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Editore: Studio EffeErre Sas - Via Albani, 58 - 20148 Milano | POSTE ITALIANE SPA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv., in L. 27.02.2004, n. 46), art. 1, comma 1, DCB MILANO 01 GENNAIO 2014 Trimestrale della Federazione Nazionale dei Commercianti in Diamanti, Perle, Pietre Preziose e dei Lapidari FEDERPIETRE IGI una gemma nel cuore, intervista a Gianmaria Buccellati Una partita in cui perdono (o vincono) tutti Gioielli o succedanei? Gemme: così l’Europa detta legge

Federpietre - Gennaio 2014

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Page 1: Federpietre - Gennaio 2014

Editore: Studio EffeErre Sas - Via Albani, 58 - 20148 Milano | POSTE ITALIANE SPA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv., in L. 27.02.2004, n. 46), art. 1, comma 1, DCB MILANO

01GENNAIO 2014 Trimestrale della Federazione Nazionale dei Commercianti

in Diamanti, Perle, Pietre Preziose e dei Lapidari

FEDERPIETRE

IGI una gemma nel cuore, intervista a Gianmaria BuccellatiUna partita in cui perdono (o vincono) tutti

Gioielli o succedanei?Gemme: così l’Europa detta legge

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SOMMARIO

EDITORIALEDEL PRESIDENTE05 // Spira una lieve brezza

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IN REDAZIONE12 // Intervista a Bill Boyajian14 // Gioielli o succedanei?16 // Una partita in cui perdono(o vincono) tutti17// Lusso in psicanalisi18 // Il paradosso del falso19 // Anche i gioielli soffrono

18

GEMMOLOGIA24 // Gemme: così l’Europa

detta legge27 // Si parla di gemme

in tutto il mondo28 // IGI una gemma nel cuore,

intervista a Gianmaria Buccellati

28

CULTURA22 // Sua Maestà fa la preziosa

22

NOTIZIE06 // Brevi dal mondo

06

ECONOMIA20 // Le uova del mito

sbarcano in borsa

20

30 IL PUNTO DI VISTA30 // Il mercato del diamantenel 2013

Editore: Studio EffeErre Sas - Via Albani, 58 - 20148 Milano | POSTE ITALIANE SPA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv., in L. 27.02.2004, n. 46), art. 1, comma 1, DCB MILANO

01GENNAIO 2014 Trimestrale della Federazione Nazionale dei Commercianti

in Diamanti, Perle, Pietre Preziose e dei Lapidari

FEDERPIETRE

IGI una gemma nel cuore, intervista a Gianmaria BuccellatiUna partita in cui perdono (o vincono) tutti

Gioielli o succedanei?Gemme: così l’Europa detta legge

Periodico di Federpietre - Federazione Nazionale dei Commercianti di Diamanti,Perle, Pietre Preziose e dei LapidariTrimestrale - Anno XIV - N° 1/Gennaio 2014

FederpietreE-mail: [email protected]

Registrazione Tribunale di Milano n. 653del 17-10-2000 - POSTE ITALIANE SPA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27.02.2004, n. 46), art.1, comma 1, DCB MILANO

EditoreStudio EffeErre SasVia F. Albani 58 - 20148 MilanoTel. +39 02 33001100Tel. +39 02 39264512Fax: +39 02 [email protected]

Direttore EditorialeAnnalisa Fontana

Direttore ResponsabileGloria Belloni

RedazioneSonia Sbolzani

Hanno collaboratoa questo numeroAnna FiorelliRaffaella NavoneMoshe Sians

Progetto grafico,impaginazionee coordinamentoStudio EffeErre - Milano

Pre-stampaGrafimar - Milano

StampaJona srl - P. Dugnano, MI

FEDERPIETRE

In copertina:Pendente “Ramage” di Buccellati.

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I SOCI DI FEDERPIETREPubblichiamo qui l’elenco delle aziende associate a Federpietre (non tutte, poiché alcune per motivi personali non hanno dato il loro consenso).

Vuole essere un modo per sottolineare il loro “valore aggiunto” generato dall’appartenenza ad una Federazione coesa e attiva, che da sempre opera per

tutelare e promuovere la professionalità e l’etica dei commercianti di pietre preziose aderenti, sostenendo il settore orafo nel suo complesso.

Bianco Gian Piero DiamantiViale Galimberti 12 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 924704 - Fax: 0131 942218E-mail: [email protected]

Bidiamond srlCorso Garibaldi 138/C - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 955875 - Fax: 0131 945339 E-mail: [email protected]

Borsalino Diamanti srlVia Mazzini 15 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 941003 - Fax: 0131 946557E-mail: [email protected]

Boss Diamond SrlVia Michelangelo, 1 - 15048 Valenza (AL)Telefono e Fax: 0131 947575E-mail: [email protected]

Brioschi srlViale Vicenza 3/A - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 943029 - Fax: 0131 951602E-mail: [email protected]

Capellaro & C. srlVia Baiardi 33 - CO.IN.OR.Zona D2 Lotto 2G 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 924809 - Fax: 0131 945689E-mail: [email protected]

Castellini DiamantiVia San Maurilio 13 - 20123 MilanoTelefono e Fax: 02 72094241E-mail: [email protected]

Diamante srlVia Pietro Micca 10 - 10122 TorinoTelefono: 011 533532 - Fax: 011 532472E-mail: [email protected]

Dott. Carlo Paolillo & C. srlVia della Scrofa 14 - 00186 RomaTelefono: 06 6875006 - Fax: 06 6893368E-mail: [email protected]

Enzo Liverino 1894 srlVia Montedoro 61 - 80059 Torre del Greco (NA)Telefono: 081 8811225 - Fax: 081 8491430E-mail: [email protected]

Ideal Diamonds srlVia Calefati 42 - 70122 BariTelefono: 080 5230138 - Fax: 080 5230138E-mail: [email protected]

Maino sasVia Curtatone 11 - 20122 MilanoTelefono: 02 5466375 - Fax: 02 55014924E-mail: [email protected]

Mineralgemme sasC.so Porta Romana 68 - 20122 MilanoTelefono: 02 58318040 - Fax: 02 58318050E-mail: [email protected]

Pasquarelli Danilo srlVia Camasio 15 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 954361 - Fax: 0131 953366E-mail: [email protected]

Petramundi srlVia Donizetti 14 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 946234 - Fax: 0131 971579E-mail: [email protected]

Taché Diamonds Italia srlCorso Garibaldi 114 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 947322 - Fax: 0131 947332E-mail: [email protected]

Storchi ChiaraViale S. Michele del Carso 3 - 20144 MilanoTelefono: 02 40095499 - Fax: 02 48701676E-mail: [email protected]

Valentini srlVia C. Battisti 3 - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 941000 - Fax: 0131 951643E-mail: [email protected]

Z.B.F. sncViale Repubblica 141/A - 15048 Valenza (AL)Telefono: 0131 943481 - Fax: 0131 951675E-mail: [email protected]

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L’augurio di buon anno che vi rivolgo si fonda anche sugli annunci di ripresa economica che da più parti giungono. Il 2014 dovrebbe confermare che le ruote dell’economia hanno ripreso a girare, sia pure molto lentamente.

Certo le centinaia di migliaia di imprese in sofferenza da mesi stentano a riconoscersi in questo clima mutato, ma anche in economia vale il detto secondo cui non è mai così buio come prima dell’alba.

L’attenzione si deve quindi spostare sull’origine e sui limiti di questa possibile nuova alba economica italiana.

Incassata dall’Europa un’attenuazione delle pretese di austerità, l’Italia può ora contare su quattro diversi volani, a cominciare dalle esportazioni. Molte nostre imprese hanno saputo cogliere all’estero opportunità che non erano affatto scontate, dando alla loro espansione un carattere strutturale, non strettamente legato ad eventuali rallentamenti della domanda globale. Il secondo motore, in stand by da troppo tempo, è rappresentato dalla domanda interna. Il timore della crisi che ha trattenuto molti Italiani

dall’acquisto di beni durevoli e di lusso ha fatto nascere una domanda latente che aspetta solo una boccata di fiducia per cominciare a farsi sentire.

In sostanza, se la domanda estera tiene e quella interna si rafforza anche solo un poco, la nostra economia può farcela da sola. Se poi gli enti pubblici pagheranno le decine di miliardi di debiti commerciali che ancora devono alle imprese e se dunque si ridurrà l’utilizzo di credito bancario da parte di tante aziende, favorendo così qualche investimento produttivo, le cose andranno ancora meglio.

Si aggiunga, infine, che l’Italia dovrebbe poter fruire di più cospicui fondi europei (dopo le brutte figure degli anni scorsi che ci avevano reso la favola d’Europa).

Bene, questo inizio d’anno è il primo momento per verificare se la “barca Italia” sarà in grado di cogliere il venticello della ripresa o se sciuperà l’ennesima occasione…

Concludo con una nota che non vuole essere pessimistica, ma

realisticamente mira a far riflettere per meglio agire.Non credo che il recente miglioramento economico nell’Eurozona possa essere interpretato come l’avvio della ripresa definitiva. La crisi è un’opportunità di cambiamento, ma quello che doveva cambiare di più sembra essere rimasto per lo più immutato (non solo in Italia). Servono numeri più solidi sul lavoro, in crisi soprattutto nella fascia dei più giovani, un più stabile risanamento delle finanze pubbliche, un sistema bancario più orientato alle imprese, meno pressione fiscale su chi lavora, più infrastrutture, più qualificazione professionale, ecc. Quando la crisi scoppiò, i leader politici europei la interpretarono come una buona occasione per riequilibrare le loro economie e portarle verso un modello sostenibile, ma fino ad oggi i progressi sono stati modesti.

E dopo aver dato il benvenuto al primo pallido tentativo di ripresa, dovrebbero ricordare che l’importante non è crescere, bensì il modo in cui un’economia cresce.Allora buon 2014 a tutti!

Raffaele Maino

SPIRA UNALEGGERA BREZZA

L’editorialedel Presidente

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Quandoil lussoè rosso

La Cina ha confermato l’intenzione di aumentare le tasse sui beni di lusso, che finora spaziano dal 20% sugli orologi svizzeri al 5% sui prodotti di gioielleria con o senza pietre preziose (sulle gemme grava un 10%). Nel 2015, secondo McKinsey (nota multinazionale di consulenza direzionale), i consumi della popolazione cinese nel settore orafo saliranno ad un terzo del totale rispetto al 27% del 2012.Dobbiamo attenderci, quindi, un’invasione ancora più massiccia di turisti dagli occhi a mandorla - allettati dai nostri status symbol - che prossimamente caleranno in Italia e in tutto il Vecchio Continente per fare shopping di beni di lusso “a buon prezzo”. In proposito, la China Tourism Academy stima che i turisti cinesi nel mondo cresceranno da 83 milioni nel 2012 a 200 milioni nel 2020. Cari connazionali orafi, vogliamo proficuamente occuparcene (anche) noi?

Fiera di VicenzaMatteo Marzotto Presidente

Matteo Marzotto (1966) è il nuovo Presidente di Fiera Vicenza SpA. Il nome dell’imprenditore è stato indicato dall’Assemblea degli Azionisti pubblici della Fiera (Comune, Provincia e Camera di Commercio), che ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione della società. Confermati in Consiglio di Amministrazione Michele Amenduni e Renato Corrà, nominati dalla Provincia, mentre per il Comune sono stati designati Romano Cappellari ed Ester Furlan, e per la Camera di Commercio, oltre a Matteo Marzotto, Angela Peretto. Il settimo membro del Consiglio di Amministrazione, Stefano Stenta, è stato eletto dall’Assemblea fra una rosa di nominativi espressi

RinnovataalleanzaVicenza -Hong Kong

Fiera di Vicenza e Hong Kong Trade Development Council (HKTDC), tra i maggiori organizzatori di fiere orafe a livello mondiale, hanno rinnovato la loro partnership finalizzata a promuovere il design e l’innovazione della gioielleria internazionale nella edizione 2014 dell’Hong Kong International Jewellery Show (HKIJS).Si tratta di un’alleanza che getta le fondamenta di una cooperazione strategica tra i due enti, assecondando al meglio le esigenze delle aziende italiane, con particolare attenzione alla loro tecnologia all’avanguardia per la produzione di gioielli e all’attività di ricerca sui Mega Trend svolta dall’Osservatorio TRENDVISION Jewellery + Forecasting.In considerazione della leadership delle imprese italiane nella tecnologia per l’industria orafa, Fiera di Vicenza organizzerà per la prima volta il T-Gold International Pavilion durante il HKIJS di quest’anno per presentare le più innovative proposte e soluzioni high-tech made in Italy. Sarà inoltre rilanciata la Trend Area ideata e prodotta da TRENDVISION Jewellery + Forecasting. Benjamin Chau, Deputy Executive Director di HKTDC, ha spiegato: “La nostra collaborazione sarà ulteriormente amplificata dalla nuova organizzazione di “2 Shows 2 Venues” presso l’Hong Kong Jewellery Show nel 2014.Lo Show si dividerà in due manifestazioni presso due location in risposta all’impellente domanda di spazio espositivo: i prodotti di gioielleria finiti saranno esposti durante l’HKTDC Hong Kong International Jewellery Show (5-9 marzo) presso

dai soci non pubblici, esponenti delle categorie economiche e condiviso da Provincia e Comune di Vicenza. La nomina formale del Presidente è avvenuta lunedì 23 Dicembre in occasione del primo Consiglio di Amministrazione, garantendo piena continuità alla governance della società, anche in vista dell’appuntamento più importante dell’anno, VicenzaOro Winter, 18 /23 gennaio 2014. Con la nomina dell’imprenditore, un Marzotto torna alla guida della Fiera di Vicenza. Gaetano Marzotto, nonno di Matteo, nel 1948 è stato primo Presidente dell’ente fieristico di Vicenza, che mosse i primi passi come Fiera Campionaria Nazionale.

NOTIZIE DAL MONDO

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Quotazionepietre preziose:Nasdaq OMXnel 2014?

Dovrebbe essere lanciato a fine 2014 un innovativo indice borsistico dei diamanti - Nasdaq OMX - basato su regole precise e trasparenti per fornire al mercato un sistema di quotazione standard delle pietre preziose.Dietro l’iniziativa vi è la GemShares Global Investment, società americana con sede a Chicago che ha siglato un accordo con Nasdaq nell’ottica di costituire un punto di riferimento per gli investitori che vogliano differenziare i loro investimenti nell’ambito dei preziosi, senza puntare esclusivamente sull’oro. L’operazione è leggibile come un tentativo di conquistare nuove quote di mercato, alla luce del fatto che sinora i diamanti non hanno avuto la storia finanziaria e l’allure culturale dell’oro. Tra l’altro GemShares e il fondo IndexIQ vogliono lanciare i diamanti sintetici come beni d’investimento da personalizzare ad hoc.Staremo a vedere se andrà in porto l’idea di stabilizzare i prezzi delle gemme, come nei propositi di GemShares, che ha già ambiziosamente annunciato il debutto di altri indici speciali se l’esperimento sui diamanti dovesse essere coronato dal successo.

l’Hong Kong Convention and Exhibition Centre, mentre l’HKTDC Hong Kong International Diamond, Gem and Pearl Show (3-7 Marzo) rappresenterà una piattaforma commerciale specializzata per pietre sfuse e materie prime presso l’AsiaWorld-Expo”.Il consolidamento del rapporto tra Fiera di Vicenza e HKTDC è il risultato della vivace attività commerciale nel settore della gioielleria in essere tra Hong Kong e l’Italia. Il nostro Paese rappresenta il sesto maggior fornitore di gioielleria d’alto livello a Hong Kong nel 2012. Nei primi 6 mesi del 2013, il totale delle importazioni di gioielleria di qualità a Hong Kong proveniente dall’Italia è stato stimato in 257 milioni di euro, con una crescita del 12,6%, rispetto all’anno precedente.Si tratta dunque di una collaborazione molto importante (a cui si aggiunge anche la nuova partnership avviata da Fiera di Vicenza con l’Armenian Jewellery Association), dato che il futuro del gioiello italiano si gioca sempre più sullo scacchiere internazionale.

CIBJO e RJCinsieme perun businessresponsabile

CIBJO, la Confederazione Mondiale della Gioielleria, e il Responsible Jewellery Council (RJC), a cui aderiscono oltre 440 società in tutto il pianeta, hanno siglato recentemente a Londra un Memorandum of Understanding

(MOU), il cui scopo è di promuovere e rafforzare pratiche di business responsabili tra tutti i comparti della filiera del gioiello.Il documento, che registra la massima convergenza di interessi tra i due organismi internazionali, prevede l’impiego dei programmi formativi CSR (Customer Social Responsibility) messi a punto da CIBJO in collaborazione con le Nazioni Unite ed i programmi di certificazione della “chain of custody” sviluppati dal RJC.L’accordo riflette la comune volontà di cooperare strettamente al fine di consolidare l’impegno del mondo della gioielleria a migliorare i propri risultati nelle aree critiche dei diritti umani, del rispetto ambientale e sociale, dell’etica degli affari. Per vigilare sull’implementazione del memorandum è stato costituito un gruppo di lavoro ad hoc, guidato dall’italiano Gaetano Cavalieri, Presidente di CIBJO, e dall’inglese James Courage, Presidente di RJC. “I beneficiari di questo accordo devono essere tutti, dai produttori ai consumatori” ha affermato soddisfatto Cavalieri.

Dietro le quintedei grandidel gioiello

In un’avventura globetrotting tra Parigi, Roma, New York, Bali e Rio de Janeiro, solo per citare alcune “brillanti” mete, un innovativo documentario sulle grandi maison della gioielleria spalanca al pubblico le porte di un mondo segreto e favoloso. “Masters of dreams” va dietro le quinte di 13 aziende “iconiche” come Buccellati, Bulgari, Chaumet, Chopard, Graff, H. Stern, Boucheron, De Beers, per esplorare le storie, le ispirazioni, la sapienza artigianale che informano i loro patrimoni di creatività.I viaggi negli archivi disvelano 300 anni di straordinario design che continua a stimolare le loro collezioni contemporanee (esemplare la “hall of tiaras” di Chaumet), mentre i loro laboratori spiegano esattamente perché un pezzo di gioielleria può richiedere centinaia di ore ad un maestro orafo per realizzarlo. Il film indaga anche il mondo dei designer, con i loro caratteri originali e modi anti-conformisti, come il “bad boy” Stephen Webster che ha concepito una spilla-tattoo a forma di dragone del valore di oltre 500mila dollari.La pellicola è altresì ricca di aneddoti, come quello che vede protagonista Lucia Silvestri di Bulgari, la quale narra di come ha acquistato uno zaffiro da 165 carati incastonato poi in una collana da 10 milioni di dollari.Non mancano le interviste come quella a Ward Landrigan, CEO di Verdura (i cui gioielli hanno adornato le grazie di dame quali Coco Chanel, Katharine Hepburn, Marlene Dietrich), che racconta il modo rocambolesco in cui salvò una preziosissima perla (antica di 500 anni) di Liz Taylor dalle fauci di un cagnetto pechinese. “Masters of dreams”, diretto dai francesi Eric Ellena e Guillaume de Ginestel, costituisce dunque un’occasione davvero unica per avvicinare l’universo sconosciuto della gioielleria di lusso e per scoprirne gli affascinanti retroscena.

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Bridgmananche in italiano

È stato pubblicato da poco in Italia, per i tipi di Oldradeck (Milano), il fondamentale libro di Percy Williams Bridgman (1882-1961) scritto nel 1955: “Come stanno le cose” (a cura di Margherita Marcheselli). Ma chi era Bridgman? Un grande fisico statunitense, premio Nobel 1946 per i suoi studi sulle alte pressioni (300-400mila atmosfere), che ne fecero il pioniere nella produzione di diamanti e pietre di sintesi, consentendo anche ai colleghi di studiare il comportamento di sostanze in condizioni estreme, inimmaginabili prima di allora. Egli fu soprattutto un vero “diamante” del libero pensiero, un uomo di riflessioni profonde che accompagnò sempre la propria ricerca sperimentale con la rigorosa riflessione sulle effettive operazioni dello scienziato e sulle sue responsabilità politiche, senza mai sottrarsi alla discussione serrata con i contemporanei, in particolare con Einstein. Strenuo difensore della libertà di ricerca, si oppose alla proliferazione delle armi nucleari. Morì suicida, malato terminale di cancro, definendo indecente una società che costringe un uomo, a cui non resta altro che soffrire, a doversi dare la morte da sé.

Mark Cutifanialla presidenzadi De Beers

È il 55enne Mark Cutifani il nuovo Presidente di De Beers, prendendo il posto di Cynthia Carroll (dimessasi dopo solo un mese al vertice della celebre compagnia diamantifera). Cutifani, che è stato nominato anche direttore non esecutivo, in precedenza ha ricoperto il ruolo di Amministratore Delegato di Anglo American, azionista di maggioranza di De Beers con l’85% del capitale (il restante 15% è detenuto dal Governo del Botswana). Curiosi i destini di Cutifani e Carroll: anche in Anglo American Mark era arrivato a rimpiazzare Cynthia! Cutifani, australiano di origine, può vantare un quarantennio di esperienza nel settore minerario. Nato in Sudafrica, il gruppo De Beers è leader mondiale nel settore dei diamanti con 125 anni di storia alle spalle, svolgendo un’intensa attività estrattiva in Paesi come Botswana, Namibia, Canada, oltre che in Sudafrica, dando lavoro a quasi 23.000 persone. Oggi controlla il 35% della domanda mondiale di diamanti grezzi (una percentuale di gran lunga inferiore a quella che copriva fino all’inizio del terzo millennio, allorché ha varato la cosidddetta strategia del Supplier of Choice, rompendo la previa situazione di monopolio di fatto e dando in pratica il via libera ad una sorta di parziale liberalizzazione del mercato).

Giovani trasparenticome i diamanti

È stata chiamata “generazione di diamante”: si tratta dei giovani nati dopo il 1989 (quasi il 50% della popolazione mondiale), l’anno non solo della caduta del Muro di Berlino, ma anche dell’introduzione del world wide web, che ha aperto la via all’uso generalizzato di internet. Cos’hanno a che vedere questi ragazzi con la preziosa gemma? Le caratteristiche della trasparenza e dell’acutezza. In effetti la poetica formula è stata coniata dallo scrittore Douglas Coupland, già noto per aver creato l’espressione “generazione X” che tanto succeso ha goduto.La generazione di diamante è quella che ha imparato in fretta ad essere “pubblica” sui social media ed ha potuto accedere in modo diretto ed immediato ad ogni tipo di informazione.In riferimento a ciò, è anche nata una piattaforma internazionale online - 89plus.com - con l’obiettivo di mappare la generazione di innovativi e creativi nati dopo l’89, per coinvolgerli in varie iniziative artistiche e culturali su scala mondiale. Una sorta di incubatore, dunque, per valorizzare il talento giovanile e il nuovo paradigma che ha fondato un sistema di innovazioni geopolitiche e tecnologiche del tutto inedito.

Amsterdam:l’artigianatodei tagliatoripatrimonioUnesco

Un importante riconoscimento è giunto dall’UNESCO al comparto dei diamanti: la lavorazione artigianale delle gemme ad Amsterdam, capitale dei Paesi Bassi, è stata recentemente inserita nel patrimonio culturale intangibile dell’umanità.Nel cuore dell’Olanda, in effetti, sin dal ‘500 opera una comunità ebraica che ha avviato una florida attività di taglio dei diamanti, che nel tempo si è trasformata in una vera e propria tradizione storica, tuttora portata avanti degnamente (anche se in forma minore rispetto al passato). Per la cronaca, ad Amsterdam l’industria dei diamanti nacque verso il 1580-85 quando il trionfo della Spagna sui Paesi Bassi (che allora comprendevano anche l’attuale Belgio) indusse numerosi maestri tagliatori di Anversa, per sfuggire alla persecuzione religiosa spagnola, a riparare a nord, nelle regioni proclamatesi indipendenti: furono proprio questi esuli fiamminghi a fare di Amsterdam il nuovo centro mondiale dei diamanti.Fondatore del business nella città sull’Amstel è considerato l’ugonotto Willem Vermaet, abile tagliatore, che nel 1586 vi

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Attenti alleperle Conch trattate

L’Istituto Gemmologico Svizzero SSEF ha lanciato un allarme dopo aver identificato un trattamento finora sconosciuto delle perle di conchiglie come le Strombus Gigas, il quale corrode e danneggia in modo irreversibile la superficie di tali gemme. Pare che l’alterazione, le cui cause restano ignote (si sospetta un fenomeno di “degassing” del rivestimento artificiale eseguito con sostanze tipo resine), si presenti solo nel corso del tempo. In attesa di ulteriori indagini di laboratorio, sorge il problema di come il trade possa tutelarsi (e di conseguenza proteggere la clientela) da questo trattamento riconoscibile solo con strumentazione scientifica all’avanguardia. SSEF ha intanto fatto sapere di aver aggiunto il protocollo di prova alle proprie procedure di analisi standard e sui documenti descriverà queste perle come “Treated Conch Pearl”, con il supplemento di commento “Indications of surface coating. This coating is not stable and may deteriorate the conch surface in the course of time”.

si stabilì. Gli ebrei portoghesi, però, presero rapidamente il sopravvento, dedicandosi alla lavorazione delle gemme provenienti dai possedimenti coloniali.Di fatto, dopo Vermaet furono loro nel ‘600 ad innalzare Amsterdam al livello di massimo centro europeo per la lavorazione e il commercio dei diamanti. Nel 1864 la scoperta delle preziose pietre in Sudafrica fece della città il “baricentro” commerciale del mondo.Nel’800 poi furono gli ebrei askenaziti ad entrare nelle fabbriche di taglio, cosicché nel 1928 l’industria diamantifera di Amsterdam arrivava a contare 10mila occupati. La grande crisi degli anni Trenta non la risparmiò, ma non impedì che venisse organizzata, nel 1936, la prima esposizione diamantifera del mondo. Tuttavia la strada del declino era stata imboccata, resa irreversible dalla seconda guerra mondiale, durante la quale innumerevoli gemme sparirono e 2000 tagliatori ebrei furono deportati e uccisi in Germania. In questo modo Anversa potè riconquistare il primato nel settore, ma nonostante ciò, dal 1948 le esportazioni e le transazioni alla Borsa Diamanti di Amsterdam superano ogni anno le importazioni di circa 10 milioni di euro.

Da orafia gioiellieri

Quando nacque la specializzazione dei gioiellieri rispetto agli orafi veri e propri? Il matrimonio del Principe Cosimo de’ Medici con Louise d’Orléans, celebrato a Firenze nel Giugno 1661, fu un episodio di rilevanza capitale non solo per motivi storico-politico-economici, ma rappresentò anche un evento culturale di spicco, fungendo da vetrina per le nuove tendenze della corte fiorentina in fatto di moda e soprattutto di gioielli, all’insegna di un evidente passaggio dalla sfera di influenza spagnola a quella francese. In occasione di quelle nozze, in effetti, molti preziosi facenti parte del tesoro mediceo furono smontati o fusi per essere ricostruiti secondo lo stile “alla franzese”.La riprova è contenuta in un “Bilancio” custodito presso l’Archivio di Stato di Firenze, che elenca minuziosamente tutti i gioielli vecchi e nuovi, purtroppo andati perduti pressoché interamente. Per ben due anni decine di orafi, sia italiani sia stranieri, furono impegnati nell’opera di riassemblaggio dei pezzi affinché i raffinati ornamenti per la sposa e le altre dame di corte fossero pronti per il fatidico giorno degli sponsali.Fu proprio in questo periodo che ebbe inizio quel progressivo processo di differenziazione dei gioiellieri dagli orafi che poi si consoliderà pienamente nel XVIII secolo. Dalle fonti documentarie, ivi comprese le testimonianze iconografiche del tempo (dipinti e disegni), appare dominante il motivo del fiore come soggetto e la prevalenza del diamante e della perla come gemme utilizzate. Tra gli esemplari più curiosi si segnalano i cosiddetti “fiori da testa”, adatti per rifinire e sorreggere l’elaborata acconciatura femminile, nonché i gioielli da petto recanti miniature o piccoli ritratti o scatoline, impreziositi da pendenti di elevata caratura.

Perle:identificazione senza danno

In uno studio commissionato dal laboratorio gemmologico svizzero SSEF ad alcuni ricercatori, si è giunti alla scoperta di un rivoluzionario processo con il quale si può identificare l’origine delle perle (da dove provengono e quali specie di ostriche le hanno prodotte) senza danneggiare le gemme stesse. Il processo di identificazione si basa sull’estrazione del DNA dell’ostrica direttamente dalla perla impiegando una tecnica innovativa mini-invasiva che non altera il valore commerciale della preziosa sferetta. È chiaro che le implicazioni di un simile risultato saranno di grande portata per i gioiellieri e per i consumatori, dal momento che potranno finanche cambiare il modo con cui le perle vengono valutate e quotate sul mercato. Si prevede, in particolare, che ad essere interessate dalla nuova metodologia di analisi saranno soprattutto le perle Akoya e radiata, di maggior valore, che finora sono state tra le più soggette a tentativi di frode da parte di operatori senza scrupoli (ad esempio, perle coltivate di margaritifera e maxima sono state trattate e modificate per essere poi spacciate come perle naturali Basra). Il rivoluzionario processo di estrazione del DNA è stato ovviamente brevettato da SSEF, che gli ha dedicato due anni di intenso studio nel proprio centro di Basilea, ad opera di Laurent Cartier e di Joana Meyer (quest’ultima del Swiss Federal Institute of Technology Zurich - ETHZ).

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San Gennaroin trasfertaa Roma

Prosegue trionfalmente a Roma, sino al 16 Febbraio, la straordinaria mostra del tesoro di San Gennaro (“Il tesoro di Napoli. I capolavori del Museo di San Gennaro”, Palazzo Sciarra del Museo Fondazione Roma), dove si possono ammirare circa 70 opere - tra gioielli e oggetti sacri in oro, argento, pietre preziose (assicurati per 700 milioni di euro) - che mai prima d’ora avevano lasciato il capoluogo campano. Tra i pezzi più pregiati spicca la celebre collana, fabbricata nel 1679, con croci di zaffiri e smeraldi attaccate a catene d’oro, a cui sono stati aggiunti nel corso del tempo altri raffinati pendagli... come se i vari personaggi succedutisi sul trono partenopeo facessero a gara nell’ostentare la propria devozione al Santo Patrono (martirizzato nel 305 d.C, al tempo della grande persecuzione ordinata da Diocleziano). Fastosa oltre ogni limite è poi la mitra tempestata di smeraldi quadrati provenienti da miniere colombiane e di rubini incastonati in un tessuto aureo con disegni calligrafici a rilievo. E che dire della superba pisside donata nel 1831 da Ferdinando II di Borbone, in oro satinato, ornata di diamanti, smeraldi e rubini rarissimi? Parimenti, appaiono stupefacenti le sculture d’argento di sommi maestri artigiani sei-settecenteschi, tra cui troneggia l’Arcangelo San Michele a grandezza naturale con uno zaffiro sul petto, frutto della collaborazione di alcuni artisti tra i quali l’insigne Luca Giordano. Insomma, ognuno degli oggetti esposti racconta una storia, rivela metodi di lavoro, documenta emozioni e sentimenti umani (compresa la superstizione, oltre alla religiosità, nonché la volontà di ingraziarsi il favore popolare con omaggi al Santo più venerato dai Napoletani).

Etichettatura “made in”

Si è aperta il 25 Ottobre scorso la partita del “made in” in Consiglio UE, il passaggio più delicato per la bozza Tajani-Borg riguardante la sicurezza e l’indicazione d’origine obbligatoria per i prodotti non alimentari. L’Italia, da sempre favorevole al “made in”, ha dovuto fronteggiare i liberisti del Nord che tre anni fa fecero arenare il precedente testo nonostante il sì dell’Assemblea di Strasburgo. Nel frattempo però sono intervenuti importanti segnali che hanno aperto la porta all’approvazione europea. Prima di tutto il testo, modificato rispetto alla precedente bozza: allora il dossier prevedeva l’indicazione d’origine solo per i prodotti importati dai Paesi extra-europei, obbligo che agli occhi del WTO rischiava di costituire una barriera non doganale ingiustificata. Il nuovo testo, presentato dal commissario all’industria Antonio Tajani e dal commissario ai consumatori Tonio Borg (ora sostituito dal croato Neven Mimica), prevede un pacchetto di due regolamenti e una serie di 20 azioni per aumentare la sicurezza dei prodotti e la sorveglianza del mercato, tra cui l’articolo 7 relativo all’indicazione d’origine dei prodotti. Nel dettaglio, tutti i prodotti immessi sul mercato europeo, sia di

I vincitori delCirio Award 2012/2013

Sono l’argentina Patricia Posada Mac Niles, il savonese Alessandro Fiori e la torinese Carlotta Dasso i giovani vincitori del Concorso internazionale di merito “Enrico Cirio Talent Award” 2012/2013 che la nota casa di alta gioielleria, fondata dal grande maestro orafo Enrico Cirio, ha proposto a 6 anni dalla sua scomparsa, in collaborazione con il Laboratorio di Analisi Gemmologiche R.A.G.. La designer di Buenos Aires si è aggiudicata il primo premio della sezione ‘Designer’ con la spilla in oro, argento, diamanti e zaffiri intitolata “L’Agguato”, che ben rappresenta il tema del Concorso di quest’anno (“Animalia”): l’opera infatti vede protagonisti un gatto e una farfalla, “aggrappati” ad un corallo. Alessandro Fiori e Carlotta Dasso, entrambi studenti dell’Istituto Europeo di Design di Torino, hanno invece conquistato il primo premio nella sezione “Young”, proponendo l’anello in oro giallo e diamanti “Prova a Prendermi”, un modello dalla sofisticata progettazione che trae ispirazione dai fondali marini: in esso una tenera pesciolina avvolge i suoi piccoli in un abbraccio. Cirio Maison ha rilevato con soddisfazione un crescente numero di partecipanti stranieri al concorso, a dimostrazione del crescente interesse a livello internazionale per iniziative di questo genere che valorizzano i giovani talenti. Nel rinnovare l’appuntamento all’anno scolastico 2013/2014, “Enrico Cirio Talent Award” dà prova di voler continuare a guardare al futuro, alla ricerca di nuovi professionisti che possano regalare creatività rinnovata al settore della gioielleria.

Lusso sempre più su

Nel 2014 i consumi di lusso lieviteranno maggiormente rispetto al 2013, secondo i dati forniti da Consensus Altagamma 2014, realizzato da Fondazione Altagamma con il contributo dei maggiori analisti internazionali specializzati nel settore. Gli accessori in pelle sono la categoria in crescita più significativa (+7%), seguiti da gioielli e orologi (+6%),

provenienza extra-UE sia UE, dovranno avere un’etichetta che ne indichi l’origine. Per quelli prodotti fuori dall’UE, dovrà essere indicato “made in” più il nome del Paese terzo, mentre per quelli prodotti nei 28 potrà essere indicato alternativamente “made in UE” o “made in” e il nome dello Stato membro. Nel caso in cui più Paesi siano interessati alla manifattura di un oggetto, il nome da indicare deve essere quello del Paese in cui è avvenuta la lavorazione più rilevante. E poi le tempistiche: dalla presentazione del testo (13 Febbraio 2013) al primo ok dell’Europarlamento sono passati poco più di otto mesi. L’obiettivo degli europarlamentari pro-regolamento è quello di rafforzare l’asse a favore del “made in” che già vede Francia e Italia alleate della Germania, per giungere ad un accordo in Consiglio prima del voto in aula in Parlamento (entro questa primavera e le elezioni europee in Maggio).

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Abbasso i dazi

Una buona notizia dall’UE per i gioielli italiani in termini di “difesa commerciale” sull’import da Paesi extra-comuntari. Infatti a partire dal 2014 cambieranno, in senso restrittivo, le modalità di inserimento dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo nell’elenco del Sistema di Preferenze Generalizzate (un meccanismo di riduzione o esenzione tariffaria applicato unilateralmente dall’UE a favore di alcune merci importate da Paesi in via di sviluppo).Avendo le Autorità europee riconosciuto (finalmente) che certi Paesi non sono più da anni “in via di sviluppo”, bensì vere e proprie potenze industriali, hanno avviato un processo di revisione che dall’inizio di quest’anno porta i seguenti effetti:• gli attuali 176Paesi SPG sono ridotti a 80, eliminando lepreferenze tariffarie sulle importazioni in UE provenienti da Stati come Brasile, Argentina e Russia;• tragli80PaesicheancorabeneficerannodellostrumentoSPG la Commissione UE ha già anticipato che la Cina verrà esclusa a partire dal Gennaio 2015, la Thailandia nel corso del 2015 e l’India nel 2014/2015 vedrà un terzo delle voci doganali estromesse dal regime preferenziale;• la “penalizzazione” consisterà nella perdita del regimepreferenziale e l’adozione del dazio “standard” pari al 2,5%.Federorafi in particolare plaude a questa, seppur tardiva, presa di coscienza della realtà da parte dell’Europa, anche se sono ancora aperte le questioni degli altri Paesi considerati in via di sviluppo, ma forti produttori di gioielleria che restano inseriti nell’elenco SPG, delle possibili triangolazioni che alcuni Paesi Extra UE cercheranno di adottare per importare da noi le proprie merci attraverso Paesi che godranno ancora dei regimi preferenziali (Pakistan, Vietnam, ecc.) nonchè della mancanza di reciprocità tra i dazi UE e quelli delle altre aree mondiali.Di tali nodi la Commissione UE è parsa ben consapevole, garantendo un costante monitoraggio ed il massimo sforzo tramite le trattative di libero scambio già avviate.

Addio aGianniRoggini

Ci ha improvvisamente lasciati il “grande” Gianni Roggini, giornalista di razza che al settore orafo ha dato tanto in termini di informazione, educazione, saggezza e intelligenza.I suoi fulminanti editoriali illuminavano le nostre menti ottenebrate dalla contingenza quotidiana, la sua acutezza e perspicacia ci aiutavano a bucare il “velo di Maia” per vedere oltre, per capire come stavano le cose e raddrizzarle. Grande amico di Federpietre e di questo giornale, che aveva tenuto a battesimo, Gianni Roggini resterà per noi un “monumento” di professionalità e umanità. Affermare che ci mancherà non è solo un modo di dire.Senese di origine, Roggini si è sempre occupato di comunicazione, collaborando con varie industrie ed enti di prestigio, sino a fondare nel 1986 lo Studio EffeErre in società con Annalisa Fontana. È stato anche direttore responsabile dell’”Orafo Italiano” per 16 anni. Ai familiari e a tutti quelli che gli hanno voluto bene vadano le condoglianze più sincere di tutta Federpietre.

Poveriorafi

Papa Francesco è senza dubbio un grande pontefice, che sa parlare a tutti in modo semplice e profondo, toccando la mente e il cuore anche di chi non crede. Comunque il suo appassionato appello per una Chiesa umile che torni alla povertà delle origini, di cui lui stesso ha dato l’esempio rinunciando a tanti privilegi e onori, ha prodotto qualche effetto non proprio positivo sulle botteghe orafe romane tradizionali fornitrici della Santa Sede, soprattutto quelle di Borgo Pio nei pressi di San Pietro. Di fatto, dopo che Papa Bergoglio ha rifiutato la croce pettorale d’oro, scegliendo di continuare ad indossare sulla talare bianca il crocifisso in ferro battuto che portava a Buenos Aires, è cresciuto il numero dei cardinali e dei vescovi che declinano le croci in metalli preziosi e gemme (amate invece da Papa Ratzinger).Ricordiamo, tra l’altro, che Papa Francesco aveva già detto no all’anello del pescatore in oro, simbolo del ministero petrino, preferendolo in argento. In particolare la sua scelta era caduta su quello d’argento dorato recante l’immagine di San Pietro con le chiavi realizzato da Enrico Manfrini per Paolo VI (conservato dall’allora suo segretario monsignor Macchi e poi da monsignor Malnati). W il Papa, ma poveri orafi!

abbigliamento (+5%), fragranze e cosmetici (+4%) e infine art de la table (+1%). A livello geografico, il mercato asiatico riprenderà velocità e crescerà del 10%, così come il Medio Oriente. Buone performance anche per il Nord America, con un rialzo previsto del 5% (definito “la Cina degli ultimi due anni”), e finalmente per l’Europa, su cui gli analisti hanno scommesso e per cui attendono una crescita del 4%. Per il Giappone Consensus stima un aumento del 2%, mentre l’America Latina e l’area “resto del mondo” dovrebbero crescere rispettivamente del 7% e del 10%. L’indice medio di redditività (Ebitda) delle imprese del settore vedrà un incremento dell’8% rispetto al 2012. Nel 2014, infine, i rapporti di cambio continueranno ad avere un effetto non positivo sull’andamento del business, in quanto l’euro è stimato più forte rispetto alle principali valute internazionali. Invece, in base ad un’elaborazione di Intesa Sanpaolo e Prometeia, il fatturato del sistema moda italiano è in calo a fine 2013 dell’1,7% (scendendo a quota 77,095 miliardi di euro), ma nel 2014 è previsto un rimbalzo dell’1,4% a 78,143 miliardi. Pari e patta. Con queste cifre, il sistema moda è comunque saldamente al terzo posto tra i settori manifatturieri (al primo posto c’è l’alimentare con 124,411 miliardi, seguito dalla meccanica con 102,074). Nel confronto con il 2007, però, molto è cambiato: la meccanica era in testa con 125,929 miliardi, al secondo posto c’erano alimentari e bevande con 109,528, poi i prodotti in metallo con 95,279 e al quarto posto il sistema moda con 85,874.

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Il comportamento etico cominciae finisce con chi è al verticedi una società o di un ente.

Così parlòBOYAJIAN

di Sonia Sbolzani

Con una carriera lunga 35 anni alle spalle, di cui 20 vissuti nel prestigioso ruolo di Presidente del Gemological Institute of America (GIA), Bill Boyajian è uno dei personaggi più autorevoli e influenti nel panorama del settore del gioiello a livello mondiale. Attualmente svolge attività di consulenza aziendale, scrive libri, tiene discorsi, si occupa di formazione manageriale; insomma, è ancora ben addentro al business e pieno di vitalità… nonché di tanti consigli da dispensare agli operatori orafi, italiani compresi. Eccone alcuni in questa intervista a tutto campo che ci ha rilasciato.

Grazie al Kimberley Process, il settore diamantifero sembra entrato in una nuova era. Con quali conseguenze per gli operatori e per i consumatori?Il settore ha fatto un ottimo lavoro collaborando con vari Governi in tutto il mondo, ma anche condividendo gli sforzi della società civile e delle organizzazioni non governative per superare la sfida dei “diamanti di guerra”. Ora, mentre gli operatori devono restare vigili nella lotta contro questo fenomeno, i consumatori oggi possono sentirsi certi che i diamanti acquistati non sono macchiati di sangue!

È piuttosto diffusa la convinzione che il nostro business difetti di trasparenza.È così, secondo Lei?Stanno cambiando le cose?In ambito commerciale c’è sicuramente più cultura, formazione e informazione e, di conseguenza, non esiste alcuna scusa per la mancanza di appropriata trasparenza. Tuttavia, è sorprendente che sussista ancora qualche criticità nel rapporto con i consumatori.

L’etica sta acquistando sempre più importanza nel settore. Che consigli dà ai nostri operatori che vogliono migliorare le loro strategie in questo senso?

Il comportamento etico comincia e finisce con chi è al vertice di una società o di un ente. L’etica è assolutamente indispensabile per fare affari. Nell’epoca dell’apertura e della trasparenza, pratiche corrette di business sono di importanza cruciale per ciascuno di noi sia a livello di trade sia nelle relazioni con i consumatori.

Molte aziende orafe sono attratte dalla sfida dell’integrazione verticale. Quali sono i costi e i benefici di tale politica?La disponibilità di informazioni da parte dei consumatori tramite

Bill Boyajian

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Parliamo dei nostri mercati maturi. Come possiamo rivitalizzarli sul fronte del consumo, crisi a parte?Uno dei modi migliori per stimolare l’attività in un mercato maturo è una politica di marketing aggressiva e, più specificamente, una politica di branding per prodotti e servizi. Sento spesso gli operatori americani lamentarsi della scarsa crescita del mercato, ma essi dimenticano che gli USA da soli acquistano il 35% di tutti i gioielli ogni anno!

Lei pensa che il settore dei diamanti e dei gioielli sia disciplinato in modo adeguato? Quali norme sarebbero necessarie per assicurare una regolamentazione efficace a supporto del business?Il nostro settore potrebbe beneficiare di un rafforzamento normativo, ma non sono a favore di una regolamentazione statale non indispensabile. Mi piacerebbe vedere le associazioni di categoria deputate alla vigilanza impegnarsi di più nel far rispettare adeguatamente le leggi vigenti.

Riguardo ai dettaglianti, quali sono gli errori più gravi che commettono davanti ai clienti? Quali consigli offre loro?A differenza di chi vende in internet, i dettaglianti che vendono in negozi, dove i clienti possono fisicamente vedere ed acquistare i prodotti, stentano a fare gli utili sui diamanti e sui gioielli. Un altro errore che essi commettono è quello di non vendere i prodotti stoccati in magazzino; al contrario, tentano di

suscitare ordini speciali, perdendo molto tempo e non facendo niente per eliminare le giacenze.

Quali sono i maggiori problemi che i laboratori gemmologici devono affrontare al giorno d’oggi? I laboratori gemmologici difendono i consumatori dal rischio di acquistare pietre preziose senza le debite informazioni. Quindi i consumatori, che altrimenti non potrebbero riconoscere le differenze, sono protetti contro l’acquisto di materiali sintetici e trattati. Di fatto la principale sfida per i laboratori è sempre più quella di assicurare la corretta trasparenza nel mercato, affrontando nel bene e nel male tutte le innovazioni che la scienza e l’industria propongono, specialmente nell’ambito dei prodotti di sintesi e di quelli sottoposti a trattamenti. Servono competenze e macchine sempre più sofisticate.

Un’altra questione grave è rappresentata dal fatto che laboratori diversi talvolta classificano in modo differente le gemme, in particolare per quanto concerne il colore e la purezza. Come si può risolvere una problematica simile?I laboratori dovrebbero lavorare con la massima cura e la massima coerenza a certi standard. Malauguratamente alcuni “deviano” dagli standard riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale. Bisognerebbe istituire un ente autorevole che abbia il potere di estromettere dal mercato i laboratori incompetenti o che frodano il pubblico. Questo è davvero un grosso problema.

Quali sono gli strumenti giusti per “Sviluppare la mente di un leader”, come recita il titolo di un Suo libro (“Developing the Mind of a Leader”)?Per potenziare la mente di un leader, uno deve

darsi degli obiettivi e dei parametri di riferimento nella vita e nel lavoro. Un leader deve essere ambizioso per motivi giusti e generoso nei confronti delle persone su cui esercita la sua leadership. Deve saper gratificare quanti lavorano per lui, assumersi la responsabilità di ciò che va male, e trovare il corretto equilibrio tra l’umiltà personale e la forza di volontà professionale.

Come consulente/coach che percorso segue per guidare e ispirare le persone? Ho sempre cercato di rispettare quelle che chiamo le 6 C della leadership: carattere, carisma, coraggio, comunicazione, credibilità, cura. Senza carattere non puoi guidare gli altri con onestà. Senza carisma non puoi attrarre persone di qualità. Senza coraggio non puoi resistere fino in fondo con determinazione e perseveranza. Senza una buona comunicazione non puoi trasmettere in modo adeguato i tuoi pensieri o ascoltare con attenzione gli altri. Senza credibilità non sarai affidabile e la gente non ti rispetterà. E senza cura non puoi esprimere sincerità di cuore.

Secondo Lei, quali sono le più grandi opportunità per la gioielleria italiana in futuro?La gioielleria italiana ha il design più raffinato del mondo. Il vostro settore orafo deve continuare a promuovere la bellezza, l’eleganza e la cultura della sua tradizione artigianale. Nessun altro Paese può competere con la storia e l’eredità della grande gioielleria italiana!

« Il comparto delle pietre di colore potrebbe trarre vantaggio dall’investimentodi player di maggiori dimensioni. »

« Mi piacerebbevedere le associazionidi categoria deputate alla vigilanza impegnarsi di più nel far rispettare adeguatamentele leggi vigenti. »

internet ha compresso la filiera tradizionale e spinto verso il basso i margini di profitto. In ogni comparto le aziende stanno cercando i modi per “spremere” più utili dalle loro attività. I principali operatori del dettaglio si sforzano di avvicinarsi alle fonti primarie di approvvigionamento dei diamanti, così come i designer di gioielli ed i fabbricanti si stanno trasformando in dettaglianti. Si registra un’enorme curva di apprendimento (economie di scala, n.d.r.) per ogni azienda quando questa prova ad accedere ad un altro livello della catena commerciale. Comunque i costi possono essere notevoli e non sempre si traducono in profitti. Quelli, però, che sono abbastanza in gamba per provare e per aggiudicarsi le risorse giuste alla fine trionferanno.

Quali sono gli anelli più deboli della filiera, secondo Lei?Adoro le pietre di colore, ma ho sempre avvertito che, malgrado gli sforzi della International Colored Gemstone Association (ICA) e della American Gem Traders Association (AGTA), questo comparto potrebbe trarre vantaggio dall’investimento di player di maggiori dimensioni, che potrebbero rafforzare il settore in generale.

In che modo un’impresa può affrontare con successo i nuovi redditizi mercati? Che cosa suggerisce in particolare?I mercati emergenti di Brasile, Russia, Cina e India rappresentano il futuro dello sviluppo internazionale e un’opportunità per il nostro settore. Ogni azienda deve organizzarsi e assumere decisioni strategiche intelligenti riguardo agli investimenti in questi mercati. Può essere saggio focalizzarsi prioritariamente su di essi e mettere in campo risorse che consentano di concentrare gli sforzi su un Paese alla volta.

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Gioielli oSUCCEDANEI?

di Anna Fiorelli*

Claudio Franchi, proposto da Federpietre Informa dello scorso Settembre, analizza le indicazioni dell’annuale studio Confindustria/Prometeia, prevedendo un incremento delle esportazioni nei mercati emergenti per i beni di fascia medio-alta (tra cui l’oreficeria - gioielleria italiana), purché si caratterizzino come “prodotti belli e benfatti.” Leggerlo è stato per me di grande stimolo per una riflessione sul gioiello e sui suoi valori culturali e sociali, anche se in una visione diversa. Trovo infatti importante oggi osservare l’evoluzione che questo termine ha subito nella cultura e nell’immaginario collettivo italiano negli ultimi cinquant’anni.Se tracciamo, infatti, una veloce analisi del contesto sociale ed economico dell’Italia del secondo dopoguerra è evidente che un primo cambio di paradigma rispetto alla fruizione del gioiello avviene negli anni ’60, nel periodo del “boom economico” in cui abbiamo una vera e propria

democratizzazione del gioiello, che ancora ricopre i valori semantici storici: quelli stessi che ritroviamo oggi nei Paesi emergenti, indicati perfettamente da France Borel che definisce l’ornamento “l’essenziale che sottolinea l’età della vita… partecipando attivamente al grande ciclo dell’esistenza.”

La forte valenza comunicativa e relazionale del gioiello si è codificata nei secoli in linguaggi, veri e propri sistemi di comunicazione, esprimendo funzioni sempre diverse, tanto che ogni epoca ne ha inventato o re-inventato finalità specifiche con precise funzioni sociali ed estetiche, connessioni con il sacro e con la sfera del piacere, della memoria e del collezionismo.

A questa prima fase che arriva, con alterne vicende, fino alla fine degli anni ‘80 segue, con gli anni ’90, un altro importante cambio di paradigma, che riporta progressivamente e lentamente il gioiello verso una fruizione più d’élite e

parallelamente ad un suo cambiamento semantico.

Se nel ventennio ‘60-‘80 il gioiello, come abbiamo visto, permane nell’immaginario collettivo con il significato di oggetto prezioso, anche in senso monetario ed unico tale da possedere il valore di essere insostituibile (sommando in sé l’eccellenza del fare e dei materiali preziosi), dagli anni ‘90, prima con il minimalismo (legato all’inizio di quella crisi economica mondiale che evolverà in quella attuale) e poi con l’imporsi della postmodernità, il gioiello recepisce la funzione fondamentale di “comunicazione del sé”, dell’identità personale definendo il gusto e lo stile di chi lo indossa. L’ornamento, pur mantenendo un proprio carattere diventa un oggetto di completamento, un accessorio, costruendo insieme all’abito l’identità estetica della persona, scrivendo storie sul corpo e narrandole per mezzo di esso. Così come fortifica il ruolo di memoria, di rafforzamento delle relazioni affettive attraverso un consumo condiviso, entrando appieno in quella condizione di possibile convivialità tipica del linguaggio postmoderno. La parola “gioiello” acquisisce valenze diverse da quelli assoluti che l’hanno caratterizzata per secoli, assumendo valori fluidi, sfrangiati ed indistinti: tutto è gioiello, il bijou fashion, il gioiello di design dai materiali più vari, il gioiello d’arte e, infine, il gioiello prezioso, che inizia qui un suo lento ma inesorabile declino, portando il consumatore ad una progressiva disaffezione per questo bene che sembra non rientrare più negli “oggetti del desiderio,” pur mantenendo una presenza costante in alcuni, rari, momenti fondamentali della vita: il fidanzamento, il matrimonio (i gioielli per la sposa-orecchini

e pendente), gli anniversari, la nascita. Disaffezione che oggi si concentra prevalentemente nelle fasce sociali medie e medio-basse, fra le giovani donne maggiormente colpite dalla crisi economica. Non tocca invece le classi alte sempre più ricche, paradossalmente rafforzate dalla crisi economica proprio nel loro potere d’acquisto, che continuano a vedere nel gioiello i valori di status e di investimento. A questo cambiamento nei consumi non sono certamente estranei i nuovi competitors: tecnologia, cosmesi, i nuovi feticci del femminile, scarpe e borse. Parallelamente il continuo incremento dell’utilizzo dei segni archetipi legati nell’immaginario al gioiello prezioso (quali l’oro, i diamanti o forme tipologiche) nelle pubblicità più disparate, sottrae al “gioiello” magia, unicità e soprattutto il suo potere valoriale.Ed ancora il fenomeno della vendita dell’oro vecchio, il proliferare dei “compro oro”, che hanno portato l’Italia ai primi posti come esportatore del metallo prezioso, rileva sia il recupero del suo valore di scambio, tipico dei momenti di crisi, ma anche l’inversione di quella tendenza che ha visto fino ad oggi, nell’oro vecchio familiare, un tesoretto da riutilizzare per permute o da dare all’orafo per realizzare nuovi oggetti. Purtroppo a tutto questo oggi dobbiamo aggiungere un fenomeno di confusione da articoli in vendita in gioielleria, presentati come “prodotti orafi”.Questi oggetti, che possiamo definire “succedanei dell’oreficeria,” non brillano certo di originalità. Realizzati con tecniche seriali da aziende orafe che per superare la crisi hanno abbandonato l’oro (almeno nella produzione per il mercato interno) per riconvertirsi all’impiego di materiali poveri (bronzo

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SEDE DI MILANOCORSO SULLE GEMME DI COLORE 1° LIVELLO (3 moduli 90 ore) 13 gennaio 2014CORSO SUL DIAMANTE (4 moduli - 120 ore totali) 27 gennaio 2014CORSO INFORMATIVO TEORICO E PRATICO DI STIMA DI GIOIELLI (3 giorni -18 ore totali) 17 febbraio 2014CORSO DI INFILATURA E LEGATURA DI PERLE E PIETRE DURE(1 modulo - 30 ore totali) 03 marzo 2014CORSO SULLE PERLE (1 modulo - 30 ore totali) 17 marzo 2014

SEDE FORMATIVA DI ROMACORSO SUL DIAMANTE (4 moduli - 120 ore totali) 20 gennaio 2014

C/O CENTRO ORAFO IL TARI’CORSO SULLE GEMME DI COLORE 1° LIVELLO (3 moduli - 90 ore) 17 febbraio 2014

NUOVA SEDE FORMATIVA A CATANIACORSO SULLE PERLE (1 modulo - 30 ore totali) 3 febbraio 2014CORSO SUL DIAMANTE (4 moduli - 120 ore totali) 10 marzo 2013

VALENZA, in programmazione

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Come sempre, l’Istituto Gemmologico Italiano è il punto d’ incontro della Gemmologia.La formazione gemmologica, ormai strategica per ora� , è il cuore dell’attività IGI:

ecco il calendario per i prossimi mesi con numerosi corsi da non perdere!

e ottone dorati, acciaio, argento, pietre sintetiche o semipreziose, porcellana, strass, cristalli…), magnificati dai venditori per la qualità dell’esecuzione (spesso ricca di interventi di smaltatura o laser), possono sembrare “preziosi” secondo una logica del “vero-falso.” Come definirli? Sarebbe più esatto chiamarli bijoux (ne hanno tutte le caratteristiche) che non gioielli, termine con cui vengono proposti all’acquirente determinando un’ulteriore fluidificazione dell’aspetto valoriale di questa categoria.

Le strade per invertire la progressiva disaffezione verso il gioiello non sono molte e debbono puntare sia sul prodotto sia sulle strategie di comunicazione. Per quanto riguarda il primo sono le aziende che debbono tornare

a credere sull’esistenza di un mercato interno in grado di saper scegliere la qualità. In fondo già nel 2009 Francesco Morace, nel briefing di Gold Espressions, indicava alcune soluzioni ancora oggi percorribili quali la qualità reale del progetto, il dare valore alle pratiche, ai processi e alle cose ben fatte. Il consumatore, allora come oggi, desidera acquistare esperienze eccellenti e non più cose in sé poiché la crisi attuale ha mostrato la debolezza di un modello di acquisto dalla fruizione veloce. Quindi è fondamentale ridefinire le categorie dei prodotti preziosi inerenti alla sfera dell’ornamento e ricominciare a credere nel virtuosismo creativo e nell’artigianalità che sempre ci hanno contraddistinto, tornando ad innovare in ricerca e sperimentazione sia

formale che tecnica.

Ma tutto questo non basta ad attivare un vero salto di paradigma. È fondamentale non lasciare sole le aziende recuperando per il settore una leadership forte in grado di comunicare e trasmettere la “cultura del gioiello” (riscoprire il passato per renderlo contemporaneo) con una comunicazione di sistema tale da poterlo reintrodurre nell’immaginario collettivo.Per farlo occorre superare le strategie dell’emergenza, puntare su un progetto di lunga durata, creare alleanze con i media, con il contesto delle riviste femminili e degli operatori della moda, con i Beni Culturali e con la scuola.

È infine pericoloso confondere visibilità e immagine soprattutto in un settore come quello

dell’oreficeria, spesso rappresentato dai media secondo luoghi comuni infondati o stantii.Sempre più il mondo dell’oreficeria ha necessità di ridefinire la propria immagine attraverso nuove idee che siano prodotto della propria antica cultura.

*Laureata in storia dell’arte a La Sapienza di Roma, ha studiato e praticato modellazione orafa, gemmologia all’IGI, taglio pietre di colore a Idar Oberstein. È stata Art Director della Divisione Gioielleria di Intermetal e dal 1995 al 2006 ha lavorato allo IED di Roma prima come insegnante e poi guidando il Dipartimento di Design del Gioiello e la Scuola di Moda. Gli ultimi anni la vedono impegnata nella formazione professionale di ragazzi diversamente abili, detenuti, giovani in situazioni di disagio. Sta scrivendo una “Storia del Gioiello Italiano” per il CNR.

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di diamanti) hanno voluto guadagnare efficienza integrando all’interno della propria attività più passaggi intermedi per garantirsi una sostanziale redditività. Se vent’anni fa erano almeno sette gli steps tra produttori di grezzo e dettaglianti, le figure mediane si sono poi “ristrette” fino a scomparire, a causa della progressiva presa di controllo della pipeline da parte degli operatori a monte, che si sono spinti sempre più in là fino a raggiungere il mercato del consumo finale.

Così i manufacturers, dopo aver “divorato” il commercio all’ingrosso, sono diventati gioiellieri ed ora sono nella paradossale condizione di finanziare la filiera alle due estremità: a favore sia dei produttori di diamanti grezzi sia dei dettaglianti, i cui margini sono lievitati.Fatto sta che lo streamlining, ovvero lo snellimento della catena produttiva e commerciale, non ha migliorato affatto i guadagni dei manufacturers. Anzi, diciamo pure che li ha beffardamente ridotti a zero. Di questo passo, dunque, essi finiranno per “tagliare la testa” anche a se stessi... quasi fossero delle mitologiche “Meduse” il cui sguardo impietrisce. Ma se spariranno loro, saranno soprattutto le società minerarie a soffrirne.

È evidente che chi lavora con i diamanti non può continuare a perseguire l’efficienza per tale via. La competizione non è più tra un diamantaio ed un altro, ma tra il diamantaio e

il commerciante di gemme di colore, quello di perle e persino quello di diamanti sintetici. In sostanza la “lotta” di ciascuno è per lo spazio ottenibile nelle vetrine delle gioiellerie.Forse gli altri riescono ad offrire ai dettaglianti il loro merchandise a prezzi migliori e condizioni più favorevoli, grazie ai lauti margini conseguiti negli ultimi anni. I diamantai no.E così, nel giro di pochi lustri, la quota della gioielleria con diamanti crollerà a picco. E ciò avverrà tanto più rapidamente quanto più numerose saranno le alternative offerte dai negozianti ai clienti, ovvero quanto più intensa sarà la competizione fra dealers. I dettaglianti, dal canto loro, avranno buoni motivi per preferire categorie di gemme diverse che assicurano guadagni maggiori: la bottom line, come noto, è quella su cui per primi si posano gli occhi di chi vende.

“I dettaglianti sono stanchi delle nostre continue lamentele e del nostro piagnucolare quando diciamo che dobbiamo aumentare i prezzi, mentre chi fornisce loro le pietre sintetiche gliele offre “on memo”, senza formalità, e promette pure un profitto più elevato” spiega Moti Ganz.

Un diamante grezzo di per sé ha poco valore, a ben vedere. Acquista un interesse commerciale esclusivamente quando viene tagliato. Solo chi lo lavora tagliandolo ed eventualmente incastonandolo in un gioiello

sa cos’ha in mano e cosa può “tirar fuori” da una pietra grezza. Dunque potrebbe argomentare: “Se io voglio acquistare i diamanti grezzi che tu estrattore vuoi vendere, devo averli su una base equa, in assortimenti continui e consistenti. Solo allora sarò in grado di impegnarmi con i distributori con cui collaboro e adeguarmi ai loro programmi. E solo allora potrò confermarti che il tuo grezzo vale qualcosa agli occhi di chi compra il tagliato, lungo la filiera che scende a valle fino al consumatore finale”.In pratica i manufacturers non possono continuare ad acquistare diamanti grezzi in perdita. Produttori di grezzo e industria del diamante complessiva sono sulla medesima barca, per cui tutti devono volere un mercato stabile e regolare.Chi estrae vuole assicurarsi che qualcuno comprerà il suo grezzo; collabora con i governi e le popolazioni dei territori minerari; deve soddisfare i suoi obiettivi di vendita, altrimenti non ha ragione di esistere.Così i produttori hanno il dovere e la necessità di sostenere i tagliatori ed i fabbricanti di gioielli, garantendo forniture di grezzo che consentano loro di adempiere agli impegni assunti con i clienti.Speriamo, dunque, che tutti gli operatori della filiera diamantifera imparino la lezione… e che finalmente comprendano pure quanto gioverebbe all’intero settore una campagna di comunicazione ben fatta. Ma questa è un’altra storia.

Una partitaIN CUI PERDONO (o vincono) TUTTI

di Sonia SbolzaniSE POSSIBILE TOGLIERE 4/5 RIGHE

Riconoscere i propri errori è sempre un atto positivo, che denota la voglia di ripartire con piglio costruttivo, senza più commettere sbagli. Nel settore diamantifero, negli ultimi anni, qualcuno forse ha osato troppo, in nome di rutilanti strategie di business, che come un boomerang gli si sono poi ritorte contro.

Non molto tempo fa, in effetti, avevamo scritto un articolo in cui si stigmatizzava la compressione della filiera con la conseguente scomparsa di varie figure professionali intermedie che fino ad allora avevano assicurato un livello di servizio e attività ottimali per l’intero comparto.Di recente al 35° World Diamond Congress di Mumbai, il Presidente dell’International Diamond Manufacturers Association (IDMA) Moti Ganz al termine del suo mandato ha recitato un mea culpa collettivo, facendo un inusitato outing: “Gli odierni margini di profitto dei produttori di diamanti grezzi equivalgono alle loro perdite di domani”.Cosa è successo dunque?I manufacturers (ovvero i grandi tagliatori/politori

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Per buona parte del XX secolo essere “cool” significava poter disporre delle innovazioni tecnologiche più all’avanguardia in vari campi; poi, quando la produzione di massa rese disponibili ad un vasto pubblico oggetti standardizzati, associandoli all’idea di modernità, progresso, industria, si affermò un nuovo concetto di “cool” legato all’artigianalità, al patrimonio ereditario, alla personalizzazione. Non si trattava ovviamente di un artigianato ripreso pari pari dal passato, ma di una metodologia professionale fondata sull’eccellenza del design, delle materie prime, della tecnica professionale, dell’aggiornamento tecnologico continuo. Nasceva così la moderna industria del lusso come oggi la conosciamo.

La fortuna di questa concezione - in particolare l’idea di vendere esclusività a migliaia di persone - crea comunque un inevitabile paradosso: come si fa ad essere “cool” ed esclusivi quando si ha sempre più successo e si raggiunge sempre più gente?In un primo tempo ciò non venne visto come un problema; poi l’esperienza di Pierre Cardin fece

riflettere gli addetti ai lavori. Furono inventati molti stratagemmi per prolungare nel tempo l’effetto “cool”: diversificazione del marchio (stilisti italiani, a cominciare da Armani), stretto controllo della distribuzione (Louis Vuitton), riposizionamento della marca e aumenti di prezzo (Burberry), vendita iper-selettiva (Hermès). Ma nessuno di questi sistemi è perfetto e, alla lunga, nessuno funziona.

La questione è che le barriere all’entrata nel settore del lusso sono prevalentemente nelle cosiddette SG&A (Selling General & Administrative Expenses).Per comprendere meglio le dinamiche del settore dei beni di lusso, consigliamo la visione dell’ottimo rapporto- “LUXURY GOODS: Psychology & Mechanics” (www.exane.com) elaborato da Luca Solca, Managing Director Sector Head Global Luxury Goods, Exane BNP Paribas (www.exanebnpparibas.com), in collaborazione con Paola Bertini e Hui Fan.Ne riportiamo l’incipit originale: “There is a lot in this primer, focusing on the competitive dynamics and levers to build competitive advantage in the luxury

goods industry. One key message we want to emphasise here is barriers to entry. There is a major structural difference between fashion, leather and jewellery - on one hand - and watches, fragrances and cosmetics, wines and spirits - on the other. The former enjoy SG&A related barriers: communication and retail costs favor scale - but no COGS (Cost of Goods Sold) related barriers, as manufacturing is largely manual and involves no major investment. The latter combine SG&A and COGS defences - either because manufacturing is highly automated and requires massive capex (and volume) to create an efficient COGS position (watches), or because logistics is very complex (fragrances and cosmetics, wines and spirits). This makes a huge difference in defensibility in the long term. Riding the middle class in EM is all very well, but what we care about is how defensible this proposition will be in the face of new entrants, local methods, etc. Watches, fragrances and cosmetics, wines and spirits promise materially better defense barriers than fashion, leather and jewellery”.Interessante è la parte di

analisi riferita alla psicologia di base dei beni di lusso:“Mi sento ricco, quindi compro”“Guarda quanto sono cool”“Non sono come te”“W la personalizzazione”“Le disuguaglianze economiche sono i migliori amici del lusso”

I beni di lusso sono un segnale indirizzato agli altri per accrescere la propria visibilità e ciò è soprattutto evidente in Paesi come Russia, Medio Oriente, Cina. I consumatori più raffinati preferiscono prodotti di nicchia, meno appariscenti, che denotano cultura e sofisticazione dei gusti. Si assiste, inoltre, ad una crescente propensione al “fatto su misura”, per cui la domanda dei beni di lusso non è più monolitica, ma composta da un mosaico di pretese. Infine, va obiettivamente rilevato, sebbene suoni un po’ fuori luogo in drammatici tempi di crisi come questi, che le forti differenze di reddito giovano al lusso: si vedano i casi di Cina e Russia. Laddove, invece, esiste una certa uniformità reddituale, come nei Paesi scandinavi, la percentuale della spesa per i beni di lusso sul Prodotto Interno Lordo è più bassa.Dura sed luxury.

LussoIN PSICANALISI

Che cos’è un bene di lusso? La miglior risposta potrebbeforse essere la seguente: è quel bene grazie al quale abbiamo(e siamo) qualcosa che gli altri non hanno (e non sono).È ciò che ci fa sentire “cool”, per dirla all’americana.

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Il paradossoDEL FALSO

Ricordiamo poi la storica vittoria legale ottenuta solo pochi mesi fa, in California, dal Gruppo Versace contro il Griffith Suisse Luxury Group, una società commerciale che vendeva su eBay - dalle Filippine e dall'Australia - articoli spacciati per branded ma in realtà rigorosamente “fake”, violando i diritti di tutela della proprietà intellettuale della maison milanese. Tuttavia, moda e contraffazione restano un binomio inscindibile, e lo sono sin dagli albori. Del resto, già la grande stilista Elsa Schiaparelli, “rivale” di Coco Chanel, scriveva nella sua autobiografia che le leggi

Il dato è stato annunciato di recente, nella prima tappa del roadshow anti-contraffazione organizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con Confindustria, intitolato "La vera impresa è combattere il falso". È noto anche a noi operatori del comparto orafo quanto danno arrechi il business del falso al nostro lavoro in termini economici, morali, reputazionali.

Qualche passo positivo comunque è stato compiuto negli ultimi anni, persino in un Paese ostico come la Cina, i cui tribunali hanno cominciato a condannare i “copioni”.

anti-contraffazione sono perfettamente inutili: quando qualcuno smette di imitarti, vuol dire che non vali più e hai finito di essere protagonista.

La storia insegna che copiare, replicare, contraffare sono fenomeni intrinseci e meccanismi psicologici di diffusione e innovazione della moda. Con ciò ovviamente non si intende sminuire la gravità del reato e la sua portata economica, ma si vuole anzi sottolinearne la serietà, mettendone in luce innanzitutto gli aspetti contraddittori.

È comunemente risaputo e accettato che gli effetti economici del falso siano difficili da quantificare perché logicamente si ritiene che l’evento appartenga al regno dell’illegalità (si pensi al ruolo della camorra in questo business) e che presenti alcuni punti discordanti. Però non si può ignorare il fatto che la contraffazione nei comparti della moda, come mostrano chiaramente le statistiche internazionali, costituisca una porzione molto modesta dell’intero fenomeno, che ha le sue implicazioni più importanti e allarmanti in altri settori industriali, principalmente quello farmaceutico e quello alimentare.

La contraffazione è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi vent’anni, senz’altro in relazione al contemporaneo sviluppo del commercio internazionale, che è lievitato enormemente, e all’entrata sulla scena mercantile di nuovi Paesi. Ma è aumentata anche perché indagata e rilevata maggiormente, grazie alla messa a punto di più efficaci strumenti per intercettare, monitorare e combattere il fenomeno nei suoi risvolti criminali. Inoltre si è affermata una maggior richiesta di autenticità nell’atteggiamento dei consumatori.Di certo l’armonizzazione delle norme legislative in vari Stati

potrebbe recare un contributo determinante alla lotta contro la contraffazione: ad esempio, se si stabilisse l’etichettatura di origine e composizione dei prodotti.Alcuni, poi, rimarcano il modesto risvolto negativo della contraffazione sui marchi di moda, e in effetti una ricerca empirica ha dimostrato che il falso esercita contraccolpi positivi sui prodotti di lusso e sui marchi soggetti a questa pratica: si definisce “snob premium”. Lo studio indica in particolare che il consumatore è disposto a riconoscere un valore extra ai marchi contraffatti: il che significa essenzialmente una maggiore disponibilità a pagare per i prodotti autentici.

Facciamo il caso che i consumatori siano pronti a spendere 210 euro per un ciondolino di un famoso marchio; la ricerca ha dimostrato che questa cifra, se esiste contraffazione, sale a 350 euro. L’effetto è opposto, invece, per brand meno conosciuti: in assenza di contraffazione l’articolo è valutato 175 euro, mentre se entra in gioco la contraffazione il valore si abbassa a soli 75 euro.In altri termini, la contraffazione fa più male alle piccole e medie imprese, che sono il cuore dell’economia italiana, e meno ai grandi marchi del lusso.

Curioso ai limiti del paradosso, vero?Guardando al fenomeno dal punto di vista del consumatore, la medesima ricerca sul campo ha evidenziato che gli acquirenti di prodotti falsi danno la priorità ad aspetti legati all’edonismo e al prestigio sociale, mentre i compratori di articoli autentici sono più motivati da fattori connessi all’impiego ed alla qualità. Inoltre, pare che i modelli comportamentali di consumo spesso vadano oltre la tradizionale dicotomia tra cliente

Si stima che nel settore della moda il business della contraffazione valga 12 miliardi di euro, pari a 1/5 del fatturato totale del sistema nel 2012.

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possibile proteggere le nostre aziende del fashion system (gioielli inclusi) dalla contraffazione?Premesso che l’Italia può contare su un sistema di controlli alle dogane estremamente efficace, va subito detto che è l’investimento nella sensibilizzazione del consumatore per l’autenticità (intesa come valore aggiunto dei prodotti) a ripagare certamente di più nel medio-lungo termine. Ma occorre anche che le imprese investano nella conservazione e nella valorizzazione della propria memoria storica, che oltre a costituire un patrimonio unico e non

Archivi Italiani, che permette di accedere alla visione di materiali (prodotti, disegni, foto, documenti amministrativi e contabili, ecc.) contenuti nelle raccolte delle aziende. Il valore culturale di questa operazione è indubbio, dal momento che dimostra una forte consapevolezza della rilevanza “civica” della moda italiana, la quale ha offerto un contributo fondamentale alla creazione di un’identità nazionale.E dimostra, una volta tanto, l’interesse di istituzioni pubbliche in questa “preziosa” industria, anche in un momento critico come l’attuale.

del falso e dell’originale: infatti non corrispondono necessariamente al classico principio di “convenienza economica” e indicano un sorprendente parallelo tra il comportamento del consumatore del falso e quello del vero.

Le somiglianze più sostanziali riguardano la percezione che i consumatori associano spontaneamente al marchio e al lato emozionale, ad esempio il “feeling” suscitato dal brand: simpatia e sicurezza a livello individuale, autostima e ammirazione a livello sociale.E arriviamo alla domanda delle domande: come è

imitabile, è oggi oggetto di strategie di retro-marketing e ri-branding che fanno leva sulla storia per soddisfare i bisogni dei consumatori nostalgici.In questo senso, vogliamo segnalare in conclusione casi di successo delle nostre aziende della moda nell’affrontare le problematiche del falso.Si pensi a Ferragamo, Pucci, Ferrè, solo per citare alcune maison che hanno preso parte al progetto gestito dal portale “Archivi della Moda del ‘900”.Si tratta di un’iniziativa promossa dalla Direzione Generale degli Archivi in collaborazione con l’Associazione Nazionale

totalizzano un giro d’affari pari a circa 7-10 miliardi di euro all’anno. “Le problematiche sono varie dunque, dalla marchiatura dei gioielli alla ‘tracciabilità’ stessa delle imprese: un concetto che sta cominciando a farsi strada e che consente al cliente di conoscere subito il valore base dell’oggetto che acquista" ha dichiarato il Presidente di Federpreziosi Giuseppe Aquilino. “Anche per il comparto orafo gioielliero argentiero” ha sottolineato Aquilino “abusivismo e illegalità sono piaghe capaci di sottrarre ingenti risorse economiche alle aziende, compromettendo il loro stesso futuro. E’ necessario un intervento urgente a livello normativo che sia risolutivo degli aspetti che favoriscono le attività criminali attualmente presenti e al tempo stesso sia garante

Un fenomeno così grave e di vasta portata, quello della contraffazione, che nel Novembre scorso Confcommercio ha addirittura organizzato una settimana di mobilitazione nazionale (al motto di "Legalità: mi piace!”) con vari eventi di sensibilizzazione e discussione a cui hanno partecipato anche esponenti del Governo. In effetti si tratta di una vera "piaga" per tutti, coinvolgendo sia venditori sia compratori, e provocando serissimi danni tanto all'economia quanto alla salute. Per quanto riguarda il settore orafo, l’Osservatorio regionale sulla legalità in Puglia ha rilevato che dove proliferano i “compro oro” si registra un’impennata del 70% di furti, scippi e rapine. In generale, alle attività di “compro oro” si associano di frequente

episodi riconducibili ad attività criminali, come dimostrano i dati diffusi dalla Guardia di Finanza, secondo cui i sequestri di pietre preziose negli ambiti di falso, truffa, contraffazione, usura, ricettazione e violazione delle leggi di pubblica sicurezza ammontano ad oltre 2 milioni di euro (per tutto il 2011 e per i primi dieci mesi del 2012). Quasi identici sono i numeri relativi alla minuteria e agli oggetti di gioielleria, mentre da parte sua l’AIRA (l’Associazione italiana responsabili anti-riciclaggio) ha segnalato che i controlli effettuati dalle Fiamme Gialle su 3.000 negozi hanno fatto emergere 113 milioni di euro non dichiarati, 36.5 milioni per evasione di IVA e 31 evasori totali.Basti pensare che secondo l'Eurispes, le attività dei cosiddetti “compro oro”

dei diritti dei consumatori e della maggioranza degli operatori del settore che opera onestamente. Questi sono gli obiettivi, lo ribadiamo nuovamente, dei disegni di legge attualmente presentati al Senato e alla Camera in materia di riforma del commercio di oro e di tracciabilità nonché di corretta denominazione dei materiali gemmologici. Il nostro auspicio è che il legislatore non si lasci sfuggire questa ulteriore occasione per rimodulare il settore del commercio di oro con un intervento normativo che risponda all’attuale dimensione dei fenomeni di illegalità che quotidianamente denunciamo. Occorrono norme certe per chi opera onestamente e pesanti sanzioni per chi intende contravvenire alla legge”.

Anche i gioielli soffrono

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Dalla Russia zarista di metà Ottocento alla Rivoluzione bolscevica del 1917, dalle beghe legali novecentesche all’odierno capitalismo di Borsa, passando come una meteora persino nel settore del personal care. Queste, in sintesi, le vicissitudini di Fabergé, uno dei più antichi e prestigiosi marchi di alta gioielleria.

Ora la maison è quotata allo Stock Exchange di Londra, dopo che a fine 2012 Gemfields Plc. (gruppo Pallinghurst), attiva nel business estrattivo di pietre preziose, ne ha assunto il controllo azionario pressoché totale (corrispondendo 142 milioni di dollari, pagati con azioni proprie di nuova emissione). L’obiettivo dichiarato è quello di attrarre investitori interessati ai beni d’alta gamma, nella

consentirà di posizionare le nostre pietre in cima alla piramide del lusso e farle competere ad armi pari con i diamanti. Se chiedessi a qualcuno di indicare due o tre brand di gioielleria da cui acquistare dei diamanti di qualità, sono certo che saprebbe citarli subito. Ma se dicessi di fare lo stesso per degli orecchini con smeraldi o un anello con zaffiri o un ciondolo con rubini, per quella persona sarebbe più difficile fare una scelta. Non c’è un unico player percepito automaticamente come leader nelle gemme di colore. Noi aspiriamo a colmare questo gap”.

È dunque chiaro che Gemfields mira a fare di Fabergé la propria “punta di diamante” grazie al fortissimo vantaggio competitivo assicurato

consapevolezza che “a parità di ricavi e di profitti la valutazione in Borsa di un’azienda del lusso è molto maggiore rispetto a quella di una del settore minerario”, come spiegato da Sean T. Gilbertson, Executive Director di Gemfields, società che l’anno scorso ha conseguito performance reddituali straordinarie, vedendo crescere i propri ricavi del 108% fino a quota 83,7 milioni di dollari.

In realtà, l’interesse di Gemfields nei confronti del gioielliere degli Zar è dettato anche da ambizioni di leadership che fanno da volano a ben ponderate strategie. Ricordiamo, infatti, che Gemfields (con sedi in Francia, Svizzera, Regno Unito e alcuni laboratori in Italia), in quanto proprietario della

miniera di Kagem in Zambia è il più grande produttore mondiale di smeraldi, vantando una quota di circa il 20% delle pietre verdi totali. Inoltre, estrae il 40% delle ametiste esistenti al mondo ed ha recentemente avviato una ricca miniera di rubini in Mozambico. Nessun mistero, dunque, che Gemfields punti a diventare leader planetario del settore delle gemme di colore, con l’intenzione di lanciare una sfida competitiva al business dei diamanti.

Il medesimo Gilbertson ha affermato: “L’acquisizione di Fabergè è una grande opportunità per creare un gruppo capace di muoversi in questa direzione. Con Fabergè, Gemfields controllerà un marchio con un nome meraviglioso e un grande potere, che ci

Le uova del mitoSBARCANO IN BORSA

Con la quotazione in borsa del marchio Fabergé,acquisito nel 2012, Gemfields lancia una sfida competitivaal business dei diamanti.

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ECONOMIA

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Chi aderisce a Federpietre aggiunge valore alla sua impresa.

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ragioni di cronaca solo nel 1951 in occasione di un processo che vide soccombere i discendenti di Peter Carl, privati di ogni diritto allo sfruttamento del nome. Fu così che il brand passò ad una società americana per l’incredibile cifra di soli 25mila dollari, che stridono a confronto degli 1,55 miliardi versati nel 1989 da Unilever, multinazionale leader nel settore dell’igiene e cura della persona, per acquisire Fabergé Inc. (la quale intanto aveva rilevato la maison cosmetica Elizabeth Arden). Unilever cercò di far fruttare il prestigioso marchio ideando ben 10 licenze per diversi prodotti, dalle cravatte agli occhiali da vista, dal profumo “Brut” alla Barbie Fabergé in edizione limitata, selettivamente distribuiti nel mondo. Il resto è storia dei nostri giorni con Pallinghurst Resources (guidata da Brian Gilbertson, ex CEO del colosso minerario Bhp Billiton) che nel 2007 compra Fabergé per 38 milioni di dollari, investendone poi altri 160 per riposizionare il brand al vertice della gioielleria.

Dopo il drastico taglio di tutti i licenziatari ad eccezione di quello per gli orologi, nonché lo sfoltimento della gamma di prodotti ed il ridimensionamento della rete di negozi, nella maison vengono fatte entrare Tatiana e Sarah Fabergé, pronipoti di Peter Carl, e nel 2009 avviene il lancio della prima collezione di haute joaillerie.Lo stesso anno ha visto l’apertura a Ginevra della prima boutique monomarca della nuova era della maison. È quindi seguito l’opening di un negozio a Londra Mayfair, di un altro a New York in Madison Avenue e di due corner nel londinese Harrods e in Lane Crawford a Hong Kong. Ed oggi Fabergè “brilla” in Borsa.

dal controllo della filiera produttiva e commerciale delle gemme. Ciò consentirà di far giungere le pietre direttamente dal produttore al cliente finale, con evidenti benefici di prezzo. Inoltre, in un contesto in cui i valori dell’etica, della responsabilità sociale e della trasparenza sono sempre più importanti per i consumatori, Gemfields ha fatto deciso affidamento sui fattori dell’approvvigionamento etico e della CSR (Corporate Social Responsibility), ottenendo il riconoscimento legale di “primo fornitore mondiale di gemme di colore eticamente estratte”.

Per quanto riguarda gli aspetti distributivi, il top manager ha annunciato che aperture di boutique avverranno solo nel medio periodo, ovviamente nelle principali piazze del lusso globale come Parigi, Milano, Singapore.

Come noto, Fabergè fu fondata nel 1842 a San Pietroburgo da Gustav Fabergé, il cui figlio Peter Carl divenne il gioielliere ufficiale della Corona Imperiale realizzando nel 1885 il primo uovo della mitica serie, concepito come raffinatissimo dono dello Zar Alessandro III alla moglie Maria Dagmar di Danimarca.Il gioiello, strutturato sul modello delle matrioske, aveva al suo interno un tuorlo d’oro che a sua volta conteneva una gallina d’oro al cui interno si celava una piccola corona imperiale con un rubino a forma di uovo.

Le preziose creazioni garantirono alla maison un prestigio assoluto su scala internazionale, finché nel 1917 non deflagrò la rivoluzione leninista, che portò alla fine dei Romanov ed alla cacciata dello stesso gioielliere, a cui furono sottratti tutti i beni.Poi del marchio Fabergè si sentì parlare per meste

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SUA MAESTÀfa la preziosa

Non solocapolavori d’arte.Le collezioni reali inglesi includono anche 328 mirabili esemplari tra gemme e gioielli, senza contare il tesoro della Corona gelosamente custodito nellaTorre di Londra.

Solo una volta nel 1862, ai tempi della Regina Vittoria, siffatte magnificenze furono esposte tutte insieme. Oggi abbiamo la possibilità di ammirare nella loro totalità i preziosi di Elisabetta II grazie all’impeccabile lavoro della specialista italiana Cristina Aschengreen Piacenti (nota per essersi presa cura anche dell’importante Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze), la quale ha stilato

un catalogo magistrale: “Ancient and Modern Gems and Jewels in the Collection of Her Majesty the Queen” (Royal Collection Publications, London).

Come si è formata la collezione di gioielli e di gemme della sovrana d’oltremanica? Cristina ci racconta questo ed altro. Alcuni pezzi appartennero a Carlo I Stuart, il re che venne decapitato nel 1649 al culmine della guerra civile inglese. Il nucleo della raccolta risale tuttavia a Giorgio III e venne acquisito a Venezia da Joseph Smith, console di Sua Maestà, provvisto di uno spiccato senso degli affari.Fu lui a far catalogare le proprie gemme da un erudito fiorentino, il canonico Anton Francesco Gori. Il volume definitivo fu edito nel 1767 dopo che le gemme erano passate nelle mani del Re, mantenendo comunque, in onore del solerte funzionario, il titolo di “Dactyliotheca

Sopra dall’alto: boccale con cammeo e pietre, anello rubino con croce incisa, copertina di “Ancient and Modern Gems and Jewels in the Collection of Her Majesty the Queen” (Royal Collection Publications, London)

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CULTURA

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Smithiana”. In seguito il figlio di Giorgio III, salito al trono come Giorgio IV, acquistò e collezionò numerose opere di grande rilevanza e come lui fece la nipote Vittoria, divenuta Regina nel 1837.Il Principe Consorte Alberto, fine esperto d’arte, fu probabilmente il primo a comprendere l’importanza storica della collezione. Nel corso dell’Ottocento giunsero in Inghilterra alcune rarità appartenute al Cardinale Duca di York, ultimo erede diretto di Carlo I. Tra questi oggetti preziosi Giorgio IV comprò un meraviglioso ciondolo smaltato con rubini, nel quale fece inserire dei capelli tolti dalla testa mozza di Carlo I, la cui salma fu rinvenuta nel 1813 nella cappella di Windsor.Dal Cardinale di York, inoltre, Giorgio IV ebbe

in lascito alcuni modelli straordinari fra i quali il purpureo rubino, inciso con una croce, indossato durante l’incoronazione dei regnanti in Scozia (v. foto). Uno dei più antichi collari con San Giorgio e il drago, realizzato per Carlo II nel 1661, forse il più antico esistente dell’Ordine della Giarrettiera, pervenne alle collezioni reali seguendo il medesimo percorso, al pari di un pendente con un cammeo di Sant’Andrea e il motto dell’Ordine del Cardo. In particolare la serie di insegne degli ordini reali è eccezionale e comprende forse i più begli esemplari esistenti.

Nello “scrigno” della Regina il Cinquecento è degnamente rappresentato da due cammei a dir poco splendidi: un ritratto di

Filippo II e uno di Elisabetta I, entrambi capolavori della glittica.Da sottolineare che quello di Filippo II è stato attribuito all’italiano Jacopo da Trezzo, a cui la corte inglese commissionò significativi lavori negli anni ’50 del XVI secolo). Parlando di gioielli veri e propri, poi, è d’obbligo menzionare un pendente in oro, smalto e pietre semipreziose appartenuto alla Contessa di Lennox e poi allo scrittore e connoisseur Horace Walpole. Di simili gioielli nordici la collezione reale comprende altri esempi, talvolta arricchiti con pezzi provenienti da altre collezioni: in sostanza gioielli fatti di gioielli.Si badi: non mancano dei falsi, o meglio dei gioielli antichi migliorati o completati, come piaceva

all’Imperatrice Eugenia, la quale mai temette di “ritoccare”, impreziosendoli, arredi settecenteschi appartenuti a Maria Antonietta.

Nel bel catalogo della Aschengreen Piacenti le gemme antiche, di epoca romana e greca, sono state affrontate da uno dei massimi specialisti della materia, John Boardman, che ha evidenziato due assoluti “tesori”: il primo è il solo cammeo esistente dei tempi dell’imperatore Claudio (v. foto), considerato della stessa classe della Gemma Augustea di Vienna e del Grand Camée de France di Parigi; il secondo, una testa di Zeus, è un frammento di epoca ellenistica, II-I secolo avanti Cristo. Che gioie per Elisabetta!

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Gemme:così l’Europadetta legge

di Raffaella NavoneLaboratorio Gemmologico R.A.G. - Torino

Tempi duri per i materiali gemmologici trattati con vetro al piombo.

Il 9 Ottobre 2012 è entrato in vigore il Regolamento Europeo N. 836/2012 della Commissione del 18 settembre 2012.Esso introduce RESTRIZIONI all’uso del PIOMBO negli articoli di gioielleria, bigiotteria, accessori per capelli, singole componenti degli oggetti, “pietre preziose e semipreziose… trattate con piombo o suoi composti o miscele contenenti tali sostanze”.

Non è questa la sede per dibattere l’opportunità dei termini “pietre preziose e semipreziose” utilizzati nel testo dai legislatori. Qui semplicemente ricordiamo che attualmente le specie e varietà mineralogiche suscettibili di trattamenti che comportano l’utilizzo

del piombo (Pb) sono corindone (varietà rubino e zaffiro) e diamante.Il riempimento e l’otturazione con vetro al Pb camuffano fratture e cavità delle pietre sfaccettate di qualità scadente, rendendole più attraenti e meglio commerciabili. Frequenti sul mercato sono anche materiali compositi costituiti da frammenti di rubino o zaffiro cementati tra di loro da vetro al piombo.

LMHC (Laboratory Manual Harmonisation Committee) distingue fra corindoni infiltrati (corundum with glass filled fissures - corundum with glass filled cavities), quantificando la presenza della sostanza secondo tre gradi (minor, moderate, significant), e materiali compositi artificiali rubino/vetro o zaffiro/vetro (Corundum with/and glass (manufactured product). (http://www.lmhc-gemology.org/pdfs/IS3_20121209.pdf).Altri laboratori gemmologici

hanno scelto invece di considerare tutti i corindoni così trattati come compositi, anche quando si tratta di esemplari interi con fratture e/o cavità riempite di vetro al piombo.

Senza intervenire nelle diverse scuole di pensiero e nelle diatribe gemmologiche sulla nomenclatura, il Regolamento Europeo affronta il problema della tutela della salute dei fruitori di questi prodotti. Il Regolamento è stato adottato a seguito di una proposta di restrizione presentata il 15 Aprile 2010 dalla Francia all’ECHA (European Chemicals Agency - Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche).La Francia chiedeva di limitare l’impiego del Pb e dei suoi composti nei gioielli proponendo il limite di migrazione (rilascio) di 0,09 µg/cm²/h (0,09 microgrammi per centimetro quadrato all’ora), vietando il commercio nell’UE degli articoli che superassero tale limite. La richiesta era motivata dalla preoccupazione di proteggere i bambini dall’esposizione al piombo ceduto dagli articoli di gioielleria nel caso in cui se li fossero messi in bocca [è noto che la ripetuta esposizione al piombo comporta danni irreversibili alla salute (saturnismo) fino alla morte e che i bambini sono molto più sensibili

degli adulti all’effetto tossico del metallo].Come da procedura, la proposta veniva quindi sottoposta al RAC (Committee for Risk Assessment - Comitato per la Valutazione dei Rischi) e al SEAC (Committee for Socio-economic Analysis - Comitato per l’Analisi Socioeconomica), comitati scientifici in seno all’ECHA. Nei loro pareri del 2011 entrambi i comitati suggerivano il limite di 0,05% di concentrazione di piombo in peso delle singole parti metalliche e non metalliche costituenti gli articoli di gioielleria come limite per il divieto di commercializzazione.Il RAC rilevava che sembra esserci un collegamento tra il contenuto totale di piombo in un oggetto e la percentuale di migrazione, ma che effettivamente esistono problemi tecnici nella misurazione della migrazione del piombo.

Il SEAC specificava che, dato che attualmente non esistono metodi di prova e dati sulla migrazione del piombo da oggetti tenuti in bocca, il divieto deve essere basato sul contenuto di piombo in peso di ogni singola parte degli oggetti, ritenendo lo 0,05% una misura adeguata.Inoltre il SEAC raccomandava “esenzioni per il vetro cristallo, gli smalti vitrei, le componenti

GEMMOLOGIA

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interne di orologi e le pietre preziose e semipreziose non sintetiche o ricostituite”.

Accogliendo questi pareri, il Regolamento 836/2012/UE ha modificato l’Allegato XVII del Regolamento REACH, stabilendo di “non immettere sul mercato o usare singole parti di articoli di gioielleria se la concentrazione di piombo (espressa in metallo) in tale parte è uguale o superiore a 0,05% in peso”.

Insomma, ogni singola parte di un articolo di gioielleria o bigiotteria commercializzata sul territorio dell’Unione Europea non può contenere piombo in un peso uguale o superiore allo 0,05% del peso complessivo della parte di articolo interessata. I pareri di RAC e SEAC affermano che il contenuto di piombo in gioielleria può essere misurato con spettrometria XRF (x-ray fluorescence spectrometry - spettrometria di fluorescenza ai raggi x), mentre solo occasionalmente potrebbe essere necessario l’impiego di tecniche distruttive (analisi chimica per via umida) per verificare valori non conformi, per esempio in caso sia richiesta una conferma legale. In mancanza di precisazioni, si può ritenere che dal punto di vista legale tale misurazione può essere

effettuata da qualunque laboratorio di analisi purchè dotato di idonea strumentazione.

Se conformi ai dettami del Regolamento, gli articoli potranno essere normalmente commercializzati all’interno dell’area UE. Vale la pena ricordare che in Italia il Codice del Consumo (Decreto legislativo 6 Settembre 2005, n. 206, e successive modifiche)

impone di informare correttamente i consumatori, attraverso idonea documentazione, fornendo anche istruzioni sulla durevolezza dei prodotti e sulla loro corretta manutenzione per preservarne la qualità nel tempo (Navone R.: “Sapere e far sapere. Un codice ‘prezioso’ a tutela dei consumatori”, Federpietre Informa - Aprile 2013).

Il Regolamento prevede alcune deroghe. Gli articoli esentati comprendono le “pietre preziose e semipreziose non sintetiche o ricostituite [voce NC 7103, di cui al regolamento (CEE) n. 2658/87)]...”, dove per “ricostituite” si intende sintetiche, nonché il “vetro cristallo”. Questa ultima denominazione è attribuita dalla CEE ai vetri contenenti piombo, suddivisi in quattro categorie: cristallo

superiore, cristallo al piombo, vetro sonoro superiore, vetro sonoro.

Tra i produttori di vetri al piombo, Swarovski è il brand più celebre. Esenti anche gli “articoli di gioielleria immessi sul mercato per la prima volta prima del 9 Ottobre 2013” e quelli “fabbricati prima del 10 Dicembre 1961” per evitare un impatto socioeconomico negativo sul mercato di questi oggetti.

Il Regolamento 836/2012/UE è direttamente applicabile nell’Unione Europea, quindi anche in Italia, senza necessità di atti di recepimento o di attuazione, è un atto normativo che deve essere obbligatoriamente rispettato in tutti gli stati membri. Poiché esso modifica l’allegato XVII del Regolamento 1907/2006/CE REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals - Registrazione,Valutazione, Autorizzazione, Restrizione delle sostanze chimiche ), entrato in vigore il 1° Giugno 2007, in Italia le sanzioni applicabili sono quelle previste dal Decreto Legislativo 14 Settembre 2009, n. 133, per la violazione delle disposizioni REACH: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il fabbricante, l’importatore,

il rappresentante esclusivo o utilizzatore a valle che fabbrica, immette sul mercato o utilizza una sostanza in quanto tale o in quanto componente di un preparato o di un articolo non conformemente alle condizioni di restrizioni previste dall’Allegato XVII del regolamento al di fuori dei casi di cui all’articolo 67 del regolamento, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 40.000 a 150.000 euro” (art. 16).

Il regolamento prevede che entro il 9 Ottobre 2017 la Commissione effettui una nuova valutazione della disposizione introdotta “alla luce delle nuove informazioni scientifiche, compresa la disponibilità di alternative e la migrazione del piombo dagli articoli” oggetto della restrizione “e, se opportuno, modifica la presente voce di conseguenza”. Nel frattempo si pone un nuovo compito per i gemmologi. Accanto al lavoro di identificazione di questi materiali gemmologici, a onor del vero abbastanza banale, gli analisti devono essere in grado di verificare la percentuale di piombo presente negli esemplari in esame. Per gli operatori di settore che scelgono di commercializzare questi prodotti senza rispettare i dettami europei si profilano nuove e gravi responsabilità.

A sinistra: microfotografia in immersione di rubino con riempimento delle fratture a vetro+Pb - 30 x. A destra: microfotografia in immersione di zaffiro con riempimento e colorazione a vetro al Pb+Co. In particolare si osservano bolle gassose e l’anomala concentrazione di colorazione lungo le fratture - 30 x. (foto: GECI - Milano)

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Il 5-6 Settembre scorso si è celebrato a Parigi, presso la Chambre de Commerce et d’Industrie Paris-Ile-de-France, il 50° anniversario dell’Association Française de Gemmologie (AFG), con tre sessioni dedicate rispettivamente a diamanti, gemme di colore e perle. L’intervento di Gaetano Cavalieri, presidente di CIBJO (The World Jewellery Confederation), che ha elogiato il ruolo delicato e la professionalità dei gemmologi, riassume il significato delle conferenze gemmologiche nel mondo. L’abilità della comunità gemmologica di “stare al passo con gli sviluppi del mercato… di condurre ricerca scientifica… di pubblicare e divulgare i risultati, e di servire l’industria attraverso l’identificazione e la classificazione delle gemme è assolutamente essenziale”.Il Presidente Cavalieri ha rimarcato, inoltre, come dall’integrità professionale e dalla qualità della ricerca dei laboratori dipendano la reputazione dell’industria e la fiducia dei consumatori e ciò per i gemmologi “è un privilegio e anche una grande responsabilità”.

La settimana successiva, il 12 Settembre, si teneva ad Hong Kong la Gemstone Industry and Laboratory Conference (GILC) organizzata da ICA (International Colored

Gemstone Association). Alla presenza di rappresentanti di organizzazioni pubbliche e private locali, relatori di fama internazionale come, tra gli altri, Chris Smith, direttore dell’American Gemological Laboratories e Henry Hänni - già direttore del SSEF di Basilea - hanno presentato temi di grande attualità e impatto anche per il commercio internazionale: identificazione e corretta nomenclatura degli zaffiri trattati con cobalto e con vetro al piombo; identificazione, definizione e attribuzione del valore dei minerali Fei Cui (giadeite, onfacite, cosmocloro); tracciabilità delle perle coltivate dal produttore al consumatore; i servizi di accreditamento a supporto dell’industria gemmifera offerti da Hong Kong Accreditation Service (http://www.gemstone.org/index.php?option=com_content&view=category&layout=blog&id=51&Itemid=62 ).

Il 29-30 Settembre e il 1° Ottobre, Napoli ha ospitato il IV Convegno di Gemmologia Scientifica (CIGES), “Dalla identificazione alla tracciabilità. Problematiche gemmologiche, commerciali e legislative”. Ventitré relatori hanno presentato argomenti che hanno spaziato dalla storia dell’arte alla ricerca scientifica, alle leggi e norme fino alle responsabilità sociali

d’impresa e alle prospettive del settore.Tematiche che rispecchiano in pieno gli obiettivi del CIGES fin dalla prima edizione: instaurare proficue sinergie tra il mondo accademico, gemmologico e imprenditoriale, ed evidenziare il ruolo fondamentale dell’aggiornamento professionale degli operatori e della formazione dei giovani nel comparto gemmologico e orafo.Soddisfatti gli organizzatori del Convegno per l’alto livello dei relatori italiani e internazionali, tra i quali Richard Hughes, ospite d’onore dell’evento, e per il numero dei partecipanti che ha raggiunto punte di circa 160 presenze, con una larga adesione di imprenditori del centro sud. Purtroppo, l’assenza della senatrice Donella Mattesini alla Tavola rotonda “L’origine delle gemme: problematiche gemmologiche, commerciali e legislative” ha deluso le aspettative di quanti attendevano notizie sull’iter della sua proposta di legge “Regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici” (http://www.musei.unina.it/ciges2013.php).

Dal 10 al 19 Ottobre si è tenuto ad Hanoi (Vietnam) l’appuntamento annuale dell’International Gemmological Conference (IGC). Istituita nel 1952 da Edward Gübelin, la

Conferenza è ancora oggi tra i più importanti eventi gemmologici nel panorama internazionale, il cui primo obiettivo è lo scambio di conoscenze ed esperienze gemmologiche tra esperti e studiosi. Delegati da tutto il mondo hanno presentato i loro studi nel corso di un fittissimo programma rivolto a specialisti del settore (http://www.igc-gemmology.org/#/programme/4569086270).

A Londra il Gem-A (The Gemmological Association of Great Britain) ha organizzato dall’1 al 5 Novembre un incontro gemmologico per celebrare il centesimo anniversario del primo Gemmology Diploma e il cinquantesimo anniversario del primo Diamond Diploma.Il ricco programma era articolato in seminari didattici, visite a musei londinesi, cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti Gem-A e una conferenza di due giorni. Celebri relatori internazionali, basti citare Martin Rapaport, Emmanuel Fritsch, James Shigley, hanno presentato gemme e gioielli da ogni punto di vista, gemmologico e scientifico, storico, commerciale a un uditorio variegato di gemmologi, commercianti, appassionati, studenti (http://www.gem-a.com/media/127866/gem-a%20conference%20brochure.pdf).

SI PARLA DI GEMMEin tutto il mondo

di Raffaella NavoneLaboratorio Gemmologico R.A.G. - Torino

Autunno denso di appuntamenti per la gemmologia internazionale.

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IGI una gemmanel cuoreINTERVISTA A GIANMARIA BUCCELLATI

di Sonia Sbolzani

Due pezzi di storia del mondo delle gemme in Italia: Gianmaria Buccellatie l’Istituto Gemmologico Italiano (IGI),di cui egli stesso è Presidente Onorario.Come tale, ci ha concesso un’intervistaa tutto campo sull’ente che da pocoha celebrato i suoi primi 40 anni.

Decano dell’alta gioielleria tricolore, Gianmaria Buccellati porta avantida decenni una gloriosa tradizione di famiglia, fondata nel 1919 dal padre Mario e destinata a proseguire col figlioAndrea, all’insegna deivalori dell’eccellenza.La maison milanese, decisaa restare in mani italiane malgrado il crescente interesse degli stranieriper i grandi brand del lusso nazionale (Buccellati conserva un'importante quota azionaria e un rilevante coinvolgimento nella gestione dell'azienda anche dopo aver ceduto la quota di maggioranza al fondo Clessidra, in ottica di crescita dimensionale e sviluppo del marchio), è considerata ovunque un’icona di raffinatezza e perfezione artigianale: i suoi gioielli, argenti, orologi da sempre sono realizzati come opere d’arte, secondo una scelta estetica che crea uno stile esclusivo. “Arbiter elegantiae”, Gianmaria Buccellati è stato recentemente insignito dal

governo francese del titolo di “Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere” ed ha ricevuto a Vicenza, durante la manifestazione “About J”, un prestigioso riconoscimento alla carriera.

Come è avvenuto il Suo incontro con IGI e comesi è sviluppato nel tempo un rapporto che forse possiamo definire… d’amore?L’IGI è nata dall’esigenza di un gruppo di colleghi gioiellieri, che nel 1973 si sono uniti in un Istituto con lo scopo di diffondere la scienza gemmologica a livello didattico e di ricerca scientifica. Ne sono stato Presidente per 25 appassionati anni, durante i quali molti risultati sono stati ottenuti, con grandissimi sacrifici, ma anche con enormi soddisfazioni, proprio come in una storia d’amore.

Per Lei personalmente che valore ha il 40° anniversario di IGI appena celebrato? Lo sente più come un traguardo o un punto di partenza?È molto importante il 40° anno che abbiamo festeggiato, oltretutto in

Gianmaria Buccellati

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modo molto felice e conviviale. Non parlerei di traguardo, perché ciò significherebbe che non c’è più nulla a cui ambire. Sicuramente è un buon punto di evoluzione, trampolino di lancio per altre sfide future.

Come ha visto crescere negli anni questo Istituto? Di quali risultati, attività, progetti è più lieto e orgoglioso?L’Istituto è cresciuto con obiettivi precisi, che sapevamo dovere raggiungere tramite piccoli passi avanti, studiati e ben calibrati. Siamo arrivati oggi al 40° anno, ma certo mi posso dire soprattutto soddisfatto di quando, con Decreto del Presidente della Repubblica, l’IGI è stato riconosciuto come “Associazione con Personalità Giuridica”, arrivando così ad essere equiparato a tutte le altre istituzioni similari in America, Inghilterra, Germania, Svizzera e Giappone.

Ci sono stati dei momenti difficili da superare?Come sempre in tutte le intraprese ci sono stati anche momenti difficili, ma la coesione dei soci ha permesso di andare oltre gli ostacoli con naturalezza e semplicità.

Chi sono, in generale,gli utenti di IGI e come sono mutate le loro esigenzenel tempo?L’IGI è oggi una struttura tecnico/scientifica di riferimento in campo gemmologico e, quindi, di interesse per chi opera nel settore orafo. Inoltre, per i giovani che sono appena entrati in questo settore o che ci vogliono entrare a pieno titolo, l’IGI organizza dei corsi di formazione concepiti e realizzati totalmente in Italia, di grande validità. L’IGI si è sempre mossa seguendo le esigenze dei fruitori, il che ci ha tenuto al passo con i tempi con grande orgoglio.

Ai professionisti che operano in IGI quali competenze particolari e quali principi deontologici sono richiesti?Oggi, in qualsiasi settore, vengono richieste competenze altamente professionali ed una deontologia trasparente: anche l’IGI, ovviamente, si basa su queste richieste.

Cosa Le ha dato IGI e cosa pensa di avergli dato?L’IGI, che considero un po’ una mia creatura, mi ha dato la soddisfazione di vederlo crescere, e crescere bene, mentre io penso di essere stato un valido supporto e punto di riferimento per la sua crescita.

Chi ricorda in modo speciale tra i Soci di IGI?Sono tutti cari, e anche in occasione di questa ultima rimpatriata per il 40° anniversario mi sono sentito particolarmente “a casa”, vale a dire circondato da affetto e rispetto, che contraccambio indistintamente a tutti.

Quali valori di vita e di lavoro ritiene di condividere maggiormente con IGI?Ritengo di potere sostenere che i valori fondamentali sono la perseveranza, l’impegno ed una forte convinzione di crescere.

Quali sono le sfide di oggie soprattutto di domaniper un ente come questo?Le sfide si rinnovano ogni giorno e, come dicevamo prima, al passo con i tempi e le esigenze dell’utenza. Quindi non posso dire esattamente quali saranno, ma posso asserire che sarà nostro preciso compito individuarle tempestivamente sviluppando nuove linee di attività

Cosa augura a IGIper i prossimi 40 anni?Auguro di potere procedere come ha fatto fino ad ora, con fermezza, decisione e grande dedizione, al raggiungimento di sempre maggiori e più importanti obiettivi.

“Fashion’s gemstones. Un percorso tra le tendenze della moda alla scoperta delle gemme” è l’accattivante titolo della conferenza che l’Istituto Gemmologico Italiano presenta quest’anno a VicenzaOro Winter, dove il 20 Gennaio interviene fra i relatori Loredana Prosperi, responsabile dei corsi di formazione e del laboratorio IGI.L’evento, introdotto dal Presidente dell’Istituto Paolo Valentini, intende sviscerare il rapporto tra moda e gioielli, focalizzandosi in particolare sulle pietre

preziose, di cui saranno illustrate le caratteristiche alla luce delle ultime proposte autunno/inverno sfilate in passerella o ammirate nelle più recenti collezioni orafe, così come in linea con i gusti del pubblico. Il convegno di IGI mira pertanto a delineare gli andamenti di mercato del prossimo futuro per offrire agli operatori indicazioni precise sulle gemme che riscuoteranno maggior successo e susciteranno più richieste nei mesi a venire.

Appuntamento con gemme e modaa VicenzaOro Winter 2014

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A Giugno si è tenuta a Istanbul la riunione dei Presidenti delle World Diamond Bourses, alla quale come Presidente ho rappresentato la Borsa Diamanti d’Italia.Qui sono stati discussi argomenti importanti per il nostro settore: l’accordo tra il Presidente della WFDB, Ernie Blom, e il Presidente CIBJO, Gaetano Cavalieri, è stato sicuramente il punto più interessante, perché sigla l’intento di cooperazione tra le due organizzazioni al fine di apportare a livello internazionale sviluppi positivi per il settore della gioielleria e quello del diamante.

A fine Agosto si è poi tenuta in Israele l’International Diamond Week, manifestazione organizzata dalle Borse di Israele e di New York, cui hanno avuto l’opportunità di far parte diverse aziende del settore. Tale evento sembra abbia avuto un discreto successo. Il mese di Settembre non è iniziato nel migliore dei modi.

La fiera di Hong Kong (la più importante al mondo nel settore della gioielleria e dei diamanti) non è andata come le attese. Alcune ditte indiane hanno cominciato a dare segni di sofferenza finanziaria. Per questo motivo le banche creditrici hanno iniziato a controllare le loro amministrazioni per valutare l’opportunità della prosecuzione dei finanziamenti.

La mia speranza è che il nostro mercato, in occasione delle feste natalizie, si possa riprendere e altresì fermare questa tendenza al ribasso.

Il Presidentedella Borsa Diamanti d’Italia

Moshe Sians

IL MERCATO DEL DIAMANTE NEL 2013

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Il mercato del diamante che, al contrario degli altri settori e dei mercati finanziari mondiali, non aveva subito significative flessioni nel corso del 2012, dopo la fiera di Anversa di quest’anno, tenutasi nel mese di Gennaio, ha iniziato a dare i primi segni di debolezza, manifestatasi dapprima con la riduzione a primavera dei prezzi del listino Rapaport e in seguito confermata con l’ulteriore diminuzione del suddetto listino a Luglio.

La tendenza al ribasso dei prezzi del tagliato non è stata corrisposta dal prezzo del grezzo, che invece si è mantenuto su livelli sostenuti a causa dei produttori che non si sono adeguati alla domanda del mercato.Poiché questa condotta è stata portata avanti da parte dei produttori indiscriminatamente, sia piccoli che grandi, è venuta a mancare la convenienza nel comprare il grezzo da parte delle taglierie, in quanto tagliando non vi erano più guadagni, ma perdite a causa della flessione del mercato.

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