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La crisi alimentare dimensioni e impatti La fame incendia le città In oltre 40 Paesi sono esplose negli ultimi mesi vere e proprie rivolte di gente affamata, 21 di essi si trovano in Africa. La crisi alimentare non è un fenomeno nuovo. Folle arrabbiate, con lo stomaco vuoto, sono già scese in piazza in Messico all’inizio del 2007 per protestare contro il caro- tortillas. Nell’ultimo anno i prezzi dei cereali nel mercato mondiale hanno continuato letteralmente a lievitare: secondo l’IFAD quello della farina tra marzo 2007 e aprile 2008 è aumen- tato del 130%, quello del riso almeno dell’80% nello stesso periodo, quello del mais del 35%. In Stati che hanno bisogno di importare alimenti per dar da mangiare ai propri cittadini questo processo si sta trasformando in una tragedia. Il Governo di Haiti è caduto sotto questa pressione popo- lare e anche le strade del Camerun, dell’Egitto, della Costa d’Avorio, del Senegal, del Burkina Faso, dell’Etio- pia, dell’Indonesia, del Madagascar e delle Filippine sono diventate di re- cente terreno di gravissimi scontri (1) . Questa è una tragedia annunciata: anche se il cibo è un diritto umano per tutti, più di 850 milioni di per- sone nel mondo hanno fame e il loro numero è cresciuto di anno in anno. Anche in Italia la crisi si fa sentire: se- condo un’indagine di Coldiretti nei primi tre mesi del 2008 rispetto allo scorso anno in Italia abbiamo com- prato meno pane (- 5,5 %), meno pasta (- 2,5%), meno ortaggi (-5,5%), meno carne (-3,4%) e meno frutta (- 1,8%) (2) . Non è un bene che i prezzi crescano? Un paradosso vuole che circa tre quarti di quel miliardo e duecento milioni di persone che vivono in estrema povertà abitino in aree ru- rali, cioè a diretto contatto con quella terra che potrebbe e do- vrebbe dar loro da mangiare a suffi- cienza, oltre che un reddito. Per di più l’agricoltura è stato un settore sempre più trascurato dagli investi- menti pubblici: se tra il 1980 e il 2007 i Paesi industrializzati (OECD) hanno aumentato i propri aiuti allo svi- luppo da 20 miliardi di dollari a 100 miliardi, negli stessi anni i fondi de- stinati a sostenere l’agricoltura sono scesi da 17 a 3 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali, secondo Via Campesina, non sono andati ai con- tadini (3) . Fino ad oggi abbiamo creduto che fossero i prezzi dei prodotti agricoli cronicamente bassi a costituire il principale ostacolo per la promo- zione economica e sociale dei piccoli agricoltori in tutto il mondo. La ve- rità è che i prezzi più alti che noi stiamo pagando non si traducono in maggiori guadagni per contadini e allevatori, ma vengono assorbiti dai trasporti, dall’industria agroalimen- tare e dalla grande distribuzione. Sempre secondo Coldiretti, infatti, dei circa 467 euro al mese che ogni famiglia destina in media per gli ac- quisti di alimenti e bevande, oltre la metà, per un valore di ben 238 euro, va al commercio e ai servizi, 140 (un 30%) all’industria alimentare e solo 89 (il 19%) alle imprese agricole (4) . Anche la National Farmers Union statunitense è comparsa in audi- zione il primo maggio scorso davanti alla Commissione economica con- giunta del Congresso a Washington e ha denunciato che, secondo i dati forniti dallo stesso ministero del- l’Agricoltura, gli agricoltori e gli al- levatori ricevono solo 20 centesimi di ogni dollaro che i consumatori spendono per l’alimentazione in casa e fuori casa. Il marketing, la tra- sformazione, la distribuzione e i ser- vizi di vendita assorbono gli altri 80 centesimi (5) . Crisi alimentare: niente sarà più come prima E anche la PAC deve cambiare! 1 Grain, Making a killing from hunger (Aprile 2008) 2 Coldiretti, Nota stampa “Inflazione: Coldiretti, crolla consumo pane (- 5,5 %) e pasta (- 2,5 %)”, (maggio 2008) 3 Via Campesina, “An Answer to the Global Food Crisis: Peasants and small farmers can feed the world!” (aprile 2008) 4 Cit. 5 National Farmers Union, Testimony of Tom Buis “How Are High Food Prices Impacting American Families?”, (maggio 2008) Photo: Kenyan farmer. Morris Keyonzo / Practical Action

isi Alimentare: niente sarà più come prima. E anche la PAC deve cambiare!

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Saggio sulla crisi alimentare e la PAC.

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La crisi alimentaredimensioni e impatti

La fame incendia le cittàIn oltre 40 Paesi sono esplose negliultimi mesi vere e proprie rivolte digente affamata, 21 di essi si trovanoin Africa. La crisi alimentare non è unfenomeno nuovo. Folle arrabbiate,con lo stomaco vuoto, sono già scesein piazza in Messico all’inizio del2007 per protestare contro il caro-tortillas. Nell’ultimo anno i prezzi deicereali nel mercato mondiale hannocontinuato letteralmente a lievitare:secondo l’IFAD quello della farina tramarzo 2007 e aprile 2008 è aumen-tato del 130%, quello del riso almenodell’80% nello stesso periodo, quellodel mais del 35%. In Stati che hannobisogno di importare alimenti perdar da mangiare ai propri cittadiniquesto processo si sta trasformandoin una tragedia. Il Governo di Haiti ècaduto sotto questa pressione popo-lare e anche le strade del Camerun,dell’Egitto, della Costa d’Avorio, delSenegal, del Burkina Faso, dell’Etio-pia, dell’Indonesia, del Madagascar edelle Filippine sono diventate di re-cente terreno di gravissimi scontri(1).Questa è una tragedia annunciata:anche se il cibo è un diritto umano

per tutti, più di 850 milioni di per-sone nel mondo hanno fame e il loronumero è cresciuto di anno in anno.Anche in Italia la crisi si fa sentire: se-condo un’indagine di Coldiretti neiprimi tre mesi del 2008 rispetto alloscorso anno in Italia abbiamo com-prato meno pane (- 5,5 %), menopasta (- 2,5%), meno ortaggi (-5,5%),meno carne (-3,4%) e meno frutta (-1,8%)(2).

Non è un bene che i prezzicrescano?

Un paradosso vuole che circa trequarti di quel miliardo e duecentomilioni di persone che vivono inestrema povertà abitino in aree ru-rali, cioè a diretto contatto conquella terra che potrebbe e do-vrebbe dar loro da mangiare a suffi-cienza, oltre che un reddito. Per dipiù l’agricoltura è stato un settoresempre più trascurato dagli investi-menti pubblici: se tra il 1980 e il 2007i Paesi industrializzati (OECD) hannoaumentato i propri aiuti allo svi-luppo da 20 miliardi di dollari a 100miliardi, negli stessi anni i fondi de-stinati a sostenere l’agricoltura sonoscesi da 17 a 3 miliardi di dollari, lamaggior parte dei quali, secondo ViaCampesina, non sono andati ai con-tadini(3).

Fino ad oggi abbiamo creduto chefossero i prezzi dei prodotti agricolicronicamente bassi a costituire ilprincipale ostacolo per la promo-zione economica e sociale dei piccoliagricoltori in tutto il mondo. La ve-rità è che i prezzi più alti che noistiamo pagando non si traducono inmaggiori guadagni per contadini eallevatori, ma vengono assorbiti daitrasporti, dall’industria agroalimen-tare e dalla grande distribuzione.Sempre secondo Coldiretti, infatti,dei circa 467 euro al mese che ognifamiglia destina in media per gli ac-quisti di alimenti e bevande, oltre lametà, per un valore di ben 238 euro,va al commercio e ai servizi, 140 (un30%) all’industria alimentare e solo89 (il 19%) alle imprese agricole(4).Anche la National Farmers Unionstatunitense è comparsa in audi-zione il primo maggio scorso davantialla Commissione economica con-giunta del Congresso a Washingtone ha denunciato che, secondo i datiforniti dallo stesso ministero del-l’Agricoltura, gli agricoltori e gli al-levatori ricevono solo 20 centesimidi ogni dollaro che i consumatorispendono per l’alimentazione incasa e fuori casa. Il marketing, la tra-sformazione, la distribuzione e i ser-vizi di vendita assorbono gli altri 80centesimi(5).

Crisi alimentare: niente sarà più come prima

E anche la PAC deve cambiare!

1 Grain, Making a killing from hunger (Aprile 2008)2 Coldiretti, Nota stampa “Inflazione: Coldiretti, crolla consumo pane (- 5,5 %) e pasta (- 2,5 %)”, (maggio 2008)3 Via Campesina, “An Answer to the Global Food Crisis: Peasants and small farmers can feed the world!”

(aprile 2008)4 Cit.5 National Farmers Union, Testimony of Tom Buis “How Are High Food Prices

Impacting American Families?”, (maggio 2008)

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Le cause vengono dalontano

La produzione globalenon è in crisi, la domandanon è aumentata

Stando al rapporto FAO ‘Food Ou-tlook’ –relativo all’annata agraria incorso, non c’è stato un crollo dellaproduzione agricola, ne’ di quella ali-mentare, ne’ di quella dei cereali.Anzi: la produzione cerealicola mon-diale 2007/2008 si attesta intorno ai2111,9 milioni di tonnellate e registraun 4,9% di aumento rispetto al2006/2007. Nella stagione 2008/2009

la FAO prevede che arriverà a 2191tonnellate, con un ulteriore 3,8% diaumento rispetto a quella prece-dente.Se la produzione è cresciuta, nell’ul-timo decennio del 2% circa l’anno, ilconsumo è salito di circa l’1% l’annoe raggiungerà i 1009 milioni di ton-nellate alla fine di questa annata(6). Ivolumi destinati a uso alimentare re-gistreranno un +2%, toccando i 756milioni di tonnellate,e quelli per usidiversi arriveranno ai 364 milioni ditonnellate. Una quota importante diquesto segmento la occupa il mais(95 milioni di tonnellate), la maggiorparte del quale se ne andrà in eta-nolo. Non c’è stata, dunque, nessunaesplosione della domanda di ali-menti, ne’ di quella del grano conbuona pace di quelli che parlano delboom dei consumi alimentari in Cinaed India(7).Solo nell’ex Unione sovietica c’è unacrescita importante nel consumo diderivati di latte e carne. E allora per-ché, visto che i prezzi globali ven-gono stabiliti in borsa, i prezzi dimercato non calano significativa-mente, come sarebbe logico di frontea una prospettiva di maggiore pro-duzione e disponibilità di materia

prima? Che cosa sta succedendo dav-vero?

Il fenomeno delle speculazioni

In questa partita stanno giocandosporco anche altri concorrenti checon la produzione agricola nonhanno niente a che vedere: gli spe-culatori. Il mercato internazionale deiprodotti agricoli, infatti, riguardasolo il 10% della produzione globaleiI contratti con cui si commercia que-sta parte limitata della produzioneagricola che va sul mercato globalehanno, per la natura stessa degli ap-provvigionamenti, scadenze “fu-ture”: fino a 18 mesi e oltre). I pro-dotti finanziari che consentono diinvestire nelle materie prime agricole(o commodities), e che determinano iloro prezzi internazionali, si chia-mano per questo “futures” e sono“contratti a termine standardizzatiper poter essere negoziati facilmentein Borsa”. Chi ha disponibilità di ca-pitale li può acquistare, e molti vi sisono rifugiati dopo la crisi dei pro-dotti finanziari legati ai mutui. I fondidi investimento, ad esempio, control-lano il 50-60% del commercio del

La cattiva trovata dei biocarburantiLa Commissione Onu sul Clima IPCC, e l’oggi popolarissimo Al Gore, nonsono stati i soli a sostenere che i Paesi più industrializzati debbono al piùpresto ridurre tra il 60 e l’80% delle proprie emissioni di gas serra. Se nonlo faremo ci hanno spiegato che l’agricoltura, la sicurezza alimentare e labiodiversità ne uscirebbero compromesse, e che anche i costi economici sa-rebbero enormi. Per di più, stando al rialzo anch’esso precipitoso dei prezzidel petrolio, per l’Europa come per tutte le altre economie industriali avan-zate è strategico risolvere rapidamente la propria dipendenza dai combu-stibili fossili, soprattutto da quelli che arrivano dall’estero.Una recente direttiva europea, inoltre, ha stabilito che il 5,75% di tutti icarburanti entro il 2010, e il 10% entro il 2020 dovranno essere prodotti apartire da biomasse. Aggiungiamo a questo quadro il tassello che vuoleche l’Europa, inoltre, dipenda fortemente per l’alimentazione animale dallasoia che le arriva dall’America Latina e che è sempre più OGM.Dipendiamo anche dall’olio di palma che ci arriva dall’Asia e dalla stessaAmerica Latina per molteplici usi, da quelli alimentari, ai cosmetici, a quelliindustriali. Queste scelte cominciano ad avere un impatto devastante sulSud del mondo dovuto alla crescita di domanda di materia prima agricolache non diventa più cibo ma combustibile, accresce la nostra dipendenzadalle importazioni, e non ci fa più porre seriamente il tema del risparmioenergetico.

6 FAO, Food Outlook (maggio 2008)7 Jacques Berthelot, “Analyse critique des causes essentielles de la

flambée des prix agricoles mondiaux” - www.france.attac.org/spip.php?arti-cle8444

grano nei più grandi mercati inter-nazionali di commodities. Un’agen-zia calcola che l’ammontare del de-naro investito in futures dicommodities è esploso da 5 miliardidi dollari stimati nel 2000 ai 175 mi-liardi di dollari del 2007(8).La maggior parte di questi titoliviene negoziata alla borsa di Chicago(Chicago Stock Exchange - CHX), cheha visto aumentare di un quarto dal-l’inizio dell’anno le attività nel set-tore agricolo. Secondo i dati CHX, ifutures del grano (calcolati al pros-simo dicembre) dovrebbero cresceredel 73%, quelli legati alla soia del 52e quelli dell’olio di soia del 44%(9).Essi si possono negoziare senza spo-stare un chicco di grano, e si può con-temporaneamente variarne laquotazione soltanto grazie alla capa-cità di acquistarne tanti scommet-tendo sui guadagni futuri eprovocando, con questa sola mossa,l’aumento del loro valore. E’ per que-sto che l’aumento della produzionedi cereali prevista dalla FAO non haalcun impatto sui loro valori.

Qualcosa non va anchenel mercato globale

Non sono solo le speculazioni cherendono così instabile il mercatoagricolo, ma anche la sua struttura eil suo carattere estremamente con-centrato. I pochi, grandi operatoricommerciali internazionali, ad esem-

pio, hanno ritirato dal mercato deglistock per stimolare la crescita deiprezzi e rivenderli al meglio. In Indo-nesia, per citare solo un caso, labranca nazionale della Cargill al gen-naio 2008 stoccava 13mila tonnellatedi soia nei suoi silos di Surabaya, inattesa che il suo prezzo raggiungesselivelli record. Alcuni gruppi transna-zionali possono fare questo e altro,perché detengono il monopolio delmercato: il 60% dei terminal per iltrasporto di granaglie negli USA, adesempio, è di proprietà di quattro so-cietà: Cargill, Cenex Harvest, ADM eGeneral Mills. Sono questi giganti,che assommano in sé in un’integra-zione verticale serratissima, i semi, gliinputs, le piantagioni, la produzione,

la trasformazione, la distribuzione eanche un rilevante potere finanzia-rio, alcuni tra i principali vincitori diquesta partita.Anche le compagnie dei semi e del-l’agrochimica stanno andando piùche bene. Monsanto, il primo gruppomondiale nel commercio dei semi, hariportato un 44% di aumento deiguadagni nel 2007. DuPont, il se-condo in classifica, ha dichiarato chei suoi profitti sono aumentati del22% mentre Syngenta, che guida ilmercato dei pesticidi ma è terzo tra icolossi dei semi, ha visto le sue en-trate crescere del 28% nel solo primoquadrimestre del 2008. Procedendonella filiera verifichiamo che anche igrandi trasformatori alimentari, al-

AUMENTO DI PROFITTO PER ALCUNI DEI PIÙ GRANDI TRADERS GLOBALI

GruppoProfitti 2007

(milioni di US$)Aumento

rispetto al 2006

Cargill (US) 2,340 36%

ADM (US) 2,200 67%

ConAgra (US) 764 30%

Bunge (US) 738 49%

Noble Group (Singapore) 258 92%

Marubeni (Japan) 90* 43%*

Fonte Grain

8 Paul Waldie, “Why grocery prices are set to soar”, Globe and Mail, Toronto, 24 April 2008, cit in Grain, “Ma-king a killing from hunger”, (maggio 2008)

9 Grain, cit.

cuni dei quali sono anche grandi tra-ders, stanno incassando parecchio.Nestlé, ad esempio, ha aumentato lesue vendite globali del 7%. Ancheper i supermercati la crisi alimentarenon sembra portare guai ma ungrande business. La catena ingleseTesco ha registrato un aumento neiguadagni del 12,3% in più rispettoallo scorso anno, un rialzo record. Lafrancese Carrefour e la statunitenseWal-mart hanno affermato che levendite di alimentari sono la voceprincipale che ha incrementato il loroaumento di fatturato. E’ chiaro chequalcosa non va come dovrebbe, eche le politiche agricole devono cam-biare, a partire da quella europea.

20 anni di politichesbagliate

20 anni di politiche di aggiustamentostrutturale nei Paesi del Sud ed inparticolare in Africa promossi daBanca Mondiale e Fondo MonetarioInternazionale che, in cambio di cre-diti d’aiuto, hanno chiesto ai propribeneficiari la riduzione del supportoe del finanziamento pubblico al-l’agricoltura, ma anche quella libera-lizzazione del settore agricolo e deimercati che ha portato i paesi del Sud(in particolare africani) a diventareda esportatori netti ad importatorinetti di alimenti. Ma si è anche con-solidata, nello stesso periodo, unapolitica europea incentrata sul mo-dello industriale con vocazioneesportatrice che ha favorito un tipodi produzione intensivo e insosteni-bile, oltre alla possibilità dei nostriprodotti di concorrere slealmente nelmercato internazionale creando il fe-nomeno del dumping. Sono questi imodelli di intervento che hanno ca-

ratterizzato, a tuttele latitudini, gli orien-

tamenti prevalenti delleistituzioni e degli attori eco-

nomici in ambito agricolo.Schemi e automatismi che, come

dimostra la crisi alimentare di oggi,non funzionano. Tuttavia anche oggialcune grandi istituzioni propongonocome soluzioni una maggior libera-lizzazione anche grazie alla chiusuradel ciclo dei negoziati commercialilanciati a Doha nel 2001 dall’Orga-nizzazione Mondiale del Commercio(WTO).Noi, invece, chiediamo un cambia-mento netto di rotta a cominciare dapolitiche agricole forti, che tutelinol’agricoltura sostenibile e i mercati in-terni, in Europa come in Africa. Perquesto anche l’ulteriore revisionedella Politica Agricola Comune incorso non ci convince.

La PAC che vogliamo

La Politica AgricolaComune è in revisione

La politica agricola comune (PAC),che ha visto la luce con il Trattato diRoma del 1957, è stata un laborato-rio del processo d’integrazione euro-pea. La vecchia PAC puntava astabilizzare i mercati agricoli e ad au-mentare la produttività, assicurandoperò un giusto reddito agli agricol-tori e un giusto prezzo per i consu-matori, assicurando così la sicurezzaalimentare per tutti i cittadini euro-pei. Per farlo fissava un prezzo mi-nimo per i seminativi, i prodotticaseari e la carne, consentiva all’Eu-ropa di intervenire nelle dinamiche dimercato, ad esempio con lo stoccag-gio, se i prezzi cadevano troppo inbasso e fissava delle tasse sulle im-portazioni per i prodotti extracomu-nitari, le cosiddette tariffe, così cherisultassero più costosi per l’industriadi trasformazione e per le compagniecommerciali. Contro la sovrapprodu-zione si introdussero le quote, per so-stenere i coltivatori e per sostenere leesportazioni erano stati previsti ap-positi sussidi. Questa politica ebbesuccesso nel conseguimento di unasufficiente autonomia alimentare per

l’Europa e fino al 1992 nel raggiun-gimento di giusti redditi per i pro-duttori di seminativi e caseari. Essa,però, attraverso un supporto al mo-dello di produzione intensivo(agroindustriale) portò anche a de-vastanti impatti ambientali, una mi-nore sicurezza alimentare per iconsumatori e una progressiva deser-tificazione sociale nelle aree ruralicon una costante perdita di agricol-tori. Non solo: questa strategia portòalla sovrapproduzione e al conse-guente dumping in altri Paesi, inclusii paesi in via di sviluppo, con l’aiutodei sussidi alle esportazioni. L’UE de-cise di risolvere questi problemi soloparzialmente, e prendendo le misuresbagliate. Invece di un’effettiva ge-stione dell’offerta, l’Europa decise diabbassare i prezzi garantiti e di sosti-tuire i sussidi alle esportazioni con ipagamenti diretti, questo per con-servare la sua quota di esportazionisul mercato mondiale. L’UE seguìquesta strategia cooperando con gliUSA, nel contesto degli Accordi sul-l’Agricoltura del WTO.Infatti, già apartire dal 1992 la riforma della PAC,improntata a una forte liberalizza-zione del mercato, ha messo in crisi ipiccoli e medi agricoltori dell’Unioneeuropea. I produttori di seminativi,latte e carne sono stati costretti avendere sotto i costi di produzione emolti hanno abbandonato le campa-gne. Invece dei “giusti prezzi” cheerano soliti guadagnare, essi orastrappano all’agrobusiness prezzimolto bassi, solo parzialmente com-pensati dai diretti sussidi interni. Ipiccoli agricoltori sono i primi a pa-garne le conseguenze finendo primafuori mercato non riuscendo nem-meno ad accedere a questi strumenti.Nel 2005, infatti, risultava che eral’11% dei proprietari a dividersi i trequarti di tutti i fondi disponibili. Leautorità hanno cercato di legittimarequesto sostegno attraverso il cosid-detto “disaccoppiamento dalla pro-duzione”, con l’accoppiamento conle esigenze che riguardavano il pae-saggio, l’ambiente e il benessere ani-male. In realtà queste riforme hannocondotto a redditi agricoli più bassi,prolungato il dumping, e gli effettinegativi sull’ambiente, il paesaggio,la natura e il benessere animale. Il

2008, però, è l’anno nel quale si pre-vede la conclusione di un processo diverifica dello stato di salute dellaPAC.

Che cosa propone la Commissione Europea

La Commissione tiene a sottolineareche non siamo di fronte a un’altra ri-forma radicale della PAC come av-venne per la revisione di metàpercorso di Agenda 2000 ma ad unasemplice verifica del suo stato di sa-lute rivolta a valutare l’opportunitàdi alcuni aggiustamento in corsod’opera, in vista del negoziato sullenuove prospettive finanziarie dell’UEdopo il 2013.L’Health check, dunque, secondo leproposte della Commissione Euro-pea, non intende produrre grandisconvolgimenti, apportando modifi-che, anche rilevanti, nell’applicazionedi alcuni attuali strumenti senza peròuna reale modifica della visione stra-tegica alla base della riforma Fischlerdel 2003.Alcune delle innovazioni propostedalla Commissione Europea sono:Aumentare il tasso di disaccoppia-mento nei paesi che hanno scelto dimantenere in alcuni settori agricoli illegame tra sussidi e produzione;

semplificare il regime di pagamentounico passando da sussidi basati suidati storici ad unsistema “forfetario”;ridurre gradualmente il livello degliaiuti con l’aumentare dei pagamenticomplessivi versati ai grandi agricol-tori, partendo ad esempio da una so-glia di 100.000 euro l’anno;aumentare la superficie che un agri-coltore deve possedere per poter be-neficiare degli aiuti comunitaririspetto agli attuali 0,3 ettari;rivedere le norme di condizionalitàche gli agricoltori sono tenuti a ri-spettare per ottenere aiuti da Bru-xelles. Questo potrebbe significarel’eliminazione di obblighi superflui,ma anche l’imposizione di nuovi ob-blighi resi necessari da nuove esi-genze, come, secondo la Com-missione, migliorare la gestione dellerisorse idriche e contenere il cambia-mento climatico.Nonostante questa dell’Health checksembra essere una altra occasionepersa da parte della Commissione perrealizzare una nuova e coerente PACche tenga conto dei nuovi elementiche la società chiede all’agricoltura,le organizzazioni sociali mantengonoalto il dibattito non sottovalutando ilfatto che questo va intrecciandosicon l’avvio del negoziato sulla revi-sione del bilancio, e influirà sulle pro-

spettive a lungo termine di quellache rimane una delle più importantipolitiche dell’UE(10).

Che cosa rispondono le organizzazioni sociali

Le Organizzazioni che aderiscono aquesta Campagna, alla Piattaformaitaliana per la Sovranità alimentare,ma anche le organizzazioni sociali,dei produttori e molti sindacati euro-pei ritengono che si debba innanzi-tutto assicurare un giusto prezzo adun prodotto agricolo che soddisfitutte le richieste della società in am-bito ambientale, delle giuste condi-zioni di lavoro, della natura e delpaesaggio. Questo, però, non puònon passare che attraverso un uti-lizzo attento delle tariffe sulle im-portazioni e una gestione del-l’offerta su tutti i seminativi,i pro-dotti caseari e la carne, incluso il cibo,gli alimenti per gli animali e le bio-masse su piccola scala. La gestionedell’offerta è necessaria soprattuttoper quei prodotti che anche oggi, acausa della sovrapproduzione, sonoesportati a prezzi stracciati grazie aisussidi e che competono slealmentecon le produzioni locali in tanti Paesidel mondo. Una volta stabilito ungiusto prezzo, tutti i pagamenti di-

10 Informazioni sul sito del Governo: http://www.agricolturaitalianaonline.gov.it

retti distorsivi e i sussidi alle esporta-zioni potrebbero essere aboliti. Ilprezzo, infatti, dovrebbe essere ab-bastanza alto da consentire agli agri-coltori di assicurare standard piùambiziosi per l’ambiente, il lavoro eil benessere animale. Specifici finan-ziamenti potrebbero sostenereazioni per promuovere la conserva-zione del paesaggio e della natura,la produzione di energia sostenibile,solare, eolica e la produzione dibioenergia su piccola scala e la pro-duzione di cibo biologico. Se appli-cassimo con attenzione questesemplici misure non avremmo biso-gno di investire più soldi nell’agri-coltura dell’Unione europea.Potremmo creare nuovi posti di la-voro, proteggendo e sostenendocosì i produttori dell’agricoltura fa-miliare nel Nord e nel Sud, perchépotrebbero rifornire i loro mercatilocali grazie alle proprie risorse na-turali e biodiversità e seguendo leproprie culture alimentari. C’è biso-gno, però, da parte dell’Unione Eu-ropea, di assicurare una maggiorecoerenza tra la PAC e le politiche ge-nerali, a partire, ad esempio, da unapolitica efficace di risparmio energe-tico e dal superamento della diret-tiva UE che impone che nel 2010 il5,75% e nel 2020 il 10% di tutti i car-buranti dovrebbero essere sostituitida bio carburanti. L’Europa e gli Statimembri, inoltre, dovrebbero tassaredi più i carburanti fossili invece dellavoro. Bisogna vigilare di più, in-fine, sulla concentrazione delle fi-liere alimentari, dal campo alsupermarket, da parte delle compa-gnie transnazionali, sostenendo lepiccole e medie imprese che produ-cono per i mercati locali, la piccoladistribuzione organizzata e i mercatidi prossimità.

Le politiche che servono all’Africa

Perché l’agricoltura africana non decolla?

Dal 21 al 23 maggio 2008 le quattrograndi reti regionali di organizzazionicontadini africane – ROPPA per Africaoccidentale, PROPAC per Africa Cen-trale, EAFF per Africa orientale e SACAUper Africa australe(11) - si sono riuniti adAddis Ababa, il capitale dell’Africa unita,per deliberare sulla crisi e proporre dellesoluzioni. Sono partiti da un certonumero di constatazioni: • malgrado la loro prevalenza in

Africa, gli insediamenti agricoli fa-miliari e i piccoli produttori agricolisubiscono ancora le conseguenza dipolitiche agricole e di sviluppo ru-rale scollegate rispetto alla realtàche vivono e alle preoccupazioniche continuano a manifestare;

• grazie al sudore di questi piccolicoltivatori e al loro lavoro mal re-munerato per colpa di prezzi agri-

coli continuamente ribassati, gliStati hanno potuto, al contrario,assicurarsi ingenti ricchezze chehanno spesso rinvestito in tutt’al-tro che nelle aree rurali;

• infine, oggi come ieri, gli insedia-menti familiari e questi contadinisono le principali vittime di conflittie catastrofi come quella presente(12).

Gli agricoltori hanno ritenuto che “ilrialzo dei prezzi agricoli che viviamooggi amplifica senza alcun dubbio lavulnerabilità della popolazione. Tut-tavia questa condizione rappresentaun’opportunità storica e importanteper gli Stati, le organizzazioni deiproduttori e la popolazione africanadi realizzare il proprio desiderio diraggiungere la sovranità alimentarein Africa ». Tutto questo potrà succe-dere davvero a condizione di inver-tire la rotta di questo ultimo venten-nio di cattive politiche e disottofinanziamento. Pensiamo soloche per una media di 247 dollari in-vestiti per ettaro, solo un dollaro è as-sicurato dall’aiuto pubblico e il rima-nente 99% è assicurato dai contadinie dai produttori dell’agricoltura fa-miliare. Allo stesso tempo questestesse politiche nazionali non sonoriuscite a realizzare davvero l’inte-grazione subregionale a causa di unaapertura quasi totale al mercatomondiale alla quale si è contrappostoun costante faccia a faccia rispettoagli altri Paesi africani.

11 Reseau des Organisations Paysannes et des Producteurs Agricoles De l’Afrique de L’Ouest (ROPPA) Plateforme Sub-régionale d’Organi-sations Paysannes de l’Afrique Centrale (PROPAC), East African East African Farmers’ Federation (EAFF), Southern African Confederation.of Agricultural Unions (SACAU)

12 “Concertazione delle reti di organizzazioni contadini et di produttori agricoli dell’Africa: Dichiarazione finale”

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Di fronte alle urgenze presenti maanche per pensare costruttivamentead un futuro possibile a medio e alungo termine le organizzazioni con-tadine propongono: • di far crescere l’integrazione eco-

nomica regionale grazie ad un piùforte coinvolgimento di tutti gliattori sociali;

• di elaborare e di consiludare lepolitiche agricole subregionali perraggiungere delle politiche agri-cole e rurali continentali basatesul proncipio di sussidiarietà e dicomplementarietà che si faccianocarico: a) di misure di sostegnoalle attività agro-silvo-pastorali edella pesca destinando loro dal 20al 30% dei bilanci statali (del tuttopossibile se si pensa che secondo icalcoli della Commissione Econo-mica Africana i governi africanispendono circa 25 milliardi di dol-lari all’anno per importare cibo, ri-sorse che sarebbero molto megliospesi se investiti nella produzionealimentare locale); b) della costru-zione e di una ragionevole prote-zione del mercato regionalegrazie a un’unione doganale cheprivilegi gli interessi africano enon la soddisfazione di teoriepure; c) la messa sin sicurezzadelle attività agro-silvo-pastorali ela riduzione significativa della pre-carietà rurale per la realizzazionee il funzionamento sostenibile deifondi di garanzia, di assicura-

zione, di bonifica e contro le cala-mità.

Le quattro reti, dal canto loro, hannocostituito una piattaforma continen-tale di agricoltori pronta ad assumersile proprie responsabilità di concertocon l’Unione Africana e le organiz-zazioni economiche regionali.

In Europa la PAC, in Africaoccidentale l’ECOWAP

In Africa occidentale, grazie anche allaforte mobilitazione del ROPPA, esistegià una politica agricola comune ela-borata con la partecipazione delle or-ganizzazione contadini e che mettel’agricoltura familiare e la sovranità ali-mentare al centro. La sfida ora è di as-sicurare l’entrata in vigore al più pre-sto della ECOWAP (Agricoltural Policyof the Economic Community Of WestAfrican States-ECOWAS). Le organiz-zazioni contadine, tuttavia, sono con-vinte che non sarà possibile se le isti-tuzioni dei Paesi più sviluppati si met-teranno di traverso. E’ per questo chechiedono alla comunità internaziona-le di consentire anche ai loro Paesi difare, con i propri mezzi e risorse, ciò chele grandi potenze agricole hanno giàfatto e continuano a fare: sostenere ipropri sistemi agricoli con fondi speci-fici, cosa che consente a quelle produ-zioni di competere con quelle dei co-raggiosi contadini, allevatori, pescato-ri e forestali africani. ROPPA chiede aipropri Capi di Stato di dare gambe al-

l’ECOWAP attraverso concrete azioniche tendano innanzitutto a sostenerecon più vigore il consolidamento dellaproduzione locale. Nello stesso tempo è necessario pro-muovere lo sviluppo rapido di mer-cati locali e regionali di prodottiagricoli e alimentari:• adottando una politica di ge-

stione dell’offerta e misure di pro-tezione appropriate nei confrontidelle importazioni che competonocon la produzione locale;

• costruendo strade e infrastrutturedi mercato nelle aree rurali per con-sentire di custodire e distribuireprodotti agricoli ed alimentari;

• sviluppando politiche più appro-priate e meccanismi di promo-zione della trasformazionetradizionale e semi-industriale diprodotti agricoli vicini ai luoghi diproduzione, per la creazione e ladistribuzione di valore aggiunto alivello locale;

• rafforzando l’informazione spe-cializzata e strumenti per la pro-mozione degli scambi alimentari eagricoli, ma anche la loro disponi-bilità per i contadini.

Certo, alcune comunità rurali afri-cane sono deboli in alcuni aspettieconomici e tecnologici ma ROPPA siimpegna con tutte le sue forze perraggiungere l’obiettivo della sovra-nità alimentare al fianco di tutti co-loro che vorranno accettare questasfida ambiziosa.

Che cosa puoi fare tu• Innanzitutto cambia la tua spesa. Compra e mangia frutta e

verdura di stagione preferibilmente dai mercati di prossi-mità, acquista prodotti, italiani, che hanno fatto meno strada:sono meno energivori, sono sicuramente più buoni e piùvantaggiosi, sia per l’ambiente sia per i piccoli produttori. Col-diretti, che promuove una serie di iniziative per consumi ali-mentari a “chilometri zero”, in casa come in trattoria, ha re-datto un decalogo per ridurre l’impatto di ciò che mangiamoche si trova all’indirizzo www.coldiretti.it/docindex/cncd/in-formazioni/299_08.htm. Scopri tutto anche sul mondo delbiologico sull sito dell’Associazione italiana di categoria AIAB:www.aiab.info

• Se hai voglia di partecipare alla costruzione di un sistema di-verso di distribuzione, nella quale, scegli di dare vita o di ag-gregarti ad un Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) Trova quellopiù vicino a casa tua: www.retegas.org. Puoi trovare unamappa dei mercati direttamente promossi dai produttori (ofarmer markets) all’indirizzo internet www.mercatidelcon-tadino.it

• Per i prodotti che arrivano da lontano, come il caffè, il tè, lacioccolata, ma anche magliette e tessuti di cotone, preferisciquelli biologici, quelli che arrivano da progetti di sviluppo ru-rale e locale e quelli del commercio equo e solidale. Informativisitando il sito dell’organizzazione di categoria www.agi-ces.org , e il sito di [fair], che è partner della campagnawww.faircoop.it

• Il Governo nazionale, ma ancor di più gli Assessori alle Poli-tiche agricole della tua Regione, possono fare moltissimoper sviluppare la produzione del territorio in modo più so-stenibile. Segui attivamente le loro decisioni, coinvolgi altre

persone perché come te capiscano l’importanza di queste po-litiche ed entra in contatto con i nodi della Campagna TerreContadine-ItaliAfrica, che potrai rintracciare attraverso il no-stro sito www.europafrica.info

• Partecipa alla Campagna Terre Contadine-ItaliAfrica, firmandoe diffondendo il Manifesto e partecipando alle nostre attività.La campagna nasce dalla collaborazione tra organizzazioni dicoltivatori del Nord e del Sud del mondo, organizzazioni nongovernative e del commercio equo e solidale, con lo scopo difar emergere il potenziale che, in Europa come in Africa, rap-presentano più che mai le aziende agricole piccole e medie acarattere familiare. Un potenziale in gran parte sottovalutatodalle istituzioni pubbliche. La campagna è promossa – inAfrica - dalla Rete delle organizzazioni contadine e dei pro-duttori agricoli dell’Africa occidentale (ROPPA) che, dal 2000,unisce le piattaforme nazionali presenti nei dodici paesi dellaRegione e rappresenta oltre 50 milioni di contadini (costi-tuendo la più grande federazione contadina dell’Africa).

In Italia il programma è promosso da una rete di ONG, associa-zioni e organizzazioni professionali agricole nata nel 1997 conlo scopo di sostenere il movimento contadino in Africa e di pro-muoverne gli scambi con la società civile italiana: Terre conta-dine-ItaliAfrica. In particolare sono membri attivi della Campa-gna alcune ONG (Terra Nuova e Crocevia che coordinano lacampagna, e poi AUCS, CIPSI, CISV, COSPE, LVIA), organizzazioniagricole (Coldiretti, Aiab, Ari), associazioni ambientaliste e delcommercio equo come [fair]. Questa iniziativa si inquadra nelprogramma di lavoro della Campagna per la Sovranità Alimen-tare. www.europafrica.info/italiano/home_ita.htm).

Redazione a cura di [Fair] - www.faircoop.it

Per informazioni sulla campagna www.europafrica.info

IN ITALIA

COORDINAMENTO

Terra Nuova (Capofila della Campagna)www.terranuova.org

Centro Internazionale Crocevia (CiC)www.croceviaterra.it

INOLTRE PARTECIPANO

ACRA - www.acra.it - AIAB - www.aiab.itARI - www.assorurale.it

AUCS - www.aucsviterbo.orgCIPSI - www.cipsi.it - CISV - www.cisv.org

Coldiretti - www.coldiretti.it

CRBM - www.crbm.org - COSPE - www.cospe.itFAIR - www.faircoop.it

LVIA - www.lvia.itM.A.I.S. - www.arpnet.it/mais

RE.TE - www.reteong.orgROMA TRE - Master in Human Development andFood Security - http://host.uniroma3.it/master/hu-

mandevelopment/index.htmIN AFRICA

ROPPA (Rete di Organizzazione contadinee di produttori agricoli dell’Africa Occidentale

www.roppa.info

EAFF (Federazione delle organizzazioni contadine dell’Africa dell’Est) - www.eaffu.org

PROPAC (Piattaforma regionale delle organizza-zioni contadine dell’Africa Centrale

IN BELGIO

Collectif Strategies Alimentaires (CSA)www.csa-be.org

IN GRAN BRETAGNA

The UK Food Group - www.ukfg.org.ukIN UNGHERIA

GAIA Foundation - www.gaiafoundation.org

PARTNER DELLA CAMPAGNA

Il progetto è cofinanziato dalla Commissione Europea

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