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BIMESTRALE DELL'AZIONE CATTOLICA DI BRESCIA ANNO XXIII 2 | 2009 REG. TRIB. DI BRESCIA N. 40/1984 DEL 22.12.1984 SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 2 DCB BRESCIA CONTIENE I.R. Teniamo famiglia La crisi, occasione per vere politiche famigliari

ACINotizie 2-2009

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Bimestrale dell'Azione Cattolica di Brescia Anno XXIII N° 02 marzo-aprile 2009

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Bimestrale dell'azioneCattoliCa di BresCia

anno XXiii

2|2009

reg. triB. di BresCian. 40/1984 del 22.12.1984

sped. in a.p. - d.l. 353/2003(Conv. l. 27/02/2004 n. 46)

art. 1, Comma 2 dCB BresCia

Contiene i.r.

Teniamofamiglia

La crisi, occasione per vere politiche famigliari

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Editoriale

BIMESTRALE DELL'AZIONECATTOLICA DI BRESCIA

anno XXiiin° 02 marzo-aprile 2009

direttore responsabile:

graziano Biondi

redazione:

sarah albertini, michele Busi,giovanni Falsina, mariangela Ferrari,

paolo Ferrari, Beppe mattei,massimo orizio, luciano zanardini

direzione e redazione:

via tosio 1 - 25121 Bresciatel. 030.40102

fax [email protected]

foto:

alessandro Chiarini, luisa Colosiogiorgio Baioni, pierangelo traversi

editrice:

azione Cattolica italianaConsiglio diocesano di Brescia

progetto grafico:

maurizio Castrezzati

realizzazione:

Cidiemme - Brescia

stampa:

tipografia Camuna s.p.a.

www.acbrescia.it

gli indirizzi dell’associazione

[email protected]

[email protected]

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[email protected]

Caro associato,mi hai detto che ti è stata chiesta la disponibilità ad impegnartiper le prossime elezioni che si terranno nel tuo comune,come in tanti altri comuni della provincia.voglio dirti che sono contento che, dopo averci pensato e pregato,tu abbia deciso di dare la tua disponibilità, sapendo che quello politico è un ambito delicato e che come pochi può costituire una testimonianza di autentico servizio verso gli altri (chissà se ti è venuta in mente l’espressione di paolo vi sulla politica come maniera esigente di vivere l’impegno cristiano nei confronti degli altri…).viviamo in un momento in cui più che mai c’è bisogno di persone, oltre che preparate e appassionate, anche lontane da ogni forma di egoismo, disinteressate a spendersi per gli altri. a ogni livello.immagino che sarai impegnato fin dai prossimi giorni a incontrare persone, ascoltare le loro attese, i loro problemi, i suggerimenti, le preoccupazioni, per avvertire quelle tensioni e quelle speranze che scorrono come fiumi sotterranei in ogni forma di convivenza umana.posso sperare che le cose che hai imparato in aC ti possano servireper dare qualità a questo tuo impegno.per questo ti invito ad essere “grande nel piccolo”.non occorre essere impegnati in parlamento o in regioneper comportarsi da grandi amministratori della cosa pubblica.Come ben sai, l’aC, come realtà ecclesiale, non può entrarenel dibattito partitico. non per questo è avulsa dalla realtà.l’associazione si è sempre caratterizzata per l’attenzione al contesto civile del nostro paese, si è spesa concretamente per la qualità delle istituzioni democratiche.Quindi anche se direttamente non fa politica, non è indifferente a quello che avviene nella società, alle scelte che vengono compiute,a partire da quelle che riguardano la vita dei nostri paesi.il comune è una istituzione importante,perché rappresenta la dimensione più vicina ai cittadini,tocca aspetti che interessano le cose che ci toccano più da vicino.per questo non ritenere banale o minimizzare la sfida che ti aspetta. impara ad ascoltare. Cerca di essere attento e disponibile, non fare differenze.infine, ti faccio una richiesta.se dovessi essere chiamato come amministratore a tenere un discorso commemorativo, inaugurare un monumento, una strada, ecc.,ti pregherei di evitare di riempirti inutilmente la bocca con espressioni come “persona umana al centro”, “valori”, “bene comune”.sono espressioni al tempo stesso forti, ma delicate: vanno maneggiate con cura per non svuotarle di significato.in questi anni si sono ahimé talmente usurate (perché utilizzate a sproposito), che ottengono spesso l’effetto boomerang di insospettire se non di infastidire chi ascolta.noi di ac guarderemo al tuo impegno con simpatia, ma non pensare per questo che ti faremo sconti o chiuderemo gli occhi se per caso ti dimenticassi degli impegni che davanti a tutti ti stai assumendo. per il bene tuo e della comunità, ti pungoleremo per richiamarti al tuo compito di essere al servizio delle persone. vedrai che alla fine di questa tua esperienza (mi spiacerebbe un po’ che diventasse una professione) la gente del tuo paese, almeno quella che giudica libera da interessi e da egoismi di parte, ti ringrazierà.e se ciò anche non accadesse, sarai sereno di aver fatto il tuo dovere.di essere stato “grande nel piccolo”.Michele Busi

eGrande (amministratore) nel piccolo (comune)

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È la grande assentenella politica enell’economia.Ma è la chiavedi volta peruscire dalla crisi.

La famiglia come risposta alla crisi. È attorno a questa idea semplice che si articola “Il tema” di questo numero di ACI Notizie. E parte da un ragionamento di Luigi Campiglio, pro rettore dell’Università Cattolica, che facciamo nostro. «C’è un solo paese - afferma l’economista - che finora non è stato investito dalla recessione al pari degli altri paesi europei ed è la Francia. Forse è il caso di comprendere il perché.È un paese più robusto e dinamico di Italia e Germania, ha una capacità di risposta agli choc, senz’altro minore degli Stati Uniti, ma certamente maggiore dell’Italia. Ma soprattutto la Francia ha una politica fiscale e sociale che ha al suo centro la famiglia, che non

è solo un soggetto di campagna elettorale, ma viene considerata come la fondamentale unità decisionale sul piano economico: il fattore che può spingere realmente la crescita. Non si esce dalla crisi senza equità perché la famiglia consente di coniugare il merito del mercato con il bisogno delle persone. Una politica centrata sul nucleo familiare garantisce equità, perché è il luogo che più di ogni altro distribuisce sulla base del bisogno e non del merito. Il merito è centrale nel mercato, ma per fortuna le risorse all’interno della famiglia vengono distribuite in base al bisogno anziché al merito. Non è un caso che la Francia risulti molto più attenta, aperta e disponibile verso i bisogni. I tempi di crisi sono anche opportunità di cambiamento, che bisognerebbe saper sfruttare» (da “Presenza dell’Università Cattolica”, numero 6/2008).Sono passati due anni da un evento che ha fatto versare fiumi di inchiostro e che era stato definito indispensabile perché nel nostro paese la famiglia fosse messa al centro. Come era largamente prevedibile, viste le premesse su cui

si era costruito il Family Day del 12 maggio 2007, non è cambiato nulla o quasi. E le parole del professor Campiglio lo confermano. Vogliamo riprendere il filo del discorso. Lo facciamo in un momento storicamente difficile che può essere, però, anche un’opportunità per ridare alla famiglia il posto che si merita. Proviamo a farlo con alcuni articoli che vogliono indicare alcune strade per aprire una nuova stagione: le lezioni della crisi economica (Beppe Mattei); la famiglia non come costo ma come risorsa sociale (Ennio Pasinetti); i modelli di vere politiche famigliari di alcuni paesi europei (Paolo Tedeschi); la sfida culturale prima che politica per proteggere la famiglia come bene relazionale (Paolo Ferrari);lo spazio della cittadinanza attiva per la famiglia (Davide Guarneri e Mario Sissa); e, ultimo ma non meno importante, la proposta di un vero protagonismo ecclesiale della famiglia (Luca Ghisleri). Per cominciare a praticare anche all’interno delle comunità cristiane quello che di solito chiediamo agli altri di fare.

Senza famiglia

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Crisi

il tema

corre guardare per quanto riguarda le potenzialità di ripresa, anche se con modalità di sviluppo sostenibile molto più stringenti che nel passato.Ha provocato una modificazione improvvisa e mondiale dei com-portamenti di imprese e famiglie: aumenta il risparmio delle famiglie e la domanda di liquidità delle imprese, cadono i consumi e gli investimenti.Il conflitto d’interessi è diventa-to una causa strutturale di crisi, a causa dell’assenza di regolazioni, di norme etiche capaci di ostacolare l’onnipotenza del desiderio nel cam-po dell’avere. È aumentata in misura sensibi-le la disuguaglianza economica dei redditi a livello internazionale e in particolare risulta elevata e in au-mento in alcuni paesi come gli stati Uniti e l’italia. in particolare la fase di euforia è sfociata in una bolla specu-lativa che è andata a beneficio non di tutti i redditi, ma solo di una piccolis-sima minoranza. il livello del reddito delle famiglie più ricche è aumentato in modo sensibile, mentre è rimasto invece costante il reddito delle cate-gorie più basse. L’aumento del livello complessivo di indebitamento privato si è ac-compagnato a una modificazione della sua natura. È cioè aumentata la distanza fra creditore e debitore, aumentando le asimmetrie informa-tive e aumentando il rischio di con-troparte.di conseguenza una delle vie per la ri-presa sarà caratterizzata dall’esigen-za di maggiore informazione, traspa-renza e soprattutto chiarezza.La caduta della domanda e del-la produzione è stata improvvi-sa e di grande rilevanza, spesso con valori a due cifre: non si tratta di una normale crisi congiunturale, le-gata a un ciclo economico particolar-mente severo, ma di un mutamento strutturale che è destinato a mutare profondamente l’economia globale e la geopolitica che l’accompagna. il panico provocato dalla crisi ha radici psicologiche, individuali e di massa, che richiedono modalità nuove di rap-porto sociali e nuove norme culturali, non solo di tipo legislativo.

Crisi e nuove opportunità«Questa è un’economia che ha perso il contatto con la realtà e con la sua originaria dimensione etica». Questa riflessione del ministro del tesoro Giulio Tremonti è indubbia-mente vera. non può esistere una crescita eco-nomica continua e stabile senza un qualche sistema forte di valori mora-

Crisi, occasionedi cambiamentoPotrebbe aiutarci a riscoprire alcuni valori

e a ridare alla famiglia il posto che non ha

Beppe mattei

Luigi Campiglio in un suo articolo del febbraio scorso cita un passo si-gnificativo del romanzo “Il denaro” dello scrittore Émile zola che descri-ve efficacemente come prende corpo una crisi finanziaria nell’euforia gene-rale e, come in modo altrettanto ra-pido, i sogni di ricchezza si sciolgono come neve al sole. «si comprava, si comprava - scrive zola - compravano anche le persone più assennate, nella convinzione che i titoli salirebbero an-cora, salirebbero sempre di più. era-no le caverne misteriose delle mille e una notte che si spalancavano davanti agli azionisti … tutti. i sogni, sussur-rati da mesi, sembravano realizzarsi, con immensa meraviglia del pubbli-co». ma in modo altrettanto rapido e improvviso i prezzi cominciarono a di-minuire, «il mercato era attivissimo, da tutte le parti veniva offerta l’Uni-versale… se i pezzi grossi vendevano a quel modo, certamente si preparava qualcosa di grave… tutti andarono a letto in preda a un’agitazione febbrile, come alla vigilia dei grandi disastri… già erano avvenuti alcuni crolli par-ziali e il mercato, sfinito, sovraccarico,

si sfaldava da tutte le parti. si stava forse avvicinando uno di quei gran-di cataclismi, che si producono ogni dieci o quindici anni?». viene descritta qui la cosiddetta “bol-la speculativa”. parole analoghe po-trebbero essere usate per descrivere la frenetica ascesa della bolla immo-biliare negli stati Uniti e la successiva propagazione della crisi finanziaria. Fenomeno, come ben si può intuire, ad alto contenuto emotivo.la crisi in corso non rappresenta per-tanto un normale ciclo congiunturale, ha natura strutturale perché causata da un improvviso e universale innal-zamento dell’incertezza e del rischio sistematico. in particolare questa crisi ha alcune caratteristiche che la quali-ficano e da cui dipende la natura delle politiche da attuare.È internazionale. accanto alla cre-scita della bolla immobiliare negli stati Uniti è necessario ricordare la pressione sulla domanda di beni e materie prime derivante dalla cresci-ta dei paesi emergenti, in particolare Brasile, russia, india e Cina (BriC). È soprattutto a questi paesi che oc-

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investime

il tema

li che dia ancoraggio solido alle de-cisioni economiche: è questo il cru-ciale contributo sull’importanza delle istituzioni nel buon funzionamento dell’economia.attualmente stiamo attraversando una crisi di fiducia che sta al cuore della crisi, ma la fiducia è per l’appun-to una norma sociale, una istituzione, un valore etico e morale. ecco perché è indispensabile una vera politica per la famiglia: non è solo una questione di valori ma di efficacia di qualunque politica fiscale e sociale. Come afferma ancora luigi Campiglio, una politica di sostegno alla famiglia come soggetto centrale dell’econo-mia in italia non è bagaglio cultura-le della attuale classe dirigente. Una politica centrata sul nucleo familiare garantisce equità, perché è il luogo che più di ogni altro distribuisce sul-la base del bisogno e non del merito. il merito è centrale nel mercato, ma per fortuna le risorse all’interno della famiglia vengono distribuite in base al bisogno anziché al merito. Infine ci sembra di poter sostene-re una tesi che vede nell’attuale cri-si economica addirittura una poten-zialità positiva, un volano capace di produrre profonde modificazioni so-ciali. Ci spieghiamo. la nostra è una società dell’avere, del consumare, dell’accumulare, quindi una socie-tà tendenzialmente egoista. Perfino le famiglie spesso si chiudono in un egoismo strutturato al loro interno. la crisi potrebbe portarci a riscoprire i valori legati all’essere, vale a dire i valori della sobrietà, della solidarie-tà, della condivisione, della coopera-zione. Perfino alla riscoperta di quel rapporto con dio che spesso viene perso per strada. se così sarà la crisi potrà essere vei-colo di un nuovo sviluppo, quello svi-luppo vero che mette al primo posto i valori e su questi edifica il bene co-mune di una società.Tocca a noi quindi accettare la sfida. tocca alle nuove famiglie che sono chiamate a ricercare e attuare nuovi stili di collaborazione e condivisione, spetta all’associazione che è chiamata a insistere nei suoi itinerari educativi sul bene comune e su un’educazione alla cittadinanza che sappia cresce-re personalità forti con una struttu-ra etica in grado di far fronte ai meri interessi di parte, alla Chiesa intesa sia come istituzione che come popo-lo di dio chiamata, in un momento di emergenza globale, a far emergere con scelte concrete il suo essere radi-cata nei consigli evangelici che sem-pre sono stati la sua forza attraente e feconda.

Un investimentonon solo un costoIn Italia fare figli rimane solo un affare privatoServe un nuovo welfare costruito con le famiglie

ennio pasinetti

non c’era alcun dubbio, ma la cri-si economica lo rende ancor più evidente: il sistema di protezione sociale italiano si regge sulla fa-miglia. mentre in europa è lo sta-to che si fa carico di mantenere il reddito in caso di bisogno, in italia se perdi il lavoro o se hai bisogno di un prestito è la famiglia che in-terviene. Questa sovra-responsa-bilità della famiglia rischia di far scattare “trappole” che caratte-rizzano il “familismo” italiano, per esempio una divisione del lavoro domestico e di cura che penalizza le donne e la mancata autonomia dei giovani dal nido familiare.

La famiglia a rischio povertàla distribuzione della nostra spe-sa sociale, prevalentemente de-dicata alle pensioni, impedisce un potenziamento del welfare pubbli-co: non solo la quota di spesa so-ciale rispetto al pil destinata alle pensioni e anziani è tra le più alte d’europa (13%), ma la percen-tuale assegnata alle famiglie è la più bassa (insieme alla spagna): 1,1% contro il 3,8 della danimar-ca, il 3,2 della germania o il 2,8 della Francia. se la famiglia da-nese riceve ogni anno 1.500 euro di trasferimenti pro capite, in ita-lia dobbiamo accontentarci di 300

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euro! in compenso, le famiglie con fi-gli triplicano il rischio di povertà.

I costi del fare famiglial’incidenza della povertà in italia è dell’11%, ma sale al 17,2% per le fa-miglie con due figli minori e al 30% se hai la “sfortuna” di avere tre figli. gli aiuti che la famiglia riceve sono sempre nella logica della riparazione (assegni familiari, perché avere i figli è un problema), non dell’investimento pubblico (detrazioni e deduzioni, per-ché avere dei figli è un bene di tutti). la questione di come tener conto dei costi di fare famiglia nei sistemi redi-stributivi è di grande rilievo. visto dal lato delle imposte, essa appare innan-zitutto come una questione di equità orizzontale: a parità di reddito sem-bra equo considerare quante sono le persone che ne devono fruire, perciò variare l’imposta a seconda del nume-ro dei familiari a carico. visto dal lato dei trasferimenti diretti, si presenta piuttosto come la questione se, e in che misura, “fare famiglia”, in parti-colare avere dei figli e crescerli, sia una decisione il cui costo va sostenuto esclusivamente da chi la prende o se viceversa, essendo una decisione che contribuisce anche al bene comune, il suo costo va in qualche misura condi-viso a livello di bilancio pubblico.

Il quoziente familiarea fronte di questa situazione, periodi-camente viene avanzata la proposta di introdurre il “quoziente familiare” nel nostro sistema di tassazione at-tualmente basato sul principio di tas-sazione individuale, con la possibilità di detrazioni o deduzioni legate alla presenza di famigliari a carico. il quo-ziente familiare, oltre a essere un ca-vallo di battaglia di molte associazioni famigliari cattoliche e di parlamenta-ri cattolici di tutti gli schieramenti, è stato richiesto anche dalla Conferenza episcopale italiana. non vi è dubbio che si tratta di una proposta a prima vista attraente per i bilanci familiari, anche se costosa sul piano del getti-to fiscale (il che spiega perché quan-do vanno al governo, i sostenitori del quoziente diventano immediatamen-te timidi). esistono in proposito più modelli, in particolare quello tedesco e quello francese. a differenza dello splitting tedesco che tiene conto della sola coppia (coniugata), mentre per i figli prevede generosi assegni o al-trettanto generose detrazioni fiscali, il quoziente familiare alla francese pre-vede che il reddito complessivo della unità familiare venga diviso secondo dei coefficienti (una scala di equiva-lenza, in cui i primi due adulti contano

uno per ciascuno e i figli via via coef-ficienti inferiori), applicando l’imposta a valle di questa operazione.nel caso di redditi famigliari modesti e famiglie numerose l’imposta può es-sere pari a zero. in ogni caso il mec-canismo, a parità di reddito comples-sivo, produce tanto più risparmio di imposta per l’unità familiare quanto più alto è lo squilibrio dei redditi per-cepiti da ciascun partner e massimo quando il reddito è percepito da uno solo dei due. se è vero, quindi, che tiene conto sia del reddito comples-sivo che del numero complessivo di consumatori famigliari, dà un premio alle famiglie monoreddito o a un red-dito e mezzo. viceversa di fatto non riconosce che guadagnare lo stesso reddito complessivo in due, anziché in uno solo, costa di più.soprattutto, questo premio implici-to costituisce un potente scoraggia-mento della partecipazione al mercato del lavoro delle donne, in particolare quando queste sono a bassa qualifica o per qualche ragione, incluso il carico di lavoro familiare, hanno possibilità ridotte nel mercato del lavoro.

Sistemi fiscali= modelli socialiÈ perciò chiaro che i sistemi fiscali non sono neutri: fanno riferimento a mo-delli sociali. il problema dell’italia sta

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EuropaPolitiche familiariCosa fa l’EuropaIl sostegno alla famiglia in Francia e Belgioè incredibile per dimensioni rispetto all’Italia

paolo tedeschi*

nel fatto che ha un sistema di trasfe-rimenti diretti con una platea limitata, cui si aggiunge un sistema di trasfe-rimenti fiscali non tanto o solo ina-deguati in sé, ma senza un parallelo meccanismo di imposta negativa. Una quota di famiglie con figli - spesso le più povere - sono escluse sia dall’uno che dall’altro trasferimento. Un siste-ma né individualista, né su quoziente familiare come il nostro, favorisce o comunque non disincentiva la “fluidità” dei rapporti, disconoscendo di fatto il nucleo familiare. la rete orizzontale di relazioni - se intesa come l’unico possibile universo di comunità senza vincoli, qualcosa in cui si entra e si esce facilmente - può non avere storia ed essere solo frutto della scelta con-tingente del soggetto. ma il sogget-to umano ha una storia che lo nutre, nel bene e nel male, che lo vincola e dalla quale la scelta del soggetto non può prescindere. ognuno di noi viene al mondo entro relazioni primarie (si chiamano appunto primarie quelle fa-miliari perché sono a fondamento dei legami anche sociali) specifiche, entro una cultura specifica, che ci precede e che in alcun modo nessuno di noi può scegliere. nessuno può sceglie-re in che famiglia nascere, i coniugi possono scegliere di non continuare la loro relazione ma non possono mai diventare ex genitori. Con la nostra storia familiare, ma anche con la sto-ria della cultura nella quale nasciamo e con la storia di tutti i legami signifi-cativi che incontriamo nella vita, noi dobbiamo fare i conti e la scelta non è certo leggera, né in termini perso-nali, né sociali, né di conseguenti mi-sure politiche.

La famigliaè un investimento pubblico

se la famiglia è riconosciuta dalla Co-stituzione come centrale per la vita dello stato non si capisce perché il crearla non debba essere considera-to un investimento pubblico.da noi avere figli resta un affare pri-vato; considerato da ricchi o da in-coscienti. ed ecco il punto: non sol-tanto più welfare pubblico-statale per sgravare le famiglie, ma soprattutto un welfare nuovo, costruito insieme alle famiglie stesse. sono un contri-buto pubblico, non un affare privato. esse sono soggetto, non solo oggetto dell’assistenza. proprio la fantasia, le risorse, le relazioni di cui le famiglie sono capaci vanno considerate co-me parte centrale della soluzione del problema. aiutate, iniziando dall’aiu-to ad esistere, e accompagnate. ma non come carità di stato, bensì come investimento.

esiste una correlazione tra am-piezza delle politiche familiari e tasso di natalità? ovvero, è so-lo un caso se paesi come l’italia e la spagna, caratterizzati da un bassa quota del pil investita nelle politiche a favore della famiglia, si distinguono perché i loro tas-si di natalità sono tra i più bas-si nell’Unione europea (immigrati esclusi)? la risposta è nota: seb-bene gli indici di natalità siano in-fluenzati da più fattori, l’esistenza di un sostegno diretto e indiretto alle famiglie con bambini favorisce la formazione di famiglie più nu-merose. Quindi in italia e spagna le famiglie hanno un numero mi-nori di figli anche perché i genitori hanno un aiuto dallo stato molto più limitato di quanto accade in altri paesi comunitari.

Il caso francese e belga. in Bel-gio e Francia ad esempio è previsto sempre un bonus per la nascita, di norma attribuito anche se sfor-tunatamente la gravidanza si do-vesse interrompere al sesto mese e spesso pagato prima ancora del parto, che vale anche in caso di adozione: in Belgio nel 2008 alla nascita del/la primogenito/a si ri-cevevano circa 1.130 euro (per i successivi erano 850 a meno che siano parti gemellari e allora il bo-nus era equivalente a quello del primogenito), mentre in Francia i valori erano inferiori (900 euro cir-ca per il primogenito), ma con la previsione di ulteriori bonus (oltre 83 euro per il primo bimbo, oltre 150 per il secondo e oltre 230 dal terzo in poi) per chi decida di as-sumere una “assistante maternelle agrée” ovvero una baby-sitter full-time. in Belgio inoltre se si hanno tre o più figli in un anno solare si ha diritto ad una collaboratrice do-mestica gratuita fino a che i piccoli

non andranno a scuola. a questo proposito si noti che la “rentrée” a scuola prevede ogni anno un ul-teriore bonus: poco più di 50 euro per la primaria dai 6 agli 11 anni e quasi 75 per la secondaria ov-vero dai 12 ai 17, mentre valori leggermente più alti sono previsti in Francia. Un piccolo bonus ver-rà poi pagato anche per chi an-drà all’università restando a ca-rico della famiglia. tutto questo a prescindere dal reddito, nel senso che le famiglie con difficoltà eco-nomiche hanno diritto a ulteriori sussidi. anche gli assegni familia-ri sono più alti (dal 30% al 60%) e soprattutto sono basati su una logica che favorisce le famiglie più numerose ovvero l’importo previ-sto per ogni figlio aumenta al cre-scere del numero, mentre da noi si applica il concetto delle “economie di scala”, secondo cui i figli succes-sivi al primo costano meno.

Fisco e famiglia. se poi si passa all’impatto delle detrazioni fiscali le differenze di trattamento tra una famiglia italiana e una transalpina diventano ancora più grandi: le de-trazioni fiscali di una famiglia con due figli a carico e un reddito com-plessivo di 30mila euro corrispon-dono in italia a un sesto di quello previsto in Francia. Un’altra diffe-renza importante si ha in merito all’assistenza medica per i bimbi: qui si ha a carico una parte del co-sto della visita specialistica e delle eventuali spese ospedaliere, ma si tratta di spese che vengono com-pensate non solo dalla presenza di assicurazioni integrative molto economiche (in Belgio al massimo 15-20 euro mensili nei rari casi in cui non si abbia alcun contributo dalla propria azienda o dallo sta-to per i redditi più bassi), ma so-prattutto dai risparmi realizzati

il tema

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rispetto all’italia nell’importo delle visite (si pensi solo alle cure odon-toiatriche che in Belgio sono gratuite nei primi anni di vita e poi salgono a 10-20 euro per la “pulizia denti” e al massimo a 50 euro per cure odon-toiatriche più invasive), nonché agli ulteriori bonus previsti per l’acquisto di occhiali da vista, apparecchi per i denti ecc. È infine da notare la grande diffe-renza nel costo dei beni riservati ai bambini: il latte per neonati costa in media il 30% in meno e la differen-za si amplia fino al 45% se si va su prodotti riservati a chi ha allergie e difficoltà digestive; allo stesso mo-do i pannolini costano il 10-15% in meno. e si noti che si tratta di paesi in cui i salari reali sono mediamente più alti di quelli italiani, il che signi-fica che l’impatto effettivo sul red-dito familiare di questi costi è anco-ra più basso: questo spiega perché pur avendo “costi fissi” più elevati dei nostri per motivi climatici, le-gati alle spese di riscaldamento e a quelle per il vestiario, le famiglie del

è però presente un errore di fondo perché in realtà, appurati determina-ti vincoli di bilancio, si tratta solo di una scelta di allocazione delle risorse. Basta osservare che la nascita di più bimbi riattiva il sistema economico come e più degli incentivi all’edilizia - nonché dei sussidi ad hoc previsti per colmare i buchi di bilancio crea-ti dalle gestioni clientelari degli enti pubblici - e la riduzione di un terzo delle spese per la gestione della po-litica potrebbe liberare le risorse fi-nanziarie utili a garantire il bonus per la nascita a tutti, nonché detrazioni fiscali più consistenti: basta pensare che i nostri rappresentanti nei vari parlamenti europeo, italiano e regio-nali ricevono molto più dei loro col-leghi francofoni o tedeschi e inoltre nessuna organizzazione politica in europa riceve i rimborsi elettorali che da noi spettano anche ai partiti che non hanno voti sufficienti per eleg-gere almeno un rappresentante. se poi chi governa facesse più attenzio-ne ai differenziali dei prezzi tra italia e resto d’europa per i prodotti riser-vati all’infanzia, punendo fiscalmen-te le aziende che fanno questi “doppi prezzi”, si ridurrebbero i relativi costi per le famiglie. Infine è una tautologia segnalare che una vera politica di re-pressione dell’evasione fiscale garan-tirebbe a tutti una minore tassazione e più risorse per il welfare.

se invece l’idea resterà quella vi-gente da anni, ovvero quella di af-fidare i figli alla sola rete parenta-le, cioè all’intervento sussidiario di nonni e zii, è difficile che gli indici di natalità arrivino ai livelli d’oltralpe. si noti però che in questo caso la responsabilità non sarà solo dei go-vernanti, ma anche di chi li elegge. e, in un contesto che prevede delle gerarchie e dei carismi, e quindi del-le responsabilità ben definite, sarà anche degli esponenti politici catto-lici e dei vescovi: tutti attentissimi a casi gravi e importanti che riguar-dano questioni etiche “di frontiera”, come il concetto di stato vegetativo, e inspiegabilmente silenziosi - o co-munque con un “impegno mediatico” quasi nullo - davanti alla mancanza di reali e consistenti provvedimenti a favore delle famiglie, ovvero di ciò che è invece paradossalmente attua-to in paesi fortemente laici come la Francia, dove l’influenza politica dei cattolici è molto più limitata, e come il Belgio, dove ad esempio è legale l’eutanasia.

* docente di storia economica e storia dell’inte-grazione europea, Università di milano-Bicocca e Université Catholique louvain

nord-europa freddo e piovoso fan-no più figli di quelle italiane “bacia-te dal sole”.

Certo, il Belgio e la Francia sono esem-pi particolari visto che sono considerati i paesi europei con il più coerente si-stema di politiche familiari: prevedono anche molte agevolazioni per le madri lavoratrici cui sono concessi anni di as-segni integrativi se decidono di restare a casa con i figli o di passare a part-ti-me. ma la situazione rispetto all’italia è migliore anche altrove: si pensi ai paesi scandinavi, notoriamente attenti ai bisogni dei bambini nell’ambito di un modello welfare molto sviluppato, e a quelli di lingua tedesca come la germania e l’austria, che prevedono detrazioni fiscali per i figli fino a dodici volte superiori a quelle italiane, non-ché la tipica assistenza “dalla culla alla bara” del welfare teutonico.

l’obiezione che si fa a chi presenta questo quadro è che il costo è troppo elevato e che l’italia non se lo può permettere: in questa affermazione

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convincereVincere o convincere?

Proteggere la famiglia: meglio il dialogo culturale che lo scontro

paolo Ferrari

Come è possibile proteggere e pro-muovere la famiglia in un conte-sto pluralistico come il nostro? la domanda non è oziosa, sia perché sotto questo termine si fanno rien-trare realtà che famiglia non sono, sia perché il suo ruolo centrale è più affermato a parole che tradotto nei fatti, almeno nel nostro paese. senza addentrarsi in sottili disquisizioni, ci può bastare quello che è scritto nel patto costituzionale italiano. la Car-ta del ’48, imitata dalla dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo, riconosce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio», a sua volta «ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi». È questa famiglia che ci preme pro-teggere e promuovere. ma come? le strade potrebbero essere due. l’una, paradossalmente, è la più breve, ed è quella che passa immediatamen-te per la sfera politica: affermare un valore attraverso la competizione elettorale e gli strumenti della demo-crazia rappresentativa. Una strate-gia del tutto plausibile se si risolve nel tradurre un principio condiviso in concrete politiche famigliari. ma che suona solo un po’ curiosa quan-do, nello stesso momento in cui si annovera la famiglia tra i valori “non negoziabili”, non si esita a metter-la ai voti.

l’altro percorso, quello che qualche tempo fa luigi alici ci aveva prospet-tato a villa pace, è più lungo, ma meno soggetto alle alchimie delle maggioranze politiche che vanno e vengono. È la ricerca faticosa di un consenso culturale e sociale, in-torno a quello che, secondo alici, è un bene relazionale che viene pri-ma della politica perché è alla base del nostro convivere. «oggi - dice - non facciamo fatica a pensare che ci siano “pezzi” di natura che dobbia-mo proteggere, come per esempio lo strato dell’ozono, l’acqua o l’ambien-te. non riusciamo invece a capire che ci sono anche relazioni sociali che il diritto e la politica devono proteg-gere, beni che non possono essere messi ai voti, perché sono costitu-tivi della nostra società». il proble-ma è come proteggere questo “be-ne comune” in un tempo fortemen-te individualistico, che si traduce in un’obiezione, semplice e disarman-te, a qualsiasi opzione etica: «se tu non vuoi, perché devi impedire che io non possa?».

La costruzione del consenso cul-turale. È proprio per questo che per promuovere e difendere la famiglia occorre costruire prima di tutto un consenso culturale. Un po’ come è avvenuto nel patto costituzionale

dell’assemblea Costituente. Che è stato l’esito politico di un processo che, in termine tecnico, si chiama di “contrattualismo positivo”: visioni culturali diverse che, nonostante la dialettica che le animò, sono riuscite a trovare un forte senso di coesione e a porre alcune scelte chiare come fondamenta costituzionali della no-stra convivenza democratica. Una prospettiva che è alla base del mec-canismo tradizionale di produzione dei diritti fondamentali: quello che dal riconoscimento di un interesse a opera del legislatore porta a for-malizzare il diritto, poi a elabora-re il principio e infine a stabilizzare il valore [una lettura molto attuale di questa dinamica e delle difficoltà che incontra oggi è contenuta nella lectio magistralis che il presidente della Corte Costituzionale, da poco emerito, Giovanni Maria Flick, ha tenuto all’Università Cattolica di mi-lano lo scorso 3 febbraio: “Ombre e immagini dei diritti fondamentali”]. Un percorso che, attraverso un pro-cesso di mediazione culturale, è riu-scito a riconoscere principi e valori fondamentali per tutti.

Diritto naturale. la pretesa, oggi diffusa in ambito ecclesiale, di “giuri-dicizzare” tutto, chiedendo allo stato di imporre o vietare per legge quello

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soggettoche non riusciamo a far passare nella mentalità e nella cultura, è sintomo di debolezza (culturale) e non di forza (politica). e rischia di portare a con-fondere peccato e reato e di sovrap-porre diritto e morale, annullando di fatto l’autonomia della norma morale rispetto a quella giuridica. e impeden-do la stessa possibilità dell’etica della responsabilità.anche il ricorso che il magistero ec-clesiale fa, nel difendere la famiglia, al “diritto naturale” è una prospetti-va accidentata, se è vero che l’allo-ra cardinale Joseph Ratzinger, nel tanto citato dialogo con il filosofo te-desco Jürgen Habermas del 2004, pubblicato in italia da morcelliana, lo definiva «uno strumento spuntato». Questo argomento presuppone, infat-ti, un concetto di “natura” che dovreb-be rendere immediatamente evidenti alla ragione alcuni valori in essa in-scritti, tra cui per esempio la famiglia. ma dietro l’idea di natura ci sono an-che realtà che consideriamo negative, come alcuni istinti primordiali: l’egoi-smo, la lotta per la sopravvivenza, le pulsioni, potrebbero trasformarsi in giustificazioni utilitariste (tutti contro tutti), libertarie (io sono mio) o edo-nistiche (il piacere come criterio del-le proprie scelte) per una società che considereremmo tutt’altro che buona. per questo affidarsi al diritto natura-le potrebbe indebolire la forza della propria argomentazione.

Convincere più che vincere. ecco perché su questi temi occorre convin-cere più che vincere: convincere sul piano culturale, prima che vincere sul piano politico. Ben vengano, al limite, le adunate oceaniche in stile “berretti verdi” o le discese in piazza, purché non siano funzionali a interessi elet-torali immediati. se servono a serra-re le file di una battaglia tra Chiesa e stato, come fossero due poteri, o tra cattolici e “laici”, allora impediscono di trovare fondamenta comuni alla no-stra convivenza, come nel patto co-stituzionale, e diventano espedienti buoni solo per vincere un turno elet-torale. nonostante i tanti proclami, il Family Day del maggio 2007, come tanti eventi dal forte impatto media-tico, è stato velocemente dimentica-to, soprattutto nelle stanze del pote-re, che allora sembravano fare a gara per interpretare le voci della piazza. possiamo augurarci che si apra una nuova stagione. la crisi, come si di-ceva, potrebbe essere un’occasione. Chi ha argomenti e idee li tiri fuori. le buone pratiche, anche nel piccolo, non mancano. non lasciateci “senza famiglia”.

oltre che un diritto naturale con-clamato, la cittadinanza dei geni-tori e delle famiglie è un dovere, una responsabilità. nell’essere genitori è implicito, in modo ca-tegoriale, il “prendersi cura” dei figli, del loro tempo, del loro spa-zio, quindi della città, della scuo-la, dell’educazione. ma l’esercizio di questa cittadinanza attiva è più intenso da genitori associati e so-lidali fra loro, attenti quindi non solo al proprio “particolare”: c’è la consapevolezza di essere cittadini che vogliono abitare, da genitori, le scuole, le comunità, i servizi so-ciali, gli ospedali, i media. la nostra attenzione, soprattutto in questo anno di “crisi” non può non correre a chi, oggi, è più de-

Un soggettodi cittadinanzaLa famiglia è chiave di volta del Paese

e motore dell’economia e della speranza

davide guarneri*

bole, o indifeso, o violato: pen-siamo a quelle famiglie che non arrivano a fine mese, ai troppi

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bambini, anche in italia, costretti al lavoro minorile (eurispes ne stima circa 400mila) o comunque privati di una piena istruzione. ma anche a nuove povertà quali la dipendenza da tv (un 6,6% di bambini in italia su-pera le 5 ore al giorno), l’abitudine a ubriacarsi che tocca il 12% dei ragaz-zi fra 15 e 17 anni, l’essere coinvolti in episodi di bullismo che giunge al 20%. non dimentichiamoci della “fa-scia debole” degli adolescenti e delle giovani coppie, soprattutto quelle al primo figlio.

Famiglia, una chiave di lettura trasversale. Qualunque proposta non può oggi non considerare la ne-cessità di vincere le solitudini, rico-struendo la socialità, realizzando le-gami di fiducia e di collaborazione. e, inoltre, una nuova socialità e una nuova cittadinanza delle famiglie si realizza provando a elaborare pro-getti e politiche non settoriali: non si tratta, in altre parole, di appron-tare in un luogo politiche familiari e altrove elaborare l’urbanistica, oppu-re di facilitare lo sport e altrove so-stenere il sociale. si tratta di com-porre parti, di pensare che proprio la famiglia può essere una chiave di lettura trasversale, un’occasione per riflettere a partire da un punto di vi-sta unitario. la famiglia è luogo di continuità: ac-compagna il bambino dalla nascita in tutti gli ambienti che attraversa. È il porto in cui ogni giorno si ritorna. È collegamento tra la scuola e ciò che è intorno: pensiamo ai genitori nei rap-porti con l’amministrazioni comunale, con le parrocchie, con lo sport. la fa-miglia, soprattutto quando solida, è un “motore” dell’economia, consuma e produce, ma, soprattutto, assicu-ra futuro, speranza. la famiglia è da considerare un interlocutore privile-giato, un portatore qualificato di inte-ressi (oggi si dice stakeholder).

Partecipare al processo decisio-nale. mi riferisco a un coinvolgimen-to attivo della famiglia, in modo spe-cifico dell’associazionismo familiare, non per una generica consultazione, ma come partecipazione a un pro-cesso decisionale, inclusivo. «Al di là dei risultati di merito – scrive Luigi Bobbio -, i processi inclusivi posso-no generare un altro effetto di gran-dissima importanza, ossia stimolare la nascita di nuove relazioni tra i par-tecipanti o rafforzare quelle esisten-ti. Questo aspetto può anche essere definito come aumento del “capitale sociale”. Il capitale sociale è costituito dai lega-mi di cooperazione e fiducia che sus-sistono in un certo ambiente sociale. Questi legami (come lo stesso capita-le indica) costituiscono un patrimonio che è in grado di produrre frutti nel futuro. Più il capitale sociale è esteso (ossia migliori sono le relazioni tra gli attori) e più è probabile che nascano in futuro iniziative cooperative per ri-solvere i problemi comuni. È invece opportuno mettere in campo tutti gli sforzi utili per non dimenticare nessu-no. Ci sono poi interessi che non sono in alcun modo organizzabili e che non hanno alcuna possibilità di far sentire la loro voce. È soprattutto il caso de-gli interessi delle generazioni future» (“a più voci”, a cura di luigi Bobbio, esi, 2004). le generazioni future non possono forse essere rappresentate dai genito-ri? ma siamo consapevoli che, intorno alle famiglie, è necessario realizzare un contesto di solidarietà, di attenzio-ne positiva, un ambiente accogliente? tale contesto, torno a ribadirlo, non si limita all’attenzione (spesso lodevole e di alto livello) per le politiche sociali, di cura, di intervento, di assistenza. non si limita neppure alle politiche di prevenzione. possiamo sognare pen-sando a “città accoglienti”, nelle quale l’urbanistica e l’arredo urbano siano a

misura di famiglia, le politiche tempo-rali siano a misura di famiglia, i servi-zi al cittadino lo considerino non solo come singolo?

Impegni concreti. da ciò discende-rebbero impegni concreti, che a solo titolo esemplificativo, potrebbero es-sere, fra le tante: politiche ambienta-li di forte riduzione dell’inquinamen-to (quanti bambini oggi soffrono di bronchiti, di allergie?) e del traffico, per una mobilità sostenibile, sicura e a tutti accessibile (il punto di vista sulla città dalla carrozzina del disabile o dal passeggino del bambino); ge-stione dei parchi che ne favorisca un uso condiviso da parte di tutti (bam-bini, anziani, famiglie…), una gestio-ne animata, propositiva; fiscalità fa-miliare e tariffe familiari nel sistema dei trasporti pubblici, dello sport, del-la cultura; realizzazione di ambienti scolastici che prevedano la presenza delle famiglie all’interno della scuola (in molti paesi europei è realizzata l’area accoglienza famiglie, con strut-ture anche per gli adulti). senza dubbio impegni urgenti, nel 2009, sono da sostenere a favore del-le famiglie private di reddito a causa della crisi. ma, soprattutto, una “rivo-luzione copernicana” è necessaria nel-le redistribuzione delle risorse, nella decisione, una volta per tutte, che il coinvolgimento della famiglia e il so-stegno alla stessa non è una spesa, ma un investimento. alcide de ga-speri diceva che «un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alla prossima generazione». oltre ai politici, potremmo dire oggi, c’è da fare un po’ per tutti.

* presidente nazionale a.ge, l’associazione ita-liana genitori, presente in tutto il paese, attiva con gruppi locali impegnati prevalentemente nel mondo della scuola e dell’educazione, con-seguentemente nei “mondi” correlati dei media, del tempo libero, delle politiche familiari, della sanità. in provincia di Brescia gli associati sono circa 1500, con 30 associazioni locali.

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Bimbo

Alcuni numeri di Bimbo chiama Bimbo (anno 2008)

Iscritti all’associazione: 262 (e 52 giovani)

Guardaroba: visitato da 438 famiglie

Magazzino alimentare: serve mensilmente 124 famiglie

Centro Zero Tre: visitato da 50 bambini accompagnati

Progetto Croazia: prevista l’accoglienza di 40 bambini durante l’estate 2009

sito web: www.bimbochiamabimbo.it

per informazioni: associazione Bimbo chiama Bimbo onlus,

via Fontane 26a, 25133 Brescia.

tel e fax 0302000408, email: [email protected]

C.C. postale n. 67480640

per destinare il 5 per 1000 irpeF a favore di Bimbo chiama Bimbo:

Cod. Fiscale 98112760172

Se Bimbochiama BimboUna esperienza fiorita a Mompianocome esempio di cittadinanza attiva

mario sissa

Una rete di famiglie e di giovani vo-lontari che opera per promuovere l’integrazione e alleviare le tante si-tuazioni di disagio di altre famiglie con bambini. possiamo definire così la “mission” dell’associazione Bimbo chiama Bimbo, attiva nella Circoscri-zione nord di Brescia a partire dal 1998, quando all’ombra del campa-nile della parrocchia di san gauden-zio, nel quartiere di mompiano, si costituì un piccolo gruppo di famiglie con l’obiettivo di raccogliere e porta-re aiuti umanitari ai nuclei famigliari e ai bambini bisognosi di una piccola città della Croazia.

dal pacco alimentare, alle borse di studio… ai grest: sono circa 40 i pic-coli croati, accompagnati da alcuni insegnanti, che la prossima estate saranno ospitati dalle famiglie dell’as-sociazione, per condividere un’espe-rienza di amicizia e di solidarietà che si rinnova ormai da diversi anni.«l’attenzione che fin dall’inizio ci sia-mo imposti nei confronti dei minori in condizione di disagio e delle loro fa-miglie - dice Fabio Baresi, presidente e “anima” di Bimbo chiama Bimbo - non poteva lasciarci a lungo indiffe-renti di fronte alle tante situazioni di povertà morale e materiale e alle ri-

chieste di aiuto che provengono an-che dalla nostra città». per questo, l’apertura dello sportello de La porta accanto, per l’ascolto e il supporto delle necessità di singole situazioni e l’attivazione nei mesi estivi di un Baby sitting a favore di mamme sole e sen-za reti di supporto familiare sono sta-te prime immediate risposte. Conoscersi, tessere relazioni fra i vo-lontari e con le famiglie e i bambini aiutati, per arrivare a svelare le so-litudini e i disagi che, senza far ru-more, si annidano nella città e di cui spesso a far le spese sono proprio i più deboli, i bambini. anche per que-sto è attivo dal 2004 il Centro Zero Tre, luogo di incontro attrezzato in cui le mamme con figli da 0 a 3 anni possono confrontarsi, dare e ricevere aiuto; alcuni insegnanti volontari as-sicurano invece il sostegno nello stu-dio di bambini e ragazzi in difficoltà, mantenendo significativi contatti con i genitori e le scuole di riferimento. ma le richieste sono anche per le ne-cessità più immediate, che in tempi di crisi galoppante accomunano sia famiglie italiane che straniere. le stesse che si trovano a fare la fila al Magazzino alimentare dell’associazio-ne, per ricevere una spesa al mese, o che frequentano il Guardaroba, per il ritiro di abiti usati e in buono stato, ma anche di tutto il necessario per la prima infanzia. per far posto a tutte quante le attività e i servizi, lo scorso 29 giugno è stata inaugurata la nuo-va e accogliente sede dell’associa-zione, dove fra l’altro trovano spazio anche le iniziative e le campagne di sensibilizzazione di un gruppo di ac-quisto solidale (gas). nell’occasione monsignor Francesco Beschi ha ce-lebrato la s. messa, durante la quale sono stati battezzati alcuni dei bam-bini seguiti.ma dove si trovano le risorse per fare tutto? «per sostenere le tante attivi-tà attuiamo convenzioni con i servizi territoriali, riceviamo donazioni, pro-muoviamo raccolte e feste e collabo-riamo con tutte le realtà che condi-vidono i nostri medesimi ideali - sot-tolinea ancora Baresi - ma la nostra principale risorsa resta senza dubbio l’entusiasmo e la disponibilità dei no-stri associati giunti quasi a quota 300, a cui si aggiunge il prezioso impegno di oltre 50 giovani». già, proprio ai giovani, e cioè al suo futuro, Bimbo chiama Bimbo dedica un particolare progetto, che prevede il loro graduale coinvolgimento nelle attività dell’as-sociazione, ma anche momenti for-mativi, ricreativi e di condivisione di una cultura dell’accoglienza e della solidarietà.

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chiesadi sposi (uscendo in questo modo magari, ove possibile, dalla esclu-siva «visione di operatori pastorali single»), alle quali andrebbe rico-nosciuta - in un rapporto fraterno di confronto con il proprio presbitero - una ministerialità di guida in que-sta esperienza. lo stesso si potreb-be forse ipotizzare per i Centri Cari-tas, facendo gestire, come del resto già avviene in alcune parrocchie, a coppie di sposi acquisti collettivi di alimentari o altri beni di consumo, o organizzando casse di mutua assi-stenza e aiuto in periodi di crisi eco-nomica come quelle attuali. ma, più in generale, all’interno della propria famiglia si attuano abitual-mente comportamenti fondati sulla giustizia (che i genitori sono chia-mati saggiamente ad amministrare) e sulla carità (che porta spesso i ge-nitori a rinunciare a se stessi per la crescita dei propri figli), si assumono atteggiamenti di corresponsabilità e, all’interno di uno stile di fiducia e di rispetto, si educa (o forse ogni geni-tore responsabile dovrebbe farlo) alla «serena libertà interiore» e alla pro-gressiva autonomia verso comporta-menti buoni: sono queste alcune delle note qualificanti di questo vero e pro-prio «vangelo del matrimonio e della famiglia» che può essere annunciato a tutta la comunità ecclesiale (da ri-pensare quindi anche come famiglia di famiglie, oltre che alla luce del nes-so preti-laicato e comunità-ministeri) e a tutta la società in generale. so-stenendo questo, non ci si deve mai scordare però che non si tratta in al-cun modo di illustrare alcuna propria primogenitura, ma di testimoniare pazientemente che, alla luce del van-gelo, è possibile contribuire alla co-struzione di quei rapporti di comunio-ne, di pace e anche di bene comune che, come si diceva all’inizio, possono permettere alla società tutta di com-piere pienamente se stessa.

E nella chiesateniamo famiglia?Noi cristiani siamo bravi a predicare agli altri,ma la famiglia non è soggetto della pastorale

luca ghisleri

«nella relazione di coppia si ten-de oggi a chiedere molto al partner in termini di intensità, mentre si è molto poco preparati a costruire pa-zientemente un “noi” e un progetto comune che ecceda la coppia». in questa descrizione - contenuta nel Progetto Camaldoli curato dal meic nel 2008 - è ben evidenziata la fragi-lità che connota questa nostra epoca di società “liquida” e insieme l’esi-genza che solo legami stabili, non appiattiti su un presente che annul-la continuamente se stesso, sono la garanzia della trasmissione di una vita e di una storia che il passato ci ha consegnato e che siamo chiamati a consegnare al futuro. nella costruzione di una società plu-rale come la nostra ma insieme più unita, perché senza unità non c’è vita, un contributo importante può essere trovato nell’esperienza della famiglia cristiana, una forma parti-colare di testimonianza di un amore (il quale, se è tale, è sempre l’unità di una differenza) che nella storia cerca di rivelare l’eterno, che cerca cioè di dare un senso, una direzio-ne (ecco la promessa) a un tempo che senza orientamento può correre il rischio di dissiparsi (non portando alcun frutto). la famiglia cristiana, proprio in virtù di questo ruolo di testimonianza che ha nel mondo, è opportuno che trovi sempre più uno spazio di riconoscimento della pro-pria specificità all’interno delle no-stre comunità ecclesiali, delle nostre parrocchie che si potrebbero pensa-re proprio secondo il modello della famiglia di famiglie.Cominciamo ad approfondire questa tematica indicando alcune questioni preliminari (su cui si tratterà di tor-nare) anche sulla scia delle istruttive analisi compiute da Fulvio De Gior-gi nel suo libro Il brutto anatrocco-lo (paoline, milano 2008) e nel suo intervento al Convegno “accelerare

l’ora dei laici” dello scorso 22 feb-braio a villa pace.Prima. la dimensione secolare ed escatologica del cristiano si presen-ta per il cardinal tettamanzi «con un volto veramente originale» nella fa-miglia cristiana. essa vive nel mon-do senza appartenere al mondo. il nesso di identità (secolarità) e di dif-ferenza (escatologica) che connota essenzialmente il rapporto del cri-stiano con il mondo è vissuto infatti in maniera evidente all’interno del-la famiglia, che vive nella carne del mondo, ma secondo la logica dello spirito (che dà la vita).Seconda. il Direttorio di pastorale famigliare per la Chiesa in Italia, re-datto dalla Cei nel 1993, parla del-la famiglia sia nei termini di oggetto ma anche in quelli di soggetto del-la pastorale. alla famiglia infatti va annunciata nei modi opportuni la buona novella del regno, ma a sua volta essa può diventare autentica promotrice di evangelizzazione pro-prio a partire dalla sua natura e dal luogo specifico in cui è chiamata a testimoniare. È interessante far no-tare a questo proposito come le ca-ratteristiche essenziali della Chiesa, «famiglia di dio» (una, santa, catto-lica, apostolica) si rivelino in modo particolare nella famiglia, «Chiesa domestica» (monogamicità, fedeltà, indissolubilità, fecondità).Terza. se la famiglia è anche sog-getto (sembra costituire quindi un primo atto molto significativo in que-sta direzione la nomina di una coppia di sposi a responsabili della pastora-le familiare della diocesi di milano) e non solo oggetto di pastorale si po-trebbero pensare modalità di condu-zione della liturgia, della catechesi e della carità che partano proprio dalla famiglia. i centri di ascolto della pa-rola potrebbero, per esempio, sem-pre di più tenersi all’interno delle famiglie ed essere guidati da coppie

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ItaliaItalia, se mancala terra sotto i piediFa ridere la distinzione tra insicurezza percepitae reale, dopo che si è continuato a gridare al lupo

angelo onger

za degli immigrati. anche perché si ha la sensazione che il 50% degli italiani ab-biano paura che l’altro 50% abbia paura di aver paura. da dove viene tutta que-sta paura? Un interrogati-vo da sballo. Con risposte che potrebbero alimentare una collana di saggi. eppure credo che si possa trovare un punto di riferimento, un punto dal quale partire per un percorso che guarda al futuro, oltre i pregiudizi.

societa'

da qualche settimana è emersa dai fondali (dell’opi-nione pubblica) la distinzio-ne fra criminalità reale e cri-minalità percepita. anche quelli che negli ultimi tem-pi hanno speso il meglio (?) delle loro energie a enfatiz-zare il problema della sicu-rezza, ora provano a fare i conti con la realtà e con le conseguenze di una con-tinua alimentazione della paura. non c’è dubbio che nella nostra società esista il problema della sicurezza. Un problema che le gene-razioni anziane tendono a drammatizzare non solo e non tanto perché sono più deboli dal punto di vista fisi-co e psicologico, ma anche perché vengono da espe-rienze sociali ben diverse. non che la criminalità fosse, parlo di qualche decennio fa, allora assente. tuttavia aveva un impatto ben di-verso in comunità chiuse dentro confini riconoscibili e con una dimensione dei rapporti umani nient’affat-to idilliaca eppure lontana mille miglia dalla frenesia del mondo contemporaneo senza confini, senza lavoro e dimore stabili, con movi-menti migratori sempre più intensi.a un certo punto qualcuno ha pensato bene di stru-mentalizzare a fini politici le insicurezze diffuse e ha incominciato a suonare la grancassa con una minaccia al giorno, con l’invocazione di regole e sanzioni severe (per gli altri naturalmen-

te), con la messa al bando di tutti i “buonisti”, defini-zione che ha la pretesa di definire l’imbecillità di chi si alleva le serpi in seno sen-za rendersi conto di votarsi all’estinzione.in questa direzione vanno anche gli ultimi provvedi-menti del governo, il cui significato è univoco: una volontà asserita di maggior controllo sull’immigrazione, di maggior rigore e severi-tà. Fino a istituire una sor-ta di diritto speciale a carico degli immigrati, più esplici-to nel caso degli irregolari, con i quali secondo il mini-stro degli interni «bisogna essere cattivi». È una linea che sembra incontrare am-pio consenso da parte della maggioranza degli italiani, anche in seguito a recenti episodi di cronaca. al di là delle considerazioni etiche sul diritto speciale riservato agli stranieri, sono provve-dimenti del tutto inefficaci. non ci sono né le risorse, né le forze per espellere dav-vero gli irregolari, che in gran parte sono donne oc-cupate nelle famiglie italia-ne. e poi perché certe vio-lenze criminali, come quel-le contro le donne, hanno molti protagonisti italiani (magari ragazzini) e inco-minciano purtroppo den-tro le famiglie. non a ca-so lo stesso presidente del Consiglio ha osservato che la criminalità reale, in pri-mis gli stupri, non sono in aumento, che la situazione non è così drammatica co-

me qualcuno la percepisce e tuttavia bisogna prende-re dei provvedimenti per soddisfare le richieste della “gente”. siamo di fronte al classico caso del serpente che si morde la coda: il cit-tadino non si sente sicuro, il politico enfatizza la insicu-rezza per ottenerne il voto e di conseguenza la paura del cittadino aumenta. Un gioco che non può durare all’infinito perché un conto è alimentare la paura dall’op-posizione per vincere le ele-zioni, un conto è governare e sradicare le ragioni della paura. altrimenti ci si tira la zappa sui piedi.soprattutto perché la storia insegna che di fronte a certi fenomeni, come il processo migratorio in atto, l’uso de-gli strumenti repressivi (che pure sono necessari) è ina-deguato a risolvere i proble-mi. tra l’altro, sia detto per inciso, è arduo pretende-re che i cittadini osservino le regole, se ogni giorno le regole vengono calpestate e si lodano quelli che le calpe-stano, se le regole vengono cambiate in nome degli in-teressi di chi le fa e quoti-dianamente si delegittima la magistratura, che non è composta da santi, ma la cui autonomia è uno dei fonda-menti della giustizia.tuttavia a mio avviso il pro-blema della insicurezza, e quindi della sicurezza, ha risvolti le cui radici vanno ricercate altrove rispetto sia alla strumentalizzazio-ne politica che alla presen-

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Credo che questo punto pos-sa essere identificato nel te-ma, peraltro sollevato spes-so, della identità. Quando il mondo era composto da piccole comunità in cui tut-ti conoscevano tutti e con-dividevano tutto (ognuno a modo suo evidentemente) non si poneva un problema di identità. invece nell’epoca attuale, il mondo intorno a noi è composto da migliaia di frammenti scarsamente coordinati, le nostre stesse

vite sono scomposte in una successione di episodi mal collegati fra loro. non ci sono più confini. le contaminazio-ni sono infinite. le esperien-ze sono fugaci e i radicamen-ti leggeri, per cui le identità vecchio stile sono un bene fuori commercio. da un pun-to di vista religioso nostro, non solo il contesto reale ma anche il contesto immagina-rio si allontana sempre più dall’universo di riferimento cristiano. Con un’espressio-ne semplice ma non banale, possiamo dire che ci è venu-ta a mancare la terra sotto i piedi. Una condizione che è maturata prima che arri-vassero gli stranieri, i quali l’hanno certamente dilatata, e che è comunque destinata a svilupparsi nel segno della instabilità. Quali che siano le nostre reazioni, politiche e non, la società è destinata a subire trasformazioni epocali in un lasso di tempo relativamen-te breve. già balbettiamo di società multietnica benché i numeri siano a tutt’oggi ancorati a una larghissima maggioranza della popola-zione italiana: nel prossi-

unisce, per sollecitare un at-teggiamento di accoglienza reciproca, di dialogo, di con-fronto anche polemico alla ricerca appunto della con-vergenza. Quando si fanno questi di-scorsi è inevitabile scontrar-si con quanti temono il cam-biamento come l’annuncio di una sopraffazione destinata a cancellare la nostra stes-sa identità. abbiamo sempre detto che non conta il colo-re della pelle o l’origine ter-ritoriale o la razza a mette-re in discussione la comune umanità, ma all’atto pratico la diversità ci spaventa sem-pre e ancora di più. anche su questo terreno ci sarebbe da riflettere a lungo per chiari-re a noi stessi dove, come, quando, perché si costrui-sce un’identità e quali sono i confini che la certificano o le invasioni che la mortifi-cano. possiamo essere or-gogliosi delle nostre radici ma anche chiederci che dif-ferenza passa tra radici vere e sterpaglie abbarbicate alla pianta in cerca di un ricono-scimento ufficiale. C’è mate-ria per riflettere e discutere a lungo.

mo futuro la società sarà realmente multietnica, con proporzioni numeriche del tutto diverse dalle attuali. i nostri nipoti, se non i nostri figli, avranno a che fare con parroci africani e sindaci ci-nesi. se questo è vero, come io credo, bisogna attrezzarsi culturalmente e politicamen-te per una risposta adegua-ta sia sul piano istituziona-le che su quello sociale. in questo senso il tema della sicurezza andrebbe pensa-to positivamente a favore di tutti e non contro qualcuno, per l’eterna tentazione di na-scondere dietro il volto di un capro espiatorio l’incapacità di costruire comunità convi-viali anziché ghetti etnici.abbiamo la necessità e l’ur-genza di costruire un con-senso etico tra culture di-verse per favorire la cresci-ta di un senso comune della cittadinanza tra modi etero-genei di vivere e concepire l’esistenza, per identificare percorsi e comportamen-ti comuni, in base a regole comuni. Una scelta che do-vrebbe metterci in condi-zione di misurare prima ciò che ci divide e poi ciò che ci

le realtà promotrici del Donum bebè, acli, adasm-Fism, associazione nazionale Famiglie numerose, azione Cattolica, Cisl, Fuci,istituto pro Familia, mcl, movimento dei Focolari, pax Christi, società san vincenzo de paoli, Ucid, Università popolare “astolfo lunardi”, continuano la raccolta fondi, che ha superato la somma di 50.000,00 €, a testimonianza della generosità dei cittadini bresciani, alla quale si appellano per proseguire nella solidarietà, soprattutto in questo periodo di crisi economica che colpisce molte famiglie già finanziariamente fragili.È ancora possibile dare il proprio contributo al Fondo, specificando la causale Donum Bebè, nei seguenti modi:

• C.C. Postale n° 42505628 intestatoa “acli senza Confini onlus”,via Corsica, 165 - 25125 Brescia;• C/C bancario presso Banca Popolare etica, iban: it26 m 05018 11200 000000511818, intestato a“acli senza Confini onlus”.Fino al 31 luglio 2009,presso le sedi provinciali acli(via Corsica, 165)Cisl (via altipiano d’asiago, 3),mcl (Corso garibaldi, 29),si potranno presentare le domande di assegnazione del Donum bebè, scaricando l’apposito modulodal sito internet www.donumbebe.org o ritirandolo presso le stesse sedi.per informazioni, www.donumbebe.orgsegreteria donum bebètel. 030.2294012 - fax 030.2294025e-mail [email protected]

Donum bebè, la solidarietà continua

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obbedienza

spiritualita'

Tra libertà e obbedienzaGesù è un uomo libero perché obbediente. Dobbiamo imparare da luia essere docili alla volontà di Dio. Un commento alla Lettera pastorale

don vincenzo peroni

il lettore del nuovo testa-mento, anche quando è una persona gioiosamente in-camminata alla sequela del signore gesù, prova spesso fatica o resistenza davanti a due brani molto duri ed esigenti. il primo riguarda gesù stesso e la compren-sione della sua passione: «Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essen-do Figlio, imparò l’obbe-dienza da ciò che patì e, re-so perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,7-9).il secondo è la norma fonda-mentale per intraprendere la vita di discepolo e che coin-volge il cristiano nel destino stesso del suo signore: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, pren-

da la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9,23).attorno a queste due perico-pi cerchiamo di sintetizzare alcune riflessioni e indicazio-ni circa quella piena obbe-dienza alla volontà di Dio che il nostro vescovo identifica quale seconda caratteristica tipica della “forma di Cristo”, che il padre desidera si scol-pisca e giunga a perfezione nell’esistenza di ognuno dei suoi figli (cf. lettera pastora-le 2008-2009, n.12). tutto il nuovo testamento ci annun-cia che la nostra salvezza è frutto della morte e risurre-zione di gesù di nazaret. dio ha accolto la morte del suo Unigenito come il vero e uni-co sacrificio di soave odore a lui gradito, perché espressio-ne della libera obbedienza di gesù alla sua volontà.Una delle cifre più evidenti e affascinanti della personalità di gesù è la sua libertà, così come emerge dal suo stile di vita, dal suo agire, dalle sue

parole e dal modo di relazio-narsi con i suoi contempo-ranei e le loro istituzioni. ma nella sua forma più alta, la libertà di gesù si impone al-la nostra attenzione nell’ora suprema del getsemani, in quella che tutti chiamiamo agonia (=combattimento). lì, il verbo di dio fatto car-ne, in una dura veglia, densa di preghiera e intimità con il padre, resistendo all’attacco finale dell’antico avversario, riporta all’unità, nella sua persona umano-divina, la volontà umana e la volontà divina, drammaticamente separate da adamo nel pri-mo giardino della storia e da ogni uomo, nell’intimo “giar-dino” che è il cuore: «Tutta-via non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42).

Libero perché obbediente

gesù è un uomo libero per-ché obbediente. non un’ob-bedienza supina o rancorosa,

tipica di chi non vuole assu-mere le proprie responsabi-lità o si sente schiacciato da un’autorità subita, ma l’ob-bedienza di chi ha conosciu-to la verità e il Bene e vi si dedica con amore, attraver-so il dono di sé. l’obbedien-za (in greco υπακοή, dal-la radice verbale che indica l’ascoltare) è possibile solo a chi ha appreso l’arte prezio-sa dell’ascolto, della dispo-nibilità ad accogliere l’altro e quanto la sua visita può portare di novità e provoca-zione alla vita dell’uditore. lungo tutta la sua esisten-za gesù ha desiderato con tutto se stesso compiere la volontà del padre, definita a più riprese il suo cibo, il centro delle sue attenzioni, l’acqua alla quale spegnere la sua sete. e quanto tempo ha dedicato alla conoscenza di tale volontà: il vangelo ci informa della continua ricer-ca di spazio e tempo, maga-ri rubati al sonno, per stare

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con il padre. nell’obbedienza alla volontà del padre trova compimento, senso e gioia tutta la vita di gesù, lui che dall’eternità sta rivolto verso il seno del padre (cf. gv1,1) e che nella storia ha opera-to perché ogni uomo abbia la vita eterna, venga cioè reso partecipe del loro abbraccio d’amore: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1Pt 2,21).gesù è l’obbediente. la sua obbedienza, appresa nei patimenti, è sorgente della nostra salvezza. la dispo-sizione propria di chi voglia accogliere il dono della vita eterna è l’obbedienza a lui. la posizione autentica del di-scepolo è la sequela, vissuta con la radicalità indicata da gesù stesso: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rin-neghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua (Lc 9,23).

Rinnegare se stessidalla comprensione di que-sto imperativo dipende la qualità della relazione con il signore.i cosiddetti “maestri del sospetto” identificavano in questa pretesa di gesù una ragione forte per accusare il cristianesimo di essere con-tro l’uomo e la sua felicità. gesù invece, senza frain-tendimenti, afferma che è la condizione imprescindibi-le, per partecipare della sua amicizia. Chi ha ragione? Chi sta davvero dalla parte della gioia dell’uomo? È ve-ro, ciò che è in gioco è l’au-tentica realizzazione dell’uo-mo, la sua riuscita. si tratta di capire da chi dipenda un tale successo e se ci si possa accontentare semplicemen-te di un compimento che si limiti agli angusti confini del-la storia. detto in altro mo-do: da chi viene la salvezza? Chi riconoscere Signore della propria vita e a lui affidarsi totalmente?rinnegare se stessi non si-gnifica scegliere di anda-re contro il proprio bene in forma masochistica e au-

tolesionista. rinnegare (in greco αρνεοµαι) è l’atteg-giamento di chi non ricono-sce nell’oggetto o nella per-sona rinnegata la sorgente della propria sicurezza. il discepolo di gesù è invitato a scegliere di chi fidarsi, su chi fondare la riuscita del-la propria esistenza, se su stesso o su gesù. seguire gesù coincide col ricono-scerlo Signore. Questo com-porta che non può esserci un altro signore. rimanere ripiegati su di sé, gelosa-mente in difesa di se stessi, coincide col rinnegare Gesù, il signore. per usare un’im-magine, rinnegare se stessi è un po’ come licenziare il proprio avvocato difensore: non abbiamo bisogno, infat-ti, di difenderci da gesù, è lui l’avvocato che ci difende davanti al padre, e, a ben guardare, che ci difende dal pericolo che ognuno è per se stesso, quando presume di bastare a sé. la scelta si impone: chi rinnego? se rinnego gesù, perdo gesù e anche me stesso (basti pensare al graduale disorientamento di pietro: dopo aver rinne-gato gesù, non riconosce più i suoi amici e non sa più nemmeno quale sia la sua identità. Cf lc 22,54-60). se rinnego me stesso, so-no reso partecipe della vita di gesù e in lui ritrovo me stesso: Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la sal-verà (lc 9,24). appare co-sì chiaro perché il vescovo non parli semplicemente di obbedienza, ma di obbe-dienza piena alla volontà di dio: non basta qualche buona intenzione, non ci si può limitare al desiderio di essere un po’ più buoni. non si dà un’obbedienza solo part-time o in alcune dimensioni dell’esistenza sì e in altre no. l’amicizia con gesù investe tutto della vi-ta del discepolo. sempre.

Alcuni percorsiQuali vie percorre per co-

noscere e realizzare l’ob-bedienza piena alla volon-tà del padre, nella sequela gioiosa e radicale di gesù? Coltivare un serio desiderio di conoscere la verità e il Bene; maturare un’autenti-ca capacità di discernimen-to, per comprendere sia le vicende della storia che le intuizioni interiori alla luce della parola di dio, prima di decidere e agire; cescere in una vera comunione con la Chiesa e nella docilità al suo magistero; consegnar-

si con umiltà alla guida sa-piente di un padre spiritua-le; celebrare con frequenza il sacramento della peniten-za: per essere guariti dai rinnegamenti nei confronti di gesù; per essere liberati dal morboso attaccamento a se stessi; per venir ricollo-cati dietro a Gesù, unico si-gnore e salvatore; pregare. Utile a tale scopo è la lettu-ra del preziosissimo libretto di matta el meskin, Consigli per la preghiera, ed. Qiqa-jon 1988, pp. 77.

Ritiri tempo pasquale“Chiamati ad essere santi insieme”

(1 Cor 1,2)

Domenica 17 maggioa villa pace - ore 9-13

oltre al ritiro a villa pace,vengono proposte alcune date in alcune zone:

Domenica 26 aprilezona valle Camonica

Domenica 10 maggiozona bassa Bresciana

Domenica 24 maggiozona garda e val sabbia

per informazioni e iscrizioni,telefonare in centro diocesano, 030.40102

Un momentodel trainingdi spiritualitàgiovanissimidel 14-15 marzoscorsoa villa pace

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disatteso

chiesa

Laicato, il Concilioè ancora disatteso

Il percorso di studio sul Vaticano IIha indicato la strada ancora da fare

mariangela Ferrari

dopo due anni di studio qualificato dei documenti conciliari, villa pace ha of-ferto quest’anno lo studio della figura di laico che il Concilio ci ha consegnato. il percorso compiuto ha in-teso evidenziare la dignità, la responsabilità, la portata della vocazione e missione dei laici. essi sono chiama-ti alla santità, alla testimo-nianza, alla corresponsabi-lità nella Chiesa, a contri-buire all’edificazione della città dell’uomo, a costruire il regno di dio.Hanno portato il loro con-tributo di approfondimento Piergiorgio Confalonie-ri, segretario della Cdal di Bergamo e postulatore del-la causa di beatificazione di giuseppe lazzati; Ernesto Diaco, viceresponsabile del servizio nazionale per il progetto Culturale; Lu-ciano Caimi, presidente di “Città dell’uomo”. Ciascun relatore, ripercorrendo tra-

sversalmente il magistero conciliare, ha scolpito un tratto del profilo di questa tipica vocazione.il percorso di studio è sta-to introdotto da una let-tura serena, ma schietta, di Paola Bignardi che ha analizzato come il laicato nel suo insieme stia viven-do ancora una situazione di debolezza, che per molti aspetti si è addirittura ac-centuata. senza reticenze ha affermato che la que-stione dei laici - perché di questione si tratta - costitu-isce una spia della fragilità con cui il Concilio è entra-to nella vita delle comunità cristiane, e una spia dei di-sagi che agitano la vita del-la Chiesa nel suo dialogo col mondo. e ha indicato nella debolezza con cui è vissuta la dimensione secolare del-la vocazione laicale e nella scarsa rilevanza ecclesia-le della stessa - tanto che i laici non impegnati nella

a conclusione dell’itinerariodi studio sul Concilio

il convegno diocesanodel 22 febbraio

a villa paceha chiesto con forza

di accelerare l’ora dei laici.Fulvio de giorgi (in alto)

ha chiesto di prendere sul serioil vangelo e di far crescere

l’autonomia dei laici.per il vescovo monari

la soggettività del laicatova conquistata sul campo

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bruttidisatteso

riflettere sul laicato non significa affrontare una battaglia dal sapore ana-cronistico: da una corretta riflessione sui laici deriva il futuro della Chiesa. il Concilio ha gettato i semi per lo sviluppo di un laica-to corresponsabile, ma ri-sulta quasi superfluo sot-tolineare i limiti, i ritardi e le fatiche che sono emersi in questi anni. la questio-ne dei laici costituisce solo una spia della fragilità con cui il vaticano ii è entrato nella vita dei cristiani. a villa pace l’aC ha concluso con un convegno lo scorso 22 febbraio il percorso di studio triennale “il Conci-lio e i laici”, un itinerario che ha inteso evidenziare la dignità e la portata del-la vocazione dei laici nella Chiesa e nel mondo. il professor Fulvio de gior-gi, che ha aperto i lavori del convegno “accelerare l’ora dei laici”, ha indicato nella fase di cambiamento attuale opportunità nuo-ve di intervento per l’im-

pegno del laicato: la crisi economica mondiale, ad esempio, ha segnato la fi-ne dell’egemonia del mer-cato, del liberismo come unico sistema, dando così ragione alla cultura indi-cata dal Concilio, fondata sulla solidarietà, sulla giu-stizia e la pace. Concetti che sembravano fuori moda ritornano allo-ra attuali e aprono spazi di nuova testimonianza. le stesse trasformazioni in atto nella società mul-ticulturale e multireligio-sa richiedono un’idea di laicità aperta - che non è separatezza tra religione e politica, e neppure re-ligione civile come ido-lo culturale - per gestire i problemi di una nuova convivenza sociale.il vangelo è lo strumento centrale per affrontare la complessità della moder-nità, ma il problema evi-dente è che sono i cristiani per primi a non prendere sul serio il vangelo, a non partire dagli insegnamenti

del vangelo, a non attuarli a livello esistenziale. ec-co la sfida di oggi secon-do de giorgi: «prendere sul serio il vangelo, come cristiani, e rilanciare nel-le comunità le linee del Concilio». per “accelerare l’ora dei laici” de giorgi ha esposto alcune piste su cui impe-gnarsi. Prima. si parla da più parti di famiglia spes-so «come un’ideologia da agitare e non come una pastorale da costruire». la famiglia è stata fin qui “oggetto” della pastorale, ma deve essere “sogget-to” per annunciare alla co-munità il vangelo della famiglia, cioè quelle vir-tù che si vivono all’inter-no del nucleo famigliare: l’ascolto, la pazienza, la gratuità… «le comunità sono chia-mate a far crescere la mi-nisterialità di coppia». Se-conda. si sente il bisogno di un patto educativo tra famiglie, e tra fami-glie e parrocchia, per of-

pastorale rischiano di essere “invisibili” - alcuni dei nodi da superare. la competenza e la passione dei relatori hanno stimolato la riflessione e il confronto dei partecipanti a cercare possibili strade per superare lentezze, fatiche, difficoltà del presente. È emersa tra l’altro la necessità di colti-vare consapevolezza intor-no a questa vocazione, nei laici stessi ma anche negli altri soggetti ecclesiali; per gli uni attraverso percorsi di formazione e di spiritua-lità più adeguati, per tutti attraverso una significativa ripresa della visione conci-liare della Chiesa. perché insistere tanto sui lai-ci e sul laicato? la comunità cristiana è chiamata oggi a una nuova consapevolez-za missionaria, ma questa non può vedere i laici estra-nei o solamente esecutivi. li deve piuttosto vedere prota-gonisti, e non tanto in ruoli di supplenza nelle emergen-ze interne che avanzano (ca-lo dei preti, moltiplicazione e specializzazione delle ini-ziative pastorali, gestione di strutture e istituzioni, com-petenze e ministerialità nuo-ve…), ma perché chiamati a essere lievito nei segmenti di vita dell’esperienza laica-le, ad aprire spazi di dialogo con tutti, a interpretare e testimoniare la valenza pro-fondamente umana e insie-me paradossale della visione evangelica. i laici sentono la responsabilità e insieme la complessità della realtà odierna, di questo presente carico di segni dei tempi, che il Concilio ha insegnato a leggere come parola di dio. insieme nella Chiesa bisogna riuscire a farne l’esegesi, per poter orientare meglio lo sti-le della testimonianza cri-stiana nel mondo. il percorso di studio è poi confluito, come negli anni scorsi, in un convegno. “ac-celerare l’ora dei laici” ne è stato il titolo e ne riassume la tensione, con l’obiettivo di guardare avanti ricercando le piste efficaci da battere per dare nuovo vigore al lai-cato. ma di questo parliamo negli articoli seguenti.

Per non restarebrutti anatroccoli

Accelerare l’ora dei laici e far crescere la ChiesaLe strade da percorrere secondo Fulvio De Giorgi

luciano zanardini

chiesa

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amorefrire a tutte le persone che vivono in un dato territorio un progetto educativo “per la felicità dei figli”, non so-lo per la catechesi o per i sacramenti, attraverso per-corsi di formazione conti-nua e non “scolastica”, che mirano a educare all’auto-nomia e al senso critico.Terza pista. “per accelera-re l’ora dei laici” si richiede anche una responsabilità sempre più condivisa con il clero sul modello, direb-be de giorgi, “condominia-le”, in cui tutti sono insie-me proprietari, aiutando a declericalizzare la Chie-sa e andare verso la vera uguaglianza battesimale. Quarta. nel rileggere la situazione odierna all’inter-no delle proprie comunità bisogna acquisire sempre di più uno stile missiona-rio, sullo stesso stile di ge-sù che “svuotò se stesso” (Fil. 2). non serve quindi il pessimismo diffuso oggi, ma “uno sguardo di mise-ricordia” fondato sul dialo-go e sulla coerenza di vita, senza la necessità di avere degli avversari ideologici. occorre amare le perso-ne per entrare nei vissu-ti e in essi dare risonanza al vangelo. Una chiesa che sia madre e maestra, ma anche sorella e serva. Co-me diceva don tonino Bel-lo, “una chiesa della stola e del grembiule”. Quinta pista. promuove-re a partire dalla famiglia i tre principi cardine di so-lidarietà, giustizia e carità, espressi da paolo vi quan-do parla di civiltà dell’amo-re nella Populorum Pro-gressio. tre valori che so-no molto visibili nella vita di ogni famiglia e possono diventare modello per tutti gli uomini: «l’umanità nella prospettiva di gesù - chiosa de giorgi - deve diventare una famiglia». i laici sono chiamati a con-frontarsi con i nuovi scena-ri, a mettersi in gioco, pron-ti a testimoniare con coe-renza il vangelo anche di fronte a posizioni che pos-sono sembrare maggiorita-rie. È una sfida impegnati-va, ma affascinante.

chiesa

Laici senza sponsorma solo per amorePer il Vescovo il futuro non è del clericalismoLa soggettività del laicato si conquista sul campo

mariangela Ferrari

occorre far capire che la fede è rilevan-te per la vita dell’uomo d’oggi: questo è il compito di laici che prendono sul serio il Vangelo. mi pare l’idea forte offerta dal vescovo al convegno “ac-celerare l’ora dei laici”. emerge dalle sollecitazioni del dibattito dopo una ar-ticolata relazione in cui sono state in-dicate alcune dimensioni urgenti su cui ripensare una coerente testimonianza cristiana nel tessuto culturale di oggi: il modo di vivere la sessualità, l’uso dei beni e l’esercizio del potere. vive-re questi aspetti in modo evangelico, quindi alternativo alla mentalità diffu-sa - ma sicuramente più umanizzante - diventa quell’animazione delle real-tà temporali indicato come impegno tipico, secondo il Concilio, della voca-zione laicale. È una strada in salita quella prospet-tata per accelerare l’ora dei laici, con nessuna sponsorizzazione: occorre piuttosto liberare una creatività in-telligente e la capacità di proporla,

anche se può costare qualche disagio e incomprensione. ed è una salita da percorrere in compagnia: bisogna sa-persi mettere “in rete”, perché il futuro si costruisce mediante i legami che si creano. Qui si può giocare il valo-re delle associazioni, della loro capacità propositiva e formativa, in particolare dell’azione Cattolica, indicata dal ve-scovo come “seminario del laicato”.ai laici è chiesto anche di contribuire alla edificazione della comunità cristia-na, ricercando la comunione, perché la Chiesa sia stimolo all’unità della fami-glia umana; di essere partecipi della progettazione pastorale, di vivere at-tivamente la liturgia: tutte responsa-bilità che derivano per ciascuno diret-tamente dal battesimo. se permane ancora molto clericalismo, forse ancora più rampante oggi - si notava nel dibattito - non sta in esso il futuro della Chiesa, secondo monsi-gnor monari.il futuro si costruisce dal basso, nella fatica della ricerca fatta mettendo in-sieme ottiche diverse, e non viene da principi teorici da cui si deduce tutto. la soggettività del laicato dunque va conquistata sul campo, senza omag-gi da parte di nessuno, ma frutto di più coraggio. Consapevoli che non è per in-teresse di “categoria” che va accelerata l’ora dei laici, ma per amore della Chie-sa, perché sia più coerente con il Con-cilio, più capace di leggere i segni dei tempi, più missionaria nel raggiungere le persone del nostro tempo e aprirle alla speranza e alla gioia del vangelo.anche il compito e la responsabilità per l’azione Cattolica sembrano am-piamente tracciate: formazione seria sulla vocazione laicale perché cresca la consapevolezza, e sperimentazione di vie nuove che facciano da apripista alla scelta missionaria per la Chiesa tutta. non sono, del resto, le decisio-ni prese nella tredicesima assemblea diocesana? Con coraggio e convinzione vanno dunque “accelerate” nella loro attuazione.

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paroladegli atti degli apostoli, si è quasi ripercorsa l’intera vita cristiana. si è spesso sottolineato che i cristia-ni, come più volte indica-to nel testo lucano, sono guidati dallo spirito san-to, che deriva dal risorto e che gesù morendo ci ha lasciato.Quante preoccupazioni ave-vano i cristiani della prima ora, la comunità apostoli-ca! Quante difficoltà, incer-tezze, diversità di opinioni! ma non si scoraggiavano e rivolgendosi allo spirito e invocandolo ritrovavano l’unità e la fedeltà al mes-saggio evangelico.in questo viaggio nel mi-stero della chiesa primi-tiva, oltre l’esempio e la saggezza di pietro, un personaggio impareggia-bile rimane paolo, questo giudeo zelante che diventa l’apostolo delle genti. pur provenendo da una comu-nità ancorata alla rigidità delle leggi e delle prescri-zioni, dà origine a delle comunità fondate sul sal-vatore, al cui incontro l’uo-mo saulo cambia vita, di-venta paolo e soprattutto, con il dono della sua vita, diventa l’apostolo, lui che non era stato un discepo-lo. sono i misteri insonda-bili di dio che ogni volta ci sorprendono.paolo è l’esempio eminen-te di un evangelizzatore che paga di persona, che è attento alle esperienze religiose delle persone a cui trasmette il messaggio evangelico (ebrei, ebrei ellenisti, ebrei alessandri-ni, greci, romani, pagani). l’uditorio cui si rivolge, nei diversi discorsi, determina il linguaggio da adottare e il contenuto da formulare e mentre il maestro predi-ca nei villaggi, il discepolo svolge la sua missione nel-le città del tempo, percor-re l’intero mediterraneo, non facendosi mantenere da alcuno, lavorando di persona.gli atti presentano una comunità esemplare ba-sata su alcune costanti: stare davanti agli aposto-li, vivere la comunione,

chiesa

Crescerealla scuola

della parolaQuest’anno è stata proposta

la lettura del Vangelo di Marcoe quella degli Atti degli Apostoli

Umberto spagna

preoccupandosi dell’altro, spezzare il pane, pregare assiduamente. la comunità ecclesiale e Cristo si identificano: la prima è estensione, nella storia, di gesù il risorto. si darà un minimo di organiz-zazione, ma eviterà sem-pre il rischio della immu-tabilità e comprende che il progetto divino è quello di includere, nella sua offerta di salvezza, tutta l’umani-tà. all’origine degli avveni-menti c’è l’azione divina e la scelte della Chiesa de-rivano dall’obbedienza allo spirito, in quanto la comu-nità ha la missione di pro-seguire l’attività e l’opera di Cristo che continua a vi-vere nei suoi discepoli. la Chiesa dovrà riconoscere dove lo spirito la sta chia-mando e lasciarsi mettere in gioco e interpellare dai nuovi problemi del mondo in cui deve essere sempre presente e attiva.alla fine del percorso, vor-rei sottolineare, la grande attenzione, pur dopo una giornata impegnativa di la-voro, dei partecipanti, soci di ac ma anche insegnan-ti di religione o anche sin-gole persone interessate: probabilmente perché ca-pivano che quanto ci ve-niva detto era importante per la propria vita, la pro-pria famiglia e soprattutto per la comunità dove sono chiamati a vivere, perché essa diventi sempre più una Chiesa fondata sul-la preghiera, l’eucarestia, la condivisione, caratteri-stiche che il libro eviden-ziava e soprattutto perché noi laici diventiamo non solo ascoltatori della pa-rola ma testimoni credibili e annunciatori a ogni uo-mo che è figlio di dio che lo ama immensamente e personalmente. solo co-sì risponderemo all’invito impegnativo che ci veniva dal convegno di verona. l’augurio che come asso-ciazione possiamo formu-lare è che l’esperienza di lettura e meditazione del-la parola di dio ci fortifichi nella nostra vita di fede e di missione.

Un’occasione per leggere e comprendere il testo bi-blico nella sua integralità e per una migliore cono-scenza e ad una appropria-zione spirituale personale. Quest’anno la scuola della parola ha proposto la let-tura di due libri del nuo-vo testamento: il vangelo di marco (27 ottobre - 1 dicembre) e gli atti degli apostoli (9 febbraio-16 marzo), sempre con la guida di don Flavio dalla vecchia, docente di sacra scrittura.i laici di azione Cattoli-ca sono consapevoli che l’ignoranza della scrittu-ra è ignoranza di Cristo stesso.

l’ascolto della parola, la sua meditazione, la sua at-tuazione nella vita di ogni giorno, costituiscono, in-sieme alla vita sacramen-tale e alla preghiera, i ca-pisaldi della vita di ogni cristiano.si chiede ai laici di acce-lerare il proprio impegno, ma tale salto di qualità può solo venire da un maggio-re coinvolgimento con le dinamiche della vita di fe-de, con un maggiore spa-zio dedicato alla preghiera e soprattutto con l’appro-fondimento della parola che è una persona, gesù Cristo.in questo cammino, in particolare nella lettura

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a cura di michele busi

Giuseppe Lazzati: costruire da cristiani una “città dell’uomo”il 22 giugno prossimo ricorrono cento anni dalla nascita di giusep-pe lazzati, appassionato educato-re, autentico testimone della fede e dell’impegno cristiano nel nostro tempo. numerose saranno le inizia-tive che in lombardia e anche a li-vello nazionale verranno promosse per ricordarne la figura, cui l’azione Cattolica è particolarmente legata. la vita di lazzati è stato un cammi-no di perfezionamento interiore e di servizio verso gli altri, in qualsiasi contesto fu chiamato a operare.

La vitanato a milano nel 1909, dopo es-sersi laureato all’Università Cattoli-ca, dal 1934 al 1945 fu presidente diocesano della gioventù Cattolica (giac) e, dal 1939, docente incari-cato di letteratura cristiana antica nello stesso ateneo. entrato tra i missionari della regalità di Cristo, un’associazione di laici consacrati promossa da padre gemelli, l’anno dopo diede vita ai “milites Christi”, che divennero in seguito l’istituto secolare Cristo re.all’indomani dell’8 settembre 1943, non avendo aderito, nella sua qua-lità di ufficiale degli alpini, alla re-pubblica sociale di salò, venne fat-to prigioniero dai tedeschi e dalla caserma di merano fu avviato nei campi di concentramento in polonia prima e in germania poi. rientrato in italia nell’agosto del 1945 fu im-mediatamente coinvolto nell’opera di ricostruzione della vita civile del paese. nel 1946, durante il 1° Con-gresso nazionale della dC, venne eletto consigliere nazionale e mem-bro della direzione nazionale del partito. nello stesso anno fu eletto anche all’assemblea Costituente. importante il suo contributo in seno all’elaborazione della Costituzione, e preziosa la sua presenza all’interno del gruppo dei dossettiani.il tema della formazione politica ani-mava il suo impegno di parlamen-tare; per questa ragione si occu-pava di preparare alcune esperien-ze formative: nel 1946 diede vita, insieme a dossetti e a Fanfani, al gruppo “Civitas humana”; contribuì poi alla nascita dei “gruppi servire”,

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Giuseppe Lazzati: costruire da cristiani una “città dell’uomo”che vedevano impegnati molti gio-vani già operanti nella Fuci, nella giac, nelle acli e nella dc. si ado-però anche per la fondazione della rivista “Cronache sociali”, che per lazzati doveva ricoprire un ruolo di formazione culturale intesa in senso lato. nel 1953 si ritirò dalla vita atti-va del partito, senza tuttavia abban-donare la dimensione politica. rientrato a milano si dedicò alla for-mazione del laicato ma l’arrivo del nuovo arcivescovo giovanni Battista montini (il futuro papa paolo vi) lo portò ad accettare una serie di nuo-vi incarichi, il più oneroso ed impe-gnativo dei quali fu la direzione del quotidiano “l’italia” (1961-1964). tornato all’insegnamento, nel 1968, nel pieno dei sommovimenti che agitavano il mondo universitario, fu chiamato a sostituire ezio France-schini come rettore dell’Università Cattolica, carica che mantenne fino al 1983. si trattò di un’esperienza che gli permise di mettere a fuoco con particolare rilevanza il ruolo del “pensare politicamente” intuito an-ni prima. per tale ragione diede vi-ta a un rinnovamento dell’Università Cattolica, a partire da quello che era il suo convincimento di quegli anni: l’attività formativa era da lui intesa come l’elaborazione di un pensiero critico, l’emergere di un processo di coscientizzazione della società. la formazione politica, quindi, andava al di là della militanza partitica e si esprimeva nel vissuto universitario così come nel più vasto impegno formativo nei riguardi della propria persona e degli altri.appassionata e instancabile fu la sua opera in ambito ecclesiale per diffondere gli insegnamenti del con-cilio sul laicato. determinante il suo contributo, ad esempio, nel corso del 1° Conve-gno ecclesiale nazionale, tenuto a roma nel 1976 sul tema “evange-lizzazione e promozione umana”. terminato il proprio impegno come rettore, egli si attivò in un nuovo importante progetto: la creazione, nel 1985, dell’associazione “Città dell’uomo”. per lazzati si trattava di “costruire”, con il contributo di tutti, la città dell’uomo, ponendosi da au-

tentici cristiani al servizio del bene comune, avendo a cuore lo sviluppo integrale delle persone. avvertiva la necessità di educare i cittadini a es-sere, ciascuno nel proprio contesto di vita, “costruttori di polis”; per far questo, sottolineava non ci si poteva improvvisare, ma occorreva formar-si ed educarsi. la costruzione della città dell’uomo, a misura d’uomo, ha luogo poi nella consapevolezza che si lavora sempre in compagnia di dio. trasversale ai molteplici impegni e per tutto l’arco della sua vita è stata l’opera educativa. il cardinal martini

ha scritto che la sua attività ininter-rotta di educatore di coscienze giova-nili è un’opera per cui «ha mostrato di possedere e di vivere un carisma straordinario». significativa, fra le tante, l’esperienza dell’eremo san salvatore, sopra erba, in provincia di Como, che dalla metà degli anni settanta lazzati scelse come luogo privilegiato di incontro con i giova-ni. giuseppe lazzati si è spento a milano il 18 maggio 1986, festa di pentecoste, all’età di 77 anni. È in corso il processo per la causa di beatificazione.

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in città nasce la sezione bresciana

“Città dell’uomo” è l’associazione, fondata nel 1985 da lazzati, con il compito di offrire occasioni formative per aiutare il laico credente a “pensare politicamente” da cittadino maturo. secondo lo statuto, l’as-sociazione “si propone di elaborare, promuovere, diffondere una cultura politica che, animata dalla concezione cristiana dell’uomo e del mondo, sviluppi l’adesione ai valori della democrazia espressi nei principi fon-damentali della Costituzione della repubblica italiana, rispondendo alle complesse esigenze della società in trasformazione” (art. 3).in queste settimane varie persone aderenti a diverse associazioni (azio-ne Cattolica, acli, meic) si stanno impegnando per poter permettere un’apertura di una sezione anche a Brescia di questa realtà, come luo-go di riflessione e di proposta sugli aspetti del vivere insieme che tocca-no la nostra realtà. la costituenda sezione di Brescia si propone quindi come luogo di elaborazione e servizio culturale/formativo, per realiz-zare, in modo particolare per i giovani, iniziative di formazione politica, convegni, dibattiti e pubblicazioni, ispirandosi al pensiero di giuseppe lazzati per la costruzione della “Città dell’uomo a misura d’uomo”. Un piccolo segno, fra i tanti possibili, dell’interesse che deve animare il lai-co cristiano per la società dentro la quale è chiamato a vivere. per in-formazioni, [email protected].

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immaginare

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2020, immaginarela diocesi a Brescia

Il Consiglio interviene sul pianodecennale proposto dal Vescovo

Consiglio diocesano di azione Cattolica

viviamo in un contesto ca-ratterizzato, più che in pas-sato, da rapidi mutamenti e questo rende difficile fare previsioni a lungo termine. Questo non significa però che non si debba e si pos-sa pensare ad un progetto con orizzonte ampio. Ciò richiede però di progettare prevedendo una certa fles-sibilità rispetto alle esigen-ze che possono man mano emergere, tanto più con-siderando la complessità della nostra diocesi, vasta e articolata.la preoccupazione che co-me azione Cattolica avver-tiamo è anzitutto quella for-mativa.È sempre più urgente for-mare cristiani che siano in grado, all’interno dei diver-si contesti in cui vivono, di condividere in modo au-tentico, sincero e profon-do il cammino di ogni uo-mo e donna, con la capaci-tà di mettersi in relazione per portare nella loro vita una risposta di speranza. in questo senso il proget-to Formativo aci, “Perché sia formato Cristo in voi”, propone la formazione di coscienze laicali per l’og-gi attraverso gli obiettivi dell’interiorità, della fra-ternità, della responsabilità e dell’ecclesialità. È quindi innanzitutto essenziale for-mare coscienze cristiane mature che, toccate dall’in-contro con gesù attraver-so la parola, a partire da questa esperienza possa-no condividere il cammino di avvicinamento a lui con le persone che incontrano nella quotidianità.

in tale prospettiva è impor-tante, per esempio, un’at-tenzione per gli adulti e i giovani-adulti, visti non so-lo come operatori pastorali, ma come testimoni di Cri-sto nella vita e nei luoghi di ogni giorno. i laici non impegnati nella pastorale rischiano infatti spesso di essere “invisibili” per le no-stre comunità.Qualunque progetto s’in-tenda attuare richiede un’at-tenta lettura della realtà, elemento cardine da cui partire per lo sviluppo di un percorso di progettazio-ne: vale la pena di investi-re tempo per chiarire l’oriz-zonte sul quale ci si muove, attivando realtà sul territo-rio e competenze specifi-che. per questo può essere importante un “osservato-rio permanente” che aiuti a leggere la situazione e le tendenze culturali e sociali del nostro tempo.dal punto di vista meto-dologico sarà decisivo fa-re in modo che il progetto sia il più possibile svilup-pato coinvolgendo l’intera comunità diocesana: l’idea di un percorso di discerni-mento e di progettazione effettivamente condiviso a tutti i livelli, dalle comunità parrocchiali alle associazio-ni e ai movimenti operan-ti sul territorio diocesano, è premessa indispensabile per un cammino di cresci-ta efficace.in questo senso la recente esperienza dell’implemen-tazione del nuovo progetto di Iniziazione Cristiana dei Fanciulli e dei Ragazzi (Icfr) potrà costituire un impor-

il 31 gennaio scorsoil Consiglio diocesano aC,

rispondendo adalcune sollecitazioni

del vicario episcopaledei laici,

don renato tononi,ha offerto le proprie

considerazionisulla proposta di prioritàper un progetto pastoraledecennale della diocesi.

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Lab...immaginaretante punto di riferimento sia riguardo agli elementi di forza che in essa si so-no individuati, sia relati-vamente alle difficoltà e ai limiti che il percorso ha presentato, allo scopo di rendere più ricca la nuova fase progettuale.È opportuno poi che il progetto pastorale dio-cesano sia in stretto col-legamento con gli orien-tamenti pastorali che la Chiesa italiana si darà per il prossimo decennio.nell’orizzonte solo ac-cennato che abbiamo di fronte, ci pare che la Chiesa oggi sia chiama-ta a scegliere di ripartire da chi nel nostro mondo è più debole, povero, so-lo, emarginato, in tutte le forme in cui queste condi-zioni possono manifestar-si (cfr. l’ambito del Conve-gno di verona riferito alla fragilità umana).C’è bisogno di una cu-ra specifica nei confronti delle persone che con la Chiesa oggi faticano ad interagire: i divorziati, le coppie conviventi, le fa-miglie in difficoltà, con uno sguardo rivolto alla formazione dei giovani-adulti per rispondere alle fragilità presenti nel con-testo sociale.per gli stranieri in parti-colare sarà importante un’attenzione pastorale non solo per l’evangeliz-zazione dei non cristiani ma anche, per esempio, nei confronti dei cristiani di altre confessioni (per esempio gli ortodossi) che dentro le nostre comunità non trovano spazio, allo scopo di creare occasioni ecumeniche d’incontro, confronto e preghiera.Come abbiamo ribadito nella nostra assemblea diocesana, «ci sta a cuore il volto missionario delle nostre parrocchie e della nostra Chiesa locale: vo-gliamo contribuirvi con la nostra tipica ministerialità di laici associati, collabo-rando alla “realizzazione del fine generale aposto-lico della Chiesa” (art. 1 statuto aC)».

Lab…oratoriodella formazione

Dalle zone la richiesta di una presenza maggioree di prevedere percorsi formativi per gli animatori

daniela mena*

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«L’educatore educa con il suo stile di vita più che con le parole. Per questo l’educatore deve coltiva-re una profonda vita in-teriore, come sintesi tra fede e vita ordinaria, il radicamento nella Pa-rola, l’amore autenti-co verso tutti, l’impegno per il bene comune e la partecipazione responsa-bile alla vita della città» (nel cantiere della Forma-zione).

il progetto Formativo nell’ultimo capitolo par-la della formazione de-gli educatori e degli ani-matori, e indica le com-petenze (= capacità di esprimere giudizi su de-terminati argomenti, per la conoscenza o l’espe-rienza che se ne ha) che ogni educatore dovrebbe cercare di raggiungere. ripercorrendole si sco-prono suggerimenti e ri-chiami da tenere... sul comodino! il pF ci ricorda che da educatori dobbia-mo avere competenze relazionali, che non so-no solo quelle innate, da-te dal carattere, ma sono soprattutto frutto di un allenamento continuo a cercare modi-parole-gesti che sappiano tirar fuori il meglio dai nostri ragazzi-giovani-adulti. Ci spinge ad interrogarci sulle basi del nostro impegno: co-me potremmo essere se-ri nel nostro impegno se non conoscessimo i con-tenuti della fede?sono i binari su cui corre il treno della nostra azio-

ne educativa: se non li avessimo probabilmen-te spesso ci troveremmo impantanati in situazioni dalle quali non saprem-mo uscire, ci troverem-mo senza mete precise, procedendo alla giornata, incapaci di personalizzare la proposta e in difficol-tà a gestire la modulari-tà del cammino. Quindi eccoci alla competenza culturale: l’educatore vi-ve in pieno il suo essere cittadino del mondo e del proprio tempo, sa quindi orientarsi (e farsi un’idea fondata) su temi e proble-mi di attualità, senza alli-nearsi necessariamente al pensiero comune.acquisire competenze, perciò, implica un percor-so anche per gli educatori e la fatica di “imparare”. per questo il pF prevede un Laboratorio dioce-sano della formazione per rispondere all’esigen-za formativa degli educa-tori, per accompagnare le realtà parrocchiali e zonali nel mettere in atto pro-cessi di formazione per gli educatori, per aiuta-re le associazioni parroc-chiali a “cambiare mar-cia” dove da troppo tem-po si ripetono gli stessi schemi educativi. per po-ter parlare agli uomini di oggi l’aC deve rinnovarsi continuamente e, in que-sto sforzo alla ricerca di strade nuove, può con-tare principalmente sulle gambe dei suoi educatori. in questo senso all’inter-no del laboratorio si deve pensare alla formazione

di quelle figure educative nuove, che si impegnino nell’evangelizzazione e nella missionarietà.Che bisogno c’era di un laboratorio diocesa-no? l’intuizione contenuta nel pF è l’aver colto la ne-cessità di dedicare delle persone e uno spazio specifico, a livello dioce-sano e nazionale, soltanto per pensare la formazio-ne, al di fuori delle mille contingenze della vita as-sociativa, che aiuti e faci-liti il coordinamento fra le iniziative di formazione di educatori e animatori, che abbia il suo stile nel lab- (lavoro) e nell’ -oratorio (riflessione-preghiera), che lo deve precedere e seguire. la formazione chiede di approfondire, di sperimentare strade nuo-ve, di metter tempo ad ascoltare per ricomporre i pezzi di un quadro ampio e complesso, che rivela però una grande vitalità e potenzialità incredibili. Questo è quello che co-me laboratorio brescia-no stiamo vedendo con l’analisi dei questionari restituiti. abbiamo deciso di parti-re con un questionario, consapevoli di aggiungere lavoro e pensiero ai pre-sidenti parrocchiali, per capire “a che punto sia-mo” nella diocesi, nelle macrozone, nelle parroc-chie. il dato più eviden-te è la richiesta di essere più presenti e attivi nelle macrozone, in particolare per rispondere a una dif-fusa esigenza di percorsi

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povertàdi formazione per educatori di ogni età: questo significa che da parte degli educatori c’è la volontà di formarsi e di partecipare agli incontri che verranno proposti! È già una buona notizia.accanto ai dati, abbiamo trovato risposte, riflessio-ni e persino una bellissima lettera, che caricano di re-sponsabilità tutti noi: l’ac ha un passato di persone generose, mature nella fe-de e testimoni nella vita...lavoriamo perché questo sia anche il futuro dell’ac!grazie a tutti i presidenti, gli educatori e i consiglieri che hanno compilato con rapidità e precisione il que-stionario: in fondo speria-mo che, oltre all’impegno che vi ha chiesto, anche per voi sia stato spunto per una verifica.Chiudo con una riflessio-ne di paola Bignardi, che ci dice: “che cosa ci guada-gna una persona a met-tersi a disposizione per il servizio di educatore? al piccolo principe la volpe risponderebbe che ci gua-dagna “il colore del grano”. l’educatore ci guadagna rapporti con le persone che danno una straordinaria ricchezza alla sua umani-tà; ci guadagna la possibi-lità di essere testimone del cammino misterioso che la grazia di dio compie dentro la coscienza di tanti ragaz-zi; ci guadagna di toccare con mano, da “dentro”, la ricchezza della vita. guar-dando indietro negli anni, un educatore si accorge di aver avuto infinite occasio-ni per imparare l’umanità; e di essere stato testimone come pochi delle sorprese di dio».

* responsabile Laboratorio dioce-sano per la formazione

la povertà torna al centro dell’attenzione dell’azio-ne Cattolica, dopo la ri-flessione di giovanissimi e giovani durante il mese della pace. il tema infatti offre diversi spunti e ri-sveglia l’attenzione, an-che sollecitata dall’attuale situazione economica. Chi sono i poveri? e come sia-mo chiamati a confrontar-ci soprattutto noi aderenti all’associazione e magari con qualche incarico for-mativo o di responsabili-tà? È una domanda che non possiamo non porci in questo frangente ed è una domanda che dome-nica 22 marzo nel corso del Convegno educatori e giovani abbiamo rivolto al vangelo e a due testimo-ni invitati per l’occasio-ne. gesù ci risponde in-dicando ai suoi discepoli, a noi, l’esempio straordi-nario della vedova povera

che nel tesoro del tempio getta solo due monetine, ma che in realtà getta tutta sé stessa, vivendo realmente nel totale affi-damento al signore del-la vita.

La testimonianza di Ljerka. Ljerka Bakto-vic racconta la sua sto-ria di profuga della Bo-snia erzegovina. lavoro tranquillo, famiglia affet-tuosa, una vita normale, una grande fede in dio. proprio perché cristiana cattolica viene sottopo-sta a un trattamento di-scriminatorio sul posto di lavoro nella Jugoslavia comunista e per migliora-re un po’ le proprie con-dizioni decide di trasfe-rirsi per qualche tempo in germania. durante la sua permanenza lontana da casa, scoppia la guer-ra in Bosnia. ljerka tenta

di ritornare nel suo pae-se, ma le frontiere sono chiuse e lei faticosamen-te riesce solo a entrare in Croazia. senza nessuno, con pochi soldi e con un figlio in arrivo, passa in un breve giro di tempo da una situazione di norma-lità a una povertà mate-riale e soprattutto di con-tatti umani. «l’unica per-sona che mi era rimasta vicina era dio, lui mi ha dato la forza». Con il solo affidamento alla provvi-denza trova il coraggio di ricostruire pezzo per pez-zo la propria vita e quel-la di suo figlio. «Quando ero a zagabria, anche se non mangiavo e avevo il bambino piccolo, conti-nuavo a pensare e a pre-gare per quelli che erano in mezzo alla guerra. non sapevo se i miei genitori erano ancora vivi».grazie a diverse traver-

Tra il dire e il darela povertà chiama

A Villa Pace il convegno educatori e giovaniha incontrato testimonianze della solidarietà

miriam martini

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sie, arriva in italia nel ’94 e appena possibile organizza gli aiuti da portare nel pro-prio paese, distrutto dalla guerra. per quattro anni fa la spola dall’italia alla Bo-snia portando aiuti umani-tari. «Ho vissuto tanti mo-menti difficili, ma anche se ero povera materialmente, sono sempre rimasta ricca spiritualmente. dio portava la croce con me».

Romano e l’esperienza di Camper Emergenza. Ro-mano Damiani presenta il progetto Camper Emer-genza, l’impegno scelto quest’anno dall’azione Cat-tolica diocesana per l’inizia-tiva di solidarietà. romano racconta com’è nato il suo Camper: il grave lutto per la perdita del figlio in un in-cidente del sabato sera ha spinto lui e la moglie (nel-la foto a sinistra) a dare un nuovo senso alla propria vi-ta. l’impegno è iniziato por-tando aiuti nella ex-Jugosla-via, poi in russia, finché ro-

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mano non viene interpellato da una nuova sfida: i pove-ri della sua città. nasce co-sì Camper Emergenza con i suoi molti servizi: dall’assi-stenza ai senzatetto in sta-zione, all’esperienza del dor-mitorio, dall’iniziativa “vieni a pranzo con noi”, in cui si può trovare la serenità di un pasto al caldo tra amici nei giorni festivi, al servizio me-dico e di prima terapia. «lo spirito che ci deve animare è sempre quello dell’aiuto al fratello, perché il pove-ro è prima di tutto nostro fratello». parla dei suoi volontari, un numero che si aggira sui centocinquanta, con un or-goglio di padre, ma cede subito il passo all’umiltà au-tentica, mentre chiede a sé stesso se davvero fa tutto il possibile per il suo fratello povero. poi suggerisce stili di vita: «al povero non da-te soldi, ma piuttosto fer-matevi con lui, offritegli un cappuccino, chiedetegli se ha bisogno di qualcosa. È il

riconoscimento della sua di-gnità come persona che gli serve più del resto».

due diverse prospettive quelle di ljerka e romano, di chi ha subito la povertà e di chi aiuta a sollevarla, che si congiungono in un unico snodo: la dignità di colui che può donare è la stessa digni-tà di colui che può accettare. in entrambi, infatti, è possi-bile cogliere il volto vero di gesù, quello della miseri-cordia e della resurrezione e quello della sofferenza sotto la croce, quella croce che se accettata con amore è stru-mento di salvezza.Una serata di condivisio-ne e di riflessione. la ce-na si è consumata ancora all’insegna di Camper Emer-genza: i partecipanti hanno ricevuto infatti un pasto si-mile a quello che i volonta-ri di romano offrono a chi incontrano per strada: un semplicissimo gesto di co-munione fraterna. la sera-ta è stata animata dal grup-

po musicale dei Greenwich. «il cuore va ascoltato con la stessa attenzione con cui va ascoltata la buona musi-ca», ha detto andrea, uno del gruppo, introducendo lo show.Quattro voci accompagnate da chitarra e basso hanno interpretato canzoni ispira-te alla tradizione inglese e americana degli anni ’50 e ’60. i temi dei brani erano intensi e suggestivi: la no-stalgia di casa, il conforto di un gesto amico, l’amore che salva, la preghiera a dio, misericordioso e accoglien-te. Una performance musi-cale davvero di alto livello, intervallata da un servizio rai sui nuovi poveri, ulte-riore contenuto di qualità alla riflessione. noi parteci-panti del convegno abbiamo quindi ascoltato molto da chi ha dato tanto, ma ora tocca realizzare il duro scarto che c’è tra il dire e il dare, tra il riconoscere il bisogno e il saperlo sollevare concreta-mente.

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Camandolizione completamente diffe-rente, non è però cambia-ta, anzi è quanto mai forte l’esigenza di una tensione del laicato verso un maturo discernimento, per indivi-duare all’interno dei grandi problemi e degli interrogati-vi del nostro tempo le linee per un impegno efficace in vista della costruzione del-la città dell’uomo. operan-do in questa direzione, il meic (movimento ecclesiale di impegno Culturale, ere-de e continuatore dell’impe-gno del movimento laureati di aC) ha svolto negli ultimi due anni un’attività di ricer-ca e di confronto all’interno dei propri gruppi diocesa-ni su alcune grandi temati-che culturali che interpella-no la coscienza dei credenti (ma più in generale di tutti i cittadini che vogliano vi-vere con consapevolezza il proprio tempo). Questo percorso di riflessione ha preso il nome di “Progetto Camaldoli”, a sottolineare una ideale continuità di in-tenti con quell’emblematica esperienza, una uguale ten-sione a vivere in pienezza la propria responsabilità laica-le, pur con le evidenti diffe-renze dovute a un contesto tanto mutato.le istanze maturate nelle singole diocesi hanno tro-vato vari significativi mo-menti di confronto, fino all’assemblea nazionale del movimento che si è svolta a novembre. dal documento assembleare, ulteriormen-te rielaborato, è stato tratto il testo definitivo: Progetto Camaldoli. Idee per la città futura, edito da studium.

Progetto Camaldoliper riscrivere l’ItaliaIn continuità ideale con i professorini del dopoguerrail Meic indica al paese un nuovo Patto di cittadinanza

mariagrazia stella

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poco più di sessanta anni fa, nell’estate del 1943, al-cuni giovani studiosi appar-tenenti al movimento lau-reati di aC si incontrarono presso l’eremo di Camaldoli per condividere un’appro-fondita riflessione sui prin-cipi della dottrina sociale della Chiesa, nella consa-pevolezza di vivere un mo-mento storico complesso, estremamente critico ma anche ricco di prospettive di impegno per dei laici che desideravano dare il loro apporto alla ricostruzione del tessuto economico, ci-vile e politico della nazione. dal fervore di quell’incon-tro e dagli approfondimenti successivi nacque un testo di grande rilevanza, pub-blicato nel ’45 con il titolo Principi dell’ordinamento sociale a cura di un gruppo di studiosi amici di Camal-

doli, poi conosciuto come “Codice di Camaldoli”; un documento realizzato con il dichiarato intento di «of-frire al lettore e all’uomo di azione gli elementi per un orientamento sicuro e al tempo stesso adatto al-la contingente concretezza della fase storica e politica che attraversiamo».

Dal “Codice di Camaldoli al “Progetto Camaldoli”

l’approfondimento delle ac-quisizioni concettuali e delle linee di azione prospettate dal “Codice di Camaldoli” è ancor oggi significativo - il testo è ritenuto uno dei documenti più interessanti della storia italiana del no-vecento - ma ancor più rile-vante ci appare l’esperienza di metodo che fu compiu-ta all’interno del gruppo: l’esperienza di una lettura

attenta del contesto socia-le, scevra da pregiudizi, di un’analisi condotta da di-verse prospettive culturali e professionali ma in unità di intenti; un esercizio di di-scernimento della realtà alla luce di alcuni fondamentali principi ispiratori, destinato a trovare uno sviluppo fe-condo nella partecipazione di vari membri del gruppo all’assemblea Costituente. anche sul piano ecclesiale, la volontà di apertura alle istanze nel mondo moder-no, pur nella fedeltà alla propria ispirazione di fondo, la consapevolezza del pro-prio essere inseriti, da laici, in un cammino comune con quanti avevano a cuore la promozione dell’autentica dignità umana prefigurano una sensibilità che avrebbe trovato approfondimento e maturazione nell’esperienza conciliare. a distanza di tan-ti anni, lo scenario sociale e politico appare radicalmen-te mutato, e tuttora in fase di trasformazione; le acqui-sizioni scientifiche e tecno-logiche si sono susseguite, in questi decenni, a un rit-mo sempre più accelerato, modificando radicalmente le nostre abitudini e gli stili di vita, ma anche la mentalità comune, e svelando poten-zialità in passato inimma-ginabili, ma che suscitano altrettanti interrogativi del tutto inediti. È ormai un luo-go comune dire che viviamo in un mondo globalizzato, ma non sono affatto banali né scontate le prospettive e le problematiche che que-sto ineludibile dato di fatto porta con sé. in una situa-

movimento ecclesiale di impegno culturale (meiC)

in collaborazione con

l’azione Cattolica di Brescia, la CCdC, l’UCid

invita alla presentazione del volume

Progetto Camaldoli.

Idee per la città futura,studium, roma 2008

Brescia, giovedì 14 maggio 2009

Libreria Università Cattolica del S. Cuore

ore 18.00

intervengono:Annamaria DelitalaConsigliere nazionale del meiC

Luciano PazzagliadoCente di storia della sCUola e delle istitUzioni edUCative

presso l’Università CattoliCa del saCro CUore

modera:Luca Ghisleri presidente del meiC di BresCia

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anche il gruppo meic di Bre-scia ha preso parte a que-sto cammino di riflessione, sia con la partecipazione all’assemblea, sia dedican-do i propri incontri ad ana-lizzare in modo approfondi-to, con l’apporto dei mem-bri del gruppo e l’intervento di esperti esterni, le quattro grandi tematiche in cui il progetto si articola:- una riflessione antropolo-gica alla ricerca di un rinno-vato umanesimo, che riesca «a porsi in termini non re-torici la domanda sul fonda-mento e sul contenuto della dignità della persona»;- una riflessione sulla cen-tralità del lavoro all’interno dell’attuale scenario eco-nomico;- un’indagine sui problemi emergenti per quanto ri-guarda l’ambiente, nell’in-tento di trovare i principi etici condivisi per elabora-re criteri di soluzione non estemporanei e su cui fon-dare stili di vita più respon-sabili;- la proposta di un nuovo “patto per la cittadinanza sociale”.si tratta di un percorso di riflessione impegnativo ed arricchente, che si conclude-rà giovedì 14 maggio con un incontro pubblico. l’auspicio è tuttavia che le riflessioni e le proposte formulate nel documento non siano tanto un punto di arrivo, quanto uno stimolo per un dialo-go e un ulteriore confronto, che rafforzi la motivazione all’impegno e orienti nella ricerca di nuove prospettive, per vivere in pienezza le sfi-de del nostro tempo.

la presidenza nazionale dell’aC chie-de alle associazioni parrocchiali e dio-cesane di tutto il paese, e a ciascun socio, di farsi promotori e di adope-rarsi a sostegno delle iniziative volte ad aiutare concretamente quanti in queste ore buie patiscono le conse-guenze del sisma.in particolare, la presidenza naziona-le dell’aC, nella consapevolezza che è necessario ora più che mai agire in comunione con tutta la Chiesa e le istituzioni, e senza lasciarsi andare ad azioni personali, è in contatto co-stante con Caritas italiana, di cui fa proprie le iniziative di solidarietà.

L’AC invita dunque tutti a sotto-scrivere donazioni per gli inter-venti in corso di Caritas italiana (causale “TERREMOTO ABRUZ-ZO”) attraverso il C/C POSTALE N. 347013 o tramite UniCredit BanCa di roma s.p.a. iBan it38 K03002 05206 000401120727

Offerte sono possibili anche tra-mite altri canali, tra cui:

• intesa sanpaolo, via aurelia 796, roma - iban: it19 W030 6905 0921 0000 0000 012 • allianz Bank, via san Claudio 82, roma - iban: it26 F035 8903 2003 0157 0306 097 • Banca popolare etica, via parigi 17, roma - iban: it29 U050 1803 2000 0000 0011 113 • Cartasi e diners telefonando a Ca-ritas italiana tel. 06 66177001 (ora-rio d’ufficio)

In particolare, la Presidenza na-zionale sostiene, attraverso la sua rete diffusa nelle diocesi e nelle parrocchie di tutta Italia, la col-letta nazionale del 19 aprile, do-menica in albis, indetta dalla Pre-sidenza della CEI.l’azione Cattolica italiana, nel ren-dersi disponibile a fare ogni sfor-zo nell’immediato, è già attiva nella progettazione di un’ordinaria azione di sostegno umano e materiale per il dopo, quando i riflettori caleranno, quando occorrerà ricostruire il tessu-to civile ed ecclesiale.

una realtà che ogni anno sostiene la formazione dei soci dell’associazione con i sussidi personali e per i gruppi,e che da oltre settant’annidà voce al pensieroe all’elaborazione culturaledel cattolicesimo italiano.sostenere la Fondazionenon costa nulla:per devolvere il 5x1000 dell’irpefalla formazione associativabasta inserire nel proprio modellodi dichiarazione dei redditi(CUd, 730, UniCo)il codice 96306220581 e firmareil riquadro dedicato al sostegnodel volontariato,delle associazioni e fondazioni riconosciute,come la nostra realtà associativa; è compatibile con la tradizionale donazione dell’8x1000,che anche quest’anno l’ac invitaa devolvere alla Chiesa cattolica.oltre ad apporre la nostra firma, invitiamo parenti, amici,altri soci dell’azione cattolica - e non solo - a fare lo stesso.

Abruzzo, come aiutare i terremotati

la Fondazione apostolicam actuositatem è l’ente che sostiene il progetto formativodell’azione cattolica.lo fa attraverso gli strumentidella promozione culturale.Come le riviste:da Segno a SegnoPer,passando per Dialoghi e per i periodici dedicati ai soci più giovani, Graffiti, RagazziFoglie.ac e La Giostra.e come i libri dell’ave,la storica casa editrice dell’ac,

5x1000: Mettici una firma!Devolvere il 5x1000alla FondazioneApostolicam Actuositatem per sostenere il progetto formativo dell’Azione cattolica

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I campi scuola Ac sono diversi

Tu seguimi!Bambini 6-8

Dal 27 al 30 agosto 2009 gussago, villa pace

QUOTE:

tesserati euro 80,00 - non tesserati euro 90,00

ISCRIZIONE:

tesserati euro 30,00 - non tesserati euro 40,00

TERMINE ISCRIZIONE:

31 luglio 2009

Educatori ACRDal 28 al 30 agosto aprica, Casa vacanze

QUOTE:

euro 65,00

ISCRIZIONE:

euro 20,00

TERMINE ISCRIZIONE:

31 luglio 2009

Mini-campoper famiglieDal 28 al 30 agosto

ponte di legno, villa luzzago

QUOTE:

informazioni presso il Centro diocesano

TERMINE ISCRIZIONE:

31 luglio 2009

Tu seguimi!Ragazzi 9-11 e 12-13

Dal 30 agosto al 5 settembre 2009 aprica, Casa vacanze

QUOTE:

tesserati euro 150,00 - non tesserati euro 160,00

ISCRIZIONE:

tesserati euro 50,00 - non tesserati euro 60,00

TERMINE ISCRIZIONE:

31 luglio 2009

Parto da me!Terza media e GiovanissimiDal 25 luglio al 1 agosto

aprica, Casa vacanze

QUOTE:

tesserati euro 170,00 - non tesserati euro 180,00

ISCRIZIONE:

tesserati euro 50,00, non tesserati euro 60,00

TERMINE ISCRIZIONE:

30 giugno 2009

“La vita quotidiana come via alla santità”

Esercizi spiritualiDal 31 luglio al 3 agosto 2009

gussago, villa pace

QUOTE:

euro 130,00

TERMINE ISCRIZIONE:

24 luglio 2009

Page 31: ACINotizie 2-2009

aci notizie n. 02|200931

Meetingnostro paese) c’è chi non ha i mezzi per realizzare i propri desideri, anche quelli per noi più scontati come il diritto a mangiare, ad istru-irsi, a giocare. Una mostra sui diritti dei bambini. per sottoli-neare l’importanza di ta-le tema durante la gior-nata si potrà visitare una Mostra sulla Convenzione Internazionale dei Dirit-ti dell’Infanzia dal titolo “Ogni DIRITTO resti di-ritto”. È un’occasione per sensibilizzare il mondo degli adulti e la comuni-tà tutta a riflettere su un documento che compie 20 anni proprio quest’anno ma che non sempre, e non dovunque, trova piena rea-lizzazione. È bene invitare, dunque, i genitori dei ra-gazzi, ma anche i giovani e gli adulti dell’associazione a visitare la mostra e, ov-viamente, a prendere par-te alla messa conclusiva. la mostra sarà poi ospita-ta a villa pace per qualche tempo. può essere l’occa-sione per ritornarci con i propri ragazzi o per invi-tare qualche gruppo di ca-techismo o di scuola.siamo certi che questo meeting piacerà un sacco! l’importante, però, è che ogni educatore si prepari a quest’evento conoscen-do bene il sussidio (sul sito diocesano dell’aC). È superata, infatti, la clas-sica impostazione di gio-chi e attività a stand, con-fermando i “grupponi” per archi d’età, accompagnati non più da un “capostand” ma dagli educatori stessi presenti nel gruppo: ogni educatore dovrà essere quindi pronto ad attivare il gruppo, come in una sor-ta di caccia al tesoro, man mano verranno consegna-te le buste con le prove da sostenere! Un meeting diverso nella forma ma uguale nella sostanza per esprimere gioiosamente la voglia di stare insieme, far sperimentare ai ragazzi l’appartenenza all’aC e al-la Chiesa, e testimoniare l’impegno per una civiltà dell’Amore.

Torna il MeetingFesta Acr in città

Quest’anno appuntamento anticipato al 25 aprile.I ragazzi parleranno del tema Diritti verso i desideri

simona Florio

ebbene, sì! Quest’anno l’appuntamento più atteso dai ragazzi (e dagli educa-tori) dell’aCr è anticipa-to! infatti abbiamo scelto di proporre il meeting in una data insolita, ovvero il 25 aprile! Una festa ci-vile che dà più probabilità che le comunità siano li-bere da impegni pastorali e sacramentali. Una data che ricorda un momen-to importante della storia del nostro paese e che, in quanto Cittadini degni del Vangelo, non possiamo di-menticare! Una data in cui vorremmo riproporre, an-nualmente, l’incontro dio-cesano dell’aCr. Un Meeting in città. altra scelta importante è stata l’identificazione della par-rocchia ospitante. Questa

volta abbiamo deciso di ri-manere in città, anche se un po’ in periferia, per ri-dare vitalità a una purtrop-po scarsa presenza dell’as-sociazione su questo terri-torio. in particolare abbia-mo pensato di incontrarci in una zona poco “in”: a san polo, in mezzo a due torri che ospitano molte famiglie in difficoltà e che ben presto si troveranno a dover cambiare casa, amicizie e comunità senza essere state consultate. È proprio qui, nel parco tra le torri e il campanile, che faremo festa. Un momento che sarà dedicato ai ragaz-zi dell’associazione ma an-che a quelli della comunità ospitante, la parrocchia di s. angela merici. l’appuntamento sarà cen-

trato su alcuni diritti dei fanciulli considerati a par-tire dai desideri di ciascu-no. “Diritti verso i deside-ri” sarà il titolo che accom-pagnerà questa giornata. durante tutto l’anno infatti abbiamo riflettuto sui desi-deri di ciascuno per capire quali sono quelli effimeri e quali portano alla vera fe-licità e alla piena realizza-zione. in quest’occasione, infatti, vogliamo sottoline-are come i desideri veri, quelli del cuore, sono desi-deri che hanno tutti e per-tanto sono diritti di tutti! la nostra felicità è responsa-bile della felicità altrui: co-me cristiani e come cittadi-ni di questa terra, non pos-siamo dimenticare o ne-gare che da qualche parte nel mondo (ma anche nel

spazio ac

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Note tecniche

- Iscrizioni entro il 20 Aprile presso la segreteria

dell’Azione Cattolica, via Tosio, 1 Brescia.

tel. 030.40102 - e-mail: [email protected]

- Costo di partecipazione: 1 euro a persona

- Per ulteriori informazioni contattare i

responsabili ACR:

Maurizio Perotti, [email protected]

Simona Florio, [email protected]

Meeting diocesano AcrSabato 25 Aprile 2009

Brescia, Parrocchia

di S. Angela Merici

Diritti versoi desideri!!!Programma

9.00 Accoglienza con musica

e giochi dal palco

10.00 Inizio del Grande Gioco

12.00 Pranzo

13.00-13.30 Animazione dal palco

13.30-15.15 Grande Gioco

15.30 S. Messa

16.30 Festa finale

17.00 Conclusione

Durante tutta la giornata, presso l’oratorio

di S. Angela Merici, si potrà visitare la Mostra

sulla Convenzione Internazionale dei Diritti

dell’Infanzia dal titolo “Ogni DIRITTO resti diritto!”.

La Mostra sarà poi esposta

nei giorni successivi a Villa Pace.

Per informazioni,

vedere il sito www.acbrescia.it