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L’approvazione della nuova costituzione e l’annuncio del nuovo governo, in con- temporanea nella notte tra domenica e lunedì, hanno fatto uscire la Tunisia dallo stallo che l’avviluppava. È ancora la piccola Tunisia a indicare la difficile e accidentata strada della rivoluzione. Forse proprio perché è un paese piccolo e privo, o quasi, di risorse strategiche può permettersi di sottrarsi alle grandi pressioni internazionali – ma non alle brame dello sceicco del Qatar – e sce- gliere la propria strada. I tunisini con le loro lotte sono riusciti a liberarsi del governo islamista di En- nahdha e ad approvare una Costituzione che ha respinto le richieste del partito religioso e, pur con ambiguità, non ha nulla a che vedere con quelle dei paesi musulmani più ortodossi o conservatori. La Costituzione è stata approvata con una maggioranza schiacciante: 200 voti a favore, 12 contrari e 4 astensioni. La soglia dei due terzi necessaria per evitare il referendum (145 voti) è stata dunque ampiamente superata. Nel palazzo del Bardo dove l’Assemblea costituente si è riunita per oltre due anni – raddop- piando il tempo previsto di un anno — la nuova Costituzione è stata salutata dai deputati con segni di vittoria, inno nazionale e bandiere tunisine. Certo si tratta di un’unanimità di facciata, basata su molti compromessi mentre i veri nodi irrisolti emergeranno con le interpretazioni. Soddisfazione è stata espressa non solo dal presidente della Repubblica Moncef Marzouki e da quello dell’Assemblea costituente Mustapha Ben Jaafar, ma anche dall’opposizione. «Mi sento per la prima volta riconciliata con questa assemblea», ha detto Na- dia Chaabane, deputata del partito al Massar, dopo tante controversie con gli islamisti. Il testo approvato è sicuramente molto diverso dalle richieste dei partiti reli- giosi: la sharia non è la fonte legislativa anche se l’islam è la religione di stato. Soprattutto sono stati mantenuti i diritti delle donne, la Costituzione riconosce l’uguaglianza di cittadini e cittadine davanti alla legge, anche se questo non sana disparità come quella dell’eredità Nuova Costituzione in Tunisia di Giuliana Sgrena giornalista Un comune impegno per il congresso nazionale di Walter Massa* Dallo scorso week-end i congressi territoriali sono entrati nel vivo. Prosegue così il percorso che ci por- terà all’assise nazionale, a Bologna, da sempre il momento più impor- tante della nostra vita associativa. Grazie ad Arcireport ci è possibile seguire questo percorso, conoscendo territori spesso evocati nelle nostre discussioni e forse poco noti. Questa settimana, ad esempio, è la volta di Sassari e dell’Aquila, realtà molto differenti tra loro ma accomunate dall’appartenenza alla nostra asso- ciazione ed ai suoi valori. Un legame invisibile, a volte dato per scontato e, altrettante volte, derubricato ad un non meglio precisato problema d’identità. Quello di Bologna sarà un congresso nazionale davvero impor- tante, per le scelte che siamo chiamati a fare ma anche per dare seguito al lavoro di cura e monitoraggio del territorio avviato in modo struttu- rato con il congresso di Chianciano del 2010. La successiva Conferenza continua a pagina 2 continua a pagina 2 arcireport settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 4 | 30 gennaio 2014 | www.arci.it | report @arci.it Apertura a diritti civili e parità di genere

Arcireport n 4 2014

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L’approvazione della nuova costituzione e l’annuncio del nuovo governo, in con-temporanea nella notte tra domenica e lunedì, hanno fatto uscire la Tunisia dallo stallo che l’avviluppava. È ancora la piccola Tunisia a indicare la difficile e accidentata strada della rivoluzione. Forse proprio perché è un paese piccolo e privo, o quasi, di risorse strategiche può permettersi di sottrarsi alle grandi pressioni internazionali – ma non alle brame dello sceicco del Qatar – e sce-gliere la propria strada.I tunisini con le loro lotte sono riusciti a liberarsi del governo islamista di En-nahdha e ad approvare una Costituzione che ha respinto le richieste del partito religioso e, pur con ambiguità, non ha nulla a che vedere con quelle dei paesi musulmani più ortodossi o conservatori. La Costituzione è stata approvata con una maggioranza schiacciante: 200 voti a favore, 12 contrari e 4 astensioni. La soglia dei due terzi necessaria per evitare il referendum (145 voti) è stata dunque ampiamente superata. Nel palazzo del Bardo dove l’Assemblea costituente si è riunita per oltre due anni – raddop-

piando il tempo previsto di un anno — la nuova Costituzione è stata salutata dai deputati con segni di vittoria, inno nazionale e bandiere tunisine. Certo si tratta di un’unanimità di facciata, basata su molti compromessi mentre i veri nodi irrisolti emergeranno con le interpretazioni. Soddisfazione è stata espressa non solo dal presidente della Repubblica Moncef Marzouki e da quello dell’Assemblea costituente Mustapha Ben Jaafar, ma anche dall’opposizione. «Mi sento per la prima volta riconciliata con questa assemblea», ha detto Na-dia Chaabane, deputata del partito al Massar, dopo tante controversie con gli islamisti.Il testo approvato è sicuramente molto diverso dalle richieste dei partiti reli-giosi: la sharia non è la fonte legislativa anche se l’islam è la religione di stato. Soprattutto sono stati mantenuti i diritti delle donne, la Costituzione riconosce l’uguaglianza di cittadini e cittadine davanti alla legge, anche se questo non sana disparità come quella dell’eredità

Nuova Costituzione in Tunisia

di Giuliana Sgrena giornalista

Un comune impegno per il congresso nazionale

di Walter Massa*

Dallo scorso week-end i congressi territoriali sono entrati nel vivo. Prosegue così il percorso che ci por-terà all’assise nazionale, a Bologna, da sempre il momento più impor-tante della nostra vita associativa. Grazie ad Arcireport ci è possibile seguire questo percorso, conoscendo territori spesso evocati nelle nostre discussioni e forse poco noti. Questa settimana, ad esempio, è la volta di Sassari e dell’Aquila, realtà molto differenti tra loro ma accomunate dall’appartenenza alla nostra asso-ciazione ed ai suoi valori. Un legame invisibile, a volte dato per scontato e, altrettante volte, derubricato ad un non meglio precisato problema d’identità. Quello di Bologna sarà un congresso nazionale davvero impor-tante, per le scelte che siamo chiamati a fare ma anche per dare seguito al lavoro di cura e monitoraggio del territorio avviato in modo struttu-rato con il congresso di Chianciano del 2010. La successiva Conferenza

continua a pagina 2continua a pagina 2

arcireportsettimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 4 | 30 gennaio 2014 | www.arci.it | report @arci.it

Apertura a diritti civili e parità di genere

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(la donna ha diritto a metà dell’eredità dell’uomo). E garantisce la parità tra uomo e donna nei consigli eletti. Altro riconoscimento importante è la libertà di coscienza e di religione e la neutralità delle moschee. Ma nello stesso articolo (n. 6), lo stato si impegna a diffondere i valori di moderazione e tolleranza e a proteggere il sacro. Manca tuttavia la definizione di ‘sacro’ ed è nelle interpre-tazioni che si nasconde il ‘diavolo’, come ci aveva detto un tunisino. D’altra parte l’art. 48 stabilisce che nessuna modifica del testo potrà rimettere in discussione i diritti e le libertà riconosciuti da questa costituzione.Diffusa delusione ha invece registrato l’annuncio del varo del governo pre-sieduto da Mehdi Jomaa la cui de-signazione non era stata approvata dall’opposizione che ora giudica il nuovo esecutivo come un prestanome della Troika (il governo precedente formato da Ennahdha, Congresso per la repub-blica e Ettakatol). Un governo che sulla

Organizzativa di Tivoli, del novembre 2012, è stata, in quest’ottica, uno dei momenti più significativi dove hanno trovato sintesi e condivisione analisi, pensiero e proposte sulla cura del territorio e, più in generale sui temi dell’organizzazione della nostra as-sociazione. Una Conferenza che ha saputo trasformare domande, dubbi e riflessioni in proposte concrete, a cominciare dal rafforzamento e dal riconoscimento della funzione po-litica ed organizzativa dei Comitati Regionali. Ne è prova la proposta sperimentale per i Comitati Regionali, contenuta nel Piano Nazionale per lo Sviluppo Associativo, documento che, nonostante alcuni limiti e note-voli margini di miglioramento, fa avanzare il piano delle proposte in questa direzione partendo proprio dall’analisi rilevata nel quadriennio 2010 – 2014. Questo è e rimane un punto dirimente, opportunamente ripreso dal documento congressuale, e da lì si deve quindi ripartire. Arriv-eremo così al Congresso Nazionale di Bologna con un quadro più chiaro di quello che sono e fanno i 17 Comitati Regionali nel nostro Paese e di cosa accade nei territori sprovvisti di un comitato regionale; e consapevoli che con una operatività a macchia di leopardo non è possibile risolvere l’annosa questione del rapporto tra nazionale e territorio. Sappiamo in-oltre che la maggioranza dei Comitati regionali sono per lo più organizzati sulla base del volontariato dei propri dirigenti, con tutte le difficoltà che ne conseguono. Il tempo e le risorse dedicate all’analisi e alla riflessione in questi quattro anni devono quindi produrre a Bologna risposte concrete e presa in carico della riorganizzazi-one funzionale della rete dei comitati regionali e, contestualmente, avviare una attenta ricognizione dello stato di salute dei comitati territoriali. Questo è dare concretezza e senso al ‘pren-dersi cura del territorio’. Non vi è dubbio, infine, che queste proposte non possono essere relegate a mera materia ‘tecnica’: Tivoli ha ben focalizzato come le proposte di tipo organizzativo hanno bisogno di una solida e chiara cornice politica e, soprattutto, di una idea proiettata in avanti della ‘rete Arci’ per i prossimi anni. Una idea di tutela, certamente ma, soprattutto di sviluppo. Ne sen-tiamo il bisogno.* Responsabile nazionale Organiz-zazione della rete nel territorio

carta dovrebbe essere indipendente così come i suoi componenti e il cui compito è quello di governare fino alle prossime elezioni, previste in ottobre. Jomaa era stato imposto dagli islamisti, così come – dicono i critici – alcuni ministri.Critiche anche per la limitata presenza delle donne, 3 su 29 componenti (22 ministri e 7 segretari di stato).«Il numero delle donne nel gabinetto di Jomaa prova che la donna per lui può fare solo la vedova di un martire. Ne è la prova il fatto che ha mantenuto Ben Jeddou ministro dell’interno», sostiene la scrittrice Olfa Youssef. E infatti le maggiori critiche al capo del governo riguardano proprio il ministro degli interni, l’unica conferma dell’esecutivo uscente, ritenuto responsabile di non aver evitato l’assassinio di Mohamed Brahmi seguito a quello di Chokri Be-laid. Il Fronte popolare voterà dunque contro il governo che dovrà ottenere la fiducia dell’Assemblea costituente questa settimana.

segue dalla prima paginasegue dalla prima pagina

La Campagna mondiale ‘Per la liberazione di Marwan Barghouti e tutti i prigionieri palestinesi’Il 27 ottobre scorso un Comitato com-posto da personalità illustri, tra cui 5 premi Nobel per la pace, ha lanciato dalla cella di Nelson Mandela a Robben Island la Campagna Internazionale per la Libertà di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi, sot-toscrivendo la Dichiarazione di Robben Island. Una campagna che è sostenuta da tutte le forze politiche e sociali pa-lestinesi vista la popolarità ed il ruolo giocato da Marwan per l’unità del popolo palestinese e per la pace.Il 5 dicembre a Roma, in occasione della presentazione dei risultati del Tribunale Russel sulla Palestina, si è costituito in Italia il comitato nazionale di cui anche l’Arci fa parte.Nella riunione del comitato nazionale si è decisa una mobilitazione a livello locale e nazionale tra il 13 e il 17 aprile, date nelle quali ricorrono diversi anniversari importanti (il 13 è l’anniversario della morte di Vittorio Arrigoni, il 15 è quello del sequestro di Marwan Barghouti, ed il 17 è la giornata internazionale per i prigionieri palestinesi).Sarà quindi indispensabile l’impegno di tutte e tutti, per realizzare iniziative che tengano alta l’attenzione: incontri pubblici, banchetti per la raccolta di firme, concerti, conferimento di citta-dinanza onoraria o delibere dei consigli

comunali.In quei giorni saranno in Italia Fadwa Barghouti (la moglie di Marwan) e al-tri palestinesi oltre a rappresentanti dell’associazione di ex prigionieri su-dafricani che parteciperanno a diverse iniziative, alcune di queste sono già in programma, come la cittadinanza onoraria a Marwan del Comune di Pa-lermo, una conferenza sui diritti umani e i prigionieri palestinesi del comune di Napoli, un’iniziativa con artisti per la libertà di Marwan a Roma.Altra questione importante è la rac-colta fondi per le spese che dovranno essere sostenute dalla campagna. Sarà lanciato un crowdfunding ma sarà anche richiesto ad ogni persona e ad ogni as-sociazione che ha aderito o aderirà di dare un contributo economico libero e volontario, ossia secondo le proprie possibilità.A breve sarà pronto il sito internazio-nale nel quale sarà aperta una pagina italiana che sarà il luogo di raccordo di tutte le iniziative ed i documenti che verranno prodotti.A livello nazionale il coordinamento della campagna è tenuto da Luisa Morgantini, e Gianni Tognoni della Fondazione Internazionale Lelio e Lisli Basso.Le richieste di informazioni vanno in-viate a [email protected]

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20143 8x1000

Otto per mille: il governo ripristini i fondi già stornati per finalità non previste dalla leggeSi è tenuta lo scorso 28 gennaio, alla Camera dei Deputati, la conferenza stampa dei deputati Beni, Marcon, Fossati e Boccadutri, sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante la ripartizione della quota dell’otto per mille dell’Irpef devoluta alla diretta gestione statale per l’anno 2013. Nello schema di decreto, sul quale la Commissione Bilancio dovrà espri-mere parere, l’importo disponibile, da ripartire agli unici 4 progetti ammessi dei 936 presentati (tutti ammissibili) di associazioni, enti e istituzioni, è di poco superiore a 400mila euro, a fronte di un importo iniziale che ammontava a 169.899.025 euro.La quasi totalità delle risorse destina-te all’otto per mille sono state infatti impiegate per garantire la copertura finanziaria di altri provvedimenti.Nel corso della conferenza stampa è stato evidenziato come questo abbia rappresentato, in questi anni, una prassi ‘tristemente’ consolidata, a scapito del potere decisionale dei contribuenti e di tutte le attività di rilevanza sociale connesse alle finalità del fondo dell’otto

per mille. Inoltre, è stato ribadito come il recente regolamento sui criteri e le procedure per l’utilizzazione della quota devoluta alla diretta gestione statale sia stato disatteso, nonostante gli impegni annunciati. In questi mesi sono state presenta-te diverse iniziative parlamentari per sollecitare il Governo ad una corretta gestione dei fondi di pertinenza statale dell’otto per mille e al ripristino delle risorse decurtate. Nonostante vi sia stato un impegno da

parte del Governo in tal senso, ad oggi, non sono state ancora individuate le modalità di reintegrazione di queste risorse e le conseguenti iniziative ne-cessarie.I rappresentanti delle associazioni presenti all’incontro stampa hanno posto l’accento su come le continue decurtazioni delle risorse dell’otto per mille rappresentino, di fatto, una grave violazione delle scelte effettuate dai con-tribuenti, e su come questo rappresenti un difetto di trasparenza dell’operato del Governo e un vulnus al corretto rapporto tra fisco e contribuente.Unanime è stata la richiesta di vigilare e sollecitare costantemente il Governo affinché venga ripristinato il fondo dell’otto per mille, mediante il recu-pero delle risorse decurtate, al fine di una equa ripartizione che consenta l’attuazione delle iniziative di rilevanza sociale previste, in sintonia con quanto espresso dai contribuenti e con le fi-nalità che legittimano la natura stessa del fondo dell’otto per mille: lotta alla fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione dei beni culturali.

Anche quest’anno le risorse del Fondo otto per mille IRPEF a diretta gestione statale, che ammontavano originaria-mente a quasi 170 milioni di euro, sono state pressoché azzerate, per effetto di interventi legislativi che sono serviti essenzialmente a coprire provvedimen-ti di natura finanziaria promossi dal Governo: dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese, al decreto sull’ecobonus, al decreto del Fare. Anche quest’anno nessuno dei progetti presentati per l’assistenza ai rifugiati è stato finanziato. Ma questa volta le risorse devono essere reintegrate, in base a quanto espressamente previsto dal nuovo Regolamento entrato in vi-gore dal 1 gennaio 2014 che disciplina l’utilizzazione delle risorse otto per mille IRPEF.

A chiederlo il Consiglio Italiano per i Rifugiati, l’Arci, l’associazione A buon diritto, l’associazione Centro Astalli, l’associazione Comitato per il Centro Sociale, l’associazione Futura Salerno, l’associazione nazionale Comuni Italiani, l’associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, l’associazione Pro-getto Accoglienza Onlus, la Cgil Camera del Lavoro Metropolitana di Bologna, la Cgil Camera del Lavoro Metropoli-tana di Milano, la cooperativa Impresa Sociale Ruah, la cooperativa O.R.SO. Società Cooperativa Sociale, Europe Consulting onlus, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Fonda-zione Franco Verga Milano, il Gruppo Lavoro Rifugiati Onlus, Prime Italia, Xenia – Associazione per lo studio e l’azione sulle migrazioni e lo Sviluppo.Gli stessi hanno inviato una lettera al

Reintegrare le risorse sottratte all’assistenza ai rifugiatiLa lettera delle associazioni

Ministro dell’Economia e delle Finan-ze e ai Presidenti della Commissione Bilancio di Camera e Senato, in cui si chiede espressamente il reintegro delle risorse sottratte.È da ricordare inoltre che il Governo, rispondendo a un’interrogazione parla-mentare, si era impegnato a ripristinare con la legge di stabilità del 2014 i fondi otto per mille IRPEF a diretta gestione statale destinati a finalità diverse rispetto a quelle previste dalla legge.In un momento in cui lo Stato italiano e il sistema d’asilo nel suo complesso hanno dovuto fronteggiare gravissime situazioni di emergenza legate al feno-meno migratorio, chiediamo con forza che sia data effettiva applicazione alla legge in materia e soprattutto alle scelte espresse dai contribuenti.

www.cir-onlus.org

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20144 pace&disarmo

Free Omar Hazek!

Omar Hazek è un giovane poeta egiziano attivista laico del movimento di piazza Tahrir. È stato bibliotecario presso la Biblioteca di Alessandria d’Egitto ed è amico di Arci Bari e Arci Puglia, con cui ha collaborato nel 2009 per un progetto, denominato Apulia Caravan in parte legato alla Biennale dei Giovani Artisti d’Europa e del Mediterraneo quell’anno tenutasi a Skopje. Nel suo paese Omar è noto anche per avere preso posizione contro i gravi fenomeni di corruzio-ne che hanno riguardato la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, una delle più importanti istituzioni culturali egizia-ne, e per averne chiesto a gran voce il rinnovamento dei vertici. Lo scorso 2 dicembre, Omar è stato arrestato assieme ad altri manifestanti pacifici dalla polizia egiziana mentre protestava davanti a un tribunale che stava processando i due poliziotti che hanno ucciso Khaled Said, blogger martire e simbolo della rivoluzione egiziana.Dopo due udienze, lo scorso 14 dicembre Omar è stato processato e condannato a due anni di carcere e una multa di LE

50,000 (5500 euro) per manifestazione illegale e altri capi di imputazione (vio-lenza pubblica, disturbo della quiete). Accuse da molti ritenute false e infondate. La condanna si basa sulla nuova legge sulle dimostrazioni imposta tre mesi fa dal regime egiziano. Omar si trova attualmente rinchiuso nella prigione di Hadara, ad Alessandria d’Egitto. La notizia della sua carcerazione è cau-sa, per tutti coloro che lo hanno cono-sciuto, di grande angoscia.Oggi l’Egitto è governato da un regime militare e diversi organismi internazionali riten-gono sia fortemente pregiudicato in quel paese il rispetto dei diritti umani.

È stata attivata una pagina facebook europea (Free OMAR HAZEK - Libertà per Omar Hazek. European page) che riunisce tutti gli artisti e gli intellettuali che hanno conosciuto Omar in Puglia e a Skopje, con l’obiettivo di far conoscere il più possibile la vicenda di Omar e di chiedere la sua rapida scarcerazione. Quanto sta accadendo in Egitto è un pro-blema di tutto il bacino del Mediterraneo; parlare del caso di Omar Hazek è infatti anche un modo per attirare l’attenzione internazionale sulla grave diminuzione dei diritti umani e politici che sta avve-nendo in questi giorni in Egitto.Se anche riusciremo a risparmiare a Omar una sola ora di carcere ne saremmo felici!Intanto faremo in modo che le idee e l’arte di Omar continuino a circolare anche ora che lui è costretto in prigione!Firma la petizione su change.org all’in-dirizzo: https://www.change.org/it/petizioni/al-governo-egiziano-free-omar-hazek-per-il-rispetto-dei-diritti-umani-in-egitto-a-fianco-della-rivo-luzione-democratica-dei-giovani-egi-ziani# e condividi su facebook e twitter

Cominciamo dal disarmo... le proposte della nonviolenza

Cominciamo dal disarmo... le proposte della nonviolenza. È questo il tema del 24° Congresso nazionale del Movimen-to Nonviolento, che si terrà a Torino dal 31 gennaio al 2 febbraio 2014. Un momento importante di riflessione ed organizzazione per tutti gli amici e le amiche della nonviolenza che vedono nel Movimento Nonviolento, fondato da Aldo Capitini nel 1961, un punto di riferimento. La politica del disarmo e per il disar-mo è una delle direttrici di azione del Movimento Nonviolento che da più di 50 anni opera nel nostro paese. L’op-posizione integrale alla guerra e alla sua preparazione (cioè opposizione a tutti gli eserciti e alla produzione di armi), e dunque la scelta del disarmo unila-terale, per il Movimento Nonviolento è l’unica strada per dare vera attuazione all’articolo 11 della Costituzione italiana,

che «ripudia la guerra»; e se la difesa della patria è «sacro dovere» per ogni cittadino (art. 52 della Costituzione), c’è assoluta urgenza di finanziare ed orga-nizzare una ‘difesa civile’, non armata e nonviolenta, che sappia neutraliz-zare i veri nemici che oggi minacciano l’integrità e le fasce deboli della nostra comunità: la povertà, la disoccupazione, l’insicurezza. Le enormi spese impiegate per mante-nere la difesa armata del nostro Paese, oltre 25 miliardi di euro, sono sottrat-te direttamente ai diritti essenziali della nostra vita - il diritto al lavoro, alla casa e all’istruzione, le protezioni sociali e sanitarie, l’ambiente, l’aria, l’acqua, la legalità e la partecipazione, la convivenza civile e la pace- dunque le armi anche se non utilizzate stanno già uccidendo e togliendo il futuro alle nuove generazioni.

Dal congresso nonviolento di Torino verrà lanciata anche l’iniziativa Arena di pace e disarmo che il 25 aprile 2014 vedrà riunito nell’Anfiteatro di Verona l’intero popolo della pace, associazioni laiche e religiose, singole persone, per convergere in una comune campagna per il ‘disarmo militare e la difesa civile’. I lavori del Congresso si articoleranno in quattro commissioni di lavoro (disarmo/difesa, diritti/doveri, democrazia/poli-tica, decrescita/semplicità volontaria) e saranno preceduti da un dibattito pubblico su L’Europa che vogliamo nel corso del quale si affronteranno anche le questioni legate alla difesa europea e alla proposta dei corpi civili europei di pace. A conclusione dei tre giorni torinesi, aperti a tutti gli interessati, verran-no eletti gli organi rappresentativi ed esecutivi del Movimento Nonviolento.

Per il rispetto dei diritti umani in EgittoA fianco della rivoluzione democratica dei giovani egiziani

di Mao Valpiana presidente Movimento Nonviolento

Dal 31 gennaio al 2 febbraio a Torino il Congresso del Movimento Nonviolento

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20145 legalitàdemocratica

È l’ultima casa del popolo nel centro storico di Firenze. Fondata a fine ‘800, rimane l’espressione più concreta di una piccola realtà di quartiere, ma che rappresenta un solido e radicato punto di riferimento nel quotidiano di molti. Ci trovi gli avventori di tutti i giorni, talmente noti da essere diventati dei veri e propri personaggi: l’intellettuale, il professore, l’extracomunitario. E poi ci trovi i giocatori incalliti, quelli ‘attac-cati’ alle slot machine. Anzi, ce li trovavi fino ad alcuni giorni fa: sono gli stessi, infatti, che commossi hanno ringraziato il presidente Franco Giorgi e tutto il consiglio direttivo dell’Url San Niccolò di Firenze per la scelta di rinunciare alle slot machine. Una decisione presa pochi mesi fa, quan-do a novembre il rinnovo del consiglio direttivo ha portato all’elezione di alcuni giovani soci 40enni, «pieni di voglia di fare e di impegnarsi nel cambiare le cose - spiega il presidente - che non ricorda nemmeno più da quanti anni ha questo ruolo, come racconta scherzosamente - perché la questione è molto semplice: se

Al circolo San Niccolò un’iniziativa bella e complessa

levi le macchinette, devi anche trovare un modo per rimpiazzare quelle entrate. Il nuovo direttivo si è impegnato a orga-nizzare iniziative, aperitivi con musica, a creare legami con artisti di strada del quartiere. Partiamo con il piede giusto e sono sicuro che riusciremo a portare avanti questo obiettivo».Intanto, all’iniziativa della campagna Mettiamoci in gioco che si è svolta sabato scorso, a cui è intervenuta la presidente della Camera Laura Boldrini, la sede del San Niccolò era strapiena: di giornalisti, ma anche di tantissimi soci e simpatiz-zanti che hanno voluto così dimostrare il proprio consenso per la coraggiosa proposta. Tanti i messaggi entusiastici, ma anche una riflessione amara: «Ser-virebbe un ragionamento più ampio, di tipo culturale, che andrebbe fatto con le istituzioni. Finchè anche lo Stato ci guadagna, c’è un problema di fondo che sicuramente non porterà a cambiare le cose. Il proibizionismo non ha mai pagato fino in fondo, ma è la mentalità che va cambiata, con opportuna sensibilizza-zione delle persone. Noi ci proviamo».

L’evento di sabato scorso contro i rischi del gioco d’azzardo, che ha visto la presenza della presidente della Camera Boldrini assieme alla campagna Mettiamoci in gioco, si è svolto in un circolo Arci. Una sorta di realizzazione plastica di ciò che oggi una base associativa dell’Arci può essere. Un luogo di aggregazione e cultura, immerso da tempo nella società, si trasforma con essa e con essa ne condivide le contraddizioni, arri-vando a superarle. È stato un evento non solo bello, per l’Url di San Niccolò. Ma complesso. Perchè pensiamo che delicata e complessa sia la questione della presenza del gioco d’azzardo nel-le nostre strutture. Con quell’evento, è bene dirlo, abbiamo rischiato di fare un torto alla stragrande maggioranza dei nostri circoli che non hanno mai accolto macchinette e slot (perchè non fare un evento ‘così grosso’ in quelli che hanno sempre fatto senza?). Abbiamo rischiato di fare un torto anche a tutti quei circoli che ce le hanno e che allo stesso tempo continuano a produrre cultura, coesio-

ne, solidarietà. La direzione deve essere quella della scomparsa di macchinette e slot. Certamente. La sfida dell’etica e della coerenza con i nostri valori è evidente. Si tratta però di coglierne la complessità. A nessuno fa pia-cere tenere aperta questa contraddizione, nemmeno a coloro che la vivono al loro interno. E non possiamo dimenticare, come ci dice più di qualcuno, che, sep-pur al di fuori delle logiche del profitto, il nostro associazionismo ha tra le sue caratteristiche distintive una dimensione economica. Crediamo, poi, sia abbastan-

za pacifico che la questione del gioco d’azzardo non si possa risolvere con il proibizionismo.Per tutti questi motivi, l’azione dell’Arci per il contrasto dei rischi del gioco d’azzardo e per il superamento della sua presenza dei circoli deve essere un’azione articolata. Serve stare nelle reti di sensibilizzazione, denunciare le lobby e le infiltrazioni della criminalità, servono leggi che regolamentino il fenomeno, serve una posizione decisa dell’associazione. Ma serve, per quanto riguarda le nostre strutture, una forte

collaborazione con le istituzioni con le quali dobbiamo lavorare per combattere le ludopatie e alle quali non dobbiamo smettere di chiedere un giusto ricono-scimento del valore delle nostre basi associative.

Il perché di una scelta: parla il presidente del circolo

di Francesca Chiavacci presidente Arci Firenze

Nelle aule del Parlamento è iniziato l’iter per l’approvazione di una legge nazionale sul gioco d’azzardo, un obiettivo fonda-mentale per tutti coloro che intendono ridurre i rischi connessi a una diffusione del fenomeno incontrollata e abnorme.Nell’opinione pubblica, nelle Istituzioni, nelle Chiese, nei partiti, c’è sempre più consapevolezza del fatto che l’azzardo può produrre situazioni di dipendenza anche gravi e costi sociali e sanitari molto alti.Mettiamoci in gioco - la campagna na-zionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da Acli, Adusbef, Alea, Anci, Anteas, Arci, Associazione Orthos, Auser, Avviso Pubblico, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsuma-tori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fondazione Pime, Fp Cgil, Gruppo Abele, InterCear, Lega Consumatori, Libera, Scuola delle Buone Pratiche/Legautonomie - Terre di mezzo, Shaker-pensieri senza dimo-ra, Uil, Uisp - ha organizzato l’evento di sabato scorso per dire forte e chiaro che il gioco d’azzardo va regolamentato, al più presto e in modo molto rigoroso.In questa occasione il circolo Arci di San Niccolò ha annunciato la decisione di ri-muovere le slot dai propri locali. All’evento ha partecipato anche una classe dell’ISIS A. Pesenti di Cascina (Pisa), che ha pro-mosso con la Fondazione Caponnetto un progetto di indagine e sensibilizzazione sul gioco d’azzardo nel proprio territorio.

www.mettiamociingioco.org

Mettiamoci in gioco

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20146 legalitàdemocratica

Casa Chiaravalle. Da luogo per uno a luogo per tutti

Una ex cascina, trasformata in una villa di campagna composta da due palazzine di due piani e due ‘villettine’ bilocali (in tutto circa 2.000 mq) e poi un piccolo boschetto di alberi da frutto e, ancora, un terreno coltivabile di circa 8 ettari. Sono stati sequestrati ad una famiglia legata alla ‘ndrangheta, i Molluso, sul finire degli anni ‘90 e, quindi, confiscati definitivamente circa 13 anni dopo. Dove? A circa un chi-lometro dalla stazione dell’alta velocità di Milano Rogoredo. In mezzo ai campi ma ancora nel Comune di Milano, quartiere Chiaravalle. Il Comune di Milano ha già avuto in gestione e consegnato al mondo del terzo settore 186 beni confiscati alle mafie, ma sabato scorso è stato chiaro a tutti che non era semplice-mente l’ennesimo atto burocratico la consegna delle chiavi del più grande bene confiscato di Milano, uno dei più grandi del nord Italia, al Presi-dente del Consorzio Sis (capofila di un progetto con Arci Milano, Coop. Chico Mendez e Coop La Strada). La consegna, avvenuta durante un

piccolo convegno a cielo aperto in una giornata quasi primaverile, è stata fatta alla presenza del presidente della Com-missione antimafia comunale Gentili, dell’assessore alla Pol. Sociali Majorino e della Vicesindaca De Cesaris. Ora a noi far rinascere con il progetto Casa Chiaravalle. Da luogo per uno a luogo per tutti questa villa ed ex cascina. Il progetto è molto ambizioso e punta a far convivere una attività di housing sociale rivolta ai più colpiti dalla crisi con attività di ristorazione attenta all’impatto ambientale. L’attività agricola (riso o ortaggi... lo capiremo nei prossimi mesi) con tante iniziative di sen-

sibilizzazione antimafia. Infine vogliamo far convivere il commercio dei prodotti equo-solidali con i nostri campi di lavoro antimafia. Ma prima dobbiamo capire dove e come trovare i soldi che ci permettano di ripristinare l’impianto elettrico e il riscal-damento (quasi completamente asportati), riparare i tetti seriamente danneggiati e riorganizzare gli spazi, oltre a comprare i serramenti e concludere dei lavori di ristrutturazione rimasti a metà. La sfida che abbiamo raccolto è quella di ridare vita a quella villa facendola diventare un punto di riferimento del movimento antimafia milanese e, perchè no, italia-

no... Già nelle prossime settimane vorremmo iniziare a sistemare i primi locali e impostare i lavori sul terreno agricolo per poter ottenere i primi prodotti da terreni confiscati ‘milanesi doc’, invece rimanderemo a questa estate i primi eventi pubblici e i nostri campi di lavoro. Da oggi lo possiamo dire (e fare): andiamo a coltivare i terreni confiscati alle mafie a 7 km dal Duomo di Milano.

Sabato 25 gennaio, presso il circolo Arci Pessina di Chiaravalle, Milano, si è svolto il seminario sulla Carovana Antimafie in Lombardia, voluto fortemente dal coor-dinamento regionale della Carovana con l’obiettivo di riflettere sulla storia della Carovana in Lombardia, le sue evolu-zioni e le sue prospettive. La mattina si è aperta con l’intervento di Alessandro Cobianchi, coordinatore nazionale di Carovana Antimafie e dell’area Legalità democratica dell’Arci, che ha sottolineato l’importanza della prossima edizione, la ventesima, di questo viaggio iniziato nel 1994 in Sicilia e che oggi non solo inte-ressa tutte le regioni italiane ma anche l’Europa. Il tema generale sarà la tratta degli esseri umani che ogni territorio affronterà secondo le proprie sensibilità evidenziando problematiche specifiche. Grazie al progetto europeo Cartt saremo presenti in Romania a fianco dell’associa-zione Parada, in Francia con la Ligue de l’enseignement e a Malta con Inizjamed.A seguire, Luigi Lusenti, coordinatore della Carovana in Lombardia, ha raccon-

tato la nascita di questa esperienza sul territorio lombardo (a Bergamo e Lodi nel 2004) e come da lì sia diventata un appuntamento atteso dai territori nei quali, oltre alle associazioni promotrici nazionali, si riescono a stringere impor-tanti relazioni con altri soggetti locali.Interessanti e densi di spunti sono stati gli interventi di Silvia Camisaschi, Libera Cremona e di Marco Doria, Arci Sondrio individuati come portatori di buone pra-tiche nella costruzione di una tappa della Carovana che non sia solo un evento singolo scollegato da un percorso ma sia espressione di una progettualità ampia sul territorio. In particolare Maurizio Mele, Arci Cremona, ha descritto il progetto Carovana in circolo durante il quale, partendo dai prodotti di LiberaTerra, i circoli hanno conosciuto la Carovana e lo stimolo che può rappresentare per i nostri soci e per le loro attività favorendo anche la rigenerazione del corpo associativo.Alle 12 in punto i lavori sono stati sospesi per dare modo a tutti di partecipare alla tavola rotonda, realizzata a Chiaravalle

Un seminario sulla Carovana antimafie in Lombardia

di Tiziano Ubbiali Arci Milano

di Giulia Venturini Arci Lombardia

presso il bene confiscato alla famiglia Molluso, nella quale è stato presentato il progetto vincitore del bando comunale, elaborato da una cordata di cui fa parte anche l’Arci di Milano. Nel pomeriggio è ripresa l’attività con la discussione sulle modalità organizzative di una tappa. I presenti, provenienti dai territori di Milano, Lecco, Como, Sondrio, Cremona, Bergamo, Brescia, Voghera e rappresentanti di Arcu, Cgil, Cisl, Libera, Sao (Saveria Antiochia Omicron), si sono confrontati sulle difficoltà e sui punti di forza di ogni territorio provando a fare sintesi delle diverse esperienze. France-sco Breviario, Cisl Lombardia, esprime efficacemente lo spirito della Carovana «La tappa dovrebbe richiamare ciò che stava prima e caricarci di energia per quello che verrà dopo». Le conclusio-ni, espresse da Alessandro Cobianchi e da Luciano Silvestri della segreteria nazionale Cgil, rilanciano il ruolo della Carovana riconosciuta per la sua coe-renza nella costruzione di una concreta antimafia sociale.

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20147 migranti

La Carta di Lampedusa per rilanciareil movimento per i diritti dei migranti

Sono trascorsi 4 mesi da quella notte del 3 ottobre in cui, davanti a Lampedusa, 368 persone hanno perso la vita. Una tragedia, come dicemmo allora, con-seguenza di scelte politiche sbagliate, che non prevedendo canali di ingresso regolari, costringono a viaggi sempre più pericolosi. E infatti, dopo soli 8 giorni, altre centinaia di persone, a poche mi-glia dalle coste italiane, sono annegate per il mancato soccorso e il rimpallo di responsabilità tra Malta e Italia. Il governo italiano, che in quelle ore aveva annunciato grandi cambiamenti, ha saputo proporre solo il programma Mare Nostrum e l’installazione di un costosissimo sistema radar per controllare le frontiere sud della Libia. Confermando, fra l’altro, in questo modo un’oggettiva e inquietante identità di interessi tra coloro che commerciano armi e sistemi di con-trollo e quanti speculano sui viaggi della morte. Interessi sostenuti dagli accordi tra Stati e governi della sponda sud e nord del mediterraneo. Intanto in Italia e in Europa crescono partiti xenofobi e razzisti, che potrebbero trovare ampia rappresentanza nel prossimo Parlamento europeo. L’assunzione in piccole dosi del

veleno razzista (nella folle convinzione che questo servisse a evitarne la diffusione) ha ormai determinato una sorta di assuefa-zione delle nostre democrazie e indebolito gli anticorpi, compresi i principi scritti nelle Costituzioni. È arrivato il momento che la società civile organizzata, le reti e i movimenti dei migranti e coloro che in questi anni hanno cercato di tutelarne i diritti diano vita a una grande coalizione, per costringere la politica e le istituzioni a invertire la rotta. In questi giorni a Lam-pedusa centinaia di organizzazioni si sono date appuntamento per scrivere la Carta di Lampedusa, tappa di un processo che deve crescere, radicandosi nei territori, per costruire un consenso diffuso. La Carta di Lampedusa, per il suo valore simbolico e per le proposte che contiene, può rappresentare l’inizio di una ripresa del movimento antirazzista italiano e internazionale. Per provare ad essere vincenti, bisogna riprendere il dialogo con tutte quelle comunità antirazziste, piccole e grandi, la cui frammentazione in questi anni ha prodotto una generale debolezza. Si deve dare finalmente la parola a rifugiati e migranti, sostenerne il protagonismo, a partire dal lavoro della

coalizione ‘Siamo nella stessa Barca’, che dovrebbe portare a una grande mani-festazione nazionale ad aprile, favorire tutte quelle azioni che facciano emergere l’esistenza dell’altra Europa. La ripresa di un ampio e plurale movimento an-tirazzista dovrebbe puntare a qualche risultato concreto: l’approvazione delle leggi d’iniziativa popolare della campa-gna L’Italia sono anch’io (cittadinanza e diritto di voto), una riforma del sistema d’accoglienza che preveda la chiusura dei grandi centri di contenimento (a partire dai CARA), la cancellazione definitiva dei CIE, l’abolizione della Bossi Fini, l’apertura di vie d’ingresso legale sia per ricerca di lavoro che per richiesta di protezione. Sono solo alcuni degli obiettivi che possono caratterizzare una nuova stagione del movimento antirazzista, che deve riuscire a tenere insieme realtà e modalità di ini-ziativa diverse. Se il prossimo 3 ottobre riusciremo a commemorare insieme a Lampedusa quei 368 morti, avendo nel frattempo ottenuto almeno in parte il cambiamento necessario, potremo offrire un piccolo risarcimento a tutti coloro che hanno perso la vita e a quanti chiedono giustizia e dignità.

393: è il numero di campi chiusi per stra-nieri che appaiono sul sito closethecamps.org, online da pochi giorni. Censiti nei paesi dell’Unione europea (UE), quelli candidati all’adesione all’UE, eleggibili alla politica europea di vicinato (PEV) o ancora negli Stati che collaborano alla politica migratoria europea, questi campi erano tutti operativi tra il 2011 e il 2013.Queste cifre non rivelano che la detenzione nei campi chiusi (dove la privazione della libertà delle persone straniere è tota-le), luoghi emblematici delle numerose violazioni dei diritti fondamentali delle popolazioni migranti.Da oltre 10 anni, Migreurop censisce e documenta questo fenomeno. Al fine di far luce su questa realtà complessa e multipla e sensibilizzare il maggior numero di per-sone possibile, la rete ricorre, tra l’altro, alla cartografia. La Carta dei Campi, la cui quinta edizione è stata pubblicata nel 2012, permette di illustrare l’evoluzione e la moltiplicazione dei luoghi di detenzione

degli/delle stranieri/e. Al di là del suo lavoro di raccolta e diffusione di informa-zioni, Migreurop intende mobilitare tutti coloro che si oppongono ai meccanismi di detenzione ed allontanamento dei/delle migranti e ne difendono i diritti fondamentali. La campagna Open Access Now, lanciata nel 2011 per chiedere un accesso incondizionato della società civile e dei giornalisti ai centri di detenzione per stranieri/e, ha permesso di mettere in evidenza l’opacità che continua a ca-ratterizzare questi luoghi di detenzione: difficoltà - per le associazioni, i/le ricerca-tori/trici, i/le familiari ed amici/che dei/delle detenuti/e e tutti/e i/le cittadini/e - di accedere alle informazioni su questi dispositivi, i contatti a volte difficili con le persone detenute, gli ostacoli alle azioni di sostegno e le iniziative di rivendicazione e sensibilizzazione su questo tema.Da questa constatazione è nata, in seno alla rete Migreurop, l’idea di lavorare alla realizzazione di una banca dati e alla

Migreurop lancia closethecamps.org

di Filippo Miraglia responsabile Immigrazione Arci

Una mappa per denunciare la detenzione degli/delle stranieri/e in Europa e non solo

creazione di una ‘Cartografia dinamica della detenzione degli/delle stranieri/e’ al fine di promuovere l’accesso del mag-gior numero di persone possibile alle informazioni riguardanti la detenzione amministrativa e le sue conseguenze sulla vita ed i diritti delle persone migranti.Questo progetto partecipativo e ambizioso è stato presentato pubblicamente il 6 dicembre 2013 nel quadro dell’incontro internazionale La detenzione degli/delle stranieri/e in Europa e al di là: qua-li orizzonti? organizzato da Migreurop e l’Observatoire de l’Enfermement des Etrangers (OEE, Francia).Oggi, nell’ambito del progetto dell’an-tiAtlas des frontières e della mostra che si terrà dal 13 dicembre al 1° marzo a La Compagnie a Marsiglia, la rete mette in linea il sito e conta sul contributo di tutti/e per alimentare questa iniziativa contro ‘l’Europa dei campi’.http://[email protected]

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20148 informazione/cultura

Tanti i programmi di qualità che la Rai sta cancellando senza spiegazioniPer la Rai siamo a un passaggio storico. Il sessantesimo anniversario della televisione pubblica rischia di coincidere con la sua parabola discendente. Tra il 2014 e il 2016 scadono la Convenzione e la Concessione del servizio pubblico. Antonio Catricalà, viceministro al ministero dello Sviluppo Economico, con delega alla comunicazio-ne, ha annunciato di immaginare un’asta delle attività attribuite all’azienda. Cavallo di Troia dell’operazione potrebbe essere la clausola inserita nella bozza del nuovo Contratto di Servizio, e cioè il ‘bollino blu’ che dovrebbe contrassegnare le trasmis-sioni di interesse pubblico, distinguendole da quelle commerciali. Come se esistesse una linea di demarcazione netta tra format e le trasmissioni di intrattenimento, i film o lo sport non potessero anch’esse essere considerate servizio pubblico. La Commissione di vigilanza sta vagliando il testo e ci auguriamo che questo comma venga cancellato. Nel frattempo vengono chiuse senza spiegazioni e di punto in bianco trasmissioni come C’era una volta, di Silvestro Montanari, per il cui ripristino

è stata lanciata anche una petizione che ha raccolto migliaia di firme, mentre si allunga la lista dei programmi a favore dei musicisti indipendenti ed emergenti chiusi in un anno: TG Note di Leonardo Metalli sul Tg 1, La Notte degli Indipendenti di Federico Guglielmi su Rai Isoradio, Ztl - La corsia per la musica indipendente di Alessandro De Gerardis su Rai Isoradio, oltre allo spazio dedicato agli artisti indi-pendenti su Rai Tre da Serena Dandini. Infine, notizia di questi giorni, Demo, la trasmissione radiofonica di Rai 1 in onda da 12 anni e molto apprezzata dai giovani. Contro questo ennesima inspiegabile decisione, sta montando la protesta in rete e sui social network. La trasmissione, dedicata anch’essa alla musica emergente e indipendente, permetteva a giovani musicisti e band di andare in onda sulla radio del servizio pubblico con i propri demo, in caso fossero valutati meritevoli di essere ascoltati, e rappresentava un vero esempio di servizio pubblico sul quale era giusto scommettere. Da inizio anno la trasmissione è stata cancellata

dal palinsesto senza alcuna spiegazione, sebbene in passato il suo successo sia stata apprezzato pubblicamente anche dai dirigenti Rai, a cominciare dal diret-tore della programmazione radiofonica Preziosi. Intanto a Torino domenica 2 febbraio un gruppo di artisti si esibirà in una non stop, dalle 17 alle 24, in sostegno alla riapertura del programma con la parola d’ordine «Rivogliamo Demo». L’ingresso al concerto, che si terrà all’Hi-roshima mon amour, è gratuito.Questo è il blog di EMO con articoli, inter-venti, il testo dell’interpellanza presentata dal vicepresidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla chiusura del programma http://salviamodemo.wordpress.com/tag/demo/

Giovedì 30 Gennaio 2014 ore 17.30Roma, Tempio di Adriano, Piazza di Pietra(Ingresso libero fino a esaurimento posti) Intervengono Lidia Ravera, Assessore Cultura Regione Lazio, Marcella Sansoni, presidente giuria Premio Roberto Mor-rione, Francesca Barzini (TG3),

Alessandro Gaeta (TG1), Mario Sanna (Rainews24), tutor dei tre progetti finalisti.Gli Autori dei tre progetti fi-nalisti.Presenta Marino Sinibaldi, direttore Rai RadioTre.A seguire Una questione di sguardoIncontro con Pietro Marcello (regista), Renato Farina (AD Eutelsat Italia).Modera Stefano Lamorgese (giornalista Rainews24)Proiezione delle inchieste vin-citrici della seconda edizione.Il Premio è promosso da:

Regione Lazio, Assemblea Legislativa Emilia Romagna, Rai, Rainews 24, Raiwold, Eutelsat, Albaraka, FNSI, USIGRAI e Misteri di Italia e realizzato in collaborazione con: Articolo 21, Rai Teche, Liberainformazione.org, Scuola di giornalismo Lelio Basso, UCSI, Pre-mio città di Sasso Marconi.Media partner: Rainews24, Internazionale, Rai Ra-dioTre.

www.premiorobertomorrione.it

Illuminare gli angoli bui del mondo

Informare può costare la vitaIl rapporto di Committee to Protect JournalistsNel 2013 nel mondo sono morti almeno 70 giornalisti, tra cui 29 hanno perso la vita rac-contando la guerra civile in Siria e 10 sono stati assassinati in Iraq. È quanto sostiene il Committee to Protect Journalists, organiz-zazione indipendente con base a New York.Tra i reporter morti in Siria l’organizzazione ha contato anche alcuni ‘citizen journalist’ che lavoravano per documentare i combatti-menti nelle loro città natali, operatori radio e tv che lavoravano per media affiliati al governo o alle opposizioni e un gruppo di corrispondenti della stampa straniera, tra cui un reporter di Al-Jazeera, Mohamed al-Mesalma, che è stato ucciso da un cecchino.Sei giornalisti sono stati uccisi in Egitto. Metà di questi reporter sono stati assassinati il 14 agosto, durante la repressione delle forze di sicurezza della protesta contro la de-stituzione del presidente Mohamed Morsi.In diversi paesi giornalisti e commentatori sono stati uccisi dopo aver denunciato casi di corruzione, malapolitica, traffico di droga o altri argomenti sensibili. Episodi del genere si sono verificati in Brasile, Colombia, Filip-pine, India, Bangladesh, Pakistan e Russia.Il CPJ sta ancora indagando sui decessi di altri 25 giornalisti nel 2013, che non sono stati inclusi nel bilancio ufficiale, per determinare se siano morti per cause connesse al loro lavoro. Ad oggi, almeno 63 giornalisti sono stati uccisi mentre sta-vano raccontando il conflitto in Siria. Solo quest’anno in Siria sono stati rapiti 60 giornalisti; 30 mancano ancora all’appello.

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 20149 congressiarci

Sara Stangoni nuova presidente di Arci SassariCambio di testimone in rosa all’Arci di Sassari: il congresso provinciale, riuni-tosi il 26 gennaio, ha eletto presidente, all’unanimità, Sara Stangoni, che prende il testimone lasciato, alla scadenza del secondo mandato, da Franca Puggioni. Le abbiamo rivolto alcune domande.Raccontaci la tua esperienza in Arci fino ad oggiSe rivado alla mia prima esperienza all’interno dell’Arci mi ritrovo nel 2003, non ancora definitivamente tornata in Sardegna, che cerco nell’isola chi si oc-cupi di stranieri. Tra i pochi attivi trovo l’Arci di Cagliari, che stava mettendo su uno sportello di ascolto per donne e minori. La mia ricerca, prima di tutto lavorativa, mi aveva portato là, dove mi offrirono il coordinamento del proget-to, un progetto che si sarebbe rivelato essere quasi ‘di vita’, se ora mi trovo qua. Nel 2004 ero a Cecina, al Meeting antirazzista, proprio nei giorni in cui si consumava la beffa atroce della Cap Anamur. Tom Benetollo era morto un mese prima, altri lutti si preparavano, nuove e forti amicizie nascevano, e mi fu chiaro che quello era per me un punto di svolta. Da allora la difesa dei diritti

civili è rimasto il mio ambito di azione politica nell’Arci.

Quali sono le principali problematiche che i soci hanno evidenziato nel con-gresso territoriale che si è svolto nei giorni scorsi?L’inasprimento degli obblighi legislativi e burocratici dispiegatosi negli ultimi anni a danno del mondo dell’associazionismo, a dimostrazione del mancato riconosci-mento della funzione sociale e culturale dei nostri circoli. È frustrante vedere come le istituzioni, anziché tutelare il diritto ad associarsi, mostrino tutto il loro zelo nel far rispettare regolamenti e delibere che, per quanto legittimi, sembrano creati apposta per impedirci di essere come vorremmo. Manca inoltre una cultura diffusa della progettazione - sia all’interno del tessuto associativo Arci che tra i suoi potenziali interlo-cutori - utile a sopperire alla scarsità dei bilanci, e un sostegno mirato per la trasmissione di competenze in tal senso.

Quali sono gli obiettivi prioritari che ti sei data per il prossimo periodo?Per fortificare la base associativa dell’Ar-ci, qualificando con la pratica l’adesione

ai suoi principi fondanti, dobbiamo sviluppare ulteriormente identità e iniziativa politica, investendo risorse materiali e immateriali su programmi di lungo periodo a cui tutti e tutte possano contribuire con le proprie capacità. L’azione di governo deve essere mira-ta a fare sintesi delle diverse istanze provenienti dal territorio e dal tessuto associativo per elaborare strategie, pro-muovere azioni e fornire strumenti di sviluppo. Siamo un insieme di esperienze diverse, con saperi e pratiche molteplici, che possono sviluppare percorsi diversi e però convergenti. Producendo innovazione interna, su-perando i nostri limiti comunicativi e organizzando iniziative e attività potremo sfruttare al meglio le nostre potenzialità. L’ampliamento e la diversità dell’offerta di servizi ai circoli, nonché la volontà di creare lavoro all’interno dell’Arci, dovranno essere sostenuti a fronte di un’attività di diversificazione delle fonti di finanziamento del Comitato, attualmente rappresentate dal solo tesseramento e dal nostro (quasi ine-sauribile) entusiasmo.

Si è svolto il 26 gennaio, presso la nuova sede nella Casa dell’Associazionismo, il Congresso del Comitato territoriale Arci L’Aquila. L’ultimo congresso si era tenuto nel marzo 2010 ad un anno dal terremoto che aveva distrutto la città dell’Aquila. In quella occasione il congresso si svolse presso la sede del circolo di Collebrincioni, uno dei circoli più storici del Comitato e soprattutto l’unico a non avere avuto la sede di-strutta dal sisma. A quasi 5 anni da allora il Comitato ha una nuova sede, accogliente e spaziosa, realizzata grazie alla raccolta fondi realizzata dalla rete Arci nel 2009. Un momento in cui tutta la rete ha dimostrato affetto e sostegno al Comitato dell’Aquila ed a tutti i cir-coli e le associazioni ad esso affiliate. Grazie alla raccolta fondi ed all’impegno e gli sforzi di tutti i soci, il Comitato è riuscito a ripartire con più forza e più entusiasmo. Lo stesso entusiasmo che abbiamo riscontrato durante il Congres-so dell’altra domenica che ha avuto una

grande partecipazione di socie e soci. Un importante momento che ha permesso ai circoli e alle associazioni di riflettere sull’importanza di non disperdere tutte quelle forze ed energie che dall’aprile 2009 hanno caratterizzato le attività del territoriale. Negli ultimi anni infatti l’Arci L’Aquila è stata titolare di molti progetti di ricostruzione sociale (Labo-ratorio L’Aquila) aggregazione giovanile e promozione culturale (Quale Senso, Network Giovani, Archivio Giovani Ar-tisti), di scambi culturali (Gioventù in azione) e di accoglienza (SPRAR). Il nuovo direttivo eletto ha visto l’in-gresso di nuove e nuovi socie e soci che potranno così mettere il loro entusiasmo e le nuove energie a disposizione del Comitato. Nuove e ‘vecchie’ energie per cercare di rafforzare la condivisione di progettualità, iniziative ed attività al fine di «agire insieme per il cambiamento e il benessere delle persone», come scritto nel documento preparatorio del Congresso nazionale.

Nuove e vecchie energie per agire insieme il cambiamento

di Marcella Leombruni presidente Arci L’Aquila

PROSSIMICONGReSSI

31 gennaio PINEROLO

1 febbraio CAGLIARI

1 febbraio CECINA

1 febbraio IMPERIA

1 febbraio LATINA

1 febbraio LECCE

1 febbraio LUCCA

1 febbraio UDINE

1 febbraio VALDARNO

1 febbraio VERONA

2 febbraio NUORO

2/3 febbraio SAVIGNANO-MONVISO

3 febbraio ASTI-LANGHE-ROERO

3 febbraio VALLE SUSA

4 febbraio AVELLINO

5 febbraio PERUGIA

5 febbraio RIMINI

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In pIù

daiterritori

ALTeRAzIONI PIOLTeLLO (MI) Arriva al circolo Arci Malabrocca la ricerca sonora e la sperimentazione musicale di Alterazioni, rassegna che vedrà protagonisti alcuni esponenti di rilievo della scena musicale quali Maurizio Abate, Cristiano Calcagnile, Nico-la Ratti, Nino Sammartino, Enrico Malatesta e molti altri. Da gennaio a marzo (il 31 gennaio, il 28 febbraio e il 21 marzo) tre appuntamenti a cadenza mensile metteranno in luce i molteplici aspetti legati alla ricerca e alla sperimentazione musicale attra-verso presentazioni, laboratori e live. alterazioni00.wordpress.com

DIARIO DI UN NAUFRAGIO ReGGIO eMILIA Questa sera alle 21 all’Arci Tunnel appuntamento con Diario di un naufragio di e con Guido Crainz. Il presente come storia: in questo suo nuovo libro Guido Crainz racconta in presa diretta gli ultimi dieci anni di vita italiana. La forma è quella di un diario che ripercorre anno dopo anno la trama del nostro passato più recente sul filo di una originalissima «memoria individuale», intessuta di raffronti tra i giudizi del momento, annotati da Crainz a ridosso dei sin-goli accadimenti, e le valutazioni che l’autore ne può dare oggi.

fb Circolo Arci Tunnel

SeRATA AL MALAUSSèNePALeRMO Attraverso la scelta di una formazione acustica, con chitarre e voci, Alessio Taormina, in compa-gnia di Sergio Cacciatore, Francesca Guagliardo e Roberto Lannino, dà voce ai migranti, alle linee d’ombra degli anni di piombo, ai bambini di Padre Puglisi, al 19 luglio 1992, ai boati di Portella della Ginestra, ai vizi umani, tutto nella speranza di far sorridere e pensare. Appuntamento al Malaussène il 1 febbraio alle 21.30, ingresso 3 euro con tessera Arci.

fb Malaussène Circolo Arci

IL COMPLeANNO TReVIGLIO (BG) Dal 7 al 9 febbraio festeggiamenti per il quarto compleanno del circolo Arci Fuorirot-ta con mostre, spettacoli, concerti e campionati di poetry slam. Ingresso gratuito per i soci Arci.

fb Arci Fuorirotta Treviglio

Si chiama Angolo B ed è il nuovo circolo Arci di Bologna (che è Angolo B letto al contrario), a pochi passi da via del Pratello, la strada della musica, della cultura, dello svago attraversata quoti-dianamente da migliaia di persone, gio-vani e meno giovani. Uno spazio intimo e accogliente che già nell’arredamento mostra quali strade artistiche intende percorrere: piccoli tavoli tondi e tante sedie rivolte verso un palco incorniciato dalle immagini di alcune delle più grandi icone del jazz. Chi si aspetta però un ambiente esclusivo, per pochi intenditori rimarrà deluso: Angolo B è uno luogo aperto a tutti – e lo si è visto nelle serate affollate dell’inaugurazione – in cui la musica si contamina con il teatro, le arti visive e la letteratura per coinvolgere il più ampio pubblico possibile. «Angolo B aspira a diventare un pun-to di riferimento per la città in ambi-to musicale e artistico al di fuori dei luoghi convenzionali e delle proposte routinarie - spiega il vice presidente dell’associazione Marco Coppi - dove la socializzazione, la curiosità e l’avventura culturale saranno un’esperienza quoti-diana». Basta sfogliare il programma per rendersi conto di ciò che attende nelle prossime settimane i soci Arci: uno spettacolo dell’attore Matteo Belli, l’omaggio con musica e parole alla po-etessa Patrizia Vicinelli, jam session e concerti di musica classica. Angolo B è solo l’ultimo arrivato tra i

Angolo B: il nuovo circolo del Pratello si presenta alla città di BolognaMusica e teatro per l’inaugurazione

di Rossella Vigneri Arci Bologna

nuovi circoli di Arci Bologna; nel 2013, infatti, grazie anche ad alcune iniziative culturali che sono diventate appuntamen-ti fissi per la città - ad esempio, il Festival teatrale B.R.I.S.A! – Bologna Riunisce i suoi artisti e la programmazione cultu-rale estiva nel Parco della Montagnola – molte realtà culturali hanno trovato nell’Arci opportunità e spazi per potersi esprimere e per questo hanno scelto di affiliarsi alla nostra associazione. É accaduto con l’Orchestra Senza Spine, composta da oltre 60 musicisti under 35, che proprio negli ultimi giorni del 2013, grazie alla collaborazione tra Arci Bologna e Coop Adriatica, si è esibita nella galleria di un centro Ipercoop proponen-do alcune tra le più celebri composizioni di musica classica, dal valzer di Strauss Sul Danubio Blu a Il Lago dei Cigni di Tchaikovsky fino alla marcia di Radetzky, diretta dagli stessi passanti (guarda il video del flashmob: www.youtube.com/watch?v=ihyqoLtlGu8#t=103). L’entu-siasmo e la partecipazione del pubblico confermano che la strada che stiamo percorrendo è quella giusta: dare una casa a realtà come Angolo B e Orchestra Senza Spine significa offrire occasioni di visibilità a gruppi di artisti che spesso faticano a trovare interlocutori o spazi d’espressione, ma soprattutto permette di far conoscere al grande pubblico ge-neri considerati spesso elitari, rendendo sempre più accessibile la cultura a tutti i cittadini.

www.arcibologna.it

Un Po di culturaQuattro eventi, molti ospiti di calibro na-zionale e una rassegna, Un Po di cultura, che andrà in scena al circolo Arci Amici del Po di Monticelli d’Ongina (PC), che sembra fatto apposta per ospitare questa sorta di viaggio nella cultura ‘popolare’ italiana intesa come civiltà cresciuta nei sentimenti e nella storia che si identifica anche con il fiume Po. Domenica 2 febbraio si alza il sipario sulla prima edizione di Un Po di cultura, che, attraverso le collaborazioni con i comitati provinciali Arci di Piacenza e Cremona,

promette di unire territori così ricchi di tradizioni culturali condivise. Il primo appuntamento sarà con la presentazione di Point Lenana di Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, a cura del giornalista Luca Muchetti. Il libro è il risultato di anni di viaggi, interviste e ricerche d’archivio: un’inchiesta-romanzo, un poema epico in forma di saggio, una scorribanda nel Novecento che parte da una notte africana del 1943, quando tre italiani fuggono da un campo di prigionia e scalano il Monte Kenya.

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La Capoeira è un’arte antica, un linguaggio del corpo codificato nei secoli che, superando i confini della sua terra originaria (il Brasile) è riuscita a radicarsi in tutto il mondo negli ultimi tre decenni del secolo scorso.Definire in maniera univoca la Capoeira, in realtà, è un’impresa complessa e articolata, o addirittura impropria e azzardata, vista la molteplicità di aspetti e valori che va ad interessare, come l’eterogeneità di significati che nel tempo ha assunto o gli sono stati addossati. Generalmente la Capoeira viene descritta come una danza o una lotta, o come una particolare ibridazione delle due; pur non essendo del tutto erronee tali definizioni, a mio parere non riescono a rendere pienamente l’essenza profonda e multiforme di questa antica pratica. Questa mia considerazione è stata inspirata dal colloquio che ho avuto con Alemão, praticante di Capoeira dal 1996, ‘Professor’ che nel 2007 ha ‘espor-tato’ la scuola Coquinho Baiano anche a Terni.Come mi è stato spiegato da Alemão, a codificare la pratica dall’universo folklorico tradizionale di Bahia, fu il maestro capoeirista chiamato Bimba, che rendendola una tipicità locale riuscì ad emanciparla dall’illegalità, mettendo le basi per la sua futura diffusione. Non posso addentrarmi troppo in aspetti tecnici o differenziazioni pratiche che poi dalla sua prima codificazione la Capoeira ha subito negli anni, ciò che preme sottolineare in questo breve resoconto è la natura sincretica, composita e multiforme di questa arte difficilmente definibile ma profonda, antica e complessa; una lotta che tramite il folklore diventa danza – lotta e che come effetto arriva a configurarsi come una filosofia di vita, una tecnica del corpo con un fondamento spirituale, un’ ‘antropotecnica’ (mutuando la definizione del filosofo Peter Sloterdjik per quelle pratiche fisiche che hanno una struttura mentale precisa di sostegno e tendono progressivamente all’ascesi e all’evoluzione spirituale.); l’esercizio e la sua ripetizione trascendono quindi l’efficacia e la praticità. In fondo credo che anche questo sia propriamente Capoeira, un veicolo attraverso il quale liberarsi di quell’ ‘habitus’ sociale che siamo costretti ad indossare per vivere nella nostra società, è uno smasche-ramento; come dice Alemão, quando giochi non puoi nasconderti, ci sono due personalità che si confrontano; la sua esperienza ci dice che la Capoeira è trasversale sia rispetto all’età che al sesso, all’istruzione o alla condizione economica, è una forma di comunicazione non verbale che unisce persone da posti diversi, di lingue e culture diverse, ormai in tutto il mondo.Sabato 1 febbraio il Gruppo Coquinho Baiano presenzierà all’inaugurazione della nuova scuola a Terni, progetto nato in seguito alla creazione dell’asso-ciazione Arte Viva, un circolo Arci che è stato pensato proprio grazie all’espe-rienza dell’insegnamento della Capoeira a Terni, e che ha deciso di estendere il proprio raggio d’azione ad altre discipline corporee come il pilates; per chi ha voglia di ‘mettersi in gioco’ è l’occasione giusta.

fb Centro Arte Viva Terni

Il circolo Arci Sputnik Tom di Castel Maggiore (Bo), in collaborazione con Arci Bologna e in occasione del 50° anniversario dell’ultimo scudetto del Bologna FC, organizza Quando lo sport era un gioco. Storie, fatti e personaggi di Bologna e dintorni, ciclo di incontri dedicati alle storie di sport del territorio e dintorni. Si comincia mercoledì 5 febbraio alle ore 21 con la presenta-zione pubblica del libro 100 di queste storie con l’autore, il giornalista spor-tivo e opinionista Gianfranco Civolani. Cento storie raccontate con uno stile inconfondibile: così scorrono, come fossero tanti brevi filmati, altrettanti personaggi incontrati dall’autore nella sua lunga carriera di giornalista. Gente di teatro, cinema, politica, gente co-mune, ma soprattutto campioni dello sport, tratteggiati con ironia e umanità. Una miniera di ricordi di situazioni incredibili e curiose, ma anche un’im-pietosa analisi di come siano cambiati i rapporti, ad esempio, tra giocatori e giornalisti, un tempo franchi e diretti e oggi viziati da barriere e intermediari. Il secondo appuntamento è previsto per mercoledì 5 marzo quando verrà presentato dall’autore Silvano Bruzzi il volume Il grande Bologna che giocava in Paradiso.

fb Sputnik Tom Circolo Arci

Sei stanco delle solite ricette? Il cir-colo L’alba di Pisa promuove il corso di cucina Tutti possono cucinare. Valeriana Ammannati, cuoca del circolo e Marco Telesca, il cuoco che ha allietato le cene di molti soci allo stabilimento balneare Big Fish, condurranno gli 8 incontri in cui saranno presentate alcune delle loro migliori ricette, per rendere più spe-ciali i proprio pranzi e cene e per far acquisire il piacere di preparare e presentare i cibi. Il corso ha inizio il 5 febbraio e si terrà ogni mercoledì di febbraio e marzo alle 18.30 al circolo L’alba. Si può partecipare anche al singolo incontro, ma chi frequenterà l’intero percorso avrà un attestato di partecipazione firmato dagli chef e dalla dirigenza dell’associazione.Il costo per l’intero corso è di 150 euro, 20 per il singolo incontro.

www.lalbassociazione.com

Tutti possono cucinare

Il 1 febbraio a Terni inaugurazione della nuova scuola di CapoeiraPer chi ha voglia di ‘mettersi in gioco’

Quando lo sport era un gioco

di Marco Cerasoli Arci Terni

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 201412 società

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arcireport n. 4 | 30 gennaio 2014

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Aborto, per la libertà delle donne spagnole il 1 febbraio in piazza in tutta europaL’obiettivo di una mobilitazione europea comune a difesa della libertà delle donne e del diritto all’autodeterminazione si è finalmente concretizzato: il primo febbraio ci saranno donne in piazza a Madrid, a Parigi, a Londra, a Bruxelles (il 29), a Milano, Roma, Firenze, Bo-logna... decine di presidi davanti alle ambasciate e ai consolati spagnoli delle varie città con uno slogan comune Yo decido- ‘Decido io’. La prima mobilitazione europea delle donne nasce infatti in solidarietà con le donne spagnole contro la proposta della nuova legge sull’interruzione della gravidanza che limita fortemente la libertà della donna, l’antiproyecto de ley del ministro della Giustizia Gal-lardòn, che non solo cancella la legge Zapatero del 2010 (che aveva portato a una riduzione nel numero di aborti) ma autorizza l’interruzione della gravi-danza solo in caso di violenza sessuale o di grave rischio per la salute fisica e psichica della donna, rischio che deve essere certificato da ben due medici. Ma l’arretramento sul piano dei diritti e della cittadinanza delle donne non è

solo un fenomeno spagnolo: il Parla-mento europeo di recente ha respinto una mozione in difesa dei diritti sessuali e riproduttivi e, per restare in Italia, la legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza è di fatto resa impra-ticabile dall’obiezione di coscienza dei medici, specie nel sud. Ecco perché le donne di tutta Europa hanno deciso di chiedere tutte insieme ai rispettivi gover-ni il rispetto della libertà di scelta delle donne in fatto di maternità, rivolgendosi in particolare ai parlamentari europei per una presa di posizione che garantisca il diritto di decidere sul proprio corpo. Il messaggio, in più lingue, sarà comu-ne: «Invoco libertà di coscienza quale bene supremo e fondamento delle mie scelte… Poichè vivo in una democrazia esigo che il governo promulghi leggi che garantiscano la libertà di coscienza, la pluralità e diversità di interessi», come è scritto nella lettera che verrà conse-gnata dalle donne spagnole al capo del Governo, al ministro della Salute e a quello della Giustizia nella mobilita-zione che si terrà a Madrid. In Italia la rete womenareeurope sta raccogliendo

proposte e adesioni (sono già migliaia). A Roma l’appuntamento sarà alle 15.30 davanti all’ambasciata spagnola con l’adesione di moltissime organizzazioni. «Un’Europa senza diritti delle donne, semplicemente non è» è lo slogan che lanceranno con una dura lettera dove si denuncia che: «la proposta Gallardón è un chiaro tentativo di oppressione delle donne, di restaurazione del patriarcato... Consapevoli della gravità dell’attacco, le donne e gli uomini europei che fanno riferimento alla Carta Europea dei diritti fondamentali chiedono che la proposta Gallardón venga immediatamente riti-rata, in quanto violazione dei diritti di tutte le donne in Spagna e in Europa, un vero e proprio golpe autoritario e ideologico». A Milano, Usciamo dal silenzio ha promosso una mobilitazione alle 14.30 davanti al consolato spagnolo. A Firenze, dove arriveranno le donne anche da Pistoia con il vagon de la libertad, l’appuntamento sarà in via de Servi. Altri concentramenti a Bologna in piazza del Nettuno, Reggio Calabria in corso Garibaldi, Vercelli, Cosenza, Catania, Cagliari, Siena.

Il tracollo finanziario di questi anni non è dovuto a un inci-dente del sistema: né tantomeno al debito pubblico che gli Stati avrebbero accumulato per sostenere una spesa sociale eccessiva. È il risultato dell’accumulazione finanziaria perse-guita ad ogni costo per reagire alla stagnazione economica di fine secolo. È indispensabile riportare la finanza al servizio dell’economia reale, anzitutto creando occupazione: senza lavoro non c’è crescita. Non vale, invece, il contrario. La crisi che stiamo vivendo è stata sovente rappresentata come un fenomeno naturale imprevedibile: un terremoto, uno tsunami.

Oppure come un incidente capitato a un sistema, quello finanziario, che di per sé funzionava perfettamente. In realtà è stata il risultato di una risposta sbagliata, di ordine finanziario, che la politica ha dato al rallentamento dell’economia reale in corso da lungo tempo. E non, come afferma Bruxelles, il prodotto del debito eccessivo che gli Stati avrebbero contratto a causa della crescente spesa sociale. Al contrario è stato favorito lo sviluppo senza limite delle attività speculative dei grandi gruppi finanziari. Avere lasciato il potere di creare denaro per nove decimi alle banche private è un difetto che sta minando alla base l’economia. E questo con la complicità dell’intero sistema politico e finanziario (la Bce, la Fed, la Banca d’Inghilterra, i fondi speculativi e quelli sovrani, i governi e la Commissione europea). Poche decine di migliaia di individui, i responsabili, contro decine di milioni di vittime. Senza contare che per rimediare ai guasti del sistema finanziario le politiche di austerità stanno generando pesanti recessioni: nell’intento di proseguire con ogni mezzo la redistribuzione della ricchezza dal basso verso l’alto in atto da oltre trent’anni.Luciano Gallino è uno tra i sociologi italiani più autorevoli. È considerato uno dei maggiori esperti delle trasformazioni del mercato del lavoro.

il libroIL COLPO DI STATO DI BANCHe e GOVeRNIL’ATTACCO ALLA DeMOCRAzIA IN eUROPAdi Luciano Gallino - Passaggi Einaudi pp. 352. € 19,00

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