15
ANALISI DELLA POTENZIALITA’ ECONOMICO-STRUTTURALE L’analisi costi-volumi-risultati rappresenta una tecnica di programmazione e controllo particolarmente diffusa con la quale si prevede o si verifica la capacità reddituale dell’impresa in considerazione di una data struttura aziendale, con particolare riferimento alla struttura dei costi 1 . Con tale strumento, pertanto, si opera quella che viene comunemente definita analisi della potenzialità economico-strutturale dell’impresa determinando, data una certa combinazione tra ricavi, costi fissi e costi variabili: 1. il livello produttivo necessario ad ottenere il pareggio economico (break even point); 2. il margine di contribuzione (unitario o assoluto); 3. il margine di sicurezza/deficit; 4. il punto di equilibrio finanziario (out of pocket recovery point); 5. il grado di leva operativa dell’impresa; Tale metodologia di analisi si basa, in realtà, su una serie di ipotesi semplificatrici che, se da un lato rendono lo strumento di facile utilizzo, dall’altro possono ledere sensibilmente la significatività dei risultati dell’analisi stessa. Rinviando ad altra parte del testo per l’approfondimento delle assunzioni di fondo che sono alla base di questo A cura di VALENTINO VECCHI. 1 Non vi è dubbio che tale metodologia, pur potendo essere utilizzata anche solo quale strumento di verifica su dati consuntivi (controllo susseguente), esprime la sua massima utilità quale metodologia a supporto dei processi decisionali e quindi quale attività di programmazione cui deve far seguito quella di controllo. 1

Gestione Imprese Tur

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Gestione imprese turistiche

Citation preview

Page 1: Gestione Imprese Tur

ANALISI DELLA POTENZIALITA’ ECONOMICO-STRUTTURALE

L’analisi costi-volumi-risultati rappresenta una tecnica di programmazione e controllo particolarmente diffusa con la quale si prevede o si verifica la capacità reddituale dell’impresa in considerazione di una data struttura aziendale, con particolare riferimento alla struttura dei costi1. Con tale strumento, pertanto, si opera quella che viene comunemente definita analisi della potenzialità economico-strutturale dell’impresa determinando, data una certa combinazione tra ricavi, costi fissi e costi variabili:

1. il livello produttivo necessario ad ottenere il pareggio economico (break even point);

2. il margine di contribuzione (unitario o assoluto);3. il margine di sicurezza/deficit;4. il punto di equilibrio finanziario (out of pocket recovery point);5. il grado di leva operativa dell’impresa;

Tale metodologia di analisi si basa, in realtà, su una serie di ipotesi semplificatrici che, se da un lato rendono lo strumento di facile utilizzo, dall’altro possono ledere sensibilmente la significatività dei risultati dell’analisi stessa. Rinviando ad altra parte del testo per l’approfondimento delle assunzioni di fondo che sono alla base di questo tipo di analisi, sembra il caso di richiamare solo quelle ipotesi che appaiono maggiormente stringenti. Ci si riferisce alla presunta costanza dei ricavi unitari e dei costi variabili unitari che nella determinazione grafica del punto di pareggio si traduce, come si vedrà, in funzioni lineari delle rette dei ricavi, dei costi variabili e quindi dei costi totali. In pratica, con tale assunzione si ipotizza che i livelli rispettivamente di vendita e di approvvigionamento non incidano sul prezzo del bene prodotto e sul suo costo variabile. Si tratta, per tanto, di supporre che l’impresa non faccia dipendere il prezzo di

A cura di VALENTINO VECCHI.1 Non vi è dubbio che tale metodologia, pur potendo essere utilizzata anche solo quale strumento di verifica su dati consuntivi (controllo susseguente), esprime la sua massima utilità quale metodologia a supporto dei processi decisionali e quindi quale attività di programmazione cui deve far seguito quella di controllo.

1

Page 2: Gestione Imprese Tur

vendita dal volume di produzione, come se fosse indifferente vendere 10 o 1.000 unità di prodotto, così come non riceva condizioni differenziate a seconda se si approvvigioni di 1.000 o di 10. Si tratta, a ben vedere, non dell’assenza di politiche di sconti e abbuoni (fatti e ricevuti), bensì dell’invariabilità di tali politiche al variare dei quantitativi venduti o acquistati. E’ intuibile che questa rappresenta una condizione difficilmente riscontrabile nella realtà ed è in tal senso che si vuole raccomandare la massima prudenza allorquando si adotti tale metodologia e, soprattutto, se ne interpretino le risultanze.

Sembra evidente, per quanto finora detto, che la prima attività da compiere per effettuare l’analisi costi-volumi-risultati, è l’analisi dei costi, distinguendo quelli fissi da quelli variabili: per costi fissi si intendono quei costi la cui variazione non è correlata al volume produttivo dell’impresa; per costi variabili, viceversa, devono intendersi quei costi che variano in funzione del livello di produzione. In realtà, a ben vedere, la maggior parte dei costi aziendali non può mai intendersi completamente fissa o completamente variabile coesistendo, generalmente, un consumo correlato ai volumi di vendita ed un consumo viceversa da essi indipendente. In tal caso, ai fini di un’analisi corretta, si porrebbe l’esigenza di scindere la singola voce di costo nelle due componenti, ma in tal caso si incorrerebbe nel problema di individuare un criterio corretto per l’individuazione della componente fissa nonché di quella variabile2. Tuttavia, quando è possibile ritenere che una delle due componenti prevalga nettamente sull’altra, per superare l’ostacolo si preferisce considerare lo specifico costo completamente fisso o completamente variabile in considerazione della componente prevalente. Altra osservazione necessaria ad una corretta analisi dei costi riguarda l’impossibilità di ritenere, aprioristicamente, una specifica voce di costo fissa o variabile. E’ possibile, infatti, che costi generalmente fissi abbiano natura variabile in un particolare tipo di impresa e viceversa. Così, ad esempio, il consumo di energia elettrica, che assume, generalmente una valenza essenzialmente variabile in un’impresa industriale, potrebbe essere considerato un costo fisso per un negozio di abbigliamento che terrà illuminato il locale nel rispetto degli orari di apertura al pubblico indipendentemente dal volume d’affari realizzato. Analogamente, gli ammortamenti, che rappresentano tipicamente un costo fisso, 2 Se l’impresa non è in fase di start-up si può cercare di risolvere il problema osservando il grado di correlazione tra la specifica voce di costo ed il livello di produzione dell’impresa per un arco di tempo significativo.

2

Page 3: Gestione Imprese Tur

Ue

possono considerarsi essenzialmente variabili in una società di leasing3 che non disponga di significative immobilizzazioni per la propria struttura. In tal caso, infatti, il suo attivo immobilizzato, derivante dall’acquisizione di immobilizzazioni successivamente concesse in leasing ai clienti, risulterebbe fondamentalmente correlato al volume d’affari dell’impresa4.

L’analisi della potenzialità economico strutturale può essere sviluppata sia analiticamente che graficamente. La determinazione grafica consiste nella rappresentazione del diagramma di redditività, sul quale, tracciando la retta dei ricavi e quella dei costi totali (quale somma dei costi fissi e dei costi variabili) si delimitano l’area delle perdite e quella dei profitti. Per livelli di produzione (Q1) inferiori a quello di pareggio (Qbep) si determinerà una perdita (Pe); viceversa, per livelli di produzione (Q2) superiori a quello di pareggio (Qbep) si determinerà un utile (Ue).Rinviando ad altra parte del testo per gli opportuni approfondimenti in merito alla determinazione grafica del punto di pareggio, si vuole di seguito proporre un esempio di diagramma di redditività necessario a comprendere meglio ciò che sarà detto nel prosieguo.

3 Le società di leasing sono quelle società che, su richiesta del cliente, acquistano un’immobilizzazione per locargliela. In tal modo l’utilizzatore del cespite se ne assicura la disponibilità senza doverne sostenere il costo d’acquisto ma pagando unicamente un canone alla società di leasing che glielo ha locato e che rimane proprietaria del bene (ed è quindi soggetta all’ammortamento) fino all’eventuale riscatto che l’utilizzatore può generalmente esercitare alla scadenza del contratto di leasing. Questa generica definizione può essere ulteriormente approfondita distinguendo il leasing finanziario dal quello operativo: mentre nel primo caso la società di leasing assolve una funzione meramente finanziaria in quanto le problematiche di gestione dell’impianto sono gestite direttamente dal cliente gravano, nel secondo caso è la stessa società di leasing che si occupa di tutte le problematiche legate al mantenimento dell’impianto (manutenzione, assicurazione, etc.).4 L’analisi dei costi può indurre ad una diversa attribuzione tra costi fissi e costi variabili anche tra diverse imprese del medesimo settore. Si pensi, ad esempio, al caso di due imprese alberghiere che entrambe affidano a ditte esterne il servizio navetta necessario a collegare aeroporto ed albergo. In tal caso, qualora l’accordo con il vettore esterno preveda un corrispettivo fisso, indipendente dal numero di corse effettuate e di clienti trasportati, si avrebbe un costo fisso, qualora, invece, il costo del vettore dipendesse dal numero di clienti trasportati si avrebbe un costo variabile.

3

costi e ricavi

quantità o fatturato

AREA DELLE

PERDITE

AREA DEI PROFITTI

1-a

a

QB.E.P.Q1

Margine di deficit

Margine di sicurezza

CF

CV

CTRT

K

P

Q2

Diagramma di redditività

Page 4: Gestione Imprese Tur

L’analisi costi-volumi-risultati tende, in primo luogo, a determinare il livello di produzione (definito per l’appunto break even point), in quantità o in valore (fatturato), necessario a coprire tutti i costi di produzione: quanto minore risulterà tale livello maggiore sarà la potenzialità economico strutturale dell’impresa. Graficamente il b.e.p. è determinato dalla proiezione sull’asse delle ascisse del punto (P) in cui si incontrano la retta dei ricavi e quella dei costi totali ed il miglioramento della potenzialità economico strutturale è espressa dallo spostamento verso sinistra del b.e.p.

Per la determinazione analitica del volume di pareggio è possibile far ricorso alle seguenti formule:

b.e.p. (in valore) = CF/(1-a)b.e.p. (in quantità)5 = CF/(Ru – CVu)

in cui:

CF = totale dei costi fissi;a = rapporto tra costi variabili totali e ricavi totali (CVt/Rt);Ru = ricavo unitario, ossia il prezzo di vendita del prodotto;CVu = costo variabile unitario, ossia il costo variabile necessario a produrre un singolo pezzo.5 Da tale formula è possibile ricavare il prezzo unitario di vendita che sarà così determinato:

Ru = CF/Qbep + CVu

Tale relazione diventa importante allorquando si voglia determinare quale debba essere il prezzo di vendita del prodotto per ottenere il pareggio con un predeterminato quantitativo di produzione e considerato il livello dei costi fissi ed il costo variabile necessario alla produzione di ciascuna unità.

4

Pe

Page 5: Gestione Imprese Tur

La seconda delle due formule proposte, determinando il volume di produzione necessario all’ottenimento del pareggio economico, si addice unicamente ad imprese mono-prodotto o alla verifica del b.e.p. di una specifica area strategica d’affari: non avrebbe senso, diversamente, discorrere di quantità (in termini fisici) di pareggio riferendosi a più tipologie di prodotto. Viceversa, la prima formula, esprimendo il b.e.p. in valore monetario, può adattarsi anche a produzioni differenziate, salvo, tuttavia, ipotizzare l’invariabilità della gamma e del “peso” assunto da ciascun prodotto sul totale del fatturato aziendale.

E’ evidente come il punto di pareggio sia strettamente dipendente dalla combinazione costi variabili – costi fissi. Tanto maggiori risultano i costi variabili, a parità di costo totale, tanto minore è il livello di produzione e vendita necessario per il pareggio economico e quindi migliore è la potenzialità economico strutturale dell’impresa6.Per verificare quanto detto si consideri il seguente schema in cui sono riportate due aziende che presentano uguale volume d’affari ed il medesimo livello dei costi totali (e quindi uguale reddito operativo).

Impresa A Impresa BRicavi totali 200 200Costi variabili totali 100 30Margine di contribuzione 100 170Costi fissi totali 30 100Reddito operativo 70 70     b.e.p. (in valore) 60 118

E’ possibile verificare che l’impresa A, in cui prevalgono i costi variabili, presenta un livello di pareggio inferiore.

Elemento estremamente importante che si mette in risalto con tale tecnica di analisi è il margine di contribuzione. Esso, sebbene possa essere calcolato anche in valori assoluti7, esprime la sua massima capacità informativa allorquando è calcolato in valore unitario (per singolo pezzo prodotto e venduto) o percentuale sul 6 E’ evidente che una delle condizioni indispensabili affinché vi possa essere equilibrio tra ricavi e costi è la condizione Ru > CVu. Se il prezzo di vendita del prodotto non fosse sufficiente a coprire i costi variabili unitari, infatti, dalla vendita non residuerebbe nulla per la copertura dei costi fissi ma, anzi, si genererebbero perdite crescenti all’aumentare dei volumi venduti. Graficamente ci si troverebbe dinanzi alla situazione in cui la retta dei costi variabili si troverebbe sempre al di sopra di quella dei ricavi.7 Si vedrà che il margine di contribuzione in valore assoluto è necessario per la determinazione del grado di leva operativa.

5

Page 6: Gestione Imprese Tur

prezzo di vendita. Il margine di contribuzione unitario (o percentuale) esprime la parte del prezzo di vendita che residua dopo la copertura dei costi variabili ed è quindi destinata alla copertura dei costi fissi prima di aver raggiunto il b.e.p. ed alla generazione di profitto dopo aver superato il punto di pareggio economico. Da questa definizione consegue che Qbep è la quantità di produzione che consente di coprire il totale dei costi fissi sommando il margine di contribuzione di ciascuno dei Qbep beni venduti e che Ue è il profitto ottenuto sommando il margine di contribuzione di ciascuna unità prodotta e venduta oltre il volume di pareggio (Q2 – Qbep).Il margine di contribuzione, analiticamente, è pari ad 1 – a (va moltiplicato per 100 qualora lo si voglia percentualizzare) e graficamente è rappresentato dall’ampiezza dell’angolo determinato dall’incrocio della retta dei ricavi con quella dei costi totali. E’ evidente come anche il margine di contribuzione sia strettamente dipendente dalla relazione che intercorre tra ricavi, costi fissi e costi variabili. Tanto più prevarranno i costi fissi sul totale dei costi, a parità di questi ultimi e dei ricavi totali, tanto maggiore sarà il margine di contribuzione8: ciò implica l’aumento della quantità da produrre e vendere per ottenere il pareggio economico (peggiora la potenzialità economico strutturale) ma, superato il bep, aumenta l’incremento di reddito per ogni unità addizionale di prodotto venduto (questo, come si vedrà, implica un maggiore grado di leva operativa).

Altro elemento estremamente importante che è possibile calcolare una volta determinato il b.e.p., è il margine di sicurezza che è dato dalla differenza tra il volume di produzione e vendita realizzato, o atteso, ed il livello di pareggio.

Margine di sicurezza (in valore) = Valore della produzione realizzata o attesa – B.e.p. (in valore)

Margine di sicurezza (in volumi) = Volumi di produzione realizzati o attesi – B.e.p. (in volumi)

Tale differenza, che viene definita margine di deficit qualora assuma valore negativo (ossia quando i volumi realizzati o attesi non raggiungano quelli di pareggio) può essere utilmente 8 Ciò, graficamente, comporta l’ampliamento dell’angolo dell’area dei profitti.

6

Page 7: Gestione Imprese Tur

percentualizzata rapportandola al volume corrispondente alla massima potenzialità degli impianti. Mentre il margine di sicurezza rappresenta la contrazione massima che può subire il fatturato prima che si giunga nell’area delle perdite, il margine di deficit rappresenta l’espansione del fatturato necessaria ad ottenere il pareggio economico. E’ possibile verificare quanto affermato con un semplice esempio. Nella tabella seguente si è calcolato il b.e.p. ed il margine di sicurezza dell’impresa A al tempo 0 e si è poi ipotizzata una contrazione del fatturato, al tempo 1, pari esattamente al margine di sicurezza al tempo 0.

Immaginando una contrazione del fatturato pari al margine di sicurezza, è facile verificare come il risultato economico dell’impresa si azzeri e, con esso, il margine di sicurezza9.

La determinazione del margine di sicurezza risulta fondamentale almeno in due circostanze. Anzitutto allorquando ci si trova in condizioni di incertezza in riferimento al futuro scenario di mercato e si vuole quindi misurare quanto l’impresa sia al riparo da eventuali contrazioni del volume d’affari. Altro caso, invece, è quello in cui si vuole conoscere qual è il margine di sicurezza dell’impresa per valutare l’opportunità di porre in essere modifiche alla struttura dei costi al fine di aumentare il margine di contribuzione (e quindi il grado di leva

9 Se si è compreso tutto quanto finora spiegato, dovrebbe essere chiaro come l’invariabilità del b.e.p. non rappresenti una mera coincidenza. Il margine di contribuzione, infatti, è rimasto invariato data la medesima variazione percentuale dei ricavi totali e dei costi variabili totali. A tal proposito sembra opportuno puntualizzare ciò che potrebbe dar adito a qualche perplessità: Sebbene si sia ipotizzata una contrazione del fatturato pari al 20% (margine di contribuzione) del fatturato raggiungibile con il massimo sfruttamento degli impianti, i ricavi sono diminuiti del 30% rispetto alla situazione precedente ed è a questa percentuale che occorre far riferimento per determinare la conseguente contrazione dei costi variabili.

Impresa A0 Impresa A1

Ricavi con sfruttamento massimo degli impianti

150

Ricavi totali 100 70Costi variabili totali 50 35margine di contribuzione 50 35Costi fissi totali 35 35Reddito operativo 15 0     b. e. p. (in valore) 70 70margine di sicurezza (%) 20% 0%

7

Page 8: Gestione Imprese Tur

operativa) ma rischiando di ridurre sensibilmente la potenzialità economico strutturale dell’impresa.

Oltre al punto di pareggio può essere utile calcolare l’ out of pocket recovery point, anche detto punto di equilibrio finanziario (p.e.f.). Esso misura il volume di produzione e di vendita in cui le entrate rivenienti dai ricavi risultano uguali alle uscite relative ai costi di gestione. Per la determinazione analitica del p.e.f. è possibile utilizzare le medesime formule viste per il calcolo del b.e.p. facendo attenzione a considerare quali costi fissi e costi variabili unicamente quelli che generano esborsi monetari. Si tratta, esemplificando, di non considerare le quote di ammortamento ed accantonamento al fondo TFR tra i costi fissi e le quote di accantonamento per svalutazione dei crediti tra i costi variabili10. La verifica del raggiungimento del p.e.f. può essere importante soprattutto in fase di start up dell’impresa, in cui è fisiologico che non si raggiunga l’equilibrio economico. In tali casi già l’ottenimento dell’equilibrio finanziario può considerarsi un risultato positivo.Tutto ciò sottende una considerazione derivante dalla stessa modalità di calcolo del punto di equilibrio finanziario e cioè che il p.e.f. si raggiunge sempre per volumi inferiori a quelli del b.e.p. Graficamente ciò comporta che il p.e.f. si trova sempre alla sinistra del b.e.p. in quanto mentre la retta dei ricavi mantiene invariata la propria forma, la retta dei costi totali monetari sarà più bassa di quella dei costi totali in considerazione sia del minor livello dei costi fissi monetari, sia del minor coefficiente angolare della retta dei costi variabili monetari: ciò si traduce, graficamente, in un appiattimento delle rette dei costi variabili monetari e, di conseguenza, dei costi totali monetari. Inoltre, la distanza che intercorre tra la retta dei ricavi e quella dei costi totali monetari, misurerà, qualora si sia superato il p.e.f., il cash flow finanziario dell’azienda.

Dalla struttura dei costi, infine, dipende il grado di leva operativa dell’impresa: esso rappresenta il moltiplicatore che determina la variazione percentuale che subisce il reddito operativo in considerazione di una data variazione percentuale del

10 E’ evidente che qualora già si disponga dei valori totali dei costi fissi e dei costi variabili basterà sottrarre a detti importi i costi che non generano esborso monetario.

8

Page 9: Gestione Imprese Tur

fatturato ed è espressione, quindi, della “velocità” con cui l’impresa riesce a generare profitto: maggiore risulterà il grado di leva operativa maggiore sarà l’incremento di reddito operativo per un dato incremento del fatturato. Volendo esemplificare, se un’impresa con grado di leva operativa pari a 2 ottiene un incremento del fatturato pari al 10%, l’incremento del reddito operativo risulterà pari al 20% (10% x 2). Il grado di leva operativa di un’impresa si determina rapportando il margine di contribuzione in valore assoluto (ricavi totali – costi variabili totali) al reddito operativo. In formule:

GLO = (Rt – CVt)/(Rt – CVt – CF)

Dalla formula si evince che il grado di leva operativa di un’impresa dipende dalla struttura dei costi. In particolare, quanto maggiore è il peso dei costi fissi sul totale dei costi, a parità di questi ultimi e dei ricavi totali, maggiore è il grado di leva operativa. Per dimostrare quanto detto si consideri l’esempio riportato nel seguente schema.

L’impresa A e l’impresa B hanno lo stesso volume d’affari, lo stesso livello dei costi totali e dunque il medesimo reddito operativo. Tuttavia, mentre l’impresa A sfrutta maggiormente i costi variabili, l’inverso accade nell’impresa B. Ciò determina un grado di leva operativa pari a 1,5 nell’impresa A e a 4,5 nell’impresa B.

Compreso come anche il grado di leva operativa, similmente al break even point ed al margine di contribuzione, sia funzione della struttura dei costi dell’impresa, occorre fare un ultimo sforzo per esplicitare la relazione che lega questi tre concetti; relazione a cui già si è fatto implicito riferimento in più occasioni.

Impresa A Impresa BRicavi totali 150 150Costi variabili totali 120 60Margine di contribuzione 30 90Costi fissi totali 10 70Reddito operativo 20 20     grado di leva operativa 1,5 4,5

9

Page 10: Gestione Imprese Tur

Si è visto che mentre all’aumentare dell’incidenza dei costi fissi

peggiora la potenzialità economico strutturale perché sarà necessario vendere di più per ottenere il pareggio economico, allo stesso tempo, la velocità con cui si genera profitto, una volta superato il b.e.p., sarà maggiore per l’incremento del grado di leva operativa che comporta un aumento del margine di contribuzione11. Tutto ciò è dimostrato dal seguente schema con il quale si mettono a raffronto due imprese che al tempo 0 presentano il medesimo volume d’affari ed il medesimo reddito operativo, ma che sono caratterizzate da una diversa struttura dei costi12.

11 Graficamente l’incremento del grado di leva operativa è misurato dall’incremento del margine unitario di contribuzione e, quindi, dall’ampliamento dell’angolo determinato dall’incrocio della retta dei ricavi e di quella dei costi totali. 12 Si sarà notato come per lo sviluppo di qualsiasi analisi comparativa volta ad esplicitare le relazioni esistenti tra la struttura dell’impresa ed i risultati aziendali, è necessario ipotizzare, quale situazione di partenza, il medesimo volume d’affari ed il medesimo livello dei costi totali, con conseguente medesimo reddito dell’impresa. E’ possibile verificare, infatti, che variando simultaneamente il valore della produzione, il totale dei costi e la struttura dei costi stessi (costi variabili – costi fissi), si potrebbero generare situazioni che sembrerebbero contraddire le relazioni finora messe in evidenza.

Impresa A0 Impresa A1 Impresa B0 Impresa B1

Ricavi totali 150 195 150 195Costi variabili totali 120 156 60 78margine di contribuzione 30 39 90 117Costi fissi totali 10 10 70 70Reddito operativo 20 29 20 47         grado di leva operativa 1,5   4,5  break even point 50   117  margine di contribuzione (%) 20%   60%  

10

Page 11: Gestione Imprese Tur

In tal caso, oltre al grado di leva operativa si è calcolato anche il b.e.p. ed il margine di contribuzione delle due imprese per mettere in evidenza come l’impresa A, che sfrutta maggiormente i costi variabili, se da un lato ha un b.e.p. inferiore e quindi una migliore potenzialità economico strutturale, dall’altro ha un minor grado di leva operativa ed un margine di contribuzione più basso e ciò comporta una maggior lentezza, rispetto a B, nella generazione del profitto. Ipotizzando, infatti, un medesimo incremento del fatturato per le due aziende pari al 30%, è possibile verificare che mentre l’impresa A vede crescere il suo reddito operativo del 45% (1,5 x 30%), quello dell’impresa B aumenta del 135% (4,5 x 30%). Analizzando le variazioni in termini assoluti anziché in percentuali, mentre il reddito operativo di A è aumentato di 9, determinato da un margine di contribuzione del 20% applicato ad un incremento del fatturato di 45, il reddito operativo di B è aumentato di 27, determinato da un margine di contribuzione del 60% applicato ad un incremento del fatturato sempre di 4513.

Volendo concludere con una metafora, è possibile quindi dire che, generalmente, potenzialità economico strutturale e leva operativa rappresentano le due estremità di un letto il cui lenzuolo è troppo corto: migliorare l’una significa peggiorare l’altra e viceversa. E’ proprio questo rapporto, infine, che fa del grado di leva operativa un indicatore del rischio operativo dell’impresa: maggiore è il grado di leva operativa dell’impresa, maggiore è il livello di produzione necessario ad ottenere il pareggio economico e, quindi, maggiore è il rischio operativo.

13 Questo esempio dovrebbe valere a chiarire come, in realtà, margine di contribuzione e grado di leva operativa rappresentino due modalità differenti per misurare la variazione del reddito operativo dell’impresa al variare del volume d’affari. In particolare, mentre il margine di contribuzione serve per misurarne la variazione in valore, il grado di leva operativa serve per misurarne la variazione percentuale.

11