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ANNO ACCADEMICO 2014 -2015 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE, STUDI UMANISTICI E INTERNAZIONALI: STORIA, CULTURE, LINGUE, LETTERATURE, ARTI, MEDIA CORSO DI LAUREA: Lingue per la Didattica, l’Editoria, l’Impresa Flipped Classroom: oltre la lezione frontale nell’era 2.0 Relatore: Chiar.ma Prof.ssa FLORA SISTI Tesi di laurea di: ELEONORA RICCI

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE, STUDI ... · anno accademico 2014 -2015. universitÀ degli studi di urbino carlo bo. dipartimento di scienze della comunicazione, studi

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ANNO ACCADEMICO 2014 -2015

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE, STUDI UMANISTICI E INTERNAZIONALI: STORIA, CULTURE, LINGUE,

LETTERATURE, ARTI, MEDIA

CORSO DI LAUREA:

Lingue per la Didattica, l’Editoria, l’Impresa

Flipped Classroom:

oltre la lezione frontale nell’era 2.0

Relatore: Chiar.ma Prof.ssa

FLORA SISTI

Tesi di laurea di:

ELEONORA RICCI

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Indice

Introduzione 1

Capitolo 1

La Flipped Classroom 6

1.1. Il modello della Flipped Classroom 7

1.2. L’insegnante come facilitatore 10

1.2.1. L’insegnante come ricercatore 12

1.3. Lo studente 14

1.4. Valutazione autentica 17

1.5. Come organizzare il tempo scolastico 19

Capitolo 2

Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom 23

2.1. Problem-Based Learning 24

2.2. Peer Instruction 25

2.3. Cooperative Learning 27

2.3.1. Cooperare VS collaborare 30

2.4. Inquiry-Based Learning 31

Capitolo 3

L’uso delle TIC nel Flipped Learning 34

3.1. Competenze digitali in ambito didattico 34

3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools 37

3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom 39

3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo 42

3.2.2. Supporti digitali 44

3.3. La videolezione 48

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Capitolo 4

Flipped Classroom: uno spazio di apprendimento democratico 53

4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico 53

4.2. Zona di Sviluppo Prossimale 56

4.3. La necessità di uno spazio flessibile 57

4.3.1. Classi 2.0 e 3.0 61

4.3.2. TEAL 66

4.3.3. La classe scomposta 68

Capitolo 5

La Flipped Classroom negli istituti marchigiani 71

5.1. Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara 73

5.1.1. Attività didattiche proposte per il Flipped Learning 84

5.2. Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona 87

5.2.1. Osservazione diretta 89

5.3. Questionario studenti 101

5.3.1. Discussione dei dati 112

5.4. Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”:

progetto KA2 114

Capitolo 6

La Flipped Classroom in Italia e nel mondo 116

Conclusione 121

Appendice 123

Bibliografia 143

Sitografia 148

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Introduzione

Con il termine Flipped Classroom si indica un metodo didattico

innovativo che inverte i due momenti costitutivi della lezione tradizionale:

quello della spiegazione e quello dei compiti. Al contrario di quanto accade

solitamente, infatti, nelle classe capovolta il contenuto viene affrontato

autonomamente a casa dagli studenti e gli esercizi vengono svolti in classe

con l’aiuto dell’insegnante e in maniera collaborativa con i compagni.

Nonostante la sua recente propagazione, la Flipped Classroom rimane

ancora un metodo poco diffuso nei contesti scolastici italiani e crea spesso

un acceso dibattito tra docenti. Tuttavia il progresso tecnologico in

continua evoluzione, che ha coinvolto e plasmato l’intera società, non ha

risparmiato la pratica didattica, dalla quale esige una conversione radicale

nel modo di insegnare e di apprendere. In questo senso la classe capovolta

rappresenta un modello di insegnamento alternativo e innovativo che

risponde alle esigenze degli studenti moderni ai quali sono richieste

competenze sempre più specifiche e pratiche, nel percorso scolastico prima

e nel mondo del lavoro poi. La classe rovesciata rappresenta dunque il

fulcro della mia ricerca, indagato nei suoi aspetti costitutivi ed in

particolare valutato attraverso i cambiamenti che tale innovazione può

introdurre in un contesto scolastico concreto.

Il primo capitolo tenta di definire esaustivamente il metodo della classe

capovolta, fondato e diffuso nel 2007 da due insegnanti di chimica

americani, Aaron Sams e Jonathan Bergmann, con lo scopo di risolvere il

problema dell’abbandono scolastico precoce in alcune aree periferiche del

Colorado. Ciò che si evince è che se da un lato l’introduzione della classe

capovolta, nella didattica tradizionale, può facilitare la trasmissione dei

contenuti e accrescere la motivazione degli studenti, dall’altro comporta un

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riassetto completo del contesto scolastico ed una rivalutazione del rapporto

docente-studente. In tal senso si passa da un contesto teacher-centered, in

cui le informazioni vengono trasmesse frontalmente dal docente agli

studenti, ad un ambiente student-centered in cui la conoscenza non viene

veicolata bensì costruita sotto la guida dell’insegnante, che opera in qualità

di facilitatore promuovendo lavori di cooperazione e collaborazione tra

discenti, che diventano così responsabili del proprio processo di

apprendimento. L’insegnante si trova di conseguenza ad affrontare un

contesto didattico nuovo per cui è necessario che esso agisca come

professionista riflessivo (Schön, 1963), per valutare l’innovazione in tutte

le sue sfaccettature e adeguarla al proprio contesto didattico. Allo stesso

modo la posizione dello studente subisce una profonda trasformazione, che

prevede un ribaltamento della piramide della Bloom’s Taxonomy (2001):

se la lezione frontale è incentrata soprattutto sulla memorizzazione e sulla

comprensione, nella classe capovolta il fulcro è rappresentato da attività

che stimolino la creazione, la valutazione, l’analisi e l’applicazione degli

argomenti affrontati. Considerando l’insegnamento nella sua totalità va

sottolineato che anche il metodo di valutazione e il tempo scolastico

richiedono un adeguamento sostanziale, funzionale al processo di

capovolgimento.

Nel momento in cui la spiegazione viene fruita dagli studenti

autonomamente, il tempo liberatosi in classe deve essere accuratamente

gestito attraverso attività finalizzate ad un apprendimento significativo che

possano fungere da supporto al ruolo attivo degli studenti. A tale scopo la

classe capovolta si serve di metodi didattici differenti che possano

rispondere ai diversi stili cognitivi degli studenti e creare un contesto

sempre più collaborativo. Il Problem-Based Learning, la Peer Instruction,

il Cooperative Learning e l’Inquiry-Based Learning sono solo alcuni dei

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metodi, presi in analisi nel secondo capitolo, basati su un coinvolgimento

attivo degli studenti a partire da un problema concreto, da un campo di

indagine o da un apprendimento stimolato tra pari.

Nel terzo capitolo viene affrontato l’argomento delle TIC (Tecnologie

dell’Informazione e della Comunicazione), ossia tutti gli hardware e i

software utili per l’attuazione della classe capovolta e necessari per ridurre

il divario che intercorre tra i docenti, spesso poco competenti in materia e

gli studenti, definiti al contrario nativi digitali. La competenza digitale è

una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente individuate

dall’Unione Europea. La scuola italiana, muovendosi in questa direzione,

ha promosso diversi progetti per la realizzazione di una didattica digitale, al

fine di sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. I supporti

digitali sono risultati capaci di promuovere un insegnamento democratico

che sappia tener conto delle diverse velocità di apprendimento ed

agevolano una comprensione multimediale, che avviene cioè stimolando

sfere sensoriali diverse che concorrono all’assorbimento di informazioni.

Allo stesso modo PC, LIM e tablet hanno esteso i limiti spaziali dell’aula in

senso stretto, offrendo la possibilità di intraprendere attività collaborative

in presenza o a distanza. Nel terzo capitolo, un paragrafo consistente viene

dedicato alla videolezione, in quanto elemento centrale della Flipped

Classroom, in grado di creare Episodi di Apprendimento Situato (EAS), in

cui il processo di insegnameno-apprendimento viene trasferito quindi in un

contesto informale e quotidiano. Sebbene la lezione video sia considerata

particolarmente efficace in termini di motivazione e di assimilazione dei

contenuti, non rappresenta l’unico mezzo a disposizione con cui sostituire

la spiegazione tradizionale.

Il quarto capitolo dibatte sul tema della classe capovolta come metodo

altamente efficace in termini di apprendimento democratico (Dewey,

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1916). Spostando infatti il momento della spiegazione a casa, in classe il

docente ha più tempo per aiutare gli studenti in difficoltà e lavorare su

problemi concreti, creando un ambiente didattico più appropriato e

dinamico, che vada ad influire anche su ciò che Vygotsky definisce Zona di

Sviluppo Prossimale (1986), ossia l’area di possibile sviluppo del singolo

allievo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci.

Parlare di ambiente di apprendimento in questo caso riguarda sia il contesto

teorico di applicazione della classe capovolta, sia lo spazio fisico in cui

essa trova la sua attuazione. A tale proposito emerge la necessità di creare

uno spazio fisico flessibile, che possa favorire l’acquisizione di competenze

oltre che di conoscenze, che sia in grado di adeguarsi alle diverse

intelligenze e stili cognitivi degli studenti e che sfrutti le potenzialità delle

nuove tecnologie, fonte inesauribile di informazioni. Il progetto Classi 2.0 e

lo spazio TEAL sono un chiaro esempio di come il progresso tecnologico

integri continuamente e progressivamente la realtà scolastica nazionale; la

classe scomposta di Dianora Bardi (2014) invece rappresenta un radicale

cambiamento dello spazio fisico e psicologico della classe. Nel caso della

Flipped Classroom un ambiente costruttivista si rivela di fondamentale

importanza per il successo delle attività da svolgere, degli obiettivi da

raggiungere e delle competenze da sviluppare.

Il quinto capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e

riguarda l’osservazione del metodo Flipped in contesti didattici reali, nel

territorio marchigiano, in cui tale modello è già applicato o vuole essere

introdotto. In tale sezione l’intento è quello di far emergere, in contesti

differenti e attraverso strumenti di indagine diversi, i punti di vista di

coloro che sono coinvolti attivamente nel processo di capovolgimento: gli

insegnanti e i discenti. La figura del docente viene indagata nel suo

processo di creazione e produzione di lezioni capovolte, finalizzate ad un

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apprendimento attivo ed efficace. Attraverso l’uso di un questionario

invece si è cercato di esplorare il coinvolgimento dello studente operante in

un contesto capovolto e di fare emergere la personale percezione riguardo

al cambiamento derivante da tale innovazione, nel proprio percorso di

apprendimento.

Infine il sesto capitolo riporta brevemente alcune esperienze di Flipped

Learning, evidenziando la rilevanza che il metodo sta progressivamente

acquisendo nel panorama nazionale ed internazionale e soprattutto

riflettendo sulla sua interdisciplinarità, dalla quale emerge un continuo

dialogo ed una incessante negoziazione tra la didattica ed i vari ambiti della

società, siano questi sociali o tecnologici.

Occorre precisare che ciò che emerge dall’analisi teorica e pratica della

classe capovolta e dai contesti scolastici concreti osservati viene presentato

senza alcuna pretesa statistica o scientifica, bensì con l’unico obiettivo di

voler trattare in maniera critica un modello ancora poco sperimentato ed

indagato, ma che presenta chiaramente molteplici potenzialità.

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Capitolo 1

La Flipped Classroom

It is amazing to me how in all the hoopla and debate these days about

the decline of education in the US we ignore the most fundamental of

its causes. Our students have changed radically. Today’s students are

no longer the people our educational system was designed to teach.

(Prensky, 2001)1

L’avvento del progresso tecnologico che ha coinvolto il ventesimo

secolo, ha radicalmente incrementato le possibilità di comunicare tra gli

individui, eliminando qualsiasi barriera fisica e culturale. Le nuove

tecnologie, che hanno ‘invaso’ in maniera massiccia la nostra quotidianità,

sono diventate elementi indispensabili per la creazione e la fruizione di

sapere e conoscenza. Oltre ad aver determinato un radicale cambiamento

culturale e tecnologico, le nuove tecnologie hanno prodotto una frattura

generazionale che coinvolge da un lato quelli che Prensky (2001) definisce

Digital Natives2, ossia i nativi digitali e dall’altro i cosiddetti Digital

Immigrants o immigrati digitali.

Con il termine Digital Natives, Prensky identifica la prima generazione

di giovani cresciuta nell’era tecnologica e che usa abilmente e

costantemente le nuove tecnologie come PC, cellulari, video games,

Internet. I Digital Immigrants, invece, appartengono a quella generazione

che convive con le tecnologie adattando i propri comportamenti alla nuova

dimensione del linguaggio digitale. Considerando l’ambito didattico, il

problema maggiore scaturisce dal fatto che le due generazioni a confronto,

alle quali appartengono rispettivamente discenti e docenti, sembrano creare

e processare informazioni in modi differenti, dando luogo ad un divario 1 Prensky, M. (2001). Digital natives, digital immigrants, part 1. On the horizon, 9 (5), 1-6, p.1.

http://www.nnstoy.org/download/technology/Digital+Natives+-+Digital+Immigrants.pdf (ultimo accesso

07/01/2016). 2 I Digital Natives sono anche definiti come Net-gen (Net Generation) o D-gen (Digital Generation).

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difficile da colmare. È proprio per tale ragione che la scuola tradizionale si

è trovata impotente davanti al cambiamento e fatica a proporre strategie

didattiche che possano abbracciare le capacità e competenze degli alunni

moderni. Dal bisogno e dalla volontà di creare una didattica più stimolante

ed efficace nasce l’idea del metodo Flipped Classroom.

1.1 Il modello della Flipped Classroom

La Flipped Classroom, o classe capovolta3, pone le sue basi già a partire

da metodi definiti Inverted Instruction ed Inverted Classroom sviluppati

attorno al 2000 (Rivoltella P., 2013: 49), ma la diffusione del modello

Flipped avviene ufficialmente nel 2007 grazie al lavoro di Jonathan

Bergmann e Aaron Sams, due insegnanti di chimica nella Woodland Park

High School del Colorado. Dopo aver notato un’alta percentuale di studenti

assenti durante le loro lezioni di chimica, entrambi decidono di cercare una

soluzione al problema, dal momento che questo significava per gli studenti

avere profonde lacune in materia. Nello stesso anno Sams inizia

casualmente ad utilizzare un programma capace di registrare lezioni in

Power Point, supportate dalla voce audio del professore, comprendendone

immediatamente il potenziale. Bergmann e Sams divengono ben presto

consapevoli del fatto che potendosi avvalere delle spiegazioni

individualmente, gli studenti “can receive content on their own”

(Bergmann, Sams, 2012: 5). Se da un lato la presenza fisica del docente,

quindi, non è indispensabile per la fruizione dell’argomento, dall’altro lo è

per il supporto durante gli esercizi e le varie attività. Ha inizio così la

sperimentazione del metodo Flipped Classroom che conduce fin dal

3 In spagnolo tradotto con Clase invertida o Clase al revés. I fondatori del metodo Flipped Classroom,

Jonathan Bergmann e Aaron Sams, ci tengono a precisare che il termine non fu utilizzato da loro per la

prima volta, ma coniato con successo da alcuni media.

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principio a risultati significativi in termini di successo, oltre a risolvere il

problema della scarsa frequenza da parte degli studenti.

Bergmann e Sams descrivono il metodo appena inaugurato, nel testo

pubblicato nel 2012 con il titolo Flip your Classroom: Reach Every Student

in Every Class Every Day. La prima versione di classe capovolta viene

nominata dagli autori Flipped Class 101 ed è la più diffusa e utilizzata in

aula dai docenti. In questo caso è prevista la fruizione sincrona del

materiale, uguale per tutti gli studenti, per cui ognuno è chiamato a

guardare la lezione autonomamente, prima di svolgere in classe una

determinata attività di gruppo. Nonostante la sperimentazione si riveli

stimolante, per Bergmann e Sams il processo di apprendimento continua

comunque ad essere principalmente ‘imposto’ dal docente, poiché ciò che

cambia è essenzialmente il mezzo con cui veicolare informazioni.

L’evoluzione a quella che viene definita versione Mastery si compie

gradualmente, passando ad una visione della videolezione asincrona, per

cui ogni studente è libero di fruire del materiale quando e dove vuole in

base alle proprie necessità, diventando responsabile del proprio processo di

apprendimento. Secondo la testimonianza di Bergmann e Sams, questo

nuovo modello, che prevede spiegazioni e relativi esercizi a progressione

graduale, facilita la creazione di una didattica personalizzata e

l’integrazione degli studenti stranieri che iniziano a frequentare le loro

lezioni senza previe competenze nella materia in questione. Allo stesso

tempo il modello Mastery rispetta il livello e le capacità di ogni alunno e ne

favorisce l’apprendimento. Tuttavia, nonostante la versione oggi più

utilizzata e diffusa sia quella tradizionale, gli autori stessi precisano che

non esiste un modello fisso e standard di classe capovolta, ogni docente

può infatti plasmarla e adattarla al proprio contesto didattico per

raggiungere gli obiettivi stabiliti. Capovolgere la classe significa soprattutto

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sovvertire il proprio modo di pensare e di concepire la posizione studente-

insegnante (2012: 11).

Il termine flipped in inglese deriva dal verbo to flip che significa

rovesciare, capovolgere, rivoltare. L’elemento chiave del metodo è proprio

il capovolgimento, poiché inverte i momenti tipici dell’attività didattica: la

lezione frontale (in inglese lecture) e lo studio individuale. Nella classe

capovolta, infatti, i contenuti vengono appresi a casa dagli studenti spesso

attraverso una videolezione, mentre l’esercizio solitamente svolto a casa

viene eseguito a scuola, con l’aiuto ed il supporto dell’insegnante. Gli

autori del metodo, però, sottolineano che la Flipped Classroom è solo il

primo gradino per giungere alla piena realizzazione di un modello al quale

danno il nome di Flipped Learning:

Flipped learning is a pedagogical approach in which direct instruction

moves from the group learning space to the individual learning space,

and the resulting group space is transformed into a dynamic,

interactive learning environment where the educator guides students

as they apply concepts and engage creatively in the subject matter.

(Bergmann, Sams, 2014: 6)

Occorre considerare però che, per quanto l’uso delle videolezioni sia

importante, esso non rappresenta il fine da perseguire ma il mezzo da

utilizzare per creare un ambiente più stimolante, in cui la responsabilità

dell’apprendimento passa dal docente all’alunno, con la possibilità di

individualizzare l’insegnamento secondo le necessità di ciascuno. A

conferma di quanto affermato si cita un articolo che nel 2013 Bergmann J.,

Overmyer J. e Wilie B. pubblicano nel sito Internet The Daily Riff5

spiegando i tratti distintivi del metodo Flipped Classroom. Ciò che si

evince è che, come anticipato, l’insegnamento capovolto non è sinonimo di

video online, che pretende di sostituire il lavoro dell’insegnante, né

5 Bergmann, J., Overmyer, J., Wilie, B. (2013). “The Flipped Class, Myths vs Reality”. In The Daily Riff,

9 luglio 2013.

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tantomeno richiede agli alunni di lavorare davanti ad un computer

individualmente. I punti salienti che emergono riguardano invece la

capacità del metodo Flipped di incrementare (increase) l’interazione tra

docente e studente e tra gli alunni stessi, grazie ad un ambiente cooperativo

che permette di personalizzare l’apprendimento e di costruire la conoscenza

attraverso un’esperienza concreta. È evidente che in tale contesto

scolastico, modificato nelle sue componenti tradizionali, anche il ruolo del

docente e dello studente merita di essere rivalutato sotto una nuova luce.

1.2 L’insegnante come facilitatore

Come anticipato nei paragrafi precedenti, uno degli scopi principali della

Flipped Classroom è quello di rendere gli studenti partecipanti attivi e

responsabili nel processo di apprendimento. La lezione frontale a cui siamo

abituati spesso si dimentica di questa necessità, così che nella maggior

parte dei casi essi rimangono passivi ad ascoltare la lezione. Questo tipo di

insegnamento viene definito teacher-centered, ossia un approccio didattico

che prevede la trasmissione di sapere e conoscenza dall’insegnante

all’allievo, come accade solitamente durante una lezione frontale. Di

conseguenza l’insegnante agisce come controller (Harmer, 2007: 108)

rimanendo di fronte alla classe per parlare, spiegare o leggere ad alta voce,

mentre lo studente è spesso il soggetto passivo, che riceve informazioni

prive di una connessione con il contesto reale extrascolastico. In questo

caso la valutazione rappresenta un momento indipendente rispetto

all’insegnamento, ed è l’unico mezzo impiegato dal docente per giudicare e

verificare il processo di formazione. Nonostante ciò, il ruolo centrale

dell’insegnante è sicuramente necessario in determinati momenti della

lezione, per esempio per richiamare l’attenzione, organizzare attività,

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esprimere giudizi e feedback o correggere esercizi, ma nel caso del Flipped

Learning la posizione predominante dell’insegnante necessita di una

rivalutazione.

Nella classe capovolta ideale il docente agisce infatti non più come

controller ma come prompter, incoraggiando e stimolando gli studenti,

come participant, nel caso in cui partecipi per esempio ad una discussione,

come resource in quanto fonte di sapere e di conoscenza e come tutor, che

guida appunto le diverse attività (Harmer, 2007: 109-110). Questa

importante classificazione dei ruoli dell’insegnante, che compare nel testo

di Harmer (2007), sottolinea la presenza di numerosi ruoli e possibilità

differenti che l’insegnante può adottare in alternativa alla lezione frontale.

Questo accade realmente nella Flipped Classroom che può essere definita

come approccio learner-centered, nel quale cioè “students move from

being the product of teaching to the centre of learning, where they are

actively involved in knowledge formation through opportunities to

participate in and evaluate their learning […]”6. In una prospettiva di

learner-centered approach gli studenti costruiscono attivamente la propria

conoscenza ricercando e sintetizzando informazioni, come accade durante

la visione delle video lezioni, o affrontando lavori di problem solving. In

questo modo la didattica ha luogo all’interno di un contesto reale e non

astratto, come spesso accade in un approccio tradizionale e la valutazione è

parte integrante dell’insegnamento, viene infatti utilizzata per monitorare,

correggere, migliorare e soprattutto promuovere l’apprendimento.

Il fatto che il ruolo del docente si modifichi nell’ambito della Flipped

Classroom non significa che sia meno rilevante di prima, anzi le scelte

operate dal docente nella lezione capovolta sono ancora più importanti per

6 Flipped Learning Network: http://www.flippedlearning.org/review, p.5 (ultimo accesso 07/01/2016).

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definire gli obiettivi da perseguire e trovare strategie efficaci per la propria

classe. Occorre considerare che non tutti i contesti didattici, gli studenti e le

risorse tecnologiche sono uguali, per questo l’abilità dell’insegnante sta nel

saper riconoscere le esigenze dei propri studenti e nel personalizzare il

modello di insegnamento secondo tali necessità. Solo in questa maniera

l’apprendimento capovolto permette di raggiungere risultati tangibili:

Flipped Learning, as its core, is individualized learning. There are

many methods, variation, and types of student-centered learning-

differentiated instruction, problem/project-based learning, inquiry-

based study, and many others. When combined with the flipped

learning concept, these strategies become practical to implement.

Flipped learning is fundamentally learner-centric. (Bergmann, Sams,

2014:7)

1.2.1 L’insegnante come ricercatore

Prima di analizzare nel dettaglio l’atteggiamento che l’insegnante

dovrebbe assumere avvicinandosi alla Flipped Classroom, occorre

introdurre una distinzione tra metodo e modello. Accade spesso che i due

termini siano intercambiabili quando si parla di classe rovesciata, in realtà

essi non sono sinonimi, soprattutto in ambito pedagogico. Il metodo può

essere definito come: “procedimento messo in opera seguendo criteri

sistematici in vista di uno scopo; complesso organico di regole, principi,

criteri in base ai quali si svolge un'attività teorica o pratica”.8 Questo fa

desumere che la teoria e le sequenze procedurali che lo compongono siano

implicitamente ed assolutamente validi, così che i sostenitori di un

determinato metodo creino dogmatismo ed un inevitabile impoverimento

didattico. D’altro canto il modello, in termini pedagogici, non è altro che

un’organizzazione complessiva della vita educativa, che comprende in

questo caso anche il contesto e il luogo in cui lo stesso metodo viene

8 Traduzione tratta dal dizionario online del Corriere della Sera.

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applicato. In termini concreti “corrisponde ad una scelta educativa

determinata e possiede una precisa valenza normativa: è capace di ispirare

e guidare la concreta organizzazione dell’esperienza educativa”9. Tale

distinzione tra metodo e modello è di fondamentale importanza per

comprendere come la Flipped Classroom sia a cavallo tra i due,

possedendo delle procedure metodologiche specifiche e un contesto di

applicabilità. Il rischio di inflessibilità mentale e di dogmatismo, che nasce

a partire da un metodo/modello, può essere scongiurato solo considerando

l’innovazione, in questo caso rappresentata dall’insegnamento capovolto,

non come strumento assoluto ma come ipotesi di lavoro che apre ai docenti

nuovi orizzonti e che è considerata “a flexible technique”, come definita da

Bergmann e Sams (2014: 35).10

Quello della Flipped Classroom è un approccio che tende, quindi, ad

allontanare il docente dalla sua posizione di “sage on stage” (Alison King,

1993). Ciò non significa che il suo ruolo non sia ugualmente importante

come nella lezione tradizionale, dal momento che tale modello non intende

eliminare dalla didattica la lezione (lecture), ma semplicemente renderla

fruibile in un momento differente (casa) rispetto a quello usuale (classe). In

tal senso, l’insegnante è tenuto a valutare non tanto se utilizzare o meno il

modello Flipped, ma quali ipotetici stimoli e miglioramenti i suoi alunni

potrebbero trarre dal suo utilizzo. Entra così in gioco il ruolo

dell’insegnante definito da Schön (1963) come “professionista riflessivo”.

9 Baldacci, M. (2010). “Teoria, prassi e ‘modello’ in pedagogia. Un’interpretazione della prospettiva

problematicista”. Rivista Education Sciencies &Society. Formazione e società, Armando Editore, anno 1

n.1, gennaio – giugno 2010, p.68. http://riviste.unimc.it/index.php/es_s/article/viewFile/93/57 (ultimo

accesso 07/01/2016). 10 Tali concetti sono stati elaborati ed introdotti dal professore di Pedagogia generale Massimo Baldacci

durante un seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning

Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato dall’Università degli Studi di

Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e

Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci,

dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G.

Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra.

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14

L’idea di riflessività viene applicata dall’autore alle diverse pratiche

professionali, senza un particolare riferimento a quella scolastica, ma per la

quale vige comunque lo stesso principio. La riflessione in campo, cioè

quella che avviene attraverso l’azione, permette di concepire la figura del

docente come ricercatore, che non si limita alla pura teoria, ma si avvicina

concretamente alla pratica didattica.

Nel caso del Flipped Learning la figura del ricercatore è necessaria per

guardare l’innovazione in maniera critica e costruttiva. In termini concreti

questo significa valutare i rischi e i benefici prima di introdurre il metodo

nella propria didattica e nell’osservare ed eventualmente rivalutare gli

obiettivi durante la sperimentazione. A conclusione di quanto esposto, si

propone una citazione tratta da Schön nel suo testo Il professionista

riflessivo (1993: 23):

[..] la «divulgazione» di un’innovazione spesso significa la

reinvenzione di quella innovazione in un nuovo contesto. Per replicare

un’innovazione promettente, allora, il potenziale replicatore deve in

qualche modo afferrare gli elementi essenziali di quella innovazione,

distinguendoli da quelli accessori legati al contesto locale, e deve

riuscire a immaginare come si possano adattare quegli elementi

essenziali al contesto molto differente nel quale egli/ella tenta di

attuare «la» innovazione.

1.3 Lo studente

Se è vero che il Flipped Learning invita i docenti a decentrare il proprio

ruolo e a diventare facilitatori nel processo di apprendimento, è altrettanto

vero che gli studenti assumono a loro volta una posizione centrale che

modifica notevolmente le modalità di apprendimento a cui erano abituati

durante una lezione frontale. A questo proposito è opportuno citare il

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grafico della Bloom’s Taxonomy12 (Tassonomia di Bloom), si tratta di una

piramide che rappresenta gli obiettivi cognitivi da raggiungere durante il

processo di apprendimento. Partendo dalla base, Bloom individua i

seguenti processi cognitivi:

Remembering

Understanding

Applying

Analyzing

Evaluating

Creating

L’analisi del grafico, che prevede una lettura dal basso verso l’alto, è quella

che meglio riflette il processo didattico utilizzato nelle lezioni frontali:

l’insegnante spiega in classe un contenuto, focalizzandosi sulla ripetizione

del concetto affinché sia ricordato e compreso dagli studenti (Figura 1). In

alcuni casi il docente trova spazio per momenti in cui tali informazioni

vengono applicate, ma questo accade molto raramente poiché spesso, in

classe non c’è abbastanza tempo per analizzare, valutare e creare. Di nuovo

emerge un metodo di insegnamento fondamentalmente basato su molta

teoria e poca pratica.

Per una valutazione comparativa tra lezione frontale e classe capovolta,

occorre ora riproporre la stessa tassonomia esaminandola dalla prospettiva

opposta, cioè dall’alto verso il basso. Nella Flipped Classroom, infatti, la

12 Nel 1956 Bloom elabora una piramide che rappresenta i seguenti obiettivi educativi: Knowledge,

Comprehension, Application, Analysis, Synthesis, Evaluation. In questo caso si fa riferimento alla

Bloom’s Taxonomy rivista da Anderson e Krathwohl in cui il focus si sposta dai prodotti

dell’apprendimento ai processi cognitivi. Anderson, L.W., Krathwohl, D.R. (2001). A Taxonomy for

Learning, Teaching, and Assessing: A Revision of Bloom's Taxonomy of Educational Objectives. New

York: Longman.

Figura 1. Piramide della Bloom’s Taxonomy

nella lezione tradizionale.

Creating

Analyzing

Evaluating

Applying

Understanding

Remembering

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piramide è sovvertita (Figura 2): la base è costituita dalla creazione e dalla

valutazione, ossia da una partecipazione attiva e critica nei confronti delle

tematiche affrontante o delle attività svolte, poiché il momento del

cosiddetto remembering/understanding avviene in maniera autonoma come

compito a casa, supportato prevalentemente, ma non esclusivamente, dalle

lezioni video. In classe gli studenti possono applicare le conoscenze

acquisite attraverso lavori autonomi o di gruppo, ricerche, inquiry process

(processi di indagine) e attività di project-based learning (prevedono la

realizzazione di progetti concreti, come presentazioni Power Point,

dispense, brochure, ecc).

A conclusione di quanto affermato, la differenza sostanziale che sembra

emergere da un confronto comparativo dei due metodi sta soprattutto nel

grado di coinvolgimento attivo degli studenti e nel come e dove gli stessi

alunni possano fruire dell’informazione e del contenuto, poiché come

affermano Bergmann e Sams:

Without sacrificing the quality of instruction or the value of content,

teachers have found a way to move from content-driven, teacher-

directed classroom to student-centered classrooms. Content is

important, but it does not necessarily need to be the driving force

behind instruction. (Bergmann, Sams, 2014:32)

Figura 2. Piramide della Bloom’s Taxonomy

nella classe capovolta.

Creating

Analyzing

Evaluating

Applying

Understanding

Remembering

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17

1.4 Valutazione autentica

Il tipo di valutazione didattica tradizionale prevede la somministrazione

di test, verifiche o interrogazioni periodiche al fine di verificare i progressi

degli studenti e attribuire un grado di giudizio al loro lavoro. Tale metodo

di valutazione è stato messo in forte discussione dai sostenitori della

Flipped Classroom che ne evidenziano limiti significativi. La lezione

tradizionale alterna fasi esplicative a fasi valutative e i due momenti

rimangono ben distinti. Le prove sono prestabilite e avvengono in

determinati momenti del percorso didattico, i risultati derivano spesso da

interrogazioni orali o verifiche standard che facilitano l’analisi dei dati, i

tempi di correzione sono spesso molto lunghi e questo non facilita

l’autocorrezione e il miglioramento degli studenti nel breve e nel lungo

periodo (Rivoltella, 2013: 167).

Il Flipped Learning sembra intervenire anche in questo delicato

processo, trasformando la valutazione da oggettiva ad evolutiva, ossia che

“si avvale di molte prove distribuite in maniera equilibrata lungo il

percorso di apprendimento in modo tale che consentano all’insegnante di

misurare i progressi dello studente” (Rivoltella, 2013: 167). Si parla in

questo caso di Embedded Assessment, per cui il giudizio del discente non

rappresenta un momento a sé stante, ma è ben integrato nelle attività

didattiche svolte. Si tratta di una valutazione efficace ed autentica che

prevede un monitoraggio continuo e costante delle attività, facilitando un

giudizio più completo ed individuale. Il focus in questo tipo di valutazione

non è sulla conoscenza, ma piuttosto sulla competenza, intesa come

“comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali,

sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello

sviluppo professionale e personale” (Rivoltella, 2013:162). Ciò significa

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che la valutazione non riguarda solo il prodotto finale di una ricerca,

presentazione o indagine, ma anche e soprattutto il processo che lo precede

e che fa emergere la capacità organizzativa ed espressiva dello studente, la

sua abilità nel reperire il materiale, nel risolvere il problema e giungere al

risultato sperato.

La valutazione di cui si serve il metodo della Flipped Classroom sembra

apportare giovamenti anche in termini di stress emotivo a cui gli studenti

sono sottoposti in fase di valutazione tradizionale. Nella maggior parte dei

casi, infatti, il voto positivo rappresenta l’obiettivo principale da

raggiungere e lo studio mnemonico che segue non apporta progressi

significativi in termini di apprendimento. In un contesto didattico in cui

lezione e valutazione sono combinate, ogni attività, ricerca, lavoro di

gruppo o individuale diventa oggetto di possibile valutazione, costruendo

un continuum entro il quale il giudizio finale monitora l’andamento

complessivo dell’alunno.

Decidere di trasformare la propria lezione in una Flipped Lesson

comporta, come è emerso, notevoli cambiamenti; in questo caso modificare

la propria metodologia di valutazione non è un lavoro semplice e richiede

flessibilità e precisione allo stesso tempo. Si consiglia quindi un passaggio

lento e graduale, per abituare gli studenti al nuovo contesto didattico e per

pianificare l’attività preparatoria e propedeutica alla valutazione. La

combinazione tra innovazione e tradizione potrebbe rappresentare il giusto

compromesso, cioè alternare momenti di valutazione tradizionale e

innovativa, al fine di incrociare i dati emersi e considerare le diverse

sfaccettature. In un contesto concreto gli strumenti più utili a tale scopo

sono il portfolio (o e-portfolio) e le rubriche, ossia strumenti consueti nella

didattica tradizionale che rispondono anche alle esigenze della classe

capovolta. Il portfolio è la raccolta dei lavori realizzati dagli studenti in

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formato cartaceo o digitale, che permette di ricostruire l’intero percorso

didattico e di valutare i miglioramenti raggiunti. La rubrica “graficamente

parlando, è una tabella che consente una considerazione sinoddica di una

serie di variabili” (Rivoltella, 2013:162), quindi un prospetto con il quale

valutare la competenza, tenendo conto di diverse conoscenze ed abilità.

La complessità della valutazione accresce ulteriormente quando ad

essere coinvolte sono attività che prevedono l’uso delle TIC. In questo caso

può essere utile il supporto di portali e-learning come Moodle o Edmodo

che permettono una valutazione a doppia prospettiva: in presenza e a

distanza, ossia riguardante attività svolte in classe, a casa, o combinando

entrambi i momenti. Questi software consentono di creare scale di

valutazione personali adattabili alle diverse attività ed esercizi guidati o

autovalutativi in grado di fornire feedback immediati agli studenti,

consentono di applicare sistemi di monitoraggio online e di formulare

sondaggi dai quali avere riscontri in tempo reale. In questo caso il giudizio

scolastico finale può essere inteso come la risultante tra processi valutativi

tradizionali e metodologie innovative.13

In un contesto di Flipped Classroom, capovolgere la valutazione

significa perciò dare ai discenti maggior consapevolezza del proprio

apprendimento, dei rispettivi miglioramenti e dell’acquisizione di quelle

competenze che vanno al di là della semplice conoscenza formale.

1.5 Come organizzare il tempo scolastico

Convertire la lezione frontale in una Flipped Classroom significa, quindi,

riorganizzare completamente il tempo scolastico a disposizione. Si tratta di

13http://docslide.it/education/un-sistema-di-valutazione-integrato-con-moodle-per-la-scuola.html

(ultimo accesso 07/01/2016).

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uno degli aspetti più interessanti e innovativi del metodo, poiché spostando

il momento della spiegazione a casa, il tempo recuperato in classe diventa

essenziale per lo sviluppo e l’applicazione dei contenuti. In una lezione

frontale il tempo utilizzato in classe è prevalentemente dedicato alla

spiegazione, quindi i momenti che prevedono l’esercizio e l’attività guidata

sono sempre molto ridotti. Al contrario, come indicato nella tabella

sottostante (Figura 3), nella lezione capovolta (presupponendo in questo

caso una lezione di 90/100 minuti) il tempo dedicato all’attività

laboratoriale è notevole: in termini concreti rappresenta circa 75 minuti del

totale contro i 20/35 minuti della lezione tradizionale.14

Si tratta di un cambiamento sicuramente positivo per gli studenti che

hanno la possibilità di fare chiarezza sull’argomento o godere della

presenza dell’insegnante durante lo svolgimento degli esercizi. In tal senso,

emerge nuovamente il carattere cooperativo della lezione capovolta, poiché

l’elaborazione e l’assimilazione del contenuto non avvengono in forma

14 Franchini, R. (2014). The Flipped Classroom (le classi capovolte). Rassegna CNOS, p.89.

http://www.cnos-fap.it/sites/default/files/articoli_rassegna/Franchini_1-2014.pdf (ultimo accesso

07/01/2016).

Classe tradizionale Classe capovolta

Attività Tempo Attività Tempo

Preparazione dell’attività 5’ Preparazione dell’attività 5’

Verifica dei compiti a

casa 20’ Domande sul video 15’

Lezione su nuovi

contenuti 30/45’ Attività laboratoriale 75’

Attività laboratoriale 20/35’

Figura 3.

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autonoma ed individuale, come accade durante lo studio a casa, ma

diventano parte di un processo di costruzione attiva e collaborativa insieme

all’insegnante e ai compagni.

Se da questo punto di vista il carico di lavoro richiesto agli studenti

sembra essere alleggerito, o meglio facilitato, la stessa cosa non accade per

l’insegnante che adotta il capovolgimento. Al contrario di ciò che si può

asserire, infatti, chiedere ai propri alunni di guardare a casa una lezione

video non significa allontanare da sé la responsabilità dell’insegnamento,

bensì modificare il processo standard di spiegazione e adeguare la didattica

ai cambiamenti che l’introduzione del nuovo metodo comporta. Nel caso

della Flipped Classroom il lavoro di programmazione e pianificazione

dell’insegnante può diventare ancora più articolato e complesso, dal

momento che il tempo liberatosi in classe deve essere organizzato in

maniera impeccabile e precisa. Nonostante l’ambiente di apprendimento si

basi infatti sulla cooperazione e l’insegnante esca dal suo ruolo di ‘transfer’

di contenuti, è necessario che egli mostri una certa sicurezza e

organizzazione nel tempo da gestire in classe. Dare consegne chiare e

precise, fare un breve riepilogo degli argomenti o formulare domande per

accertarsi, ad esempio, che il video sia stato visto e compreso, organizzare

attività, scegliere la disposizione dei banchi e sistemare i gruppi di lavoro,

attribuire feedback individuali o collettivi, sono tutti momenti che

richiedono tempo e devono essere ben gestiti. Il tempo impiegato per

pianificare una lezione capovolta accresce ulteriormente quando ad essere

coinvolti sono anche i nuovi strumenti tecnologici: creare un ambiente

virtuale per la condivisone del materiale o realizzare una videolezione ad

hoc, ad esempio, necessitano di capacità pratiche ed organizzative ulteriori.

Organizzare bene il tempo scolastico richiede quindi una costante

preparazione, organizzazione e formazione professionale; dipende infatti

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anche dall’insegnante l’esito positivo delle attività e quindi il conseguente

apprendimento degli studenti. Nel suo libro The Practice of English

Language Teaching, Harmer afferma che:

In part, successful rapport derives from the students’ perception of the

teacher as a good leader and a successful professional. If, when

teachers come to class, students can see that they are well-organised

and well-prepared […], they are likely to have confidence in their

teacher. Such confidence is an essential component in the successful

relationship between students and their teacher. (Harmer, 2007: 113)

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Capitolo 2

Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom

Come è chiaramente emerso dal primo capitolo, adottare il modello

Flipped Learning significa porre al centro del processo educativo lo

studente, con i suoi limiti e le sue notevoli capacità, facilitando così un

apprendimento attivo (Active Learning di Dewey, 1899). Occorre

comunque sottolineare che per quanto sia diversa la fruizione della lezione,

l’acquisizione di un contenuto o di una abilità rimane comunque l’obiettivo

principale, anche nel caso della classe capovolta. L’insegnante che opera in

un ambiente didattico attivo, come è quello della Flipped Classroom, può

scegliere tra diverse strategie per rendere la comprensione e l’assimilazione

di informazioni ancora più efficiente. Il diagramma di Veen rappresentato

in figura 1, mostra alcuni metodi didattici efficaci in un tipo di

insegnamento student-centered, basato quindi sul costruttivismo e su un

tipo di lavoro cooperativo e collaborativo1. In generale, i benefici di

ciascun approccio, che saranno analizzati in dettaglio nei paragrafi che

seguono, variano a seconda del contesto a cui vengono applicati.

1 Bishop, J. e Verleger Matthew (2013). The Flipped Classroom: A Survey of the Research. Atlanta:

American Society for Engineering Education, p.7. http://www.studiesuccesho.nl/wp-

content/uploads/2014/04/flipped-classroom-artikel.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

Figura 1. Diagramma di Veen che rappresenta i vari metodi didattici student-centered.

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2.1. Problem-Based Learning

Il Problem-Based Learning (PBL) è un metodo di apprendimento il cui

punto di partenza è rappresentato da un problema concreto ed autentico;

nasce come metodo applicato al campo medico (Barrows, 1986) e solo

negli anni ’90 va ad innovare la didattica tradizionale. Si basa

essenzialmente su idee costruttiviste secondo le quali la conoscenza nasce

dall’interazione con gli altri e con l’ambiente circostante (relevant context),

per cui non può essere trasmessa, bensì costruita. In questo caso

l’apprendimento, che avviene per mezzo della risoluzione di problemi

concreti, sembra essere più duraturo rispetto ad una conoscenza acquisita

astrattamente. Il problema crea un contesto ed uno scopo reali e le abilità si

sviluppano a partire dal problema stesso; quest’ultimo può essere costruito

ad hoc dall’insegnante, reperito attraverso la rete o può fare riferimento

all’esperienza reale degli studenti. Si tratta di un metodo chiaramente

learner-centered in quanto il discente è chiamato a risolvere il problema

mediante la raccolta di materiale, la formulazione di ipotesi, il confronto di

gruppo, il ragionamento autonomo e collettivo, mentre l’insegnante agisce

come tutor che guida il processo di ragionamento. Importanti in questo

caso diventano anche l’autovalutazione e la valutazione tra pari, come

strumenti con cui lo studente assume consapevolezza del proprio lavoro e

di quello degli altri. Il Problem-Based Learning è un metodo didattico e

non va confuso con il problem solving che è invece una tecnica e può

rappresentare solo una delle tante possibili attività all’interno di diversi

metodi.

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2.2. Peer Instruction

Un altro metodo didattico utilizzato in ambito cooperativo è

rappresentato dalla Peer Instruction, a cui Eric Mazur dedica un intero

libro intitolato Peer Instruction:A User’s Manual (1997)2. Il punto di

partenza di Mazur è costituito da una critica notevole alla lezione frontale

(lecture) in cui gli studenti possiedono un ruolo prevalentemente passivo.

La didattica tradizionale, secondo l’autore, è troppo incentrata sulla

risoluzione di problemi, che oltretutto non presuppongono una reale

‘scoperta’ o un ragionamento, bensì prevedono soluzioni standard e

meccaniche apprese mediante spiegazione o studiate nel libro di testo.

Raramente i problemi proposti hanno un’effettiva connessione con la vita

reale o permettono una molteplice possibilità di soluzione. Il libro di testo,

nella Peer Instruction, gioca invece un ruolo del tutto diverso: viene

utilizzato a casa per introdurre il contenuto e dopo la lezione come guida o

strumento di approfondimento. È proprio in questi termini che i teorici

vedono nella Peer Instruction un precursore della Flipped Classroom e

quindi un metodo particolarmente utile alle finalità dell’insegnamento

capovolto.

I frustranti risultati che Mazur ottiene servendosi della lezione

tradizionale, lo portano a sperimentare la Peer Instruction, un metodo di

apprendimento interattivo tra pari, in cui la risoluzione di problemi è

prevista, ma non rappresenta il punto focale. Le lezioni in questo caso sono

costituite da brevi presentazioni su concetti chiave, ognuna delle quali è

seguita da un test (Concept Test) sugli argomenti appena trattati. Gli

2 Mazur E. (1997). Peer Instruction: A User’s Manual. Upper Saddle River, NJ, USA: Prentice Hall. http://kiemdinhcl.duytan.edu.vn/Upload/Announcement/Documents/Mazur(1997)Peer-Instruction.pdf

(ultimo accesso 07/01/2016).

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studenti sono chiamati a rispondere prima in maniera autonoma, poi a

discutere e a confrontare le risposte con i compagni; solo quando la

maggioranza dei riscontri sarà positiva si procederà con una nuova

spiegazione. La struttura usuale di ogni Concept Test viene analiticamente

riassunta dallo stesso Mazur (1997: 10) nei seguenti punti:

Question posed 1 minute

Students given time to think 1 minute

Students record individual answers (optional)

Students convince their neighbors (peer instruction) 1-2 minutes

Students record revised answers (optional)

Feedback to teacher: tally of answers

Explanation of correct answer 2+ minutes

Il confronto tra pari così generato non solo diventa stimolo al

ragionamento, ma fa scaturire una sicurezza interiore negli studenti, che

nasce dalla responsabilità condivisa della risposta. La Peer Instruction

comprende anche la tecnica di problem solving, perché se è vero che in

classe l’attenzione è focalizzata sul rafforzamento dei contenuti e

sull’interazione tra pari, il momento del problem solving è comunque parte

della discussione o dei compiti da svolgere a casa. Questo tipo di approccio

didattico, utilizzabile durante una Flipped Lesson, è una delle tante

possibilità a cui attingere per sfruttare al meglio il tempo ‘libero’ creatosi a

scuola con lo spostamento della lezione a casa. L’allievo, così, diventa

soggetto attivo della lezione: non c’è un transfer di informazioni, ma la

conoscenza si costruisce a partire da un’osservazione ragionata di eventi e

dal confronto tra studenti. In molti casi, inoltre, si è notato come la

spiegazione tra pari possa essere più efficace e stimolante di quella data

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dall’insegnante stesso. Un altro metodo che sfrutta il confronto tra pari è il

Peer Assisted Learning o Peer Tutoring, che prevede attività didattiche da

svolgere con l’assistenza dei compagni.

2.3. Cooperative Learning

“What do you like most about the format of class?

The teacher is helpful, the students are helpful so that we can improve

together”.3

La citazione è tratta da un articolo di Stacey Rochan pubblicato nel sito

Internet The Daily Riff nel 2012. Si tratta di un articolo molto interessante

che rivela le sensazioni degli studenti che hanno vissuto esperienze di

Flipped Classroom in prima persona e ciò che emerge dalle loro

testimonianze è l’importanza di una collaborazione che sta alla base della

classe capovolta.

Il Cooperative Learning, o apprendimento cooperativo, viene definito

metodo a “mediazione sociale” (Comoglio, Cardoso, 1996), a conferma del

fatto che sono gli studenti la fonte e la risorsa dell’apprendimento, mentre

l’insegnante svolge in questo caso il ruolo di facilitatore delle attività

svolte. In un contesto didattico cooperativo gli alunni lavorano in piccoli

gruppi al fine di raggiungere un apprendimento individuale, attraverso

l’interazione con gli altri. Va sottolineato il fatto che Cooperative Learning

e lavoro di gruppo non sono sinonimi: accade spesso che durante un lavoro

di gruppo alcuni studenti prevalgano sugli altri, innescando anche una certa

competitività. Un’attività svolta in maniera cooperativa, al contrario,

implica che ognuno di loro abbia un ruolo essenziale e fondamentale per la

3 Stacey Rochan (2012). “The Flipped Class: Students talk”. The Daily Riff, 25 maggio 2012,

http://www.thedailyriff.com/articles/students-talk-about-the-flipped-class-survey-results-933.php (ultimo

accesso 07/01/2016).

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riuscita del lavoro, tutti sono quindi ugualmente indispensabili e

responsabili della buona riuscita del progetto.

Wendy Jolliffe (2007:39) indica a proposito dell’apprendimento

cooperativo cinque elementi chiave4, che saranno di seguito analizzati. Il

primo fattore costitutivo prende il nome di Positive Interdependence poiché

ogni membro del gruppo necessita dell’aiuto degli altri per portare a

termine la consegna; in questo senso tutti possiedono un fine comune e

collettivo pur mantenendo una responsabilità individuale, in quanto

chiamati a rendere conto della propria parte di lavoro. Questo secondo

elemento viene identificato con il nome di Individual Accountability. A tale

proposito è importante sottolineare che l’apprendimento cooperativo

sostiene il confronto e la cooperazione fra gli allievi, ma senza dubbio aiuta

anche a sviluppare le competenze individuali di ognuno di loro. Altro

elemento costitutivo del Cooperative Learning è rappresentato

dall’interazione faccia a faccia (Face-to-face Interaction): il lavoro di

gruppo deve prevedere momenti in cui i componenti possano confrontarsi,

valutare il proprio lavoro e quello degli altri, trovare strategie organizzative

efficaci, risolvere problemi e scambiarsi feedback; questo rappresenta un

momento fondamentale in cui la collaborazione raggiunge realmente il suo

apice. Si tratta di competenze che si acquisiscono gradualmente e per le

quali il docente disimpegna un ruolo di significativa importanza, al fine di

favorire l’insegnamento delle abilità sociali all’interno del piccolo gruppo,

indicate da Jolliffe con il nome di Small-group and Interpersonal Skills. In

un contesto didattico cooperativo, apprendere il valore delle relazioni ed

interazioni sociali ha la stessa importanza dell’acquisizione di abilità

4 Il Cooperative Learning presuppone la presenza di cinque elementi chiave indicati con l’epigrafe PIGS

F: Positive Interdependence, Individual Accountability, Group Processing, Small-group and Interpersonal

Skills, Face-to-face Interaction. Jolliffe, W. (2007). Cooperative Learning in the Classroom. London:

Paul Chapman Publishing.

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scolastiche. Questo perché gli studenti, abituati alla lezione tradizionale

spesso non sanno lavorare in gruppo, non riescono ad organizzarsi

efficacemente o a prendere decisioni insieme ed è quindi compito

dell’insegnante guidarli verso una vera cooperazione. È importante inoltre

che i gruppi formati siano piccoli gruppi, affinché la responsabilità

individuale aumenti notevolmente. Il quinto ed ultimo elemento di

cooperazione è determinato dalla valutazione individuale e di gruppo sia da

parte dell’insegnante sia da parte degli studenti stessi. Quello che viene

indicato come Group Processing è importante per individuare i punti di

forza e le debolezze del gruppo, per valutare gli obiettivi raggiunti e il

risultato del lavoro di cooperazione svolto dai discenti.

Il ruolo dell’insegnante che utilizza il metodo dell’apprendimento

cooperativo è quello di pianificare la lezione, decidere come organizzare gli

studenti nei piccoli gruppi, definire il materiale necessario alle finalità

didattiche, ma soprattutto stabilire gli obiettivi del lavoro. Il docente è

inoltre la guida responsabile dell’insegnamento delle abilità sociali ed

interpersonali, ha il compito di monitorare lo svolgimento del lavoro e di

valutare i risultati ed i miglioramenti raggiunti attraverso tale cooperazione

(Jolliffe, 2007:47). I vantaggi emersi dall’utilizzo del Cooperative

Learning in classe, ai fini dell’apprendimento, si valutano sulla base di un

incremento del rendimento scolastico e delle relazioni interpersonali, oltre

che in termini di crescita individuale grazie ad un aumento di autostima,

sicurezza ed indipendenza (Jolliffe, 2007:6).

In conclusione, tutti gli elementi chiave e costitutivi del Cooperative

Learning, finora analizzati, diventano parte integrante di una lezione che

abbraccia il metodo della Flipped Classroom, in cui alle attività individuali

si prediligono attività di gruppo cooperative che favoriscono un

apprendimento attivo e più responsabile. Ciò è possibile solo creando e

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sostenendo un ambiente puramente cooperativo e proponendo attività

strutturate per raggiungere tale obiettivo. Un esempio tipico di esercizio

cooperativo è rappresentato dalle jigsaw activities, svolte prevalentemente

a piccoli gruppi e in cui ad ogni studente viene attribuita una parte

dell’argomento generale. Lo scopo di ogni alunno è quello di esporre ai

compagni la parte di contenuto assegnatagli e verificare che questi abbiamo

compreso; in questo modo, attraverso spiegazioni individuali si ricostruisce

in modo cooperativo l’argomento nella sua interezza, fino alla sua totale

comprensione e ognuno contribuisce, quindi, al raggiungimento di un

obiettivo collettivo specifico.

2.3.1. Cooperare vs collaborare

Cooperare e collaborare in ambito didattico non sono la stessa cosa, in

molti casi essi possiedono lo stesso valore ma hanno comunque sfumature

diverse:

Cooperation is a structure of interaction designed to facilitate the

accomplishment of a specific end product or goal through people

working together in groups. Collaborative learning (CL) is a personal

philosophy, not just a classroom technique. In all situations where

people come together in group, it suggests a way of dealing with

people which respects and highlights individual group members’

abilities and contributions.5

In questi termini, un approccio collaborativo si basa essenzialmente sulla

cooperazione tra persone che lavorano in gruppo, ma ciò che determina

l’uso di uno o dell’altro metodo dipende essenzialmente dal livello degli

studenti con cui ci si relaziona. Questo perché un lavoro cooperativo è

maggiormente finalizzato al prodotto dell’interazione, al raggiungimento di 5 Panitz T., (1999). Collaborative Versus Cooperative Learning: A Comparison of the Two Concepts.

Maryland: ERIC, pp.3-4. http://files.eric.ed.gov/fulltext/ED448443.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

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31

un obiettivo concreto e predeterminato ed in questo caso, seppur operando

indipendentemente, gli studenti necessitano di un controllo maggiore

dell’insegnante, sia nella preparazione dell’attività sia nel suo svolgimento.

La collaborazione, invece, è spesso richiesta a studenti più preparati, che

possono organizzarsi indipendentemente, per cui la responsabilità di

apprendimento è completamente nelle loro mani. Il passaggio da un lavoro

di tipo cooperativo ad uno di tipo collaborativo può essere visto come una

transizione su uno stesso continuum: gli studenti comprendono cosa

significa lavorare in gruppo con attività guidate di Cooperative Learning e

passano gradualmente al ragionamento critico individuale e di gruppo con

attività meno guidate di Collaborative Learning. I due approcci divergono

quindi soprattutto nel grado di indipendenza degli studenti: nel primo caso

ciascun membro del gruppo svolge un compito specifico, solitamente

stabilito dall’insegnante, al fine di perseguire un risultato comune; nel

secondo caso tutti i componenti del gruppo lavorano su ogni parte del

compito, condividendo le informazioni, pur mantenendo una certa

indipendenza. Se come abbiamo visto la jigsaw activity può considerarsi

un’attività cooperativa, l’utilizzo di applicazioni come Google Docs e

Google Hangouts, per l’elaborazione di un testo scritto in gruppo, può

essere considerato un esercizio collaborativo.

2.4. Inquiry-Based Learning

Un approccio didattico che merita di essere brevemente analizzato è

quello definito Inquiry-Based Learning ed è strettamente collegato ai

metodi finora descritti. L’Inquiry-Based Learning viene considerato

approccio poiché esplicita una modalità di apprendimento che avviene

tramite indagine e promuove un tipo di insegnamento efficace; diventa

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32

metodo nel momento in cui viene introdotto dal docente nella propria

didattica seguendo procedure concrete e specifiche. Si tratta di un lavoro di

ricerca applicabile alle diverse discipline, nel quale gli alunni devono

investigare a partire da un quesito reale, generato dall’insegnante o dagli

stessi studenti. Le lezioni, basate su tale ricerca, stimolano la costruzione di

sapere e di conoscenza, andando al di là del semplice contesto scolastico e

favoriscono una sorta di interdipendenza disciplinare, mettendo in gioco

diverse competenze e conoscenze.

L’Inquiry-Based Learning può essere gestito in base alle proprie

necessità didattiche, tuttavia possiede degli elementi costitutivi essenziali6.

Primo fra tutti il problema autentico sul quale lavorare, che quindi permette

di generare una conoscenza efficace ed utile nella vita reale e attraverso il

quale gli studenti sviluppano abilità multiple e flessibili. Occorre inoltre

considerare che durante il processo di indagine la valutazione non è un

momento a sé stante ma avviene in corso d’opera, attraverso feedback,

autovalutazione o valutazione tra pari. Il giudizio dell’insegnante diviene

essenziale sia per giudicare la buona riuscita dell’indagine sia per guidare

l’operato dei discenti. Durante la fase di ricerca è necessaria un’indagine

approfondita anche al di fuori dell’ambiente scolastico, per organizzare il

lavoro e per raccogliere i dati attraverso domande o interviste, ed una

stretta collaborazione tra studenti, insegnante ed esperti nel campo

indagato. L’Inquiry-Based Learning prevede spesso l’utilizzo diffuso di

strumenti tecnologici e multimediali come fondamentali mezzi di

costruzione e diffusione del sapere: video, database, software di

archiviazione o programmazione e che risulteranno fondamentali anche per

6 I seguenti punti sono stati riassunti a partire da quelli elencati nel sito internet The Galileo Educational

Network. Università di Calgary, Canada: http://galileo.org/ (ultimo accesso 07/01/2016). Si tratta di

un’organizzazione che promuove l’introduzione e l’utilizzo dell’Inquiry-Based Learning nella didattica.

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la trasmissione finale dei risultati raggiunti. Anche in questo caso lo scopo

primario è quello di creare uno spazio di apprendimento autentico e

stimolante, pur mantenendo il rigore di un’indagine scientifica e

accademica.

Da quanto emerso nel presente capitolo, si evince che al fine di porre gli

studenti al centro della propria didattica è necessario coinvolgerli in attività

che possano stimolare competenze di autogestione, ricerca e

collaborazione, sviluppando la loro capacità di comprensione e

assimilazione di informazioni e conoscenza. Per questo motivo è opportuno

considerare che la classe capovolta, se introdotta con criterio nella propria

didattica, non è affatto un’innovazione dogmatica, bensì richiede

un’integrazione continua e reciproca con i diversi metodi didattici a

disposizione, per rispondere ai bisogni formativi e ai diversi stili di

apprendimento degli studenti.

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Capitolo 3

L’uso delle TIC nel Flipped Learning

In questo capitolo si analizzerà l’influenza e l’importanza delle

Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)1 nel metodo

Flipped Classroom, come mezzi utili a favorire uno sviluppo significativo e

come strumenti di supporto alla didattica tradizionale, al fine di soddisfare

le esigenze dei nativi digitali. Con il termine TIC si intendono tutti gli

hardware e i software utilizzati per la ricerca, l’archiviazione, la

distribuzione e la condivisione di elementi multimediali.

3.1. Competenze digitali in ambito didattico

La competenza digitale è una delle competenze chiave per

l’apprendimento permanente, individuate dall’Unione Europea nel

dicembre 2006,2 “consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito

critico le Tecnologie della Società dell’Informazione (TSI) e richiede

quindi abilità di base nelle Tecnologie dell’Informazione e della

Comunicazione (TIC)”. Si parla in questo caso di didattica per competenze,

basata sull’idea che i discenti non debbano semplicemente apprendere

concetti teorici, ma saperli poi applicare in contesti reali e nuovi,

dimostrando, appunto, competenze. Quelle riportate nel testo ufficiale

dell’Unione Europea sono otto competenze fondamentali che si inseriscono

1 In inglese ICT, acronimo di Information and Communication Technologies. 2 Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa

a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10].

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in un contesto più ampio di quello educativo4 e che pongono le loro basi

proprio a partire da quella che viene definita istruzione permanente:

Le competenze chiave sotto forma di conoscenza, abilità e attitudini

adeguate al contesto sono essenziali per ogni individuo in una società

basata sulla conoscenza. Tali competenze costituiscono un valore

aggiunto per il mercato del lavoro, la coesione sociale e la cittadinanza

attiva, poiché offrono flessibilità e capacità di adattamento,

soddisfazione e motivazione. Siccome dovrebbero essere acquisite da

tutti, la presente raccomandazione propone uno strumento di

riferimento per i paesi dell’Unione europea (UE) per assicurare che

queste competenze chiave siano pienamente integrate nelle loro

strategie ed infrastrutture, soprattutto nel contesto dell’istruzione

permanente5.

La rilevanza che i nuovi supporti tecnologici hanno ricevuto a livello

nazionale ed europeo è già indice della loro importanza, non solo come

strumenti di globalizzazione, ma come supporto alla didattica tradizionale,

come strumenti in grado di ampliare le capacità umane.

L’introduzione delle TIC nella didattica italiana ha inizio intorno agli

anni ’80: i calcolatori utilizzati prima come elaboratori di dati (anni ’40-

’50), poi come supporti cognitivi (anni ’60-’70) diventano fonte di

interattività e multimedialità. Nascono le prime aule e laboratori, ma

l’alfabetizzazione informatica degli alunni e dei docenti avviene

principalmente per mezzo di strumenti ancora poco sofisticati.

Gradualmente si sviluppano software sempre più complessi, dapprima

utilizzati in istituti tecnici e professionali (CAD), poi dagli insegnanti delle

diverse discipline che ne colgono le potenzialità da sfruttare sul piano

didattico (excel, word, ecc). Nel 1997 viene promosso dal Ministero della

Pubblica Istruzione il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche

4 Le otto competenze chiave sono: la comunicazione nella madrelingua, la comunicazione in lingue

straniere, la competenza matematica e le competenze di base in campo scientifico e tecnologico, la

competenza digitale, imparare ad imparare, le competenze sociali e civiche, senso di iniziativa e di

imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturali. 5 Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa

a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10].

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(PSTD) con lo scopo di “sostenere adeguatamente lo sviluppo qualitativo

del sistema scolastico nella sua interezza, la realizzazione di un programma

di diffusione della multimedialità in grado di incidere sulla struttura

profonda dei processi di insegnamento e di apprendimento”6. Con il PSTD

si vogliono educare gli studenti alla multimedialità e alla comunicazione,

ciò significa avvicinarli alle tecnologie in modo critico e consapevole, così

da utilizzarle come strumenti di studio, ricerca, elaborazione e

collaborazione anche a distanza. Si vuole inoltre migliorare la

professionalità dei docenti e l’efficacia dell’insegnamento, combinando le

nuove tecnologie con i contenuti e gli obiettivi didattici. Da quel momento

la didattica abbraccia ufficialmente l’uso delle TIC per i diversi obiettivi

educativi, nell’apprendimento della seconda lingua, nel sostegno degli

studenti disabili, nella creazione di canali di apprendimento e-learning (a

distanza), con innumerevoli scontri tra innovatori e tradizionalisti. Per

diffondere l’alfabetizzazione digitale sono stati creati progetti didattici ad

hoc, come il Digi Scuola, che favorisce la produzione di contenuti digitali e

introduce gli insegnanti alle nuove tecnologie e i progetti di e-Twinning,

che promuovono le relazioni tra scuole europee attraverso l’uso delle TIC7.

A questi si aggiungono i programmi FORTIC e Scuola Digitale promossi

dal MIUR con lo scopo di creare ambienti di apprendimento innovativi

attraverso l’uso di tecnologie informatiche, come Lavagne Interattive

Multimediali (LIM), tablet, PC e connessione wireless a banda larga.

Questo breve accenno all’evoluzione delle TIC in ambito didattico, era

necessario per comprendere il panorama in cui il modello Flipped

6 Ministero della Pubblica Istruzione, Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche nel periodo

1997/2000 – Progetti speciali finalizzati. Premessa del documento di base:

http://www.privacy.it/ministruzione.html (ultimo accesso 07/01/2016). 7 Tratto dal sito The Educational Encyclopedia:

http://www.edueda.net/index.php?title=Contesto_scolastico_italiano_e_nuove_tecnologie (ultimo accesso

07/01/2016).

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Classroom va ad inserirsi, in quanto metodo che sfrutta ampiamente le

risorse tecnologiche. Sia durante il primo capovolgimento (fruizione della

videolezione a casa), sia durante il secondo capovolgimento (esercizi e

attività a scuola), le risorse tecnologiche giocano un ruolo fondamentale:

supportano un apprendimento individualizzato, favoriscono il problem

solving, facilitano le attività di ricerca e la creazione di learning objects

digitali che possono essere condivisi o elaborati in maniera cooperativa e

collaborativa. Si tratta quindi di supporti che sostengono una didattica

focalizzata sulla posizione attiva dello studente e che sono estremamente

efficaci in termini di stimolo e motivazione.

3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools

Il concetto di apprendimento significativo viene ripreso ed argomentato

da David H. Jonassen nel suo libro Meaningful Learning with Technology8

(2012). Il concetto in questo caso fa riferimento a tutte quelle esperienze

didattiche che risultano influenti sul livello e sull’efficacia

dell’apprendimento, poiché supportate dalle nuove tecnologie. Secondo

Jonassen (2012: 2-3) l’apprendimento diventa efficace e quindi

significativo solo nel momento in cui gli studenti sono coinvolti in attività

(meaningful tasks) che comprendono:

Inquiring with Technologies

Experimenting with Technologies

Designing with Technologies

Communicating with Technologies

Community Building and Collaborating with Technologies

8 Howland, J., Jonassen, D., Marra, R. and Jonassen, D. (2012). Meaningful Learning with Technology.

Boston: Pearson, capitolo 1.

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Writing with Technologies

Modelling with Technologies

Visualizing with Technologies

Assessing Meaningful Learning and Teaching with Technologies.

Ognuna di queste attività diventa significativa, spiega Jonassen, se svolta in

un contesto che sia attivo, costruttivo, intenzionale, autentico e cooperativo.

Se in passato i supporti tecnologici erano utilizzati prevalentemente per

attività drills (input – risposta – rinforzo), l’avvento del Web 2.0, che ha

come caratteristica sostanziale l’interazione, ha permesso di fruirne in

maniera più libera e flessibile, potendo considerare le nuove tecnologie

come risorse alle quali attingere per costruire il proprio sapere, ma anche

come strumenti con cui comunicare, creare e condividere attivamente le

nostre idee: “Technologies afford students the opportunities to engage in

meaningful learning when they learn with the technology, not from it”

(2012: 5).

Jonassen definisce gli strumenti didattici tecnologici mindtools, ossia

supporti con i quali gli studenti possono interpretare, organizzare e

costruire la propria conoscenza in maniera personale, senza replicare

meccanicamente la versione del professore.9 Per mindtools si intendono

tutti gli applicativi software che agiscono come estensione della mente e

permettono agli studenti di apprendere in maniera attiva, costruttiva e

soprattutto responsabile.

9 Jonassen D., Carr C. (2000). “Mindtools: Affording Multiple Knowldge Representations for Learning”.

In S.P. Lajoie (Ed.), Computers as cognitive tools, volume 2: No more walls. Mahwah, NJ: Lawrence

Erlbaum Associates, p.167. http://web.missouri.edu/jonassend/Mindtoolschapter.pdf (ultimo accesso

07/01/2016).

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3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom

L’utilizzo delle TIC in ambito scolastico non solo ha migliorato la

didattica moderna, ma ha anche permesso lo sviluppo di metodologie

innovative come la classe capovolta. Nel caso della Flipped Classroom,

infatti, il capovolgimento stesso è reso possibile grazie ai supporti digitali

che sostituiscono la spiegazione frontale dell’insegnante, oltre ad essere di

sostegno per le attività svolte in classe. Occorre sottolineare che sia nella

lezione frontale sia in una classe capovolta, l’uso delle TIC non è sempre

necessario né tantomeno indispensabile, ma se utilizzate in modo

appropriato queste possono rappresentare un valido sostegno.

Nel caso dell’insegnamento capovolto, infatti, l’ausilio delle nuove

tecnologie promuove un apprendimento attivo, poiché consente agli

studenti di costruire, analizzare, interpretare e condividere le informazioni,

permettendo di passare attraverso un’esperienza didattica reale e concreta,

come accade ad esempio con gli ambienti di simulazione interattivi.

Lavorare con le informazioni, infatti, non significa apprenderle in maniera

passiva, ma leggerle, ascoltarle, memorizzarle, valutarle, riassumerle, come

accade durante la fruizione della videolezione o del materiale che può

sostituirla; non si parla più quindi di trasmissione, ma di costruzione di

conoscenza. Le TIC possono essere utilizzate anche per le attività

didattiche precedentemente analizzate, ad esempio in attività di problem

solving o di ricerca e indagine; in questo caso la fruizione di materiale

multimediale può facilitare la comprensione e la spiegazione di un

fenomeno ad esempio in ambito scientifico o matematico, e può aprire allo

studente nuove possibilità e spunti di ragionamento differenti dai propri.

L’utilizzo delle TIC in una classe capovolta rende possibile l’attuazione

di un apprendimento democratico, in quanto è sempre più facile oggi

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trovare programmi, esercizi, siti, informazioni, video che si adattino alle

competenze e al livello cognitivo di ogni alunno. In questo modo diventa

molto più semplice reperire materiale che risponda alle necessità formative

della classe che abbiamo difronte, legate all’età, alle difficoltà degli alunni

con bisogni educativi speciali (BES), alla velocità di apprendimento degli

studenti.

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, inoltre,

possiedono una dimensione multimediale che li differenzia notevolmente

dalla dimensione monomediale tipica del libro di testo o della lezione

frontale. È vero che durante la spiegazione in classe l’insegnante dà senso

al contenuto grazie alle sue capacità performative, ma i media coinvolgono

diverse sfere sensoriali e questo stimola e facilita l’assorbimento di

informazioni, oltre a ricreare un ambiente che rispecchia molto più da

vicino la quotidianità degli studenti di oggi, immersi costantemente nel

mondo digitalizzato, accorciando quindi il divario che esiste tra nativi e

immigrati digitali.

Questo tipo di apprendimento, che avviene appunto con l’ausilio delle

tecnologie, viene definito “apprendimento multimediale” da Richard E.

Mayer (2001). Lo psicologo e insegnante statunitense ne elabora una vera e

propria teoria, a dimostrazione del fatto che l’apprendimento che avviene

contemporaneamente mediante il canale verbale e visivo è più efficace di

quello che utilizza il solo canale verbale, poiché rappresentano due livelli di

apprendimento complementari. Secondo Mayer, un messaggio

multimediale funziona quando rispetta sei principi fondamentali: contiguità

spaziale, contiguità temporale, coerenza, modalità, ridondanza e differenze

individuali. Per contiguità spaziale e temporale si intende la necessità di

riprodurre immagini e parole che siano vicine e presentate

contemporaneamente o con un breve lasso di tempo che intercorre tra loro;

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gli elementi devono essere inoltre combinati in maniera coerente, presentati

in modalità varie (canale visivo e uditivo per esempio)10 e volti alla

spiegazione del contenuto più che alla sua ripetizione. Il principio delle

differenze individuali è quello più importante in termini di efficacia del

contenuto multimediale. Secondo tale concetto, l’impatto che il materiale

multimediale avrà sui soggetti sarà diverso a seconda delle differenze

individuali: nel caso di una presentazione povera, gli studenti con maggiore

conoscenza potranno provvedere alle mancanze a partire da informazioni e

competenze precostruite, al contrario saranno svantaggiati gli studenti con

uno scarso livello di conoscenza, che faticano ad utilizzare la propria

capacità cognitiva. Nel caso invece di un argomento multimediale trattato

correttamente, questo sarà compreso contemporaneamente da studenti che

possiedono un’elevata o una scarsa conoscenza, costruendo

rappresentazioni mentali delle parole e delle immagini di cui fruiscono. Per

questo motivo la scelta del materiale da parte dell’insegnante non deve mai

essere casuale, ma accurata e ben valutata, perché da essa dipende la

riuscita o meno dell’obiettivo formativo.

In conclusione, emerge chiaramente il ruolo primario che le TIC

svolgono nella didattica moderna in generale e nella Flipped Classroom in

particolare. È bene sottolineare che le nuove tecnologie impiegate a scopo

didattico non vogliono in alcun modo sostituire la figura del docente, che è

indispensabile nel suo ruolo di facilitatore e di intermediario tra

10 A tale proposito è opportuno introdurre la differenze tra multimodalità e multimedialità. Si parla di

comunicazione multimodale quando vengono coinvolte sfere sensoriali diverse nel processo di input o

output: visiva, tattile, olfattiva e uditiva. Quando si parla di multimedialità invece, l’enfasi è posta sui

mezzi impiegati per la trasmissione di un contenuto (testo, immagini, suoni, video). Quindi nel caso di un

contenuto multimodale il focus è sul livello di rappresentazione più astratto, che riguarda le modalità

sensoriali coinvolte, il termine multimediale indica invece il mezzo con cui l’informazione o il contenuto

viene veicolato. http://www.syros.aegean.gr/users/manast/Pubs/Pub_conf/C03/C03.pdf (ultimo accesso

07/01/2016).

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apprendimento e tecnologie, bensì appoggiare gli strumenti tradizionali per

un insegnamento più efficace e stimolante.

3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo

Il sapere si sviluppa dall’uso di strumenti di studio tradizionali, ma

anche di nuovi strumenti, come computer, banche dati, programmi

specifici di elaborazione delle informazioni, in collaborazione con

altri. In breve si deve prendere coscienza di una mente «situata», cioè

condizionata nel suo sapere e apprendere dagli strumenti che utilizza e

dalle relazioni che stabilisce. (Comoglio, 2000)11

Spesso si tende a concepire le nuove tecnologie come strumenti per la

ricerca di materiale e per l’esercitazione individuale, senza considerare che

il più grande supporto che esse possono offrire si esprime in termini di

interazione e collaborazione tra gli studenti. Numerose ricerche sul

Cooperative Learning hanno dimostrato come l’apprendimento costruito

attraverso la relazione sociale e derivante quindi da quella che viene

definita interdipendenza positiva, sia più efficace e duraturo rispetto a

quello di tipo competitivo ed individualistico. I vantaggi derivanti dall’uso

delle TIC in ambito didattico sono evidenti soprattutto nell’apprendimento

linguistico, poiché permettono di ricercare materiale sempre più adatto alle

esigenze della classe. Se prendiamo in considerazione una lezione di

lingue straniere, attraverso la rete o programmi specifici è possibile

reperire materiale più o meno autentico, che rispetti il livello linguistico

degli alunni, che riguardi un concetto o un tema affrontato nel programma

didattico. L’uso delle TIC in questo caso facilita la costruzione di

conoscenza a partire da contesti reali, che riproducono la lingua autentica e

11 Caon, F. and Serragiotto, G. (2012). Tecnologie e didattica delle lingue. Torino: UTET Università,

p.88.

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ne facilitano la comprensione, grazie ad esempio all’uso di video e di

immagini.

All’interno di una lezione flipped, la cooperazione tra studenti con il

supporto delle tecnologie può avvenire in diversi momenti: nella fase

iniziale di pianificazione, a partire da un obiettivo o consegna stabilito dal

docente, durante l’utilizzo del PC che può prevedere simultaneamente una

discussione orale o interattiva attraverso il computer stesso, alla fine del

lavoro, nel momento in cui gli studenti possono discutere, analizzare e

valutare il lavoro svolto. (Caon, Serragiotto, 2012: 90). Ciò significa che le

tecnologie diventano il mezzo e non il fine dell’apprendimento, attraverso

le TIC possiamo infatti creare momenti cooperativi e collaborativi

specifici, alternati a lavori e attività usuali, individuali e di gruppo.

L’interazione cooperativa tra studenti attraverso le nuove tecnologie può

avvenire sia faccia a faccia (in presenza) sia in modalità online (e-

learning) attraverso chat, email, forum, blog, social network e Wiki.

Questa interazione filtrata dal mezzo tecnologico favorisce la

partecipazione di tutti gli studenti, compresi quelli più timidi o meno

partecipativi alla lezione frontale; ciò accade perché il filtro rappresentato

dallo schermo è in grado di ridurre lo stress emotivo negativo, la timidezza

e la soggezione che la relazione diretta con i compagni e con gli insegnanti

può provocare in alcuni studenti. Allo stesso tempo, l’introduzione di PC e

LIM provvisti di connessione Internet nelle scuole ha permesso la nascita e

lo sviluppo di lavori cooperativi a distanza anche fra studenti di nazioni

diverse, abbattendo totalmente le barriere di comunicazione spaziali e

culturali e permettendo una crescita non solo in termini didattici ma anche

e soprattutto sociali. L’uso delle TIC è divenuto oggi essenziale non solo

per la comunicazione a distanza o per la ricerca di informazioni online, ma

anche per numerose attività che non richiedono una connessione Internet,

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come lettura, scrittura, creazione di fogli di calcolo o di presentazioni in

Power Point.

Combinare la potenzialità della tecnologia con le pratiche didattiche

apre nuovi orizzonti agli studenti, ma richiede un adattamento anche da

parte dei docenti, che devono saper integrare i nuovi strumenti al loro

operato, in modo sensato e coerente. Il compito degli insegnanti è quindi

quello di scegliere come e quando integrare nelle loro lezioni gli strumenti

a disposizione, decidere e stabilire quale attività svolgere e come

combinare tradizione (lezione frontale, libro di testo) e innovazione (PC,

LIM, video proiettore, ecc), stabilire quali supporti sono necessari al

raggiungimento degli obiettivi didattici e valutare il percorso formativo

attraverso feedback diretti o ‘digitali’. Il ruolo dell’insegnante in questo

caso è quello di guidare gli alunni ad un utilizzo consapevole delle

tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di mediare tra gli

studenti e la tecnologia stessa, conducendo i discenti verso obiettivi

didattici specifici e di costruire gradualmente ambienti di apprendimento

innovativi che integrino la lectio con i moderni device del mondo digitale.

3.2.2. Supporti digitali

Dopo aver analizzato dettagliatamente i vantaggi che l’uso delle TIC può

introdurre nella didattica, si procede ora ad elencare i principali supporti

digitali, hardware e software, utili nella costruzione di una lezione

capovolta e i siti web ufficiali di informazione dedicati alla Flipped

Classroom.

Per convertire la didattica tradizionale in Flipped Classroom è necessaria

un’attenta valutazione dei mezzi tecnologici a disposizione degli studenti,

fondamentali per la realizzazione del capovolgimento. Ogni alunno

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dovrebbe possedere un PC, tablet o notebook, munito di connessione ad

Internet, di software per la creazione di documenti Word, Power Point,

Excel ecc. e di una casella di posta elettronica. Va sottolineato il fatto che

oggi la rete, oltre agli usuali programmi a pagamento come quelli della

Microsoft, mette a disposizione tantissimi software gratuiti come le risorse

Open Office (Maglioni, Biscaro, 2014:19). È poi necessario appoggiarsi ad

una piattaforma che permetta la condivisione del materiale a cui gli studenti

faranno affidamento sia durante il primo capovolgimento, ossia la lezione a

casa, sia durante il secondo capovolgimento, momento in cui rendono

visibile il loro operato (qualora sia richiesto come attività da svolgere).

Rivoltella (2013: 148) considera una ‘pubblicazione interna’ quando il

materiale viene condiviso con i propri studenti e definisce una

‘pubblicazione esterna’ quando la condivisione avviene con persone al di

fuori dell’ambiente didattico, come famiglie, altri insegnanti o

semplicemente pubblico del Web. La pubblicazione è molto importante

perché facilita il lavoro collaborativo e perché permette all’insegnante di

caricare il materiale didattico da utilizzare e le consegne dei compiti a casa,

di valutare costantemente il lavoro dei propri studenti, di programmare

nuove attività e di creare eventualmente una raccolta finale di lavori

individuali o di gruppo realizzati in formato digitale, come nel caso dell’e-

portfolio (electronic portfolio) (Rivoltella, 2013: 148). Quando una

pubblicazione è ristretta alla propria classe, è possibile fare affidamento sui

cosiddetti Learning Management System, ossia piattaforme applicative che

permettono una didattica in modalità e-learning come Moodle o su prodotti

di Social Learning Network come Edmodo, strutturato come un social

network ma finalizzato alla gestione della classe, o addirittura creare un

proprio sito Web per esempio utilizzando Google Sites. Altri programmi

utili da utilizzare online sono Dropbox e Google Drive, soprattutto per la

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condivisione di materiale, Vimeo e Youtube per la pubblicazione di video e

Prezi per quanto riguarda le presentazioni; a questi vanno aggiunti i vari

supporti necessari per la creazione di blog, facili da trovare in rete e spesso

gratuiti.

Nel momento in cui la piattaforma cloud (ossia nuvola, poiché tutto il

materiale condiviso rimane sospeso in uno spazio virtuale) è stata creata,

occorre procurarsi il materiale da presentare agli alunni. Stabilito che tra le

diverse possibilità (presentazioni, letture, mappe concettuali, ecc.) il

contenuto sia veicolato per mezzo di una videolezione, esistono due

possibilità per il docente: reperire un video già esistente dalla rete che

soddisfi le sue esigenze o crearne uno personalmente. Alcuni sondaggi

hanno evidenziato che l’uso di un video creato dal docente è più efficace,

poiché soddisfa in maniera più ampia le necessità della classe e colpisce

maggiormente gli studenti, nel momento in cui vedono il loro insegnante

coinvolto in prima persona. Oggi i siti internet che offrono lezioni digitali

create appositamente per la Flipped Classroom, sono tantissimi e sempre

più sviluppati, in ambito universitario sono famosi i corsi online definiti

MOOCs (Massive Open Online Courses) disponibili su siti come Coursera,

Udacity o Udemy. Per quanto riguarda i gradi superiori di istruzione, i siti

maggiormente conosciuti sono TEDEd che raccoglie video realizzati dagli

stessi insegnanti e la Khan Academy, ossia un’organizzazione creata da

Salman Khan, informatico e matematico presso il MIT. Essa offre al

pubblico più di 4.000 lezioni prevalentemente riguardanti l’area scientifica,

in lingua inglese ma con sottotitoli anche in italiano, integrate spesso da

esercizi propedeutici. Le iniziative italiane invece sono rappresentate da

progetti come ScuolaInterattiva, Insegnalo.it, Innovascuola, OilProject e

OVO, che pubblicano liberamente materiale, corsi, esercizi e videolezioni

riguardanti diverse discipline (Maglioni, Biscaro, 2014: 73).

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Nel caso in cui invece l’insegnante decida di creare un video proprio, è

necessario collegare il proprio PC munito di webcam con programmi

appositamente studiati per la didattica online, come Camtasia, Jing o

EDpuzzle con i quali si apprende facilmente a realizzare una lezione

digitale. La parte più complessa sembra essere quella comunicativa:

spiegare un contenuto attraverso uno strumento tecnologico, infatti,

richiede capacità espressive ed esplicative diverse rispetto a quelle

coinvolte nella lezione frontale. In una fase più avanzata della

sperimentazione può essere motivante e interessante chiedere ai ragazzi di

creare da soli una videolezione con cui spiegare ed analizzare un

determinato contenuto.

Una volta introdotto l’argomento della lezione è il momento di

strutturare il secondo capovolgimento, ossia organizzare le attività da

proporre in classe, sempre incentrate su un apprendimento attivo e

collaborativo. A tale scopo esistono numerosi programmi in grado di

favorire le metodologie didattiche precedentemente analizzate come

l’apprendimento per ricerca (Inquiry Based Learning) e l’apprendimento

tra pari (Peer Learning). Fra i siti disponibili per l’organizzazione di tali

attività occorre citare WISE (Web-based Inquiry Science Environment),

nQuire che guida gli studenti nell’attività di ricerca, iSpot e iNaturalist per

coloro che sono interessati alle scienze naturali, Zunal e Aula21 sono

invece ottimi programmi per generare WebQuest, ossia attività di ricerca

focalizzate su informazioni reperibili in Internet (Cecchinato, 2014: 14:16).

Quelli proposti sono solo alcuni dei tanti siti e programmi digitali

disponibili per la creazione di materiale da utilizzare in una Flipped

Classroom. Questo metodo didattico, sebbene ancora in fase sperimentale

soprattutto in Italia, si sta diffondendo rapidamente ed il materiale a

disposizione viene continuamente aggiornato e migliorato. I siti ufficiali

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riguardanti il metodo Flipped Classroom sono Flipped Learning Network,

Flipped Learning Ning (community online), theflippedclassroom.es (in

lingua spagnola) e in Italia l’associazione Flipnet, che promuove la

didattica capovolta.

3.3. La videolezione

L’utilizzo del video in ambito didattico non rappresenta un’innovazione,

in quanto già utilizzato dai docenti per finalità diverse e in momenti

differenti del programma: all’inizio, durante o alla fine delle unità

didattiche o di apprendimento e come strumento di revisione. La Flipped

Classroom si serve della videolezione in un momento ancora diverso, che è

quello dei ‘compiti a casa’, quando gli studenti sono chiamati

individualmente a mettere in atto le proprie competenze.

Spesso si tende a considerare la lezione video come il punto focale della

classe capovolta, in realtà come affermano Bergmann e Sams, i due autori

del metodo Flipped Classroom “Although video is an important aspect to

flipped learning, it is not the most important. Video should be used as an

entry point to flipped learning […]”. (Bergmann J., Sams A., 2014: 16).

Come essi sottolineano, il video impiegato per la trasmissione dei contenuti

non è essenziale ed essi non vogliono prendersi il merito della sua

introduzione in ambito educativo, ma può comunque rappresentare una

possibilità interessante in termini di apprendimento costruttivista e

democratico.

L’idea della video lezione rispecchia perfettamente ciò che viene definito

Mobile Learning, ossia quel tipo di apprendimento che avviene al di fuori

del contesto scolastico, grazie all’uso di personal devices, con i quali lo

studente può accedere a contenuti e servizi, quando e dove vuole. È proprio

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questa disponibilità costante del materiale didattico che fa del Mobile

Learning il contesto prediletto per quelli che vengono definiti EAS, Episodi

di Apprendimento Situato12 (Rivoltella P., 2103). Gli EAS vengono definiti

da Pier Cesare Rivoltella come:

attività svolte dallo studente nei contesti real life in cui si trova a

operare e apprendere proprio grazie alla disponibilità di mobile

devices. […] Nel Mobile Learning l’ESL è un’attività che lo studente

svolge fuori del contesto della classe, trasformando così un momento

e uno spazio informali in una opportunità di apprendimento formale.

(Rivoltella P, 2013: 5-6)

L’applicazione didattica degli EAS si sviluppa su tre momenti essenziali:

un momento anticipatorio nel quale, in termini di Flipped Classroom,

possiamo ricorrere alla videolezione; un momento operatorio, che prevede

quindi un’attività concreta e che costituisce il fulcro dell’episodio di

apprendimento situato; un momento ristrutturativo, fondato sulla riflessione

e il brainstorming su quanto accaduto. Anche se il video, come già

affermato, non rappresenta lo strumento chiave del capovolgimento, è

chiaro che esso può rendere possibile un tipo di apprendimento

inimmaginabile in passato e favorito dal progresso tecnologico.

Se nella lezione frontale l’insegnante interviene con la spiegazione per

rendere chiari i contenuti, l’utilizzo della videolezione come momento

anticipatorio richiede agli studenti uno sforzo maggiore in termini di

comprensione. Essi sono chiamati, infatti, ad approcciarsi ad un nuovo

contenuto e ad elaborarlo criticamente attraverso esercizi, mappe

concettuali o appunti, sviluppando un apprendimento che non è più

costituito da conoscenze ma da competenze. L’intervento dell’insegnante

diviene fondamentale nel momento metacognitivo al termine della fase di

attivazione di ogni lezione, in cui si affrontano insieme le difficoltà

12 In inglese Episodes of Situated Learning.

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riscontrate e si valutano i processi innescati, che possono riguardare la

collaborazione tra studenti, la riflessione su quanto prodotto o gli aspetti

rilevanti emersi durante una determinata attività (Rivoltella P., 2013:45).

Ovviamente la fruizione della videolezione non rappresenta un momento di

svago, per cui gli studenti devono essere guidati verso una visione attiva.

Questo implica che esso sia preceduto da una breve contestualizzazione,

dalla definizione degli obiettivi e della finalità della visione stessa e

ovviamente dalla consegna esplicita delle attività richieste; la videolezione

diventa così stimolo all’analisi critica degli studenti e guida verso i

contenuti che si intendono affrontare in classe (Rivoltella P., 2013: 93-94).

A conferma dell’importanza di una visione attiva della lezione video si

riporta di seguito l’esempio di un’insegnante di matematica americana,

Crystal Kirch, conosciuta per avere inventato appositamente un metodo,

dopo essersi resa conto che i suoi studenti “were watching the videos but

not necessarily learning from them. They knew how to watch videos for

entertainment, but not for education” (Bergmann, Sams, 2014: 47). Il

procedimento in questione è stato denominato WSQ, Watch-Summarize-

Question e prevede tre momenti fondamentali: il primo è quello della

visione, in cui gli studenti sono chiamati a prendere appunti e a completare

esercizi guidati al fine di comprendere i concetti chiave; il secondo step è

quello del riassunto dei contenuti, facilitato dalla presenza di domande

strutturate; il terzo momento è quello relativo ai quesiti che gli alunni

devono formulare riguardo a ciò che non hanno compreso e che

diventeranno oggetto di discussione in classe. Da quanto riportato, si

intende chiaramente che la videolezione non è solo un modo alternativo per

veicolare contenuti, ma è uno strumento didattico a tutti gli effetti e solo se

utilizzato in maniera corretta può portare a risultati efficaci di

apprendimento.

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L’utilizzo di una videolezione ha evidenziato in ambito didattico

numerosi vantaggi: crea motivazione, favorisce l’individualizzazione

dell’insegnamento, poiché a differenza della lezione frontale offre la

possibilità di fermare, riascoltare e rivedere i contenuti e permette grande

flessibilità rispetto agli obiettivi didattici. Infatti se le informazioni riportate

nel libro di testo sono standard e non contestualizzate, cioè create per

essere fruite da tutti gli studenti allo stesso modo, la lezione video

(soprattutto nel caso di tutorial creati dall’insegnante) consente di orientare

e focalizzare la spiegazione su ciò che è più rilevante per la propria classe e

per i risultati che si intende raggiungere. Inoltre il video sembra stimolare

la persistenza attraverso il meccanismo della ripetizione e facilita la

comprensione e la memorizzazione, come mostrato nella seguente tabella.

Scala di

coinvolgimento in

termini di

sollecitazioni

sensorie della vista e

dell’udito

Livelli di memorizzazione

L’uomo ricorda in

assoluto

L’uomo ricorda

Dopo tre ore

Dopo tre giorni

Solo l’udito 1/10 Di ciò che ascolta

20%

Di ciò che ascolta

70%

Di ciò che ascolta

10%

Solo vista

3/10

Di ciò che vede 55% Di ciò che vede 72% Di ciò che vede 20%

Udito + vista Di ciò che

contemporaneamente

vede ed ascolta 87%

Di ciò che

contemporaneamente

vede ed ascolta 85%

Di ciò che

contemporaneamente

vede ed ascolta 65%

Affinché la memorizzazione avvenga è necessario, però, tenere presente

che il video deve essere breve e coinciso, poiché a differenza di ciò che

accade durante la visione di un film, ad esempio, davanti ad un contenuto

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informativo gli studenti non sarebbero in grado di mantenere alta la soglia

d’attenzione per un lungo periodo; occorre inoltre focalizzare il contenuto

su un solo argomento ed evitare divagazioni inutili. Quando si parla di

videolezione in ambito di Flipped Classroom emerge spesso un certo

scetticismo che deriva dal problema della sua condivisione al di fuori

dell’ambiente scolastico, ossia la possibilità che non tutti i discenti siano a

disposizione di connessione internet per poter usufruire del materiale.

Partendo dal presupposto che oggi la maggior parte degli studenti, in

particolare quelli frequentanti la scuola secondaria di secondo grado, siano

in possesso di un dispositivo mobile, sia questo un cellulare piuttosto che

un PC, è compito dell’insegnante assicurarsi che tutti possano in qualche

modo reperirlo ed eventualmente provvedere con soluzioni alternative,

come chiavette USB, CD o DVD.

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Capitolo 4

Flipped Classroom:

uno spazio di apprendimento democratico

Sfruttare le opportunità offerte dalle TIC in ambito didattico e creare un

contesto di insegnamento democratico, in cui gli studenti assumano un

ruolo attivo e predominante, significa anche creare nuovi spazi di

apprendimento che si adeguino a tali esigenze. Per questo motivo si è

rivelato necessario creare un ambiente di apprendimento cooperativo,

inteso non solo dal punto di vista cognitivo e didattico, ma anche fisico e

spaziale. L’innovazione del metodo Flipped Classroom prevede quindi

anche la realizzazione di aule che rispettino le necessità del lavoro

collaborativo e stimolino lo sviluppo delle intelligenze multiple.

4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico

“Knowledge”, in the sense of information, means the working capital,

the indispensable resources, of further inquiry, of finding out, or

learning, more things. Frequently it is treated as an end itself. (Dewey,

1916: 100)

L’idea di insegnamento democratico è stata coniata da John Dewey nel

suo testo pubblicato nel 1916 e intitolato Democracy and Education: An

Introduction to the Philosophy of Education. Dewey parte dell’idea che le

metodologie didattiche utilizzate fino a quel momento fossero per lo più

insoddisfacenti, poiché non tenevano in considerazione l’esperienza

concreta degli alunni, ma piuttosto gli insegnanti preferivano “give pupils

something to do, not something to learn” (Dewey, 1916: 98). Certamente

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attività come risolvere problemi, rispondere alle domande sono all’ordine

del giorno, ma nella maggior parte dei casi, sottolinea Dewey, non

riguardano problemi reali, non chiamano in gioco la personale esperienza

dello studente. Per questo motivo le risposte alla didattica tradizionale sono

spesso insoddisfacenti e poco stimolanti. Nonostante le indicazioni di

Dewey risalgano ai primi anni del Novecento, è sorprendente come esse

siano comunque ancora attuali e applicabili a numerosi contesti didattici.

Il metodo del Flipped Learning come Democratic Learning nasce

dall’esigenza di ovviare e risolvere parte di quelle debolezze a cui fa

riferimento Dewey, per arrivare ad un apprendimento attivo e cooperativo

(attivismo pedagogico di Dewey). A sostegno di tale asserzione, si riporta

l’esperienza diretta di Tom Driscoll, insegnante di storia nel Connecticut,

tratta dal testo di Bergmann e Sams.1 Driscoll racconta di aver introdotto la

classe capovolta nelle sue lezioni per vari motivi: molti dei suoi studenti

erano spesso assenti, altri non svolgevano i compiti assegnati loro e la sua

didattica non era in grado di rispettare le diverse velocità e i diversi livelli

di apprendimento, diventando spesso frustante per i ragazzi più lenti. Il suo

percorso inizia con l’applicazione del metodo Flipped Class 101, in cui,

come emerso precedentemente, gli studenti fruiscono di una video lezione a

casa in un momento prestabilito e svolgono attività in classe sotto la guida

dell’insegnante. Questo metodo portò subito a notevoli miglioramenti, ma

non contribuiva a risolvere il problema delle diverse velocità di

apprendimento, i cosiddetti learning gaps. Tom decide quindi di adottare la

‘versione’ più avanzata ed evoluta di classe capovolta ossia il modello

Flipped Mastery. In questo caso la video lezione è solo uno dei tanti

strumenti utilizzati per la trasmissione di contenuti e ogni studente si

1 Bergmann, J., Aaron S. (2014). Flipped Learning. Gateway to student engagement. Oregon: ISTE,

cap.9.

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muove individualmente dentro un percorso fatto di obiettivi didattici,

passando da un obiettivo a quello successivo solo dopo aver raggiunto e

dimostrato di averne acquisito completa competenza.

In questa maniera Tom Driscoll sostiene di aver raggiunto ciò che viene

definito insegnamento democratico, in primo luogo perché rispetta le

esigenze e la velocità di apprendimento di ogni studente, diventando quindi

un processo di acquisizione personalizzato; in secondo luogo perché

attribuisce agli allievi la responsabilità del proprio percorso formativo,

anche se sotto il costante aiuto dell’insegnante; terzo infine, perché

permette di attuare una didattica individualizzata. Sottraendo infatti dalla

lezione in classe il momento della spiegazione, che avviene direttamente a

casa, il docente può lavorare individualmente con ogni singolo discente,

colmando le sue lacune o guidandolo verso attività sempre più complesse

nel caso degli studenti più capaci. Riprendendo le teorie di Dewey,

l’apprendimento diventa inoltre democratico perché permette un approccio

didattico che funge da ponte tra teoria e pratica, facendo leva sulle

problematiche ed esperienze concrete degli studenti e creando inoltre un

ambiente didattico più appropriato: “The goal was to create a learning

environment that both mirrored and prepared students for the dynamic,

democratic world of which we are all part” (Bergmann, Sams, 2014: 91).

In conclusione, è interessante riassumere i punti principali per i quali la

Flipped Classroom può essere considerata oggi un metodo che senza

dubbio favorisce un insegnamento democratico, a seguito si citano i

concetti essenziali elencati dallo stesso Tom Driscoll nel racconto della sua

esperienza (Bergmann, Sams, 2014: 92):

Students in a democratic classroom regularly engage in:

Collaborative decision making

Critical thinking

Inquiry-based problem solving

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Social interactions and cooperative pursuits

Active and experiential learning opportunities

Critical examination of social issues

4.2. Zona di Sviluppo Prossimale

Utilizzando il metodo della Flipped Classroom si è visto come spostando

il momento della spiegazione a casa, siano ampiamente incrementati

l’interazione diretta, il rapporto tra pari e la comunicazione tra discenti e

docenti in ambito scolastico. La creazione di un ambiente didattico

cooperativo ed interattivo con i compagni e con gli adulti (cooperative

learning), va ad influire anche su quello che Vygotsky definisce Zone of

Proximal Development (Zona di Sviluppo Prossimale): “the place at which

a child's empirically rich but disorganized spontaneous concepts ‘meet’ the

systematicity and logic of adult reasoning” (Vygotsky, 1986: xxxv). In

questi termini, per Zona di Sviluppo Prossimale si intende la relazione che

esiste tra capacità individuale ed autonoma dell’allievo e il suo possibile

sviluppo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci.

Tale processo viene definito in didattica scaffolding, inteso come supporto

che l’adulto fornisce all’allievo per portare a termine un’attività cognitiva

al di là delle sue capacità di partenza (Jonassen, 1999: 235). Il prodotto

finale di tale relazione è un’interiorizzazione del concetto o

dell’informazione da parte del discente e quindi un’effettiva assimilazione

di quanto costruito insieme. Grazie allo scaffolding “gli oggetti (materiali,

compiti, strumenti, modalità di lavoro) predisposti dal docente diventano a

tutti gli effetti un ambiente di apprendimento in grado di innescare processi

di costruzione di conoscenza” (Carletti, Varani, 2007: 15).

L’idea di sviluppo prossimale è estremamente importante nell’analisi del

Flipped Learning, perché oltre a ribadire l’importanza del docente in

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qualità di facilitatore dei contenuti, che rende lo stimolo accessibile e

comprensibile (Comprehensible Input di Krashen2), sottolinea la

dimensione cooperativa e attiva dell’ambiente di apprendimento flipped.

Questo approccio didattico contrasta le metodologie in cui l’apprendimento

avviene via instructions, per cui gli studenti sono lasciati soli di fronte alle

difficoltà. In un ambiente di apprendimento di questo tipo, oltre a

diffondersi uno sconforto generale, non si assiste mai alla creazione di

condizioni ottimali per una Zona di Sviluppo Prossimale. Costruire un

ambiente di apprendimento appropriato, democratico, attivo e cooperativo,

però, non riguarda solo una trasformazione teorica, bensì un vero e proprio

riassetto degli spazi didattici nelle varie realtà scolastiche.

4.3. La necessità di uno spazio flessibile

L’espressione ‘ambiente di apprendimento’ può in certi casi assumere un

significato piuttosto ambiguo, dal momento che può indicare sia la classe,

intesa come spazio fisico, sia l’insieme di quelle attività e metodologie

didattiche che nella Flipped Classroom sostengono un tipo di

apprendimento costruttivista, basato cioè sulle relazioni e interazioni con

gli altri. Si tratta di due sfumature dello stesso concetto che non possono

prescindere l’una dall’altra, poiché un insegnamento attivo, consapevole e

dinamico può avere luogo solo all’interno di uno spazio che si adatti

concretamente a tale scopo.

2 Krashen (1982) parla di Comprehensible Input a proposito dell’acquisizione della lingua L2. L’idea è

che l’apprendimento effettivo ed efficace sia possibile solo attraverso l’esposizione alla lingua stessa, ma

dipende allo stesso modo dalla natura dello stimolo a cui i discenti sono sottoposti. L’input, per essere

significativo deve risultare comprensibile e orientato al di sopra del livello attuale posseduto dal discente:

input comprensibile i+1 (livello in cui si trova lo studente +1). L’esposizione all’input dovrebbe inoltre

avvenire in un ambiente in cui il filtro affettivo sia ridotto al minimo.

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Nonostante la volontà diffusa di innovare la propria metodologia

didattica, gli insegnanti si trovano spesso vincolati in uno spazio

difficilmente gestibile e troppo legato alla didattica tradizionale, che

presenta in questo senso limiti significativi:

Quanto, poi, a un reale coinvolgimento nel processo di

apprendimento, la lezione sembra coinvolgere solo sul piano

intellettuale/cognitivo anche perché ostacola il confronto fra i membri

del gruppo, considerato invece ambito privilegiato di formazione

quanto a incremento delle capacità relazionali e utilizzo delle risorse.

(Blandino, Granieri, 1995: 186)

L’immagine comune di aula in senso pratico, che prevede l’assetto della

classe in file di banchi parallele, disposti di fronte alla cattedra, rispecchia

una visione di lezione incentrata sul ruolo dell’insegnante piuttosto che su

quello dello studente. Occorre dunque agire come facilitatori di interazione

e di negoziazione sociale, fondamentali per la costruzione di sapere e di

conoscenza, tra coloro che condividono lo stesso ambiente (Vygotskij,

1934). Per questo motivo lo spazio scolastico necessita di essere rivalutato

secondo le esigenze introdotte dalle nuove metodologie ed in previsione di

una didattica sempre più orientata verso l’acquisizione di competenze

piuttosto che di conoscenze. La forza motrice di tale cambiamento sembra

essere stata l’introduzione delle TIC nell’ambiente didattico ed in

particolare lo sviluppo della rete Internet, per cui tali strumenti sono passati

ad essere considerati non più come supporti personali, ma come strumenti

di mediazione con l’ambiente esterno, creando così una nuova dimensione,

quella digitale e virtuale. (Rivoltella, 2013: 28).

Lo spazio scolastico diventa in questi termini non solo un ambiente

fisico, ma anche luogo di esperienze cognitive e sociali in cui il discente

viene coinvolto in prima persona. Apprendere, quindi, non è solo un

trasferimento di conoscenza, bensì una costruzione di sapere che prevede

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un coinvolgimento attivo dello studente e una forte interazione tra mente e

corpo, definita come embodiement:

il termine si riferisce all’idea per la quale la conoscenza si sviluppa in

un rapporto costante fra la mente del/degli individuo/i, il corpo e

l’ambiente. Per tale motivo, la cognizione è la risultante

dell’interazione fra organismo, che agisce attraverso azioni dirette

verso molteplici scopi e l’ambiente. (Rivoltella, 2013: 69).

Alcuni studi di psicologia ambientale hanno dimostrato come i

comportamenti e le esperienze degli individui siano dettati e modificati in

funzione dell’ambiente che li circonda, per cui la sistemazione e il design

dello spazio influenzano profondamente le performance della classe, i

rispettivi comportamenti e quello che viene definito apprendimento

significativo (Gifford, Steg, Reser, 2011: 454). Un’aula che offre ai propri

studenti la possibilità di sperimentare, cercare, modificare, analizzare e

condividere informazioni, utilizzando i diversi strumenti a disposizione, è

un ambiente dove il processo di conoscenza non è controllato, ma

supportato (Wilson, 1996: 4). Si descrive in questi termini un ambiente di

apprendimento costruttivista in cui lo studente è al centro del processo

formativo e nel quale diventa fondamentale l’interazione e la

collaborazione con gli altri. Wilson, nel suo libro Costructivist Learning

Environments: Case Studies in Instructional Design (1996), fa riferimento

a learning communities nelle quali si apprende in maniera collaborativa e

cooperativa dai compagni e dall’ambiente circostante che egli definisce

come “a place where learners may work together and support each other as

they use a variety of tools and information resources in their guided pursuit

of learning goals and problem-solving activities” (Wilson, 1996: 5).

La Flipped Classroom, come emerso nei capitoli precedenti, richiede il

supporto di un ambiente flessibile, adattabile cioè alle diverse attività e

necessità didattiche: uno spazio che favorisca l’interazione e che si adegui

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ad una didattica più collaborativa e meno individualista. Creare un

ambiente scolastico appropriato non è fondamentale quando si decide di

introdurre il metodo della classe capovolta, ma è certo che possa

rappresentare un supporto e un aiuto concreto per meglio organizzare le

attività da svolgere in classe, sotto la guida dell’insegnante. È vero che la

gestione di spazi didattici particolari può richiedere un investimento

ingente in termini economici, che non tutti gli istituti possono permettersi,

ma allo stesso tempo è vero anche che adattare lo spazio alle esigenze della

propria classe non è sempre così complesso. Modifiche apparentemente

semplici e poco dispendiose, infatti, possono rivelarsi estremamente utili:

disporre i banchi in maniera circolare o raggrupparli per svolgere attività di

gruppo, adibire aree predisposte alla ricerca attraverso l’uso del PC o

ancora suddividere l’aula in tanti punti di apprendimento che si adattino

alle diverse esigenze e competenze cognitive dei singoli studenti.

Da quanto emerso dalla teoria delle intelligenze multiple di Gardner

(1983) infatti, ogni studente sembra apprendere secondo capacità

intellettive e cognitive differenti, per cui sviluppa preferenze sensoriali

proprie. Ridefinire un ambiente di apprendimento significa munirlo di

stimoli differenti che possano favorire le diverse abilità e condurre i

discenti verso un successo scolastico. Questo processo di cambiamento è

oggi maggiormente facilitato dall’introduzione nella didattica di nuove

tecnologie, che consentono di ricreare virtualmente i contesti formativi più

adeguati alle intelligenze di ciascun allievo, promuovendo quindi

un’educazione individualizzata grazie alla quale “ognuno può essere

avvantaggiato in base alla proprie potenzialità”3 (Gardner, 1997):

3 Intervista a Howard Gardner: “Intelligenze multiple e nuove tecnologie”, Torino, 10 aprile 1997. Tratto

dal sito Web di MediaMente, un programma televisivo di alfabetizzazione informatica e conoscenza dei

nuovi media (Rai Educational). Domanda 1:

http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo accesso 12/12/2015).

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“Il mio pensiero è che anche se si vuole che ognuno impari lo stesso

materiale si può insegnarlo in molti modi, e si può anche stimare o

valutare in molti modi ciò che lo studente sta imparando. È qui che

viene fuori il ruolo della tecnologia, nell’individuazione del

curriculum, dei materiali, degli argomenti per gli studenti, e nel dare

loro molti modi di studiare e molti modi di padroneggiare il materiale.

[…] Dalla mia prospettiva, la più grande promessa della tecnologia è

quella di individualizzare l’educazione”.4

Gardner sostiene che la nostra mente è organizzata secondo una struttura

modulare ed ogni individuo possiede nove intelligenze differenti, alcune

più sviluppate, altre meno, ma ad ogni modo tutte in relazione fra loro.

Rientrano in queste intelligenze la linguistico-verbale, la logico-

matematica, la visivo-spaziale, la ritmico-musicale, la corporeo-cinestetica,

la naturalistica, l’interpersonale, l’intrapersonale e quella esistenziale5.

Creare uno spazio di apprendimento adeguato, significa quindi favorire una

didattica costruttivista e democratica che rispetti le diverse attitudini e

capacità cognitive, che sia sempre più propedeutica all’insegnamento e che

riesca a coinvolgere gli studenti secondo le proprie potenzialità ed

intelligenze.

4.3.1. Classi 2.0 e 3.0

Il progetto Classi 2.0 si sviluppa in Italia, a partire dall’anno scolastico

2009/20106, a seguito di programmi internazionali già diffusi in Europa,

come il progetto Capital in Inghilterra e quello Escuela 2.0 in Spagna,

quest’ultimo decritto come:

4 Ivi, domanda 1 e 2: http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo

accesso 12/12/2015). 5 http://cird.unive.it/dspace/bitstream/123456789/948/1/principi_multimediali.pdf (ultimo accesso

10/12/2015). 6 Progetto Cl@ssi 2.0 del MIUR:

http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/piano_scuola_digitale/classi_2_0 (ultimo accesso

10/12/2015).

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“el último proyecto de integración de las Tecnologías de la

Información y de la Comunicación (TIC) en los centros educativos. El

objetivo era poner en marcha las aulas digitales del siglo XXI, aulas

dotadas de infraestructura tecnológica y de conectividad, […]

garantizar la conectividad a Internet, promover la formación del

profesorado, generar y facilitar el acceso a materiales digitales

educativos Implicar a alumnos y alumnas y a las familias en la

adquisición, custodia y uso de estos recursos”.7

L’ambizioso progetto spagnolo viene poi ripreso e promosso da

INDIRE8 (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca

Educativa), con lo scopo di integrare le tecnologie alla didattica,

promuovendo e monitorando la diffusione delle TIC e dei relativi supporti

digitali, come PC, LIM, tablet, ebook, piattaforme di vario genere,

all’interno delle scuole italiane. Come spiegato dallo stesso Istituto

INDIRE “l’azione Classi 2.0 intende offrire la possibilità di verificare come

e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella

pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere

trasformato”9. L’azione Classi 2.0 ha avuto concretamente inizio nell’a.s.

2009/2010 con 156 classi di scuola secondaria di primo grado coinvolte e

selezionate tramite bando; nell’anno successivo 2010/2011 il progetto è

stato esteso anche alle scuole primarie e secondarie di secondo grado.

Secondo quanto riportato dal Piano Nazionale per la Scuola Digitale il

progetto ha complessivamente riguardato “416 classi di ogni ordine e

grado, per un finanziamento complessivo di euro 8.580.000 per l’acquisto

delle dotazioni tecnologiche e di euro 1.944.857 per supporto e

7 Sito INTEF, Instituto Nacional de Tecnologías Educativas y de Formación del Profesorado, progetto

Escuela 2.0. http://www.ite.educacion.es/escuela-20 (ultimo accesso 10/12/2015). 8 http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 10/12/2015). 9 Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di

Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-

progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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formazione”10. Dai dati ufficiali rilevati, si evince che gli istituti

effettivamente favoriti dal progetto di integrazione digitale rappresentano

un numero irrisorio e limitato, rispetto al totale complessivo delle scuole

italiane. Tuttavia, considerando le statistiche emerse dall’ultimo rapporto

del MIUR per l’anno scolastico 2014/15, a proposito de “Le dotazioni

multimediali per la didattica nelle scuole”, seppur minimamente la

situazione nazionale sembra essere migliorata nell’ambito delle nuove

tecnologie, grazie alla diffusione di interventi pubblici e privati.11 I dati

evidenziano infatti che le aule connesse in rete (cablata o wireless) sono

complessivamente il 70% anche se solo il 41.9% dispone di LIM al suo

interno; considerato che nell’a.s. 2013/14 risultavano il 29.3% il dato è

comunque indice di un miglioramento12. Un altro indicatore significativo

per valutare la diffusione delle TIC nelle scuole è rappresentato dal

rapporto tra alunni e tecnologie (che comprendono i computer presenti nei

laboratori o i PC e i dispositivi mobili presenti nelle aule), equivalente a 7,9

alunni per device scolastico. In percentuale, il rapporto tra studenti e

dispositivi mobili nelle scuole statali è pari al 32.1%, valore che evidenzia

una significativa riduzione considerando che nell’anno precedente era pari

all’82.2%. Sebbene da quanto emerso dalle statistiche il 62% degli studenti

italiani frequenti scuole dotate di più tecnologie in aula, non può essere

trascurato il 9.2% degli allievi che studia in strutture in cui le dotazioni

tecnologiche sono scarse o addirittura inesistenti. È evidente che il quadro

10 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR:

http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf pp.12 e 13 (ultimo

accesso 07/01/2016). 11 Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica

nelle scuole”. A.S.2014/15. Nella valutazione dei dati occorre considerare che in questo periodo sono

giunti al termine i principali progetti promossi dal MIUR: “LIM in classe”, “Classi 2.0”, “Scuole 2.0”,

“Centri scolastici digitali” e “Wireless nelle scuole. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14

febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 10/12/2015). 12 I dati mostrano che le scuole secondarie di primo grado sono quelle che dispongono del maggior

numero di LIM in classe.

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generale dei contesti scolastici nazionali sia disomogeneo, occorre

considerare che il metodo della Flipped Classroom si sta evolvendo

all’interno di un panorama didattico ancora in evoluzione ed in continua

progressione, per cui adattare la classe capovolta alla didattica significa

anche fare i conti con gli strumenti a disposizione nel proprio contesto

educativo.

Tuttavia l’introduzione di tali innovazioni conferma come l’uso delle

ICT in contesti didattici possa inevitabilmente favorire un apprendimento

attivo, personalizzato e collaborativo; sottolinea inoltre il ruolo

fondamentale dell’insegnante, al quale sono richieste competenze sempre

più specifiche per l’integrazione delle nuove tecnologie nella prassi

quotidiana. I limiti dello spazio classe sono stati oggi oltrepassati grazie

alla creazione di ambienti virtuali (VLE) e sistemi di gestione dei contenuti

(Learning Management System), che promuovono allo stesso tempo un

apprendimento formale ed informale. Questo significa che tutte attività e

progetti didattici solitamente svolti in presenza, oggi possono essere

affrontati anche al di fuori dell’ambiente scolastico, grazie alla creazione di

learning objects condivisibili e disponibili a tutti gli studenti in qualsiasi

momento. La collaborazione acquisisce in questa maniera una rilevanza

anche sul piano delle relazioni interdisciplinari ed internazionali, poiché lo

spazio classe si apre alla realtà virtuale del Web nella quale si creano

comunità di condivisione delle varie esperienze didattiche. Il progresso

tecnologico ha facilitato notevolmente non solo il rapporto tra docente e

studenti ma anche tra insegnanti e famiglie che sono sempre più partecipi e

coinvolte nel contesto didattico grazie alla comunicazione tramite posta o

registro elettronico. Inoltre l’introduzione delle TIC in classe, apre la

didattica ad un contesto di nuove opportunità in cui le lavagne tradizionali

sono affiancate dalle LIM e il libro di testo è arricchito da strumenti ed

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espansioni di tipo digitale che costituiscono una fonte inesauribile di

conoscenza. Si evince quindi che, anche se “il focus non ruota attorno alla

tecnologia in senso stretto, ma alle dinamiche di innovazione che può

innescare”13, essa è comunque una risorsa molto importante.

Negli ultimi anni, di pari passo con il progresso tecnologico, si è iniziato

a parlare di Classe 3.0, a conferma della ulteriore apertura della scuola

verso un ambiente di lavoro virtuale. Le aule diventano laboratori attivi,

vengono introdotti arredi flessibili ed adattabili senza dover per forza

costruire nuove strutture, ma semplicemente riconvertendo ed adattando

quelle già esistenti. I nuovi spazi scolastici supportano e coinvolgono gli

studenti in prima persona e sono facilmente adattabili alle diverse e varie

esigenze didattiche14. Seppur innovativo, il piano di creazione di Classi 3.0

è ancora limitato a un numero minimo di realtà scolastiche.

Approfondire il contesto della classe digitalizzata è fondamentale

riferendosi alla Flipped Classroom, perché se è vero che questa rappresenta

un’innovazione in termini di metodologie didattiche, è vero anche che

necessita di un ambiente anch’esso ristrutturato rispetto al suo assetto

tradizionale. Avere a disposizione uno spazio adeguato in cui fare lezione

significa poter gestire al meglio le proprie attività e rompere quegli schemi

mentali prestabiliti dentro i quali spesso gli studenti si sentono privati della

loro creatività. Occorre però ricordare che, come accade con le TIC, anche

uno spazio di apprendimento rinnovato non rappresenta un elemento

indispensabile ed imprescindibile, ma godere di uno spazio flessibile è

sicuramente un punto a favore dell’insegnante, degli alunni e

dell’apprendimento stesso:

13 Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di

Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-

progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 14 Sito di INDIRE – Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wp-

content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

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L’educazione nell’era digitale non deve porre al centro la tecnologia,

ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano. […] Tutti

gli spazi della scuola, e oltre, devono essere allineati a questa visione

di cambiamento. […] Occorre invece che l’idea di spazi, a partire

dagli interventi a favore dell’edilizia scolastica, e includendo un

riconfigurazione funzionale degli ambienti per l’apprendimento,

vadano nella direzione di una visione sostenibile, collaborativa e

aperta di scuola. In cui didattica e progettualità possano avvenire

ovunque, in cui spazi comuni e ambienti collaborativi giocano un

ruolo centrale15.

4.3.2. TEAL

L’acronimo TEAL si riferisce a Technology-Enhanced Active Learning,

ed è uno spazio didattico progettato da David Lister insieme a John

Belcher e Peter Dourmashkin, presso l’MIT (Massachusetts Institute of

Technology) di Boston. L’ambiente da essi creato prevede una costante

sinergia tra spazio e tecnologie, favorendo così un apprendimento di tipo

collaborativo e attivo. Lo spazio TEAL è costituito da un assetto ben

definito: una postazione centrale per l’insegnante e tredici piattaforme

rotonde per gli studenti, circondate da lavagne e proiettori. Ogni gruppo è

volutamente formato da discenti che possiedono livelli di conoscenza

differente, così da facilitare la Peer Instruction. Gli studenti hanno

costante accesso al PC per fruire delle slides relative alla lezione,

raccogliere dati o informazioni utili ai fini didattici e per inviare risposte in

modalità digitale16. Si tratta di un vero e proprio laboratorio in cui si

applica una didattica inclusiva e l’apprendimento avviene attraverso

attività di Inquiry Learning e di Cooperative Learning. Sia il discente sia

l’insegnante sono quindi completamente immersi nell’ambiente che li

15 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR:

http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf, p.28 (ultimo

accesso 07/01/2016). 16 Sito del MIT relativo allo spazio di apprendimento TEAL:

http://web.mit.edu/edtech/casestudies/teal.html (ultimo accesso 07/01/2016).

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circonda e interagiscono con esso: i banchi e le lavagne non sono semplici

elementi di arredo ma parte integrante della didattica.

Questo progetto venne introdotto e sperimentato inizialmente per

l’insegnamento di fisica a studenti universitari iscritti al primo anno e

successivamente esteso anche ad altre discipline, in relazione all’esito

assolutamente positivo raggiunto che dimostra quanto un ambiente

appropriato sia stimolante per gli studenti e aiuti in qualche modo a

superare l’idea di apprendimento frontale e passivo. Uno spazio scolastico

progettato secondo il modello TEAL, infatti, diventa fondamentale per

contestualizzare ed applicare la conoscenza e per integrare gli strumenti

tradizionali con quelli più innovativi17. Quando nel 1992, Perkins pubblica

l’articolo Technology Meets Constructivism: Do They Make a Marriage?,

individua cinque importanti aspetti necessari all’interno dello spazio di

apprendimento (1992: 46-48). Il primo è definito Information Banks,

espressione con cui egli designa tutti gli strumenti necessari all’accesso a

informazioni, partendo da quelli ‘classici’, come il libro di testo, il

dizionario, l’enciclopedia o l’insegnante stesso, fino ad arrivare alle poco

sviluppate tecnologie di quel periodo. Il secondo elemento che Perkins

individua viene definito con l’espressione Symbol Pads con la quale egli

indica tutti i supporti tecnologici che fungono da estensione della nostra

memoria in quanto registrano, formulano e processano informazioni. Per

Construction Kits invece si intendono tutti gli oggetti e strumenti utilizzati

per realizzare esperimenti concreti, quali quelli di fisica o chimica e che lo

stesso Perkins ha visto soppiantare, con l’avvento delle nuove tecnologie,

da programmi di simulazione astratta. A questi si aggiungono i

Phenomenaria, ossia “area for the specific purpose of presenting

17 Avanguardie Educative, TEAL. http://avanguardieeducative.indire.it/wp-

content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

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phenomena and making them accessible to scrutiny and manipulation”

(1992: 47), che riproducono, cioè, in scala ridotta fenomeni complessi o

mondi virtuali da esplorare. Per ultimi, ma non meno importanti, egli

menziona i cosiddetti Task Managers che creano e guidano le attività di

apprendimento, oltre a fornire feedback sul risultato ottenuto e tra i quali è

compresa la figura dell’insegnante.

Rivalutare tale suddivisione in chiave moderna è estremamente

significativo per comprendere come le innovazioni del passato e del

presente siano sempre indirizzate verso un miglioramento della classe, in

termini didattici astratti e in termini di spazio concreto. Nonostante siano

passati diversi anni dalla pubblicazione dell’articolo di Perkins,

l’obbiettivo condiviso rimane quello di creare uno spazio costruttivista, in

cui il discente cerchi di dare ordine e logica alle proprie esperienze:

Many more progressive learning environments give center stage to

phonomenaria and construction kits. […]. In both cases, learners bear

much more responsibility for their own task management than in more

conventional settings, and the role of the teacher shifts to something

more like that of a coach. […] Phenomenaria and construction kits are

characteristic of learning ‘situated’ in authentically complex and

meaningful contexts. (Perkins, 1992: 48-49)

4.3.3. La classe scomposta

Il metodo della classe scomposta nasce dall’idea di Dianora Bardi

(2014), mossa dalla necessità di organizzare il proprio spazio scolastico in

funzione degli studenti e assicurare quindi un certo grado di collaborazione,

comunicazione, relazione e scambio. Il suo progetto si basa sull’idea che

non è la tecnologia a fare didattica, per cui le aule costosissime di cui

spesso si dotano le scuole sono insignificanti se l’innovazione non

coinvolge anche il metodo didattico stesso. È per questo motivo che Bardi

individua come punto di partenza la classe preesistente, dotata di LIM,

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videoproiettore, mobile device dei ragazzi e la adegua alle proprie necessità

didattiche. Il suo intento è stato quello di “ricostruire un ambiente

familiare, in cui gli alunni potessero gestirsi autonomamente e sentirsi a

proprio agio, che rispecchiasse il loro modo di studiare e di apprendere”

(Bardi, 2014: 35) e a partire da tale proposito costituisce una classe in cui

l’arredo e la struttura formale classica sono completamente mutati,

scomposti, così come diversi sono gli obiettivi pedagogici.

Nell’aula concepita da Bardi la cattedra è spostata in fondo alla classe, i

banchi sono avvicinati alle pareti e nello spazio libero centrale sono stati

creati punti di accesso per Web conference, lavori di gruppo, per la

creazione di e-book o per la lettura di libri cartacei. Lo spazio classe si è

inoltre allargato a luoghi adiacenti, come il sottoscala, diventati ora luoghi

di studio individuale. In questo modo Dianora Bardi cerca di liberare gli

studenti da un vincolo mentale e fisico che fa percepire l’aula come una

‘gabbia’. Nel suo ambiente gli studenti sono liberi di interagire. Ciò non

significa che essi siano liberi di fare, ma liberi di costruire, di cercare,

sperimentare e utilizzare liberamente le fonti della conoscenza, che in una

lezione frontale sono riposte esclusivamente nella figura dell’insegnante o

nel libro di testo.

La sua lezione si presenta con un format differente rispetto alla classe

capovolta perché in questo caso la spiegazione avviene brevemente in

classe, spesso attraverso una mappa concettuale, ed è poi seguita da uno

studio e da un approfondimento autonomo degli alunni attraverso i supporti

a disposizione, primo fra tutti il dibattito, il dialogo e il confronto con i

compagni e con l’insegnante. Nonostante ciò, si è visto come la classe

scomposta, grazie appunto all’assenza di vincoli formali e standard, sia

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adattabile alla stessa lezione frontale, al Cooperative Learning e anche al

metodo della Flipped Classroom18.

In conclusione, emerge l’importanza di adeguare al meglio la propria

pratica didattica all’ambiente di apprendimento in cui questa si sviluppa,

tenendo conto delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e

delle competenze da sviluppare. L’introduzione delle nuove tecnologie in

uno spazio scolastico costruttivista sembra avere accorciato il divario tra

contesti di apprendimento formali ed informali, per cui se prima

l’insegnamento era solo quello che avveniva all’interno della classe e della

scuola in senso stretto, oggi, grazie al Mobile Learning e ai nuovi ambienti

virtuali, si offre agli studenti la possibilità di creare Episodi di

Apprendimento Situati (EAS) nella vita reale (Rivoltella, 2013: 5-6).

18 Tratto da un articolo di Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G.Leopardi” di Saltara e relatrice al

seminario di studi tenutosi ad Urbino sulla Flipped Classroom: “A scuola di competenze nell’era digitale.

Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato

dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Attestato di partecipazione in

Appendice A, Infra. http://ischool.startupitalia.eu/27802/ischool-2/banchi-al-muro-wifi-e-web-

conference-dianora-bardi-ecco-la-mia-classe-scomposta/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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Capitolo 5

La Flipped Classroom negli istituti marchigiani

Da una dettagliata analisi teorica sulla Flipped Classroom, emerge la

costante necessità di allargare gli orizzonti dell’insegnamento classico e

frontale, per muoversi sempre più verso un sistema learner-centered,

focalizzato quindi sulla posizione centrale dello studente. Per beneficiare

appieno dei numerosi aspetti positivi che questo approccio può comportare,

sono quindi necessari una rivalutazione ed un profondo cambiamento della

didattica tradizionale che, per quanto efficace, non sempre riesce a

soddisfare le esigenze della classe, dell’insegnante o della materia

affrontata. Si parla frequentemente di innovazione, tecnologica e didattica,

ma le scuole e gli insegnanti sono spesso restii ad affrontare concretamente

il cambiamento, per paura di perdere in parte il proprio controllo sulla

lezione o semplicemente perché scettici a tale riguardo, per la mancanza di

risorse economiche e strumentali o per la scarsa formazione didattica. Ci

sono invece scuole che credono profondamente nell’innovazione e vedono

in essa una risorsa per stimolare e motivare gli studenti, che appartengono

ad una generazione sempre più modernizzata e digitalizzata.

Il presente capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e

l’intento è proprio quello di portare alla luce realtà scolastiche che hanno

fatto delle nuove tecnologie e delle innovazioni didattiche un punto di

forza. Per quanto riguarda la classe capovolta, che rappresenta il fulcro

dell’analisi, non è stato semplice trovare contesti in cui tale metodo fosse

introdotto in maniera costante nella didattica, così da poter comprenderne

realmente i benefici o le criticità. Esistono però, anche nella regione

Marche, scuole in cui tale modello didattico è già ampiamente utilizzato da

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diversi anni, come nel caso dell’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi”

di Saltara1 e dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di

Ancona2. A questi si affiancano numerose scuole che tentano di inserirsi

nel panorama della didattica innovativa, cercando di riorganizzare le

proprie risorse umane ed economiche per rimanere competitive e

migliorare la propria offerta formativa. Ne è un esempio l’Istituto

Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”3, che ha presentato per

l’anno scolastico 2014/2015 un progetto KA24, con l’obbiettivo di ottenere

fondi europei per l’attuazione di un programma flipped nell’insegnamento

della matematica.

Si tratta di esperienze che fanno della classe capovolta una realtà

didattica concreta e non solo un modello teorico, ma nonostante questo i

dati oggettivi e le analisi statistiche sono ad oggi ancora insoddisfacenti.

Essendo infatti la Flipped Classroom una realtà del tutto nuova ed

introdotta nelle scuole capofila solo recentemente, non esistono studi

approfonditi o ricerche azione in grado di offrire una valutazione oggettiva

di tale metodologia didattica. Lo scopo di questa indagine è perciò quello di

individuare un effettivo riscontro tra studio teorico e ambiente scolastico

reale, considerando soprattutto la percezione da parte degli studenti e

quindi la loro valutazione del metodo Flipped Classroom in generale, e

nell’insegnamento e nell’apprendimento delle lingue straniere in

particolare.

1 http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/ (ultimo accesso 07/01/2016). 2 http://www.savoiabenincasa.gov.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 3 http://www.icpiandimeleto.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 4 Key Action 2: Cooperation for Innovation and the Exchange of Good Practices – Strategic Partnership for Schools Only. Il progetto KA2 rientra nei Partenariati Strategici del programma della Commissione Europea Erasmus+ per l’Istruzione, la Formazione, la Gioventù e lo Sport. http://www.erasmusplus.it/formazione/prova-formazione2/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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5.1 Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara

L’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” è il primo contesto

didattico in cui il modello di sperimentazione Flipped Classroom è stato

analizzato in azione. L’Istituto conta sulla presenza di 1.270 alunni

distribuiti nei vari plessi e organizzati secondo tre ordini di scuola: scuola

dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. La

filosofia condivisa dall’Istituto e dai suoi insegnanti è quella di favorire una

didattica costruttiva che valorizzi l’individuo, così come l’interazione tra

pari e lo sviluppo di competenze specifiche. Il modello della classe

capovolta diventa attuabile in tale contesto grazie alla presenza di un

ambiente di apprendimento innovativo, basato sull’uso delle nuove

tecnologie e sul potenziamento delle pratiche educative e didattiche. A tale

scopo occorre sottolineare che l’Istituto, nel corrente anno scolastico

2015/2016, ha riconfermato nella propria offerta formativa alcuni dei corsi

promossi dalle Avanguardie Educative INDIRE5 e già attivi dagli anni

precedenti, tra cui il Debate, lo Spaced Learning e appunto il Flipped

Learning, per adattarsi alle esigenze dei ragazzi ed avvicinarsi al loro

contesto reale6.

La mia collaborazione in questo caso nasce con Manuela Alesi, docente

di tedesco presso la scuola secondaria di primo grado di Saltara, che ha alle

spalle già diversi anni di insegnamento capovolto. La sua testimonianza è

supportata da un contesto didattico sicuramente innovativo in cui, come lei

stessa afferma, il dirigente scolastico Paolo Olivieri e i suoi colleghi

credono nell’importanza delle nuove tecnologie e delle metodologie

didattiche innovative. Nella sua realtà, infatti, sono numerosi i docenti che 5 Sito Web delle Avanguardie Educative - INDIRE: http://www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/ (ultimo accesso 07/01/2016). 6 POF di Istituto: http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/p-o-f/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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utilizzano la classe capovolta nell’insegnamento di diverse materie, tra cui

italiano, storia, geografia, matematica, scienze e appunto tedesco. Per dare

più valore alla sua testimonianza viene a seguito riportata l’intervista

effettuata sul campo e suddivisa in diverse domande relative alla Flipped

Classroom, che la professoressa Alesi continua ad utilizzare costantemente

nella sua didattica. L’intervista, che si evolverà immediatamente in un

racconto spontaneo della propria esperienza, apre lo sguardo ad una realtà

didattica rivoluzionaria, analizzata fino ad ora solo teoricamente.

Nei precedenti capitoli si è fatto riferimento all’importanza del ruolo del

docente nell’applicazione della classe capovolta, ribadendo l’idea che,

nonostante si voglia realizzare una lezione student-centered, la figura

dell’insegnante non perde la sua centralità, ma acquisisce nuove

responsabilità e necessita di nuove capacità organizzative. A conferma di

ciò, nella lezione capovolta della professoressa Alesi, come lei stessa

afferma, “il docente non è più un semplice ‘dispensatore di sapere’ ma

assume un ruolo di guida e tutor, fornendo agli studenti la propria

assistenza in aula, per fare emergere osservazioni e considerazioni

significative attraverso esercizi, ricerche e rielaborazioni condivise”7. La

lezione, pertanto, deve essere sempre ben organizzata, poiché la riuscita di

tale metodo dipende anche dalla sua corretta strutturazione. Il lavoro che la

Flipped Classroom comporta e che consiste nell’impiego del video (nella

forma di tutorial-video o di videolezione) o nel selezionare e assegnare agli

studenti risorse multimediali relative all’argomento in oggetto, è

notevolmente superiore rispetto a quello usualmente previsto per

l’organizzazione di una lezione frontale e richiede competenze

tecnologiche e didattiche molto più sviluppate.

7 Le dichiarazioni della professoressa Alesi fanno parte dell’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU).

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Nella Flipped Classroom proposta dalla prof.ssa Alesi, il modulo

didattico è strutturato in tre momenti: momento preparatorio (gli allievi

sono chiamati, a casa, a consultare e prendere visione delle risorse

multimediali assegnate dalla docente), momento operatorio (è la fase in cui

gli allievi, in classe, creano prodotti atti a dimostrare il loro apprendimento

utilizzando strumenti vari), momento ristrutturativo e conclusivo (in classe,

la docente valuta e corregge i prodotti digitali elaborati dagli studenti, fissa

i nodi concettuali emersi e soprattutto accompagna la classe verso una

rielaborazione significativa di quanto si è appreso). Nella sua disciplina

l’utilizzo del modulo didattico della classe capovolta riguarda sia gli

argomenti di riflessione sulla lingua, sia quelli relativi all’insegnamento

della civiltà. Le risorse multimediali relative all’argomento trattato sono

sempre attentamente selezionate in base alle esigenze o agli obiettivi

didattici. La professoressa si serve sia di lezioni già disponibili in rete,

qualora siano ben strutturate, sia di tutorial creati personalmente grazie a

programmi come Screencast-O-Matic.com8. Considerando l’esperienza

della professoressa Alesi, il video, come lei stessa asserisce, è per gli

studenti uno strumento sempre molto accattivante e motivante, ma è

importante che essi siano educati ad una visione attiva, così come ad una

fruizione consapevole del materiale, esplicitandone le finalità, i tempi e i

criteri di valutazione.

Dalla testimonianza proposta si delinea anche l’importanza di un

ambiente scolastico appropriato, che in questo caso è rappresentato da

piattaforme movibili necessarie al lavoro di gruppo e da una costante

sinergia e supporto delle TIC utilizzate, che diventano strumenti

imprescindibili, soprattutto in un contesto altamente digitalizzato come 8 Si tratta di un programma che consente di creare tutorial o lezioni video lavorando sullo schermo del proprio PC o della Lavagna Interattiva Multimediale e integrando la spiegazione visiva con la voce registrata dell’insegnante. https://screencast-o-matic.com/home (ultimo accesso 07/01/2016).

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quello dell’istituto in cui insegna. Gli hardware e i software sono infatti

utilizzati dai docenti e dagli studenti per creare e per condividere prodotti

multimediali, che sono veri e propri strumenti di apprendimento. Emerge

inoltre l’effettiva importanza di quel ‘momento operativo’ in classe che,

come dichiara la professoressa, “rappresenta per gli studenti un’opportunità

di inclusione, con modalità di Peer Education e da parte del docente

un’occasione di valutazione, accumulando una quantità di informazioni

metodologiche e metacognitive, in merito alle strategie di studio impiegate

durante l’attività svolta”9. Di fondamentale valore, oltre alla collaborazione

e alla cooperazione tra pari, supportate dal lavoro e dalle attività di gruppo,

è anche l’individualizzazione dell’insegnamento, che ha luogo nel

momento in cui il docente assiste gli studenti in difficoltà, in un rapporto

uno ad uno. La prof.ssa Alesi tuttavia tiene a sottolineare che per lei, la

classe capovolta, rappresenta sicuramente un’alternativa efficace e

motivante alla lezione tradizionale, ma non l’unica. Per quanto riguarda

l’insegnamento delle lingue straniere è infatti necessario avvalersi di

approcci quanto più vari, da un lato perché le quattro abilità (Speaking,

Listening, Writing, Reading) richiedono tecniche differenti e dall’altro per

rispettare le varie modalità di apprendimento degli studenti, i quali

possiedono stili cognitivi dissimili.

Quanto emerso dall’intervista alla prof.ssa Alesi è senza dubbio un

quadro positivo, che nasce dalla sua realtà e dalla sua esperienza. È sempre

ragguardevole però tenere in considerazione che, nonostante si possano

raccogliere dati oggettivi sul metodo Flipped Classroom, la loro analisi è

sempre difficile se si considera un contesto generale ed universale, perché

in ambito didattico ogni realtà, ogni contesto e ogni classe è diversa dalle

9 Dichiarazione della professoressa Alesi durante l’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU).

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altre. Ad ogni modo, la testimonianza positiva della docente è uno stimolo

ulteriore ad approfondire lo studio sulla classe capovolta e a trarne un

eventuale spunto didattico. A tale scopo si riporta di seguito l’intervista

integrale:

Manuela, partiamo dalla videolezione. Tu la crei o utilizzi quelle

disponibili in Internet?

Alcuni tutorial-video o video lezioni le ho create, altre le ho trovate già

pronte in rete. Le mie videolezioni sono soprattutto inerenti agli argomenti

di civiltà e di riflessione sulla lingua. Se ritengo che quelle trovate in rete

siano ben fatte le utilizzo, anche nell’ottica del risparmio di tempo, per fare

economia insomma. Ma soprattutto per un’altra ragione importante: per

esempio nel caso della riflessione sulla lingua, proporre agli allievi la

spiegazione tramite un’altra fonte, permette loro di confrontarsi con altri

modi di illustrare lo stesso argomento, favorendo così i diversi stili

cognitivi.

Utilizzi dei siti appositi per cercare le video lezioni?

Per quanto riguarda la mia disciplina ho trovato su Youtube delle video

lezioni appropriate. Spendo molto tempo per la ricerca del materiale in rete,

perché è molto importante che il docente selezioni e assegni agli studenti

risorse multimediali ben strutturate, relative all’argomento da affrontare.

Per quanto riguarda gli argomenti di civiltà le lezioni le creo sempre

personalmente, utilizzando strumenti digitali quali blendspace.com (si tratta

di un sito per creare lezioni multimediali e test autocorrettivi).

Chiedi ai tuoi alunni di guardare la video lezione in modo attivo? Cioè

devono svolgere degli esercizi?

Sí, quasi sempre dò delle indicazioni ben precise: per esempio posso

assegnare loro una griglia da completare, oppure, se lavoriamo sui testi

musicali, degli esercizi cloze, dove l’allievo deve inserire dei termini

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mancanti. Se invece faccio vedere agli studenti un video su un argomento

di civiltà, richiedendo loro una comprensione globale, dovranno rispondere

alle W-Fragen (chi, che cosa, quando, dove, perché). Dipende insomma

dall’obiettivo che voglio valutare: se necessito di una comprensione più

selettiva riceveranno una scheda o degli esercizi atti ad individuare

informazioni più dettagliate, se si tratta di un primo approccio, di una

comprensione globale, dovranno reperire informazioni generiche. In

un’unità di apprendimento utilizzo la video lezione nella fase della

globalità e nella fase dell’analisi, raramente nella fase della sintesi.

Ecco, quindi in quale momento dell’unità di apprendimento utilizzi la

video lezione?

Come appena detto, per quanto riguarda la riflessione sulla lingua utilizzo

la video lezione nella fase dell’analisi. Nelle UDA sulla civiltà ritengo che

il video tutorial sia particolarmente efficace all’inizio dell’unità di

apprendimento, nella fase della globalità, per introdurre l’argomento e

creare motivazione.

Quindi non utilizzi un video per ogni lezione?

No, io non utilizzo la Flipped Classroom sempre, ma la considero come

uno dei tanti modelli didattici che si possono utilizzare. Io sono convinta

che per quanto riguarda l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue

straniere occorra utilizzare una quantità di tecniche il più possibile varie.

Ciò perché uno, devi lavorare sulle quattro abilità, due perché favorisce la

motivazione e l’attenzione e tre perché gli stili cognitivi degli allievi sono

diversi.

E agli studenti piace guardare il video a casa?

Sì, agli studenti piace; il riscontro è nella maggior parte dei casi molto

positivo. Però vanno educati. Devono capire che il video tutorial è una

lezione da apprendere, ovvero una lezione che diventa anche un’attività

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blended, dunque presente fuori dalla classe e soprattutto sempre disponibile

per lo studente, che può rivederla fino a quando non è stata appresa. Ma

attenzione: c’è sempre il furbetto che dice “ho guardato il video” anche se

in realtà non è vero. Ecco perché è sempre importante dar loro un compito

da svolgere, per avere un riscontro effettivo e capire se realmente hanno

visto il video. Inoltre è auspicabile non essere l’unica docente ad utilizzare

questo strumento, dovrebbe essere condiviso e utilizzato, non dico da tutti

(sarebbe utopistico) ma da un buon numero di docenti del proprio consiglio

di classe.

Così gli studenti non sottovalutano il momento della video lezione, non

lo considerano come un momento di svago…

Esatto, gli obiettivi vanno loro esplicitati all’inizio dell’unità didattica e/o

della singola lezione. Illustrare i contenuti, i tempi, le modalità, le strategie

aiuta gli allievi a contestualizzare l’operato che andranno a svolgere e

questo abbassa il filtro affettivo. E quando la barriera emotiva negativa è

bassa, l’apprendimento si traduce più facilmente in acquisizione, in

competenza.

Quindi non sei l’unica ad utilizzare la Flipped Classroom a Saltara?

No, nella mia sezione siamo tre docenti che applicano con una certa

frequenza questo modello di sperimentazione della ‘classe del futuro’: una

collega di italiano, storia, geografia, una collega di matematica e scienze e

io di tedesco. E già ti posso garantire che siamo tante, perché nella scuola

in generale c’è una certa resistenza all’innovazione, non è facile scardinare

la lezione frontale. C’è chi non ci crede.

Secondo te è un metodo che tutti i docenti potrebbero utilizzare o

servono particolari attitudini?

Sicuramente bisogna avere una certa padronanza delle nuove tecnologie.

Creare un video tutorial, per esempio, non è proprio facilissimo, devi aver

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fatto un corso di aggiornamento, devi sapere quali software utilizzare, devi

spenderci del tempo. Devi metterti in gioco e fare ricerca azione.

Secondo te, qual è l’età giusta degli studenti con i quali applicare il

metodo della Flipped Classroom?

Secondo la mia esperienza, dalla scuola secondaria di primo grado in su,

alla scuola primaria non darei mai un video-tutorial da guardare a casa. Ma

attenzione: io sono fermamente convinta che nell’insegnamento-

apprendimento delle lingue straniere serva un giusto equilibrio tra

l’approccio comunicativo e il Flipped Teaching. Ripeto per me è solo uno

dei tanti metodi che utilizzo, non l’unico, mi piace cambiare e vedo che più

cambio più aumenta la motivazione dei miei alunni.

In classe quali attività proponi agli studenti inerenti al video che hanno

visto?

In una classe terza abbiamo ‘imbastito’ una flipped lesson di civiltà

tedesca e storia utilizzando alcune risorse multimediali, l’argomento svolto

era “Die friedliche Revolution/ La Rivoluzione pacifica”. Nella fase

preparatoria è stato chiesto agli alunni un lavoro di documentazione sulle

conseguenze della caduta del muro di Berlino, seguito dalla visione del

film “Goodbye Lenin”. Questo ha permesso alla classe di acquisire

informazioni relative all’evento storico e alle conseguenze ancora oggi

tangibili in Germania e nel resto dell’Europa, alle differenze culturali tra

Wessis e Ossis etc. In classe, durante il momento operatorio, gli alunni sono

stati suddivisi in gruppi e, seguendo consegne precise (realizzazione di un

elaborato digitale, ricco di immagini, con testi brevi e semplici, bilingue

quindi italiano e tedesco, individuale o a gruppi di massimo 3 alunni,

strumento a piacere: Power Point, Prezi, Padlet ecc.), hanno progettato,

strutturato e costruito la propria presentazione attraverso immagini,

didascalie e screenshot. L’esito del lavoro di ciascun gruppo è stato

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condiviso in classe pubblicando, come richiesto, gli elaborati sulla bacheca

di Padlet (muro virtuale per assemblare contenuti e link, visualizzabile

sulla lavagna interattiva multimediale), di Prezi (software basato sul cloud

per la realizzazione di presentazioni), su Blendspace.com (sito per creare

lezioni multimediali ) oppure su Powtoon (applicazione web per creare

video online e presentazioni animate, molto accattivanti, che permette una

volta creato il video di scaricarlo sul proprio PC o di condividerlo su

Youtube o sui social network). Nella fase conclusiva abbiamo corretto e

valutato i prodotti realizzati e consegnati, considerando il processo, quindi

come il sapere disciplinare si è trasformato in competenza.

Un altro esempio di Flipped Teaching da me sperimentato riguarda la

riflessione sulla lingua: gli alunni imparano la formazione in tedesco del

presente indicativo dei verbi regolari. A casa guardano il video-tutorial per

avere un primo approccio alla regola, quindi in classe assegno loro degli

esercizi strutturati (esercizi di trasformazione, combinazione, inclusione,

esclusione ecc.) da svolgere in piccoli gruppi e/o a coppie. Ecco dove sta la

classe capovolta: con l’approccio tradizionale io avrei spiegato in classe e

gli alunni avrebbero fatto gli esercizi a casa; in questo caso invece a casa

hanno visto il video e a scuola svolgono le attività. In classe, durante il

momento operatorio, gli alunni suddivisi in piccoli gruppi, spazialmente

organizzati su isole separate, lavorano seguendo la consegna specifica da

me assegnata. Il tempo a scuola diventa pertanto più funzionale e

produttivo per il processo d’insegnamento-apprendimento, l’ora di lezione

diventa un momento prezioso per risolvere i problemi in un contesto di

‘laboratorio assistito’, dove io docente assumo un ruolo di guida e di tutor

fornendo agli studenti la mia assistenza per fare emergere, attraverso gli

esercizi, osservazioni e considerazioni significative. Insomma, ti affianchi

ai tuoi allievi, dedicando loro interventi mirati, si tratta infatti di una

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didattica inclusiva, attenta anche agli allievi con bisogni educativi speciali.

Inoltre hai la possibilità di avere un riscontro immediato ed effettivo del tuo

operato.

Quali TIC utilizzate in classe?

Utilizziamo la LIM e i tablet, sui quali gli allievi hanno scaricato i libri in

formato digitale, anche se in classe alcuni utilizzano anche il formato

cartaceo, poiché gli alunni hanno a disposizione degli stipetti per lasciare i

propri libri. Chiaramente anche il setting d’aula è strategico nel Flipped

Teaching, infatti nel nostro Istituto sono gli studenti a cambiare aula, ogni

docente ha la propria. E per quanto riguarda le lingue straniere questo lo

reputo davvero molto efficace perché quando entri in quell’aula sai che lì si

cambia codice linguistico e l’aula diventa un angolo di Inghilterra, di

Francia, di Germania, di Spagna. E tra l’altro ogni spazio è stato allestito e

personalizzato dagli alunni stessi. I banchi sono predisposti per i lavori di

gruppo, abbiamo delle penisole mobili; sarebbe impensabile spostare i

banchi tutte le volte che abbiamo lezione, si perderebbe troppo tempo.

Come sei venuta a conoscenza del metodo Flipped?

Il nostro dirigente crede molto nei nuovi approcci metodologici e

nell’utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica. Nel 2011 abbiamo

iniziato un vero e proprio ‘cammino digitale’: ho frequentato corsi di

formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito didattico (tablet,

LIM, software etc…) e, grazie ai nostri formatori, sono venuta a

conoscenza della Flipped Classroom. Nell’a.s. 2013/14 ho seguito un corso

online specifico su questo metodo e ovviamente ho iniziato a sperimentarlo

in classe. Ben presto ho capito che la LIM, senza un approccio didattico

diverso, è sicuramente un sussidio utile, ma per diventare un sussidio

catalizzatore serve un cambiamento della metodologia glottodidattica.

E come condividi il video?

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I video tutorial e tutto il materiale multimediale da me creato o realizzato

dagli allievi viene condiviso su Fidenia.com, un social learning italiano

con cui ho creato le mie classi virtuali e dove appunto condivido il

materiale con i miei studenti.

Utilizzando il metodo Flipped Classroom è cambiato qualcosa nella

valutazione?

Diciamo che ho introdotto degli indicatori aggiuntivi: la puntualità nei

tempi di consegna, la competenza digitale, il saper lavorare in gruppo, la

capacità di sintesi, il rispetto delle indicazioni date. Prima di iniziare il

lavoro assegnato, gli alunni ricevono una griglia dove specifico gli obiettivi

che saranno valutati.

E utilizzate sempre il tedesco per la comunicazione in classe?

Io parlo sempre in tedesco, tranne nei momenti in cui avviene la riflessione

sulla lingua.

E se dovessi trovare degli aspetti negativi?

Sarebbe negativo, a mio modesto parere, se utilizzassi questo modello

sempre. Alternato ad altre tecniche, non vedo negatività. Adoro il Flipped

Teaching perché nei ragazzi suscita molta motivazione, perché è un volano

per condurre l’allievo verso gli obiettivi preposti e facilita il loro

apprendimento. Usare le nuove tecnologie nell’insegnamento-

apprendimento significa avvicinarsi di più al mondo dei nostri allievi,

parlare il loro stesso linguaggio. Gli allievi ti sentono meno distante e per

questo è un’opportunità da cogliere!

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5.1.1 Attività didattiche proposte per il Flipped Learning

Certamente si può fare lezione frontale in modo accattivante, interattivo, ma sostanzialmente non cambia l’idea del docente come fonte autorevole nella propria materia di insegnamento e di alunni che assorbono i contenuti seduti in ascolto. Grazie alla ricerca pedagogica, ora sappiamo che l’apprendimento è un processo attivo: lo studente deve essere protagonista nella costruzione dei significati (Maglioni, Biscaro, 2014: 36).

L’idea di apprendimento come processo attivo rappresenta il fulcro della

didattica moderna e la Flipped Classroom è uno stimolo per muoversi in

questa direzione. Abbracciare una metodologia didattica innovativa e

costruttivista implica da parte dell’insegnante un lavoro di indagine, di

cernita e di selezione delle attività da proporre ai propri studenti, che siano

finalizzate al raggiungimento di obbiettivi didattici specifici. Considerando

l’esperienza della professoressa Manuela Alesi, il suo archivio è costituito

da un’ampia raccolta di materiale, selezionato o realizzato ad hoc, per

l’insegnamento del tedesco. Uscire da una prospettiva legata alla didattica

tradizionale richiede all’insegnante di provvedere autonomamente alle

lacune che possono emergere riguardo al materiale di supporto. Nel caso

infatti di un docente che decida di introdurre nella propria didattica una

lezione capovolta, è opportuno considerare che strumenti convenzionali,

come il libro di testo, non sempre si rivelano adeguati. Per questa ragione,

la docente ha spesso provveduto a creare personalmente materiale che

potesse rispondere alle proprie esigenze, ma soprattutto rispettare gli stili

cognitivi dei suoi alunni, sviluppare le diverse abilità ed esercitare le loro

competenze. L’uso di nuove tecnologie ha notevolmente facilitato il

processo di ricerca e di condivisione del materiale, il cui prodotto è

rappresentato dai learning objects, ossia contenuti digitali da condividere in

rete e sui quali lavorare individualmente o collettivamente, in presenza o a

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distanza. Le attività di seguito riportate e già parzialmente menzionate

nell’intervista, sono un esempio concreto del complesso lavoro di ricerca

portato avanti dalla prof.ssa Alesi nei suoi anni di insegnamento capovolto.

Il primo esempio di attività riguarda la riflessione sulla lingua ed in

particolare la spiegazione del presente indicativo dei verbi regolari in

tedesco. In questo caso l’insegnante decide di realizzare un video tutorial

(che può essere visionato al seguente link

https://www.youtube.com/watch?v=hxK-PdLFkY8&feature=youtu.be10),

con la spiegazione del contenuto e chiede agli studenti di guardarlo

autonomamente come compito per casa, ovviamente dopo averlo condiviso

attraverso la piattaforma cloud. L’uso del video tutorial che combina parole

e immagini non solo rende più efficace e duraturo l’apprendimento, ma

rispetta le diverse velocità di comprensione. Questo significa che al

contrario di ciò che avviene in classe, durante la spiegazione frontale, a

casa ogni studente può riascoltare e rivedere il video ogni volta che vuole,

fino ad una completa acquisizione del contenuto. Un altro punto a favore

dell’insegnamento capovolto sta nel fatto che, tramite il video tutorial, i

discenti hanno la possibilità di interiorizzare e comprendere

autonomamente l’informazione a casa, per cui a scuola è possibile proporre

attività di approfondimento più specifiche e mirate.

La seconda attività proposta è relativa ad una flipped lesson realizzata in

compresenza con l’insegnante di storia per affrontare l’argomento della

Rivoluzione Pacifica (Die Friedliche Revolution). Come già anticipato

nell’intervista, il progetto è stato svolto con la classe 3°D dell’Istituto

Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara nell’anno scolastico 2014/15 e si è

interamente sviluppato seguendo il metodo della Flipped Classroom. Nella

fase preparatoria gli studenti sono stati guidati e documentati sul tema in 10 Ultimo accesso 07/01/2016.

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analisi grazie a lezioni flipped di storia e di tedesco attraverso la fruizione

di materiale in modo autonomo, come la visione di alcune scene del film

“Goodbye Lenin”. In questo caso per assicurare una visione attiva dei

video, le docenti hanno predisposto attività guidate e ben strutturate, che

facilitassero la comprensione e sintetizzassero il contenuto. In classe

l’attività è stata organizzata in modo da favorire la partecipazione e la

collaborazione tra studenti, poiché è stato chiesto loro di realizzare a

piccoli gruppi una presentazione dettagliata sull’argomento affrontato,

rispettando consegne precise e applicando la propria conoscenza linguistica

e culturale. Gli elaborati creati sono divenuti, a fine progetto, elementi di

valutazione da parte delle insegnanti, ma anche e soprattutto risultati

tangibili di un coinvolgimento attivo degli studenti nella didattica e

dell’avvenuto apprendimento. In appendice11 è possibile visionare un

esempio di presentazione in formato cartaceo, mentre i lavori più

significativi realizzati dagli studenti possono essere consultati attraverso i

seguenti link, in formato multimediale:

• https://prezi.com/0_hjwhxnumeq/la-rivoluzione-pacifica/

• https://prezi.com/iz0lxot--cfl/la-rivoluzione-pacifica/ • http://prezi.com/7kv-u4fr-fbs/?utm_campaign=share&utm_medium=copy&rc=ex0share

• https://www.powtoon.com/online-presentation/fPuwCxRWLse/progetto-rivoluzione-

pacifica/

• https://prezi.com/uxj1srjxnzmc/progetto-riunificazione-pacifica-bbrddr/12

Per l’esercizio di comprensione orale abbinata al focus lessicale, la

professoressa Alesi propone invece attività flipped legate all’ascolto prima

e alla visione poi del video “Italiener und Deutsche (Uwe Kind)”, visibile

11 Cfr. Appendice B, Infra – parte 1. 12 Ultimo accesso a tutti i link del 07/01/2016.

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al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=q5AItVraBfQ13.

Partendo da tale proposta, l’attività di comprensione può essere gestita

dall’insegnante seguendo procedure differenti, a seconda del risultato che

vuole ottenere: si può chiedere agli studenti di ascoltare l’audio per

svolgere esercizi guidati di cloze, come compito per casa e correggerli

successivamente in classe tramite la visione del video accompagnato da

sottotitoli, oppure lavorare in maniera più approfondita sugli aspetti

grammaticali o culturali coinvolti. Gli esercizi strutturati che la docente ha

proposto ai suoi alunni durante la visione/ascolto del materiale

multimediale sono riportati integralmente in appendice14.

Le attività suggerite dalla professoressa Alesi ed analizzate in questo

capitolo, sono spunti essenziali per chiunque voglia intraprendere la strada

verso l’uso di metodologie didattiche innovative, perché dimostrano da un

lato la complessità del ruolo dell’insegnante coinvolto nei processi

educativi e dall’altro la necessità del suo operato nella relazione

insegnamento-apprendimento.

5.2 Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona

L’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona è

composto da due plessi che ospitano complessivamente 1.200 studenti. Si

tratta di uno degli Istituti più innovativi della regione Marche ed è fra le 20

Avanguardie Educative di Italia indicate dall’Istituto Nazionale di

Innovazione e Ricerca Educativa, in quanto scuola capofila di numerosi

progetti educativi. Rientrano tra questi il Debate, lo Spazio Flessibile, la

Flipped Classroom e il TEAL, dai quali si evince l’importanza che questo

13 Ultimo accesso 07/01/2016. 14 Cfr. Appendice B, Infra – parte 2.

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Istituto attribuisce alle nuove tecnologie, allo spazio di apprendimento e

alle metodologie didattiche innovative e che fanno del “Savoia Benincasa”

una scuola citata dal MIUR come esempio per la realizzazione di nuovi

ambienti di apprendimento.15

L’esperienza come osservatrice presso questo Istituto nasce a seguito di

un seminario tenutosi il 14 ottobre 2015 ad Urbino, in relazione alla

metodologia Flipped Classroom16, durante il quale è intervenuta la

dirigente scolastica Alessandra Rucci, che ha analizzato con entusiasmo la

realtà della sua scuola e che si è resa in seguito disponibile a collaborare ai

fini della mia ricerca. L’indagine didattica condotta nel suo Istituto

possiede come obiettivo primario quello di osservare criticamente il

metodo della classe capovolta, in un contesto reale e quotidiano. La realtà

scolastica del “Savoia Benincasa” è la dimostrazione concreta che

l’innovazione didattica è attuabile, realizzabile ed estremamente efficiente

in termini di profitto e rappresenta spesso un valido supporto alla didattica

tradizionale. Nel contesto scolastico preso in esame il Flipped Learning è

favorito dall’attuazione di metodi didattici all’avanguardia, e da un

ambiente di apprendimento in cui le nuove tecnologie possiedono un ruolo

predominante. Ne sono un esempio le Aule Laboratorio e l’Aula 3.0, veri e

propri spazi flessibili che si adeguano ad ogni tipo di attività e di esigenza,

favorendo la collaborazione e il learning by doing.

L’osservazione presso il “Savoia Benincasa” si è concretizzata grazie

alla collaborazione con il professore Michele Gabbanelli, docente di

inglese presso l’Istituto, che si serve del metodo della Flipped Classroom 15 http://www.savoiabenincasa.gov.it/scelte-innovative.html (ultimo accesso 07/01/2016). 16 Seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, tenutosi ad Urbino il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci, dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G. Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra.

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per la sua didattica, già da diversi anni con classi differenti. Per Michele

Gabbanelli, come per la docente Manuela Alesi, la classe capovolta non è

l’unica alternativa alla lezione tradizionale ma, come emerge dalla sua

testimonianza, i risultati ottenuti dalla sperimentazione di tale metodo si

rivelano estremamente positivi. Ai fini della ricerca sono stati impiegati

strumenti che potessero indagare il fenomeno in modo profondo e

combinato, portandone alla luce le varie sfaccettature. Le schede di

osservazione hanno permesso di descrivere ed osservare minuziosamente

l’insegnamento capovolto, sottolineandone gli elementi più rilevanti, come

il rapporto e l’interazione tra docente e studenti e quello tra compagni. Il

questionario sottoposto ai discenti in un secondo momento, ha invece

restituito la visione più realistica del metodo, quella che parte dalla

percezione diretta dagli studenti e quella che ne esplicita la concreta

efficacia o inutilità.

5.2.1. Osservazione diretta

L’osservazione è quindi un comportamento specifico di attenzione a un particolare evento: si distingue dal semplice ‘guardare’ poiché è uno sguardo intenzionale, mirato, attivo, non generico, che tende a mettere a fuoco ciò che l’osservatore ritiene più rilevante e significativo in relazione ai suoi interessi, alle sue motivazioni, alle ragioni che hanno promosso la rilevazione dei dati. (Mantovani, Kanizsa, 1998: 84).

L’osservazione è fondamentale quando si vuole indagare e conoscere un

fenomeno e coglierne gli aspetti costitutivi. Nella presente sperimentazione

affrontare il metodo della classe capovolta non può escludere un’analisi sul

campo, per indagare le dinamiche didattiche e sociali che si innescano in

ambito scolastico al momento della sua applicazione. La focalizzazione in

questo caso riguarda soprattutto il livello di coinvolgimento degli studenti,

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il potenziamento delle abilità linguistiche, l’interazione reciproca fra pari e

tra docente e studenti soffermandosi, quando significativo, sul ruolo

acquisito dall’insegnante durante l’attività didattica proposta. I punti

salienti delle rispettive lezioni sono stati evidenziati attraverso la

compilazione di tabelle di osservazione; i dati raccolti e, soprattutto, gli

aspetti significativi emersi sono poi stati ripresi, ampliati ed analizzati nelle

introduzioni alle schede di osservazione, secondo un’indagine di tipo

qualitativo, interpretativo, riflessivo ed esperienziale17. La mia posizione di

osservatrice è quella esterna, non partecipante al contesto della classe,

senza cioè mai interagire o intervenire nelle attività, per poterne cogliere al

meglio tutti gli elementi di interesse. Si tratta di un’osservazione descrittiva

e soggettiva, poiché nonostante si sia cercato di individuare elementi e dati

concreti, non è stato possibile tralasciare le sensazioni soggettive e le

ipotesi interpretative, scaturite dall’osservazione di un contesto del tutto

nuovo e dalle quali non si può prescindere, dal momento che il campo di

indagine riguarda le relazioni sociali, che per natura non sono sempre

oggettivamente qualificabili.

Le classi prese in analisi come oggetto di osservazione diretta sono la

3°C e la 5°C dell’Istituto “Savoia Benincasa” con indirizzo modulare, per

cui alcuni studenti seguono il corso Liceo Scientifico Base e altri a Opzione

Giuridica. Gli alunni sono rispettivamente 25 e 21, e le classi si presentano

omogenee dal punto di vista culturale e linguistico, poiché tutti gli studenti

utilizzano l’italiano come lingua madre. Il professore si serve del metodo

Flipped Classroom nella didattica della lingua inglese da tre anni con la

classe 3°C e da due con la 5°C. Le lezioni osservate sono tutte svolte

attraverso il metodo della classe capovolta che prevede la visione di una

videolezione a casa o la fruizione di materiale digitale seguite da attività 17 http://www.far.unito.it/trinchero/psd/rogora.htm#_Toc512602648 (ultimo accesso 03/12/2015).

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svolte in classe, attraverso il lavoro di gruppo e con la supervisione e la

guida del docente. In entrambi i casi il materiale viene condiviso attraverso

cartelle caricate nella piattaforma Google Drive, di cui ogni alunno

possiede un account personale. In appendice18 sono riportate le schede di

osservazione relative alle lezioni prese in analisi del 27 ottobre 2015 e del

17 novembre 2015.

La prima osservazione, del 27 ottobre 2015, riguarda la classe 3°C e

riporta in dettaglio le fasi di un lavoro svolto secondo la modalità della

classe capovolta. All’Istituto “Savoia Benincasa” le lezioni hanno una

durata di 54 minuti, i primi minuti prevedono la sistemazione degli studenti

che in questo caso si muovono nelle varie Aule Laboratorio, ciò significa

che a differenza di quanto accade nella maggior parte delle scuole non sono

gli insegnanti a spostarsi da una classe all’altra, bensì gli studenti. Si tratta

di una caratteristica significativa in termini di spazio, poiché ogni aula è

appositamente strutturata in base alle esigenze delle singole discipline.

Nella lezione esaminata il docente propone una serie di attività

organizzate e pianificate in funzione del tema trattato nel video, che gli

alunni hanno precedentemente guardato come compito per casa e relativo

alla popolazione dei Celti. Si tratta prevalentemente di esercitazioni di

gruppo che favoriscono un tipo di apprendimento collaborativo e

costruttivo, poiché tutti sono coinvolti attivamente; il docente è abile nel

guidare la lezione, nel facilitare i contenuti e nel coinvolgere gli studenti.

Gli alunni vengono disposti in cerchio e sono costantemente sottoposti a

stimoli per cui l’attenzione rimane sempre molto alta e la lezione si

costruisce a partire da una conoscenza condivisa, che facilita notevolmente

lo scambio di informazioni e l’aiuto reciproco. Il docente sottopone

all’intera classe alcune domande per assicurarsi che tutti abbiano visto e 18 Tutte le relative schede di osservazione sono riportate in Appendice C, Infra, parti 1,2,3 e 4.

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compreso il materiale di studio, partendo prima dal generale e arrivando

poi al particolare, concentrandosi soprattutto sull’aspetto lessicale.

L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte,

corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare

correttamente la frase, utilizzando la lingua inglese.

La seconda fase della lezione prevede lo svolgimento di esercizi presenti

nel libro di testo, il professore lascia liberi gli studenti di organizzarsi

autonomamente ed essi dimostrano una spiccata capacità organizzativa,

suddividendosi silenziosamente in piccoli gruppi. Il docente può a questo

punto intervenire dove necessario per spiegare ciò che non è chiaro,

approfondire alcuni punti e aiutare gli studenti con i termini sconosciuti. Il

metodo della classe capovolta permette all’insegnante di seguire l’intera

classe e allo stesso tempo lavorare individualmente con gli studenti. Al

termine dell’attività, il docente chiede ad una studentessa di correggere gli

esercizi alla LIM, grazie ad una versione digitale del libro di testo. In

questo modo può focalizzarsi sulle criticità della ragazza e allo stesso

tempo intraprendere una correzione collettiva, al fine di verificare la

correttezza degli esercizi svolti. Al termine il docente decide di attribuire

alla studentessa una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va

dalla A alla E, si tratta di un giudizio di tipo evolutivo, che tiene in

considerazione le diverse fasi del percorso di apprendimento e che sarà poi

determinante a fine quadrimestre, in vista di una valutazione sommativa.

Per quanto riguarda l'uso delle lingue straniere la Flipped Classroom

sembra essere di particolare supporto ad un approccio comunicativo che dà

appunto spazio alla comunicazione autentica, al supporto e all’interazione

tra pari e tra studenti e docente, riducendo lo stress emotivo che spesso si

genera in una lezione tradizionale, quando si è interpellati dal docente

individualmente. Nel contesto didattico in analisi, gli errori sono positivi e

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sono considerati come uno stimolo all’autocorrezione e al miglioramento,

la grammatica è messa in secondo piano ma si apprende in ogni caso in

maniera induttiva, attraverso l’uso e il ragionamento. La lezione capovolta

permette inoltre di lavorare in maniera combinata con le quattro abilità: il

listening è esercitato durante la visione del video, lo speaking prevale

durante tutto il brainstorming e la discussione in classe, il writing e reading

sono essenziali nel momento in cui gli studenti sono chiamati a prendere

appunti, a focalizzarsi sul lessico, a svolgere esercizi o a studiare materiale

integrativo alla videolezione.

Ciò che emerge chiaramente durante l’osservazione della lezione svolta

secondo il metodo Flipped Classroom è che, a differenza di ciò che si è

soliti notare durante una lezione frontale, gli studenti sono realmente al

centro della didattica, il fatto che essi siano già a conoscenza del tema che

sarà dibattuto in classe fa sì che siano maggiormente coinvolti e interessati

alle attività proposte. Il tempo a disposizione impiegato solitamente nella

spiegazione è realmente utilizzato per approfondire o chiarire l’argomento.

Certo è che per una buona riuscita della lezione gli obiettivi didattici

devono essere chiari e le attività ben organizzate dal docente, affinché gli

studenti percepiscano che ciò che stanno facendo possiede una finalità

specifica.

La seconda indagine riguarda una lezione della classe 5°C tenutasi lo

stesso giorno della precedente, ossia il 27 ottobre 2015. Anche da questa

osservazione emerge la volontà da parte del docente di creare un’atmosfera

collaborativa e cooperativa, in cui gli studenti possano ricostruire insieme il

contenuto della lezione, nonostante rimangano distribuiti secondo la

disposizione tradizionale dei banchi a file parallele. L’insegnante partecipa

come facilitatore dei contenuti, lasciando la sua posizione ‘centrale’ e

avvicinandosi fisicamente e didatticamente agli studenti. Il materiale

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assegnato per lo studio individuale prevede la visione di due video, di pochi

minuti, sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la

lettura del libro Frankenstein. Questa volta la discussione non è plenaria,

ma il professore Gabbanelli decide di interpellare una studentessa per

esercitare le sue capacità espositive e argomentative rispetto al tema

affrontato, oltre a verificare se l’allieva ha realmente studiato e compreso le

videolezioni.

La Flipped Classroom si rivela in questo senso estremamente

collaborativa e partecipativa poiché l’argomento viene spiegato dalla

compagna e tutti gli studenti sono coinvolti per ricostruire il significato di

alcune parole o per contribuire ad aggiungere dettagli che non sono ancora

stati menzionati. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione

degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie

opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. Un altro aspetto emergente è

rappresentato dalla frequente intertestualità della lezione capovolta, infatti

il tempo a disposizione per il confronto e per l’analisi dettagliata

dell’assunto permette spesso diversioni e approfondimenti anche su altri

temi, trasversali alla materia in esame. Per quanto concerne la didattica

della lingua straniera è evidente che si tratti di una lezione che pone al

centro la comunicazione e quindi l’uso effettivo dell’inglese, accompagnato

da diversi focus lessicali. L’interrogazione, che ha luogo durante il contesto

della classe capovolta, sembra essere più naturale: in questo caso l’allieva,

pur essendo valutata per le sue capacità espositive, comunicative e di

comprensione, non è sottoposta allo stress di un’interrogazione

tradizionale, poiché percepisce il supporto e il coinvolgimento dell’intera

classe.

A conclusione di tali attività didattiche e a conferma del fatto che non

sempre la classe capovolta può rivelarsi efficace considerando la

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percezione dei discenti, occorre evidenziare delle differenze rispetto a

quanto osservato lo stesso giorno nella classe 3°C. Nonostante gli studenti

siano in entrambi i casi continuamente coinvolti e stimolati ad utilizzare la

lingua straniera, la classe 5°C non sembra in realtà particolarmente

entusiasta, ma piuttosto la sensazione è che si senta ‘costretta’ a prendere

parte alla lezione. Tali supposizioni personali sono confermate dal fatto che

gli studenti stentano a partecipare e si distraggono continuamente, piuttosto

che intervenire nel dibattito. Il professore in questo senso appare molto

abile nel saper richiamare l’attenzione e nel cercare di coinvolgere tutti

indicando a turno gli studenti. L’ulteriore prova di quanto asserito sarà

determinata successivamente dalle risposte della classe al questionario sulla

Flipped Classroom.

La scheda di osservazione successiva riguarda nuovamente la classe 3°C

dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa”, si tratta anche in

questo caso di una lezione che avviene secondo il modello didattico della

classe capovolta, ma che non prevede la visione di una videolezione come

compito a casa, bensì si concentra sulla lettura, avvenuta precedentemente,

del testo inglese Beowulf. Durante i mesi estivi infatti gli studenti sono stati

divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di

leggere un capitolo del libro. A questo punto dell’unità didattica il docente

chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, immaginando di essere

‘docenti per un giorno’. Nonostante il format sia diverso rispetto a quello

tradizionale, anche questo tipo di attività, che ha come finalità la creazione

di un elaborato concreto, segue l’idea della classe capovolta. In questo caso

la spiegazione del contenuto avviene in classe, ma in modo completamente

differente rispetto a quanto accade solitamente, l’informazione infatti non

viene introdotta dal docente allo studente ma sono gli allievi stessi a dover

affrontare autonomamente l’argomento, per poi discuterlo con l’intera

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classe, chiarendo eventualmente i dubbi con i compagni o con il professore.

Dal momento che la spiegazione avviene tra i compagni, la lezione è più

interessante e motivante, poiché permette ad ognuno di esprimere la propria

creatività e competenza linguistica e digitale, rendendo ogni lavoro unico e

originale. Il fatto che la presentazione debba essere scritta e orale prevede

lo sviluppo delle capacità di produzione della lingua, oltre a quelle di

ricerca e di indagine sul tema affrontato.

Questo tipo di attività è estremamente cooperativo perché ogni gruppo è

chiamato a lavorare su un capitolo del libro assegnato per poi raggiungere

un obiettivo comune, ossia la conoscenza completa del testo, che

permetterà poi una verifica sommativa dell’intero modulo. A tale scopo gli

elaborati saranno condivisi nella piattaforma Google Drive per essere fruiti

e studiati da tutti gli studenti della classe. L’idea di collaborazione e

interazione è evidente anche durante la stessa lezione, poiché la

presentazione frontale diventa immediatamente un dibattito collettivo, in

cui ogni studente possiede un ruolo attivo. Anche in questo caso la Flipped

Classroom si rivela una didattica assolutamente student-centered e una

metodologia che consente di affrontare un argomento in modo più

dettagliato e specifico. Tutto ciò avviene all’interno di uno spazio

costruttivista, in cui conoscenza, abilità e competenza si sviluppano a

partire dall’interazione degli studenti con il proprio ambiente e grazie alla

collaborazione con i compagni, perseguendo finalità didattiche comuni. È

proprio questo scambio, interazione e confronto tra molteplici punti di vista

e tra stili e livelli cognitivi differenti a stimolare un apprendimento

significativo e un movimento costante sulla Zona dello Sviluppo

Prossimale di ogni studente. Anche in questo caso il docente può

considerare l’elaborato, creato da ogni gruppo, come oggetto di verifica

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formativa con cui accertare quali abilità gli studenti stiano acquisendo o

sulle quali occorre intervenire.

L’ultima scheda di osservazione analizzata riguarda la classe 5°C e

riassume una lezione flipped molto particolare, svolta in un’Aula 3.0

utilizzando la metodologia didattica del Classroom Debate (dibattito). Il

professor Gabbanelli spiega che il dibattito viene da lui utilizzato alla fine

di ogni modulo per verificare la conoscenza del tema affrontato e

soprattutto la capacità di saper contestualizzare i contenuti appresi e la

conoscenza, oltre ovviamente a testare la fluency e la competenza

linguistica. In questo caso il Debate avviene a conclusine di un progetto

sul Romanticismo, iniziato con la lettura di Frankenstein. Prima della

lezione agli studenti viene chiesto di riguardare tutto il materiale a

disposizione creato e raccolto sull’oggetto del dibattito. Si tratta di una

metodologia didattica assolutamente nuova, di origine anglosassone, che

si basa sulla capacità degli studenti di argomentare e contro argomentare

riguardo ad un tema stabilito dall’insegnante, rispettando regole e tempi

ben stabiliti. Il Debate può essere preceduto da una fase di ricerca e di

documentazione (Inquiry) al fine di trovare argomenti validi a sostegno

della propria tesi; nel contesto in esame questa fase non è prevista. Questa

innovativa metodologia didattica consente di sviluppare capacità

linguistiche e collaborative straordinarie, che vengono definite anche

competenze trasversali (life skills). Il Debate difatti esce dallo schema di

lavoro tradizionale favorendo comunque l’acquisizione di competenze

fondamentali, spendibili anche nella vita quotidiana: stimola il lavoro di

gruppo, il Cooperative Learning e la Peer Education, insegna ad

argomentare e ad esporre criticamente le proprie opinioni, a valutare punti

di vista differenti, a prendere una posizione, a saper comunicare e a

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sviluppare la propria dialettica nella lingua straniera utilizzata19.

Contrariamente all’osservazione precedente riguardante la stessa classe, la

risposta appare estremamente positiva in termini di motivazione e di

partecipazione alla lezione; utilizzare una metodologia così innovativa

significa per gli studenti uscire dagli schemi della lezione frontale ed

essere realmente protagonisti attivi. Si può constatare però che tale

processo richiede una competenza linguistica ed una autonomia didattica

elevate, per cui potrebbe rivelarsi inefficace e insoddisfacente con alunni

poco autonomi o con uno scarso livello di competenza linguistica,

soprattutto per la necessità di doversi esprimere nell’arco di pochi secondi.

Utilizzare una metodologia didattica come il Debate implica anche la

presenza di un ambiente specifico, che si adegui alle necessità del dibattito

e organizzi la classe come un vero e proprio auditorio. L’Istituto “Savoia

Benincasa” risponde anche a questa esigenza grazie alla creazione di un

Aula 3.0 inaugurata il 25 ottobre 2013 e costituita sul modello didattico

TEAL del MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston, con il

quale intraprende anche scambi culturali e didattici. L’Istituto è una delle

cinque scuole italiane e l’unica nelle Marche in cui tale ambiente è

presente, creato basandosi sul supporto delle nuove tecnologie e

strutturato secondo le linee guida del Future Classroom Lab di European

Schoolnet20. L’aula 3.0 del “Savoia Benincasa” è provvista di LIM, PC,

arredi colorati e modulari che possono essere spostati o ricomposti per

svolgere attività di gruppo ed è inoltre suddivisa in angoli didattici distinti

19 INDIRE - Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wp-content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 20http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/pof/POF_Savoia_Benincasa_1415.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

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in base alla finalità: interazione, creazione, scambio, presentazione, relax e

investigazione, come mostra il rendering riportato in appendice21.

Il compito che gli studenti sono chiamati a svolgere a casa prevede lo

studio di tutto il materiale realizzato e raccolto durante l’intero modulo

dedicato al Romanticism, che devono poi rielaborare durante tale dibattito,

utilizzando la lingua inglese. In classe gli studenti si suddividono

autonomamente in due grandi gruppi, uno è for e l’altro against la tesi

principale, stabilita dal docente: Science Must Have Limits.

Confrontandosi e scambiando opinioni al fine di sostenere la propria

posizione, gli studenti lavorano in gruppo, ragionano in modo critico e

soprattutto cercano di adattare un argomento classico, come il

Romanticismo, ad un contesto moderno, in cui la scienza gioca un ruolo

sempre più importante. Gli studenti si dimostrano molto autonomi durante

la fase di preparazione e riescono a rispettare il tempo stabilito e le

consegne; il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e

si limita a stabilire le regole più importanti.

Dopo un lungo lavoro di riformulazione delle idee elaborate ha inizio il

dibattito, strutturato in diversi round: gli studenti si spostano nell’angolo

dedicato alla presentazione e si sistemano nella tribuna circolare, uno

studente per squadra è invece posizionato nelle postazioni centrali per

presentare gli argomenti individuati con i compagni. In questo caso

l’integrazione del dibattito con la lezione capovolta appare come una

strategia particolarmente indicata alla didattica delle lingue straniere,

poiché i discenti sono spronati ad esercitare la loro capacità espressiva e

argomentativa in modo chiaro e coinciso, a processare velocemente

informazioni nella L2 e soprattutto condividono la responsabilità delle 21Cfr. Appendice D, Infra: http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/scelte_innovative/BENINCASA_LIGHT.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).

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loro risposte con i compagni, senza sentirsi giudicati. Il dibattito è

un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, la sintesi, la

ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. Il

dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a

nessuno di distrarsi, dato che sostenere la propria squadra significa

costruire e negoziare continuamente le proprie idee in gruppo. Questa

strategia rappresenta un passo significativo verso una didattica realmente

costruttivista. Inoltre il professore confessa che la scelta degli oratori non

è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più

timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno

propensi al dialogo, idea che rientra nel concetto di personalizzazione e

individualizzazione dell’insegnamento (Dewey, 1916).

La lezione flipped presa in esame è stata insolita e particolarmente

emozionante, vedere gli studenti muoversi ed organizzarsi liberamente

all’interno di uno spazio scolastico così innovativo, ha concretizzato le

idee teoriche riguardo all’ambiente costruttivista e alla didattica ‘del fare’.

In una sola lezione il professor Gabbanelli è riuscito ad inglobare metodi,

strumenti e ambienti di apprendimento ‘sovversivi’: Debate, Spazio

Flessibile e Flipped Classroom. In questo è racchiuso il senso del docente

come ricercatore, come colui che opera per adattare l’innovazione alla

propria classe, alle proprie esigenze e in funzione dei propri obbiettivi

formativi. Nessuna innovazione è fine a se stessa, la didattica deve essere

pronta a combinare i diversi metodi didattici per poterne sfruttare al

meglio le infinite potenzialità.

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5.3 Questionario studenti

Le opinioni sulla classe capovolta sono spesso contrastanti: alcuni

docenti la considerano estremamente positiva, altri, al contrario, non

credono nell’innovazione e preferiscono ancora la lezione frontale. Durante

il lavoro di ricerca e indagine è affiorata con amarezza una mancanza di

analisi e statistiche concrete sul metodo Flipped Classroom. Se da un lato il

Web abbonda di opinioni e pareri contrastanti, nella maggior parte dei casi

elaborati dai docenti, è molto raro trovare fonti che si concentrino

prevalentemente sui principali fruitori della classe capovolta: gli studenti.

Per questo motivo l’analisi, fino ad ora prevalentemente di tipo

qualitativo, è stata arricchita con la raccolta di dati concreti e oggettivi, non

per quantificarli bensì per far emergere il punto di vista di studenti che

conoscono e utilizzano la classe capovolta nel loro percorso scolastico e

che quindi hanno ormai elaborato una precisa opinione a riguardo. Le classi

intervistate sono la 3°C e la 5°C del Liceo Scientifico dell’Istituto di

Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona, ossia le classi oggetto

della mia osservazione e la classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “Giacomo

Leopardi” di Saltara, della scuola secondaria di primo grado, con la quale

la prof.ssa Alesi applica la classe capovolta. Agli studenti è stato sottoposto

un questionario in forma cartacea22, appositamente creato alternando

domande chiuse e guidate, che facilitassero la raccolta dei dati, con

domande aperte in cui gli studenti potessero esprimersi liberamente,

facendo emergere così aspetti problematici o positivi inediti. Le domande

sono ordinate secondo una logica ben precisa, che punta ad intervenire

gradualmente su aspetti diversi del fenomeno in analisi, partendo all’inizio

con domande di ordine generale, per giungere poi agli aspetti più specifici e 22 Cfr. Appendice E, Infra.

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dettagliati. L’analisi dei dati viene effettuata sul totale complessivo degli

studenti, per fare emergere una media statistica risultante da tre diversi

livelli di istruzione: scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di

secondo grado (3° e 5° superiore). Gli studenti sottoposti ad indagine

tramite questionario sono complessivamente 57: 32 femmine e 25 maschi,

anche se la distinzione tra maschi e femmine non si è rivelata significativa

nell’analisi dei dati. Gli studenti sono tutti di madrelingua italiana e

utilizzano la classe capovolta, a seconda dell’Istituto frequentato, in diverse

materie tra cui inglese, storia, filosofia, latino, italiano e tedesco.

Le prime informazioni significative, derivanti dallo scrutinio delle

risposte, riguardano il contesto tecnologico in cui operano gli studenti, in

ambito scolastico ed extrascolastico. Si è visto come il metodo Flipped

Classroom richieda un notevole supporto di strumenti digitali al fine di

eseguire il capovolgimento ma spesso il principale limite alla sua

attuazione, nelle scuole italiane, sembra essere la mancanza di risorse

tecnologiche a disposizione degli studenti e degli insegnanti. I dati rivelano

un’assenza di tale problema nelle classi prese in esame, poiché facendo

riferimento al contesto scolastico ed extrascolastico, emerge che tutti gli

allievi possiedono almeno uno dei supporti tecnologici nominati nel

questionario (vedi fig.A) e che 52 alunni23 su 57 sono provvisti di

connessione Internet al di fuori del contesto scolastico. Si tratta di un dato

significativo, che rispecchia la realtà altamente digitalizzata degli Istituti

sopra citati e che in parte agevola la sperimentazione di metodologie

didattiche attuali, come la Flipped Classroom. È opportuno considerare che

nel caso della classe capovolta, presupponendo la presenza di un contesto

scarsamente digitalizzato, sarebbe necessario provvedere con misure

sostitutive che rendano comunque accessibile il materiale di studio a tutti 23 Occorre tenere in considerazione che tre studenti non hanno risposto a tale quesito.

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gli studenti, per lo meno all’interno dell’ambiente scolastico. I dati

pubblicati dall’ultimo sondaggio dell’Osservatorio Tecnologico del MIUR

per l’anno scolastico 2014/2015 non sono incoraggianti se si considera una

modalità di apprendimento e-learning basata su piattaforme didattiche

determinate, poiché dimostrano che solo il 16,5% degli istituti statali

possiede una piattaforma per la condivisione di lezioni e materiali didattici

e per la gestione di corsi online24. Nonostante l’utilizzo di Learning

Management Systems non sia ancora abbastanza diffuso nel territorio

italiano, i dati Istat pubblicati per l’anno 2014 sembrano tuttavia

confermare una tendenza positiva rispetto alla quota di famiglie che

dispongono di un personal computer e di un accesso ad Internet da casa,

equivalenti rispettivamente al 87,1% e 89%25. Si tratta di un dato che

riflette su larga scala la realtà emersa dai dati del questionario, secondo la

quale a livello concreto la realizzazione di un insegnamento capovolto,

considerando gli strumenti tecnologici a disposizione dei singoli studenti,

non sembra avere limiti particolarmente significativi.

24 Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole”. A.S.2014/15. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14 febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). Questi dati non comprendono informazioni relative alle varie piattaforme online gestite ed utilizzate dai singoli docenti. 25 Dati tratti dalla pubblicazione Istat “Cittadini e nuove tecnologie” del 18 dicembre 2014. I dati riportati sono relativi alle famiglie con almeno un minorenne, senza considerare le famiglie di soli anziani per le quali le percentuali sono all’estremo opposto. Inoltre va sottolineato che le famiglie con un componente under 18 possiedono molto più frequentemente una connessione a banda larga (87,2%) ed un telefono cellulare (99,9%). http://www.istat.it/it/archivio/143073 (ultimo accesso 07/01/2016).

42

26

5646

55

24

0 10

20

40

60

A casa A scuola

A. Quali dispositivi tecnologici hai a disposizione?

Tablet PC Cellulare Nessuno

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104

14%

14%

46%

26%

2. Consideri la videolezione importante come una

lezione frontale?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

2%

9%

38%51%

1. Il docente si serve della videolezione?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

Procedendo con l’analisi statistica, le prime quattro domande sono

incentrate sul tema della videolezione, al fine di fare emergere l’opinione

che gli studenti hanno su di essa e sul suo utilizzo a fini didattici. I discenti

in esame dichiarano che i docenti con cui applicano il metodo Flipped

Classroom utilizzano frequentemente il video come veicolo di informazioni

e di contenuti (fig.1) e che la maggior parte dei ragazzi percepisce il suo

utilizzo di uguale importanza rispetto alla spiegazione frontale, poiché alla

domanda Consideri la videolezione importante come una lezione frontale?

il 72% di loro ha risposto positivamente (abbastanza e assolutamente sì)

(fig.2). Nonostante ciò, emergono riscontri negativi per quanto concerne

l’efficacia della spiegazione attraverso strumenti alternativi, anche se le

opinioni sono contrastati e variano a seconda della classe indagata (fig.3). Il

quarto quesito si riferisce all’attitudine che i giovani hanno ad apprendere

concetti e contenuti a partire dall’utilizzo di tutorial, per motivi non

scolastici di qualsiasi genere. Lo scopo è quello di comprendere se la

fruizione di un contenuto digitale, con finalità didattiche, sia percepita dagli

studenti come un’attività naturale. Il grafico a torta (fig.4) mostra che il

19% degli intervistati non utilizza affatto tutorial, per cui la restante

percentuale è suddivisa tra coloro che utilizzano più o meno

frequentemente video per motivi non scolastici.

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105

27%

27%

40%

6%

3. Pensi che la videolezione sia più efficace della

spiegazione in classe?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

19%

38%

26%

17%

4. Utilizzi video tutorial per motivi non scolastici?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

2%

10%

37%51%

5. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la

collaborazione con i compagni?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

0%

7%

70%

23%

6. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la

collaborazione con l'insegnante?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

Il secondo gruppo di domande è incentrato sulle relazioni sociali tra

compagni e tra studenti e docente, che si instaurano all’interno di un

contesto collaborativo, come è quello della classe capovolta. L’analisi dei

dati fa emergere a riguardo risultati estremamente positivi, la sensazione

prevalente degli studenti è infatti che la Flipped Classroom favorisca

abbastanza o assolutamente SÌ l’interazione e la collaborazione con i

compagni e con l’insegnante (fig.5 e 6), promosse dal lavoro di gruppo che

sembra prevalere in classe, rispetto a ciò che si evince dalle risposte date al

settimo quesito (fig.7).

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106

5%

18%

47%

30%

7. Nella Flipped Classroom prevale il lavoro di gruppo?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

10%

30%

28%

32%

8. Preferisci svolgere gli esercizi in classe, con la

guida del docente?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

Come affermato più volte nei precedenti capitoli, l’insegnamento capovolto

permette agli studenti di avere in classe più tempo a disposizione per

chiedere chiarimenti e supporto al docente, riguardo all’argomento

affrontato a casa autonomamente. Analizzando i dati raccolti emerge che il

32% dei discenti intervistati percepisce assolutamente rilevante la presenza

del docente, con il quale svolgere esercizi in classe; coloro che considerano

tale vantaggio come innecessario sono il 10% (fig.8). La rimanente

percentuale è divisa equamente tra abbastanza e poco.

Riguardo alla nona domanda, che chiede agli studenti se l’insegnante

cambia disposizione dei banchi durante la lezione capovolta?, i dati si sono

rivelati inutili e scontati ai fini di tale indagine, poiché il contesto era già

stato reso esplicito dai rispettivi docenti prima dell’intervista tramite

questionario (fig.9). Per ciò che riguarda le classi del professor Gabbanelli

dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona la disposizione dei banchi tende

ad essere modificata con gli alunni della classe 3°C, mentre con la 5°C le

attività prevedono un lavoro a gruppi ma con i banchi sistemati

tradizionalmente a file, ad eccezione delle lezioni svolte nell’Aula 3.0.

Nella classe 3°D dell’Istituto “G.Leopardi” di Saltara, seguita dalla

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107

professoressa Alesi, i banchi sono sempre disposti a gruppi di quattro, per

favorire la collaborazione. Riflettendo perfettamente le scelte attuate dai

vari docenti, i dati non meritano di essere graficamente riprodotti.

Le due domande che seguono fanno riferimento all’impressione che gli

allievi hanno in merito al proprio percorso di apprendimento in relazione al

contesto flipped. Risulta singolare analizzare le risposte dei discenti

riguardanti il quesito numero dieci, relativo al miglioramento del

rendimento scolastico in seguito all’introduzione della Flipped Classroom

(fig.10A). È interessante notare come la percentuale di risposte negative

(19% assolutamente NO e 23% poco) sia da attribuire prevalentemente alla

classe 5°C superiore, lasciando inferire che probabilmente risulta più

difficile introdurre metodologie didattiche nuove con studenti che hanno

già sviluppato e assodato, da diversi anni, un metodo di studio tradizionale.

Dall’altro lato le risposte della classe 3°D della scuola secondaria di primo

grado e della 3°C della scuola secondaria di secondo grado riflettono

ancora un percorso didattico in trasformazione ed aperto a nuove possibilità

(fig.10B). Essendo giunti a tali conclusioni tramite supposizioni, può essere

possibile che le differenze evidenziate siano derivanti semplicemente da

preferenze differenti degli allievi. Alla domanda Ti senti più responsabile e

coinvolto nel tuo percorso di apprendimento? gli studenti hanno risposto in

maniera positiva, solo il 13% dei dati complessivi riguardano le opzioni

poco e assolutamente NO (fig.11). Il dato è sintomatico del fatto che gli

studenti, nel contesto della classe capovolta, sono effettivamente

responsabili del proprio percorso di apprendimento e si sentono

maggiormente coinvolti in un processo formativo dove la centralità del

discente è preponderante. Come emergerà dalle risposte alle domande

successive, questo è considerato un effetto benefico e positivo da alcuni

studenti, ma anche negativo da altri, dal momento che un coinvolgimento

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108

0

5

10

15

Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI

10 B.Dati relativi alle risposte delle singole classi riguardo al miglioramento scolastico

3°D 3°C 5°C

19%

23%51%

7%

10 A. Con la Flipped Classroom è migliorato il

tuo rendimento scolastico?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

4%

9%

61%

26%

11. Ti senti più responsabile e coinvolto nel tuo percorso

di apprendimento?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

più intensivo comporta una maggior indipendenza ed autogestione e un

carico di lavoro superiore.

Gli interrogativi posti in essere dal quesito dodicesimo e tredicesimo del

questionario, si riferiscono alla Flipped Classroom in termini generali, sia

come metodo utilizzato per la didattica delle lingue straniere, sia come

alternativa alla didattica frontale. In questo caso il valore ottenuto dalle

risposte guidate possiede un riscontro interessante nei commenti liberi

lasciati dagli studenti negli appositi spazi, per giustificare il Perché? delle

loro risposte.

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109

7%7%

53%

33%

12. Ritieni che la Flipped Classroom sia un metodo efficace nello studio delle

lingue?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

5%

23%

39%

33%

13. Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione tradizionale?

Assolutamente NO Poco

Abbastanza Assolutamente SI

Il responso è estremamente stimolante, poiché l’86% (assolutamente SI e

abbastanza) degli studenti è favorevole all’uso della classe capovolta nello

studio delle lingue straniere e solo il 14% sembra essere contrario agli

effetti positivi della sua introduzione nel percorso di studio, a tale scopo

didattico (fig.12). Gli studenti che hanno optato per una votazione positiva

alla domanda Perché? hanno espresso i seguenti pareri: “Credo che la

Flipped Classroom sia efficace nello studio delle lingue in quanto la

visione di video migliora le nostre ‘skills’ nel listening e nello speaking,

che sono fondamentali per conoscere la lingua”; “Aiuta la parte

riguardante la fluidità lessicale, la pronuncia e dà la capacità di pensare

in inglese”, e ancora “Sì, perché è utile nello speaking e nel confronto delle

idee. Nel caso non vengano capiti dei termini verranno ridefiniti dai

compagni”, “Abbiamo il docente come punto di riferimento, ma ci

mettiamo più in gioco essendo attivi nella spiegazione”. Al contrario, i

commenti che argomentano scelte negative sull’utilizzo della Flipped

Classroom per l’insegnamento delle lingue straniere riportano le seguenti

idee: “Ritengo sia indispensabile un maggior aiuto da parte

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110

dell’insegnante”, “Efficacia non tanto, poiché molto spesso con la visione

di video, diminuisce la concentrazione dello studente”, “È molto più

difficile apprendere concetti”.

Anche l’interrogativo che riguarda la motivazione creata dalla classe

capovolta rispetto alla lezione tradizionale ha fatto emergere punti di vista

curiosi: “Penso che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione

tradizionale perché ci spinge a studiare molto di più, inoltre rende la

lezione tradizionale più interessante, più partecipata e ricca di

collaborazione”, “Perché a turno siamo tutti coinvolti e ognuno ha una

parte di lavoro uguale agli altri”, “Perché esci dagli schemi della lezione

tradizionale, incentivando l’inventiva dello studente e la sua capacità di

autogestione”, “Perché è pressoché impossibile tenere la concentrazione

alta per tutta la durata di una lezione frontale a differenza delle

coinvolgenti lezioni flipped”. Inoltre “Rende più coinvolgente la lezione,

grazie anche all’utilizzo di nuove tecnologie”, “Perché sono gli alunni a

dover esporre gli argomenti, cercando di essere più precisi possibile, sia

nel linguaggio che nel contenuto”. In riferimento agli aspetti negativi che

riguardano la domanda Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante

di una lezione tradizionale? Perché? gli studenti affermano: “Io preferisco

la lezione frontale per comprendere l’argomento e gli esercizi li preferisco

con la Flipped Classroom”, “Personalmente mi trovo meglio con in metodo

tradizionale”, “Nella lezione frontale l’insegnante interagisce con te e ti

spiega ciò che non hai capito, invece qui devi capire le cose per forza”

oppure “Dipende dall’argomento”.

A questo punto del questionario viene chiesto agli intervistati di

esplicitare la loro preferenza sul metodo preferito, scegliendo tra le due

possibilità: Flipped Classroom o lezione tradizionale. Le risposte sono

nettamente a favore della prima opzione, mentre risulta che la percentuale

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111

FlippedClassroom

Lezionetradizionale

14 B.Preferenza delle singole classi

3°D 3°C 5°C

70%

30%

14 A. Sinceramente quale metodo preferisci?

Flipped Classroom Lezione tradizionale

di risposte a sfavore sia da attribuire alla classe 5°C (fig.14B), a conferma

delle conclusioni tratte dalla decima domanda, riguardo il miglioramento

del proprio rendimento scolastico, verso il quale la classe risultava

indifferente (fare riferimento alla fig.10B).

Una volta espressa la propria preferenza agli studenti viene chiesto di

descrivere con un aggettivo il metodo Flipped Classroom. Tra gli attributi

elencati si alternano caratteristiche positive e negative della classe

capovolta, che riescono in parte a riassumerne gli aspetti costitutivi fino ad

ora esaminati, facendo emergere contemporaneamente i pareri discordanti:

entusiasmante, collaborativo, coinvolgente, interessante, fantastico,

divertente, creativo, innovativo, faticoso, inutile, noioso, accattivante,

virtuale, inefficace, interattivo, aleatorio, efficace, stupefacente, divertente,

rivoluzionario.

A conclusione dell’indagine, gli intervistati sono invitati a riflettere su

almeno un vantaggio e uno svantaggio della classe capovolta e sono

proprio tali risposte a far emergere punti di forza e criticità concrete,

difficilmente individuabili al di fuori di un’esperienza didattica reale. I

vantaggi più significativi emersi sono i seguenti: “Abitua ad apprendere in

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modo più indipendente dall’insegnante e insegna un metodo da poter

applicare a più aspetti della vita”, “Aiuta a sviluppare le capacità

intuitive”, “Coinvolge molto gli studenti ed è più comprensibile e motivante

allo studio”, “Le lezioni sono più coinvolgenti e in qualche modo

‘costringono’ anche chi tende a distrarsi a partecipare”, “Condividi

materiale con altre persone”, “Le lezioni puoi averle anche a casa e quindi

puoi riguardarle”, “È bello poter usare la tecnologia”. Gli svantaggi

menzionati sono numerosi ma allo stesso tempo significativi per capire in

quale direzione intervenire per mettere a punto una lezione capovolta che

tenga conto dei diversi stili cognitivi e delle diverse necessità degli

studenti: “Potrebbe non funzionare il materiale”, “A volte la connessione

salta e quindi non riesci ad avere la lezione”, “Non c’è più rapporto tra

alunno e docente e viceversa”, “Per gli studenti più in difficoltà non

favorisce approfondimenti e spiegazioni”, “A casa si ha più lavoro da

fare”, “Nello studio individuale puoi trovare argomenti difficili da

esprimere senza una precedente spiegazione”, “Visto che sono i ragazzi i

protagonisti della lezione, a volte c’è un po’ di caos in classe”,

“Diminuisce l’importanza della spiegazione”, “È difficile a volte parlare

davanti al professore, ai compagni e ad eventuali esterni, soprattutto se si

ha difficoltà nella materia in oggetto”, “Le lezioni vanno preparate con

molto impegno e dedizione”.

5.3.1 Discussione dei dati

I dati rilevati ed analizzati in seguito alla somministrazione del

questionario sottoposto agli studenti hanno confermato alcuni aspetti

basilari dell’insegnamento capovolto, come la costante interazione e

collaborazione tra soggetti che condividono lo stesso ambiente scolastico.

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113

La sensazione prevalente è che la Flipped Classroom sia più motivante e

coinvolgente rispetto alla lezione tradizionale, poiché, come ribadito più

volte dagli studenti, ognuno partecipa attivamente e si sente coinvolto nelle

attività proposte. Particolarmente interessante si è rivelato il binomio classe

capovolta e didattica delle lingue: tutti gli studenti infatti hanno riscontrato

un incremento dell’uso effettivo della lingua straniera, orale e scritta e un

successivo miglioramento delle proprie abilità. Allo stesso tempo, la

presenza inevitabile di debolezze individuate dai discenti, in quanto fruitori

del metodo flipped, chiama di nuovo alla mente la figura dell’insegnante

come ricercatore, per il quale la didattica è una continua sperimentazione.

Nonostante i dati presi in esame siano quantitativamente limitati, essi

possono comunque restituirci un’idea di ciò che accade su larga scala in un

contesto didattico più ampio. Ogni classe presenta le proprie peculiarità, le

proprie esigenze e le proprie abitudini per cui, come succede per tutte le

pratiche scolastiche, anche nel caso della classe capovolta la sua efficacia

dipende da variabili differenti, come il contesto sociale e didattico, l’età, le

aspettative degli studenti, la disciplina affrontata. Sta al docente capire

come e quando integrarla al proprio insegnamento e agli studenti coglierne

i benefici per la propria crescita culturale e sociale. Infine è opportuno

constatare che la Flipped Classroom, sebbene sia un metodo didattico

innovativo e stimolante, non può sostituire completamente la lezione

tradizionale, ma supportarla e arricchirla. Gli studenti apprendono secondo

stili cognitivi differenti; come emerso dai commenti, infatti, molti di loro

preferiscono ancora l’organizzazione della lezione frontale, per cui

focalizzarsi su un solo approccio significa rispondere ai bisogni formativi

di alcuni alunni, sottovalutandone altri.

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114

5.4 Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”: progetto

KA2

La collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Piandimeleto è nata

dalla volontà del plesso in questione, di presentare un progetto KA2 del

programma Erasmus+, nell’anno scolastico 2014/2015. Le classi coinvolte

sono la 5° della scuola primaria e la 1° della scuola secondaria di primo

grado e l’obiettivo prevalente del progetto intitolato “Mathematics Success

with the Flipped Classroom Approach”, è quello di costruire “cooperazione

per l’innovazione e lo scambio di buone pratiche” con i paesi partner,

coinvolti nello scambio. Concretamente il fine principale è quello di

utilizzare il metodo inclusivo e innovativo della Flipped Classroom per far

fronte alle necessità di studenti con bisogni educativi speciali e scarsi

rendimenti nell’ambito della matematica, al fine di raggiungere

soddisfacenti risultati scolastici e un futuro successo lavorativo.

Il progetto prevede che il materiale e le lezioni video create da docenti di

scuole differenti, siano scambiati e condivisi, tramite un apposito sito

Internet, per il raggiungimento di un obbiettivo comune e che le stesse

lezioni siano realizzate nella lingua madre di ciascun docente e nella lingua

di scambio, ossia in inglese. A tale scopo è stata prevista la creazione di

ambienti digitali adeguati accompagnata da un incremento del supporto

tecnologico, in linea con il progetto “E.Co.Le” (Electronic Cooperative

Learning), attivato negli anni precedenti nell’Istituto e che ha permesso di

dotare tutte le aule della scuola di Lavagne Attive Multimediali e PC. Si

uniscono a tali obiettivi anche la realizzazione di Web Quest per valutare le

competenze raggiunte alla fine di ogni unità didattica e di database relativi

alla soddisfazione e alla motivazione degli studenti, all’inizio e alla fine del

progetto. I risultati intangibili da raggiungere grazie all’uso del metodo

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Flipped Classroom si misurano in termini di miglioramento delle strategie

didattiche, delle competenze matematiche dei discenti, così come quelle

linguistiche e tecnologiche. Il problema principale della mancanza di

strumenti tecnologici o di connessione Internet a disposizione degli

studenti, per poter fruire delle lezioni, viene ipoteticamente risolto

prevedendo un lavoro a gruppi, in cui almeno uno studente sia dotato di tali

supporti e nel caso in cui questo non sia possibile, mettendo loro

disposizione il laboratorio informatico dell’Istituto. Inoltre come

specificato nel progetto “Video lessons will be published on a specific

website and printed in DVD format (to be available even in case of lack of

the broadband connection) with their descriptive sheets in English and in

the language of participants”26.

L’esito della candidatura, ricevuto il 24 luglio 2015 si é purtroppo

rilvelato negativo e la domanda non è stata accolta per mancanza di fondi

europei; il punteggio ottenuto equivale a 77/10027. La creazione di tale

progetto a cui ho preso parte nella fase di progettazione e che ho

autonomamente gestito nella traduzione, è comunque un esempio concreto

di come la classe capovolta possa assumere una dimensione internazionale,

non finalizzata esclusivamente alla singola realtà scolastica. Creare e

condividere contenuti digitali avviene oggi anche in contesti molto più

ampi di una semplice aula ed i learning objects sono sempre più al centro

di un insegnamento-apprendimento condiviso, attivo e costruttivista, dal

punto di vista didattico ma anche e soprattutto culturale e sociale.

26 Progetto KA2 – Erasmus+, partenariati strategici – Settore Istruzione scolastica, dell’Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”. Cfr. Appendice F, Infra. 27 Cfr. Appendice F, Infra, esito della candidatura da parte dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ INDIRE.

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116

Capitolo 6

La Flipped Classroom in Italia e nel mondo

In questo breve capitolo si analizzerà il metodo della Flipped Classroom

come ‘movimento’ innovativo e in divenire, la cui dimensione e posizione

nella didattica nazionale ed internazionale è sempre più predominante. A tale

proposito vengono citati alcuni dei progetti più interessanti individuati nel

Web e condivisi da docenti e studiosi che lavorano costantemente per

migliorare e monitorare il metodo della classe capovolta. Si tratta di proposte

ambiziose, didattiche ed extrascolastiche, che mostrano come la Flipped

Classroom sia oggi studiata ed impiegata in tutto il mondo; i contesti

analizzati in questo caso sono quelli relativi alle lingue di competenza, ossia

inglese e spagnolo.

Dall’ambiente didattico spagnolo emergono sempre più frequentemente

esperienze di docenti che utilizzano la classe capovolta nel loro

insegnamento. Esiste un sito ufficiale molto attivo1 in cui tali testimonianze

sono raccolte e nel quale docenti pubblicano e condividono esperienze di

Flipped Teaching, riguardanti tutti i livelli e gradi di istruzione. Questo

significa che, nonostante si tenda a concepire la classe capovolta come un

modello particolarmente adatto a studenti autonomi, non esiste in realtà un

limite alla sua attuazione neppure per quanto concerne l’età dei discenti con

cui si lavora, purché il suo impiego sia sempre adeguato alle diverse

competenze ed abilità cognitive. A tale proposito vale la pena citare una delle

tante testimonianze riportate nel sito theflippedclassroom.es con il titolo già

estremamente significativo “¡Se puede flippear en infantil!” che racconta di

1 Si tratta del sito ufficiale spagnolo dedicato interamente alla didattica con il metodo Flipped Classroom e può essere visionato al seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/. (ultimo accesso 07/01/2016).

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117

un progetto interamente realizzato secondo la modalità flipped nella scuola

dell’infanzia CEIP Gonzalo Fernández di Córdoba (Madrid), durante il

primo trimestre dell’anno scolastico 2014/20152. Lo scopo del lavoro

intitolato “Los Dinosaurios” è stato quello di coinvolgere i bambini della

scuola dell’infanzia (4 anni) nella scoperta dei dinosauri. Il progetto

prevedeva di lavorare in sintonia con le abilità di base esplicitate nella

Tassonomia di Bloom: creare, analizzare e valutare. Ogni alunno ha lavorato

a casa, con l’aiuto dei genitori, per ricercare materiale e informazioni, al fine

di elaborare e filmare una semplice presentazione orale in cui raccontasse le

caratteristiche del dinosauro in questione. In questo caso il capovolgimento

è stato realizzato nel momento in cui si è chiesto ai bambini di affrontare e

comprendere autonomamente il contenuto e la spiegazione è divenuta una

loro responsabilità, favorendo un insegnamento collaborativo tra pari.

L’analisi è stata possibile grazie all’ausilio di software creativi che

riproducessero virtualmente le sembianze dei dinosauri e lo stadio della

valutazione ha avuto luogo mediante l’uso di mappe concettuali che

riassumessero quanto compreso dall’intero progetto. Il lavoro si è concluso

con la creazione di un gioco interattivo sui dinosauri, gestito dai docenti ma

doppiato e commentato con la voce degli alunni. Nonostante fino ad ora i

casi analizzati fossero relativi alla scuola secondaria di primo e secondo

grado, questa testimonianza dimostra che la classe capovolta non prevede un

modello fisso e statico, bensì è adattabile a qualsiasi contesto, perché più che

un capovolgimento didattico rappresenta un cambiamento mentale nel modo

di fare insegnamento.

2 Esperienza raccontata da Chema Gonzaléz, docente presso il CEIP Gonzalo Fernández di Cordoba (Madrid) intitolata ¡Se puede flippear en infantil! e tratta dal seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/se-puede-flippear-en-infantil/ (ultimo accesso 07/01/2016). Per un approfondimento del progetto è possibile un collegamento al sito ufficiale della scuola Infantiles del gran capitán: https://infantilesdelgrancapitan.wordpress.com/category/proyecto-dinosaurios/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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Anche l’ambito tecnologico, fondamentale per l’attuazione della Flipped

Classroom, è progredito per far fronte alle necessità della classe capovolta.

Una curiosità interessante per tutti i docenti che utilizzano la Flipped

Classroom è rappresentata da Polimedia, un sistema creato dall’Universidad

Politécnica di Valencia per la creazione di materiale educativo screencast.

Si tratta di una stanza in cui ogni docente, seguito da un tecnico specializzato,

può creare videolezioni sempre più efficaci. È un sistema che riproduce su

larga scala ciò che accade con i software di screencast online supportati

dall’uso della webcam, con la differenza che in questo caso il docente viene

ripreso nella sua interezza come se fosse realmente davanti agli studenti,

sfruttando le proprie capacità comunicative verbali e non verbali e quindi

riducendo la distanza che si crea, con l’utilizzo del mezzo tecnologico, tra

chi apprende e chi insegna3.

Il successo della Flipped Classroom è stato recentemente indagato anche

da un report pubblicato dal sito americano Faculty Focus nei mesi di giugno

e luglio 2014, con il titolo “Flipped Classroom Trends: A Survey of College

Faculty”4. L’indagine è stata sottoposta a tutti i lettori della rivista,

prevalentemente docenti universitari, con lo scopo di rilevare il numero

approssimativo degli insegnanti flipped e la loro opinione sul metodo

Flipped Classroom, ottenendo complessivamente 1.074 riscontri, per la

maggior parte favorevoli. Si tratta di un sondaggio considerevole non solo

per il numero di risposte ottenute, ma anche per le diverse opinioni emerse

3 Articolo tratto dal sito theflippedclassroom.es intitolato “Polimedia, una herramienta para crear flipped classrooms de gran calidad técnica”: http://www.theflippedclassroom.es/polimedia-una-herramienta-para-crear-flipped-classrooms-de-gran-calidad-tecnica/. Oppure visitare il sito dell’Universidad Politécnica di Valencia https://www.upv.es/entidades/ASIC/catalogo/522359normalc.html (ultimo accesso ai siti 07/01/2016). 4 Articolo pubblicato il 24 agosto 2015 da Faculty Focus. Si tratta di un sito americano che pubblica articoli relativi all’istruzione universitaria, per cui i maggior fruitori sono docenti di istruzione superiore. http://www.facultyfocus.com/articles/blended-flipped-learning/flipped-classroom-survey-highlights-benefits-and-challenges/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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dai docenti intervistati. Alla domanda How would you rate the experience

for you?, il 70,34% degli intervistati ha optato per una risposta positiva,

mentre il 22,40% ha vissuto l’insegnamento capovolto come un’esperienza

neutrale, senza significativi risultati. Il 7,26% ha espresso invece un giudizio

negativo in merito: i problemi di attuazione della Flipped Classroom

sembrano emergere con studenti che non si sentono realmente coinvolti nel

processo di apprendimento, per cui motivazione ed autonomia vengono

meno. In questo caso l’uso di un metodo innovativo come la classe rovesciata

può risultare addirittura controproducente ed è consigliabile tornare a servirsi

della lezione frontale, come afferma uno dei docenti intervistati: “Students

want me to lecture, tell stories, ask questions and stimulate discussion. They

did not want to try and learn the material themselves. They did not feel

empowered. They did not see me as a co-participant, they wanted me to be

in charge”5. Guardando il processo dal punto di vista dei propri studenti il

64,3% dei docenti intervistati, considera quella della classe capovolta

un’esperienza didattica estremamente positiva, più dell’80% infatti

riconosce a questo metodo la capacità di incrementare i momenti di

cooperazione e di relazione in classe, tra gli studenti. I dati significativi citati

derivano da un’analisi molto più complessa e dettagliata, che sembra

confermare su larga scala quanto emerso nel capitolo precedente,

relativamente ai contesti scolastici analizzati e che delineano l’esperienza

della classe capovolta come un’alternativa alla lezione frontale, valida e

spesso incoraggiante.

A conclusione occorre citare l’ambizioso progetto intrapreso dal sito

italiano flipnet.it, al fine di realizzare una mappa dei docenti capovolti6. Lo

5 Tratto dai commenti emersi dal sondaggio “Flipped Classroom Trends: A Survey of College Faculty”, p.7. 6 È possibile inserire il proprio riferimento come docente capovolto al seguente indirizzo: http://flipnet.it/la-mappa-dei-docenti-capovolti-2/ (ultimo accesso 07/01/2016).

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scopo è quello di individuare e localizzare geograficamente tutti gli

insegnanti attivi sul territorio nazionale, ma soprattutto la priorità è quella di

creare una comunità di condivisione per tutti coloro che intendono

proseguire o intraprendere il cammino del Flipped Teaching.

Si intuisce da tali progetti che la classe capovolta è sì un metodo didattico,

ma allo stesso tempo il risultato di processi di cambiamento ed evoluzione

degli studenti di oggi, che necessitano di processi formativi propedeutici alle

esigenze della società moderna. L’innovazione scolastica coinvolge le

diverse capacità e competenze a disposizione, siano queste tecnologiche,

sociali, comunicative o metodologiche e allo stesso tempo richiede uno

scambio interdisciplinare ed internazionale per favorire il progresso di buone

pratiche didattiche, come la classe capovolta. Si conclude a tale proposito

riportando una frase di Maglioni e Biscaro che cita (2014: 11): La scuola intesa come sistema scolastico di un Paese, ma anche la scuola come singolo istituto scolastico è un organismo di grande complessità, punto di equilibrio di molte forze e molti apporti. È illusorio cambiarla a colpi di novità o, peggio, decreti. Bisogna che le forze in gioco (cultura, politica, strati sociali, amministrazione, docenti, studenti) siano coinvolti e si riorientino. Ma gli insegnanti, anche il singolo, possono introdurre elementi di rinnovamento.

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Conclusione

A conclusione dell’analisi è opportuno elaborare alcune considerazioni

fondamentali. Il metodo della classe capovolta è spesso messo in

discussione da teorici e studiosi che lo considerano come una delle tante

innovazioni didattiche ‘di tendenza’. È probabilmente vero che l’attenzione

mediatica degli ultimi anni ha notevolmente amplificato il dibattito e le

critiche, più o meno fondate, su tale modello, inteso come un cambiamento

radicale nel modo di fare didattica. In realtà, questo non corrisponde alla

volontà dei suoi fondatori. Bergmann e Sams infatti non si vantano di aver

inventato nulla di rivoluzionario, bensì credono di aver proposto un nuovo

modo di fare insegnamento, incentrato prevalentemente sulla posizione

centrale dello studente piuttosto che sull’insegnante, avvalendosi di metodi

e modelli già conosciuti e sperimentati in didattica.

Questo significa che nessuno pretende di cambiare e migliorare il

processo di insegnamento semplicemente invertendo il momento della

spiegazione con quello dei compiti in classe, né tantomeno sostituendo il

ruolo dell’insegnante, come fonte di sapere e conoscenza, con quello di una

videolezione. Piuttosto, sarebbe necessario considerare la Flipped

Classroom in modo critico, non come un modello fisso e statico ma come

una linea guida da adeguare al proprio contesto didattico, valutandone gli

aspetti positivi e le eventuali criticità.

Ciò che è inoltre importante sottolineare è la costante necessità di

introdurre in ambito didattico novità e cambiamenti provenienti dal mondo

delle TIC, siano essi racchiusi nell’idea di classe capovolta o in altri

approcci didattici. Questo è sicuramente sintomatico di una nuova esigenza

della scuola, che scaturisce dall’inadeguatezza dell’insegnamento

tradizionale di fronte alla realtà sociale, radicalmente mutata nel corso del

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tempo e divenuta notevolmente più complessa. La società moderna, grazie

al progresso tecnologico e alla globalizzazione, ci proietta spesso in realtà

illimitate, dal punto di vista spaziale e temporale, per cui la comunicazione

e la creazione di sapere ed informazioni non prevede più la distinzione tra

creatori e fruitori. Tutti in un certo senso possono creare, modificare e

condividere lo stesso contenuto. Allo stesso modo è impensabile continuare

a concepire l’insegnamento come un processo indipendente, alieno rispetto

alla realtà che lo circonda e parallelamente isolato nel suo percorso di

sviluppo.

Di conseguenza è necessario che la scuola e l’istruzione non perdano la

propria credibilità e si adeguino al cambiamento: il fine rimane comunque

lo stesso, ossia quello di giungere ad un apprendimento significativo, ma il

mezzo necessita di essere rivalutato. In questo senso la Flipped Classroom

rappresenta una valida alternativa. Come emerso dall’osservazione pratica

nei diversi istituti marchigiani, la risposta degli studenti potrà essere più o

meno positiva e i risultati ottenuti più o meno proficui. Ciò che è

importante è valutare sempre il metodo criticamente, integrarlo alla propria

didattica, affiancarlo all’insegnamento tradizionale e arricchirlo attraverso

altri modelli. Per quanto si cerchi di indagare teoricamente la classe

capovolta, non è possibile giungere a conclusioni dogmatiche e

scientifiche, dal momento che le variabili valutate sono umane e quindi per

natura soggettive.

Da quanto emerso tuttavia dai casi osservati le migliorie apportate dalla

classe capovolta nel percorso di insegnamento-apprendimento, valutate in

termini di cooperazione tra studenti e tra discenti e docente,

personalizzazione ed individualizzazione della didattica, interazione attiva

tra spazio interno ed esterno, sono sintomo di una innovazione dalla quale

ogni educatore potrebbe trarre spunti educativi interessanti e positivi.

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APPENDICE

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Appendice A: Attestato di partecipazione al seminario di studi “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”.

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Appendice B: Attività didattiche proposte dalla docente Manuela Alesi. 1) Esempio di lavoro multimediale, svolto dagli studenti della classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara, durante il progetto intitolato: “Die Friedliche Revolution/La Rivoluzione Pacifica”.

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2) Esercizi strutturati per una visione/ascolto attiva/o del video “Italiener

und Deutsche (Uwe Kind)”.

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Appendice C: Schede di osservazione. 1. Prima scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Gli studenti hanno visionato a casa un video di pochi minuti sulla popolazione dei Celti, in lingua inglese. È stato chiesto loro di prendere appunti su quanto visto, per facilitare poi il dibattito. SPAZIO: In classe i banchi sono sistemati in modo da formare un grande cerchio, per favorire l’interazione tra pari e la discussione su quanto visto a casa. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ SVOLTE OSSERVAZIONE STUDENTI E

DOCENTE 5 minuti

Gli studenti si sistemano in classe e il professore procede a registrare gli assenti sul registro elettronico.

20 minuti

Gli studenti sono seduti in cerchio e il professore inizia a fare domande per verificare che tutti abbiano visto e compreso il materiale di studio. I quesiti sono inizialmente di tipo generale, che sembrano riassumere il contenuto del video, poi il professore sottopone domande più specifiche e dettagliate, che riguardano soprattutto focus lessicali. Gli studenti si servono degli appunti presi a casa per poter rispondere e argomentare.

La disposizione in cerchio favorisce il dibattito e l’interazione faccia a faccia tra i compagni. Attraverso le domande il docente comprende chi ha visto realmente il video e chi lo ha guardato attentamente e criticamente. La visione dimostra di aver stimolato contemporaneamente la comprensione, la capacità di sintesi e quella di prendere appunti. L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte, corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare correttamente la frase. Nel caso in cui alcuni studenti non conoscano il significato dei termini in inglese, il docente chiede ad altri di fare la parafrasi o di trovare sinonimi più comprensibili. Durante questo tipo di attività si utilizza solo la lingua inglese, per cui gli studenti devono sforzarsi a trovare termini appropriati o fare lo spelling nel caso in cui sia necessario, il professore preferisce che si aiutino e si suggeriscano a vicenda piuttosto che provvedere personalmente alla spiegazione di un concetto. Tutti gli studenti

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collaborano perché è il docente che sceglie a caso chi fare intervenire. Gli alunni sono molto interessati, fanno domande su ciò che non hanno compreso, chiedendo l’aiuto del docente o dei propri compagni, inoltre vogliono continuamente aggiungere elementi sul tema in analisi. Sono molto abili nel comunicare utilizzando la lingua straniera. Il clima della lezione è molto rilassato, si intuisce che gli allievi utilizzano abitualmente il metodo della classe capovolta, perché non sono timorosi o a disagio, bensì partecipano attivamente e si comportano con naturalezza.

10 minuti

Gli studenti devono svolgere gli esercizi nel libro di testo relativi all’unità didattica affrontata, quindi sul tema dei Celti. Il professore li lascia liberi di decidere se lavorare in gruppo o individualmente secondo il metodo della classe scomposta di Bardi.

Gli studenti dimostrano una spiccata capacità organizzativa perché si suddividono autonomamente in piccoli gruppi e lavorano insieme, senza creare trambusto. In questo caso gli studenti comunicano tra loro in italiano e solo quando parlano con il professore si sforzano di parlare in inglese. Il docente controlla i vari gruppi, soprattutto aiutandoli con i termini che non conoscono e spiegando ciò che non è chiaro.

15 minuti

Il docente chiede ad una alunna di correggere gli esercizi appena svolti sul libro di testo alla LIM. Gli esercizi sono prevalentemente incentrati sul lessico: deve abbinare la definizione all’oggetto rappresentato (esercizi di match) e sistemare i termini in una tabella a seconda che siano verbs, nouns, adjectives.

L’alunna in questione corregge gli esercizi alla LIM grazie ad una versione digitale del libro di testo. In questo caso la correzione collettiva permette a tutti i compagni di verificare la correttezza degli esercizi svolti ed eventualmente di collaborare per correggere gli errori. A volte nascono dibattiti quando non tutti sono d’accordo sulla stessa risposta. L’insegnante oltre a guidare la correzione e a dare feedback alla ragazza chiede agli altri alunni di intervenire dal posto per evitare che questi si distraggano. Durante la correzione l’insegnante fa spesso dei collegamenti tra gli esercizi e la videolezione e la studentessa in questo modo deve essere in grado di giustificare le sue risposte. Alla fine dell’attività l’insegnante le attribuisce una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va dalla A alla E. Si tratta di un giudizio approssimativo, che sarà però determinante a fine quadrimestre, in

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2. Seconda scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Agli studenti è stato chiesto di guardare e studiare a casa due video di pochi minuti sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la lettura di Frankenstein. Gli studenti sono stati invitati a prendere appunti durante la visione del video, per facilitare poi l’esposizione in classe. SPAZIO: I banchi sono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti

Gli studenti entrano nell’aula di inglese e si sistemano, mentre il docente riporta gli assenti nel registro elettronico.

20 minuti

Il docente si siede su una delle due sedie che ha sistemato al centro dell’aula, rivolte verso gli altri studenti. Il docente chiama a sedere vicino a lui una ragazza alla quale sottopone delle domande riguardo al video visto a casa.

La ragazza inizia ad esporre liberamente l’argomento e il docente la interrompe per farle domande più specifiche. Emergono così capacità espositive e argomentative rispetto al tema affrontato e l’insegnante può immediatamente stabilire se l’allieva ha realmente studiato e compreso la videolezione. Quando non è in grado di rispondere il docente interpella gli studenti al posto, cercando di indicare quelli che si dimostrano più distratti rispetto all’attività in corso di svolgimento. Il professore corregge gli

vista di una valutazione sommativa. 4 minuti

Gli studenti sistemano i banchi secondo la disposizione tradizionale a file e il professore approfitta per fare un riepilogo sul tema affrontato durante la lezione.

In vista della fine della lezione cala l’attenzione ma gli studenti continuano comunque a rispondere alle domande in lingua inglese.

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errori di pronuncia e chiede all’intera classe di aggiungere dettagli che non sono ancora stati menzionati. Partendo dal tema trattato il dibattito verte anche su altri temi, ad esempio per spiegare il significato della parola Romantic, in termini letterari, il professore chiede “Who is Romantic in this Classroom?”. Gli studenti quindi si divertono a fare supposizioni e a giustificare le loro risposte, questo si dimostra molto efficace in termini di comunicazione e di utilizzo della lingua inglese. La classe inoltre viene interamente coinvolta per ricostruire il significato di alcuni vocaboli, tramite esempi e grazie alla guida dell’insegnante, come nel caso della parola outcast.

5 minuti

Il docente chiede agli studenti di svolgere gli esercizi propedeutici, nel libro di testo. Sta a loro decidere se lavorare individualmente oppure se unirsi in piccoli gruppi (massimo di tre persone) per lavorare insieme, secondo il metodo della classe scomposta di Bardi.

Gli studenti decidono di organizzarsi in piccoli gruppi per svolgere esercizi di match: devono abbinare il termine con la propria definizione. In classe si crea confusione e l’insegnante interviene più volte per richiamare il silenzio.

5 minuti

Si procede alla correzione degli esercizi appena svolti.

Per la correzione degli esercizi l’insegnante chiama a turno tutti gli studenti in maniera casuale. Gli studenti alzano la mano per chiedere chiarimenti quando la risposta data non è condivisa, è il docente a stabilire poi la soluzione corretta. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. L’abilità di speaking è esercitata attraverso l’uso continuo della lingua straniera.

10 minuti

L’insegnate propone agli studenti una seconda attività presente nel libro di testo.

Gli alunni lavorano in maniera silenziosa sul proprio esercizio, il professore passa tra i banchi e aiuta a

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Questa volta l’esercizio deve essere svolto individualmente. Ogni studente deve scegliere tra gli aggettivi dati quelli che secondo lui descrivono al meglio i personaggi romantici proposti. In questo caso si tratta di una attività individuale, poiché gli aggettivi da attribuire dipendono dalla percezione personale di ogni studente.

comprendere il significato degli aggettivi che non conoscono. Si tratta di una attività che consente di lavorare sul lessico e sulla memorizzazione di nuovi termini.

5 minuti

Si procede a leggere ad alta voce l’esercizio svolto.

Non si tratta di una correzione perché in questo caso non esistono opinioni giuste o sbagliate. L’insegnante chiama a turno tutti gli studenti e chiede di leggere ad alta voce gli aggettivi che hanno attribuito ad un determinato personaggio. Quando le descrizioni che emergono sono strane o divertenti il docente chiede loro di giustificare le loro risposte, per stimolare ulteriormente lo speaking.

5 minuti

Negli ultimi minuti di lezione gli studenti sono liberi di prepararsi per la lezione seguente mentre il docente provvede a registrare le valutazioni provvisorie attribuite durante le varie attività, sempre seguendo una scala dalla A alla E.

3. Terza scheda del 17 novembre 2015. DATA 17/11/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione è incentrata su un modulo didattico che ha come tema il Romanticismo. Durante i mesi estivi gli studenti sono stati precedentemente divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di leggere un capitolo del libro Beowulf. A questo punto dell’unità didattica il docente chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, che saranno poi oggetto della

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lezione capovolta, il titolo della lezione è Teacher for a Day. Alla fine di tutte le presentazioni gli studenti dovranno essere in grado di affrontare con successo una verifica sommativa del modulo in questione. SPAZIO: Gli studenti rimangono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE

4 minuti

Gli studenti si sistemano in classe e il docente inserisce gli assenti nel registro elettronico.

15 minuti

Il primo gruppo, composto da due ragazze, è chiamato ad esporre ai compagni il primo capitolo di Beowulf. Si tratta di una introduzione che comprende la presentazione dei personaggi principali e della storia.

Le ragazze utilizzano la LIM per mostrare ai compagni la propria presentazione in Power Point. La presentazione include testo, immagini e anche un video molto divertente che le ragazze hanno realizzato personalmente, in cui cantano una canzone tratta dal libro di Beowulf. Le studentesse coinvolte nella presentazione hanno piena competenza del contenuto ed espongono in modo chiaro utilizzando la lingua inglese, sviluppando fluenza e capacità di esposizione nella lingua orale. La reazione della classe è estremamente positiva, tutti sono attenti alla spiegazione e molto divertiti dal video realizzato dalle ragazze.

10 minuti

Il professore chiama uno studente alla LIM e chiede di correggere gli errori presenti nella presentazione delle compagne.

Attraverso questa attività si stimola l’interazione e la correzione tra pari. Lo studente infatti cerca di correggere gli errori grammaticali presenti nelle didascalie ma allo stesso tempo anche i compagni dal posto sono coinvolti e chiamati ad aiutarlo. Tutta la classe quindi interagisce attivamente nel processo di correzione, i compagni si aiutano a vicenda per poter riformulare le frasi in maniera più chiara e formale. Il docente rivolge prontamente domande agli studenti più distratti e provvede a farli

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intervenire nel dibattito. 5 minuti

A questo punto l’insegnante chiede agli studenti di individuare collettivamente tutti gli aggettivi o le espressioni che trasmettono l’idea di happiness e joy, nel primo capitolo del libro.

Le due studentesse sottolineano i termini individuati alla LIM, tutti gli studenti sono chiamati a fare lo stesso sulla versione cartacea del libro, suddividendosi in piccoli gruppi. I ragazzi si organizzano autonomamente e in maniera ordinata iniziano a lavorare, utilizzano l’italiano per comunicare tra loro. Contemporaneamente il professore passa tra i gruppi per aiutare gli allievi con i termini inglesi che non conoscono.

5 minuti

Correzione esercizio

La correzione avviene collettivamente, le due ragazze alla lavagna multimediale mostrano all’intera classe ciò che hanno evidenziato. Ogni gruppo aggiunge espressioni nuove omesse dai propri compagni e il docente provvede a dare un feedback immediato riguardo alla correttezza o meno delle risposte.

5 minuti

Il professore passa dal generale al particolare, chiedendo alle due ragazze coinvolte nella presentazione di individuare un determinato passaggio del racconto e rivolge loro domande a riguardo.

10 minuti

Focus linguistico, feedback degli studenti e riepilogo lezione.

Gli ultimi minuti della lezione sono dedicati al focus linguistico, in cui il docente sottolinea i termini più complessi e chiama a turno gli studenti a sedere per parafrasarne o spiegarne il significato. Nel caso in cui lo studente chiamato in causa non sia in grado di farlo, il docente chiede l’aiuto dei suoi compagni. L’insegnante indica uno studente che possa riassumere brevemente i punti essenziali della presentazione a cui ha assistito. Al termine della lezione il professore chiede agli

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studenti di esprimere un proprio giudizio sulla performance e chiede alle ragazze stesse di autovalutarsi criticamente.

4. Quarta scheda del 17 novembre 2015.

DATA 17/11/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione capovolta si svolge secondo il metodo del Debate nell’Aula 3.0 dell’Istituto. Il compito che gli studenti devono svolgere a casa prevede lo studio del materiale realizzato durante l’intero modulo sul Romanticismo, che dovranno poi rielaborare in classe durante il dibattito. SPAZIO: Gli studenti operando all’interno di uno spazio flessibile utilizzano in un primo momento le sedie girevoli a disposizione per il lavoro a gruppi e si spostano in un secondo momento nella tribuna circolare per il dibattito. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti

Gli studenti raggiungono l’Aula 3.0 e si sistemano, l’insegnante riporta gli assenti nel registro elettronico.

15 minuti

Gli studenti sono suddivisi in due grandi gruppi. Un gruppo deve individuare tre argomenti a favore e l’altro gruppo tre argomenti a sfavore della tesi stabilita dal docente: Science Must Have Limits.

Gli studenti spostano le sedie girevoli formando due grandi gruppi in maniera autonoma e iniziano a scambiarsi opinioni, a confrontarsi e a riassumere i punti più importanti dell’argomento affrontato, per sostenere la propria posizione. Il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e si limita a stabilire le regole più importante: decide quale gruppo sarà for e quale against e stabilisce quale sarà il primo gruppo ad iniziare il dibattito. Egli consiglia inoltre di citare il testo di Frankenstein per contestualizzare e attualizzare l’argomento. In questo modo gli studenti lavorano in modo collaborativo, ragionano in modo critico e soprattutto sono chiamati ad adattare un testo classico come Frankenstein ad un

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contesto reale moderno, in cui la scienza gioca un ruolo sempre più importante. Osservando gli studenti durante questa attività si può dedurre che essi siano abituati a lavorare in gruppo ed in maniera autonoma perché si organizzano in modo ordinato e silenzioso. Tutti partecipano attivamente e dicono la loro opinione, parlano in italiano ma si sforzano di tradurre le loro idee in inglese e di formulare frasi da soli, senza l’aiuto del docente. Sanno rispettare perfettamente il tempo e le consegne.

5 minuti

Gli studenti si spostano nell’angolo di presentazione e si sistemano nella tribuna circolare. Il docente chiama due studentesse, una per gruppo, che dovranno posizionarsi nella postazione centrale per presentare le idee elaborate con i compagni.

Gli studenti si avvicinano velocemente e gli oratori provano a ripetere il discorso in lingua inglese.

10 minuti

Inizia il primo round del dibattito: ogni ragazza ha a disposizione 1 minuto per presentare la sua posizione, inizia chi deve contro argomentare la tesi iniziale, quindi chi è a sfavore; il professore cronometra il tempo. Alla fine del primo minuto, viene concesso ad ogni squadra un momento per risistemare e rivedere gli argomenti, dopodiché si ricomincia il dibattito. Ad ogni ragazza viene concesso di nuovo 1 minuto per l’esposizione, questa volta inizia la squadra a favore della tesi iniziale.

Dopo un lungo lavoro collaborativo gli studenti sono chiamati a presentare le loro idee, nonostante sia comunque difficile parlare in inglese rispettando tempi brevi e determinati, essi non sembrano in difficoltà, l’impressione è che essendo suddivisi in due grandi ‘squadre’ condividono la responsabilità delle loro risposte con i compagni e non si sentono giudicati. Il dibattito è un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, l’uso della lingua straniera, la sintesi, la ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. I discenti sono chiamati continuamente a costruire, negoziare e sostenere le proprie idee in gruppo. Il dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a nessuno di distrarsi. A tale scopo, al termine di ogni round l’insegnante chiama a caso un ragazzo della ‘platea’ al quale chiede di esprimere un giudizio sul confronto, per fare una sintesi e un bilancio

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sulle idee di entrambe le compagne. È lo stesso professore a confessarmi che la scelta degli oratori non è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno partecipi, a favore del concetto di personalizzazione e individualizzazione dell’insegnamento.

10 minuti

Ha inizio il secondo round secondo le stesse modalità del primo, ma con due interlocutori differenti.

10 minuti

Ha inizio il terzo round seguendo le stesse modalità del secondo, ma con due nuovi interlocutori.

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Appendice D: Rendering relativo all’Aula 3.0 dell’Istituto di Istruzione

Superiore “Savoia Benincasa”.

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Appendice E: Questionario sottoposto agli studenti.

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Appendice F: esito candidatura programma Erasmus+, partenariati

strategici - Settore Istruzione scolastica

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UNIVERSIDAD POLITÉCNICA DE VALENCIA

https://www.upv.es/entidades/ASIC/catalogo/522359normalc.html