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ISI-CNV APPUNTI DEL CORSO “BUSINESS COACHING” di Ignazio Surra

ISI-CNV APPUNTI DEL CORSO - congruenti con il proprio messaggio. Comunicazione verbale e non verbale. Acquisire consapevolezza delle proprie mappe mentali e dei propri assunti. Competenze

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APPUNTI DEL CORSO

“BUSINESS COACHING”

di Ignazio Surra

BUSINESS COACHING

Copyright ISI-CNV – http://www.neurolinguistic.com – tel. 348-2213449

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LEADERSHIP

� L’esercizio efficace della leadership consiste nel contenere e

gestire le ansie e la paure dei membri del gruppo durante i

momenti di crisi e cambiamento.

� ORIENTAMENTO AL COMPITO.

� ORIENTAMENTO ALLE RELAZIONI.

� Utilizzo dell’intelligenza sociale nella gestione delle relazioni.

� Partendo dalle scoperte più recenti delle neuroscienze (neuroni

specchio, cellule a fuso, oscillatori), gli autori sostengono che

l'intelligenza sociale sia un insieme complesso (e non facilmente

assimilabile) di competenze relazionali e interpersonali costruite

all'interno di specifici circuiti neurali.

� Questo sottolinea l'importanza dell'intelligenza sociale per lo

sviluppo di un esercizio efficace della leadership.

L'intelligenza sociale ha solide basi biologiche e comportamentali, il

mostrare empatia o il mettersi in sintonia con gli altri influenzano la

chimica cerebrale sia del leader che del followers.

Competenze

� Analitica: riconoscere e formulare i problemi.

� Interpersonale: costruire e mantenere diversi tipi di relazioni e

gruppi.

� Emotiva: gestire le esigenze emotive del ruolo manageriale

stesso.

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� Gestire il sè (i propri stati interni)

Essere correlati e coerenti nel sistema dato dalla visione (dove) e

l'azione (Che cosa).

Essere congruenti con il proprio messaggio. Comunicazione

verbale e non verbale.

Acquisire consapevolezza delle proprie mappe mentali e dei propri

assunti.

Competenze

� Padroneggiare la comunicazione

Sviluppare abilità di comunicazione verbale e non verbale.

Utilizzare in maniera consapevole i canali rappresentazionali.

Interpretare e gestire i metamessaggi.

� Padroneggiare le relazioni

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Essere in grado di assumere prospettive multiple

Comprendere i diversi stili di pensiero

Riconoscere le intenzioni positive

� Padroneggiare lo spazio problema (il sistema)

Effettuare un'analisi complessiva del sistema

Individuare gli elementi e le tematiche rilevanti

Spezzettare gli obiettivi (chunking).

� Empatia

Saper capire che cosa motiva gli altri, anche coloro che

provengono da ambienti ed esperienze diversi, sviluppare

sensibilità ai loro bisogni

� Sintonizzazione

Ascoltare con attenzione, pensare a come si sentono gli altri,

sintonizzarsi sui loro umori

� Consapevolezza organizzativa

La capacità di apprezzare la cultura dell'organizzazione e di

comprenderne reti sociali e regole esplicite e implicite.

� Influenza

La capacità di persuadere e di raccogliere il sostegno delle persone

chiave.

� Crescita degli altri

Competenze e Abilità relative al coaching, al mentoring, al fornire

feedback utili ed efficaci

� Ispirare gli altri

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Elaborazione di una visione convincente, costruzione di un tono

emotivo positivo, capacità di infondere orgoglio e trarre il meglio

dalle persone

� Lavoro di gruppo

Incoraggiamento alla partecipazione ed alla collaborazione da

parte di tutti i membri del team.

IL GRUPPO

Definizioni: GRUPPO

INSIEME DI 2-(3) PERSONE INTERAGENTI FACCIA A FACCIA, CHE

PERCEPISCONO SE’ STESSI COME FACENTI PARTE DI UNA UNITA’

DUREVOLE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO CHE CONDIVIDONO ALMENO

UNA FINALITA’(SCOPO) IN COMUNE.

� Il gruppo è qualcosa di più della somma dei suoi membri.

� Ha fini peculiari (generali o specifici).

� Ha relazioni particolari al suo interno (INTRAGRUPPO) e vs altri

gruppi (INTERGRUPPO).

� Il gruppo tende al autoregolazione costante attraverso i vari

momenti di conflitto/confronto nei quali si confrontano i

BISOGNI individuali e i bisogni del gruppo.

� ESPRIME: Varietà di modi di stare insieme e di interventi

integrati con coinvolgimento personale di tutti i soggetti

implicati nella cura e nelle attività, attraverso la condivisione

di dati, informazioni, emozioni, sentimenti, visioni.

� I risultati vanno sempre confrontati, per giungere a

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Conclusioni sia pur diverse, ma comuni a tutti i partecipanti.

� il lavoro di gruppo

persegue obiettivi comuni, sia di contenuto che di relazione.

FUNZIONE DI MANTENIMENTO DELLE “buone relazioni”:

� Armonizzazione

� Compromesso

� Sostegno

� Incoraggiamento

� Diagnosi

� Fissazioni criteri di giudizio

� Controllo dei criteri di giudizio

Possibili sintomi del pensiero di gruppo-ECCESSI:

� Illusione di invulnerabilità

� Illusione di moralità

� Stereotipi negativi condivisi

� Razionalizzazioni collettive

� Autocensura

� Illusione di unanimità

� Pressione a conformarsi

� “Guardiani del Pensiero”

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La struttura del compito che si evolve in un gruppo è

composta da comportamenti regolari, tesi in maniera

specifica ad assicurare la sopravvivenza del gruppo

nell’ambiente esterno.

LIVELLI LOGICI

Territorio del fare, territorio dell’essere e Dinamiche di relazione.

LE TRE POSIZIONI PSICOLOGICHE

Sicuramente molti di voi possono comprendere il significato di

CIRCOLARITA' NEL PROCESSO COMUNICATIVO.

La comunicazione non è lineare, a senso unico o alternato, ma,

poiché ogni messaggio verbale e non verbale determina comunque

una reazione nell'altro (la quale, a sua volta, influirà su di noi in un

processo continuo e circolare che implica una stretta reciprocità),

sarà bene porre molta attenzione alla retroazione o feedback, ossia

alla risposta dell'altro a noi, utilizzandola per correggere con minime

o grandi virate il nostro messaggio (verbale e/o non verbale).

Ciò implica la possibilità e la capacità di divenire "registi

transazionali", nel senso di imparare a cogliere la globalità delle

reazioni che avvengono nell' interazione fra noi e gli altri.

Per addentrarci di più in questo argomento, faccio riferimento alle

TRE POSIZIONI PSICOLOGICHE, da intendersi come allargamento

delle possibilità che ogni individuo ha di "muoversi" mentalmente

nell'ambíto di una relazione interpersonale, per meglio gestirla,

viverla, comprenderla e giudicarla nella sua complessità.

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1) La PRIMA POSIZIONE è quella che ci consente di rimanere

dentro di noi,

a contatto con i nostri valori, credenze, idee, come se

l'interlocutore venisse in un certo senso disattivato

dall'interazione: in realtà il vero processo comunicativo ha luogo

tra noi e noi stessi.

E’ la posizione psicologica che, se esasperata, dà vita ad un

personaggio che non si fa entrare il mondo dentro e che non

entra nel mondo, ma che lo giudica da dentro di sé, sempre

categoricamente rigido al limite della chiusura e della caparbietà.

Come se, potremmo interpretare, avesse troppa paura che l'altro

possa "mettere in crisi" la sua preconcetta ed ammuffita mappa

che tiene ben arrotolata dentro alle proprie tasche.

2) La SECONDA POSIZIONE ci consente di entrare nel mondo

dell'altro attraverso il suo comportamento, le sue reazioni, ci

pone nei suoi panni, ci permette di compredere quello che l'altro

ci mostra di sé.

Entriamo nel mondo e consentiamo al mondo di avvicinarsi a noi,

mantenendo possibilmente integra la nostra identità. Infatti,

l'esasperazione di tale posizione psicologica ci fa immaginare

qualcuno che rischia di perdere le coordinate di se stesso per

rendere vero e assoluto ciò che è esterno a sé, che diviene quasi

una sorta d'identità esterna tale da renderlo passivo e

dipendente. E' mia impressione che problemi psicologici, talora

assai gravi, che rischiano certi “imitatori” dipendano proprio da

quanto appena esposto.

Ad esempio, per la prima posizione. il "direttore-accusatore"

Gianni Agus e per la seconda il "dipendente-propiziatore"

Fantozzi.

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3) La TERZA POSIZIONE psicologica è quella che ci permette di

distanziarci

dalla relazione con l'altro per cogliere "dall'alto” il contesto nella

sua interezza, come se, per un momento, potessimo trasformare

una parte osservatrice-ascoltatrice di noi stessi in una

videocamera con la quale riprendere noi nell'interazione con

l'altro, al fine di apportare le necessarie correzioni migliorative.

Una sorta di posizione del genitore che aiuta a meglio percepire

se stessi nella relazione col mondo esterno.

Restare autonomamente ancorati a questa sola posizione

significherebbe isolarci dal mondo e dalle nostre emozioni, in una

sorta di "anestesia esistenziale" che impedisce di partecipare e

dare un senso alla vita, di cui si diverrebbe soltanto degli asettici

cronisti.

Ancora una volta affermo l'importanza dell'ELASTICITA' nel processo

d'interazione con altri esseri umani: la possibilità di avere coscienza

delle tre posizioni psicologiche allarga enormemente la nostra

capacità di comprensione e di relazione permettendoci spostamenti a

360 gradi nel contesto comunicativo, che diviene così più controllabile

e gestibile non essendo più connotato da incognite che ci

obbligherebbero a chiuderci in noi stessi o ad aprirci troppo o a

dissociarci dalla relazione divenendone soltanto severi, passivi o

sterili spettatori senza rendercene per nulla conto.

LE CATEGORIE DELLA SATIR 1.INDICATORIO: nel momento in cui adotta tale stile la persona è

molto attiva, tende ad imporsi, è focalizzata sull’io, decisa,

determinata, il movimento delle mani è a taglio o con il dito puntato.

Utilizza imperativi o generalizzazioni.

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VISIVO (V) sono riconoscibili per la postura diritta, per l’orientamento

degli occhi prevalentemente verso l’alto o frontale, per la respirazione

alta, voce acuta, frasi brevi e periodi meno letterari.; tenderà inoltre

a dare molta importanza all’aspetto estetico. Mentre parla utilizzerà:

vedo...mi è chiaro........bello ecc. ecc.

2.SUPERLOGICO: Il movimento delle mani è rotatorio e riflessivo.

Mentre parla utilizza le enumerazioni del tipo: "Dato

che"........"perché"..........Il suo ragionamento è logico, vuole

ottenere dimostrando. Si focalizza sull’argomento e vi è un’assenza

di "io" e "tu".

UDITIVO(A) durante una conversazione muove gli occhi lateralmente,

ha una respirazione più toracica, impara ascoltando e rispetto al

visivo ha maggiori capacità riflessive. La voce è melodica e racconta

più lungamente. Gli avverbi che utilizzerà sono: “ Mi suona bene”.

3.PROPIZIATORIO: nel momento in cui adotta tale stile la persona

cerca di rendersi simpatica, comunica emozionalmente, quindi il

ragionamento è emozionale. Vuole ottenere propiziando e rendendosi

accondiscendente. Questa tipologia di persona tende a focalizzarsi

sull’altro ed è più passivo che reattivo. Il movimento delle mani è

aperto o a triangolo verso l’alto.

CENESTESICO (k) ha una respirazione addominale, ama il contatto

fisico e tutto ciò che ha a che vedere con tatto gusto e olfatto; ha una

gestualità lenta, meno considerazione dell’aspetto esterno delle cose

rispetto ai contenuti; memorizza facendo pratica. La voce è profonda

e spesso parla poco. Si focalizza sull’altro!

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I LIVELLI RELAZIONALI

Le relazioni umane, al di là del contenuto verbale che di volta in

volta le caratterizza (natura e complessità degli argomenti), si

svolgono su un livello per lo più non verbalizzato che può avere

differenti inclinazioni e linee di forza.

Sostanzialmente possiamo immaginare tale livello come un piano, ai

cui estremi si trovano i due interlocutori e la cui relazione può essere

di due tipi:

1) SIMMETRICA

I due sono su un piano di parità, perfettamente orizzontale o

ritmicamente ed armoniosamente altalenante in funzione

dell'alternarsi della comunicazione.

Entrambi (e nessuno al tempo stesso) sono "padroni" della

relazione: i tempi, gli spazi, la scelta degli argomenti sono pressoché

liberi ed implicitamente condivisi.

E' ciò che avviene in talune coppie di coniugi, di soci, di amici ecc.

2) COMPLEMENTARE

Il piano e' inclinato, trovandosi uno dei due interlocutori in

POSIZIONE UP e l'altro in POSIZIONE DOWN.

Significa che (per contesto gerarchico, di professionalità, di ruolo, di

personalità, d'età o di luogo) uno dei due interlocutori definisce la

relazione e l'altro accetta nello stesso tempo che questa sia in tal

modo definita.

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L'immagine visiva che i due termini anglosassoni ci suggeriscono

immediatamente (up = su e down = giù) evoca probabilmente

concetti di valore (chi sta sopra e chi sta sotto, chi impone e chi

subisce, chi conta di più e chi meno ecc.) che talora innescano una

vera e propria lotta "psicologica" fra due individui per il dominio della

situazione relazionale, creando così forti oscillazioni del piano e

tremendi scossoni alle linee di forza, con il rischio di rottura della

relazione stessa.

Questo, soprattutto quando non preesiste un "codice gerarchico" che

implicitamente impone una chiara e precisa complementarità.

Nessuno di noi presumo (al di là del contenuto) ha dubbi sul livello di

relazione che automaticamente si instaura nel momento in cui il

Presidente dell'Azienda ci autorizza ad entrare nel suo ufficio!

Talora, tale implicita chiarezza di livello, può essere semplicemente

legata a contesti spazio-temporali: durante una seduta di consiglio

comunale, un assessore e' evidentemente in posizione UP nella

relazione col vigile urbano che lo saluta al suo ingresso e gli apre la

porta dell'automobile all'uscita.

La stessa automobile può essere il giorno dopo fermata per non aver

rispettato una regola di cui lo stesso vigile e' controllore autorizzato:

l'assessore e' in questo caso DOWN ed il piano risulta

necessariamente, invertito senza alcun problema.

Talora un "lei non sa chi sono io" può mutare inclinazione o scatenare

al contrario un marasma tra le linee di forza.....

Le dispute non verbalizzate sul piano della relazione che avvengono

quotidianamente nelle interazioni umane sono molto più frequenti di

quanto si possa immaginare: sono a mio avviso ancora più importanti

del contenuto oggetto della relazione stessa.

Spessissimo, il vero contenzioso non e' l'argomento, bensì la

definizione della complementarità.

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Lo ripeto, la posizione down non e' necessariamente sminuente o

sfavorevole: come ogni altro aspetto relazionale, va utilizzata in modo

efficace in base al contesto.

Il braccio di ferro sulla complementarità serve solo ad indebolire la

relazione stessa.

Non e' infrequente nei miei rapporti, professionali e non, che sia

proprio io a chiedere implicitamente all'altro di definire la relazione;

questo mi consente alcuni vantaggi, quali il conoscere il territorio

relazionale dell'altro, la sua disponibilità temporale, la sua necessità

di controllo della complementarità e la sua flessibilità nello scambio

delle posizioni up-down.

Non solo ma, come avrete certamente intuito, nel momento in cui

"chiedo" all'altro di definire la relazione (di mettersi in up time), in

realtà sono io a definirla e, se l'altro accetta, significa che la

complementarità e' implicitamente concordata..... ed il contenuto fila.

Questa sorta di "trucco", ben noto a moltissime mogli, consente di

"guidare dal basso" la relazione, invertendo quindi le linee di forza dal

down time verso l'up time.

Nelle relazioni, questo processo e' segno di grande abilità e flessibilità

e viene solitamente definito RELAZIONE METACOMPLEMENTARE.

Quanti di voi hanno già fatto un tragitto in vespa seduti dietro al

pilota? Come vi comportavate? Vi e' mai capitato di aiutarlo in

qualche occasione inclinandovi insieme con lui per affrontare meglio

una curva un po' brutta?

Avete conosciuto qualche coppia automobilistica in cui pilota e

navigatore alternavano in modo armonico la complementarità

relazionale al punto di renderla perfettamente sinergetica?

"Quella è una relazione simmetrica!" potrebbe affermare qualcuno.

Tu che cosa ne pensi? “ ribatterei io sentendo quel ma”.

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IL TERRITORIO DELL'ESSERE

a) L'IDENTITA’

Più volte, negli ultimi paragrafi, è ricorso il termine IDENTITA'.

Vorrei evitare ogni definizione letteraria poiché ne esistono diverse ed

ognuno di voi potrà liberamente scegliere quella che gli si confà di più

nel preciso momento della sua esistenza in cui la leggerà su qualche

manuale di psicologia, purché sia poi pronto a sceglierne una più

adatta alla sua esistenza successivamente.

L'identità ha comunque a che fare con la nostra essenza, con la parte

più intima e privata del nostro essere: io la immagino come una

pietra preziosa, del colore che preferisco e dotata di una consistenza

tale da reggere a qualunque evento ed a qualsiasi cambiamento, da

cui può soltanto essere smossa ed arricchita.

Credo che l'identità di ognuno di noi sia ben in grado di sentire ciò

che la può arricchire, così come sono sicuro che sappia non badare a

ciò che non ci è utile e diventare ancora più forte per combattere ciò

che ci sarebbe dannoso...

L'Identità rappresenta il CHI E' più profondo dell'individuo. il nucleo

dell'ESSERE, da cui prende vita il territorio più vasto e via via più

"periferico" dell'Essere, costituito dal mondo dei Valori e da quello

delle Credenze.

b) I VALORI

I VALORI rappresentano il contenuto dello scrigno, più o meno ricco,

da cui deriva il nostro destino, inteso nel senso della Missione, della

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Spinta che orienterà le nostre scelte e la direzione della nostra vita. I

valori di ogni individuo possono essere rappresentati in una scala o

una graduatoria di importanza.

Il mio Maestro mi consigliava di individuarne, all'interno del mio

interlocutore almeno sette, di cui stabilire l'esatta gerarchia in quel

momento della sua esistenza e in quel preciso spazio o compito.

Intendo dire che, stabilito il contesto in cui il soggetto si trova (ad

esempio il lavoro), sarebbe molto importante poter comprendere la

sua gerarchia di Valori è più importante l'integrità oppure la riuscita,

o è il denaro il valore che occupa il primo posto in classifica? L'onestà

esiste fra i suoi valori nel contesto lavoro? Se si, viene prima o dopo

la salute fisica e questa in che rapporto gerarchico è con i rapporti

umani?

Potete immaginare come talora possano esistere in un individuo dei

conflitti di scelta anche nell'ambito del lavoro; ebbene, spesso ciò

deriva da un conflitto di valori.

Pensate per esempio ad una persona che deve gestirsi un conflitto fra

due valori, magari entrambi ai primi posti d'importanza nella sua

scala: l'affermazione personale e la famiglia... Chissà a quanti di noi è

capitato trovarsi a lavorare per la propria affermazione e provare un

sentimento di colpa per aver magari trascurato i familiari; spesso ci si

cava dal dubbio col solito salvagente "ma alla fin fine lo faccio per

loro...

Altre volte può nascere un conflitto fra il valore benessere economico

ed onestà, altre ancora, magari, fra salute ed amicizia...

Avrete ben inteso come il mondo dei Valori sia vario e come

all'interno della scala gerarchica possano verificarsi cambiamenti,

anche nei diversi periodi della vita (quando vi siete innamorati

davvero, é cambiato qualcosa nella vostra scala dei Valori? I vostri

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Valori, oggi, sono esattamente gli stessi di 15 anni fa?) e nei diversi

contesti (la gerarchia di Valori che ci spinge nel nostro lavoro è

probabilmente differente da quella che automaticamente inseriamo

quando siamo in famiglia o in un altro contesto).

Vale comunque la pena di sottolineare che, malgrado la variabilità in

base a differenti situazioni, alcuni Valori di Base sono in noi

decisamente stabili in quanto precocemente e solidamente definiti.

La variabilità di questi nei diversi individui (in base all'educazione, alla

cultura, al livello sociale di appartenenza) è talora notevole.

Riuscire a cogliere i principali Valori di un individuo può avere un gran

peso nel rapporto con lui.

I Valori (la gerarchia dei nostri Valori) sono spesso (purtroppo!) il

parametro attraverso il quale giudichiamo gli altri, il loro

comportamento. la loro visione del mondo e la loro missione nella

vita.

L'accordo o il disaccordo profondo, di contenuto, fra persone ha molto

spesso questa matrice.

c) LE CREDENZE

Le CREDENZE formano la zone più periferica del Territorio

dell'ESSERE e derivano per lo più dai Valori, di cui sono spesso

emanazioni.

Definiscono i PERMESSI ed i DIVIETI rispetto a comportamenti ed

azioni, come una sorta di codice interno che ci consente o ci

impedisce di muoverci nel mondo in un modo o in un altro.

Esistono codici più o meno rigidi, altri dogmatici, altri ancora molto

elastici, talvolta al limite del vivere sociale, inteso come LIBERTA' DI

SCELTA NEL RISPETTO DELL'ALTRUI LIBERTA' DI SCELTA.

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Spesso più Credenze formano un Valore; talora alcune, magari

imposte dall'ambiente e "non sentite" dall'individuo, non hanno

rapporto col mondo dei Valori.

E' quasi sempre vero, comunque, che il cambiamento di un Valore

implica il cambiamento di più Credenze.

Mentre i Valori si traducono nel linguaggio verbale con locuzioni del

tipo "per me è importante che..." o "lo faccio per ... (onestà, amicizia,

autoaffermazione, successo, salute ecc.)", le Credenze ci fanno usare

frasi del tipo "si deve, è necessario, bisogna, posso (o non posso, non

si deve, non bisogna)" ecc.

Ribadisco quindi che, mentre i Valori determinano, in base alla scala

gerarchica secondo la quale sono presenti in ognuno di noi, LA

NOSTRA MISSIONE o nella vita o in quello specifico contesto della

nostra esistenza, le Credenze costituiscono IL CODICE DI PERMESSI

E IMPEDIMENTI che condiziona il nostro ESSERE NEL MONDO.

Possiamo ímmaginare, per quanto riguarda la disposizione topografica

delle Credenze, dei Valori e dell'Identità una sorta di piramide

capovolta, la cui base è costituita dall'insieme delle Credenze, che si

sviluppa, restringendosi verso il basso, nel territorio dei Valori fino

all'apice prezioso dell'Identità.

Quello appena descritto è il mondo dell'ESSERE dell'individuo, il suo

codice etico, il luogo dei suoi ideali, delle sue ragioni di vita, dei suoi

pudori.

Ogni giudizio che noi esprimiamo su un essere umano può riferirsi a

ciò che quell'individuo è, o a ciò che fa o al modo in cui lo fa.

Nella nostra cultura i giudizi sull'Essere sono molto frequenti. Non

credo che sia azzardato paragonare i giudizi sull'Essere alla violazione

della zona intima di un individuo, dato che tali giudizi riguardano,

magari sul filo dei Valori e/o delle Credenze, la sua Identità.

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"Sei buono, sei cattivo, sei intelligente, sei coraggioso, sei un

incapace ecc. suonano come pareri che hanno la drammatica

caratteristica, positivi o negativi che siano, di staticità, riferendosi non

a ciò che un individuo FA' ma a ciò che un individuo E', spogliandolo

della possibilità di cambiare, di fruire di quella meravigliosa dinamica

che caratterizza l'essere umano.

Il giudizio sull'Essere stigmatizza, congela l'individuo come la

fotografia di un bozzolo ferma, in chi non è a conoscenza dei processi

trasformativi, il meraviglioso filmato del ciclo vitale della farfalla.

Pensate come tutto questo assume toni tanto più drammatici quanto

più giovane e non ancora formato nella propria identità è un essere

umano.

Pensiamo quanto un giudizio statico sull'essere può bloccare

l'evoluzione di un bambino che, non sapendo ancora "chi è", si sente

quello che gli altri di lui percepiscono e a questo tende ad uniformare

il proprio comportamento, esasperando così talora in modo disastroso

per la sua esistenza, quello che all'inizio di questo scritto abbiamo

definito "effetto Pigmalione".

Diverso è dire ad un bambino "sei un disordinato" da "stamattina non

hai messo in ordine i tuoi libri".

Sarà diversamente percepito da un dipendente un capo che gli dice

"sei un introverso" da un altro che magari commenta "con quella/e

persona/e ad un certo punto del colloquio ti sei come bloccato, hai

perso la tua capacità di mantenere rapporto. Come mai?"

E' ben diverso, vero?

Con questo desidero anticipare la grande differenza che esiste fra il

mondo dell'ESSERE ed il mondo del FARE, così come fra le varie

"Zone" già descritte in questo lavoro.

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Occorre porre attenzione fra ciò che pensiamo SIA quell'individuo

(ricordate Mappa e Territorio?) e ciò che CON CERTEZZA POSSIAMO

VALUTARE del suo comportamento, in un preciso momento e in un

preciso luogo.

Intendo quindi entrare nel territorio del FARE.

IL TERRITORIO DEL FARE

L'individuo vive in un ambiente costituito da TEMPO e SPAZIO, che

rappresenta il QUANDO e il DOVE l'essere umano FA' qualcosa.

Le singole azioni che l'individuo compie rappresentano il CHE COSA

nel territorio del Fare.

Questo Che Cosa può essere osservato e registrato dalla nostra

mente con estrema precisione.

Le singole azioni seguono per lo più uno schema finalizzato a qualche

scopo, si svolgono in successione secondo individui e contesti, in

modo osservabile e obiettívo.

Questo modo rappresenta il COME nel territorio del Fare, insomma i

COMPORTAMENTI di ogni singolo essere umano. Il Come ha per lo più

schemi d'azione abbastanza caratteristici e ripetitivi, che divengono

spesso tipici di quell'individuo in determinati contesti spazio

temporali.

Ciò che rende ripetitivi e tipici gli schemi di comportamento è il

carattere, che, sempre al di là di ogni più precisa definizione, ha la

funzione di far riconoscere ogni individuo in base a particolari

sfumature comportamentali che lo rendono unico.

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Tra poco cercheremo di comprendere almeno alcuni schemi

comportamentali tipici degli individui, tali da consentirci di conoscerne

più in fretta il carattere dei nostri interlocutori e di poterlo così

prevedere, fornendoci soprattutto il mezzo per poterci mettere in

rapporto con loro attraverso un'attenzione mirata al "passo" ed un

buon orecchio per la "musica", tali da evitarci di affermare (o di

pestare i piedi a chi balla il tango mentre noi ci avviciniamo a passo di

valzer) che quello “E’” un individuo aggressivo o scostante o

imprevedibile.

Per la Comunicazione, che costituisce l'oggetto del nostro discorso, il

MONDO DEL FARE E' PIU' CHE SUFFICIENTE per stabilire una buona

relazione con l'altro, almeno nell'ambito di rapporti professionali o

non intimi.

L'intimità permette qualunque sconfinamento nel Territorio

dell'Essere, anzi lo impone.

Pertanto, limitare la nostra attenzione ai comportamenti (CHE COSA e

COME qualcuno FA' qualcosa) e all'ambiente (DOVE e QUANDO

qualcuno FA' qualcosa in quel modo) ed imparare a leggere bene

questi due livelli dell'esistenza, non solo ci permetterà di esprimere

giudizi più precisi sugli altri, ma ci abituerà a diventare più elastici nei

"nostri" comportamenti, evitando per quanto possibile quei giudizi

sull'Essere che, se da un lato definiscono il TUTTO di un essere

umano (permettendoci magari di rassicurarci congelandolo in una o

due parole "cella"), dall'altro ci fanno perdere l'unica cosa davvero

controllabile attraverso i nostri sensi che sono l'esperienza del

comportamento di QUELL'essere umano, su cui possiamo sintonizzarci

per creare un rapporto e finalizzarlo.

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Ricordiamo anche che il giudizio sull'Essere, oltreché fuorviante, può

anche risultare sgradevole per l'individuo, che magari non vi si

riconosce o sì sente "toccato" nel suo territorio privato.

Occorre a questo punto completare la piramide già abbozzata,

allargandone la base con l'aggiunta, sopra alle Credenze, dei

Comportamenti (il come), seguito dalle Azioni (il cosa), posizionate

sotto una nuova grande base costituita dall'Ambiente, definito come

Spazio e Tempo (il dove e il quando).

Se l'ambiente rappresenta il dove e il quando, le Azioni il cosa ed i

Comportamenti il come, il resto della piramide (Credenze e Valori fino

al loro apice rappresentato dall'Identità) è contrassegnato dai

PERCHE'.

Se noi osservassimo un individuo che ogni volta che si sente guardato

(o interrogato) da altri all'interno di un gruppo si aggiusta il nodo

della cravatta (forse un gesto inconscio di sicurezza) e gli

chiedessimo "perchè?", potrebbe magari risponderci che ha bisogno

di sentirsi in ordine. Se a questo incalzassimo con altri perché, forse

ci risponderebbe "è necessario essere composti" (ricordate? Risposte

come "devo", "è necessario" ecc. appartengono al mondo delle

Credenze). Un altro perché, sempre che quel tipo sia così paziente

(chi legge magari incomincia ad irritarsi un po', vero?) potrebbe

strappargli un "per me è importante il rispetto degli altri" (mondo dei

Valori, e forse questo è uno dei suoi valori) e poi, dopo l'ennesimo

perché, probabilmente ascolteremmo un "mi dà sicurezza" (potrebbe

essere un valore ai primi posti).

Oppure quello stesso individuo potrebbe, al primo perché, risponderci

che ha caldo (fuga nell'Ambiente) ed ogni altro perché troverebbe

spiegazioni sempre più esterne (difensive), magari fino alle

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bombolette spray e all'effetto serra, portandoci fuori dalla nostra

ricerca troppo intrusiva con un nemico sicuro in più.

E' implicito che la risposta (rara per un individuo che ha quel

comportamento in quel contesto) potrebbe anche essere "ma che te

ne frega?”! Quanti di voi l'hanno già data?

Certo, se quello fosse il mio più caro amico gli chiederei questi

perché, anche per aiutarlo.... dipende solo dal rapporto di maggiore o

minore intimità che esiste fra due individui.

I "perché" sono comunque strumenti acuminati, intrusivi.

L'attenzione al cosa e al come ci dà un grande e prezioso strumento

che possiamo utilizzare ogni volta come un solido e delicato filo per

metterci in rapporto con l'altro.

A questo proposito infatti, chi di voi ha maggiore familiarità con la

rappresentazione visiva può cercare di immaginare un ideale

interlocutore semaforo, con accesi il verde (indicatore di via libera)

per quanto riguarda Ambiente, Azioni e Comportamenti, con il giallo

(segnalatore di prudenza) per le Credenze e con il rosso (obbligo di

arresto) per ciò che riguarda Valori ed identità.

Poiché ciò che avviene dentro di noi ha sempre una conseguenza in

ciò che appare fuori, voglio ricordare che ogni strato della piramide

descritta dalla base superiore all'apice inferiore, comporta dei

movimenti delle nostre mani dall'esterno all'interno, man mano che si

scende in senso centripeto.

Le mani sono, come in parte abbiamo già avuto modo di vedere,

buoni "insegnanti", nel senso che segnalano ed indicano la parte di

noi coinvolta in quel processo mentale.

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Corpo e mente, è forse superfluo ricordarlo, sono entità inscindibili, in

continua interdipendenza (salvo, come sempre, le eccezioni che in

questo caso possiamo definire, con molte probabilità e in senso lato,

patologiche).

Vale anche la regola contraria e cioè che ad ogni cambiamento della

nostra fisiologia (postura, respirazione, colorito della pelle ecc.)

corrisponde sempre un cambiamento interno.

Per specificare meglio, quando noi ci riferiamo all'ambiente, le nostre

mani e le nostre dita si rivolgono in modo evidente all'esterno.

Se descriviamo il nostro comportamento nei confronti di qualcuno

sono coinvolte insieme alle mani, più che le dita, le braccia (e spesso

anche le gambe), ancora orientate all'esterno, senza necessariamente

indicare come nel primo caso.

Quando parliamo di ciò in cui crediamo, di ciò che è necessario, o

ingiusto, o impossibile (mondo delle Credenze, inizio "zona perché")

le nostre mani tendono più verso di noi e più precisamente verso

quella zona di noi deputata alla critica, ai "criteri": la nostra corteccia

cerebrale. Infatti, le mani si avvicinano per lo più alla testa, alla

regione temporale o temporo-parietale.

In caso di dubbio (conflitto fra credenze?) ci si gratta spesso la stessa

zona, forse con la speranza di rimettere ordine "dentro".

Nel caso in cui, magari in situazioni più intime, si entri in contatto col

mondo dei nostri Valori o della nostra Identità (non a caso mi è

"scappata" la parola “entrare”), il movimento delle mani sarà

fortemente centripeto, per lo più verso il petto (assonanza non

casuale), zona che nella nostra cultura rappresenta la vita, il calore,

l'interiorità, il nutrimento.

Dall'esterno all'interno dunque dall'ambiente all'identità, dal fare

all'essere. dal movimento al sentimento, dalla periferia al centro.

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Aggiungo, a titolo di curiosità, che il "centro" nel mondo occidentale si

sta spostando sempre più in alto nel nostro corpo.

Gli americani (lo dico per battuta) rischiano di ritrovarselo nei capelli

fra qualche decennio. Anche se voi ed io siamo sicuri che forse

cambierà... Gli orientali lo individuano invece piuttosto in basso

rispetto a noi. Infatti alcuni sociologi sostengono che, proprio per

questo motivo, gli orientali sono più solidi sulle gambe, hanno i piedi

più saldi al terreno ed un maggior equilibrio posturale.

L'uomo occidentale - dicono - ha un minor equilibrio, avendo

individuato culturalmente il centro del proprio essere piuttosto in alto.

Credo che sotto sotto ci sia del vero...

Si può tradurre tutto ciò in termini psicobiologici?

Forse appare ancora azzardato, ma alcuni studiosi di Comunicazione

direbbero: "dal Sistema Nervoso Periferico alla

PsicoNeuroImmunologia".

Mai come oggi la ricerca in tale direzione pare tesa ad individuare i

legami esistenti fra la psiche ed il sistema nervoso (visto che non

esiste cervello senza pensiero e pensiero senza cervello) con la

speranza, condivisa dalla maggior parte di noi, di mettere fine

all'annoso problema del "tutto psichismo" o "tutto organicismo" che ci

ha davvero rotto le tasche!

A questo proposito è interessante la connessione che pare esistere fra

il "mondo del fare", inteso come Azioni - Comportamenti (Sistema

Nervoso Periferico) e il "mondo dell'essere", inteso come Valori -

Identità (Sistema Immunitario).

Fra i due, il territorio delle Credenze, a me tanto care e invise al

tempo stesso, che pare in stretta relazione col sistema nervoso

centrale.

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Si tratta di definizioni assai sommarie e oltremodo generiche, che

richiederebbero specificazioni e precisazioni sia anatomotopografiche

sia funzionali che non mi pare comunque necessario affrontare in

questa sede (a Proposito, "non mi pare necessario" è una credenza?).

FARE

ESSERE

AMBIENTE

COMPORTAMENTI

CAPACITA’

VALORI, CREDENZE

IDENTITA’

DOVE - QUANDO

COSA

COME

PERCHE'

CHI

IL CERCHIO DELL’ECCELLENZA

1. Scegli uno stato-risorsa in cui vorresti trovarti più spesso.

2. Identifica un’occasione in cui ti sei trovato pienamente in quello

stato.

3. Immagina che per terra, di fronte a te, ci sia un cerchio, oppure

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seleziona un colore, un simbolo un segnale visivo e/o sonoro che

assoceresti a quello stato.

4. Quando ti senti pronto, fai un passo in avanti nel cerchio. Rivivi

quell’esperienza risorsa, associandoti pienamente allo stato. Vedi

attraverso gli occhi, senti attraverso le orecchie e percepisci tutte le

sensazioni in prima persona, nota il ritmo del tuo respiro.

5. Fai una breve lista degli schemi cognitivi e comportamentali

associati allo stato.

Focalizza internamente l’attenzione e rileva tutte le rappresentazioni

interiori, le caratteristiche sensoriali, il ritmo della respirazione, la

tensione muscolare ecc.

6. Aumenta l’esperienza che hai dello stato amplificando le

sottomodalità dello stato risorsa individuato.

7. Fai un passo indietro (uscendo dal cerchio*) e distogliti dallo stato.

8. Adesso fai nuovamente un passo dentro il tuo cerchio

dell’eccellenza, verificandone così il funzionamento. Fai attenzione a

quanto è rapido l’effetto su di te.

9. Ripeti i passaggi dall’1 al 7, per avere un velocissimo e semplice ri-

accesso al tuo stato risorsa.

10. Identifica alcune situazioni in cui vorresti essere in questo stato.

Immagina di poter portare con te il cerchio in qualunque luogo.