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N° 75 1 Bimestre 2013 Gennaio Febbraio Notiziario "Divina Misericordia"

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N° 75 1 Bimestre 2013 Gennaio Febbraio Notiziario "Divina Misericordia" della Chiesa di Santo Spirito in Sassia Santuario della Divina Misericordia

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SommarioP. 3 e 4Omelia 31 Dicembre 2012di S.E. Mons. Zimowski

P. 5 e 6Preghiera del TE DEUMdi S.E. Card. ANGELINI

P. 7Nuova Evangelizzazione diS.E. Mons. Rino FISICHELLA

www.divinamisericordia.itwww.faustyna.pl

La Divina Misericordia

Notiziario del Santuario della Di-vina Misericordia, Chiesa SantoSpirito in SassiaVia dei Penitenzieri 12 00193 -Roma

CCP: 16311003 intestato aChiesa Santo Spirito in SassiaSantuario della Divina Misericor-dia

IBAN: IT-50-B-07601-03200-000016311003

RedazioneDirettore: Mons. Jozef BartVice direttore: Giovanni PiccardiGruppo redazionale: Congrega-zione delle Suore della BeataVergine Maria della Mise- ricor-dia, Anna Cantoro, AlessandroOrtenzi, Don Vincenzo Mercante

P. 12 a 16Catechesi“Scuola di Preghiera”23 Novembre e 21 Dicembre 2012

P. 8 a 115 Dicembre 2012Messa alla Divina MisericordiaOmelia di Mons. Jozef BART

P. 17 a 19La Misericoria di Dio che ci difende dalle punizioni meritatedi Suor Faustina Ciborowska

31 Dicembre 2012S. Messa a conclusione dell’anno

Estratto dell’Omelia di S.E. Mons. Zigmunt Zimowskialla presenza di S.E. Card. Fiorenzo ANGELINI

Sia lodato Gesù Cristo

Dio ci benedica con la luce delSuo Volto

Eminenza Rev.ma,carissimi confratelli sacerdoti ereligiosi, carissime suore. Saluto in modo particolare lesuore Benedettine Riparatricidel Santo Volto con la MadreGenerale Maria Maurizia Bian-cucci. Carissimi operatori sanitari,medici infermieri ed infermiere,

cari farmacisti, carissimi fratelli e sorelle in Cri-sto.In quest’anno della fede, inquesti giorni, approfondiamo inmodo particolare le parole chequotidianamente pronunciamonella nostra professione difede “Per noi uomini e per lanostra salvezza discese dalcielo e per opera dello SpiritoSanto si è incarnato nel senodella Vergine Maria e si è fattouomo”. San Gregorio di Nissasi domanda se le tenebre, la

schiavitù, la prigionia, la perdi-zione non fossero motivi suffi-cienti a commuovere Dio fino afarlo scendere alla nostra con-dizione umana così infelice etanto miserabile. Così pure ilservo di Dio Ildebrando Gre-gori annota che la terra è unluogo di angustie e di pene eche, nella lontananza di Gesù,“ogni sorriso è pieno di la-crime, ogni allegrezza piena ditristezza”. Con commozione abbiamosentito le parole della prima

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lettura: “Ti benedica il Signoree ti protegga. Il Signore facciabrillare il suo Volto su di te e tisia propizio. Il Signore volga ate il suo volto e ti dia pace”.Ebbene la benedizione biblicanon è un semplice augurio dascambiarsi nelle ricorrenze,ma indica il passaggio di Dionella storia che dà ciò che cidice e promette e che realizzasempre più ciò che vuole perl’umanità.La solennità di Maria Madre diDio ci presenta in modo esem-plare quanto questa benedi-zione sia diventata realtà equali ne siano i frutti: Dio ci be-nedice dandoci suo figlio e loSpirito Santo; ci benedice dan-doci la pace; ci benedice, in-fine, chiedendoci dicollaborare con lui perché ilsuo Regno e la sua pace na-scono anche dall’azione deisuoi figli; Maria ha accettato li-beramente di collaborare e civiene proposta oggi come mo-dello. Questa triplice benedi-zione le ricordiamo questasera dicendo “Deo gratias” eintonando il “Te deum lauda-mus”.Cari amici, come ha detto Be-nedetto XVI ai partecipanti allanostra XXVII Conferenza Inter-nazionale: “!come spiegatonella lettera enciclica ‘SpeSalvi’ «la misura dell’umanitàsi determina essenzialmentenel rapporto con la sofferenzae col soffrente»!“. È questaun’esortazione alla quale parequanto mai difficile rispondere,ma che ribadiamo nella consa-pevolezza delle forti ripercus-sioni che la crisi economica efinanziaria europea ed interna-zionale sta avendo nelle politi-che sanitarie nazionali.

Rinnoviamo, cari fratelli e so-relle, la nostra preoccupazioneper le riforme in atto in quantosi ha l’impressione che si

tenga unicamente conto del-l’aspetto economico delmondo della salute, trascu-rando chi lo anima, dunque chine costituisce l’essenza vitale,a partire dalla persona soffe-rente. Si parla della riduzionedi posti letto, ma non di chisarà privato della possibilità diessere ricoverato, curato o as-sistito secondo il proprio statodi salute. Parliamo di giovani ,di figli, di fratelli e di anziani,quelli che più hanno contribuitoalla rinascita di questo paesedalle rovine della guerra, e Lei,Eminenza di questa rinascitasanitaria è stato elemento es-senziale. Proprio a questi dob-

biamo assicurare, con venera-zione e gratitudine, una assi-stenza sanitaria adeguata. Inoccasione della XXV Confe-renza Internazionale nel suomessaggio Papa BenedettoXVI ha parlato dell’importanzadi una “ ! vera giustizia distri-butiva che garantisca a tutticure adeguate. Di conse-guenza il mondo della salutenon può sottrarsi alle regolemorali che devono governarloaffinché non diventi disumano[!.] Solo se si guarda almondo con lo sguardo delCreatore, che è sguardod’Amore - ha evidenziato PapaBenedetto XVI - l’umanità im-parerà a stare sulla terra nellapace e nella giustizia”.Ecco, carissimi fratelli e so-relle, malati e operatori sani-tari, sappiamo tutti quanto nonsia agevole la vostra missione,soprattutto in questo momentodi grandi incertezze nel mondodel lavoro, ma il Signoreascolta la nostra preghiera, ciriempie della sua gioia e dellasua benedizione e ci chiamaad essere suoi collaboratorinel donare la grazia salvifica diquesto Natale, appena cele-brato, al nostro prossimo, di-ventando anche noievangelizzatori, contribuendoa combattere i mali del mondo.Che questa consapevolezza ciaccompagni sempre, la-sciando che Cristo, sorgenteinestinguibile di vita, sani l’in-fertilità dei nostri cuori e trionfisulla nostra debolezza, sullanostra sterilità spirituale e sullenostre preoccupazioni e paure.Tutto ciò affidiamo alla Ma-donna santissima, Protettricedegli infermi.E così sia.

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31 Dicembre 2012 - Te Deum di Ringraziamento

31 Dicembre 2012TE DEUM di ringraziamento

Preghiera del Te Deum diS.E. Card. Fiorenzo ANGELINI

Cardinale Presbitero titolare della Chiesa di S. Spirito in Sassia

Un altro anno, Signore, civede riuniti in questotempio a te consacrato,

per ringraziarti di quanto da teabbiamo ricevuto e per rinno-vare la nostra obbe-dienza alla tuasantissima e miste-riosa volontà dellaquale, a volte, ab-biamo accettato confatica ed anche inte-riore ribellione leprove alle quali haivoluto sottoporci.Insieme e singolar-mente, Signore, rinno-viamo il nostroringraziamento.L'anno che volge altramonto ha visto evede il mondo provatoda vecchie e nuovecalamità, mentretroppi si sono dimenti-cati della tua legge edel tuo amore fino afarci provare la sensa-zione e l'incubo di nonsentire più la tuavoce, di essere da teabbandonati anche se sap-piamo che tu non ci abbandonie non ci abbandonerai mai.Con la fragilità delle nostre

forze, ma con tenacia e fidu-cia, Signore, seguendo l'ispira-zione del tuo Santo Volto, ilservo di Dio abate IldebrandoGregori, e l’invito dell’amato

Pontefice Giovanni Paolo II,oggi beato, abbiamo conti-nuato il nostro impegno di pro-mozione della spiritualità e

della teologia del tuo SantoVolto. Tu ci hai premiato dila-tando oltre ogni previsione,l’eco dell'invito del beato Pon-tefice a contemplarti, invito da

noi fedelmente ri-preso e diffuso conlo studio, la rifles-sione e la preghiera.L'anno che si chiude,aprendosi su di unnuovo anno, vedeanche allargata la fa-miglia dei parenti edegli amici che nonsono più con noisulla terra, ma losono fortemente eper sempre dal cielo.Siano loro, Signore,a farsi voce presso dite nostra lode, nostrasupplica.Tu li conosci, o Si-gnore, questi nostricongiunti ed amicidei quali ricordiamo ilnome non te, ma anoi stessi che, forse,talvolta, li dimenti-chiamo.

Una grazia particolare Signoreti chiediamo e di essa, io Tuosacerdote, voglio farmi voce anome di quanti sono stasera

qui riuniti con me.Donaci il coraggio di ricono-scerti e professarti sempre concoerenza e rigore, di annun-ciarti con più credibilità, for-tezza ed efficacia; di esserenel pensiero e nell'azione, tra-sparenza del tuo Volto special-mente accanto ai sofferentinello spirito e nel corpo; ac-canto agli esuli, agli emigranti,agli oppressi, ai disperati, agliemarginati.Donaci la capacità coraggio disapere espiare attraverso il sa-crificio e l'accettazione dellatua Volontà lo smisurato pec-cato del mondo: le colpe com-messe contro la giustizia e lacarità, le colpe da ascrivere alnostro rispetto umano, alla no-stra indifferenza e vigliacche-ria.Le realtà tristissime di Caino eGiuda non sono spente, pur vi-vendo però eternamente

l'amore che non muore.Il sordo e sordido sibilo diguerra caccialo, Signore. Lapace! "Dona nobis pacem".Anche i nostri poveri meriti ser-vano allo scopo.I torbidi sperimenti di scimmiot-tare la divina creazione dell'es-sere umano, non oltrepassinola grave stoltezza di ripeterequanto, lontano nel tempo, osòsuggerire satana ai nostri pro-genitori.Signore, donaci di saper vivereaccanto a te e di seguirti con lafiducia, l’amore e l'abbandonodella tua Madre SantissimaRegina del cielo e della terra,Madre di tutti gli uomini, me-diatrice presso di te, delle no-stre necessità.Grazie, Signore, di tutti i doni esoprattutto del dono della fedeche il tuo Vicario in terra, Be-nedetto XVI, ha voluto que-st'anno richiamare

all'attenzione di tutti.La fede: questa lampada cheha sempre dominato la nostravita e che preghiamo affinchécome raggio di luce ci guidifino all'ultimo Capodanno conte in Paradiso. Amen.

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31 Dicembre 2012 - Te Deum di Ringraziamento

La Nuova Evangelizzazione

Brano tratto dal libro “La Nuova Evangelizza-zione”

di S.E. Mons. Rino FISICHELLAPrefetto della Congregazione per la Nuova

Evangelizzazione

Il nostro mondo contempora-neo è fortemente caratteriz-zato dallna gelosia per lapropria indipendenza e la re-sponsabilità del vivere perso-nale. Dimenticata ognirelazione con la trascendenza,è diventato allergico a ognipensiero speculativo e si limitaal semplice momento storico,all'attimo temporale, illuden-dosi che è vero solo ciò che èfrutto della verifica scientifica.Perso il rapporto con il trascen-dente e rifiutata ogni contem-plazione spirituale, èprecipitato in una sorta di em-pirismo pragmatico che loporta ad apprezzare i fatti enon le idee. Senza alcuna re-sistenza cambia rapidamente ilsuo modo di pensare e di vi-vere, diventando un soggettoprogressivamente più cinetico,sempre pronto cioè a speri-mentare; desideroso di essere

coinvolto in ognigioco anche sepiù grande di lui,specialmente selo rapisce in quelnarcisismo nonpiù neppure ve-lato che lo illudesull'essenza dellavita. Insomma, ilprocesso del se-colarismo ha ge-nerato un'esplosione di ri-

vendicazioni di libertà indivi-duali che tocca la sfera dellavita sessuale, delle relazioniinterpersonali e familiari,.delleattività del tempo libero come di quelle lavorative.

Insomma, si è venuta a creareuna situazione completamentenuova in cui si vogliono sosti-tuire gli antichi valori, soprat-tutto quelli espressi dalcristianesimo. In un orizzontedi questo tipo, in cui l'uomoviene a occupare il posto cen-trale, baricentro di ogni formadi esistenza, Dio diventaun'ipotesi inutile e un concor-rente non solo da evitare, mada eliminare. In questo contesto Dio perdela sua centralità. La conse-guenza è che l'uomo stessoperde il suo posto. L' «eclissi»del senso della vita riduce

l'uomo a non sapersi più collo-care, a non trovare più unposto all'interno del creato edella società. In qualche modocade nella tentazione prome-teica: si illude di poter diven-tare padrone della vita e dellamorte, perché è lui a deciderequando, come e dove. Unacultura tesa a idolatrare la per-fezione del corpo, a rendereselettivo il rapporto interperso-nale sulla base della bellezzae della perfezione fisica, fini-sce con il dimenticare l'essen-ziale. Si cade così in una sortadi narcisismo costante che im-pedisce di fondare la vita suvalori permanenti e solidi, perbloccarsi a livello dell'effimero.Qui, pertanto, si pone lagrande sfida che attende il fu-turo. Chi vuole la libertà di vi-vere come se Dio nonesistesse lo può fare, ma devesapere a cosa va incontro.Deve avere coscienza chequesta scelta non è premessadi libertà né di autonomia. A un uomo sempre più al cen-tro di tutto, sostenuto da un re-cuperato narcisismo offuscatoper decenni, incapace di rag-giungere la verità perché privodi ogni fondamento, mancavaun ultimo tassello per esserepienamente autonomo: l'allon-tanamento da Dio.

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La Nuova Evangelizzazione

Alla ricerca della fedeÈ un cammino gioioso e lumi-noso quello che abbiamo ini-ziato con la prima domenicad’avvento. Dio viene a noi intre modi: con la nascita di Cri-sto, nel nostro intimo oggi inquesto incontro così forte,verrà poi nella gloria. Tuttisiamo in attesa di questa ve-nuta: è venuto, ora viene everrà. Ma tu credi in questa ve-nuta, nel cammino per il qualepuoi incontrare il tuo Signore eil tuo Dio? Ti devi convincere che solocon questo cammino tu puoiabbracciare Gesù, puoi farglidelle domande che ti stanno acuore e ricevere delle rispostecerte e sicure.Attendiamo il Cristo o solo unadivinità potente dalla qualeaspettare portenti a noi favore-voli? Quale atteggiamento ab-biamo per questo natale diGesù; forse stiamo tentandoGesù, per piegarlo alle nostrerichieste, è una tentazione: seTu ci sei, allora guarisci, se Tuci sei, allora intervieni, se poinon intervieni, allora… non c’è.Abbiamo intonato “Marana-thà”, Vieni Signore Gesù. Ini-

ziamo così, ognigiorno, la santamessa; però è op-portuno vederecosa c’è dietro que-sto “vieni”: sollievoad una sofferenza,una croce, un be-nessere. Vera-mente sonor a g i o n a m e n t iumani. Allora nelcorso di quest’annodella fede, è neces-sario trasformarequesto nostro at-teggiamento cosìlontano dalla verafede: “vieni”, per-ché tu solo puoisalvarci, vieni, per-ché dispensi ognigrazia con la qualesopportare i pesidella nostra esi-stenza. Ecco di-ciamo al Signoreche scruta nel se-greto dei nostricuori: io ti cerco, in-segna al mio cuoredove e come cer-carti, dove e cometrovarti, la nostra

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5 Dicembre 2012Messa alla

Divia Misericordia

Omelia di Mons. Jozef BartRettore della Chiesa di Santo Spirito in Sassia

Santuario della Divina Misericordia

5 Dicembre 2012 Messa alla Divina Misericordia

fede è cosi spessomediocre, appan-nata e dubbiosa,quanti dubbi mani-festano i nostri fe-deli, basta poco perricoprire la biancaveste battesimalecon i vestiti del de-monio. La voce deiprofeti, in questotempo dell’avvento,ci parla. Dio tra-smette grandi pro-messe. Ma tu crediin queste promessedi Dio oppure le ri-tieni illusioni, crediche con la venuta diDio il deserto deltuo cuore o nelquello dei tuoi fra-telli, fiorirà, chesgorgherà la sor-gente che ci ren-derà vivi?C’è bisogno di qual-cosa di profondoper intraprenderequesto camminoper portare il soste-gno, portare la luce,portare la speranzaa questi fratelli. Pernoi, sacerdoti, è uncammino consape-vole, perché sonoconsapevole dellamia fede, consape-vole che devo an-dare non solo aCana, o a Gerusa-lemme ma anchesul calvario pur diaiutare chi soffre;tale deve essereanche per tutti i cre-denti. L’uomo ap-partiene a Dio non asatana e se si trova

nel buio profondo, nella dispe-razione dobbiamo chiedercichi l’ha portato su questastrada e che cosa è stato fattoda me e dai fratelli per proteg-gerlo, perciò dobbiamo diven-tare uomini di compassione,uomini di misericordia come hadetto Benedetto XVI.

La luce della fedeL’avvento, la venuta di Dio an-nuncia che la luce viene nelmondo, luce che da calore,che non si spegne, che illu-mina posta com’è al di sopra ditutti; di questo calore, di questofuoco abbiamo bisogno, comericordava il beato GiovanniPaolo II volendo che in questachiesa ardesse il fuoco dellamisericordia. Tutti avvertiamoun profondo bisogno di cre-dere in Dio, di gettare losguardo verso di lui, di scoprirein lui il nostro vero più grandeamico, ora, in questo mo-mento, non aspettando iltempo delle difficoltà. La fede di per sé non allevia lenostre disgrazie, solo Gesùperché è vivo, può dare unsenso alla mia esistenza, gio-iosa o triste, solo Dio e nessunaltro mi può capire nei mo-menti di solitudine, di depres-sione. Non disse Pietro, ungiorno, “da chi andremo, Si-gnore?”; solo Dio mi può forti-ficare nella mia impotenza,nella mia debolezza per sen-tirmi invitato a vivere, adamare, a generare vita nono-stante la mia fragilità. Crederein Dio è credere nella vita, è in-tuire che il mondo ha un fineultimo, che tutta la creazione dicui io faccio parte, è plasmatadall’amore di Dio.In quest’anno della fede vo-gliamo penetrare questo mi-

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5 Dicembre 2012 Messa alla Divina Misericordia

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stero di Dio; vogliamo tuffarciin questo mistero e allora ve-dremo grandi meraviglie, per-ché è un salto di vita. Chiscommette su Dio riesce acamminare sulle acque, chi saperdere la vita per Dio, chi sadonare la vita per Dio, la sal-verà. La fede e la consacrazione

Donare la vita a Dio, dire sìa Dio, questa è la consacra-zione. Essa non può essereriservata soltanto a chi vuoleabbracciare la vita religiosa,sacerdotale, perché è giàdentro di noi, quando siamostati battezzati, abbracciaticome figli prediletti da Diostesso, quel giorno il Si-gnore disse “tu sei mio, mio,tu appartieni a me”. Allora vivere con la consa-pevolezza di questa appar-tenenza a Dio, dell’essereplasmati dall’amore divino,dell’essere abbracciati espinti da questo amore, sa-rebbe veramente un viverestupendo, perché sano, pu-lito, gioioso, fedele; ecco Diochiede a noi la fede, lachiede come risposta a quelprimo giorno di amore con lui,che fu il giorno del battesimo. Cari fratelli, prestiamo ascoltoalla voce di Dio e meditiamonel vangelo di Luca, vangelo dimisericordia, un Gesù che dicea tutti per dire di non esser ve-nuto per i sani ma per i pecca-tori; vale la pena cercarloperché trovando Gesù si trovatutto. Certamente Dio conoscele nostre difficoltà per esserefelici seguendo il vangelo, per-ciò ci incoraggia a camminareverso una nuova strada dovec’è spazio per la preghiera, perstare con Dio, per poter escla-

mare: è bello noi stare qui. Se avremo e coltiveremogiorno per giorno un tale atteg-giamento, una tale serena fa-tica di ascesa verso il sacro,verso i santi, verso il monte delSignore, allora sentiremo in noiuna continua nostalgia di Dio,non ci basterà più una messadomenicale, non ci basterà più

ogni tanto la confessione, maper ogni peccato che senti-remo il bisogno di rivolgerci alui, sperimenteremo una stra-ordinaria forza dall’alto per af-frontare i problemi e i disagidella vita. Tutto ciò per noi eper il prossimo.

La fede, sé stessi e il prossimo

Infatti ci sentiremo spalancareil cuore per essere generosi eumani verso coloro che sof-frono fisicamente e spiritual-mente. È l’accoglienza per chiviene da lontano, per quelli

che vivono ai margini della co-munità, per quelli appena uscitidal carcere, per quelli che, an-cora sposati, hanno già bam-bini. Serve una vicendevolegrande spinta, l’uno verso l’al-tro; cessiamo dall’ingannarenoi stessi: andiamo in chiesa,facciamo la comunione, ascol-tiamo la parola di Dio, ci con-

fessiamo eppure la vitanon cambia. Può subentrare il nemicodi Dio che dice di smet-tere, non serve a niente. “Non serve a niente”, que-sta è la conclusione a cuigiungevano i miei ragazzia scuola: i nostri genitorifrequentano la chiesa, manon cambia niente, ogniscontro provoca la separa-zione, non c’è spazio néper il perdono né per la ri-conciliazione; “a cheserve”, dicono. Eppure inciascuno di noi c’è unagrazia divina, si tratta diprendere la consapevo-lezza degli immensi doniche Dio ha depositato inciascuno di noi. SantaFaustina con quelle poche

parole “Gesù confido in Te”,veramente ci da coraggio per-ché questa invocazione ciporta ad accogliere nella no-stra misera vita cristianal’amore di Dio, con questasemplice professione di fedepermettiamo a Dio di sapere,di toccare i segreti del nostrocuore; con essa facciamo en-trare Dio nelle nostre vicendeaffinché siano illuminate dallospirito di sapienza. La fiducia in Gesù ci sostienenelle situazione difficili. È diffi-cile, cari fratelli, che la fede inDio possa nascere in un cuore

disperato, dubbioso; ricordiamole parole di Gesù rivolte a Tom-maso “non essere incredulo macredente”; cioè: abbi fiducia,non chiudere nessuna porta.Non teniamo in nessun contoquello che hanno detto e scrittosu Dio e la sua chiesa, ab-biamo il coraggio di avvicinarsicon umiltà al Signore, anche luisi avvicina a noi con umiltà esarà un bambino ad abbrac-ciarci.

ConclusioneNon lasciatevi rattristare ilcuore, la vita dalle cattive quo-tidiane notizie che sentiamoogni giorno; la vera, grande no-tizia è invece Dio, è il tuo es-sere cristiano, l’esserel’immagine di Dio. Il mondodeve, prima o dopo, doman-darsi: da chi posso andare senon da Dio, perché solo Dionon giudica nessuno, solo Dioha il cuore per perdonare, per-ché “tenero e pietoso è Jhwh,lento all’ira e grande nel-l’amore” (Sal. 103, 8). Dio ècome una madre, tenero versoi suoi figli. Ebbene, spinti dalla graziadell’anno della fede, stimolatida questo tempo prezioso chela chiesa ci offre, apriamo gliocchi verso Cristo, alziamo lemani verso il Signore e cammi-

niamo, cer-chiamo lastrada che ciporta a Cri-sto. Cre-diamo nellasua umanità,nella sua re-surrezione,crediamo chenulla di piùbello potevacapitarci che

diventare cristiani, che cono-scere la misericordia del si-gnore: quanta grazia cisoccorre questa sera stando inquesto tempio, quanta grazia cisoccorre ogni volta che attra-versiamo le porte delle nostrecomunità, dei nostri movimenti.Però, cari fratelli, incontreremonel nostro cammino tanti fratelliche già credono ma cercano dicredere di più oppure quelli cheancora non credono e ci chie-dono: ma chi è questo Cristo.Ecco, noi dobbiamo dare la ri-sposta a questi fratelli, perchéIl vangelo odierno ci invita afarlo dicendoci che “tutto e pos-sibile per chi crede”. Credi tu? È questa la domanda che saràposta al centro del nostro pre-sepe. Questo sarà il messaggiocentrale visibile a tutti quelli cheentreranno in questa chiesa. Credi tu? A chi crede Gesù offre la possi-bilità di vivere. Se mettiamo Dioal primo posto allora la nostrasituazione può veramente cam-biare, possiamo uscire da ognisituazione come vincitori per-ché nella prima lettera Giovannidice che questa è la nostra vit-toria che ha sconfitto il mondo:la nostra fede.Oggi è un giorno luminoso, at-

traversato dalla novena alla Im-macolata Concezione. In questigiorni contempliamo la suagrande fede. La grandezza diMaria consiste nel fatto che leiè donna di apertura e donna dichiusura perché ha aperto lasua vita a Dio e ha chiuso lasua vita alla carne e al peccato.Perciò lei si è saputa sottomet-tere a Dio e dirgli “fai quello chevuoi della mia vita”.In questa chiesa titolata alloSpirito Santo, questa sera ci ri-volgiamo a lui consci che loSpirito Santo è forza, è corag-gio, è vigore e fuoco.“Vieni, Santo Spirito”, all’iniziodi questo cammino dell’av-vento, vieni e scendi su di noi,o Spirito Santo, accelera perciascuno di noi i tempi di unaprofonda vita interiore. “Vieni Santo Spirito”. O SpiritoSanto da a ciascuno di noislancio ad essere autentici apo-stoli dell’amore misericordiosodi Dio, affinché questo messag-gio raggiunga ognuno di noi eattraverso di noi i nostri fratelli,i parenti, gli amici, fino ai i nostrifratelli defunti che soffrono nelpurgatorio e hanno bisognodella nostra preghiera della no-stra implorazione della miseri-cordia per loro. “Vieni Santo Spirito”. O SpiritoSanto infondi in noi il coraggioapostolico per essere pronti adonare tutto di noi, corpo eanima, al servizio di Dio e allasalvezza di tutti gli uomini per-ché tu, o Gesù, vieni per loro,tu vieni per salvare i peccatorie di questi noi siamo i primi eper questa causa noi questasera vogliamo rinnovare la no-stra fede.Amen.

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Catechesi del 23 Novembre e 21 Dicembre

Catechesi del 23 novembre e del 21 dicembre 2012 in Santo Spirito in Sassiaa cura di Padre Mariano Cera, carmelitano, priore e parroco di

Santa Maria in Transpontina – Roma

DIO E L’UOMO SI INCONTRANOLa preghiera ti pone a contatto con Dio, crea una comunione, un faccia a faccia, un cuore a cuore,in cui la ricchezza di Dio si riversa sulla miseria della creatura e la fa finalmente felice. Ecco per-ché la preghiera è sempre stata un bisogno fondamentale dell’uomo di ogni luogo e di ogni tempo.

Luca da un particolare rilievoalla preghiera di Gesù e,unico, riferisce tre paraboleparticolarmente significativesulla preghiera (cfr. 11,5 esgg.; 18.1-14); di queste,quella del fariseo e del pubbli-cano (18.9-14), compendia inmodo mirabile ciò che c’è difondamentale nella preghieracristiana. Il Vangelo dell’infanzia di Gesùsecondo Luca, è ricco di con-tenuti di preghiera e popolatodi figure oranti: Zaccaria(1,68), Elisabetta (1,25,42-45),

M a r i a(1,38;46-55), ipastori (2,20),S i m e o n e( 2 , 2 9 - 3 2 ) ,Anna (2,36-38). Luca diventaper noi un ec-cellente edu-catore dellafede e mae-stro della pre-ghiera lungotutto il suoVangelo, enon tanto perquello chedice esplicita-mente sullapreghiera, operché ci inse-gna a pregare,ma perché de-scrive senza

equivoci, il rapporto di Dio edell’uomo che si avvicinano esi incontrano nella preghiera.Ci offre uno sfondo ideale ereale perché la preghiera di-venti preghiera secondo ilcuore di Cristo ed indicazionipreziose sui due protagonistidella preghiera: Dio e l’uomo.

QUALE UOMO?Ci chiediamo: quale uomo puòincontrare Dio nella preghiera?Chi ha accesso a lui? Chi saràaccetto a lui?

L’uomo che non rifiuta Dio.Sembrerà sorprendente co-minciare da qui: pare assurdoe ovvio. Eppure esiste e vivein noi l’uomo che respinge Dio,ne consegue che questo Dioinesauribile nell’iniziativa del-l’amore e del perdono, indie-treggia indifeso davantiall’uomo che si chiude a Lui.Luca presenta Gesù a tavolamolte volte: dalla cena con ipubblicani (5,29), al cibo con-sumato con i discepoli dopo laresurrezione per vincere laloro incredulità dei discepoli aGerusalemme (24,43). Nellaparabola del “grande ban-chetto” (14, 1 e sgg.), la notafondamentale è il rifiuto del-l’uomo all’invito di Dio. Che siallontana da Dio è colui che aLui antepone una cosa o unapersona (vv. 17-20) mentresono i poveri o i bisognosi, ipiù disposti ad accogliere l’in-vito in ogni momento (vv. 21-23). Dio ci apparedoppiamente felice: per averela sua casa piena (v. 23) e peraverla riempita nella gratuitadell’amore (vv. 12-23), ma sof-fre profondamente nel vederetrascurata la sua iniziativa disalvezza (v. 24). Ma è soprat-tutto nel rifiuto crudele e reite-rato di tutto il popolo,raffigurato dai vignaioli omicidi(20,9-18) che si manifesta me-glio l’impotenza di Dio di frontealla durezza dell’uomo. È

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Catechesi del 23 Novembre e 21 Dicembre

l’uomo che si chiude, o cheparte, o che si allontana daDio, ed esclude dalla sua vitaun nuovo incontro. Questouomo non saprà pregare per-ché prega veramente solocolui che non rigetta Dio.

L’uomo vuoto di sé, difronte a Dio e agli uomini

Gesù chiarisce un fondamen-tale atteggiamento di pre-ghiera nella parabola delfariseo e del pubblicano (18,9-14). I due soggetti incarnano ladisposizione perenne del com-portamento umano e religioso.Il fariseo non mente: ha co-scienza di essere giusto e lo fasapere a Dio. La sua sicurezzadi non essere come gli altri gliviene da sé stesso, da ciò chefa e si gloria presentandolo alSignore. Ci sono in lui la pre-tesa della ricompensa da partedi Dio e l’esigenza tacita di es-sere approvato da Dio. Gesù,invece, capovolge totalmente

la giustiziafondata sunoi stessi esolo sul no-stro compor-tamento. Eal pubbli-cano, chesubito si ri-conosce po-vero, chenon osaa v a n z a r enel tempio,che menoancora pre-sume di sédavanti aDio e agliuomini, chesi riconoscepeccatore e

si mette nelle mani di Dio,Gesù perdona. Allo stessomodo, nella sua vita reale diGesù quando rimprovera Si-meone il fariseo che disprezzala donna peccatrice. Di essa,che tace, parlano i gesti. Gesùscruta il cuore dell’uno e del-l’altra e di questa esalta ilgrande amore che non osaesprimere con la parola.La preghiera che ci porta a in-contrare Dio vuol dire esserevuoti di noi stessi e aperti aLui, certi del suo amore. Chivuole apparire giusto agli occhidi degli uomini, dimentica che:“Ciò che gli uomini conside-rano molto, è cosa senza va-lore davanti a Dio” (16,15). Isuoi criteri non sono i nostri.

L’uomo della libertà interiore

Interiormente libero è chi gesti-sce ogni cosa, ogni atto in fun-zione di Dio e a Dio nonantepone né persone né cose.

Nemmeno la vita conta moltodavanti a Dio: per salvarla ènecessario accettare anche diperderla davanti a Dio (cfr12,4-7).Questa condizione radicale ri-suona nel Vangelo in moltemaniere mai attenuata: sarà ilgiovane che non accetta dimettere in gioco le proprie ric-chezze!(18,18) e sarà lo stoltoche lavora per accumularebeni (12,13).Luca per sottolineare il sensodella vita e la relatività deltempo si avvale di alcuniesempi: del sale che, se perdeil suo sapore, non serve anulla (14,35); del fico che, in-capace di fruttificare, deve es-sere tagliato (13,6) e dellastessa Gerusalemme chesarà distrutta perché non haconosciuto il tempo in cui Diol’ha visitata (19,41) ed altre. Iltempo c’è dato affinché lo vi-viamo bene. Faremo ciò agliocchi di Dio soltanto se sa-remo interiormente liberi. Nullaillustra meglio il significato deltempo e la relatività delle cosealla luce di Dio, quanto il con-fronto tra i destini delle vite delricco epulone e del poveroLazzaro. La stessa importanzaviene attribuita alla facoltà discelta: “Maria ha scelto laparte migliore”. Gesù non rim-provera a Marta la sollecitu-dine del servizio, ma riconoscenell’ascolto di Maria il senso ela libertà vera della vita.

L’uomo aperto ai fratelliMettere in pratica la Parola ètradurre nella vita il messaggioascoltato. I tre Evangelisti ci in-dicano, nel legame tra l’amoredi Dio e l’amore del prossimo,la chiave per la conquista della

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vera vita. Il solo Luca, nellaparabola del Buon Samari-tano, manifesta concreta-mente che cos’è per Gesùquesto amore del prossimo.Tutto ruota intorno al pros-simo che diventa così, nellaparola di Gesù, mediazione ecriterio di autenticità del no-stro amore a Dio.Chiudersi in sé e saziarsi neibeni e nell’abbondanza, al-lontana l’uomo dal povero e,pertanto, da Dio; assolutizzaciò che non è Dio e diventamaledizione per l’uomo.La ricchezza non è maledi-zione per l’uomo, ma il chiu-dersi in essa, escludendo glialtri. È il tenere solo per se eignorare i molti che non hanno.È rifiutare di condividere conloro. Con i beni o senza, ciòche importa per l’uomo chevuole trovare Dio, è essere li-bero nei confronti delle cose edi sé stesso per potersi cosìaprire ai fratelli. La felicità dicui parla Gesù risiede, di fatto,nella radicale libertà rispetto atutto. L’uomo che si chiude aifratelli non può sapere comeaprirsi a Dio. l’uomo sempredisposto alla conversioneTrasformare la propria vita peraprirsi a Dio è, nel messaggioevangelico, il mezzo che ciconduce essenzialmente aduna dinamica di conversione.L’episodio di Zaccheo (19, 1-10) ci mette di fronte a questaforma di dono di Dio: “Signore,io do la metà dei miei beni aipoveri; e se ho frodato qual-cuno, restituisco quattro voltetanto”. Il desiderio immenso diincontrare Gesù coincide inZaccheo con la coscienza delproprio limite nella giustizia enella verità e quindi, con la di-

sposizione a ristabilire giusti-zia e libertà nella propria vita;ciò è conversione.La conversione è il risveglio,come nel figliol prodigo, dellanostalgia della casa paterna edel sentimento di liberazioneper mettersi in cammino e in-contrare di nuovo lo sguardodel Padre suo. È l’atteggia-mento per cui l’uomo si lasciacondurre da Dio alla gratuitàdell’amore, simile a quello concui il Padre accoglie il figlioperduto. È a questo amoregratuito che il padre cerca diaprire il figlio maggiore indu-rito. E’ lo stesso amore gratuitoche introduce il ” buon la-drone” in paradiso. La conver-sione sarà sempre dono diDio: ma l’accoglienza di que-sto dono, che introduce l’uomonella dinamica del processo, ècondizione perché egli possatrovare Dio.Non prega chi non si disponea essere messo in questioneda Dio nel più profondo di sestesso. Prega chi, nella sem-plicità della verità, si apre aDio per trasformare la propria

vita, che è uno dei modi di per-derla, per ritrovare la vitanuova.

QUALE DIO?Il Dio, rivelatoci da Gesù, è unDio che è Padre, buono e riccodi misericordia; un Dio che hasempre l’iniziativa nel farci ilbene, che non viene mai menonel suo amore ed è inesauri-bile nella generosità del suoperdono; un Dio vicino eamico.La generosità del perdono

È l’espressione più difficile.Solo attraverso il perdono,l’amore rende liberi: prima ditutto noi stessi poi l’altro, alquale, così, è permesso di ri-tornare in pace nell’anticoamore. Questo ritornare, o ri-trovare, - ci insegnano le treparabole dell’amore - si mani-festa nel perdono: quella dellapecora smarrita, della monetanascosta e del figlio prodigo.Di fronte alla perdita c’è lagioia del ritrovamento e delperdono: “rallegratevi, perchého ritrovato la mia moneta, lamia pecora ... era necessario

far festa e rallegrarci perchétuo fratello era morto ed è ritor-nato vivo, era perduto ed estato ritrovato”. E’ il perdonoper amore, senza riserve esenza rancore. Soprattutto nella preghieracardine del cristianesimo:“Quando pregate, dite: “Padresia santificato il tuo nome, per-dona i nostri peccati, perchéanche noi perdo-niamo...”, in due deitre versetti (11,2-4),è dato risalto nuova-mente al Dio che èPadre e che per-dona: la sottile sfu-matura del “perché”indica certamente lacoerenza conquell’amore dei ne-mici e sottolinea ciòche era stato giàdetto loro: “Amate ivostri nemici, e fatedel bene a coloroche vi odiano, bene-dite coloro che vimaledicono e pre-gate per coloro chevi maltrattano […..]Amate i vostri ne-mici, fate loro delbene ... e sarete figlidell’Altissimo; per-ché egli è benevolo verso gliingrati e i malvagi. Siate mise-ricordiosi come è misericor-dioso il Padre vostro”(6,27;35-36).Gesù, in una sua preghiera,nomina cinque volte il Padre,con immensa gratitudine, per-ché per mezzo suo rivela aipiccoli la grandezza del suoamore (10,21-22). Ma ancorauna volta Luca ci mette il suotocco specifico, ponendo in ri-lievo la gioia di Gesù: “in quello

stesso istante trasalì di gioianello Spirito ” disse: “io ti rendolode, o Padre, Signore delcielo e della terra ... Sì, Padre... ogni cosa mi e stata affidatadal Padre mio, e nessuno sachi è il Figlio, se non il Padre,né chi è il Padre se non il Figlioe colui al quale il Figlio lo vo-glia rivelare” (10,21).Dio, amico e vicino

Il Dio che Gesù conosce cosìbene, egli ce lo rivela come ilnostro Dio, il nostro Padre anziil papà – Abbà - di tutti, nonsolo dei figli di Israele. La sol-lecitudine del Padre non si li-mita ai beni del Regno, maabbraccia tutte le necessità deifigli, anche di quelli che noncorrispondono. Gesù ci rassi-cura: “chiedete e vi sarà dato;cercate e troverete; bussate evi sarà aperto ... Se voi chesiete cattivi, sapete dare cose

buone ai figli, quanto più il vo-stro Padre celeste darà lo Spi-rito santo a coloro che glielochiedono!” (11,9-13).Questa vicinanza e accessibi-lità di Dio divengono ancorapiù tangibili quando si manife-stano in ciò che è la realizza-zione piena della missione diGesù: “per questo mi ha con-sacrato con l’unzione e mi ha

mandato per annun-ciare ai poveri un lietomessaggio, per procla-mare ai prigionieri la li-berazione, ai ciechi lavista, per rimettere inliberta gli oppressi epredicare un anno digrazia del Signore”. Dio ti vuole bene e ticonosce, da sempreIn tutte le religioni èl'uomo che va in cercadi Dio, nell’ebraismo enel cristianesimo è Dioche va in cerca del-l'uomo. È scritto: (Ger.1,1-10) “Prima che tufossi nel grembo ma-terno io già ti avevoscelto, ti avevoamato”.Dio stesso che rivela ilsuo amore attraversola Parola: il progetto

d'amore tra Dio e Israele: unamore difficile, perché Israeleè sempre infedele e Dio sem-pre fedele; per dichiarare que-sto suo amore manda Abramoe i Patriarchi, Mosè, i Profeti etanti altri. Ma l'uomo resta infe-dele, e Dio manda suo Figlio,si fa uomo, uno di noi, unocome noi.E Gesù - uno di noi, uno comenoi- rivela Dio e Sé stesso, perl'uomo era impossibile pensareche Dio fosse Padre, che Dio

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fosse Amore. Un Dio senzal’amore di un padre, mette-rebbe paura. La più grandebestemmia è sentirsi o dichia-rarsi orfani di Dio! Se Dio èpadre, nulla accade se non peramore. Perciò l’uomo, perquanto sia peccatore, puòsempre dire: Dio mi ama inten-samente. Dio non può nonamare.Tutti ci riconosciamo figli di Diosoprattutto i peccatori, perquesti si è fatto inchiodaresulla croce. Bisogna cantare lamisericordia di Dio al positivo,come Francesco. Lasciamocisconvolgere dall'amore di que-sto Dio, perché se questo nonavviene, allora c'è da pregareil Signore che ci tolga il cuoredi pietra e ci metta un cuore dicarne. Giovanni ci dice nellaprima lettera: Dio è Amore, ciha amati per primi e noi dob-

biamo amarci come lui ci haamati. È un Dio che amando,parla con me e vuole che ioparli con lui. Parla con tutti,stringe un patto, fa una propo-sta e attende una risposta.Ma Dio ama anche come unamadre. Lo disse papa Gio-vanni Paolo I "Dio è papà, piùancora è madre". Ma questoinusuale concetto era già nellaBibbia. C'è una parola ebraica"rachamin" che significagrembo materno, viscere. Eb-bene Isaia (49) dice che Dio ciama con tutte le sue "viscere",cioè col suo grembo materno,come una mamma. Dio ci amaa tal punto che quando ci ac-cade qualcosa di male..."gli sirivolta tutto all'interno". Nulla lolascia indifferente, perché èLui che ci ha voluti, ci ha scelti,ci ha eletti, continua adamarci.

E

quale può essere la nostra ri-sposta? Da soli non ce la fa-remmo mai acontraccambiare. Però ci hadato i mezzi, Gesù, l'Eucare-stia, la Parola, i sacramenti, laChiesa, i fratelli e le sorelle:con essi la mia vita deve es-sere una continua rispostad'amore. E Gesù ci chiede trecose: Ama il prossimo comete stesso; Ama il prossimocome lo ho amato io;. Ama ilprossimo, perché io sono ilprossimo,il più piccolo!Questo un cammino versol'ideale: amare gli altri comeGesù.

La Misericordia che ci difendedalle punizioni meritate

Articolo di Suor Faustina CiborowskaTraduzione Sig.ra Jadwiga Radzick

L’inferno… Esiste dav-vero? E se esiste a chi èdestinato? Non è chel’insegnamento dellaChiesa sull’inferno è piut-tosto una specie di “spa-ventapasseri” per icristiani insubordinati? Oforse si dovrebbe, peresempio, intendere l’in-ferno come quella orribilerealtà della vita neicampi di concentra-mento, oppure le torture,o quelle infinite situazioniin cui il dolore e la dispe-razione sono impossibilida sopportare?Nei secoli passati artisticome Hans Memlingnella pittura con il suoGiudizio Universale,Franz List nella musicacon l ’Inferno della Sin-fonia dantesca, DanteAlighieri nella letteraturacon la Divina Commediaed anche numerosi sa-cerdoti, in modo moltosuggestivo, con l’aiuto didiverse immagini, simbolie paragoni ci hanno impartitol’insegnamento sull’inferno.Oggi questo tema è quasiscomparso, anche se a voltecontinua ad intrigare, special-mente in occasione delle in-formazioni sulle possessioni esull’esercizio degli esorcismi;tuttavia l’aspetto della com-

prensione dell’inferno comepunizione e pena, come unavera realtà, è poco sentito.Nell’epoca della cosiddettaeducazione senza stress ilconcetto di punizione è, comeminimo, scomodo. L’incapacitàdi comprendere le immagini, isimboli o le metafore riduce

l’inferno al livello dei raccontisulle credenze popolari di unavolta, oppure alla storia buiarelativa all’insegnamento dellaChiesa. Si ha a che fare conuna resistenza inconscia al ri-conoscimento dell’esistenzadell’inferno. Le prediche sem-pre meno frequenti dedicate a

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questo tema non di rado indu-cono al sorriso e, nelle di-spute teologiche, ritornasempre più frequente l’ipotesidell’apocatastasi, diffusa so-prattutto da Origene nel IIIsec., dell’inferno vuoto oppuredel suo annientamento. Infattisembra impossibile far coinci-dere la verità sulla Divina Mi-sericordia e l’esistenza di unapunizione severa come l’in-ferno eterno. Si pone cioè ilproblema della relazione tra lagiustizia e la misericordia. Nonè che questi due attributi siescludono reciprocamente?

Dio sull’infernoLe Sacre Scritture molte volteparlano dell’inferno diretta-mente oppure con l’aiuto delleimmagini tipo: fuoco e vermi. Ilverme nelle Sacre Scritture èl’immagine usata nel contestodella pena per i peccati. Signi-fica la bruttezza, porta allamente l’immagine del corpo indecomposizione, indica le per-sone che si sono opposte aDio e che per questo perdonola bellezza, diventano ripu-gnanti, meritano di essere di-strutte e calpestate (cfr. Is66,24). Il contato del corpocon il fuoco invece provoca undolore immenso. Il Vangelosecondo Marco 9,43 unisce di-rettamente le parole: il loroverme non muore e il fuoconon si estingue…L’Antico Te-stamento (Gdt 16,17;Sir 7,17;Is 66,24) spiega che la puni-zione è per i senza Dio, coloroche si sono messi contro Dio,non hanno mostrato la contri-zione ma si ostinano nel per-durare nel peccato. Il NuovoTestamento aggiunge che lapunizione del fuoco inestingui-

bile verrà applicata alle per-sone che non vivono secondoil Vangelo di Gesù e cioè nonsi fano guidare nella loro vitadalla legge dell’amore (cfr. 2Ts 1,8). Inoltre di fronte allepersone che non adempionogli atti della misericordia, in-sensibili alla sofferenza del

prossimo, che non vedono Dionel prossimo, Gesù pronun-cerà le parole: Andate via dame, o maledetti, nel fuocoeterno , preparato per il diavoloe i suoi seguaci (Mt 25,41).A rendersi conto quanto or-rendo deve essere l’inferno siviene aiutati da un frammentodel Vangelo di Marco 9,43-48.L’autore, con l’aiuto di un iper-

bole, mette a confronto duerealtà: il peccato e l’atrocitàdella pena dell’inferno. Leg-giamo che è meglio che chiproduce scandalo si anneghioppure da solo si mutili diquella parte del corpo che èstata causa di peccato grave(mano, gamba, occhio) per-

ché non riesce a dominarli, an-ziché finire nell’inferno. E’significativo che sia i libri ve-terotestamentari: Giuditta16,17, Isaia 66,24 che il Van-gelo secondo Marco 9,43,48,aggiungono alle immagini del-l’inferno come: fuoco, vermeespressioni che indicano la du-rata: i secoli, l’eternità (ilverme non muore, non peri-

sce; il fuoco non si estingue).Queste espressioni vengonoconfermate esplicitamentedalle parole dell’Apocalisse20,10 dove leggiamo dello sta-gno di fuoco e di zolfo e dellesofferenze dei dannati giornoe notte, nei secoli dei secoli. ISemiti non conoscevano an-

cora allora l’espressione eter-nità ; essi la esprimevanoripetendo la parola per duevolte. L’espressione nei secoli,dei secoli indica infatti semprel’eternità. Quindi possiamo af-fermare che l’ipotesi dell’apo-catastasi non trova la suaconferma nelle Sacre Scritture. Anche Gesù ci avverte diretta-mente di apprezzare di più

l’anima che il corpo: Non vispaventate inoltre per quelliche possono uccidere il corpo.Temete piuttosto Colui che hail potere di far perire nella Ge-enna e l’anima e il corpo (Mt10 , 28 cfr. Lc 12,5). Conside-rando il fatto che una delle piùfrequenti esortazioni di Dio ri-

volte all’uomo è l’invito alla fi-ducia: non temete dunque(Is36,4; Mt10,31; Mc6,50), leparole di Gesù che avvertonodella perdizione dell’anima ac-quistano un peso speciale. Bi-sogna tenerne conto. Non èuna minaccia. L’inferno nell’in-segnamento di Gesù non ap-pare soltanto come unaminaccia potenziale, come un

genere di punizione. Gesù an-nuncia di mandare i suoi angeliper gettare nell’inferno nonsoltanto gli scandali maanche gli operatori di iniquità(Mt 13,41) li sarà pianto e stri-dore di denti (Mt 8 12,13; 4250;22,13;24,51;25,30; Lc13,28).La pena dell’inferno e la mise-ricordia di DioProprio da questa pena atrocee severa dell’inferno siamostati salvati da Gesù quandosoffriva e moriva sulla croce.Nell’opera della redenzione siè rivelata in modo pieno la mi-sericordia di Dio (cfr. Rm5,8-10). Dio innocente ha preferitopunire se stesso e non l’uomoche merita pienamente l’in-ferno. Riflettiamo con quale di-ritto la creatura si mette controil suo Creatore? Non è forseanche il più piccolo dei peccatigrandemente ripugnante?L’inferno invece indica la se-rietà di qualsiasi peccato com-messo. Sulla croce siincontrano la giustizia e la mi-sericordia. La lettura delleSacre Scritture ci insegna chela misericordia di Dio è sempreaccessibile ogni qualvolta ilpeccatore si converte e sipente per i peccati commessi(lo dimostra per esempio lastoria del re Davide). InoltreDio ci ha dato i mezzi concretiper difenderci dalla danna-zione. Tra essi il sacramentodella Penitenza e della Ricon-ciliazione, la possibilità dell’in-dulgenza e anche il purgatorio.Soltanto i peccatori incalliti cheperdurano nel rifiuto del-l’Amore si condannano alladannazione eterna e ciò è allavita senza Dio.

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