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Corso di Laurea in Sustainable Architecture of Multi-Scale project Costa Concordia, da problematica ad opportunità: il riuso della componentistica navale nella costruzione di architettura sociale Relatore: Arch. Andrea Tartaglia Correlatore: Ing. Alessandro Carrera Tesi di laurea di: Federica Maserati matr. 782264 Anno accademico 2013/2014

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Tesi di laurea di Federica Maserati

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Corso di Laurea in

Sustainable Architecture of Multi-Scale project

Costa Concordia, da problematica ad opportunità:

il riuso della componentistica navale nella costruzione di architettura sociale

Relatore: Arch. Andrea Tartaglia Correlatore: Ing. Alessandro Carrera

Tesi di laurea di: Federica Maserati matr. 782264

Anno accademico 2013/2014

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“Obiettivi dell’edilizia residenziale, superando le tendenze contrarie, sono la massima standardizzazione possibile e la massima variabilità possibile delle case di abitazione. Standardizzazione degli elementi edilizi base, i quali potranno essere aggregati secondo diversi moduli abitativi.” Walter Gropius

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Indice 1. Nuova vita per la Costa Concordia ............................... 1

1.1 Dove muoiono i giganti del mare .......................... 1

1.2 Genova, Piombino, Smirne .................................... 7

1.3 Riuso o riciclo?..................................................... 11

2. Il mondo dell’architettura navale .............................. 15

2.1 Storie di città in movimento ................................ 15

2.2 Cenni di costruzione e teoria della nave ............. 21

2.3 I segreti di una Cruise .......................................... 31

3. Concordia, un progetto di recupero .......................... 39

3.1 Verifiche per la concretizzazione di un idea ....... 39

3.2 La cellula abitativa e la sua unione compositiva . 51

3.3 Compromesso tra qualità ed economicità per una nuova architettura sociale .............................................. 55

4. Una nuova Piazza del Popolo per Savona .................. 63

3.4 La città di Savona ................................................ 63

4.2 Individuazione del distretto di trasformazione con relative norme di settore ................................................ 69

4.3 L’idea progettuale, la nuova Piazza del Popolo .. 73

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Abstract Affrontando la lettura di questa tesi, è doverosa aspettativa ritrovarvi tutto quello che deve essere rigorosamente presente in un lavoro di ricerca ben fatto e sviluppato, contenuti specifici, argomentazioni tecniche, calcoli strutturali, reperibilità delle risorse, utilizzo dei materiali, tutto ciò che insomma concorre alla possibilità di realizzare concretamente un’idea progettuale, seguendo regole e tecniche della buona costruzione. Questo lavoro si propone come risposta ad uno dei grandi problemi che da due anni a questa parte si sta cercando di risolvere: il caso Concordia. Una tragedia che nel gennaio 2012, sulle rive dell’Isola del Giglio, vedeva il naufragio ed il parziale affondamento della nave passeggeri di maggior tonnellaggio mai verificatosi prima nella storia. Si affronta l’esposizione delle argomentazioni, partendo da temi di grande attualità, quali lo smaltimento selvaggio di rifiuti pericolosi, la classificazione dei relitti navali e i grandi problemi ecologici e sociali creati dalla noncuranza degli stati che abbandonano le navi sulle spiagge del terzo mondo, per arrivare a discutere la concreta possibilità di un vero e proprio rilancio economico. In questo momento di grande difficoltà diventa indispensabile reindirizzare le energie verso settori ancora inesplorati, mettendo in campo ogni tipo di risorsa per

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fornire soluzioni innovative. Da qui l’idea che ha ispirato questo lavoro di tesi, il recupero totale o parziale della componentistica strutturale e di allestimento presente su una nave come la Costa Concordia. Il relitto diventa allora da problematica ad opportunità e, avvalorata da riferimenti, studi e calcoli strutturali, questa tesi si propone di dimostrare quanto, nel settore edilizio, il riuso della componentistica navale, sia una scelta vincente in grado di fornire risposte a problematiche progettuali, costruttive, ma anche sociali. Si prospetteranno nuovi scenari in cui la componentistica di una nave in disuso o incagliata nelle profondità del mare potrebbe ritrovarsi in forma diversa ed essere parte integrante di un grande complesso residenziale. In questo modo tonnellate di metallo, inutilizzato o destinato ad un incerto o esageratamente dispendioso smaltimento, verrebbero tramutate in metri e metri di cubatura abitativa realizzati a costi abbattuti fino al 50%. L’idea di base è possibile ed attuabile, previa le dovute verifiche inerenti ad ogni singolo caso, sulle numerosissime navi in disuso, abbandonate, arenate e ovviamente non solo vittime di naufragi. Ponendo l’attenzione sul settore che più di ogni altro ha risentito della grande recessione di questi anni, l’edilizia, il presente lavoro sottolinea l’importanza, dandovi credito, fiducia e fondi, di investire sempre più su idee nuove, rinnovate progettualità e realizzazioni.

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1. Nuova vita per la Costa

Concordia

1.1 Dove muoiono i giganti del mare

La disgrazia della Costa Concordia naufragata nel gennaio 2012 sulle coste dell’Isola del Giglio, oltre alla scomparsa di 32 persone, tolte alle proprie famiglie per un errore ancora da chiarire, ha portato alla luce un problema rimasto nell’ombra per molti anni, lo smaltimento delle navi di grandi dimensioni. La Costa Concordia, rimessa in condizioni di galleggiare il 13 settembre 2013, è un’isola galleggiante lunga 290 m per 40, con un’altezza di 70, un piccolo relitto che, come sancisce la Convenzione di Basilea nel marzo del 1989, risulta appartenere alla categoria dei rifiuti pericolosi, rifiuti suscettibili di creare rischi per la salute umana o per l’ambiente e che devono essere smaltiti in determinate condizioni di sicurezza, nei porti appartenenti agli stati membri dell’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Detta organizzazione permette, tramite il confronto delle proprie esperienze politiche, la

1.relitto Concordia

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risoluzione di problemi comuni, l'identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali, di cui fanno parte 34 paesi membri, classificati dalla Banca Mondiale come paesi a economia con PIL medio-alto ed alto. L’impossibilità di uno smaltimento in economicità presso i principali centri italiani o presso i centri appartenenti agli stati membri, riporta alla luce il grave problema che colpisce le coste dell’Asia Meridionale ogni anno, l’abbandono di questi giganti del mare, in attesa della loro disfatta, un fenomeno che ha previsto il suo picco massimo nel 2015, in concomitanza con la data limite per la dismissione delle petroliere a monoscafo. (NGO Shipbreaking Platform) Il problema dello smaltimento dei mille e più relitti che ormeggiano sulle coste dell’Asia Meridionale non è cosa nuova. L’Ocse cerca di svolgere un importante ruolo nel porre rimedio a tale sfruttamento, imponendo rigide leggi che limitino l’esportazione di questi rifiuti pericolosi, ma ogni anno, grazie alla facilità con cui si riesce ad aggirare tali imposizioni, oltre mille relitti ormeggiano sulle coste dell’India, della Cina, del Bangladesh e del Pakistan, per essere recuperate a costi minimi, ignorando la tutela della salute dei lavoratori e la loro sicurezza. L’UE, secondo una denuncia dell’organizzazione NGO Shipbreaking Platform, annovera 365 navi spiaggiate sulle coste asiatiche nel 2012, con un incremento del 75% rispetto al 2011, anno in cui ne erano state inviate solo 210. Fa

2.relitti sulle spiagge del Sud-Est asiatico

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capo ai principali esportatori la Grecia con 167 navi, che rappresentano quasi la metà della somma totale, seguita a ruota da Germania (48), Inghilterra (30) e Norvegia (23); persino la Svizzera tramite MSC, la principale compagnia di navi cargo e da crociera, ha spedito 23 navi alla demolizione selvaggia. Agli inizi degli anni ’70 lo smaltimento delle navi, giunte al termine del loro ciclo di vita, era un’operazione altamente meccanizzata ed industrializzata, che avveniva nei principali cantieri navali di Gran Bretagna, Taiwan, Messico, Spagna e Brasile, ma per mantenere costi relativamente bassi e contemporaneamente elevati standard ambientali di salute e di sicurezza, il processo si è spostato piano piano verso paesi più poveri dell’Asia, dove la salute e la sicurezza sul lavoro sono praticamente ignorati, e gli operai sono alla ricerca spasmodica di un lavoro. (GreenPeace) Si annoverano trentamila lavoratori in tutti i cantieri presenti su queste spiagge, operai che cercano lavoro disperatamente e che sarebbero disposti a tutto pur di guadagnare qualcosa. Le condizioni che troviamo sono disastrose, nessun tipo di prevenzione per eventuali infortuni, tecnologie retrograde, mancanza degli strumenti basilari per eseguire determinate operazioni, oltre alla non curanza nel maneggiamento di sostanze pericolose e tossiche che si trovano andando a smantellare i relitti.

3.operai di Chittagong

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Queste povere anime si trovano a lavorare più di 20 ore al giorno per uno stipendio che varia dai 2 ai 4 dollari a giornata, e sono esposti tutti i giorni al rischio di perdere la vita per le innumerevoli esplosioni, incendi e cadute, oltre alle alte probabilità di contrarre il cancro, come asserisce il dottor Frank Hittal dell’ufficio di medicina del lavoro di Brema, infatti l’amianto cancerogeno viene strappato ed accantonato a mani nude, così come l’acciaio ricoperto da vernici contenenti piombo, cadmio ed arsenico. Queste condizioni, a dir poco disumane, non scoraggiano le migliaia di lavoratori che ogni giorno si svegliano direttamente sulle spiagge delle coste meridionali, rintanati in cadenti baraccopoli naturalmente costruite con gli scarti delle navi da loro smantellate, aspettando con ansia l’arrivo di un nuovo relitto per assaltarlo ed in pochi mesi demolirlo completamente. La paura della morte però non li spaventa. Rom Lalit, un ragazzo di 22 anni operaio nel cantiere di Alang, in India, in un’intervista confessa: “ c’è lo spettro della morte in questa spiaggia. Questa spiaggia è infestata dalla morte, ma è meglio lavorare e morire che essere affamato e morire”. Alang, il cantiere all’aperto più importante dell’India, accoglie ogni anno la metà dei relitti prodotti in un anno, circa 350, e quasi ogni giorno una nave si accinge a terminare la sua vita su queste coste. La stessa situazione la ritroviamo in Bangladesh, nella città di Chittagong, il secondo più grande centro specializzato

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per questa industria. Nel cantiere di Potenza Beach, dove stazionano 20 navi in varie fasi di smantellamento, ogni giorno 1500 dei 30.000 operai totali, che lavorano nei vari cantieri, rischiano la vita per poter portare a termine il loro lavoro. Ma non solo la vita dei lavoratori è a rischio, la cintura costiera di circa 20 km a Nord di Chittagong è pesantemente inquinata per i vari versamenti di petrolio che provengono dai relitti danneggiati, e la maggior parte dei cittadini autoctoni, che viveva di pesca, ha dovuto cambiare prospettiva, emigrando o riducendosi anch’essa a lavorare nei “cantieri navali” . Porre un freno a questo smantellamento selvaggio porterebbe non solo la salvaguardia della vita di tantissimi operai, ma anche la salvaguardia del nostro pianeta, sempre più inquinato ogni anno che passa.

4.operai di Chittagong

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1.2 Genova, Piombino, Smirne

La Convenzione di Hong Kong adottata nel 2009 ed ancora in via di attuazione, in quanto, per entrare in vigore, deve essere ratificata da almeno 15 grandi Stati di bandiera e di riciclaggio, che devono rappresentare almeno il 40% della flotta mondiale ed il 50% della capacità di riciclaggio disponibile, propone dei cambiamenti fondamentali per l’industria dello smantellamento navale. Senza entrare nel merito specifico di quello che prevede l’intera proposta, riassumendo i punti salienti, si proporrebbe in primis l’introduzione di un sistema di controllo, di certificazione e di autorizzazione che esamini l’intero ciclo di vita di una nave, ispirato al principio di tracciabilità già vigente per il settore alimentare, imponendo agli armatori di ridurre i quantitativi di tali materiali prima dell’ingresso nell’impianto di riciclaggio. Come seconda innovazione vogliono stabilire requisiti ambientali e di sicurezza che riducano l’entrata nell’elenco degli impianti autorizzati a livello mondiale solo a quei porti che realmente tutelino tali diritti, inoltre il riciclaggio delle navi europee sarà permesso solo negli impianti inclusi in questo elenco.

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Le attività di demolizione navale in Europa abitualmente riguardano imbarcazioni militari e navi al di sotto delle 500 tonnellate, quindi i cantieri che potrebbero demolire una nave delle dimensioni della Costa Concordia sarebbero pochi se non assenti, ed in realtà, anche dal punto di vista delle costruzione, la situazione continua a degenerare. La produzione settoriale durante il 2013-2014 ha subito una contrazione del 20% su scala globale, portando aria di crisi anche in questo campo. Se si spostasse l’attenzione verso nuove prospettive che vedono la possibilità di un recupero parziale o quasi totale di un relitto, probabilmente si potrebbe scacciare questo alone di crisi anche dall’industria navale. Che la demolizione navale su larga scala non abbia alcun futuro in Europa, lo dimostrano i fatti. Nel 1977 in Europa erano attivi oltre 1.200 cantieri, di cui 229 in Italia. Nel 2008 ne era rimasto solamente uno e quelli italiani avevano chiuso dopo il 2000. Nel 2013 la società Fincantieri, proprietaria di diversi cantieri navali tra cui si annovera quello palermitano dove fu costruita Costa Concordia, aveva tolto ogni dubbio dichiarando la non fattibilità di una rottamazione in Italia, ma nel giugno 2014 Genova è diventata l’unica meta possibile. La possibilità della demolizione sulle coste turche di Aliaga (Smirne) è stata la prima ad essere presa in considerazione, data la presenza di Costa Allegra dal febbraio del 2012, unitamente ad una proposta

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economica molto vantaggiosa, 40 milioni di euro, contro i 110 di Piombino e gli 80/90 di Genova. La proposta era molto allettante, ma l’eventualità di una notevole perdita di idrocarburi associata ad un forte impatto ambientale durante il lungo trasferimento del relitto ha influenzato negativamente la decisione, allontanando Smirne dalle scelte designabili. Piombino, invece, è stata scartata direttamente dal gruppo Costa, che nella relazione allegata al "progetto di trasferimento e smaltimento" asserisce l’impossibilità di recezione del relitto nel porto di Piombino, in quanto “allo stato attuale non è idoneo a ricevere il relitto, nè è dotato di un cantiere di demolizione. Infatti il porto di Piombino richiede l'esecuzione di opere significative di ingegneria civile, incluso il dragaggio di un canale a -20 metri e la costruzione di una diga di circa un km di lunghezza”. Oltre a tutto, scrive ancora Costa, “sempre secondo quanto rappresentato dalla parte proponente, le opere necessarie per la realizzazione del cantiere di demolizione richiederanno un ulteriore periodo di tempo tale per cui la demolizione non potrà iniziare prima della fine del 2014”. La presenza di un impianto già a norma, conforme alle regole prescritte per lo smantellamento di un relitto, è quindi alquanto rilevante ai fini della decisione finale; inoltre la proposta economica di Genova, risultata di gran lunga migliore rispetto a quella di Piombino, fa

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ricadere inevitabilmente la scelta sul porto della “Superba”. Con il progetto che sta trasformando i bacini di Riparazioni Navali dell’impresa San Giorgio del Porto s.p.a in un impianto di smaltimento e riciclaggio, Genova si proporrà come il principale porto mediterraneo per lo smantellamento navale, aprendo le porte ad un nuovo business che potrebbe portare a nuove prospettive lavorative. Il progetto, esaustivamente descritto in un elaborato di 47 pagine redatto dal Dott. Tomaso C. Gerbino, prevede la distruzione completa o parziale della Cruise nel suddetto impianto di riciclaggio, che da decenni esegue attività di manutenzione e trasformazione di navi implicando la parziale demolizione delle stesse. Inoltre, sfruttando il caso Costa Concordia e vista la necessità nella zona mediterranea di impianti di disarmo delle navi, che soddisfino i requisiti necessari per garantire la protezione dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei lavoratori, mentre il settore della riparazione è poco richiesto, l’impresa San Giorgio del Porto s.p.a si dedicherà in via esclusiva e intensiva a questa attività, ora periferica. (Gerbino,2014)

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1.3 Riuso o riciclo?

Il Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006, “Norme in materia ambientale” ha come scopo principale l’incremento dei livelli di qualità della vita umana, obiettivo perseguibile tramite la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e l'impiego oculato e intelligente delle risorse naturali. Il Decreto in questione, quindi, disciplina la gestione dei rifiuti e di conseguenza anche lo smaltimento di una nave giunta alla fine della sua vita. Di notevole interesse appare l’art. 179 che indica la gerarchia con la quale affrontare la gestione dei rifiuti per ridurre la produzione e le nocività degli stessi. Non tutti i rifiuti vengono trattati nella stessa maniera, esistono infatti differenti classificazioni, e le navi rientrano nella categoria dei rifiuti pericolosi, a causa della complessità che le contraddistingue. In una nave troviamo innumerevoli varietà di componenti strutturali e di allestimento, e non tutte le navi sono realizzate nella stessa maniera. Le navi da crociera sono dei giganti del mare, che si discostano dalla classica progettazione di un transatlantico, avvicinandosi per lo più a quella alberghiera. Su una nave come la Costa Concordia possiamo trovare ad esempio 1.500 cabine totali, di cui 513 con balcone privato, e 58 suite anch’esse tutte con balcone privato, ed aggirandoci per i 13 ponti dislocati

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nei sui 70 metri di altezza possiamo trovare oltre al più grande centro benessere mai stato progettato su una nave, circa 2100 m2 di superficie, 13 bar e saloni, 5 ristoranti e 4 piscine. Tutti questi ambienti, nella fase di smantellamento del relitto, andranno a incrementare la complessità del lavoro da eseguire, ogni rifiuto prodotto infatti dovrà essere catalogato, classificato e separato da quelli che non risultano essere materiali affini, per poi essere riciclato o recuperato. (Corriere.it.) Il porto di Genova si presterà quindi ad eseguire il semplice atto di demolizione del relitto, lasciando a terzi il trattamento del materiale prodotto, che in parte andrà recuperato e riutilizzato, in parte riciclato, ed in parte smaltito. Da una nave come la Costa Concordia si ricaverebbero 75.000 tonnellate di acciaio, 1.000 di lana di roccia e isolanti vari, 2.000 di cavi elettrici ed alternatori, ed infine 6.000 tonnellate di componentistica di arredo. La quantità di materiale è notevole e varia, e con il solo riciclo del metallo si risparmierebbero due terzi dell’energia usata per nuova produzione, ma il compito degli armatori che prenderanno in custodia il relitto sarà la sola e semplice preparazione per il riutilizzo, il D.Lgs. 152/2006 è infatti molto chiaro in merito, e conferisce una specifica definizione in materia, “la preparazione per il riutilizzo sono le operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati

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in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”. (art. 183) Il riciclaggio quindi consentirà il conseguimento di “risorse naturali” cioè materiali, prodotti e sostanze che potranno essere riutilizzate per la loro funzione originaria, naturalmente dopo accurate verifiche, o per la sostituzione di materie primarie nel processo di produzione. Se si ipotizzasse un riutilizzo anche solo parziale di quella che è la risultante di tale operazione, si andrebbero a risparmiare non solo innumerevoli somme di denaro, ma si otterrebbe anche un miglioramento della qualità della vita, riducendo così le emissioni di CO2 nell’atmosfera. Il recupero delle parti di allestimento non è cosa nuova infatti, prima della vendita all’armatore finale le cruise solitamente sono completamente decurtate della componentistica di arredo, che poi viene rivenduta ad ospedali e strutture ricettive per anziani. Si potrebbe quindi pensare di realizzare un collegamento tra il settore delle costruzioni navali e il settore dell’edilizia, determinato dalle forti similitudini sia nel processo di produzione degli elementi compositivi, sia nel prodotto finale che ne deriva. Non risulta quindi inopportuno parlare di un trasferimento tecnologico nel caso in cui “ l’applicazione - in un determinato settore o branca della produzione o dei servizi - di prodotti o mezzi, sia materiali che immateriali, provenienti da un altro settore siano adattati alle

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esigenze e alle caratteristiche del settore di destinazione”.(Molinari,1998) La risultante di questa operazione, quindi, potrebbe aggiungere notevoli vantaggi al settore ormai in crisi dell’edilizia; oggetti che nel settore di origine risultano già consolidati potrebbero risultare innovativi e portatori di nuove idee e metodi di costruzione. Basti pensare che nei Paesi dell’Est Europa è molto comune trovare complessi industriali che realizzano in parallelo con gli stessi mezzi e le stesse tecniche componenti edilizi ed autovetture, quindi non sarebbe poi così azzardato pensare di dare nuova vita alla Costa Concordia, riutilizzando il riutilizzabile ed introducendo una futura innovazione tecnologica che potrebbe cambiare il comune concetto di edilizia.

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2. Il mondo dell’architettura

navale

2.1 Storie di città in movimento

La prima crociera turistica al mondo di cui abbiamo notizia è del 1833, quando si impiegò il piroscafo Francesco I appartenente al Regno delle Due Sicilie per coprire la tratta Palermo, Civitavecchia, Livorno, Genova, Marsiglia. Costruito a Castellammare di Stabia nel 1831, fu accompagnato da una pubblicità incredibile per quei tempi, stuzzicando l’interesse di nobili e principi reali di mezza Europa. Il primo viaggio durò poco più di tre mesi, toccando le coste della Sicilia, di Malta e della Grecia arrivando a Costantinopoli con l’incredulità del sultano che riuscì ad ammirarlo dalla terrazza del suo palazzo. Il fenomeno vero e proprio, però, venne inaugurato in maniera regolare e continua da due importanti precursori, Thomas Cook e Albert Ballin che fondarono la compagnia di navigazione Hapag Loyd, realizzando per primi in Germania navi esclusivamente da crociera, introducendo una visione rivoluzionaria, un viaggio per

1. Prinzessin Victoria Luise

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mare doveva essere piacevole e tranquillo, allontanandosi dalle alte velocità che caratterizzavano i transatlantici. Progettò e realizzò navi di gran lusso, inaugurando il 22 gennaio 1891, con un viaggio di 57 giorni nel Mediterraneo, “Augusta Victoria”, il primo piroscafo che poteva contenere 241 passeggeri, un grandissimo risultato per quell’epoca. Influenzato dai grandi yacht dei monarchi dell’epoca, il 29 giugno 1900 varò la prima vera e propria nave da crociera che passò letteralmente alla storia, la “Prinzessin Victoria Luise” in onore della figlia di Guglielmo II, ultimo re di Prussia. Fu la prima nave da crociera costruita per la Hamburg America Line, lunga poco più di cento metri venne subito definita un hotel galleggiante di lusso. Attraccata nel porto di New York era stata ideata per solcare i mari dei Caraibi, ma il 16 dicembre 1906 la nave terminò la sua corsa sugli scoglia di Port Royal, il comandante non riconobbe il farò ed il tentativo di un cambiamento di rotta risultò fatale, così come centosei anni dopo accadde alla nostra Costa Concordia. Nel primo decennio del secolo erano principalmente le compagnie inglesi e tedesche a dominare il mercato, mentre negli Stati Uniti nasceva il fenomeno delle crociere con i grandi battelli a ruote, palazzi naviganti che solcavano i più importanti fiumi americani, quali l’Hudson e il Mississippi. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, naturalmente, venne sospesa la produzione di navi di

2.manifesto inaugurazione Victoria Luise

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lusso, ed anch’esse furono utilizzate nel conflitto per il trasporto di truppe, emigranti e mezzi di prima necessità. Solo negli anni venti si vide una possibilità di ripresa. La nave da crociera in armonia con il concetto odierno è dovuta invece a Hitler, che nel 1935 fece costruire delle navi solo per crociere, austere con cabine a classe unica, ma disposte come le navi contemporanee, con molti spazi sociali e ludici. (Mare Magazine)

Parallelamente in Italia iniziavano a farsi strada i Costa, una delle famiglie che inaugurò il concetto vero e proprio della cruise moderna. Dopo la fine della seconda guerra la famiglia riprese l’attività inizialmente amatoriale, fondando la Costa Armatori S.p.A, estendendosi al settore della navigazione per il trasporto passeggeri, attività che ebbe inizio nel 1947. A differenza di altri armatori, Costa ebbe la prontezza di guardare oltre, prevedendo una futura contrazione del traffico migratorio e mantenendo un’offerta, anche se limitata, per le classi superiori. Il 31 marzo 1948 parte da Genova la prima nave passeggeri della flotta Costa, la “Anna C”, il primo transatlantico ad attraversare l’Atlantico meridionale dalla fine del conflitto ed il primo ad offrire ai passeggeri cabine con aria condizionata. Il traffico verso l'America del Nord è invece inaugurato nel 1948 con la nave liberty “Maria C”, subito affiancata da “Luisa C”, mentre nel 1953 “Franca C” apre nuove

3. la famiglia Costa agli albori

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rotte verso il Venezuela e le Antille. Le rotte Sudamericane sono varate invece da “Andrea C” e “Giovanna C”. La “Linea C” inizia ad usufruire delle navi per vere e proprie crociere, nei periodi di minor traffico del servizio “di linea” tra Mediterraneo e Sud America. Tra le prime crociere si ricordano quelle nel Mediterraneo della “Andrea C” nel 1952 e della “Anna C” nel 1953. Il varo di navi principesche, dotate di aria condizionata nella prima e nella seconda classe con ambienti comodi ed eleganti, accompagnate da un servizio impeccabile che prevede ospitalità e comfort, contrassegnano l'indiscutibile stile italiano della compagnia. Stile che raggiunge il massimo della rappresentatività negli allestimenti, nell'arredamento e nelle linee architettoniche. Addirittura Giò Ponti, direttore della rivista Domus, orienta la sua attenzione verso il concetto di design navale, sottolineandone gli aspetti architettonici e decorativi. Nel 1957 viene inaugurata la prima nave commissionata da Costa ai cantieri genovesi dell'Ansaldo, la “Federico C”, ancora suddivisa in tre classi, dotate di ristorante e piscina dalle forme audaci. Successivamente “Bianca C”, “Enrico C”, “Andrea C”, “Flavia”, “Fulvia” e “Carla C” vengono riorganizzate nell'ottica di offrire qualcosa di più semplice per avvicinarsi ai mezzi di trasporto.

4.Costa Andrea C, 1952

5.Costa Bianca C, 1957

6.Costa Federico C, 1957

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Nel 1959 Costa realizza la prima nave al mondo completamente dedicata alle crociere ludiche, di 7 o 14 giorni, negli Stati Uniti e nei Caraibi: la “Franca C”, a cui viene affiancata nei mesi invernali la “Anna C”, che propone mini crociere da tre o quattro giorni da Port Everglades alle Bahamas. I primi anni '60 sono assai positivi per Costa, e alle ormai consuete rotte in Sud America o ai Caraibi si affiancano le crociere nel Mediterraneo, nel Mar Nero, in Brasile, Uruguay e Argentina, fino allo stretto di Magellano e all’Antartico. Il successo delle crociere Costa è tale che nel 1964 la compagnia dispone la realizzazione della "Eugenio C", subito ribattezzata “la nave del futuro" per l'allestimento e l'eleganza che la contraddistingueva. Una nave non più distinta in tre classi, ma concepita con un ponte principale su cui si affacciavano tutti i saloni. Un chiaro indizio del fatto che l'Eugenio C sarebbe stata adibita al servizio crocieristico, il futuro scelto da Costa Armatori.(Costa Crociere)

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2.2 Cenni di costruzione e teoria della nave

La forma e le caratteristiche principali che vengono conferiti ad una nave sono definite principalmente dal servizio che dovrà svolgere e dalle rotte che dovrà seguire, non tutte le navi percorreranno gli stessi itinerari, e le condizioni climatiche sono uno dei tanti fattori che condizionano la loro geometria. La sua struttura deve essere studiata, entro vincoli progettuali molto complessi, che permettono di sostenere tutti i carichi che si prevede possano sollecitare la struttura durante la navigazione, di conseguenza, contraddistinta da caratteristiche peculiari che non hanno eguali. Fra le caratteristiche più interessanti annoveriamo le dimensioni, la complessità e la varietà delle funzioni dei componenti strutturali, della natura probabilistica dei carichi stabiliti per il predimensionamento e della incertezza della capacità umana di preannunciare la risposta della struttura a tali carichi. Contrariamente alle strutture a noi note, le navi non poggiano su fondazioni fisse nel terreno, ma ricavano sostegno dalle pressioni e dalla spinte generate dall’ambiente fluido in continuo movimento in cui sono immerse.

1.struttura dello scafo

2. sezione trasversale scafo

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Le navi sono le più grandi e maestose strutture mobili costruite dall'uomo, e sia le loro dimensioni che i requisiti di mobilità richiesti influenzano notevolmente l’impianto strutturale del progetto, inoltre le caratteristiche propulsive implicano caratteristiche superficiali molto rigide. All’interno dell’articolata struttura di una nave, le componenti molto spesso hanno duplici funzioni, data la complessità e la varietà dei carichi che influenzeranno la staticità del complesso, ed ogni nave avrà uno studio attento della struttura che la contraddistinguerà. Una nave viene rappresentata mediante tre piani principali, precisamente quello longitudinale, quello trasversale, ed infine quello orizzontale, e classificata in base alla struttura che la caratterizza. Le prime navi che hanno salpato i mari erano navi realizzate a struttura singola, o longitudinale o trasversale, mentre oggi la complessità dei risultati che si vogliono ottenere ha portato l’assunzione di tipologie strutturali miste, composte da entrambe, che permettono di raggiungere la robustezza richiesta. Le strutture longitudinali sono demandate a resistere alle sollecitazioni che agiscono secondo piani paralleli al piano di simmetria longitudinale della nave, mentre quelle trasversali sono demandate a resistere alle sollecitazioni che agiscono secondo piani perpendicolari al piano di simmetria longitudinale. (Rapacciuolo, 2008)

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Siccome le navi durante un moto ondoso sono sottoposte a sollecitazioni che agiscono secondo piani di qualunque giacitura, è naturale che entrambi i tipi siano presenti su ogni mezzo navale, e la prevalenza di un tipo rispetto all’altro ne classificherà la nave. Oltre a queste tipologie, per ognuna di esse si possono individuare due altri tipi di elementi di rinforzo, le travi principali, dette anche “rinforzi primari”, che offrono la resistenza alle sollecitazioni principali cui è soggetta la nave e garantiscono la continuità strutturale, e le travi ordinarie, dette anche “rinforzi secondari”, che conferiscono la robustezza locale e fanno da irrigidimento ai pannelli di lamiera del fondo, dei fianchi e dei ponti ripartendo il carico sulle travi principali. La struttura prevalentemente trasversale si adotta su navi di dimensioni ridotte, che non presentano intense sollecitazioni longitudinali, ma principalmente problemi di robustezza trasversale. Le parti che compongono la struttura dello scafo sono un insieme di telai trasversali costituiti dai madieri, profilati a T di rinforzo del fondo, dalle costole, profilate a bulbo o ad L di rinforzo del fianco, ed infine dai bagli, profilati a bulbo a sostegno dei ponti. Questi telai sono posizionati ad un’adeguata distanza l’uno dall’altro, e questa distanza viene chiamata intervallo di ossatura. Ogni 3 o 5 intervalli di ossatura, per rendere ancora più robusto lo scheletro della nave, viene inserita una nuova struttura di rinforzo, costituita da travi primarie.

3.struttura trasversale

1 fasciame del fondo 2 chiglia

3 paramezzale centrale 4 scarichi di saldatura

5 anima del paramezzale 6 piattabanda

7 puntello 8 piattabanda centrale

9 costola 10 madiere

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4.struttura longitudinale

1 corrente del ponte – 2 squadretta di collegamento del corrente con baglio rinforzato – 3 baglio rinforzato –

4 anguilla – 5 squadretta di collegamento del baglio rinforzato con anguilla – 6 angolare di trincarino – 7 costola rinforzata – 8 squadretta di collegamento della costola con baglio rinforzato – 9 corrente di muratura –

10 corrente del ginocchio – 11 squadra esterna marginale – 12 barrotto di irrigidimento – 13 lamiera esterna – 14 corrente del fondo – 15 corrente del cielo del doppio fondo – 16 madiere piano – 17 barrotto di irrigidimento – 18

paramezzale laterale – 19 paramezzale centrale – 20 fasciame del cielo del doppio fondo

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Longitudinalmente troviamo solo travi principali che formano telai rinforzati per aggiungere la robustezza flessionale necessaria al movimento dell’ imbarcazione, raccordati agli altri elementi strutturali tramite squadre o strutture di raccordo. L’ossatura rinforzata è composta dagli stessi elementi di quella prevalente, ma con dimensioni maggiori e solitamente con profilati con la medesima sezione, di solito viene utilizzata la classica T rovesciata. La struttura prevalentemente longitudinale nasce come risposta all'aumento delle dimensioni ed in particolare della lunghezza della nave, con l’aumento delle sollecitazioni flessionali sul piano longitudinale è necessario un maggior numero di elementi strutturali che possano sopportare tali sforzi. La soluzione è stata quella di servirsi di una struttura prevalentemente trasversale con un infittimento degli elementi longitudinali primari, che però annota un notevole svantaggio, l’aumento del peso di fatto inaccettabile. Nasce così una nuova struttura con rinforzi ordinari longitudinali, con l’aggiunta di solo una ossatura di rinforzo trasversale. La struttura ha come travi secondarie dei profilati posti longitudinalmente, e sempre in senso longitudinale si hanno un paramezzale ed una anguilla centrale ed uno o più paramezzali e anguille laterali come travi rinforzate, ed ogni 4 o 5 intervalli di ossatura si hanno ulteriori rinforzi.

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5.struttura mista

1 paramezzale laterale – 2 madiere pieno – 3 fasciame del cielo del doppio fondo – 4 lamiera marginale –

5 correnti longitudinali del fondo – 6 paramezzale laterale – 7 squadra di piede – 8 madiere pieno – 9 correnti del cielo del doppio fondo

6.ossatura strutturale

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Oggi la maggior parte delle navi è realizzata con questo tipo di struttura, adottando in alcuni casi la struttura trasversale per le zone della nave dove si possono trovare carichi trasversali in proporzioni maggiori. Il fondo è uno degli elementi strutturali principali della nave in quanto si trova alla maggiore distanza dalla mezzeria dell’essa baricentrico e deve sopportare le massime sollecitazioni presenti su un imbarcazione. Si possono trovare due diversi tipi di struttura che compongono la base, il fondo semplice, ed il doppio fondo, che variano in base alla dimensione ed al carico da sopportare. Il fondo semplice lo troviamo solo su navi di piccole dimensioni, su gasiere ed in genere su tutte le navi in cui la tipologia di carico non richiede stive di particolare dimensioni o forma. Il doppio fondo, invece, è ormai molto diffuso, e si usa qualora la stiva debba presentare un fondo completamente piano, è il caso delle navi da crociera, delle portacontenitori, dei traghetti etc.. Il doppio fondo inoltre permette la disposizione di ampie casse e cisterne strutturali che contengano i carichi liquidi necessari al sostentamento dell’imbarcazione, come combustibile, olii e zavorra, e permettano la compartimentazione stagna per impedire l’allagamento totale della nave in caso di falle o incagli. Il doppio fondo, inoltre, oltre alle qualità già enunciate, costituisce una struttura scatolare caratterizzata da una elevata resistenza sia alle sollecitazioni verticali

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che a quelle longitudinali, ed il cielo del doppio fondo, incrementa notevolmente il materiale resistente collocato ad elevata distanza dal centro nave. Un altro elemento fondamentale per la staticità della struttura sono i fianchi, che oltre a partecipare in maniera attiva alla robustezza longitudinale della nave, devono sopportare il carico idrostatico e gli sforzi dovuti al carico presente a bordo. Per navi di piccole dimensioni abitualmente si adottano rinforzi del fianco di tipo trasversale, mentre per le navi di grosse dimensioni si può trovare il doppio fianco posto longitudinalmente. L’involucro esterno della nave, quella parte che permette la giunzione tra i fianchi e il fondo, è identificabile come fasciame, un insieme di lamiere già tagliate e sagomate, saldate una accanto all’altra posate in direzione longitudinale. Il fasciame costituisce l'involucro esterno stagno della nave. È realizzato saldando lamiere preventivamente tagliate e sagomate, l'una accanto all'altra, a costituire corsi disposti longitudinalmente. Partendo dalla mezzeria del fondo della nave fino al ponte, avremo la lamiera di chiglia, un primo corso di lamiera adiacente alla chiglia, detto torello, un secondo corso detto contro torello e via via una serie di corsi fino ad arrivare a quelli del fianco, cinta, e quello del ponte, trincarino. Il ponte è l'elemento strutturale più articolato, soprattutto per una nave da crociera, che può

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supportare flussi discontinui di persone imprecisate, supportando le massime tensioni di trazione e di compressione proponendosi pieno di discontinuità, causate dalle innumerevoli aperture sede di piscine, solarium e collegamenti verticali. Per aumentarne la robustezza, scaricando verso il piano sottostante le massime tensioni di trazione e compressione ed i massimi sforzi, diminuendo la massima campata del baglio e dell’anguilla, al loro incrocio sono collocati dei puntelli, sempre allineati con le travi primarie, realizzati con tubolari quadrati o tondi o con profilati a doppio T, saldati direttamente al ponte. Come si può ben intuire il materiale principalmente utilizzato è l’acciaio con le sue leghe. L'acciaio, materiale composto in prevalenza da ferro con l’apporto di una percentuale di carbonio, è divenuto col passare degli anni il principale materiale da costruzione navale con una graduale evoluzione che ne ha arricchito le caratteristiche tecnologiche e meccaniche.

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2.3 I segreti di una Cruise

Le navi da crociera, in gergo tecnico denominate semplicemente cruise, sono dei giganti del mare che si discostano notevolmente dal comune concetto di nave, avvicinandosi sempre più al concetto di veri e propri alberghi in movimento. Come già precedentemente illustrato su una nave come la Costa Concordia possiamo trovare una varietà di ambienti degni della miglior struttura alberghiera, realizzati tutti con accuratezza maniacale per donare fasto e splendore. Lo scheletro strutturale non discosta da quelli spiegati in precedenza, si usa un sistema misto, con prevalenza longitudinale, date le dimensioni che si avvicinano ai 400 metri di lunghezza, 40 di larghezza e 70 di altezza, con puntelli di rinforzo con passo fisso ogni 8 metri. La componentistica strutturale, in tempi remoti progettata e realizzata su misura per ogni imbarcazione, nell’era dell’industrializzazione mostra gli stessi profili caratterizzanti dell’edilizia, travi a doppio T, tubolari quadrati e tondi, bulbi dissimmetrici, travi a T a spigoli vivi, travi HE e molti altri ancora. Il progetto preso in visione ci ha permesso di analizzare attentamente la composizione dello scheletro strutturale. Sostanzialmente si caratterizza di una doppia orditura, primaria e secondaria, composta da travi alveolari a T

1.ponte costa mediterranea

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rovesce, sulle quali poggia una lamiera piana che varia da pochi millimetri di spessore fino a spessori che superano il centimetro, rinforzata da profilati a bulbo dissimmetrico, che la rendono staticamente paragonabile ad una lamiera grecata con rinforzo in cemento. La puntellatura ha dimensioni di passo fisse, ogni 8 metri, variando a volte di decine di centimetri per problemi di allestimento, ma risulta disomogenea nella scelta dei profilati, dettata in base all’ubicazione nella sezione maestra. Concettualmente possiamo suddividere la sezione maestra in due parti equivalenti, nella prima parte troviamo puntelli tubolari circolari, invece, nella seconda, puntelli tubolari quadri. Le dimensioni naturalmente variano a seconda del carico che debbono supportare. Il fasciame esterno invece è composto da lamiera saldata e bullonata con spessori variabili, partendo da 6-8 millimetri si possono raggiungere anche i 70 millimetri di spessore. Anche il più attento passeggero, però, non può percepire minimamente la grande opera strutturale che si nasconde dietro l’allestimento, curato nei minimi dettagli da attenti e famosi designer, tra cui possiamo annoverare anche Renzo Piano. La parte di allestimento è una vera e propria opera architettonica, eseguita da attenti designer che ripropongono sul mare gli stilemi di edifici progettati sulla terraferma. Tutte le caratteristiche

2.vista interna di un ponte

3.interno di una delle suite

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dell’allestimento richiamano veri e propri hotel galleggianti e cercano di ricalcarne a pieno talune caratteristiche. Le cabine sono il componente più standardizzabile a bordo, adatte alla prefabbricazione si compongono di pannelli sandwich che ricordano il cartongesso. I muri perimetrali della cabina sono composti da pannelli sandwich con le migliori caratteristiche di riduzione del suono, progettati per perseguire criteri di qualità, flessibilità e semplicità di assemblaggio. Troviamo diversi modelli di pannelli, che corrispondono ad altrettante possibili ambientazioni, ma la geometria è sempre la medesima. Il singolo pannello, di spessore 25 mm. racchiude al suo interno un’anima di lana di roccia da 23 mm. Racchiusa tra due fogli di PVC o acciaio galvanizzato da 1 mm, l’altezza è variabile, partendo da 270 cm si può arrivare anche a 350, contrariamente la larghezza varia in base al produttore, ma tutti i pannelli possono essere tagliati in loco per poi essere uniti tramite giunti verticali, permettendo così una maggiore flessibilità di assemblaggio. Solitamente il singolo pannello non viene utilizzato singolarmente, perché le caratteristiche di riduzione del suono e di resistenza termica non sono le migliori. Il sistema più utilizzato va a comporsi di due pannelli, posati sulle guide esterne di un binario anch’esso in PVC o acciaio galvanizzato, composto da tre guide. La parte interna tra i due pannelli risulta spesso essere

4.pannello sandwich utilizzato come muro

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vuota per il passaggio degli impianti meno ingombranti, ed invece, in casi in cui è previsto, diventa vano per il posizionamento di ulteriori isolanti a pannello. Le caratteristiche estetiche richiamano gli stilemi a cui sono tenuti ad ispirarsi i designer, solitamente imitando i materiali più ricercati, applicandovi un sottile film vinilico stampato che li richiama. Il soffitto ha le medesime caratteristiche, ma ovviamente dimensioni maggiori del pannello, che in questo caso è unico, da 40 mm, anch’esso al suo interno caratterizzato da un’anima in lana di roccia. I pannelli hanno dimensioni maggiori, sono lunghi dai 300 cm ai 400, e larghi 80, con caratteristiche di estrema facilità di installazione, che è la medesima dei controsoffitti in cartongesso. In ultima analisi ho esaminato come viene posata abitualmente la pavimentazione, che presenta caratteristiche molto simili all’edilizia. Ci sono due tipologie di pavimentazione, quella flottante e quella con base cementizia ad asciugatura rapida. Il pavimento flottante è un piano che non ha bisogno di essere inchiodato o incollato al sottofondo ed il termine pavimento galleggiante si riferisce al metodo di installazione, ma viene spesso usato come sinonimo di pavimenti in laminato, ma si applica ora ad altri rivestimenti come i sistemi di piastrelle galleggianti e pavimenti in vinile.

5.tipologia di pannello a soffitto

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Un pavimento sospeso viene qui adottato, quindi, perché è un particolare tipo di pavimento progettato per ridurre, in generale, il rumore o le vibrazioni, in questo caso provocate dalla cospicua presenza di acciaio e per la semplicità di passaggio, al di sotto di esso, di cavi e impianti. Essi vengono realizzati tramite strutture di sostegno fatte di colonnine e traversi, su cui poggiano pannelli sandwich simili a quelli utilizzati per i muri ed il soffitto, con la sola differenza che vengono rifiniti con i più vari materiali di pavimentazione. La pavimentazione con base cementizia ad asciugatura rapida è una soluzione studiata per ottenere un prodotto con alte performance energetiche e strutturali, parallelamente a specifiche caratteristiche di forma e dimensione, unite a rapidità, semplicità e longevità. Le sollecitazioni esterne che subisce un massetto di un’imbarcazione sono molte e diverse, urti, vibrazioni e tremori, torsioni e restringimenti, ed è importante quindi avere dei materiali di qualità molto elevata per poter avere un prodotto che risulti sufficientemente solido rispettando i requisiti di spessore richiesti. La molteplicità dei sottofondi è usuale, sicuramente la composizione di un sottofondo tra un locale tecnico ed una cabina non potrà essere la stessa che tra cabina e cabina, quindi mi sono concentrata in primis sul comprendere come fosse composta la stratigrafia della

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pavimentazione che potesse interessarmi, data la natura della mia tesi.

6.pavimentazione a base cementizia ad asciugatura rapida

La stratigrafia caratterizzante è composta da cinque diversi prodotti, un primer, un acrilico allo stirene di spessore trascurabile che prepara la lamiera zincata piana al prodotto successivo, una base cementizia elastica rinforzata con fibre di materiale di livellamento che viene gettata a pompa, così da garantire dopo 1-3 l’asciugatura. Questo prodotto è stato progettato per essere utilizzato in applicazioni marine a traffico leggero, e può essere direttamente rifinito con pavimenti in PVC, vinile, linoleum e piastrelle di ceramica, ma può essere anche utilizzato come legante

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o come massetto underlayment, o addirittura come supporto per le riparazioni navali. Lo strato successivo è, come per l’edilizia, un isolante, che può variare di spessore e tipologia. Possiamo trovare pannelli in EPS, lana di roccia o tappetini anti tacco. L’ultimo strato prima della posa della finitura di pavimentazione è un massetto cementizio alleggerito con fibre di polimeri, che rende la posa della finitura più semplice.

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3. Concordia, un progetto di recupero

3.1 Verifiche per la concretizzazione di una

idea

Il relitto ormai da tempo dimora nelle acque dell’ Isola del Giglio, per metà sommerso e quindi in parte non riutilizzabile ma solo riciclabile, tuttavia viste le grandi dimensioni dell’ imbarcazione, la componentistica che si potrebbe ipotizzare per un riutilizzo completo o parziale risulta comunque essere degna di nota. Lo scheletro strutturale è composto da un orditura primaria, caratterizzata da travi alveolari a T rovesce di diverse dimensioni, esattamente come nell’orditura secondaria. Nello schema strutturale troviamo sezioni differenti, le più comuni per la travatura primaria sono delle T30 600x300x15x15, T30 620x150x15x20, T30 450x200x10x15, T30 450x120x8x10, T30 450x100x8x10, T30 450x180x12x15, e per la secondaria invece abbiamo T30 300x180x10x15, T30 300x150x8x10, T30 400x180x8x10, T34 200x100x8x10. Di rinforzo, saldati alla lamiera piana che varia di spessore dai 5 ai 15 mm, abbiamo bulbi dissimmetrici, H140x8x27 che corrono trasversalmente irrigidendo e donando robustezza alla struttura del ponte, mentre i

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puntelli verticali, in base all’ubicazione, variano di dimensione e sezione, trovando sul fondo puntelli tubolari quadri ❏ 400x16, ❏ 350x16, ❏ 350x14.2, ❏ 300x14.2, ❏ 250x14.2 e salendo verso il ponte tubolari circolari O 280x14.2, O 220x14.2, O 160x14.2.

1.principali profilati

Ogni pezzo della struttura qui sopra elencato potrebbe essere smontato, sottoposto a verifica e riutilizzato e, tenendo conto della parte sommersa, si potrebbero ricavare 35.000 tonnellate di componenti in acciaio riutilizzabili. Anche l’allestimento, che risulta non essere stato danneggiato, potrebbe essere quindi riutilizzato, ivi compresi i materiali di pavimentazione e controsoffittatura.

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Si pensi allora, di fronte a questi cifre esorbitanti, come enormi quantità di materiale inutilizzato possano diventare un’enorme risorsa per l’approvvigionamento di materiale da costruzione, un vero e proprio patrimonio. Anche solo ipotizzando un riutilizzo parziale del relitto, si potrebbe pensare di costruire una piccola cittadina di 2000 abitanti, non tenendo conto della parte sommersa che potrebbe comunque risultare idonea. L’ipotesi di progetto della mia tesi prevedrebbe il riutilizzo di tutta questa componentistica strutturale e di allestimento per progettare e realizzare con costi abbattuti del 50% un edificio residenziale con struttura portante in acciaio, mantenendo alcune delle caratteristiche peculiari della nave da crociera, ma aumentando notevolmente le caratteristiche statiche ed energetiche proprie di una residenza. La mia ipotesi parte dall’utilizzo di una maglia strutturale che preveda dimensioni dimezzate rispetto a quella comune della classica cruise. La scelta è stata ispirata da un principio meramente strutturale. Tenendo conto che la maglia 8x8 comunemente impiegata su una nave da crociera regge carichi verticali e sollecitazioni orizzontali, che si sviluppano su un’altezza di 70 metri, suddivisa in 13 differenti piani orizzontali, la maglia strutturale che ipotizzo di utilizzare, misurando esattamente la metà, sarà automaticamente verificata per un edificio di altezza non superiore ai 10 piani.

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L’esigenza però non è puramente empirica e quindi la verifica strutturale, per assicurare concretezza e fattibilità al progetto, si è resa rigorosamente d’obbligo. Le componenti dell’orditura primaria e secondaria sono state verificate secondo il metodo degli stati limite, che prevede in primis la definizione ed il calcolo dei carichi permanenti e variabili che gravano sulla struttura, considerando poi le varie combinazioni di carico previste dalla normativa. Il profilato che ipotizzo di utilizzare per l’orditura secondaria è una T30 400x180x8x10 verificata come segue:

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Analisi dei carichi gravanti sulla struttura

Pavimento Vinilico PUR Eco System : 3 kg/m2 Weber.floor 4660 Marine Light legante : 2 kg/m2 Isolmant TeloGomma 5+3 : 8 kg/m2 Weber.floor 4660 Marine Elastic base : 0,9 kg/m2 Weber.floor 4716 Primer : peso trascurabile Lamiera Zincata Piana : 117,7 kg/m2 N°2 Bulbi disimmetrici a m2 : 2x 9,74 kg/m2= 20 kg/m2 N°2 Piattabande Acciaio a m2 : 2x7,85 kg/m2= 15,7 kg/m2 Controsoffitto Norac : 22,44 kg/m2 Sommatoria totale : 189,74 kg/m2 = 1,9 kN/m2

Carichi permanenti: 2 x 1,9 = 3,8 kN/m dove γg =1,35 Carichi variabili: 2 x 2 = 4 kN/m dove γq= 1,5

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Verifiche allo stato limite ultimo Combinazione dei carichi: 1,35 x (0,66 + 3,8) + 1,5 x 4 = 12,02 kN/m Da cui ricaviamo: Mmax = 1/8 x 12,02 x 42 = 24,04 kNm Tmax = 1/2 x 12,02 x 4 = 24,04 kN

H = 40 cm d = 1 cm B = 18 cm c = 0,8 cm r = 2,1 cm b = B - c = 17,2 cm h = H - d = 39 cm As = 50,15 cm2

Il profilo utilizzato presenta le seguenti caratteristiche geometriche:

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a= 12

x cH2+bd2

cH+bd = 13,18 cm e A=H-a = 26,82 cm

J= Ba3-b!h-A"3+cA3

3 = 8522 cm4 che ci aiuterà a trovare:

WA= JA

=317,78 cm3 e Wa= Ja = 646,44 cm3

Verifica a momento

McRd= Wa · fy

γM0 = 229,5kN/m Mmax / M cRd = 0,1 < 1

la trave secondaria risulta verificata. Verifica a taglio

Av = 0,9 (As- B×d) = 28,9 cm

VcRd=Av( fy √3 ⁄ )

γM0 = 593,7 kN

Tmax / VcRd= 0,04 < 1 la trave secondaria risulta verificata.

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Verifica allo stato limite d’esercizio γg = γq = 1 Carichi concentrati: 1x (0,66 + 3,8) kN/m + 1 x 4 kN/m = 8,46 kN/m l= 4’000 mm E= 210'000 Mpa

W= 5/384 x p x l4

EJ = 1,56 mm < L/300

La trave secondaria risulta verificata anche allo stato limite d’esercizio.

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Il profilato che ipotizzo di utilizzare per l’orditura primaria è invece una T30 450x180x12x15 verificata come segue:

H = 45 cm d = 1,5 cm B = 18 cm c = 1,2 cm r = 2,1 cm b = B - c = 16,8 cm h = H - d = 43,5 cm As = 80,15 cm2

Il profilo utilizzato presenta le seguenti caratteristiche geometriche:

a= 12

x cH2+bd2

cH+bd = 15,58 cm e A=H-a = 29,42 cm

Da cui ricaviamo

J= Ba3-b!h-A"3+cA3

3 = 17245,3 cm4

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WA= JA

=586,17 cm3 e Wa= Ja = 1106,92 cm3

Carico permanente: 1,04 kN/m Carico concentrato: 48,08 kN/m Da cui avremo : Mmax = 50, 16 kNm e Tmax = 26,12 kN Verifica a momento Mmax/ McRd = 0,12 <1 la trave è verificata Verifica a taglio

Tmax/VcRd= 0,03<1 la trave è verificata Verifica allo stato limite d’esercizio γg = γq = 1 carichi concentrati: 1x (0,77 + 3,8) kN/m + 1 x 4 kN/m x L/2x2 = 34,28 kN/m l= 4’000 mm E= 210'000 Mpa

W = (/*+,-.-/,01 = 3,15 mm < L/300

La trave è verificata anche allo stato limite d’esercizio.

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Il profilato, infine, che si è deciso di utilizzare come colonna è un profilo tubolare ❏ 250x14.2 verificato come segue:

B = 250 mm c = 142 mm H = 2550 mm Imin= 95,1mm α = 0,49 fy = 355 A = 11376 mm2 γm1 = 1

T prim = 26,12 kN T sec = 24,04 kN P col = 1,005 kN Ned 1 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col = 51,165 kN Ned 2 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 1 = 102,33 kN Ned 3 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 2 = 153,49 kN Ned 4 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 3 = 204,66 kN Ned 5 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 4 = 255,82 kN Ned 6 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 5 = 306,99 kN Ned 7 = T prim + ( T sec /2 )x2 + P col + Ned 6 = 358,15 kN

NcRd=2345678 = 4089,23 kN

Ned 6/ NcRd = 0,08 < 1 La colonna è verificata per un edificio di sette piani fuori terra.

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La conclusione di questo processo di verifica ha portato, quindi, alla dimostrazione che l’ipotesi iniziale di utilizzare una griglia di pilastri con passo dimezzato, rispetto a quello della Costa Concordia, è un’ipotesi che può concretizzarsi nella vita reale, permettendo il riutilizzo di componentistica strutturale che andrebbe se no riciclata.

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3.2 La cellula abitativa e la sua unione compositiva

“Obiettivi dell’edilizia residenziale, superando le tendenze contrarie, sono la massima standardizzazione possibile e la massima variabilità possibile delle case di abitazione. Standardizzazione degli elementi edilizi base, i quali potranno essere aggregati secondo diversi moduli abitativi.” Pochissime righe di Gropius, che con linearità esprimevano concetti basilari dell’architettura dell’epoca, concetti che sono stati, e tutt’ora sono, il centro della continua ricerca dell’architettura moderna, che da sempre insegue la coesistenza di semplicità e complessità. Le più grandi opere e realizzazioni, non solo in architettura ma in ogni campo artistico, vivono concretamente di questa bivalenza, ed è questa bivalenza che sta alla base del mio progetto. In termini stilistico progettuali, la scelta è stata quella di realizzare, tramite l'impiego di un modulo di forma elementare, un quadrato, una grande varietà di combinazioni, con il fine di ottenere un'ampia gamma di soluzioni abitative atte a soddisfare le più eterogenee esigenze di metrature, spazi, disposizioni, luminosità ed affacci. L’elaborazione dell’idea risulta partire dalla progettazione di cellule abitative, frutto di un’aggregazione modulare di due o più elementi, che uniti compongano alloggi idonei a formare edifici

1.monolocale

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residenziali pluripiano capaci di rispondere alle diverse esigenze stilistiche dei modelli insediativi moderni. L’elemento base caratterizzante, il quadrato, scaturito dall’interasse strutturale, misura 4 metri per 4, dimensioni dalle quali si ottengono 16 metri di superficie lorda al netto dei muri, e 14,2 di calpestabile, identificabile in un vano il cui spazio può prevedere la realizzazione di una camera doppia, di una camera singola più balcone, di un soggiorno o altresì risulta essere sufficiente per accogliere il bagno con la adiacente cucina, che sarà poi a vista sulla zona giorno. Le cellule abitative sono composte da quattro differenti aggregazioni modulari, che vanno a delineare rispettivamente il monolocale, composto da due quadrati 4x4, il bilocale, composto da tre quadrati 4x4, il trilocale, composto da quattro quadrati 4x4 ed infine il quadrilocale, composto da cinque quadrati 4x4. Ogni appartamento risponde alle esigenze spaziali dei componenti del nucleo familiare, tenendo comunque in considerazione le norme che il D.M. del 1975 ci impone per il rispetto dei requisiti minimi richiesti per la progettazione di una residenza. Così facendo, il progetto finale risulta essere, stravolgendo estremamente il concetto, quasi una sorta di manuale che definisca le istruzioni di assemblaggio di un edificio residenziale, che sarà poi il

2.bilocale

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committente, a seconda delle richieste di mercato, a delineare in tipologie edilizie differenti.

3.due tipologie di trilocale

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3.3 Compromesso tra qualità ed economicità per una nuova architettura

sociale

La definizione del costo di un edificio è una questione fondamentale per ogni tipo di costruzione ed ancora di più lo è se l’edificio in questione fa parte del complesso mondo del Social Housing. Il fondatore delle teorie del valore in economia, William Petty (1662), descriveva il costo di un bene come la somma del “costo naturale”, che noi assumeremo come il costo di produzione, ed il “costo corrente”, cioè quello che assume il bene in base a cause di natura esterna ad esso, cioè tutto ciò che è un valore aggiunto. Una delle prerogative principali nella progettazione e realizzazione di un complesso abitativo di Social Housing è riuscire a mantenere una quasi completa parità tra qualità e costi di esecuzione, equivalentemente legati ai tempi di realizzazione, tutto ciò per avere un costo complessivo che non vada ad accrescersi con il passare del tempo, tenendosi sempre vicino al “costo naturale” del complesso architettonico. La risposta migliore a tale compromesso è sicuramente l’industrializzazione del processo costruttivo, che esordì timidamente per la prima volta agli inizi degli anni ’60, complice anche la ricostruzione post-bellica, passando dal cantiere alla fabbrica per la produzione di

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tamponamenti e coperture, assemblati poi in loco con calcestruzzo gettato in opera. Con il passare degli anni le tecniche di costruzione sono mutate e le componenti prefabbricate concepite e prodotte sono notevoli, ma il loro utilizzo nella produzione residenziale è ancora marginale. Sono venute alla luce, negli ultimi anni, notevoli proposte, tra cui anche quella dell’ Osservatorio congiunto di Fillea CGIL-Legambiente, che vorrebbero introdurre l’industrializzazione anche nella progettazione residenziale, che tende ad essere poco fiduciosa nei confronti di questa tecnica, ormai sperimentata e collaudata con successo. Il processo di industrializzazione, prevedendo la produzione di gran parte degli elementi compositivi dell’immobile in stabilimenti dedicati, consente un notevole risparmio di tempo e denaro, semplificando il processo costruttivo, ridotto al semplice assemblaggio delle componenti verticali ed orizzontali in loco. La scelta dei materiali è varia, calcestruzzo, acciaio, legno, ma la risultante è sempre la stessa, un risparmio temporale e di mano d’opera. In Italia la maggior parte degli edifici prefabbricati è individuabile nel settore terziario, dove il calcestruzzo risulta essere il materiale prediletto, e che tecnologicamente annovera benefici della prefabbricazione meno evidenti rispetto all’assemblaggio a secco, la base cementizia è più pesante e meno versatile, e si ha l’esigenza di

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realizzare in opera i giunti, molto spesso in umido, tra strutture e componenti. Le tecnologie che stanno attirando l’attenzione degli operatori del settore sono prevalentemente quelle di assemblaggio a secco, più semplificative e forse più inerenti a quello che è diventato, da qualche anno, il motore dell’innovazione architettonica, l’innovazione. Per tecnologie a secco intendiamo le tecniche costruttive basate sull’assemblaggio in cantiere, di componenti realizzati industrialmente in stabilimento, dove viene preferito dunque l’impiego di elementi strutturali e di tamponamento, in legno, in acciaio o di entrambi. Queste tecniche vengono studiate ed arricchite da decenni di ricerche, soprattutto all’estero, dove lo studio francese “Dubosc e Landowski” è stato tra i primi a sperimentare l’assemblaggio a secco in acciaio, valutando nel dettaglio vantaggi e svantaggi che potrebbe portare lo sviluppo di data tecnologia. Questi sistemi offrono benefici molto interessanti e l’industrializzazione del processo costruttivo è quello che risulta di maggiore interesse. Introducendo caratteristiche ambientali e prestazionali, quali la rapidità di montaggio e smontaggio parallelamente a tempi e costi certi di costruzione, riusciamo anche a far convivere aspetti di rilevanza economica e sociale particolarmente legati al lavoro. L’Italia però è restia all’utilizzo di questi materiali in maniera così rilevante, in quanto il sistema di filiera risulta discontinuo, ma non solo, vanno ad aggiungersi ad esso la mancanza di

1.residenza venerie Dubosc e Landowski

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una adeguata preparazione tecnica dei progettisti e della manodopera nelle fasi di costruzione e montaggio, e la nostra radicata tradizione culturale, che è concentrata sull’utilizzo della pietra e del cemento. Non per ultimo lo svantaggio che va ad escludere per primo l’utilizzo dell’acciaio come base strutturale dei nostri complessi di Social Housing è il costo della materia prima, che negli ultimi anni ha raggiunto un costo che si aggira attorno ai 4 euro al kg. Per il legno è lampante invece la mancanza di una degna presenza boschiva che possa permettere un uso sostenibile delle foreste. Analizzando tutti questi aspetti è semplice arrivare ad una ovvia conclusione, il motivo per cui tuttora il materiale prediletto per la progettazione e la costruzione di edifici residenziali sia il calcestruzzo, anche se, in un periodo di crisi come il nostro, la ricerca di metodi alternativi ed innovativi sarebbe la soluzione adatta per una ripresa più rapida. Con l’introduzione di tecnologie di assemblaggio a secco avremmo una trasformazione radicale nel processo costruttivo e nell’organizzazione del lavoro che verrebbe spostato in stabilimenti dedicati, dove verrebbero trattati e prodotti i vari componenti, semplificando notevolmente il processo edilizio in cantiere, riducendolo al mero assemblaggio di strutture e pannelli prefabbricati, lavori di finitura impiantistica e di fondazione.

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Di conseguenza avremmo una riduzione notevole della componente operaia in cantiere di circa il 50%, con un incremento nel settore industriale anche di figure tecniche specializzate. Cambiamento che porterebbe naturalmente ad un risparmio economico sulla mano d’opera, ma potrebbe aumentare i costi della prefabbricazione. Nella situazione odierna, in cui la maggior parte delle risorse naturali è stata utilizzata e la crescita economica di molti paesi, tra cui annoveriamo l’Italia, è in crisi, la soluzione che potrebbe risolvere in gran parte tutti questi problemi è il riuso. Riutilizzare grandi opere strutturali, giunte al termine del ciclo di vita utile di una data funzione, potrebbe rispondere così all’esigenza di nuove soluzioni costruttive in ambito sociale e non solo, permettendoci di risparmiare una quantità innumerevole di risorse naturali ed un soddisfacente quantitativo monetario, incrementando anche posti di lavoro. Il Crystal Palace, eretto nel 1851 per la prima esposizione internazionale, risulta essere ai giorni nostri il miglior esempio di quella che è la nostra prerogativa principale, il riuso, quando nel 1852 venne completamente smontato e ricostruito a Sydenham Hill, uno spazio verde aperto nella parte sud di Londra. Le caratteristiche che tuttora risultano essere di notevole pregio sono innanzitutto la facilità e velocità di costruzione, demolizione e nuova ricostruzione, che

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introdussero la concreta possibilità del riuso nel campo dell’architettura moderna. Concentrandoci sul materiale che risulta essere il più adatto alle caratteristiche di flessibilità architettonica di cui vogliamo dotare il nostro progetto, l’acciaio, il semplice reimpiego di parti strutturali di edifici, infrastrutture o mezzi di trasporto di grandi dimensioni come le navi da crociera, giunte dopo lunghi viaggi al termine del loro ciclo di vita, permetterebbe anche nel campo del social housing l’utilizzo di questa tecnologia così lontana dalla tradizione residenziale. Il riuso, inteso come una valida alternativa al riciclo, implicherebbe un risparmio di risorse e di energia, il processo siderurgico è infatti il secondo massimo consumatore di energia primaria e la principale fonte di emissioni di CO2 nell’atmosfera. Tra gli obiettivi stabiliti al G8 di Toyako nel 2008, quello del riuso delle componenti strutturali in acciaio risulta essere il più concreto, data la natura seriale della sua produzione ed il tipo di giunzioni utilizzate, il recupero risulta più semplice ed efficace, inoltre l’effettiva fattibilità dal punto di vista ingegneristico, risulta verificabile con semplici calcoli strutturali. Edifici industriali dismessi, infrastrutture fatiscenti, sono stati buoni punti di partenza per questa nuova frontiera della costruzione, che in Cina, Giappone e Stati Uniti ha già preso piede da qualche decennio. Un manufatto come quello della Costa Concordia, ora solo un enorme peso per il nostro paese, che si trova a

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dover fare i conti con 100 milioni di euro per la sola demolizione, se utilizzata come risorsa di materia prima per la costruzione edile, potrebbe diventare una risorsa invece di un enorme ostacolo di 290 metri.

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4. Una nuova Piazza del Popolo per Savona

3.4 La città di Savona

Nel cuore della Riviera di Ponente Savona è il capoluogo di provincia, con circa 62.000 abitanti estesi su una superficie di 65,55 km2. E’ una città ricca di storia e di arte, ricordata anche negli scritti di Petrarca e Guy de Maupassant come “luogo di delizie”. Il primo insediamento nel territorio Savonese risale al periodo neolitico, intorno al 5000 a.C., ma il primo dato certo che si ha sulla storia della città è collegato alle guerre puniche, quando, a fianco di Cartagine, la città mostrò le prime rivalità con Genova, rivalità che domineranno la storia ligure. Savona nasce intorno al 207 a.C. sulla collina dove risiede ora la fortezza del Priamar, come insediamento dei Liguri Sabati, ma sempre in seconda linea a causa della vicina Vado Ligure, che risultava meglio posizionata per gli attacchi a Genova. Savona riesce a primeggiare solo dopo la caduta di questa roccaforte, diventando il primo centro economico e militare. Con la caduta dell’Impero Romano, diventa base della flotta bizantina e la collina del Priamar, fortificata da una primordiale cinta muraria, si sviluppa sia come sede vescovile sia come baluardo militare;

1.dipinto storico di Savona

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parallelamente inoltre vanno ad intensificarsi i traffici marittimi e commerciali. Saranno i primi cenni di un’epoca di ricchezza, dovuta all’appoggio dei Bizantini, ma che terminerà precisamente nel 643, a causa di un re longobardo che distrusse tutti i principali centri liguri che gli opposero resistenza, tra i quali, appunto, Savona. Distrutta più volte durante le invasioni barbariche, inizia una poderosa rinascita intorno all’anno 1000 d.C., diventando un fiorente porto ed un importante centro per il commercio con il Nord-Europa, e nel 1191 si costituisce libero comune cominciando ad espandersi ai piedi della rocca del Priamar. Il tessuto urbano medievale, chiaramente consolidato nella parte est del torrente Letimbro, era costituito da edifici a schiera, delimitati da stretti vicoli che convergevano per lo più verso il porto, fulcro della vita economica, dove tra il Milletrecento ed il Millecinquecento, furono eretti i primi palazzi nobiliari, tra i quali spicca il palazzo dei Della Rovere, splendida opera rinascimentale di Giuliano Sangallo. Al crescente sviluppo economico del XII e XIII secolo, subentra un periodo di stasi che durò fino quasi alla metà del XV secolo, quando si delineò una timida ripresa economica e politica, bruscamente interrotta nel 1528 dalla vicina Genova, che decretò la fine della fiorente e ricca Savona, interrando il porto, saccheggiandola più volte e radendo al suolo la rocca del Priamar, distruggendo secoli di storia e di civiltà.

2.fortezza del Priamar

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La città subisce un duro colpo ed a fatica riesce a risollevarsi, dando vita così ad una crisi che durerà quasi tre secoli. Solo grazie a Napoleone, che nel 1796 la battezza “quartier generale” delle sue operazioni, Savona potrà iniziare una lenta ricrescita economica. Con l’occupazione napoleonica e successivamente con quella piemontese, comincia un’altra rinascita incentrata sull’attività portuale e sulla rivoluzione industriale; la città viene ricostruita sul modello urbanistico di Torino di cui divenne il principale sbocco marittimo. Nel periodo, che va dal novembre del 1830 al febbraio del 1831, Giuseppe Mazzini, rinchiuso nel carcere del Priamar, formula l´idea della Giovane Italia che fonderà, poi, a Marsiglia, nel 1832. La vicenda di Mazzini, prima incarcerato e poi esiliato, incide relativamente sulle opinioni politiche dei Savonesi che, malgrado l´esperienza deludente dei primi decenni, optano, nel corso del Risorgimento, per posizioni di stampo cattolico-liberale. Le tradizioni democratiche e la rilevante concentrazione operaia costituiscono uno dei motivi che spingono la città a mostrarsi ostile nei confronti del fascismo, che stava via via conquistando il potere, partecipando attivamente, nella seconda guerra mondiale, al movimento di Resistenza anti-fascista. Pesantemente bombardata, al termine della seconda guerra mondiale, Savona si espande sulle colline che portano dal quartiere della Villetta a quello di Valloria,

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nell’oltre Letimbro e su tutta la fascia costiera che porta sino a Zinola, formando quasi un tutt’uno con le vicine Albisola e Vado Ligure. (Comune di Savona) Non esiste un modello insediativo unico a cui rapportare l’espansione della città nell’immediato dopoguerra, in quanto essa sembra identificabile piuttosto con una sequenza di interventi sporadici e quasi mai coordinati tra loro. La prima conseguenza di questa situazione è la nascita delle periferie, sorta di “città satelliti” all’interno di un non consolidato tessuto urbano collocato oltre quello che in seguito sarà chiamato centro-storico, e che si discostano dalla città giardino finora caratterizzante nell’espansione urbana della città. Veri e propri quartieri marginali, riconoscibili oltre che per le forme architettoniche anche per la disorganica rete viaria, successiva all’edificazione dei fabbricati, interessando in maniera molto consistente la porzione occidentale del territorio comunale dell’oltre Letimbro. “Nella Savona del dopoguerra si sono saldate, in un complesso connubio, le esigenze della ricostruzione e i fattori di crescita demografica legati ad una forte immigrazione conseguenza dello sviluppo industriale; questa difficile situazione fu gestita da amministratori e tecnici cui toccava l’arduo compito di individuare soluzioni adeguate e ancor più di elaborare nuovi strumenti concettuali per cercare di comprendere appieno le conseguenze delle scelte attuate in condizioni che avevano pochi precedenti o non ne

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avevano affatto.” ( pg.15 Salvatore Lanza, Andrea Zanini, 2007) La ricostruzione post-bellica fu ispirata da stilemi moderni, enfatizzati da schemi di semplificazione che portarono un’impronta di forme assolute nell’immagine dell’edificio concepito nell’attualità del dopoguerra. Vennero utilizzati pochi elementi funzionali, quali tetti e finestre, riconsiderati in maniera asettica, discostandosi dalla precedente concezione che li identificava mediante elementi formali di decoro. L’indebolirsi dell’attenzione verso i dettagli formali, mutò l’approccio stilistico della progettazione, ricadendo sulla “sperimentazione individuale” del singolo progetto, accantonando una crescita omogenea basata sul confronto, e iniziando a concepire gli edifici come un bene non duraturo, prodotto industrialmente e basato su logiche economiche e gestionali. “Vengono così a delinearsi due prassi di accrescimento della città: quella delle lottizzazioni con edilizia di pregio e quella dei piani di zona per l’edilizia economica, differenti per target ma accomunati dalla carenza di qualità abitativa.”( pg.19 Salvatore Lanza, Andrea Zanini, 2007)

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4.2 Individuazione del distretto di trasformazione con relative norme di settore

Il Piano Urbanistico Comunale del Comune di Savona regola le attività di trasformazione fisica e funzionale, di rilevanza urbanistica ed edilizia, nel territorio comunale. Il Piano si ispira ai criteri di imparzialità, economicità, efficacia, e semplificazione dell’azione amministrativa, nonché ai principi della massima partecipazione e della sostenibilità ambientale, nel quadro della legislazione vigente. Il territorio del comune è suddiviso in ambiti di trasformazione, riqualificazione e distretti di trasformazione, nonché in aree di produzione agricola ed ambiti territoriali destinati al presidio ambientale. Per ogni singolo ambito si prevede un’ulteriore articolazione di ripartizione del territorio indicati come: sub-ambiti, sub-distretti ed aree destinate a servizi di interesse pubblico. (Comune di Savona, Struttura del Piano) L’area presa in esame per la ideazione del mio progetto è un distretto di trasformazione, in specifico il distretto TR1, che risulta appartenere, secondo lo strumento di gestione del territorio comunale, alle nuove aree da destinare all’edilizia sociale per l’entrata in vigore del L.R. 38/2007 che richiede l’inserimento

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nel P.U.C. di una quota di edilizia pubblica o convenzionata. Il presente piano prevede che il Distretto di Trasformazione 1 debba risolvere “la congiunzione tra il centro e la periferia con l’inserimento di un asse di collegamento fra le due sponde del torrente. Le indicazioni proposte per la disciplina del distretto riguardano temi di rilevanza urbana: • la connessione intermodale tra la ferrovia ed i

trasporti pubblici su gomma; • il prolungamento pedonale dell'asse urbano di via

Paleocapa, fino alla stazione FS; • l’individuazione di una spina pedonale in

continuità con quella proposta per Santa Rita, con particolare attenzione alla intersezione con il percorso storico trasversale;

• l'eventuale utilizzazione in sottosuolo per uno o più piani di parcheggio nell'area ex ferroviaria

• la riorganizzazione del grande spazio affacciato sul Letimbro in un sistema di giardini e di spazi verdi, che garantiscano la continuità del lungo fiume.”(norme settore TR1)

Al distretto TR1 va dunque il compito di migliorare un grande vuoto urbano creatosi con l’avanzare dell’urbanizzazione nel settore di ponente, tra il centro cittadino di impronta ottocentesca , l’odierna Piazza del Popolo, ed una zona prettamente funzionale, Orti Folconi. Si dovrà realizzare, quindi, una continuità con il tessuto storico di via Paleocapa che funga da

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cerniera funzionale di connessione, sia visiva che materiale, tra la stazione e Piazza del Popolo, ora adibita ad ospitare un parcheggio ed il mercato settimanale. Il distretto risulta diviso in due settori: TR1/1, sponda destra e TR1/2, sponda sinistra, ciascuno dei quali potrà avere autonoma attuazione secondo la disciplina riportata, “fermo restando l'obbligo a carico dei soggetti attuatori di redigere un unico S.A.U. (Studio di Assetto Urbanistico) esteso all’intero distretto TR1 che definisca l'assetto della totalità dell'area.” L’intervento di Social Housing che deve coprire almeno il 33% della S.A. (Superficie Agibile e Superficie Accessoria) di futura edificazione con un minimo di 70 alloggi, inizialmente era previsto solo per il distretto TR1/1, ma come asseriscono la norme di attuazione del settore è plausibile di flessibilità attuativa anche nell’altro distretto, purché il progetto complessivo risulti omogeneo anche se sarà realizzato in fasi successive. Lo strumento urbanistico comunale ci invita a soffermarci su molte norme da tenere in considerazione nel progetto di riqualificazione, soprattutto nel distretto TR1/2 sottolinea i requisiti necessari alla composizione della nuova piazza, che “dovrà essere sistemata con cospicua dotazione di verde, connotata da una effettiva fruibilità anche laddove parte di essa venisse occupata da una quota dei volumi previsti; tale piazza dovrà costituire

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elemento caratterizzante la riqualificazione dell'intera area e come tale connotata da una adeguata progettazione, anche in termini di arredo, e da funzioni qualificanti” per raggiungere un “rilevante esito riqualificativo a livello urbano”. ( norme settore TR1)

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4.3 L’idea progettuale, la nuova Piazza

del Popolo Piazza del Popolo si presenta come una distesa di asfalto sulla quale, con cadenza settimanale, soggiorna il mercato cittadino, intervallato dalla sosta quotidiana di 270 autovetture, ma che prima dell’industrializzazione novecentesca risultava essere sede di magnifici orti suburbani, come nella sponda Ovest di orti Folconi, dove ora invece si ha un classico vuoto urbano dall’indubbia classificazione. Le due aree si trovano di fatto l’una di fronte all’altra, ma nell’impossibilità di un dialogo diretto, essendo separate da un torrente, il Letimbro, che funge da spaccatura tra le parti. Come anche sollecitato dal Piano Urbanistico Comunale, il concetto che sta alla base della mia idea progettuale è il collegamento dei due ambiti, cercando di ristabilire un dialogo tra il centro cittadino e quella che è stata definita l’immediata periferia. Anche se nei primi anni dell’Ottocento la stazione ferroviaria è stata spostata a ponente, non è riuscita ad imporsi come una polarità urbana, non riuscendo a costruire assi viari che segnassero profondamente il tessuto edilizio, notevolmente

1.veduta aerea di Piazza del Popolo

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disomogeneo, creando un ulteriore divario tra le parti. La mia idea è quella, quindi, di creare un asse viario che estenda via Paleocapa oltre torrente, fino a raggiungere la ferrovia, creando nuove polarità lungo il suo percorso, una tra le tante la nuova Piazza del Popolo, ora per me sede di un parco in memoria delle vittime del naufragio. Piazza che intende comprendere nella sua morfologia il lungo torrente, e non estraniarsene come successo finora, portando i visitatori al dialogo diretto tramite un gioco di terrazzamenti tipici delle zone liguri. I sedimenti dell’asse ferroviario, prima collocati appunto nel distretto di Piazza del Popolo, sono sottolineati e riconvertiti in una spina pedonale, che si collega a quella proposta per Santa Rita, dividendo metaforicamente la superficie della piazza in due parti distinte, quasi a voler dare due connotazioni pubbliche differenti per entrambe, nuova piazza del mercato e oasi verde del lungo fiume. L’asse che costeggia il Letimbro cerca di legarsi con il parco Ottocentesco antistante la piazza, riproponendo la medesima organizzazione del verde che risulterà primeggiare con la numerosa piantumazione intervallata da zone di sosta con ricercato arredo urbano. A vegliare sulla piazza invece troviamo il complesso residenziale di architettura sociale, che cerca con le

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grandi terrazze ideate come luogo di aggregazione sociale presenti in ogni edificio, di dialogare con la città vecchia, proponendone un peculiare scorcio. Metaforicamente, passeggiando per il ponte pedonale che estende via Paleocapa fino ad Orti Folconi, raggiungiamo un parco pubblico che si estende fino al nuovo polo internodale tra ferrovia e trasporti pubblici su gomma, asse viario che andrà finalmente a collegare in maniera diretta il centro ottocentesco con la successiva urbanizzazione di ponente, finora emarginata. L’edificazione di nuovi edifici di carattere commerciale e residenziale, inoltre, richiamerà l’attenzione della comunità facendo diventare il parco un nuovo punto di aggregazione sociale.

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