19
lndicegenerale Presentazione .... .... Paq vtl ill 1 1 z 4 Ouesto libro "1. Introduzioneallostudiodell'epidemiologia 1.1 Epidemiologia veterinaria: cos'è e a chi serve 1.2 Rafforzarel'epidemiologiaveterinaria 1.3 Dati,informazione, conoscenza . 1.4 Interpretazione dei dati: arteo scienza? . . . . 1.5 ldati nella pratica Evoluzione dell'approccio epidemiologicoalle causedi malattia Eventi chiave nella storia dell'epidemioloqia veterinaria La nascita dell'epidemiologia moderna: John Snow e le epidemie di colera a Londra 2.2.1 ll colera a Londra 2.2.2 La prima epidemía di colera: 1848-49 2.2.3 La seconda eoidemia di colera: 1853-54 7 7 9 10 10 2. 2.1 2.2 2.3 3. 3.1 3.2 J.5 3.4 3.5 3.ó 5. 51 5.2 11 15 15 ll lavoro di Snow allaluce delle conoscenze mooerne Definizione di epidemiologiae Epidemiologia: qualche definizione Differenze tra epidemiologia, patologia e clinica Determinanti di malattia . . . concetti di base determinante applicatoalla vita quotidiana primari e secondari 3.3.1 l/ concetto di 3.3.2 Determinanti to 18 21 22 23 z3 zo 29 29 30 5Z 32 JJ AA Salute e malattia ll concetto di popolazione Livelli organizzativi di popolazioni 4. Compiti e scopi dell'epidemiologia 4.1 Compitispecifici e scopipratici dellaepidemiologia . . . . 4.2Profi|assi,prevenzione,contro||oederadicazione.'. 4.3 Obiettivi e tipologie deglistudi epidemiologrcr . . . . . 4.4 Studiosservazionali . 4.4.1 Studi osservazionali descrittivi 4 4.2 Studi osservazionali analitici 4.5 Studi soerimentali . . . Dalla associazione alla causalità t' a-7 J/ "38 IX ll procedimento logico verso la causalità Associazione. causalità e casualità

lndice generale - Quaderno di Epidemiologia Veterinaria · 12.7.2 Fattori di insorgenza delle malattie infettive relativi all'ospite 12.7.3 Fattori di insorgenza delle malattie infettive

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lndice generale

P r e s e n t a z i o n e . . . . . . . . P a q

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11z

4

Ouesto libro

"1. In t roduzioneal lostudiodel l 'ep idemiologia1.1 Epidemiologia veter inar ia: cos 'è e a chi serve1.2 Raf forzare l 'ep idemiologiaveter inar ia1.3 Dati, informazione, conoscenza .1.4 Interpretazione dei dati: arte o scienza? . . . .1 .5 l da t i ne l l a p ra t i ca

Evoluzione dell'approccio epidemiologico alle cause di malattiaEvent i ch iave nel la s tor ia del l 'ep idemioloqia veter inar iaLa nasci ta del l 'ep idemiologia moderna: John Snow e le epidemie d i co lera a Londra2.2.1 l l colera a Londra2.2.2 La prima epidemía di colera: 1848-492.2.3 La seconda eoidemia di colera: 1853-54

779

1 01 0

2.2.12.2

2.3

3 .3 . 13.2J . 5

3.43.53.ó

5 .5 15.2

1 1

1 51 5

l l lavoro d i Snow al la luce del le conoscenze mooerne

Definizione di epidemiologia eEpidemiologia: qualche def iniz ioneDifferenze tra epidemiologia, patologia e clinicaDeterminanti di malattia . . .

concetti di base

determinante applicato alla vita quotidianaprimari e secondari

3.3.1 l/ concetto di3.3.2 Determinanti

t o1 8212223z3

zo

2929305Z

32J J

AA

Salute e malattial l concetto di popolazione

Livell i organizzativi di popolazioni

4. Compiti e scopi dell 'epidemiologia4.1 Compiti specifici e scopi pratici della epidemiologia . . . .4 . 2 P r o f i | a s s i , p r e v e n z i o n e , c o n t r o | | o e d e r a d i c a z i o n e . ' .4 .3 Obiet t iv i e t ipo logie degl i s tudi epidemiologrcr . . . . .4.4 Studi osservazionali .

4.4.1 Studi osservazionali descrittivi4 4.2 Studi osservazionali analitici

4.5 Studi soerimentali . . .

Dalla associazione alla causalità t ' a-7

J /

"38

IX

l l procedimento logico verso la causal i tàAssociazione. causalità e casualità

lnd ice

5.3 Significatività statistica e causalità paq5.4 Confrontare due proporzioni o due percentuali: i l test 12

5.4.1 Esempio: valutazione dell'efficacia di un farmaco5.4.2 Calcolo del y2: un metodo più sempliceConfrontare due medie: i l test t di Student5.5.1 Un esempio di applicazione de/ test t . . . .Prove di significativitàAlcuni test s tat is t ic i d i comune impiegoAssociazione e causalità: t ipi di associazione .Model lo generale d i associaz ioni causal i e non causal i5.9.1 Esempio di assocíazioni causali e non causali: I'incremento ponderale deí polli . . . . .5.9.2 Un altro esempio: la filariosi de/ cane . . .Associazione e causalità: esempio di confusione causa-effettoAssociazioni non causali e fattorì di confondimenro

l lapproccio epidemiologico alle cause di malattiaPostulati di Henle-KochPostulati di Evans

La dimostrazione di causalità attraverso studi prospettivi e studi retrospettivi6.7.1 Studi retrospettivi (o studi caso-controllo)6.7.2 Studi prospettiví (o studi di coorte)6.7.3 Esempio di verifica dell'ipotesi in uno studio retrospettivo

ó.8 Misura del rischio: odds ratio e rischio relativo

5.5

5.ó5 .75.85.9

5 . t u

5 . 1 1

6.6 .16.2ó.36.4ó.56.66.7

6.9ó . 1 0

6 . 1 16 . t z

7.7 . 17.27 .37.47 .5

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41434344454748485050J I

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ó06162ó3ó5ó56667ó86970/ l

7374

77777878808082848ó878889

91919293

Prove di colpevolezza: criminalità e causalitàCause d i malat t ia : regole d i John Stuar t Mi l lDimostrazione della causalitàI cinoue criteri di causalira

ó.8.1 Studio retrospettivo: calcolo de//'odds ratio . .6.8.2 Studio prospettivo: calcolo del rischio relauvo6.8.3 lnterpretazione de//bdds ratio e de/ rischio relativo6.8.4 lntervallo di confidenza di un odds ratioRischio at t r ibu ib i leDimostrazione dell 'esistenza di una relazione dose-effetto: la reqressione lineareó.10.1 Esempio. Effetto collaterale di un farmacoLa retta di regressione e i l coefficiente di correlazioneLa correlazione

Misure di tendenza centrale e di dispersioneVar iabi l i . va lor i e dat iVariabil i parametriche o quantitativeVariabil i non parametriche o qualitativeRappresentazione grafica dei datiVariabil ità biologica e distribuzione di frequenze . . . .7.5.1 Distribuzioni di frequenza7.5.2 Frequenze cumulative, mediana e centiliVariabil ità biologica: indici di tendenza centrale7.6.1 lndîci di tendenza centrale per distribuzioni simmetriche e asimmetriche .1.6.2 Variabilità biologica: indici di variabilità (o di dîspersione)Perché la media, da sola, non è sufficiente a descrivere una distribuzione di frequenzaVariabi l i tà biologica, deviazione standard e normali tà

Probabilità ed eventi complessiDeterminismo e orobabil itàFenomeni aleatoriEvento

D ^ ^8.3.1 Tipi di composízione di eventi . . . . ' qv.

8.3.2 Relazione tra eventi8.3.3 Probabilità di eventi complessi

8.4 Fra orobabil ità e statistica8.5 Un caso frequente in epidemiologia: quando non si conosce la probabil ità a priori

9. l l campionamento9 .1 Camp ione e popo laz ione . . . .9.2 Caratteri del campione9.3 Errore di camoionamento . . .9.4 Variabil ità di una stima9.5 St ima del la prevalenza d i una malat t ia e calcolo del la var iabi l i tà . . . .9.6 Errore standard e l imiti f iduciali9 .7 Dimensione o numerosi tà del campione

l nd ice

1081091 1 3l t f ,

l | o

1171 1 8120

121121121t z 5

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137138139

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143145147148149153

9394949596

9999

10010210410410ó107

9.7.1 Numerosità del campione9.7.2 Numerosità del campione9.7.3 Numerosità del camoione

per la stima di una mediaper rilevare la presenza di una malattia . . . .per stimare la prevalenza di una malattia . . . . .

1 0 .10 .110.210.310.4

9.8 Metod i d i camoionamento

9.8.1 Campionamento per randomizzazione semp/ice (o campionamento casuale semplice) . . .9.8.2 Campionamento per randomtzzazione sistematíca (o campionamento sistematico) . .9,8.3 Campionamento per randomizzazione stratificata9.8.4 Campionamento a grappolo (cluster)

Misure di frequenzaInd icator iPopolazioni e rischiProporzioni, rapporti, tassi . .Prevalenza e incidenza10.4.1 Prevalenza . .1 0 . 4 . 2 l n c i d e n z a . . . .10.4.3 lncidenza cumulauva10.4.4 Densità di incidenza10.4.5 Le insidie nascoste...10.4.6 Relazioni tra incîdenza e prevalenza . . . .

10.5 Mortalità e letalità10.5.1 Tasso grezzo di mortalità10.5.2 Tasso dí mortalità specifico per causa10.5 3 Rapporr.o proporzionale di mortalítà1 0 . 5 . 4 l e t a / i t à . . . . .

10 .ó Soo ravv i venza . . . . .10.7 Standardizzazione delle misure

10.7.1 La standardizzazione diretta e I'indice comparativo10.7.2 La standardizzazione indiretta e il rapporto standardizzato (SMR)

11. Test diagnostici .1 1 . 1 l t e s t . .11.2 Valutazione della validità di un test11.3 Sensibil i tà e soecificità di un test

1 1.3.1 Stima della sensibilità e specificità dt un test . .11.3.2 Sensibilità e specificîtà: influenza del valore sog/ia (cut-off)11.3.3 Privilegiare la sensibilità o la specificità?

11.4 Valore preditt ivo di un test . .11.4.1 Valore predittivo in epidemiologia clinica11.4.2 Relazione tra valore predittivo positivo e prevalenza11.4.3 Valore predittivo e prevalenza: il rischio di importare un animale malato

154154i55

XI

lndice

1 1 5

11.611.7

12.12.112.212.312.4t z . Jt z . o

12.7

Metodi per migliorare i l valore preditt ivo positivo di un test di screening11.5.1 Iest multipli: utilizzo di 2 test in serie

Pag 15ó1571581ó0161

1ó51ó51661661671ó81711731731741 7 41751751751751781801 8 1183184

189189189192194197197199200

ZUJ

2 1 9

zz5

11.5.2 Test multipli: utilizzo di 2 test in paralleloConcordanza fra due tesrStima dell 'accordo (agreement) tra due valutazioni

Trasmissione e mantenimento delle infezioniîasmiss ib i l i tà e contagios i tà . . . . .Le malattie trasmissibil i ed i l concetto di zoonosrCic lo d i una malat t ia t rasmiss ib i leStato di portatoreTrasmissione delle malattieTipi di ospiteFattori di insorgenza delle malattie infettive12.7.1 Fattori di insorgenza delle malattie infettive relativi all'agente

12.7 .1.1 Contagiosità12.7 ,1.2 lnfettività12.7.1 .3 lnvasività12.7.1 .4 Virulenza12.7.1.5 Patogenicità

12.7.2 Fattori di insorgenza delle malattie infettive relativi all'ospite12.7.3 Fattori di insorgenza delle malattie infettive relativi all'ambienteDiffusione delle infezioni ed efficienza del contaroVie di infezione e di trasmissioneîasmissione a lunga distanza di agenti di malattiaStrategie di marrtenimento dell 'agente . . . .

12.812.91 2 . 1 01 2 . 1 1

13.1 3 .1t5.z1 ? 2

13.4

Indice analit:co

Andamento delleLe curve ep idemiche

malattie nel tempo e nello spazio

Fat tor i che condiz ionano l 'andamento del le epidemieEpidemie a sorgente comune e a propagazionel l model lo d i Reed e FrostCurve epidemiche e distribuzione spaziale delle malattie13.5.1 Andamento delle malattie nel temoo13.5.2 La distribuzione spaziale

13.ó Gl i s t rument i del l 'ep idemiologia spazia le

Glossario minimo di epidemiologia

Bibliografia essenziale

xtl

1 Introdu zione allo studiodell'epidemiologia

1 .1 Epidemiologia veterinaria:cos 'èeach i serve

Non è facile spiegare in modo semplice e compren-sibile cosa è I'epidemiologia, soprattutto a chi siawicina per la prima volta a questa materia. Moltedefinizioni, per altro corrette ed ampiamente accet-tate, potrebbero sembrarti confuse e poco com-prensibili inducendoti immediatamente allo scorag-giamento. Per ora basterà dire che I'epidemiologiastudia la frequenza e la.distribuzione delle malattienelle popolazioni in rapporto all'ambiente e al tipodi vita, con Io scopo di individuare i fattori chefavoriscono I'insorgenza delle malattie, il ritmo eI'intensità con cui esse si manifestano, e le condi-zioni che le prevengono.Per iniziare, probabilmente è meglio tentare di spie-gare a cosa ser\te e a chi sene l'epidemiologia; ledefinizioni arriveranno piu tardi.I-bpidemiologia è semplicemente uno strumento checonsente di decidere su basi oggettive. Owiamente,come per molti altri strumenti, è necessario possedereun minimo di conoscenze e di pratica per poterla uti-lizzare al meglio. Decidere su basi oggettive significa,ad esempio, pianificare, attuare e valutare gli inter-venti di tipo sanitario (terapie, profilassi, ecc.) tenen-do in considerazione non solo le esperierze personalima anche i risultati sperimentali, le valutazioni con-dotte su larga scala e il contesto geografico, economi-co, zootecnico, sociale in cui si opera. In questo, I'epi-demiologia veterinaria ha un enonne vantaggio rispet-to a quella umanar, potendo virtualmente interagirecon tutte le variabili in gioco in quanto i vincoli mora-li o etici sono molto meno pressanti.

ESEMPIO 1.1In medic ina veter inar ia, la r iduzione del la { requenza di unamalat t ia infet t iva o i l contro l lo del la sua di f fus ione ouò esse-re real izzato anche mediante l 'e l iminazione dei soggett iin fet t i . Ouesta prat ica è owiamente i r real izzabi le in medic i -

ESEMPIO 1.2In epidemiologia umana, l 'attribuzione dei soggetti ai grup-pi ìn sperimentazione si scontra spesso con vincoli moraliderivanti dal fatto che alcuni malati devono essere voluta-mente trattati con prodotti (farmaci, vaccìni, ecc ) di cui nonsi conosce a priori la reale efficacia o ipotenzialì rìschi.

Più complesso è definire a chi serve l'epidemio-logia.Gli aspetti sociali delle malattie animali hannoavuto, almeno fino al recente passato, un pesomodesto e sicuramente inferiore rispetto ai proble-mi di redditività zootecnica. Tuttavia, nuovi scenarisi sono aperti e questo tipo di impostazione non èpiùr quella esclusiva. Ilaumentata sensibilità deiconsumatori alla salubrità dei prodotti di origineanimale, le problematiche relative al benessere ani-male, I'aumentata frequenza di patologie trasmissi-bili dagli animali all'uomo, le modificazioni delledinamiche di produzione, trasformazione e com-mercio di animali e di prodotti di origine animalehanno ampliato il campo di interesse dell'epide-miologia veterinaria.Le informazioni sullo stato sanitario delle popola-zioni animali sono utili a molte categorie di sogget-ti, a partire dai proprietari degli animali e dagli alle-vatori, fino alle Autorità sanitarie periferiche e cen-trali (nazionali ed internazionali) ed ai centri dincerca.La conoscenza di dati riguardanti lo stato sanitariodi popolazioni può essere utilizzata in diversi con-testi ed a scopi differenti, quali ad esempio:

- identificare la causa e l'origine delle malattie,soprattutto (ma non solo) di quelle trasmissibilitra gli animali o tra gli animali e I'uomo;

- identificare la presenza di determinate malattie inun territorio;

- accertare I'assenza di determinate malattie; questoè spesso richiesto dai partner commerciali (chenon intendono correre il rischio di importarenuove malattie in territori indenni attraverso I'ac-

2 Evo luzione del I'approccioepidemiologico alle causedi malattia

2.1 Eventi chiave nella storiadell 'epidemiologia veterinaria

I-epidemiologia veterinaria, come oggi noi la cono-sciamo, ha una storia relativamente recente e pre-valentemente incentrata, per motivi contingenti,sullo studio delle malattie infettive che per secoli,in assenza di qualsiasi forma di prevenzione, tera-pia e controllo, hanno spesso cambiato la geografiasocio-economica dell'Europa. Tuttavia, è sorpren-dente constatare come' in passato, i problemi diordine sanitario siano stati affrontati con metodolo-gie che oggi definiremmo epidemiologiche e senzaoperare nessuna distinzione tra la medicina dell'uo-mo e quella degli animali. Questa visione, che oggiviene definita "medicina unica" e quindi, di conse-gueîza, anche "epidemiologia unica", può esseregiustificata da una serie di considerazioni; a) I'uni-cità dell'ambiente di vita e dei fattori che condizio-nano salute e malattia dell'uomo e degli animali; b)la comune origine ey'o manifestazione delle malattieumane ed animali; c) il contributo che la medicinaveterinaria può apportare ai problemi della medici-na umana (e viceversa).Molti meccanismi fisiologici e patologici dell'uomosono stati compresi ed interpretati studiando glianimali. Problemi come le zoonosi emergenti eriemergentil, nonché il concetto stesso di zoonosi ela sicurezza alimentare, costituiscono attualmentegli argomenti di maggior rilievo.Già nel IV secolo a.C.la Scuola medica di Ippocratesi fondava su un concetto olistico che inglobavaI'uomo, gli animali (come modello e come oggettodi cura) e l'ambiente. Ippocrate affranco la medici-na dalla speculazione filosofica e dalla superstizio-ne. Ritenendo che ogni malattia avesse una spiega-

zione razionale, riconobbe I'importanza dell'am-biente sulla comparsa e sull'evoluzione delle malat-tie e questa fu, probabilmente, una delle primeintuizioni epidemiologiche. In seguito, Tito Livio(60 a.C.-L7 d.C.) nella sua Storia di Roma citadiverse epidemie degli animali, in particolare narradi una malattia cutanea che aveva colpito tutto ilbestiame contagiando anche gli addetti. Virgilio(70-18 a.C.), Ovidio (43 a.C.-18 d.C.), Vegezio(383-,+50 d.C.) descrissero epidemie negli animali.Varrone, nel I secolo d.C., propose di mantenere lemandrie in piccoli gruppi in quanto quelle di gran-di dimensioni erano piir esposte a malattie conta-giose; suggerì inoltre una delle prime regolamenta-zioni governative di isolamento, ed i suoi concettiinfluirono sul successivo assetto fondiario.Fu solo con I'opera di Girolamo Fracastoro (1478-1553) che si affacciò la teoria scientifica dei micror-ganismi come agenti di malattia, ben 300 anniprima della loro evidenziazione at'venuta per meri-to di Pasteur e Koch. Fracastoro raccolse la suavisione sulle epidemie nell'opera De Contagione etContagiosis Morbis, nella quale si affermava cheogni malattia era provocata da un diverso tipo di"corpuscoli" in grado di moltiplicarsi rapidamentee di trasmettersi dagli ammalati ai sani con 3 moda-lità: per contatto diretto, per il tramite di materialidiversi (es. indumenti) ed attraverso l'aria; trattòinoltre le modalità di trasmissione della rabbia.Purtroppo, la teoria di Fracastoro venne ben prestooffuscata dalle dottrine mistiche del medico rina-scimentale Paracelso.Durante le spaventose epidemie di peste che colpi-rono l'Europa negli anni fra iI 1346 ed il 1352, e checausarono la morte di circa 11 25o/o della popolazio-ne umana, si cominciò a registrare il numero dei

(t) Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (.WorldHealthOrgdnizdtion, WHO,2004), sono zoonosi emergenti quelle "malattietrasmissiblh dagli animali all'uomo che sono state riconosciute di recente, o che hanno subìto un'evoluzione recente nel loro comporta-mento, oppure la cui frequenza o distribuzione geografica sono in espansione, oppure che hanno ampliato 1a gamma di possibili ospiti "

7

3 Defi nizione di epidemiologiae concetti di base

3.1 Epidemiologia: qualchedefinizione

Dal punto di vista etimologico, "epidemiologia" èuna parola composta (epi-demio-logia) di originegreca, che letteralmente significa discorso riguardoalla popolazione e quindi, in senso piîr ampio, stu-dio delle popolazioni.Piir in particolare, I'epidemiologia si occupa dellostudio delle malattie in collettività di individui. Lemalattie possono essere studiate in diversi contestiquali, ad esempio: a) la'dimensione molecolare, uti-lizzata dalla biologia molecolare, dalla biochimica edall'immunologia; b) la dimensione tissutale e orga-nica (cioè dei tessuti e degli organi), utllízzata dallaanatomia patologica; c) la dimensione del singoloindividuo, utllizzata dalla medicina clinica; d) ladimensione della popolazione, che è quella utiliz-zata dall'epidemiologia.

Queste diverse dimensioni di studio non devonoessere viste come disgiunte e fra loro separate. Alcontrario, esse sono fortemente complementari:infatti, la comprensione completa dei fattori checausano o favoriscono una malattia si ha soltanto

i Frost , 1941"

adottando un approccio integrato delle diversedimensioni.Dire piir esattamente cosa sia l'epidemiologia non ècompito facile; prova indiretta è I'esistenza di mol-tissime definizioni. Infatti I'epidemiologia, piùr cheun corpo di conoscenze autonomo e a sé stante, èuna metodologia, una tecnica di approccio ai pro-blemi, una filosofia. I-epidemiologia è un mododiverso per studiare la salute e le malattie ed è scien-za trasversale in quanto, sovrapponendosi a moltealtre discipline, aiuta afrarre conclusioni dai fatti.Le definizioni date al termine epidemiologia sonomolteplici (nella tab. 3.1 ne sono riportate alcune)e la loro diversità risente dei periodi in cui sonostate formulate e dei problemi sanitari in essi pre-valenti. Tuttavia, in tutte ricorrono costantementealcuni termini che precisano I'oggetto di indagine edi interesse dell'epidemiologia.Nelle definizioni riportate, si fa riferimento esplici-to all'uomo o alla medicina umana; I'epidemiologiaè pero una metodologia di studio e perciò non esi-stono differenze sostanziali tra epidemiologia medi-ca ed epidemiologia veterinaria, se non quelle lega-te all'oggetto di studio.

Tab. 3.1 - Alcune definizioni di epidemiologia.

iLepidemiologia è la scienza degli episodi di massa dÌ malattie infettive, oppure 1a storia naturale delle malattie infettwei [ ]; I'obiettivo non è quello di una pura e semplice descrizione della distribuzione della malattra ma anche, e:soprattutro, la sua compatìbilità con un coerente modello inrerpretativo

Lepidemiologia è quel settore della scienza medica che si occupa dei rapporti tra r Îattori e le condrziom chedeterminano la lrequenza e la distribuzrone di un processo infettivo, di una malattia o di uno stato fisrologìco in unapopolazione umana

Un approccio razionale alla maìattia basato su in{erenze brologrche derivate da osservazioni di lenomeni morbosr rnpopolazioni

Lepidemiologia è lo studro della dìstribuzione e deì determinanti degli stari dÍ salute o degh eventi relatiu alla salute indeterminate popoiaztoni, e appllcazione dei nsultati di questo studio per ii controllo dei problemr sanitari

: ' " :" :n" 'jL i l Ìenfeld,1978'

i l q q r l O O l o

a Frost WH (I94I) Papers oJWade Hamptor Frost Edited by K F Mucy, London, Commonwealth Furd,p 194b Mucy K F (195I) Preventive Medicine and Hyglene (7rh ed ) New York, Appleton-Century Crofts, p 1289

"LilienfeldAM (1978) Defrnitíonsof Epidemiologt AmericanJoumalof Epidemiology 107,87-90dlastJM (2OOI) ADrctionaryoJEpidemiolog 4thed,OxfordUniversityPress,Oxford

1 5

dell'epidemiologia

4.1 Compiti specifici e scopi

4 Compiti e scopi

pratici della epidemiologia

Nel Cap. 3 sono state fornite alcune definizioni cheidentificano il campo d'azione dell'epidemiologia.Restano ora da precisare i principali obiettivi chepossono essere raggiunti attraverso i metodi epide-miologici.Lo scopo ultimo dell'epidemiologia veterinaria èquello di acquisire dati su cui basare decisionirazionali per la prevervione ed il controllo dellemalattie in popolazioni animali e, di conseguenza,ottimizzare lo stato di salute e quindi la produttivi-tà dei soggetti.Anche altre discipline hanno un fine simile, ma sioccupano prevalentemente di singoli individui enon di popolazioni. Negli studi epidemiologici pos-sono quindi essere individuati elementi peculiari(f ig. 4.1), quali:

- la raccolta di informazioni che consentono didescrivere la frequenza e la distribuzione nellospazio e nel tempo dello stato di salute e di malat-tia delle popolazioni animali. Queste informazio-ni (dati) sono indispensabili per stabilire se unamalattia è presente o meno in un territorio; taleconoscenza, a sua volta, è spesso necessaria perconsentire la movimentazione degli animali e deiprodotti di origine animale a fini commerciali

(esportazioni, importazioni). I dati relativi allafrequenza e alla distribuzione di una malattia sonofondamentali anche per valutare I'importanza(economica, sanitaria, o nei riflessi sulla salutedell'uomo, ecc.) delle diverse malattie in territorio in popolazioni animali, al fine di stabilire unapriorità nella pianificazione degli interventi sani-tari;

- I'identificazione dei fattori che influenzano lacomparsa e I'andamento delle malattie nelle popo-lazioni. Queste informazioni sono necessarie perI'implementazione di azioni efficienti di preven-zione, eradicazione, controllo e di profilassi ingenere (v. oltre in questo Capitolo);

- Ia quantificazione delle interrelazioni fra salute emalattia, con lo scopo di accertare e studiare ideterminanti di salute e di malattia.

Questi obiettivi si traducono nelle seguenti attivitàpratiche (îig. 4.2):

- determinare I'origine di una malattia la cui causaè conosciuta (perche si è verificato un focolaio? dadove ha al-uto origine? perché il numero di casi diuna determinata malattia è aumentato? perché lamalattia si è estesa a nuovi territori?):

- intervenire allo scopo di ridurre la frequenza diuna malattia la cui causa è inizialmente scono-sciuta (es. la pleuropolmonite contagiosa delbovino - PPCB, eliminata dalla popolazione di

compitispecifici dellaepidemiologia

raccooliere informazioni sulla freouenza/distribuzione di salute/malattia

identificare ifattori che influenzano la comoarsa e l'andamento delle malattie nelle oooolazioni

ouantificare le interrelazionitra salute e malattia

Fig. 4.1 - Obiettivi principali delle valutazioni epidemiologiche.

29

I F R I l . o

o uaila assocraztonealla causalità

5.1 ll procedimento logicoverso la causalità

Gli studi osservazionali analitici (v. Cap. 4, p^9.34) sono fondamentali in epidemiologia e vengo-no utllizzati frequentemente, sia in medicinaumana sia in medicina veterinaria, per scopi diver-si fra i quali il principale è quello di individuare ideterminanti di malattia o i fattori di rischio. Latipologia più semplice di studio osservazionaleanalitico è quella in qui si vuole verificare se unparticolare fattore che è presente in una popola-zione è il determinante (o uno dei determinanti)di una certa malattia.Allo stesso scopo si può giungere, comunque,anche attraverso uno studio sperimentale, nel quale

è lo sperimentatore stesso che sottopone una popo-Iazione al presunto determinante della malattia.Nella forma più semplice di studio osservazionaleanalitico, le variabili in gioco sono: l) la presuntacausa e, 2) la malattia.La presunta causa viene definita variabile indipen-dente mentre Ia malattia è la variabile dipendente,in quanto appunto dipende - cioè è direttamentecondizionata - dalla variabile indipendente.Il ragionamento che conduce alla dimostrazione diun rapporto causa-effetto fra variabile indipenden-te (vi) e variabile dipendente (v6) può essere sche-matizzafo nei tre stadi riportati nella fig. 5.1.Lo schema ora esposto potrebbe risultare non par-ticolarmente esplicativo, soprattutto perché non èancora ben chiaro il significato di alcuni termini,

la presunta causa ècausalmente associata

alla malattia?

@ V; è statisticamente associata a V6?la presunta causa è statistassociata al la malatt ia?

sl

NO

@ V; è causalmente associata a V6?

sl

NO

@ causalità dimostrata

Si oossono effettuare elaborazioni sulle conse-guenze dell'associazione causale (esperimentidi laboratorio, simulazioni, modell i , ecc.)

causalitànon

dimostrata

Fig. 5.1 - Procedimento logico per Ia dimostrazione di un rapporto causa-effetto.

37

6 Eapproccio epidemiologicoalle cause di malattia

ó.1 Postulati di Henle-Koch

Lo straordinario aumento delle conoscenze relativealle malattie infettive a eziologia batterica, awenu-to negli ultimi lustri del XIX secolo, condusseRobert Koch (18'13-1910), insieme al suo maestro

Jakob Henle, a formulare i postulati diventati inseguito così famosi.In sintesi, i postulati di Henle-Koch, più comune-mente noti come postulati di Koch, prevedono cheI'agente di una determinata malattia infettiva:

- deve essere presente in tutti i casi di quella malat-tia;

- non deve essere presente in caso di altre malattiené in individui sani;

- deve essere isolato dai tessuti degli animali mala-ti in coltura pura;

- deve essere in grado di riprodurre la malattia seinoculato sperimentalmente.

I postulati di Koch hanno contribuito in mododeterminante allo sviluppo del concetto di causa inmedicina. In un certo senso, Henle e Koch portaro-no ordine nel caos che aveva regnato nell'ambientemedico fino a quel tempo. Per alcuni versi, i fonda-menti dei postulati sono validi ancora oggi: adesempio, la visione secondo cui un certo microrga-nismo causa una determinata malattia è alla basedella dimostrazione, awenuta nel 1977, che lamalattia dei legionari è provocata da un batterio(Legionella pneumophila) o che la sindrome daimmunodeficienza acquisita (AIDS) è provocata daun virus (anni '80).

Lelaborazione dei postulati era legata soprattuttoalle malattie infettive e derivava dall'esperienza cheHenle e Koch avevano accumulato nello studiodella tubercolosi dell'uomo, il cui agente,Mycobacteríum tuberculosis, viene detto anche"bacillo di Koch" proprio in memoria del suo sco-pritore.La sagacia del postulati di Henle-Koch risiede nella

loro logica semplice: in sostanza, essi prevedonoche, prima di stabilire cora certezza che un micror-ganismo è la causa una particolare malattia, sianecessario: a) isolarlo dai pazienti affetti dallamalattia; b) riprodurre la malattia re-inoculandoloin un animale recettivo; c) re-isolare lo stesso agen-te eziologico da quest'ultimo animale (fig. 6.1).I postulati portavano finalmente ordine in un setto-re della medicina in cui ancora regnava largamenteI'empirismo. La loro adozione consenti, all'epoca,di ottenere insperati successi nella prevenzione enel controllo di numerose malattie a eziologia bat-tenca.Dopo oltre un secolo di progressi nella scienzamedica, f impostazione dei postulati di Koch non èpiù ritenuta valida ed è stata oggetto di profondarevisione critica. In particolare si può osservare che,ancora oggi, è indiscutibile che un microrganismoche risponde ai postulati è la causa della malattia inquestione. Tuttavia, la domanda che sempre piir fre-quentemente ci si pone è: questo microrganismo è lasola ed esclusiva causa?In effetti, oggi stanno assumendo un'importanzacrescente alcune malattie infettive svincolate dalloschema rigido di Koch, che ignora i fattori ambien-tali e associa una sola causa ad una malattia e unasola malattia ad una causa. ll principale limite deipostulati è proprio quello di non considerare la pos-sibilità di una eziologia multipla (una malattia èprovocata da molte cause o, meglio, determinanti)né I'eventualità che una stessa causa possa indurremalattie differenti (v. pag. 19).

ESEMPIO ó.1Una malat t ia infet t iva degl i animal i emblemat ica del l ' inade-gt)atezza dei postulati di Koch è la polmonite enzootica del

v i te l lo, che colp isce un gran numero dì soggett i del l 'a l leva-

mento e frequentemente ha esito letale. Ouesta malattia

non è sostenuta da un s ingolo agente ezio logico, ma da una

tr iade di fat tor i : 1) condiz ioni st ressant i corre late a l le tecni-

che e al le condiz ioni d i a l levamento (management) ; 2) una

infezione pr imar ia a ezio logia v i ra le; 3) una infezione secon-

55

7 Misure di tendenza centralee di dispersione

7.1 Variabili, valori e dati

Con il termine variabile si intendono tutte quelle

caratteristiche che possono manifestarsi in mododiverso in individui diversi o, in uno stesso indivi-

duo, in tempi diversi. Sesso, età, peso, alfezza,razza, affitvdine produttiva, titolo sierologico rap-presentano alcuni esempi di variabili biologichecomunemen te utllizzate in epidemiologia.I valori di una variabile sono i diversi modi in cui

una particolare variabiìÍ può esprimersi.

ESEMPIO 7.1Nel bovini la variabile "razza" può assumere valori diversi(Chianina, Romagnola, ecc.) in individui diversi; tuttavia, larazza di un individuo si mantiene costante nel tempo.

I valori di una variabile possono essere ottenutimediante osservazioni o misurazioni di fenomenibiologici ma anche attraverso confronti, giudizi oaltri metodi valutativi.

ESEMPIO 7.2La var iabi le "g iudiz io c l in ico" sul lo stato dì un paziente puo

assumere i seguent i valor i : migl iorato, peggiorato, stabi le

Variabili quali peso, altezza, titolo sierologico, gli-

cemia, numero di leucociti per mmr di sangue,

hanno valori determinabili mediante operazioni dimisura o di conta e vengono definite come quanti-

tative o parametriche. Le variabili come il sesso, la

razza, ll colore del mantello, che assumono valoririconoscibili attraverso semplici osservazlonl, ven-

gono definite qualitative o non parametriche.Nella fig. 7.I sono riassunte le tipologie e le scale di

misura dalle variabili.

7 .2 Variabili parametricheo quantitative

Una variabile viene definita quantitativa quando i

valori che assume sono di natura numerica, cioè

sono delle quantità (fig. 7.1) e possono quindi esse-re ordinati in senso crescente o decrescente. Questotipo di variabili può essere espresso su una scaladiscreta o su una scala continua. I valori di questevariabili possono essere utilizzati per procedimentiaritmetici (somma, media, ecc.).Sono variabili quantitative discrete quelle i cui

valori sono delle quantità isolate, separate le unedalle altre, nel senso che tra due qualsiasi valoriosservabili esiste sempre un valore non osservabile.

. valori numerici che rappresentano quantità

. hanno unità di misura (m, kg. anni, ecc.)

. possono essere sottoPoste a procedimentiaritmetici (somma, media, ecc.)

. i valori non rappresentano grandezze

. possono servire a definire la posizione in unagraduatoria

. non possono essere sottoPoste a procedimentiaritmetici

Fig. 7.1 - Tipologie di variabili e scale di misura.

77

I Probabilità ed eventil .complessl

8.1 Determinismo e probabilità

Il determinismo è la dottrina filosofica secondo laquale ogni evento è provocato da una catena inin-terrotta di awenimenti accaduti in precedenza. Ildeterminismo esclude I'intervento del caso e rawi-sa una spiegazione di tipo causa-effetto per tutti ifenomeni, comprese le malattie.Noi siamo abituati ad una visione del mondo appa-rentemente deterministica, ed intuiamo facilmente ilconcetto di determinismo, mentre ci riesce piùr diffici-le ragionare in termini di probabilità. Determinismosignifica riproducibilità esatta dell'evento e assenza divariabiliu sperimentale (owero vaianza uguale azero). Ossia: se non variano le circostanze, l'evento siripete sempre nello stesso modo.Tuttavia, nella maggior parte dei casi, un esperi-mento o una misurazione ripetuta piir volte nonfornisce sempre lo stesso risultato. La varianza deirisultati viene definita riducibile se può essere ridot-ta, teoricamente fino al suo annullamento, control-lando le condizioni sperimentali. Se la varianza èriducibile, allora I'evento ha natura deterministica.Le numerose condizioni in cui si verificano glieventi naturali possono essere indagate ma nonsono controllabili; perciÒ 7a varianza degli eventinaturali non è riducibile. Tuttavia, talvolta essa èspiegabile, nel senso che è possibile individuareuna funzione matematica o un modello capace dipredire I'evento con notevole precisione utilizzandoi parametri più rilevanti. Ad esempio, la teoria gra-vitazionale di Newton descrive e prevede con gran-de accuratezza le orbite dei pianeti.Esistono però eventi per i quali la varianza è partedell'evento stesso e quindi non è né riducibile néspiegabile. Ad esempio, il decadimento degli isoto-pi radioattivi è un fenomeno di tipo probabilistico:ogni singolo atomo ha una certa probabilità di tra-sformarsi nell'unità di tempo ma non è possibileprevedere quando questo awerrà.

ESEMPIO 8.1Molt i g iochi sono basat i su event i determìnist ìc i e su com-ponent i casual i (probabi l is t iche) in varìa proporzione Ad

esempio, i l g ioco del b i l iardo è quasi completamente deter-

mìnist ìco Infat t ì , la t ra iet tor ia del la pal la può essere prevista

con orecis ione ouasi assoluta conoscendo la forza con cuì

essa v iene colp i ta, la d i rezione, l 'a t t r i to del tavolo, ecc Al

contrar io, ì l gìoco dei dadì è completamente probabi l is t ico.

Ne consegue che al b i l iardo v ince i l p iù bravo, mentre ai

dadì v ince i l p iù for tunato.

Contrariamente agli eventi deterministici, gli even-ti probabilistici sono governati da leggi statisticheche hanno validità soltanto se riferite ad una seriedi eventi dello stesso tipo, e non ai singoli casi.Vi sono poi eventi apparentemente deterministici,che risultano da un gran numero di eventi probabi-listici, e che possono essere studiati con leggi stati-stiche: le leggi dei gas o I'equilibrio delle reazionichimiche.Esistono anche eventi apparentemente probabili-srici: sono quelli che dipendono da molti distintifattori che presi singolarmente sembrano determi-nistici ma che, nel loro complesso, non sono con-trollabili. Molti caratteri biologici sono di questotipo come, ad esempio, i caratteri fenotipici chedipendono dalle varianti alleliche di molti geni.

ESEMPIO 8.2l l dado da gioco può essere v isto come uno strumento

determinist ico proget tato per generare event i probabi l is t ic i

Ciò è dovuto al {atto che iì dado genera eventi discretì(ossia: può uscire i l numero 5 o i l numero ó, ma non 5,5) eche l 'es i to del t i ro d ioende da var iazioni del le condiz ioni inì -ziali (forza e dìrezione) troppo piccole per essere controlla-b i t i

Gli eventi probabilistici non sono necessariamenteprivi di causa: ffa la causa e l'effetto si interpone unrapporto di tipo probabilistico anziché determini-stico. Ottenere un ceilo punteggio con un dado dagioco ha una causa: è stato necessario tirare il dado;però la causa determina soltanto I'evento "otteni-mento di un punteggio", ma quale esso sarà dipen-

9',|

I ll campionamento

9.1 Campione e popolazione

In uno studio epidemiologico, raramente è possibi-le esaminare ogni singolo componente della popola-zione. I fattori limitanti più frequenti sono rappre-sentati dalle risorse disponibili (economiche, ditempo, di personale, di strutture diagnostiche,ecc.), oppure dall'impossibilità di determinare conesaffezza la numerosita della popolazione da esami-nare e di conoscerne i caratteri importanti a finiepidemiologici o valutativi.

ESEMPIO 9.1ll numero di caprioli presenti sulle coll ine dell 'Appenninobolognese non è noto con esattezza, né si conosce il rap-porto maschi/femmine, la distribuzione per età, ecc.

In altri casi, il numero di individui (o uniu campio-narie) che compongono una popolazione può esseretalmente elevato che l'esame di ognuno di essi, anchedisponendo di ingenti risorse, èrealizzabrle solo teo-ricamente, come ad esempio nel caso delle api di unalveare o dei pesci di un allevamento ittico, o delleconfezioni di latte prodotte in un anno in uno stabi-limento. È inoltre possibile trovarsi di fronte aci unacombinazione di questi fattori, come nel caso in cuisi volessero studiare gli insetti responsabili della tra-smissione di una particolare malattia infettiva in unadeterminata area geografica.È da aggiungere che talvolta, soprattutto nel lavorodi ricerca, la popolazione è indeterminata in quan-to non caratterízzabile né stimabile numericamenteall'inizio dello studio.

ESEMPIO 9.2È stato commercializzato un nuovo farmaco per la terapia del-l'epìlessia nel cane La popolazione su cuì questo farmacoverrà utilizzato è indeterminata, essendo rappresentata da tuttigli animali che, oggi e in futuro, fruiranno di quella terapia

ESEMPIO 9.3Linsieme del le concentrazioni di mercurio misurabi l i intempi diversi in un lago è una "popolazione" indeterminata.

Come già detto (v. Cap. 3), non sempre una popo-lazione è costituita da un insieme di animali: tal-volta è necessario prendere in considerazione unapopolazione di batteri, di virus, di cellule in coltu-ra, di confezioni di latte, ecc. Anche in questi casi,sarà spesso impossibile esaminare l'intera popola-zrone.Lesame di un campione, cioè di un numero ridottodi unità invece dell'intera popolazione, consente disuperare la maggior parte di questi problemi. Uncampione è quindi un sottoinsieme di elementitratti da una popolazione di interesse, detta "uni-verso di riferimento", costituita da tutte le unità cheposseggono determinate caratteristiche scelte arbi-trariamenre ma utili ai fini dello studio.Ne consegue che un campione è soltanto una parte,piir o meno grande, dell'intera popolazione.Scegliere, cioè estrarre, un campione da una popo-Iazione significa effettuare un campionamento; esa-minare ogni singolo individuo della popolazionesignifica effettuare un censimento; esaminare glianimali di un campione significa effettuare unaindagine (suwey).II principale obiettivo di una indagine condotta subase campionaria è quello di raccogliere dati einformazioni che consentiranno di generalízzare,con un certo grado díincertezza, all'intera popola-zione, cioè all'universo di riferimento, le conclusio-ni ottenute dall'esame del campione. Questo pro-cesso di generalizzazione è detto inferenza (fig.9. r ) .

ESEMPIO 9.4Hai somministrato un farmaco a 30 cani affett i da una deter-minata malatt ia e soluzione f isiologica (placebo) ad altr i 30cani (control l i ) . Dopo una settìmana osservi che è guarito i l19% degli animali trattat i con i l farmaco edi l9% dei control-l i Ouesto r isultato non implica necessariamente che i l far-maco sia efficace, in quanto lo stesso esperimento, condot-to su altr i ó0 animali , potrebbe fornire r isultat i diversiL'ipotesi da verificare è: il farmaco è effícace? Supponi diconcludere (vedrai più avanti come) che il farmaco è effica-

99

10 Misure di freque nza

10.1 Indicatori

Una delle attività fondamentali in epidemiologia èla quantificazione dei casi di malattia o dei fenome-ni ad essa correlati, nel contesto delle popolazioniin cui tali fenomeni si manifestano ed evolvono.La descrizione di una malattia attraverso ll numeroassoluto di casi non consente di valutarne I'impor-tanza sanitaria, né l'andamento temporale, né diverificare, ad esempio, una eventuale diminuzionedella frequenza dei nuovi casi in seguito all'attiva-zione di misure di controllo. E chiaro che una fre-quenza assoluta di 100 casi di malattia può assu-mere importanza diversa se rilevata in una popola-zione di 1.000, 10.000 o 100.000 animali. Per ovvieragioni, quindi, il procedimento corretto per espri-mere la frequenza con la quale si verifica un feno-meno è quello di rapportare il numero di casi osser-vati (numeratore) al numero di soggetti che com-pongono la popolazione di riferimento (denomina-tore).

Questa modalità di espressione è spesso definitacome indicatore. Gli indicatori sono strumenti checonsentono di misurare un fenomeno complesso,non rilevabile direttamente e non immediatamenrepercepibile.I-indicatore è quindi una misura sintetica, in gene-re quantitativa, rappresentata da una o più variabiliin grado di riassumere I'andamento del fenomeno.Ilindicatore quindi non è il fenomeno, m^ rappre-senta e riassume in modo facilmente interpretabileiI comportamento del fenomeno in studio.Gli indicatori vengono utllizzati con lo scopo di:

- rappresentare in modo sintetico fenomeni com-plessi;

- identificare e analizzare in modo sistematico icambiamenti, le tendenze, i problemi prioritari ei rischi;

- supportare i processi decisionali;- monitorare I'efficacia delle azioni adottate;

- facilitare I'ottenimento di un quadro di riferimen-to obiettivo.

Un componente fondamentale nella descrizionedegli eventi sanitari è rappresentato dal tempo, cioèdal periodo durante il quale sono srate effettuate leosservazioni $inestra temporale). lampiezza dellafinestra temporale puo assumere valori diversi inrelazione agli obiettivi della rilevazione, al tipo dievento da descrivere, al suo probabile andamento,al variare delle caratteristiche quantitative e quali-tative della popolazione, ecc., e quindi essere vir-tualmente istantanea (o puntuale) oppure riferirsi aperiodi di giorni, settimane, mesi, anni.

10.2 Popolazioni e r ischi

Biologicamente, viene definita popolazione uninsieme di individui o di aggregazioni di individui(es. allevamenti) classificabili mediante uno o piùcriteri univoci ed espliciti. I criteri di classifica-zione fanno riferimento a caratteristiche indivi-duali (es.: sesso,razza, età, peso, ecc.) o produtti-ve (es.: animali da carne, da latte, da compagnia).E possibile utTlizzare anche criteri di tipo geogra-fico o amministrativo (es.: nazione, regione, ecc.).Molto spesso, Ia caratterizzazione di una popola-zione può essere realizzata ttilizzando, contem-poraneamente, diversi criteri (es.: bovini da lattedi sesso femminile allevati nelle aziende dellaLombardia).Come già riferito nel Cap. 3, in epidemiologia pos-sono essere studiate anche popolazioni costituite daelementi diversi dal singolo animale. Ad esempio, sipossono studiare "popolazioni" di allevamenti, diuova, di prosciutti, ecc. In questo capitolo, però,per semplicità ed uniformità faremo riferimentosoltanto a popolazioni costituite da animali.In genere, in una popolazione animale, solo unapercentuale piÌr o meno grande di soggetti è recetti-

1 2 1

11 Test diagnostici

11.1 | test

Per test díagnostico si intende generalmente unadeterminazione di laboratorio, quale ad esempio lamisurazione della glicemia, del colesterolo, del tito-lo anticorpale, ecc., che prevede I'utllizzo di unostrumento o di una procedura analitica e che, per-tanto, fornisce risultati oggettivi e non influenzatidal giudizio dell'esaminatore.

Questa definizione è però limitativa: è infatti possi-bile definire come test qualsiasi procedura chevenga utilizzata al fine ili raccogliere una specifica eben definita informazione. Possono quindi essereconsiderati test, ad esempio, I'auscultazione cardia-ca, la percussione polmonare, la ricerca di unalesione necroscopica, I'esame della mucosa con-giuntivale, I'ispezione di un allevamento per verifi-carne il livello igienico, e perfino le domande di unquestionario. Anche a tutte queste procedure siapplicano i principi e le considerazioni che seguo-no, relative alla validità di un test (sensibilità, spe-cificità, valore predittivo, ecc.).Un test viene definito test di screening quandoviene applicato a tutti gli individui della popolazio-ne a rischio, soggetti ad una probabilità più o menoelevata di presentare la malattia considerata. Nelleoperazioni dí screening, quindi, anche gli animaliapparentemente sani di una popolazione vengonosottoposti alla procedura diagnostica. Pertanto, inconsiderazione dell'elevato numero di soggetti daesaminare, i test di screening devono possederecaratteristiche di economicità, rapidità e semplicitàdi esecuzione.Lindividuazione di animali malati o infetti attraver-so uno screening rappresenta la base dei piani dicontrollo e di eradicazione di alcune malattie infet-tive degli animali, soprattutto di quelle di notevolegravità sanitaria o economica oppure trasmissibilidagli animali all'uomo.In medicina umana, lo screening viene indirizzato

prevalentemente a quelle condizioni patologiche incui la diagnosi precoce e il conseguente interventoterapeutico sono in grado di ridurre la prevalenza ola letalità della malattia.

ESEMP|O 11.1In ltalia, come in molti altrì Paesi, la profi lassi della tuberco-losi bovina è basata sull 'uti l izzo di una orova di ioersensibìl i-tà cutanea (test della tubercolina) che viene effettuata sututti i bovini da vita di età superiore a 12 mesi

ESEMPTO 11.2La brucellosi dei bovini e degli ovi-caprini è sottoposta apiani d i prof i lass i obbl igator ia in mol t i Paesi ; in l ta l ia , isog-getti infetti vengono individuati mediante l ' impiego di testsierologici (test al rosa bengala, f issazione del complemen-to, ELISA)

In medicina veterinaria, lo screening viene spessoeffettuato per individuare la presenza di una malat-tia contagiosa in gruppi di animali (gregge, man-dria, allevamento, ecc.). ln quest'ultimo caso, I'in-dividuazione anche di un solo capo positivo al testdiagnostico è sufficiente a dichiarare infetto I'interoeffettivo.Uno stesso test può essere usato sia per le azioni discreening sia durante il procedimento diagnosticosul singolo animale. Tuttavia, fra le due modalità diapplicazione, sono presenti alcune importanti diffe-terlze:

- le azioni di screening prevedono l'applicazione deltest su tutti gli individui della popolazione, indi-pendentemente dal loro stato di salute;

- nel procedimento diagnostico il test viene invecevtllízzato solo su soggetti che presentano sintomio altri caratteri che possono far avanzare il sospet-to clinico della malattia;

- poiché il valore predittivo di un test (cioè la pro-babilita che un soggetto positivo al test sia real-mente malato o che un soggetto negativo al testsia realmente sano) è correlato alla prevalenzadella malattia, la validità del test è meno soddi-sfacente nelle azioni di screening rispetto all'uti-

't43

12 Trasmissione e mantenimentodelle infezioni

1 2.1 Trasmissibilità e contagiosità

Le malattie trasmissibili sono tutte quelle formepatologiche in cui l'agente può essere trasferito daun individuo ad un altro per vie naturali. Tutte lemalattie infettive e parassitarie sono quindi malat-tie trasmissibili (fig. 12.I).La contagiosità indica invece la capacità dell'agen-te di trasferirsi direttamente e per vie naturali da unindividuo all'altro. Una malattia può essere quinditrasmissibile ma non contagiosa nel caso in cui perla sua trasmissione sià necessario, ad esempio, unvettore cioè un mezzo che operi il trasferimentodell'agente da un soggetto all'altro (trasmissioneindiretta).

ESEMPTO 12.1l-anemia infettiva equina è una malattia trasmessa quasiesclusivamente attraverso l ' intervento di ditteri o artrooodiematofagi ( tafani , zanzare, ecc.) che t rasfer iscono meccani-camente i l v i rus dagl i animal i in fet t i a quel l i recet t iv i (vet tor imeccanic i , v pag. 170) Un'a l t ra v ia d i t rasmissione del v i rus,non naturale e mol to meno comune, è rappresentata daaghi d i s i r inghe o strument i contaminat i dal sangue degl ianimal i in fet t i . Questa modal i tà d i t rasmissione non naturaleviene def in i ta í at rogena

Altre malattie infettive non contagiose sono, adesempio, quelle sostenute da batteri sporigeni (teta-

no, botulismo, carbonchio ematico, ecc.), nellequali l'agente è presente nell'ambiente; la patologianon è indotta direttamente dall'azione del micror-ganismo ma da alcuni prodotti del suo metabolismo(tossine), e affinché si determini la malatria sononecessari particolari fattori predisponenti.

ESEMPTO 12.2l l tetano si contrae attraverso la contaminazione di feri te daparte di terr iccio o altro materìale contenente le spore diClostridium tetani. Le spore tetaniche sono molto diffuse innatura e si r iscontrano con frequenza nel terreno, foraggi,letame, ecc. La malattìa compare solo quando le spore ger-minano e tornano al la forma vegetativa, la quale produceuna potente tossina che, una volta assorbita, causa la patolo-gia. Per la germinazione sono necessarie condizioni di anae-robiosi, cioè di scarsità di ossigeno, che si veri f icano in casodi ferite profonde o da schiacciamento, ustioni, ecc. (fattoripredisponenti). Lanimale malato non è in grado di contagia-re altr i soggett i , in quanto la trasmissione del la forma vege-tat iva ad un animale sano non dà origine al la malatt ia

Anche alcune malattie genetiche o la predisposizio-ne ad alcune patologie quali, ad esempio, il diabetemellito o la displasia dell'anca in certe razze di cani,vengono considerate malattie trasmissibili. In que-sti casi, tuttavia, la trasmissione awiene da unagenerazione a quella successiva (trasmissione verti-cale).

Fig. 12.1 - Malattie trasmissibili.

1ó5

13 Andamento delle malattienel tempo e nello spazio

13.1 Le curve epidemiche

La rappresentazione grafica del numero di nuovicasi di una malattia in funzione del tempo è unadelle più comuni forme di visualizzazione dell'an-damento di una malattia in una popolazione.Riportando in ordinata il numero di nuovi casi dimalattia (casi "incidenti") ed in ascissa il tempo, siottiene un diagramma abarre o una curva (curvaepidemica) che rappresenta l'andamento temporaledi una malattia. Ilesame di una curva epidemicapuò contribuire ad acceitare il tipo di esposiTione,lavia di diffusione, il momento in cui si è verificata l'e-sposizione all'agente, quale è stato il período di incu-bazione, se si sono verificati dei casi secondarí, ecc.La curva epidemica può essere utile anche per svi-luppare ipotesi riguardanti Ia causa della malattia ele sue caratteristiche epidemiologiche e per fareprevisioni sull'andamento futuro.La fig. I3.I riporta un esempio di diagramma abarre a cui è stata sovrapposta la curva epidemica diuna malattia trasmissibile. Dal grafico è possibileosservare un andamento bi-modale del numero dinuovi casi di malattia: la curva presenta due picchiche indicano un comportamento diffusivo della

malattia. I primi casi di malattia sono rappresentatidalla parte sinistra della curva (curva primaria);successivamente, i casi primari trasmettono I'infe-zione ad altri individui della popolazione, chevanno a formare la curva secondaria.Ol'viamente si tratta di una rappresentazione esem-plificativa: non sempre, in condizioni naturali, puòessere evidenziato un andamento così semplice.Infatti, I'andamento della curva epidemica dipendeda numerosi fattori quali la via di escrezione e lavelocità di propagazione dell'agente, la densità dipopolazione, la proporzione di animali recettivi, lemodalità di trasmissione. la dose infettante. ecc.

13.2 Fattor i che condizionanol 'andamento del le epidemie

Nella fig. 13.2 è schematizzato I'andamento di unaepidemia che si verifica quando un agente infettaprogressivamente gli individui di una popolazionecostituita inizialmente da animali pienamenterecettivi. Il modello prevede che, in conseguenzadell'infezione, gli animali vadano incontro alleseguenti fasi: malattia, sviluppo di immunità pro-

Diagramma a barre e curva cherappresentano l 'andamento diuna malatt ia in funzione deltempo.Si ottiene rioortando:. i l numero di nuovi casi di

malattia (casi incidenti),sul l 'asse v

. il tempo,-su]l'asse x

201 8t o

1 4

1 21 086420

Fig. I3.1 - Esempio di curva epidemica di una malattia trasmissibile

189

Glossario minimodi epidemiologia

Accuratezza di un test (Test accuracy). Grado di ac-cordo tra il valore misurato (risultato del test[v]) e il valore vero.

Agente biologico (Biologic agent). Microrganismo(batterio, virus, prione, protozoo, micete,parassita multicellulare) o tossina biologica chepuò indurre malattia in un ospite [v] .

Agente di malattia (Agent of disease). Fattore biolo-gico, chimico o fisico la cui presenza (o ecces-so o carenza) influenza la frequenza e l'anda-mento della malattia.

Agente infettivo (lnfectious agent, InJecttue agent).Microrganismo (batterio, virus, prione, proto-zoo, micete) che può indurre malattia in unospite [v].

Agente opportunistico (Opportunistic agant). Mi-crorganismo normalmente non patogeno, macapace di causare malattia in particolari circo-stanze.

Aggiustamen to (Adjustment) . Procedure s tatisticheche hanno lo scopo di minimizzare I'effetto delconfondimento [v] sulla stima della misura diinteresse.

Animale-tempo (Animal-time). Unità di misura checo mbina animali e tempo, utTlizzata soprattu ttocome denominatore nella misura della densitàdi incidenza [v] o dei tassi di mortalità [v].

ANOVA, Analisi della varianza (ANOVA, AnalysísoJ vanance). Test parametrico [v] per confron-tare 3 o più gruppi di dati.

Associazione (Association). Relazione tra due o piùeventi, caratteristiche o variabili [v]. La rela-zione deve essere dimostrata su base statistica.Se I'associazione non è dor,-uta ad una relazionecausa-effetto [v] si parla di associazione spuria[v] o di associazione non causale [v]. V Misu-ra di associazione.

Associazione causale (Causal association, Causalrelationship). Associazione [v] tra una variabi-le indipendente [v] (solitamente una esposi-zione [v]) ed una variabile dipendente [v] (so-litamente Ia malattia). che soddisfa i criteri dicausalità [v].

Associazione non causal e (N on- causal asso ciation) .Associazione [v] dovuta al fatto che la relazio-ne causa-effetto [v] (es. esposizione-malattia) èinfluenzata da un altro fattore non consideratonello studio.

Associazione spuria (Spurious assocíation). Asso-ciazione [v] dovuta ad errori sistematici, cioèad errori che influenzano i dati sempre nellastessa direzione.

Bias (Bias). Sinonimo di distorsione [v].

Campionam ento (S ampling). Processo di selezionedi unità campionarie [v] da una popolazione[v] , allo scopo di ottenere un campione [v] .

Campionamento a grappolo (Cluster sampling).Campionamento [v] in cui la selezione casualeviene effettuata all'interno di insiemi preforma-ti (grappoli o cluster [v]) anziché su individui.

Campionamento di convenienza (Haphazard sam-pling, Convenience sampling). Campionamento[v] che non garantisce la casualità di estrazionedelle unità campionarie [v] . Seleziona un cam-pione [v] che non è rappresentativo della po-polazione [v] di interesse.

Campionamento per rand.omizzazione semplice(Simple random sampling) . Campionamento [v]che assicura ad ogni unità campionaria [v] lastessa probabilità di essere estratta.

Campionamento per randonrízzazione sistematica(Sy stematic sampling). Campionamento [v] cheprevede la scelta delle unità campionarie [v]secondo un intervallo fisso prestabilito.

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Indice analitico

AAbitudini alimentari dell'uomoAccoppiamento, trasmissione perAccordo fra testAccreditamentoAcctratezza di un testAcctratezza di una stimaAerosolAgente di malattiaAgente opportunisticoAgreement fra testAllevamento accreditatoAmbienteAnalisi spazialeAndamento epidemicoAndamento iperendemicoAndamento ipoendemicoAndamento mesoendemicoAndamento pandemicoAndamento secolareAndamento sporadicoAnimale-tempoAnimali sentinellaAssociazioneAssociazione causale-, esempio di confusione causa-effettoAssociazione non causale-, esemproAssociazione spuria

BBates ThomasBest JítBíasBias di selezioneBiocenosiBox and whishers plot

cCalcolo delle probabiliuCampionamentoCampionamento a cluslerCampionamento a grappoloCampionamento casuale sempliceCampionamento di convenienza

Campionamento non probabilistico It5Campionamento per popolazione finita 105Campionamento per randomuzazione

semplice 116Campionamento per randomízzazione

sistematica I 17Campionamento per randomizzazíone

i801831611 1 0

I44;160101r82L73r66161r 1 0r78200r98197197t97198191r97t29177

38;40;48485 14850

48; 58

I73

I03; I05t1517883

9299

I20r20I16I15

stratificataCampionamento probabilisticoCampionamento sistematicoCampionamento stratificatoCampione-, validitar interna ed esternaCampione rappresentativoCampo di variazioneCanoni diJohn Stuart MillCarte di rischioCasi incidentiCasi insorgentiCasi primariCasi secondariCasoCaso-indiceCasualitàCausa di malattiaCausa necessariaCausa sufficienteCausa-effettoCausalitàCensimentoCentiliChi- quadratoCiclo di una malattia trasmissibileCiclo oro-fecaleCiclo vitale di un agenteClassi di frequenzaClassificazione degli studi epidemiologiciClimaCluster di malattiaCoefficiente angolareCoefficiente di correlazione rCoefficiente di determinazione 12Coefficiente di regressioneCoefficiente di variazioneColera a Londra

118i 1 5I171 1 899

r00100

ó t

57202

126; I89126r93r9393

I9393I8r818404099824l

r66I8 Ir688032

178L99

I 5

73 ;747574

I+410

223