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1 Elementi di Economia e gestione delle imprese – Parte II a cura di Ernestina Giudici

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Elementi di Economia e gestione delle imprese – Parte II a cura di Ernestina Giudici

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Indice

Parte II - Gli ambienti dell’impresa

1. Caratteri ineludibili: cambiamento, dinamismo, complessità 1.1. Per cominciare … pag. 3

1.1.1. Le “tre ondate” di Toffler “ 3 1.1.2. Un breve escursus sull’evoluzione dei servizi nelle tre ondate “ 5 1.1.3. Emerge una nuova concezione del tempo e dello spazio “ 8 1.1.4. In sintesi … “ 9

1.2. Impresa e “sistema” degli ambienti “ 10 1.2.1. Ambiente naturale “ 11 1.2.2. Ambiente generale, o sociale “ 12 1.2.3. Ambiente operativo, o specifico “ 13

1.3. Influenza del “sistema” degli ambienti sul comportamento dei manager “ 14

2. Un aspetto di confine tra interno ed esterno: l’ambiente multiculturale 2.1. Una riflessione sul tema attraverso le parole dei bambini “ 15 2.2. Diversità e multiculturalismo nelle imprese “ 16 2.3. Effetti della diversità e del multiculturalismo nella

definizione della strategia dell’impresa “ 17 2.4. Verso l’impresa multiculturale “ 19 2.5. Casi di studio “ 20

3. Un imperativo indilazionabile: la sostenibilità 3.1. Una sfida per l’Umanità “ 23 3.2. Nascita e sviluppo del concetto di sostenibilità “ 23 3.3. A proposito di cambiamento climatico e dei suoi effetti “ 26 3.4. Imprese sempre più “sostenibili” “ 27

Riferimenti bibliografici “ 33

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PARTE II – Gli ambienti dell’impresa 1. Caratteri ineludibili: cambiamento, dinamismo, complessità 1.1. Per cominciare …

Può affermarsi che il cambiamento costituisca un aspetto distintivo dell’era storica attua-le, in quanto in passato non si erano mai verificate modificazioni tanto continue, repentine e influenti su tutti gli aspetti della vita associata e, specificamente, sulle organizzazioni.

È agevole riscontrare che nel secolo scorso i manager di successo operavano in contesti caratterizzati da stabilità e prevedibilità che ha condotto molte grandi imprese a perseguire un elevato successo. Attualmente, mentre molte delle imprese del passato sono “uscite di scena” a causa della loro incapacità di aver compreso quanto stava succedendo intorno a loro, altre hanno acquisito una posizione dominante nel mercato. Ci si può riferire alla Sony, a FedEx, alla Nestlè, a Intel e a varie altre che hanno perseguito il successo in quanto snelle, veloci e flessibili. Si tratta di imprese che organizzano il lavoro in team, che sono attente all’ambiente di lavoro e che sono state e sono in grado di interagire con il cambiamento.

Nessun management può operare senza avere attenzione e comprendere la dinamicità de-gli ambienti con i quali l’organizzazione interagisce. Le organizzazioni statiche hanno minori possibilità di sopravvivenza in una realtà investita da un cambiamento “turbolento”1 quale è quello con il quale da alcuni decenni le organizzazioni e si sistemi economici devono convive-re. Uno dei maggiori pericoli nel dirigere e gestire un’organizzazione oggi è il fallimento all’adattamento al cambiamento del mondo. Per meglio comprendere questo problema è signi-ficativo considerare il trend degli ultimi decenni.

È facile dimenticare che appena 30 anni fa nessuno aveva un fax, un telefono cellulare, o un computer portatile. Termini che oggi si utilizzano nel vocabolario quotidiano, come e-mail e Internet, erano conosciuti, forse, da poche centinaia di persone. I computer spesso occupa-vano uno spazio considerevole, abbastanza diverso dagli odierni notebook di un chilogram-mo. Inoltre, se si fosse utilizzato il vocabolo network 30 anni fa, il riferimento sarebbe stato esclusivamente alle grandi reti televisive.

Il chip al silicio e altri simili avanzamenti tecnologici hanno modificato permanentemente le economie del mondo e il modo di lavorare delle persone. L’elettronica digitale, l’archiviazione ottica dei dati, la maggiore potenzialità, i computer portatili e l’abilità dei computer di comunicare tra loro hanno cambiato il modo con il quale l’informazione viene creata, archiviata, utilizzata e condivisa.

1.1.1. Le “tre ondate” di Toffler

È anche in relazione alla assoluta unicità dello sviluppo di questo periodo storico che Al-vin Toffler2 ha proposto un’interpretazione sull’evoluzione della moderna civiltà: le “tre onda-te”. Ogni ondata (Riquadro II.1.) è caratterizzata da un cambiamento nel modo di “fare le co-se”. Ciò implica che alcuni gruppi di persone traggono vantaggio dal cambiamento, mentre al-tri ne risultano penalizzati.

La prima ondata era guidata dall’agricoltura. Fino al tardo diciannovesimo secolo, tutte le economie erano agricole. Per esempio, intorno al 1890, approssimativamente il 90% delle persone erano occupate in lavori legati all’agricoltura. Questi soggetti erano spesso i proprie-tari e si occupavano dell’esecuzione della gran parte delle attività. Il loro successo o fallimen-to era strettamente correlato alla loro capacità di produrre efficacemente. Attualmente, la po-polazione occupata in agricoltura si è considerevolmente ridotta.

La seconda ondata è stata dominata dall’industrializzazione. Dal tardo 1800 fino agli anni intorno al 1960, i Paesi più sviluppati si sono trasformati da società agricola a società indu-striale. In questo modo la forza lavoro si è spostata all’interno di organizzazioni formali.

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L’onda industriale ha cambiato per sempre la vita di molti soggetti. La produzione di massa, i lavori specializzati e le relazioni gerarchiche sono diventate la modalità consueta di svolgere le attività. Questo ha fatto nascere un nuovo gruppo di lavoratori – i colletti blu – che svolge-vano un lavoro di routine di norma legato alla resistenza fisica. Dagli anni intorno al 1950, i lavoratori industriali sono diventati il più grande gruppo di ogni area sviluppata. Una notazio-ne: nessuna classe nella storia è mai cresciuta velocemente come i colletti blu e nessuna classe nella storia si è ridotta più velocemente.

Dagli anni intorno al 1970 una nuova era – la terza ondata - l’era dell’informazione (o post-industriale, o della conoscenza, o dei servizi), si è sviluppata rapidamente. Lo sviluppo tecnologico ha e sta eliminando molte delle attività non specializzate. Inoltre, l’ondata dell’informazione ha trasformato la società dall’orientamento alla produzione all’orienta-mento ai servizi. Le persone si stanno spostando sempre più da lavori basati sulla produzione a lavori impiegatizi, tecnici, professionali e basati sulla conoscenza. Quest’ultimo gruppo in-clude professioni come infermieri laureati, contabili, insegnanti, avvocati, ingegneri così co-me tecnologi, comunemente conosciuti come informatici. Programmatori di computer, creato-ri di software e di analisi dei sistemi sono altri esempi di lavori di questa categoria.

In presenza di un mutamento tanto intenso e significativo da originare una nuova era, va-

riamente denominata, è intuibile che ogni organizzazione si trovi a dover operare in una situa-zione in cui è pressoché impossibile realizzare con precisione previsioni attendibili con evi-dente ripercussione nello svolgimento delle attività. D’altro canto, le dinamiche che si sono innescate a causa dei numerosi cambiamenti in atto inducono a prevedere che la progressione degli stessi tenderà ad aumentare con un’intensità anche maggiore rispetto a quella attuale.

È difficile individuare qualche aspetto della realtà che non sia implicato negli enormi cambiamenti che si succedono (Riquadro II.2.): non solo la scienza nelle sue varie branche e le tecnologie oggi disponibili sono decisamente differenti e molto maggiori e migliori rispetto al passato, bensì grandissime differenze si riscontrano anche nelle situazioni politiche, eco-nomiche e sociali, nelle culture e nei “valori” di riferimento, nei costumi, nei comportamenti, nei modi di vivere.

Prima ondata Era dell'agricoltura

Seconda ondata Era dell'industria

Terza ondata Era dell'informazione

Riquadro II.1

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Il ruolo che assume l’informazione in tali condizioni di cambiamento, così come l’esigenza di operare sulla base di elevata flessibilità, è decisamente molto rilevante. La velo-cità del cambiamento in tutti gli aspetti della vita associata è tanto accelerata rispetto al passa-to che non consente l’uso della risorsa tempo per iniziative che abbiano necessità di un perio-do “di prova”. È per questo motivo che attualmente le organizzazioni devono dotarsi di tecni-che, di metodi, di strumenti che consentano loro di interagire con il mutamento ma soprattutto con l’accelerazione che lo caratterizza.

È altresì da rilevare che in tale processo di mutamento ogni organizzazione è al tempo stesso oggetto e soggetto: oggetto in quanto è influenzata dai cambiamenti che si verificano in tutti i campi; soggetto perché contribuisce al suo realizzarsi con le attività che pone in essere e soprattutto con l’impegno diretto in attività di ricerca, di innovazione e di modificazione dei fattori che hanno determinato l’attuale assetto del mondo.

1.1.2. Un breve escursus sull’evoluzione dei servizi nelle tre ondate L’espressione “era post-industriale” viene talvolta adottata per denotare l’attuale fase di

sviluppo. Coloro che la utilizzano intendono richiamare l’attenzione su una delle modifica-zioni che sta determinando un radicale cambiamento dell’equilibrio che finora ha retto i si-stemi economici: la progressiva perdita di centralità del settore industriale e l’affermarsi del settore terziario o, più esattamente, dei “servizi”.

La nuova configurazione si è creata dapprima con una progressione lenta e continua e, di recente, con una marcata accelerazione.

La difformità o, meglio, la specificità che assumono i servizi nell’attuale epoca storica

Riquadro II.2 Un esempio di accelerazione del cambiamento

2008 - One laptop per child

1947 – ENIAC il primo computer

1642 – La Pascaline: prima macchina in grado di eseguire addizioni e sottrazioni

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                                                                         Alvin Toffler – La civiltà della seconda ondata  

emerge con grande evidenza se si considera il ruolo che hanno avuto – o non avuto - nelle tre “ondate” nella quali si può distinguere l’evoluzione dell’umanità.

Nell’ambito della “prima ondata” – la più estesa temporalmente, circa 10 mila anni – pos-sono essere individuati alcuni servizi essenziali quali quelli connessi con l’esigenza di comu-nicare. “Si dice che gli antichi persiani avessero costruito delle torri o ‘posti di chiamata’, col-locandovi in cima uomini con voce alta e sonora che trasmettevano messaggi urlandoli da una torre a quella successiva. I romani avevano creato un esteso servizio di messaggeri denomina-to cursus publicus. Tra il 1303 e i primi anni del diciannovesimo secolo, il casato dei Taxis gestiva un servizio postale espresso per mezzo di messaggeri a cavallo che nel 1628 impiega-va 20.000 uomini. I suoi corrieri, in uniforme blu e argento, attraversavano il continente in tutte le direzioni portando i messaggi che si scambiavano principi e generali, mercanti e ban-chieri”. È da rilevare che i motivi fondamentali da cui scaturiva la citata esigenza non aveva radici né esclusive né precipue in ambito economico.

Nella “prima ondata” ogni comunità locale produceva, o “raccoglieva”, in gran parte tutto ciò che era necessario per il proprio fabbisogno e l’aspetto più rilevante era costituito dalla di-sponibilità di prodotti per i bisogni fondamentali. Con il passare dei secoli non solo si è avvia-ta la commercializzazione dei prodotti nell’area nella quale si svolgeva l’attività produttiva ma si è teso ad ampliare il proprio mercato rivolgendosi al contesto internazionale conosciuto, con la realizzazione di un “servizio” costituito dal portare i prodotti presso i consumatori.

Un ruolo notevole, a tal fine, hanno svolto i venditori ambulanti. Infatti, si può riscontrare che “la maggior parte dei prodotti raggiungeva i consumatori attraverso minuscoli negozi o trasportato sulle spalle o sui carri dei venditori ambulanti che percorrevano le campagne. Le rudimentali comunicazioni e i trasporti primitivi circoscrissero fortemente il mercato. Questi piccoli negozianti e i venditori itineranti non potevano offrire che una limitatissima gamma di prodotti, e spesso restavano sprovvisti di alcuni articoli per mesi, persino per anni”.

L’industrialismo ha significato molto di più di ciminiere e catene di montaggio. È stato un sistema

sociale ampio e complesso, che ha toccato ogni lato della vita umana e si è scontrato con tutti gli aspetti del mondo della Prima Ondata. Ha generato la grande fabbrica di Willow Run, nei pressi di Detroit, ma ha anche portato il trattore nelle campagne, la macchina per scrivere in ufficio e il frigorifero in cucina. Ha prodotto il giornale quotidiano e il cinema, la metropolitana e i DC-3. Ci ha dato il cubismo e la mu-sica dodecafonica, gli edifici Bauhaus e la sedia di Barcellona, gli scioperi con occupazione della fab-brica, le pillole vitaminiche, e ha comportato l’allungamento della durata della vita. Ha diffuso in tutto il mondo l’orologio da polso e le elezioni. E, cosa ancora più importante, ha collegato tutte queste cose – le ha assemblate, come una macchina – formando il sistema sociale più potente, coerente ed esteso che il mondo avesse mai conosciuto: la civiltà della Seconda Ondata.

L’inizio della cosiddetta “era industriale” (o “seconda ondata” – Riquadro II.3.) viene fat-

ta coincidere con la rivoluzione industriale. È questo, infatti, l’evento più evidente che può es-sere considerato la “causa efficiente” ma a far assumere al contesto internazionale una dimen-sione sempre più ridotta hanno influito numerose altre variabili (che sarebbe arduo identifica-re quali cause autonome o effetti): una maggiore facilità di comunicazione, l’incremento della quantità di unità produttive, alcune scoperte scientifiche e tecnologiche che tendono a ridurre le distanze tra i vari contesti, ecc. nel corso della “seconda ondata” – soprattutto intorno agli anni ’60 quando si profilano i primi sintomi della “terza ondata” – risulta meno determinante il ruolo dei prodotti materiali che devono essere integrati con elementi collaterali, i servizi, appunto. È con la “terza ondata” che, mentre le barriere fra i vari contesti subiscono un’attenuazione tanto elevata da far quasi supporre che siano state completamente eliminate,

Riquadro II.3.

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si afferma sempre più la priorità dei fattori immateriali, sia quale complemento ai prodotti, sia come settore di attività. Le notevoli innovazioni scientifiche e tecnologiche espressione di tale era, hanno inciso su tutti i livelli della realtà determinando profonde trasformazioni nelle con-dizioni di vita e nelle relazioni tra i popoli, tra le organizzazioni e tra i soggetti umani.

Nel Riquadro II.4., vengono posti a confronto il periodo industriale e il periodo post in-dustriale evidenziando la modificazione di alcuni fattori esterni e interni delle organizzazioni3.

Riquadro II. 4. Periodo industriale e post-industriale a confronto

Caratteristiche Periodo Industriale Postindustriale

Ambiente

Gli Stati nazionali regolano le eco-nomie nazionali Marketing di massa Standardizzazione Stato assistenziale

Competizione globale De-concentrazione del capitale rispetto allo Stato nazionale Frammentazione dei mercati e decentralizza-zione internazionale della produzione Il consumatore può scegliere tra una molte-plicità di beni Crescita dei movimenti sociali, politica con-centrata su singoli argomenti, classe del ter-ziario (servizi) Pluralismo, diversità, localismo

Tecnologia

Produzione di massa secondo le leggi del taylorismo e del fordismo Routine Prodotti fabbricati

Processi di produzione flessibili, automazio-ne Utilizzo del computer per il design, la produ-zione, il controllo delle merci Sistemi di Just-In Time Enfasi sulla velocità e sull’innovazione Prodotti di servizio-informazione

Struttura sociale

Burocratica Gerarchia con enfasi su comunica-zione verticale Specializzazione Integrazione verticale e orizzontale Incentrata sul controllo

Nuove forme organizzative (come networks, alleanze strategiche, organizzazioni virtuali) Gerarchie più piatte con comunicazione oriz-zontale e diffusione della responsabilità ma-nageriale Outsourcing Meccanismi informali di influenza (parteci-pazione, cultura, comunicazione) Disintegrazione verticale e orizzontale Confini incerti tra funzioni, unità e organiz-zazioni

Cultura Esalta la stabilità, la tradizione e le usanze Valori organizzativi: crescita, effi-cienza, standardizzazione, controllo

Esalta l’incertezza, il paradosso, la moda Valori organizzativi: qualità, servizio al con-sumatore, diversità, innovazione

Struttura fisica (spa-zio-tempo)

Concentrazione delle persone in cen-tri industriali e urbani Orientamento localistico, nazionali-stico Il tempo è lineare

Diffusione delle persone nel territorio Tempi ridotti di trasporto avvicinano luoghi distanti e incoraggiano un orientamento glo-bale, internazionale La compressione della dimensione temporale (come accorciamento del ciclo di vita del prodotto) conduce alla simultaneità

Natura del lavoro

Routine Forza lavoro de-specializzata Specializzazione funzionale dei com-piti

Frenetica, complessa Abilità lavorative basate sulle conoscenze Lavoro di squadra interfunzionale Maggiore enfasi sull’apprendimento Più outsourcing, lavoro a contratto (subap-palto), auto-impiego, telelavoro

Fonte: M. Jo Hatch, Teoria dell’organizzazione. Tre prospettive: moderna, simbolica, postmoderna, 1999, p. 25.

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1.1.3. Emerge una nuova concezione del tempo e dello spazio L’accelerazione del mutamento, se correlata con le numerose “scoperte” avvenute a parti-

re dalla seconda metà del Novecento – e, segnatamente, quelle che consentono maggiori faci-litazioni di trasferimento dei soggetti umani, dei beni, delle informazioni – costituisce il pre-supposto per la comprensione della “nuova” dimensione spazio-temporale.

Per quanto attiene agli aspetti connessi con lo “spazio” da utilizzare quale riferimento per le attività economiche, politiche, sociali, ecc., esso è divenuto quasi “indifferente” rispetto a qualsiasi elemento influente sulla sua delimitazione (territoriale, politica, istituzionale, ecc.) e il “tempo” disponibile per lo svolgimento delle attività, risulta sempre più contratto.

Quali sono gli elementi che più di altri hanno influito a determinare la modificazione in-tervenuta nella concezione dello spazio e del tempo? In realtà sono molteplici i fattori che hanno contribuito a tale nuova dimensione dello spazio e del tempo e, soprattutto, è il frutto della combinazione dei fattori, talché non risulta chiaramente percepibile il contributo di cia-scuno di essi.

Né è di poco conto il fatto che si tratta di una nuova dimensione derivante dal concorso di sviluppi realizzatisi in modo concomitante in numerosi campi di attività, tra i quali detiene un ruolo non secondario l’imponente progresso della scienza e della tecnica.

D’altro canto, se nell’ambito di tale evoluzione si rivolge l’attenzione alla progressione registrata sia nell’ambito specifico delle cosiddette “moderne tecnologie” (le telecomunica-zioni, per esempio), ma anche nei mezzi di trasporto e in numerosi altri strumenti che tendono a rendere il mondo un’entità tendenzialmente sempre più piccola. Le citate innovazioni non solo hanno consentito l’attuale abbattimento delle distanze con la conseguente riduzione dei tempi di trasmissione delle informazioni e di spostamento dei soggetti umani e dei beni mate-riali, ma le ricerche e le realizzazioni sperimentali in atto promettono ulteriori evoluzioni non facilmente prevedibili data l’entità massiccia di innovazioni che contengono. Pertanto, è ipo-tizzabile una sempre più ampia e tempestiva diffusione delle informazioni che accrescerà l’interdipendenza tra le varie parti del mondo, superando l’attuale livello, peraltro già elevato.

La nuova condizione spaziale è percepibile anche se si rivolge l’attenzione alla crescente propensione all’integrazione fra Stati: ben 27 Stati hanno aderito all’Unione europea e altri hanno già avanzato la loro candidatura; l’altra grande area di integrazione – il Nafta – com-prende gli Stati Uniti, il Canada e il Messico; esempi di integrazione sono anche il Mercosur, l’Anzcerta, il Patto Andino e vari altri.

Per quanto attiene al tempo, esso ha subito una contrazione molto elevata: si pensi, per esempio, all’attentato alle torri gemelle di New York vissuto “in diretta” dai cittadini di tutto il mondo: tende a scomparire l’intervallo di tempo intercorrente tra il manifestarsi dell’evento e la sua conoscenza puntuale nell’intero contesto mondiale.

I richiamati mutamenti riguardanti lo spazio e il tempo influiscono significativamente sulle attività delle organizzazioni in generale e delle imprese. Si pensi al problema della im-missione nel mercato di un nuovo prodotto: l’eliminazione delle barriere spaziali pone il pro-dotto immediatamente in competizione con molti altri, esso viene “conosciuto” e magari “imi-tato” con una velocità accelerata rispetto al passato.

Ciò richiede, tra l’altro, che i manager di ogni livello, operando in un contesto mondiale nel quale le dimensioni spazio-temporali imprimono una modificazione agli eventi non facil-mente controllabile, siano indotti ad individuare e adottare strumenti e tecniche capaci di ac-crescere la possibilità di operare con efficienza ed efficacia.

Il mutamento e la sua accelerazione hanno determinato cambiamenti sul modo d’essere e di divenire di ogni soggetto umano e, per contro, di ogni organizzazione e di ogni impresa.

Molte variabili hanno subìto significative modificazioni, altre nuove sono emerse, altre ancora assumeranno rilievo in futuro. Tutto ciò ha determinato un nuovo assetto del mondo

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Il Butterfly Effect              

nel quale molte delle “leggi” generali e particolari che ne avevano regolato l’essere e il dive-nire risultano inadeguate. Si è realizzata una crescente e intensa interdipendenza tra i vari con-testi che richiede una mutata attenzione ai fenomeni, anche per quelli che, in prima approssi-mazione, posso apparire non rilevanti. A tal proposito pare significativo richiamare il cosid-detto Butterfly Effect (Riquadro II.5.) teorizzato dal fisico Edward Lorenz: l’interdipendenza fra le varie aree del mondo “impone” di considerare con attenzione anche i “segnali” che, in prima approssimazione appaiono “deboli” o insignificanti.

Ogni organizzazione opera in contesti così interdipendenti che un fenomeno, anche apparentemente non significativo e indipendentemente dall’area nella quale si manifesta, determina influenze su molti altri contesti. A fini esemplificativi può essere utilizzato il Butterfly Effect, quale espressione metaforica del-la Teoria del Caos.

Può il battito d’ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?

È questo il titolo che il fisico Edward Lorenz diede alla relazione presentata il 29 dicembre 1979 alla Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science. Il Butterfly effect evidenzia il fatto che nei sistemi biologici, chimici, fisici, economici e sociali sono presenti elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, interagendo tra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effetti catastrofici.

In sintesi … Dall’insieme delle argomentazioni presentate in questo punto emerge chiaramente il ri-

lievo assunto dal cambiamento e la sua influenza sul modo d’essere e di divenire delle orga-nizzazioni e delle imprese. Il cambiamento ha influenzato significativamente anche i sistemi economici – come percepibile dalle considerazioni presentate in precedenza – tanto che sem-pre più frequentemente si pongono a confronto la “old economy” e la “new economy”. Nel Riquadro II.6. Viene presentata una sintesi di tale concezione, con la precisazione che si trat-ta, appunto, di una sintesi esemplificativa che è ben lungi dall’essere esaustiva.

L’economia in cambiamento

OLD ECONOMY NEW ECONOMY La concorrenza si sviluppa nei limiti dei confini nazionali La tecnologia rinforza i sistemi gerarchici rigidi e limita l’accesso all’informazione Le opportunità di lavoro sono per i “colletti blu” La popolazione è relativamente omogenea Le imprese non interagiscono con l’ambiente L’economia è guidata da grandi corporation I consumatori prendono ciò che le imprese scel-gono di dargli

I confini nazionali sono quasi senza significato nella definizione dei confini operativi di un’impresa I cambiamenti tecnologici sulle modalità con le quali l’informazione viene creata, archiviata, usata e con-divisa, l’hanno resa più accessibile Le opportunità di lavoro sono per i lavoratori della conoscenza La popolazione è caratterizzata da diversità culturale Le imprese accettano le loro responsabilità sociali L’economia è guidata da piccole imprese I bisogni dei consumatori guidano l’impresa

Riquadro II.5.  

 

Riquadro II.6

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1.1. Impresa e “sistema” degli ambienti Come specificato nella Parte I di questo testo, ogni impresa in quanto sistema, è caratte-

rizzata da un insieme di relazioni interne (fra i sottosistemi che la compongono) e da varie e continue relazioni con il suo esterno, cioè l’ambiente. Ciò implica che risulta possibile, e utile, individuare e analizzare l’ambiente esterno dell’impresa, pur senza “perdere di vista” il suo ambiente interno. Più specificamente, l’ambiente esterno è costituito da varie tipologie di am-biente, tutte interagenti con modalità differenziate con l’impresa: l’ambiente operativo o spe-cifico, l’ambiente generale o sociale e l’ambiente naturale. L’insieme degli ambienti esterni e l’ambiente interno, costituiscono il “sistema” degli ambienti di riferimento dell’impresa.

La rappresentazione di cui al Grafico seguente contiene il complessivo “sistema” degli ambienti dell’impresa.

Il primo aspetto da considerare è l’individuazione delle variabili presenti negli ambienti

naturale, generale o sociale e task environment o specifico dell’organizzazione. L’ambiente naturale comprende le risorse fisiche, la natura e il clima che sono parte integrante dell’esistenza della Terra. Questi fattori formano un sistema ecologico di vita interrelata. L’ambiente generale o sociale comprende condizioni che non influenzano direttamente le atti-vità di breve periodo dell’organizzazione che possono, e spesso è così, influenzare le sue de-

AMBIENTE OPERATIVO (o specifico)

 

AMBIENTE INTERNO

Struttura Clima/Cultura

Risorse

Fornitori

Creditori

Consumatori Gruppi di interesse

Shareholders

Dipendenti/Sindacati

Concorrenti

Associazioni commerciali

Collettività

Pubblica amministrazione

Con

dizi

oni

soci

o-cu

ltura

li

Con

dizi

oni

polit

ico-

lega

li

Condizioni

tecnologiche C

ondizioni econom

iche

AMBIENTE GENERALE

AMBIENTE NATURALE Risorse

fisiche

Natura Clima Condizioni demografiche

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cisioni di lungo periodo. Si tratta di aspetti riferibili a numerosi ambiti: • Condizioni economiche che regolano gli scambi di materie, denaro, energia e informazione • Condizioni tecnologiche che generano le invenzioni per la soluzione dei problemi • Condizioni politico-legali che sono espressione del potere politico e del sistema delle leggi

di protezione e dei regolamenti • Condizioni socio-culturali che regolano i valori, le usanze e le tradizioni della società • Condizioni demografiche che riguardano aspetti quali-quantitativi della popolazione.

Il task environment o ambiente specifico include quegli elementi o gruppi che diretta-mente influiscono sull’impresa e, per contro, è influenzata da essi. Si individuano la pubblica amministrazione, le comunità locali, i fornitori, i concorrenti, i consumatori, i creditori, i di-pendenti e le organizzazioni sindacali, speciali gruppi di interesse e le associazioni del com-mercio.

Il “sistema” degli ambienti ha necessità di essere attentamente monitorato perché è pro-babile che nel futuro possano avere un forte impatto sul successo o fallimento dell’impresa. I cambiamenti nell’ambiente naturale di norma influiscono sull’impresa prima attraverso la sua influenza sull’ambiente generale in termini di risorse disponibili e costi e poi sul task envi-ronment in termini di sviluppo o declino del particolare settore.

In questo punto viene presentata un’analisi di alcune delle variabili che concorrono a comporre i vari ambienti, mentre nel capitolo II.2 vengono considerati gli ambienti esterni con attenzione alla dimensione globale e locale e alla loro “convivenza” e nel capitolo II.3 l’attenzione viene rivolta all’ambiente interno e, in particolare, al ruolo del clima organizzati-vo. Nel capitolo II.4 si propone una “chiave di lettura” particolare rispetto a un fenomeno che coinvolge contemporaneamente l’ambiente interno e gli ambienti esterni: la multiculturalità. Infine nel capitolo II.5 si affronta una tematica che ha assunto e assumerà crescente rilievo: la sostenibilità.

1.2.1. Ambiente naturale

Pare importante sottolineare che in molte analisi non compare la variabile “Ambiente na-turale”: in realtà, il problema del rispetto dell’ambiente naturale ha assunto un crescente rilie-vo a partire dall’attenzione per lo sviluppo sostenibile il cui concetto è stato formulato dalla World Commission on Environment and Development nel 1987 (la cosiddetta Commissione Bruntland) e, più esattamente, si riferisce ad uno sviluppo che garantisce i bisogni delle gene-razioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddi-sfare i propri. Per considerazioni più puntuali si rinvia al successivo capitolo.

Fino al XX secolo, l’ambiente naturale è stato percepito generalmente dagli operatori d’impresa come un dato – talvolta da sfruttare, non da conservare. È stato considerato come una risorsa libera da utilizzare, come le terre arabili, le miniere di diamanti, l’acqua profonda dei porti e l’acqua dolce. Effetti come l’inquinamento sono stati considerati come esternalità, costi non dell’impresa, ma di altri. Il concetto di sostenibilità, al contrario, evidenzia che la capacità di un’impresa di rinnovare continuamente se stessa per il successo e la sopravvivenza di lungo termine dipende non solo dal sistema economico e sociale di cui è parte, ma anche dall’ecosistema naturale nel quale è inserita. Un’impresa deve analizzare l’ambiente naturale anche con riferimento a fattori in precedenza garantiti come la disponibilità di acqua dolce e l’aria pulita. Il problema del riscaldamento globale, che riguarda aspetti dell’ambiente natura-le come il livello del mare, il tempo e il clima che stanno diventando difficili da predire a cau-sa della crescente incertezza, devono essere all’ordine del giorno dell’impresa a motivo delle molteplici influenze che su di essa possono determinare. Pertanto, il management dell’impresa non può limitarsi ad analizzare l’ambiente naturale per possibili scelte strategi-che, ma deve includere nelle sue decisioni l’impatto di tali scelte sull’ambiente naturale.

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1.2.2. Ambiente generale, o sociale In prima approssimazione e sinteticamente, l’ambiente generale può essere così definito:

  L’ambiente generale include le condizioni economiche, politico/legali, socioculturali,

demografiche, tecnologiche che influenzano un’impresa. Sebbene questi fattori esterni siano meno direttamente influenti rispetto a quelli presenti nell’ambiente specifico, i manager non possono ignorarli nella loro attività di programmazione, organizzazione, direzione del perso-nale e valutazione di efficacia (controllo).

Condizioni economiche. I tassi di interesse, l’inflazione, i cambiamenti nel reddito di-sponibile, le fluttuazioni del mercato azionario, lo stadio del ciclo generale degli affari sono alcuni dei fattori economici che possono influire sulle attività del management in un’organizzazione. Per esempio, molti dettaglianti specialistici come Ikea, Williams-Sonoma sono consapevoli dell’impatto che ha la disponibilità di reddito dei propri consumatori sulle vendite. Quando il reddito dei consumatori si riduce o quando declina la sicurezza del posto di lavoro, essi pospongono l’acquisto di tutto ciò che viene percepito come non indispensabile.

Condizioni politico/legali. Le leggi nazionali e locali, così come quelle internazionali e i regolamenti e le leggi di altri Paesi nei quali l’impresa opera, influenzano le scelte dell’impresa. Sono particolarmente vincolanti le leggi che riguardano l’assunzione e il licen-ziamento dei lavoratori: è questo un ambito che vincola significativamente la discrezionalità operativa dei manager. Altri aspetti di tipo politico/legale sono le condizioni e la stabilità poli-tica della nazione nella quale l’impresa opera e gli atteggiamenti che i governi eletti hanno nei confronti delle imprese.

Condizioni socio-culturali. Kraft Foods (e altre imprese alimentari) hanno risposto ai cambiamenti dei comportamenti dei consumatori nei confronti del cibo offrendo versioni sa-lutistiche dei loro snack preferiti. I manager devono adattare le decisioni al cambiamento delle aspettative del contesto sociale nel quale operano. Come i valori, le usanze, e i gusti cambia-no, anche i manager devono cambiare. Per esempio, nel momento in cui i lavoratori hanno cominciato ad avere vite più bilanciate, le imprese hanno dovuto offrire politiche di permesso parentale, ore di lavoro flessibili e anche strutture per l’accoglienza dei bambini nella sede dell’impresa. I trend socioculturali possono costituire un contrasto potenziale rispetto alle de-cisioni e azioni dei manager.

Condizioni demografiche. Le condizioni demografiche comprendono le caratteristiche dei trend della popolazione rispetto a età, genere, livello di educazione, residenza, reddito e composizione familiare. I cambiamenti in queste caratteristiche possono influire sulle modali-tà con le quali i manager programmano, organizzano, dirigono il personale e valutano l’efficacia delle loro decisioni e azioni. Nell’affrontare tale tematica, gli studiosi hanno indi-viduato specifici gruppi di età: il gruppo della Depressione (nati 1912 – 1921), il gruppo della Seconda Guerra Mondiale (nati 1922 – 1927), il gruppo del Dopoguerra (nati 1928 – 1945), il Baby boom (nati 1946 – 1964), la Generazione X (nati 1965 – 1977), la Generazione Y (nati 1978 – 1994). Sebbene ogni gruppo abbia le sue specifiche caratteristiche, la Generazione Y è di particolare interesse in quanto coloro che ad essa appartengono, presentano caratteri di ap-prendimento, lavoro, acquisto completamente differente rispetto a quelli delle generazioni

•  Condizioni esterne gene-rali che possono influire sull'impresa

Ambiente generale

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precedenti, con notevole influenza sulle modalità decisionali e operative delle imprese. Condizioni tecnologiche. Nell’ambiente generale, il più rapido cambiamento si è verifi-

cato nella tecnologia. Per esempio, gli uffici sono stati automatizzati, i meeting si svolgono in modalità “virtuale”, si è verificato un notevole perfezionamento nella costruzione di robot, di circuiti integrati, di microprocessori più veloci e più potenti, della benzina sintetica: questi esempi sottolineano l’emergere di un modello di fare impresa completamente nuovo. Le im-prese che hanno investito nella tecnologia come General Electric, eBay e Google, prosperano. La tecnologia ha cambiato le fondamentali modalità della strutturazione delle imprese e, anco-ra una volta, le modalità con le quali i manager devono dirigere e gestire.

1.2.3. Ambiente operativo, o specifico

È l’ambiente che contiene forze esterne che sono direttamente rilevanti per l’impresa. Più specificamente, si può definire come segue:

  L’ambiente operativo è unico per ogni impresa. Per esempio, Timex e Rolex producono

entrambe orologi, ma il loro ambiente specifico è diverso perché operano in distinte e diverse nicchie di mercato. Le principali forze che compongono l’ambiente specifico sono i consuma-tori, i fornitori, i concorrenti e i gruppi di interesse.

Consumatori. Un’impresa esiste per risolvere i problemi dei consumatori che acquistano i suoi prodotti. I consumatori costituiscono l’incertezza potenziale di un’impresa perché i loro gusti possono cambiare o possono diventare insoddisfatti dei prodotti o servizi dell’impresa. Per esempio, i consumatori possono essere confusi dai differenti sistemi di valutazione degli alimenti: a tal fine, le catene di prodotti di largo consumo sono impegnate nell’individuazione di modalità per aiutare i consumatori con la creazione di modalità semplici per la valutazione delle caratteristiche dei prodotti in vendita.

Fornitori. I manager cercano di assicurarsi un regolare flusso delle forniture necessarie al più basso prezzo possibile. Una fornitura limitata o in ritardo nella consegna può mettere in difficoltà la decisione e l’azione dei manager. Per esempio, i manager di Disney World devo-no essere sicuri di ricevere (nel luogo e nel tempo stabiliti) le forniture di bibite, computer, ci-bo, fiori e altri beni per bambini.

Concorrenti. Tutte le organizzazioni - profit e non profit – hanno concorrenti. I manager non possono permettersi di ignorare la concorrenza, né le modificazioni che l’hanno interessa-ta. Per esempio, i maggiori network televisivi, per avere conoscenza del gradimento dei con-correnti, in passato erano soliti controllare quali fossero i programmi preferiti dai telespettato-ri. Ora, essi sono in competizione, oltre che con gli altri network televisivi, anche con le tra-smissioni via cavo, via satellite, con i DVD e Internet, cioè con tutti coloro che offrono un’ampia scelta ai consumatori.

Gruppi di interesse. I manager devono riconoscere i gruppi con speciali interessi che ten-tano di influenzare le azioni delle organizzazioni. Un esempio: la pressione del PETA (People for Ethical Treatment of Animals) su McDonald per la sua manipolazione di animali durante il processo di macellazione ha condotto l’impresa a non acquistare la carne da fornitori che

• Forze esterne che hanno un impatto diretto sulle decisioni e azioni dei manager e sono direttamente rilevanti per il raggiungimento degli obiettivi dell'impresa

Ambiente operativo

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non potessero dimostrare uno standard elevato di macellazione del bestiame. In realtà è cer-tamente inusuale una settimana nella quale non emergano notizie sugli attivisti che protestano per diritti umani o ambientali, che boicottano alcune organizzazioni per indurre i manager a modificare decisioni o azioni.

1.3. Influenza del “sistema” degli ambienti sul comportamento dei manager

La conoscenza di quali sono i vari elementi dell’ambiente è di particolare importanza per i manager. Così come è ugualmente importante comprendere come l’ambiente influenza il comportamento dei manager. Si possono individuare due modalità attraverso le quali l’ambiente influenza i manager: primo, attraverso il grado di incertezza ambientale, secondo attraverso le varie relazioni che si instaurano con gli stakeholder.

Gli ambienti differiscono in ciò che viene definito incertezza ambientale, cioè il grado di cambiamento e complessità nell’ambiente dell’organizzazione (Riquadro II.7).

Matrice dell’incertezza ambientale

Gra

do d

i com

ples

sità

Grado di cambiamento

Stabile Dinamico

Sem

plic

e

! Ambiente stabile e prevedibile

Pochi elementi nell’ambiente

Gli elementi sono simili e rimangono essenzialmente gli stessi

Minime necessità di conoscenze sofi-sticate degli elementi

" Ambiente dinamico e imprevedibile

Pochi elementi nell’ambiente

Gli elementi sono talvolta simili ma in continuo cambiamento

Minime necessità di conoscenze sofi-sticate degli elementi

Com

ples

so

# Ambiente stabile e prevedibile

Molti elementi nell’ambiente

Gli elementi non sono simili l’uno con l’altro e rimangono essenzial-mente gli stessi

Elevate necessità di conoscenze sofi-sticate degli elementi

$ Ambiente dinamico e imprevedibile

Molti elementi nell’ambiente

Gli elementi non sono simili l’uno all’altro e sono in continuo cambia-mento

Elevate necessità di conoscenze sofi-sticate degli elementi

La prima dimensione di incertezza è il grado di cambiamento. Se gli elementi

dell’ambiente di un’organizzazione cambiano frequentemente, si afferma che l’ambiente è di-namico. Se il cambiamento è non significativo, l’ambiente è stabile. Un ambiente stabile po-trebbe essere quello nel quale non ci sono nuovi concorrenti, poche innovazioni tecnologiche nei concorrenti attuali, scarse attività dei gruppi di interesse per influenzare l’organizzazione e così via. Per esempio, l’impresa Zippo, conosciuta per i suoi accendisigaro, affronta un am-biente relativamente stabile. Ci sono pochi concorrenti e un basso cambiamento tecnologico. Probabilmente il principale problema ambientale per l’impresa è il trend in declino dei fuma-tori, sebbene la produzione di accendini possa essere orientata verso altre utilizzazioni, man-tenendo attrattivo il mercato globale.

Riquadro II.7

15    

Al contrario, l’industria della musica registrata affronta un ambiente dinamico (altamente incerto e imprevedibile). Il formato digitale e i siti dai quali scaricare la musica hanno stravol-to il comparto e generato notevole incertezza. Se il cambiamento è prevedibile, è da conside-rare dinamico? No. Si pensi ai grandi magazzini che realizzano un terzo delle loro vendite in Dicembre. Il calo da Dicembre a Gennaio è significativo: peraltro, poiché il cambiamento è prevedibile, questo ambiente non può essere considerato dinamico. Quando ci si riferisce al grado di cambiamento, si considera il cambiamento imprevedibile: se esso può essere accura-tamente anticipato, non è un’incertezza con la quale i manager si devono confrontare.

L’altra dimensione dell’incertezza descrive il grado di complessità ambientale che è de-terminato sia dal numero di elementi, che dalle continue interazioni tra di essi che ne modifi-cano la configurazione iniziale. Per esempio, Hasbro Toy Company, la seconda più grande impresa di giocattoli (dopo Mattel), ha semplificato il suo mercato acquistando molti dei suoi concorrenti. Quando un’organizzazione ha pochi concorrenti, consumatori, fornitori, e così via, il suo ambiente è meno incerto.

2. Un aspetto di confine tra interno ed esterno: l’ambiente multiculturale 2.1. Una riflessione sul tema attraverso le parole dei bambini

Introdurre una tematica complessa come quella oggetto di questo capitolo non è semplice, ma è possibile comprenderne l’essenza con un’attenta lettura della favola di Thomas Roose-velt che viene proposta di seguito:

In una piccolo comune di periferia, una giraffa aveva una casa nuova, costruita in maniera da ri-

spondere ai bisogni della sua famiglia. Era una casa meravigliosa per giraffe con soffitti e porte altissi-mi. Finestre alte assicuravano la massima illuminazione e una buona visibilità. Un giorno la giraffa, mentre lavorava nella falegnameria nel seminterrato, guardò fuori dalla finestra. Un elefante camminava sulla strada. “Lo conosco” pensò la giraffa. “Abbiamo lavorato insieme. Anche lui è un eccellente fale-gname. Credo proprio che lo inviterò a visitare il mio nuovo negozio. Forse possiamo anche lavorare in-sieme su alcuni progetti”. Così la giraffa si affacciò alla finestra e invitò l’elefante a entrare. L’elefante era contentissimo. Gli era piaciuto lavorare con la giraffa ed era ansioso di conoscerla meglio. Inoltre, sapeva della falegnameria e aveva voglia di vederla. Si avvicinò alla porta del seminterrato, aspettando che gli aprissero. “Entra, entra” disse la giraffa. Immediatamente, si scontrarono con un problema. L’elefante mise la testa dentro, ma non riuscì ad andare oltre. "E’ stata una buona idea realizzare una porta espansibile” disse la giraffa. “Dammi un minuto e risolverò il problema”. Rimosse alcuni cardini e pannelli per permettere all’elefante di entrare. I due amici si stavano raccontando allegramente aneddoti di falegnameria quando la moglie della giraffa fece capolino nel seminterrato e chiamò il marito “Al te-lefono, caro, è il tuo capo.” “E’ meglio che vada a rispondere di sopra nello studio” disse la giraffa all’elefante. “Fai come se fossi a casa tua. Potrebbe volerci un pò”. L’elefante si guardò attorno, vide un pezzo semilavorato sul tornio che si trovava dall’altro lato della stanza e decise di andare a vedere. Co-me si mosse verso la porta che portava al negozio, sentì un rumore portentoso. Si girò grattandosi la te-sta. “Magari raggiungo la giraffa di sopra” pensò. Come iniziò a salire le scale, i gradini cominciarono a scricchiolare. Saltò giù e cadde contro il muro. Anche questo cominciò a cedere. Appena si sedette, scioccato e triste, la giraffa scese le scale. “Cosa diavolo stai facendo?” chiese la giraffa stupita. “Stavo cercando di fare come se stessi a casa mia” disse l’elefante. La giraffa si guardò attorno. “Okay, vedo dov’è il problema. La porta è troppo stretta. Dovremmo rendere te meno ingombrante. C’è una palestra qui vicino. Se facessi qualche lezione lì, torneresti in forma.” “Forse”, disse l’elefante, poco convinto.

“E le scale sono troppo fragili per sopportare il tuo peso”, continuò la giraffa. “Se prendessi lezioni di danza la sera, sono sicuro che avresti un passo più leggero. Spero davvero che lo farai. Mi piace aver-ti qui.” “Forse”, disse l’elefante . “Ma per essere sincero, non sono sicuro che una casa pensata per una giraffa possa ospitare un elefante senza modifiche sostanziali.” (Liberamente tratto da Roosevelt, R.T. 1999. Building a House for Diversity: How a Fable about a Gi-raffe & an Elephant offers new strategies for today’s workforce. American Management Association: New York, pp. 3-5.)

Riquadro II.8

16    

Dalla favola dell’elefante e della giraffa si possono trarre molteplici insegnamenti e spun-ti di riflessione, ma soprattutto emergono alcuni quesiti ai quali manager e imprenditori devo-no riuscire a trovare risposta. In particolare: Come creare e gestire un’impresa dove le diver-sità possano essere rispettate, valorizzate e combinate sinergicamente? Ciò significherebbe creare una casa nella quale tanto l’elefante quanto la giraffa possano vivere insieme, abbiano i loro spazi e tutto sia realizzato secondo le loro esigenze. Fornire una risposta a questo quesito significa imparare ad apprezzare la diversità, considerando le differenze non come un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi ma come una fonte di arricchimento e valore aggiunto.

2.2. Diversità e multiculturalismo nelle imprese

L’internazionalizzazione dei mercati, il movimento migratorio mondiale e la globalizza-zione hanno creato i presupposti per la creazione e la proliferazione di numerosi e incessanti rapporti tra le diverse parti del mondo. Ciò ha determinato una rapida diffusione delle mino-ranze etniche all’interno di tutti i Paesi, con una conseguente amalgama di usi, costumi, cultu-ra e stili di vita. A tal proposito, si sente sempre più spesso parlare di “diversità”. Ma cosa si intende con tale termine? E, inoltre, come è possibile gestire la diversità? Nella letteratura an-glosassone tale campo di studi è noto con l’espressione “Diversity Management” e i moltepli-ci contributi teorici sono orientati all’analisi delle poliedriche sfaccettature che questo feno-meno può manifestare.

Un breve cenno storico

Il Diversity Management è una disciplina che è nata intorno agli anni ’70 in America. In seguito ad un emendamento costituzionale del 1974-1975, il Governo degli Stati Uniti sollecitò le imprese ad as-sumere un maggior numero di donne e di persone di etnia differente, al fine di offrire migliori e maggio-ri opportunità di crescita sociale e professionale. Molti esperti hanno notevolmente criticato questo ap-proccio perché caratterizzato da azioni positive ma sporadiche, non in grado di fungere da motore di cambiamento della cultura organizzativa. Al contrario, numerosi studiosi hanno considerato queste azioni come una discriminazione inversa, tesa ad evidenziare sempre e comunque la predominanza di un’etnia e di un genere nei confronti dell’altro.

In Europa, al contrario, l’approccio è stato differente. L’art.13 del Trattato della Comunità Europea stabilisce che la discriminazione basata sul sesso, l’origine razziale o etnica, religione o credo, disabili-tà, genere, età o orientamento sessuale deve essere combattuta con adeguate azioni. Con tale posizione, l’Unione europea può agire contro ogni forma di discriminazione. Inoltre, dallo studio “Costi e Benefici della Diversità” effettuato nel 2003 dalla Commissione Europea, emerge con evidenza che la diversità rappresenta un beneficio per le imprese che la sanno apprezzare, valorizzare e gestire. In relazione a tale visione, le imprese che adottano politiche attive per la diversità riescono a promuovere un’immagine positiva, rafforzare valori culturali condivisi all’interno, attrarre personale qualificato, incrementare la motivazione e la responsabilizzazione del personale, creare presupposti per uno sviluppo della creatività e dell’innovazione.

Il concetto inerente la diversità è stato analizzato sotto diverse prospettive: sociologica,

psicologica, etica, etc. e solo recentemente è diventata dominio anche degli studi organizzativi e di management. L’interesse degli studiosi di impresa è originato da diverse motivazioni. In primo luogo, negli ultimi decenni è cresciuta in misura esponenziale la partecipazione di don-ne, minoranze etniche e diversamente abili nelle imprese e nel mondo del lavoro in generale, pertanto, si sta lentamente delineando una nuova composizione della forza lavoro e dei livelli dirigenziali. In secondo luogo, queste stesse persone rappresentano nel contempo i nuovi con-sumatori, dotati di bisogni, desideri e aspettative differenti, che impongono un costante ade-guamento delle strategie e un incessante ricorso all’innovazione. In questo variegato scenario, le imprese si trovano a dover far fronte alla diversità, nonostante ancora oggi tale concetto non sia adeguatamente compreso e accettato.

Riquadro II.9

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Con il termine “diversità” si fa riferimento ad un connotato proprio dei gruppi di persone e, conseguentemente, delle organizzazioni e delle imprese. In concetto di “diversità” racchiu-de un significato ampio e complesso che fa riferimento ad una caratteristica propria dei gruppi di persone (quindi, delle organizzazioni e delle imprese). Più specificamente, per diversità si intende tutto ciò che differenzia i membri di un gruppo e che affonda le sue radici nelle carat-teristiche e negli attributi personali di ciascuno4. Infatti, ogni soggetto umano è una specifica identità, quindi presenta connotati di diversità. Ciò implica che risulta necessario impegnarsi per conoscere e farsi conoscere, cioè essere disponibili alla scoperta e alla comprensione, a coltivare la propria intelligenza emotiva oltre che quella cognitiva. La diversità evidenziabile a livello di ogni singolo soggetto umano, assume valenza di maggiore complessità se riferita a gruppi, organizzazioni, o imprese. Alcune ricerche5 hanno evidenziato aspetti della diversità riconducibili alle relazioni (attributi quali razza, genere, età, etnia, religione, etc.6) e alle fun-zioni (diversi livelli di scolarizzazione e formazione, competenze e professionalità, etc.7). Mentre in passato si riteneva che la sola diversità relativa alle funzioni potesse rappresentare un aspetto positivo8 e, conseguentemente, creare valore aggiunto, attualmente si reputa che entrambe possano concorrere all’ottenimento di migliori e superiori performance e obiettivi9. È altresì da rilevare che le differenze di etnia, razza e cultura hanno generato anche il fenome-no del multiculturalismo. Stuart Hall10 definisce il multiculturalismo come quel concetto che descrive le caratteristiche sociali e i problemi di governance di qualsiasi società in cui convi-vono comunità culturali differenti che tentano di costruire una vita comune conservando, allo stesso tempo, la propria identità originaria. Si tratta di un fenomeno che trova la sua matrice nella nuova dimensione spazio-temporale e che risulta riduttivo relegare alla sola dimensione dei movimenti migratori. Questi ultimi hanno indubbiamente reso più urgente l’assunzione di decisioni e di comportamenti orientati ai valori dell’accoglienza, dell’integrazione e del ri-spetto; tuttavia, è possibile affermare che ogni società è multiculturale perché in essa coesi-stono sistemi valoriali diversi11. A tal proposito, è quanto mai determinante la comprensione di come non sia possibile raggiungere l’uguaglianza e la parità di trattamento negando l’esistenza delle diversità o ritenendo di poterla rimuovere. Al contrario, diversità e multicul-turalismo devono essere accettati e valorizzati. Infatti, per ottenere successo, tutte le organiz-zazioni (imprese, pubblica amministrazione, associazioni non-profit) devono necessariamente gestire la diversità e il multiculturalismo sia al proprio interno (personale dipendente, mana-gement, staff, collaboratori, etc.), sia all’esterno (consumatori, fornitori, finanziatori, etc.). La gestione della diversità, in questo senso, diviene una componente strategica per l’impresa che intende sopravvivere nel mercato.

2.3. Effetti della diversità e del multiculturalismo nella definizione della strategia

dell’impresa Come evidenziato nel paragrafo precedente, l’impresa che vuole ottenere successo deve

quotidianamente ripensare il proprio modo di agire per valorizzare la crescente diversità o, in altri termini, ogni impresa non può esimersi dall’impegnarsi nella definizione delle modalità attraverso le quali occuparsi della diversità in modo attivo e strategico. In primo luogo, l’impresa deve interrogarsi sui bisogni da soddisfare. Riprendendo la favola di Roosevelt, di cosa può aver bisogno l’elefante per stare a proprio agio nella casa? In secondo luogo, l’impresa deve comprendere se le sue attuali caratteristiche possono garantire un’adeguata ac-coglienza e accettazione della diversità. In altri termini, la casa della giraffa è adatta ad ospita-re un elefante? Soprattutto, chi vi dimora è pronto ad accogliere l’elefante? In relazione a quest’ultimo quesito, l’impresa dovrà essere in grado di gestire il cambiamento, controllando i momenti di tensione e mediando i conflitti. Infine, l’impresa nel suo complesso, lentamente ma inesorabilmente, dovrà cambiare la propria fisionomia per diventare una casa aperta e

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adatta a tutti. Affinché questo possa verificarsi, è necessaria un’elevata sensibilità da parte dei soggetti umani operanti nell’impresa, anche se tale condizione è necessaria ma non sufficien-te. Un esempio dei quesiti che ogni manager d’impresa deve porsi è presentata nello schema inserito nella pagina sucecssiva.

La diversità e il multiculturalismo generano effetti positivi nelle organizzazioni nel mo-mento in cui vengono accettate e apprezzate. A questo proposito Thomas ed Ely12 evidenzia-no che la gestione strategica della diversità consente all’organizzazione di internalizzare le differenze tra i dipendenti in modo da crescere grazie a loro, considerando tutti come parte di una squadra. L’obiettivo del management è quello di operare con successo, ottenendo un van-taggio competitivo rispetto ai concorrenti che sia duraturo e difendibile; per questo motivo, è importante riuscire a comprendere quale possa essere la “giusta” miscela di diversità che è necessaria in un’impresa13.

Gestire efficacemente diversità e multiculturalismo significa quindi attivare un processo manageriale orientato all’accettazione delle differenze e alla valorizzazione di alcune di esse in termini di potenziale strategico atto a creare valore aggiunto per l’impresa14. Ciò significa che valutare, comprendere e sviluppare le differenze può rappresentare l’elemento cardine sul quale basare il successo delle organizzazioni e, conseguentemente, delle imprese.

Quanto sin qui evidenziato, tuttavia, deve essere inserito in un contesto etico, morale, cul-turale e legislativo adeguato. Dal punto di vista etico e morale è chiaramente erroneo un at-teggiamento discriminatorio che tende a creare fratture e distanze tra le persone.

Per quanto concerne l’aspetto legislativo e normativo, in Europa, ma così pure negli Stati Uniti d’America e in altre parti del mondo, la discriminazione per motivi razziali, etnici, reli-giosi, anagrafici, sessuali, etc. è vietata e sanzionata. Tale provvedimento ha modificato so-

Quali bisogni soddisfare?

Si possiedono adeguate capacità di accoglienza? È possibile avviare un’adeguata integrazione?

Sono presenti competenze per controllare le tensio-ni? Esistono competenze per la gestione dei conflitti? Sarò in grado di gestire il cambiamento?

È indispensabile riuscire a modificare l’impresa per trat-tenere tutti, con le loro diversità e le loro culture e, se pos-sibile, attrarre nuove e competenti figure professionali

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stanzialmente il contesto nel quale le imprese agiscono, nel senso di imporre loro un determi-nato rispetto nei confronti della diversità.

Tuttavia, l’aspetto di maggiore rilevanza è quello legato alla prospettiva culturale. Come precedentemente accennato, accettare la diversità e sfruttare le opportunità da essa derivanti, implica un cambiamento dell’intera fisionomia dell’impresa. Ciò significa che la casa dovrà essere ideata in funzione delle esigenze dell’elefante e della giraffa. Ma soprattutto chi vi abi-ta deve condividere con consapevolezza e rispetto gli stessi spazi e accettare le differenze che, necessariamente, esistono tra i diversi coinquilini. Calando questo discorso nella realtà dell’impresa, emerge l’esigenza di riuscire a diffondere uno spirito cooperativo e, conseguen-temente, una cultura organizzativa caratterizzata da accoglienza, accettazione e ospitalità. Al contrario, laddove persistono preconcetti e pregiudizi, la diversità non potrà mai essere accet-tata veramente, ma sarà sopportata. Questo potrebbe precludere le opportunità derivanti dalla combinazione dei differenti aspetti di cui ciascuno è dotato e inficerebbe l’agire sinergico de-rivante dalla valorizzazione delle diversità. Inoltre, sopportare e subire la diversità può essere causa di conflitti, la cui gestione talvolta è difficile.

In questo senso, non appaiono sufficienti le cosiddette “azioni positive” o “affirmative action”15 talvolta considerate erroneamente sinonimo di valorizzazione e gestione della di-versità16. Occorre un impegno molto superiore, in modo da orientare l’agire dell’impresa verso un approccio più sistematico e positivo della diversità, caratterizzato dall’apprezzamento della diversità e da uno sforzo congiunto e consapevole orientato al per-seguimento degli obiettivi previsti, nel rispetto di principi etici. Questo approccio attivo non è di facile attuazione e, in particolare, non è privo di difficoltà. È per questo motivo che è necessario intervenire sull’aspetto culturale, al fine di diffondere valori condivisi e uniforma-re le azioni di ciascuno verso la valorizzazione della diversità.

2.5. Verso l’impresa multiculturale

“To manage diversity effectively, a corporation must value diversity; it must have diver-sity, and it must change the organization to accommodate diversity and make it an integral part of the organization”17. Questa frase sottolinea l’importanza del riconoscimento e dell’apprezzamento della diversità, come elemento di cambiamento delle organizzazioni. Ciò significa che l’esistenza di differenze personali, razziali e culturali tra le persone non deve essere considerata come un elemento di “disturbo” all’interno delle organizzazioni. Al con-trario: occorre prendere atto della circostanza, valorizzarla e creare le basi per un mutamento organizzativo che accolga la diversità come parte integrante del sistema “organizzazione”.

La cultura e le differenze personali potrebbero essere considerate una componente pu-ramente personale, soprattutto se si pensa alle credenze religiose, ai modi di vivere, oppure agli hobbies. Tuttavia, questi aspetti sono rilevanti per l’impresa e per la sua sopravvivenza in quanto non sono separabili dalla persona. Ciò significa che qualsiasi aspetto della vita di un individuo incide necessariamente sugli altri e, conseguentemente, anche le performance lavorative, la motivazione, la creatività e i rapporti interpersonali potrebbero risultarne in-fluenzati. Imparare a comprendere e a rispettare la persona nella sua interezza consente alle imprese di creare strutture organizzative flessibili e fluide, promuovendo i network. Creare un network, ossia una rete, significa comprendere che l’elemento più importante è la perso-na. Attribuire ai soggetti umani un ruolo centrale implica creare una connessione tra le diver-se culture, gestendo attivamente e proattivamente la diversità. Gestire la diversità significa sottolineare, ma nel contempo formare, cambiare e laddove possibile plasmare l’identità dei membri e quella della loro impresa. Ciò significa che le persone devono possedere una iden-tità personale molto forte ma nel contempo aperta al cambiamento. Il ruolo sociale degli in-dividui gioca una parte cruciale nell’impresa. I manager devono sviluppare capacità atte a

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mediare i possibili conflitti che potrebbero venire a crearsi e dovrebbero operare in vista del-la creazione di una nuova cultura che sia frutto della combinazione tra le diverse culture dei soggetti coinvolti ma che possieda basi comuni e condivise. In questo scenario, l’impresa non può essere considerata come un luogo nel quale creare ricchezza o ottenere profitto, bensì un luogo nel quale le necessità personali dei manager e dei componenti dell’impresa vengono rispettati o, perlomeno, soddisfatti. In altre parole, la diversità non deve essere ana-lizzata solo nell’ottica di una corretta gestione delle risorse umane ai fini del miglioramento delle performance economiche, ma anche e soprattutto da un punto di vista che contempli un miglioramento globale dell’impresa e che consenta a quest’ultima di inserirsi in modo so-cialmente responsabile nell’ambiente che la circonda.

La società, le organizzazioni e le persone sono sempre più investite dalla velocità del cambiamento dovuta alla contemporanea presenza di modificazioni locali e spinte globali. Questa condizione accresce ulteriormente la necessità di creare una forte integrazione tra le culture, mantenendo ognuna la propria connotazione specifica, ma arricchendosi di sfumatu-re provenienti dalle altre. Una chiave per il successo delle imprese nella nuova realtà opera-tiva è pertanto costituita dalla capacità delle stesse di creare al loro interno una “nuova cultu-ra” che risulti dalla valorizzazione delle diverse culture dei soggetti interni ma che sia condi-visa da tutti in linea generale. In questo senso, i presupposti sui quali deve basarsi questa nuova cultura devono, da un lato, essere accettati e apprezzati da tutti e, dall’altro lato, creare le basi per la costituzione dell’impresa multiculturale. La diversità culturale è caratterizzata da differenze in termini di abilità, competenze, stili di vita, credenze, usi, costumi e identità, i quali determinano un potenziale inespresso che, se adeguatamente compreso, può creare le basi per la diffusione di conoscenza e innovazione.

L’impresa multiculturale rappresenta un ideale, un luogo nel quale le differenze sono apprezzate e utilizzate al fine di ottenere superiori e duraturi vantaggi competitivi18. Le or-ganizzazioni multiculturali devono nascere con l’intento di promuovere l’integrazione attitu-dinale e strutturale delle minoranze, per poter gestire efficacemente la diversità19.

Il multiculturalismo, benché possa generare gli effetti positivi evidenziati, può anche rappresentare la causa dell’insorgere di conflitti e disagi. Tale circostanza è dovuta all’evidente complessità insita nel gestire le situazioni caratterizzate da una molteplicità di persone. Se a tale molteplicità si combinano anche differenze etniche, razziali, sessuali, reli-giose, ecc., la complessità tende a crescere in misura esponenziale. Ciò può causare la crea-zione di barriere nei confronti del “diverso”, rigidità organizzative e peggioramenti del clima organizzativo. In tale scenario, il management è chiamato a creare i presupposti affinché si diffonda la cultura dell’accoglienza, del dialogo e dell’ascolto reciproci. Si tratta di un tenta-tivo di modificazione della cultura che si orienti al multiculturalismo, che non significa ap-piattimento delle differenze, bensì esaltazione delle stesse in un’ottica sinergica. Le differen-ze, in altri termini, devono essere comprese e valorizzate, in un clima di reciproca accetta-zione.

Le imprese che comprendono il valore del multiculturalismo e della diversità sono orga-nizzazioni capaci di operare nel mercato odierno con efficienza ed efficacia, ottenendo van-taggi competitivi rilevanti rispetto ai concorrenti.

2.6. Casi di studio McDonald’s

McDonald’s ha ideato uno schema di lavoro che consente ai propri dipendenti di condi-videre il proprio lavoro con gli altri membri della famiglia. Il “Family Contract” consente ai coniugi, ai loro genitori e ai loro figli con età superiore ai 16 anni di dividersi gli impegni la-vorativi senza avvertire preventivamente il management. Il concetto di diversità della McDo-

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nald’s non è solo relativo al rispetto dei valori e delle convinzioni personali, ma tiene in con-siderazione anche il fatto che ogni persona ha bisogni ed esigenze differenti. Con la sottoscri-zione del suddetto contratto, il primo del genere nel Regno Unito, ogni lavoratore può orga-nizzare direttamente le sue attività e questo implica un’elevata flessibilità nell’orario di lavoro che va a vantaggio della produttività e della soddisfazione personale. In questo modo il mana-gement della McDonald’s intende evidenziare il concetto di famiglia e il valore che la stessa possiede per ogni persona. Inoltre, con tale fattispecie contrattuale, il lavoratore si reca a lavo-ro solo quando realmente può farlo, combinando i suoi impegni personali, con quelli familiari e lavorativi. Si tende a condividere con la famiglia ogni singolo momento della vita di ciascun componente. Riflessioni sul caso

1. Quale innovazione contrattuale è stata introdotta dalla McDonald’s? 2. In che termini viene concepita la diversità? 3. Quali sono gli aspetti positivi e negativi di questo contratto?

IBM La multinazionale IBM definisce le proprie strategie in funzione della diversità. Il ma-

nagement ritiene che per mantenere e rafforzare il vantaggio competitivo dell’impresa sia necessario riflettere la diversità del mercato nella diversità della forza lavoro, creando nello stesso tempo un ambiente lavorativo positivo e stimolante per ogni dipendente. L’impresa considera la diversità della forza lavoro come un ponte tra l’ambiente lavorativo e il merca-to.

Nel 1953 venne pubblicata la prima lettera relativa alle politiche di pari opportunità che definiva chiaramente l’impostazione della IBM, la quale avrebbe valutato le candidature di soggetti in cerca di occupazione, solo in relazione alle loro abilità e capacità, senza conside-rare la razza, il colore o il credo politico e religioso. Durante gli anni, tale impostazione venne progressivamente rafforzata dal management in un’ottica inclusiva. In altri termini, la IBM, promuovendo tali modalità di assunzione e valorizzazione del personale ha avviato una politica di inclusione del personale, caratterizzata dall’ascolto dei dipendenti e dalla considerazione dei loro contributi e delle loro idee, indipendentemente dalla provenienza, dai personali punti di vista e dalle ideologie.

Per stimolare la comprensione della rilevanza della diversità nel posto di lavoro, il quar-tier generale della IBM creò una particolare figura denominata “Vice Presidente della Diver-sità della Forza Lavoro Globale” (Vice President of Global Workforce Diversity), con l’incarico di formulare e definire politiche globali nella gestione e valorizzazione della di-versità. Le sedi regionali, invece, istituirono numerosi “Diversity Managers”, con il compito di tradurre operativamente gli indirizzi derivanti dalle politiche globali. Inoltre, per ogni sus-sidiaria, i managers formularono azioni locali per migliorare e utilizzare pienamente la di-versità nello sviluppo della IBM.

I leader della IBM hanno evidenziato il proprio impegno verso un ambiente di lavoro inclusivo, rispettoso delle diversità, attraverso sei task forces esecutive, costituite nel 1995: 1. asiatici; 2. neri; 3. omosessuali, bisessuali e transessuali; 4. ispanici; 5. uomini; 6. ameri-cani; 7. diversamente abili; 8. donne. La missione di ciascuna di queste task force era princi-palmente quella di incrementare il successo di IBM nel mercato, focalizzando la propria at-tenzione verso gli aspetti di quella specifica categoria di soggetti. Ogni task force, inoltre, era formata e gestita da impiegati e quadri provenienti dalla speciale categoria che dovevano curare (es. la task force “asiatici”, non solo era indirizzata verso i gusti e le preferenze dei potenziali consumatori asiatici, ma era anche gestita e organizzata da asiatici). In tal senso, ognuna di esse tendeva a guardare IBM attraverso gli occhi dei gruppi che rappresentava e a

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rispondere ad alcune domande: - cosa è richiesto dal gruppo per sentirsi accolto e valutato all’IBM?; – cosa può realizzare l’IBM, in partnership con il gruppo, per incrementare la produttività?; - quali decisioni e strategie potrebbe adottare IBM per influenzare le decisioni di acquisto del gruppo?

Oltre a queste task force, IBM ha costituito un network relativo alla diversità globale, nelle quali le persone provenienti dai vari gruppi non rappresentati possono incontrarsi e scambiare opinioni, relazioni, consigli, etc. Molte sussidiarie, inoltre, possiedono gruppi lo-cali di questi network, istituiti dagli impiegati e dai dipendenti del luogo, con il fine di orga-nizzare incontri, workshop e momenti di socializzazione per quei dipendenti provenienti dai gruppi sottorappresentati o che sono interessati al tema della diversità e intendono imparare dagli altri. Tutte le attività del network sono animate e supportate dagli sforzi personali delle persone che vi fanno parte, anche nella trasmissione delle informazioni, che generalmente avviene via Intranet. L’impresa stimola queste iniziative e le sostiene attraverso risorse eco-nomiche e finanziarie.

Durante gli anni, oltre alla creazione di numerosi network rappresentativi di molti grup-pi differenti di persone, la IBM ha maturato un’ulteriore consapevolezza relativa al fatto che per valorizzare e gestire correttamente la diversità si rende necessario promuovere una lea-dership inclusiva. Questa implica la creazione di una cultura organizzativa nella quale le persone si sentono rispettate e realmente apprezzate, nonostante le loro differenze. In un contesto come quello descritto, ognuno si sente libero di poter collaborare e intervenire di-rettamente nella gestione dell’impresa, proponendo nuove idee e nuovi spunti per un miglio-ramento continuo. In questo scenario, il concetto di diversità viene considerato in senso am-pio: da un lato, come accettazione e rispetto per le peculiarità di ciascuno, dall’altro lato, come miglioramento generale dell’organizzazione derivante dalla combinazione delle diver-sità di ciascuno che comportano un incremento di opportunità e di ricchezza collettivi. Riflessioni sul caso

1. Come consideri la politica per la diversità attuata da IBM? 2. La creazione di numerose task forces quali benefici può aver apportato? 3. Quali possono essere le difficoltà gestionali che incontra IBM?

Domande di ripasso 1. Che cosa si intende per diversità? 2. In che modo è possibile gestire la diversità? 3. Quali possono essere gli aspetti negativi della diversità nelle organizzazioni? 4. In che modo la diversità influenza la definizione della strategia? 5. Cosa sono le “azioni positive”? 6. Cosa si intende per impresa multiculturale? 7. Che ruolo gioca la cultura nella gestione della diversità? 8. Quale importanza riveste il management nella gestione della diversità?

Letture consigliate: Joshi, A., Roh, H. 2009. The role of context in work team diversity research: a meta-analytic

review, Academy of Management Journal, 52(3), 599-627. Commissione Europea. 2004. Uguaglianza e non discriminazione nell’Unione Europea allar-

gata. Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee: Lussemburgo Commissione Europea. 2009. International perspectives on positive action measures. Ufficio

delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee: Lussemburgo

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Commissione Europea. 2008. Continuing the diversity journey. Business practices, perspec-tives and benefits. Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee: Lussem-burgo

Commissione Europea. 2009 La diversità sul luogo di lavoro. Una guida per le PMI. Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee: Lussemburgo

Siti Internet interessanti http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=423&langId=it http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=780&langId=it http://www.diversityjournal.com/ http://www.diversityatwork.net/EN/en_index.htm

3. Un imperativo indilazionabile: la sostenibilità 3.1. Una sfida per l’Umanità

Nella lunga storia dello sviluppo dell’Umanità, il genere umano ha affrontato nu-merose difficoltà – o “sfide” – che talvolta hanno assunto configurazioni di difficoltà supposte insormontabili. Lo spirito di sopravvivenza, insito in ogni essere vivente e, quindi, anche negli esseri umani, ha (semplificando!) consentito di non soccombere e, al contrario, di trovare la forza per nuove conquiste, nuove prospettive, nuove fasi di sviluppo. Nel contempo, fenomeni di senso contrario sono emersi, si sono gradualmen-te diffusi e hanno determinato l’emergere di condizioni attualmente “all’ordine del giorno” e non più dilazionabili. Ci si riferisce alla crescita di ampie sacche di depaupe-ramento ambientale che se da un lato ha favorito lo sviluppo, dall’altro lato, ha costi-tuito la premessa di un degrado non solo ambientale ma anche economico: in altri ter-mini, una drammatica premessa al sottosviluppo di ampie aree del mondo. È per que-sto che, a partire dagli anni ’60 e ’70 le più autorevoli organizzazioni mondiali hanno avviato un processo di sensibilizzazione tendente a modificare tali comportamenti dannosi, nella prospettiva di innescare un processo virtuoso di sviluppo basato sulla sostenibilità.

Pare opportuno sottolineare fin da ora che affrontare le problematiche inerenti lo sviluppo sostenibile non significa limitare l’attenzione alle problematiche legate all’ambiente (la salvaguardia dell’ecosistema) ma significa fare riferimento ad un con-cetto più ampio che tiene conto della sostenibilità economica e sociale delle attività.

3.2. Nascita e sviluppo del concetto di sostenibilità

Il nuovo orientamento dell’Umanità verso la sostenibilità non è da considerare come una possibile opzione, quanto piuttosto una via obbligata per evitare che il sistema terrestre si au-todistrugga. Dai timidi passi della prima Conferenza del 1972, si è giunti a delineare un si-stema di strumenti per mezzo dei quali favorire l’adozione di comportamenti sostenibili da parte dei singoli soggetti e delle organizzazioni.

Nel riquadro II.10 viene presentata una sintesi delle tappe fondamentali che hanno deter-minato l’evoluzione del concetto di sostenibilità e la sua attuale configurazione. È altresì da rilevare che, nonostante sia cresciuta la consapevolezza rispetto alla inderogabilità di realizza-re uno sviluppo basato sulla sostenibilità, molta strada vi è ancora da percorrere perché ven-gano adottate azioni realmente capaci di determinare l’indispensabile “inversione di tenden-za”. La responsabilità di tale cambiamento sono varie e variamente distribuite: ognuno è chiamato a “fare la sua parte” in modo che anche ogni comportamento sostenibile, per quanto

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singolarmente appaia non rilevante, in relazione sinergica con altri singoli atti, possa condurre al cambiamento, cioè alla realizzazione di uno sviluppo economico-sociale basato sulla soste-nibilità.

Riquadro II.10 Le tappe della sostenibilità

1972

I Conferenza ONU sull’Ambiente Umano (Stoccolma) %Viene istituita la United Nations Environment Programme (UNEP) %La Dichiarazione sull’Ambiente Umano definisce 26 principi sulla relazio-

ne tra benessere sociale e tutela del patrimonio ambientale, tra le quali: - L’uomo è portatore di una solenne responsabilità per la protezione e il

miglioramento dell’ambiente per le generazioni presenti e future. - Le risorse naturali della Terra devono essere salvaguardate a beneficio

delle generazioni presenti e future con una programmazione e una gestio-ne appropriata e attenta.

- Deve essere mantenuta e, se possibile, ricostruita la capacità della terra di produrre risorse vitali rinnovabili.

1980

World Conservation Strategy (Nairobi) Viene prodotto il documento World Conservation Strategy: Living Resource Conservation for Sustainable Develeopment. Per la prima volta in un docu-mento ufficiale appare la dizione “sviluppo sostenibile”. Esso spiega come il risparmio delle risorse naturali sia essenziale per la creazione di un modello sostenibile e fornisce soluzioni concrete per la sua attuazione.

1987

Summit di Tokio (Tokio) Viene presentato il documento Our Common Future o Rapporto Brundtland. In esso è contenuta la prima definizione di sviluppo sostenibile: “Lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i pro-pri”. La protezione dell’ambiente perde il proprio ruolo di “vincolo” per di-venire una condizione necessaria per uno sviluppo duraturo.

1992

II Vertice ONU su Ambiente e Sviluppo (Rio de Ja-neiro) Adozione di un Piano di Azione Mondiale per la Tutela dell’Ambiente: - Dichiarazione su Ambiente e Sviluppo: 27 principi - Agenda 21: documento con più di 2500 raccomandazioni d’azione per

uno sviluppo attento alle variabili sociali, ambientali ed economiche - Convenzioni sul clima e per la conservazione della biodiversità V Piano di Azione Ambientale “Per uno Sviluppo Du-revole e Sostenibile” (Bruxelles)

1994

I Conferenza Europea sulle Città Sostenibili (Aal-borg) - Carta di Aalborg: principi per un modello urbano di città sostenibili - La Campagna delle Città Europee Sostenibili - Impegno per l’attuazione di Agenda 21 a livello locale – Piani Locali di

Azione per un Modello Urbano Sostenibile (azioni concrete)

1996

II Conferenza Europea sulle Città Sostenibili (Lisbo-na) Valutazione risultati della Local Agenda 21 e rilancio Carta di Aalborg Conferenza Habitat II (Istanbul) Rilancio Agenda 21 per l’adozione da parte degli Enti locali

1997

Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambia-mento climatico (Kyoto) Viene redatto il Protocollo di Kyoto nel quale si indicano: politiche e misure per la riduzione di emissioni di gas serra da parte dei Paesi industrializzati; misure per promuovere la ricerca scientifica sulle energie alternative e sulle forme di economia sostenibile. Si sollecitano i Paesi industrializzati alla coo-perazione con i Paesi in via di sviluppo.

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1998

Convenzione di Aarthus (Danimarca) Convenzione dell’Unione europea che, tra l’altro, stabilisce che il cittadino, primo attore del processo di cambiamento ha la possibilità di contribuire atti-vamente alla promozione dello sviluppo sostenibile. Temi chiave: informa-zione e partecipazione.

2000

III Conferenza Europea sulle Città Sostenibili (Han-nover) Le autorità locali di 32 Paesi fanno il bilancio dei risultati della Carta di Aal-borg e predispongono un appello (Appello di Hannover) perché si agisca per favorire un maggiore clima di cooperazione internazionale e per un maggiore impegno locale su Agenda 21.

2001

III Conferenza Ambientale dell’Unione europea (Gö-teborg) Viene predisposta la Risoluzione di Göteborg con la quale si sottolineano tre aspetti: l’attuazione e gli ulteriori sviluppi della legislazione UE sull’ambiente; i processi di Agenda 21 Regionale; il “greening” dei Fondi strutturali Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale Si amplia il concetto di Sviluppo Sostenibile con la “Diversità Culturale” co-me quarto pilastro.

2002

World Summit on Sustainable Development (Johanne-sburg) Approvazione di tre documenti divenuti la base internazionale per lo Svilup-po Sostenibile %Dichiarazione di Joannesburg: principi morali che impegnano allo sviluppo

sostenibile. %Piano WSSD: indica le modalità di attuazione della Dichiarazione %Iniziative di paternatriato di tipo 2: promozione di coesione e cooperazione

con la proposta di quasi 600 progetti improntati allo sviluppo sostenibile

2004

IV Conferenza Europea sulle Città Sostenibili (Aal-borg) I rappresentanti di 110 amministrazioni locali approvano i 10 Aalborg Com-mitments il cui fine è quello di dare maggiore incisività alle azioni di sosteni-bilità locale e dare nuovi impulsi ai processi di Agenda 21 locale. Più specifi-camente: aumentare la consapevolezza e necessità per i governi locali di at-tuare politiche integrate in grado di affrontare le sfide crescenti della sosteni-bilità; essere strumento pratico e flessibile.

2005

Rilancio della Strategia di Lisbona (Lussemburgo) Si ribadisce l’esigenza di incentrare la strategia sulla crescita e sull’impiego, incrementando la competitività e rafforzando la coesione sociale. Obiettivi da perseguire con attenzione prioritaria alla conoscenza, all’innovazione, alla valorizzazione del capitale umano.

2006

Strategia europea per lo sviluppo sostenibile 2006 (Bruxelles) Vengono individuate sette sfide principali: 1. Cambiamenti climatici e energia pulita 2. Trasporti sostenibili 3. Consumo e produzione sostenibili 4. Conservazione e gestione delle risorse naturali 5. Salute pubblica 6. Inclusione sociale, demografia e migrazione 7. Povertà mondiale e sfide dello sviluppo

2009

XV Conferenza delle Nazioni Unite dedicata al clima (Copenhagen) Si conclude senza che vengano indicati obiettivi precisi di riduzione delle emissioni di gas serra, né indica l’impegno per un nuovo Trattato internazio-nale teso a mitigare la crisi climatica.

2012

Conferenza sullo sviluppo sostenibile Rio+20 (Rio de Janeiro)

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Si può concludere l’analisi dell’impegno delle organizzazioni mondiali e non rispetto allo sviluppo sostenibile con quanto scritto dalla Commissione europea in un recente documento: “crescita sostenibile significa costruire un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse, sostenibile e competitiva, sfruttare il ruolo guida dell’Europa per sviluppare nuovi processi e tecnologie verdi, accelerare la diffusione delle reti intelligenti che utilizzano la Tecnologia dell’Informazione e delle Telecomunicazioni (ICT), sfruttare le reti su scala europea e aumen-tare i vantaggi competitivi delle nostre imprese, specie per quanto riguarda l’industria mani-fatturiera e le piccole e medie imprese (PMI), e fornire assistenza ai consumatori per valutare l’efficienza sotto il profilo delle risorse. In tal modo si favorirà la prosperità dell’Unione Eu-ropea in un mondo a basse emissioni di carbonio e con risorse vincolate, evitando, al tempo stesso, il degrado ambientale, la perdita di biodiversità e l’uso non sostenibile delle risorse e rafforzando la coesione economica, sociale e territoriale”.

3.3. A proposito di cambiamento climatico e dei suoi effetti

There is a growing consensus among corporate leaders that taking action on climate change is a responsible business decision. From market shifts to regulatory constraints, cli-mate change poses real risks and opportunities that companies must begin planning for today, or risk losing ground to their more forward-thinking competitors. Prudent steps taken now to address climate change can improve a company’s competitive position relative to its peers and earn at the table to influence climate policy. With more and more action at the state level and increasing scientific clarity, it is time for businesses to craft corporate strategies that ad-dress climate change.

Gli effetti del cambiamento climatico sulle organizzazioni e sulle imprese nel mondo, possono essere raggruppati in sei categorie: 1. Regolamenti. Le imprese nella gran parte dei Paesi del mondo devono sottostare al Proto-

collo di Kioto il quale stabilisce la riduzione del diossido di carbonio nelle aree più svilup-pate del mondo influendo, ovviamente, sulle imprese in esse operanti. L’Unione europea ha adottato uno specifico programma in base al quale una impresa che emette gas serra ol-tre il limite stabilito, può acquistare indennità addizionali da altre imprese il cui livello di emissioni di gas serra è inferiore al limite stabilito. Le imprese possono anche guadagnare quote di credito rispetto alle loro emissioni investendo su progetti per l’abbattimento delle emissioni anche se riguardanti altre imprese.

2. Catena di approvvigionamento. I fornitori saranno sempre più vulnerabili ai regolamenti governativi – in conseguenza della crescita della componente dei costi energetici che essi trasferiscono ai loro consumatori. La catena di approvvigionamento globale sarà a rischio di una crescente intensità di precipitazioni molto forti e inondazioni. La crescita del livello del mare risultante dallo scioglimento dei ghiacci polari creerà problemi per i porti marit-timi. La Cina, nella quale molte imprese del mondo stanno trasferendo le loro produzioni, sta diventando interessata dal degrado ambientale. La crescente scarsità di combustibili fossili sta incrementando significativamente i costi di trasporto. Per esempio, la Tesla Motors, il produttore di una macchina sportiva alimentata elettricamente, ha trasferito l’assemblamento delle batterie dalla Tailandia alla California perché i bassi salari della Tailandia non erano controbilanciati dal costo del trasporto delle batterie attraverso l’Oceano Pacifico.

3. Prodotto e tecnologia. La sostenibilità ambientale può essere un pre-requisito per una cre-scita redditizia. Per esempio, gli investimenti in tutto il mondo nell’energia sostenibile (in-cludendo vento, sole, e acqua) hanno più che raddoppiato i 70,9 bilioni di dollari dal 2004 al 2006. Il 60% degli intervistati di uno studio di Environics ha dichiarato che conoscendo se un’impresa è consapevole del suo impatto sull’ambiente e sulla società, la rende più at-

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traente rispetto all’acquisto dei suoi prodotti e servizi. I prodotti a basso impatto di carbo-nio che utilizzano le nuove tecnologie stanno diventando sempre più popolari tra i consu-matori. Quelle imprese automobilistiche, per esempio, che si stanno orientando all’introduzione di energie ibride o alternative nelle auto, guadagneranno un vantaggio competitivo.

4. Rischio di lite. Le imprese che generano rilevanti emissioni di carbonio si trovano di fronte alla minaccia di querela simile a quella delle imprese del tabacco, farmaceutiche, ecc. Per esempio, le imprese del petrolio e del gas sono state citate in giudizio per le emissioni di gas serra nel distretto della corte federale del Mississippi, basata sull’asserzione che queste imprese hanno contribuito alla gravità dell’uragano Katrina.

5. Rischio di reputazione. L’impatto di un’impresa sull’ambiente può influenzare pesante-mente la sua reputazione. Il Carbon Trust, un gruppo di consulenza, ha trovato che in alcu-ni settori il valore del brand di un’impresa potrebbe essere a rischio a causa di una perce-zione negativa legata al cambiamento climatico. Al contrario, un’impresa con una buona immagine di sostenibilità ambientale può creare un vantaggio competitivo in termini di at-trazione e fedeltà dei consumatori, dipendenti e investitori. Per esempio, la ricerca di Wal-Mart della sostenibilità ambientale come core business della strategia ha aiutato ad am-morbidire to la sua reputazione negativa come datore di lavoro che dà bassi salari e bassi benefici. Impostando gli obiettivi per i suoi negozi al dettaglio di riduzione del gas serra del 20%, dei rifiuti solidi del 25%, aumentando l’efficienza dei camion del 25% e utiliz-zando il 100% di energia rinnovabile, ha anche spinto i suoi fornitori a diventare più orien-tati alla sostenibilità ambientale.

6. Rischi fisici. I rischi posti direttamente dal cambiamento climatico includono gli effetti fi-sici su tempeste, inondazioni, siccità e aumento del livello del mare. la temperatura media dell’Artico è aumentata da 2 a 3 gradi negli ultimi 50 anni, influendo sullo scioglimento dei ghiacci e sull’aumento del livello del mare di 2,54 cm per decennio. I settori più colpiti sono le assicurazioni, l’agricoltura, la pesca, le foreste, i beni immobili e il turismo.

Sebbene il riscaldamento globale rimanga un argomento controverso, il vero problema rimane l’individuazione di azioni in favore della sostenibilità.

If you accept the global warming as reality, adapting your strategy and practices, your plants will use less energy and emit fewer effluents. Your packaging will be more biode-gradable, and your new products will be able to capture any markets created by severe weather effects. Yes, global warming might not be as damaging as some predict, and you might have invested more than you needed, but it’s just as Pascal said: Given all the possible outcomes the upside of being ready and prepared for a “fearsome event” surely beats the al-ternative.

3.4. Imprese sempre più “sostenibili”

Nell’ambito delle imprese la consapevolezza della necessità di un comportamento soste-nibile stenta ad affermarsi: in taluni casi ciò è determinato da una non compiuta percezione dei vantaggi che un comportamento sostenibile può determinare per vari motivi. Tra questi, si possono ricordare: 1) il risparmio energetico derivante dall’adozione di sistemi produttori di energia alternativa; 2) il maggior gradimento dei consumatori, sempre più attenti ad accordare le loro preferenze ad imprese sostanzialmente “green” e non a quelle che presentano dichiara-zioni di sostenibilità più o meno rispettate: il consumatore è sempre più critico e meno “ad-vertising dependent”; 3) la possibilità di disporre di un rilevante vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza.

Nel corso degli anni la consapevolezza dei manager nei confronti della sostenibilità è si-gnificativamente cresciuta, come testimonia anche l’adozione della “Carta delle imprese per

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uno sviluppo sostenibile” (Riquadro II.11). È un chiaro segno dell’impegno che le imprese in-tendono realizzare per contribuire allo sviluppo basato sulla sostenibilità quale possibile solu-zione realistica dei problemi derivanti dall’individuazione di un corretto rapporto tra sviluppo e limitatezza delle risorse.

I principi della “Carta delle imprese per uno sviluppo sostenibile” Priorità aziendali Riconoscere nella gestione dell’ambiente una delle più importanti priorità aziendali è un fattore deter-minante per lo sviluppo sostenibile; stabilire politiche, programmi e procedure per svolgere l’attività in modo ecologicamente corretto. Gestione integrata Integrare pienamente tali politiche, programmi e procedure in ogni attività come elemento essenziale della gestione, in tutte le sue funzioni. Miglioramento continuo Migliorare continuamente le politiche, i programmi e il comportamento ambientale dell’impresa, tenen-do conto del progresso tecnico, della conoscenza scientifica, delle esigenze dei consumatori e delle aspettative della collettività, considerando come punto di partenza la normativa in vigore; applicare gli stessi criteri in materia di ambiente sul piano internazionale. Formazione del personale Istruire, formare e motivare i dipendenti per una condizione ambientalmente responsabile delle loro at-tività. Valutazione preventiva degli effetti ambientali Prima di intraprendere una nuova attività o progetto e prima della dismissione di un impianto o di un si-to, valutarne gli effetti sull’ambiente. Prodotti e servizi Sviluppare e fornire prodotti e servizi: che evitino conseguenze indesiderabili per l’ambiente; siano si-curi per l’uso cui sono destinati; abbiano il miglior rendimento nel consumo di energia e delle risorse naturali e, nel caso dei prodotti, siano riciclabili, riutilizzabili ed eliminabili in piena sicurezza. Assistenza al consumatore Consigliare e, se necessario, istruire i clienti, i distributori e il pubblico al fine di favorire la sicurezza nell’uso, trasporto, stoccaggio ed eliminazione dei prodotti forniti; applicare accorgimenti analoghi alla fornitura di servizi. Impianti e attività Progettare, sviluppare e gestire gli impianti e condurre le attività tenendo conto: di un uso efficiente dell’energia e dei materiali; di un uso sostenibile delle risorse rinnovabili; della minimizzazione sia del-le conseguenze ambientali negative sia della produzione di rifiuti; dell’eliminazione sicura e responsabi-le dei rifiuti residui. Ricerca Effettuare o sostenere le attività di ricerca sull’impatto ambientale delle materie prime, dei prodotti, dei processi, delle emissioni e dei rifiuti collegati all’attività dell’impresa e sulle modalità per minimizzare gli effetti ambientali negativi. Approccio preventivo Modificare la produzione, la vendita e l’uso dei prodotti e servizi nonché la conduzione delle attività, in base alle conoscenze tecnico-scientifiche esistenti, allo scopo di prevenire il degrado grave e irreversibi-le dell’ambiente. Subappaltatori e fornitori Promuovere l’adozione di questi Principi da parte dei subappaltatori che agiscono per conto dell’impresa, incoraggiando e, se del caso, richiedendo miglioramenti delle prassi per renderle coerenti con quelle dell’impresa; incoraggiare la più ampia adozione di questi Principi da parte dei fornitori. Piani di emergenza Sviluppare e mantenere, dove esistano rischi significativi, piani per fronteggiare l’emergenza in collabo-razione con gli appositi servizi, le autorità competenti e la comunità locale, tenendo conto dei potenziali impatti transfrontalieri. Trasferimento di tecnologia Contribuire al trasferimento nel settore pubblico e privato di tecnologie e di metodi di gestione ecologi-camente idonei.

Riquadro II.11

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Contribuzione allo sforzo comune Contribuire all’elaborazione di politiche pubbliche e ad iniziative e programmi educazionali del settore privato, del settore pubblico e delle istanze governative e intergovernative tendenti ad una maggiore sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente e della sua protezione. Apertura al dialogo Favorire l’apertura e il dialogo nei confronti dei dipendenti e del pubblico, anticipando e rispondendo alle loro preoccupazioni riguardo al potenziale impatto ambientale, anche di portata transnazionale o globale, di attività, prodotti, rifiuti o servizi. Adempimenti e informativa Misurare i propri risultati in termini di ambiente; effettuare regolarmente controlli (audit) ambientali e valutazioni circa il rispetto degli obiettivi aziendali, della normativa e di questi stessi Principi; fornire periodicamente informazioni adeguate al consiglio di amministrazione, agli azionisti, ai dipendenti, alle autorità e al pubblico.

Pubblicazione International Chambre of Commerce n. 210/356A

Sviluppo sostenibile per un’impresa significa conciliare la qualità della vita delle persone con lo sviluppo economico e con il profitto. Ne consegue la garanzia della rinnovabilità delle risorse utilizzate, il rispetto dell’ambiente e l’osservanza dell’equilibrio delle dinamiche socia-li mondiali.

A proposito dell’inderogabilità dell’orientamento delle imprese verso la sostenibilità, Ro-sabeth Moss Kanter (Harvard Business Review, 2010) ha scritto: “Siete pronti per una nuova responsabilità a 360°? Non è più sufficiente che facciate bene il vostro lavoro, che i vostri clienti siano soddisfatti e che produciate buoni risultati finanziari. In futuro sarete ritenuti re-sponsabili degli input che utilizzate e della loro origine, di quello che i vostri clienti faranno di ciò che hanno acquistato, di quanto ne avrete migliorato la vita e dei costi e dei benefici che ne derivano al Paese e alle comunità che ne vengono interessate. Le imprese e i loro leader sa-ranno sempre più valutati non per i loro risultati immediati, ma per l’impatto a lungo termine, e cioè sugli effetti che le loro azioni avranno sul benessere sociale”.

La consapevolezza crescente dell’importanza del perseguimento di uno sviluppo sosteni-bile è riscontrabile anche dalla specifica attenzione che l’ISTAT nel suo rapporto annuale ha dedicato, nel 2009 per la prima volta, alla “dimensione ambientale” uno specifico approfon-dimento per le sue “strette interconnessioni con la dimensione economica”.

In altri termini, sempre più si individuano iniziative e programmi che orientano le impre-se verso l’attuazione di comportamenti tesi a rendere reale la green economy. Non va sottaciu-to che accanto alle opportunità che derivano dalla green economy (risparmio di risorse eco-nomiche, incremento dell’efficienza energetica, crescita di un nuovo mercato eco, ecc.), pos-sono emergere anche dei rischi, quale quello del greenwashing, ovvero di organizzazioni che operano per crearsi un’immagine positiva e virtuosa dal punto di vista ambientale, dando una “pennellata di verde” ai propri prodotti/servizi con colori, immagini e slogan che evocano l’ambiente. Fortunatamente, si tratta di comportamenti spesso tanto maldestri da essere chia-ramente riconoscibili.

Ciò che rileva è che sono oramai sempre più numerose le imprese che hanno deciso di “occuparsi” di responsabilità e di sostenibilità seriamente e concretamente, con elevata consa-pevolezza. Si tratta di imprese che hanno fatto della sostenibilità il proprio asset strategico.

Nei Riquadri II.12, II.13 e II.14 vengo presentati i casi di tre piccoli hotel, ubicati in aree decisamente diverse – Iglesias (Sardegna), Madonna di Campiglio (Trentino) e Freiburg (Germania) che hanno fatto della sostenibilità il loro punto di forza.

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Giardino Corte Rubja Hotel – Iglesias Il Giardino Corte Rubja Hotel è ubicato a Iglesias, nel Sulcis, nel Sud della Sardegna. Questo hotel ha manifestato il suo orientamento alla sostenibilità fin dalla fase della progettazione: infatti, è stato pro-gettato e costruito con mattoni in terra cruda (su ladìri), tipologia costruttiva peculiare della Sardegna e molto diffusa nell’Iglesiente. Si tratta di una tipologia produttiva molto diffusa in passato, non solo in Sardegna ma nell’intera area mediterranea. Quali sono i vantaggi che derivano dall’utilizzazione dei mattoni in terra cruda per la costruzione? Innanzitutto questo tipo di mattone favorisce il mantenimento di una temperatura fresca in estate e calda in inverno con una riduzione dei costi energetici, quindi con la riduzione di impatto ambientale dovuto al consumo energetico. L’adobe (mattone in terra cruda) è un materiale naturale, realizzato con paglia, argilla, acqua e altri materiali naturali: tutti materiali ampia-mente diffusi in natura. Si tratta di un materiale che durevole e resistente, flessibile (esperimenti ne hanno dimostrato la notevole flessibilità in condizioni di stress come i terremoti). Il Giardino Corte Rubja Hotel utilizza alcune celle fotovoltaiche per la produzione della necessaria energia. È anche da segnalare un altro aspetto che denota la sensibilità per la sostenibilità e per il rispetto e la tu-tela ambientale: nel luogo nel quale l’Hotel è stato costruito era presente una interessante quantità di vegetazione tipica dell’area. L’imprenditore anziché distruggere tale vegetazione ha provveduto ad espiantarla, mantenerla in vita in specifici spazi e successivamente reimpiantarla: oggi è uno splendido giardino realizzato con le piante “native” del territorio.

Riquadro II.12

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Hotel Chalet Garni del Sogno – Madonna di Campiglio L’Hotel Garni del Sogno, ubicato a Madonna di Campiglio nel Nord Italia, rappresenta un caso di ec-cellenza poiché ha adottato i principi e le regole della bio-architettura. Costruito nel 2006, ha ricevuto nel 2007 la certificazione Ecolabel che ne attesta il ridotto impatto ambientale e il rispetto per il territo-rio. Infatti, l’edificio è termicamente ed acusticamente isolato ed è riscaldato in geotermia, cioè sfrut-tando il calore della terra. In questo modo vengono abbattute le emissioni di anidride carbonica e non si crea produzione di rifiuti nocivi per l’aria. Nel sito dell’Hotel si legge: “Per intonaci, rivestimenti lignei e pavimenti sono stati utilizzati esclusivamente materiali naturali, cioè legno, lana, calce e pietra locale. L’impianto elettrico non genera campi magnetici e il riscaldamento è realizzato con pannelli a pavimen-to. L’assenza di movimenti aria calda o fredda riduce le polveri in movimento, quindi le allergie. In questo modo cerchiamo di contribuire ad uno sviluppo sostenibile e ad un futuro che rispetti l’ambiente in cui viviamo, offrendo nel contempo il massimo comfort ai nostri clienti”. L’aspetto peculiare di questo hotel è l’utilizzazione della geotermia basata sull’applicazione di semplici leggi della natura. Infatti, andando sotto terra, la temperatura aumenta in funzione della presenza di for-ze geotermiche che provengono dal centro della Terra. Utilizzando una particolare combinazione di pompe, l’Hotel Garni del Sogno è in grado di prendere questa energia dal sottosuolo, scaldare l’albergo, produrre la necessaria energia elettrica e soddisfare ogni genere di utilizzazioni che richiedono l’uso dell’energia. Anche in questo caso è la natura che dà adeguate risposte per ogni esigenza: bisogna saper-le individuare e utilizzare al fine di non creare ulteriori danni all’eco-sistema.

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Hotel Victoria – Friburgo

Per comprendere immediatamente l’orientamento di questo albergo, si può prendere spunto dalla farse che appare molto evidente nel loro sito: Benvenuti nell’hotel privato più amico dell’ambiente nel mondo. In realtà questo Hotel è suscettibile di interesse per due motivi: il primo è che questo hotel è ubicato a Friburgo che è una cittadina riconosciuta come una delle aree più sostenibili al mondo; il se-condo è che l’hotel è stato capace di combinare le condizioni di sostenibilità interne ed esterne all’organizzazione adottando azioni sostenibili. Alcuni dei comportamenti sostenibili adottati sono: il si-stema di condizionamento adottato è in grado di regolare il flusso di aria in funzione della dimensione della stanza e del numero di ospiti in essa presenti; il calore per l’acqua calda e per il riscaldamento cen-trale è prodotta al 100% con energie rinnovabili; nelle giornate soleggiate la necessaria quantità di calo-re è prodotta con un impianto solare e, se necessario, quattro piccole pale eoliche entrano in funzione per produrre energia addizionale.

L’uso efficiente delle tecnologie aiuta questo hotel ad operare il risparmio energetico senza rinuncia-re ad ogni comfort. Tutte le camere sono dotate di dispositivi elettronici (TV, frigorifero, attrezzatura per cucinare e lavatrice) che utilizzano tecnologie avanzate che permettono un risparmio energetico del 30%. Il consumo totale di elettricità è controllato da un computer basato su un sistema di gestione dell’energia con un continuo monitoraggio dei consumi e dei costi.

Nella reception è posizionato un pannello che evidenzia la produzione di energia solare ed eolica. Il sistema di produzione dell’energia, può essere visitato dai clienti e da altri gruppi interessati a tale si-stema di produzione.

Nel 2007 i responsabili dell’hotel hanno costruito un impianto che prende l’acqua fredda da una fal-da acquifera da 16 a 20 metri di profondità utilizzando una tubazione verticale, al fine di controllare la climatizzazione nelle stanze dell’hotel.

Questo hotel ha una regola d’oro per gli acquisti: la migliore qualità, preferibilmente regionale e bio-logica, con scelta di produttori e venditori con accertata attività rispettosa della sostenibilità. Il latte vie-ne acquistato dall’area di Breisgau (molto vicina), il pane da panifici di Friburgo, il miele proviene dalla Foresta Nera. L’hotel evita i rifiuti di plastica utilizzando distributori con sapone e shampoo biologico. La frutta, le bevande e i formaggi vengono forniti con “vuoto a rendere”.

Tutti i clienti e i membri dello staff ricevono biglietti gratuiti da utilizzare nei mezzi del trasporto pubblico di Friburgo e delle aree circostanti. Inoltre, l’hotel mette a disposizione biciclette per gli ospiti, così come una macchina ad energia solare.

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Riferimenti bibliografici

                                                                                                                         1 LAWRENCE P.R., E LORSCH J.W. (1967), Organization and Environment: Managing Differentiation

and Integration, Boston, Graduate School of Business Administration, Harvard University. 2 TOFFLER A. (1987), La terza ondata, Sperling & Kupfer, Torino. 3 JO HATCH M. (1999), Teoria dell’organizzazione. Tre prospettive: moderna, simbolica, post-

moderna, Il Mulino, Bologna, pag. 25. 4 JACKSON, S.E., MAY, K.E., WHITNEY, K. 1995. Under the dynamics of diversity in decision-

making teams. In R.A. Guzzo & E. Salas (Eds), Team effectiveness and decision making in organi-zations: 204-261. San Francisco: Jossey-Bass.

5 JACKSON, S.E., MAY, K.E., WHITNEY, K.. 1995. (op.cit.) 6 VAN KNIPPERBERG, D., DE DREU, C.K.W., HOMAN, A.C. 2004. Work group diversity and group

performance: An integrative model and research agenda. Journal of Applied Psychology, 89: 1008-1022.

7 VAN KNIPPERBERG, D., DE DREU, C.K.W., HOMAN, A.C. 2004. (op.cit.) 8 VAN KNIPPERBERG, D., DE DREU, C.K.W., HOMAN, A.C. 2004. (op.cit.) 9 Si noti a tal proposito quanto afferma la Commissione europea nello studio indipendente “Costi e

benefici delle politiche della diversità nelle imprese” (2003). Tale studio, basato su un’indagine condotta con la partecipazione di oltre 200 imprese di diverse dimensioni, ha messo in luce una se-rie di vantaggi della diversità correlati alla reputazione, al capitale umano e all’eliminazione dei co-sti relativi alla discriminazione e alle molestie sul luogo di lavoro. Da tale ricerca, tuttavia, è emer-so il problema della resistenza al cambiamento e della mancanza di consapevolezza da parte delle imprese dei benefici della diversità. Ulteriori approfondimenti si trovano in altre pubblicazioni del-la Commissione europea, tra le quali: “Libro Verde. Uguaglianza e non discriminazione nell’Unione Europea allargata”, 2004; “International perspectives on positive action measures, 2009; “Continuing the diversity journey. Business practices, perspectives and benefits”, 2008; “La diversità sul luogo di lavoro. Una guida per le PMI”, 2009.

10 HALL, S. 2000. “Conclusion: The Multi-cultural Question”, in B. Hesse (ed.) Un/settled Multicul-turalism. Diasporas, Entanglements, Transruptions, Zed Books, London, pp. 209-241 and Hall, S. 2006, Politiche del quotidiano. Culture, identità e senso comune, Il Saggiatore, Milano.

11 COLOMBO, E. 2007. Differenze, disuguaglianze, identità: dalle politiche della differenza a pratiche di multiculturalismo quotidiano, Paper AIS – Capire le differenze.

12 THOMAS, D. AND ELY, R. 1996. Making differences matter: a new paradigm for managing diversi-ty, Harvard Business Review, pp. 9-10.

13 THOMAS, R. 2006. Building on the promise of diversity: how we can move to the next level in our workplace, our communities, and our society. American Management Association: New York.

14 KEIL, M. ET AL. 2007. Manuale di formazione sul Diversity Management, Commissione Europea: Lussemburgo.

15 Le azioni positive sono iniziative poste in essere per eliminare gli effetti delle discriminazioni. ROOSEVELT, R. T. 2004. Diversity Management and Affirmative Action: Past, Present and Future, Thomas R. & Associates, Inc. In Europa, la diffusione delle azioni positive è relativamente limita-ta, mentre è molto diffusa in America, in relazione alla contemporanea presenza di un numero mol-to elevato di etnie. Il principale motivo che spinge i governi ad attuare tali iniziative è strettamente legato all’ineguale trattamento nel posto di lavoro oppure alla mancata possibilità di accedere al mondo del lavoro. Si ricordino a tal proposito le azioni legate alla Pari Opportunità, alle cosiddette quote rosa, etc.

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Management Discourses in the United States, France, and Germany, paper presentato al 17^ EGOS Colloquium, Università di Genova, Genova, 5-7 luglio.

17 SESSA V.I. 1992. “Managing Diversity at the Xerox Corporation: Balanced Work Force Goals and Caucus Groups”, in Jackson S.E. (ed.), Diversity in the Workplace, The Guilford Press, New York: pag. 37.

18 COX T.H. 1991. The Multicultural Organization, Academy of Management Executive, Vol. 5, pagg. 34-47.

19 LARKEY L.K. 1996. Toward a Theory of Communicative Interactions in Culturally Diverse Workgroups, Academy of Management Review, n.21, pagg. 463-491.