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Che l’oncogene KRAS sostenesse la tumorigenesi coloret- tale e orientasse la morfogenesi della malattia neoplastica intestinale era noto da tempo. È invece più recente l’evidenza che lo stato mutazionale dello stesso gene può essere predittivo della risposta ai farmaci diretti contro il recettore dell’epidermal growth factor (EGFR) nel carcinoma colorettale metastatico, in dire- zione di una loro minor efficacia terapeutica. L’impatto di tale eviden- za sulla comunità scientifica è stato elevato e la diffusione istanta- nea e capillare dell’informazione (si è parlato dello “strano caso del gene KRAS”) ha indotto alcune importanti riflessioni in quei patologi già orientati a coniugare il tradizionale sapere morfolo- gico con quello più recente della genetica molecolare e ora chiamati ad arricchire la diagnostica del carcinoma colorettale con l’analisi mutazionale del gene. Sommario Editoriale 1 Controeditoriale 3 Casi clinici 4 Progetto 8 Spazio alle Commissioni 11 Congressi 12 oncologia IN RETE Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta n. 8 marzo 2009 L’analisi mutazionale del gene KRAS quale nuovo marcatore farmacodiagnostico del carcinoma colorettale metastatico apre il campo a non pochi interrogativi, ma rappresenta una sfida importante, che offre l’opportunità di migliorare la comprensione di sistemi molecolari complessi Mauro Risio Servizio di Anatomia e Istologia Patologica, IRRC Candiolo, Torino Editoriale Un caso tutto da indagare

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Che l’oncogene KRAS sostenesse la tumorigenesi coloret-tale e orientasse la morfogenesi della malattia neoplasticaintestinale era noto da tempo. È invece più recente l’evidenzache lo stato mutazionale dello stesso gene può essere predittivodella risposta ai farmaci diretti contro il recettore dell’epidermalgrowth factor (EGFR) nel carcinoma colorettale metastatico, in dire-zione di una loro minor efficacia terapeutica. L’impatto di tale eviden-za sulla comunità scientifica è stato elevato e la diffusione istanta-nea e capillare dell’informazione (si è parlato dello “strano casodel gene KRAS”) ha indotto alcune importanti riflessioni in queipatologi già orientati a coniugare il tradizionale sapere morfolo-gico con quello più recente della genetica molecolare e orachiamati ad arricchire la diagnostica del carcinoma colorettalecon l’analisi mutazionale del gene.

SommarioEditoriale 1Controeditoriale 3Casi clinici 4Progetto 8Spazio alle Commissioni 11Congressi 12

oncologiaIN RETEGiornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta

n. 8 marzo 2009

L’analisi mutazionale del gene KRAS qualenuovo marcatore farmacodiagnostico delcarcinoma colorettale metastatico apre ilcampo a non pochi interrogativi, marappresenta una sfida importante, che

offre l’opportunità di migliorarela comprensione di sistemimolecolari complessi

Mauro RisioServizio di Anatomia e Istologia

Patologica, IRRC Candiolo, Torino

Editoriale Un caso tutto da indagare

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Jimeno A et al. KRAS mutations and sensitivity to epidermalgrowth factors inhibitors in colorectal cancer: practical applica-tion of patient selection. J Clin Oncol 2009, January 5 (in print)Tol J et al. Chemoterapy, bevacizumab, and cetuximab in meta-static colorectal cancer. N Engl J Med 2009; 360: 563-572Van Krieken H, Tol J. Setting future standards for KRAS testingin colorectal cancer. Pharmacogenomics 2009; 10: 1-3Di Nicolantonio F et al. Wild-type BRAF is required for respon-se to panitumumab or cetuximab in metastatic colorectal can-cer. J Clin Oncol 2008; 26: 5705-5712

Hamilton S. Targeted therapy of cancer: new roles for patholo-gists in colorectal cancer. Mod Pathol 2008; 21: S23-30Chung KY et al. Cetuximab shows activity in patients withtumors that do not express the epidermal growth factor recep-tor by immunohistochemistry. J Clin Oncol 2005; 23: 1803-1810Risio M et al. KRAS transitions and villous growth in colorectaladenomas. Cell Oncol 2005; 27: 363-366Giaretti W et al. Intratumor heterogeneity of K-ras2 mutationsin colorectal adenocarcinomas. Am J Pathol 1996; 149: 237-245

BIBLIOGRAFIA

Una prima riflessione è di natura metodologica e nasce dalla ben nota eterogeneità intratumorale delcarcinoma avanzato del colon, recentemente confermata dall’indagine della sovraespressione e dell’am-plificazione del gene dell’EGFR. A tale eterogeneità consegue che nello stesso tumore coesistano clonicellulari variamente espansi, portatori di KRAS mutato o meno e - se mutato - con diversi assetti muta-zionali. Pertanto in fase di dissezione del tessuto per analizzare KRAS occorre prendere in considera-zione tale evenienza, badando anche a minimizzare la diluizione del DNA tumorale con quello nontumorale (stroma, elementi infiammatori, eccetera). Da qui l’esigenza di ricorrere ad alcuni accorgimentioperativi, di cui tener conto nell’interpretazione finale del dato molecolare: il macrocampionamento o lamicrodissezione di vaste superfici tumorali non necrotiche oppure il campionamento con micromanipo-latore o microdissettore laser in particolari situazioni morfologiche o istotipi tumorali.

Una seconda riflessione ha origine dagli attuali limiti e inadeguatezza dell’interpretazione della muta-zione di un gene quale evento binario, anche se in accordo con la categorizzazione canonica dellagenetica molecolare. Le più recenti metodologie di analisi, per esempio la tecnica del pyrosequencing ol’amplification refractory mutation system (ARMS), già in uso in alcuni servizi di anatomia patologica,consentono l’identificazione di alleli mutati in percentuali vicine all’1%. Per quanto riguarda KRAS non ènoto quale sia l’impatto effettivo di quote mutazionali di un valore così basso - di molto inferiore a quel-lo evidenziato con il sequenziamento diretto negli studi staminali, pari al 20-25% - sulla responsività altrattamento anti-EGFR. È dunque indispensabile che la frazione minima di mutazioni di KRAS in gradodi precludere l’accesso alla terapia mirata sia determinata al più presto.

Un altro punto non scevro da interrogativi è relativo alla molteplicità dei percorsi genetico-molecola-ri, che può essere considerata un fattore confondente o, viceversa, un’ulteriore opportunità terapeutica.Se è vero che già si prospetta la valutazione del gene BRAF quale predittore aggiuntivo di risposta, èaltrettanto vero infatti che quello della linearità dei percorsi è un modello puramente teorico e che alcu-ni studi molto recenti hanno evidenziato interazioni complesse - e di non univoca interpretazione - traeventi o cascate di eventi molecolari e farmacoresponsività.

Il controllo di qualità (QA) e le procedure di standardizzazione sono infine componenti cruciali per ladiffusa implementazione del test KRAS; l’anticorpo monoclonale trastuzumab, per esempio, fu impiega-to nel trattamento del carcinoma mammario nel 2002, ma solo nel 2005 furono definiti gli algoritmi ope-rativi del test di eleggibilità e i relativi criteri di accreditamento e di QA. La Società Europea di AnatomiaPatologica (ESP) ha già diffuso una valida - seppure molto impegnativa - proposta di QA per il testKRAS che prevede la creazione entro il 2009 di una rete europea di laboratori accreditati. Ciò rappre-senta una sfida e un’opportunità per l’anatomia patologica italiana, chiamata ad aprire il proprio orizzon-te operativo a questa nuova frontiera diagnostica e spinta di conseguenza ad adeguare e innovare lapropria tipologia prestazionale.

In conclusione è indiscutibile che l’analisi mutazionale del gene KRAS quale marcatore farmacodia-gnostico necessiti di profondi cambiamenti organizzativi e strutturali nella gestione della malattia neo-plastica del colon e che delinei per il patologo una nuova identità cognitiva e professionale. A mio avvi-so, tuttavia, il test rappresenta prevalentemente una opportunità: quella di iniziare un percorso che por-terà in breve tempo ad affrontare la farmacodiagnostica nell’ambito dei sistemi complessi, in termini direti e traffico di segnali e di profili genici. Obiettivo ambizioso, ma pur sempre preferibile alla quanto maiinappropriata certificazione immunoistochimica dell’1% di cellule tumorali EGFR-positive quale criteriodi eleggibilità, che nell’ultimo quinquennio ha inutilmente dissipato le già scarse risorse disponibili.

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Barbara SoiniOncologia MedicaOspedale Santa Chiara, Trento

Alberto SobreroOncologia MedicaOspedale San Martino, Genova

Controeditoriale A cura di Giorgio Vellani

Brodowicz T et al. American Society of ClinicalOncology Gastrointestinal Cancers Symposium(ASCO GI). January 15-17, 2009 San Francisco,California, Abstract N 381

De Roock et al. DUSP expression as a predictor ofoutcome after cetuximab treatment in Kras wildtype and mutant colorectal tumors. AmericanSociety of Clinical Oncology Gastrointestinal

Cancers Symposium (ASCO GI). January 15-17,2009, San Francisco, California, Abstract N 289

Bokemeyer C. et al. KRAS status and efficacy offirst-line treatment of patients with metastatic colo-rectal cancer (mCrc) with Folfox with or withoutcetuximab: the OPUS experience. J Clin Oncol2008; 26: Suppl:178s. Abstract

Karapetis CS et al. K-ras mutations and benefitfrom cetuximab in advanced colorectal cancerN Engl J Med 2008; 359 (17): 1757-1765

Van Cutsem E et al. KRAS status and efficay in thefirst-line treatment of patients with metastatic colo-rectal cancer (mCrc) treated with FOLFIRI with orwithout cetuximab: the Crystal experience J ClinOncol 2008; 26: Suppl 5s. Abstract.B

IBLIOGRAFIA

Negli ultimi 10 anni le terapie bersaglio hanno assunto unruolo sempre più importante nel trattamento del cancro. Oggigli anticorpi monoclonali diretti contro l’epidermal growth factorreceptor (EGFR) e gli inibitori della tirosinchinasi recettorialesono tra le molecole più innovative e anche tra le più studiate.Sulla base di dati di efficacia clinica numerosi agenti anti-EGFRsono stati recentemente approvati o sono in via di approvazio-ne per il trattamento di diversi tipi di tumore che sovraesprimo-no EGFR: cetuximab in prima linea nel carcinoma del colon-retto ed erlotinib in seconda e terza linea nel cancro del polmo-ne non a piccole cellule; cetuximab in associazione a radiotera-pia nei tumori testa-collo localmente avanzati e in associazionea chemioterapia nei tumori testa-collo ricorrenti e/o metastatici;panitumumab nelle linee avanzate e cetuximab nelle primelinee nel cancro del colon-retto.

A differenza di quanto sarebbe stato logico attendersi, lasovraespressione e/o l’amplificazione di EGFR, principale targetdi questi agenti, non si sono dimostrate un fattore predittivo dirisposta. Nel cancro del colon-retto, per esempio, si sonoosservate risposte al trattamento con cetuximab in pazienti chenon esprimevano EGFR. È stato curioso quindi essere arrivatialla conclusione che un farmaco indirizzato al bersaglio sia ingrado di funzionare bene (o male) indipendentemente dallapresenza del suo bersaglio.Ciò che gli studi retrospettivi hanno però evidenziato è l’asso-ciazione tra lo stato mutazionale del gene KRAS e l’efficacia cli-nica degli agenti anti-EGFR in campioni tumorali di carcinomadel colon-retto, primitivo o metastatico.KRAS è un componente essenziale del processo di trasduzionedel segnale generato dall’interazione ligando-EGFR e di conse-guenza dell’attivazione delle vie di trascrizione responsabili dellaregolazione dei processi di apoptosi, proliferazione cellulare,angiogenesi e metastatizzazione. Mutazioni dell’oncogene rendo-no inefficace l’effetto degli inibitori dell’EGFR e c’è da attendersiche tale inefficacia riguardi oltre a queste piccole molecoleanche gli anticorpi monoclonali, visto che KRAS è posto a valledel bersaglio comune a entrambe le classi di farmaci.

I dati clinici sul valore predittivo del gene derivano da nume-rosi studi di fase II e III da cui emerge per esempio un benefi-cio del trattamento con l’anticorpo molecolare cetuximab inprima linea nel carcinoma del colon-retto metastatico in pazien-ti KRAS wild type (WT). Tale beneficio si traduce in un vantag-gio del 20% circa in termini di risposte obiettive e in un aumen-to di circa 2 mesi della sopravvivenza libera da progressione.Pur senza raggiungere la significatività statistica, l’aggiunta

di cetuximab a FOLFIRI nello studio di fase III CRYSTALincrementa la sopravvivenza da 21 a 24.9 mesi. Questi datihanno trovato conferma anche nel recente studioCECOGa/CORE1.2.001, che ha valutato come lo stato muta-zionale di KRAS influenzi l’efficacia di cetuximab in associazio-ne ai regimi chemioterapici FOLFOX (5-fluorouracile e oxalipla-tino) o FOLFIRI (5-fluorouracile e leucovorin) nel trattamento diprima linea di 117 pazienti affetti da tumore del colon-rettometastatico (risposte obiettive pari al 53% nei pazienti conKRAS WT e al 36% nei pazienti con KRAS mutato). Lo studioha inoltre mostrato la tendenza a un miglioramento dellasopravvivenza globale: 24,4 mesi per i pazienti con KRAS WTrispetto a 16,7 mesi nei pazienti con KRAS mutato (p = 0,057).

I dati di efficacia appena descritti si riferiscono ai risultatidella prima linea di trattamento, ma tali effetti terapeutici favore-voli sembrano esistere nei pazienti refrattari alla chemioterapiae con gene immutato: lo dimostra il vantaggio di circa 5 mesinella sopravvivenza globale (corrispondente a un tempo piùche raddoppiato) recentemente osservato in pazienti KRASWT trattati con cetuximab e terapia di sostegno (best supporti-ve care, BSC) rispetto alla sola BSC.La rilevanza di KRAS nella pratica clinica risulta ancora mag-giore se si considerano i risultati dello studio OPUS che ha evi-denziato l’assenza di beneficio dall’aggiunta di cetuximab aFOLFOX nei pazienti con KRAS mutato. L’importanza delladeterminazione di tale parametro nella gestione della malattiametastatica è dunque evidente: a dimostrazione di ciò la Foodand Drug Administration (FDA) statunitense e la EuropeanMedicines Agency (EMEA) hanno dato la loro approvazioneper panitumumab unicamente nel trattamento dei pazientiKRAS WT; lo stesso ha fatto EMEA per cetuximab, indipen-dentemente dalla linea di trattamento e dalla chemioterapia diassociazione.

In conclusione una delle più importanti prerogative del pros-simo futuro è la possibilità di selezionare sempre meglio ipazienti responsivi agli agenti anti-EGFR e i dati attuali relativiall’oncogene KRAS costituiscono verosimilmente l’anticipazionedi altri determinanti successi in campo diagnostico e terapeuti-co: risale a pochi mesi fa l’osservazione che anche le mutazionidel gene BRAF osservate nel 10% dei casi possono conferireresistenza agli agenti anti-EGFR. Sono inoltre in corso ricerchepromettenti sugli oncogeni PIK3, MEK, AKT, PTEN e DUSP,che consentiranno il passaggio dall’attuale capacità di predirela resistenza agli anti-EGFR alla possibilità di prevedere la sen-sibilità a questa classe di farmaci.

Mutazioni che lasciano il segnoLa recente evidenza che le mutazioni dell’oncogene KRAS sono predittive di una ridotta effi-cacia delle terapie dirette a bersagli molecolari nel carcinoma colorettale metastatico haimportanti implicazioni nella pratica clinica oncologica, tra le quali la possibilità di selezionarei pazienti eleggibili al trattamento con farmaci anti-EGFR

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Mosse studiate a tavolino

Casoclinico

A cura di Emanuela Negru

David Rondonotti, Elisa RigonDipartimento Oncologico, Azienda OspedalieraMaggiore della Carità, Novara

Paziente di 65 anni, ex-impiegato, fumatore modera-to dall’adolescenza, consuma un bicchiere di vino aipasti principali; gentilizio negativo per patologia neopla-stica. L’anamnesi patologica remota segnala un quadrodi ipertrofia prostatica benigna (IPB) in terapia medica.

In seguito alla comparsa da luglio del 2004 dimoderata astenia con calo ponderale progressivo(circa 10 kg in 2 mesi), a settembre del 2004 ilpaziente è sottoposto ad accertamenti clinico-stru-mentali, tra cui la pancolonscopia che evidenzia unaneoformazione vegetante e sanguinante della valvolaileocecale. Sono effettuate alcune biopsie con prelievodi frammenti che all’esame istologico risultano positiviper adenocarcinoma infiltrante, ulcerato, moderata-mente differenziato, oltre a lembi di mucosa colica conflogosi cronica e iperplasia mucipara. A completamen-to stadiativo sono eseguite una radiografia (Rx) deltorace in 2 proiezioni e una ecografia dell’addomecompleto, che risultano negative per secondarismi.

Nell’ottobre del 2004 il paziente è sottoposto a inter-vento chirurgico di emicolectomia destra con confeziona-mento di ileo-colon anastomosi latero-laterale. L’esameistologico definitivo evidenzia adenocarcinoma del grossointestino, ulcerato, moderatamente differenziato (G2),infiltrante a tutto spessore la parete fino al connettivofibroadiposo periviscerale; crescita di tipo infiltrativo conreazione linfocitaria focale peritumorale; metastasi in 8 su8 linfonodi isolati; stadiazione pT3N2M0.

Da novembre del 2004 ad aprile del 2005 il pazien-te è sottoposto a trattamento chemioterapico adiuvan-te secondo lo schema FOLFOX4. La TAC di ristadia-zione dopo chemioterapia adiuvante risulta negativaper secondarismi.

In seguito il paziente effettua regolare follow upcon esito negativo fino a febbraio del 2006 quando laRx del torace evidenzia la comparsa di una sfumataopacità (diametro di 1 cm) di non univoca interpreta-zione a livello della VII costa destra. Viene quindi ese-guita una tomografia computerizzata (TC) del toracee dell’addome con mezzo di contrasto (MDC) checonferma la lesione nodulare di 13 mm a marginiregolari nel segmento anteriore del lobo superiore didestra attribuibile a secondarismo. La tomografia aemissione di positroni (PET) mostra iperaccumuli focalidi tracciante di modesta entità a livello del segmento

anteriore del lobo superiore di destra in corrisponden-za della nota lesione nodulare riscontrata all’esame TC.

Nel marzo del 2006 il paziente è sottoposto alobectomia superiore destra. L’esame istologico defini-tivo documenta la presenza di metastasi polmonare daparte di adenocarcinoma compatibile come istogenesia partenza dal grosso intestino.

In seguito, da aprile a ottobre del 2006, il pazientericeve una chemioterapia adiuvante della durata di 6mesi - 4 cicli FOLFOX6 seguiti da 8 cicli DeGramont -per comparsa di reazione allergica all’oxaliplatino.

Alla TC del torace e dell’addome di controllo di giu-gno del 2007 si osserva la comparsa in sede ilaredestra di tessuto solido ipodenso (2 cm), possibileespressione di adenopatia. I marcatori tumorali risulta-no nella norma. La PET conferma un iperaccumulofocale del tracciante in sede ilare destra, sospetto perespressione di patologia produttiva. La valutazioneeffettuata dal chirurgo toracico non pone indicazioniall’intervento chirurgico.

Da luglio del 2007 a gennaio del 2008 il pazienteeffettua 12 cicli con schema FOLFIRI + bevacizumab ea settembre del 2007 il paziente è sottoposto a radio-terapia stereotassica a livello della lesione ilare destracon un arco dinamico di fotoni X da 6 MV (dose totaleerogata al target: 45 Gray in 3 frazioni in 6 giorni).

A settembre del 2008 la TAC mostra la comparsa dilinfonodo ilare destro delle dimensioni di 1,8 cm circa. Sieffettua PET-TC che evidenzia un’apparente riduzione inintensità di fissazione (SUV massimo attuale 8 versus13,8 precedente) a livello dell’area focale patologica diiperfissazione del tracciante. Il confronto radiologico TCe PET conferma la progressione di malattia in sede ilaredestra. È escluso l’intervento chirurgico; inoltre non sus-sistono indicazioni a ulteriori trattamenti radioterapici nelsospetto di malattia radioresistente.

In relazione all’evidenza strumentale di progressio-ne linfonodale ilare destra (già radiotrattata) è effet-tuata l’analisi mutazionale del gene KRAS, che eviden-zia assenza di mutazione (KRAS wild type) e la valuta-zione dell’espressione dell’epidermal growth factorreceptor (EGFR), che risulta positiva.

Da dicembre del 2008 è avviata biochemioterapiacon FOLFIRI + cetuximab, che il paziente sta tuttoraeffettuando.

CASO

CLINICO

1 Carcinoma del colon-retto metastatico KRAS wild type

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Carcinoma del colon-retto metastatico KRAS mutatoErica Bertona, Elisa RigonDipartimento Oncologico, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità, Novara

Paziente di 52 anni, operaio, non fumatore, beve un bicchiere di vino ai pasti principali. Nulladi rilevante nell’anamnesi patologica familiare né in quella personale.

Nel mese di ottobre del 2007, in seguito a comparsa di rettorragia con alterazioni dell’alvo, ilpaziente effettua una pancolonscopia che riscontra la presenza di stenosi serrata concentricadel sigma, non valicabile dallo strumento, di natura discariocinetica. Si procede a stadiazione dimalattia con radiografia del torace, che risulta negativa per secondarismi, e tomografia compu-terizzata (TC) dell’addome completo con mezzo di contrasto (MDC), che documenta la presen-za di numerose lesioni secondarie epatiche, per numero e dimensioni non suscettibili a tratta-mento chirurgico.

Nel novembre del 2007 il paziente è sottoposto a intervento chirurgico di sigmoidectomia;l’esame istologico dimostra un adenocarcinoma ulcerato moderatamente differenziato (G2) delgrosso intestino, con aspetti cribriformi e focolai di necrosi, infiltrante a tutto spessore le pareti,sino alla sierosa con invasione vascolare; stadio pT3pN1M1 (1 linfonodo metastatico su 12 emetastasi epatiche). L’esame citologico del liquido di lavaggio peritoneale risulta negativo per laricerca di cellule neoplastiche.

Da dicembre del 2007 fino a maggio del 2008, il paziente effettua la biochemioterapiasecondo lo schema FOLFOX6 e bevacizumab, per un totale di 12 cicli ben tollerati con stabilitàdi malattia al controllo TC finale; pertanto tra maggio e settembre del 2008 il paziente viene tra-sferito a terapia biologica di mantenimento con bevacizumab.

La TC toracica e addominale con MDC di ristadiazione eseguita a settembre del 2008 dimo-stra una progressione della malattia a livello sia polmonare sia epatico; contestualmente vieneriscontrato un netto aumento dei marcatori tumorali sierici (CEA e CA19.9).

In considerazione della progressione di malattia, dopo una prima linea di biochemioterapia sipropone una seconda linea di chemioterapia, secondo lo schema FOLFIRI, con l’eventualeaggiunta di cetuximab - un anticorpo monoclonale diretto contro l’epidermal growth factorreceptor (EGFR) - previa valutazione dell’espressione del gene KRAS e dell’EGFR. L’analisi delgene KRAS indica la presenza di mutazioni a suo carico, mentre quella immunoistochimicadimostra una sovraespressione di EGFR.

Tenendo conto delle ultime evidenze scientifiche e delle attuali indicazioni alla terapia biologi-ca con gli anticorpi monoclonali anti-EGFR cetuximab e panitumumab, non sussiste l’indicazio-ne a terapia biologica con i due farmaci in quanto il gene KRAS non risulta wild type. È quindiavviata la terapia di seconda linea per la malattia metastatica secondo lo schema FOLFIRI senzal’aggiunta di cetuximab. Durante la prima infusione di irinotecan il paziente manifesta una rea-zione allergica orticarioide e quindi la chemioterapia è sospesa.

Dopo discussione collegiale il paziente è sottoposto a trattamento chemioterapico con mito-micina e 5-fluorouracile con ulteriore progressione di malattia a livello epatico e polmonaredopo i primi 3 cicli.

In considerazione delle buone condizioni cliniche del paziente, della buona tolleranza ai trat-tamenti precedenti e dell’asintomaticità si decide di avviare un trattamento chemioterapico congemcitabina in monosomministrazione, tuttora in corso.

Nei casi riportati i pazienti presentano entrambi un tumorecolorettale metastatico che si differenzia per lo stato mutazionaledel gene KRAS: il primo, con KRAS non mutato, risultaeleggibile a trattamento con cetuximab e può usufruire al megliodel farmaco mentre il secondo, con KRAS mutato, non vieneindirizzato allo stesso schema di trattamento in quanto resistente

CASO

CLINICO

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Casoclinico

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Oscar AlabisoDipartimento Oncologico, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità, Novara

La crescita e la progressione del carcinoma colorettale rientrano in un processo multifasicoche origina dall’accumulo sequenziale di mutazioni in oncogeni e geni oncosoppressori oltreche da alterazioni epigenetiche quali la ipo o la ipermetilazione del DNA. I recenti progressi nelcampo della biologia molecolare hanno consentito la caratterizzazione delle modificazioni geni-che ritenute responsabili di questo processo di cancerogenesi e hanno identificato nell’epide-mal growth factor receptor (EGFR) un importante mediatore dei processi di crescita, prolifera-zione e sopravvivenza cellulare della neoplasia. Gli inibitori dell’EGFR comprendono diverseclassi di farmaci, tra le quali gli anticorpi monoclonali che si legano al dominio extracellulare delrecettore inibendo l’attivazione da parte dei ligandi naturali.

Gli anticorpi monoclonali anti-EGFR cetuximab e panitumumab sono attivi solo in una limitatapercentuale di pazienti affetti da malattia metastatica del colon-retto, la maggior parte dei qualidopo un certo tempo diventa a sua volta resistente. Poiché non esiste alcuna correlazione tra ilgrado di espressione di EGFR e la risposta al trattamento, negli ultimi anni si è andati alla ricer-ca dei fattori genetici potenzialmente correlati alla responsività a questi farmaci e ai loro mecca-nismi di induzione della farmacoresistenza. Uno di questi è stato recentemente identificato nellostato mutazionale del gene KRAS.

KRAS (V-Ki-ras2 Kirsten rat sarcoma viral oncogene homolog) è una proteina G (guaninenucleotide-binding protein) monomerica appartenente alla famiglia Ras che media funzioniessenziali, quali la crescita e la differenziazione cellulare, trasmettendo il segnale all’apparato ditrascrizione presente nel nucleo attraverso una cascata di chinasi. L’attivazione della cascata chevede coinvolto KRAS avviene a partire dal legame di un fattore di crescita al suo recettore tiro-sinchinasico (RTK) che va incontro ad autofosforilazione.Le mutazioni geniche possono dar luogo all’attivazione di geni favorenti la crescita cellulare(protoncogeni) o alla inattivazione di geni oncosoppressori e/o coinvolti nella riparazione deldanno genetico. Il gene KRAS appartiene alla categoria dei protoncogeni: le mutazioni a suocarico esplicano pertanto un effetto di induzione del ciclo cellulare, che risulta così non più vin-colato dai meccanismi fisiologici di regolazione.

Nel cancro del colon-retto le mutazioni di KRAS sono molto frequenti (si osservano media-mente nel 40% dei casi). Si tratta di mutazioni puntiformi che risultano localizzate in cluster, nel90-95% dei casi nei codoni 12 e 13 dell’esone 2.

Dati recenti, alcuni dei quali sono riassunti nella Tabella 1, hanno dimostrato che i pazientiaffetti da carcinoma metastatico del colon-retto con il gene KRAS non mutato (wild type)hanno una possibilità significativamente maggiore di trarre beneficio dal trattamento con cetuxi-mab o da una combinazione di chemioterapia e cetuximab.

Una prima considerazione che si evince da questi studi è la forza intrinseca dei dati; l’aspettoche li rende cosi credibili e importanti è la significatività del “delta”, cioè la differenza di rispostaal trattamento tra i pazienti con KRAS wild type e quelli con KRAS mutato.

COMMEN

TO

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Bokemeyer C et al. Kras status and efficacy of first-line treatment of patients with colonrectal cancer with FOLFOX withor without cetuximab: The OPUS experience. J Clin Oncol (ASCO Meeting Abstracts). 2008; 26 (suppl): 4000Karapetis CS et al. K-ras mutations and benefit from Cetuximab in advanced colorectal cancer. N Engl J Med 2008;359: 1757-1765Tejpar S et al. Relationship of efficacy with kras status (wild type versus mutant) in patients with irinotecan-refractorymetastatic colonrectal cancer treated with irinotecan (q2w) and escalating doses of cetuximab (1qw): The EVERESTexperience. J Clin Oncol (ASCO Meeting Abstracts). 2008; 26 (suppl): 4001Van Cutsem E et al. Kras status and efficacy in the first-line treatment of patients with metastatic colorectal cancer trea-ted with FOLFIRI with or without cetuximab. The CRYSTAL study. J Clin Oncol (ASCO Meeting Abstracts). 2008; 26(suppl): 2Benvenuti S el al; Oncogenic activation of the RAS/RAF signalling pathway impairs the response of metastatic colorec-tal cancers to anti-EGFR antibody therapy. Cancer Res 2007; 67: 2643- 2648

BIB

LIOGRAFIA

Schema di trattamento N totale pazienti N risposte N risposte(wild type/mutato) wild type (%) mutato (%)

Cetuximab + CT1 113 (61/52) 37 (61) 17 (33)Cetuximab + CT2 277 (172/105) 101 (59) 38 (36)Cetuximab ± CT3 114 (78/36) 34 (44) 0 (0)Panitumumab o cetuximab 48 (32/16) 10 (31) 1 (6)o cetuximab + CT4

Cetuximab o 113 (67/46) 27 (41) 0 (0)cetuximab + irinotecan5

Cetuximab ± CT6 81 (49/32) 13 (27) 2 (6)Cetuximab7 80 (50/30) 5 (10) 0 (0)Panitumumab8 208 (124/84) 21 (17) 0 (0)Cetuximab ± CT9 59 (43/16) 12 (28) 0 (0)

CT= chemioterapia1. Schuch G et al. Ann Oncol 2008 (OPUS)

2. Rougier P et al. ASCO GI 2009 Abstract 443 (CRYSTAL) 3. Lièvre A et al. J Clin Oncol 2008; 4. Benvenuti S et al. Cancer Res 2007;5. De Roock W et al. Ann Oncol 2008; 6. Finocchiaro G et al. ASCO 2007; 7. Khambata-Ford S et al. J Clin Oncol 2007;

8. Amado RG et al. J Clin Oncol 2008; 9. Di Fiore F et al Br J Cancer 2007

Tabella 1.Confronto della risposta al trattamento con cetuximab nei pazienti KRAS wild type o KRAS mutato affetti da carcinomacolorettale metastatico

Una seconda considerazione riguarda la rilevanza nella pratica clinica di questi dati, alla lucedei quali la terapia a base degli agenti anti-EGFR viene ormai effettuata solo nei pazienti conKRAS wild type, indipendentemente dal grado di espressione di EGFR. La rilevanza dei datiriguarda anche l’aspetto regolatorio: l’EMEA ha attualmente approvato la registrazione di cetu-ximab in tutte le linee di trattamento del colon-retto metastatico a patto che i pazienti siano wildtype. La sostanziale differenza tra i due casi clinici presentati risiede dunque nello stato mutazio-nale di KRAS: solo uno dei due pazienti esaminati presenta KRAS wild type e puòessere sottoposto a terapia con cetuximab usufruendo al meglio del farmaco; ilsecondo paziente, con KRAS mutato, non viene indirizzato allo stesso schema ditrattamento in quanto resistente.

Una terza e ultima riflessione riguarda la strategia di sviluppo dei nuovi farmaci: laricerca razionale di nuove molecole mediante l’identificazione di fattori predittivi dirisposta ha il valore intrinseco di permettere una selezione altrettanto razionale dipazienti che possono essere avviati alla terapia biologica con i migliori risultati.

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Alla luce dei dati epidemiologici relativi all’oncologia e dell’incrementodel tasso di sopravvivenza dei pazienti neoplastici legato ai progressi tera-peutici, è ormai accertato come l’asse scheletrico risulti coinvolto all’incir-ca nel 70% della malattia metastatica. Anche se in gran parte dei casi lemetastasi ossee sono diagnosticate successivamente alla diagnosi deltumore primitivo, non è infrequente la scoperta di esse come primosegno di patologia tumorale (Tabella 1).L’adeguato trattamento delle metastasi ossee rientra nel corretto approc-cio ai pazienti oncologici, il cui aumento dei tempi di sopravvivenza devenecessariamente accompagnarsi a un concreto miglioramento della quali-tà di vita: a differenza di quanto avveniva in passato, i pazienti oncologicicon metastasi ossee possono intraprendere un percorso diagnostico-terapeutico-riabilitativo in grado di restituire loro una effettiva autonomiafunzionale.

Allo scopo di migliorare tale percorso nel 2003 è stato istituito all’Ospedale Molinette di Torino ungruppo interdisciplinare di cura - GIC di Osteoncologia - formato da varie figure professionali quali l’on-cologo medico, il radioterapista, l’ortopedico, il terapista del dolore, il riabilitatore, eccetera.A questa iniziativa si è andata affiancando l’attività del Centro Oncologico ed Ematologico Subalpino,dove da tempo si lavora nel campo della ricerca di base per conoscere e approfondire i meccanismipatogenetici riguardanti l’insorgenza di metastasi ossee. Ciò è stato possibile grazie alla presenza delCentro Ricerca Medicina Sperimentale, costituito da laboratori di biochimica, immunologia dei tumori,immunogenetica, biologia molecolare e angiogenesi. In effetti il tessuto osseo, attraverso complessimeccanismi fisiopatologici che coinvolgono fattori di crescita, citochine e peptidi, mantiene con il pro-cesso di “rimodellamento” osseo la fisiologica omeostasi minerale, costituendo pertanto il bersaglio bio-logico di numerose sostanze.

Presentazione temporale delle metastasi ossee inrapporto al tumore primitivo.

Primo segno 18-48%Contemporanee 15-50%Successive 27-47%Tardive (> 10 anni) 5-8%

Tabella 1.

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Allo scopo di migliorare l’iterdiagnostico e terapeutico deipazienti con metastasi ossee è statoavviato uno studio multicentrico chesta valutando, oltre alle dimensionidel problema nel territoriopiemontese, l’adeguatezza degliinterventi terapeutici e l’esistenza difattori predittivi di complicanze

Un percorso da ottimizzare

Anna NovarinoCentro Oncologico edEmatologico SubalpinoAzienda SanitariaOspedaliera MolinetteS. Giovanni Battista,Torino

Progetto

Progetto:Organizzazione delpercorso diagnostico-terapeutico deipazienti affetti dametastasi ossee

Responsabile:Libero Ciuffreda, SCOncologia Medica I,Azienda SanitariaOspedaliera MolinetteS. Giovanni Battista, Torino

A cura di Anna Novarino

Gruppo di Lavoro:Alberto Angeli (MedicinaInterna)°, Marilena Bellò(Medicina Nucleare)*, AlfredoBerruti (Oncologia Medica)°,Oscar Bertetto (CoordinatoreRete Oncologica Piemonte eValle d’Aosta, ARESS RegionePiemonte), Gianni Bisi(Medicina Nucleare II)*, ElenaBrach del Prever (Dipartimentodi Traumatologia, Ortopedia eMedicina del Lavoro)§,Costanza Calia (Terapia delDolore e Cure Palliative)*,Giuseppe Carannante(Chirurgia Vertebrale)§,Alessandro Comandone(Oncologia Medica)**, AnnaDe Luca (Terapia del Dolore eCure Palliative)*, Carlo Faletti(Radiologia Diagnostica)§,Riccardo Ferracini (Ortopediae Traumatologia)*, GiovanniGandini (RadiologiaDiagnostica)*, Giosuè Gargiulo(Ortopedia e Traumatologia)*,Giancarlo Gino (OrtopediaOncologica e Ricostruttiva)§,Antonio Palumbo (EmatologiaI)*, Umberto Ricardi(Radioterapia)*, Maria PiaSchieroni (Recupero eRiabilitazione Funzionale)*,Cinzia Ortega (OncologiaMedica)°°, Davide Ottaviani(Oncologia Medica)^,Marcello Tucci (OncologiaMedica)°

*Azienda Sanitaria Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista,Torino: °Azienda SanitariaOspedaliero-Universitaria San LuigiGonzaga, Orbassano; §AziendaOspedaliera CTO/CRF MariaAdelaide, Torino; **OspedaleGradenigo, Torino °°IRCC Candiolo;^Ospedale S. Andrea, Vercelli

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I colleghi Bertetto, Ciuffreda, Berruti, Ferracini e Ottaviani, volendo creare un legame tra ricerca eattività clinica, hanno attivato uno studio multicentrico per migliorare le modalità di valutazione diagno-stica e la gestione dei pazienti con metastasi ossee, anche alla luce della mancanza di dati certi sull’epi-demiologia della malattia, sulla fase in cui la metastasi compare, nonché sulla sopravvivenza e qualità divita del malato. L’intento era di omogeneizzare il “percorso” del paziente con metastasi ossee, ancheallo scopo di ottenere informazioni predittive di complicanze scheletriche e di valutare l’utilità dell’ap-proccio chirurgico, la tipologia degli interventi da effettuare e i risultati che ne derivano. Per tentare dirispondere a questi e altri quesiti è stato attivato nel 2005 - elaborato dal Gruppo di Lavoro MetastasiOssee istituito all’interno della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta - un “protocolloosservazionale” per la valutazione di incidenza, modalità di presentazione, evoluzione clinica, numerositàdi complicanze scheletriche e trattamenti integrati in pazienti portatori di neoplasia alla prima ripresaossea di malattia.

Pronta e fattiva è stata la risposta della maggior parte dei poli oncologici con l’arruolamento dei primipazienti: oltre alle Molinette di Torino, hanno contribuito l’Ospedale S.Luigi Gonzanga di Orbassano,l’ASL 8 Distretto Moncalieri-Chieri-Carmagnola e l’IRCC di Candiolo; sono seguiti altri 6 CentriOncologici: Novara, Ivrea, Alba-Bra, Asti, Gradenigo e S.Giovanni Battista Antica Sede.Lo studio prevedeva l’inserimento di soggetti con metastasi ossee derivanti da qualsiasi tipo di neopla-sia primitiva, diagnosticate da non oltre 2 mesi. Alla fine del 2007 si è concluso l’arruolamento di 325pazienti ed è stato creato un database grazie ai dati acquisiti da apposite schede di ammissione perogni individuo. Dallo studio si è evinto che quasi due terzi dei pazienti sono affetti da tumore dellamammella (29%), del polmone (18%) e della prostata (12%) (Figura 1) e che, come era attendibile, lasede ossea più frequentemente interessata è la colonna vertebrale, in particolare il tratto dorsale,seguita dal bacino e dalle ossa lunghe (Figura 2).

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L’Osteoncologia in Italia: II Update di Osteoncologia. Esperienze a confron-to. Grottaferrata 2008Roato I et al. IL-7 modulates osteoclastogenesis in patients affected by solidtumors. Ann NY Acad Sci 2007; 1117: 377-384Colangelo I et al. Il percorso assistenziale in osteo-oncologia. L’esperienzadell’azienda ospedaliera Le Molinette di Torino. Mecosan, Managment edeconomia sanitaria 2006; 5775-5794

Capanna R et al. The treatment of metastases in the appendicular skeleton.J Bone Joint Surgery 2001; 83B: 471-481Berruti A et al. Incidence of skeletal complications in patients with bonemetastatic prostate cancer and hormone refractory disease. Predictive roleof bone resorption and formation markers evaluated at baseline. J Urol2000; 164: 1248-1253Mirels H. Metastatic diseae in long bones: a proposed scoring system fordiagnosis of impending pathologic fractures. Clin Orthop 1989; 249: 256-264B

IBLIOGRAFIA

Tra gli obiettivi dello studio, oltre allastima delle dimensioni del problema, figuraanche la valutazione delle modalità utilizzatenella pratica clinica per l’iter diagnostico, deltrattamento possibilmente integrato e delmonitoraggio di pazienti afferenti a unitàoperative piemontesi di oncologia, ematolo-gia, ortopedia, radioterapia e terapia antalgi-ca.Altro punto fondamentale del protocollo è lavalutazione delle complicanze scheletriche,in quanto le metastasi ossee causano morbi-lità quali dolore, fratture patologiche, com-pressione midollare, ipercalcemia e insuffi-cienza midollare.Per quanto riguarda le fratture patologiche,

responsabili dell’alto tasso di ospedalizzazione con pesanti implicazioni sulla qualità di vita, è stato rite-nuto utile classificare le lesioni ossee metastatiche in base a gruppi di rischio, onde poter valutare in unsecondo tempo la correlazione tra la classe e il trattamento ideale, acquisendo dati predittivi che per-mettano di ridurre, se non abbattere, l’alta morbilità.Al momento attuale è in corso l’acquisizione di una serie dettagliata di informazioni relative al follow updei pazienti (il protocollo prevede l’effettuazione di almeno 4 follow up per ogni soggetto).

Allo scopo di ridurre le possibilità di errore decisionale sia diagnostico sia terapeutico, con graveripercussione sulla vita del paziente, e favorire un’omogenea e condivisa presa in carico nel territoriodella Regione Piemonte, al fine di ottimizzare i percorsi diagnostico-terapeutici, sono state organizzate,con soddisfazione da parte di docenti e discenti, 9 giornate di formazione dal tema “La gestione delpaziente con metastasi ossee: il ruolo del medico di medicina generale e del medico ospedaliero”, dedi-cate a tutti i medici in contatto quotidiano con problemi osteoncologici.

Tutto questo “bagaglio” riguardante una patologia di rilievo, nonché il coinvolgimento dei poli onco-logici del Piemonte in oltre 3 anni di intensa collaborazione, dovrebbe in primo luogo colmare un vuotodella letteratura consentendo la pubblicazione dei dati ricavati su riviste medico-scientifiche e, nel pros-simo futuro, fungere da background per un ulteriore studio. In effetti l’intento è non solo valutare l’ap-plicabilità e la validità scientifica nella nostra Regione delle scelte decisionali condivise, ma anche incre-mentare la collaborazione con i centri internazionali che già stanno lavorando con noi.

Clavicola

Cranio

Sterno

Scapola

Coste

Ossa lunghe

Bacino

Colonna

0 10 20 30 40 50 60 70 80

%

Figura 2.Sede di metastasi ossea alla diagnosi nei pazienti arruolati nello studio.

Altri

Mieloma

Rene

Vescica

Stomaco

Colon-retto

Prostata

Polmone

Mammella

0 5 10 15 20 25 30

%

Figura 1.Percentuale di tumore primitivo nei pazienti arruolati nello studio.

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Un bilancio in attivo

SpazioalleCom

missioni

A cura di Vittorio Fusco

Intervista a:Franca OzzelloCommissione Technology Assessmente Controllo Qualità

di Vittorio FuscoDipartimento Onco-Ematologico,Azienda Sanitaria Ospedaliera,Alessandria

La Commissione Technology Assessment eControllo Qualità, istituita nel 2005, haterminato i suoi lavori. Franca Ozzello,direttore della UO Radioterapia di Ivrea ecoordinatrice della Commissione, fa unbilancio di 3 anni di attività

La Commissione Technology Assessment e Controllo Qualità, istituita nel 2005, aveva diversicompiti. Quale bilancio se ne può trarre?La Commissione ha svolto principalmente una funzione di “antenna” per individuare strategie di poten-ziale interesse per la Rete Oncologica, relative sia a tecnologie innovative sia a proposte di riorganizza-zione di attività già esistenti o di criticità segnalate dai poli oncologici.Il bilancio dei lavori può essere considerato sicuramente positivo in quanto sono stati prodotti docu-menti di analisi e di programma in diversi ambiti di interesse. Un particolare riscontro è stato dato aidocumenti relativi alla radioterapia e alla tomografia a emissione di positroni, che hanno avuto una faseistruttoria in Commissione e che in seguito sono stati affidati per lo sviluppo di progetti di valutazionipiù approfondite a gruppi di lavoro regionali comprendenti alcuni membri della Commissione stessa.

Tra i compiti principali della Commissione, uno era quello di valutare l’impatto clinico, econo-mico e organizzativo dell’introduzione di nuove tecnologie, quali la chirurgia robotica e la radio-terapia intraoperatoria (IORT): quali raccomandazioni ne sono scaturite?Le due richieste in oggetto sono state immediatamente valutate dalla Rete Oncologica e dalla Regione.Per quanto riguarda il documento relativo alla chirurgia robotica, la Commissione raccomandava diprovvedere a elaborare un modello operativo e di integrazione fra le diverse strutture complesse inte-ressate all’uso dello strumento. Un primo obiettivo era quello di utilizzare al meglio la strumentazionegià esistente prima di acquisire nuove apparecchiature. Un secondo intento era che l’attività venissecoordinata e finalizzata a fornire, nell’arco di 3-5 anni, dati relativi alle indicazioni cliniche, al profilocosto/efficacia e alle eventuali applicazioni alla didattica di questa metodica chirurgica.Per quanto riguarda la IORT, la Commissione riteneva che le tre attrezzature già in funzione nelleUniversità di Torino e di Novara e all’Ospedale Santa Croce e Carle di Cuneo fossero sufficienti a coprirei bisogni assistenziali dei pazienti della Regione Piemonte; raccomandava inoltre la promozione di studi diricerca finalizzati ai quesiti tuttora aperti circa l’impiego di questa tecnica radioterapica in particolari ambi-ti clinici.

Professoressa Ozzello, il suo lavoro prosegue nell’analoga Commissione dell’AgenziaRegionale per i Servizi Sanitari (ARESS): cosa porterà con sé dell’esperienza appena conclusa?Secondo il nuovo modello proposto, il mio ruolo nell’ambito del gruppo di Health TechnologyAssessment (HTA) della Regione Piemonte è quello di referente per la Rete Oncologica. Insieme adaltri membri della precedente Commissione Technology Assessment della Rete invitati a far parte digruppi di lavoro dell’Agenzia, HTA dovrà valutare le tematiche proposte e quali fra queste saranno dipriorità assoluta per l’assunzione da parte del Gruppo di Programmazione di ARESS.

Presidente:Franca OzzelloMembri:AlessandroComandone (AreaOncologia Medica);Anna Sapino (PatologiaClinica - AnatomiaPatologica), RaffaellaFerraris (Assessoratodella Sanità), EmilianoAroasio (PatologiaClinica - Medicina diLaboratorio), MarioMorino (Chirurgia),Gian Luca Sannazzari eCarlo Senore (CPO eARESS),Sergio Rossetto(Economia Sanitaria),Ezio Gastaldi(Ingegneria Clinica)

CommissioneTechnologyAssessment eControllo Qualità

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Inibitori dell’aromatasi nel trattamento adiuvante del carcinoma della mammellaormonopositivo

Al simposio sono stati presentati i risultati di una metanalisi che ha confrontato gli inibitori dell’aro-matasi (IA) e tamoxifene secondo le strategie:• “upfront” coorte 1: 5 anni di trattamento con tamoxifene vs 5 anni con un IA• “early switch” coorte 2: 2-3 anni di trattamento con tamoxifene o con un IA dopo 2-3 anni di tamoxi-fene.Nella prima coorte, costituita da 9.856 pazienti, gli IA hanno determinato una riduzione assoluta dell’in-cidenza di recidive, sia locoregionali sia a distanza, del 2,9% a 5 anni e del 3,9% a 8 anni. Nella secon-da coorte, caratterizzata dallo switch a un IA e costituita da 9.015 pazienti, tale riduzione è stata del3,1% a 3 anni e del 3,5% a 6 anni. A differenza di quanto osservato nella coorte 1, nella coorte 2 èstata evidenziata una diminuzione assoluta dell’1,6% (p = 0,02) del rischio di morte a 6 anni per carci-noma della mammella e del 2,2% (p = 0,004) per quanto concerne la mortalità generale a 6 anni.

L’aggiornamento dello studio BIG 1-98 (Breast International Group 1-98), relativo al trattamento contamoxifene o letrozolo, era particolarmente atteso per le possibili ricadute sulla pratica clinica quotidia-na. Lo studio si è basato sul confronto tra:• tamoxifene vs letrozolo entrambi per 5 anni di trattamento• letrozolo per 5 anni vs le due sequenze:- 2 anni di tamoxifene � 3 anni di letrozolo- 2 anni di letrozolo � 3 anni di tamoxifeneRispetto a tamoxifene somministrato per 5 anni, il trattamentocon letrozolo ha determinato una riduzione significativa delrischio di ricaduta [hazard ratio (HR) 0,88; p = 0,03] e delrischio di metastatizzazione a distanza (HR 0,85; p =0,05). Inoltre è emersa una tendenza a un miglioramentodella sopravvivenza globale (OS) a favore del letrozolo(HR 0,87; p = 0,08); tale miglioramento è diventatosignificativo quando è stato interrotto il follow up dellepazienti che al momento della pubblicazione dei risulta-ti avevano usufruito del crossover da tamoxifene a letro-zolo. Dal confronto tra letrozolo e le due sequenze (tamo-xifene � letrozolo; letrozolo � tamoxifene) non sono emerseinvece differenze significative per quanto riguarda la sopravvivenzalibera da malattia (DFS).

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Il tradizionale simposio annuale di San Antonio, in Texas, ha datol’opportunità di fare il punto sugli ultimi traguardi terapeutici neltumore della mammella, a partire dalla chemioterapia adiuvanteclassica fino alle nuove opzioni di trattamento per le donneaffette da carcinoma mammario HER2-positivo

FilippoMontemurroOncologia MedicaIRRC Candiolo, Torino

XXXI Annual San Antonio Breast Cancer Symposium (SABSCS)San Antonio 10-14 dicembre 2008

Congressiall’estero

A cura di Marcella Occelli

Un male da domare

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Chemioterapia adiuvante con taxani e antracicline: alla ricerca della schedula ottimaleLo studio NSABP B-30 condotto in donne affette da carcinoma mammario operabile e linfonodi

ascellari positivi ha confrontato 3 diverse schedule di chemioterapia, sequenziale o concomitante, abase di taxani e antracicline:• regime sequenziale AC � T: adriamicina (A) 60 mg/m2 e ciclofosfamide (C) 600 mg/m2 ogni 3 setti-mane per 4 cicli � docetaxel (T) 100 mg/m2 ogni 3 settimane per 4 cicli• regime concomitante TAC: docetaxel (T) 75 mg/m2, adriamicina (A) 60 mg/m2 e ciclofosfamide (C)600 mg/m2 ogni 3 settimane per 4 cicli• regime concomitante AT: adriamicina 50 mg/m2 e docetaxel 75 mg/m2 ogni 3 settimane per 4 cicliIl trattamento sequenziale si è rivelato marginalmente superiore a 4 cicli di regime chemioterapico TACe significativamente superiore a 4 cicli di regime AT in termini di OS. Per quanto riguarda la DFS il trat-tamento sequenziale è risultato significativamente superiore in tutti i confronti.

Lo studio BCIRG 005 ha confrontato i seguenti regimi chemioterapici:• regime sequenziale AC � T: adriamicina (A) 60 mg/m2 e ciclofosfamide (C) 600 mg/m2 ogni 3 setti-mane per 4 cicli � docetaxel (T) 100 mg/m2 ogni 3 settimane per 4 cicli• regime concomitante TAC: docetaxel (T) 75 mg/m2, adriamicina (A) 50 mg/m2 e ciclofosfamide (C)500 mg/m2 ogni 3 settimane per 6 cicliI risultati finali dello studio multicentrico, che ha riguardato 3.301 pazienti con coinvolgimento dei linfo-nodi ascellari, hanno dimostrano che i trattamenti sono associati a un’efficacia pressoché sovrapponibi-le per tutti gli endpoint considerati (DFS, OS) e per tutti i sottogruppi analizzati. Il profilo di effetti colla-terali nei 2 regimi terapeutici è risultato differente per quanto riguarda l’incidenza di neutropenia febbri-le, di maggior riscontro nel regime concomitante, e di neuropatia, mialgia e alterazioni ungueali, più fre-quenti nel regime sequenziale.

Nuove opzioni terapeutiche per pazienti con carcinoma della mammella HER2-positivoNeratinib è un inibitore irreversibile dell’attività tirosinchinasica di HER1 e HER2, attivo in linee cellu-

lari sia sensibili sia resistenti a trastuzumab. La monoterapia con neratinib è stata valutata in un ampiostudio di fase II che ha arruolato pazienti affette da malattia metastatica HER2-positiva, sia pretrattatesia non pretrattate con trastuzumab: il tasso di risposte obiettive è stato rispettiva-mente del 26% e del 56%. Questi dati di attività erano accompagnati da un profi-lo di tossicità caratterizzato da un’elevata incidenza di diarrea.Come è già stato riscontrato con altri inibitori dell’attivi-tà tirosinchinasica di HER1 e HER2, tale eventoavverso può essere evitato se riconosciutoe trattato tempestivamente.

Uno studio di fase III ha analizzato iltrattamento con letrozolo in presenza oin assenza di lapatinib, un inibitore tiro-sinchinasico di HER1 e HER2 in donneaffette da carcinoma mammario metasta-tico ormonopositivo. Un sottogruppocomposto da 219 delle 1.286 donnerandomizzate era affetto da tumori chesovraesprimevano anche HER2. Inqueste pazienti l’aggiunta di lapatiniba letrozolo ha determinato un incre-mento della sopravvivenza mediana libera da progressione(PFS) di più di 5 mesi (3,0 mesi vs 8,2 mesi; p = 0,019) e untasso di risposte cliniche pressoché raddoppiato (15% vs 28%;p = 0,03). Questi dati confermano il razionale preclinico dell’associazionedella terapia ormonale a inibitori di HER1 e/o HER2 e gettano una primabase per l’ingresso di questa combinazione nella pratica clinica.

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Come consuetudine l’importante evento scientificonazionale di dicembre che si è svolto nel capoluogoligure, ai Magazzini del Cotone, ha chiuso l’annooncologico facendo il punto sulle novità pubblicatein letteratura e presentate nei più importanticongressi nazionali e internazionali

X Edizione Grandangolo: “Grandangolo - Un anno di Oncologia”Genova 1-2 dicembre 2008

Nei primi due giorni di dicembre del 2008 si è svolto a Genova il consueto incontro dell’oncologianazionale Grandangolo, che ogni anno fa il punto sui dati più significativi emersi in letteratura o nelcorso dei più importanti congressi in Italia e all’estero relativi alle diverse forme di tumore. Di seguito siillustra una sintesi delle principali evidenze presentate al convegno.

Carcinoma gastricoNel carcinoma gastrico resecabile la linfadenectomia D2 può essere considerata a oggi uno standarduniversale, dal momento che non si sono registrate differenze significative in termini di sopravvivenzalibera da recidiva (RFS) e di sopravvivenza globale (OS) nel confronto tra l’intervento chirurgico estesoai linfonodi paraortici (D2 + PAND) e quello più limitato D2.

Tumore renaleNei pazienti affetti da neoplasia renale metastatica pretrattati con antiangiogenici, il trattamento coneverolimus ha permesso di prolungare la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto a placebo,se pur con peggiori eventi tossici quali mucosite orale, rash cutaneo, affaticamento, polmoniti (in 1/3dei casi di grado severo), e alterazioni nel metabolismo lipidico e glucidico.

MelanomaIl confronto tra l’utilizzo di PEG-interferone adiuvante e il solo follow up nei pazienti sottoposti a exeresidi melanoma non ha riportato vantaggi in termini di sopravvivenza globale nonostante si sia evidenziatoun beneficio in termini di RFS, decisamente maggiore nei soggetti con coinvolgimento linfonodalemicroscopico.

Tumore tiroideoMotesanib difosfato è il primo farmaco biologico in grado di indurre risposte radiologiche o stabilitàprolungate di malattia nel tumore ben differenziato della tiroide in fase avanzata già pretrattato coniodio radioattivo e chemioterapia.

Tumore polmonareNell’ambito del tumore polmonare uno studio randomizzato di fase III che ha confrontato i 2 regimicombinati cisplatino-pemetrexed e cisplatino-gemcitabina in pazienti allo stadio IIIB e IV chemionaïveha dimostrato la non-inferiorità della prima doppietta, con un profilo di tossicità favorevole. La valutazio-ne grafica dell’età polmonare di pazienti fumatori ottenuta tramite spirometria si è rivelata un’utile strate-gia nel promuovere l’astensione dal fumo.

Un incontro ad ampie vedute

Marcella OccelliOncologia MedicaOspedale Santa Crocee Carle, Cuneo

CongressiinItalia

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A cura di Marcella Occelli

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Tumore testa-colloL’aggiunta di cetuximab a una combinazione chemioterapica standard rappresentata da platino e fluo-rouracile in pazienti affetti da neoplasia avanzata testa-collo ha ottenuto un vantaggio in termini di PFSe di OS e una riduzione del rischio di morte statisticamente significativi ampliando così le sue indicazio-ni in tale patologia.

Tumore colorettalePazienti affetti da neoplasia del colon-retto ampiamente pretrattati possono beneficiare del trattamentocon cetuximab solo se presentano KRAS wild type e risultano resistenti quando l’oncogene è mutato.Lo stesso vale per panitumumab e per la combinazione di cetuximab e chemioterapia di prima linea.

Neoplasia mammaria• L’efficacia di lapatinib e capecitabina in associazione rispetto alla sola capecitabina in donne affette daneoplasia mammaria avanzata, pretrattate con antracicline, taxani e trastuzumab, ha portato all’approva-zione della combinazione dei due farmaci da parte degli organi regolatori, considerato il vantaggio stati-sticamente significativo in termini di risposte, tempo alla progressione e comparsa di metastasi cerebrali.• Uno studio ha ribadito l’importanza della valutazione dell’espressione di HER2 sia nel tumore primitivosia nella lesione metastatica, laddove possibile, per la frequente discordanza tra le due sedi.• Un altro studio ha confrontato il beneficio della chemioterapia neoadiuvante nelle pazienti a triplanegatività (TNBC) e in quelle non-TNBC, confermando nelle donne TNBC un rischio significativamentemaggiore di metastasi viscerali, una minore incidenza di metastasi ossee e una minore sopravvivenzapost-ricaduta.• Resta da dimostrare se la tomografia a emissione di positroni associata alla tomografia assiale compu-terizzata, combinazione più accurata della radiologia tradizionale nella stadiazione iniziale del carcinomamammario, possa condurre a un reale beneficio prognostico.

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Trimestrale della Rete Oncologicadel Piemonte e della Valle d’Aosta

Direttore responsabile:Oscar Alabiso

Direttore scientifico:Oscar Alabiso

Comitato scientifico ed editoriale:Vittorio Fusco, Emanuela Negru, Anna Novarino,Marcella Occelli, Elena Seles, Giorgio Vellani

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