidano la motivazione stessa della valutazione.

L’imprevedibilità lede, invece, il requisito della dimostrabilità in quanto i flussi reddituali

(o monetari) sono difficilmente prevedibili e di certo non possono essere stimati

esclusivamente sulla base di informazioni passate e presenti. Ne deriva una mancanza di

oggettività nella stima del capitale economico che si traduce nell’impossibilità di definire

Page 23: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

23

un valore univoco per l’avviamento che da questo punto di vista sembra quasi risultare

un valore di compromesso tra le molteplici metodologie di valutazione del valore

complessivo aziendale dettate dalle differenti esigenze di tutti coloro che risultano

interessati alla quantificazione di tale valore.

Alla metodologia fondamentale si affiancano i metodi semplificati (puri) che

partono dall’assunto di un arco temporale infinito e ai flussi reddituali (o finanziari)

determinati in previsione di ogni singolo periodo se ne sostituisce uno che ne rappresenta

una sintesi (c.d. reddito medio prospettico). La formula è quella della rendita perpetua:

𝑊 =𝑅

𝑖

dove:

𝑅 è il flusso reddituale o finanziario

𝑖 è il tasso di capitalizzazione (o di sconto)

In entrambi i casi, oltre alla normalizzazione dei flussi considerati, è fondamentale

stimare la misura del fattore di sconto, di cui si accenna brevemente qui di seguito.

Esso deve incorporare due profili di rischio:

a) Il rischio sistematico (o non diversificabile), ovvero quello che non può essere

ridotto dalla diversificazione; per la sua stima si fa riferimento al rendimento dei

titoli privi di rischio presenti sul mercato (generalmente i titoli di stato)11;

b) Il rischio specifico (o diversificabile), ovvero il rischio che può essere ridotto

tramite la diversificazione; esso fa più esplicitamente riferimento al rischio

11 Lucio Potito, Economia Aziendale, op.cit. Come osservato dall’autore, la convenzione di associare il

tasso privo di rischio a quello dei titoli di stato era accettabile fino al momento in cui la crisi finanziaria ha

posto in evidenza come nemmeno questi ultimi possano essere ritenuti sicuri in senso assoluto.

Page 24: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

24

ricollegabile all’attività d’impresa e viene stimato con metodologie quali il

CAPM12 (Capital Asset Pricing Model).

A differenza dei metodi reddituali e finanziari, il metodo patrimoniale perviene

alla stima del capitale economico attraverso una opportuna rielaborazione degli elementi

dell’attivo e del passivo patrimoniale dai quali, per differenza, si determina il capitale

netto a sua volta rettificato. Tale rielaborazione è finalizzata alla riformulazione degli

elementi patrimoniali a valori correnti. Ciò significa stimare13:

a) I fattori aziendali destinati allo scambio al loro valore di presumibile realizzo;

b) I fattori aziendali destinati a prestare la loro utilità per più esercizi al loro valore

di sostituzione;

c) Le passività aziendali al loro valore corrente di estinzione.

Riprendendo la metodologia pura basata su valori di flusso e ipotizzando una

continuazione dell’attività aziendale che non vede limiti temporali (n tende a infinito)

abbiamo che:

𝑊 =𝑅

𝑖

12In: www.borsaitaliana.it Più specificamente tale modello mostra la relazione tra il rendimento di un titolo

ed il rischio associato in ipotesi di assenza di imperfezioni nei mercati finanziari (assenza di asimmetrie

informative e costi di transazione, omogeneità delle aspettative, divisibilità all’infinito dei titoli…). In

formule:

𝑟 − 𝑟𝑓 = 𝛽(𝑟𝑚 − 𝑟𝑓)

dove il termine a sinistra rappresenta il premio per il rischio specifico, dato dalla differenza tra il rendimento

del titolo specifico e quello free risk e indica il rendimento aggiuntivo richiesto per investire in un titolo

rischioso anziché in uno sicuro; il termine a destra esprime il premio per il rischio di mercato (la differenza

tra parentesi, detto anche market risk premium) moltiplicato per 𝛽, ossia la misura della reattività del

rendimento del titolo rispetto ai movimenti del mercato (in altri termini, il rischio sistematico del titolo

stesso). 13 Ovviamente ciò si traduce in procedimenti di stima ad-hoc per ogni singolo elemento patrimoniale sui

quali si è ritenuto inopportuno soffermarsi in questa sede.

Page 25: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

25

da cui:

𝑅 = 𝑊𝑖

Indicando, ora, con 𝐾𝑡 il patrimonio netto dell’azienda valutanda opportunamente

rettificato in modo da rispecchiare il suo valore economico (𝑊 ≅ 𝐾𝑡) possiamo riscrivere

in questo modo la precedente uguaglianza:

𝑅 = 𝐾𝑡𝑖

In altri termini, il metodo patrimoniale parte dall’assunto che il reddito atteso sia

uguale al tasso di sconto moltiplicato per il capitale netto rettificato.

Il metodo appena proposto è definito semplice e, opportunamente integrato,

consente di pervenire alla stima del capitale economico secondo la metodologia definita,

invece, complessa. Tale integrazione attiene all’aggiunta di quegli elementi intangibili

non rilevati negli schemi contabili ma che incorporano in sé parte delle potenzialità

aziendali che, in sinergia con le altre, consentono il corretto funzionamento dell’impresa.

Anche in questo caso è palese la validità concettuale del metodo che risulta, tuttavia, non

applicabile se non ricorrendo a stime e congetture. Del resto risulta necessaria anche in

questo caso, oltre alla valutazione degli elementi non inseribili in bilancio in quanto

scarsamente suscettibili di quantificazione monetaria per le loro caratteristiche, la stima

dei flussi reddituali futuri, il che porta, tendenzialmente, ad una coincidenza tra i risultati

ottenuti con i metodi reddituali e quelli ottenuti con i metodi patrimoniali.

Questi ultimi possono, poi, venire considerati congiuntamente nel processo di

stima dando vita ai c.d. metodi di valutazione misti in cui, appunto, vengono presi in

considerazione valori sia di flusso che di stock.

Page 26: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

26

Uno di questi è il metodo del valore medio che consiste in una sintesi tra il metodo

patrimoniale semplice e quello di attualizzazione dei futuri flussi di reddito. In tal caso il

valore economico del capitale è dato da:

𝑊 = 𝑘𝑡 + 𝑅/𝑖

2

formula che, se rielaborata, può essere espressa anche nel modo seguente:

𝑊 = 𝑘𝑡 +1

2(𝑅/𝑖 − 𝑘𝑡)

dove il termine tra parentesi (differenza tra flussi futuri di reddito attualizzati e

capitale netto espresso a valori correnti) rappresenta proprio l’avviamento. Per cui:

se 𝑅/𝑖 > 𝑘𝑡 vi è la presenza di un goodwill (avviamento

positivo); l’azienda, nel suo complesso, vale più della somma del valore delle sue

parti stimate a prezzi correnti;

se 𝑅/𝑖 < 𝑘𝑡 vi è la presenza di un badwill (avviamento

negativo); il valore economico del capitale è inferiore al valore corrente delle sue

parti.

In questo caso l’avviamento è considerato solo per metà del suo valore totale a

differenza di quanto accade, invece, nell’utilizzo del metodo della stima autonoma

dell’avviamento14. Tenendo a mente che il valore economico di un’azienda è dato dalla

somma del suo valore patrimoniale (ove i valori sono espressi a prezzi correnti) e

l’avviamento (𝑊 = 𝐾𝑡 + 𝑔𝑜𝑜𝑑𝑤𝑖𝑙𝑙) quest’ultimo è definito come segue:

14 Nella illustrazione di tale metodologia si è fatto riferimento, in particolare, a: D. Balducci, La Valutazione

dell’Azienda, Milano, FAG editore, 2012

Page 27: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

27

𝑔𝑜𝑜𝑑𝑤𝑖𝑙𝑙 = (𝑅 – 𝐾𝑡𝑖)𝑎𝑛┐𝑖’

dove:

𝑎𝑛┐𝑖’ indica il valore attuale di una rendita con durata definita in n anni con un

tasso di sconto pari a 𝑖’15, mentre 𝑖 rappresenta il tasso di remunerazione del capitale

investito.

Sommando all’avviamento il valore patrimoniale rettificato 𝐾𝑡 otteniamo il valore

complessivo dell’azienda. E’ da notare che in tale formula si suppone che l’extra-reddito

da cui scaturisce l’avviamento sia conseguibile solo per un arco temporale circoscritto

(indicato con n): per questo motivo il metodo è anche detto di durata limitata

dell’avviamento e la sua applicazione è subordinata alla possibilità di poter quantificare

in maniera ragionevole la misura di tale extra-reddito e il periodo di tempo in cui

l’impresa potrà beneficiarne. Qualora non fosse possibile formulare tali supposizioni

basandole su dati oggettivi, si può ricorrere, anche in questo caso, ad un metodo di calcolo

che ricalca quello della rendita perpetua, ipotizzando cioè che l’attività d’impresa continui

a svolgersi in futuro per una durata illimitata o, comunque, indefinita. In formule:

𝑔𝑜𝑜𝑑𝑤𝑖𝑙𝑙 =(𝑅 – 𝐾𝑡𝑖)

𝑖’

15R.A. Brealey, S.C. Myers, F. Allen, S. Sandri, Principi di finanza aziendale, Mc-Graw Hill, 2010. Più

precisamente, supponendo di dover attualizzare ad un tasso 𝑖 una rendita annua unitaria il cui primo

pagamento avviene nell’anno 𝑛, abbiamo che il suo valore attuale (che indichiamo con V) è pari a:

𝑉 =1

𝑖

1

𝑖(1 + 𝑖)𝑛

Ora, dato che questa formula fa riferimento ad un arco temporale che va da 𝑛 a infinito, basta sottrarla a

quella della rendita perpetua per trovare il valore attualizzato facente riferimento ad un arco temporale che

va da 0 a 𝑛. Per cui:

𝑎𝑛┐𝑖 = 1

𝑖−

1

𝑖

1

𝑖(1 + 𝑖)𝑛

Page 28: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

28

In questo modo l’avviamento è espresso come valore attuale dell’eccedenza del

reddito medio prospettico sul rendimento normalizzato del capitale netto rettificato a

valori correnti. Come in precedenza, occorre prestare attenzione alla differenza fra il tasso

di sconto utilizzato per attualizzare tale eccedenza (la 𝑖’ al denominatore) e il tasso di

remunerazione del capitale netto rettificato (la 𝑖 al numeratore). Mentre il primo è desunto

da considerazioni di carattere prettamente finanziario (incorpora sia il rischio specifico

dell’attività tipica dell’azienda oggetto di valutazione sia il rischio sistematico) il secondo

indica il rendimento normalizzato del capitale investito. Inoltre la formula fa riferimento

alla rettifica del patrimonio netto a valori correnti, senza però specificarne le modalità.

Come già osservato, tale rettifica può avvenire tramite metodo patrimoniale semplice

rielaborando le voci patrimoniali che figurano in bilancio a valori correnti (vedi sopra)

ovvero metodo patrimoniale complesso sommando al valore ottenuto tramite il metodo

semplice i valori di quelle componenti intangibili che, seppur non figurando in bilancio,

concorrono alla determinazione del valore aziendale complessivo.

E.V.A.

Tra le metodologie di determinazione del valore economico dell’azienda si è

scelto di dare maggiormente risalto a quella dell’Economic Value Added (E.V.A.) per via

del suo crescente grado di utilizzo, dovuto ai numerosi vantaggi a cui tale metodologia è

legata. Uno di questi è quello di fornire una valutazione in termini assoluti, ovvero che

non necessita di termini paragoni in quanto punto terminale (e non di partenza) del

processo valutativo. Inoltre essa possiede carattere globale: la rielaborazione contabile di

alcuni aspetti sui quali si fonda consente il superamento della problematica legata alla

discrezionalità nell’applicazione dei principi contabili che differiscono da paese in paese.

Per tali caratteristiche il metodo si pone come risolutore di alcune questioni dettate dalla

progressiva globalizzazione e apertura dei mercati, primo su tutti la comparabilità

internazionale degli investimenti. Tale possibilità risulta, infatti, preclusa con l’utilizzo di

Page 29: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

29

indicatori quali R.O.E. e R.O.I.16 certamente più diffusi ma il cui calcolo è fortemente

condizionato dalla normativa contabile.

Il metodo si fonda sul concetto di “reddito economico” che esprime la redditività

nella logica dello “shareholder value, sintetizzando decisioni operative e decisioni di

investimento, livello di rischio e di rendimento in un unico indicatore di performance”17.

In modo molto sintetico si può affermare che tramite l’E.V.A. si determina la misura del

reddito residuo, ovvero quella ricchezza aggiuntiva che resta dopo aver remunerato tutti

i finanziatori dell’azienda, sia quelli che hanno prestato denaro a titolo di prestito, sia

quelli che hanno finanziato a titolo di proprietà. Il costo complessivo del capitale così

determinato è riassunto in un indicatore chiamato WACC18 (Weighted Average Cost of

Capital):

𝑊𝐴𝐶𝐶 = 𝑟𝑑(1 − 𝑡𝑐)𝐷

𝐷 + 𝐸+ 𝑟𝑒

𝐸

𝐷 + 𝐸

dove:

𝑟𝑑 è il costo del debito

𝑡𝑐 è l’aliquota fiscale in capo all’impresa

𝑟𝑒 è il costo opportunità del capitale investito a titolo di rischio (di proprietà) e

indica il rendimento richiesto dagli investitori per intraprendere questo tipo di

investimento nell’azienda oggetto di valutazione piuttosto che investimenti alternativi

simili

𝐷 ed 𝐸 sono i finanziamenti attinti a titolo, rispettivamente, di debito e di rischio

Premesso ciò, possiamo definire l’E.V.A. come:

16 R.O.E. e R.O.I. sono, rispettivamente, misura della redditività netta e di quella operativa. Il primo è dato

dal rapporto reddito netto/equity, il secondo da quello reddito operativo/capitale investito. 17 A. Tami, 2001 citato in: E. Cavalieri, Economia Aziendale, op. cit. 18 R.A. Brealey, S.C. Myers, F. Allen, S. Sandri, Principi di finanza aziendale, op. cit.

Page 30: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

30

𝐸𝑉𝐴 = 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑢𝑜 = 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑔𝑢𝑎𝑑𝑎𝑔𝑛𝑎𝑡𝑜 − 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑜

dove:

𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑜 = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 ∗ 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜

In formule:

𝐸𝑉𝐴 = 𝑁𝑂𝑃𝐴𝑇 − 𝑊𝐴𝐶𝐶 ∗ 𝐶𝐼

da cui:

𝐸𝑉𝐴 = (𝑁𝑂𝑃𝐴𝑇

𝐶𝐼− 𝑊𝐴𝐶𝐶) ∗ 𝐶𝐼

dove:

𝑁𝑂𝑃𝐴𝑇 sta per Net Operative Profit After Taxes (reddito operativo al netto delle

imposte)

𝐶𝐼 è il capitale investito

Risulta utile esprimere l’equazione secondo questa ultima forma funzionale in

quanto evidenzia un aspetto alquanto importante. Essendo pacifico che l’E.V.A.

rappresenti il valore creato dall’impresa in un dato periodo (valore determinato al netto

del costo complessivo del capitale che, lo ricordiamo, viene inteso qui come

remunerazione sia del debito sia delle aspettative di guadagno iniziali degli shareholder)

possiamo apprezzare come tale valore dipenda dallo spread tra il rendimento del capitale

investito (il rapporto tra parentesi) e il relativo costo (espresso dal 𝑊𝐴𝐶𝐶). Se il termine

Page 31: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

31

tra parentesi è positivo vuol dire che, nell’arco temporale di riferimento, l’azienda ha

creato ricchezza; viceversa, l’azienda ha distrutto ricchezza.

Anche in questo caso il legame tra tale metodo misto di valutazione e

l’avviamento si evince estendendo l’orizzonte temporale dell’analisi. Più precisamente è

possibile calcolare autonomamente l’avviamento tramite l’attualizzazione del valore

degli E.V.A. futuri attesi (tale valore prende il nome di Market Value Added, M.V.A.)

determinando così la presenza di un goodwill (MVA > 0) o di un badwill (MVA< 0).

Sommando a tale valore il capitale investito è possibile pervenire all’Enterprise Value

(EV) ossia una misura del valore della società senza considerare il suo indebitamento:

rappresenta, cioè, il prezzo che dovrebbe pagare chi volesse acquisire la società senza

debiti19. In altri termini, abbiamo:

𝑀𝑉𝐴 = (𝑁𝑂𝑃𝐴𝑇 − 𝑊𝐴𝐶𝐶 ∗ 𝐶𝐼)𝑎𝑛┐𝑖’

𝐸𝑉 = 𝐶𝐼 + 𝑀𝑉𝐴

𝑊 = 𝐸𝑉 − 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑏𝑖𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜

Questi sono i passaggi per pervenire alla stima del valore economico del capitale

partendo dal metodo dell’Economic Value Added. Ai fini della trattazione si sottolinea

come lo schema logico consenta di arrivare ad una stima autonoma dell’avviamento

tramite l’attualizzazione degli E.V.A. futuri, cosicché abbiamo:

𝑎𝑣𝑣𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 = 𝑀𝑉𝐴

In aggiunta, tale metodo ci consente di apprezzare le variabili da cui l’avviamento

stesso (e, di conseguenza, il valore dell’azienda) dipende, costituendo, secondo questa

19 Fonte: www.borsaitaliana.it

Page 32: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

32

prospettiva di osservazione, uno strumento di controllo rilevante anche in chiave

strategica in quanto costituisce, tra le altre cose, punto di partenza per l’individuazione di

quelle leve ritenute determinanti ai fini della quantificazione della performance dalla

quale dipende, in ultima analisi, il valore del complesso aziendale. E’ stato ritenuto

opportuno rimarcare questo aspetto in quanto ad esso è strettamente collegata la durata

dell’avviamento. Essa dipende, infatti, dalla possibilità da parte del management

aziendale di influire su queste leve che, a sua volta, è collegata alla natura di queste ultime.

Se sono intese come fattori capaci di influenzare la misura della capacità di generare

redditi in eccesso (concetto al quale abbiamo in precedenza fatto riferimento con

l’espressione “excess earning power”) risulta chiaro che tra questi fattori molti risultano

essere esogeni all’azienda, in quanto collegati, ad esempio, a fattori macro-ambientali su

quali il management non può esercitare alcun effetto.

In generale, possiamo dire che sono molteplici i fattori che influenzano la capacità

dell’impresa di creare ricchezza in eccesso, ognuno dei quali esercita sulla stessa un certo

grado di incidenza. Tali fattori possono avere un livello di prossimità spaziale all’impresa

più o meno rilevante20, il che li rende, a volte, scarsamente controllabili, con il rischio di

minare il valore dell’avviamento dell’azienda senza che quest’ultima possa avere

possibilità di replica. E’ in base alla natura di questi fattori e del relativo grado di controllo

esercitabile che il management deve stimare la durata dell’avviamento21: maggiore risulta

essere tale grado di controllo, più lungo sarà il periodo di tempo in cui l’impresa potrà

beneficiare dell’avviamento.

Tutto ciò rileva ai fini della scelta del metodo di valutazione del capitale

economico. A questo punto risulta chiaro che, nel caso in cui, ad esempio, la redditività

aziendale dipende da fattori poco controllabili o temporanei, è preferibile evitare l’utilizzo

di metodi di valutazione basati sulla rendita perpetua e tener conto di tale aspetto

20 S. Sciarelli, La Gestione dell’Impresa, Padova, CEDAM, 2011. In particolare tali fattori esogeni possono

far riferimento al micro o al macro-ambiente, ove il primo è composto dall’ambiente transazionale e da

quello competitivo, mentre il secondo da tutti quei fattori riconducibili ad una molteplicità di ambienti

(politico-istituzionale, socio-demografico, culturale, tecnologico…) su cui l’impresa può esercitare un

effetto molto limitato.

21 D. Balducci, La Valutazione dell’Azienda, op. cit. Nello specifico, l’autore distingue, un avviamento

stabile e durevole da uno volatile. Nel primo caso esso deriva da fattori direttamente influenzabili da chi

gestisce l’azienda e, in via approssimativa, la sua durata viene stimata in 5-8 anni. Nel secondo, invece,

essa viene stimata in 3-5 anni e si specifica come la volatilità non derivi soltanto da fattori la cui limitata

possibilità di controllo sia legata alla distanza tra i fattori stessi e l’azienda, ma dalla fonte degli stessi (se

la fonte della maggior redditività è da ricondurre alle capacità manageriali, ad esempio, la volatilità

dell’avviamento deriva dal fatto che non si possono costringere tali manager a restare in azienda in eterno).

Page 33: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

33

temporaneo nella scelta delle modalità di attualizzazione dei flussi reddituali (o monetari)

futuri e dell’orizzonte temporale entro cui orientare la stima.

Ulteriori considerazioni

Anche in questo caso, tuttavia, pur con i pregi legati al metodo dell’E.V.A.

evidenziati in precedenza, la stima dell’avviamento e, in ultima analisi, del valore

complessivo dell’azienda è soggetta ad ampi margini di discrezionalità in quanto

imprescindibile da processi di attualizzazione di flussi economici o finanziari futuri. In

questo senso, le tre linee guida che dovrebbero essere seguite nel determinare un metodo

di valutazione del valore economico aziendale (requisiti di generalità, obiettività e

razionalità) sembrano fungere solo da precetto che impedisca di formulare stime

irrealistiche in quanto resta presente la componente soggettiva nella valutazione

dell’avviamento aziendale la cui quantificazione, in sintesi, difficilmente può essere

scissa dagli interessi particolari di chi muove l’analisi.

1.3 I MOTIVI PER VALUTARE L’AVVIAMENTO

Discutendo dei metodi di stima del capitale economico e dei numerosi modi di

intendere quello netto non si è comunque riusciti a fornire una definizione universale del

concetto di avviamento. Non basta, infatti, identificarlo nello spread intercorrente tra le

due configurazioni di capitale dal momento che anche queste ultime possono essere

variamente intese: i valori patrimoniali possono essere espressi tanto al fair value quanto

al loro costo storico, così come le diverse metodologie di calcolo del valore complessivo

dell’azienda permettono di pervenire a soluzioni simili ma non omogenee. Tale assenza

Page 34: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

34

di univocità nella quantificazione dell’avviamento sembra, in effetti, testimoniata da

numerosi studi e ricerche da parte di chi si è variamente cimentato nel definire con

precisione questa attitudine implicita dell’azienda. Vengono proposte nel prosieguo

alcune definizioni, fermo restando che, in molti casi, chi definisce il goodwill enfatizza la

differenza tra quello acquisito (purchased goodwill) e quello internamente generato

(internally generated goodwill). Per il momento non prenderemo in considerazione

questa distinzione in quanto essa presuppone alcune implicazioni sul piano contabile che

verranno trattate successivamente.

Volendo partire da una definizione ufficiale, possiamo riprendere quella, già

fornita, che ne dà il documento 24 dell’OIC quando specifica che il goodwill deriva “da

incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma

dei valori dei singoli beni in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente”.

Formula che sembrava tanto precisa all’inizio e tanto vaga adesso, in virtù delle difficoltà

nella definizione:

a) del valore del complesso dei beni aziendali;

b) della somma del valore dei singoli beni.

Si potrebbe obiettare che la definizione del punto sub. b) possa essere ricondotta

agli standard dallo stesso OIC ma tali standard sono dettati per esigenze diverse rispetto

alle quelle di un potenziale osservatore che voglia effettuare un analisi oggettiva del

valore dell’avviamento. Ma l’incertezza resta anche se spostiamo l’attenzione agli

standard internazionali, dove esso è definito soltanto in via residuale rispetto agli altri

asset intangibili22, quasi come se il suo inserimento tra questi ultimi fosse un fatto solo

convenzionale, dando vita, inoltre, ad una discussione circa la sua conformità alla

definizione di attività proposta nel Framework. I principi contabili, pur specificandone il

trattamento contabile, non riescono a fornire una definizione esaustiva del concetto,

scopo, invece, perseguito da molti studiosi il cui confronto neanche in questo caso riesce

a dare univocità.

22 IASB, IAS 38 Intangible Assets

Page 35: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

35

C’è chi identifica nell’avviamento un “premio in termini di maggior valore” che

scaturisce principalmente dalla reputazione aziendale e quantifica tale maggior valore

nella semplice differenza tra il valore complessivo dell’azienda ed il fair value delle

attività nette identificabili23. Altri cercano di fornire definizioni più approfondite. Reilly

e Schweihs, ad esempio, pur specificando l’assenza di definizioni “universali”,

identificano nel goodwill la presenza di tre componenti24:

1) il going-concern value, ovvero la presenza di fattori produttivi pronti all’uso;

2) l’excess economic income ovvero quella parte di ricchezza la cui creazione non

può essere ricondotta ad alcun asset identificabile specifico;

3) le aspettative circa eventi futuri non correlati direttamente alle operazioni

aziendali.

Se i primi due elementi sono strettamente collegati al concetto generale di

avviamento, è il terzo a rappresentare un elemento di discontinuità. Secondo gli autori,

infatti, il valore del goodwill incorpora anche le aspettative circa possibili eventi futuri

che in qualche modo possono influenzare l’attività dell’azienda e il suo valore. Nel

prosieguo è specificato meglio il concetto: “Investors (and owners) assign a goodwill

value to a business if they expect net present value of the income associated with the

future events to be positive”. Per capire meglio tale affermazione si faccia riferimento ad

uno dei metodi c.d. fondamentali teorici, quello che stima il valore dell’impresa nel valore

attuale dei suoi flussi di reddito futuri. Tale metodo presuppone delle supposizioni circa

la misura di tali redditi. Ebbene, Reilly e Schweihs ci dicono semplicemente che la stima

di suddetti flussi deve incorporare anche le aspettative di chi muove l’analisi circa

probabili accadimenti futuri (non meglio specificati ma si suppone che possano far

riferimento a quelli già citati discutendo del metodo dell’E.V.A.) che si ritiene possano,

positivamente o negativamente, influenzare la capacità dell’impresa di produrre

ricchezza. Tale definizione probabilmente rende un ottimo contributo all’inquadramento

dell’avviamento in chiave concettuale ma è evidente come non si possa dire lo stesso

anche dal punto di vista pratico. Se, come affermano i due autori, l’avviamento è

23 Definizione tratta da: J.M. Samuels, R.E. Brayshaw, J.M. Cramer, Financial Statement Analysis in

Europe, Chapman & All, 1995 24 R. Reilly, R. Schweihs, Valuing Intangible Assets, Mc-Graw Hill, 1998

Page 36: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

36

assimilabile alla somma delle tre componenti e, volendo ragionare per assurdo, si ritiene

di poter assegnare alle prime due valori precisi ed univoci, è la presenza delle aspettative

che non ci consente di limitare il margine di discrezionalità associato alla sua

misurazione. Anche in questo caso a rilevare è il punto di osservazione dal quale si pone

chi muove l’analisi: il manager dell’impresa oggetto di valutazione e un analista esterno,

ad esempio, possono essere in possesso di informazioni discordanti che portano,

innanzitutto, a delle differenze nel modo in cui essi formano le loro aspettative sul futuro

(siano esse strettamente collegate all’impresa in questione o facenti parte del più

complesso ambiente economico e le cui ripercussioni sulla stessa avvengono solo in un

secondo momento) e, quindi, al modo in cui essi riflettono le loro aspettative sulle analisi.

Altra definizione che, per sommi capi, ricalca il concetto generale di avviamento

definito fin ora è quella fornita da Johnson e Petrone, che lo definiscono come “la capacità

di un’azienda di conseguire un tasso di rendimento maggiore da un insieme di attività

nette rispetto a quello conseguibile se tali attività fossero acquisite separatamente

(riflettendo le sinergie di tali attività nette e i fattori correlati alle imperfezioni di mercato,

ad esempio quando un’azienda possiede la capacità di conseguire profitti monopolistici o

quando esistono barriere all’entrata di quel determinato mercato per i potenziali

competitors)”25. Anche in questa definizione viene enfatizzato il ruolo giocato da

elementi esogeni all’azienda (si parla genericamente di imperfezioni di mercato legate,

probabilmente, a tutte le condizioni che allontanano la struttura del mercato dalla visione

utopistica della perfetta concorrenzialità) che influiscono sul modo in cui la stessa riesce

a sfruttare le sinergie produttive da cui deriva l’abilità di ottenere tassi di rendimento

superiori al normale, dove il normale è inteso nell’ipotesi in cui i fattori produttivi siano

acquisiti al di fuori della combinazione produttiva (il concetto di stand-alone basis già

menzionato nella trattazione).

A parere di chi scrive, il trait d’union di tutte le analisi proposte fino a questo

punto sta nella presenza di una sorta di proporzionalità inversa tra la validità concettuale

della definizione di avviamento e la possibilità di ricondurvi un metodo di quantificazione

25 L.T. Johnson, K.R. Petrone, Commentary: is Goodwill an Asset? Accounting Horizons, 1988. Essi

definiscono il goodwill come: “the ability of a stand-alone business to earn a higher rate of return on an

organized collection of net assets than would be expected if those assets had to be acquired separately

(reflecting the synergies of the net assets of the business and factors related to market imperfections, such

as where a business has the ability to earn monopoly profits or where there are barriers to entry to the

market by potential competitors)”.

Page 37: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

37

attendibile, un metodo, cioè, che incorpori in toto i principi di razionalità, obiettività e

generalità. Se è vero che il valore dell’avviamento incorpora le aspettative su eventi futuri

formulate da chi muove l’analisi (come evidenziato da Reilly e Schweihs), è altresì vero

che a tali aspettative non può essere ricondotto un metodo affidabile di valutazione; per

cui la componente soggettiva risulta inscindibile dalla valutazione stessa (inconveniente

al quale, come si vedrà, i principi contabili stessi rispondono operando supposizioni e

semplificazioni).

E’ per questi motivi che si richiama una definizione di avviamento azzardata in

precedenza, in cui esso risulta derivare da una sorta di compromesso tra i dati contabili,

da un lato, e gli interessi particolari di chi ne effettua l’analisi, dall’altro. Si ritiene che

tali interessi vadano a formare la componente soggettiva accennata in precedenza e che

conferisce valori differenti all’avviamento a seconda del punto di vista dal quale ne viene

condotta l’analisi. Si ritiene utile, dunque, un accenno a tali possibili interessi citando

ancora una volta Reilly e Schweihs, i quali forniscono diverse ragioni che possono far

nascere l’esigenza di analizzare l’avviamento, tra le quali vengono menzionate:

- Damage analysis: il verificarsi di un fenomeno, sia esso di natura macro-

ambientale o anche più circoscritto in termini spaziali (si fa riferimento, nel testo,

a disastri naturali, scioperi ma anche violazione di accordi contrattuali e altri

accadimenti simili) che riguarda direttamente l’impresa, fa nascere la necessità di

valutare l’avviamento per capire se è stata lesa la capacità di produrre ricchezza

extra. All’occorrenza può essere utile effettuare una comparazione tra il valore

dell’avviamento prima e dopo il manifestarsi di tale evento per capire non solo se

l’impresa ne abbia risentito, ma anche in che misura.

- Business or professional practice merger and separation: nel caso di fusione tra

imprese è necessario stimare il valore complessivo dell’impresa fusa e, quindi,

anche il suo avviamento in modo tale da poterlo riallocare sulla base del contributo

che è in grado di garantire ai partner. Anche nel caso di una scissione è

fondamentale conoscere il valore del goodwill in modo da poterlo ripartire

secondo le stesse considerazioni fatte nel caso della fusione.

- Solvency test: in linea generale, la capacità dell’impresa di tener fede agli obblighi

assunti verso terzi deriva dal suo valore complessivo.

Page 38: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

38

- Transfer price: ovviamente, nel caso di acquisto di azienda o ramo d’azienda, il

compratore deve conoscerne il valore complessivo per determinare un adeguato

corrispettivo.

- Bancarotta e riorganizzazione: se l’impresa è in bancarotta la stima del goodwill

presente o di quello potenzialmente ottenibile a parità di condizioni produttive

presenti è utile per capire se vale la pena cimentarsi in una riorganizzazione

aziendale per renderla nuovamente funzionante oppure se procedere alla

liquidazione.

- Business enterprise valuation: attiene alle numerose prospettive esterne che

possono spingere alla determinazione del valore complessivo dell’impresa (ad

esempio, da parte di un ipotetico soggetto che deve decidere se finanziarla o

meno).

Page 39: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

39

CAPITOLO 2

TRATTAMENTO CONTABILE ATTUALE

In questo capitolo si tenterà di analizzare l’attuale disciplina inerente il trattamento

contabile dell’avviamento in ambito nazionale ed internazionale. Nel fare ciò verranno

presi in considerazione i documenti OIC (che, in conformità ai dettami del Codice Civile,

statuiscono le modalità di redazione del bilancio) e quelli dell’IAS/IFRS e si tenterà di

analizzare le principali differenze di trattamento.

2.1 PREMESSA

Gli standard contabili sono soggetti ad una continua messa in discussione dettata

dai numerosi mutamenti nello scenario economico che richiede alle imprese di adeguarsi

alle nuove esigenze conoscitive e di cambiare il loro modo di porsi nei confronti

dell’ambiente esterno. Ciò è vero, soprattutto, alla luce dell’attuale processo di

globalizzazione che, con l’abbattimento delle distanze geografiche e l’introduzione di

nuovi strumenti contrattuali, ha radicalmente cambiato il modo di intendere la

comunicazione aziendale vincolata: è in tale contesto che ci si accorge di come il modello

di bilancio presenti evidenti carenze strutturali. La conseguenza più rilevante è stata la

Page 40: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

40

recente presa d’atto della necessità di un’unificazione dei principi contabili a livello

internazionale che consenta la comparabilità dei bilanci tra imprese per le quali, come si

è detto, la distanza geografica è divenuta un elemento sempre meno divisivo. Sempre più

imprese dislocate in paesi o continenti diversi intraprendono tra di loro rapporti

commerciali e nella scelta dei loro partner internazionali fanno affidamento a svariate

fonti informative, prima fra tutte il bilancio. Motivo per il quale quest’ultimo necessita di

essere comprensibile anche all’estero e deve essere capace di fornire informazioni che

siano rilevanti e non influenzate dalla particolarità dei principi contabili del paese in cui

esso è redatto: è in questa chiave di lettura che assume un ruolo centrale la comparabilità

dello stesso a livello internazionale. Ecco perché, pur conservando alcuni tratti distintivi,

la fondazione OIC si propone come obiettivo quello di emanare standard che avvicinino

il più possibile il modo di intendere il bilancio in ambito nazionale con quello in ambito

internazionale.

Uno degli argomenti in esame nell’ambito dell’abbattimento di tali discrepanze

informative è proprio il goodwill le cui difformità inerenti il suo trattamento contabile

sono state analizzate e discusse, tra gli altri, dall’OIC in concerto con lo standard setter

giapponese (ASBJ) e dall’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group) in

un discussion paper. La necessità di mettere in discussione il modo di intendere

l’avviamento nei principi contabili deriva da fattori non soltanto di natura contabile ma il

cui effetto è percepibile a livello macroeconomico. Essi saranno comunque trattati nel

prosieguo. Si illustrerà, anzitutto, l’attuale disciplina contabile.

2.2 L’AVVIAMENTO ACQUISITO E QUELLO INTERNAMENTE

GENERATO

La discussione circa il trattamento contabile dell’avviamento presuppone

l’introduzione della distinzione tra due tipologie di avviamento, rimarcata con forza sia

Page 41: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

41

dagli standard sia dagli studiosi che si sono variamente cimentati nel definire un quadro

concettuale dell’argomento in questione:

a) l’avviamento internamente generato (internally generated goodwill);

b) l’avviamento acquisito (purchased goodwill).

A ben vedere, il concetto stesso di avviamento non cambia: in entrambi i casi

siamo di fronte all’attitudine dell’azienda di generare, tramite la combinazione dei vari

fattori aziendali, utili in eccesso (excess earning power) rispetto a quelli ottenibili

secondo una prospettiva stand-alone basis. Cambia, piuttosto, il punto di osservazione.

Mettendoci nei panni di un’impresa che deve redigere il proprio bilancio, l’avviamento

sub. a) rappresenta quello formatosi a seguito dell’attività dell’impresa stessa, mentre

quello sub. b) fa riferimento all’avviamento di un’ipotetica azienda o ramo d’azienda che

l’impresa si accinge ad acquisire. Tuttavia la distinzione ha importanti implicazioni per

quanto attiene al trattamento contabile in quanto a tal fine è rilevante solo l’avviamento

acquisito: solo questo può comparire in bilancio mentre in nessun caso è ammessa la

contabilizzazione dell’avviamento generato internamente. Si tratta, a ben vedere, di una

sorta di trait d’union tra i diversi standard setter ognuno dei quali rimarca con forza questo

aspetto: in effetti è uno dei pochi tratti che accomuna la disciplina civilistica a quella

internazionale, a dispetto delle numerose difformità attinenti altri aspetti delle due

discipline contabili. Nell’ambito nazionale, ad esempio, prima ancora che i documenti

OIC, è lo stesso codice civile a stabilirne l’acquisizione a titolo oneroso come condizione

necessaria ai fini della sua iscrizione26.

Ma al di là dei precetti normativi, le ragioni che motivano questo trattamento sono

comunque chiare: andare ad esporre in stato patrimoniale, accanto a tutti i valori dei fattori

aziendali, anche quello del proprio avviamento, significa comunicare all’esterno una

stima del valore complessivo dell’azienda. Stima, per altro, soggettiva e mai condivisibile

in senso assoluto. Una esposizione in bilancio come quella appena proposta sarebbe

26 Art. 2426 Cod. Civ. Criteri di valutazione: ”l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso,

ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e

deve essere ammortizzato entro un periodo di cinque anni”.

Page 42: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

42

profondamente discordante con le finalità dello stesso, che, in linea di massima, possono

essere ricondotte ad una rappresentazione dei valori incentrata alla determinazione del

risultato netto d’esercizio rispettando, tra gli altri, il principio di competenza economica.

Ebbene, ricordando che alla quantificazione del valore dell’avviamento vi si perviene

attraverso un processo di attualizzazione dei redditi che si presume saranno conseguiti in

futuro, esporre in bilancio anche il proprio avviamento significherebbe anticipare al

presente tali redditi futuri: la conseguenza sarebbe una (inopportuna) convergenza tra il

valore dell’equity contabile dell’impresa e la sua capitalizzazione di mercato. Inoltre,

sempre in ambito nazionale, la capitalizzazione dell’internally generated goodwill

allontanerebbe dallo scopo che lo stesso OIC attribuisce al bilancio attraverso la

statuizione di postulati quali la prudenza, la verificabilità e, in linea con questa

discussione, “l’incompatibilità delle finalità del bilancio di esercizio con l’inclusione

delle valutazioni prospettiche dell’investitore”27. A riprova, si richiama, in ambito

internazionale, un dettato del Conceptual Framework for Financial Reporting, il quale

esplica chiaramente che uno dei propositi degli standard IAS/IFRS, che ad esso devono

conformarsi, deve essere quello di una valutazione oggettiva degli elementi dell’azienda,

ma non del suo valore economico. A supporto di quanto stabilito dalle fonti normative

c’è anche chi aggiunge che un altro motivo della sua non inclusione in bilancio è

rappresentato dalla difficoltà di stabilire con precisione i processi e le modalità con le

quali esso si è venuto a formare (ovvero se esso sia da ricondurre principalmente alle

sinergie intercorrenti tra i vari fattori aziendali oppure al valore di elementi immateriali

non suscettibili di identificazione e, in quanto tali, non esposti in bilancio): la logica

conseguenza è l’impossibilità di ricondurvi una voce di costo e, quindi, di poterne stimare

il valore in modo attendibile28. Inoltre, come evidenziato da altri studiosi, andare ad

esporre in bilancio l’avviamento internamente generato significherebbe, in pratica,

attuare una duplicazione dei valori sintetizzanti la performance aziendale e un’ipotetica

attuazione di tale metodo in maniera pervasiva comprometterebbe la comparabilità dei

bilanci e le valutazioni circa i rendimenti29.

27 OIC 11 Bilancio d’esercizio: finalità e postulati 28 R.V. Ratiu, A. Tiron Tudor, The Classification of Goodwill: an Essential Accounting Analysis, Review

of Economic Studies and Research Virgil Madgearu, 2013 29 M. Bloom, Double Accounting for Goodwill: a problem redefined, United Kingdom, Routledge, 2008.

Page 43: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

43

In sintesi, è pacifico che l’avviamento internamente generato non rileva ai fini del

trattamento contabile in quanto non è presente, tra gli scopi della contabilità intesa in

senso generale, quello di mostrare il valore economico del capitale di un’azienda.

Se, dunque, tra le immobilizzazioni immateriali del bilancio di un’azienda

compare l’avviamento vuole dire che la stessa lo abbia rilevato nell’ambito di

acquisizione di altra azienda o ramo d’azienda (o ancora a seguito di un’operazione di

conferimento, fusione o scissione). Secondo quanto stabilito dall’OIC 24

Immobilizzazioni Immateriali tale avviamento si identifica nella “parte di corrispettivo

riconosciuta a titolo oneroso, non attribuibile ai singoli elementi patrimoniali acquisiti

di un’azienda ma piuttosto riconducibile al suo valore intrinseco”. Lo stesso documento

integra, poi, tale definizione quando, nell’ambito della rilevazione e valutazione, specifica

che ai fini dell’iscrizione in bilancio è necessario che:

a) il valore dell’avviamento sia quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo

pagato;

b) sia costituito da costi ad utilità differita nel tempo, che generino, cioè, utili futuri

o risparmi di costo;

c) sia soddisfatto il principio della recuperabilità del relativo costo, ovvero non vi si

trovi in presenza di cattivo affare.

Nel prosieguo viene poi specificato che il valore dell’avviamento da iscrivere in

stato patrimoniale è dato dalla differenza tra il corrispettivo pagato ed il valore corrente

attribuito agli altri elementi patrimoniali attivi e passivi che vengono trasferiti.

Anche in questo caso si può notare come, per forza di cose, lo standard sia

costretto a lasciare un certo margine di discrezionalità circa la rilevazione o meno

dell’avviamento. In particolare il principio di recuperabilità del costo come condizione

necessaria per la sua capitalizzazione presuppone valutazioni inerenti l’entità dei

probabili benefici economici futuri. Ma ovviamente il fatto di non poter quantificare con

oggettività tali benefici fa sì che il valore dell’avviamento sia ancorato a quello del

corrispettivo deciso di pagare dall’impresa che lo ha acquisito a seguito della

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44

contrattazione tra le parti interessate. Anche gli IAS/IFRS operano in maniera simile a

quanto accade in ambito nazionale avallando tale supposizione, dettata anche qui

dall’impossibilità di definire in maniera chiara ed univoca una valore economico del

capitale per l’impresa acquisita. Tale tematica sarà, tuttavia, approfondita discutendo

circa la recognition dell’avviamento.

2.3 LA RECOGNITION DELL’AVVIAMENTO

Sia in ambito nazionale che internazionale l’avviamento è incluso, qualora se ne

presentino le condizioni, nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni

immateriali. La sua inclusione in tale categoria, però, è tutt’ora oggetto di discussione. Si

è ampiamente discusso di come esso non possa essere ricondotto ad un’attività o fattore

specifico ma piuttosto ad un’attitudine dell’azienda, una sua qualità intrinseca. Resta da

capire se questo modo di intenderlo possa cambiare se lo si osserva, nell’ottica contabile,

non più come avviamento aziendale in senso generico ma come avviamento acquisito

dall’esterno. Il motivo per cui si ritiene utile cimentarsi in questa discussione non è tanto

l’inclusione formale dell’avviamento nell’attivo immobilizzato, quanto, piuttosto, la

valutazione della sua conformità in termini qualitativi agli altri elementi appartenenti a

tale categoria al fine di poter stabilire l’adeguatezza dell’attuale metodo di trattamento

contabile.

In ambito nazionale, il codice civile parla, in maniera generica, di elementi

patrimoniali quando, all’art. 2424 bis comma 1, specifica che quelli “destinati ad essere

utilizzati durevolmente devono essere inclusi nelle immobilizzazioni” lasciando, in

pratica, allo standard setter l’onere di definire con precisione i requisiti affinché

un’immobilizzazione immateriale possa essere identificata come tale. Ed, in effetti,

secondo la definizione fornita dall’OIC 24 Immobilizzazioni Immateriali l’avviamento

sembra legittimato ad essere incluso in tale categoria. Il documento pone tre requisiti:

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45

a) la mancanza di tangibilità;

b) il sostenimento di costi per la loro acquisizione o produzione interna e la capacità

di identificare e misurare tali costi;

c) l’utilità pluriennale, ovvero la capacità di generare benefici economici futuri in

termini di maggiori ricavi o minori costi rispetto a quelli che si avrebbero in

assenza.

Si può osservare che l’avviamento rispecchia tutti e tre i requisiti richiesti, per cui

è pienamente legittimato, in ambito nazionale, ad essere incluso formalmente e

sostanzialmente tra le immobilizzazioni immateriali; il che, come verrà meglio

evidenziato nel prosieguo, giustifica un trattamento contabile in linea di massima similare

con gli altri elementi inclusi in tale categoria.

In ambito internazionale il discorso merita opportune precisazioni. Infatti, a

differenza delle prescrizioni civilistiche e di quelle fornite dall’OIC, gli standard dello

IASB forniscono definizioni più dettagliate e criteri più specifici, sia per quanto attiene

alla definizione di asset che a quella di intangible asset. Si discute della conformità

dell’avviamento alle due definizioni proposte.

Innanzitutto il Conceptual Framework for Financial Reporting specifica che ci si

trova in presenza di un asset quando tale risorsa:

1) sia controllata dall’azienda;

2) sia il risultato di eventi passati;

3) ci si aspetta generi benefici economici futuri.

Appurato che gli eventi passati di cui si parla possono essere ricondotti al

sostenimento di costi per acquisizione o produzione interna e che anche il requisito dei

benefici economici futuri è comune a quanto richiesto dall’OIC, l’unico punto di

discontinuità è rappresentato dal requisito del controllo che, come inteso nel Framework,

è correlato alla capacità da parte dell’impresa di beneficiare, in via esclusiva, dei vantaggi

Page 46: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

46

economici futuri derivanti proprio dall’esistenza di un avviamento. Viene, altresì,

puntualizzato come il supporto offerto da tutele legali o comunque da altri strumenti

normativi possa rinforzare il controllo sull’asset in questione. In effetti la presenza

dell’avviamento nel bilancio di un’impresa non è supportata dalla presenza di uno

strumento contrattuale o altro tipo di supporto legale né tantomeno essa può essere

giustificata dalle tutele legali collegate alle altre attività e passività la cui acquisizione ha

dato origine all’avviamento stesso. Tuttavia, nel prosieguo, il documento puntualizza che

il possedimento del requisito della controllabilità non sia necessariamente correlato alla

presenza di tali fattori30 per cui da questo punto di vista non sembra preclusa la possibilità

di identificare il goodwill come un asset a pieno titolo. In quest’ultima affermazione è,

inoltre, racchiuso il principio della prevalenza della sostanza economica sulla forma

giuridica, rimarcato a grandi linee dal Framework: pur non essendo presenti elementi di

natura giuridica o legale che supportino la presenza di tale attività in bilancio, è palese

che, indipendente da quest’ultimo aspetto, la stessa rappresenti fonte di probabili benefici

economici futuri ricollegabili a maggiori ricavi o minori costi dei quali l’impresa potrà

beneficiare e ciò è sufficiente a comprovare la conformità dell’avviamento alla

definizione di asset.

Tale conformità è posta, tuttavia, come condizione necessaria ma non sufficiente

ai fini della recognition, ovvero del processo di incorporazione in bilancio degli elementi

patrimoniali e reddituali. Quest’ultima, infatti, è subordinata all’esistenza di due ulteriori

requisiti:

a) la probabilità dell’esistenza di benefici economici futuri collegati all’asset in

questione;

b) l’affidabilità della misurazione del suo costo o valore.

Per quanto attiene al requisito sub. a) esso è collegato al grado di incertezza circa

la possibilità che i benefici economici in questione fluiranno o meno all’impresa. Tale

grado di incertezza dipende, a sua volta, dalle caratteristiche dell’ambiente specifico in

30 Oltre che dal Framework tale aspetto è rimarcato anche dal documento IAS 38 Intangible Assets.

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47

cui l’impresa stessa svolge la sua attività operativa. Il rispetto del requisito sub. b), invece,

impone la non inclusione in bilancio di tutte quelle poste il cui costo o valore non può

essere attendibilmente misurato, fermo restando la possibilità di sottolinearne comunque

l’esistenza includendole in altri sistemi di rilevazione al di fuori del bilancio. Ritornando

alla discussione circa la conformità dell’avviamento a questi requisiti, è da notare come

il Framework parli genericamente di “probabilità dell’esistenza di benefici futuri”, senza

richiederne una quantificazione attendibile del valore. Dei dubbi restano per ciò che

riguarda il grado di attendibilità con il quale si può decretare la reale presenza di tali

benefici futuri e circa la conformità dell’avviamento al requisito dell’affidabilità, dal

momento che la misurazione del suo valore è soggetta ai numerosi processi valutativi

discrezionali di cui si è ampiamente discusso. Tali dubbi vengono, tuttavia, dissipati

quando il documento specifica che i criteri per la recognition devono essere letti alla luce

della supposizione che il management aziendale prenda solo ed esclusivamente delle

decisioni mirate all’ottenimento di benefici economici futuri. Riconsiderando i requisiti

esposti fino ad ora alla luce di quest’ultima chiave di lettura si può affermare che

l’avviamento è qualitativamente conforme a tali requisiti. Infatti, secondo questa

interpretazione, è da ritenere palese che il management paghi un certo corrispettivo per

l’acquisizione di altra azienda solo qualora ritenga che esso possa essere pienamente

recuperato in futuro.

Valutata la conformità dell’avviamento alla definizione di asset, resta ora la

discussione circa la sua inclusione tra gli Intangible Assets. Secondo quanto disposto

dallo IAS 38, un’attività immateriale si caratterizza per:

a) l’assenza di sostanza fisica

b) l’identificabilità

A sua volta, quello dell’identificabilità è uno dei requisiti da rispettare affinché un

attività immateriale si possa considerare come tale. Gli altri due attengono alla

controllabilità e ai benefici economici futuri e vengono ripresi dal Framework nell’ambito

dell’identificazione degli asset e dei quali si è già discusso. Lo IAS 38 Intangible Assets

Page 48: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

48

definisce con più precisione il requisito sub. b) quando afferma che un asset è

identificabile quando:

a) è separabile, ovvero capace di essere separato o diviso dall’impresa e ceduto,

trasferito, dato in licenza, affittato o scambiato, o individualmente o assieme ad

altro elemento ad esso collegato (contratto, attività identificabile o passività)

indipendentemente dal fatto che l’impresa intenda farlo o meno; oppure

b) sorge da contratti o altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che questi ultimi

possano essere o meno trasferibili o separabili dall’azienda o da altro fattore.

Ovviamente l’avviamento non accoglie nessuna delle due definizioni: esso manca

del requisito di identificabilità. Anzi, è lo stesso documento che sottolinea come il rispetto

dello stesso requisito presupponga la separabilità del goodwill dagli altri intangibles: in

altri termini, un asset immateriale è definibile come tale solo se può essere tenuto distinto

dall’avviamento. Il che consente di notare come sia quasi convenzionale il suo

inserimento tra gli intangibles a differenza di quanto, invece, accade in ambito nazionale

dove, si è visto, esso risulta pienamente conforme alla definizione di “Immobilizzazione

immateriale” fornita dall’OIC 24. Tant’è vero che lo stesso IAS 38 si limita a rimarcare

il divieto tassativo di capitalizzare il goodwill internamente generato ma non

approfondisce la tematica relativa alla recognition dello stesso se non rinviando la

discussione ad un altro standard, l’IFRS 3 Business Combination. Tale standard nella sua

attuale formulazione, è quello che più di altri si sforza di delineare un quadro completo

circa la recognition del goodwill, anche perché la pratica dell’aggregazione aziendale è

forse quella che più di altre giustifica il sorgere dello stesso nel bilancio aziendale: la

presenza del purchased goodwill (l’unico a rilevare per fini contabili) presuppone, infatti,

l’acquisizione di un’azienda o ramo d’azienda.

Innanzitutto lo standard fornisce una definizione di business combination con la

quale si propone anche di tener separata tale pratica da un qualsiasi altro tipo di

transazione. In pratica l’esistenza di un’aggregazione aziendale presuppone:

Page 49: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

49

a) la presenza di almeno due parti delle quali una può essere identificata come

l’impresa acquirente (acquirer) e l’altra come quella acquisita (acquiree);

b) una transazione avente ad oggetto attività e passività che, al momento

dell’aggregazione, formano un business;

c) l’ottenimento del controllo dell’impresa acquisita da parte dell’acquirer.

Ad integrare questa definizione ne viene poi fornita un’altra integrativa del

concetto di business, inteso come “un insieme integrato di attività capace di essere gestito

allo scopo di fornire un rendimento in termini di dividendi, minori costi o altri benefici

economici direttamente riconducibili ai proprietari”.

Ebbene, la discussione circa gli elementi preliminari caratterizzanti il processo di

Business Combination fornisce il punto di partenza per poterla definire con precisione.

Nello specifico, vengono ricompresi sotto l’espressione di acquisition method quella serie

di atti sequenziali attinenti al trattamento contabile relativo all’intero processo di

aggregazione. I vari passaggi caratterizzanti l’acquisition method sono:

a) identificazione dell’acquirer;

b) determinazione della data di acquisizione (acquisition date);

c) riconoscimento e misurazione delle attività identificabili acquisite, delle passività

trasferite e di qualsiasi altra quota di minoranza;

d) riconoscimento e misurazione del goodwill o di un guadagno su acquisto a prezzi

favorevoli.

Mentre l’identificazione dell’acquirer è elemento intrinseco della definizione di

aggregazione aziendale proposta dal documento e presuppone l’identificazione, altresì,

dell’acquiree e del business oggetto di trasferimento, l’acquisition date fa riferimento al

momento in cui si ottiene il controllo dell’impresa acquisita. Per quanto attiene alla

recognition, l’acquirente ha l’obbligo di valutare tutti gli elementi oggetto del

trasferimento al loro fair value alla data di acquisizione avendo cura:

Page 50: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

50

1) di includere nel proprio bilancio solo quegli elementi che soddisfano i criteri di

riconoscimento e la definizione di asset statuiti nel Conceptual Framework;

2) di includere nel proprio bilancio anche elementi che, pur essendo coerenti con tali

criteri, non erano stati inclusi nel bilancio dell’ acquiree in precedenza.

È evidente il proposito dello standard di minimizzare il valore dell’avviamento

che l’impresa acquirente andrà ad includere nel proprio attivo patrimoniale. Infatti,

essendo questo valore correlato, tra gli altri, al quello delle attività nette oggetto di

trasferimento, risulta chiaro come il tendere del valore di tali attività a quello del

corrispettivo pagato riduce l’ammontare di quella differenza riconducibile all’avviamento

stesso. Con la prescrizione di cui al punto 2, il documento invoglia il management

dell’impresa acquirente ad operare tale minimizzazione del valore del goodwill attraverso

la recognition di più elementi possibili riconducibili all’azienda acquisita, anche se non

inclusi precedentemente nel bilancio di quest’ultima e purché essi siano conformi alla

definizione di asset. In questo modo, parte del valore che, in assenza di tale prescrizione,

sarebbe da imputare all’avviamento, viene, invece, ricondotto ad elementi la cui

identificazione e quantificazione risulta più agevole. Tale proposito ben si concilia con la

volontà dello IASB di massimizzare l’affidabilità e la rilevanza della misurazione e, in

ultima analisi, la sua utilità a fini esterni.

Per quanto riguarda la recognition di eventuali quote di minoranza, un’alternativa

al fair value è data dalla possibilità di misurarle in maniera proporzionale rispetto

all’ammontare delle altre quote dell’impresa acquisita che conferiscono diritto di

controllo. Inoltre, la valutazione al fair value alla data di acquisizione è prevista anche

per il corrispettivo trasferito e, nel caso in cui esso preveda degli accordi preliminari sul

corrispettivo potenziale, stesso metodo di valutazione deve essere impiegato anche per

questi ultimi.

L’IFRS 3 giunge, quindi, a delineare una precisa definizione di avviamento,

identificandolo come l’eccedenza di (a) su (b) che sussiste alla data di acquisizione. Gli

elementi da cui ricavare, per differenza, il valore del goodwill sono così descritti:

Page 51: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

51

a) la somma:

1) del corrispettivo trasferito;

2) dell’ammontare del valore di qualsiasi altra quota di minoranza;

3) nel caso di un’aggregazione realizzata in maniera graduale, il fair value alla

data di acquisizione di tutte le quote di controllo già detenute in precedenza

nell’impresa acquisita;

b) il valore netto delle attività e passività oggetto dell’aggregazione misurate al fair

value al momento della acquisition date;.

A seconda che la differenza tra l’aggregato a) e quello b) sia positiva o negativa,

l’acquirer dovrà riconoscere:

un avviamento (se a > b)

un bargain purchase, vale a dire un guadagno derivante da acquisto a prezzi

favorevoli (se a < b)

Tuttavia, nel caso ci si trovi nell’ipotesi sub. b), l’acquirer dovrà effettuare una

ulteriore verifica circa l’attendibilità del valore attribuito sia agli elementi dell’acquiree

che sono stati oggetto del trasferimento sia del corrispettivo pagato per l’acquisizione. Lo

scopo di tale verifica, come espressamente rimarcato, è quello di garantire che la

misurazione di suddetti elementi rifletta in maniera appropriata tutte le informazioni

disponibili dalla data di acquisizione. Essa potrebbe essere interpretata nel modo

seguente: dal momento che l’ipotesi in cui il valore del corrispettivo pagato sia inferiore

a quello delle attività nette dell’impresa oggetto di acquisizione è inverosimile e

certamente meno diffusa rispetto al caso opposto, viene introdotto l’obbligo di questa

verifica aggiuntiva per comprovare la reale esistenza di un guadagno a prezzi favorevoli

derivante dal fatto che si acquisisce un’azienda pagandola meno di quanto valga almeno

Page 52: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

52

dal punto di vista contabile. Diversi potrebbero essere i motivi a causa dei quali ci si

potrebbe trovare in questa situazione: ad esempio, è possibile che il corrispettivo rifletta

realmente il valore economico dell’azienda acquisita, la quale sarebbe, quindi, avviata

negativamente; oppure quest’ultima potrebbe essere stata costretta ad accettare una

somma palesemente inferiore al suo valore per qualche altro motivo non meglio

identificabile. Si è ritenuto, in questa sede, opportuno formulare queste due ipotesi a titolo

esemplificativo in quanto funzionali alla comprensione dell’approccio seguito dallo IASB

nella recognition del goodwill. In effetti, da un punto di vista pratico, si dovrebbe

considerare come bargain purchase soltanto la seconda ipotesi e non quella in cui

l’azienda presenti un badwill. Nel modo in cui lo standard è impostato, tuttavia, ci si trova

in presenza di un guadagno a prezzi favorevoli in entrambe le circostanze, in quanto, con

riferimento alla prima, si ritiene che l’acquirer, sebbene l’acquiree sia avviato

negativamente, abbia scelto ugualmente di procedere all’acquisizione perché ritiene di

poter recuperare in futuro tale investimento in quanto ritenuto fonte di benefici economici

futuri derivanti, ad esempio, dalle sinergie scaturenti con l’impresa madre.

Si tratta di una evidente applicazione del principio di attendibilità della

misurazione, la quale è comprovata anche quando si dispone circa il periodo di

misurazione (measurement period). In altri termini è stabilito che eventuali cambiamenti

di valore riguardanti tutti i fattori coinvolti nell’aggregazione e giustificati da nuove

informazioni aggiuntive sopravvenute dopo la data di acquisizione devono essere rilevati

entro il termine di un measurement period, il quale parte dalla acquisition date e si protrae

fino a quando si ravvisa l’impossibilità di ottenere informazioni aggiuntive o, comunque,

si stabilisce che tutte le informazioni ritenute rilevanti ai fini dei cambiamenti di valore

in oggetto siano già state interamente acquisite. In ogni caso tale periodo non può

eccedere l’anno. In altri termini, la precisazione appena riportata suggerisce l’esistenza di

una sorta di distinzione tra l’aggregazione aziendale intesa in senso, se vogliamo, legale,

e quella intesa in senso contabile. Ciò ha delle importanti implicazioni circa la recognition

dell’avviamento e, quindi, la sua prima iscrizione in bilancio. Intesa nella prima

accezione, l’aggregazione aziendale termina nel momento in cui l’acquirer ottiene il

controllo sull’acquiree, ovvero al momento di quella che viene identificata dall’IFRS 3

come la acquisition date. Ma dal punto di vista contabile il procedimento assume un

profilo temporale differente in quanto esso si conclude solo al termine del measurement

period, oltre il quale, per definizione, è preclusa ogni possibilità di effettuare rilevazioni

Page 53: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

53

aggiuntive circa elementi non precedentemente identificati nel bilancio dell’azienda

acquisita o correzioni di valore di elementi che, invece, vi erano già ricompresi. Solo al

termine di tale arco temporale si può statuire un valore definitivo per l’avviamento al

quale ancorare il trattamento contabile successivo. Tutto ciò è conforme con quanto detto

in precedenza, ovvero con la volontà da parte dello IASB di incentivare la

contabilizzazione del maggior numero possibile di elementi dell’attivo in modo tale da

ridurre il valore dell’avviamento andando ad incrementare l’affidabilità della misurazione

e, quindi, l’utilità dell’informazione fornita.

La definizione dell’avviamento delineata dall’IFRS 3 deve essere letta alla luce

della semplificazione operata dal Conceptual Framework quando assume che i

procedimenti di recognition and measurement devono tener conto del fatto che il

management prenda solo ed esclusivamente delle decisioni economiche vantaggiose per

la propria impresa. In quest’ottica di lettura diviene chiaro il perché viene proposta una

distinzione tra goodwill e bargain purchase e non una tra goodwill e badwill. Un ipotetico

investitore che si accinge a rilevare un’azienda, agendo con il solo scopo di ottenere

benefici economici futuri per la sua impresa da tale acquisizione, formulerà un’offerta di

acquisto che non superi il valore economico dell’impresa target. Se il valore economico

di tale impresa è inferiore del suo capitale netto valutato a prezzi correnti, l’impresa

presenterà un badwill (avviamento negativo): ebbene, questo valore che, ragionando in

termini esclusivamente economici, è stato in precedenza etichettato come avviamento

negativo, in questo caso, secondo le disposizioni dell’IFRS 3 è da considerarsi come

bargain purchase e, quindi, come guadagno da rilevare in conto profitti e perdite. A ben

vedere la semplificazione operata dal Framework va oltre. Leggendo le disposizioni in

materia di recognition dell’avviamento alla luce di tale supposizione, il documento

assume in pratica che anche qualora si possa utopisticamente identificare un valore ben

preciso di capitale economico per l’acquiree ed anche se l’acquirer formulasse un

corrispettivo d’acquisto palesemente superiore a questo valore, è legittimo assumere

come certo che chi formula tale corrispettivo ritiene che esso possa essere comunque

recuperato in futuro in quanto l’ammontare dei benefici economici derivanti

dall’acquisizione della nuova azienda saranno maggiori rispetto all’ammontare del

corrispettivo stesso.

Page 54: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

54

Una ulteriore precisazione va fatta in merito alla determinazione del valore

dell’avviamento. Esso, il linea di massima, viene identificato come l’eccedenza del

corrispettivo pagato sul valore delle attività nette coinvolte nell’acquisizione, entrambi

valutati al fair value alla data di acquisizione. Tuttavia, qualora nell’arco temporale

identificato come measurement period sopraggiungano eventuali rivalutazioni

(svalutazioni) che coinvolgano alcune di tali attività nette, queste si riflettono

direttamente in incrementi (decrementi) del valore dell’avviamento inizialmente rilevato

e non in un guadagno (perdita) da riportare in conto profitti e predite. Cosicché, se un

attività viene rivalutata (o una passività svalutata) tale incremento di valore si riflette in

un decremento di pari ammontare nel valore dell’avviamento inizialmente rilevato.

Inoltre, sono da ricomprendere nel goodwill anche quegli elementi di cui sia appurata

l’esistenza ma che non possono essere rilevati in bilancio in quanto non soddisfano i

requisiti esposti nel Conceptual Framework.

2.4 TRATTAMENTO CONTABILE SUCCESSIVO

Si è proceduto a delineare innanzitutto il modo in cui le fonti normative nazionali

ed internazionali interpretano l’avviamento in quanto, di regola, è la determinazione dei

tratti concettuali di un elemento che giustifica il suo particolare trattamento contabile

dopo il riconoscimento e la prima inscrizione in bilancio.

In effetti il fatto che, in ambito italiano, sia pacifica la sua inclusione sostanziale,

prima ancora che formale, nella categoria delle immobilizzazioni immateriali si traduce

in un trattamento contabile in linea di massima conforme a quello che il documento 24

dell’OIC prevede per gli altri elementi immateriali. Innanzitutto si ricorda che ai fini della

sua inclusione nell’attivo patrimoniale esso, oltre, ovviamente, ad essere stato acquisito a

titolo oneroso (con un valore iniziale corrispondente all’eccedenza del corrispettivo

pagato sul valore corrente delle attività nette acquisite), non deve rappresentare un cattivo

Page 55: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

55

affare, bensì un costo sostenuto in quanto si ritiene probabile il conseguimento di benefici

economici futuri che eccedano tale costo, legittimandone la capitalizzazione e non

l’imputazione a conto economico.

Il fatto che l’avviamento sia concettualmente inteso alla stregua delle altre

immobilizzazioni immateriali, data la sua conformità concettuale alle stesse, fa sì che i

precetti generali riguardanti i metodi di ammortamento per questi ultimi siano rivolti

anche ad esso. Per cui anche per l’avviamento vale il precetto della sistematicità

dell’ammortamento, il quale deve riflettere il modello di consumo atteso per l’elemento

in questione e, quindi, il timing entro il quale produrrà i benefici economici per i quali è

stato acquisito. È altresì specificato come la sistematicità non sia, comunque, correlata

all’obbligo di un metodo di ammortamento a quote costanti: eccezion fatta per quello a

quote crescenti (in quanto tende a porsi in contrasto con il principio della prudenza dal

momento che è ragionevole supporre che i benefici economici derivanti dallo stesso siano

maggiori in un arco temporale più prossimo al momento in cui esso è stato rilevato) e per

altre tipologie “dove le quote di ammortamento sono commisurate ai risultati di esercizio

della società o di un suo ramo o divisione”, è ammesso il metodo a quote decrescenti

qualora si ritenga che esso realizzi “una migliore correlazione tra ammortamento del

costo del bene e relativi benefici attesi”. È, altresì, evidenziato che “l’ammortamento

decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso”31. Dal

momento che esso rappresenta un’attitudine aziendale e non un fattore produttivo

suscettibile di “essere usato”, restano dubbi sulla data di decorrenza del relativo periodo

di ammortamento in merito al quale non vengono fornite ulteriori specificazioni. Dalla

formulazione usata dall’OIC 24 si presume essa possa essere ricercata tanto nella data di

chiusura dell’operazione (es. acquisizione aziendale) che ne ha giustificato l’esistenza

quanto nel momento in cui sono pronti all’uso tutti i fattori coinvolti nella suddetta

operazione. In questo ultimo caso si darebbe credito a quanto disposto dal documento

mentre, nella prima ipotesi, verrebbe ritenuto escluso da tale affermazione il proposito di

disciplinare anche il trattamento contabile dell’avviamento. Maggiore è, invece, la

precisione con la quale sono stabiliti i limiti temporali massimi relativi al periodo di

ammortamento per tutti i fattori aziendali trattati dal documento. Per quel che riguarda

l’oggetto della presente discussione, ci pensa, innanzitutto, il Codice Civile a fissarne in

31 OIC 24 Immobilizzazioni Immateriali, par. 80

Page 56: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

56

cinque anni la durata massima lasciando, però, ampi margini di discrezionalità quando

afferma che “è tuttavia consentito ammortizzare sistematicamente l’avviamento in un

periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione

di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa”32. A rendere

più agevole la comprensione di tale affermazione ci pensa poi l’OIC 24 quando:

a) statuisce che, in ogni caso, il periodo di ammortamento non può superare i venti

anni e che periodi di durata superiore ai cinque anni sono consentiti “qualora sia

ragionevole supporre[…]che la vita utile dell’avviamento sia senz’altro superiore

ai cinque anni”.

b) fornisce precisazioni in merito alle informazioni da fornire in nota integrativa

quando impone di comunicare le “condizioni specifiche e ricollegabili

direttamente alla realtà e tipologia dell’impresa”33 che hanno giustificato il

ricorso a tale possibilità di deroga.

In merito a quest’ultimo punto, il documento fornisce anche degli esempi delle

possibili condizioni per le quali si è ricorso alla deroga in oggetto (imprese con cicli

operativi di lungo periodo, settori in cui è poco rilevante il grado di progresso

tecnologico): preme sottolineare che si tratta di motivi che, seppur specifici, non

obbligano l’impresa a comunicare all’esterno alcuna informazione strategicamente

rilevante. Tale tematica sarà comunque ripresa in seguito.

Spostando l’attenzione agli standard internazionali il discorso cambia

drasticamente. Come già evidenziato, l’ammissione di una difformità concettuale tra il

goodwill e gli altri intangibles, chiaramente esplicitata dallo IAS 38 Intangible Assets (in

particolar modo nella definizione del requisito dell’identificabilità, necessario per

l’inclusione in tale categoria), giustifica un trattamento radicalmente differente per

l’avviamento rispetto a ciò che accade in ambito nazionale. In pratica, tale trattamento si

pone in linea con quello che lo stesso standard riserva alle attività immateriali a vita utile

indefinita nella cui categoria ricadono tutte le attività per le quali non è possibile stabilire

32 Art. 2426 comma 6, Cod. Civ. 33 OIC 24 Immobilizzazioni Immateriali par. 92

Page 57: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

57

in maniera attendibile un arco di tempo preciso entro il quale esse genereranno benefici

futuri per l’azienda (in altri termini, un periodo di ammortamento): per tale motivo

l’avviamento non è soggetto ad ammortamento ma deve essere testato per impairment

ogni anno ed ogni qualvolta si verifichino delle circostanze che ne facciano presagire una

perdita di valore (cc.dd. indizi di impairment). La non inclusione del goodwill tra gli

intangibles è, probabilmente, anche motivo per il quale lo stesso IAS 38 si limita a farvi

riferimento soltanto quando ricorda il tassativo divieto di capitalizzare quello

internamente generato ed in poche altre occasioni, rimandandone l’analisi circa il

trattamento contabile e la disclosure ad altri standard, come l’IFRS 3 Business

Combination (del quale si è già accennato) e lo IAS 36 Impairment of Assets.

In particolare, dal momento che, in ambito internazionale, è previsto per

l’avviamento un trattamento contabile successivo alla recognition esclusivamente basato

sull’impairment test, tale modalità di trattamento è da ricercare essenzialmente nelle

disposizioni dello IAS 36 Impairment of Assets: esso è l’unico a fornire una trattazione

organica attinente alle tematiche suddette. Si cercheranno, quindi, di cogliere i tratti

essenziali dell’avviamento alla luce di tale standard.

Altra premessa è, però, d’obbligo. Le tematiche trattate dallo IAS 36 sono riprese

in maniera organica, in ambito nazionale, dal documento OIC 9 Svalutazioni per perdite

durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali34, il quale, come

espressamente dichiarato, prende spunto proprio dallo IAS 36. In effetti, a grandi linee,

si può affermare che sono poche le differenze tra i due standard in materia di trattamento

contabile delle perdite di valore degli elementi di bilancio. È anche vero, però, che tali

differenze si acuiscono proprio con riferimento al trattamento contabile del goodwill in

virtù della già citata divergenza del modo di intendere lo stesso nei due contesti e, in

particolare, circa l’ammissione dell’ammortamento come criterio di ripartizione del

valore per gli esercizi futuri.

Lo IAS 36 si propone di definire un preciso metodo di trattamento nel caso in cui

un’attività (o gruppo di attività)35 necessiti di essere svalutata a seguito del verificarsi di

34 L’OIC 9 (2013) è stato emanato diversi anni dopo l’ultima revisione dello IAS 36 (2008) e molti anni

dopo l’emanazione di quest’ultimo (2004) allo scopo di contribuire al processo di convergenza degli

principi contabili nazionali con quelli internazionali. 35 Nel documento si puntualizza l’uso convenzionale del termine asset in quanto esso fa riferimento anche

a gruppi di attività o a quelle che, nel prosieguo, vengono definite come CGU (Cash Generating Units)

Page 58: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

58

determinate condizioni alle quali si fa riferimento con l’espressione “indizi di

impairment”, riconducibili tanto a fattori endogeni all’azienda quanto a fattori esogeni.

Nel primo caso (fattori interni) essi fanno riferimento a:

a) evidenze circa l’obsolescenza o il danneggiamento fisico di un’attività;

b) cambiamenti interni, siano essi voluti o meno, che influenzeranno negativamente

l’attitudine dell’attività di produrre benefici futuri;

c) evidenze circa delle eventuali compromissioni della performance economica

dell’attività;

Gli elementi esogeni all’azienda sono da ricercare, invece, in eventuali:

a) indicazioni oggettive circa la possibile misura di un decremento di valore

dell’attività eccedente quello normalmente previsto in sede di formulazione del

suo piano di ammortamento;

b) cambiamenti significativi a livello micro o macro-ambientale (ambiente

tecnologico, legale, ma anche a livello del singolo mercato in cui l’azienda opera)

direttamente e negativamente riguardanti l’attività imprenditoriale in oggetto;

c) variazioni nei tassi di interesse o tassi di rendimento del mercato (che, come si

vedrà, possono generare ripercussioni nella determinazione del valore d’uso

dell’attività);

d) differenze tra valori di bilancio e capitalizzazione di mercato.

Si sottolinea come, tuttavia, tali elementi non corrispondano ad una trattazione

esaustiva di tutti i possibili “indizi di impairment”, i quali possono basarsi anche, ad

esempio, su eventuali discrepanze tra le valutazioni effettuate dal management in sede di

stesura dei piani di budget e la realtà effettiva dei fatti. Si tratta, più che altro, di elementi

esposti a titolo esemplificativo e non vincolante di tutte le possibili condizioni che

possano portare a rilevare una perdita di valore (impairment loss).

Page 59: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

59

Il verificarsi di eventi assimilabili a quelli appena citati fa sorgere la necessità da

parte dell’impresa di procedere all’impairment test relativamente all’asset, CGU (Cash

Generating Unit) o gruppo di CGU coinvolti. Nell’ambito della valutazione di eventuali

perdite di valore di una specifica attività, una cash generating unit è definita come il più

piccolo aggregato di beni al quale suddetta attività appartiene e per la quale, in ipotesi di

continuità di impiego, sia possibile identificare i flussi di cassa largamente indipendenti

da altre unità aziendali. L’identificazione della CGU può avvenire anche isolando quel

gruppo di attività al cui operato è attribuibile il conseguimento di un certo output per il

quale è identificabile un determinato mercato di riferimento (indipendentemente dall’uso

che ne viene fatto: è, dunque, indifferente se l’impresa venda tale output oppure lo usi

come input per altro processo aziendale). Ebbene, l’impairment test consiste

essenzialmente nel confronto (ovviamente reso necessario dalla presenza di un “indizio

di impairment”) tra il valore di bilancio dell’attività o della CGU con il suo valore

recuperabile: se quest’ultimo è inferiore al primo allora si procede a rilevare una perdita

dell’ammontare pari a tale differenza. A sua volta, il valore recuperabile è definito come

il maggiore tra:

a) il fair value al netto dei costi di dismissione;

b) il valore d’uso.

Se il procedimento di stima del fair value è disciplinato dall’IFRS 13 Fair Value

Measurement, maggiori difficoltà si prospettano per il calcolo del valore d’uso.

Quest’ultimo è dato dal valore attuale dei flussi di cassa futuri derivanti dall’utilizzo

dell’elemento oggetto di valutazione, attualizzati ad un tasso che rifletta sia il valore

temporale del denaro sia il rischio specifico connesso all’attività: il valore di tale tasso di

sconto può essere desunto dal mercato o, qualora ciò non fosse possibile, lo IAS 36 indica

metodi di valutazione alternativi (come il Capital Asset Pricing Model) diffidando

dall’incorporare lo stesso fattore sia nei flussi di cassa attesi sia nell’entità del tasso di

sconto. In ogni caso, mentre modelli come il CAPM possono essere agevolmente

utilizzati per pervenire ad una misura del rischio specifico (e possono, opportunamente,

essere integrati dall’utilizzo di tassi di crescita previsti), l’altro profilo di rischio (quello

Page 60: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

60

sistematico) è, in genere, desunto dal tasso d’interesse sui titoli di stato in quanto si

ritengono convenzionalmente sicuri.

Delineata una definizione generale di impairment test, è necessario osservare

come la sua applicazione all’avviamento presuppone l’allocazione dello stesso ad una

specifica CGU (o gruppi di CGU). Infatti, seppur molto spesso il test venga correlato in

via esclusiva all’avviamento stesso (è oramai usuale dire, ad esempio, “il goodwill deve

essere testato per impairment”), la rilevazione di una eventuale perdita di valore per lo

stesso non può, in realtà, essere altro che conseguenza della necessità di rilevare una

impairment loss per tutta la CGU e non soltanto per l’avviamento. In ogni caso, per

comodità, nel prosieguo non si terrà conto di questa distinzione terminologica la quale,

tuttavia, ha delle implicazioni anche dal punto di vista contabile. Infatti, nell’effettuare il

test per il goodwill il valore recuperabile deve fare riferimento all’intera cash generating

unit e non certo alla somma degli elementi ivi ricompresi. Questo vale sia nel caso in cui

il Recoverable Amount venga assunto come pari al fair value al netto dei costi di

dismissione sia nel caso in cui esso sia parametrato al value in use: in tale ultima ipotesi

si deve tener conto dei flussi di cassa riconducibili all’intera CGU.

Innanzitutto il goodwill deve essere testato per impairment annualmente ed ogni

qualvolta si presentino eventuali indizi di impairment (è soggetto, cioè, al c.d.

impairment-only approach). A ben vedere, questa è l’unica differenza sostanziale

intercorrente tra il trattamento contabile successivo dell’avviamento in ambito

internazionale e quello in ambito nazionale, ove l’OIC 9 specifica chiaramente che

l’impairment test36 affianca l’ammortamento e non lo sostituisce in nessun caso, così

come il fatto che il suo valore sia ripartito negli esercizi successivi tramite, appunto,

l’ammortamento non deve far desistere dall’effettuare il test ogni qualvolta se ne

presentino le circostanze37: ciò significa che il test deve essere effettuato solo qualora

vengano rilevati indizi che lascino presagire una perdita di valore (e non a cadenza

annuale come avviene, invece, in ambito internazionale) e la svalutazione rilevata a Conto

Economico deve riflettersi semplicemente in un decremento delle quote di ammortamento

36 Il documento parla, genericamente, di svalutazioni per perdite durevoli e non di impairment test anche

se il procedimento è sostanzialmente analogo. 37 OIC 9 Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, par. 24:

“L’ammortamento dell’avviamento non è in alcun modo sostitutivo del test di verifica della sua

recuperabilità”.

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61

annue stabilite in sede di prima iscrizione con la determinazione della vita utile senza la

necessità per quest’ultima di essere rivista (amortisation and impairment approach).

Inoltre, fin dal momento della sua recognition, esso necessita di essere allocato ad una

determinata CGU oppure, qualora il measurement period si estenda oltre l’esercizio in

cui si è verificata l’acquisizione, tale allocazione deve comunque avvenire entro questo

periodo. Nell’ottica dell’attribuzione del relativo avviamento, la CGU (o gruppo di CGU)

è definita come unità la quale:

a) deve rappresentare il livello minore al quale il goodwill è monitorato per scopi

interni;

b) non deve superare, per dimensioni, un settore operativo38.

Lo standard parla di scopi interni per evidenziare che l’allocazione

dell’avviamento ad una CGU (o gruppi di CGU) deve riflettere le aspettative del

management circa il contributo che esso può fornire e non deve tener conto, invece, della

destinazione riservata agli altri assets coinvolti nell’acquisizione aziendale che ha

generato il goodwill.

Si è volutamente parlato di CGU o gruppi di CGU in quanto è talvolta ragionevole

supporre che sia troppo riduttivo allocare l’avviamento ad una sola unità quanto,

piuttosto, ad più unità alle quali esso contribuisce. Anzi, può anche accadere che il livello

minore citato nella definizione precedente coincida, nell’ottica di allocazione del

goodwill, a tutta l’azienda. Ecco perché ogni qualvolta esso necessita di essere testato per

impairment, il test va svolto per tutta la Cash Generating Unit o per tutte le Cash

Generating Unit presso cui esso è allocato. Qualora venga evidenziato che il Recoverable

38 Un settore operativo è definito dall’IFRS 8 Operating Segments come “una componente dell’impresa:

a) Che intraprende attività imprenditoriali generatrici di ricavi e costi (compresi ricavi e costi

riguardanti operazioni con altre componenti dell’impresa”

b) I cui risultati operativi sono rivisti periodicamente da un più alto livello decisionale per valutarne

la performance e decidere l’assegnazione di risorse; e

c) Per la quale sono disponibili informazioni di bilancio separate.

Un settore operativo può intraprendere attività imprenditoriali a seguito delle quali non ha ancora

conseguito ricavi”

Page 62: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

62

Amount è inferiore al Carrying Amount si procede ad una svalutazione di una misura pari

a tale differenza nel modo seguente:

a) innanzitutto si procede a svalutare l’avviamento prima degli altri asset presenti

nell’unità;

b) se il valore dell’avviamento è inferiore all’ammontare della svalutazione, ciò vuol

dire che persiste ancora un ammontare da svalutare, ammontare che va ripartito in

maniera proporzionale a tutti gli altri elementi dell’unità.

Il goodwill va svalutato anche ogni qualvolta un elemento appartenente alla CGU

presso il quale è allocato viene ceduto: in questo caso si determina la percentuale del

valore dell’elemento ceduto rispetto alla somma degli altri elementi e si procede a

svalutare l’avviamento secondo tale percentuale. Se, ad esempio, il valore di bilancio

iniziale della somma delle attività presenti nella CGU è di 400 e viene ceduto un elemento

inscritto in bilancio per un valore di 100, allora il goodwill va svalutato del 25%. Ma

esiste anche una differenza di trattamento tra asset o CGU il cui valore, al momento

dell’analisi, è in linea con quanto disposto dal piano di ammortamento iniziale (ovvero

non è sopraggiunto alcun elemento straordinario che ne abbia giustificato un

cambiamento di valore) e quelli che, in accordo con altri standard, sono stati rivalutati.

Nel primo caso, l’impairment loss (perdita di valore) va direttamente imputata al conto

profitti e perdite mentre nel secondo si procede innanzitutto a ridurre il valore della riserva

di rivalutazione creata in precedenza. In ogni caso, come disposto dal par. 105 del

documento, il Carrying Amount (valore di bilancio) di un asset non può essere portato al

di sotto del valore più alto tra:

a) il fair value al netto dei costi di dismissione;

b) il value in use;

c) zero.

Page 63: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

63

Un'altra prescrizione circa il timing dell’impairment test afferma che, nel caso in

cui un asset presente in un unità ove è stato allocato un avviamento necessità di essere

testato assieme all’unità stessa in quanto ci sono evidenti segnali che portano ad una

probabile svalutazione, si procede innanzitutto a svalutare tale elemento e, solo dopo,

tutta l’unità. Stesso discorso vale anche nel caso in cui il test si rende necessario per una

CGU ove l’avviamento è presente solo in una parte del suo valore totale in quanto allocato

in maniera trasversale ad altre unità aziendali: anche in tal caso si procede prima a

svalutare prima la CGU direttamente interessata e, poi, il gruppo di CGU ove il goodwill

è allocato.

Vengono, poi, elencate le procedure nel caso in cui si ritenga possibile una ripresa

di valore per un’attività (o unità) precedentemente svalutata: ciò avviene solo quando

vengono meno le cause che hanno portato alla precedente svalutazione. Per quel che ci

riguarda, il documento vieta tassativamente di registrare qualsiasi ripresa di valore per

l’avviamento ma di rivalutare, in maniera proporzionale al loro valore corrente, solo le

attività presenti nell’unità. L’intento dello standard è chiaro: alla luce di quanto disposto

dallo IAS 38 Intangible Assets è vietata qualsiasi capitalizzazione dell’avviamento

internamente generato. Si ritiene, quindi, che una eventuale ripresa di valore sia da

attribuire direttamente all’attività aziendale e, di conseguenza, a fattori o circostanze

esclusivamente attinenti l’azienda oggetto di valutazione e non a quella acquisita: per cui

ogni incremento del valore recuperabile dell’avviamento è considerato come un internally

generated goodwill e, come tale, in nessun caso si deve tradurre in un incremento del suo

valore di bilancio. Stesso approccio viene seguito anche in ambito nazionale, dove l’OIC

9 vieta la rilevazione di riprese di valore per l’avviamento e, nel motivare tale scelta,

richiama la prescrizione del Codice Civile che, a sua volta, vieta la recognition per

l’avviamento internamente generato: anche qui, dunque, è perseguito con questo

approccio l’intento di non capitalizzare l’internally generated goodwill.

Page 64: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

64

2.5 DISCLOSURE

La comunicazione all’esterno di informazioni aggiuntive e complementari rispetto

a quelle fornite negli schemi di bilancio è necessaria per la comprensione degli elementi

ivi ricompresi e del loro valore. Ciò è particolarmente vero con riferimento

all’avviamento dal momento che la determinazione del suo valore, sia in sede di prima

iscrizione che in momenti successivi, richiede procedimenti valutativi molto spesso

complessi e frutto di decisioni discrezionali da parte del management. Un ipotetico

stakeholder interessato a conoscere la dinamica economica aziendale deve, tra le altre

cose, osservare il goodwill: ma ciò non significa soltanto conoscerne il valore; significa,

altresì, essere a conoscenza del modo in cui esso si è formato ed è stato valutato

successivamente. Soltanto in questo modo si potranno azzardare giudizi circa

l’andamento aziendale e, nello specifico, circa l’adeguatezza o meno dell’operazione che

ne ha giustificato la recognition. Sia gli standard IAS/IFRS che quelli dell’OIC hanno

statuito delle regole al riguardo.

In particolare, in ambito nazionale, la relativa vaghezza con la quale l’avviamento

è disciplinato a partire dalla sua prima iscrizione in bilancio si riflette in indicazioni

altrettanto vaghe e generiche circa la mole di informazioni aggiuntive che l’impresa è

obbligata a fornire al riguardo. A questo proposito si ricordi che tale elemento è definito

dall’OIC 24 Immobilizzazioni Immateriali come una qualità dell’azienda e, nello

specifico, come “l’attitudine di un’azienda a produrre utili che derivino…da incrementi

di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori

dei singoli beni in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema efficiente”. La

discrezionalità lasciata al management aziendale nel decretare che ci si trovi di fronte a

tali condizioni e non ad un cattivo affare è comprovata dall’assenza di obblighi di

comunicazione circa questa valutazione: in pratica, la decisione da parte del management

di capitalizzare l’avviamento implica, di per sé, il fatto che ci si aspettino ritorni

economici dallo stesso, ritorni economici la cui esistenza non potrebbe essere

ulteriormente giustificata se non esponendo informazioni strategicamente rilevanti per

l’impresa e potenzialmente compromissive per la sua posizione competitiva. Motivo per

il quale gli unici vincoli circa ciò che deve essere esposto in Nota Integrativa riguardano

Page 65: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

65

specificazioni circa il metodo e la durata dell’ammortamento ed eventuali svalutazioni

occorse:

a) per quanto riguarda l’ammortamento, occorre specificare i motivi per i quali,

eventualmente, si è scelta una durata superiore ai cinque anni; non è, invece,

richiesta alcuna specificazione circa il metodo utilizzato, eccezion fatta per

quello a quote decrescenti: in tale ultima ipotesi, sorge l’obbligo di comunicare

in nota integrativa “le ragioni che giustificano tale criterio” che devono

essere “specifiche e ricollegabili direttamente alla realtà e tipologia della

società”.

b) Per quel che riguarda le eventuali svalutazioni occorse per l’avviamento in

conformità con quanto disposto dall’OIC 9, bisogna specificare l’ammontare

della svalutazione e i motivi per i quali si è resa necessaria, oltre ai possibili

riflessi sul risultato economico d’esercizio; inoltre, sono richieste

informazioni circa le modalità con le quali si è pervenuti alla quantificazione

del valore recuperabile e, quindi, circa le tecniche utilizzate per la

determinazione del fair value e del valore d’uso, con particolare riferimento

ai tassi d’attualizzazione utilizzati (compresi eventuali tassi di crescita tenuti

in considerazione nel calcolo) e alla durata dell’orizzonte temporale preso a

riferimento per la stima dei flussi finanziari futuri.

Anche in ambito internazionale, la quantità di informazioni che si richiede di

comunicare in merito al goodwill in aggiunta a quelle fornite dagli schei di bilancio riflette

la complessità metodologica nella rilevazione e valutazione dello stesso. A ben vedere,

mentre i documenti OIC lasciano ampia discrezionalità nella determinazione di un

modello di ammortamento, quest’ultimo non è ammesso negli IAS/IFRS nei quali

l’avviamento è soggetto ad impairment-only approach. Tutto ciò si riflette sulla

disclosure: dal momento che l’impairment test richiede che si tengano in considerazione

numerose informazioni, è necessario che esse siano illustrate in supporti informativi

complementari al bilancio al fine di veicolare i potenziali investitori verso una corretta

Page 66: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

66

valutazione della dinamica economica aziendale dal momento che la sola presa d’atto del

valore dell’avviamento è palesemente insufficiente.

Anzitutto, in merito alla disclosure per il goodwill è ripreso l’obiettivo generale

posto dal Conceptual Framework: le informazioni da esporre devono essere tali da

consentire al lettore di valutare oggettivamente la natura e gli effetti finanziari

dell’operazione che ha giustificato il sorgere in bilancio di un avviamento. È questo il

principio, se vogliamo, regolatore dei successivi requisiti specifici richiesti, avvalorato

dall’obbligo di fornire ogni informazione disponibile che possa consentire l’ottemperanza

allo scopo qualora essa non sia garantita nemmeno dal rispetto di tutti gli altri requisiti

statuiti in merito alla diffusione di informazioni aggiuntive. È possibile, già da ora, notare

come, a differenza di quanto accade in ambito italiano, in tale contesto il management sia

invogliato dagli standard a fornire più informazioni possibili anche se queste risultano

strategicamente rilevanti e la cui divulgazione potrebbe essere lesiva della posizione

competitiva dell’impresa: la logica conseguenza è la possibilità che di tali obblighi ne

venga avallata una visione restrittiva che si tradurrebbe in un comportamento mirato alla

non ottemperanza degli stessi con il limitarsi alla divulgazione di informazioni basilari

ma non esaustive e, quindi, non funzionali allo scopo generale rimarcato poc’anzi. Tutto

ciò, ancora una volta, è vero con particolare riferimento all’avviamento, il cui sorgere in

bilancio è conseguenza, in linea di massima, di operazioni finalizzate alla ricerca di un

vantaggio competitivo di cui fruire in via esclusiva. In definitiva, se da un lato vige la

necessità di mettere al riparo l’impresa dall’obbligo di comunicare informazioni la cui

divulgazione potrebbe essere potenzialmente lesiva per la stessa, dall’altro è comunque

da tutelare l’obiettivo generale perseguito dal Framework prima ancora che dai singoli

standard trattanti l’avviamento.

Nello specifico, al fine di valutare la bontà dell’operazione posta in essere bisogna

comunicare i motivi per i quali la stessa è stata intrapresa: ciò si traduce, in merito

all’avviamento, nella necessità di specificare, dal punto di vista qualitativo, i fattori che

ne hanno giustificato la recognition, ad esempio le sinergie attese tra le due imprese.

Inoltre è necessario evidenziare ogni possibile fattore che abbia causato un cambiamento

nel valore del goodwill dalla data di acquisizione fino al termine dell’esercizio

amministrativo: vale a dire specificare eventuali cambiamenti nella valutazione occorsi

durante il measurement period oppure evidenziare eventuali impairment loss occorse.

Page 67: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

67

In merito alla divulgazione di informazioni aggiuntive circa il trattamento

contabile dell’avviamento, è, in pratica, richiesto di specificare tutte le informazioni

relative agli impairment test effettuati relativi allo stesso, dai motivi che li hanno resi

necessari fino all’ammontare delle svalutazioni rilevate. In particolare, è necessario

comunicare:

a) I motivi che hanno giustificato la necessità di effettuare il test (ciò comporta

di specificare se il test sull’avviamento è stato effettuato in quanto

sopraggiunta la cadenza annuale oppure in quanto si è verificata una qualsiasi

circostanza riconducibile ad un indizio di impairment).

b) L’ammontare svalutato e le eventuali riprese di valore (è un precetto generale

che, ovviamente, è riferibile all’avviamento solo nella sua prima parte dal

momento che non è ammessa la rilevazione di riprese di valore per

quest’ultimo).

c) La composizione e la natura della CGU (o delle CGU) presso cui il goodwill

è allocato.

d) Il metodo di determinazione del valore recuperabile.

Molto dettagliata è la descrizione delle informazioni che si richiede di divulgare

in merito al procedimento di determinazione del Recoverable Amount, ove è richiesto di

specificare se esso equivale al valore d’uso oppure al fair value al netto dei costi di

dismissione39. Nel primo caso il management deve fornire informazioni circa:

a) Il modo in cui è pervenuto alla quantificazione dei flussi finanziari (o

reddituali) futuri da attualizzare e l’arco temporale preso a riferimento nel

calcolo degli stessi.

b) La modalità di determinazione del tasso di sconto.

c) Le metodologie valutative utilizzate (ad esempio, il CAPM).

39 Ovviamente con riferimento alla CGU (o alle CGU) presso cui l’avviamento è allocato in quanto sarebbe

inverosimile parlare di flussi futuri con riferimento ad un singolo asset.

Page 68: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

68

d) Tutte le ipotesi o considerazioni aggiuntive tenute in conto in merito alla

determinazione sia dei flussi futuri sia del tasso di sconto.

Infine, è necessario specificare se, eventualmente, parte del goodwill riconosciuto

in sede di Business Combination non è ancora stato allocato a nessuna unità: in questo

caso occorre sottolineare sia l’ammontare di tale valore residuo sia i motivi di questa

mancata ripartizione.

Page 69: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

69

CAPITOLO 3

ATTUALI CRITICITÀ

Le discussioni precedenti hanno quantomeno cercato di porre un po’ d’ordine

circa il concetto di avviamento e il modo in cui esso si riflette sull’attuale trattamento

contabile, dalla recognition alla disclosure. In particolare, l’impossibilità di ricondurvi

una definizione univoca giustifica l’adozione di alcune semplificazioni metodologiche da

parte degli standard setter dei quali si è tenuto conto nella discussione. Se ciò è vero con

riguardo ai documenti dell’OIC, dove la definizione sommaria e aperta a margini di

discrezionalità più o meno ampi è accompagnata solo dalla prescrizione circa il periodo

massimo entro il quale tale elemento può essere ammortizzato, lo è ancor di più negli

standard internazionali, ove è dubbia la sua conformità alla definizione di “asset” prima

ancora che di “asset immateriale” e la sua recognition è in qualche modo favorita solo da

supposizioni circa le intenzioni e l’operato del management nel compimento di quelle

operazioni che giustificano il sorgere di un purchased goodwill.

Probabilmente è proprio questa palese difficoltà di operare una conciliazione tra

la definizione concettuale di avviamento e il suo trattamento contabile conseguente che

sta alla base di molte problematiche connesse all’attuale formulazione degli standard

contabili dello IASB. Tutto ciò si riflette in ciò che, in precedenza, è stata proposta come

quella sorta di proporzionalità inversa tra la validità concettuale della definizione di

avviamento e la possibilità di ricondurvi un metodo di quantificazione attendibile. A

parere di chi scrive, se è vero che gli elementi peculiari di ogni elemento devono riflettersi

nel suo modo di essere trattato in contabilità, sembra che più ci si avvicini ad una

definizione dettagliata di cosa sia l’avviamento più ci si allontani dalla possibilità di

stabilire per esso un trattamento contabile conforme a tale definizione. Ed è partendo

Page 70: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

70

proprio dalla seguente osservazione che risulta quasi obbligato il ricorso alle supposizioni

appena richiamate. Sempre a parere di chi scrive, questa visione risulta avvalorata, altresì,

dall’osservazione del fatto che essa si rifletta nell’adozione, da parte dello IASB (ma non

solo), di una prospettiva di osservazione (quasi forzata) dell’avviamento esclusivamente

di natura top-down dove quest’ultimo è semplicemente considerato come “ciò che

residua da”.

A questo proposito si richiamano Johnson e Petrone40 i quali, ad integrazione della

definizione di avviamento già citata in precedenza, sostengono che esso può essere visto

secondo due prospettive: una, appunto, di tipo top-down e l’altra di tipo bottom-up. La

prima prospettiva parte dal considerare l’investimento effettuato in sede di aggregazione

aziendale come un unicum dal quale distinguere le varie componenti coinvolte a vario

titolo nell’operazione: tra queste componenti, accanto ad attività e passività assunte, è

presente anche l’avviamento che è definito come quella parte dell’investimento basata

sulle aspettative dell’acquirer circa l’impresa acquisita e le sinergie potenziali ottenibili

dall’operazione. Secondo la prospettiva bottom-up, invece, esso è definito come la

somma di varie componenti che, insieme, formano il c.d. “purchase premium”. Ma si

badi: nel loro articolo gli autori specificano come la semplice somma di tali componenti

consente di pervenire ad una definizione di avviamento in senso lato e sono attenti a

puntualizzare che, così inteso, esso è cosa ben diversa dal c.d. “core goodwill”. Seppur

non ne viene fornita esplicita definizione, è palese la differenza tra i due elementi: mentre

il “core goodwill” è quello che incorpora i benefici economici futuri derivanti sia

dall’excess earning power dell’acquiree sia dalle potenziali sinergie ottenibili tra le due

aziende e, quindi, incarna la definizione classica (se vogliamo) di avviamento, l’altro

(l’avviamento inteso come “purchase premium”) comprende anche elementi facenti

parte dell’investimento ma non direttamente ricollegabili alla prima tipologia. Ma

procediamo con ordine. Nello specifico, Johnson e Petrone ritengono che il goodwill sia

formato da sei componenti, delle quali solo alcune riconducibili al core goodwill. Esse

sono:

40 L.T. Johnson, K.R. Petrone, Commentary: is Goodwill an Asset? art. cit.

Page 71: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

71

1) La differenza positiva tra il valore delle attività nette valutate al fair value e il

valore contabile delle stesse alla data di acquisizione;

2) Il fair value di altre componenti che l’acquiree non aveva rilevato in precedenza;

3) Il fair value del fattore continuità (“going concern element”) dell’acquiree alla

data di acquisizione che ricalca la capacità di quest’ultimo di generare un surplus

di rendimento derivante dalla combinazione degli asset;

4) Il fair value delle sinergie e di altri benefici economici attesi dalla combinazione

tra le due aziende;

5) L’eventuale sopravvalutazione del corrispettivo pagato dall’acquirer derivante da

errori di valutazione in sede di determinazione dello stesso;

6) Pagamenti eccessivi oppure troppo bassi effettuati dall’acquirer.

Alla luce della definizione proposta di core goodwill e quella di asset fornita dal

Conceptual Framework e tenendo conto dei requisiti richiesti affinché un elemento possa

essere capitalizzato in bilancio, risulta chiaro come tra queste componenti né le prime due

né tantomeno le ultime due siano ricomprese nel concetto di core goodwill. Innanzitutto

sia l’eccesso di fair value sul valore contabile delle attività nette dell’acquiree sia il fair

value di altri elementi non precedentemente rilevati non rappresentano altro che rettifiche

di valore per elementi che, prima della data di acquisizione, erano stati valutati in

difformità dal criterio di misurazione cardine proposto dallo IASB oppure non erano stati

valutati affatto. È pacifico che al valore di tali rettifiche non possano essere associati

elementi in grado di procurare vantaggi economici futuri aggiuntivi a favore dell’impresa

acquirente La logica conseguenza sarebbe quella di rifletterne l’ammontare in un

cambiamento di valore per l’avviamento: così, nel caso in cui ci si accorgesse, in un

momento successivo all’acquisition date, che il fair value di una qualsiasi attività sia

superiore al valore per il quale era iscritta sino a quel momento in bilancio, essa andrà

rivalutata e tale rivalutazione dovrà riflettersi in un decremento di pari ammontare per il

goodwill41. Per quanto riguarda le ultime due componenti esse sembrano sorgere,

piuttosto, da errori commessi dal management nella valutazione del corrispettivo

(componente 5) o nella sua determinazione (componente 6). In particolare la

41 Tale circostanza fa riferimento alla prima componente del goodwill ma le conclusioni cui si perviene

sarebbero analoghe anche con riferimento alla seconda componente, ovvero nel caso in cui si debbano

includere in bilancio elementi non identificati dall’acquiree prima dell’aggregazione aziendale.

Page 72: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

72

sopravvalutazione del corrispettivo può avvenire in genere quando nello stesso sono

inclusi elementi non monetari valutati inadeguatamente al momento della sua definizione,

mentre un pagamento eccessivo rispetto alle valutazioni formulate dal management

dell’impresa acquirente può avvenire, ad esempio, nel caso in cui si scateni un’asta per

aggiudicarsi il controllo dell’acquiree: in questi ultimi due casi (tre, se si considera

l’ipotesi meno realistica ma comunque prospettabile di un pagamento eccessivamente

basso) la soluzione logica sembra essere l’inclusione di tali oneri aggiuntivi al conto

profitti e perdite e non una loro capitalizzazione. Risulta chiaro come, invece, le

componenti sub. 3) e 4) rispecchino appieno non soltanto la definizione di core goodwill

ma anche quella di asset fornita nel Conceptual Framework. Infatti:

a) la componente sub. 3) è, in pratica, assimilabile all’avviamento dell’azienda

acquisita, indipendentemente dall’aggregazione aziendale. Essa riflette la capacità

dell’acquiree di ottenere un surplus di rendimento derivante dalla combinazione

posta in essere dei vari fattori che la compongono ed il suo valore è quantificabile

proprio nel valore dell’avviamento; mentre

b) la componente sub. 4) fa riferimento alle sinergie e agli altri benefici derivanti

dall’azione congiunta dei due business.

A ben vedere entrambe le componenti riflettono investimenti volutamente

intrapresi dal management in quanto ritenuti fonte di ritorni economici futuri eccedenti

l’investimento stesso e che incorporano i motivi principali ai quali ricondurre l’avvenuta

aggregazione aziendale. Essi formano il core goodwill e soltanto a loro dovrebbe essere

limitata la capitalizzazione e la successiva ripartizione del costo sostenuto per la loro

acquisizione lungo l’arco di tempo entro il quale si ritiene saranno consumati (la loro vita

utile). A questo metodo di determinazione del valore dell’avviamento si fa riferimento

con il nome di “discernible-element approach”.

Il metodo risulta valido dal punto di vista concettuale ma, spostando l’attenzione

ad un possibile trattamento contabile da associare ad esso, è evidente come ciò faccia

riferimento ad una visione alquanto utopistica. Considerare l’avviamento non come un

unicum interamente da capitalizzare ma bensì valutarlo nelle sue diverse componenti e

Page 73: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

73

trattare in bilancio queste ultime separatamente richiederebbe un altissimo grado di

soggettività, con il management aziendale che sarebbe chiamato ad esprimere giudizi

personali e probabilmente opportunistici sulla natura di tali componenti, data

l’impossibilità di stabilire per essi un metodo di quantificazione valido tanto da poterlo

includere come regola imperativa all’interno degli standard contabili. Inoltre, un’ipotetica

concessione ad operare con tali margini di discrezionalità, anche se accompagnata da

requisiti di disclosure stringenti andrebbe con ogni probabilità a compromettere la

comparabilità dei bilanci, ledendo il principio di utilità dell’informazione che il

Conceptual Framework rimarca a grandi linee. Tutto ciò presupporrebbe, altresì, un

allontanamento dal rispetto di una delle caratteristiche qualitative fondamentali statuite

dal Framework stesso, vale a dire la rappresentazione fedele dei fenomeni economici

aziendali: la sua massimizzazione si ottiene fornendo un tipo di informazione che sia, tra

le altre cose, neutrale, ovvero non condizionata dagli interessi particolari di chi opera tali

valutazioni.

Al di là di tutte le limitazioni pratiche appena discusse, si è comunque ritenuto

opportuno citare il discernible-element approach in quanto consente ancora una volta di

pervenire alla costatazione che, in tema di trattamento contabile dell’avviamento, un

incremento nella validità concettuale presuppone un allontanamento dalla possibilità di

definire un metodo contabile altrettanto valido. Se, in teoria, le componenti non

riconducibili al “core goodwill” dovrebbero essere escluse dalla capitalizzazione, in

pratica gli standard IASB, alla luce della supposizione secondo la quale il manager agisce

sempre e comunque per massimizzare il valore della sua impresa, assumono che anche

quelle porzioni di corrispettivo pagato che, alla luce di un’analisi imparziale, sarebbero

da considerare eccessi di pagamento vengono invece considerate come un investimento

capace di generare in futuro ritorni economici per l’impresa acquirente e, di conseguenza,

ne viene legittimata la capitalizzazione e la successiva ripartizione del costo. Più

semplicemente, in sede di acquisizione aziendale avremmo bisogno di conoscere con

certezza almeno tre valori: il capitale netto dell’impresa acquisita, il suo valore economico

del capitale e il corrispettivo pagato per l’acquisizione. Pur tenendo in conto le specifiche

difficoltà valutative (relative, ad esempio, alla conversione del valore degli elementi

dell’acquiree al loro fair value) è possibile identificare con precisione l’entità della prima

e della terza componente ma non del valore economico per il quale, per i motivi di cui si

è già ampiamente discusso, è possibile pervenire ad una stima non sempre condivisibile

Page 74: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

74

in senso assoluto. Ebbene, gli standard IASB operano, in pratica, nella direzione di

assumere il valore economico del capitale dell’impresa acquisita pari al corrispettivo

pagato42, supponendo che in nessun caso chi determini tale corrispettivo incorra in un

investimento che ritiene non recuperabile in futuro: in altri termini, supponendo di poter

identificare un valore quantomeno approssimativo del capitale economico dell’azienda

acquisita, secondo l’attuale formulazione degli standard internazionali si ritiene che anche

qualora il corrispettivo pagato sia di gran lunga superiore a tale valore, il management

che decide di procedere ugualmente all’acquisizione lo fa ritenendo che tale maggior

costo sia ugualmente recuperabile in futuro.

A ben vedere, si tratta di una problematica dalla quale si può pervenire ad una

generalizzazione: l’impossibilità di definire per l’avviamento un trattamento contabile

che riesca ad ottemperare a tutti i requisiti richiesti dal Conceptual Framework fa sorgere

la necessità di trovare un compromesso tra tali requisiti, nel senso di favorirne alcuni

ritenuti più idonei alla massimizzazione dell’utilità dell’informazione, a scapito di altri.

La valutazione del fatto che un determinato requisito possa essere ritenuto prioritario

rispetto ad un altro deve, inoltre, tener conto di considerazioni di ordine empirico e,

quindi, facenti riferimento alla specifica realtà macroeconomica il cui mutamento può

incidere sul ruolo stesso dell’informazione di bilancio.

3.1 IL RUOLO DELL’AVVIAMENTO NELLA CRISI

FINANZIARIA

La logica conseguenza derivante dal discorso con il quale si è chiusa la precedente

discussione consiste nel valutare la conformità dei requisiti contabili alla luce della

nascita di nuove esigenze (o l’arricchimento di quelle già esistenti) che sono dettate da

42 Anche qualora fosse possibile affermare con ragionevolezza che i due valori sono palesemente differenti.

Page 75: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

75

avvenimenti la cui incisione sull’ambiente economico è significativa. È questa la

direzione seguita da molti studiosi che, a vario titolo, si sono cimentati nell’analisi

dell’attuale trattamento contabile dell’avviamento alla luce delle questioni emerse a

seguito della crisi dei subprime del 2007 e i cui effetti si stanno ancora protraendo. La

crisi finanziaria ha rappresentato uno degli input principali dai quali sono stati tratti

numerosi spunti critici che, in un modo o nell’altro, alimentano la discussione circa

l’opportunità di un adeguamento dell’attuale metodo di trattamento contabile per il

goodwill. In particolare, dubbi sono stati sollevati con riferimento alla presunta

inadeguatezza dell’attuale impairment-only approach introdotto nel 2004 con

l’emanazione della prima formulazione dell’IFRS 3 Business Combination oppure quelli

relativi al fatto che molte delle supposizioni necessarie per la determinazione di alcuni

valori (si pensi, ad esempio, alla stesura dei flussi di cassa prospettici nella

determinazione del Recoverable Amount) non sarebbero avvalorate da adeguati requisiti

di disclosure. Ma procediamo con ordine.

Come già più volte rimarcato, il Conceptual Framework for Financial Reporting

formula le linee guida alle quali l’informativa di bilancio deve conformarsi. Esso, più

precisamente, stabilisce alcuni principi il cui rispetto è necessario al fine di veicolare

potenziali investitori a prendere decisioni economicamente corrette. Innanzitutto esso si

propone di massimizzare l’utilità dell’informazione. Informazione utile è quella:

a) comparabile, in quanto i fruitori trovano utile analizzare i valori di un’impresa

con quelli di altra impresa operante nello stesso settore (comparabilità spaziale)

oppure della stessa impresa ma riferiti a periodi antecedenti l’analisi

(comparabilità temporale) in modo da valutare la validità economica delle

operazioni poste in essere;

b) verificabile, in quanto consente ai fruitori di constatare l’attendibilità di quanto

comunicato all’esterno attraverso l’osservazione diretta del fenomeno

(verificabilità diretta) oppure attraverso le opportune precisazioni fornite in sede

di disclosure (verificabilità indiretta);

c) tempestiva, in quanto consente ai fruitori del bilancio di assimilarla in tempo in

modo da potervisi adeguare o, comunque, in modo da poterla influenzare;

Page 76: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

76

d) comprensibile, in quanto un’informazione presentata in modo chiaro e con

accurato consente di ottemperare al meglio alle esigenze valutative dei c.d.

stakeholder primari.

Il rispetto di questi quattro requisiti è ritenuto dallo stesso Framework condizione

necessaria affinché il bilancio possa ottemperare a quelle che vengono definite come le

caratteristiche qualitative fondamentali per l’utilità dell’informazione, ovvero:

a) rilevanza, cioè la capacità dell’informazione di “fare la differenza” nelle decisioni

di potenziali investitori. L’informazione è ritenuta rilevante se essa possiede

carattere non soltanto confermativo ma anche predittivo e se la sua omissione

compromette le funzioni principali alla quale il bilancio è destinato (requisito

della materialità);

b) rappresentazione fedele dei fenomeni economici aziendali, la cui

massimizzazione si ottiene se l’informazione è completa, neutrale e libera di errori

e rispetta, inoltre, i principi di accuratezza e chiarezza.

È stato ritenuto opportuno formulare questo breve excursus su quanto statuito nel

Conceptual Framework in quanto si intende ora proporre la seguente osservazione: i

principi appena citati sono sostanzialmente finalizzati al raggiungimento dello scopo

principale del bilancio, ovvero favorire ipotetici investitori (che, a vario titolo, possono

decidere di mettere a disposizione i loro capitali per una determinata attività

imprenditoriale) nel prendere decisioni economicamente corrette; a tal fine è forse

necessario “accantonare” alcuni di questi principi quando si ritiene che lo scopo

principale sopra citato possa essere meglio perseguito quando si ritiene che una piena e

incondizionata ottemperanza agli stessi principi sia ritenuta d’intralcio? A ben vedere, se

riportiamo solo per un attimo l’attenzione a quanto disposto in ambito nazionale la

risposta è palesemente affermativa in quanto è espressamente consentito derogare ad

alcuni dei principi contabili statuiti dall’OIC43 qualora si ritenga che in tal modo si possa

43 OIC 11 Bilancio d’esercizio: finalità e postulati

Page 77: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

77

meglio aderire alla c.d. clausola generale attinente alla chiarezza ed alla rappresentazione

veritiera e corretta.44 Tale soluzione non è esplicita nell’ambito degli IAS/IFRS ma

sarebbe ragionevole ritenerla comunque consentita alla luce dell’enfasi posta sul

raggiungimento dello scopo principale del bilancio più volte richiamato.

Ecco che finalmente si è maggiormente in grado di circoscrivere la questione al

trattamento contabile dell’avviamento paragonato con le nuove esigenze conoscitive

poste dalla recente crisi finanziaria in tema di informazione di bilancio. Più nello

specifico, a parere di chi scrive, diviene obbligatorio porsi la seguente domanda: dal

momento che da più parti si è sollevata l’opinione che il trattamento contabile attuale

dell’avviamento abbia avuto un effetto pro-ciclico in relazione alla recente crisi

finanziaria, è forse opportuno che tale trattamento venga messo in discussione in modo

tale da favorire la tempestività dell’informazione ad esso correlata piuttosto che una sua

rappresentazione fedele? Nel prosieguo si tenterà di analizzare la questione con l’aiuto di

varie ricerche effettuate in materia.

La necessità di porsi questo tipo di domanda nasce da alcune evidenze empiriche

che ci mostrano come molto probabilmente il riconoscimento e la contabilizzazione di

perdite durevoli circa l’avviamento avvengano in maniera troppo tardiva rispetto al

verificarsi della circostanza specifica che giustifica la rilevazione di un’impairment loss.

Questo è, in pratica, ciò che è stato costatato qualche anno dopo lo scoppio della crisi

finanziaria. Quest’ultima, iniziata nel 2007, si è rapidamente propagata dagli Stati Uniti

al resto del mondo cominciando progressivamente a trasformarsi in crisi economica ed è

proprio quest’ultimo passaggio a rilevare maggiormente ai fini della presente discussione:

la compromissione dello scenario economico porta come logica conseguenza una

revisione in negativo delle stime future circa il rendimento delle attività aziendali, dalle

quali ci si aspettano flussi in entrata minori rispetto a quelli preventivati nel momento

della loro acquisizione, quando la crisi economica non si era ancora manifestata. In

termini contabili questo vuol dire che, alla luce dei mutamenti dello scenario

macroeconomico, sorge l’opportunità di rivedere in negativo le stime del recoverable

amount di molte attività in quanto esso sarà ora, molto probabilmente, al di sotto del loro

valore di bilancio (carrying amount). Sorge, in definitiva, la necessità di rilevare una

44 Tale obbligo di deroga è stabilito dall’art. 2423 comma 3 Cod, Civ. a rafforzamento della portata della

clausola generale.

Page 78: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

78

perdita durevole (impairment loss). Ma è stato notato che tutto questo succede con

notevole ritardo o, peggio, non succede affatto: in un suo studio, la banca d’investimento

Houlihan Lokey45 ha rilevato che un incremento significativo delle rilevazioni di perdite

durevoli si è verificato solo quattro anni dopo lo scoppio della crisi, ovvero nel 2011, e

sempre nello stesso studio è specificato come i bilanci di molte società (non solo quelle

appartenenti al settore finanziario) sembrino essere più compromessi in quest’anno

piuttosto che negli anni immediatamente successivi al 2007 (viene altresì rilevato come

l’ammontare delle impairment loss rilevato nel 2011 con riferimento al campione di 600

imprese sul quale è stata condotta l’analisi sia maggiore di ben cinque volte di quello

rilevato l’anno precedente). Altra ricerca che mostra in maniera chiara questa tendenza è

quella condotta dall’European Securities and Markets Authority (ESMA) su un campione

di 235 imprese operanti in differenti settori46. Essa mostra chiaramente il persistere della

presenza di numerose imprese con una capitalizzazione di mercato inferiore al valore del

patrimonio netto contabile anche dopo diversi anni dallo scoppio della crisi: nello

specifico si evidenzia, sempre nell’anno 2011, come tale caratteristica sia comune al 43%

delle imprese appartenenti al campione analizzato (rispetto al 30% del 2010) e come il

rapporto tra equity e capitalizzazione di mercato dello stesso sia aumentato, in media, dal

100% di fine 2010 al 145% di fine 2011. Sempre nello stesso arco di tempo è, inoltre,

salito da 22 a 40 il numero di imprese il cui valore contabile dell’equity superava di ben

due volte la capitalizzazione di mercato, numero significativo se si pensa che rappresenta

quasi il 20% del campione. In termini assoluti le impairment loss registrate a fine 2011

ammontavano a poco più di 40 miliardi di euro a fronte della presenza, tra i bilanci delle

imprese analizzate, di un valore di avviamento pari a quasi 790 miliardi (con un

impairment rate del 5,1%).

Ma il dato più significativo evidenziato dal report è che l’incremento medio del

rapporto equity/capitalizzazione di mercato nel periodo 2010-2011 sembra non sia stato

affatto accompagnato da un adeguato livello di impairment loss rilevate entro la fine di

quest’ultimo anno: in particolare si osserva come, del totale delle imprese la cui

capitalizzazione di mercato è al di sotto del loro patrimonio netto contabile, solo il 47%

di esse abbia rilevato una svalutazione per perdite durevoli circa l’avviamento. Una

45 http://hl.com/us/press/insightsandideas/3408.aspx; rapporto della banca d’investimento Houlihan Lokey

circa le impairment loss registrate negli anni successivi lo scoppio della crisi del 2007 46 ESMA, ESMA Report: european enforcers review of impairment of goodwill and other intangible assets

in the IFRS financial statements, 2013

Page 79: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

79

percentuale di gran lunga insufficiente se si pensa a quanto stabilito nello IAS 36

Impairment of Assets:

a) anzitutto lo standard specifica chiaramente come gli indizi interni ed esterni di

impairment elencati nello stesso abbiano sostanzialmente valore esemplificativo

ma non esaustivo, ragione per la quale il verificarsi di altro evento non

direttamente riconducibile ad uno di quelli elencati esplicitamente nel documento

deve, al pari di questi ultimi, essere tenuto in adeguata considerazione dal

management in quanto fonte di eventuale necessità di rilevare una impairment loss

se si ritiene che esso possa essere lesivo della capacità dell’impresa di generare

quei flussi di ricchezza futuri preventivati precedentemente, in assenza di tale

circostanza; ma al di là di questo lo standard elenca chiaramente, tra gli indizi di

impairment di natura esterna, la circostanza in cui il valore del patrimonio netto

contabile dell’impresa sia al di sotto del valore della sua capitalizzazione di

mercato47; inoltre

b) neanche la prescrizione che impone l’utilizzo del più alto tra il value in use e il

fair value al netto dei costi di dismissione come valore recuperabile sembra aver

stimolato una rilevazione di svalutazioni per perdite durevoli quantomeno

conforme alla tendenza macroeconomica in atto.

Secondo il report ESMA la costatazione di cui al punto b) sembra quasi

giustificare il fatto che un decremento del valore di capitalizzazione di mercato non debba

necessariamente portare ad effettuare un impairment test in quanto a tale decremento

possono essere associate circostanze non ritenute rilevanti dal management, come ad

esempio l’incertezza degli investitori o la loro avversione al rischio: in altri termini,

suddette circostanze possono essere ritenute fondamentali dai mercati finanziari che,

dunque, le riflettono in un decremento dei prezzi di mercato ma non altrettanto

fondamentali dal management che, per svariati motivi, potrebbe optare per la non

revisione al ribasso delle stime formulate prima del verificarsi di tali circostanze. Queste

47 IASB, IAS 36 Impairment of Assets, par. 12: “In assessing whether there is any indication that an asset

may be impaired, an entity shall consider, as a minimum, the following indications:

[…] d) the carrying amount of the net assets of the entity is more than its market capitalisation”.

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80

ultime richiamano, poi, alla discussione fatta al punto a), in quanto l’interpretazione degli

indizi di impairment potrebbe essere stata letta da molti alla luce del loro carattere non

vincolante, autorizzando a non procedere alla rilevazione di perdita alcuna anche quando

è palese il manifestarsi di uno di tali indizi. A tutto questo va aggiunto che l’inadeguatezza

del valore delle perdite rilevate nell’anno 2011 circa l’avviamento è ancor più evidente

se letto alla luce di una ulteriore prescrizione dello IAS 36 che impone, con riferimento

alla CGU entro la quale il goodwill è allocato, di svalutare anzitutto il valore di

quest’ultimo e, solo successivamente, procedere a svalutare anche gli altri elementi ivi

ricompresi in maniera proporzionale al loro valore.

È chiaro, a questo punto, che l’attuale metodologia di trattamento contabile

prevista per l’avviamento non è in grado di riflettere adeguatamente ed in maniera

tempestiva il modo in cui i mutamenti di carattere macroeconomico incidono sulle

aziende. Di fronte a tale evidenza empirica molte sono state le questioni poste e i dubbi

da più parte sollevati. In particolare lo studio condotto da Houlihan Lokey e citato in

precedenza (le cui osservazioni e conclusioni sono sostanzialmente analoghe a quelle

rilevate dal report ESMA) individua quattro possibili motivazioni dell’esistenza di tali

problematiche, chiedendosi se la causa di tali problematiche vada ricercata:

a) nel fatto che i mercati dei capitali siano troppo conservativi ed incapaci di

prendere adeguatamente in considerazione i possibili cambiamenti negli scenari

economici futuri;

b) nell’eccessivo ottimismo da parte dei manager nella formulazione delle loro stime

previsionali, ottimismo, forse, collegato al loro essere particolarmente ambiziosi;

c) nella mancanza di comunicazione tra i mercati dei capitali e le imprese che ha

come conseguenza il riflettere fonti informative diverse nella determinazione dei

valori aziendali.

Nello studio ci si chiede, inoltre, per quanto tempo possano continuare a persistere

queste pratiche contabili evidentemente fonte di un’inadeguatezza informativa del

bilancio prima che gli investitori e gli altri stakeholders inizino a richiedere dei

cambiamenti.

Page 81: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

81

Ma, in sostanza, trascendendo dalle problematiche legate al comportamento dei

mercati finanziari o all’eccessiva discrezionalità dei manager nel formulare le previsioni

per il futuro la questione sembra essere molto più chiara e la problematica viene

perfettamente riassunta da una dichiarazione del presidente dello IASB Hans Hoogervost,

quando nel 2012 dichiara che le impairment loss per l’avviamento vengono rilevate

spesso con eccessivo ritardo durante le crisi finanziarie. Volendo riassumere quanto detto

fin ora anche alla luce di tale dichiarazione si potrebbe effettivamente sostenere questo:

nella maggior parte dei casi le aziende hanno incominciato a riflettere buona parte degli

effetti economici della crisi all’interno dei propri bilanci soltanto quattro anni dopo lo

scoppio della stessa. Di conseguenza, risultano tutt’altro che prive di fondamento le

osservazioni avanzate da chi sostiene che l’attuale trattamento contabile dell’avviamento

abbia avuto un ruolo pro-ciclico dal momento che gli effetti di un suo deterioramento

sono stati rilevati con eccessivo ritardo rispetto al verificarsi della circostanza che ne ha

determinato il decremento di valore.

3.2 CRITICITÀ DELL’IMPAIRMENT-ONLY APPROACH

La possibilità da parte di ipotetici investitori (o comunque di tutti i soggetti che

vengono indicati dal Conceptual Framework come stakeholder primari) di poter prendere

decisioni economicamente corrette circa l’impiego dei loro capitali dipende di gran lunga

dal numero delle fonti dalle quali essi possono attingere informazioni in grado di renderli

capaci di realizzare un’analisi completa ed accurata circa la realtà economica di una

determinata impresa e delle sue potenzialità in merito alla creazione di flussi di ricchezza

futuri. E dipende, ovviamente, dall’attendibilità di tali fonti. È in quest’ottica che ci si

accorge di come l’informativa di bilancio svolga un ruolo fondamentale e di come

altrettanto fondamentale sia stabilire per essa dei criteri che le consentano di adempiere

nel modo migliore a tale compito.

Page 82: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

82

Con riferimento all’avviamento la problematica diviene quella di stabilire per esso

un trattamento contabile che ne massimizzi l’utilità informativa all’esterno: il che

significa, tra le altre cose, trovare una sorta di compromesso tra tutti i principi statuiti dal

Framework in quanto l’elevato grado di soggettività nella determinazione del suo valore

non consente di ottenere contemporaneamente sia l’ottemperanza a tali principi sia la

massimizzazione della sua utilità informativa. Questo è proprio ciò che è emerso dalle

osservazioni fatte nel precedente paragrafo: l’impossibilità di stabilire con precisione un

modello di consumo per l’avviamento ha orientato lo standard setter internazionale

all’adozione dell’impairment-only approach in quanto ritenuto maggiormente in grado di

fornire una rappresentazione fedele del fenomeno economico sottostante; ma il costo

connesso al conseguimento di tale obiettivo è stata la totale perdita della rilevanza

dell’informazione in quanto priva di valore predittivo. Una tardiva rappresentazione in

bilancio dei fenomeni economici può indurre a prendere decisioni di investimento

sbagliate: rilevare nel 2011 perdite durevoli di valore derivanti da accadimenti occorsi

diversi anni prima significa, in pratica, fornire un’immagine dell’azienda “meno

compromessa” di quanto non lo sia effettivamente in realtà. Ma non solo. Si è detto poco

fa che l’attuale trattamento contabile dell’avviamento sembra essere orientato alla

massimizzazione del rispetto del requisito della rappresentazione fedele a scapito di

quello della rilevanza: anche questo aspetto sembra presentare ampi margini di

discussione. Come già evidenziato, il Conceptual Framework reputa fedele

l’informazione che è, tra le altre cose, neutrale: alla luce di quanto discusso fin ora, anche

volendo tener conto della semplificazione operata dal Framework risulta difficile ritenere

il processo di impairment test completamente neutrale in quanto chi è chiamato ad

effettuarlo è altresì legittimato a porre in essere delle stime e delle congetture circa la

determinazione del valore recuperabile che potrebbero risultare tutt’altro che

condivisibili. Nulla vieta, a chi formula tali stime, di tenere in considerazione aspettative

di lungo termine troppo ottimistiche o, addirittura, opportunistiche. Del resto gli standard

internazionali possono proporre l’utilizzo di determinati metodi valutativi o imporre il

non utilizzo di altri: il trait d’union è che nel processo di impairment è comunque

necessario il ricorso a metodi riconducibili alla dottrina economico-aziendale (si pensi

all’attualizzazione dei flussi finanziari o di reddito nella stima del valore d’uso) ed è

difficile, se non impossibile, scindere la componente soggettiva dai metodi in modo tale

da definirne uno che sia pienamente affidabile e neutrale.

Page 83: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

83

A parere di chi scrive, la logica conseguenza del discorso fin qui proposto è il

riconoscere che la prevalenza dell’elemento comportamentale su quello computazionale

nella statuizione di un trattamento contabile per l’avviamento rende necessario il ricorso

a semplificazioni concettuali nella determinazione di un modello di consumo adeguato,

dove l’adeguatezza fa riferimento alla bontà di tale modello nel soddisfare lo scopo

cardine della comunicazione di bilancio così come statuito nel Framework. Nel 2004, con

la prima emanazione dell’IFRS 3 Business Combination, lo IASB decise di escludere il

metodo dell’ammortamento dal trattamento contabile dell’avviamento in quanto riteneva

inattendibile e carente di oggettività ogni tentativo di formulare una stima sulla vita utile

dello stesso. Ma il trattamento contabile attuale si basa esclusivamente sul processo di

impairment test il quale, oltre a non contribuire significativamente all’eliminazione di tali

tratti di soggettività, crea ulteriori distorsioni informative. Ecco perché molti sono stati

gli studi recenti che hanno provato ad analizzare nel dettaglio questa problematica. Tra

questi, oltre al già citato report dell’European Securities and Markets Authority, viene

ritenuto meritevole di approfondimento in questa sede quello proposto da un Research

Group composto da esponenti dell’European Financial Reoprting Advisory Group

(EFRAG), dello standard setter italiano e di quello giapponese (Accounting Standard

Board of Japan, ASBJ)48.

Il Research Group espone, sotto forma di un Discussion Paper (DP), delle

riflessioni circa il grado di adeguatezza dell’attuale impairment-only approach partendo,

anzitutto, dal modo in cui esso è stato adottato. I motivi della sua adozione, infatti, vanno

da ricercare ancor prima dell’emanazione dell’IFRS 3 e, più precisamente, nel 2001, con

l’introduzione di tale metodo di trattamento da parte dello standard setter statunitense49

che fu accompagnata dal FASB dalle seguenti motivazioni:

a) sia nelle analisi svolte da soggetti esterni all’azienda che in quelle svolte dal

management per misurarne la performance operativa venivano ignorati i costi

connessi all’ammortamento dell’avviamento;

48 EFRAG, OIC, ASBJ, DP: Should Goodwill still not be Amortised? Accounting and Disclosure for

Goodwill, 2014 49 Introduzione avvenuta con l’emanazione dello SFAS 142 Goodwill and Other Intangible Assets

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84

b) si riteneva che l’ammortamento dell’avviamento causasse una sorta di

duplicazione dei costi tale da inficiare la validità delle misure di performance

rilevate dopo la cessazione della sua vita utile e ritenute non conformi ad una

rappresentazione fedele;

c) la presenza di un adeguato impairment test annuo era ritenuta sufficiente, qualora

accompagnata da un appropriata disclosure, a fornire una rappresentazione utile a

coloro che facessero affidamento all’informazione di bilancio.

Dal momento che l’IFRS 3 Business Combination del 2004 è stato emanato con

lo scopo, tra gli altri, di creare convergenza tra i principi contabili internazionali e quelli

statunitensi, i motivi dell’adozione dell’impairment-only approach da parte del FASB

sono quelli che ne giustificano l’adozione anche da parte dell’IASB che ha, però,

specificato come tale orientamento sia stato avvalorato dalla costatazione che questo

metodo fosse quello ritenuto più credibile rispetto agli altri due proposti, ovvero:

a) ammortamento a quote costanti integrato da impairment test qualora emergessero

indizi di impairment;

b) un metodo che rappresentasse una sintesi di quello di cui al punto a) e di quello

attualmente in uso.

Per la verità, il metodo che ha trovato maggiore condivisione già durante le

consultazioni in sede di emanazione dell’IFRS 3 è stato quello basato sull’amortisation

and impairment approach; tuttavia ha prevalso l’idea che l’impossibilità di determinare

un modello di consumo e di preventivare una vita utile per il goodwill in maniera adeguata

ha fatto sì che l’IASB rimanesse irremovibile sulle sue convinzioni.

Ma i dubbi circa l’inadeguatezza dell’attuale trattamento contabile emersi già

durante il periodo della sua introduzione sono via via andati amplificandosi e con la crisi

finanziaria del 2007 si è resa necessaria una discussione più approfondita in relazione al

ruolo pro-ciclico avuto nella stessa. Questa ultima osservazione diviene ancor più

rilevante in relazione al trend che vede operazioni di fusione o acquisizione che

Page 85: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

85

giustificano il riconoscimento in bilancio dell’avviamento sempre più frequenti (tant’è

vero che spesso le aziende si servono di soggetti deputati proprio a questo ed è addirittura

sorta la figura professionale del raider, ovvero di colui che è delegato ad investire nella

ricerca di altre imprese la cui acquisizione può essere fonte di vantaggio competitivo per

l’impresa madre). È in virtù di tutto questo che diviene sempre più importante definire un

trattamento contabile adeguato per il goodwill e nel farlo, il Research Group parte, in

primis, dall’analisi delle debolezze di quello attuale.

Anzitutto, molto semplicemente, le impairment loss sono spesso rilevate troppo

tardi ed assumono un valore meramente confermativo e non predittivo. Si tratta di un

problema di enorme rilevanza se lo si immerge nel contesto macroeconomico attuale,

contesto dove fattori quali l’abbattimento delle distanze geografiche dovuto alla

globalizzazione ed il boom tecnologico causano un progressivo deterioramento del

vantaggio competitivo50 delle aziende dal punto di vista temporale: in altri termini, capita

sempre più che, soprattutto in settori cc.dd. hi-tech, la possibilità di detenere una fonte di

vantaggio competitivo e di sfruttarla per ottenere una redditività superiore ai concorrenti

è circoscritta ad un periodo di tempo relativamente breve. Di conseguenza, in un contesto

macroeconomico e competitivo frenetico come quello attuale, rilevare in bilancio gli

effetti del possedimento di un tale vantaggio in ritardo potrebbe molto spesso voler dire

rilevarli quando, probabilmente, esso si è già deteriorato. Allo stesso modo, rilevare in

ritardo gli effetti di tale deterioramento, ovvero quando esso si è già manifestato in un

lasso di tempo precedente la rilevazione, fornirebbe, in quel lasso di tempo, un’immagine

dell’azienda più ottimistica di quanto non lo sia in realtà, invogliando potenziali

investitori a prendere decisioni che non avrebbero preso qualora avessero avuto una

visione della realtà aziendale più oggettiva ed attendibile. È lesa, ancora una volta, la

capacità dell’informativa di bilancio di ottemperare al suo obiettivo cardine così come

statuito dal Conceptual Framework: nello specifico, tale carenza è motivata dall’assenza

di tempestività intrinseca nell’utilizzo dell’impairment-only approach che cerca,

piuttosto, di fornire una indicazione precisa anche se tardiva. Ma, come accennato in

50 R.M. Grant, L’analisi strategica per le decisioni aziendali, Bologna, Il Mulino, 2011. L’autore definisce

il vantaggio competitivo come la capacità di un’impresa di conseguire redimenti superiori ai concorrenti

dovuti al possedimento di: risorse e competenze chiave non imitabili, possibilità di accedere ai fattori critici

di successo del settore e capacità di inserirsi adeguatamente nelle condizioni economiche dell’ambiente

nazionale di riferimento.

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86

precedenza e confermato dal Research Group all’interno del Discussion Paper, tale

approccio contabile potrebbe risultare non solo tardivo ma anche inattendibile.

A proposito di questo ultimo aspetto è rilevante l’opinione di chi sottolinea come

l’avviamento acquisito tenda progressivamente ad essere consumato e rimpiazzato con

quello internamente generato51, ovvero quello derivante esclusivamente dai fattori

intrinseci dell’acquirer e non riconducibile al core goodwill accennato in precedenza,

ovvero a quello direttamente riconducibile all’acquisizione. Di conseguenza,

l’impostazione concettuale dell’impairment test non gli consentirebbe di rilevare

adeguatamente tale consumo in quanto esso, dalla recognition in poi, tiene conto del

valore dell’avviamento in senso assoluto, senza distinzioni tra quello acquisito e quello

internamente generato. Probabilmente tutto ciò deriva anche dal fatto che obbligare il

management ad effettuare il test annualmente, indipendente dalla presenza o meno di

indizi di impairment, rappresenta una costrizione che potrebbe ledere l’efficacia dello

stesso test: esso andrebbe effettuato solo quando se ne rilevano le circostanze; in caso

contrario, rischierebbe di essere interpretato alla stregua di un adempimento

“burocratico” convenzionale e privo di implicazioni economiche.

Volendo fare un esempio per chiarire meglio quest’ultimo punto, supponiamo che

l’impresa rilevi inizialmente un goodwill attribuendogli un certo valore: dopo un anno,

qualora si ritenga, in sede di impairment test, che tale valore non si sia deteriorato (ad

esempio perché non ci sono stati decrementi nella redditività o nella posizione

competitiva dell’azienda) esso resta invariato. Ma c’è una rilevante differenza: mentre al

momento della sua recognition il valore complessivo poteva ritenersi interamente

riconducibile al purchased goodwill, al momento del test annuo è chiaro come lo stesso

ammontare ora incorpori anche una parte di internally generated goodwill.

Questa è una conclusione rilevante alla quale giunge il Research Group:

l’impairment-only approach sembra, implicitamente, autorizzare la recognition

dell’avviamento internamente generato quando questa, oltre ad essere vietata dagli

standard sia nazionali che internazionali, è altresì controproducente e non conforme agli

scopi cui il bilancio dovrebbe aderire. Inoltre, tale osservazione sembra essere coerente

51 A ben vedere tale ipotesi è avvalorata, seppur implicitamente, dallo stesso IASB quando, nell’IAS 36,

impone il divieto tassativo di rilevare riprese di valore per il goodwill in quanto ritiene che una eventuale

ripresa di valore sia da considerare come parte dell’avviamento aziendale generato internamente.

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87

con la tendenza che accomuna molte imprese il cui capitale netto di bilancio è superiore

alla loro capitalizzazione di mercato. Ovviamente la causa dell’esistenza di questo trend

non è da attribuite solo ed esclusivamente al trattamento contabile dell’avviamento:

quest’ultimo, piuttosto, ha avuto un effetto amplificatore, motivo per il quale si afferma

il suo effetto pro-ciclico nella crisi finanziaria.

3.3 LA REINTRODUZIONE DELL’AMMORTAMENTO PER IL

GOODWILL

Si è, quindi, giunti a delineare un inquadramento delle principali evidenze che

spingono il Research Group a mettere in discussione l’attuale trattamento contabile

dell’avviamento chiedendo una reintroduzione dell’ammortamento: a questo proposito è

bene sottolineare come tutte le risposte ricevute siano sostanzialmente in linea con quanto

sostenuto nel Discussion Paper e ciò dimostra come tali dubbi sull’attuale impairment-

only approach siano condivisi da molti. Tant’è vero che le stesse perplessità sono emerse

dai risultati di altri due questionari, uno formulato dall’OIC congiuntamente con

l’EFRAG e l’altro dall’ASBJ52. In aggiunta, comunque, il Research Group esplora altre

possibili metodologie di trattamento contabile, ovvero:

a) il discernible-element approach (già discusso in precedenza);

b) il direct write-off approach rilevando direttamente l’avviamento in profit or

loss;

52 A questo proposito si evidenzia come il trattamento contabile after recognition per l’avviamento secondo

gli standard giapponesi sia sostanzialmente analogo a quello italiano, ovvero con un ammortamento

dell’avviamento per un periodo massimo di venti anni e l’impairment test ogni qualvolta se ne presentino

gli indizi.

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88

c) il direct write-off approach attribuendo l’avviamento direttamente all’equity;

Del discernible-element approach se ne sono già evidenziati i meriti concettuali

così come le difficoltà applicative: se possiamo ritenere pacifico che il goodwill da

capitalizzare sia da ricondurre al c.d. core goodwill (solo e soltanto di questo se ne deve

ripartire il valore negli esercizi successivi) è anche vero che isolare questo valore dalle

altre componenti richiede valutazioni soggettive per le quali, molto probabilmente, anche

un’adeguata motivazione in sede di disclosure sarebbe insufficiente affinché un soggetto

esterno all’azienda possa valutarne l’attendibilità. A tal fine risultano insufficienti anche

le prescrizioni fornite dagli IAS/IFRS che, tentando di evitare o quantomeno di limitare

la recognition degli elementi diversi dal core goodwill ma riconducibili, piuttosto, al più

ampio concetto di avviamento inteso come purchase premium, impone all’acquirer di:

a) rilevare nei propri bilanci tutte le attività acquisite avendo cura di misurarle al

loro fair value e non mantenendole al loro valore di bilancio precedente la

Business Combination, in modo tale da eliminare o ridurre la componente 1

(ovvero la differenza positiva tra il valore delle attività nette valutate al fair

value e il valore contabile delle stesse alla data di acquisizione);

b) rilevare nei propri bilanci ogni elemento conforme ai criteri per la rilevazione

così come statuiti dal Conceptual Framework anche se tali elementi non erano

inclusi nel bilancio dell’impresa acquisita prima della data di acquisizione, in

modo da ridurre o eliminare la componente 2 (ovvero il fair value di altre

componenti che l’acquiree non aveva rilevato in precedenza);

c) misurare il corrispettivo in maniera adeguata in modo da ridurre o eliminare

la componente 5 (ovvero l’eventuale sopravvalutazione del corrispettivo

pagato dall’acquirer derivante da errori di valutazione in sede di

determinazione dello stesso).

Si tratta, a ben vedere, di prescrizioni che, se applicate alla lettera, consentirebbero

quantomeno di ridurre la discrepanza intercorrente tra l’avviamento in senso lato (quello

Page 89: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

89

inteso come purchase premium) e quello in senso stretto (il core goodwill). È, tuttavia,

palese come le difficoltà metodologiche connesse alla loro applicazione sembra quasi

privarle di quel carattere tassativo fondamentale ai fini di una loro ottemperanza in

maniera trasversale necessaria, tra l’altro, per il processo di unificazione dei principi

contabili. Questo aspetto è avvalorato anche dall’impossibilità di ridurre la componente

6, ovvero quella facente riferimento a pagamenti eccessivi o troppo bassi: essa può

scaturire da situazioni nelle quali la persistenza di asimmetrie informative tra le due parti

coinvolte nell’acquisizione non consente una contrattazione ad armi pari; oppure, ancora,

nel caso in cui ci siano più parti interessate, potrebbe scatenarsi un’asta al rialzo che

richiederebbe il pagamento di un corrispettivo palesemente superiore al valore

dell’impresa acquisita. È chiaro come l’acquirer possa risultare restio ad imputare a profit

or loss un eventuale sovra-pagamento preferendo, piuttosto, considerare tale valore come

un costo interamente recuperabile in futuro e, quindi, legittimarne la capitalizzazione.

Sarebbe, inoltre, inverosimile chiedere allo stesso di specificare in disclosure le

circostanze che hanno giustificato la necessità di tale eccesso di pagamento, soprattutto

se queste nascono dal fatto che più concorrenti ambivano all’acquisizione della medesima

impresa. In definitiva, in merito al discernibile element approach, l’isolamento del core

goodwill è fatto alquanto utopistico data l’impossibilità di definire una metodologia

valutativa pienamente condivisibile ed applicabile derivante, tra le altre cose, dal fatto

che nemmeno la definizione di adeguati requisiti di disclosure possano avvalorarne la

validità.Se a tutto ciò si aggiunge la possibilità di potenziali comportamenti opportunistici

da parte del management in merito a tali valutazioni, risulta chiaro come il metodo

proposto da Johnson e Petrone risulta inapplicabile in merito al trattamento contabile del

goodwill, anche se all’interno del Discussion Paper ne viene comunque riconosciuta la

validità concettuale.

In merito a tale validità concettuale, tuttavia, a parere di chi scrive, è stato

tralasciato un aspetto. Si faccia, anzitutto, un passo indietro. L’interpretazione restrittiva

dell’avviamento ha portato all’identificazione di quello che deve essere considerato come

unico valore legittimato ad essere capitalizzato e ripartito negli esercizi successivi come

purchased goodwill. Tale valore, identificato come il core goodwill è stato definito come

la somma:

Page 90: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

90

a) dell’avviamento riconducibile all’impresa acquisita indipendentemente

dall’acquisizione (il c.d. going-concern goodwill);

b) del fair value dei benefici economici attesi dalle sinergie derivanti

dall’incorporazione dell’acquiree nell’acquirer (il c.d. combination goodwill).

È pacifico che tra le caratteristiche qualitative da riconoscere al processo di

Business Combination è presente anche (e soprattutto) la sua capacità di migliorare la

posizione competitiva dell’impresa madre attraverso l’operare congiunto delle sue attività

con le attività rilevate a seguito dell’acquisizione. Nulla vieta, tuttavia, all’acquirer di

optare per una combinazione produttiva che implichi lo sventramento dell’azienda

acquisita per riallocarne i fattori produttivi i maniera trasversale lungo le unità operative

dell’impresa acquirente. Ebbene, tenendo conto di tale costatazione, sarebbe da ritenersi

dubbia l’inclusione del going-concern goodwill all’interno del concetto di core goodwill:

se l’acquisizione non fosse giustificata dall’ottenimento di un nuovo business in modo da

farlo operare con le stesse modalità precedenti la combination ma fosse, piuttosto,

finalizzata alla ripartizione degli elementi dell’acquiree lungo le varie CGU dell’acquirer

in un modo ritenuto più funzionale all’incremento dei benefici economici futuri, allora

sarebbe da rivedere la scelta di capitalizzare il going-concern goodwill. Piuttosto, il suo

decremento potrebbe compensarsi in un incremento della componente 4, ovvero quella

identificata sotto l’espressione combination goodwill e derivante dalle sinergie tra i due

business. Ovviamente, anche questo caso conferma che la validità concettuale del

modello è connessa alla sua non applicabilità nella pratica. In particolare, la sua

applicazione richiederebbe di scindere ulteriormente il core goodwill nelle sue due

componenti e di indicare le motivazioni di tale scissione in sede di disclosure. Tuttavia

ciò richiederebbe la divulgazione di informazioni circa la struttura operativa aziendale in

quanto, senza questo tipo di informazione, sarebbe impossibile, per un lettore esterno,

valutare la conformità delle decisioni prese alla sostanza economica sottostante: è chiaro

come sarebbe inverosimile obbligare alla comunicazione di informazioni strategicamente

rilevanti in quanto, come più spesso rimarcato, potenzialmente compromissiva della

posizione competitiva dell’impresa. Del resto, tra i compiti della contabilità in senso lato

è presente quello di delineare la performance aziendale ma non certamente quello di

specificare le modalità attraverso le quali si è pervenuti all’ottenimento di tale

Page 91: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

91

performance, a meno che, ovviamente, non lo si voglia fare di propria spontanea volontà.

Ma è ovvio come, in relazione a quest’ultimo punto, il grado di discrezionalità sia alto:

un’impresa che naviga in buone acque sarebbe, probabilmente, più propensa a divulgare

un maggior numero di informazioni supplementari a quelle offerte dal bilancio rispetto

ad altra impresa che se la passa meno bene.

Se del discernible-element approach se ne possono evidenziare le carenze solo da

un punto di vista applicativo ma non di certo da quello concettuale (almeno non in senso

assoluto), discorso ben diverso v’è da fare per gli altri due metodi proposti dal Research

Group. Non capitalizzare l’avviamento ma riportarlo in via diretta a profit or loss o al

patrimonio netto (equity) sono delle metodologie che evidenziano carenze strutturali non

di poco conto.

a) Innanzitutto secondo il primo approccio si considera il goodwill come un costo

la cui competenza economica è da attribuire interamente all’esercizio in cui è

avvenuta l’operazione che l’ha fatto sorgere. A ben vedere un approccio del

genere consentirebbe quantomeno di evitare la recognition dell’avviamento

internamente generato: parlando delle criticità dell’attuale impairment-only

approach si è fatto presente come esso faccia correre il rischio di lasciare

immutato il valore del purchased goodwill nell’attivo patrimoniale, non

curandosi dell’evidenza secondo la quale esso tende via via ad essere

consumato e rimpiazzato dall’internally generated goodwill. Considerare,

invece, il purchased goodwill come un costo da attribuire al risultato

economico d’esercizio, in pratica fa sì che non esista in attivo nessun valore

che necessiti di essere testato per impairment e ciò consente di non incorrere

nell’errore di capitalizzare il proprio avviamento. Tuttavia, avallare tale

trattamento contabile per l’avviamento significa, in pratica, non ritenerlo

conforme né alla definizione di asset né ai criteri per la recognition. Si è già

evidenziato come, invece, esso lo sia alla luce di quanto statuito dal

Conceptual Framework e anche nel Discussion Paper si giunge a tale

conclusione, facendo, però, attenzione ad evidenziare come tale conformità

faccia riferimento soltanto al core goodwill: andare a considerare

l’avviamento non come tale ma alla luce del più generico concetto di purchase

Page 92: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

92

premium andrebbe ad alimentare dubbi ulteriori dal momento che le quattro

componenti non riconducibili al core goodwill mal si prestano ad essere

identificate come “asset”, pur tenendo presente che gli standard IAS/IFRS

spronano i redattori del bilancio ad intraprendere procedure che riducano il

valore di queste componenti53. È ragionevole, dunque, ritenere inopportuno

l’utilizzo di questo metodo in quanto profondamente discordante con il

concetto di avviamento enfatizzato sia dagli studiosi che dagli stessi standard

internazionali.

b) Inopportuno è, altresì, l’aggettivo che meglio sintetizza l’altro metodo

analizzato dal Research Group e che prevede di riflettere il valore del goodwill

inteso in senso lato direttamente in un decremento del patrimonio netto.

Questo approccio vede, in pratica, l’avviamento come un qualcosa privo di

valore tale da giustificarne una riduzione del capitale riconducibile ai

proprietari dell’impresa e ciò è profondamente discordante con ogni

definizione proposta fino ad ora. Inoltre, decrementare l’equity

comprometterebbe la capacità dell’impresa di distribuire utili nel breve

periodo (e non solo) ledendo l’immagine della stessa in termini di affidabilità.

In aggiunta, dare per giusto tale approccio equivarrebbe ad affermare che il

purchase premium rappresenta interamente un pagamento eccessivo e, quindi,

negare l’esistenza di un core goodwill.

L’analisi delle possibili metodologie alternative all’impairment-only approach e

la presa d’atto della loro inadeguatezza concettuale (con riferimento al discernible-

element) o pratica (con riferimento alla non capitalizzazione dell’avviamento) inducono

a rivolgere l’attenzione alla possibile reintroduzione dell’ammortamento circa il

trattamento contabile after recognition del goodwill. In particolare, con l’ammortamento

si andrebbe ad allineare la modalità di trattamento contabile per l’avviamento con quella

prevista per altre immobilizzazioni immateriali a vita utile indefinita, ma non solo. Il

ritorno all’amortisation and impairment approach, abbandonato nel 2004 per favorire

l’allineamento degli standard internazionali agli US GAAP (General Accepted

Accounting Principles), limiterebbe la componente soggettiva ed opportunistica nella

53 Suddette procedure sono già state evidenziate in questo stesso paragrafo.

Page 93: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

93

determinazione del valore dell’avviamento negli esercizi successivi la sua inclusione

nell’attivo patrimoniale e consentirebbe, cosa non di poco conto, di evitare la recognition

dell’avviamento internamente generato. In particolare, con riferimento alla prima

tematica, è chiaro che autorizzare chi redige il bilancio a definire una vita utile entro la

quale ripartire il valore dell’avviamento riduce il grado di discrezionalità che il

management poteva impiegare nella definizione di un modello di consumo per lo stesso

lungo gli esercizi successivi la Business Combination: una volta definito tale modello di

consumo, infatti, sono poche le possibilità di cambiarlo e, in ogni caso, parte del valore

dell’avviamento inizialmente rilevato diminuirà col passare del tempo così come accade

per ogni altro elemento identificabile sotto la definizione di asset sancita dal Framework.

Inoltre ammortizzare l’avviamento lungo la sua vita utile stimata consente di isolare il

valore capitalizzato al momento della recognition da altri valori potenzialmente

riconducibili all’internally generated goodwill: con l’attuale trattamento contabile è

possibile che il valore di bilancio del goodwill resti uguale al suo valore di prima

inscrizione anche negli esercizi successivi a causa della involontaria inclusione di quello

internamente generato; con l’ammortamento, invece, il valore di prima iscrizione sarà in

ogni caso ripartito negli esercizi successivi indipendentemente dalla vita utile stimata e

dal modello di consumo preventivato, andando a ridurre notevolmente il rischio di

includere in bilancio il proprio avviamento.

In ogni caso, buon punto di partenza per avvalorare l’ipotesi di una reintroduzione

dell’ammortamento per l’avviamento consiste nel confutare i motivi per i quali esso era

stato precedentemente abbandonato. Le motivazioni, già citate i precedenza, vengono

riportate anche qui per comodità:

a) sia nelle analisi svolte da soggetti esterni all’azienda che in quelle svolte dal

management per misurarne la performance operativa venivano ignorati i costi

connessi all’ammortamento dell’avviamento;

b) si riteneva che l’ammortamento dell’avviamento causasse una sorta di

duplicazione dei costi tale da inficiare la validità delle misure di performance

rilevate dopo la cessazione della sua vita utile e ritenute non conformi ad una

rappresentazione fedele;

Page 94: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

94

c) la presenza di un adeguato impairment test annuo era ritenuta sufficiente, qualora

accompagnata da un appropriata disclosure, a fornire una rappresentazione utile a

coloro che facessero affidamento all’informazione di bilancio.

In aggiunta, molti ritenevano che fosse difficile stimare con precisione una vita

utile e un modello di consumo per l’avviamento, motivo per il quale esso venne catalogato

come asset immateriale a vita utile indefinita ed è tutt’ora considerato come tale,

elemento che, tra gli altri, ne giustifica il suo trattamento contabile after recognition

basato esclusivamente sull’impairment test. È stato fatto presente, tuttavia, come molte

delle critiche avanzate contro l’utilizzo dell’ammortamento per l’avviamento siano

infondate. In particolare:

1) il fatto che i costi di ammortamento annui dell’avviamento non siano tenuti in

adeguata considerazione dagli analisti esterni (ai fini di un’analisi oggettiva

ed imparziale della performance dell’azienda) e dal management (per scopi

interni di controllo di gestione) è, probabilmente, da imputare alla mancanza

di un contenuto informativo offerto da suddetta voce di costo, mancanza da

attribuire all’assenza di fedeltà nella rappresentazione della stessa. Ma se è

vero che l’utilità dell’informazione si caratterizza per il suo essere non soltanto

rappresentata fedelmente ma anche per la sua rilevanza si può osservare che

di quest’ultima caratteristica sono prive le impairment loss in quanto mancano

di carattere predittivo, inficiando il principio della tempestività

dell’informazione. Si rivolga, ora, l’attenzione sul ruolo dell’informazione

relativa all’avviamento nell’ambito del controllo interno di gestione. In tale

ambito è opinion diffusa che l’informazione tempestiva, seppur non

completamente attendibile, è da preferire a quella completamente attendibile

ma che giunge in ritardo ai fini del monitoraggio interno. Ciò è ancor più vero

in quei settori ove il mantenimento di un vantaggio competitivo è precluso ad

un lasso di tempo relativamente breve (ad esempio, settori caratterizzati da

elevato grado di sviluppo tecnologico). In maniera simile si può ripercorrere

lo stesso ragionamento spostando l’attenzione sulla rilevanza esterna

Page 95: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

95

dell’informazione: è probabile che i costi per ammortamento offrano

un’informazione soltanto approssimativa ai fini di un’analisi esterna

dell’azienda. Tuttavia, il fatto che le impairment loss ne offrano una

probabilmente più attendibile ma tardiva fa sì che nell’arco temporale nel

quale si è verificata quella determinata circostanza che ha compromesso la

capacità dell’impresa di produrre ricchezza futura (e, quindi da giustificare il

ricorso all’impairment test), tale circostanza non venga affatto rilevata: ecco

perché si può ragionevolmente sostenere come la scelta da operare sia quella

tra una informazione approssimativa ma tempestiva (offerta

dall’ammortamento) e tra una informazione del tutto assente (quella offerta

dall’impairment loss);

2) che non si possa determinare con precisione una vita utile per l’avviamento né

un modello di consumo è palese, anche se, in parte, tale aspetto è comune a

molte altre delle attività iscritte in bilancio (non soltanto immateriali). In

effetti, nel momento della prima iscrizione in bilancio viene effettuata, per

ogni attività materiale o immateriale, una stima del periodo di tempo nel quale

essa andrà a concorrere alla formazione dei benefici economici futuri. Trattasi,

però, il più delle volte, di una stima approssimativa oppure non decretabile

con precisione ex ante (da questo discorso possono essere esentate soltanto

alcune tipologie di attività per le quali tale arco di tempo è determinato da

accordi contrattuali in sede di acquisizione o formazione interna); motivo per

il quale, come lo stesso Research Group osserva, se è vero che per

l’avviamento è preclusa ogni possibilità di determinare in anticipo vita utile e

modello di consumo, tale obiezione deve allora essere mossa a molti altri

elementi dell’attivo.

In definitiva, la scelta di un metodo di trattamento contabile successivo per

l’avviamento alternativo a quello attuale ricade sull’amortisation and impairment

approach in quanto un ipotetico ritorno all’ammortamento consentirebbe quantomeno di

ridurre la discrezionalità del management circa la scelta del modello di consumo più

adeguato, evitando, inoltre, la capitalizzazione dell’avviamento internamente generato.

Ovviamente ciò comporterebbe l’introduzione di prescrizioni da rendere vincolanti nella

Page 96: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

96

scelta della vita utile entro la quale ripartire il valore del goodwill: così facendo si andrà

a limitare ulteriormente la discrezionalità del management che avrà un margine di

manovra limitato. A ben vedere, la problematica più rilevante è la scelta di un eventuale

periodo massimo entro il quale è possibile ammortizzare l’avviamento: è ciò che propone

anche il Research Group che, non a caso, è formato, oltre che dall’EFRAG, da esponenti

degli organismi contabili di Giappone e Italia, due paesi il cui trattamento contabile

relativo al goodwill è analogo a quanto proposto nel Discussion Paper (amortisation and

impairment approach)54. Al suo interno vengono menzionati vari studi che mostrano

come tale periodo sia stimabile per un minimo di due o tre anni fino ad un massimo di

dieci. Seppur non prevedendo una soluzione definitiva, è comunque palese che i periodi

di ammortamento consentiti prima dell’introduzione dell’impairment-only approach

(prima quarant’anni, poi venti) siano ora improponibili: se la vita utile dell’avviamento

deve essere conforme al periodo di tempo per il quale si ritiene esso possa contribuire alla

formazione di ricchezza tramite un miglioramento della posizione competitiva

dell’impresa, è chiaro come ad un ambiente economico più frenetico corrispondano

margini temporali maggiormente ristretti per detenere tale vantaggio competitivo. Motivo

per il quale è ragionevole statuire un numero massimo di anni entro il quale l’avviamento

può essere ammortizzato lasciando discrezionalità al management, poi, nel decidere

l’entità tale arco temporale con maggior precisione ma veicolandolo, nello stesso tempo,

a fornire il maggior numero di informazioni qualitative che giustificano la scelta di un

determinato numero di anni piuttosto che un altro. A parere di chi scrive, tali informazioni

dovrebbero essere relative, in particolar modo, alla tipologia d’impresa, struttura del

settore, incidenza della tecnologia nella stessa e altre informazioni relative al settore in

cui l’impresa opera e grazie alle quali un analista esterno sarebbe maggiormente in grado

di interpretare le scelte effettuate in sede di determinazione della vita utile. Trattasi,

inoltre, di una tipologia di informazioni la cui divulgazione non sarebbe affatto

compromissiva della posizione competitiva dell’impresa: più che la comunicazione di

elementi attinenti i processi di gestione, la struttura aziendale, i budget e le analisi degli

scostamenti dagli stessi (documenti formulati ai fini del monitoraggio interno), si tratta

semplicemente di giustificare la scelta del periodo di ammortamento sulla base di dati di

54 In entrambi i paesi è consentito scegliere una vita utile per l’avviamento che non superi i venti anni.

Page 97: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

97

dominio pubblico. Altri elementi sui quali basare la stima della vita utile dell’avviamento

proposti all’interno del Discussion Paper fanno riferimento:

a) all’arco di tempo entro il quale l’acquirer ritiene che l’azienda acquisita

otterrà un rendimento adeguato continuando ad operare come un business a se

stante oppure in sinergia con l’impresa madre;

b) il payback period preventivato per l’investimento che ha giustificato il sorgere

di un goodwill;

c) la vita utile (eventualmente in media) dei fattori produttivi facenti parte del

business acquisito.

A ben vedere, avallare tali ipotesi comporterebbe uno strappo alla regola circa la

definizione di “ammortamento” così come stabilita dagli IAS/IFRS, nei quali esso è

definito come l’allocazione sistematica del suo valore deprezzabile lungo la sua vita utile,

ove, a sua volta, quest’ultima è definita come il periodo entro il quale si presume che

l’attività sia disponibile per l’uso o il numero di produzioni che si ritiene si possa ottenere

dalla stessa. Alla luce di tale definizione risulta chiaro come ancorare il periodo di

ammortamento per l’avviamento al suo payback period sarebbe discordante con tale

definizione. Ciò, inoltre, è ancor più vero se lo stesso periodo venga parametrato alla vita

utile degli asset acquisiti nella business combination, in quanto il valore (e la stessa

esistenza) dell’avviamento non può essere ricondotto alla presenza di tali fattori. Si pensi,

poi, al fatto che sono gli stessi standard internazionali a consentire un’allocazione del

goodwill in CGU non necessariamente costituite interamente dai fattori produttivi rilevati

nell’operazione che ha giustificato il sorgere dell’avviamento. In ogni caso, in questa sede

si ritiene che il superamento di tale difformità concettuale tra le soluzione appena proposte

per stabilire vita utile e modello di consumo per l’avviamento e l’ammortamento così

come è inteso negli standard IAS/IFRS debba comunque essere superata (o trascurata, se

vogliamo) in quanto, si è già visto, nonostante tale difformità è pacifico che il ritorno

all’amortisation and impairment approach vada ad incrementare le possibilità di

ottemperare alle finalità dell’informativa di bilancio così come statuite nel Conceptual

Page 98: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

98

Framework, cosa che, alla luce delle evidenze empiriche mostrate, non succede (o,

almeno, succede in maniera inadeguata) con il trattamento contabile attuale.

3.4 IL RUOLO DEL GOODWILL NEI CONFLITTI DI AGENZIA

Risulta chiaro, a questo punto, come la messa in discussione dell’attuale

trattamento contabile per il goodwill a livello internazionale sorga dalla necessità di

ridurre quegli ampi margini di discrezionalità grazie ai quali i manager possono, in

pratica, manipolare i valori da assegnare a tale elemento. Si è visto come la rilevazione di

una impairment loss dipende dalla determinazione del valore recuperabile della (o delle)

cash generating unit presso cui l’avviamento è allocato e si è anche fatto presente come

la determinazione di questo valore sia condizionata da valutazioni circa i flussi di cassa

futuri e i tassi di attualizzazione in merito alla cui stima gli standard IAS/IFRS forniscono

soltanto indicazioni tutto sommato approssimative, lasciando ampio margine di manovra

ai manager che sono soltanto obbligati a fornire chiarimenti in disclosure circa le analisi

e le valutazioni condotte per arrivare alle loro stime. A proposito di questo aspetto è stato

osservato in precedenza come tale discrezionalità si rifletta in una prevalenza dell’aspetto

comportamentale su quello computazionale in merito al trattamento contabile after

recognition per l’avviamento: la conseguenza di tutto ciò sta nel fatto che chi guida

l’impresa tende ad optare per un trattamento contabile che rifletta considerazioni di natura

opportunistica. Il termine “opportunistico” è stato menzionato più volte nella trattazione

senza che ne sia stata fornita, tuttavia, una adeguata interpretazione. Si ritiene qui

opportuno cercare di approfondirne il significato in quanto solo in seguito si potranno

meglio comprendere le eventuali implicazioni dell’aspetto comportamentale sul

trattamento contabile per l’avviamento.

Nella maggior parte dei casi, le acquisizioni aziendali (così come altre operazioni

interaziendali che giustificano il sorgere dell’avviamento in bilancio) vengono effettuate

Page 99: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

99

da imprese strutturate, consolidate e di notevoli dimensioni in quanto tali caratteristiche

sono condizioni il più delle volte imprescindibili per il reperimento di quelle fonti

finanziarie necessarie per il completamento di suddette operazioni. Si tratta, molte volte,

di imprese ad azionariato diffuso, dove le quote sono detenute da un gran numero di

individui le cui pretese rispetto a quelle stesse azioni saranno inevitabilmente contrastanti

(ci sarà chi si aspetta di ricevere dei dividendi subito oppure chi preferisce rinunciarvi

almeno nel breve termine per maggiori guadagni in futuro). Si fa riferimento a questo

modello proprietario con il nome di public company: molto diffusa in ambito anglo-

statunitense, lo è di meno in Italia.

In ogni caso, ciò che più rileva ai fini della discussione, è che la peculiarità di tale

modello societario consiste nella separazione tra la proprietà ed il controllo, resa

obbligatoria dall’impossibilità di conciliare le esigenze di migliaia e migliaia di azionisti

rendendoli tutti partecipi del governo dell’impresa. Tuttavia, seppur la frammentazione

attiene anche agli interessi dei singoli proprietari e non soltanto alle loro quote societarie,

è comunque ragionevole ritenere pacifico che tutti si aspettino un incremento della

propria ricchezza attraverso la gestione operativa dell’azienda, indipendentemente dal

fatto che essa sia perseguita attraverso la distribuzione degli utili o il reimpiego degli

stessi in nuovi investimenti. È la massimizzazione della ricchezza degli azionisti

l’obiettivo che l’amministratore delegato dovrebbe sempre perseguire, anche se in questa

circostanza il condizionale è d’obbligo. Infatti i CEO potrebbero sfruttare la loro

posizione di vantaggio per i loro tornaconti personali: tale posizione di vantaggio deriva

dal fatto che la frammentazione azionaria rende la proprietà spesso ininfluente nelle

decisioni relative all’impresa (gli azionisti sono rappresentati soltanto nei Consigli

d’Amministrazione, anche se non sempre in maniera adeguata) e l’amministratore

delegato diviene la figura primaria della stessa. Motivo per il quale esso potrebbe essere

tentato di governare l’impresa in modo tale da incrementare la sua ricchezza e non quella

degli azionisti, rischiando di prendere decisioni discutibili circa l’impiego di capitali, tra

l’altro, non suoi. Questo disallineamento tra gli obiettivi perseguiti dai manager e quelli

degli azionisti sta alla base dei problemi di agenzia, dai quali sorgono dei costi ulteriori il

cui sostenimento è finalizzato a far sì che i manager agiscano effettivamente negli

interessi degli azionisti. In particolare, gli azionisti possono ridurre questo

disallineamento ricorrendo a varie soluzioni, tra le quali troviamo il monitoraggio

Page 100: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

100

dell’operato del CEO e la pattuizione di sistemi retributivi correlati alla performance

aziendale.

Ed è proprio nell’ambito del riallineamento degli obiettivi dell’agent (il CEO) a

quelli dei principal (gli azionisti) che entra in gioco il trattamento contabile del goodwill.

È, infatti, pratica frequente che, accanto alla retribuzione base dei manager, vi siano

associate forme retributive supplementari correlate al raggiungimento di specifici

obiettivi di gestione. Tali bonus possono essere elargiti ai manager in forma liquida (cash

compensation) oppure dando loro la possibilità di ottenere il controllo di quote societarie

(option-based compensation)55. La loro erogazione è subordinata al raggiungimento di un

prestabilito livello di performance che è, in genere, desunto dai dati contabili come, ad

esempio, il reddito operativo oppure indicatori di sintesi come il ROE (Return On Equity)

o il ROI (Return On Investment). Il problema è che si tratta di indicatori facilmente

manipolabili dai manager stessi in quanto influenzabili da quelle pratiche contabili che

autorizzano, spesso, a compiere scelte discrezionali circa i valori da iscrivere in bilancio56.

Ciò si è visto per quanto riguarda il trattamento contabile dell’avviamento, il quale è

proprio uno dei principali elementi di bilancio sui quali poter far leva per influenzare le

misure di redditività dell’impresa. Secondo l’attuale formulazione degli standard

IAS/IFRS, la rilevazione di eventuali impairment loss, oltre a causare un decremento del

valore di bilancio dell’avviamento, è trattata come costo da iscrivere in profit or loss,

andando negativamente ad incidere sulla redditività operativa e, potenzialmente, sul

compenso dei CEO. È proprio in merito a quest’ultimo punto che è stato osservato da

molti come gli stessi amministratori delegati potrebbero essere restii a rilevare delle

impairment loss per il goodwill in quanto ciò potrebbe costare la perdita di quei benefici

economici derivanti dall’accaparramento dei bonus: potrebbero, insomma, badare

esclusivamente ai loro interessi personali anche se questo significasse delineare

un’immagine dell’azienda diversa dalla realtà effettiva. Ma non è tutto. Molto spesso

55 In tale ultime categoria rientrano le molto diffuse stock options, ovvero un sistema retributivo che dà la

possibilità (e non l’obbligo) al manager di acquistare ad un prezzo prestabilito al tempo presente una

determinata quantità di azioni: se, nel frattempo, il manager avrà operato bene massimizzando il valore

dell’impresa, ciò si tradurrà in un incremento del prezzo delle azioni e, quindi, in un incremento della sua

ricchezza personale. Fonte: R.A. Brealey, S.C. Myers, F. Allen, S. Sandri, Principi di finanza aziendale,

op.cit. 56 Nell’opera di cui alla nota precedente l’autore rimarca proprio il fatto che indicatori di performance basati

su grandezze di natura finanziaria siano da preferire a quelli basati su grandezze di natura economica

proprio a causa della facilità con la quale questi ultimi possono essere manipolati dai manager agendo in

quelle che potremmo definire come le zone d’ombra dei principi contabili.

Page 101: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

101

capita che il conseguimento o meno di questi benefici sia addirittura correlato

all’incremento della dimensione dell’impresa attraverso l’acquisizione di altre aziende:

cosicché è frequente che i manager ricevano bonus per il solo fatto di aver completato

l’operazione, indipendentemente dagli effetti economici futuri della stessa.

L’ambiguità del ruolo del goodwill nella determinazione di quelle misure di

performance alle quali ancorare la retribuzione del top management fa sorgere una

discussione circa l’opportunità di tenerlo o meno in considerazione in sede di

determinazione dei bonus da elargire agli amministratori delegati. In particolare,

Darrough, Guler e Wang, in un loro studio57 indicano una serie di motivi per i quali i CEO

andrebbero “protetti” dagli effetti avversi delle impairment loss relative all’avviamento.

a) Innanzitutto i motivi che rendono necessaria una svalutazione dell’avviamento

potrebbero derivare da fattori che non possono essere controllati dal management.

In particolare, può capitare che la svalutazione sia relativa ad un’acquisizione

aziendale effettuata da un CEO diverso da quello attuale oppure che dipenda da

fattori macroeconomici non influenzabili dall’impresa. A ben vedere,

quest’ultima circostanza ricalca la precedente discussione circa le evidenze

empiriche sulle impairment loss relative all’avviamento negli anni successivi lo

scoppio della crisi finanziaria58.

b) I consigli d’amministrazione potrebbero essere riluttanti a far pagare ai loro CEO

le conseguenze di perdite di valore per l’avviamento anche se sono stati gli stessi

CEO ad effettuare l’acquisizione in questione. Il motivo è da ricercare nel diverso

grado di propensione al rischio delle parti interessate: in genere i proprietari sono

maggiormente propensi ad intraprendere investimenti rischiosi59 rispetto ai

manager i quali preferiscono, piuttosto, consolidare la propria posizione optando

per investimenti sicuri. È, quindi, probabile che questi ultimi, consci del fatto che

all’acquisizione aziendale si accompagneranno conseguenze future

57 M.N. Darrough, L. Guler, P. Wang, Goodwill impairment losses and CEO compensation, Journal of

Accounting, Auditing & Finance, 2014 58 Discussione affrontata nel par. 3.1 59 Ciò, se vogliamo, è intrinseco della definizione di “azionista”. Se così non fosse essi investirebbero il

titoli di stato, buoni del tesoro o qualsiasi altro titolo che, pur offrendo rendimenti inferiori, sono comunque

più sicuri delle azioni.

Page 102: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

102

potenzialmente lesive del loro compenso complessivo, saranno riluttanti ad

intraprendere investimenti rischiosi e potrebbero, addirittura, disinvestire. Ecco

che allora i consigli d’amministrazione (almeno in quella componente che

rappresenta gli interessi degli azionisti) potrebbero decidere di non tenere in

considerazione le perdite di valore dell’avviamento proprio per evitare il rischio

che il CEO persegua un atteggiamento che potremmo definire di “immobilismo

conservativo”.

c) Altro fattore che potrebbe giustificare la non osservanza delle impairment loss

nella valutazione della performance complessiva alla quale ancorare i bonus dei

manager è rappresentato dal potere contrattuale di questi ultimi grazie al quale

essi sono spesso in grado di veicolare i consigli d’amministrazione verso questa

soluzione. L’importanza di tale potere contrattuale è, ovviamente, positivamente

collegata allo spessore del CEO e dalle sua capacità manageriali e rileva anche il

fatto che esso sia o meno in carica da molto tempo e abbia acquisito conoscenze

specifiche difficilmente reperibili nel caso di una sua sostituzione.

d) Infine, la recognition di una impairment loss per l’avviamento potrebbe essere

interpretata dai mercati finanziari come una indicazione del fatto che

l’acquisizione (che ha portato al sorgere dell’avviamento stesso) sia stata

inopportuna: questa chiave di lettura potrebbe avere conseguenze sul valore di

capitalizzazione di mercato dell’impresa, il che, in ultima istanza, significa una

riduzione del valore delle azioni che, a sua volta, si riflette in un peggioramento

della posizione del manager tanto dal punto di vista della sua immagine quanto da

quello finanziario (nel caso in cui esso possegga anche delle quote societarie).

Andare ad includere le perdite di valore per l’avviamento nel calcolo dei bonus da

elargire al CEO significherebbe, quindi, penalizzarlo due volte.

Preme, in questa sede, fare una ulteriore riflessione in merito al punto a. È vero

che esiste la possibilità che la rilevazione di eventuali impairment loss sia da ricondurre

a fattori sui quali i manager non possiedono leva decisionale alcuna ma in casi del genere,

a questo punto, sarebbe da mettere in discussione la stessa legittimità dei costi derivanti

dall’impairment test ad essere inclusi nel calcolo della redditività operativa. Discorso

opposto andrebbe fatto nel caso in cui, invece, la necessità di rilevare la perdita di valore

Page 103: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

103

sorga in seguito alla cattiva gestione del business acquisito. Ragionamento analogo va

perseguito anche nel caso in cui l’acquisizione aziendale sia stata fatta da un CEO diverso

da quello attuale. Anche in questo caso, dal momento che l’efficienza dei sistemi

retributivi è rilevante ai fini del controllo di gestione, è necessario che nella loro

formulazione si tenga conto di un adeguato processo di imputazione delle responsabilità.

In effetti può capitare che la causa delle impairment loss rilevate dopo l’avvenuta

acquisizione siano da attribuire all’acquisizione stessa (che, in tal caso, sarebbe da

ritenersi inopportuna ab originem) oppure al modo in cui gli asset acquisiti sono stati

gestiti in seguito. Solo in quest’ultima fattispecie sarebbe ragionevole penalizzare gli

attuali amministratori in quanto se ci trovassimo nel primo caso si andrebbe, in pratica, a

penalizzare il CEO attuale per errori commessi da quello precedente. C’è, poi, un ulteriore

aspetto da considerare. In precedenza si è già sottolineato come l’opinione di coloro i

quali rimarcano la necessità di reintrodurre l’ammortamento per il goodwill è avvalorata

dall’idea che l’avviamento, secondo l’attuale formulazione del Conceptual Framework

(così come di quella proposta nel Conceptual Framework DP) debba essere considerato

un asset a tutti gli effetti e, come tale, il suo valore vada ripartito negli esercizi futuri

secondo un modello di consumo predeterminato. Dunque, dando per pacifico che il

consumo progressivo sia uno degli elementi qualitativi caratterizzanti l’avviamento,

sarebbe opportuno, in sede di determinazione delle forme retributive aggiuntive per i

CEO, andare ad operare una distinzione tra quelle impairment loss che riflettono

realmente una perdita di valore attribuibile a fatti gestionali (l’acquisizione stessa o la

gestione post-acquisizione) e quelle che, invece, riflettono semplicemente il naturale

consumo dell’avviamento nel corso del tempo. Come al solito, però, si tratta di un

procedimento di valutazione che è subordinato alla formulazione di giudizi discrezionali

e difficilmente confutabili che potrebbero far protendere verso la pattuizione di sistemi di

incentivi ancorati a misure di sintesi come i vari ROE e ROI: nello stesso studio, infatti,

Darrough et al. fanno notare come sia palese la tendenza che vede una riduzione dei

compensi dei CEO in seguito alla recognition delle impairment loss per l’avviamento.

Ma, in un certo senso, gli autori sembrano avvalorare anche quanto detto poc’anzi in

merito alla presenza di una componente delle impairment loss stesse relativa al consumo

del goodwill piuttosto che ad un suo deterioramento da ricercare in altri motivi. In

particolare, essi sottolineano come la tendenza generale di riduzione dei compensi sia

maggiormente accentuata in quei settori in cui è poco rilevante la componete tecnologica

a differenza dei settori cc.dd. R&D intensive. Il motivo è, probabilmente, da ricercare nel

Page 104: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

104

fatto che all’aumentare del grado di incidenza dello sviluppo tecnologico diminuisce, per

l’impresa, la possibilità di detenere per lungo tempo quella fonte di vantaggio competitivo

ricercata tramite l’acquisizione, con la conseguenza che il consumo dell’avviamento

avviene in un tempo minore e tale consumo è riflesso nelle impairment loss che vengono

rilevate in seguito all’acquisizione con un ammontare maggiore di quello che si avrebbe

nel caso di un’impresa operante in un settore con un basso grado di incidenza della

tecnologia. Dunque, nei settori R&D intensive è, probabilmente, diffusa l’idea secondo la

quale si penalizzano i manager qualora i loro compensi vengano ancorati a costi il cui

sostenimento non è riconducibile al loro operato.

Nella risoluzione di questi conflitti di agenzia tra i principal (gli azionisti) e gli

agent (i manager) un ruolo importante può essere assunto anche dagli analisti finanziari.

Questi ultimi fungono, in pratica, da intermediari, in quanto hanno il compito di fornire

un’analisi oggettiva dell’impresa alla quale i proprietari possono farvi riferimento per

valutare se i CEO operano effettivamente nei loro interessi e se questi ultimi forniscono

informazioni in linea o meno con quanto rilevato dagli analisti. Tuttavia, anche in questo

caso l’aspetto comportamentale può influire sul modo in cui gli analisti finanziari

riescono effettivamente a mitigare i problemi di agenzia in quanto anch’essi, nelle loro

analisi, potrebbero non essere imparziali: il fatto che essi possano avere legami economici

(ma anche professionali) con i vertici aziendali genera maggior riluttanza nel confutare le

conclusioni di questi ultimi. È, comunque, interessante notare, a proposito di questa

categoria di stakeholder, come anch’essi risultino essere dubbiosi circa l’attuale

formulazione degli standard relativamente al trattamento contabile attuale per

l’avviamento per il fatto di essere facilmente manipolabile a seconda delle esigenze

specifiche dei CEO. In particolare, in uno studio condotto nel 201360, è emerso che, pur

giudicando positivamente quanto disposto dagli standard, i manager cercano di rilevare

meno impairment loss possibili relativamente all’avviamento in quanto orientati

principalmente a non compromettere la loro posizione all’interno dell’impresa.

In generale, il conflitto di agenzia è un caso eclatante di come gli interessi

opportunistici possono, molte volte, far distogliere l’attenzione dalla necessità di fornire

un’informativa di bilancio che sia oggettiva e utile per i soggetti esterni a cui essa è

60 J. Saastamoinen, K. Pajunen, H. Ojala, Financial analysts’ perceptions of goodwill accounting under

IFRS, SSRN Research, 2013.

Page 105: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

105

rivolta. Come è stato notato nell’ultimo studio richiamato poc’anzi, ad un livello generale,

il giudizio circa l’attuale formulazione degli standard internazionali in merito al

trattamento contabile dell’avviamento successivo alla sua prima iscrizione è tutto

sommato positivo in quanto si ritiene che le attuali norme, tenuto conto della

discrezionalità dei manager nella loro applicazione, consentano di pervenire ad una

rappresentazione fedele della realtà aziendale. Ma tutto ciò è possibile soltanto se i

manager stessi utilizzano tali margini di discrezionalità per raggiungere questo obiettivo.

Questa digressione sul ruolo del goodwill nei conflitti di agenzia ci autorizza a dire che,

in pratica, non è sempre così e dal momento che i principi contabili devono, in linea di

massima, ottemperare alle esigenze che emergono a seguito del progressivo mutare

dell’ambiente economico allora anche le tendenze comportamentali appena analizzate

devono essere tenute in considerazione nell’esprimere giudizi circa l’adeguatezza

dell’attuale trattamento contabile.

Page 106: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

106

CONCLUSIONI

La messa in discussione dell’attuale trattamento contabile per l’avviamento è stata

formulata sulla base dei suoi tratti concettuali nella delineazione dei quali si sono resi

dovuti i richiami alla dottrina economico-aziendale in tema di valutazione d’azienda, oltre

ad alcune considerazioni di carattere finanziario. Teoricamente si può ricondurlo a quella

parte del valore del complesso aziendale non riconducibile direttamente ai fattori

identificabili e suscettibili di essere tradotti in quantità numerarie: quelli, cioè, rilevanti

soltanto ai fini della determinazione del capitale netto di bilancio. L’avviamento è,

piuttosto, riconducibile ad elementi quali le capacità organizzative e gestionali, la

reputazione dell’impresa e tutte le altre qualità che, pur concorrendo positivamente al

processo di creazione di ricchezza, mal si prestano ad essere quantificate ed essere incluse

in bilancio. A dire il vero esistono procedimenti di stima del valore complessivo

dell’impresa che consentono, in ultima analisi, di fornire un’idea di quanto essa sia

“avviata” ma trattasi di procedimenti che richiedono il ricorso a stime e congetture la cui

validità non è sempre confutabile. La conseguenza è data dal fatto che i valori che si

andranno ad assegnare al capitale economico saranno influenzati da fattori

comportamentali, aspettative personali o altri elementi soggettivi: così, pur utilizzando la

stessa metodologia valutativa, può capitare che il manager formulerà una certa

valutazione della sua azienda, un analista finanziario ne formulerà un’altra, un soggetto

terzo intento ad acquisire l’azienda valutanda un’altra ancora, e così via. L’inesistenza di

un metodo di valutazione che consenta di pervenire ad una stima oggettiva e condivisibile

in senso assoluto, così come nel caso di un fattore osservabile o elemento finanziario il

cui valore è statuito da obblighi contrattuali, implica il ricorso a semplificazioni dal punto

di vista degli standard contabili. Tali semplificazioni attengono, in pratica, all’ancoraggio

del valore economico del capitale dell’impresa oggetto di valutazione a quanto stabilito

da chi opera in azienda: dunque, in sede di business combination, l’avviamento sarà

iscritto nel bilancio dell’acquirente per un valore pari alla differenza tra il corrispettivo

Page 107: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

107

pagato ed il capitale netto dell’impresa acquisita, anche qualora si possa affermare che il

valore di tale corrispettivo sia palesemente difforme da una ipotetica stima del valore

complessivo aziendale. Gli standard internazionali (ma anche quelli nazionali) sembrano

ammettere implicitamente tutto ciò quando dispongono della recognition

dell’avviamento, integrandone la disciplina con prescrizioni che impongono di operare

tutte quelle stime necessarie al fine di ridurre il valore dei fattori non osservabili e frutto

di decisioni discrezionali (lo fanno quando, ad esempio, impongono di rilevare in bilancio

il maggior numero di elementi anche non precedentemente identificati oppure quando

dispongono circa il measurement period). Il riflesso di tale incertezza valutativa lo si ha

non solo nella recognition ma anche per quanto attiene al trattamento contabile successivo

dove, ancora una volta, è alto il grado di discrezionalità lasciato ai manager (o a chi per

loro compie tali valutazioni). Come si è visto, la rilevazione di una impairment loss

dipende dalla statuizione del Recoverable Amount che, a sua volta, è subordinata alla

formulazione di stime circa i flussi di ricchezza futuri e i tassi di attualizzazione, stime

che gli standard IAS/IFRS richiedono di avvalorare tramite la disclosure di tutto ciò che

possa giustificare le conclusioni dei manager. Questi ultimi saranno, ovviamente, poco

propensi ad ottemperare a tali prescrizioni dal momento in cui ciò può significare la

comunicazione di fatti strategicamente rilevanti.

Preme, a questo punto, fare una osservazione rilevante: quella tra la discrezionalità

operata in sede di prima iscrizione in bilancio dell’avviamento e in tema di trattamento

contabile successivo dello stesso. Nel primo caso tale discrezionalità è, in qualche modo,

mitigata dalla presenza di una controparte impegnata nella contrattazione. Essendo

pacifico che il valore complessivo di un’azienda non può essere determinato con assoluta

oggettività ma pur ritenendo ragionevole l’ipotesi che esso, comunque, non debba

scostarsi da un certo intervallo di valori, è più probabile che l’offerta di acquisto formulata

si avvicini a tale intervallo se essa è frutto di una contrattazione ad armi pari tra un

acquirer che desidererebbe pagare meno del reale valore dell’azienda oggetto di

acquisizione e un acquiree che, invece, desidererebbe essere pagato per un ammontare

che superi tale valore. In sede di trattamento contabile successivo, l’assenza di una

controparte pronta a confutare le conclusioni del management rende quest’ultimo

sostanzialmente libero di operare con ampio margine di discrezionalità, con la possibilità

di asservire la contabilità al raggiungimento dei suoi obiettivi personali ed opportunistici.

Le evidenze empiriche evidenziano questa tendenza. Il più delle volte i manager tendono

Page 108: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

108

a rilevare il minor numero possibile di impairment loss anche a costo di fornire

un’immagine distorta della realtà aziendale. Ciò è divenuto evidente, in particolar modo,

negli anni successivi lo scoppio della crisi finanziaria le cui conseguenze economiche

sono state riflesse nei bilanci societari con colpevole ritardo, ledendo la possibilità da

parte di eventuali investitori (o di altri soggetti interessati al bilancio) di poter avere un

quadro fedele della dinamica economica al fine di poter prendere decisioni di

investimento corrette. In particolare, la volontà di voler celare gli effetti macroeconomici

avversi attraverso la formulazione di stime troppo ottimistiche che consentissero la non

recognition delle perdite di valore per l’avviamento ha trovato giustificazione nel fatto di

non voler aggravare la performance dell’impresa in modo tale da non impedire il

raggiungimento di quegli incentivi spesso legati proprio a misure sintetiche di

performance, come reddito operativo o indicatori di sintesi (come ROE e ROI). L’attuale

impairment-only approach sembra consentire proprio questo.

Ma al di là degli aspetti comportamentali che risultano, comunque, evidenti e

rilevanti, un trattamento contabile per il goodwill basato esclusivamente sull’impairment

test risulta colmo di carenze strutturali. In effetti tale approccio contabile non impone la

rilevazione periodica e tassativa di impairment loss ad ogni cadenza temporale, cosicché

il valore dell’avviamento potrebbe restare invariato per più di un esercizio

amministrativo. Ma se è vero che si tratta di un elemento che tende ad essere

progressivamente consumato e rimpiazzato con quello internamente generato, allora si

può ragionevolmente ritenere che con l’impairment-only approach si autorizza, in pratica,

la recognition di quest’ultimo. È, quest’ultima, problematica non di poco conto anche (e

soprattutto) alla luce delle evidenze empiriche facenti riferimento agli anni successivi lo

scoppio della crisi, ove è stata osservata la tendenza di molte imprese che presentavano

un valore di capitalizzazione di mercato inferiore a quello contabile. Se i mercati

finanziari sono efficienti e presentano la sostanziale assenza di asimmetrie informative,

ciò vuol dire che in essi è reperibile una stima attendibile del valore dell’impresa oggetto

di valutazione, stima identificabile, appunto, dalla market capitalisation: è un segnale

che, il più delle volte, indica che il bilancio non ottempera al ruolo per il quale esso è

predisposto.

Se è vero che gli standard contabili sono in continua evoluzione per meglio

cogliere i cambiamenti e le nuove tendenze economiche, allora tali evidenze empiriche

Page 109: Avviamento: principali criticità dell'attuale trattamento contabile

109

devono essere tenute in adeguata considerazione nella messa in discussione dell’attuale

trattamento contabile per l’avviamento per il quale, tuttavia, risulta impossibile, data la

natura dello stesso, statuire un trattamento after recognition che consenta di eliminare del

tutto l’aspetto soggettivo e discrezionale. Di quest’ultimo si dovrebbe, tuttavia, puntare

ad una riduzione. L’obiettivo diviene quello di definire un trattamento contabile che

riduca, in sostanza, i margini di discrezionalità operabili dal management ed è per tale

motivo è stata da più parti avanzata l’ipotesi di una reintroduzione dell’ammortamento.

Il metodo dell’ammortamento sistematico e dell’impairment test da effettuare ogni

qualvolta se ne presentino gli indizi è stato abbandonato proprio per l’impossibilità di

stabilire con oggettività un periodo d’ammortamento per il goodwill, cosa che impediva

una sua rappresentazione fedele in bilancio. Ma risulta chiaro come l’impairment-only

approach abbia causato addirittura un peggioramento. In effetti, la reintroduzione

dell’ammortamento consente, quantomeno, di isolare il valore dell’avviamento da

ripartire negli esercizi successivi in modo tale da evitare la recognition di quello

internamente generato. Inoltre esso consente di cogliere una delle caratteristiche

qualitative dello stesso che l’attuale trattamento contabile tende a nascondere, ovvero il

fatto di essere progressivamente consumato, mentre la critica derivante dal fatto di non

poter quantificare attendibilmente il periodo entro il quale esso deve essere ammortizzato,

pur essendo valida, è comune ad ogni altra attività e non dovrebbe rappresentare motivo

di abbandono sistematico e a priori dell’amortisation and impairment approach.

In sintesi, la problematica è chiara: la precisione concettuale con la quale si

identifica in linea teorica il concetto di avviamento non può essere riflessa in procedure

contabili altrettanto chiare e anche le evidenze empiriche hanno suggerito che è palese la

necessità di formulare un trattamento contabile che riduca i margini discrezionali del

management. È a questo proposito che è, da più parti, auspicato a gran voce una

reintroduzione dell’ammortamento per il goodwill accompagnato da impairment test ogni

qualvolta se ne presentino gli indizi.

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110

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