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3 LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI COMPARATIVI CON LA MEDICINA UMANA Chiara Brachelente, DVM, PhD, Dipl. ECVP Dipartimento di Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari - Perugia Le sindromi paraneoplastiche (SPN) comprendono una serie di manifestazioni indotte dagli effetti indiretti o “remoti” di una neoplasia. Per essere definite tali, queste sindromi non devono essere imputabili alla diffusione locale o metastatica del tumore e, secondo i criteri di classificazione più restrittivi, neppure alla elaborazione di sostanze prodotte in condizioni fisiologiche dal tessuto di origine della neoplasia. Nella pratica clinica, e soprattutto in medicina veterinaria, tuttavia, si considerano sindromi paraneoplastiche anche quelle patologie indotte “a distanza” da sostanze ormonali prodotte in eccesso in corso di neoplasie di organi endocrini come si verifica, ad esempio, nell’iperadrenocorticismo per adenomi corticali. Le sindromi paraneoplastiche possono colpire qualsiasi organo o tessuto, con meccanismi diversi, e possono essere classificate in sindromi di ordine generale (febbre, proteine di fase acuta, etc.) o di ordine specifico (ematologico, endocrinologico, neurologico, dermatologico, gastroenterologico, renale, etc). Altri criteri classificativi delle SPN si basano sui meccanismi patogenetici all’origine delle alterazioni tissutali. L’importanza clinica delle SPN risiede nel fatto che la comparsa delle manifestazioni patologiche può precedere la manifestazione di una neoplasia, che può quindi essere diagnosticata precocemente, o può corrispondere ad una disseminazione od estensione della malattia stessa. Inoltre le SPN seguono un decorso parallelo a quello del tumore che le ha determinate: si risolvono se il tumore viene rimosso e ricompaiono se il tumore recidiva o metastatizza. Per questo motivo, vengono sfruttate come markers diagnostici di recidive tumorali o per monitorare l’andamento di una terapia antineoplastica. Un altro fattore da considerare, in sede clinica, è che le SPN sono spesso causa di morbidità e mortalità, richiedendo di frequente specifici trattamenti, indipendenti dalle terapie antineoplastiche stesse. Per spiegare la patogenesi delle varie SPN sono state formulate diverse teorie: nella maggior parte dei casi si pensa che le cellule neoplastiche siano in grado di sintetizzare o liberare molecole attive che, direttamente o indirettamente, causano i sintomi; tuttavia, per avere una sindrome paraneoplastica, non è sufficiente che le cellule tumorali sintetizzino una sostanza particolare ma è necessario che la sostanza prodotta abbia un’attività biologica rilevante (ormoni, citochine, fattori di crescita, etc.). In alternativa, la presenza del tumore potrebbe

LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

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Page 1: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

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LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI COMPARATIVI CON LA MEDICINA UMANA

Chiara Brachelente, DVM, PhD, Dipl. ECVP

Dipartimento di Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari - Perugia

Le sindromi paraneoplastiche (SPN) comprendono una serie di manifestazioni indotte dagli

effetti indiretti o “remoti” di una neoplasia. Per essere definite tali, queste sindromi non

devono essere imputabili alla diffusione locale o metastatica del tumore e, secondo i criteri di

classificazione più restrittivi, neppure alla elaborazione di sostanze prodotte in condizioni

fisiologiche dal tessuto di origine della neoplasia. Nella pratica clinica, e soprattutto in

medicina veterinaria, tuttavia, si considerano sindromi paraneoplastiche anche quelle

patologie indotte “a distanza” da sostanze ormonali prodotte in eccesso in corso di neoplasie

di organi endocrini come si verifica, ad esempio, nell’iperadrenocorticismo per adenomi

corticali. Le sindromi paraneoplastiche possono colpire qualsiasi organo o tessuto, con

meccanismi diversi, e possono essere classificate in sindromi di ordine generale (febbre,

proteine di fase acuta, etc.) o di ordine specifico (ematologico, endocrinologico, neurologico,

dermatologico, gastroenterologico, renale, etc). Altri criteri classificativi delle SPN si basano

sui meccanismi patogenetici all’origine delle alterazioni tissutali. L’importanza clinica delle

SPN risiede nel fatto che la comparsa delle manifestazioni patologiche può precedere la

manifestazione di una neoplasia, che può quindi essere diagnosticata precocemente, o può

corrispondere ad una disseminazione od estensione della malattia stessa. Inoltre le SPN

seguono un decorso parallelo a quello del tumore che le ha determinate: si risolvono se il

tumore viene rimosso e ricompaiono se il tumore recidiva o metastatizza. Per questo motivo,

vengono sfruttate come markers diagnostici di recidive tumorali o per monitorare l’andamento

di una terapia antineoplastica. Un altro fattore da considerare, in sede clinica, è che le SPN

sono spesso causa di morbidità e mortalità, richiedendo di frequente specifici trattamenti,

indipendenti dalle terapie antineoplastiche stesse.

Per spiegare la patogenesi delle varie SPN sono state formulate diverse teorie: nella maggior

parte dei casi si pensa che le cellule neoplastiche siano in grado di sintetizzare o liberare

molecole attive che, direttamente o indirettamente, causano i sintomi; tuttavia, per avere una

sindrome paraneoplastica, non è sufficiente che le cellule tumorali sintetizzino una sostanza

particolare ma è necessario che la sostanza prodotta abbia un’attività biologica rilevante

(ormoni, citochine, fattori di crescita, etc.). In alternativa, la presenza del tumore potrebbe

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essere responsabile della deplezione di fattori fisiologici, la cui mancanza porta alla sindrome

paraneoplastica. Infine, una terza teoria spiega le SPN come manifestazioni su base

autoimmunitaria. Secondo questa teoria, le cellule tumorali sarebbero in grado di esprimere

antigeni che presentano epitopi in comune con antigeni normalmente espressi dagli organi e

tessuti dell’ospite, scatenando quindi una risposta immunitaria nei confronti del tumore e dei

tessuti non neoplastici.

In medicina umana sono conosciute numerose sindromi paraneoplastiche cutanee e si stima

che circa il 30-50% dei pazienti oncologici manifesti una SPN nel corso della malattia

neoplastica. Al contrario, in medicina veterinaria, sebbene le SPN vengano riportate sempre

più spesso, rimangono limitate le descrizioni di patologie specifiche riconosciute. Il motivo di

questa discordanza tra i dati della medicina umana e veterinaria potrebbe essere dovuto ad una

minore incidenza di queste malattie nelle specie domestiche o piuttosto alla incapacità di

ascrivere ai sintomi clinici una relazione con la presenza di una neoplasia. A complicare il

quadro vi è la considerazione che, anche in medicina umana, non tutte le sindromi

paraneoplastiche sono associate in maniera consistente con una neoplasia; esistono infatti

SPN cosiddette facoltative in cui l‘associazione con un tumore è possibile, ma infrequente. In

effetti, in questa categoria dovrebbero esser comprese soltanto quelle malattie la cui frequenza

di associazione è sufficientemente alta da giustificare ulteriori accertamenti per la presenza di

un tumore.

In medicina umana, tra le sindromi paraneoplastiche più frequentemente descritte si

annoverano l’acanthosis nigricans, il segno di Leser-Trélat, la sindrome di Bazex, l’ittiosi

acquisita, la dermatomiosite, il pemfigo paraneoplastico, l’eritema gyratum repens, l’eritema

migratorio necrolitico, la sindrome di Sweet e l’ipertricosi lanuginosa acquisita.

Tra le sindromi paraneoplastiche meglio riconosciute in medicina veterinaria si ricordano, nel

gatto, la dermatite esfoliativa e l’alopecia paraneoplastica; nel cane, la sindrome da

femminilizzazione, la dermatofibrosi nodulare, la necrosi metabolica dell’epidermide ed il

pemfigo paraneoplastico.

Bibliografia

• Chung VQ, Moschella SL, Zembowicz A, Liu V. Clinical and pathologic findings of paraneoplastic dermatoses. J Am Acad Dermatol. 2006 May;54(5):745-62.

• Stone SP, Buescher LS. Life-threatening paraneoplastic cutaneous syndromes. Clin Dermatol. 2005 May-Jun;23(3):301-6.

• Turek MM. Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature. Vet Dermatol. 2003 Dec;14(6):279-96.

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TIMOMA NEL CANE E NEL GATTO: DIAGNOSI E TRATTAMENTO

Giorgio Romanelli

Indirizzo per corrispondenza [email protected]

Fra i tumori mediastinico riportati nel cane e nel gatto, i più comuni sono il timoma, il linfoma

e i carcinomi tiroidei ectopici. Il timoma è il tumore primario del timo più comune e la

chirurgia è il trattamento di scelta per i tumori mediastinico, eccetto che per il linfoma.

I timomi possono essere ben incapsulati come invasivi e metastatici a polmone, linfonodi e,

raramente, a fegato, reni e milza.

L’aspetto istologico dei timomi mal si correla con la prognosi e, dal punto di vista

strettamente prognostico, sono meglio divi in “invasivi” e “non invasivi”.

Segnalamento e segni clinici

I timomi si presentano solitamente in pazienti anziani e l’età medi di presentazione è di 10.5

anni nel cane e 10 nel gatto.

I segni clini dipendono dalla dimensione e dall’invasività del tumore e possono essere non

specifici (letargia, anoressia e perdita di peso), correlati alla lesione occupante spazio

(intolleranza all’esercizio, dispnea e disfagia) o causati da una sindrome paraneoplastica.

I timomi invasivi possono produrre una sindrome della vena cava (edema del collo e della

testa), versamento pleurico, chilotorace, chilopericardio o pneumotorace.

Occasionalmente un timoma è scoperto per caso ad una radiografia del torace.

All’esame fisico, l’apice cardiaco può essere spostato a destra o caudalmente ed il torace è

scarsamente compressibile manualmente.

Le sindromi paraneoplastiche associate a timoma nel cane e nel gatto includono ipercalcemia,

miastenia grave con megaesofago e debolezza muscolare, polimiosite e malattie cutanee

immunomediate (gatto).

Ci può anche essere un aumento dell’incidenza di neoplasie non tipiche in pazienti con

timoma, che possono essere causate da una diminuzione dell’immunosorveglianza

timodipendente.

Diagnosi

I parametri ematici sono solitamente nella norma anche se sono stati riportati linfocitosi ed

ipercalcemia.

Nei pazienti con sospetta miastenia grave è necessario ottenere la misurazione degli anticorpi

antiacetilcolina.

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La diagnosi di timoma si basa sulle radiografie toraciche e sui risultati dell’ago aspirazione

e/o della biopsia.

Le radiografie toraciche rivelano una massa dei tessuti molli, solitamente ben circoscritta, a

carico del torace cranioventrale. Inoltre, possono essere evidenti elevazione della trachea,

versamento pleurico, megaesofago, polmonite ab ingestis, metastasi polmonari e spostamento

caudale dell’ombra cardiaca.

L’esame ecografico può essere utile per definire l’ecogenicità della lesione che nel timoma è

solitamente ad aspetto misto e cistico, al contrario del linfoma che solitamente si presenta

ipoecogeno ed omogeneo.

Un esofagogramma può essere utile per meglio valutare la motilità esofagea.

La TC è al momento l’indagine diagnostica di scelta per evidenziare l’aspetto della neoplasia,

il grado di invasione dei tessuti circostanti e dei grossi vasi (vena cava) e la presenza di

metastasi linfonodali e polmonari.

La biopsia è necessaria per una diagnosi definitva e per differenziare un timoma da tutte le

altre neoplasie del mediastino anteriore (linfoma mediastinico, carcinoma timico, tumori della

tiroide o della paratiroide ectopica, tumori neuroendocrini e tumori metastatici) e da lesioni

non neoplastiche (cisti brachiali)

L’esame citologico di timoma solitamente rivela linfociti, cellule epiteliali e mastociti. La

proporzione fra linfociti e cellule epiteliali varia in aree differenti della neoplasia e

solitamente si richiedono campioni multipli, da più punti.

E’ molto importante eliminare la possibilità di un linfoma mediastinico che deve essere

trattato chemioterapicamente o radioterapeuticamente e non chirurgicamente.

Il linfoma è più comune negli animali giovani e l’ago aspirato rivela linfoblasti e linfociti

immaturi ed i gatti con linfoma mediastinico solo solitamente FeLV positivi.

Nei casi dubbi si può ricorrere all’immunofenotipizzazione: in caso di timoma il numero di

cellule che coesprimono positività CD4 e CD8 è superiore al 10%; in caso di linfoma invece

la positività è generalmente inferiore al 2%

Terapia

L’exeresi chirurgica è il trattamento di scelta per tutti i tumori timici tranne che per il linfoma.

L’approccio chirurgico è solitamente tramite sternotomia mediana. Se possibile, la porzione

caudale dello sterno e lo tifoide non devono essere incisi per aumentare la stabilità dello

sterno dopo la ricostruzione che deve essere eseguita mediante l’uso di filo d’acciaio

ortopedico, tranne nei pazienti molto piccoli nei quali può essere usato un filo di polipropilene

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di grosse dimensioni.

In casi selezionati può essere usta una toracotomia intercostale che offre però un approccio

molto più limitato.

L’esplorazione chirurgica può essere necessaria, nonostante tutti gli esami preoperatori, per

determinare se un timoma è invasivo o non invasivo e quindi resecabile. E’ importante

ricordare che la dimensione non è collegata alla resecabilità.

I timomi non invasivi hanno aderenze limitate con gli organi intratoracici e possono essere

asportati mediante dissezione smussa, ponendo particolare attenzione alle strutture dorsali,

soprattutto vena cava e nervo frenico, ed alla vascolarizzazione propria della neoplasia che

solitamente deriva dai vasi toracici interni che devono essere allacciati. In alcuni casi è

necessario sacrificare un nervo frenico ed eseguire una lobectomia parziale di un polmone

adeso alla neoplasia.

I timomi invasivi possono talvolta essere asportati comprendendo parte del pericardio, i lobi

polmonari craniali ed seguendo una venotomia cavale in caso di trombizzazione.

E’ stato riportato l’uso di un impianto giugulare per la ricostruzione cavale in un caso in cui

non è stato possibile mantenere un diametro vascolare adeguato.

Ci sono informazioni limitate sull’utilità di una terapia adiuvante in caso di timoma ma il

prednisone può essere usato per ridurne la componente linfocitica.

La radioterapia può essere usata in pazienti con timomi invasivi non operabili o dopo una

exeresi chirurgica incompleta.

Uno studio retrospettivo nel quale sono stati usati vari trattamenti ha riportato una risposta del

75% (15/20) in cani e gatti trattati con una combinazione di chirurgia e radioterapia

Prognosi

Il fattore prognostico più importante in pazienti con timoma trattato chirurgicamente è la

presenza di megaesofago poiché tale malattia pone i pazienti a elevato rischio di polmonite ab

ingestis nell’immediato postoperatorio.

In uno studio, la sopravvivenza media di cani con megaesofago è stata di 4 giorni mentre

quella di pazienti senza megaesofago non è stata raggiunta con una sopravvivenza ad 1 anno

del 87%.

Il trattamento ottimale di animali con megaesofago associato a miastenia grave secondaria a

timoma non è chiaro anche se solitamente si suggerisce una terapia a base di

anticolinesterasici e cortisonici.

E’ satto riportato un miglioramento del megaesofago dopo timectomia, ma si consiglia

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comunque una terapia medica postoperatoria.

In uno studio retrospettivo, la sopravvivenza media è stata di 248 e 720 giorni in pazienti

trattati rispettivamente con sola radioterapia e chirurgia e radioterapia combinate.

Letture consigliate

• Atwater SW, et al. Thymoma in dogs: 23 cases (1980-1991). JAVMA 205:1007-13, 1994

• Bellah JR & Smith AN. The thymus. In: Slatter D (ed) Textbook of Small Animal Surgery, 3rd

edition, WB Saunders, Philadelphia, pp. 1083-91, 2003

• Carpenter JL & Holzworth J. Thymoma in 11 cats. JAVMA 181:248-51, 1982 • Hunt GB, et al. Excision of a locally invasive thymoma causing cranial vena caval syndrome in a dog.

JAVMA 210:1628-30, 1997 • Klebanow ER. Thymoma and acquired myasthenia gravis in the dog: A case report and review of 13

additional cases. JAAHA 28:63-9, 1992 • Smith AN, et al. Radiation therapy in the treatment of canine and feline thymomas: A retrospective study

(1985-1999). JAAHA 37:489-96, 2001 • Lana S, Plaza S, Hampe K, Burnett R, Avery AC Diagnosis of Mediastinal Masses in Dogs by Flow

Cytometry J Vet Intern Med 2006;20:1161–1165

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DERMATITE ESFOLIATIVA FELINA SECONDARIA A TIMOMA. QUADRO CLINICO E DERMATOPATOLOGICO.

Silvia Colombo* & Francesca Abramo**

*Libero professionista, Milano; **, Dipartimento di Patologia Animale dell’Università di Pisa

Definizione

La dermatite esfoliativa secondaria a timoma è una sindrome di recente identificazione nel

gatto, la cui natura “paraneoplastica” è stata dimostrata con la completa remissione dei segni

clinici in seguito all’asportazione del tumore. Nell’uomo, il timoma può essere associato a

pemfigo foliaceo o volgare, pemfigo paraneoplastico, epidermolisi bollosa acquisita e

raramente a dermatite esfoliativa.

Patogenesi.

La patogenesi è ancora poco conosciuta: la teoria più accreditata suggerisce che le lesioni

cliniche siano la conseguenza di un processo di autoimmunità cellulomediata. Il timo, infatti,

è un organo deputato alla maturazione e alla selezione dei linfociti T, nel quale le cellule che

reagiscono contro antigeni “self”, in condizioni normali, vengono eliminate (selezione

negativa). Nel timoma, alcuni linfociti T immaturi potrebbero sfuggire a questa selezione ed

entrare in circolo come cellule T autoreattive, responsabili dell’attacco diretto contro i

cheratinociti.

Segni clinici sistemici e dermatologici

Si tratta di una sindrome paraneoplastica rara, in cui spesso i segni clinici cutanei precedono

quelli sistemici (anoressia, letargia, calo ponderale, tosse, dispnea) dovuti alla presenza di una

massa toracica. Si osserva in gatti di età media o avanzata e può essere associata anche a

miastenia gravis, polimiosite e miocardite. I segni clinici dermatologici sono rappresentati da

eritema ed esfoliazione inizialmente localizzati alla testa, al collo e alle orecchie, che si

estendono progressivamente a tutto il corpo. L’esfoliazione è tipicamente a scaglie di grosse

dimensioni, ed è causa di alopecia secondaria. Possono in seguito comparire lesioni ulcerative

e crostose, e può essere presente materiale cheratoseborroico di colore marrone nelle pieghe

ungueali, nei condotti uditivi e negli spazi interdigitali. Questo materiale contiene lieviti del

genere Malassezia in grande numero. Il prurito è assente, a meno che non siano presenti

infezioni batteriche o da lieviti come complicanze secondarie.

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Diagnosi differenziale.

Le malattie da prendere in considerazione nelle diagnosi differenziale sono la cheyletiellosi, la

demodicosi, la dermatofitosi, il lupus eritematoso sistemico, l’eritema multiforme, la reazione

avversa ad un farmaco, la sovracrescita di Malassezia secondaria a malattie sistemiche nel

gatto anziano (iperadrenocorticismo, diabete mellito, ipertiroidismo) ed il linfoma cutaneo

epiteliotropo.

Esami collaterali.

La diagnosi richiede un esame istopatologico delle biopsie cutanee e metodiche di diagnostica

per immagini (radiologia, TAC, ecografia) allo scopo di accertare la presenza di una massa

toracica.

Esame istopatologico della cute.

L’esame istopatologico consente il rilievo di lesioni caratteristiche di una dermatite

dell’interfaccia. Queste sono rappresentate da degenerazione idropica delle cellule basali e

apoptosi dei cheratinociti sia basali che soprabasali, talvolta accompagnate da satellitosi.

L’infiltrato mononucleare, che si distribuisce a banda nel derma superficiale, può essere

scarso o abbondante e pertanto riferibile a dermatite “cell-poor” o “cell-rich”.

Contestualmente può essere riscontrata una drastica riduzione o assenza delle ghiandole

sebacee. E’ la presenza di linfociti CD3 nell’infiltrato infiammatorio che fa ipotizzare un

attacco immunomediato ai cheratinociti come meccanismo patogenetico.

Esame citologico e istopatologico del timo.

L’esame citologico per aspirazione ecoguidata con ago della massa individuata in torace o

l’esame istologico del tumore dopo exeresi chirurgica confermano la diagnosi. La citologia

del timoma può essere di difficile interpretazione in quanto la neoplasia è spesso costituita da

aree cistiche, necrotiche ed emorragiche. Solo il rilievo di cellule di aspetto epiteliale (spesso

definibile solo dopo indagini di immunocitochimica) consente di differenziare con certezza un

linfoma timico da un timoma. Il quadro citologico è comunque caratterizzato dal rilievo, in

numero variabile, anche di mastociti, eosinofili, macrofagi, melanociti, plasmacellule e

neutrofili. Nel timoma la componente linfociaria può essere inoltre preponderante rendendo

dubbia l’interpretazione del preparato. Istologicamente sono infatti riconosciute forme

prevalentemente linfocitarie, prevalentemente epiteliali e miste. Le cellule epiteliali (positive

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alle citocheratine) sono di forma allungata e meno frequentemente rotonde o poligonali, i

nuclei pallidi e vescicolosi con nucleolo prominente e il citoplasma a margini indistinti. I

linfociti infiltranti sono per lo più piccoli ed eterogenei per morfologia ma in un terzo circa

dei casi sono di grandi dimensioni. In alcuni casi sono evidenziabili i corpi di Hassal.

Terapia.

Il tumore primario è solitamente benigno e in alcuni dei casi descritti l’exeresi chirurgica del

timoma ha condotto alla completa risoluzione dei segni clinici dermatologici. Nella maggior

parte dei casi, però, i gatti sono stati sottoposti ad eutanasia per l’identificazione tardiva o

mancata del tumore o per il rifiuto del proprietario di procedere con l’intervento chirurgico.

Bibliografia

• Turek MM, (2003), Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature, Vet

Dermatol 14:279-296. • Forster-van Hijfte MA, Curtis CF, White RN, (1997), Resolution of exfoliative dermatitis and Malassezia

pachydermatis overgrowth in a cat after surgical thymoma resection, J Sm Anim Pract 38: 451-454. • Rivierre C, Olivry T, (1999), Dermatite exfoliative paranéoplasique associée à un thymome chez un chat:

resolution des symptoms après thymectomie, Prat Méd Chir Anim Comp 34:531-537. • Mauldin EA, Morris DO, Goldschmidt MK, (2002), Retrospective study: the presence of Malassezia in

feline skin biopsies. A clinicopathological study, Vet Dermatol 13:7-13. • Rottenberg S, von Tscharner C, Roosje PJ. Thymoma-associated Exfoliative Dermatitis in Cats. Vet Pathol

41:429–433 (2004)

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SINDROMI PARANEOPLASTICHE DERMATOLOGICHE “RARE”

Luisa Cornegliani, DMV, Dipl. ECVD

Libero Professionista, Milano

Definizione

La sindrome paraneoplastica (SPN) è un’alterazione fisica non tumorale secondaria alla

neoplasia, che si verifica in un distretto differente da quello del tumore primario e/o dalle sue

metastasi; causa segni clinici che riflettono gli effetti remoti del cancro piuttosto che quelli

diretti indotti dalla crescita tumorale stessa o dalla sua invasione tissutale. La SPN si presenta

con gravi alterazioni endocrine, ematologiche, gastrointestinali, neurologiche, renali o cutanee

e spesso può rappresentare il primo segno clinico della neoplasia, essendo così correlabili a

specifici tumori. E’ difficile definire quali siano le sindromi paraneoplastiche “rare”, visto che

in veterinaria non esistono elaborazioni statistiche in merito; in medicina umana invece si

stima che circa il 50% dei pazienti con tumore possano manifestare una SPN nel corso della

malattia. Le SPN rare in veterinaria sono: il pemfigo paraneoplastico, il prurito

paraneoplastico, l’amiloidosi, la vasculite e la dermatomiosite.

Pemfigo paraneoplastico (PPN) (nuova terminologia: variante epiteliale della sindrome

paraneoplastica autoimmune multiorgano)

Nell’uomo è una sindrome ben conosciuta, considerata poco comune, ma non rara. In

veterinaria sono stati segnalati pochi casi nel cane e nel cavallo. Nel cane è stato descritto in

modo completo almeno un caso. L’animale presentava inizialmente anoressia e depressione,

associate a gravi lesioni erosive ed ulcerative orali; successivamente sono apparse lesioni

vescicolobollose sul capo, sulle estremità e sul tronco. Alla necroscopia si evidenziava il

tumore primario, un linfoma mediastinico. Il caso riportato nel cavallo era invece secondario

ad emangiosarcoma splenico. Nell’uomo il PPN è stato correlato a neoplasie quali linfoma,

leucemia linfocitica cronica, sarcomi, carcinoma squamocellulare e timoma. In medicina

umana la diagnosi di PPN deve soddisfare i seguenti criteri: 1) presenza d’eruzioni cutanee

con vescicole e/o erosioni; 2) caratteristiche istologiche caratterizzate da acantolisi

epidermica, necrosi dei cheratinociti, dermatite d’interfaccia vacuolare; 3) deposizione

d’immunoglobuline G e del complemento tra epidermide e membrana basale

(immunofluorescenza diretta); 4) presenza d’autoanticorpi serici reattivi nei confronti

dell’epidermide normale (immunofluorescenza indiretta); 5) immunoprecipitazione con

anticorpi serici. Il caso descritto nel cane da White (1998), soddisfava tutti i criteri riportati in

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medicina umana. L’esame istopatologico, l’immunofluorescenza indiretta, il Western blot

soddisfacevano i criteri. L’analisi ematica rivelava la presenza di autoanticorpi nei confronti

di due proteine: 230, 210 e 190 kDa. L’istopatologia delle lesioni cutanee comprende le

lesioni classiche dell’eritema multiforme e quelle del pemfigo volgare. I rari casi segnalati

hanno avuto tutti un esito fatale e la diagnosi eziologica è stata solo effettuata in sede

necroscopica. Mancano quindi i dati per ipotizzare un’adeguata terapia.

Prurito paraneoplastico

Il prurito è una sensazione cutanea sgradevole che provoca il desiderio di grattarsi, strofinarsi,

mordicchiarsi; è sintomo di molte malattie. In medicina umana esiste una forma di prurito

paraneoplastico associato a neoplasie sistemiche e più comunemente in pazienti con il linfoma

di Hodgkin. In circa il 10% dei malati può addirittura rappresentare il primo segno clinico

della malattia, mentre circa il 50% lo sviluppano durante la neoplasia. Anche negli animali è

stato segnalato questo sintomo associato al linfoma (cavallo, gatto). Il meccanismo preciso di

sviluppo del prurito in corso di linfoma non è chiaro, ma sembra essere causato dal rilascio di

istamina associato al disordine linfoproliferativo. Esistono anche altre neoplasie umane che

possono indurre prurito quali tumori cerebrali (prurito parossistico), colestasi estraepatica

maligna, tumore squamocellulare. Nel cane il mastocitoma sistemico può indurre prurito

incoercibile, ma attualmente non è ben chiaro se si tratti di una vera sindrome paraneoplastica.

La diagnosi può essere talvolta indaginosa, ma se precoce consente di affrontare la neoplasia

in modo adeguato. L’eliminazione del tumore comporta la risoluzione del prurito.

Amiloidosi, vasculite e dermatomiosite

Nell’uomo, sono segnalate anche lesioni e/o malattie dermatologiche associate alla neoplasia

difficili da correlare ad essa. La dermatomiosite per esempio è associata al timoma,

l’amiloidosi al linfoma e la vasculite a differenti altri tumori. Difficile capire quale sia

l’incidenza di tali manifestazioni cliniche in veterinaria.

Bibliografia • Williams MA, et al: Paraneoplastic bullous stomatitis in a horse. JAVMA, 1995, 207: 331-334. • Turek MM: Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature. Veterinary

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IPERCALCEMIA MALIGNA NEL CANE. DIAGNOSI, TRATTAMENTO E NEOPLASIE AD ESSA

COLLEGATE

Laura Marconato, Giorgio Romanelli, Paolo Buracco

Per sindrome paraneoplastica s’intende un gruppo di disordini associati alla presenza

di una neoplasia, ma non correlati a dimensioni o localizzazione della lesione,

metastasi o attività fisiologica del tessuto maturo di origine. Le sindromi

paraneoplastiche producono dei segni che riflettono l’effetto remoto del tumore e non

quello diretto dovuto alla crescita o invasione neoplastica.

La sindrome paraneoplastica può precedere, seguire o coincidere con la scoperta del

tumore connesso, inoltre può fungere da marker di risposta del tumore alla terapia o

di recidiva dopo la remissione.

L’ipercalcemia è un’anomalia biochimica, caratterizzata da un aumento persistente

della calcemia (> 12 mg/dl nel cane e 11 mg/dl nel gatto) ed i tumori (linfoma,

timoma, adenocarcinoma delle ghiandole apocrine dei sacchi anali, mieloma

multiplo, carcinomi metastatici all’osso, neoplasie ossee primitive) ne rappresentano

la causa più comune nel cane e nel gatto.

I normali meccanismi omeostatici lavorano per mantenere i livelli di calcio sierico in

un range stretto, dal momento che l’omeostasi del calcio interviene in numerosi

funzioni vitali intra- ed extracellulari, tra cui formazione ossea e riassorbimento,

trasmissione neuromuscolare, contrazione muscolare, conduzione nervosa, reazioni

enzimatiche, trasporto trans-membranario e stabilità di membrana, coagulazione del

sangue, secrezione ormonale, controllo dei depositi epatici di glicogeno, crescita

cellulare e divisione.

La normale omeostasi del calcio è mantenuta grazie all’azione integrata di PTH,

calcitonina e metaboliti di vitamina D (soprattutto calcitriolo). Mentre PTH e

metaboliti di vitamina D intervengono per aumentare la calcemia, la calcitonina

interviene in caso di ipercalcemia per ridurre i livelli di calcio sierico. PTH è prodotto

dalle paratiroidi e regola la calcemia minuto per minuto, al contrario il calcitriolo

(metabolita più attivo della vitamina D) è importante per la regolazione quotidiana

della calcemia. La calcitonina è invece prodotta dalle cellule parafollicolari © della

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tiroide. Gli organi bersaglio di PTH, calcitriolo e calcitonina sono: piccolo intestino,

reni ed ossa.

I principali meccanismi fisiopatologici all’origine dell’ipercalcemia maligna sono:

1. ipercalcemia umorale: produzione da parte delle cellule neoplastiche di fattori

ad attività ipercalcemizzante, tra cui PTHrP, IL-1, IL-6, TNF-�, TGF-�,

TGF-�, PGE2, fattore attivante gli osteoclasti e calcitriolo.

2. ipercalcemia osteolitica: secondaria a metastasi ossee di tumori solidi o a

neoplasie emopoietiche con interessamento midollare

I sintomi correlati all’ipercalcemia si ripercuotono sul sistema neuromuscolare,

gastroenterico, renale e cardiovascolare. Nel gatto ipercalcemico sono

particolarmente evidenti letargia e anoressia.

E’ molto importante differenziare l’ipercalcemia maligna dall’ipercalcemia non

indotta dai tumori. Le principali diagnosi differenziali devono essere poste con:

iperparatiroidismo primario, insufficienza renale acuta o cronica, ipervitaminosi D,

ipoadrenocorticismo, crescita negli animali giovani, osteomielite.

Per diagnosticare la causa all’origine dell’ipercalcemia sono indicati: anamnesi

dettagliata, esame clinico, esame emocromocitometrico, ematochimica (in particolare

calcemia totale e calcio ionico, azotemia a creatininemia, concentrazione di fosforo),

esame delle urine, radiografia di torace e addome, citologia di linfonodi palpabili. Se

tutti questi esami non consentono di identificare la causa, si ricorre a: ecografia

addominale con citologia ecoguidata di fegato, milza e linfonodi megalici, citologia

midollo osseo, dosaggio di PTH, calcio ionizzato, e PTHrP. In alcuni casi selezionati

si procede con test di stimolazione con ACTH oppure a trial terapeutici con

glicocorticoide o chemioterapici (L-asparaginasi).

La terapia dell’ipercalcemia maligna può essere sintomatica (per stabilizzare il

paziente) o d’elezione (per rimuovere la neoplasia responsabile). La terapia

sintomatica deve essere garantita al paziente in attesa della diagnosi eziologica e

dell’istituzione di una terapia d’elezione.

La terapia sintomatica prevede: fluidoterapia con soluzione fisiologica, furosemide, e

glicocorticoidi (soltanto se la causa è stata identificata). Particolarmente utili sono

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alcuni farmaci che consentono di ripristinare abbastanza velocemente la calcemia,

soprattutto se refrattaria ai trattamenti precedenti: calcitonina, difosfonati,

plicamicina e agenti alcalinizzanti (bicarbonato di sodio).

Diagnosi e trattamento del carcinoma dei sacchi anali

L’adenocarcinoma dei seni paranali (o sacchi anali o seni anali) deriva dalle ghiandole

apocrine del è la neoplasia più frequente a carico di queste strutture, sembra prevalere nelle

femmine sterilizzate di età media di 10,8 anni (range 5-17) anche se lavori più recenti

indicano una uguale possibilità in maschi e femmine. Non sembra esserci un’evidente

predisposizione razziale. Rarissimo nel gatto.

Eziologia e comportamento biologico

Al contrario delle neoplasie benigne di derivazione circumanale, per l’adenocarcinoma del

seno paranale non è dimostrata alcuna ormonodipendenza.

L’adenocarcinoma dei seni paranali è un tumore particolarmente aggressivo, difficile però da

evidenziare clinicamente nelle fasi iniziali a causa della sua localizzazione occulta.

Se di ridotte dimensioni (2-5 mm) la lesione può, infatti, passare inosservata ed essere

incidentalmente rilevata all'esplorazione digito-rettale. Secondo uno studio il tumore sarebbe

clinicamente evidente solo nel 69% dei casi. La lesione può essere bilaterale e l’ulcerazione è

rara. L’animale è in genere condotto a visita solo quando la neoplasia ha raggiunto

dimensioni ragguardevoli, con conseguenti disturbi funzionali della defecazione (nel 34% dei

casi), e/o quando compaiono i segni clinici associati all’ipercalcemia paraneoplastica che si

determina fino all’80-90% dei casi. La disseminazione metastatica ai linfonodi iliaci (o

sottolombari) è frequente e può essere già presente al momento della prima presentazione

(fino al 72% dei soggetti); è comunque più frequente nelle femmine rispetto ai maschi

(metastasi in genere più tardive). La linfoadenopatia sottolombare può esacerbare il tenesmo

defecatorio per compressione dorsale di colon-retto; le stazioni linfatiche successive sono i

linfonodi lombo-aortici. Sono inoltre possibili metastasi epatiche e, seppur raramente,

spleniche, polmonari od ossee (vertebre lombari).

Approccio diagnostico e stadiazione

EMATOLOGIA

Gli esami ematologici sono solitamente nella norma tranne il valore del calcio ematico che

può essere elevato in una percentuale che varia dal 50 al 90%

ESPLORAZIONE RETTALE: per valutare l’estensione del processo neoplastico e l’eventuale

aumento di volume dei linfonodi sottolombari. I linfonodi iliaci, localizzati alla

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quadriforcazione dell’aorta addominale, sono apprezzabili al loro polo caudale come masse

ovoidali al di sotto della colonna.

ESAME ECOGRAFICO: per la linfoadenopatia sottolombare (soprattutto in soggetti di grossa

taglia nei quali il dito esplorante non raggiunge l’area del linfonodo), linfonodi lomboaortici,

fegato e altri organi addominali. Nel corso dell’ecografia, su tali strutture, è possibile

effettuare anche biopsie ad ago sottile ecoguidate

ESAME TC per misurare in modo accurato la linfoadenopatia e le eventuali metastasi

polmonari .

BIOPSIA: nei soggetti con adenocarcinoma del seno paranale, l’esame citologico è in genere

diagnostico e la biopsia incisionale trova poche indicazioni.

Sindromi paraneoplastiche

Per le neoplasie di questa regione la più significativa è l’ipercalcemia, frequente in caso di

adenocarcinoma del seno paranale e che è dovuta alla produzione da parte del tumore di una

sostanza paratormone-simile; non necessariamente la sua presenza implica ipercalcemia ma

sicuramente essa gioca un importante ruolo nella patogenesi di questa alterazione metabolica.

Si ricordi che l’ipercalcemia, a seguito dell’asportazione chirurgica del tumore e delle sue

eventuali metastasi, si risolve per poi ricomparire con lo sviluppo della recidiva o di altre

metastasi (marker tumorale).

Terapia

Si basa su escissione chirurgica (sempre bilaterale), linfoadenectomia (quando indicato) e

chemioterapia adiuvante.

L’escissione chirurgica è in genere marginale considerato che, nella maggior parte dei casi, la

disseminazione linfatica è già avvenuta rendendo inutile la rimozione “en bloc”.

I linfonodi iliaci e/o lomboaortici, anche se molto ingranditi, sono esplorati e, se possibile,

escissi per via celiotomica. I linfonodi asportati, al pari della lesione primaria, sono sottoposti a

esame istologico.

L'uso della chemioterapia a base di doxorubicina, mitoxantrone, ciclofosfamide, cisplatino o

carboplatino può risultare utile; anche nel gatto l’uso del carboplatino o della doxorubicina

può prolungare la sopravvivenza. Recentemente è stato proposto l’uso adiuvante, nel cane,

del solo melphalan: la sopravvivenza mediana nei cani con lesioni anche metastatiche è

risultato di 20 mesi, in quelli con tumore solo a livello dei seni di 29,3 mesi, senza differenze

significative fra i due gruppi (7 cani in ciascuno). L'irradiazione della parte, oltre che della

regione retroperitoneale, è un’ulteriore opzione. In uno studio, a seguito di escissione

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chirurgica e irradiazione adiuvante, si è registrata una sopravvivenza media di 12,7 mesi

(mediana 8,3; range 1,5-39 mesi); la maggior parte dei cani colpiti è stata poi sottoposta ad

eutanasia per recidiva e/o metastasi.

Fattori prognostici

I fattori prognostici negativi sono il coinvolgimento metastatico dei linfonodi regionali e

l’ipercalcemia; in uno studio recente, comunque, l’ipercalcemia non avrebbe influito in modo

significativo sulla sopravvivenza. La sopravvivenza mediana varia da 6 a 16 mesi a seconda

che la disseminazione metastatica sia presente o meno al momento della diagnosi. Recidiva

locale, dopo escissione, si rileva in almeno metà dei casi.

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Modificato da “Oncologia del cane e del gatto” ed. Elsevier Masson con il permesso dell’editore

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DERMATOFIBROSI NODULARE

Luisa Cornegliani, DMV, Dipl ECVD

Libero professionista, Milano

Definizione

Il Cistoadeno(carcino)ma renale multifocale e la dermatofibrosi nodulare (RCND)

rappresentano una rara malattia ereditaria, che si manifesta come una sindrome tumorale

prevalentemente nei cani di razza pastore tedesco. Fu descritta per la prima volta nel 1983. La

sindrome è caratterizzata da tumori bilaterali multifocali dei reni, numerosi noduli di

consistenza solida sulla cute e sottocute. I cani di sesso femminile presentano leiomioma nel

50% dei casi.

Eziopatogenesi

La RCND è una malattia genetica, autosomica dominante, causata dalla mutazione del

cromosoma 5 (Canis familiaris 5 o CFA5) e dalla mutazione dell’exone 7. Nell’uomo la

sindrome di Birt-Hogg-Dubè (BHD), secondaria ad una mutazione genetica del cromosoma

17p12-q11.2 che codifica la folliculina (FLCN), è clinicamente simile alla RCND; è inoltre

segnalata nel ratto Eker la sindrome del carcinoma renale indotta dalla mutazione del gene tsc

2. La causa genetica della RCDN pone in discussione se chiamarla sindrome paraneoplastica

o se la si può classificare tra le malattie ereditarie. L’alterazione del CFA5 comporta un

aumento del TGF-beta. Quest’ultimo normalmente stimola la fibrosi e l’espressione di: ECM

(extra cellular matrix), collagene I, III, IV, fibronectina, trombospondina, tenascina,

osteopontina, osteonectina e proteoglicani; mentre inibisce l’espressione di proteasi quali

collagenasi, stromelisina, attivatori del plasminogeno. La sovra-espressione del TGF-beta1

comporta l’attivazione dei leucociti, l’aumento della loro capacità adesiva e l’accumulo dei

fibroblasti, stimolando la produzione di matrice (ECM). A livello dermico la dermatofibrosi

nodulare sembra essere dovuta alla produzione di citochine piuttosto che essere il risultato di

un processo paraneoplastico secondario al tumore renale. D’altra parte, esistono comunque

teorie a favore dell’ipotesi di un processo paraneoplastico: le cellule neoplastiche regolano il

rimodellamento della matrice inducendo l’angiogenesi e le metastasi, tramite la produzione di

catepsina, tronbospondina e plasmina, attivano il TGF-beta.

Razze

Classicamente è descritta nel Pastore Tedesco, tuttavia è stata segnalata anche nel golden

retriever, nel boxer, nel German Shorthaired Pointer e in alcuni meticci.

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Manifestazioni cliniche

I primi sintomi compaiono a partire da 6-7 anni di età. Gli animali vengono portati alla visita

clinica per la presenza di lesioni dermatologiche. Queste sono rappresentate da noduli multipli

di consistenza soda, ben circoscritti, dimensioni variabili da 2-3 mm a 4 cm diametro. La cute

può essere di colore normale e/o iperpigmentata, ispessita ed a volte alopecica nelle aree di

frizione. Le lesioni dermatologiche sono localizzate prevalentemente sulle estremità degli arti.

Le alterazioni più gravi si riscontrano a carico dei reni: cisti multifocali renali bilaterali di

dimensioni variabili, seguite o associate spesso ad iperplasia e fibrosi del tessuto renale; con il

progredire della malattia si sviluppano cistoadenomi e/o cistoadenocarcinoma. Se le

alterazioni cistiche sono gravi il paziente può presentare dolore e distensione addominale,

depressione e perdita di appetito; in corso di rottura delle cisti renali si ha anche ematuria e

febbre. In generale però il paziente presenta progressivamente insufficienza renale e segni

clinici legati ad essa (anoressia, emaciazione, poliuria-polidipsia e disidratazione). Oltre

all’insufficienza renale cronica, si possono avere, nel 20% dei casi, metastasi ai linfonodi

sternali, fegato e milza. I cani di sesso femminile possono sviluppare leiomioma uterino e/o

leiomiosarcoma. In rari casi è segnalato anche l’interessamento del piccolo intestino per la

presenza di polipi iperplastici ed associata ipertrofia del collagene della parete intestinale.

Nell’uomo con sindrome di Birt-Hogg-Dubè si riscontrano fibrofolliculomi, neoplasia renale

(15% dei pazienti), polipi al colon e cisti polmonari.

Diagnosi

La diagnosi di RCND si basa sull’esclusione di altre cause. Gli esami complementari

dermatologici sono rappresentati da esame citologico per apposizione, a partire da lesioni

ulcerate, e per agoinfissione, dai noduli cutanei. Se i noduli sono ulcerati il quadro citologico

sarà simile a quello della piodermite superficiale vs profonda. La citologia delle lesioni

integre nodulari spesso non è cellulare. L’esame istopatologico evidenzia ispessimento

dermico locale secondario all’incremento di fibre collagene a fasci, noduli sottocutanei ben

circoscritti formati da collagene maturo in continuità con il collagene dermico profondo,

atrofia degli annessi secondaria a proliferazione delle fibre di collagene. L’esame ecografico

addominale è eseguito secondariamente al referto istopatologico nei cani senza altri segni

clinici compatibili con una malattia neoplastica renale, mentre nei pazienti con manifestazioni

sistemiche della malattia spesso precede l’esame istopatologico o è contemporaneo.

L’ecografia addominale evidenzia reni con lesioni cistiche, in parte sedimentate, con aggetti

solidi iperecogeni eterogenei. L’esame istopatologico renale è diagnostico per

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cistoadenocarcinoma o cistoadenoma. In corso di necroscopia, i reni sono aumentati di

volume ed irregolari nella forma, con tumori multipli solidi e/o cistici. E’ possibile eseguire la

diagnosi precoce in pastori Tedeschi cuccioli tramite ecografia addominale: i reni mostrano

cisti multiple di 1-3 mm, reni di dimensioni normali, normale ecogenicità della corticale e

differenziazione corticomidollare conservata. L’esame delle urine può mostrare proteinuria e

bacteruria, ma spesso i valori risultano nei range di riferimento. Anche i profili biochimici ed

ematologici possono essere da normali ad alterati. Le femmine non sterilizzate possono

mostrare calori anomali e infezioni ricorrenti all’utero dovute al tumore uterino (leiomioma).

In questi casi l’esame ecografico, radiografico ed istopatologico confermano il sospetto

diagnostico.

Terapia

Non esiste un trattamento standard della malattia, che è fatale nella maggior parte dei casi per

la grave insufficienza renale e per il tumore. Il tempo di sopravvivenza medio dalla diagnosi è

di circa un anno. Nei casi meno gravi con funzionalità renale parzialmente conservata si può

intervenire chirurgicamente. I noduli cutanei dolenti o ulcerati possono essere asportati, come

pure si può eseguire l’isterectomia per il tumore uterino. Ben più complessa rimane la

gestione terapeutica delle lesioni cistiche o neoplastiche renali. Se solo un rene è affetto in

modo grave si può optare per l’asportazione del medesimo, ma in caso di lesioni simmetriche

resta solo la terapia di supporto. Ovviamente la chirurgia è necessaria se uno dei reni è affetto

da cisti multiple vicino alla rottura e/o neoplastica.

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OSTEOPATIA IPERTROFICA

Paolo Buracco

Indirizzo per corrispondenza [email protected]

L’osteopatia ipertrofica (OI), anche definita morbo di Cadiot, è una sindrome paraneoplastica

caratterizzata da proliferazione periostale (in origine dallo strato cambiale del periostio) che si

sviluppa lungo le diafisi delle ossa lunghe in risposta alla presenza di lesioni maligne e non.

Tali proliferazioni sono a palizzata, disposte cioè perpendicolarmente alla corticale diafisaria.

La loro progressione è disto-prossimale e possono essere coinvolte, seppur di rado, anche

coste e pelvi. Il termine osteoartropatia ipertrofica è più corretto per la specie umana in quanto

nei nostri animali il coinvolgimento articolare non è segnalato.

Nell’uomo la prima descrizione è di Ippocrate (c.d. “dita di Ippocrate,” poi anche definite

“dita a bacchetta di tamburo”, con tumefazione soprattutto periungueale).

E’ per lo più dovuta a tumori polmonari primitivi ma, nel cane, l’OI è anche stata associata a

metastasi polmonari, rabdomiosarcoma vescicale, tumori esofagei, schwannoma maligno (in

partenza dal nervo vago intratoracico), mesotelioma, Sertolioma maligno, carcinoma

vescicale o renale a cellule transizionali, nefroblastoma, fibrosarcoma da Spirocerca lupi, etc.

e, nel gatto, a carcinoma renale papillare e adenocarcinoma surrenalico. Condizioni non

maligne descritte in associazione ad OI sono filariosi, malattie cardiache (comprese le

endocarditi batteriche e shunt destra-sinistra associato a dotto arterioso pervio), atelettasie

polmonari focali, megaesofago congenito, gravidanza, ascessi, granulomi, corpi estranei,

cirrosi epatica e polmoniti da agenti diversi (Eikenella corrodens, tubercolosi, etc), etc.

L’eziologia è sconosciuta. Dal punto di vista patogenetico è evidente l’aumento del flusso

ematico a livello degli arti, forse per stimolo neurogenico (nervo vago, nervi intercostali), con

esito in ipossia a livello capillare locale e attivazione dello strato cambiale del periostio.

Questa teoria è supportata dal fatto che la vagotomia (vago solo sensitivo) esita nella

risoluzione dei segni clinici. Alcune ricerche suggeriscono anche un aumento del releasing

factor per l’ormone della crescita (GHRH).

Segni clinici: dal punto di vista anamnestico il proprietario riferisce spesso di una zoppia

migrante o di una riluttanza al movimento se tutti gli arti sono colpiti. Questi ultimi sono

caldi, dolenti e tumefatti (non si lascia però l’impronta, segno questo di edema passivo).

La diagnosi è radiografica, con visualizzazione della caratteristica periostosi a palizzata.

L’esame radiografico va esteso al torace e alla cavità addominale; quest’ultima è meglio

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indagata con l’esame ecografico. L’obiettivo è rilevare una lesione espansiva in uno od in

entrambi i settori.

Il trattamento prevede l’eliminazione della causa scatenante (escissione della lesione primaria

toracica e/o addominale, metastasectomia polmonare, quest’ultima anche in toracoscopia) a

cui segue la remissione dei segni clinici già nelle prime 24 ore nella maggior parte dei casi. Se

ciò non è possibile (come nel caso di metastasi diffuse), il trattamento palliativo è operato con

corticosteroidei (prednisone, 1-2 mg/kg al giorno), FANS od oppioidi. In un caso di

mesotelioma in un beagle, il trattamento con cisplatino è esitato in remissione della

sintomatologia; in altri 4 cani precedentemente operati per osteosarcoma appendicolare, la

metasectomia polmonare è esitata in remissione dei segni clinici per un periodo di 50-294

giorni. Una possibile ulteriore opzione è l’irradiazione della lesione primaria. Altri trattamenti

suggeriti in medicina umana sono: toracotomia intercostale (“apri e chiudi”), vagotomia

bilaterale cervicale, analgesici e resezioni costali subperiostali. In veterinaria questo non è mai

stato comprovato. In medicina umana, ed in parte anche in veterinaria, sembra promettente

l’uso dei bifosfonati (ad attività antiosteoclastica), specie nei riguardi del controllo del dolore

resistente ad altri trattamenti.

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• Romanelli G le sindromi parneoplastiche In Oncologia del cane e del gatto, Masson Elsevier 2007, pag 99

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25

LE NEOPLASIE PANCREATICHE. INSULINOMA ED IPOGLICEMIA. CARCINOMA PANCREATICO. DIAGNOSI E TRATTAMENTO

Buracco Paolo

e-mail [email protected]

TUMORI DEL PANCREAS ENDOCRINO

Le isole di Langerhans (2% di tutto il pancreas) sono formate da cellule � (20% circa)

deputate alla produzione di glucagone, le � (60-75%) dell’insulina, le � della somatostatina e

le F (o P) del polipeptide pancreatico. Il tumore più frequente è l’insulinoma; molto più rari

sono glucagonoma, somatostatinoma, carcinoidi e gastrinoma.

INSULINOMA Il quadro clinico distintivo è quello della neuroglicopenia. Per quanto raro,

prevale in cani di taglia medio-grande (boxer, pastore tedesco, Labrador, Setter irlandese,

collie, etc). L’età dei soggetti colpiti è di 9-10 anni ma la neoplasia può presentarsi anche in

soggetti più giovani o più anziani. Nel gatto è meno frequente che nel cane.

La maggior parte degli insulinomi è maligna (carcinomi), con metastasi (linfonodi regionali e

fegato, più raramente duodeno, mesentere, omento, milza, etc) alla presentazione in quasi

metà dei soggetti. La produzione di insulina da parte del tumore è parzialmente o

completamente autonoma. In risposta a tale endocrinopatia sono prodotti catecolamine e

glucagone prima e cortisolo e ormone della crescita poi. I due lobi del pancreas sono colpiti in

egual misura. Tali neoplasie possono essere anche di alcuni millimetri di diametro; le

metastasi sono spesso più voluminose. I segni clinici causati dall’ipoglicemia sono di tipo

neurologico (convulsioni, debolezza, collasso, atassia, etc), e si accentuano con l’esercizio, il

digiuno e, talvolta, con l’assunzione di cibo (stimolazione postprandiale). Questi segni

possono essere preceduti da fascicolazioni, agitazione e fame (da catecolamine).

Successivamente, adattandosi il SNC all’ipoglicemia (anche a valori di 20-30 mg/dl), i segni

clinici divengono meno gravi. Possibili, seppur rare, le neuropatie periferiche (nervo facciale,

deficit propriocettivi, etc), forse su base autoimmune.

La diagnosi presunta si basa sui segni clinici e sul rilievo di ipoglicemia associata a

insulinemia alta o anche normale (valore estremo alto del range di normalità; normalmente, in

nessun cane con insulinoma si rilevano valori al di sotto di tale range). La somministrazione

di glucosio risolve i segni clinici (terzo segno della triade di Whipple, oltre a ipoglicemia e

iperinsulinemia). E’ importante escludere altre cause di ipoglicemia: artefatti, ipoglicemia dei

cani da caccia, altri tumori (epatoma, tumori della muscolatura liscia dell’intestino,

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adenocarcinoma salivare, etc), epatopatie (comprese quelle da shunt porto-sistemico), morbo

di Addison, deficienza di ormone della crescita, etc.

Il prelievo di sangue va eseguito nel soggetto a digiuno (che deve essere controllato a vista,

con monitoraggio della glicemia almeno ogni ora) per la valutazione contemporanea di

glicemia e insulinemia (quando la glicemia è inferiore a 60 mg/dl); gli altri parametri sono in

genere nella norma. Se la glicemia è normale e il sospetto di insulinoma è fondato, si è

segnalato che la determinazione delle fruttosamine e dell’emoglobina glicosilata può essere di

aiuto (entrambe ridotte in caso di insulinoma). La valutazione del rapporto glucosio:insulina o

insulina:glucosio (anche corretto) può fornire risultati falsamente positivi. Piuttosto, è

preferibile procedere a più prelievi nell’arco della giornata. L’esame ecografico dell’addome:

è utile solo per masse di una certa dimensione e per eventuali metastasi e per identificare altre

potenziali cause di ipoglicemia. CT e RNM sono utili per lesioni di oltre 1 cm e per le

metastasi. L’esame radiografico del torace (proiezioni standard) è opportuno per la ricerca

delle metastasi ma in genere è negativo. Il ricorso alla laparotomia esplorativa, con rilievo del

tumore primario e delle metastasi mediante ispezione e palpazione è per ora il sistema più

affidabile. La diagnosi definitiva è istopatologica (anche immunoistochimica, cromogranina

A, utile anche ai fini diagnostici, e enolasi neurospecifica) e la la stadiazione TNM è post-

chirurgica.

Il trattamento delle crisi ipoglicemiche si attua somministrando zucchero in forma di sciroppo,

tavolette o miele oppure, in clinica, per infusione endovenosa. In alternativa, è descritta

l’infusione continua di glucagone (5-15 ng/kg/min). Per i fenomeni convulsivi sono indicati il

diazepam e eventualmente i barbiturici. Necrosi cerebrale sottocorticale responsabile di

fenomeni convulsivi non responsivi alla terapia dell’edema cerebrale (mannitolo e

glucorticoidi) e alla somministrazione di glucosio si può produrre a seguito di intense crisi

ipoglicemiche. La glicemia va stabilizzata prima dell’intervento chirurgico. Dopo l’apertura

dell’addome, il pancreas e tutto l’addome sono esaminati mediante ispezione e palpazione

(con particolare attenzione alle sedi di più frequente disseminazione). Ogni area sospetta va

rimossa o biopsiata; per quanto riguarda il pancreas, se le lesioni sono a livello del corpo, si

procede a escissione marginale, se a carico del lobo destro o sinistro a pancreatectomia

parziale. L’infusione di liquidi nel corso della e dopo la chirurgia è importante per prevenire

la pancreatite iatrogena, così come il digiuno postchirurgico per 1-2 giorni. Dopo l’intervento

la glicemia deve essere controllata per 2-3 volte al giorno nei primi 4-5 giorni. Il successo

dell’intervento è in genere documentato dalla iperglicemia postoperatoria ma questa è in

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27

genere transitoria (da alcuni giorni ad alcuni mesi e solo in rari casi è necessario

somministrare insulina). La persistenza dell’ipoglicemia indica una non completa escissione

del tumore e/o delle sue metastasi; se ciò accade il soggetto è gestito con terapia medica.

Quest’ultima è usata come singolo presidio o in associazione alla chirurgia. Il primo passo,

oltre a mantenere il soggetto in ambiente tranquillo, è alimentarlo frequentemente (3-5 volte

al giorno) con diete ricche in carboidrati complessi. Il secondo consiste nella

somministrazione di prednisone (da 0,3 a 2,5-3 mg/Kg per os.), alla dose minima utile a

mantenere il soggetto in uno stato neurologicamente normale. Farmaci più specifici per

constrastare l’ipoglicemia sono il diazossido somatostatina e octreotide (analogo della

somatostatina) i cui risultati sono però incostanti. Farmaci più specifici contro le cellule

�dell'insulinoma sono streptozotocina e allossano, entrambi caratterizzati da notevole

tossicità.

La giovane età e l’entità dell’iperinsulinemia sembrano giocare un ruolo negativo sulla

sopravvivenza. La chirurgia è difficilmente curativa per il fatto che non tutte le lesioni

metastatiche sono identificate; la maggior parte dei soggetti, dopo la chirurgia, diventa

progressivamente euglicemica ma alcuni sviluppano diabete mellito e/o insufficienza

pancreatica esocrina (dopo rimozione di gran parte della ghiandola o per resezione di

entrambi i dotti). La sopravvivenza media dei cani trattati in forma medica è di circa 1 anno.

Per quelli trattati chirurgicamente, la sopravvivenza mediana è più lunga per quanto

influenzata dallo stadio clinico, quindi dal rilievo o meno di metastasi al momento

dell’intervento: in particolare da 6 mesi (stadio III) a 18 mesi (stadi I e II). Le sopravvivenze

di oltre 2 anni sono comunque possibili anche nei soggetti già metastatici alla presentazione.

Tratto da: Buracco P. Tumori endocrini. In Oncologia del cane e del gatto, a cura di Romanelli G., Elsevier

Masson 2007, pp. 396-401 con il permesso dell’editore

TUMORI DEL PANCREAS ESOCRINO

I primari, per lo più adenocarcinomi, sono molto rari sia nel cane sia nel gatto. L’organo può

essere anche coinvolto per contiguità da tumori gastrointestinali o essere sede di

metastatizzazione secondaria. I cani e i gatti colpiti sono anziani, con prevalenza dei soggetti

di sesso femminile.

Sono per lo più adenocarcinomi di origine duttale o acinare, più spesso localizzati al corpo

dell’organo; sono caratterizzati da comportamento aggressivo, sia in termini di invasione

locale sia di disseminazione metastatica (linfonodi regionali, fegato, peritoneo, etc).

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I segni clinici sono più spesso aspecifici e associati a debilitazione e disidratazione

progressive. Più significativo è l’ittero da occlusione/coinvolgimento diretto del coledoco

(carcinomi del corpo del pancreas; possibile inoltre il versamento addominale da diffusione

tumorale peritoneale o da disturbo emodinamico da compressione della vena cava caudale.

Nel gatto si segnala la possibilità di alopecia paraneoplastica (diffusa o localizzata ad arti,

muso e cute addominale).

Nella maggior parte dei casi il tumore non è palpabile. Gli esami di laboratorio sono spesso

alterati ma poco significativi ai fini della diagnosi; iperbilirubinemia si osserva in caso di

ostruzione biliare. L’esame radiografico dell’addome è poco significativo, specie in caso di

versamento. L’esame ecografico dell’addome può fornire alcune indicazioni sia sulla malattia

primaria sia sulla disseminazione metastatica; se quest’ultima è assente la diagnosi

differenziale si impone con le pancreatiti e le pseudocisti pancreatiche. Consigliabile, quando

possibile, il prelievo ecoguidato di campioni bioptici ad ago sottile e/o la centesi del liquido

delle pseudocisti (in cui l’attività lipasica è elevata e più alta di quella sierica). In quest’ultimo

caso l’affidabilità diagnostica è elevata ma si segnala la possibilità di risposte falsamente

negative in caso di malignità associata a pancreatite. L’esame citologico sul liquido ottenuto

per centesi addominale in caso di versamento può essere diagnostico per malignità. La

diagnosi definitiva è ottenuta mediante esplorazione chirurgica o laparoscopica grazie alla

quale è poi possibile stadiare il tumore.

La chirurgia rappresenta al momento l’unica opzione valida ma è possibile solo in un

limitatissimo numero di pazienti (tumore non invasivo localizzato ai lobi sinistro o destro tale

da rendere possibile la pancreatectomia parziale. La pancreatectomia totale è discutibile.

Fattori prognostici sono localizzazione, invasione e metastasi, spesso già presenti alla

diagnosi; anche la chirurgia palliativa (by-pass dell’ostruzione) ha poco significato e il tasso

di mortalità perioeratoria è molto elevato. Anche nell’uomo si tratta di un tumore frequente,

particolarmente aggressivo e difficile da curare.

Tratto da: Buracco P. Tumori del pancreas esocino. In Oncologia del cane e del gatto, a cura di Romanelli G.,

Elsevier Masson 2007, pp. 345-6 con il permesso dell’editore

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ALOPECIA PARANEOPLASTICA FELINA. QUADRI CLINICI E DERMATOPATOLOGICI.

Rosario Cerundolo* DVM, Dipl. ECVD & Chiara Brachelente** DVM, PhD, Dipl. ECVP

*University of Pennsylvania, Philadelphia, USA; ** Dipartimento di Scienze Biopatologiche e Igiene delle

Produzioni Animali e Alimentari - Perugia

L’alopecia paraneoplastica felina (APF) è una forma di alopecia drammatica, estesa a livello

addominale, del collo e della faccia interna degli arti, caratterizzata da un aspetto lucido della

cute. Si manifesta in gatti anziani ed è associata allo presenza di un adenocarcinoma

pancreatico, epatico o dei dotti biliari.

Segnalamento

Sono colpiti i gatti anziani (10-17 anni) di entrambi i sessi e di varia razza.

Anamnesi

C’è una progressiva alopecia, spesso accompagnata da prurito che può precedere l’insorgenza

dell’alopecia, con inappetenza e perdita di peso.

Esame obiettivo generale

Sono quasi sempre presenti segni clinici sistemici quali dimagrimento, inappetenza, vomito,

diarrea e letargia. La palpazione dell’addome potrebbe far rilevare la presenza di una massa

nell’area pancreatica.

Esame dermatologico

C’è una acuta, progressiva, caduta del pelo, spesso simmetrica, limitata alla parte mediale

degli arti ed alla regione ventrale del corpo, dal mento all’inguine. La cute delle aree

alopeciche è lucida e liscia. Nella regione ventrale possono essere presenti comedoni . I

polpastrelli possono essere dolenti con presenza di cute secca, croste, fessurazioni e/o lesioni

eritematose. Il colore del mantello può diventare leggermente più chiaro o scuro.

La lucentezza cutanea è probabilmente dovuta alla perdita dello strato corneo in seguito al

continuo leccamento e successiva esposizione dello strato granuloso. La patogenesi

dell’alopecia non è chiara ma potrebbe essere legata all’atrofia follicolare indotta da citochine

prodotte dalla neoplasia. La patogenesi del prurito potrebbe essere legata alle infezioni

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secondarie quali i lieviti, anche se spesso l’insorgenza del prurito precede la comparsa delle

altre lesioni cutanee.

Diagnosi differenziali

Le diagnosi differenziali da considerarsi per l’alopecia simmetrica sono:

l’iperadrenocorticismo, la dermatofitosi, la demodicosi, il deflusso telogeno e l’alopecia

areata.

Esami collaterali

Le routinarie indagini dermatologiche andrebbero effettuate per escludere la presenza di

ectoparassiti e dermatofiti. In particolare:

Tricogramma: mostra peli facilmente asportabili alla periferia dell’area alopecica.

Citologia cutanea: presenta spesso una sovrapopolazione di lieviti (Malassezia spp.).

Esami del sangue: (profilo ematologico e biochimico) sono di solito nella norma.

Nelle forme tumorali epatiche, AST e ALT possono essere elevate. Nella forma

pancreatica, sono stati riportati una modesta anemia, leucocitosi con neutrofilia e

monocitosi, iperproteinemia con iperglobulinemia ed un aumento della ALP, AST e

CK.

Diagnostica per immagini: possono essere presenti una massa pancreatica o lesioni

nodulari nel fegato. È possibile effettuare un agoaspirato o una biopsia ecoguidata per

unesame citologico o istologico. Se la neoplasia pancreatica è piccola, potrebbe non

essere visualizzata da un ultrasonografista poco esperto.

Esame istologico

Cute – Il quadro istopatologico è caratterizzato da una atrofia diffusa e grave delle

strutture follicolari con telogenizzazione e miniaturizzazione follicolare. L’epidermide

può essere variabilmente iperplastica e lo strato corneo è spesso assente.

Occasionalmente è possibile osservare paracheratosi multifocale o diffusa, o più

raramente ipercheratosi ortocheratosica e, nel derma superficiale, possono essere

presenti modici infiltrati perivasali, prevalentemente mononucleati.

Neoplasia pancreatica – I casi riportati in letteratura sono rappresentati da

carcinomi/adenocarcinomi del pancreas esocrino, con descrizioni variabili di

metastasi ad altri organi quali fegato, linfonodi meseraici, peritoneo e pleura.

Page 29: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

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Neoplasia epatica – I tumori epatici più frequentemente correlati ad alopecia

paraneoplastica sono rappresentati da carcinomi colangiocellulari. Recentemente,

tuttavia, è stato descritto un caso in un gatto con carcinoma epatocellulare.

Evoluzione clinica

L’evoluzione dell’alopecia può essere rapida (un paio di settimane) o lenta (6-10 mesi). Il

tumore pancreatico metastatizza e spesso le metastasi sono già presenti al momento della

diagnosi clinica. La maggior parte dei gatti affetti è sottoposto ad eutanasia nell’arco di un

paio di mesi dall’insorgenza dei segni clinici dermatologici.

Terapia

L’asportazione del tumore pancreatico può risolvere la sintomatologia clinica e dermatologica

ma, se vi sono già presenti metastasi, il miglioramento è solo temporaneo.

Conclusioni

Una alopecia quasi generalizzata, ad insorgenza rapida, in gatti anziani, che colpisce le

regioni ventrali del corpo dovrebbe far sospettare questa sindrome che può essere causata da

un tumore pancreatico o epatico. L’indagine ecografica è fondamentale per confermare il

sospetto clinico. La prognosi è di solito infausta.

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Page 30: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

32

SINDROMI PARANEOPLASTICHE EMATOLOGICHE

Laura Marconato

Indirizzo per corrispondenza [email protected]

Le sindromi paraneoplastiche ematologiche, abbastanza frequenti in medicina

veterinaria, possono interessare tutte le linee: linea eritroide (anemia e policitemia),

mieloide (leucocitosi, leucopenia ed eosinofilia), megacariocitica (trombocitopenia,

trombocitosi, trombocitopatia). Tra le sindromi paraneoplastiche ematologiche si

includono inoltre: pancitopenia aplastica e coagulazione intravasale disseminata.

Per eritrocitosi s’intende un aumento dei globuli rossi a livello ematico,

dell’ematocrito e dell’emoglobina, secondario all’aumentata sintesi di eritropoietina

da parte del tumore. I tumori riportati che danno eritrocitosi sono: neoplasie renali,

linfoma, neoplasie epatiche ed ovariche, fibrosarcoma nasale, tumore venereo

trasmissibile, emangioma cerebellare, feocromocitoma, leiomioma uterino e

leiomiosarcoma intestinale. I sintomi sono riferibili all’aumentata massa circolante.

La terapia d’elezione prevede la rimozione della neoplasia sottostante, in alternativa

si può ricorrere al salasso.

Per anemia s’intende riduzione di globuli rossi oppure di emoglobina o di entrambi.

L’anemia da malattia cronica è molto comune; è comunemente normocromica,

normocitica e non rigenerativa. Si possono osservare: ridotta emivita degli eritrociti,

ridotta capacità di legare il ferro o iposideremia. L’anemia da perdita di sangue è

microcitica e ipocromica, può essere rigenerativa o non rigenerativa. L’anemia

emolitica microangiopatica compare a seguito di emolisi nel circolo arteriolare, ed è

secondaria a danno all’endotelio di arteriole o a deposito intravascolare di fibrina.

L’ipersplenismo può causare una o più citopenie periferiche; i tumori più

comunemente associati sono linfoma, mastocitoma e leucemie. In corso di anemia

emolitica immunomediata si ha distruzione prematura dei globuli rossi per la

presenza di autoanticorpi sulla superficie degli stessi. È tipicamente macrocitica,

marcatamente rigenerativa e caratterizzata da policromasia e sferocitosi. L’anemia

secondaria a mielosoppressione può essere indotta da chemioterapia, essere

secondaria a mielottisi, associata ad iperestrogenismo o ad aplasia pura dei globuli

rossi. Inizialmente asintomatica, con l’aggravarsi l’anemia dà sintomi di malessere

generale (debolezza, inappetenza, letargia). La terapia d’elezione prevede la

Page 31: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

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rimozione della causa scatenante. Terapie palliative comprendono: trasfusione di

sangue, stimolazione midollare con eritropoietina.

La leucocitosi paraneoplastica è secondaria ad infiltrazione neoplastica di midollo

osseo, infezioni, necrosi tumorale o disordini immuno-mediati ed è legata a

produzione da parte delle cellule neoplastiche di fattori di crescita emopoietici. I

tumori che più frequentemente si associano a leucocitosi sono nel cane: linfoma,

emangiosarcoma, fibrosarcoma metastatico, polipo rettale adenomatoso, carcinoma

polmonare e carcinoma renale; e nel gatto: adenocarcinoma delle ghiandole

sudoripare. La leucocitosi è caratterizzata da neutrofilia matura (> 110,000 GB/�l)

con o senza monocitosi, che non può essere attribuita ad infiammazione o ad un

tumore emopoietico primitivo.

L’eosinofilia paraneoplastica è raramente riportata in medicina veterinaria: nel cane

si associa a fibrosarcoma del cavo orale, carcinoma mammario anaplastico, leucemia

mieloide cronica, linfoma T, mastocitosi disseminata, timoma, polipo rettale, e nel

gatto a carcinoma uroteliale di vescica, mastocitoma, linfoma, e linfoma LGL.

Possibili meccanismi eziopatogenetici sono: produzione da parte di cellule

neoplastiche di fattori eosinofilotattici in grado di richiamare eosinofili, rilascio di

fattori eosinofilotattici da parte di aree tumorali necrotiche, e formazione di

complessi immuni che rilasciano istamina.

Tra le anormalità emostatiche, la coagulazione intravasale disseminata (CID) è la più

importante. Per CID s’intende una coagulopatia da consumo in cui le proteine della

coagulazione e le piastrine sono attivate in modo anomalo e incontrollabile, ed è

caratterizzata da microtrombosi ed emorragie diffuse, che paradossalmente

coesistono. I tumori che nel cane più comunemente si associano a CID sono:

emangiosarcoma, carcinoma infiammatorio, linfoma e leucemia linfoblastica acuta. Il

trattamento di CID prevede: localizzare a trattare la causa scatenante, fluidoterapia,

sostituzione delle componenti ematiche consumate, eventualmente eparina se i fattori

trombotici sono predominanti.

Per trombocitopenia s’intende alterazione quantitativa delle piastrine, secondaria a

mielottisi, sequestro, aumentato consumo, aumentata distruzione, perdita attraverso

emorragie. La trombocitopatia è invece caratterizzata da alterazione funzionale delle

piastrine. La terapia d’elezione prevede la rimozione della causa scatenante, in

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alternativa è possibile trasfondere l’animale, somministrare fattori di stimolazione

midollari o alcuni farmaci (prednisone, vincristina).

Referenze bibliografiche

Bergman PJ: Paraneoplastic syndromes. In: Withrow SJ, Vail DM, Withrow & MacEwen’s Small Animal

Clinical Oncology. Saunders, Filadelfia, 2007, pp 83-86.

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SINDROME DA FEMMINILIZZAZIONE ASSOCIATA A NEOPLASIA TESTICOLARE. QUADRI CLINICI E DERMOPATOLOGICI.

Federico Leone* & Luca Mechelli**

*Clinica Veterinaria Adriatica, Senigallia (Ancona); **Dipartimento di Scienze Biopatologiche Veterinarie,

Università degli Studi di Perugia

Introduzione

I tumori del testicolo rappresentano circa il 15-20% delle neoplasie canine e circa il 90% dei

tumori dell’apparato urogenitale maschile. Le neoplasie testicolari sono raggruppabili in tre

principali istotipi: le neoplasie delle cellule del Sertoli (sertoliomi), quelle della linea seminale

(seminomi) e quelle delle cellule interstiziali (interstiziomi o Leydigomi) che si verificano con

una frequenza pressoché sovrapponibile.

L’incidenza delle neoplasie testicolari è molto più elevata nei testicoli criptorchidi tanto che

gli animali affetti da criptorchidismo presentano un rischio di sviluppare una neoplasia 14

volte più elevato rispetto ai soggetti normali. Tra i tumori a carico di testicoli criptorchidi

l’incidenza dei sertoliomi è stimata intorno al 60% e dei seminomi al 40%; gli interstiziomi, al

contrario, si sviluppano quasi esclusivamente a carico di testicoli eutopici.

La maggior parte dei tumori testicolari del cane, a differenza di ciò che si verifica nell’uomo e

nel cavallo, hanno un basso potenziale metastatico e quindi, in generale, una buona prognosi.

Molti cani con neoplasia testicolare possono essere asintomatici e il tumore può passare del

tutto inosservato. In altri casi il proprietario può richiedere una visita clinica per un aumento

di volume del testicolo, per lo più unilaterale, con conseguente asimmetria scrotale o

testicolare. Altre volte il motivo della visita può essere dovuto all’insorgenza di una sindrome

da femminilizzazione legata all’attività endocrina della neoplasia.

Sindrome da femminilizzazione

La sindrome da femminilizzazione è una sindrome paraneoplastica da iperestrogenismo

correlata ad una neoplasia testicolare secernente.

La sindrome è descritta nel 24-57% dei cani con sertolioma e occasionalmente in soggetti con

seminoma o interstizioma. E’ stata dimostrata una correlazione tra sindrome da

femminilizzazione e localizzazione extrascrotale del testicolo neoplastico. La

femminilizzazione è presente infatti in circa il 70% dei soggetti con testicoli neoplastici

ritenuti in cavità addominale, nel 50% dei soggetti con testicoli neoplastici localizzati in sede

inguinale e solo nel 17% dei soggetti con testicoli neoplastici in sede scrotale.

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Interessa preferibilmente cani di età compresa tra gli 8 e i 12 anni di età e sembra che il

Boxer, il pastore dello Shetland, il bracco di Weimer, il Cairn terrier, il Pechinese e il Collie

possano essere predisposti.

Manifestazioni cliniche

E’ caratterizzata da segni dermatologici e da segni sistemici.

I segni clinici dermatologici, quando presenti, sono caratterizzati da alopecia simmetrica

bilaterale che spesso progredisce dalla regione posteriore delle cosce e dal perineo

interessando i fianchi, l’addome, il torace e il collo. In qualche soggetto l’alopecia è

circoscritta ai fianchi mentre raramente si verifica un’alopecia generalizzata. Il pelo, nelle

zone interessate, è facilmente epilabile ed è soggetto a mancata ricrescita (ad esempio dopo

tosatura). Altri segni clinici dermatologici sono rappresentati da iperpigmentazione cutanea,

anomalie di colorazione del mantello, presenza di comedoni e alterazioni della

cheratinizzazione. La dermatosi lineare del prepuzio, con cui viene indicata una lesione

circoscritta, lineare, eritematosa, iperpigmentata o con comedoni, che si estende dall’orifizio

prepuziale allo scroto, viene da molti Autori considerata un riferimento diagnostico

importante per le neoplasie testicolari secernenti estrogeni.

I segni clinici sistemici sono rappresentati da ginecomastia, galattorrea, prepuzio pendulo,

comportamento sessuale modificato (attrazione feromonica da parte di altri maschi),

atteggiamento femminile all’atto della minzione e, raramente, presenza di tumori mammari.

Altri segni di femminilizzazione possono essere rappresentati dalla riduzione della libido e

della spermatogenesi.

Nello Schnauzer nano è descritta una sindrome ereditaria caratterizzata da

pseudoermafroditismo, criptorchidismo, sertolioma e femminilizzazione.

Manifestazioni cliniche quali disuria, ematuria ed infezioni urinarie ricorrenti sono legate al

coinvolgimento della prostata (prostatiti, ipertrofia prostatica con metaplasia squamosa

dell’epitelio prostatico).

Le alterazioni ematologiche legate agli estrogeni, di gran lunga le più gravi, si traducono in

un’ipoplasia del midollo osseo emopoietico e sono simili a quelle che si verificano nella

femmina in seguito a somministrazione di estrogeni per interrompere una gravidanza

indesiderata. L’azione tossica degli estrogeni sul midollo osseo stimola inizialmente la

granulocitopoiesi, con transitoria leucocitosi neutrofilica, per poi determinare un’ipoplasia di

tutte le linee cellulari con gravi fenomeni di pancitopenia. I segni clinici che ne derivano sono

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caratterizzati da debolezza, pallore delle mucose, petecchie, emorragie ed infezioni

secondarie.

Diagnosi

La diagnosi di sindrome da femminilizzazione si basa sulla presenza dei segni clinici e sul

contemporaneo riscontro di una neoplasia testicolare. La neoplasia testicolare può essere

facilmente sospettata in presenza di aumento di volume di un testicolo o di tumefazione non

dolente in sede inguinale ma talvolta i testicoli si presentano eutopici e apparentemente

normali. La diagnosi di neoplasia testicolare non può quindi basarsi solo sull’aspetto clinico e

sulla palpazione. Di grande aiuto ai fine diagnostici è l’esame ecografico associato all’esame

citologico ecoguidato che permette di evidenziare testicoli neoplastici in cavità addominale o

svelare microneoplasie in testicoli apparentemente normali.

I dosaggi degli ormoni sessuali sono incostanti e in letteratura sono presenti dati

estremamente contrastanti sia per la scarsità di analisi quantitative ormonali sia per i risultati

conflittuali esistenti tra i vari studi in cui sono stati misurati i livelli di estrogeni. Mentre in

alcuni casi si è evidenziato un aumento dei livelli ematici di estrogeni, in altri tali livelli erano

perfettamente normali. Un recente lavoro suggerisce che le variazioni del rapporto tra

testosterone e estradiolo possano essere più importanti del livello assoluto di estradiolo.

La valutazione dermatopatologica dovrebbe essere effettuata su campioni bioptici cutanei

provenienti da aree con alopecia prolungata al fine di ricavare informazioni adeguate sullo

stato delle strutture follicolari.

L'epidermide può esprimere gradi variabili di ipercheratosi ortocheratosica, acantosi ed

iperpigmentazione, mentre le porzioni ostio-infundibolari possono mostrare una cheratosi

ortocheratosica. Nel derma possono essere rilevati occasionali infiltrati cellulari perivasali di

elementi mono e polimorfonucleati. I follicoli piliferi evidenziano una condizione

estremamente variabile di atrofia a cui si associa una costante prevalenza della fase telogen ed

una totale assenza di peli nei canali pilari. Le altre strutture annessiali non sempre esprimono

fenomeni regressivi conclamati, sebbene le ghiandole sebacee possano andare incontro, non

raramente, ad eventi atrofici.

Terapia

La terapia si basa sull’asportazione chirurgica dei testicoli che, in assenza di metastasi, risulta

risolutiva. In genere i segni clinici associati all’iperestrogenismo regrediscono in circa sei

Page 36: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

38

settimane eccezion fatta per le alterazioni legate all’ipoplasia midollare che richiedono tempi

più lunghi (mesi). La mancata risoluzione dei segni clinici deve far sospettare la presenza di

metastasi ormonosecernenti.

Bibliografia

• Feldman EC, Nelson RW: Canine and feline endocrinology and reproduction. Philadelphia, Saunders, 2004.

• Lee Gross T et al: Canine Sertoli cell tumor-associated skin disease. In Skin disease of the dog and cat. Clinical and histopathologic diagnosis. Oxford, Blackwell, 2005, 490-492.

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• Turek MM: Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a rewiew of the literature. Veterinary Dermatology 14: 279-296, 2003

Page 37: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

39

ERITEMA NECROLITICO MIGRANTE: PATOGENESI, QUADRI CLINICI, DIAGNOSI E TERAPIA

Francesco Albanese* & Luca Mechelli**

*Cinica Veterinaria “L’Arca” – Napoli; ** Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi - Perugia

Introduzione

L’eritema necrolitico migrante (ENM) è una rara dermatopatia correlata con la presenza di

neoplasie pancreatiche delle cellule alfa (glucagonoma), riconosciuta nell’uomo, cane e nel

gatto. Nel corso degli anni questa condizione è stata indicata con numerosi sinonimi quali

dermatopatia diabetica, necrosi metabolica dell’epidermide, dermatite necrolitica

superficiale e sindrome epatocutanea.

L’ENM nell’uomo è considerato una sindrome paraneoplastica dal momento che circa il 90%

dei pazienti affetti da glucagonoma sviluppa lesioni cutanee; inoltre, l’associazione tra lesioni

dermatologiche e glucagonoma viene anche definita Sindrome del Glucagonoma (SG).

L’ENM è stato osservato anche in concomitanza di altre malattie quali epatopatie, enteriti,

pancreatiti, sindromi da malassorbimento (morbo celiaco) e nel corso di altre neoplasie

viscerali; in tutti questi casi la sindrome è stata definita Sindrome dello pseudoglucagonoma

(SPg). Nel cane l’ENM è più comunemente associato ad epatopatie e solo in rarissimi casi a

glucagonoma; per questo motivo si parla più di frequente di Sindrome epatocutanea e solo in

rari casi può essere considerata una vera sindrome paraneoplastica. Nel gatto sono segnalati

quattro casi e solo uno in associazione a carcinoma pancreatico.

Patogenesi

La patogenesi dell’ENM, sia nell’uomo che nel cane, non è ancora del tutto chiarita. Sono

state ipotizzate quattro diverse teorie legate all’azione diretta o indiretta del glucagone.

TEORIA DELL’ECCESSO DI GLUCAGONE SIERICO: è stato ipotizzato che gli elevati

livelli di glucagone nel sangue, osservati in uomini e cani affetti da glucagonoma, siano la

causa diretta dell’ipoaminoacidemia (effetto neoglucogenetico dell’ormone). La carenza di

aminoacidi porterebbe ad una deplezione di proteine e conseguente necrosi dei cheratinociti.

TEORIA DELLA MALNUTRIZIONE MULTIFATTORIALE: in molti pazienti umani affetti

da glucagonoma si riscontra malassorbimento e diarrea e questo potrebbe produrre un ridotto

assorbimento di aminoacidi e proteine. La teoria si basa quindi sull’ipotesi di una carenza di

zinco, acidi grassi ed alcuni aminoacidi, fondamentali nel metabolismo dei cheratinociti.

TEORIA DELLA DISFUNZIONE EPATICA: questa teoria si basa sull’ipotesi che, in

condizioni patologiche, il fegato non sia in grado di degradare il glucagone; tuttavia, alcuni

Page 38: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

40

autori ipotizzano che un'alterazione funzionale epatica possa causare ENM anche per una

liberazione diretta, da parte dello stesso organo, di sostanze tossiche per i cheratinociti.

TEORIA DELLA PRODUZIONE DI MEDIATORI INFIAMMATORI: l’eccesso di

glucagone si espleterebbe attraverso un'azione indiretta con elevata produzione di acido

arachidonico e suoi metaboliti quali prostaglandine e leucotrieni, con ripercussioni cutanee.

Quadri clinici

Le lesioni cutanee nell’uomo e nel cane, pur evidenziando notevoli analogie circa le

localizzazioni topografiche, presentano alcune differenze morfologiche ed evolutive.

Nell’uomo le lesioni sono caratterizzate da aree eritematose con margini irregolari a cui si

associano lesioni bollose centrali che esitano nella formazione di croste; tali lesioni sono

spesso confluenti assumendo aspetti anulari e policiclici con un caratteristico andamento

ricorrente di insorgenza improvvisa e remissione spontanea. Nel cane le lesioni si presentano

prevalentemente con eritema ed erosioni che in tempi brevi evolvono verso lesioni

desquamativo-crostose, spesso complicate da batteri e lieviti. In entrambe le specie le lesioni

tendono a localizzarsi in regioni topograficamente simili: estremità distali degli arti, natiche,

perineo, genitali, punti di pressione, regioni perilabiali e periorifiziali. Infine, nel cane è

sempre evidente un coinvolgimento dei cuscinetti plantari, spesso sede primaria di sviluppo di

ENM. Nel gatto le lesioni sono diverse da quelle osservate nel cane e caratterizzate da

eritema, alopecia e scaglie diffuse su ascelle, inguine, arti e dorso.

Diagnosi

In medicina veterinaria, i dati anamnestici ed il quadro clinico sono spesso suggestivi per una

diagnosi di ENM. Nei pazienti con glucagonoma gli esami ematochimici possono essere

spesso silenti, mostrando invece gravi alterazioni della funzionalità epatica in corso di SPg.

L'esame dermatopatologico dei campioni bioptici cutanei evidenzia a piccolo ingrandimento

l’aspetto stratificato dell'epidermide con una caratteristica distribuzione di color rosa, bianco e

blu. Lo strato eosinofilico si riferisce alla porzione epidermica più superficiale ed è

caratterizzato dalla presenza di una ipercheratosi paracheratosica associata a croste siero-

cellulari neutrofiliche di vario spessore; lo strato intermedio mostra un marcato pallore dei

cheratinociti per la presenza di un edema intra- ed intercellulare, definito da alcuni autori

come 'degenerazione reticolare'; infine, gli strati basale e soprabasale delineano la giunzione

dermo-epidermica attraverso una condizione di iperplasia ed una basofilia citoplasmatica

accentuata. In alcune lesioni croniche si rileva una netta prevalenza della porzione crostosa-

paracheratosica a discapito dello strato intermedio (reticolare) a cui si associano distacchi

Page 39: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

41

intraepidermici (necrolisi) complicati da fenomeni ulcerativi o da infezioni batteriche

secondarie; i follicoli piliferi mostrano un coinvolgimento comunque delimitato alle porzioni

ostio-infundibulari. L’infiammazione dermica è generalmente superficiale e di tipo misto con

linfociti, plasmacellule, macrofagi, mastociti, granulociti neutrofili ed eosinofili.

Una volta prodotta la diagnosi dermatopatologica, si procede utilizzando tecniche di

diagnostica per immagini, come l’esame ecografico dell’addome o la TC, per valutare la

presenza di neoplasie pancreatica o di altre alterazioni viscerali correlabili alla dermatopatia.

Terapia

In presenza di una neoplasia pancreatica asportabile, la chirurgia è la terapia elettiva. Sia

nell’uomo sia nel cane l’asportazione del glucagonoma ha consentito una rapida remissione

dei sintomi cutanei, anche se nell’uomo, al momento della diagnosi, circa il 50% dei pazienti

ha già metastasi epatiche. L’uso di Somatostatina o di Octreotide, sostanze inibenti l’attività

del glucagone, è efficace nel trattamento dell’ENM e risultati variabili si sono ottenuti con

l’utilizzo di Zinco, acidi grassi, aminoacidi endovena e diete iperproteiche. La chemioterapia

in medicina umana, basata sull’utilizzo di protocolli a base di Dacarbazina, Streptozotocina e

5-fluorouracile su pazienti affetti da glucagonoma si è dimostrata poco efficace.

Bibliografia • Allenspach K, et al: Glucagon producing neuroendocrine tumour associated with hypoaminoacidaemia and

skin lesions. Journal of Small Animal Practice 2000; 41, 402-406 • Becker S.W., et al. Cutaneous manifestations of internal malignant tumors, Arch Dermatol Syphilol. 1942;

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Page 40: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

42

COMUNICAZIONI

LIBERE DEI SOCI SIDEV

E SIONCOV

Page 41: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

43

SINDROME DA FEMMINILIZZAZIONE ASSOCIATA A SERTOLIOMA IN UN CANE

Federica Schiavi, Enrica Rossetti*

Clinica Veterinaria Privata “San Marco”, Padova

*Laboratorio Privato d’Analisi Veterinarie “San Marco”, Padova

Segnalamento

Cane meticcio, maschio intero, 11 anni di età, 13.1 Kg di peso.

Anamnesi

Mancata ricrescita del pelo associata a prurito, secondariamente ad una tosatura. Il problema è

insorto un anno prima e la distribuzione alopecica ha coinvolto inizialmente l’addome ed il

perineo, per poi diffondersi al collo ed alla regione caudale delle cosce. La somministrazione

di una terapia antibiotica (marbofloxacina) per venti giorni aveva determinato una temporanea

riduzione del prurito. Alimentato con una dieta commerciale, la profilassi vaccinale e

parassitaria erano praticate regolarmente.

Quadro clinico

I segni fisici di rilievo erano costituiti da: addome dilatato, prepuzio pendente, assenza del

testicolo destro e cataratta bilaterale.

L’esame dermatologico mostrava un mantello secco, opaco e lanoso con scaglie puntiformi

diffuse sul tronco. La cute appariva assotigliata, fredda, anelastica ed iperpigmentata in

particolar modo nelle aree glabre. L’alopecia simmetrica coinvolgeva i fianchi, ed una

ipotricosi era evidente a carico del collo e del margine posteriore delle cosce. Erano presenti

acnhe un eritema lineare prepuziale, comedoni ventrali, collaretti e lesioni pustolo-crostose.

Quadro riassuntivo del problema

Alopecia simmetrica, dermatite esfoliativa, piodermite superficiale.

Diagnosi differenziali

Sindrome da femminilizzazione secondaria a neoplasia testicolare, ipotiroidismo,

ipogonadismo ed alterazione degli ormoni sessuali, iperadrenocorticismo e malattie

parassitarie (demodicosi e dermatofitosi).

Page 42: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

44

Esami collaterali

I raschiati, la lampada di Wood, l’esame colturale del pelo sono risultati negativi

rispettivamente per la ricerca di Demodex e dermatofiti. Il tricogramma presentava la maggior

parte delle radici in fase telogen. L’esame citologico di pustole integre metteva in evidenza

una flogosi neutrofilica con cocchi intracitoplasmatici.

Gli esami di base hanno evidenziato una risposta di fase acuta di intensità lieve (PLT, CRP,

HPT e Fibrinogeno). La funzione tiroidea era nella norma (TSH TT4 FT4). L’ecografia

addominale metteva in evidenza una massa di 7 cm localizzata nella regione mesogastrica

craniale alla vescica e riferibile a testicolo destro ritenuto.

Diagnosi e terapia

Una celiotomia terapeutica con asportazione della neoformazione testicolare identificata in

sede ecografica ha messo in evidenza, al successivo esame istologico, un sertolioma. L’esame

istologico del parenchima testicolare mostravo inoltre una popolazione di elementi colonnari

disposti perpendicolarmente alla membrana basale tubulare, con ampio citoplasma

debolmente eosinofilo a margini sfumati, con vacuolizzazioni otticamente vuote, nucleo

ovalare centrale vescicolare con 1-2 nucleoli evidenti. Nello spessore dell’interstizio

connettivale si osservano aggregati infiammatori mononucleati. Nella medesima seduta

chirurgica veniva asportato anche il testicolo controlaterale, il quale istologicamente

evidenziava una atrofia della linea germinale.

Evoluzione clinica

A distanza di 2 mesi dall’intervento, il paziente presentava già una parziale ricrescita del pelo

che aveva perso l’aspetto lanoso iniziale. A 4 mesi dall’intervento la ricrescita era completa.

Discussione

Le neoplasie testicolari più frequenti nel cane sono il sertolioma , il seminoma e il tumore

delle cellule interstiziali. Il tumore delle cellule di Sertoli (SCT) ha una crescita lenta e non è

invasivo. Le sue dimensioni che vanno da 0.1 a 5 cm di diametro. Tuttavia, qualora il SCT

derivi da un testicolo criptorchide intra-addominale, come nel nostro caso, può raggiungere

anche 10 cm di diametro (1). Infatti che la condizione di criptorchidismo aumenta fortemente

i rischi di sviluppo di forme neoplastiche come il Sertolioma e il Seminoma (2). Il 24-57% dei

cani con Sertolioma presenta una sindrome da femminilizzazione (6). I segni clinici rilevati

Page 43: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

45

sono: alopecia simmetrica bilaterale, a partire dalla regione del collo, fino ad arrivare alla

zona perineale e genitale, ingrossamento dei capezzoli, scarso interesse per le femmine,

prostatomegalia, ipoplasia-aplasia midollare e prepuzio pendente, talvolta con dermatite

lineare, che sembra costituire un marker della neoplasia testicolare secernente estrogeni (5).

Soggetti con Sertolioma e femminilizzazione presentavano inoltre livelli di estrogeni più alti

rispetto a cani con la medesima forma tumorale testicolare ma senza segni clinici della

sindrome (3). Il livello plasmatico di estrogeni nei soggetti con Sertolioma oscillano da 10 a

150 pg/ml (1). Nel nostro caso era alto: 38.3 pg/ml se confrontato con il livello medio pari a

11.1 pg/ml di tre soggetti sani, maschi, interi e della medesima età. La diagnosi della

sindrome si basa sui segni clinici, sull’esame istologico del testicolo neoplastico, sulla

determinazione dei livelli plasmatici degli estrogeni (6). L’uso dell’immunoistochimica può

facilitare l’identificazione dei tumori testicolari se il quadro istologico e la patogenesi della

femminilizzazione sono poco chiare (4). Per tumori testicolari non metastatici, come nel

nostro caso, l’orchiectomia è terapeutica; bisogna invece fare ricorso alla chemioterapia in

caso di metastasi. Il caso descritto presenta segni clinici e alterazioni ormonali sovrapponibili

a quelle descritte sopra e, unitamente all’istologia del testicolo neoplastico, sono suggestive di

sindrome da femminilizzazione paraneoplastica.

BIBLIOGRAFIA

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Page 44: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

46

UN CASO DI SINDROME PARANEOPLASTICA ASSOCIATA AD IPERESTROGENISMO IN UN ENGLISH BULLDOG

Nicla Furiani*, Laura Ordeix**

*Clinica Veterinaria Pirani, Reggio Emilia; **Studio Dermatologico Veterinario, Milano

Segnalamento

Bulldog inglese, femmina, di 3,5 anni

Anamnesi

Riferito per un problema di prurito e perdita di pelo che si protraeva da circa 6 mesi.

Quadro clinico

L’esame obiettivo generale dell’animale era nella norma. L’esame dermatologico rivelava

otite esterna eritematosa-ceruminosa bilaterale, pododermatite eritematosa ed alopecia

multifocale con eritema e scaglie su testa, dorso e coscie. Fu effettuata una diagnosi di

follicolite batterica, dermatite ed otite da Malassezia probabilmente secondarie ad una

malattia allergica. Dopo il trattamento antimicrobico le lesioni si ridussero notevolmente con

persistenza della alopecia e di un moderato prurito podale e facciale. Dopo l’attuazione di un

protocollo diagnostico per le malattie allergiche, fu diagnosticata una dermatite atopica e

iniziata una terapia immunomodulatrice allergene-specifica sulla base delle reazioni positive

al test di intradermoreazione. Due mesi dopo il cane fu portato a controllo per recidiva del

prurito podale e ventrale, mancata ricrescita del pelo nelle zone di alopecia multifocale in cui

era stata diagnosticata una follicolite batterica e nella zona tosata per eseguire il test

intradermico, persistenza del calore e presenza di perdite vulvari biancastre negli ultimi due

mesi. All’esame fisico fu riscontrata alterazione dei genitali esterni, con iperplasia ed

iperpigmentazione vulvare, ipertrofia delle ghiandole mammarie e scolo vulvare mucoso.

All’esame dermatologico fu evidenziata assenza di ricrescita del pelo con iperpigmentazione

nell’area tosata per il test intradermico e di aree multifocali alopeciche distribuite su dorso e

coscie. Collaretti epidermici erano inoltre presenti sulla cute addominale.

Quadro riassuntivo del problema

Alopecia multifocale ed alopecia post-tosatura associate ad iperpigmentazione, prurito

podale e ventrale con collaretti epidermici in sede addominale ed alterazioni delle ghiandole

mammarie e dei genitali esterni associate a estro persistente.

Page 45: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

47

Diagnosi differenziali

Vennero considerate una dermatite atopica cronica associata o meno ad un iperestrogenismo,

secondario a cisti ovariche o a neoplasia ovarica secernente.

Esami collaterali

L’esame tricoscopico del pelo rivelò presenza di peli in telogen e l’esame citologico della

cute ventrale confermò la presenza di piodermite. Biopsie cutanee, effettuate dalle zone di

alopecia multifocale, rivelarono un quadro compatibile con dermatite endocrina. L’esame

ematologico mostro’ anemia, neutrofilia ed un aumento degli enzimi epatici. L’ecografia

addominale rivelò la presenza di una massa ovarica e di una iperplasia endometriale.

Diagnosi e terapia

L’esame istopatologico della massa ovarica permise la diagnosi definitiva di tumore delle

cellule della granulosa estrogeno-secernente. L’animale fu sottoposto ad ovarioisterectomia.

Evoluzione clinica

Tre mesi dopo l’intervento le lesioni dermatologiche e genitali erano quasi risolte.

Discussione

Il tumore delle cellule della granulosa rappresenta circa il 30-35% delle neoplasie ovariche

nel cane ed il 50% di essi è funzionale, secernendo principalmente estrogeni e solo

secondariamente progesterone. Le alterazioni dermatologiche osservabili in corso di

iperestrogenismo sono normalmente caratterizzate da alopecia bilaterale simmetrica,

inizialmente distribuita sulla regione perineale, postero-mediale delle coscie e sui fianchi. A

queste alterazioni si associano quelle genitali di iperplasia vulvare e ginecomastia. Questo

caso è stato caratterizzato inizialmente dalla persistenza della alopecia multifocale nelle sedi

dove la follicolite batterica era stata precedentemente trattata, e solo secondariamente dalla

alopecia dopo tosatura. Questa inusuale presentazione clinica, ha portato a diagnosticare la

malattia endocrina solo quando anche le alterazioni mammarie e genitali divennero evidenti.

Bibliografia

• Marconato L, Del Piero F. Tumori del sistema riproduttivo femminile. In: Oncologia medica dei piccoli animali. Poletto editore, Milano. Pagine 430-439, 2005.

• Scott DW, Miller WH, Griffin CE. Muller and Kirk’s Small Animal Dermatology. 6th ed. WB Saunders Company, Philadelphia.

Page 46: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

48

EPITELIOMA SEBACEO: NEOPLASIA BENIGNA O MALIGNA?

G. Bettini(1), M. Morini(1), L. Mandrioli(1), O. Capitani(2), G. Gandini(2)

Università di Bologna – Facoltà di Medicina Veterinaria (1) Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Patologia Animale

(2) Dipartimento Clinico Veterinario

Corrispondenza: [email protected]

L’epitelioma sebaceo è un tumore cutaneo piuttosto comune nel cane (l’incidenza stimata è

intorno al 3% delle neoplasie cutanee) e raro nel gatto. L’aspetto clinico è solitamente quello

di un nodulo solitario rilevato ed alopecico, spesso ulcerato, di dimensioni variabili da pochi

millimetri a parecchi centimetri, più frequentemente localizzato a carico di testa (in

particolare palpebra, orecchio, labbro) e dorso. L’età media di insorgenza è 10 anni ed è

segnalata una certa predisposizione per alcune razze canine (Cocker Spaniel, Lhasa apso,

Shih-tzu, Siberian husky, Setter irlandese e Malamute). Il quadro istologico, molto

caratteristico, è rappresentato da una fitta preponderanza di cellule basaloidi intensamente

basofile in seno alle quali sono riconoscibili in minor numero voluminosi sebociti maturi

finemente vacuolizzati, dispersi come elementi isolati o talvolta come piccoli aggregati nella

massa tumorale. Le cellule basaloidi mostrano intensa attività mitotica, ma scarse atipìe. Altri

aspetti istologici frequenti sono la presenza di aree di materiale amorfo conseguente a

fenomeni di necrosi cellulare, focolai di cheratinizzazione ed il riscontro di melanociti

dendritici fra le cellule neoplastiche. L’esame citologico di preparati ottenuti per

agoaspirazione è altrettanto diagnostico, in quanto ripropone un analogo quadro caratterizzato

da ampi cordoni di piccole cellule basaloidi intensamente colorate nel cui contesto spiccano

come elementi più chiari e finemente vacuolizzati i sebociti maturi.

Nella classificazione WHO1 l’epitelioma sebaceo è definito come tumore a basso grado di

malignità. In particolare è riferita la possibilità di recidiva locale in seguito ad asportazione

chirurgica incompleta; in rari casi sono state osservate metastasi ai linfonodi regionali, mentre

la disseminazione metastatica non è contemplata fra le possibili evoluzioni della malattia.

Il caso presentato riguarda un cane bassotto femmina di 9 anni, presentato per l’evidenza di

un nodulo ulcerato compatto di circa 5 mm a carico del labbro superiore sinistro, che un

campionamento citologico diagnostica come epitelioma sebaceo. Il proprietario si rende

disponibile per l’asportazione chirurgica solo tre mesi dopo, durante i quali il nodulo assume

l’aspetto di un rilievo ulcerato a placca del diametro di circa 2 cm; l’esame istologico del

pezzo asportato conferma la diagnosi di epitelioma sebaceo. Dopo 11 mesi il cane è

Page 47: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

49

ripresentato per la comparsa di una neoformazione di 1 x 2 cm a carico della faccia dentale

del labbro superiore sinistro in corrispondenza della cicatrice del pregresso intervento di

exeresi, arrossata, ulcerata e di consistenza fibromolle, ancora identifica da un prelievo

citologico come epitelioma sebaceo; è anche riscontrato un lieve aumento di volume del

linfonodo sottomandibolare sinistro in cui l’esame citologico rivela un quadro di

linfoadenopatia reattiva e nessuna evidenza di cellule epiteliali riferibili ad elementi

metastatici. Si procede alla rimozione ad ampio margine della massa labiale e del linfonodo

sottomandibolare, e l’esame istologico conferma la diagnosi di recidiva locale di epitelioma

sebaceo con margini di escissione puliti e l’assenza di metastasi al linfonodo. Dopo ulteriori 5

mesi il soggetto è riferito per la manifestazione di una sintomatologia neurologica,

caratterizzata da atteggiamenti compulsivi di head pressing e di movimenti di maneggio verso

sinistra, e saltuari episodi convulsivi con irrigidimento ed opistotono. Un esame TAC del

cranio evidenzia la presenza di una neoformazione del diametro di circa 1 cm a carico

dell’emisfero cerebrale destro. È anche eseguito un esame radiografico del torace che mostra

in entrambi i campi polmonari una interstiziopatia a focolai, caratterizzata dal riscontro di

aree radiopache a margini netti. Considerate le scarse possibilità di intervento terapeutico il

soggetto è sottoposto ad eutanasia. L’esame post mortem conferma la presenza di una

neoformazione in sede prosencefalica destra e a livello polmonare evidenzia una

neoformazione biancastra compatta del diametro di 3 cm nella porzione più caudale del lobo

basale di sinistra, ed altri numerosi piccoli noduli biancastri di diametro variabile da 2 a 5

mm, sparsi nel parenchima polmonare.

L’esame istologico rivela nei noduli neoplastici da entrambe le sedi i caratteri dell’epitelioma

sebaceo.

L’entità patologica “epitelioma sebaceo” è piuttosto controversa. La definizione di tumore “a

basso grado di malignità” è relativa alla considerazione che l’epitelioma sebaceo, sebbene

abbia nella maggior parte dei casi un comportamento benigno, può mostrare in un numero

molto limitato di casi la tendenza a produrre recidive locali o ancor più raramente metastasi

linfonodali, il che ha portato ad inserirlo, nell’ambito dei tumori a differenziazione sebacea, in

una posizione intermedia fra adenoma sebaceo (ovviamente benigno) e adenocarcinoma

sebaceo (maligno, ma con scarsa tendenza alla metastatizzazione). Il caso capitato alla nostra

osservazione, eccezionale quanto al potenziale maligno sviluppato, sottolinea tuttavia come

l’epitelioma sebaceo possa avere anche un comportamento biologico di elevata malignità.

Questa ambiguità, che si riflette in un’ovvia incertezza prognostica, è stata rilevata anche da

Page 48: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

50

Gross et al2, che nel loro recente trattato di dermatopatologia hanno suggerito di introdurre la

denominazione “carcinoma sebaceo epiteliomatoso” per gli epiteliomi sebacei dotati di

maggior potenziale di malignità. Al momento i criteri per differenziare le due entità non sono

però ben definiti, ed appare quindi evidente la necessità di eseguire ulteriori studi per

individuare i parametri istomorfologici (pleomorfismo nucleare, numero di mitosi, mitosi

atipiche, aspetti di invasività locale?) o biomolecolari (marker di proliferazione cellulare,

espressione di oncogeni?) utili a separare sulla base del comportamento biologico gli

epiteliomi sebacei benigni da quelli ad elevato potenziale maligno.

Bibliografia

• Goldschmidt MH, Dunstan RW, Stannard AA, von Tscharner C, Walder EJ, Yager JA: Histological Classification of Epithelial and Melanocytic Tumors of the Skin of Domestic Animals, 2nd series, vol. 3, Armed Forces Institute of Pathology, Washington, DC, 1998.

• Gross TL, Ihrke PJ, Walder EJ, Affolter VK: Skin Diseases of the dog and cat. Clinical and histopathologic diagnosis. Blackwell Publishing, Oxford, 2005.

Page 49: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

51

SINDROME DI CADIOT SECONDARIA A NEOPLASIA DI ORIGINE COSTALE IN UN CANE

Claudio Giacoboni

indirizzo per la corrispondenza: [email protected]

Nell'uomo ed in diverse specie animali (compresi carnivori, equini e ruminanti) è descritta

una sindrome a genesi ancora non ben conosciuta caratterizzata da osteofitosi periostale.

Questa sindrome è secondaria a processi cronici a carico del polmone di origine sia flogistica

sia neoplastica. Da ciò la denominazione di osteoartopatia pneumica ipertrofizzante. Tra le

principali patologie in grado di scatenare tale sindrome si ricordano: neoplasie primitive e

secondarie polmonari, pleuriti granulomatose, linfoadenopatie peribronchiali e mediastiniche,

morva, adenite equina, granulomi e tumori esofagei, tumori vescicali, nefriti croniche, tumori

epatici, dirofilariosi, e cardiopatie.

Le lesioni, spesso simmetriche e bilaterali, sono confinate agli arti e prevalentemente a livello

di metatarso, metacarpo, carpo e tarso, ma possono interessare anche le estremità prossimali.

La patogenesi è legata ad un aumentato flusso ematico con conseguente abnorme formazione

di tessuto connettivo fibroso riccamente vascolarizzato in corrispondenza di tendini e ossa

della parte distale degli arti, con successiva neoformazione di osso periostale. Contrariamente

all'uomo, non si osserva in genere coinvolgimento artro-sinoviale.

DESCRIZIONE DEL CASO

Viene portato alla visita un cane meticcio femmina intera di 3 anni, di circa 25 Kg, per una

neoformazione sottocutanea comparsa da due mesi e cresciuta nell'ultimo periodo. Alla visita

clinica l'animale presenta una massa voluminosa (10 cm x 10 cm), dura, non dolente, non

glabra in corrispondenza del sottocute della regione del costato sinistro, all'altezza della IX°

costa, in assenza di sintomi sistemici. La citologia per ago-infissione evidenzia una neoplasia

mesenchimale maligna compatibile in prima ipotesi con osteosarcoma. Le tre proiezioni

radiografiche del torace mostrano una neoformazione a carattere litico a partenza dal terzo

prossimale della IX°costa che si espande verso l'interno e l'esterno del torace e che disloca le

coste vicine. Si eseguono esami del sangue (emocromocitometrico ed ematochimica) che

mostrano soltanto aumento di ALP (1191 IU/L). Per la diagnosi definitiva viene eseguita

biopsia incisionale della massa per la valutazione istopatologica, che conferma il sospetto

citologico. Nei giorni successivi compare zoppia e tumefazione a carico di tutti gli arti, che

Page 50: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

52

appaiono caldi e dolenti e mostrano radiograficamente proliferazione periostale che interessa

ossa metacarpali, metatarsali e tarsali.

Si inizia terapia antinfiammatoria (firocoxib 5 mg/Kg al giorno) che risolve la sintomatologia

algica, e si propone chemioterapia con doxorubicina 30 mg/m2 EV alternata a cisplatino 60

mg/m2 EV con protocollo diuresi.

Quindici giorni dopo la prima somministrazione (e 35 gg dalla prima visita), il cane è

asintomatico in assenza di tossicità chemio-indotta.

DISCUSSIONE

La sindrome di Cadiot è la forma di sindrome paraneoplastica che più frequentemente si

presenta in corso di patologie croniche a livello polmonare. Nel caso specifico però è causata

non da un interessamento diretto del tessuto polmonare ma da una compressione sullo stesso.

La riduzione della massa occupante spazio o la sua rimozione, generalmente, portano alla

scomparsa o alla diminuzione dei sintomi della sindrome stessa. L'obbiettivo terapeutico

primario quindi è quello di eliminare la causa scatenante per portare un miglioramento della

qualità di vita dell'animale.

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MELANOMA ORALE IN UN GATTO

Angela Marchiori

Indirizzo per la corrispondenza: [email protected]

INTRODUZIONE

Il melanoma è una neoplasia rara nel gatto e rappresenta meno dell’1% delle neoplasie orali in

questa specie1. La prognosi è generalmente infausta per la frequenza di recidive e di lesioni

metastatiche che possono comparire nel 50 % dei casi1.

CASO CLINICO

Salem è un gatto europeo femmina di 7 anni. Viene portata a visita il 12 settembre 2006

perché i proprietari notano una massa in cavità orale cresciuta in poco tempo, nella mucosa

vestibolare della guancia, in prossimità della commissura labiale. Dopo pochi giorni si

provvede ad asportazione chirurgica della neoformazione e a valutazione istopatologica. Al

momento della chirurgia la stadiazione è negativa. Il 3 ottobre viene confermata

istologicamente la diagnosi di melanoma maligno e si decide di stadiare nuovamente la

neoplasia: i linfonodi sottomandibolari ipsilaterali risultano aumentati di volume (1,00 x 0,5 x

0,5 cm) e presentano invasione metastatica alla citologia. Viene proposto un protocollo

chemioterapico a scopo palliativo a base di carboplatino alla dose di 210 mg/m2 ogni 21

giorni, per un totale di 5 cicli. I proprietari accettano la terapia proposta. Il 30 ottobre inizia la

somministrazione del chemioterapico. Dopo un’iniziale riduzione dei linfonodi, questi

ricominciano ad aumentare di dimensioni a 10 giorni dalla somministrazione del farmaco.

Alla seconda seduta chemioterapica i linfonodi risultano ulteriormente aumentati di

dimensioni, pertanto si decide di aggiungere alla terapia in corso piroxicam alla dose di

1mg/capo/die. Il 14 dicembre i proprietari riferiscono un lieve calo di appetito e viene

eseguita una radiografia al torace, che mostra lesioni metastatiche diffuse a tutto il

parenchima polmonare e modesto versamento toracico. I proprietari sono determinati a

proseguire la terapia che continua in maniera regolare per i 5 cicli previsti, fino all’ultima

somministrazione avvenuta il 25 gennaio 2007. Durante questo periodo le condizioni cliniche

della paziente peggiorano progressivamente e, ad un forte calo ponderale (1.2 kg), si

accompagna una grave compromissione toracica. La paziente subisce 5 toracocentesi e due

ricoveri d’urgenza dovuti alla comparsa di una grave dispnea. Nonostante sia stata proposta

più volte l’eutanasia, i proprietari insistono per proseguire con la terapia. Il 15 febbraio 2007

Page 52: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

54

Salem pesa 2,5 kg e le viene praticata un’infusione EV di gemcitabina alla dose di 800

mg/m2. Salem muore “spontaneamente” il 20 febbraio 2007.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Nel caso descritto la sopravvivenza della paziente dal momento della diagnosi era di 140

giorni, senza evidenza di recidiva locale nel punto in cui si trovava la massa primaria. Le

lesioni metastatiche sono comparse dopo brevissimo tempo dall’intervento chirurgico e

probabilmente il linfonodo interessato conteneva già cellule neoplastiche al momento

dell’asportazione del nodulo primario.

Il melanoma orale felino è una rara patologia caratterizzata da un comportamento maligno

molto aggressivo, con breve sopravvivenza (60 -224 giorni),2,3 nonostante l’approccio

multimodale (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) adottato nei confronti del tumore.2-4 In

genere i soggetti muoiono per le conseguenze dovute alle lesioni metastatiche.

La conclusione che si può trarre è che sebbene sembri possibile ottenere un buon controllo

locale della neoplasia primaria,2-4 sono necessari ulteriori studi per poter ridurre il rischio di

disseminazione sistemica del tumore e aumentare in questo modo la sopravvivenza dei

soggetti colpiti.

BIBLIOGRAFIA

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Veterinary Pathology, 39:651-678, 2002.

• Farrelly J., Denman D.L, Hohonhaus A.E., Patnaik A.K., Bergman P.J. “Hypofractionated radiation therapy

of oral melanoma in five cats”, Veterinary Radiology Ultrasound, 45(1):91-3, 2004.

• Patnaik A.K, Mooney S. “Feline melanoma: a comparative study of ocular, oral, and dermal neoplasms”,

Veterinary Pathology, 25(2):105-12, 1988.

• Kinzel S., Hein S., Stopinski T., Koch J., Buecker A., Treusacher H.P., Schmachtenberg A., Jansen T., Eble

M., Kupper W. “Hypofractionated radiation therapy fort he treatment of malignant melanoma and squamous

cell carcinoma in dogs and cats“, Berliner und Munchener Tierartzliche Wochenschrift, 116(3-4):134-8,

2003.

Page 53: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

55

CITOSINA ARABINOSIDE IN AGGIUNTA A POLICHEMIOTERAPIA (VCAA) PER IL TRATTAMENTO DI LINFOMA CON

COINVOLGIMENTO MIDOLLARE NEL CANE: PUÒ FARE LA DIFFERENZA?

Laura Marconato, Ugo Bonfanti, Damiano Stefanello, Maria Rosaria Lorenzo, Giorgio Romanelli,

Stefano Comazzi, Eric Zini

Indirizzo per la corrispondenza: [email protected]

Introduzione e scopo del lavoro: Il linfoma con infiltrazione midollare ha storicamente

prognosi infausta, ed i protocolli chemioterapici attualmente utilizzati danno risultati

insoddisfacenti, con bassa percentuale di risposta e breve durata di remissione. La citosina

arabinoside (ara-C) è un antimetabolita comunemente utilizzato in oncologia umana per il

trattamento di leucemie e linfomi. Scopo di questo studio era verificare in maniera

prospettica l’efficacia di ara-C in regime mieloablativo e in aggiunta a VCAA in cani con

LSA e coinvolgimento di midollo osseo (BM).

Materiali e metodi: i criteri di inclusione prevedevano cani con linfoma V stadio

(coinvolgimento midollare), completamente stadiati ed immunofenotipizzati (CD34-). Criteri

di esclusione erano: trattamenti precedenti con chemioterapici e/o cortisonici, neoplasie o

gravi malattie concomitanti. Per motivi di natura economica, il proprietario decideva quale

protocollo utilizzare (studio non randomizzato).

Risultati: si includevano 17 cani: 8 cani erano trattati con VCAA (gruppo 1) e 9 con ara-C e

VCAA (gruppo 2) in regime mieloablativo. Ara-C era somministrata in infusione endovenosa

continua per 5 giorni consecutivi alla dose di 150mg/m2. Durante il trattamento 2 cani nel

gruppo 1 e 8 nel gruppo 2 ottenevano remissione completa (CR). Il tasso di CR era

significativamente più alto nel gruppo 2 (p<0.01). La sopravvivenza mediana era di 72.5

giorni (range 6-174) per i cani nel gruppo 1, e di 243 giorni (range 73-635) per i cani nel

gruppo 2. La sopravvivenza era significativamente più lunga per i cani nel gruppo 2

(p<0.001). Entrambi i protocolli erano ben tollerati, con bassa incidenza di effetti collaterali.

Conclusioni: Ara-C in aggiunta a VCAA è efficace nel trattamento di linfoma con

infiltrazione BM nel cane.

Page 54: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

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ZUDY, LA GATTA CON DISURIA: ALLORA E’ UN TIMOMA !

Pintaldi P.(1), Bettini G.(2), Scarpa F.(2), Barilli M.(3), Vignoli M.(4)

Indirizzo per la corrispondenza: [email protected]

Descrizione del caso Un gatto europeo femmina di 15 anni e 4.5 kg di peso veniva portata alla visita in regime di

pronto soccorso per disuria insorta da circa 24 ore. L’anamnesi remota non riferiva alcun

disturbo e alla visita clinica il soggetto si presentava in buone condizioni generali;

all’auscultazione del torace si rilevava tuttavia la presenza di un soffio sistolico di 4/6

d’intensità e leggero spostamento a destra dell’itto cardiaco.

Venivano proposti ed eseguiti i seguenti esami d’approfondimento: profilo emato-biochimico,

test FeLV, esame delle urine, studio radiografico del torace ed ecografia dell’addome e del

torace.

L’esame emato-biochimico forniva valori nella norma ed il test FeLV risultava negativo,

mentre l’esame delle urine dimostrava la presenza di un’infezione urinaria sostenuta da

abbondanti batteri coccoidi e filamentosi, pur in assenza di un corrispondente reperto

infiammatorio. L’esame ecografico dell’addome non evidenziava alterazioni. Il quadro

radiografico del torace era invece decisamente alterato per la presenza di una massa radiopaca

a carico del mediastino cranio-ventrale determinante lo spostamento dorsale della trachea.

L’esame ecografico del torace confermava la presenza di una massa ad ecogenicità mista di

ragguardevoli dimensioni, in continuità/contiguità con le strutture cardiache. Le valutazioni

ecocardiografiche rilevavano segni d’ipertensione atriale destra, mentre risultavano normali

cinetica e contrattilità ventricolare.

Sulla base di questi primi riscontri venivano posti in diagnosi differenziale linfoma timico,

timoma, chemodectoma, cisti branchiale, tiroide ectopica, tumori delle paratiroidi, granuloma

e ascesso. In accordo con i proprietari, si procedeva, oltre all’esame colturale delle urine e

relativo antibiogramma, allo studio TC del torace, finalizzato anche al prelievo di eventuali

biopsie, e alla valutazione del profilo coagulativo.

L’esame colturale delle urine dimostrava la presenza di E. coli sensibile a numerosi

antibiotici. Il paziente veniva pertanto sottoposto ad antibiotico terapia con enrofloxacin per

os alla dose di 5 mg/kg ogni 24 ore per 15 giorni, al termine dei quali un nuovo esame delle

urine dimostrava l’assenza d’infezione urinaria.

Lo studio TC del torace evidenziava una massa di 3 cm di diametro nel mediastino craniale

che improntava il bordo craniale del cuore comprimendo atrio e ventricolo destro. La lesione

Page 55: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

57

appariva eterogenea prima e dopo la somministrazione di MDC iodato non ionico a 800

mg/kg e.v. Alcune aree ipodense centrali avevano densità del fluido cellulare (30 HU). Si

rilevava la deviazione degli organi mediastinici viciniori, di vasi e bronchi polmonari dei lobi

craniali, mentre non si rilevavano lesioni nelle restanti parti dei polmoni. Venivano eseguite

biopsie TC guidate con ago sottile 22 G e con tru-cut da sottoporre ad esame citologico ed

istopatologico.

L’esame citologico (colorazione May Grünwald-Giemsa) evidenziava scarsa cellularità del

campione e discreta componente ematica. La popolazione cellulare prevalente era

rappresentata da piccoli e medi linfociti, accanto ai quali erano osservabili rari mastociti,

macrofagi ed eosinofili, che, pur nell’assenza di una evidente componente epiteliale,

orientavano la diagnosi verso il timoma piuttosto che verso una neoplasia linfoide.

L’esame istopatologico delle biopsie (colorazione ematossilina – eosina) metteva in evidenza

un tessuto discretamente vascolarizzato costituito dalla proliferazione diffusa di piccoli-medi

linfociti di aspetto maturo, nel cui contesto si rilevavano occasionali aggregati di cellule

irregolarmente poligonali con abbondante citoplasma eosinofilo e granulazioni bluastre,

tendenti alla cheratinizzazione e disposte concentricamente a formare strutture simili ai

corpuscoli timici di Hassal. Veniva formulata la diagnosi di timoma prevalentemente

linfocitico, supportata dalla conferma immunoistochimica della natura epiteliale degli

aggregati concentrici (CKAE1/AE3 +) e dal fenotipo T della componente linfoide (CD3 +).

Sul riscontro di tale diagnosi, pur in assenza di segni clinici riferibili a myasthenia gravis

(debolezza, rigurgito), si procedeva, in vista del probabile intervento chirurgico, a completare

la stadiazione con la determinazione del titolo sierico di anticorpi anti-recettori postsinaptici

per l’acetilcolina (AChRAb); il titolo anticorpale ottenuto (< 0.30 nmol/L ) permetteva di

escludere le complicazioni relative alla sindrome paraneoplastica mioastenica

Gli accertamenti finora condotti permettevano pertanto una diagnosi definitiva di timoma

linfocitico, con stadiazione clinica II, sottostadio P0.

A distanza di 30 gg dal momento della presentazione si procedeva all’intervento di escissione

chirurgica della massa mediastinica. L’intervento chirurgico prevedeva l’accesso laterale

sinistro nel 3° e 4° spazio intercostale con osteotomia prossimale della 4° costola;

asportazione della massa per via smussa con legatura dell’arteria toracica interna di sx e

parziale pericardiectomia dovuta alla presenza di aderenze con la massa stessa (stadio clinico

II – III); osteosintesi della costa con filo di nylon; posizionamento di drenaggio toracico.

Page 56: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

58

Il paziente veniva trattenuto in ricovero per 3 giorni dopo la chirurgia, fino al momento della

rimozione del drenaggio toracico, e sottoposto alle opportune terapie (analgesici, fluidi,

antibiotico).

Alla dimissione in 4°giornata il soggetto dimostrava un eccellente recupero. A 2 mesi di

distanza veniva effettuato un monitoraggio completo (profilo ematobiochimico, esame urine,

radiogramma del torace, esame ecocardiografico) che escludeva qualsiasi complicazione

successiva all’intervento.

Discussione L’interesse del caso presentato risiede nella coesistenza di elementi di tipicità e atipicità. Tra

gli ultimi il motivo di presentazione (disuria per infezione urinaria), verosimilmente in

relazione allo stato di immunodepressione indotto dalla interferenza tumorale con la

funzionalità dei linfociti.

Tra i primi, assai più numerosi, l’età avanzata, il decorso cronico e con scarso corredo di

sintomi, la struttura macroscopica della massa (capsulata / cavitata), il tipo istologico. Si

enfatizza il ruolo della citologia nel fornire un orientamento diagnostico (anche se a mosaico),

la correlazione con il sempre necessario esame istopatologico e la notevole utilità delle

metodiche avanzate di diagnostica per immagini (TC) ai fini della stadiazione clinica e per la

pianificazione della terapia chirurgica.

Bibliografia • Gores BR, Berg J, Carpenter JL, Aronsohn MG: Surgical treatment of thymoma in cats: 12 cases (1987-

1992). JAVMA 204:1782-1785, 1994. • Ogilvie GK, Moore AS: Feline Oncology. 389-393, VLS 2001

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59

CASO CLINICO: ANGIOSARCOMA VENTRALE IN UN GATTO

Verganti S. [email protected], Orifici F., Olivero D., Abramo F., Romanelli G.

L’angiosarcoma addominale ventrale felino è una neoplasia rara che colpisce gatti adulti-

anziani, senza predisposizione di razza e sesso, con localizzazione tipica a livello di parete

addominale e mammelle inguinali1. Le metastasi sono rare ma la prognosi è comunque infau-

sta per il carattere infiltrativo e le frequenti recidive post chirurgiche, per cui è indispensabile

una diagnosi precoce per un approccio terapeutico efficace2. La diagnosi si basa sull’anamne-

si, sulla localizzazione anatomica, sull’aspetto clinico e sulle caratteristiche istologiche1.

Sebbene sia ancora controversa l’origine delle cellule endoteliali neoplastiche (ematiche/linfa-

tiche) recentemente è stata dimostrata l’origine linfatica di tale neoplasia3. Sia il linfangio che

l’emangiosarcoma risultano positivi per vimentina e Fattore VIII, mentre solo il

linfangiosarco-ma risulta positivo a PROX-1 e LYVE-14-5-6, per cui questi due marker sono

fondamentali per una diagnosi definitiva.

Paco, gatto comune europeo, maschio castrato, 11 anni, viene portato in visita per la presenza

di una lesione cutanea addominale. La proprietaria riferisce la presenza,da più di un anno, di

una piccola neoformazione a livello inguinale che, nell’ultimo periodo, è rapidamente aumen-

tata di volume, con la concomitante perdita di liquido siero-ematico. All’EOG l’animale appa-

re leggermente abbattuto con condizioni del mantello scadenti. All’EOP si evidenzia una neo-

formazione sessile, a margini indistinti, coinvolgente la cute ed il sottocute delle mammelle

inguinali e addominali (13,5x17x2,1 cm), di consistenza duro-elastica, calda e dolente. La

cute alopecica presenta aree di colore rosso-violaceo ed il pelo alla periferia della lesione

appare umido; è presente, inoltre, una fistola da cui fuoriesce un liquido siero-ematico. Gli

esami del sangue evidenziano un’iperprotidemia mentre i test Felv e Fiv risultano negativi.

Vengono eseguite due biopsie incisionali al centro della lesione per l’esame istologico e viene

iniziata un’antibioticoterapia con Amoxi-clavulanico (20 mg/kg po BID). L’esame istologico

rileva una neoplasia sottocutanea infiltrante localmente, caratterizzata dalla presenza di lacune

e canali irregolarmente anastomizzati, che dissecano il connettivo ed il tessuto adiposo. I ca-

nali sono rivestiti da endotelio prominente che appoggia direttamente su tralci di connettivo

ed il lume appare otticamente vuoto. Nelle sedi più profonde la neoplasia assume un aspetto

di proliferazione solida, le cellule assumono maggiori caratteri di atipia e sono evidenziabili

aree emorragiche. Nelle zone periferiche in prossimità dei canali si osservano aggregati multi-

focali di piccoli linfociti, sono inoltre rilevabili aree di necrosi ed emorragia. I quadri istopato-

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60

logici rilevati sono suggestivi di linfangiosarcoma addominale felino. In seguito a stadiazione

completa (ecografia dell’addome e radiografie del torace in tre proiezioni), che risulta

negativa per la ricerca di metastasi, si aggiunge terapia cortisonica con Prednisone (1 mg/kg

po SID). Le condizioni dell’animale migliorano per qualche settimana poi Paco manifesta

abbattimento ed anoressia sempre più marcati con evidente dimagramento. L’animale è così

sottoposto ad eutanasia ma la proprietaria non autorizza l’esame autoptico.

Nonostante non sia stato possibile effettuare un esame immunoistochimico, l’anamnesi, la

localizzazione anatomica, l’aspetto clinico e le caratteristiche istologiche indirizzano verso

una diagnosi di linfangiosarcoma. Le dimensioni della neoplasia al momento della visita non

hanno reso possibile un’exeresi chirurgica per cui si è potuta effettuare solo una terapia

palliativa. Il tempo di sopravvivenza è stato di 82 giorni dal momento della diagnosi tuttavia,

la presenza da più di un anno della neoformazione e l’apparente mancanza di metastasi al

momento dell’eutanasia, confermerebbero il carattere infiltrativo e la scarsa tendenza alla

metastatizzazione della neoplasia.

• Goldschmidt M.J. Conference 19. The Armed Forces Institue of Pathology, University of Pennsylvania, Philadelphia, 23/02/2003.

• Hinrichs U., Puhl S., Rutteman G.R., Van der Linde-Sipman J.S. and Van den Ing T.S.G.A.M. Lymphangiosarcomas in cats: a retrospective study of 12 cases. Veterinary Pathology 1999, 36: 164-167.

• Goldschmidt M.J. and Hendrick M.J. Tumors of the skin and of the soft tissues. In: Tumors of Domestic

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lymphangiosarcoma – definitive identification using a lymphatic vascular marker. Veterinary Dermatology 2004, 15: 13-18.

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Page 59: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

61

LA CACHESSIA NEOPLASTICA – SUPPORTO NUTRIZIONALE AL PAZIENTE ONCOLOGICO

Liviana Prola

Definizione - La cachessia è una sindrome complessa che esita, come conseguenza di

profonde alterazioni nel metabolismo dei grassi, delle proteine e dei carboidrati, nella perdita

di peso e nello scadimento delle condizioni organiche. Essa è lo stadio finale dell’emaciazione

ed è, di solito, associata a debolezza, anoressia, depressione mentale ed immunitaria.

Patogenesi - La cachessia è la sindrome paraneoplastica più frequente in medicina

veterinaria. Nell’uomo questa sindrome colpisce l’87% dei pazienti con cancro ospedalizzati.

Si stima che l’incidenza sia la stessa negli animali da compagnia. L’incidenza della cachessia

è maggiore nei pazienti affetti da neoplasie del tratto gastro-enterico poiché, oltre al

meccanismo d’azione sistemico, si associa un peggioramento della funzione digestiva (in

medicina umana, è cachettico il 90% dei pazienti colpiti da cancro pancreatico). La cachessia

neoplastica causa diminuzione della qualità della vita, minor risposta alle terapie, aumento

degli effetti collaterali da radioterapia e da chemioterapia ed è pertanto considerata un segno

prognostico fortemente negativo. Le alterazioni che si stabiliscono in corso di cachessia

neoplastica interessano il metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi e possono presentarsi

già prima delle manifestazioni cliniche della patologia. In una prima fase della patologia, il

paziente non mostra segni clinici ma sono già presenti alterazioni biochimiche (aumento

livelli di lattatemia ed insulinemia, alterazioni profili sierici di proteine e lipidi).

Successivamente, nella seconda fase, il paziente inizia a manifestare anoressia, perdita di

peso, depressione ed aumento degli effetti collaterali legati alla chemioterapia; infine, l’ultima

fase è caratterizzata da marcata perdita di peso, debilitazione, debolezza. E’ stato evidenziato

che le alterazioni metaboliche permangono anche dopo la remissione della sintomatologia in

seguito a chemioterapia.

Metabolismo dei carboidrati: I meccanismi che portano ad un’alterazione del metabolismo

dei carboidrati si basano sulla capacità della neoplasia di produrre fattori (TNF, IL-6) che

diminuiscono la sensibilità cellulare all’insulina causando perciò iperglicemia ed

iperinsulinemia. La domanda di glucosio, inoltre, è ulteriormente aggravata dal fatto che le

cellule neoplastiche, pur essendo munite di tutti gli enzimi per il ciclo di Krebs, non

producono ATP (ossia energia) attraverso questa via, ma scelgono, preferibilmente, la

glicolisi anaerobia che risulta però essere un processo meno efficiente e che porta alla

formazione di lattato. Questa elevata domanda di glucosio viene soddisfatta, in parte,

convertendo tessuto adiposo e proteine in glucosio.

Page 60: LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI

62

Metabolismo proteico: In corso di cachessia neoplastica, il catabolismo proteico eccede la

sintesi venendosi così a creare un bilancio azotato negativo. La crescita neoplastica richiede

aminoacidi per la sintesi di proteine e le riserve dell’ospite vengono intaccate. Tale deficit

proteico provoca un peggioramento della funzione immunitaria (sia umorale che cellulo-

mediata), della funzionalità gastro-intestinale e della guarigione delle ferite. Clinicamente si

evidenziano, perciò, atrofia muscolare, ipoalbuminemia, peggioramento della cicatrizzazione

ed infezioni frequenti. Inoltre, la seconda via (insieme alla glicolisi anaerobia) utilizzata per

soddisfare la domanda di glucosio, è la gluconeogenesi. Questa via utilizza gli aminoacidi

come substrato e perciò possiamo evidenziare una diminuzione dei livelli plasmatici di

aminoacidi gluconeogenetici (treonina, glutammina, glicina, valina, cistina, arginina). E’ stato

dimostrato come l’integrazione con arginina, in animali con bassi livelli plasmatici di questo

aminoacido, possa potenziare la risposta immunitaria e come la supplementazione di

glutammina sia in grado di diminuire la gravità dei sintomi gastro-enterici indotti da

chemioterapia nel gatto.

Metabolismo lipidico: la perdita delle riserve adipose costituisce la principale causa di perdita

di peso nei pazienti afflitti da cachessia neoplastica, nei quali si verifica una spiccata lipolisi

in assenza di una sufficiente lipogenesi. Da ciò risulta un aumento della concentrazione

sierica di acidi grassi, di lipoproteine a bassa densità, di trigliceridi, di aceto-acetato e di ß-

idrossibutirrato. Dal punto di vista clinico può essere fondamentale conoscere che le cellule

tumorali hanno difficoltà ad utilizzare i lipidi e pertanto questi possono continuare a costituire

una fonte energetica utile per l’ospite.

Supporto nutrizionale al paziente oncologico - La nutrizione non viene spesso considerata

come un problema critico nel trattamento delle neoplasie, ma può essere una variabile

importante che influisce sulla qualità della vita e sui tempi di sopravvivenza. Nei pazienti

neoplastici, in particolare se affetti da forme metastatiche, il problema non è quello di guarire

il paziente, ma come migliorare la sua qualità di vita.. Nel corso degli ultimi 20 anni, si è

andata sviluppando una base di letteratura sul ruolo che certi macronutrienti (grassi, proteine e

carboidrati) e micronutrienti (vitamine, minerali, acidi grassi ed aminoacidi) esercitano sulle

malattie neoplastiche. Benché quest’area di ricerca sia ancora all’inizio, si vanno raccogliendo

sempre più prove del fatto che il trattamento nutrizionale della neoplasia può influire

profondamente sulla vita degli animali e dei proprietari coinvolti in questo processo

patologico.