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Nessuno adesso può dire «Io non sa- pevo». Tanto meno il governo e chi ha responsabilità dirette, nella pubblica amministrazione, sulla gestione dei centri, come quello di Lampedusa. Nessuno può pensare di cavarsela con una operazione di facciata. ‘Umanizzare’ i grandi centri è impossibile. L’unica cosa da fare è chiuderli subito tutti, come chiediamo da tempo. Tuttavia questo è un Paese dove si di- mentica in fretta e qualsiasi orrore viene metabolizzato, soprattutto se riguarda i diritti delle persone, in particolare di quelle che potenti non sono affatto, come i migranti. Per questo pensiamo che l’onorevole Khalid Chaouky, al quale va la nostra solidarietà e il nostro sostegno, ha fatto bene a scegliere un gesto estremo, come la permanenza nel centro di Lampe- dusa, per evitare che tutto annegasse nelle chiacchiere vane di chi finora ha finto di non vedere, avallando di fatto discriminazioni e ingiustizie. Abbiamo sentito nei mesi scorsi, e anco- ra in questi giorni, parole irricevibili da parte di chi ha responsabilità pubbliche. Soprattutto se pronunciate in risposta alla richiesta di protezione di coloro che sono arrivati in Italia quest’anno in fuga da guerre e persecuzioni. Qualche ora prima della tragedia dello scorso 3 ottobre, l’Arci, in delegazione a Lampedusa, aveva chiesto, insieme alla sindaca Giusi Nicolini, di entrare in quel centro, ottenendo per l’enne- sima volta una risposta negativa dal Ministero dell’Interno. Il perché è facile da immaginare. Una presenza indipendente e competente come la nostra può dare molto fastidio, e quindi meglio evitare. Eppure in questi anni più volte, mentre continuavamo a chiedere la chiusura definitiva dei grandi centri, dei campi di detenzione e contenimento per migran- ti, abbiamo proposto, inascoltati, che le organizzazioni indipendenti di tutela dei diritti dei migranti fossero - come del resto prevede la legge - autorizzate stabilmente ad entrare. La loro presenza avrebbe certamente costretto, sia gli organi di polizia che gli Adesso risposte concrete per ristabilire legalità e civiltà di Filippo Miraglia responsabile Immigrazione Arci Ci attende un anno impegnativo. Auguri a tutti noi La redazione di Arcireport Non si può certo dire che il 2013 sia stato un ‘buon’ anno. I dati su povertà e ineguaglianze, in Italia e nel mondo, sono purtroppo drammatici. Il conflitto tra tutela dei diritti e il peggior capi- talismo di rapina si è per ora risolto a vantaggio del secondo. L’Occidente è in affanno e le sue classi dirigenti sono sorde alle proposte innovative che vengono da più di vent’anni di elabo- razione di organizzazioni e movimenti che si battono per la giustizia sociale e per un futuro sostenibile e solidale. L’Italia sta vivendo la crisi più lunga e drammatica dal dopoguerra. I fronti che richiederebbero un impegno se- rio ed efficace sono tantissimi: dalla mancanza di lavoro per milioni di per- sone, alla precarizzazione di un’intera generazione, alla povertà crescente di moltissime famiglie, al contrasto alle mafie, alle decine di vertenze territoriali su ambiente e salute. A tutto questo si aggiunge una sfiducia diffusa nel siste- ma politico e nelle istituzioni, con l’e- mergere di pericolose spinte populiste. continua a pagina 2 continua a pagina 2 arcireport settimanale a cura dell’Arci | anno XI | n. 47 | 23 dicembre 2013 | www.arci.it | report @arci.it

Arcireport n 47 2013

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Nessuno adesso può dire «Io non sa-pevo». Tanto meno il governo e chi ha responsabilità dirette, nella pubblica amministrazione, sulla gestione dei centri, come quello di Lampedusa.Nessuno può pensare di cavarsela con una operazione di facciata. ‘Umanizzare’ i grandi centri è impossibile. L’unica cosa da fare è chiuderli subito tutti, come chiediamo da tempo. Tuttavia questo è un Paese dove si di-mentica in fretta e qualsiasi orrore viene metabolizzato, soprattutto se riguarda i diritti delle persone, in particolare di quelle che potenti non sono affatto, come i migranti.Per questo pensiamo che l’onorevole Khalid Chaouky, al quale va la nostra solidarietà e il nostro sostegno, ha fatto bene a scegliere un gesto estremo, come la permanenza nel centro di Lampe-dusa, per evitare che tutto annegasse nelle chiacchiere vane di chi finora ha finto di non vedere, avallando di fatto discriminazioni e ingiustizie. Abbiamo sentito nei mesi scorsi, e anco-ra in questi giorni, parole irricevibili da parte di chi ha responsabilità pubbliche.

Soprattutto se pronunciate in risposta alla richiesta di protezione di coloro che sono arrivati in Italia quest’anno in fuga da guerre e persecuzioni.Qualche ora prima della tragedia dello scorso 3 ottobre, l’Arci, in delegazione a Lampedusa, aveva chiesto, insieme alla sindaca Giusi Nicolini, di entrare in quel centro, ottenendo per l’enne-sima volta una risposta negativa dal Ministero dell’Interno.Il perché è facile da immaginare. Una presenza indipendente e competente come la nostra può dare molto fastidio, e quindi meglio evitare. Eppure in questi anni più volte, mentre continuavamo a chiedere la chiusura definitiva dei grandi centri, dei campi di detenzione e contenimento per migran-ti, abbiamo proposto, inascoltati, che le organizzazioni indipendenti di tutela dei diritti dei migranti fossero - come del resto prevede la legge - autorizzate stabilmente ad entrare. La loro presenza avrebbe certamente costretto, sia gli organi di polizia che gli

Adesso risposte concrete per ristabilire legalità e civiltà

di Filippo Miraglia responsabile Immigrazione Arci

Ci attende un anno impegnativo.Auguri a tutti noi

La redazione di Arcireport

Non si può certo dire che il 2013 sia stato un ‘buon’ anno. I dati su povertà e ineguaglianze, in Italia e nel mondo, sono purtroppo drammatici. Il conflitto tra tutela dei diritti e il peggior capi-talismo di rapina si è per ora risolto a vantaggio del secondo. L’Occidente è in affanno e le sue classi dirigenti sono sorde alle proposte innovative che vengono da più di vent’anni di elabo-razione di organizzazioni e movimenti che si battono per la giustizia sociale e per un futuro sostenibile e solidale. L’Italia sta vivendo la crisi più lunga e drammatica dal dopoguerra. I fronti che richiederebbero un impegno se-rio ed efficace sono tantissimi: dalla mancanza di lavoro per milioni di per-sone, alla precarizzazione di un’intera generazione, alla povertà crescente di moltissime famiglie, al contrasto alle mafie, alle decine di vertenze territoriali su ambiente e salute. A tutto questo si aggiunge una sfiducia diffusa nel siste-ma politico e nelle istituzioni, con l’e-mergere di pericolose spinte populiste.

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arcireportsettimanale a cura dell’Arci | anno XI | n. 47 | 23 dicembre 2013 | www.arci.it | report @arci.it

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enti gestori, a una maggiore attenzione al rispetto dei diritti delle persone detenute, evitando quei trattamenti disumani e degradanti che sono invece oramai la normalità in questi luoghi.Dopo la strage del 3 ottobre, i profughi sopravvissuti, insieme agli altri migranti presenti sull’isola, sono stati ammas-sati in quel luogo terribile, costretti a dormire su materassini luridi, posti all’aperto e per terra. Le condizioni indecenti del centro hanno prodotto una situazione igie-nico sanitaria grave ed inaccettabile. Tutto questo è avvenuto nonostante le parole di denuncia di tanti, a partire dalla sindaca, sotto gli occhi di chi doveva intervenire e ha deciso di vol-tarsi dall’altra parte. Queste sarebbero ragioni sufficienti, in qualsiasi paese civile, per chiedere le dimissioni del ministro competente. Non in Italia.Ma c’è di più. Sono mesi che denuncia-mo l’intollerabile gestione degli arrivi di migliaia di persone alle quali l’Italia dovrebbe riservare un trattamento speciale, una accoglienza decente e generosa. Così non avviene. A Siracusa nell’ex ospedale Umberto I, a Priolo in un grande centro collettivo per minori non accompagnati, in una palestra a Catania, in un palazzetto dello sport a Messina, nel CARA di Mineo, in quello di Caltanissetta, a Trapani nel CIE come nel CARA. Dall’inizio dell’estate abbiamo segna-

In questi giorni si sta finalmente squar-ciando il velo di ipocrisia e omertà che ha avvolto per anni, nonostante le denunce delle associazioni per i diritti dei migranti, quei veri e propri gironi infernali che sono i CIE e, in molti casi, i grandi centri di ‘accoglienza’. La richiesta di modificare radical-mente le politiche sull’immigrazione tenute sin qui si fa sempre più ampia e urgente. Una situazione esplosiva, che si somma alla crisi del sistema educativo e formativo e al conseguente ridimensionamento delle capacità culturali delle persone. È in questo quadro drammatico che l’Arci e il suo associazionismo diffuso vanno a congresso. La stagione congressuale è una grande opportunità di attivazione di energie e di emersione di proposte e pratiche per ‘leggere’ e agire sulle dinamiche sociali e culturali del pre-sente. A marzo 2014 porteremo al congresso nazionale le riflessioni di centinaia di appuntamenti territoriali che dovranno delineare il progetto associativo dei prossimi anni. Un pro-getto che dovrà rafforzare il ruolo dell’associazionismo di promozione sociale dei nostri circoli e la capacità di rispondere concretamente alle crisi del nostro Paese: economica, culturale, politica. Un lavoro che non faremo da soli, ma con un confronto franco e aperto con i nostri compagni di strada di sempre, con i partiti e i loro nuovi gruppi dirigenti, con le forze sociali e i movimenti con i quali in questi anni abbiamo promosso iniziative ed elaborato proposte. Lo faremo con chi governa i territori e il Paese, con lo sguardo all’Europa, quello spazio comune delle merci e della finanza, ma non ancora dei popoli. Il 2014 sarà l’anno delle elezioni europee. Siamo al lavoro da tempo per costruire l’Europa dei diritti e dei cittadini in-sieme a tante altre organizzazioni non solo europee. Ci sentiamo sempre più cittadini di uno spazio mediterraneo, dove è in atto un cambiamento enorme. L’esito non è scontato e ci riguarderà tutti. Per questo il nostro impegno nella costruzione di reti e progetti con la riva sud del Mediterraneo si è rafforzato. Senza dimenticare i tanti progetti di cooperazione per aiutare la crescita della società civile dei paesi più in difficoltà. Il 2014 sarà un anno impegnativo. Ci metteremo la passione di sempre, con la consapevolezza che «ogni cosa sembra sempre impossi-bile, fino a che non viene realizzata» [Nelson Mandela].

lato l’illegalità dell’azione del governo e la palese violazione della nostra legi-slazione e di quella europea. Allo stesso tempo abbiamo denuncia-to quanto fosse grave la condizione nei CIE, che progressivamente stanno chiudendo (ne sono rimasti aperti 6 su 13) nonostante l’ideologia persecutoria che ha prevalso in questi anni, e in cui si registrano rivolte continue da parte di persone che giustamente si ribellano alle insopportabili condizioni di vita e ai maltrattamenti che subiscono quo-tidianamente.Siamo stati protagonisti di denunce e proteste contro politiche d’accoglienza che hanno prodotto marginalità sociale, razzismo e spreco di risorse pubbliche.Ancora una volta ci chiediamo per quanto tempo il furore ideologico da una parte e l’assenza di visione e di coraggio dall’altra, insieme ad una diffusa mancanza di senso dello stato, caratterizzeranno le scelte nel campo dell’immigrazione.Ci chiediamo a quanti morti da fron-tiera, a quanti suicidi, a quante rivolte dovremo ancora assistere prima che governo e parlamento decidano final-mente di intervenire per ripristinare la legalità e la civiltà in questo Paese.Noi non siamo disposti ad aspettare oltre. E le tante azioni che convergono nel chiedere un cambiamento reale hanno oramai il senso di una rivolta civile che ha bisogno di risposte con-crete. Adesso.

segue dalla prima paginasegue dalla prima pagina

Ciao ArrigoSi è spento oggi, all’età di 87 anni, Arrigo Diodati, tra i fondatori e presidente onorario dell’Arci.Figlio di antifascisti, con i geni-tori riparò in Francia nel 1937. Rientrato in Italia nel 1943, iniziò giovanissimo la lotta partigiana a La Spezia, dove era nato, e in seguito a Genova, diventando vice commissario politico delle SAP. Arrestato negli ultimi mesi del ‘44, il 23 marzo del 1945 fu prelevato

dal carcere di Marassi per essere fucilato con altri compagni antifascisti, ma sopravvisse fortunosamente all’eccidio di Cravasco. Si ricongiunse con le Brigate Partigiane e fu uno dei protagonisti della Liberazione di Genova.Nel 1957 contribuì alla fondazione dell’Arci, a cui ha dedicato tutta la vita.Profondamente addolorata per la sua scomparsa, l’associazione si stringe con affetto alla sorella Soledad e a tutta la sua famiglia.La camera ardente verrà allestita il 27 mattina presso l’Arci nazionale, in via dei Monti di Pietralata 16, a Roma. Ciao Arrigo, sarai sempre nei nostri cuori

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20133 migranti

È stato presentato nei giorni scorsi, a due anni dalla nascita dell’Associazione Carta di Roma, il suo primo rapporto dal titolo Notizie fuori dal ghetto, che contiene elaborazioni inedite su come e quanto le notizie legate al tema dell’immigrazione siano state trattate a livello nazionale e regionale.«L’occasione è importante – ha detto la presidente della Camera Laura Boldrini aprendo i lavori – perché il lavoro ha analizzato in particolare l’immigrazione al femminile, evidenziando come, tra le notizie prese a campione, fotografie e articoli, il 53% riguarda gli uomini, il 30% tocca entrambi i generi e solo il 17% è riservato alle donne». Delle donne si parla quindi poco sui media e quasi sempre in cronaca nera. Tuttavia, l’immigrazione come tema generale sembra essere uscito dal ‘ghetto della cronaca’; nelle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali si discute di più di cambiamenti sociali relativi alla presenza di migranti, richie-denti asilo e rifugiati. E nel dibattito politico è diventato preva-lente il tema della cittadinanza. Le donne immigrate, malgrado si affronti spesso il tema del femminicidio, sono

tuttavia le vittime invisibili della cronaca. «Quando si parla di donne straniere uccise, non vengono mai effettuati approfondi-menti in grado di restituirci la dimensione umana della vittima, al contrario di quanto succede per le donne di origine italiana», ha detto Marinella Belluati dell’Osserva-torio Carta di Roma, illustrando i dati, e ha proseguito: “nel 2012 sono cresciute in maniera significativa le notizie sull’im-migrazione e l’asilo legate alla società; in particolare quelle che riguardano le que-stioni demografiche, il lavoro, l’economia e anche l’istruzione”. Pur permanendo una etnicizzazione delle notizie, il dato confortante è che si sta dando più risalto ai casi di razzismo.La pratica di riferimento a nazionalità specifiche riguarda in particolare il 59% delle notizie di cronaca nera. L’appar-tenenza nazionale, o alla comunità di origine, fornisce spesso l’unica chiave di lettura dei fatti riportati. Un dato interessante, nel segno del mi-glioramento, riguarda i figli di immigrati che conquistano invece un protagonismo positivo nelle news televisive.Laura Boldrini, presentando il Rapporto, ha colto l’occasione per salutare il neo

presidente dell’Associazione, il giornalista e scrittore Giovanni Maria Bellu, già con-direttore de L’Unità e collaboratore de la Repubblica, oggi direttore di Sardinia Post: «Sembrano superati i tempi bui, spesso strumentali, utilizzati dall’informazione in materia di immigrazione – ha detto Bellu – anche se non possiamo dire di essere arrivati ad un cambiamento sostanziale dei meccanismi consueti di produzione informativa che, ancora oggi, risentono fortemente di una inadeguata preparazio-ne. Registriamo tuttavia con soddisfazione le novità che la professione giornalistica sta sperimentando per produrre qualcosa di più idoneo a raccontare le sfide con-temporanee di questa società, sempre più multiculturale e interreligiosa».Tra le organizzazioni sociali che hanno aderito sin dall’inizio alla costituzione dell’Associazione Carta di Roma, ricor-diamo Arci, Articolo21, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), A Buon Diritto, Acli, Amnesty International, Archi-vio Immigrazione, Asgi, Associazione 21 Luglio, Centro Astalli, Cestim, Comunità di Capodarco, Cospe, Lunaria, Rete G2, Istituto Paralleli, Unione Forense per la tutela dei diritti umani e Youth Press Italia.

‘Notizie fuori dal ghetto’

In occasione della giornata di azione globale per diritti dei migranti, la rete euro-africana Migreurop ha lanciato un Appello solenne a favore della libertà di circolazione delle persone di cui riportiamo di seguito il testo. «Sin dalla sua creazione, la rete Migreurop cerca di attirare l’attenzione sugli effet-ti nefasti della politica di gestione delle frontiere dell’Unione Europea. La visione securitaria delle politiche migratorie, che si traduce in un’accresciuta militarizzazione della fortezza Europa, nella moltiplicazione delle intercettazioni marittime, o ancora nella chiusura dei canali di ingresso legale è regolarmente denunciata. Migreurop sottolinea la moltiplicazione dei controlli, come testimoniano la costruzione di nuovi muri e il rafforzamento dell’agenzia Frontex – vero braccio armato dell’Unione Europea. Migreurop denuncia anche il processo di esternalizzazione del controllo migratorio che obbliga i Paesi non membri dell’UE a riammettere chi viene cacciato dai Paesi europei dopo essere transitato sul loro territorio e a rinforzare il controllo e la repressione per impedire la partenza ed il

transito dei migranti. Si moltiplicano così gli accordi di riammissione, che puntano a facilitare le espulsioni e rappresentano uno degli strumenti per impedire la mobilità dei migranti a monte delle frontiere europee. La UE non esita a strumentalizzare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo per fare pressione sugli Stati di transito e di origine, affinché accettino tali accordi. Nel 2010 Migreurop ha chiesto con forza la chiusura dei campi per stranieri, strumento privilegiato di gestione delle popolazioni migranti. I mi-granti, detenuti o meno, sono considerati criminali e definiti ‘irregolari’ per non aver rispettato le regole imposte per il valico delle frontiere e il diritto di soggiorno. La trasgressione di queste regole - che sono talvolta contrarie al diritto internazionale - serve a giustificare politiche sempre più rigide di restrizione alla partenza e al ritor-no, di cui ormai più nessuno può ignorare le conseguenze terribili: dal 1990, più di 20mila persone sono morte o scomparse cercando di raggiungere l’Europa. Attraverso le sue battaglie, Migreurop ha messo in luce la scelleratezza delle limita-

zioni alla circolazione delle persone. Libertà che esiste per una parte dei cittadini del mondo, che per la casualità del luogo di nascita dispongono di un passaporto o ottengono senza difficoltà i visti che gli permettono di attraversare le frontiere. Accettare che altri ne siano privati significa ratificare l’esistenza di un mondo a due velocità, carico di discriminazioni fondate su un rapporto di dominio politico-economico dei cosiddetti Paesi industrializzati sugli altri. Significa anche ignorare l’esistenza dei diritti fondamentali, quali il diritto ad emigrare, riconosciuto dalla Dichiarazio-ne Universale dei Diritti dell’Uomo, o il principio di non respingimento consacrato dalla Convenzione di Ginevra del 1951. Rivendicare, nel nome del principio di uguaglianza, la libertà di andare e venire, e quella di installazione per tutti e per tutte costituisce il corollario indispensabile della difesa dei diritti dei migranti. Per questo Migreurop chiede l’applicazione effettiva della libertà di circolazione, strumento di cambiamento sociale per una società più giusta e più equa».

L’Appello di Migreurop per la libertà di circolazione delle persone

Il primo rapporto dell’associazione Carta di Roma

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20134 solidarietàinternazionale

Il 10 e 11 gennaio verrà presentata a Roma la campagna per la Palestina Cultura è Libertà! Per arrivarci, quasi un anno di lavoro di un gruppo - adesso costituitosi nella associazione omonima - di persone singole o appartenenti ad associazioni, che hanno preso a cuore l’idea e la sua realizzazione. L’ambi-zione della campagna è far conoscere la cultura palestinese, le sue creazioni, la sua bellezza e la sua forza, insieme a luoghi della cultura italiana, che mai come oggi versa in cattive acque. Per negligenza, incuria, tagli della spesa pubblica, lontananza..., se è vero che l’Italia è il paese europeo dove si leggono meno libri a testa. I primi due luoghi scelti a Roma saranno il Museo Nazionale d’Arte Orientale - affascinante, ricco di storia e bellezza, forse non abbastanza conosciuto, e che ringraziamo per la disponibilità; la Casa Internazionale delle donne, risultato del grande impegno negli anni di mi-gliaia di donne, spazio di riflessione, iniziative, cultura.La Palestina: per questo paese è davvero appropriato il motto ‘cultura è libertà’, dato che anche sotto l’occupazione isra-eliana di decenni, non è scomparsa la capacità creativa, né della generazione della ‘prima intifada’, né di una gene-razione che a quel tempo era appena nata. Giovani e giovanissimi, musicisti, artisti, scrittrici e scrittori..., sembra insomma che il cammino tracciato dai e dalle ‘grandi’ di secoli fa continui ad essere percorso, nei territori occupati, in Israele e nella diaspora! Ed è proprio questo filo conduttore alla base delle due giornate romane e dello spirito della campagna, che si svolgerà a Torino, con il programma Palestina raccontata, tra marzo e aprile, a Palermo, a Napoli, con la speranza di allargare molto il

perimetro della sua realizzazione. Ospite d’onore a Roma, insieme ad altre personalità della cultura palestinese e italiana, sarà il Professor Salim Tamari, direttore dell’Institute of Jerusalem Studies (che fa parte dell’Insitute for Palestine Studies con sede a Beirut) e della rivista Jerusalem Quarterly. Storico, scrittore, etnografo, professore all’Università di Bir Zeit, Salim Tamari parlerà il 10 gennaio al Museo d’Arte Orientale, di cultura palestinese e di culture del mediterraneo, dei rapporti tra Gerusalemme, Damasco, Beirut, Alessandria e Cairo. Il giorno successivo saranno al centro della sessione, nella Casa internazionale delle donne, alcu-ne delle figure che lui stesso definisce ‘protofemministe’ in Medio Oriente (Libano, Palestina, Israele). Il progetto verrà presentato da Wasim Dahmash, oggi professore all’Università di Cagliari, infaticabile diffusore della cultura palestinese. Ci sarà Luciana Castellina, che si fermerà sul rapporto tra cultura e politica, Elisabetta Donini, dell’Università di Torino che, insieme ad Ada Lonni, docente della stessa Univer-sità e inventrice del progetto ‘Palestina Raccontata, viaggi dall’occidente, viaggi dell’interno’, ne ha seguito la nascita e lo sviluppo. ‘Palestina raccontata. Viaggi dall’oc-cidente, viaggi dell’interno’ è attual-mente il programma più strutturato della campagna Cultura è Libertà. Viene sviluppato il tema del viaggio e del rac-conto di viaggio nella Palestina storica, articolandolo in tre sezioni ideali: Rac-conti di viaggio, dalla bibbia alle guide di viaggio palestinesi del XXI secolo, la seconda Viaggi in casa mia, la terza Viaggi solidali. Dei viaggi raccontati nei secoli dai viaggiatori occidentali evidenzia come siano stati un’ottima

copertura ideologica di quel processo di manipolazione e scrittura del territorio, nonché di costruzione geopolitica, che l’Occidente ha compiuto attraverso l’uso politico dei luoghi santi. Nei Viaggi in casa mia la parola, pas-sata ai palestinesi, si riflette sul viaggio che loro stessi spesso compiono sulla loro terra, alcuni per cercare le tracce del loro passato nei luoghi espropriati da Israele, nelle case abbandonate nel 1948; altri su sentieri rurali un tempo frequentati, oggi sfigurati dai segni dell’occupazione (muri, fili spinati, posti di blocco e deviazioni forzate) e spesso inaccessibili. Il progetto si conclude con una riflessio-ne sui Nuovi viaggi della seconda metà del XX e nel XXI secolo, quando si è aggiunta una nuova tipologia di viaggio, quello che potremmo genericamente definire ‘il viaggio di solidarietà’: nella Palestina occupata, tormentata dalla violenza delle armi, sfigurata dal muro. Un viaggio compiuto da nuovi soggetti: pacifisti, cooperanti, israeliani dissiden-ti, palestinesi che accolgono. Sempre il 10 verranno proiettate foto della Palestina, memoria e attualità, come anticipo di una mostra che si aprirà a giugno dal titolo Paesaggi Rinchiusi, di Bruna Orlandi; Giulia Giorgi ,ottima giovane calligrafa, presenterà la sua Mostra di calligrafia araba Le forme della Libertà, che si aprirà a febbraio e sarà, in modo più ampia, a giugno, al Museo d’Arte Orientale, insieme alla mostra fotografica. Un’immersione nella storia e nella at-tualità delle donne, del loro segno sulla cultura e sulla politica, si svolgerà il giorno 11 mattina alla Casa internazio-nale delle donne dove, insieme a Salim Tamari, ci sarà la professoressa Isabella Camera D’afflitto, grande conoscitrice della cultura palestinese di ieri e di oggi, e Luisa Morgantini, infaticabile attivista per la pace e la giustizia in Palestina/Israele, nonché conoscitrice della società palestinese, che offrirà uno sguardo sul movimento delle donne in quella terra, nella storia recente. Quindi cultura in primo piano e, inevi-tabilmente, anche politica: un’occasione a cui invitiamo tutte e tutti coloro che vogliono saperne di più, fuori da stere-otipi e manipolazioni mediatiche.

Cultura è Libertà, una campagna per la Palestina

di Alessandra Mecozzi

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20135 esteri

Alaa Shukrallah lo conosciamo in pa-recchi, all’Arci. Ci ha anche fatto visita, subito dopo la rivoluzione egiziana del 25 gennaio 2011. Fondatore dell’As-sociazione per la Salute e lo Sviluppo Ambientale, componente del Forum Sociale del Maghreb, attivista del mo-vimento per l’acqua, attualmente sta collaborando con l’Arci su progetti per i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo in Egitto.Negli ultimi mesi, senza rinunciare all’impegno associativo, si sta dedi-cando anche alla costruzione di una nuova forza politica, l’Alleanza Socia-lista Popolare, formata da personalità e comitati di società civile. Quella che segue è la trascrizione fedele di una lunga chiacchierata con lui, raccolta al Cairo.

Io sono ottimista, e cercherò di spiegare il perché. Ma prima di tutto bisogna che ci intendiamo su una premessa importante. La rivoluzione non è un atto, non è solo il momento delle grandi sollevazioni popolari. La rivoluzione è un processo lungo, complesso, nel quale si alternano fasi molto diverse, anche contraddittorie. Quella egiziana è stata una rivoluzione democratica e non violenta. E ciò ha permesso davvero a tutto il popolo di prendervi parte, a differenza di quando si sceglie la via armata, che fa restare in campo solo i più forti e i più coraggiosi. Del resto, l’obiettivo non era la conquista violenta dei palazzi del potere, ma un cambio democratico di tutta la società. La rivoluzione del 25 gennaio è stata una rivoluzione spontanea, non prevista e non organizzata. I suoi protagonisti sono stati soprattutto giovani senza al-cuna precedente esperienza politica: la società civile democratica non aveva avuto nessuna possibilità di rafforzarsi e organizzarsi, sotto Mubarak. Nonostante questo, i contenuti della rivoluzione sono stati molto influenzati dalla società civile dei diritti umani che, in assenza di partiti politici in grado di giocare un ruolo nella piazza, hanno svolto un ruolo importante, mettendo a disposizione del movimento la loro maggiore esperienza, e lo stesso hanno fatto gli attivisti dei movimenti di base

Una rivoluzione nonviolenta per un cambio democratico di tutta la società

che negli anni scorsi si erano sviluppati, ad ondate, in Egitto. Molto forte, prima della rivoluzione, era stato il movimento per la salute. Con l’adesione del regime di Mubarak ai piani della Banca Mondiale per le privatizza-zioni, una grande contestazione aveva accolto la legge che ha di fatto privatiz-zato la sanità e che ha reso impossibile curarsi in Egitto, non solo ai più poveri ma persino alla classe medio-alta. Un elemento scatenante la spinta dei giovani alla rivoluzione è stata sicuramen-te la grande disoccupazione giovanile. Anche qui, non parlo solo dei giovani delle classi sociali più basse, ma anche e forse soprattutto della parte altamente scolarizzata che, a differenza nel passato, aveva perso qualsiasi speranza di vedere ripagato con il lavoro e l’avanzamento sociale tutto il tempo e le risorse investite negli studi. La corruzione, poi, negli ultimi anni era enormemente cresciuta, non solo per la natura del regime al governo ma anche come conseguenza direttamente collegata alle ondate di privatizzazioni, usate per accrescere a dismisura la ricchezza di pochi svendendo il patrimonio statale. Nell’Egitto pre-rivoluzionario, i Fratelli Musulmani erano molto cresciuti soprat-tutto dopo la sconfitta e il declino della sinistra alla fine degli anni Settanta. Fra loro e Mubarak c’era un rapporto a fasi alterne -momenti in cui il regime cerca-va di usarli per tamponare lo sviluppo di una opposizione laica e altri in cui, preoccupato dal loro successo, usava invece la repressione. Alla vigilia del 25 gennaio, i Fratelli erano comunque molto forti. Il 25 gennaio però fanno la scelta di non scendere in piazza. Hanno probabilmente paura della repressione e soprattutto non credono minimamente nelle possibilità di successo della rivolta. La Fratellanza è una setta, molto chiusa e molto au-toreferenziale, e non ha fiducia nelle potenzialità popolari. Solo dopo cinque giorni si aggregano alla rivolta. Ma la piazza è già così piena di valori democratici, non solo negli slogan ma anche nelle pratiche di convivenza, tolleranza e non discriminazione, che non riescono ad imporsi. E questo è il

momento più bello di Piazza Tahrir, uno di quei rari e straordinari attimi in cui l’utopia si fa realtà, con le persone tutte insieme, ad aiutarsi l’un l’altra, mano nella mano. La Fratellanza ritorna però in campo dopo la caduta di Mubarak, quando realizza un accordo con l’Esercito, scambiando la sua legalizzazione con l’abbandono della piazza. È questo il momento in cui l’esercito comincia ad operare repressione contro i ragazzi che continuano a manifestare. Per i Fratelli si apre la strada verso la conquista del potere. Come mai una rivoluzione democratica è stata vinta dalla Fratellanza? Come ho già detto, loro erano forti. Ma bisogna anche tenere a mente che il movimento non ha avuto tempo e modo di organiz-zarsi, non aveva una storia, non aveva organizzazione. Non poteva darsela in così poco tempo. Gli unici che potevano affrontare davvero una elezione erano la Fratellanza e i poteri del vecchio regime. E infatti la Fratellanza stravince. Succede qualcosa però. E infatti mentre nelle prime elezioni parlamentari la Fratellanza vince con il 70 per cento dei voti, già in quelle presidenziali arriva a malapena al 51,5 per cento, peraltro con molte ombre e accuse di brogli. Cosa è successo?Anche loro sono stati sorpresi dalla rivo-luzione, anche loro non si aspettavano di trovarsi alla guida del paese e, sem-plicemente, sbagliano strategia. In quel momento possono fare ciò che vogliono, hanno il sostegno degli Usa, il mondo arabo li guarda, l’Europa dà loro credito. Potrebbero scegliere di presentarsi con la faccia dell’islam moderato e sbanche-rebbero, in Egitto e sulla scena interna-zionale. E invece sono troppo ambiziosi, vogliono tutto e subito. Invece di rivol-gersi all’islam moderato, si alleano con gli estremisti. Confidano di prendere l’egemonia in Siria, in Libia e in Tunisia. Dimenticano i democratici e i rivolu-zionari laici della rivoluzione egiziana. Dimenticano che gli egiziani hanno fatto la rivoluzione soprattutto per avere ri-sposte ai bisogni sociali.

a cura di Raffaella Bolini presidenza Arci

Conversazione con Alaa Shukrallah

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20136 esteri

Cominciano a perdere consenso, rea-giscono accentuando il radicalismo e occupando lo stato. E qui arriva la seconda esplosione rivoluzionaria. Tamarrod è stato qual-cosa di stupefacente. I giovani hanno dimostrato di saper essere creativi e flessibili. Tutti si aspettavano di rivede-re scene conosciute, grandi manifesta-zioni e sit in. Tamarrod invece decide di battere la Fratellanza sul suo stesso terreno: quello delle masse popolari, del popolo minuto, delle zone rurali. La raccolta di trenta milioni di firme per chiedere le dimissioni di Morsi è stata impressionante, e impressionan-te vedere la gente al lavoro in tutto il paese, incluse tantissime persone che dichiaravano di aver votato per i Fratelli e di essersi sbagliati. Tamarod chiama l’Egitto in piazza il 30 giugno, e il paese risponde con una mobilitazione mai vista. Tutta la zona intorno a Piazza Tahir è un fiume di persone, e non solo. In tutti i quartieri di tutte le città del paese, semplicemente la gente scende sotto casa, e invade le strade. Arriviamo alla parte più controversa, sulla quale molte parole si sono spese: è stato o no un golpe quello che ha cacciato Morsi? Per spiegare quello che è successo, innanzitutto bisogna sapere che la realtà è complessa, ed evitare sempli-ficazioni. Quando parliamo di regime, per definire tutto quello che era al potere con Mubarak, intendiamo molte cose: le forze di sicurezza, la leadership dell’esercito, i diversi settori delle forza armate, i giudici e i magistrati, i media. Non erano, e non sono, un blocco unico. E di fronte alla rivolta, invece che ricompattarsi, si disarticolano sempre di più. Molti di loro non sopportano più la Fratellanza che, invece di cer-care una mediazione e una relazione con loro, ha semplicemente scelto di occupare tutto il possibile, inclusoi gli spazi a loro riservati. Il generale al-Sisi in particolare decide quindi di approfittare della piazza per recuperare il terreno perduto. E così possiamo dire che fra il movi-mento e l’esercito si realizza una sorta di alleanza. Il movimento, nella sua componente maggioritaria, crede che affidarsi alle forze armate sia meglio, e lasci molti più spazi di manovra rispetto alla islamizzazione forzata e definitiva che si prospetta dopo il golpe costituzionale di Morsi. Scelgono il

male minore, quello che si valuta lasci più spazi aperti al proseguimento del percorso rivoluzionario. Sa, il movimento, che non si tratterà in ogni caso di un ritorno all’epoca di Mubarak. Troppi osservatori non con-siderano questo elemento che invece conosce chiunque conosca bene l’Egit-to: indietro non si torna, gli egiziani potranno ripiegare, accettare com-promessi, persino ritirarsi da qualche fronte ma nessuno accetterà mai un altro regime e un altro dittatore. Il popolo egiziano è cresciuto, è ma-turato, ha appreso molte cose facen-do la sua esperienza. E il processo di partecipazione non è evaporato, non fosse altro perché ha lasciato sul terreno duemila nuove esperienze di società civile attive. Anche quelle che esistevano prima della rivoluzione sono cambiate, si sono ingrandite prima di tutto, hanno una nuova generazione di attivisti, e non hanno più paura di alzare la voce. La situazione certo non è facile. Dopo la rimozione di Morsi, con la Fra-tellanza che decide per la resistenza ad oltranza non accettando nessuna mediazione, in campo arriva un altro attore: la sicurezza interna, che chiede mano libera in modo da riconquistare posizioni nel nuovo assetto di potere. L’esercito la lascia fare, preferisce sia lei a sporcarsi direttamente le mani nella repressione, visto il ruolo politico che all’esercito e in particolare ad al-Sisi toccherà giocare nei mesi a venire. E siamo arrivati ad oggi. Con le forze di sicurezza che, con la scusa di impedire colpi di mano alla Fratellanza, cerca-no di attaccare e restringere i diritti -ad esempio con l’orrenda legge sulle manifestazioni. Ma nello stesso tempo la discussione per la legge sull’asso-ciazionismo si sta facendo davvero, e può produrre risultati migliori che nel passato, anche se è un braccio di ferro continuo. E soprattutto è buona la bozza Costi-tuzionale. Non è perfetta certo, ma cento volte meglio di quella imposta da Morsi con il suo golpe. Anche se ci sono diversi articoli che non mi piac-ciono, io la voterò sicuramente. Noi democratici abbiamo bisogno assoluto di un quadro costituzionale condiviso che ci permetta di rivendicare legitti-mamente diritti e libertà. Credo che in questo e nel prossimo periodo dovremmo mettere da parte, sia in Egitto che internazionalmente, le controversie e le divisioni che abbiamo avuto su golpe o non golpe. Bisogna che ci dedichiamo invece a guardare nel merito delle questioni che

sono sul tappeto, e delle scelte politiche da fare oggi: come opporsi appunto alla legge sulle manifestazioni, o come riuscire a far fare un passo avanti ai diritti economici e sociali. In questo modo potremo trovare anche alleati fra i religiosi. Ce ne sono molti che appartengono alla corrente dell’islam moderato, qui in Egitto, e alcuni sono di alta levatura. Quale sarà il quadro politico istitu-zionale dopo le prossime tornate di voto ancora non è chiarissimo. Entro febbraio dovremmo andare al referen-dum costituzionale, che come ho detto spero ci porti alla sua approvazione, senza stravolgimenti della ultima ora rispetto alla bozza fin qui prodotta. Non è certo quello che faranno i Fratelli Musulmani di fronte alle elezioni, se davvero le boicotteranno. Il loro fronte non è unito: i salafiti voteranno sì alla Costituzione mirando a vincere le elezioni, e anche per avere ora qualche possibilità di influenzare le scelte su alcuni articoli strategici, ad esempio quello sulla natura islamica dello stato. Non è ancora sicuro se, poi, andremo a votare prima per il Parlamento e poi per il Presidente, o viceversa. Non penso che per i democratici cambierà molto. Siamo tutti sicuri che se al-Sisi decide di presentarsi come candidato presi-dente, stravincerà. È un eroe nazionale ormai, oltre che ricoprire la carica di vice primo ministro e di Ministro della Difesa. Gli egiziani vogliono avanza-re, ma ora vogliono prima di tutto sicurezza.È comprensibile: non si può sopportare per molto di ignorare se si tornerà vivi a casa la sera, e sicuramente nel caos non può realizzarsi nessun miglioramento economico e sociale. Per questo alla fine sono tollerate anche le violenze con cui le forze di sicurezza continuano a reprimere Fratelli e in qualche caso anche attivisti democratici. Ma al-Sisi deve stare attento: il popolo gli affiderà il potere perché la stabilità porti a risultati concreti nella vita delle persone -il lavoro, la salute, lo sviluppo. Se la gente dovesse accorgersi che la sicurezza diventa un obiettivo in sè e non produce nulla, ci vorrà un minuto per abbandonare anche lui. Se si isola dal popolo, al-Sisi farà la fine di Mubarak e di Morsi.Per questo credo che non torneremo comunque alla situazione precedente alla rivoluzione. Abbiamo uno spazio di gioco, riuscire a evitare la stretta repressiva e autoritaria dipenderà da quanta forza sapremo noi mettere in campo.

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20137 legalitàdemocratica

Dal 13 al 15 dicembre a Bologna si è tenuta la seconda edizione di Discorso sul me-todo, seminario nazionale di formazione e scambio del Gruppo di lavoro Legalità democratica e antimafia dell’Arci. 25 diri-genti Arci di tutta Italia si sono confrontati analizzando dati e strumenti relativi a due attività storicamente consolidate dell’Arci: i campi della legalità e laboratori antimafia e la Carovana internazionale antimafie. Si è parlato inoltre di due settori su cui già da un po’ di tempo il Gruppo di lavoro prova a ragionare, ovvero i linguaggi dell’antimafia e l’educazione alla legalità democratica. È stato importante e necessario sottolineare come soltanto in quest’ultimo anno più di 1000 giovani siano stati coinvolti sui terreni confiscati alle mafie o nei contesti di tutta Italia dove quotidianamente si perpetua l’attività sociale antimafia dell’Arci. Si è discusso della valenza del progetto di educazione popolare che sta a monte della costruzione dei campi e dei laboratori e di

Cronaca della seconda edizione del ‘Discorso sul metodo’

come deve essere costruito per diventare occasione anche per tutti quei giovani che sono immersi in un contesto di cultura mafiosa; si è discusso inoltre della neces-sità di immaginare il progetto dentro un percorso più ampio che veda protagonisti e impegnati nei loro territori i giovani che ritornano dall’esperienza. Si è registrata la straordinaria crescita del progetto della Carovana, anche in tema di sviluppo associativo, oltre che come modalità per portare alla luce le questioni della mafia in tutta Italia e in Europa. Con-siderando che nel 2014 ricorre il ventennale della nascita della Carovana, si è provato a ragionare sui possibili strumenti, dando rilievo, per la sua forza comunicativa, al video e alle storie che può raccontare e trasmettere. Continua adesso il confronto e la formazione sul tema del linguaggio multimediale e degli strumenti culturali propri di un’associazione come la nostra per rendere più vivo e d’immediata com-

prensione il tema della mafia, ma anche per sviluppare percorsi di cittadinanza attiva che sono alla base di ogni impegno politico e culturale antimafioso. Il focus quest’anno è stato lo strumento ra-diofonico e la testimonianza che, attraverso le storie dei singoli, fornisca la possibilità di ricostruire un percorso di conoscenza dei territori e dei loro fenomeni di mafia e illegalità. Confrontandoci con modelli esterni all’as-sociazione, si è avviata una riflessione densa e partecipata sull’importanza di riconoscere il modello culturale ed edu-cativo mafioso o paramafioso, per poter poi organizzare delle risposte educative che, nel loro essere alternative, sappiano rispondere ai bisogni dei giovani e degli adulti che vivono questa realtà. Ricordandosi che ciascuno di noi dentro ogni singolo percorso associativo che rea-lizza è di per sé un modello educativo per gli altri, anche senza essere un educatore.

di Maria Giovanna Italia gruppo Legalità democratica Arci

Il seminario Secondo discorso sul me-todo, svoltosi a Bologna dal 13 al 15 dicembre, è stato anche una buona oc-casione per conoscere luoghi e persone. Quasi come la navigazione ai bordi di un fiume dove occorre, per verificare la rotta, identificare i confini, scendere di tanto in tanto a terra e leggere le abitudini di chi ci abita. Al contrario delle storie da fumetto o da film, la discesa non ha riservato mai spia-cevoli sorprese, tutt’altro! Innanzitutto i circoli Arci che hanno ospitato i lavori. Come in ogni parte d’Italia, l’entusiasmo della scoperta di un nuovo circolo e gli occhi luminosi dei componenti del gruppo visitatore basterebbero da soli a giustificare la necessità di questi incontri. Abbiamo iniziato i lavori al circolo La paresse che sembra apparso dal secolo scorso, ex luogo anarchico con tutta la sobrietà del caso. Siamo in cerchio e le esigenze formative sembrano lasciare il passo all’atmosfera delle stanze, riscal-date con una stufa a gas e le cui pareti ci distraggono e quasi ci portano via nel tempo. Un saluto di Stefano Brugnara e di Paolo Marcolini, presidenti Arci di Bologna e dell’Emilia Romagna, e si

I luoghi del seminario

inizia subito. Due relazioni per due modi di raccontare l’antimafia: il video (Mimma Scigliano) e la radio (Federico Lacche). Quanta Arci ritroviamo nelle loro parole! Il tempo a disposizione è poco e se non facesse così freddo i capannelli di persone continue-rebbero dopo la chiusura. Il giorno dopo siamo all’albergo Del pallone ad ascol-tare Michele Gagliardo (straordinaria la fotografia che fa della nostra realtà) e Daniel Delministro (simpatico anche nel provocare il dibattito sulla legge giusta). Il luogo che ci ospita è una via di mezzo fra un ostello e una comunità. Fiore Zaniboni, da brava anfitrione, ci spiega le ragioni di questa scelta: qui l’acco-glienza è vera e lo vediamo dalle donne con bambini che il Comune inserisce, a ricordarci che il welfare non può essere la lavatrice della coscienza dei ricchi.Il circolo Millenium - Alle rive del Reno è un posto accogliente; Totò, il presidente, racconta delle tante attività che vi si svolgono; il suo intervento, intercalato dal precisare il numero - cospicuo - di soci, è quasi da congresso: solidarietà interna, programmazione e così via. Il tempo sembra non bastare mai e c’è la

visita dei beni confiscati della città, aiutati dal locale referente di Libera. Le confische nel centro della città, qualcosa di più della metafora delle mafie che lacerano il cuore dell’Emilia Romagna. Chiudiamo, facili-tati da Giulia Venturini e Mariagiovanna Italia, nel Parco della Montagnola, in una struttura gestita dall’Arci che racconta di solidarietà culturale e di condivisione dei saperi. Ascoltiamo la voce della memoria e dell’impegno (Daniela Marcone) e le buone pratiche amministrative (Stefano Fumarulo). Una formazione molto peri-patetica quindi, comprensiva di altri due buoni luoghi dove abbiamo ristorato il corpo stanco. Uno di questi (Lacapagira) in controtendenza al film evocato dal titolo. L’esperimento della fusione fra cucina bolognese e cucina pugliese (mi si perdoni il conflitto di interessi), è stato sublimato dalla scelta culturale di fare teatro durante la cena. La formazione in questa maniera è stata davvero ‘calata’nei luoghi, creando di fatto una bella prassi di contaminazione culturale. Al termine, il rammarico che il tempo sia davvero finito, qualche minuto per gli abbracci e si ritorna a casa, aspettando – chissà - la prossima edizione.

di Alessandro Cobianchi responsabile area Legalità democratica Arci

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 20138 economiasociale

Expo 2015, i primi passi

Mancano poco meno di 500 giorni all’inizio di Expo, ma la manifestazione già da qualche tempo è diventata un tema all’ordine del giorno nel dibattito sia sulla carta stampata che in simposi e tavole rotonde. Che si parli di cibo, nutrizione, politi-che energetiche o rilancio economico del paese, Expo 2015 è diventato il catalizzatore dell’attenzione dell’opi-nione pubblica. Certo il tema generale Nutrire il pianeta. Energia per la vita rappresenta una sfida non di poco conto sia per gli organizzatori che per coloro che interverranno.Tra le grandi organizzazioni internazio-nali che hanno sottoscritto un contratto di partecipazione alla manifestazione vi è anche il sistema internazionale di certificazione del commercio equosoli-dale Fairtrade. E in piena sintonia con il tema generale, Fairtrade si presen-terà come una strategia concreta che assicura sviluppo ed emancipazione alle comunità di Asia, Africa e America Latina e un’opportunità quotidiana a disposizione dei consumatori per as-sicurare un futuro migliore al pianeta grazie a prodotti in commercio in oltre 125 paesi nel mondo. Caffè, cacao, banane e molto altro anco-ra: sono più di 1,3 milioni gli agricoltori e lavoratori dei Paesi in via di sviluppo a cui il sistema Fairtrade assicura un prezzo equo e stabile, il Fairtrade Mini-mum Price, e un margine di guadagno aggiuntivo che le comunità possono utilizzare in autonomia per il proprio autosviluppo, il Fairtrade Premium. La certificazione Fairtrade inoltre promuove buone pratiche agricole ri-spettose dell’ambiente, assicurando ai produttori agricoli condizioni di lavoro dignitose e partnership commerciali più eque, contro lo sfruttamento del lavoro, anche minorile. Allo stesso tempo garantisce ai consu-matori più di 30.000 prodotti diversi ad alto valore aggiunto, perché realizzati

nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente, che li rendono partecipi di un sistema che promuove la giustizia negli scambi commerciali e negli ultimi due decenni ha permesso a migliaia di persone di combattere la povertà. Il programma di partecipazione alla manifestazione passerà sotto il tema Cacao Fairtrade: energia positiva per l’uomo e il pianeta che comprenderà tutte le attività che verranno realizzate da Fairtrade durante la manifestazione. In prima linea nel coinvolgimento del settore privato come chiave nello svilup-po dei diritti umani attraverso la produ-

zione e distribuzione del cibo, Fairtrade porterà ad Expo la testimonianza del proprio impegno per una produzione più sostenibile del cacao, ottenuta nel rispetto dei diritti dei produttori dei Paesi in via di sviluppo. Nel mondo sono circa 50 milioni le persone che dipendono dal cacao per la propria sussistenza. Quasi il 90% del cacao mondiale provie-ne da 5,5 milioni di piccoli appezzamenti terrieri. E molti tra i coltivatori di cacao sono tra la popolazione mondiale che vive con meno di 2 dollari al giorno.

www.fairtradeitalia.it

Noci dell’Amazzonia, il piccolo tesoro della forestaIl 22 dicembre 1988 l’attivista brasiliano Chico Mendes venne ucciso da un colpo di fucile sulla porta di casa. Durante tutta la sua vita Mendes si batté per il diritto al lavoro e la difesa dell’ambiente, mettendo insieme seringueiros (i raccoglitori di caucciù), indios, sindacalisti, preti e politici attorno a un’idea rivoluzionaria di foresta: un luogo senza padroni, in cui alberi e uo-mini potessero vivere e crescere insieme, gli uni custodi degli altri.

Oggi, venticinque anni dopo la sua morte, i frutti delle sue battaglie sono ancora accessibili a tutti noi. Grazie alla cooperativa Chico Mendes Modena, sugli scaffali di negozi e supermercati di tutta Italia continuano ad arrivare noci dell’Amazzonia certificate Fairtra-de, provenienti da comunità di raccoglitori di noci della Riserva Chico Mendes di Xapurì, coltivate

e importate in Italia secondo gli standard internazionali del com-mercio equosolidale su cui vigila il circuito Fairtrade. Queste noci continuano a portare avanti il suo messaggio e il suo ope-rato e mettono a disposizione dei consumatori italiani un prodotto realizzato nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente.Fermo come un albero, libero come un uomo è il nuovo libro edito da Terre di Mezzo che racconta la storia dell’attivista brasiliano, pubblicato nel 25esimo anno dalla sua morte.

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‘La strada giusta per il lavoro’Musica, parole, voci al pianoforte e ancora interventi, letture e teatro. Per unire le persone, salvare una Mantova piegata dalla crisi e ritrovare la strada, La strada giusta per il lavoro. È successo all’Arci Tom di Borgochiesanuo-va, a Mantova, sabato 21 dicembre, dove dalle 17 si sono alternati artisti, scrittori, ma anche politici e sindacalisti. Una maratona

di sette ore per il lavoro che manca, per fare il punto di una situazione drammatica che schiaccia aziende e lavoratori ma anche per farli sentire un po’ meno soli, facendo incontrare tante realtà diverse che la crisi la sentono allo stesso modo. Numerose le partecipazioni, molto atteso e seguito il collegamento in streaming con il premio Nobel Dario Fo.

In pIù

daiterritori

Daniele Catellani è il nuovo presidente di Arci Reggio Emilia. Subentra a Federico Amico, che ha diretto il comitato provin-ciale per otto anni. A Catellani abbiamo rivolto alcune domande.

Raccontaci il tuo incontro con l’Arci.Sono entrato nell’Arci nel 2001 come obiettore di coscienza, nel 2002 sono diventato volontario e nel 2003... forza lavoro. Ho trovato all’interno dell’Arci un ambiente familiare a livello umano e, dal punto di vista professionale, il ruolo di consulente che mi ha portato a conoscere da vicino i soci dei diversi circoli è stato molto stimolante. Precedentemente avevo lavorato nello studio di un commercialista, ma è stato lavorando per l’Arci che ho trovato gli stimoli veri per continuare su questa strada. La presidenza del comitato rappresenta quindi per me sia una sfida umana che professionale.

Come immagini il tuo nuovo ruolo?Sarò innanzitutto un presidente che con-tinuerà per quanto possibile a mantenere il ruolo che ho ricoperto fino ad ora e a cui tengo sopra ogni cosa: tenere i rapporti con i circoli e metterli più possibile in rete. Nello specifico, l’ottica del mio investimento è quello di mettere a patrimonio quello che è stato fatto fino ad oggi, ed è tanto, ma allo stesso tempo attirare forze nuove e valorizzarle per mettere a confronto più punti di vista.

Quali sono gli obiettivi prioritari che ti sei dato? Nell’ambito della cultura penso, per esem-pio, ad iniziative che andranno sempre più co-progettate e condivise fra i circoli. Così come sono particolarmente attento al tema della formazione, quella dei vo-lontari, che deve essere il più possibile messa in rete. Ma penso anche a nuove forme di volontariato, a chiederlo è una società che è cambiata. Semplificando, i punti sono questi: investire nelle persone, nelle tecnologie, in nuovi progetti, in una

formazione che deve essere continua.

Quanto la crisi ha influito sul profilo politico e sociale dei circoli?È cambiata la fisionomia sociale della gente che è sempre più portata a chiu-dersi dentro casa e meno disponibile di un tempo a uscire, mettersi in gioco e al servizio di qualcosa che riguardi il bene comune. D’altra parte la crisi, e qui parlo di crisi politica, ha creato anche al nostro interno un problema, oltre che di gestio-ne, di rappresentanza: è innegabile che la politica non ci rappresenti più come avveniva un tempo. Ma dobbiamo invertire la tendenza ed è per questo che ritengo fondamentale risvegliare nuove forze e coinvolgere nuove persone.

Il tesseramento ha risentito della crisi? Una lieve flessione c’è stata ma il tesse-ramento non rappresenta un problema per noi. Abbiamo 142 circoli (siamo terzi dopo Milano e Torino) e nel 2012 abbiamo toccato quota 62mila soci, un numero in-credibile, ed era fisologico che quest’anno ci fosse un leggero calo. I numeri non sono un problema. Quello a cui puntare è un ricambio, generazionale ma non solo, in grado di darci una nuova immagine ma soprattutto nuovi contenuti. Ma questo obiettivo si può raggiungere solo se sare-mo in grado di fare sistema tra i circoli. Questa esigenza è uscita in maniera chiara da tutte le riunioni che hanno preceduto il congresso.

Cosa rispondi a chi accusa l’Arci di svol-gere attività di carattere prevalentemente economico? Rispondo che non è così. I circoli Arci rappresentano innanzitutto presidi im-portantissimi nel nostro tessuto sociale, oggi più che mai. E se andiamo a vedere le attività che si svolgono all’interno di ognuno dei nostri 142 circoli, ci accorgiamo che si possono organizzare concerti, cene o gare di bocce... ma alla fine la solidarietà è sempre e comunque la finalità imprescindibile.

Tenere i rapporti con i circoli e metterli in rete il più possibileGli obiettivi del neopresidente Arci di Reggio Emilia

CoNCERTI CoN IL DoxA GUARDIA SANFRAMoNDI (BN) - Il circolo Doxa promuove un nuovo Doxapalooza: come ogni anno, durante le vacanze natalizie, i soci del circolo si impegnano nell’organizzazione di due serate all’insegna della buona musica. L’appuntamento è per venerdì 27 e sabato 28 dicembre con i The de-lay in the universal loop e gli Shak and speares. Entrambi gli eventi si terranno al castello di Guardia. [email protected]

NATALE SoLIDALE BoLoGNA - Il circolo Arci San Lazzaro apre eccezionalmente il giorno di Natale per ospitare gli anziani assistiti dai servizi sociali del Comune di San Lazzaro. Grazie ai soci volontari delle cucine del circolo, che si sono resi dispo-nibili a preparare e servire il pranzo, un centinaio di persone anziane potranno trascorre qualche ora in compagnia mangiando un pasto caldo.

www.arcibologna.it

A TEATRo CoN L’ARCI CALyPSoSAVA (To) - Per Scene madri: rassegna di teatri cercati, Arci Calypso presenta Lassaddìcane, uno spettacolo teatrale scritto e interpretato da Stefa-nia Semeraro, per la regia di Pierpaolo Buzza e con le musiche di Giuseppe Pezzulla. Lo spettacolo prende forma fra le trame delle storie di Minima, quarta di sette fratelli, figlia di genitori casellanti, vissuta in un casello ferroviario del Salento, a metà del secolo scorso, quando la macchina era un lusso per pochi e in treno ci si spostava tutti; un casello in cui Mimina ha vissuto la sua vita, quella degli altri, la solitudine delle partenze e gli abbracci di tanti arrivi. Appuntamento il 30 dicembre alle 21 presso il Laboratorio del Mediterraneo in via Macello 1.

fb Arci Calypso Sava

LA FESTA DEI PoPoLI RoCCABERNARDA (KR) - Venerdì 27 dicembre alle 17 l’Arci Paganìa promuove, presso il ristorante Al Favalo-ro, la Festa dei popoli, dibattito pubblico sul tema dei migranti e dell’accoglienza.Scopo di questo evento è proprio quello di conoscere insieme il ‘diverso’, confrontar-si, ascoltare testimonianze. Ospiti della giornata i ragazzi africani del centro di accoglienza per richiedenti asilo politico di Sofome. Il Barrio trasmetterà in diretta web radio l’evento. La festa continuerà alle 22 con l’esibizione di gruppi live.

fb Arci Paganìa

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 201310 daiterritori

Due appuntamenti per Ripensare l’economia (d)a Sud e individuare strategie di lavoro in vista della futura programmazione dei fondi strutturali 2014-2020. Arci Sicilia, l’11 e 12 dicembre, ha scelto due luoghi simbolo del proprio impegno associativo di questi ultimi 20 anni, Corleone e Gela, per confrontarsi con gli altri soggetti economici e sociali del territorio all’interno del percorso congressuale.Ad offrire un importante contributo alla discussione anche Fabrizio Barca, dirigente generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Luca Bianchi, Assessore all’Economia della Regione Sicilia e Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione con il Sud. Con loro molti testimoni di esperienze di economia sociale realizzate spesso in luoghi distanti dalle città e nelle periferie, in zone interne che hanno scommesso sulla valorizzazione dei propri territori e su un’ipotesi di sviluppo autocentrato e sostenibile.Nel suo intervento Borgomeo ha evidenziato come le risorse economiche da sole non bastano a creare sviluppo se non c’è un territorio pronto a compiere scelte chiare e di prospettiva. «L’errore più grande compiuto negli ultimi 60 anni nelle politiche per il Sud – ha detto – è aver pensato che lo sviluppo coincidesse con la quantità dei soldi trasferiti. I soldi servono solo se ci sono territori pronti, soprattutto dal punto di vista sociale».Insomma, non ci può essere sviluppo economico senza sviluppo sociale ed è per questo che «l’investimento per lo sviluppo nel Sud è prima di tutto nella cittadi-nanza» ha sottolineato Fabrizio Barca nel suo intervento.L’ex ministro ha sottolineato l’importanza di un lavoro di rete nel territorio che de-termini scelte compatibili con le risorse esistenti. «È necessario un rimescolamento tra pubblico e privato – ha detto Barca – così come è necessario rimescolare forme di economia sociale ed economia di mercato per dare prospettive allo sviluppo della comunità». «Mi auguro – ha aggiunto – che la grande quantità di fondi comunitari che sta arrivando nelle Regioni del sud determini un rafforzamento dei servizi fondamentali per i cittadini».Un dibattito a tutto campo, che ha affrontato i vari temi a partire dalle difficoltà incontrate da chi è impegnato quotidianamente a far prevalere un modello di economia che guarda al territorio e alle persone. A Gela tanti i giovani presenti al seminario, alcuni dei quali impegnati a promuovere nuove idee imprenditoriali anche con l’utilizzo del microcredito. «Si tratta di idee imprenditoriali sviluppate attraverso il progetto Autonoma-mente» ha detto Sheila Scerba, direttore della Fondazione Microcredito e Sviluppo di Calta-girone, partner del progetto che viene attuato nei Comuni di Gela, Niscemi, Butera e Mazzarino. Un progetto che vede coinvolti 17 partner tra soggetti pubblici e privati con capofila il circolo Arci Le Nuvole e che è finanziato dalla Fondazione con il Sud.«Abbiamo incontrato tanti giovani che hanno proposto idee imprenditoriali inte-ressanti – ha sottolineato Luciana Carfì, presidente del circolo. Sono giovani che hanno deciso di scommettere sulla propria terra e sulle proprie capacità. Per noi l’economia riparte da loro, dalla loro voglia di protagonismo e dalla loro volontà di restare in questo sud per renderlo migliore economicamente e socialmente».A Corleone si è partiti dall’esperienza della cooperativa Lavoro e non solo, che ha saputo coniugare l’attività d’impresa sui campi confiscati alla mafia con l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, la promozione del territorio, l’educazione alla legalità. Un percorso che coinvolge nei campi di lavoro centinaia di giovani prove-nienti da varie regioni d’Italia. Tante le testimonianze importanti, come quella di un giovane che si è trasferito a Butera, paesino collinare dove il padre aveva delle proprietà, che lui ha trasformato nel ‘Giardino delle Belle’, dove in questi anni sono transitati centinaia di giovani provenienti da tutto il mondo e dove si produce olio d’oliva biologico col sistema della ‘permeacultura’, che non sfrutta la terra e mantiene il massimo equilibrio tra i vari elementi naturali.O ancora l’esperienza di un giovane imprenditore agricolo che ha deciso di scommet-tere nel recupero degli antichi grani siciliani. «Riteniamo che questo patrimonio di risorse umane ed economiche – ha detto Anna Bucca, presidente di Arci Sicilia - possa contribuire a costruire una riflessione nuova su meridione e un diverso modello economico, e possa creare occasioni di lavoro buono in tempi di crisi come questo».

Il Fluxlab presenta la quarta edizione di Doc n’ Roll, corso di cinema del reale che si terrà dal 20 gennaio al 20 febbraio per due incontri settimanali di 3 ore ciascuno. Durante il corso verranno introdotti e trattati dai professionisti del settore nozioni di regia, ripresa e produzione del documentario. Paralle-lamente ad esso verrà svolta la pratica su un corto documentario collettivo.La pratica del corso si svolgerà pres-so Arci Torino e darà la possibilità di accedere a un tirocinio curricolare concernente un lavoro redazionale (di scrittura e/o ripresa-montaggio video) riconosciuto dall’Università degli Studi di Torino presso questo ente.www.arcipiemonte.it/torino

Da novembre ha preso il via, a Sesto San Giovanni, Spazio Mil-Carroponte: un progetto che ha come capofila Arci Milano, insieme a ISEC - Archivio Sac-chi e Comune di Sesto San Giovanni, in partnership con molte realtà associative e del terzo settore del territorio sestese.Finanziato da Fondazione Cariplo con 800mila euro per i prossimi 3 anni, il progetto si pone come obiettivo la costruzione e lo sviluppo di un unico centro culturale integrato nell’ambito del Parco Archeologico ex-Breda, capa-ce di offrire tutto l’anno una proposta culturale di qualità, diversificata e in grado di attrarre pubblici diversi. Un polo culturale di livello metropolita-no, che si sviluppi in forte sinergia con il territorio sestese. Le attività previste sono moltissime: allestimento del Mil come spazio teatrale e di cultura, festi-val, percorsi con le scuole e i giovani del territorio, attività per bambini e fami-glie, e molto altro. Lunedì 16 dicembre sono iniziati i lavori di una delle prime azioni previste, ovvero la sistemazione e l’adeguamento dell’area del parco che ospita ogni estate la stagione estiva di Carroponte.

Parte Spazio Mil - Carroponte

‘Ripensare l’economia da sud’: l’Arci Sicilia promuove il confronto

Doc n’Roll a Torinodal 20 gennaio

di Giuseppe Montemagno presidenza Arci Sicilia

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 201311 società

Il Governo ascolta le lobby finanziarie e non l’economia e la società in crisi

«La difficoltà di accesso ad occupazione e sane attività produttive sta portan-doci pericolosamente verso l’illusione che la scorciatoia dell’azzardo, della scommessa sportiva e della specula-zione possa risolvere i nostri problemi. La timidezza del Governo verso queste realtà con l’accantonamento dell’emen-damento alla Tassa sulle Transazioni Finanziarie non inverte questa tendenza» è questa la reazione della Campagna ZeroZeroCinque di fronte al ritiro dell’e-mendamento 1.866 presentato dall’On. Bobba. «Le motivazioni del Governo si fondano su un errore culturale profon-do. L’uso speculativo del denaro non è un settore produttivo che produce un reddito stabile e duraturo nel tempo e pensarlo vuol dire creare pericolose illu-sioni che spingono singoli ed istituzioni finanziarie a mettere a rischio il benes-sere delle famiglie, province un tempo ricche ed interi paesi - dichiara Leonardo Becchetti, portavoce della Campagna. La lezione di migliaia di ricerche sulla finanza e il contributo del neo Premio Nobel Eugene Fama è che non si batte il mercato, non si vince contro il banco. E l’altro Nobel premiato quest’anno, Robert Shiller, ci insegna che ecces-si di liquidità producono esuberanza irrazionale, bolle e rovinose cadute».L’ampliamento della base imponibile è stato uno dei nodi centrali nella discus-sione in Parlamento relativa alla Tassa sulle Transazioni Finanziarie e nonostante Mediobanca ci dica che il 99% dell’uso dei derivati sia per operazioni specula-tive e non di copertura, e nonostante l’emendamento prevedesse l’esenzione delle operazioni di copertura, tutto questo non è stato sufficiente per superare le contrarietà del Governo per cui è legittimo domandarsi: le operazioni speculative vogliamo per forza mantenerle? È questo un settore economico da proteggere? L’On. Bobba, che ha presentato l’emenda-mento, ha lottato per la sua approvazione. Una battaglia evidentemente impari, anche se sostenuta in Parlamento da rap-presentati di quasi tutti i gruppi politici e, cosa ancora più importante, sostenuta da un ampio consenso popolare di cui la no-

stra Campagna è in parte rappresentativa.«La rottamazione di cui abbiamo bisogno non è anagrafica ma culturale. Abbiamo bisogno di una banca centrale che metta al centro la lotta alla disoccupazione con strumenti nuovi, del divieto per le banche di fare trading in proprio con i soldi dei depositanti (la Volcker rule approvata negli Stati Uniti nei giorni scorsi) e di una fiscalità che penalizzi l’uso speculativo del denaro favoren-do il finanziamento all’economia reale. La nostra ‘giovane’ classe dirigente avrà la forza per portare avanti questi cambiamenti e sostenerli con tenacia in Italia, nel lavoro che si è impegnata a fare in Parlamento a partire da gen-naio 2014, e in Europa? È questo che chiediamo con forza come Campagna ZeroZeroCinque» conclude Becchetti.

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arcireport n. 47 | 23 dicembre 2013

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A PIEDI NUDI IN CAMERoUN Michele Pagano, giovane ingegnere ap-passionato di cooperazione, partirà per il Cameroun il prossimo Marzo, nell’ambito della collaborazione tra Arcs e il Master Cooperazione e Progettazione per lo svi-luppo del CIRPS. Michele collaborerà alle attività del progetto Renforcement des capacités d’autogestion des processus de développement au nive-au locale DCI-NSAPVD/2012/284-694, che prevede il ripristino di un sistema di adduzione di acqua potabile nel villaggio di Bankondji. In particolare si occuperà dell’installazione di un generatore OSEC (On site Electrolytic Chlorinator), un im-pianto sperimentato dall’Università La Sapienza, che consente la produzione di cloro a partire da una soluzione di acqua e sale. Questo permetterà alla comunità del villaggio di produrre cloro per la po-tabilizzazione dell’acqua a costi contenuti e sostenibili anche da un punto di vista ambientale. Auguriamo a Michele un buon lavoro insieme alla nostra equipe di pro-getto. A presto con nuovi aggiornamenti.

AFGhANISTAN: ASPETTANDo IL 2014Alla sala Onofri del Ministero degli Affari Esteri, a Roma, è stata presentata la ricerca Aspettando il 2014: la società civile af-ghana su pace, giustizia e riconciliazione.La ricerca fa parte delle attività del progetto Afghanistan: attività di formazione e di sostegno alla società civile afgana nel processo di ricostruzione e riconciliazione nazionale – AID 9572, promosso da Arcs e dalla rete della società civile Afgana, in partenariato con Oxfam Italia, Nexus, Aidos, CGIL e Arci, cofinanziato dalla D.G.C.S del Ministero degli Affari Esteri.Giuliano Battiston, giornalista e ricerca-tore, ha viaggiato per circa cinque mesi in sette diverse province afgane, analizzando, grazie a numerose interviste e incontri informali, quattro questioni chiave del conflitto: le cause della guerra e i fattori che alimentano la mobilitazione anti-governativa; il processo di pace e ricon-ciliazione; il rapporto tra pace e giustizia; le aspettative per il post-2014, con la conclusione della missione Isaf della Nato. La presentazione è stata accompagnata dall’esposizione di alcune foto di Romano Martinis, parte della mostra inaugurata lo scorso giugno al centro ACKU, Afghan Center at Kabul University.

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AzIoNISoLIDALILE NoTIzIE DI ARCSa cura di Francesco Verdolino

Ritirato l’emendamento alla legge di Stabilità sulla TTF

Page 12: Arcireport n 47 2013

Sembra sempre impossibilefinché non viene realizzato

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[nelson mandela]

Auguri2014

p i ù c i e l o p e r t u t t i