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5 aprile 2011 anno IX - n. 13 [email protected] www.arci.it arci report settimanale a cura dell’Arci Un Governo di cui vergognarsi La Tunisia, piccolo paese alle prese con una difficile transizione politica e sociale, riesce ad accogliere con efficienza e umanità 140.000 profughi dalla Libia. Invece l'Italia, grande potenza europea, annaspa nell’emergenza per l’arrivo di poche migliaia di migranti. Basta questo paradosso a svelare il tragico fallimen- to della politica italiana sull’immigrazione, basata sui respingimenti e la chiusura delle frontiere. Il caos di Lampedusa è frutto di approssima- zione e incapacità, ma anche della furia ideo- logica della Lega, che in questa vicenda ha cercato il proprio tornaconto elettorale. Si sono ostinati a distinguere fra profughi e clan- destini per mostrarsi caritatevoli coi primi e inflessibili con gli altri, ma li hanno divisi in modo casuale e discriminatorio fra centri di espulsione e strutture per l’asilo. Hanno pre- teso di risolvere il problema militarizzando il territorio e hanno spostato l’inferno di Lampedusa a Manduria. Hanno allestito in tutta fretta mega tendopoli chiamandole centri di accoglienza ma in realtà sono centri di detenzione illegali per la stessa Bossi Fini. Strutture insostenibili, prive di servizi essen- ziali, che provocano esasperazione nei migranti e seminano paura nei territori coin- volti. Un errore dietro l’altro. Il ministro degli Interni è il primo responsabile di questa gestione folle, utile solo a fomentare la sin- drome dell’invasione. Noi, fin dal primo giorno, abbiamo sostenuto che si dovesse fare altro. Esercitare le facoltà attribuite al governo dal Testo Unico sull’im- migrazione, che prevede permessi tempora- nei per motivi umanitari. Ricorrere alla prote- zione temporanea prevista dalla Direttiva Europea del 2001, che oltretutto consente ai migranti di uscire dall’Italia ripartendo le responsabilità fra i paesi europei. E poi un piano di accoglienza diffusa: non grandi cen- tri, ma piccoli gruppi distribuiti con la collabo- razione di Comuni e Regioni, in rapporto coi servizi del territorio e con le associazioni. L’Italia, con una consolidata rete di società civile, è capace di gestire l’accoglienza. Lo fece con gli albanesi negli anni ’80 e durante la guerra nei Balcani, può farlo oggi. I circoli Arci ci sono, disponibili a collaborare con gli enti locali per un’accoglienza compatibile e correttamente inserita nei territori. Non ci tiria- mo indietro, facciamo la nostra parte per risol- vere i problemi, per difendere i diritti e la digni- tà dei migranti, per non doverci più vergogna- re del nostro paese. S ono passati due anni da quel terribi- le 6 aprile 2009, quando il terremoto sconvolse l’Abruzzo e il suo capo- luogo. Due anni inutili? No, purtroppo è andata peggio. Altre macerie si sono aggiunte a quelle non rimosse dell’Aquila. Non solo la spazzatura di Napoli o i rottami delle tendopoli e degli steccati dei centri di non accoglienza. Ma le macerie delle istitu- zioni, prese a picconate da un sistema di potere che ha fatto dell’emergenza la sua fortuna e la sua vittima. In questi due anni è poco dire che lo stato ha perso la partita della ricostruzione. Insieme ha perso la dignità. Quest’anno in Abruzzo è invitato solo il Presidente della Repubblica, l’unica istituzione rimasta in piedi. A L’Aquila, lo scrive su queste pagine Carmine Basile, si misura il dramma della lacerazione. Una doppia condizione: una cittadinanza attiva, fatta di associazioni, di solidarietà, di volon- tariato, di coraggio; una passiva perché la città fisicamente non c’è ancora, le hanno impedito di ricostruirsi e di ricostituirsi. Un governo locale che sente appieno la propria responsabilità e l’angoscia di non potervi sempre fare fronte, fino alle dimissioni poi rientrate di un sindaco che mai si è tirato indietro, e uno centrale, tecnocratico a paro- le e a-democratico nei fatti, un governo ‘del fare’ senza la voglia e l’intenzione di farlo, pronto invece a lasciare strada libera a chi vuole trasformare la disgrazia in business con feroce cinismo. Se possiamo dare un consiglio: il Presidente Napolitano consegni una medaglia, anche solo virtuale, al popo- lo dell’Aquila. Perché continua a sentirsi ita- liano, nonostante tutto, in questo 150°. Aquila chiama, Roma non risponde Immagine della tendopoli di Manduria unitic’èpiùsenso Più senso alle idee. Più energia ai progetti Scegli di dare all’Arci il tuo 5X1000 codice fiscale 97054400581 foto: Toti Bello L’Italia non accogliente

Arcireport n 13 - 2011

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5 aprile 2011anno IX - n. 13

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arcireports e t t i m a n a l e a c u r a d e l l ’ A r c i

Un Governodi cui vergognarsi

La Tunisia, piccolo paese alle prese con unadifficile transizione politica e sociale, riesce adaccogliere con efficienza e umanità 140.000profughi dalla Libia. Invece l'Italia, grandepotenza europea, annaspa nell’emergenzaper l’arrivo di poche migliaia di migranti. Bastaquesto paradosso a svelare il tragico fallimen-to della politica italiana sull’immigrazione,basata sui respingimenti e la chiusura dellefrontiere.Il caos di Lampedusa è frutto di approssima-zione e incapacità, ma anche della furia ideo-logica della Lega, che in questa vicenda hacercato il proprio tornaconto elettorale. Sisono ostinati a distinguere fra profughi e clan-destini per mostrarsi caritatevoli coi primi einflessibili con gli altri, ma li hanno divisi inmodo casuale e discriminatorio fra centri diespulsione e strutture per l’asilo. Hanno pre-teso di risolvere il problema militarizzando ilterritorio e hanno spostato l’inferno diLampedusa a Manduria. Hanno allestito intutta fretta mega tendopoli chiamandole centridi accoglienza ma in realtà sono centri didetenzione illegali per la stessa Bossi Fini. Strutture insostenibili, prive di servizi essen-ziali, che provocano esasperazione neimigranti e seminano paura nei territori coin-volti. Un errore dietro l’altro. Il ministro degliInterni è il primo responsabile di questagestione folle, utile solo a fomentare la sin-drome dell’invasione. Noi, fin dal primo giorno, abbiamo sostenutoche si dovesse fare altro. Esercitare le facoltàattribuite al governo dal Testo Unico sull’im-migrazione, che prevede permessi tempora-nei per motivi umanitari. Ricorrere alla prote-zione temporanea prevista dalla DirettivaEuropea del 2001, che oltretutto consente aimigranti di uscire dall’Italia ripartendo leresponsabilità fra i paesi europei. E poi unpiano di accoglienza diffusa: non grandi cen-tri, ma piccoli gruppi distribuiti con la collabo-razione di Comuni e Regioni, in rapporto coiservizi del territorio e con le associazioni. L’Italia, con una consolidata rete di societàcivile, è capace di gestire l’accoglienza. Lofece con gli albanesi negli anni ’80 e durantela guerra nei Balcani, può farlo oggi. I circoliArci ci sono, disponibili a collaborare con glienti locali per un’accoglienza compatibile ecorrettamente inserita nei territori. Non ci tiria-mo indietro, facciamo la nostra parte per risol-vere i problemi, per difendere i diritti e la digni-tà dei migranti, per non doverci più vergogna-re del nostro paese.

S ono passati due anni da quel terribi-le 6 aprile 2009, quando il terremotosconvolse l’Abruzzo e il suo capo-

luogo. Due anni inutili? No, purtroppo èandata peggio. Altre macerie si sonoaggiunte a quelle non rimosse dell’Aquila.Non solo la spazzatura di Napoli o i rottamidelle tendopoli e degli steccati dei centri dinon accoglienza. Ma le macerie delle istitu-zioni, prese a picconate da un sistema dipotere che ha fatto dell’emergenza la suafortuna e la sua vittima. In questi due anni èpoco dire che lo stato ha perso la partitadella ricostruzione. Insieme ha perso ladignità. Quest’anno in Abruzzo è invitatosolo il Presidente della Repubblica, l’unicaistituzione rimasta in piedi. A L’Aquila, loscrive su queste pagine Carmine Basile, simisura il dramma della lacerazione. Una

doppia condizione: una cittadinanza attiva,fatta di associazioni, di solidarietà, di volon-tariato, di coraggio; una passiva perché lacittà fisicamente non c’è ancora, le hannoimpedito di ricostruirsi e di ricostituirsi. Ungoverno locale che sente appieno la propriaresponsabilità e l’angoscia di non potervisempre fare fronte, fino alle dimissioni poirientrate di un sindaco che mai si è tiratoindietro, e uno centrale, tecnocratico a paro-le e a-democratico nei fatti, un governo ‘delfare’ senza la voglia e l’intenzione di farlo,pronto invece a lasciare strada libera a chivuole trasformare la disgrazia in businesscon feroce cinismo. Se possiamo dare unconsiglio: il Presidente Napolitano consegniuna medaglia, anche solo virtuale, al popo-lo dell’Aquila. Perché continua a sentirsi ita-liano, nonostante tutto, in questo 150°.

Aquila chiama, Roma non rispondeImmagine della tendopoli di Manduria

unitic’èpiùsensoPiù senso alle idee. Più energia ai progetti

Scegli di dare all’Arci il tuo 5X1000codice fiscale 97054400581

foto: Toti Bello

L’Italia non accogliente

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A Milano voci e musica contro la guerra e un collegamento con la manifestazione di Roma

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n. 13 5 aprile 2011

C os'è il Villaggio degli aranci diMineo, in provincia di Catania? Sitratta di un ex-villaggio residenzia-

le destinato ai militari statunitensi (che lohanno accuratamente abbandonato dopoessersi accorti che franava), destinatoadesso a diventare un ghetto per richie-denti asilo. Ha un nome nuovo, altisonan-te: Villaggio della solidarietà. In realtà leparole nascondono la politica di segrega-zione e l'intolleranza del governo. A Mineo ci siamo andati assieme ad altreassociazioni e ad altri compagni anti-razzi-sti della provincia; abbiamo cercato e stia-mo cercando di costruire un percorso al-ternativo alle dissennate politiche dellaLega; abbiamo cercato e cerchiamo anco-ra di frenare le forze reazionarie di questoPaese che, di fatto, stanno costruendo un

ghetto, alimentando paura e tensione nellecittà circostanti. E che sia nei fatti un ghet-to lo abbiamo appurato il 3 aprile, quandocol nostro carico di solidarietà, pranzi so-ciali e assistenti legali, ci siamo piazzati difronte al CARA e abbiamo scoperto comea suon di rimproveri ed ordini, la polizia‘regolamenti’ (a volte anche con qualcheschiaffo per far rispettare la fila) la vita deirichiedenti asilo, in maggioranza afgani,pakistani e tunisini.Si dice che tutti gli ‘ospiti’ della solidarietàpossano liberamente uscire dal campo etornare quando vogliono. Ma dove andarea piedi se il centro abitato più vicino sitrova a 15 km? Ed ecco che inizia un'interminabile proces-sione, in attesa del ‘kapò’ di turno che èpronto a comprare per due soldi le braccia

straniere che possono brutalmente esseresfruttate - abusivamente - nelle campagnecircostanti. Arci Catania c'era e lo può te-stimoniare. A Mineo è necessario costrui-re, anche in futuro, una mobilitazione cor-posa, interminabile, colorata che permettadi tagliare il filo spinato delle frontiere cheil razzismo istituzionale sta artatamentecostruendo. Ed è ancora più importante farlo ora, intempi di guerra e a due passi dalla Base diSigonella da dove decollano di nuovo icaccia carichi di morte. Dobbiamo ancoraribadire cha la Sicilia è terra di pace e diaccoglienza, così come ci ha insegnatoPio La Torre e tutti quelli che come luihanno creduto e continuano a credere cheun altro mondo è possibile e inizia ora.Info: [email protected]

M ilano 2 aprile: si torna in PiazzaFontana, nel luogo più triste dellaMilano che lotta e resiste.

Piazza Fontana, dopo che sindaco e vice-sindaco hanno vietato manifestazioni inpiazza della Scala davanti a PalazzoMarino, è tornata a raccogliere le voci dellaprotesta milanese. Quindici giorni dopo la riuscitissima mani-festazione contro la chiusura di locali gio-vanili e circoli Arci, si torna in piazza peruna mobilitazione contro la guerra e la cul-tura della guerra indetta dal Coor-dinamento 2 aprile in molte piazze delPaese. Ancora una volta Arci Milano è tra i promo-tori della manifestazione. Dalle 16 alle 19 circa un migliaio di perso-ne si ferma ad ascoltare voci e musica con-tro la guerra e a condividerne la protesta. La manifestazione, come noto, è stataindetta per sostenere le rivoluzioni e lelotte per la libertà e la democrazia deiPopoli mediterranei e dei Paesi arabi. Contro le dittature, i regimi, le occupazionimilitari e le repressioni in corso. Mentre sul palco Alessio Lega canta con laconsueta forza, incontro un compagnodell'Anpi venuto in piazza per portare unsaluto dell'associazione cittadina e nazio-nale. Mi dice: «prendo atto, certo, della risolu-zione dell'Onu per la Libia, quel popolo vadifeso, ma sono fermamente convinto nonsolo che l'Italia ripudia la guerra come

mezzo per risolvere le controversie inter-nazionali, ma che, soprattutto, non si aiutala nascita di nuove realtà democratiche nécon la guerra dall'alto, né dal basso». Sul palco prende la parola Ilaria Scovazzi,di Arci Milano, che invita tutti noi a nondimenticare le violenze che abbiamo incasa: il CIE (centro d'identificazione edespulsione) di via Corelli. In via Corelli non ci si può lavare, non c'èun'adeguata assistenza medica e soprat-tutto non si può comunicare con l'esterno,né con familiari e amici né, soprattutto, congli avvocati. I cellulari vengono requisiti dal10 ottobre scorso.Mentre il poeta Chinasky legge sue pre-gnanti poesie e un breve, emozionantebrano di Boris Vian, sento qualcuno chenon vuole più sentirne di parole come ‘mis-sione umanitaria’ e snocciola come fosseun rosario Afghanistan, Iraq e Kosovo...Interventi e musica si susseguono senzapause. Poi telefonicamente arriva da Roma lavoce di Emergency con Cecilia Strada:«Oggi la guerra è ‘contro Gheddafi’: civiene presentata, ancora una volta, comeumanitaria, inevitabile, necessaria...»Sempre telefonicamente ci giunge la vocedalla Tunisia di un giovane impegnato nellaricostruzione democratica del Paese che,dopo aver preannunciato una manifesta-zione a Tunisi durante la visita di Berlusco-ni, applaudito ironizza: «Forse dopo la villaa Lampedusa acquisterà qualche altra villa

anche qui da noi, in Tunisia».Lascio Piazza Fontana al tramonto. Mi gira in mente una frase che sembrastrana, forse anche un po' stonata di que-sti giorni: «Lavorare per la pace è sempli-ce, complicatissimo, soprattutto necessa-rio».Info: [email protected]

Un resoconto dell’Arci che insieme ad altre associazioni antirazziste ha visitato il Villaggio della solidarietà a Mineo

Il 2 aprile è stata la Giornata nazionaledi mobilitazione contro la guerra,

per fermare i bombardamenti e imporre il cessate il fuoco in Libia,per sostenere le rivoluzioni e le lotte

per la democrazia e la libertà deipopoli mediterranei e del mondoarabo, per garantire accoglienza

e protezione ai profughi e ai migranti,opporsi alle dittature, ai regimi,

alle occupazioni militari, alle repressioni in corso.

Ci sono state iniziative a Roma e in altre 40 località italiane:

da Aviano a Manduria a Ventimiglia a Milano a Genova a

Firenze a Vicenza. Il primo aprile si è manifestato

all'Aquila, il 3 a Sigonella e a Mineo. All’appello del Coordinamento 2 aprile

hanno aderito centinaiadi organizzazioni, associazioni,

movimenti, singoli cittadini.Per adesioni e informazioni:

[email protected]

2 APRILE

notizieflash

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Al termine di un incontro con il rappresen-tante della politica estera di Bengasi, Ali AlIsawi, il ministro Frattini ha annunciato chel'Italia riconosce il Consiglio nazionaletransitorio (Cnt) dei ribelli come unico inter-locutore politico legittimato a rappresenta-re la Libia. Il ministro non ha escluso lapossibilità di fornire armi ai ribelli comesoluzione estrema per difendere i civilidagli attacchi di Gheddafi e ha avvertito laFrancia che l'Italia resterà partner privile-giato della Libia. La decisione più attesaera ovviamente il riconoscimento dei ribel-li come rappresentanti della «nuova Libiademocratica», dopo la presa d'atto che ilregime ha perso ogni «legittimità o credibi-lità». Molto presto, forse già in settimana, ilconsolato italiano a Bengasi si trasformeràin una sorta di ambasciata presso il Cnt,con l'apertura di un ufficio di rappresentan-za che sarà guidato dall'attuale consoleGuido de Sanctis. Altra questione molto delicata è quelladelle armi ai ribelli, dopo che il Cnt haammesso di averne già ricevute dal Qatare di essere in trattativa con l'Egitto per altreforniture. Isawi ha spiegato di non aver

chiesto ufficialmente armi all'Italia, ma haricordato che in base alla risoluzione 1973«si può permettere alle persone di difen-dersi fornendogli i mezzi per farlo». Frattiniha concordato con questa interpretazione,sostenendo che la fornitura di armi da unpunto di vista legale sarebbe «ammissibi-le». D'accordo l'esponente libico e quelloitaliano anche sulla non credibilità dellaproposta del cessate il fuoco avanzatanelle scorse ore da Gheddafi, mentre con-tinua ad attaccare i ribelli. Intanto il Cntaccelera il lavoro sul campo mediatico. Gliinsorti hanno aperto 'Libia Al Ahrar' (Libiadei liberi), un canale satellitare che serviràa far giungere la voce degli insorti in tutto ilmondo. Isawi ha anche reso noto il documento pro-grammatico del Cnt in cui grande risaltoviene dato al riconoscimento delle libertàe dei diritti umani, insieme all'impegno acombattere qualsiasi interferenza esterna,si tratti di Al Qaeda o di truppe straniere.Ha assicurato che appena le condizioni loconsentiranno, ci saranno libere elezioni eil popolo potrà liberamente scegliere i suoirappresentanti.

internazionali

arcireport

L a rivoluzione dei gelsomini e la crisilibica hanno letteralmente ribaltato loscenario della politica di cooperazio-

ne nell'area mediterranea per i Paesi euro-pei, soprattutto per l'Italia, da qualchetempo assai occupata a garantirsi un ‘postoal sole' nelle trattative di scambio economi-co e negli investimenti finanziari, con ritornivantaggiosi per il mondo delle grandi emedie imprese. I governi con cui erano statifatti accordi oggi non esistono più, scardi-nati in Tunisia e in Egitto da rivolte popolariche hanno messo a nudo il loro carattereantidemocratico; in Libia il Rais alleato èattore di una sanguinosa guerra civile edimbarazzanti sono stati gli equilibrismi tatti-ci che la Farnesina e il Presidente del

Consiglio hanno messo in gioco permascherare la mancanza di una strategiadiplomatica seria di uscita dal precedente'abbraccio mortale'. Questo carosello depri-mente della politica estera governativa siscontra con un attivismo immediato delvolontariato e associazionismo solidale ita-liano impegnato nell'accoglienza dei profu-ghi, come nel sostegno diretto alla societàcivile tunisina ed egiziana, nel rafforzamen-to delle attività di solidarietà e cooperazioneche le ong già svolgono in quei Paesi.Senza aiuti dalla cooperazione ufficiale delMinistero Affari Esteri, che ha fino ad oggisostanzialmente deciso di dare un contribu-to alle attività di emergenza facendo tutto'da sé'. Vi è una promessa di coinvolgere lasocietà civile italiana in programmi di rico-struzione materiale e civile a seguito di que-sta prima fase, ma con quali risorse?Durante e dopo la lunghissima crisi balca-nica, con la ricostruzione dopo la guerraisraeliano-libanese, l'apporto delle ong,delle associazioni, degli enti locali e anchedel privato profit ha dato alla politica esteraitaliana un'impronta e una forza di relazionecomunitaria che, anche adesso che gli

investimenti sono finiti o ridotti, ha costruitopercorsi di scambio e collaborazione inter-nazionale di grande reciprocità. Viene dadomandarsi che cosa si aspetti nell'imme-diato domani il Governo italiano da una pre-senza e un protagonismo così deboli epoco coinvolgenti e organizzati, in una pro-spettiva che si allontana sempre più da unanuova, trasparente e forte politica di coope-razione con le giovani democrazie che sistanno costruendo (pur tra tante contraddi-zioni e difficoltà) sulle sponde nordafricanedel Mare Nostrum. Le ong italiane si stannoavviando a chiedere urgentemente unaconferenza nazionale indetta dal Governoitaliano sulla politica estera in Medioriente enel Mediterraneo: non è una provocazione,è la richiesta di una trasparente presenta-zione dello stato delle cose, di un confrontodiretto con la società civile italiana e dellasponda sud che lavorano per la pace, il dia-logo, la ricostruzione. È un nostro dirittocome cittadine e cittadini essere informati eavere spazi e modi di esprimersi, dissentireufficialmente e denunciare tesi e indirizziche non condividiamo. Info: [email protected]

Nella società civile la speranza e la forza per ricostruire una politica di cooperazione, pace, dialogo

L'Italia riconosce il Cnt dei ribelli comeunico legittimo rappresentante della Libia

La Conferenza dellasocietà civile afganaSi è tenuta a Kabul il 30 e 31 marzo laprima Conferenza della società civile afga-na. Coordinamento, trasparenza, unionenei valori e nelle priorità politiche, unicavoce rispetto al governo e alle altre istitu-zioni, sono le principali parole d'ordinecolte durante i lavori e riprese nel docu-mento finale. Il documento, il cui titolo èRafforzare il ruolo delle organizzazionidella società civile nei processi decisionali,è stato approvato dai 150 delegati e dele-gate provenienti da 34 province.Sei i punti chiave, letti in dari e pashtu. A questa Conferenza nazionale seguirà,nel mese di giugno, la Conferenza interna-zionale della società civile afgana, aRoma, per darle voce a livello internazio-nale e rafforzare la sua credibilità e il suoriconoscimento. Le due conferenze, insieme ad una ricercasulla società civile afgana ed altri momentidi approfondimento accademico e di coin-volgimento sociale e politico in Italia, fannoparte di un programma della rete Afgana,composta da ong, associazioni, organizza-zioni sociali e sindacali, accademici, ope-ratori dei media, cittadini attivi.

Il 9 aprile alle 20 al circolo ArciCasseta Popular viene inaugurata la mostra fotografica Over the walldi Jacopo Sant e Luca Culeddu.A seguire serata palestinese. Lamostra resta esposta fino al 28 aprile

GRUGLIASCO (TO)

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n. 13 5 aprile 2011

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4internazionali

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U na delegazione di 12 persone, esponenti didiverse organizzazioni italiane, è dal 1 aprile inTunisia per una visita di solidarietà e cono-

scenza su invito delle organizzazioni tunisine delForum Sociale del Maghreb. La visita prevede unaserie di incontri con i protagonisti della rivoluzione e daTunisi ha raggiunto Kasserine, Sidi Bouzid e i campi alconfine con la Libia.Pubblichiamo gli ‘appunti di viaggio’ che ci ha inviatoRaffaella Bolini.La delegazione non è formata solo da italiani. Ci sonoattivisti di Senegal, Marocco, Costa d’Avorio, Francia,Algeria, Spagna, Regno Unito, Finlandia, Grecia.Arrivati a Tunisi venerdì sera, ci colpisce la vivacitàdella città. I locali sono aperti, c’è gente per strada.Qualche blindato sosta vicino agli edifici ‘delicati’. Almattino vediamo che le edicole sono piene di quotidia-ni che ci tengono a definirsi ‘indipendenti’. Molti titolisono dedicati agli sbarchi a Lampedusa e al modo di-sumano in cui i migranti sono trattati.Sabato abbiamo raggiunto Kasserine, la città che hapagato il più alto tributo alla rivoluzione con 62 giovaniuccisi durante le manifestazioni dell’8 gennaio.Sulla piazza principale sono montate delle tende, condentro i 25 giovani che da giorni sono in sciopero dellafame. Intorno, appesi a fili, sventolano centinaia didiplomi. Migliaia di sogni spezzati, per una gioventùpovera nata in famiglie povere, che hanno investitotutto sull'istruzione di figli che da anni sono senza lavo-ro. Nell'assemblea organizzata per noi nella sede delsindacato, uomini e donne mostrano le foto dei figliammazzati. È un’assemblea dura, di gente arrabbiata.«Abbiamo fatto la rivoluzione, abbiamo dato i nostrifigli, ma qui non cambia niente».Il governatore è stato sostituito, ma il suo entourage èquello di prima, e la corruzione è la stessa. «Quelli chehanno sparato ai ragazzi sono liberi. Il governatorenon risponde alle nostre richieste, e a Tunisi pensanosolo a costruire partiti e partitini. Ma a noi non servo-no decine di partiti, a noi serve giustizia, ascolto, lavo-ro. La rivoluzione l'abbiamo fatta per il lavoro, e fino ache non l’avremo non ci fermeremo».Lavoro qui vuol dire salari di alcune decine di euro almese. Nel settore privato si lavora senza contratto, conla possibilità di essere licenziato da un giorno all'altro.«Solo il lavoro dà dignità» ripetono tutti.Gli alberghi in cui dormiamo sono tutti vuoti, mentreprima i turisti li riempivano tutto l’anno. Stai qui e pensialle tante persone, anche per bene, che si chiedonoperchè migliaia di arrivi dalla Tunisia dove la guerranon c'è. Arrivano perchè il poco lavoro che c'era è spa-rito, in questo periodo confuso.Nella sala del sindacato di Kasserine parla un ragazzoche non ha più una gamba. «Ho perso una parteimportante di me nella lotta per il mio paese - dice.Tanti hanno sacrificato la vita, ora vogliamo essereascoltati. E se continuano a non farlo, scenderemo dinuovo in strada».Parla una mamma, e piange. «Soffriamo e viviamonella memoria dei nostri figli che niente e nessunopotrà restituirci. La gente di Kasserine ha iniziato la

rivoluzione, e tutte le volte che un disoccupato va allaprefettura viene umiliato. A qualcuno hanno promessosoldi, ma noi non li vogliamo. Non venderemo lamemoria dei nostri figli per denaro. Chiediamo che siaportato in giudizio chi ha armato coloro che hanno spa-rato: il regime, il ministro dell'Interno, il partito, la poli-zia. E vogliamo che sia fatto pubblicamente, perchè lagente deve sapere».È difficile la transizione. La rivoluzione non è davveroun pranzo di gala. A Tunisi la polizia ha caricato i cor-tei che protestavano contro il cambio al Ministerodell’Interno. Al posto del ministro gradito al popolo, noncompromesso con il regime, è stato appena nominatoun personaggio di cui nessuno si fida.Tutti quelli che incontriamo ci dicono che non hannofatto la rivoluzione solo per sbarazzarsi del dittatore maper conquistare diritti e dignità. E protestano controuna gestione della transizione che da un lato permettealla pervasiva struttura del vecchio regime di sopravvi-vere e dall'altro si concentra solo sull'assetto politicoistituzionale e non su quello sociale.La rivoluzione non è finita, deve continuare, ci dicono.Sentono di vivere un momento straordinario, ma necapiscono tutti i rischi, incluso quello che se ne rove-sci il segno laico e progressista. Rivendicano che ledonne sono state in prima fila e che indietro non sitorna. Ci spiegano che la rivoluzione non è esplosaall'improvviso, ma è stata il frutto delle lotte che si sonosviluppate negli anni sfidando il regime, di scioperi, dibattaglie operaie contro le privatizzazioni, delle mobili-tazioni degli studenti, della grande lotta del distrettominerario di Gafsa con i suoi morti e i leader sindacalimessi in carcere.«La rivoluzione - ci dicono - è esplosa quando la mag-gioranza della gente ha superato la paura di scenderein strada per rivendicare i propri diritti. Questo è stato ilvero cambiamento dei giorni di gennaio: la fine dellapaura che ti fa accettare qualsiasi cosa».Ma anche ora non c'è pace. Sabato a Tozeur la poliziaha sparato a un ragazzo, i dimostranti hanno preso ilgovernatore e lo hanno buttato fuori dalla città.A Kasserine abbiamo dato un passaggio all'ospedalea una donna disperata: il figlio si è dato fuoco per pro-testare contro la detenzione del fratello, incarcerato etorturato durante le manifestazioni.La situazione resta difficile. La politica si prepara alleelezioni del 24 luglio per l'Assemblea costituente. Èstato formato un Consiglio di difesa della Rivoluzione,dove siedono forze politiche, della società civile e per-sonalità. Dovrebbe essere consultato sulle scelte delgoverno, che invece cerca di sottrargli campo di azio-ne.La rivoluzione non ha abbattuto le istituzioni, ha sceltola strada del cambiamento democratico. Qualche mini-stro è stato sostituito, ma per l’Assemblea Costituentebisogna aspettare le elezioni, che non si possono faretroppo in fretta perchè le forze democratiche devonoavere il tempo di organizzarsi. E questo tempo si pre-sta a molti rischi.Il sindacato, l'Unione Generale dei Lavoratori TunisiniUgtt, schierato con la rivoluzione, dice che non vuole

fare la fine di Solidarnosc che si è trasformato in forzapolitica, e che rimarrà organizzazione sociale.I giovani e i cittadini si organizzano, anche se molti nonsanno neppure cosa voglia dire. Chiedono di essereaiutati a capire come si fa associazionismo.Ma loro, che non hanno esperienza, possiedono qual-cosa di prezioso: l'energia e il coraggio, la consapevo-lezza di poter contare, l'orgoglio di avercela fatta.Nel deserto, alla frontiera con la Libia alla quale ci stia-mo avvicinando, la Tunisia ha accolto 140mila profughi.La gente ha raccolto tanti aiuti da doverli poi redistri-buire negli ospedali.«La Tunisia è un paese piccolo, ma ha un cuore cosìgrande da poter accogliere tutta l'umanità», ci diconoorgogliosi. Beati loro, noi siamo una grande potenza esiamo riusciti a trasformare in una emergenza dram-matica l'arrivo di 20mila persone.«Ma qui c'è la rivoluzione», dicono ridendo e ti guar-dano con quelle facce da poveri da mille generazioniche avevamo noi cinquanta anni fa e con la stessadignità antica dei nostri nonni.E tu pensi che dovresti fare i salti mortali per aiutarli,loro che con la forza della partecipazione nonviolentahanno cambiato la storia. Bisognerebbe aiutarli ora,prima che questa ondata di cittadinanza attiva rifluisca.Dovrebbero riuscire a costruire il massimo di societàcivile organizzata, per non far tornare a casa questomare di ragazzi e ragazze. Solo così il loro lavoro futu-ro sarebbe più facile, i pericoli più arginabili.Ma noi chiudiamo dietro le reti i loro figli, nipoti, fratel-li, mariti. E il governo italiano va a Tunisi non per con-gratularsi, non per domandare in che modo sostenereil processo democratico. Arriva per dire di stare lonta-ni, di non caricarci dei loro problemi neppure un po'.Ci applaudono quando raccontiamo del lavoro che fac-ciamo con i migranti, delle cinquanta manifestazionidel 2 aprile. Raccontiamo solo le cose belle, non è giu-sto gettargli addosso i nostri problemi. Non gli diciamola vergogna di venire da un paese che in maggioranzali butterebbe a mare.Lunedì siamo arrivati al campo di Choucha, una gran-de distesa di tende che arriva fino alla frontiera libica,6 km più in là. Il portavoce dell’Unhcr ci descrive la col-laborazione straordinaria dell’esercito e della popola-zione, «una cosa mai vista in tanti anni di attività». E diprofughi ne sono arrivati a migliaia dal 20 febbraio.Quasi tutti quelli che volevano e potevano tornare acasa sono stati rimpatriati. Al campo adesso ci sono10mila profughi, l’80% vuole tornare al suo paese mai fondi dell’Oim per pagare i viaggi sono finiti. In grandemaggioranza sono lavoratori che risiedevano in Libia,fuggiti allo scoppio della guerra. Duemila sono richie-denti asilo, e secondo l’Unhcr che sta facendo il censi-mento almeno il 99% ne ha diritto.Sarebbe un bell’aiuto anche per la Tunisia se l’Europali accogliesse. L’Alto commissariato è preoccupatoanche per quelli che non arrivano. Il flusso si è quasiinterrotto eppure la guerra continua. Probabilmente levie di fuga sono bloccate. Ma nella parte di mondo chebombarda in nome dei diritti umani di questo nonimporta a nessuno.

Appunti di viaggio dalla Tunisia

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D ecine di persone stanno raggiun-gendo Ventimiglia: sono giovanitunisini che hanno attraversato il

mare fino a Lampedusa e poi hanno percor-so tutta l’Italia per arrivare al confine italofrancese nella speranza di attraversarlo perraggiungere familiari e amici, oppure percontinuare il loro viaggio in Europa. Mahanno trovato la frontiera blindata e cosìcentinaia di migranti si sono raccolti intornoalla stazione di Ventimiglia nell’indifferenzadella città e soprattutto della sua Am-ministrazione. Lunedì, quando siamo andatia verificare la situazione, li abbiamo trovatiche dormivano ammassati all’ aperto, alcu-ni digiuni da giorni, in condizioni igienicosanitarie disastrose e uno stress psicologicoenorme: da giorni in fuga, la preoccupazionedel foglio di via, la solitudine, l’isolamento … Grazie ad una immediata mobilitazione pro-mossa da Arci, Cgil, dal centro sociale Spese da altre associazioni ci si è potuti subitoattivare con una campagna di solidarietà perfornire innanzitutto supporto umanitario con

distribuzione di cibi caldi, bevande e coper-te, assicurando anche assistenza sanitaria esostegno psicologico.Il secondo passo è stato quello di costringe-re le Amministrazioni locali ad affrontare l’e-mergenza con dignità per restituire un voltoumano alle nostre città: la pressione in que-sto senso è stata tradotta in una mobilitazio-ne su Ventimiglia nell’arco di tutta la setti-mana culminata poi nella manifestazione del2 aprile, in coincidenza con quella a Roma ein tante altre città, organizzata simbolica-mente proprio in piazza della Stazione.Una delle richieste avanzate dalle associa-zioni che fanno parte del CoordinamentoAntirazzista imperiese sono l’adozione diuna politica di accoglienza che sia rispetto-sa della libertà e dei diritti di tutte le persone:in merito a ciò abbiamo già ottenuto deirisultati perchè l’Amministrazione ha messoa disposizione una palazzina, l’ex casermadei Vigili del Fuoco, dotata di servizi igienicisoddisfacenti ed allestita per 120 posti letti.La Protezione Civile che gestisce il tutto for-

nisce anche il pasto caldo serale.Quello che adesso ci preoccupa di più sonoda un lato i respingimenti francesi che sicu-ramente provocheranno un aumento deimigranti a Ventimiglia e, in seguito a questo,il rilascio del foglio di via da parte della poli-zia comporta l’obbligo di lasciare il territorioitaliano entro cinque giorni se non si vuoleincorrere in un reato penale. Proprio per questo, le altre richieste delCoordinamento riguardano l’abolizione dellefrontiere e la libera circolazione delle perso-ne, ma è stato anche chiesto al Questore dirilasciare, come prevede la legge, permes-si di soggiorno temporanei per ragioni uma-nitarie. Nel frattempo alcuni avvocati volon-tari si sono messi a disposizione - e già lostanno facendo - per inoltrare i ricorsi con-tro i fogli di via già consegnati.Questa è la cronaca di ciò che da giorni stasuccedendo, ma il timore è che la situazionepossa peggiorare visti i continui arrivi dauna parte, e il ritardo cronico delle istituzionidall’altra. Continueremo quindi ad adoperarci e a vigi-lare affinché la crisi abbia un esito positivo,come noi auspichiamo.

I l primo gruppo di 250 migranti tunisini èarrivato il 27 marzo da Lampedusanella tendopoli di contrada Paione a

Manduria, in provincia di Taranto, nell'areadell'ex aeroporto militare utilizzato fino aglianni quaranta e poi dismesso. «La tendopoli di Manduria non ospiterà piùdi 1500 immigrati - rassicurava il sottose-gretario agli Interni Alfredo Mantovano,intervenendo al Consiglio comunale straor-dinario convocato dal sindaco di Manduriaper esaminare la situazione dei profughi -È una soluzione dettata da un'esigenzaassolutamente transitoria, e non sarà l'uni-ca». Poi aggiungeva «la tendopoli di Manduriaè un'estensione di Lampedusa, dove si stagestendo la prima accoglienza. Di certonon è un Cie. Chi se ne andrà volontaria-mente perderà il diritto di asilo e diventeràclandestino». Il sottosegretario e il sindaco sono oradimissionari! Eppure lo sguardo verso lamega-tendopoli fa pensare a un campo diconcentramento o qualcosa del genere;impressione rafforzata dal fatto che proprioin queste ore stanno sostituendo la rete

che circonda il campo col filo spinato. Gli angoli sono presidiati da agenti in tenu-ta antisommossa, l'ingresso è blindato e igiornalisti e i rappresentanti delle associa-zioni non possono avvicinarsi neppure alperimetro. Ma per quanto sia difficile entra-re nella tendopoli, è facile uscirne sullaprovinciale tra Oria e Manduria. Dopo gli allontanamenti di questi giorni,alcune centinaia di migranti tunisini hannoavviato una protesta nel pomeriggio disabato 2 aprile con l'arrivo dei manifestan-ti, e da ieri si trovano all'esterno, dopo averdormito tutta la notte all'aperto, in segno diprotesta contro il governo italiano per iritardi nell'ottenimento di un eventuale per-messo di soggiorno temporaneo o nellapossibilità di presentare richiesta di asilo,controllati a vista da un centinaio di poli-ziotti. Intorno alla tendopoli sono all'opera pattu-glie di carabinieri e guardie forestali acavallo: in più di un'occasione gli agentisono intervenuti per rincorrere e ricondurrenel campo gli immigrati che sfondano lerecinzioni e fuggono attraverso i prati neltentativo di raggiungere la stazione ferro-

viaria. I migranti tunisini lamentano, oltre allamancanza di informazione legale, le condi-zioni disumane in cui sono stati accolti:tende con un sottile materassino per terra,un pasto al giorno, nessun vestito, nientericariche telefoniche, un presidio sanitarioallestito in tutta fretta in un gazebo aperto. La tendopoli che ancora oggi appare privadi una chiara configurazione giuridica (siè parlato di un CAI - centro di accoglienzae identificazione), è l'opposto di un model-lo di accoglienza ed è soltanto il simbolodell'arroganza priva di razionalità chemette a rischio la tutela di diritti umanifondamentali. L'Arci Puglia, attraverso il lavoro dei mili-tanti e dei circoli, è costantemente presen-te per fornire sostegno e sta facendo il pos-sibile per poter entrare nella tendopoli. Alla Regione chiediamo che promuova alpiù presto un Tavolo per programmare gliinterventi nel territorio, un piano di acco-glienza alternativo e diffuso che plachi ilclima di insofferenza e intolleranza che latendopoli sta generando. Info: [email protected]

Condizioni disumane e mancanza di informazionelegale per i migranti tunisini arrivati a Manduria

Tra l’indifferenza della città e dell’Amministrazione le associazioniforniscono supporto umanitario ai migranti giunti a Ventimiglia

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Articolo di Khalid Rawash, medico giordano presidente dell’Associazione‘Mondo Immigrato’ di Imperia, circolo Arci Handala

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L a collina della vergogna. È così chei lampedusani ormai chiamano latendopoli di Cavallo Bianco, a ridos-

so del porto vecchio, dove per settimane sisono accampate le migliaia di persone, ingran parte tunisini, che sono riuscite adarrivare vive a Lampedusa nella speranzadi raggiungere la Francia o l'Italia alla ricer-ca di un lavoro o anche solo per ricongiun-gersi con i propri familiari. L'apice del disastro è stato raggiuntoquando gli sbarchi hanno portato nell'isolaquasi 7mila persone a fronte di una popo-lazione complessiva inferiore alle 5milaanime. L'accampamento di fortuna improvvisatodagli stessi tunisini si è trasformato in bre-vissimo tempo in una vera e propria fognaa cielo aperto; le tende non sono altro chesacchetti dell'immondizia aperti e dispostia parete per proteggersi dal vento, legatialle lenzuola di carta fornite dalla protezio-ne civile, dentro le quali ragazzi poco piùche ventenni si stringono la notte per vin-

cere il freddo. Gli stessi ragazzi che aspet-tano l'arrivo di altri barconi partiti pocodopo di loro e che, in alcuni casi, non sonomai arrivati. È questo il primo impatto cheabbiamo avuto appena arrivati sull'isola edi fronte a tanta disperazione il senso diimpotenza ci ha subito rivelato l'inadegua-tezza delle risorse a nostra disposizione. La gran parte dei lampedusani, anche imeno disposti ad accogliere questa massagigantesca di nordafricani, ha contribuitoall'attuazione di importanti pratiche di soli-darietà. Straordinario è l'impegno dell'Associazio-ne Askavusa, che ho avuto l'onore diseguire e sostenere insieme ad altri com-pagni del circolo Arci Malaussène, deiGiovani Comunisti e dei Laici Combonianidi Palermo durante la settimana di perma-nenza a Lampedusa organizzata dalForum Antirazzista di Palermo. Askavusa è una piccola associazione, benradicata nel suo territorio e non ha esitatoad impiegare tutte le proprie energie per

compensare la assoluta assenza di ungoverno che ha di fatto scaricato sui lam-pedusani la gestione di una emergenza lacui responsabilità è prima di tutto europea.Ma non basta. Abbiamo anche provato ad amplificare ilsignificato politico della nostra presenza aLampedusa aderendo alla campagnaWelcome e collaborando con i ragazzi diMeltingPot impegnati nel monitoraggiocontinuo di quanto avviene a Lampedusa,ma è fondamentale che tutto ciò vengasupportato da tutti i movimenti, le organiz-zazioni partitiche, sindacali e associativeantirazziste che decidano di collaborare alivello nazionale per denunciare le realiresponsabilità dei cadaveri di tanti giovanifiniti sul fondo del Mediterraneo e dell'umi-liazione inflitta a tutti coloro che ce l'hannofatta ma che sono colpevoli di essere natipoche centinaia di chilometri più a suddella frontiera che divide il mondo ricco,democratico e opulento da tutti gli altri. Info: [email protected]

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La serie di bugie e figuracce che ilgoverno sta collezionando sullavicenda degli sbarchi e dell'acco-

glienza è lo specchio dello stato in cuiversa la nostra democrazia. Ormai la pro-cedura normale con la quale si affrontano iproblemi è fatta di falsi scoop, notizieinventate o travisate, interventi salvifici delpremier. Così anche a Lampedusa dove,mentre si consumava una tragedia collet-tiva e dal mare affioravano i cadaveri, ilpresidente del Consiglio inscenava l'enne-simo show, indifferente ai tanti morti di spe-ranza e alla sorte di tutti quei giovani arri-

vati sull'isola per costruirsi un futuro lonta-ni dalle incertezze del loro paese d'origine. Un atteggiamento indegno, verso i morti everso i vivi. Insieme alle ingiustizie è cre-sciuto il razzismo, la paura, il fastidio. Migliaia di migranti spediti a Bari e a Fog-gia, senza una parola su ciò che li attende. Se arrivano ai CARA, il poliziotto di turnogli fa firmare il modulo per la richiesta d'a-silo. Lo stesso avviene in Toscana, dove ilpresidente della Regione ha per fortunaimpedito che finissero in mega ghetti di-sumani. Tutti richiedenti asilo. Nelle stesseore, a Manduria (Puglia), a Palazzo SanGervaso (Basilicata) e a Santa Maria Ca-pua Vetere (Campania) i parenti e gli amicidegli stessi tunisini, altre migliaia di giova-ni, finiscono in una sorta di limbo giuridico,in attesa di deciderne la sorte in base agliesiti delle missioni farsa in Tunisia. E la maggioranza intanto chiede all'Europa(era ora! Ma sarà vero?) l'avvio della pro-cedura per la protezione temporanea,mentre su un altro tavolo sostiene la ne-cessità di rimpatriare i tunisini. Arbitrio, precarietà e confusione. Così unaintera generazione, che con il proprio lavo-ro potrebbe contribuire allo sviluppo di unPaese che svolge un ruolo fondamentalenei processi di democratizzazione dell'areadel Maghreb, viene maltrattata e criminaliz-

zata. Passano dalla categoria dei 'clandestini' aquella dei 'profughi' senza che nessuno siprenda la briga di spiegargli che sta acca-dendo. Perché? Per calcolo elettorale eper cinismo politico? Certo, ma non solo.Pesa anche la cialtroneria politica e loscarso senso dello stato. Si naviga a vista,senza un progetto. La gestione di questavicenda, che poteva essere risolta due me-si fa, si porterà dietro l'astio degli altri PaesiUE, chiamati strumentalmente in correità,e della Tunisia, invitata a collaborare perprodurre altre ingiustizie da un governoche fino a poco fa sosteneva il dittatore dicui si sono liberati. Una grande responsa-bilità quella dell'Europa e dell'Italia.Devono scegliere se aiutare il processo diemancipazione della Tunisia, dando spe-ranza ai giovani che cercano un futuro sul-l'altra sponda del Mediterraneo, sottraen-doli così alla disoccupazione e all'influenzadi movimenti fondamentalisti, per fortunaancora deboli. Oppure se sposare la de-magogia dell'aiutiamoli a casa loro. La pro-tezione temporanea, l'apertura verso l'Eu-ropa, il Mediterraneo come spazio comunedi crescita, oppure il respingimento, lachiusura, l'indifferenza. La risposta possia-mo ancora contribuire a scriverla!Info: [email protected]

Arbitrio, precarietà e confusione nella gestionedegli sbarchi e dell’accoglienza ai migranti

A Lampedusa migliaia di persone sulla collina della vergogna

Sul canale youtube dell'Arci è possibile visionare il video del flashmob/concerto blitz che si è tenuto il 30 marzo a Roma, davanti alColosseo. Volontari dell'Arci e cittadinisi sono coperti con lenzuola bianchee al suono di una sirena si sono stesia terra a rappresentare le vittime diun bombardamento. Stop the war.Welcome Migrants recitava lo striscioneche è stato sollevato da decine di palloni davanti all'Anfiteatro Flavio

FLASH MOB A ROMA

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I l 28 marzo Luciana Castellina ha pre-sentato il suo ultimo libro La scopertadel mondo presso il circolo Arci

Bolognesi di Ferrara. La serata, molto atte-sa dal pubblico, si è aperta con la proie-zione di due importanti documenti storicirelativi all'attentato a Togliatti del 1948: ildocumentario 14 aprile girato da GlaucoPellegrini per il PCI e il notiziario della set-timana Incom che dava conto dell'attenta-to e, per una tragica ironia della sorte, deldrammatico terremoto che sconvolse ilGiappone negli stessi giorni. Il senso di appartenenza comunista, cheemergeva soprattutto nel documentario diPellegrini, ha dato l'occasione a LucianaCastellina di spiegare alle generazioni cheall'epoca non erano ancora nate il senso diun'adesione a una comunità che era ad untempo politica e umana. Senza alcun pentimento e con qualchenostalgia per un partito che è stato prota-gonista della trasformazione democraticadel nostro paese, l'autrice ha raccontatoalcuni episodi ferraresi della sua gioventù:il congresso della FGCI del 1953, nelcorso del quale, giunta la notizia della

morte di Stalin, tutti i partecipanti corsero asalutare Togliatti che partiva in treno per ifunerali e le prime inchieste per il settima-nale Nuova Generazione sul bracciantatonel ferrarese e nel Polesine. Luciana Castellina ha poi ripercorso letappe fondamentali del suo avvicinamentoal partito, una vera e propria scoperta delmondo per lei e per i tanti giovani usciti dalconflitto, che non avevano partecipato allaResistenza. Il primo incontro-scontro col PCI, duranteuna manifestazione per Trieste italiana, l'a-micizia, negli anni del liceo, con tanti gio-vani comunisti, i viaggi a Parigi, Praga e lacostruzione della ferrovia in Jugoslaviasono solo alcuni degli appassionanti capi-toli della vita di una ragazza che si aprivaalla politica e alla società. Il racconto di Luciana Castellina, sempreironico e pungente, ha poi ricordato ancheil bigottismo del partito soprattutto in temadi libertà femminili e i 'processi' da lei subitiper aver osato sfidare, inconsapevolmentee nel nome di una formazione mitteleuro-pea più libertaria, le sue rigidità. Una storia, quella del PCI, comunque da

rivendicare, secondo Luciana Castellina,soprattutto di fronte ai più giovani, ai 'ber-lusconiani inconsapevoli', che le doman-dano come abbia mai potuto essere comu-nista. Una difesa del partito, pur nel riconosci-mento dei suoi molti difetti, apparentemen-te paradossale per chi, nel 1969, fu radia-ta insieme al gruppo del Manifesto - unaradiazione che oggi Luciana dice di rim-piangere per il livello di discussione politi-ca che intorno a tale decisione maturòdentro e fuori il PCI - ma che diviene anco-ra più intensa guardando al degrado dellasituazione etica e politica attuale e allosgretolamento delle sinistre in Italia. Perciòforte appare il richiamo di Luciana Castel-lina alla necessità di un ritorno della politi-ca, un invito senza scoramenti a parteci-pare, a vivere intensamente anche informe nuove la vita pubblica, come attestala sua scelta di aderire all'Arci, un'associa-zione attraverso la quale è possibile, forse,ricostruire quei fili spezzati della politica eun nuovo senso di appartenenza nel XXIsecolo.Info: [email protected]

I l Calendario del Popolo, una delle piùlongeve riviste italiane, è nato nel marzodel 1945, quando l'Italia del nord era

ancora sotto il giogo nazifascista, perrispondere alle esigenze di sapere di unapopolazione appena uscita dalla guerra. La rivista, fondata dalla sezione stampa epropaganda del PCI, viene rilevata nel1964 da Nicola Teti, che ne ripiana i debitie ne continua la diffusione per 46 anni,prima con le Edizioni del Calendario delPopolo e, a partire dal 1969, con la propriacasa editrice Teti Editore. Alla direzionedella testata si sono succeduti GiulioTrevisani (1945 - 1966), Carlo Salinari(1966 - 1977) e poi Franco Della Peruta(1978 - 2010). Dopo l'improvvisa scompar-sa di Nicola Teti, avvenuta a Milano nel2010, il figlio Sandro decide di salvare larivista dalla chiusura, così come il padreaveva fatto 46 anni prima. Il Calendario delPopolo svolge da 66 anni un'importanteopera di divulgazione e oggi vuole essereun ponte tra la memoria storica e l'acquisi-zione di nuovi strumenti critici. Si proponecome guida e orientamento, in un'epoca disovrabbondanza di informazione, parados-

salmente priva di strumenti per l'interpreta-zione del presente. La rivista, che negli ulti-mi anni è stata disponibile solo su abbona-mento, torna ora ad essere distribuitaanche in libreria, arricchita dall'apporto dinuovi collaboratori, rinnovata nella lineaeditoriale e grafica, intenzionata a misurar-si con la complessità linguistica, tecnologi-ca, comunicativa di questo tempo, senzasmarrire l'originaria vocazione divulgativae popolare. Il Calendario è tra i primi amostrare sensibilità per il tema dell'emigra-zione e dell'immigrazione - cui dedica mol-tissimi articoli - promuovendo anche treimportanti mostre: Macaronì e Vu Cumprà,Balie italiane e badanti straniere eSuonatori, girovaghi e lavavetri. Questemostre, aggiornate e rinnovate in occasio-ne delle celebrazioni per i 150 annidell'Unità d'Italia, sono tornate recente-mente disponibili all'acquisto da parte dienti pubblici e privati, singoli e associazio-ni che desiderassero organizzarne l'espo-sizione. Nei prossimi mesi prenderà il viauna collaborazione tra il Calendario delPopolo e l'Arci, il cui presidente Paolo Beniè entrato a far parte del comitato dei garan-

ti della rivista, di cui fanno parte tra gli altriil premio Nobel Zhores Alferov, FrancoCardini, Luciano Canfora, LucianaCastellina, Franco Ferrarotti, Mario Gey-monat, Margherita Hack, Milly Moratti,Diego Novelli, Piergiorgio Odifreddi, MauroOlivi, Moni Ovadia, Valentino Parlato,Guido Rossi e Nichi Vendola. Sono in pro-gramma numerose presentazioni dellatestata in diverse città italiane, tra cuiTorino (Salone del Libro), Milano, Roma,Napoli, Bari e Cagliari. Il Calendario ha unblog (calendariodelpopolo.blogspot.com),un sito (www.calendariodelpopolo.it), è pre-sente su Facebook e Twitter ed è pubbli-cata da Sandro Teti Editore (www.sandro-tetieditore.it).

Di nuovo in libreria la rivista Il Calendario delPopolo della casa editrice Teti Editore

Tra nostalgia ed entusiasmo Luciana Castellina presenta aFerrara 'La scoperta del mondo'

Per la rassegna Astradoc promossada ArciMovie il 9 aprile alle 18 si terràpresso il cinema Astra l’incontro conPaolo Rossi e la proiezione del film

Ridotte Capacità Lavorative, la risposta di Pomigliano ad Avatar

NAPOLI

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Le consultazioni referendarie su acqua, nucleare e legittimo impedi-mento sono state fissate dal Consiglio dei Ministri per i prossimi 12 e13 giugno. La scelta di non accorpare i referendum con le elezioniamministrative è sembrata subito una mossa per danneggiare il rag-giungimento del quorum, un atto non giustificabile e che costerà agliitaliani 400 milioni di euro. Uno spreco intollerabile nel quadro di tagliindiscriminati ai servizi, alla scuola, alla cultura. Il ComitatoReferendario 2 Sì per l'acqua bene comune si è rivolto quindi alTribunale amministrativo regionale del Lazio, con un ricorso urgenteche chiede l'accorpamento con le amministrative. Lo ha preparatol'Associazione Nazionale dei Giuristi Democratici, che fa parte delComitato Promotore. Il Comitato ritiene che il Governo abbia il dove-re di scegliere la data che consente il maggior risparmio di risorsepubbliche. Inoltre, secondo il Comitato, nel fissare la data referenda-ria il Governo non può farsi condizionare da scelte politiche. È infattisuo dovere scegliere una data che faciliti ai cittadini l'esercizio delvoto. C'è un precedente: i referendum sulla legge elettorale del 2009vennero infatti accorpati al secondo turno delle elezioni amministrati-ve. Non si capisce, se non con il desiderio di far fallire il quorum, perquale motivo oggi, con la crisi in atto, si mandino gli elettori a votareper ben tre volte nel giro di un mese. Posto che i referendum rag-giungeranno il quorum con o senza accorpamento, vale la penarisparmiare molti molti milioni di euro. Il ricorso verrà discusso il pros-simo 7 di aprile.

ambiente

arcireport

Il fantasma di Chernobyl si è ormai pur-troppo materializzato. Già ora i danni sullasalute e sull'ambiente a Fukushima sono

terribili e purtroppo in gran parte ancora igno-ti. Anche perchè l'incidente nucleare alla cen-trale giapponese non è ancora stato risolto.Le preoccupazioni non sono solo delGiappone ma anche della Cina e degli altripaesi vicini che temono di essere contamina-ti sia da nubi radioattive che dal mare.Rubbia - giustamente - ha invitato tutti allaprudenza e ad aspettare prima di dare ungiudizio definitivo sull'incidente perchè anco-ra oggi nessuno sa bene come risolverlo.L'origine del disastro è naturale? Niente affat-to. Sono eventi naturali non prevedibili terre-moti e tsunami, ma non la costruzione di una

centrale nucleare, tanto più su un territorio adalto rischio sismico. All’origine dell'inciden-te non c'è quindi un evento naturale impreve-dibile ma l'imprudenza di una scelta umanasbagliata. La verità è che gli incidenti sonocalcolati come probabilità, ma non viene con-siderato il principio di precauzione che consi-glia di non correre rischi incontrollati e incon-trollabili.Qualcuno in Italia ancora insiste conil nucleare, «che tanto abbiamo le centralinucleari a 200 chilometri dal confine», fin-gendo di dimenticare che più si è distantidalle centrali minori sono i rischi. Sia in casodi incidente, sia nel corso del loro normalefunzionamento. Averle a una distanza di cen-tinaia di chilometri e per di più con le Alpi aparziale protezione non è la stessa cosa cheavercele in casa. Una notizia poco nota è chel'Agenzia per la sicurezza francese ha affer-mato in un'audizione all'Assemblea naziona-le che ritiene utile una pausa sul nucleare eche questa dovrà riguardare anzitutto il reat-tore Epr che si sta costruendo in Francia eche è lo stesso tipo di impianto che ilGoverno vorrebbe fare costruire in Italia.Quindi non è vero che gli incidenti nei nuovireattori nucleari Epr non sono possibili, come

aveva affermato imprudentemente il profes-sor Veronesi che ora, con una piroetta a 180gradi, ammette che la sicurezza delle centra-li è un problema su cui bisogna riflettere.Rubbia è stato lapidario sulle generazionidelle centrali, ha parlato di ‘cosmesi’, che nonevita rischi anche per quelle più recenti. Perquanto raro l'incidente può accadere. Anchese poi tanto raro non è, visto che in Franciasono 750 all'anno, di cui il 10 % consideratiseri. Poi ci sono le menzogne, il non detto.Troppe volte sui danni alle persone e all'am-biente non ci sono state indagini adeguate. Ègiunto il momento di pretendere verità sulleconseguenze del nucleare sulla salute, sul-l'ambiente, sull’ecosistema, compresa lacatena alimentare. Occorre fare conoscere,per esempio, i dati di uno studio tedesco suidanni per la salute dei bambini che abitanovicino alle centrali, anche in mancanza diincidenti. Per non parlare dei costi di costru-zione e dello smaltimento (irrisolto) delle sco-rie radioattive, come ha ammesso lo stessoTremonti. Costi che vanno a scapito degliinvestimenti sulle rinnovabili e sul risparmioenergetico. Per questo la moratoria nonbasta. Realizzare il quorum al referendumdel 12/13 giugno, far vincere i Sì, è l'unicavera garanzia per chiudere definitivamentel’avventura nucleare in Italia.

E adesso la verità sulle conseguenze del nuclearesulla salute, sull'ambiente, sull’ecosistema

Ricorso al Tar per l'accorpamentodei referendum alle amministrative

L’acqua (non) è una merce di Luca Martinelli spiega perchè votare sì ai referendum del 12 e 13 giugno. Il libro è in vendita con il 50% di sconto per tutti i comitati referendari

ACQUA BENE COMUNE

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n. 13 5 aprile 2011

arci

Pubblichiamo un articolo di Alfiero Grandi, portavoce del Comitato ‘Vota sì al Referendum sul nucleare’

Un importante sostegno ai referendum sull'acqua anche dal carcere.Al comitato è arrivata una bellissima lettera da parte di chi, anche seprivato della libertà, si batte per i diritti di tutt*. E sono decine le firmeraccolte tra i detenuti a sostegno dell'acqua bene comune. Questo iltesto: Ci siamo anche noi! Siamo i ‘cattivi’, che non perdono la speranza diessere migliori dei ‘buoni’ e che vogliono ancora fare parte del mondo,della società e della vita.Molti di noi hanno perso la libertà, alcuni per sempre, ma non la forzadi lottare per i propri diritti e l’acqua per tutti è uno dei principali dirittidell’uomo.Anche i detenuti di tutte le carceri d’Italia sono contro la legge che pre-vede l’affidamento del servizio idrico pubblico a società di capitali.L’acqua non è una merce e siamo contrari che un bene prezioso comel’acqua possa essere gestito attraverso meccanismi di mercato.Per evitare che la prossima volta i ‘buoni’ tentino pure di privatizzareanche l’aria che respiriamo, molti detenuti si mobiliteranno tramite iloro parenti e amici per appoggiare il referendum per la sospensionedella legge Ronchi, per impedire il processo in corso di privatizzazio-ne dell’acqua. In attesa dello svolgimento del referendum, i detenuti simobiliteranno nelle carceri per raccogliere firme per sostenere eappoggiare l’iniziativa di sottrarre il servizio idrico alle regole del mer-cato e della concorrenza.I detenuti e gli ergastolani di Spoleto

I ‘buoni’ vogliono rubarci l’acqua.Una lettera dal carcere

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9giovani

arcireport

I l 9 aprile è la volta dei giovani. In tuttaItalia scenderanno in piazza per dire noalla precarietà che contraddistingue le

vite di ciascuno/a di loro. Protesteranno confantasia, in modo scanzonato e imprevedi-bile, ma seriamente decisi e determinati anon mollare, a non delegare a nessuno lascrittura del loro futuro. Un futuro che nonpuò più aspettare, che deve essere scrittoqui e ora, collettivamente e in controtenden-za con il ‘si salvi chi può’ che fino ad oggisembrava essere la ricetta individualista intempi di crisi. È una manifestazione checoglie lo spirito dei tempi, quelli moderni, macosì lontani da quelli di Chaplin. Tutto hapreso le mosse dal comitato Il nostro tempoè adesso e dal manifesto redatto dai quat-tordici promotori. Tra loro ci sono realtà,associazioni e reti sociali che rappresenta-no buona parte degli universi che stannopagando a più caro prezzo le trasformazio-ni dei rapporti e delle condizioni del mondodel lavoro. Trasformazioni acuite ancor dipiù dalla crisi di questi ultimi anni. Gli interi-nali, gli stagisti, i ricercatori precari e quelliche non ce la fanno più a rimanere in Italiae se ne vanno all'estero per avere una

chance all'altezza delle proprie competenzee ambizioni. Ci sono gli operatori dello spet-tacolo, quelli che lavorano nei call center, gliarcheologi, i giornalisti precari, i giovaniimprenditori. Spesso ragazzi talentuosi a cuivengono negate le occasioni e le opportuni-tà a cui hanno diritto. Le questioni in ballosono tante. I giovani chiedono il rispetto deldiritto allo studio e del diritto alla casa.L'attuazione di politiche che prevedano red-diti di sostegno e un welfare anche per chine è rimasto per troppo tempo escluso.Sentono di avere anche loro bisogno di rea-lizzare la propria felicità affettiva. Oltre,ovviamente, a reclamare il diritto forse piùimportante di tutti: il diritto al lavoro. Quandosi cancella un'intera generazione (e forsepiù d'una) dall'accesso al mondo del lavorosi producono in prospettiva danni incalcola-bili sull'assetto sociale generale. Sembraoramai consegnata per sempre al ricordoquella mobilità sociale che ha finito peressere un grande motore della societàmoderna, un 'ascensore sociale' che perbuona parte del '900 ha prodotto un'ideaprogressiva della storia, per cui ogni genito-re consegnava al proprio figlio un ventaglio

di opportunità più ampio e qualitativamentemigliore del proprio. Per tutto ciò l'Arci haconvintamente aderito all'appello e copro-muoverà le manifestazioni di sabato. I comi-tati e i circoli dell'associazione sono già datempo in contatto, luogo per luogo, con leorganizzazioni studentesche, con quellegiovanili, con le sedi della Cgil, con i tanticollettivi di precari, per l'organizzazionedelle varie iniziative locali, nelle grandimetropoli e nei piccoli centri. A Roma siannuncia una street parade che andrà dapiazza della Repubblica fino al Colosseo:lungo il percorso ci saranno rappresentazio-ni e 'scene' delle situazioni emblematichedella precarietà. Info: [email protected]

Il nostro tempo è adesso! A Roma la manifestazionedei giovani per dire no alla precarietà

Tre giorni per la pace e la libertà, i diritti umani e la democrazia: si terrà dal 15 al 17 aprile il 29° seminario nazionale promosso

dalla Tavola della Pace

ASSISI

notizieflash

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n. 13 5 aprile 2011

A nche per il 2011 l'Arci promuove i campi della legalità demo-cratica nelle terre confiscate alle mafie, esperienza che stacaratterizzando in modo significativo l'impegno dell'associa-

zione sui temi dell'antimafia sociale con il coinvolgimento di un nume-ro sempre più ampio di ragazze e ragazzi. Quest'anno l'iniziativa siarricchisce di nuove proposte: oltre ai 19 campi antimafia, sono statiattivati in sei regioni (Sicilia, Calabria, Puglia, Umbria, Toscana,Lombardia) 9 laboratori di formazione sui temi dell'antimafia sociale.Per il progetto LiberArci dalle spine si svolgeranno in Sicilia 12 campinei terreni confiscati alla mafia e affidati alla cooperativa socialeLavoro e non solo. In Calabria per il progetto Campi del sole, nelleterre confiscate alla 'ndrangheta e assegnate al consorzio Terre delSole, la località prescelta è Melito Porto Salvo. Prende poi il via que-st'anno il progetto I campi di Hiso, che si tiene in Puglia nei terreniconfiscati alla Sacra Corona Unita e assegnati alla cooperativa Terredi Puglia - Libera Terra. Sul sito dell'Arci le schede di iscrizione. Per informazioni [email protected] seguito l'elenco dei campi.

SICILIA - LiberArci dalle spineCorleone

30 aprile / 7 maggio (20 volontari)3 / 12 giugno (30 volontari)15 / 29 giugno (30 volontari)1 / 15 luglio (30 volontari)

18 luglio / 1 agosto (30 volontari)3 / 12 agosto (30 volontari)17 / 31 agosto (30 volontari)2 / 16 settembre (30 volontari)

Canicattì8 / 22 settembre (30 volontari)

Corleone19 settembre / 3 ottobre (30 volontari)5 / 19 ottobre (30 volontari)21 / 31 ottobre (30 volontari)

CALABRIA - Campi del soleMelito - Riace

21 / 31 luglio (22 volontari)28 luglio / 6 agosto (22 volontari)

PUGLIA - I campi di HisoMesagne

1/ 10 luglio (18 volontari)11 / 21 luglio (18 volontari)22 / 31 luglio (18 volontari)26 agosto / 4 settembre (18 volontari)5 / 14 settembre (18 volontari)

Campi della legalità democratica Le proposte dell'Arci per il 2011

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Il 1 aprile 2011 diventerà una data storicaper Messina se l'Amministrazione comu-nale manterrà le promesse sia sulla siste-

mazione provvisoria di tutte le famiglie rom,sia sul percorso di autocostruzione con l'as-segnazione definitiva di un alloggio a cano-ne sociale. A differenza di altre città, si è evi-tato lo sgombero forzato. Per anni leAmministrazioni messinesi hanno evitato ilproblema campo rom, adottando al piùmisure assistenziali sino al 2 febbraio del-l'anno scorso. L'intimazione dell'Autorità por-tuale di liberare l'area di villaggio Fatima haindotto il Comune ad avviare la schedaturaper poi procedere allo sgombero. L'Arci,insieme all'associazione Bahktalo Drom, haallora promosso un Comitato di solidarietà

alle famiglie rom del villaggio Fatima, a cuihanno aderito organizzazioni, associazioni epartiti della sinistra. Il Comitato ha promossoun appello sottoscritto da 3542 cittadini perfermare le ruspe e trovare soluzioni alterna-tive. È stata rifiutata dal Questore la richiestadi rilasciare il permesso per motivi umanitariagli irregolari di nazionalità kossovara. Quindi, le assemblee fuori e dentro il campoe il ricorso al Tar contro lo sfratto esecutivo. Il Tar ha intimato di procedere con cauteladata la presenza di minori. Per promuovereil dialogo con la città è stata organizzata l'ini-ziativa I rom nella città: iniziativa di intera-zione e riqualificazione urbana, per la siste-mazione di aree degradate da parte dei rom,l'incontro con i bambini di Camaro e la festacon danze tradizionali a Contesse. Ma nes-sun quartiere si è reso disponibile ad acco-gliere le famiglie rom, mentre i grandi partitisono rimasti zitti. All'annuncio dell'Ammini-strazione dell'utilizzo provvisorio ad uso abi-tativo da parte dei rom di tre scuole in disusoc'è stata la rivolta degli abitanti. Questo inuna città in cui c'è emergenza abitativa, lecasse comunali sono sempre prossime altracollo ed è quasi impossibile avere infor-

mazioni sugli alloggi di proprietà pubblica esu quelli sequestrati alla mafia. Nonostantela scelta del Comune di non annunciarequali fossero gli immobili identificati, i resi-denti hanno bloccato l'ingresso alla scuola.Solo dopo molte ore, le famiglie rom sonopotute entrare. Molti sono i nodi ancora darisolvere: primo fra tutti il destino delle fami-glie presenti nella scuola che hanno potutoregolarizzare la propria posizione solo dopola data ultima per la concessione della resi-denza nel campo. Persone che lì sono cre-sciute, sono state discriminate per un attoburocratico ed entro una settimana dovran-no trovare una sistemazione. Per due fami-glie con minori è già prevista l'assegnazionedi un alloggio, alle stesse condizioni delle 6famiglie trasferite dal 1° aprile al VillaggioMatteotti. Infatti, i requisiti previsti dalComune per la concessione provvisoria diun alloggio comunale sono il possesso di untitolo di soggiorno, la residenza anagrafica alcampo rom, la presenza di minori. Trovareuna sistemazione provvisoria per tutte lealtre famiglie è la prossima sfida insieme allaloro emancipazione sociale e lavorativa.Info: [email protected]

10incircolo

arcireport

Evitato lo sgombero forzato a Messina, si lavora oraper la sistemazione provvisoria di tutte le famiglie rom

L’8 aprile alle 17 presso la bibliotecaSan Giorgio verrà presentato il libroStoria del circolo La scintilla, cheripercorre le vicende che hanno vistoprotagonista il circolo di Agliana

PISTOIA

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n. 13 5 aprile 2011

S-torture di StatoIMPERIA - Continua I cantori di sto-rie, rassegna di teatro civile realiz-zata dal circolo Guernica e da Arci

Solidarietà Angela Lipari per promuo-vere una cultura della solidarietà.Il 9 aprile ci sarà lo spettacolo S-tortu-re di Stato, una riflessione sulle stragidi Stato in Italia, di e con RenatoDonati. Tutte le rappresentazioni sitengono al Guernica in via Mazzini 15e sono precedute da una cena socia-le. L’ingresso è riservato ai soci Arci.Info: www.guernica.imperia.it

Appuntamento con ArtinculturaROMA - Terzo appuntamento l’8 apri-le per Artincultura, rassegna di Arcisolidarietà, con la presentazione dellibro Le 7 favole per imparare a sorri-dere di Tiziana Mignosa. A seguire, laregista Sveva Tondi con la compagniateatrale Minestrone d’arte interpreteràuna delle favole del libro, L’ominoimbronciato. Inoltre, il maestro d’arteMario Salvo inaugurerà la sua mostradi pittura, che rimarrà esposta nellasede di via Goito dal lunedì al venerdì(dalle 9.30 alle 17.30) fino a giovedì28 aprile.

Info: [email protected]

I martedì dei cortiCARMAGNOLA (TO) - Si intitola Imartedì dei corti la rassegna di corto-metraggi, iniziata il 5 aprile, promossadal circolo Margot e dall'Arcilife all'in-terno di quello che fu il cinema cittadi-no. Numerose le collaborazioni, dalPiemonte Movie al Torino FilmFestival, dal Valsusa FilmFest alMoon FilmFest. Prossimo appunta-mento il 19 aprile alle 21 con i corti delTorino Film Festival. Ingresso gratuitoper i soci Arci.Info: www.circolomargot.com

Due spettacoli al FuorirottaTREVIGLIO (BG) - In una serata dop-pio appuntamento: il 10 aprile alle 21,presso il circolo Arci Fuorirotta, lacompagnia del Teatro Caverna pre-senta lo spettacolo teatrale La ballatadel vecchio marinaio, di S. T.Coleridge, un grande classico dellapoesia romantica inglese; a seguire,L’uomo che piantava gli alberi, unastoria narrata da un uomo che rimaneanonimo per tutto il racconto (anchese è stato suggerito che si tratti del-

l'autore stesso, Jean Giono).L’ingresso è gratuito per i soci Arci.Info: [email protected]

Una scelta in attesaPALERMO - L’8 aprile alle 21.30 al cir-colo Malaussène si presenta lo spet-tacolo teatrale Una scelta in attesacon Elio Caccamo e VincenzoCantisano, tratto da Una vita nuova diMurray Schisgal. Un testo che ironizzasul rapporto di coppia, il femminismo,il mondo gay. Biglietto a 3 euro per itesserati Arci.Info: www.associazionemalaussene.it

Musica con il FolkauroraAREZZO - Tornano gli appuntamentimusicali del Folkaurora, manifestazio-ne che porta il nome del circoloAurora, ormai da anni palcoscenico diriferimento nel panorama della worldmusic nazionale. La sesta edizione,organizzata dal circolo in collaborazio-ne con l'associazione culturaleMusicanti del Piccolo Borgo, proponeassaggi significativi e poliedrici delmondo musicale della tradizione aper-ti a nuove contemporaneità. Dopo ilprimo appuntamento con i Seta-

moneta, gruppo di canto popolaretoscano, la seconda serata, in pro-gramma per venerdì 8 aprile, ospiteràPaolo Sereno, tra i migliori chitarristiacustici italiani della nuova generazio-ne.Info: www.arciarezzo.it

Quale sensoL’AQUILA - Saranno attivati a partiredal 20 aprile i cinque laboratori artisti-ci rivolti a ragazzi di età compresa trai 15 ed i 35 anni, previsti all'interno delprogetto Quale Senso, che vuole offri-re ai ragazzi dell'Aquila una nuovapossibilità di misurarsi in lavori e spe-rimentazioni culturali di vario genere.Promossi dal comitato territoriale, èpossibile iscriversi fino al 15 aprile.Info: [email protected]

Festa della Rossa PrimaveraSAN GIOVANNI IN PERSICETO (BO)- Promossa dal circolo Accatà,dall’Anpi di Persiceto e dal presidio diLibera Terre d’acqua l’iniziativa Festadella Rossa Primavera, che si tiene il9 aprile presso il circolo Arci. Si esibi-sce il Coro delle Mondine di Novi.Info: [email protected]

Notizie Brevi

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Arci, Iniziativa Laica e MicroMega orga-nizzano a Reggio Emilia, dal 15 al 17aprile, le Giornate della laicità 2011.

Dopo lo straordinario successo di pubblicodel ciclo d'incontri e di lezioni magistrali sullalaicità e il pensiero critico tenuto lo scorsoanno presso le aule magne delle Università diModena e Reggio Emilia e dell'Università diParma, nuove sfide sono in programma perquest'anno. L'esperienza del 2010 - protago-nisti intellettuali laici come Gustavo Zagrebel-sky, Paolo Flores d'Arcais, Piergiorgio Odi-freddi - ha dimostrato con chiarezza che esi-ste in Italia una forte 'domanda' di laicità e dipensiero critico, senza che vi sia una corri-spondente 'offerta'. La sfida delle Giornatedella laicità 2011 rispetto a quell'esperienza èmolteplice. Da una parte gli organizzatori sipropongono l'ambizioso obiettivo di creare unappuntamento annuale sul tema specifico delpensiero laico e dei suoi stretti legami con ivalori fondamentali della Carta Costituzionaleitaliana. Valori, cioè, di laicità, pluralismo, dirittiumani, libertà, autodeterminazione, razio-nalismo, costituzionalismo, democrazia,uguaglianza, socialità cui tutti gli italiani do-

vrebbero fare riferimento. Tra questi valori, lalaicità è uno dei principi fondamentali che,causa note ragioni storiche, è sempre statonegletto, nonché oggetto di continua mano-missione del suo significato profondo. La se-conda sfida riguarda i temi di grande attualitàche saranno affrontati, in modo trasversale,dai numerosi ospiti delle Giornate. Accanto aquelli di carattere generale (rapporti della lai-cità con la Costituzione, la politica, l'etica pub-blica, il pluralismo e multiculturalismo, l'edu-cazione) negli incontri saranno affrontateanche tematiche specifiche, come autodeter-minazione e libertà di scelta contro infantili-smo e minorità, fecondazione assistita, cellu-le staminali, biotestamento, coppie di fatto. Nel dibattito attuale su questi temi è di solitoassente la loro dimensione costituzionale, nelsenso che i valori di riferimento nel valutare ivari diritti negati ai cittadini italiani non sonoquelli stabiliti con procedure democratichedalla Carta costituzionale ma valori di tipoconfessionale, da Stato etico. Negando cosìfondamentali principi quali il pluralismo delleconcezioni etiche della vita e l'autodetermina-zione del cittadino consapevole e respon-

sabile. Terza sfida: realizzare un evento conrisorse finanziarie del tutto sproporzionaterispetto a quelle di eventi di approfondimentoculturale analoghi. Tali eventi necessitano,infatti, d'importanti risorse intellettuali, pro-fessionali, umane e finanziarie. Ed è propriosu quest'ultimo aspetto che registriamo dif-ficoltà enormi. Se queste sfide saranno vinte,le Giornate della laicità potranno diventare inpochi anni un appuntamento importante alivello nazionale, anche se esempi analoghisembrano oggi assolutamente irraggiungibili.Il pubblico di riferimento delle Giornate è unpubblico definito curioso, forte lettore, asseta-to di cultura critica, che non ama conformismie luoghi comuni.Info: www.arcire.it

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arcireport

A Reggio Emilia incontri, dibattiti e conferenzeper le Giornate della laicità 2011

Presso il circolo Thomas Sankaral’8 aprile alle 17.30 Nuove lettere persiane: sguardi dall'Italia che

cambia, uno degli incontri tra libri,scrittori e lettori per il progetto Spunti

di vista. Interviene Farid Adly

MESSINA

notizieflash

Compie 10 anni ArciServizio Civile RomaMartedì 29 marzo Arci Servizio Civile Romaha organizzato un evento pubblico per fe-steggiare i 10 anni di attività svolti nel servi-zio civile. In questo periodo circa 1000 volon-tari e 750 obiettori hanno fatto l'esperienzadel servizio civile in 164 progetti su più di 100sedi, nel Lazio e all'estero, con il supporto di32 associazioni socie, tra cui Arci, Legam-biente, Arciragazzi, Uisp. È stata ripercorsaquesta avventura attraverso la visione di unvideo, elaborato da Francesca Paiella, lapresentazione di un libro fotografico (a curadi Maria Teresa Bilotta) e di una mostra (acura di Giuditta Martinicchio, tutte volontarieed ex volontarie di SCN) , in cui si incontra-no i volti, le espressioni, i pensieri dei volon-tari di ieri e di oggi. Hanno concluso la matti-nata le testimonianze di due volontarie (Ro-berta Scarfì, collaboratrice ASC Roma peralcuni anni, e Antonella Perri, volontaria inSCN ed ex Alternaja) e una tavola rotondacon le riflessioni dei rappresentanti delle as-sociazioni. Si sono toccati i temi dell'impe-gno concreto e locale del SCN degli enti na-zionali quali ASC, del disimpegno delle isti-tuzioni ad investire nelle politiche giovanili.Info: www.arciserviziocivileroma.net

Una mostra e iniziative di raccolta fondi e sensibilizzazione dell’Arci Valle SusaContinua l'impegno di Arci Valle Susa pertenere vivo l'interesse e la partecipazionedella comunità sul conflitto israelo-palesti-nese. Sabato 9 aprile ci sarà l'inaugurazio-ne della mostra fotografica Over the wall,nata dalla volontà dei giovani che da questoterritorio hanno partecipato, nel 2010, alcampo di lavoro e conoscenza di Arcs neiterritori palestinesi. La mostra, nelle paroledei ragazzi, parte da «Un muro che divide eche fomenta l'odio, una barriera che incarnala tirannia dei governanti, che impedisce adue popoli di potersi conoscere, un monu-mento alla vergogna che costringe persone

comuni a disprezzarsi giorno dopo giorno.Quello stesso muro, simbolicamente, diver-rà una parete espositiva su cui prenderannoforma visi, occhi ed espressioni di personecomuni in situazioni comuni. Palestinesi edisraeliani assieme 'oltre il...muro'». L'espe-rienza del campo ha dato vita alla realizza-zione di iniziative di informazione, sensibiliz-zazione e raccolta fondi. Si parte dal circoloInsieme - Casseta Popular di Grugliasco(To) e si prosegue a Ciriè (To), presso il cir-colo Soce, dove la mostra verrà inauguratail 5 maggio e vi rimarrà sino al 26.Info: [email protected]

arci

n. 13 5 aprile 2011

Tre mesi di reclusione per il militante nazi-skin che il 13 gennaio 2008 accoltellò Cele-ste Caranci, presidente del circolo Arci diIsernia. Lo ha stabilito il Tribunale di Isernia,dopo che la difesa dell’imputato aveva chie-sto il patteggiamento come primo atto all’a-pertura del dibattimento in aula. Si è ricono-sciuta, insomma, l’impossibilità di sostene-re nel processo la tesi dell’ ‘eccesso in legit-tima difesa’; è stata smentita la tesi di chi ha

provato a sostenere che si fosse in presen-za di una banale lite del sabato sera sfocia-ta in un atto violento, riducendo così un’ag-gressione con un coltello a scambio anima-to di opinioni, forse di natura politica. Cosìcome non ha avuto spazio la tesi del giova-ne ‘emarginato’, avendo l’autore rivendica-to da subito il gesto, senza mostrare segnidi pentimento o presa d’atto della gravitàdell’atto compiuto.

La sentenza del Tribunale di Isernia

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A distanza di due anni dal 6 aprile2009, stanno emergendo tutti i pro-blemi nella loro reale complessità.

Il terremoto che ha colpito L’Aquila e distrut-to la sua struttura urbanistica, la vita sociale,l’esistenza di ciascuno di noi, ci costringe aripartire da zero, a ri-costruire in un contestonazionale e internazionale difficile.L’ufficialità dei dati, il conteggio delle viteperse, le cifre sui costi della ricostruzione, ireportage raccontano solo in parte una real-tà che di normale non ha più nulla.Forse solo la fiaccolata della commemora-zione nella notte tra il 5 e il 6 aprile riesce,nel suo doloroso silenzio, a restituire il verosignificato della tragedia. Alle 309 vittime, dicui 55 studenti, bisogna aggiungere tuttiquelli che da quel 6 aprile non sono più quio che vivono in condizioni di grande disagio:un calcolo che nessuno vuole certificare, mache resta una ferita aperta in tante famiglieaquilane.I problemi sono quindi tanti, e tutti gravi: laricostruzione che non parte, il lavoro, i centristorici abbandonati, le macerie, la mancan-za di una gestione certa, lo scontro tra istitu-zioni. Su tutti però si eleva un dato cheaumenta la problematicità: la divisione diuna popolazione. Il terremoto ha cambiato la topografia dellacittà, ma anche la mappa mentale di noiaquilani, con la separazione spaziale tra unprima e un dopo, tra un dentro ed un fuori,determinando un diverso modo di essereconcittadini. Il terremoto ha inoltre indotto ilbisogno collettivo di stare insieme, di condi-videre paure e speranze.E tuttavia in questi due anni si è venuto acreare un ‘dualismo’ esasperato tra realtàdistinte: una cittadinanza attiva, definita dal-l’appartenenza a un corpo sociale o politico(i comitati, il popolo delle carriole, le asso-ciazioni, i soggetti delle istituzioni) e una cit-tadinanza passiva, che si è manifestata sol-tanto nella ricerca di risposte individuali all’e-mergenza e alla paura. Una cittadinanzadefinibile per sottrazione, che vive il disagiodi non poter compiutamente reclamare i pro-pri diritti perché sopraffatta dall’accusa diingratitudine verso i ‘benefattori’.Questa doppia cittadinanza ha una suaragion d’essere. In primo luogo l’impossibili-tà, da parte di ciascuno, di saper agire (re-agire) al verificarsi di un’emergenza, l’inca-pacità di esprimere compiutamente il propriodiritto/dovere, di percepire l’ambito dei propripoteri, di autolegittimare la propria legalità.Smarriti vediamo il pericolo di non poter piùrecuperare (forse) l’unicità dell’appartenen-za, di perdere la memoria della città e di una

storia fatta di frequentazioni giornaliere, diluoghi e di diritti. Siamo diventati, nostro mal-grado, abitanti di una non-città (o di un non-luogo), di uno spazio indefinito o volutamen-te non de-finito, che non consente ai suoiresidenti l’identificazione in un progetto co-mune.Questo dualismo è evidente in tutte le vicen-de che riguardano la città, anche nella poli-tica e nella governance istituzionale. Sonodue anni che c’è un problema di spazio diautorità, anche oggi, anche dopo le dimis-sioni ritirate del sindaco. Autorità, quella delsindaco e del Consiglio comunale, che agi-scono ‘in doppio’ e contemporaneamentecon altre autorità: quelle legittimate dall’inter-vento straordinario e dal governo.Da qui una conflittualità continua tra il gover-no locale e il governo centrale, lo scambio direciproche accuse di cui l’Aquila paga leconseguenze, ma di cui i cittadini sono cor-responsabili perché incapaci di far frontecomune, di inchiodare le parti alle lororesponsabilità. Il punto non è tanto la legitti-mità del potere attuale né le strategie delpotere che verrà, il problema è più profondoe poggia sulle divisioni esistenti che, alimen-tate ad arte, sono finalizzate a separare i cit-tadini. Snidare chi le alimenta è oggi il nostrocompito più arduo. Quel che preoccupa non è la divisione trachi manifesta e chi resta silente, tra chi è tor-nato all’Aquila e chi è costretto a star fuori. Ilproblema è che pezzi di comunità, cosìcome pezzi di società civile, dall’economia alvolontariato, dall’università alla chiesa, simuovono separatamente, senza un’adegua-ta ‘cassetta degli attrezzi’ (anche normativa)per un progetto condiviso e non settoriale. Su L’Aquila poi c’è il business della ricostru-zione che fa gola a tutti. Ma la città non puòessere solo terra di operazioni straordinarie.A due anni dal terremoto c’è bisogno di inter-venti ordinari. Lo scenario inquietante di oggiè quello di una città diffusa su un territorioche non è attrezzato a ricevere una veloceoccupazione (per i lavori di ristrutturazione)con la quale dovremo convivere per i prossi-mi anni. Inoltre il territorio occupato si è fattoampio, difforme, la città è ovunque, perfinonegli ex capannoni abbandonati dei nucleiindustriali diventati poli culturali o sedi uni-versitarie. Per pensare di sopravvivere normalmentedovremmo abituarci all’idea di vivere in un'u-nica grande città, dovremmo uscire dalleriserve e dalle liturgie simboliche della piaz-za per decidere insieme che non c’è solouna piazza ma ci sono tante piazze, tanticentri, senza un rapporto gerarchico di fun-

zioni o compiti. Questa visione policentrica cipuò servire per superare il vuoto dell’assen-za della città storica.La sfida dunque sta nella presa di coscienzacollettiva, nell’impegno diffuso di dare unsenso allo sforzo di sopravvivenza, nel su-peramento della retorica delle radici e dell’i-dentità nostalgica dei luoghi. L’aiuto chechiediamo a tutti, anche all’Arci, è quello difavorire la ricostruzione non di una città madi un territorio e della sua comunità, trovan-do nuove forme di partecipazione che met-tano al riparo i gruppi sociali più fragili, i lavo-ratori, i più deboli, dai nuovi servilismi e dallevecchie e nuove speculazioni che arriveran-no scevre di analisi costi/benefici. Cambiando in parte le regole del mercato.Info: [email protected]

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Il terremoto ha cambiato la topografia della città,ma anche la mappa mentale degli aquilani

Hanno collaborato a questo numeroCarmine Basile, Raffaella Bolini, Livia Cantore,Amalia Chiovaro, Carmen Cordaro, Luca Faenzi,Alfiero Grandi, Filippo Miraglia, Andrea Morinelli,Pietro Pinna, Dario Pruiti Ciarello, Khalid Rawash,Adelio Rigamonti, Lorenzo Siviero, Silvia Stilli,Sandro Teti, Franco Uda

In redazioneAndreina Albano, Maria Ortensia Ferrara, Carlo Testini

Direttore responsabileEmanuele Patti

Direttore editorialePaolo Beni

Impaginazione e graficaClaudia Ranzani

Progetto graficoSectio - RomaCristina Addonizio

EditoreAssociazione Arci

RedazioneRoma, via dei Monti di Pietralata n.16

Registrazione Tribunale di Roman. 13/2005 del 24 gennaio 2005

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n. 13 5 aprile 2011

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CAROVANA INTERNAZIONALE ANTIMAFIE / DiariVentisettesima tappa

TORINO, IVREA - 28 MARZO. La seconda tappa piemonte-se della carovana è stata densa e stimolante.Il racconto di Margherita Asta sulla sua storia di fami-liare vittima di mafia ha calamitato l'attenzione degli stu-denti e in modo naturale ha stimolato domande e rifles-sioni. É intervenuto anche il presidio studentesco diLibera, che ha sede proprio nella scuola e che ci haraccontato l'esperienza del torrone prodotto con il mieleraccolto su un terreno confiscato in Piemonte; l'espe-rienza è stata tanto importante quanto innovativa, alpunto che l'iniziativa torinese Cioccolatò ha compratonell'edizione scorsa il torrone prodotto dagli studenti.Dopo un incontro all'università di Palazzo Nuovo, laCarovana si è diretta verso Ivrea.

Ventottesima tappaVENTIMIGLIA, CAMPOROSSO, BORDIGHERA - 29 MARZO. Hatanti volti l'arrivo della Carovana nell'estremo PonenteLigure.Come tanti sono i modi in cui l'iniziativa dei caro-vanieri ha cercato di sensibilizzare su un tema che pre-senta molteplici sfaccettature. Non è un caso se nel belmezzo di un'iniziativa che voleva parlare di mafie rien-trino visi e storie che parlano di inclusione, di speranza,di cambiamento. E così, impaurito e speranzoso è ilvolto degli immigrati tunisini che da giorni affollano lastazione di Ventimiglia nel vano tentativo di arrivarenella vicina Francia. Risaliti sui furgoni si viaggia versoRoverino, periferia di Ventimiglia, dove la Spes Auser,associazione da tempo attiva nell'assistenza ai diver-samente abili, racconta il proprio lavoro quotidiano. Unastoria di sensibilità e inclusione, di gesti umani e pur-troppo spesso dimenticati che racconta, ancora unavolta, come da semplici pratiche del genere si possadare un grande contributo al cambiamento. Che finefarebbero senza questi aiuti gli immigrati? Quasi singo-lare il fatto che la Carovana, nella sua tappa preceden-te, avesse toccato Bardonecchia, primo comune sciol-to per infiltrazioni mafiose al Nord, anno di grazia 1995.Ora, 16 anni dopo la Carovana fa visita, nel pomerig-gio, a Bordighera, secondo comune sciolto nemmenotre settimane fa. Impossibile trovaresituazione migliore per parlare di lega-lità e presenza mafiosa: l'importantetavola rotonda ha visto una analisi tec-nica e approfondita sull' 'istituto' delloscioglimento comunale.Il pomeriggio ha visto classi di giova-nissimi delle elementari confrontarsicon i carovanieri sui temi della legalità,del volto, dell'educazione civica, inuna realtà come Camporosso cherappresenta in Liguria una moscabianca, per la sua adesione alla retecivica Avviso Pubblico, e sempreriesce a riunire giovani e giovanissimiin percorsi condivisi sui temi dellalegalità.E la serata riprende dal circolo ArciGuernica, ad Imperia. Una cena dellalegalità che rimetta benzina nel corpo

dei carovanieri. Prossima tappa Savona, e poi Genova.Già li vedo sfrecciare tra sopraelevate e gallerie versoil cuore della Liguria.

Ventinovesima tappaSAVONA E GENOVA, 30 MARZO. Per Marco e Federico iniziaun'ultima intensa giornata di viaggio a guida dei duefurgoni di Carovana 2011. Il sole della Riviera dei fioriche ha accolto i carovanieri martedì sulla frontiera italo-francese è parzialmente velato da qualche nuvolacapricciosa, quando gli studenti del Liceo classicoGiuliano della Rovere di Savona incontrano in aula mul-timediale la Carovana e Giovanni Durante, presidenteArci Savona. Giovanni non ha trascurato di sottolinea-re tutti quei segnali preoccupanti che nella provincia diSavona, apparentemente la più 'calma' della Liguria,fanno presagire una escalation della presenza mafiosa:danneggiamenti a ditte del movimento terra, crescitadelle licenze, aumento del fenomeno dell'usura. Comesempre dai ragazzi è emersa la volontà di impegno:impegno vero, stimolato da insegnanti molto sensibiliche proprio qualche giorno prima avevano coinvoltomolti di loro in una partecipata iniziativa delle memoriaalla fortezza del Priamar con l'associazione culturaleDon Peppe Diana, Libera e Nando dalla Chiesa.Lasciamo Savona a malincuore, perché le domandedei 75 studenti ci avevano stimolato a proseguire conloro altri ragionamenti, ma la Parini Merello impazienteci aspetta e soprattutto ci attende il rischio di qualcheingorgo genovese....Ore 12: l'arrivo a scuola è particolarmente forte e inu-suale, luci spente, in auditorium, tante voci, e soprattut-to 180 ragazzi di terza cantano a squarciagola Pensala canzone di Fabrizio Moro.Ore 14: Istituto Majorana, 25 ragazzi del gruppo legali-tà ci incontrano per concludere un percorso di lavorosulle mafie, intrapreso con Libera Liguria a ottobre.Ore 15: si riparte, la Maddalena ci attende! Il Patto di Sviluppo Locale della Maddalena accoglieCarovana Antimafie in un tripudio di musica (grazieall'Orchestra Bailam) e di bandiere. Diversi i momenti di

riflessione e memoria organizzati dai soggetti promoto-ri e partners di Carovana per trattare di sicurezza sullavoro, vittime di mafie, progetti di rete e immigrazione.Una manifestazione festosa nel cuore dei vicoli più buie dimenticati, fra decine di saracinesche abbassate,spacciatori e prostitute. All'Arci Belleville, chiusura gast-ronomica ma anche condivisione di una giornata cheper tanti resterà impressa nei cuori.

Trentesima tappaMILANO - 31 MARZO. Piazzale Lotto, Piazzale Maciachini,Fiera Rho, questi tra i principali luoghi della Milano delcaporalato, una Milano che spesso non si vede e nonsi vuole vedere; eppure in queste piazze al mattino pre-sto gruppi di cittadini stranieri iniziano la loro trafila gior-naliera tra caporali, lavoro in nero, assenza assoluta didiritti e nessuna garanzia di essere pagati. È questouno spaccato conosciuto e già denunciato altre voltema che la Carovana ha voluto raccontare essendo pre-sente.Chi si aspetta folle di lavoratori accalcati in uno di que-sti piazzali ha sbagliato epoca. Una realtà squallidaeppure così necessaria per questi cittadini stranieri chesi trovano in condizioni di estrema difficoltà e che cometutte le persone, hanno affitti da pagare, bollette daonorare, bocche da sfamare.Quando si parla di diritti, spesso il rischio è quello chela nostra mente evochi immagini esotiche, spesso lon-tane, l'Africa senza acqua, l'India dei bambini abban-donati, le miniere di diamanti.Purtroppo è dentro la nostra civiltà, dentro la nostrapresunzione di democrazia praticata e di diritti applica-ti che il marcio dello sfruttamento, del ricatto, dell'usobestiale di altri esseri umani si trasforma in una tristerealtà.Quanto prende un lavoratore ingaggiato da un capora-le? Quanto pagano di affitto a gli stessi caporali i ragaz-zi ingaggiati? Di chi sono i cantieri su cui vanno a lavo-rare e perchè non vi sono controlli che puniscano glisfrutttatori? Sono domande la cui risposta non è diffici-le, eppure sembra che questo meccanismo di elargire

lavoro, quasi come un favore, sia unanormalità in alcuni ambiti e contestidelle nostre città.La Carovana ha intervistato alcunilavoratori e le storie erano simili, dimatrice comune, omologati nellastessa condizione.La serata si è conclusa con un con-certo nel circolo e molti ragazzi chehanno animato una piazza ancoratroppo vuota e da poco rimessa anuovo per una probabile visita delSindaco Letizia Moratti.In contemporanea a Cusago, un altropezzo della Carovana ha partecipatoa un incontro con magistrati e mondodelle associzioni.Si conclude in questo modo la tappamilanese della Carovana e anche ilcambio dei carovanieri.Buon viaggio a tutti.

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Genova, 30 marzo. Una delle iniziative della Carovana antimafie