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N° 80 4° bimestre 2013 novembre dicembre Notiziario "Divina Misericordia"

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N° 80 4° bimestre 2013 novembre dicembre Notiziario "Divina Misericordia" del Santuario della Divina Misericordia Chiesa Santo Spirito in Sassia, Roma

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Sommario

P. 3La Medicina spirituale

P. 4 e 6Festa liturgica del BeatoGiovanni Paolo II

P. 7 e 10Omelia del 5 Novembre 2013S. Messa alla Divina Miseri-cordia

www.divinamisericordia.itwww.faustyna.pl

La Divina Misericordia

Notiziario del Santuario dellaDivina Misericordia,Chiesa Santo Spirito in SassiaVia dei Penitenzieri 12 00193 -Roma

CCP: 16311003 intestato a ChiesaSanto Spirito in Sassia Santuariodella Divina Misericordia

IBAN: IT-50-B-07601-03200-000016311003

RedazioneDirettore: Mons. Jozef BartVice direttore: Giovanni PiccardiGruppo redazionale: Congrega-zione delle Suore della Beata Ver-gine Maria della Mise- ricordia,Anna Cantoro, Alessandro Ortenzi,Don Vincenzo Mercante

P. 1113 Ottobre 2013Atto di affidamento allaMadonna di Fatima

P. 12 a 15Solennità di Cristo ReCnclusione Anno della FedeOmelia del S. Padre Francesco

P. 16 a 23Catechesi su San’Ignazio diLoyola

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La Medicina spirituale

il dono della Misericordina del Sano Padreai fedeli raccolti in Piazza San PietroDomenica 17 Novembre 2013

Adesso vorrei consigliarviuna medicina. Ma qual-cuno pensa: "Il Papa fa

il farmacista adesso?" E’ una-medicina speciale per concre-tizzare i frutti dell’Anno dellaFede, che volge al termine. Maè una medicina di 59 granelliintracordiali. Si tratta di una"medicina spirituale" chiamataMisericordina. Una scatolina di59 granelli intracordiali. In que-sta scatoletta è contenuta, lamedicina e alcuni volontari ladistribuiranno a voi mentre la-sciate la Piazza. Prendetela!C’è una corona del Rosario,con la quale si può pregareanche la "coroncina della Mi-sericordia", aiuto spirituale perla nostra anima e per diffon-dere ovunque l’amore, il per-dono e la fraternità. Nondimenticatevi di prenderla, per-ché fa bene, eh? Fa bene alcuore, all’anima e a tutta lavita!

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La Misericordina

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4 Prendiamo le mosse dalVangelo di Giovanni, di-scepolo amato da Gesù

e fedele con Maria fino allafine, che accompagna la festaliturgica di Giovanni Paolo II. Èil vangelo dell’amore, dellagrazia, della luce e del cuoretrafitto da cui sgorga la sor-gente della misericordia; essoha accompagnato la vita diKarol Wojtyla fino a quel sa-bato, 2 aprile 2005, ai primi ve-spri della festa dellaMisericordia.Entriamo con fede, apriamo ilnostro cuore a questo collo-quio di Gesù con Pietro, (Gv21,15-17). Il Maestro pone unadomanda inquietante: chi puòdire di amare Cristo più deglialtri?. Ancora oggi papa Fran-cesco pone questa domanda,con essa ci impone una rifles-sione e ci sollecita ad una ri-sposta. Quella di Pietro èumile: “Signore tu sai che io tiamo”. È una risposta in cuil’amore è un gesto concreto, èl’amare Dio con i fatti e con laverità, rivela il desiderio di fareil bene all’altro. Pietro dice fa-rebbe ogni cosa per Lui. È la

Festa Liturgica di Giovanni Paolo II, Beato

Festa liturgica diGiovanni Paolo II, BeatoCon Paolo può dire

“Ho combattuto una buona battaglia”

Omelia della Santa Messa in occasione della Festa Liturgicadi Giovanni Paolo II, Beato, del 22 Ottobre 2013

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Festa Liturgica di Giovanni Paolo II, Beato

conferma della vocazione edella chiamata. È una rispostapresente nei libri che parlanodella vita di Giovanni Paolo II,vita ricca di fede mai abbando-nata, di fatti, vita combattuta:“farò tutto quello che mi chiedi”;lui, da giovane, ha sempre cu-rato i suoi compiti, senza averpaura di perdere la vita perchésempre consapevole che lavita è dono di Dio, anche neiterribili tempi vissuti dalla Polo-nia, nel dolore, nella soffe-renza, nella occupazione enella persecuzione. Non po-teva lavorare con serenità per-ché il regime impediva in ognimodo la sua missione, senzaperaltro riuscirci. Come erapossibile che la gente potesseseguire la Chiesa? Era possi-bile, con la grande fede, con lapazienza e con l’umiltà. Luiaveva il Signore, pregava e in-vocava il Signore steso perterra con le braccia come incroce, e si fidava della Miseri-cordia.Torniamo al vangelo. Pietrodice “sai che ti amo”. Riflet-tiamo perché Gesù non dice aPietro di amare pecorelle, nonchiede pratiche ascetiche tantodiffuse a quei tempi, ma diamare le anime, gli uomini, non

gli chiede se sa amministrare eorganizzare la chiesa e resi-stere agli avversari. La do-manda è “Mi ami, tu, più dicostoro?” Accogliamo ancheper noi questo insegnamentosotto gli occhi di GiovanniPaolo II e davanti a santa Fau-stina, grandi apostoli della mi-sericordia. Prima di essereapostoli, è necessario essereintimi con Gesù, amare Gesù,allora riceveremo l’energia perandare verso gli altri; è una le-zione per le parrocchie, le co-munità e le associazioni, nonsono i programmi pastorali chedanno impulso e vivacità, nonriempiono le chiese: è lui, il Si-gnore, che sta al centro che sirivolge a tutti noi: mi ami tu piùdi costoro? Dall’amore per luinasce il cammino pastorale,perché lui è già il Buon Pa-store. Cari fratelli, da soli non pos-siamo dare una risposta, saperrispondere è un dono. Spessonon ne siamo capaci perchésiamo spaventati dalla nostradebolezza, dalla infedeltà,sempre pieni di dubbi. Cono-sciamo la risposta di Pietro,modesta, incerta, egli non puònegare l’amore, non si appog-gia più su se stesso, dietro c’è

l’esperienza del rinnegamento.Alle terza richiesta di Gesù,Pietro si rattrista: è un’allusioneal rinnegamento? La verità èche se Gesù rammenta il pas-sato è solo per dare un impulsonuovo, perché mai l’amore diDio può essere offuscato daipeccati passati: Gesù si appog-gia sulle nostre debolezze perfarci crescere e il male non è ingrado di separarci dall’amore diDio. Cristo perdona i peccati elì, a sul mare di Tiberiade, Pie-tro sperimenta, in quel forma,su se stesso, il perdono di Cri-sto, cosa significa l’amore diCristo, sperimenta nella propriaanima la divina Misericordia.Giovanni Paolo II ha fatto dellaDivina Misericordia la chiave el’immagine del suo pontificato;alla “scintilla che preparerà ilmondo alla Mia ultima venuta”(Diario, 1762) si è unito, umil-mente; ha voluto sin dall’iniziodel suo pontificato prendereparte alla missione di suor Fau-stina, e ciò non era cosa facile,perché suor Faustina era pococonosciuta fuori della Polonia.Quando nel 2000 ci si apprestòalla canonizzazione della beataFaustina, quanta ignoranzac’era ancora sulla sua figura!Eppure il mondo doveva es-

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sere convinto che si sarebbetrattato di un evento straordi-nario perché Giovanni Paolo IIvoleva consegnare al mondo,in quello stesso giorno, la Di-vina Misericordia, come nuovaluce, come appoggio, come ri-fugio ed ancora come luce perilluminare il cammino degli uo-mini nel terzo millennio. È unfilo d’oro che è ben presente inquesto pontificato e che chiari-sce perché la morte di Gio-vanni Paolo II, meravigliosacoincidenza, la beatificazionee la canonizzazione avven-gono tutte proprio nella festadella Divina Misericordia.Questa è la forza di GiovanniPaolo II: di averci sempre sti-molati ad accogliere, nellagioia, nella sofferenza, nel do-lore ed anche nel peccato laDivina Misericordia che nonconosce limite nel suo manife-starsi.Cari fratelli, oggi tantissime

anime sono venute a pregare

davanti alle sue reliquie. Vichiedo, quanto nutrimento trar-rete dal suo sguardo? Lì c’è ilsuo messaggio, fino alla fineha parlato, sempre, con lemani, gli occhi, con la sua sof-ferenza; messaggio per tutti,credenti e non credenti, la-sciando un profumo di santitàpercepito da tutta la Chiesa:una santità profumata davantia tutti oppure nella solitudinedella sua cappella, disteso interra con le braccia distesecome sulla Croce. Preparan-doci dunque, alla sua canoniz-zazione sentiamo forte leparole di Cristo a Pietro: “ Miami, tu?”. Questa domanda cisarà posta alla fine dei nostrigiorni: “Mi hai amato, perdo-nato, sfamato, salvato?”. Gio-vanni Paolo II è umile servo diquesto amore, ha cercato leanime sempre, gridò “non ab-biate paura”, prima a sestesso, poi alle folle, facendosiferire per il Suo Amore, che è

Misericordia, come disseanche Benedetto XVI, e con lemani aperte nel suo chinarsi abaciare la terra di ogni popoloche lo accoglieva come pa-store.Un papa buono che ha chiusoun millennio e ne ha aperto unaltro. Come Paolo (2Tm 4, 7)può dire “Ho combattuto unabuona battaglia” e l’ha coro-nata nella festa della DivinaMisericordia con la canonizza-zione del 27 aprile 2014.Noi, fratelli, lo ringraziamo diaver scelto questo santuariocome centro per la diffusionedel culto alla Divina Misericor-dia, oltre Cracovia, e tutti in-sieme ci facciamo carico delmessaggio conservato nel suocuore: che la Divina Misericor-dia sia sperimentata ovunquenel mondo, specialmente daipellegrini che passano in que-sta città ed in questo Santua-rio.Amen

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Festa Liturgica di Giovanni Paolo II, Beato

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Il nostro Dio è il Diodella vita, il Dio dellagioia, dell’amore e

della misericordia, que-sta è una grande verità,da essa partiamo. Dio ègeneroso, ci invita a par-tecipare alla sua festaperché la sua l’inten-zione è di porre fine allanostra tristezza. Pen-sate quanto soffre il Si-gnore vedendo inquesta nostra storiaumana tanta tristezzanei volti dei giovanisenza lavoro, nei voltidegli anziani che sonosenza assistenza, nellefamiglie con i tanti pro-blemi che la assillano enei volti di tanti altri. C’èanche il volto triste nellachiesa; noi questo nonlo vogliamo. Ricordiamoquanto accadde qual-che giorno prima dellamorte di Giovanni PaoloII, volevamo provocare,noi, il suo popolo, unsorriso, volevano farsorridere quel voltopieno di dolore, ma nellacui anima c’era serenità.Dio vede che il mondova male e invece vuoleche tutti gli uomini vi-

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Omelia 5 Novembre 2013 di Mons. Bart

Brani dell’omelia della S. Messaalla Divina Misericordia del

5 Novembre 2013

Va', o bellezza indelebile di tutta la terra, ad adorare il Tuo Creatore in grande umiltà(Mons. Bart, Rettore di Santo Spirito in Sassia)

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Omelia 5 Novembre 2013 di Mons. Bart

vano felici nell’amore e nellafelicità in un reciproco rap-porto. Il suo progetto è elimi-nare la morte - come dice Isaia-, è eliminare la cultura dellamorte, è asciugare le lacrimedella gente colpita dalla morte,colpita dalla sofferenza. Que-

sto Lui vuole. Il vangeloodierno si riferisce alla cenaceleste, alla festa nel cielo, maio vorrei, questa sera, prima diprendere consapevolezzadella festa che ci attende incielo, che noi arrivassimo allaconsapevolezza della festache il Signore ci appresta quiin terra. Penso ad un mondovivibile, penso alle belle coseche il creatore, ogni giorno, ci

offre, e insieme pensiamo allabellezza della natura, all’armo-nia del cosmo.

Cari fratelli, l’uomo tratta ilmondo in modo troppo mate-rialistico; Dio non ha creato ilmondo per le sole necessità fi-siche, ma con le sue bellezze,

il mondo deve essere utile siaal nostro corpo sia alla nostraanima. Attraverso la bellezzaDio ci permette di conoscere laspiritualità che ci viene dallaterra, ci insegna, tramite lo Spi-rito, a toccare con fede il no-stro mondo, a camminare inesso, a non riempire la terra dilordure. Ogni cosa che esistein essa è un’opera d’arte checi parla della bontà e della mi-

sericordia di Dio, e rivela il Suocuore e la Sua anima, pos-siamo dire che il mondo è la“galleria d’arte” di Dio. Avetemai pensato a questo? Ascol-tate le parole di Santa Fau-stina, quando nel suo Diarioparla del creato: “O Dio, con

quanta magnanimità è distri-buita la Tua Misericordia etutto questo l'hai fatto perl'uomo. Oh,quanto devi amarequest'uomo, dal momento cheil Tuo amore è così intrapren-dente! O mio Creatore e Si-gnore, vedo ovunquel'impronta della Tua mano ed ilsigillo della Tua Misericordia,che circonda tutto ciò che ècreato. O mio Creatore pieto-

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Omelia 5 Novembre 2013 di Mons. Bart

sissimo, desidero adorarti perconto di tutte le creature ani-mate ed inanimate ed invitol'universo intero ad adorare laTua Misericordia. Oh, quanto ègrande la Tua bontà, o Dio! [….] Andate, meraviglie tutte dellaterra, Per le quali l'uomo non fi-nisce mai di stupirsi, Andateconcordemente ad adorareIddio, esaltando la Sua incon-cepibile Misericordia. Va', obellezza indelebile di tutta laterra, ad adorare il Tuo Crea-tore in grande umiltà, poichétutto è racchiuso nella Sua Mi-sericordia …” (Diario, 1749).Cari fratelli, in Santa Faustinache ha saputo amare Dio edanche l’uomo, non potevanomancare queste riflessioni.Quanto a noi, cerchiamo ditrarre spunti spirituali dalla na-tura. Tutto ciò che accade sottoil nostro sguardo rappresentauna verità anche d’ordine spiri-tuale, una verità che possiamoleggere come un libro in qua-lunque posto andiamo o siamoe in qualunque momento. E in-vece stiamo con gli occhi chiusie con il cuore indurito. Non è

un caso che oggi tutta la naturaha un valore e mantenerlo,costa. Il Signore ci invita oggi,in questa meditazione, a nu-trirci della bellezza della na-tura, essa diventi la nostracena, quella che il Signore ciprepara in questo soggiornobreve sulla terra. Ma noi rifiu-tiamo questo invito e la naturache sa parlare, lo riferisce al Si-gnore. Siamo troppi occupati epresi da altro. Quanto è tristenon guardare il mondo creatoda Dio; noi lo guardiamo, èvero, ma in senso materiali-stico e con egoismo. Risco-priamo il Dio della gioia, il Dioche ti prepara un banchettosontuoso, una festa, qui in terrae lassù nel suo Regno. C’è unponte che li collega da sempre.È un invito per tutti: venite. Diolascia agli uomini di sceglierese orientarsi al bene e presen-tarsi alla cena, lascia questa li-bertà di cenare. È bella lalibertà, ma essa può rivelarsidrammatica per l’uomo edanche per Dio che rischia di ri-manere solo, con la sala vuota,con le chiese vuote, con una

festa senza partecipanti. È ungrande rischio. Eppure conti-nua ad amarci, insiste in que-sta esperienza d’amore, mal’uomo rifiuta – quanto sonosciocchi quelli che si chiudonoall’invito. Gli invitati pensano diavere cose più importanti dafare, si tratta di occupazioniplausibili, ma questo atteggia-mento rivela che Dio non oc-cupa il primo posto, che non èl’opzione fondamentale sullaquale basare il criterio delle no-stre decisione e delle nostrescelte in ordine al Suo Regno.Eppure Lui dice: cercate ilRegno e tutto il resto vi saràdato. I nostri problemi sono tanti egravi, ma la domanda fonda-mentale è e rimane: cerchiDio? Anche per chiedergli ilbene terrestre che è necessa-rio. Dicono di no, poche per-sone lo fanno. In una vita difede, nella scala dei valori esi-stenziali, nulla viene prima delregno di Dio e nulla è più im-portante. Gesù ci pone unascelta indispensabile e do-manda: chi occupa il nostro

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Omelia 5 Novembre 2013 di Mons. Bart

cuore, i nostri pensieri?Spesso siamo impegnati conmille pretesti per non parteci-pare, non c’è tempo, ma chidice “non ho tempo” è come sedicesse “io non vivo”. Il Si-gnore ci propone doni e gioia,ma disprezziamo queste of-

ferte, ciascuno bada ai suoi af-fari e non al progetto di Dio.Non abbiamo tempo neppureper la gioia e per la festa. È possibile fallire la vita, è il mi-stero della libertà umana chepuò diventare rifiuto di Dio, maDio ci avvisa del pericolo diperderLo, cioè di perdere lavera gioia e la vera pace. Senoi perdiamo questa bussolache è Dio, non sappiamo doveandare, rifiuteremo anche ilmondo e l’uomo, perderemopoi il senso della vita. Stiamoattenti ad evitare questa trage-

dia. I Santi hanno dato sempreil loro tempo a Dio, diventandofratelli disponibili a tutti, pieni digioia, di carità e di misericor-dia. Santa Bernadette Soubi-rous diceva di essere, nel suoletto di sofferenza, più felice diuna regina sul suo trono. Lo

poteva dire perché aveva Dionel cuore e lì c’era la gioia e lafelicità, c’era festa. Anche ilpeccatore può avere questagioia perché, entrato nel con-fessionale, può chiedere la mi-sericordia e usufruire delperdono. Chi lo rifiuta muorenell’angoscia perché perdequesta gioia. Ma Dio non si ar-rende e non si stanca di invi-tare, non rinuncia alla suafesta. I posti non rimangonovuoti. Ancora una volta chi ac-cetta l’invito sono i poveri, gliumili, gli emarginati, i piccoli e

i semplici: è sempre più facileche siano loro ad accogliere lasalvezza di Dio. Cari fratelli, ritroviamo in Cristoil motivo della nostra vita. Ac-cogliamo l’invito di San Paoloa dare con semplicità, ad es-sere misericordiosi ed aiutare

gli altri. La nostra vita sia vis-suta accettando con prontezzadi partecipare alla sua festa,festa che continua attorno aquesta Eucarestia, a questasanta tavola dove si consu-merà il sacrificio di Cristo e conla santa comunione, sarà an-cora più festa. Il Signore ciaiuti ad accogliere i doni che cioffre gratuitamente nella suainfinita ed inesauribile miseri-cordia. Amen

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Atto di Affidamento alla Beata Vergina di Fatima 13 Ottobre 2013

Atto di affidamento allaBeata Vergine di Fatima

Atto di affidament9o alla Beata Vergine di Fatima del Santo PadreFrancesco il 13 Ottobre 2013

nel contesto della giornata mariana dell’Anno della Fede

Beata Maria Vergine di Fatima,con rinnovata gratitudine per la tua presenza maternauniamo la nostra voce a quella di tutte le generazioniche ti dicono beata.Celebriamo in te le grandi opere di Dio,che mai si stanca di chinarsi con misericordiasull’umanità, afflitta dal male e ferita dal peccato,per guarirla e per salvarla.Accogli con benevolenza di Madrel’atto di affidamento che oggi facciamo con fiducia,dinanzi a questa tua immagine a noi tanti cara. Siamo certi che ognunodi noi è prezioso ai tuoi occhi e che nulla ti è estraneo di tutto ciò che abita gtjhgnei nostri cuori. Ci lasciamo raggiungere dal tuo dolcissimo sguardo e riceviamola consolante carezza del tuo sorriso.Custodisci la nostra vita fra le tue braccia:benedici e rafforza ogni desiderio di bene;ravviva e alimenta la fede;sostieni e illumina la speranza;suscita e anima la carità;guida tutti noi nel cammino della santità.Insegnaci il tuo stesso amore di predilezioneper i piccoli e i poveri,per gli esclusi e i sofferenti,per i peccatori e gli smarriti di cuore:raduna tutti sotto la tua protezionee tutti consegna al tuo diletto Figlio,il Signore nostro Gesù.Amen.

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

La solennità odierna diCristo Re dell’universo,coronamento dell’anno

liturgico, segna anche laconclusione dell’Anno dellafede, indetto dal Papa Bene-detto XVI, al quale va ora ilnostro pensiero pieno di af-fetto e di riconoscenza perquesto dono che ci ha dato.Con tale provvidenziale ini-ziativa, egli ci ha offerto l’op-portunità di riscoprire labellezza di quel cammino difede che ha avuto inizio nelgiorno del nostro Battesimo,che ci ha resi figli di Dio efratelli nella Chiesa. Un cam-mino che ha come meta fi-nale l’incontro pieno con Dio,e durante il quale lo SpiritoSanto ci purifica, ci eleva, cisantifica, per farci entrarenella felicità a cui anela il no-stro cuore.Desidero anche rivolgere uncordiale e fraterno saluto aiPatriarchi e agli ArcivescoviMaggiori delle Chiese Orien-tali Cattoliche, qui presenti.Lo scambio della pace, checompirò con loro, vuole si-gnificare anzitutto la ricono-

Omelia del Santo Padre Francescoa conclusione

dell’Anno della FedeSolennità di Cristo Re

Omelia del Santo Padre Francecsco in occasione dellaSolenne Santa Messa nella Solennità di Cristo Re

a conclusione dell’Anno della Fede

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

scenza del Vescovo di Romaper queste Comunità, chehanno confessato il nome diCristo con una esemplare fe-deltà, spesso pagata a caroprezzo.Allo stesso modo, per loro tra-mite, con questo gesto intendoraggiungere tutti i cristiani chevivono nella Terra Santa, inSiria e in tutto l’Oriente, al finedi ottenere per tutti il donodella pace e della concordia.

Le Letture bibliche che sonostate proclamate hanno comefilo conduttore la centralità diCristo. Cristo è al centro, Cri-sto è il centro. Cristo centrodella creazione, Cristo centrodel popolo, Cristo centro dellastoria.1. L’Apostolo Paolo ci offre unavisione molto profonda dellacentralità di Gesù. Ce lo pre-senta come il Primogenito ditutta la creazione: in Lui, per

mezzo di Lui e in vista di Lui fu-rono create tutte le cose. Egliè il centro di tutte le cose, è ilprincipio: Gesù Cristo, il Si-gnore. Dio ha dato a Lui la pie-nezza, la totalità, perché in Luisiano riconciliate tutte le cose(cfr 1,12-20). Signore dellacreazione, Signore della ricon-ciliazione.Questa immagine ci fa capireche Gesù è il centro della crea-zione; e pertanto l’atteggia-

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

mento richiesto al credente, sevuole essere tale, è quello di ri-conoscere e di accogliere nellavita questa centralità di GesùCristo, nei pensieri, nelle pa-role e nelle opere. E così i no-stri pensieri saranno pensiericristiani, pensieri di Cristo. Lenostre opere saranno operecristiane, opere di Cristo, le no-stre parole saranno parole cri-stiane, parole di Cristo. Invece,quando si perde questo cen-tro, perché lo si sostituisce conqualcosa d’altro, ne derivanosoltanto dei danni, per l’am-biente attorno a noi e perl’uomo stesso.2. Oltre ad essere centro dellacreazione e centro della ricon-ciliazione, Cristo è centro delpopolo di Dio. E proprio oggi èqui, al centro di noi. Adesso èqui nella Parola, e sarà quisull’altare, vivo, presente, inmezzo a noi, il suo popolo. E’quanto ci viene mostrato nellaprima Lettura, dove si raccontadel giorno in cui le tribùd’Israele vennero a cercareDavide e davanti al Signore lounsero re sopra Israele(cfr2Sam 5,1-3). Attraverso laricerca della figura ideale delre, quegli uomini cercavanoDio stesso: un Dio che si fa-cesse vicino, che accettasse diaccompagnarsi al camminodell’uomo, che si facesse lorofratello.Cristo, discendente del re Da-vide, è proprio il "fratello" in-torno al quale si costituisce ilpopolo, che si prende cura delsuo popolo, di tutti noi, a costodella sua vita. In Lui noi siamouno;un solo popolo uniti a Lui,condividiamo un solo cam-mino, un solo destino. Sola-mente in Lui, in Lui come

centro, abbiamo l’identitàcome popolo.3. E, infine, Cristo è il centrodella storia dell’umanità, eanche il centro della storia diogni uomo. A Lui possiamo ri-ferire le gioie e le speranze, letristezze e le angosce di cui èintessuta la nostra vita.Quando Gesù è al centro,anche i momenti più bui dellanostra esistenza si illuminano,e ci dà speranza, come av-viene per il buon ladrone nelVangelo di oggi.Mentre tutti gli altri si rivolgonoa Gesù con disprezzo – "Se tusei il Cristo, il Re Messia, salvate stesso scendendo dal pati-

bolo!" – quell’uomo, che hasbagliato nella vita, alla fine siaggrappa pentito a Gesù cro-cifisso implorando: «Ricordatidi me, quando entrerai nel tuoregno» (Lc 23,42). E Gesù glipromette: «Oggi con me sarainel paradiso» (v. 43): il suoRegno. Gesù pronuncia solo laparola del perdono, non quelladella condanna; e quandol’uomo trova il coraggio di chie-dere questo perdono, il Si-gnore non lascia mai cadereuna simile richiesta. Oggi tuttinoi possiamo pensare alla no-stra storia, al nostro cammino.Ognuno di noi ha la sua storia;ognuno di noi ha anche i suoi

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

sbagli, i suoi peccati, i suoi mo-menti felici e i suoi momentibui. Ci farà bene, in questagiornata, pensare alla nostrastoria, e guardare Gesù, e dalcuore ripetergli tante volte, macon il cuore, in silenzio,ognuno di noi: "Ricordati dime, Signore, adesso che seinel tuo Regno! Gesù, ricordatidi me, perché io ho voglia di di-ventare buono, ho voglia di di-ventare buona, ma non ho

forza, non posso: sono pecca-tore, sono peccatore. Ma ricor-dati di me, Gesù! Tu puoiricordarti di me, perché Tu seial centro, Tu sei proprio nel tuoRegno!". Che bello! Faccia-molo oggi tutti, ognuno nel suocuore, tante volte. "Ricordati dime, Signore, Tu che sei al cen-tro, Tu che sei nel tuo Regno!".La promessa di Gesù al buonladrone ci dà una grande spe-ranza: ci dice che la grazia di

Dio è sempre più abbondantedella preghiera che l’ha do-mandata. Il Signore dona sem-pre di più, è tanto generoso,dona sempre di più di quantogli si domanda: gli chiedi di ri-cordarsi di te, e ti porta nel suoRegno! Gesù è proprio il cen-tro dei nostri desideri di gioia edi salvezza. Andiamo tutti in-sieme su questa strada!

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

“Spiritualita ignaziana: cercaree trovare Dio in tutte le cose” eil titolo generale delle cate-chesi di questo anno, e cio giaindica che si tratta di una cosaviva e dinamica – si tratta di uncammino da intraprendere dipersona: cercare e trovare Dionella realta della propria vita.Cioe le catechesi non voglionoessere solo delle conferenzeche introducono in una materiateologico-spirituale e la pre-sentano solo in modo ogget-tivo, ma vogliono contribuireall’approfondimento della fede– a essere persone che cer-cano Dio e fanno la sua espe-rienza nella loro vita. La“spiritualita” corrisponde dav-vero al suo nome solo nella mi-sura in cui essa coinvolge lepersone perche indica la “fedevissuta”.Certamente, l’interesse per la“spiritualita ignaziana” puoscoppiare dal puro fatto cheabbiamo adesso un Papa Ge-suita, quindi, che si desiderasemplicemente delle informa-zioni per capire meglio l’atteg-giamento fondamentale del

Sant’Ignazio di Loyolail suo tempo,

il suo cammino spirituale(P. Anton Witwer S.J.)

Catechesi di Venerdì 18 Ottobre 2013del Ciclo di Catechesi dedicato alla figura ealla spiritualità di San’Ignazio di Loyola

a cura dei Padri Gesuiti della Curia Generalizia in Roma

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Omelia S. Messa a conclusione dell’Anno della Fede

Santo Padre Francesco e ilsuo modo di procedere e diagire. Sebbene cio possa es-sere un motivo valido per oc-cuparsi della “spiritualitaignaziana”, la sua conoscenzapiu profonda e utile ed impor-tante per capire meglio il modoin cui oggi molti cristiani vivonola fede cristiana. Credo chepochi si rendono conto quantoil loro modo di pregare e di me-ditare, di fare l’esame di co-scienza ed altre pratichecristiane sono formati dalla

“spiritualita ignaziana”, laquale, dal Concilio di Trento inpoi, ha determinato fortementee in primo luogo la formazionedel clero diocesano, ma cosi inseguito anche la “spiritualita” ditutto il popolo cristiano. Riflet-tere sulla “spiritualita igna-ziana” significa quindi anche:riflettere sul nostro modo di vi-vere la fede nell’oggi, impa-rando dal cammino spiritualedi Sant’Ignazio per la nostravita cristiana.

Ignazio di LoyolaChi e Ignazio di Loyola? Nonsappiamo la data esatta dellasua nascita perche i libri dellachiesa parrocchiale di Azpeitia,dove fu battezzato, furono di-strutti da un incendio. Da altretestimonianze risulta che,molto probabilmente, egli enato nell’anno 1491. Era unBasco e l’ultimo di tredici figlidella famiglia nobile dei Lo-yola. Degli abitanti del paesebasco si dice che essi siano“poveri di parole ma potentinelle opere” – e cio vale certa-mente per Ignazio: non era neun grande oratore ne uno scrit-tore, ma era veramentegrande in tutto cio che facevaed organizzava.Dopo la sua giovinezza a Lo-yola riceve la sua formazionecome cavaliere ad Arevalo epoi si trova nel servizio delvice-re di Navarra. Cercandodi distinguersi come buon sol-dato non voleva arrendersinella difesa della cittadella diPamplona nell’anno 1521 con-tro la superiorita dei francesifino alla grave ferita della suagamba. Questo incidente di-venne decisivo per la sua vitaseguente e significa l’inizio delsuo processo di conversione –in altre parole: significa l’iniziodel suo cammino spirituale.Parlando di questo camminospirituale in modo piu esteso inseguito, basta per il momentomenzionare semplicemente iluoghi di soggiorno e le attivitadegli anni seguenti: Montserrate Manresa, il pellegrinaggionella Terra Santa a Gerusa-lemme, i suoi studi a Barce-lona, Alcala, Salamanca eParigi, dove si e formato ilgruppo dei suoi primi compa-

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gni, con i quali a Roma ha fon-dato la Compagnia di Gesu,approvata dal Papa Paolo III il27 settembre 1540. Nella pri-mavera dell’anno 1541, Igna-zio venne eletto dai compagnicome il primo Superiore Gene-rale, e in seguito, il 22 aprile,fanno i loro voti solenni a SanPaolo fuori le mura. Per piu di15 anni Ignazio dirige l’ordinecome Generale, fino alla suamorte il 31 luglio 1556, quandola Compagnia di Gesu contavagia intorno a mille membri.Che caratterizza il tempo in cuiIgnazio ha vissuto e diretto ilsuo ordine? La sua vita si svol-geva in un tempo di grandicambiamenti alla fine del me-dioevo e all’inizio dell’eta mo-derna: la scoperta dell’Americae la seguente colonizzazionerichiedevano un nuovo impe-gno missionario, la nascita del-l’umanesimo e l’importanzaattribuita all’uomo prepara-vano un forte cambiamentodella visione del mondo, cioesi cominciava a mettere l’uomoal centro, al posto di Dio; la Ri-forma metteva in questionel’autorita del Papa e della ge-rarchia ecclesiale, il magisterodella Chiesa e quindi in realtaanche la fede stessa, provo-cando lo schisma tra le chiesecattolica e protestante. I con-flitti si verificavano pero nonsolo sul livello intellettuale e re-ligioso, ma gli interessi politicie di potere erano anche lacausa di varie guerre, che in-sieme alla peste ed altre epi-demie lasciavano grandepoverta e miseria di moltagente.In questa situazione, Ignazionon cercava solo Dio ma so-prattutto la volonta di Dio, cioe

voleva sapere che cosa Diodesidera da lui. Ignazio, daparte sua, era pronto a dare –con la sua vita – la risposta allasituazione in cui si trovava. Incio consiste un aspetto moltofondamentale della “spiritualitaignaziana”: essa si lascia col-pire dalla realta, cioe non e in-differente alla situazioneconcreta degli uomini, ma si la-scia toccare e sfidare da essa.

Il suo cammino spirituale ele sue conoscenze principaliCio che in questa prima cate-chesi sulla “spiritualita igna-ziana” ci interessa in modoparticolare e che sono statochiesto ad esporre, e il suocammino spirituale che ci puoservire come esempio del no-stro modo di vivere la fede – lanostra relazione con Dio.Siamo in cammino come Igna-zio, e percio, le sue esperienzepossono essere di grandeaiuto per noi. Quindi, dob-biamo interrogarci che sianostati le scoperte e i passi deci-sivi del suo cammino spiritualee che cosa essi possano inse-gnarci oggi. Sono infatti gli ele-menti che determinano ecaratterizzano il suo libro degliEsercizi spirituali – e cosi ciaiutano a comprendere anchegli Esercizi in modo piu pro-fondo.In primo luogo Ignazio prendegradualmente e profonda-mente coscienza di un fattoche ha determinato la sua vitaproprio fin dall’inizio: il “magis”come la tensione verso il“sempre piu”. Questo “magis”e in sostanza il desiderio pro-fondo che Dio ha instillato inogni essere umano di non ac-contentarsi passivamente di

cio che si e raggiunto, ma divolere continuamente “di piu”;in altre parole: il “magis” e ladinamica che rende la vitadell’uomo qualcosa di autenti-camente “vivo”.Questa aspirazione tuttavianon sta dietro soltanto ad ognionesta fatica spirituale, ma ciriguarda altrettanto nei piu di-versi comportamenti egoisticidell’uomo. La meditazionesulle due bandiere degli Eser-cizi spirituali e senz’altro la de-scrizione migliore delledirezioni opposte in cui il “sem-pre piu” puo portare: verso lacrescente brama di ricchezza,onore e superba indipendenzache rende l’uomo schiavo – overso la disponibilita alla piugrande poverta, alla mortifica-zione e all’umile servizio (cf.ES 142 e 146).Nonostante la citata ambiva-lenza, dobbiamo vedere que-sta “aspirazione a qualcosa dipiu” – cosi come la vita nel suocomplesso – come una graziadi cui l’uomo deve essere con-sapevole, proprio perche eglinon si faccia condurre cieca-mente da essa, ma al contrariola sappia orientare verso cioche riesca a condurlo vera-mente alla “pienezza dellavita”. Infatti questo anelito puoessere placato, tanto tramiteuno stile di vita esteriorequanto con l’incapacita di ac-cettare i propri limiti e le pro-prie debolezze, cosicchel’uomo cade nella rassegna-zione, diviene passivo e in so-stanza non “vive” piuveramente. Credo che non sianecessario sottolineare inmodo esteso l’importanza ditale aspirazione a qualcosa dipiu, sia per la nascita di una

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vocazione particolare sia per losviluppo dinamico di essa. Nonsi incomincia una vocazioneparticolare – sia la vita consa-crata o il sacerdozio sia la vitamatrimoniale – “per caso”, maessa richiede la decisionechiara da parte dell’uomo. Pro-prio perche l’uomo si decide disolito per cio che gli sembrapiu promettente e meglio per lasua vita – se non vuole distrug-gere la vita o far diminuire il va-lore di essa – il “magis” e infondo presente in ogni veradecisione umana. Decidersispiritualmente in modo giustoa cominciare una vita matrimo-niale, una vita religiosa o sa-cerdotale, sempre implica cheessa sia considerata la “via mi-gliore” per la realizzazionedella propria vita. Lo sviluppoe la dinamica della vita cri-stiana – della vocazione vis-suta – dipendono, quanto essae sentita davvero il valore chesupera gli altri e quanto essanon e considerata gia tantouna realta certama piuttosto qualcosa chegiorno per giorno e da acqui-sire di nuovo.Dopo il ferimento a Pamplona,Ignazio non si rassegna, anzil’aspirazione al “magis”continua ad essere viva in lui.Cosi egli e anche in grado didistinguere quanto diversesiano le direzioni in cui taleambizione e capace di con-durlo, sia al servizio di una si-gnora, sia all’intenzione disuperare svariati santi nei lorosforzi. La differenziazione delleanime ottenuta dall’osserva-zione di se stesso fa si che egliriconosce chiaramente l’impor-tanza dell’obiettivo e inoltre loporta cosi ad indirizzare la sua

aspirazione con una risolu-tezza tanto maggiore quantopiu consapevole, concetto cheegli esprime quale “Principio eFondamento” degli Esercizi.Grazie alle esperienze fatteIgnazio comprende che l’aspi-razione a “di piu” conducenella direzione sbagliata pro-prio nella misura in cui non eguidata dallo scopo e dall’in-tenzione dell’“omnia ad maio-rem Dei gloriam”. Questaconvinzione fondamentale simostra come il filo rosso lungotutti gli Esercizi, che servonoproprio a tale scopo, cioe adaiutare l’uomo ad ordinare lapropria vita a questo riguardo.L’obbiettivo e importante per-che funge da bilancia per potervalutare le possibilita diverse equindi funge da criterio pren-dendo una decisione. Semanca l’obbiettivo della vita ose il fine della vita e pocochiaro, l’uomo inevitabilmenteavra difficolta di decidersi esara incapace di fare un di-scernimento, cioe egli non esolo incapace di un “discerni-mento spirituale” ma infatti ne-anche e in grado di qualsiasialtro discernimento ragione-vole. Sara piuttosto una per-sona che desidera moltissimecose e parla delle sue idee, main fondo non sa cosa vuole; in-vece di poter decidersi, sisente solo spinto a “provare”questo o quello, ma senza de-dicarsi davvero a una cosa de-terminata per la quale si edecisa una volta.Questa conoscenza portaIgnazio a dire nel Principio eFondamento degli Esercizi:“L’uomo e creato per lodare, ri-verire e servire Dio nostro Si-gnore” – e percio dobbiamo

augurarci e scegliere “quantoci aiuta per il nostro fine per ilquale siamo creati” (cf. ES 23).Quindi, il Principio e Fonda-mento inizia certamente nellasua formulazione con l’uomo,tuttavia non in chiave antropo-centrica! Al contrario, Dio tornamolto chiaramente al centro dacui l’uomo, in quanto creatura,dipende profondamente e alquale deve rispondere in li-berta con la sua vita. Proprioper questo motivo pero e alcentro dell’interesse anche la“vocazione” ricevuta da partedi Dio. Cio significa che il piuprofondo riconoscimento delsignificato dello “scopo” e l’in-tima determinazione conse-guente a svolgere tutto per lamaggior gloria di Dio reseroIgnazio sempre piu sensibilealla vocazione e fecero si cheegli la riconosce sempre piuchiaramente dentro di se.In modo simile agli Apostoli,anche Ignazio in principio erafortemente tentato di metterein pratica con le proprie forzecio che egli considerava la sua“vocazione” e, contando su sestesso, combatteva contro cioche egli riconosce come le suedebolezze. Quindi, simile aPietro che nell’ultima cena sidichiarava disposto a dare lasua vita per Gesu, Ignazio –dopo la sua vigilia a Montser-rat – non solo era pronto a re-galare i propri abiti a unmendicante, ma addirittura eradeciso a offrire la sua vita in-condizionatamente a Dio. Cioein quel momento Ignazioaveva realizzato di essere un“peccatore”, nel senso che sisentiva un uomo manchevolee in cui vita si trovano molti di-fetti, ma nel suo intimo era an-

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cora lontano dal riconoscersiprofondamente bisognoso diredenzione, quindi, non ancorasi rendeva contodella sua fondamentale dipen-denza dall’amore redentore diDio.Erano le esperienze a Man-resa, dove – dopo un periododi iniziale tranquillita interiore –doveva lottare in modo cre-scente con i suoi scrupoli econ pensieri suicidi, che lo por-tavano alla profonda cono-scenza di se, dei propri limiti edelle proprie colpe, cioe lo por-tavano alla comprensione delsuo bisogno di redenzione e lorendevano interiormenteaperto a “ricevere” l’amore diDio. Pertanto dall’uomo chevoleva liberarsi da solo attra-verso le proprie fatiche spiri-tuali nacque cosi un uomo chechiede aiuto a Dio e “ricevecon gratitudine” la grazia diDio, un uomo che si riconosceliberato grazie alla misericor-dia di Dio – un uomo interior-mente libero per la veradedizione a Dio.Finora gli sforzi di Ignazioerano atti sostanzialmente ar-bitrari, ma da allora la sua vitasi tramutava in misura cre-scente in una risposta alla vo-lonta di Dio: la sua vita sitrasformava in “offerta” viva,qualcosa che si esprimevanella sua determinazione amettersi a disposizione di Dioin modo totale e senza riserve.L’atteggiamento di “fare qual-cosa” per Dio si trasformava aManresa in un “offrire sestesso a Dio” e un “essere diDio”; cio significa l’accetta-zione piena dell’essere“creato”, ma e anche la basedell’essere “strumento nelle

mani di Dio” e del lasciarsi ve-ramente condurre ed ammae-strare da Dio. In tal modoIgnazio ha imparato a ricono-scere che cosa e fondamen-tale per la vocazione cristianae in che cosa essenzialmenteconsiste: da parte dell’uomo, lavocazione e l’offerta incondi-zionata a Dio cosicche questipossa disporre di lui e gui-darlo.Certamente gia la lettura della“Vita di Gesu” a Loyola ha raf-forzato il suo legame con Cri-sto; ciononostante soltantograzie alle visioni a ManresaGesu Cristo riveste quell’im-portanza centrale che e evi-dente negli Esercizi e in tutti glialtri scritti di Ignazio. La pre-ghiera citata nella meditazionesull’incarnazione permea tuttigli Esercizi e la vita successivadi Ignazio: “chiedere di cono-scere intimamente il Signoreche per me si e fatto uomoperche io lo ami di piu e losegua” (cf. ES 104).Gesu Cristo e per Ignazio nonsoltanto una persona esem-plare da cui si puo impararemolto per la propria vita, ma ilrapporto piu intimo possibilecon Gesu Cristo diviene perIgnazio l’obbiettivo della vita.Cioe egli non si serve di GesuCristo “egoisticamente”, quasisolo per imparare qualcosa dalui, ma si decide ad amarlo, of-frendo se stesso a lui.In Gesu Cristo si manifestal’amore della Trinita – e perIgnazio diviene decisiva lafrase che Gesu e “la via, la ve-rita e la vita”: Gesu e la “via”,che Ignazio deve seguire epercorrere con la massimafede, egli e la “verita”, in cuiogni discernimento spirituale

ha il suo fondamento e su cuiesso va percio misurato, edegli e la “vita”, perche solonell’abnegazione, piena di fi-ducia, si puo giungere allavera vita – cioe nel “morire ase stessi” si riceve la vita.La “via” della sequela di Gesusignifica quindi per Ignazio nonsolamente un rapporto o un at-teggiamento vissuto interior-mente, ma questo devemanifestarsi in sforzi costanti,cercando di percorrere il cam-mino di Gesu per quanto pos-sibile anche esteriormente. Ilsuo viaggio nella Terra Santaindica tale desiderio, ma sonosoprattutto le sue ripetute sup-pliche di essere unito al Si-gnore crocifisso che lotestimoniano. Percorrere spiri-tualmente la via di Gesu com-porta, tanto negli Eserciziquanto al di fuori di essi, losforzo del piu grande amorepossibile – comporta, nelsenso della contemplazionedella chiamata del re, indos-sare “le vesti di servizio” diGesu Cristo!Lo sforzo di seguire Gesu Cri-sto e di conformarsi a lui hatrasformato Ignazio in un “ri-cercatore”. La ricerca pero nonpuo restringersi alla sola ele-zione dello stato di vita, maessa deve continuare fino allafine della vita, perche si trattadi dare una risposta concretanella vita quotidiana. La se-quela ha sempre davanti la do-manda: “A cosa mi hachiamato Cristo?” “Cosa vuoleda me?” e contiene quindi ne-cessariamente la ricerca dellavolonta di Dio in tutto. La ri-cerca della “verita nella propriavita” puo, come Ignazio dimo-stra, iniziare sensatamente

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come “elezione”, laddove si ri-conosce profondamente GesuCristo come la verita, e la qua-lita dell’elezione dipende sem-pre da quanto e vivo ildesiderio di lasciarsi determi-nare e plasmare dalla sua “ve-rita”. Percio, negli Esercizi, lamateria dell’elezione iniziasolo con la contemplazione del“battesimo di Gesu”, cioe nelmomento in cui inizia la “mis-sione di Gesu” che deve es-sere il criterio (cf. ES 163). Ildiscernimento spirituale nondipende dunque dallo sforzoonesto, dall’acume intellettualee dalla sensibilita verso i motidell’animo, bensisoprattutto dall’effettiva aper-tura interiore nei confronti dellavolonta di Dio.Nella contemplazione dell’in-carnazione, Ignazio apre gliorizzonti della missione diGesu – e con cio anche quellidella missione dell’uomo: col-laborare alla redenzione degliuomini. Simile a Maria l’eserci-tante deve essere pronto adire: “Sia di me secondo la tuavolonta” e a mettersi a disposi-zione di Dio come “strumentodi redenzione”.In questa generale caratteriz-zazione “vocazione” e “mis-sione” sono praticamenteidentiche e nello stesso modovalide per tutti gli uomini. La ri-cerca della “missione perso-nale”, contemplando la vitapubblica di Gesu e cercando difare la volonta di Dio nella si-tuazione concreta e nei limitidella propria vita, conduce alriconoscimento graduale della“vocazione personale”, cioe at-traverso il riconoscimento dellapropria missione si concretizzacome l’“offerta di se stesso”

deve realizzarsi ovvero inquale forma e da vivere la vo-cazione. Cercando la volontadi Dio, Ignazio divenne unmaestro del discernimentodegli spiriti. Se nel discerni-mento lo sguardo alla missionedi Gesu fino all’offerta dellasua vita sulla croce si perde opassa in seconda linea, la do-manda riguardo alla vocazionepersonale facilmente si tra-sforma in una “ricerca di sestessi”, nella ricerca dell’auto-realizzazione e del proprio be-nessere – come e evidenteanche nel cammino degli Apo-stoli che si sono opposti inte-riormente al dolore, alleesortazioni e al servizio delloschiavo. Con le regole per il di-scernimento degli spiriti (cf. ES313-336), Ignazio sottolineache il discernimento non e nefacile ne ovvio ma piuttosto ri-chiede sempre lo sforzo del-l’uomo. Con la contemplazionesulle due bandiere e i tre modidell’umilta (cf. ES 136-147 e164-168) egli indica che ognibuona elezione dipende dal ri-fiuto delle tentazioni e dalla de-cisione per la bandiera diCristo e quindidalla profondita dell’agognatae amata somiglianza con il Si-gnore.Se l’uomo in obbedienza allaparola di Gesu cerca di se-guire il suo “cammino” comeunsuo discepolo, riconoscera laverita che lo rende libero, maapparterra inoltre alla vera“vita”. Nella misura in cuil’uomo giunge alla vera vita,egli fa esperienza dell’amoreinfinito di Gesu Cristo che lo li-bera da ogni falsa paura e pre-occupazione per se stesso.

Nel cammino della sequela,Ignazio fu plasmato in modocrescente da Gesu Cristo – ecosi trovo la “missione” e la“vocazione personale”. Il votofatto a Montmartre il 15 agosto1534, la decisione dei compa-gni di farsi ordinare sacerdoti einfine l’impossibilita di un viag-gio in Terra Santa hanno por-tato Ignazio e i compagnigradatamente alla chiarifica-zione della missione: mettersia disposizione del Papa peressere inviati da lui.Dal punto di vista spirituale,per Ignazio e i suoi compagniterminava cosi cio che si fanella seconda settimana degliEsercizi: l’elezione riguardoallo stato di vita e alla voca-zione personale concreta. Eproprio qui, dove il camminodell’elezione e giunto al suotermine, inizia per Ignazio unanuova tappa che corrispondealla terza settimana dei suoiEsercizi spirituali. Certo, lamorte e la risurrezione di Gesuerano gia dall’inizio oggettodelle sue meditazioni e la terzae quarta settimana apparten-gono sin dal periodo di Parigialla struttura degli Esercizi, maora ricevono un significato ul-teriore proprio circa il seguitodel camminospirituale di Ignazio e per lacomprensione degli Esercizi.La sua preghiera in prepara-zione della prima Messa, chetrova il suo compimento nellavisione de La Storta, avvenutanel novembre del 1537, spiegal’argomento della terza setti-mana degli Esercizi: l’appro-fondimento e la conferma dellavocazione personale ricono-sciuta nell’elezione. Nella terzasettimana si parla dell’appro-

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fondita e rinnovata “offerta dise stesso” a Dio!Se l’“elezione” non passa at-traverso questa “offerta purifi-catrice” accompagnando ilSignore crocefisso, facilmenteessa finisce nella fuga, nelloscoraggiamento e nella preoc-cupazione per se stessi. Chivuole essere o diventare di-scepolo di Gesu, non puo farsibloccare a lungo dalla vistadella “messe abbondante e deipochi lavoratori” e dunquedalla vista della “missione”,bensi piuttosto deve volgere losguardo sempre piu all’atteg-giamento fondamentale della“vocazione” ed approfondire lasua stessa dedizione: rinne-gare se stesso, prendere lapropria croce su di se e se-guire Gesu.Per Ignazio, la via di Gesuverso Gerusalemme, era lasua via verso Roma: egli nonsa cosa lo attende ed e prontoal martirio. Ignazio e sicuro so-lamente di una cosa, che “aRoma Dio sara misericordioso– propizio – con loro” – e si af-fida al suo amore. Grazie al-l’esperienza de La Storta, eglisperimento ancora piu a fondoquale importanza rivestano ildolore e la morte di Gesu perla vocazione: l’uomo puo puri-ficarla e rafforzarla nella mi-sura in cui cerca diapprofondire l’offerta della pro-pria vita. La risposta di vita di-pende – come Ignazio ben sa– in modo determinante dallaprofondita della comprensionedel dolore di Gesu Cristo per inostri peccati. Percio Ignazioinvita l’esercitante a “conside-rare che egli patisce tutto que-sto per i miei peccati, ecc.; ecosa posso fare e patire ora io

per lui” (cf. ES 197).La devozione umana tuttaviaresta debole e malsicura; guar-dando a se stesso l’uomo none mai capace di vivere vera-mente la vocazione come of-ferta incondizionata di sestesso. Tale esperienza diIgnazio si riflette anche nellaquarta settimana degli Eserciziche rappresenta l’esperienzaconsolante della duratura vici-nanza di Dio e dell’accondi-scendenza del risorto verso lanostra umana debolezza.Come dimostrano le resi-stenze e le riserve sulla suaelezione a Padre generale,Ignazio era sempre consape-vole della propria inadegua-tezza e combatteva con essa.Il “conforto”, di cui Ignazioparla e che ci giunge dal Si-gnore risorto, dona all’uomouna nuova tranquillita e l’intimafiducia di avere la facolta e diessere in grado con l’aiuto diDio di percorrere la via dellasua vocazione, nonostantetutta l’inadeguatezza provata!In quanto peccatore chiamatoda Dio egli, come gli Apostoli,viene di nuovo mandato daGesu Cristo a rendere questa“consolazione” accessibile edesperibile ad altri uomini attra-verso la propria vita e il propriooperato.L’esperienza della propria ina-deguatezza ha fatto capire adIgnazio che vocazione e mis-sione non gli appartengono,bensi rimangono vive in luisolo nella misura in cui eglitenta di viverle nel modo mi-gliore possibile, nonostante i li-miti umani, e si nutredell’amore di Dio. Come gianel “Principio e Fondamento”all’inizio degli Esercizi, anche

alla fine con la “Contempla-zione per raggiungere l’amore”(cf. ES 230-237), Ignazio chia-risce di nuovo cio di cui si parlanegli Esercizi, e in fondo inogni vita spirituale: dell’espe-rienza dell’amore di Dio e della“risposta di vita” a questoamore come “offerta”, per es-sere tra gli uomini strumentodell’amore di Dio e per “lodare,riverire e servire Dio” con lapropria vita.L’affermazione, che la vita spi-rituale consiste nell’esperienzadell’amore di Dio e nella rispo-sta di vita a questo amore,riassume non solo la nostravocazione umana cristiana,ma fa capire altrettanto l’impor-tanza della contemplazionecontinua dell’amore di Dio de-cisiva per ogni progresso spiri-tuale. La “Contemplazione perraggiungere l’amore” non e daintendere come la fine con cuitutto e concluso ma piuttostocome l’indicazione di quell’at-teggiamento che dovrebbereggere la nostra vita spiritualedi tutti i giorni. Da cio risultaanche l’importanza eminentedella preghiera di ringrazia-mento: ringraziando l’uomo siricorda dell’amore ricevuto econfessa cosi la sua gratitu-dine, ammettendo allo stessotempo il suo bisognofondamentale di questoamore.Il rapporto con Gesu Cristoche si va costantemente ap-profondendo ha pero cambiatoesviluppato in Ignazio anche lasua concezione della Chiesa.All’inizio egli vedeva la Chiesasoprattutto come un’istituzionedi cui aveva bisogno e nei con-fronti di cui si sentiva obbligato

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all’obbedienza, poi in seguito“corresponsabile” e di cui si vo-leva mettere al servizio as-sieme ai suoi compagni. Egliriconosceva nella Chiesa inmodo crescente “la veraSposa di Cristo” e cosi la vene-rava in qualita di “madre” in cuiegli incontra e serve il Signore.Ignazio, che gia subito dopo lasua conversione aveva indivi-duato la sua missione nell’am-maestramento e rafforzamentodegli uomini nel loro credo,sempre piu chiaramente la in-tese come una missione nellaChiesa e nel servizio ad essa.Questo spirito ecclesiale cheegli visse concretamente e in-timamente non solo cambio ilsuo rapporto con i sacramenti,ma rese piu profondo quellocon Maria, madre di Gesu, econ tutti i Santi.La comprensione della sua vo-cazione al sacerdozio e pro-fondamente influenzata dalsuo rapporto con l’Eucaristia.Cio e evidente non solo dalfatto che si era proposto di“aspettare ancora un anno perla festa della prima Messa perpotersi preparare ad essa”, matraspare soprattutto dal suodiario spirituale: la sua interavita spirituale, le preghiere, i la-vori e i discernimenti spiritualiavevano il loro centro nella ce-lebrazione eucaristica che perlui era divenuta la fonte dellaconsolazione e dell’illumina-zione spirituale.La celebrazione eucaristica eper Ignazio in sostanza lafonte spirituale nella qualetrova come avviarsi alla con-templazione per il raggiungi-mento dell’amore.Nell’Eucaristia egli chiede inparticolare modo la grazia di

poter vivere veramente la pro-pria vocazione e la propriamissione. Mentre riconosce ilsuo bisogno, egli tuttaviachiede aiuto non soltanto aDio, ma si affida soprattuttoall’intercessione di Nostra Si-gnora, “che possa unirlo a suofiglio”, una preghiera che gli estata esaudita nella visione deLa Storta e che ancora rimaneattuale. Il desiderio spirituale diessere il piu simile possibile alSignore Crocifisso, e stretta-mente legato per Ignazio al mi-stero dell’Eucaristia, nellaquale egli, osservando l’amoredel crocefisso, si offre tutto alPadre e lo prega per la propriaanima.Lo spirito ecclesiale di Ignazionon e determinato soltanto dauna profonda sensibilita per ilpresente e l’operato di Dion e l l aChiesa, maanche dald e s i d e r i oassoluto dilasciarsi gui-dare tutto daDio. Lo spi-rito eccle-siale diSant’Ignazioe espres-sione diun’“offerta” edi una voca-zione vis-s u t ag e n u i n a -mente. Pro-prio con il“ l a s c i a r s ig u i d a r e ”dalla Chiesareale, essos i g n i f i c asempre “mo-

rire a se stessi” per vivere ve-ramente e interamente in Dioal servizio degli uomini e desi-derare e scegliere solamentecio che piu ci avvicina all’obiet-tivo per il quale siamo creati.La preghiera, che si trovanell’ultima meditazione degliEsercizi di Ignazio, riassume ilsuo cammino spirituale e ci in-dica che dovrebbe essere ilnostro atteggiamento fonda-mentale: “Prendi, o Signore, eaccetta tutta la mia liberta, lamia memoria, il mio intelletto,la mia volonta, tutto quello cheho e possiedo. Tu me lo haidato; a te, Signore, lo ridono.Tutto e tuo: di tutto disponi se-condo la tua piena volonta.Dammi il tuo amore e la tuagrazia, e questo solo mibasta”.

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Buon Natale di Nostro SignoreGesù Cristo

Corona di Avvento regalata da Andreas Fiorista di Selva Gardena