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Sindromi da immunodeficienze secondarie Sono una complicanza di tumori, infezioni e malnutrizione ed effetti collaterali di terapie immunosoppressive e delle malattie autoimmuni. Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) È causata dal retrovirus dell’immunodeficienza umana (HIV) ed è caratterizzata da immunodepressione che causa infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie e manifestazioni neurologiche. Epidemiologia : la distribuzione dei casi è la seguente: Maschi omosessuali o bisessuali: oltre il 50%. Tossicodipendenti non omosessuali che fanno uso di droghe iniettive: circa il 20%. Emofiliaci: 0,5% Emotrasfusi con sangue intero o emoderivati non emofiliaci: 1%. Contatti eterosessuali dei soggetti a rischio: 10%. Fattore di rischio non determinati: 5%. Il virus si trasmette nelle condizioni che favoriscono lo scambio di sangue, fluidi corporei infetti o cellule infette. Trasmissione sessuale: oltre il 75% delle infezioni. Il contagio avviene o per inoculo diretto nei vasi sanguigni nei quali i microtraumi creano una breccia o per infezione delle cellule dendritiche e dei linfociti T CD4+ intramucosi. È dimostrata anche la trasmissione donna-uomo, che è circa 20 volte più rara di quella uomo-donna. La trasmissione sessuale è sempre favorita dalla presenza di infezioni concomitanti a trasmissione sessuale, soprattutto se queste causano ulcere genitali, come sifilide, ulcera venerea ed herpes. Trasmissione parenterale documentata in tre gruppi di soggetti: tossicodipendenti che fanno uso di droghe iniettive, emofiliaci trattati con concentrazioni di fattori VIII e IX ed emotrasfusi occasionali. Trasmissione verticale madre-figlio. Avviene in tre modi: in utero per diffusione transplacentare; durante il parto attraverso il canale del parto infetto; dopo la nascita con l’allattamento. Le ultime due sono le più comuni negli Stati Uniti. Il rischio di infezione in caso di punture accidentali d'ago infetto è stato stimato intorno allo 0,3% e la somministrazione della terapia antiretrovirale nelle prime 24-48 ore riduce il rischio di infezione di otto volte. Al confronto, il 30% circa dei soggetti esposti accidentalmente a sangue infetto da HBV diventa sieropositivo. Patogenesi dell'infezione da HIV e dell’AIDS : i bersagli principali del virus sono il sistema immunitario e il sistema nervoso centrale. L’immunodeficienza è dovuta principalmente all'infezione dei linfociti T CD4+ che vanno incontro a grave deplezione e alla inibizione funzionale

Sindromi Da Immunodeficienze Secondarie

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Page 1: Sindromi Da Immunodeficienze Secondarie

Sindromi da immunodeficienze secondarieSono una complicanza di tumori, infezioni e malnutrizione ed effetti collaterali di terapie immunosoppressive e delle malattie autoimmuni.

Sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)È causata dal retrovirus dell’immunodeficienza umana (HIV) ed è caratterizzata da immunodepressione che causa infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie e manifestazioni neurologiche.Epidemiologia: la distribuzione dei casi è la seguente:

Maschi omosessuali o bisessuali: oltre il 50%. Tossicodipendenti non omosessuali che fanno uso di droghe iniettive: circa il

20%. Emofiliaci: 0,5% Emotrasfusi con sangue intero o emoderivati non emofiliaci: 1%. Contatti eterosessuali dei soggetti a rischio: 10%. Fattore di rischio non determinati: 5%.

Il virus si trasmette nelle condizioni che favoriscono lo scambio di sangue, fluidi corporei infetti o cellule infette.

Trasmissione sessuale: oltre il 75% delle infezioni. Il contagio avviene o per inoculo diretto nei vasi sanguigni nei quali i microtraumi creano una breccia o per infezione delle cellule dendritiche e dei linfociti T CD4+ intramucosi. È dimostrata anche la trasmissione donna-uomo, che è circa 20 volte più rara di quella uomo-donna. La trasmissione sessuale è sempre favorita dalla presenza di infezioni concomitanti a trasmissione sessuale, soprattutto se queste causano ulcere genitali, come sifilide, ulcera venerea ed herpes.

Trasmissione parenterale documentata in tre gruppi di soggetti: tossicodipendenti che fanno uso di droghe iniettive, emofiliaci trattati con concentrazioni di fattori VIII e IX ed emotrasfusi occasionali.

Trasmissione verticale madre-figlio. Avviene in tre modi: in utero per diffusione transplacentare; durante il parto attraverso il canale del parto infetto; dopo la nascita con l’allattamento. Le ultime due sono le più comuni negli Stati Uniti.

Il rischio di infezione in caso di punture accidentali d'ago infetto è stato stimato intorno allo 0,3% e la somministrazione della terapia antiretrovirale nelle prime 24-48 ore riduce il rischio di infezione di otto volte. Al confronto, il 30% circa dei soggetti esposti accidentalmente a sangue infetto da HBV diventa sieropositivo.Patogenesi dell'infezione da HIV e dell’AIDS: i bersagli principali del virus sono il sistema immunitario e il sistema nervoso centrale. L’immunodeficienza è dovuta principalmente all'infezione dei linfociti T CD4+ che vanno incontro a grave deplezione e alla inibizione funzionale dei linfociti T helper residui. Anche i macrofagi e le cellule dendritiche sono infettati. Il virus penetra nell'organismo attraverso le mucose e il sangue e inizialmente infetta i linfociti T, le cellule dendritiche e i macrofagi. Il virus colonizza i tessuti linfonodi, dove può rimanere latente per lunghi periodi. La replicazione virale attiva causa l'infezione di nuove cellule e la progressione verso la malattia conclamata.Ciclo vitale dell’HIV:

Infezione delle cellule. Il virus infetta le cellule usando la molecola CD4 come recettore e vari recettori delle chemochine come corecettori. I recettori delle chemochine CCR5 e CXCR4 hanno la funzione di corecettori. Nel 90% circa dei casi di infezione acuta e nelle fasi precoci dell'infezione, il ceppo HIV-R5 è il

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virus dominante nel sangue. Con il progredire dell'infezione, però, si accumula progressivamente il virus T-tropico; un ceppo particolarmente virulento che può infettare molti linfociti T e perfino i precursori timici, responsabile della grave deplezione linfocitaria e della profonda immunosoppressione. Il primo passo nell'infezione è il legame della glicoproteina gp120 dell'involucro virale alle molecole CD4. Questo legame induce una modificazione conformazionale che crea sulla glicoproteina un nuovo sito di legame per i corecettori. Il legame ai corecettori induce modificazione conformazionale in gp41 che portano all'esposizione del peptide di fusione, una regione idrofobica localizzata sulla porzione apicale di gp41. Questo peptide si inserisce nella membrana cellulare delle cellule bersaglio e così il virus si fonde con la cellula ospite. Dopo di che, il core virale contenente il genoma dell’ HIV penetra nel citoplasma della cellula. L'1% degli americani di razza bianca è portatore di due alleli difettosi del gene CCR5 e sono resistenti all'infezione e allo sviluppo dell'AIDS in seguito all'infezione con i ceppi HIV-R5.

Replicazione virale. Dopo essere stato internalizzato, l'RNA genomico del virus viene retrotrascritto in DNA complementare a doppio filamento. Nei linfociti T quiescenti, il DNA provirale del’HIV può restare nel citoplasma in forma episomica lineare. In quelli proliferanti, il cDNA si circolarizza, penetra nel nucleo e si integra nel genoma dell'ospite. Dopo l'integrazione, può restare silente per mesi o anni sotto forma di infezione latente. Oppure, il DNA provirale può essere trascritto, dando origine a particelle virali complete che gemmano dalla membrana cellulare. L'infezione produttiva associata ad abbondante gemmazione virale uccide la cellula infetta. In vivo, l’HIV infetta i linfociti T attivati e della memoria, ma l'infezione non è produttiva nei linfociti T vergine, nei quali è presente in forma attiva un enzima mutageno per il genoma dell'HIV. Con l’attivazione linfocitaria, l’enzima APOBEC3G (che ha lo scopo di convertire in uracile le citosine del cDNA virale prodotto dalla trascrizione inversa) viene convertito in un complesso inattivo. Questo enzima è legato dalla proteina virale Vif, che ne promuove la degradazione a opera delle proteasi cellulari. L'attivazione linfocitaria, indotta dalla stimolazione antigienica e dalle citochine, attiva i fattori di trascrizione, come NF-B, che inducono la trascrizione dei geni delle citochine, come IL-2 e del suo recettore. Anche le lunghe sequenze ripetitive terminali che fiancheggiano il genoma dell’HIV contengono siti di legame per NF-B, attivabili quindi dallo stesso fattore di trascrizione. L'attivazione di NF-B in questo linfocita induce la trascrizione del DNA provirale dell'HIV e porta infine alla produzione dei virioni e alla lisi cellulare. Sembra, quindi che il virus prosperi con l'attivazione fisiologica dei macrofagi e dei linfociti T dell'ospite. In vivo, l'attivazione cellulare può derivare dalla stimolazione antigienica prodotta dallo stesso HIV o da altre infezioni concomitanti.

La deplezione dei linfociti T CD4+ è dovuta principalmente all'infezione linfocitaria e all'effetto citopatico diretto della replicazione virale. Il virus uccide le cellule infette in due modi: aumentando la permeabilità della membrana attraverso la gemmazione virale oppure interferendo con la sintesi proteica. Contribuiscono alla deplezione linfocitaria:

Colonizzazione degli organi linfoidi con distruzione progressiva dell'architettura cellulare.

Attivazione cronica dei linfociti T CD4+ non infetti che rispondono all’HIV e alle infezioni comuni in questi pazienti, causando l’apoptosi da attivazione di queste cellule.

Deplezione dei precursori immaturi dei linfociti T CD 4+ con deplezione delle cellule degli organi linfoidi, a causa dell'infezione diretta dei progenitori timici

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e delle cellule accessorie che secernono le citochine essenziali per la maturazione linfocitaria.

Le cellule infette possono fondersi con quelle non infette formando sincizi. Nelle colture cellulari il gp120, espresso dalle cellule con infezione produttiva, si lega al CD4 dei linfociti T non infetti inducendo la fusione. Le cellule giganti si rigonfiano e muoiono in poche ore. Generalmente solo il ceppo T-tropico HIV-X4 forma sincizi e infatti è detto virus sincizi-inducente, contrariamente al ceppo R5-NSI (non sinciziale).

L'apoptosi dei linfociti T CD4+ non infetti può anche essere causata dal legame di molecole gp120 solubili ai loro corecettori CD4, seguito dall'attivazione cellulare indotta dalla stimolazione antigienica del TCR.

Si osservano deficit qualitativi concomitanti dei linfociti T, anche nei sieropositivi asintomatici. I difetti identificati sono: la ridotta proliferazione linfocitaria dopo stimolazione antigienica, la ridotta risposta Th1 rispetto a quella Th2, difetti di trasduzione del segnale e molti altri.È possibile l’infezione dei macrofagi e delle cellule dendritiche. L'infezione dei macrofagi maturi dipende dalla presenza del gene vpr, la cui proteina consente al complesso di prointegrazione del virus di migrare nel nucleo attraverso pori nucleari. Il linfociti B si attivano spontaneamente dopo l'infezione, ma i pazienti con AIDS non sono in grado di sviluppare risposte anticorpali contro nuovi antigeni.I disturbi neurologici sono causati dall'infezione nell'encefalo di macrofagi e microglia. L’HIV non infetta i neuroni. I deficit neurologici sono quindi causati indirettamente da prodotti virali e fattori solubili rilasciati dalla microglia infetta. Anche l’NO, indotto nei neuroni da gp41, potrebbe contribuire al danno.

Storia naturale dell'infezione da HIVLa malattia inizia con un'infezione acuta, che il sistema immunitario adattativo riesce a controllare solo in parte, ed evolve in un'infezione cronica progressiva dei tessuti linfatici periferici.Infezione primaria, disseminazione virale e sindrome retrovirali acuta. L'infezione acuta è caratterizzata dall'infezione dei linfociti T CD4+ della memoria (che esprimono CCR5) nel tessuto linfatico associato alle mucose e dalla morte di molte cellule infettate. All'infezione nelle mucose segue la disseminazione virale e la risposta immunitaria dell'ospite. Le cellule dendritiche intrepideliali presenti nelle sedi di ingresso dell'infezione catturano il virus e migrano nei linfonodi. Nei tessuti linfatici, le cellule dendritiche possono infettare il linfociti T CD4+ per contatto diretto. Il virus si dissemina in tutto l'organismo infettando il linfociti T helper, i macrofagi e le cellule dendritiche dei tessuti linfatici periferici. Con la disseminazione dell'infezione, il paziente sviluppa le risposte immunitarie antivirali umorali e cellulo-mediate. Entro 3-7 settimane dall'infezione, compaiono i linfociti CD8+ anti-HIV, in concomitanza con la diminuzione della carica virale. A partire dalla 12ª settimana dopo l'infezione, il sistema immunitario controlla parzialmente l'infezione e la replicazione virale; infatti la viremia si riduce notevolmente, senza però scomparire del tutto.La sindrome retrovirale acuta è una malattia acuta autolimitante con sintomi aspecifici: angina, mialgie, febbre, calo ponderale e astenia. Questi sono simili a una sindrome parainfluenzale. Possono associarsi anche eruzioni cutanee, linfoadenopatia cervicale, diarrea e vomito. La carica virale al termine della fase acuta riflette l'equilibrio raggiunto tra il virus e l'ospite e nel singolo paziente può rimanere relativamente stabile per anni. Questo livello viremico stabile, è un fattore predittivo della velocità di declino della conta dei linfociti e, quindi, della progressione verso la malattia conclamata. Stadiazione:

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Linfociti T CD4+/microlitro: ≥ 500 cellule/microlitro Linfociti T CD4+/microlitro: 200-499 cellule/microlitro Linfociti T CD4+/microlitro: < 200 cellule/microlitro

Infezione cronica: fase di latenza clinica. Nella successiva fase cronica della malattia il virus si replica attivamente nei linfonodi e nella milza, distruggendo progressivamente questi tessuti. Questa fase è asintomatica o paucisintomatica. Il virus distrugge sino a 1-2 · 109 linfociti T CD4+ al giorno. All'inizio della malattia l'organismo può continuare a produrre linfociti, e quindi quelli distrutti vengono prontamente sostituiti. In questa fase l'infezione può riguardare fino al 10% dei linfociti T CD 4+ degli organi linfatici, ma la frequenza di quelli in effetti circolanti in qualsiasi fase può essere minore dello 0,1% dei linfociti T CD 4+ totali. La carica virale può aumentare quando l'ospite inizia a perdere la battaglia con il virus. In questa fase il virus può evolversi e cambiare i corecettori utilizzati per infettare le cellule bersaglio, passando dall'utilizzo esclusivo di CXCR5 all'utilizzo alternativo di CXCR4 o di entrambi i corecettori. In questa fase di infezione cronica i pazienti sono generalmente asintomatici o possono sviluppare infezioni opportunistiche minori, come la candidiasi orale e vaginale, l'herpes Zoster e talora la tubercolosi.AIDS. La fase finale è lo sviluppo dell’AIDS conclamata, caratterizzata dal crollo delle difese dell'ospite, dal sensibile rialzo della viremia e da sintomi clinici gravi e pericolosi per la vita. Il paziente presenta febbre di lunga durata (> 1 mese), astenia, calo ponderale e diarrea. Possono sopraggiungere anche gravi infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie e sintomi neurologici. In assenza di trattamento, la maggior parte dei sieropositivi, ma non tutti, sviluppa l'AIDS dopo una fase cronica di 7-10 anni. Le forme atipiche sono i progressori rapidi e non progressori a lungo termine. Nei primi la fase cronica intermedia è abbreviata a 2-3 anni dopo l'infezione primaria. Il 5-15% circa dei sieropositivi è costituito da non progressori a lungo termine, ossia soggetti con infezione da HIV non trattata che restano asintomatici per 10 anni o più, con una conta stabile dei linfociti T CD4+ e bassa viremia.

Quadro clinico delle AIDSNegli Stati Uniti, il tipico paziente adulto con AIDS si presenta con febbre, calo ponderale, diarrea, linfoadenopatia generalizzata, infezioni opportunistiche multiple, sintomi neurologici e spesso neoplasie secondarie.

Infezioni opportunisticheLa frequenza effettiva di queste infezioni varia nelle diverse aree geografiche e si è notevolmente ridotta grazie alle nuove terapie antiretrovirali altamente attive (HAART). Tra le più comuni ci sono:

polmonite da Pneumocystis jiroveci. candida candidiasi che colpisce cavo orale, vagina e esofago. CMV: può causare un'infezione disseminata, ma generalmente colpisce gli

occhi e l'apparato gastroenterico. Micobatterio atipico e tipico. Cryptococcus neoformans. Toxoplasma gondii: responsabile delle infezioni al sistema nervoso centrale. Cryptosporidium. HSV. Papovavirus, il virus JC può causare una leucoencefalopatia multifocale

progressiva. Histoplasma capsulatum.

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Neoplasieil 25-40% dei pazienti con infezione da HIV non trattata sviluppano una neoplasia. La maggior parte di questi tumori si ritiene siano causati da virus DNA oncogeni: il virus erpetico del sarcoma di Kaposi, l’EBV, il papillomavirus umano.Sarcoma di Kaposi. È un tumore vascolare raro negli Stati Uniti, ma è la più comune neoplasia nei pazienti con AIDS. Si osserva proliferazione di cellule fusiformi che esprimono marcatori delle cellule sia endoteliali che muscolari lisce. Il tumore è ricco di lacune vascolari a fessura che suggeriscono una derivazione dai precursori mesenchimali dei canali vascolari. Sono presenti infiltrati infiammatori cellulari tipici della infiammazione cronica. Varie caratteristiche indicano che questo tumore non è maligno. Si pensa che le cellule fusiformi producano fattori proinfiammatori e angiogenici che reclutano componenti infiammatorie e neovasali nella lesione, le quali, a loro volta, generano segnali che promuovono la crescita e la sopravvivenza delle cellule fusiformi. È causato dal virus HHV8. L'immunodepressione causata dall’HIV favorisce la disseminazione del HHV8, consentendogli di infettare molte cellule fusiformi che verrebbero così stimolate a proliferare in modo incontrollato. È possibile anche che i linfociti infettati dall’HIV producano citochine e altri fattori che promuovono la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule fusiformi. Il virus HHV8 infetta anche linfociti B. È possibile l'insorgenza di linfomi a cellule B e la malattia di Castleman multicentrica, un disordine linfoproliferativo dei linfociti B.Linfomi. Il linfomi associati all'AIDS sono classificati in tre gruppi in base alla sede: linfomi sistemici, linfomi del sistema nervoso centrale e linfomi delle cavità sierose. L'80% dei linfomi associati all'AIDS è di tipo sistemico. Il sistema nervoso centrale è la sede più colpita, seguito dalla tratto gastroenterico e, più raramente, da qualsiasi altra sede. Questi linfomi sono molto aggressivi e colpiscono le cellule B. Si manifestano in uno stadio avanzato. Il linfomi delle cavità sierose sono rari, e si presentano come essudati pleurici, peritoneali e pericardici. Il 6% dei pazienti con AIDS sviluppano linfoma non Hodgkin nell'arco della vita; un rischio circa 120 volte maggiore rispetto alla popolazione generale.