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“Ce n’è uno solo”, lo dicono i tifosi. Vent’anni fa moriva Angelo Massimino. Un finale tragico. Intanto, il patron rossoazzurro Nino Pulvirenti è per la seconda volta in carcere, schiantato come Icaro. La parabola di chi per fare le cose in grande finisce per farla grossa. UN PRESIDENTE FONDATO DA CARMELO PITROLINO FEBBRAIO 2016 ANNO XXII - N.236 | FREE PRESS E ABBONAMENTO

Febbraio 2016 - Paesi Etnei Oggi

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Paesi Etnei Oggi N. 2/2016 di febbraio

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“Ce n’è uno solo”, lo dicono i tifosi. Vent’anni fa moriva Angelo Massimino. Un finale tragico.Intanto, il patron rossoazzurro Nino Pulvirenti è per la seconda volta in carcere, schiantato

come Icaro. La parabola di chi per fare le cose in grande finisce per farla grossa.

UN PRESIDENTE

FONDATO DA CARMELO PITROLINOFEBBRAIO 2016 ANNO XXII - N.236 | FREE PRESS E ABBONAMENTO

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TERRITORIOAci Catena, Acireale,San Gregorio, San Pietro Clarenza

ECONOMIAPietro Agen fa la bancaed entra in IgeaMicrocredito

CITTÀ METROPOLITANAGravina, l'ultimo feudo del firrarellismoMancata allerta meteoAmbiente e turismo i punti di forza dell'amministrazione RussoAcireale, quale futuro per la ZTL?Meningite

POLITICAMilo, futuro a rischio per otto precariLa donna forte del PD giarreseForza Italia tornerà ad essere la casa dei moderati

NERALa «ballata» dell'ergastolano

SPORTOdiato, disprezzato e infine amatoLa caduta di Icaro

RUBRICHEL'editorialedi Fernando Massimo AdoniaCriminologicamentedi Thea GiacobbeCostumi e SpettacoliLa Psicologadi Grazia RazzaL'angolo di Carmelo Di Mauro

EDITORE Andrea Pitrolino

DIRETTORE RESPONSABILEFernando Massimo Adonia

RESPONSABILE DI REDAZIONEAlfio Patti

PUBBLICHE RELAZIONIGiovanni LeottaM. 340 6080612

HANNO COLLABORATOSimone Olivelli, Maria Bella, Roberta Fuschi, Nunzio Condorelli Caff, Agata Amantia, Desirée Miranda, Carmelo Di Mauro, Grazia Razza, Thea Giacobbe, Francesco Patti, Gaia Aiello, Michele Milazzo, Mattia Gangi, Melania Tanteri, Carmelo Puglisi, Andrea Sessa, Angelo Capuano, Giuseppe Guliti.

PUBBLICITÀ[email protected]

SERVIZIO ABBONAMENTIM. 348 7904214

PROGETTO GRAFICOPitrù ADV

COORDINATORE DISTRIBUZIONEIvan Di Grazia

TIPOGRAFIAGrafiche Cosentino

REDAZIONEVia Principato di Monaco, snc95030 - Gravina di CataniaT./F. 095 396136M. 340 6091442

DISTACCAMENTO ACESE-JONICOVia Nicolò Tommaseo, 6195039 - GiarreM. 340 6080612

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ANNO XXII - N° 236FEBBRAIO 2016Registrazione Tribunale di CataniaN. 7/95 del 22/03/1995

FREE PRESS EABBONAMENTOIL MAGAZINE DELLA CITTÀ METROPOLITANA DI CATANIA

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inirà che nessuno sarà più in grado di capirci nul-la. Su mafia, antimafia, sospetti e dicerie. E se si finisce a non saper più comprendere chi siano i buo-ni, i cattivi, o più in generale le persone per bene, vuol dire che qualche meccanismo è saltato. Suc-cede che il presidente della commissione regionale Antimafia, Nello Musumeci, faccia sapere che ci sono degli amministratori del Comune di Catania che trattengano a vario titolo rapporti con esponen-ti della criminalità organizzata. C’è addirittura una relazione assai copiosa, ma segreta, che spiega come stiano davvero (o quasi) i fatti. Come fu e come non fu, quelle carte finiscono nelle mani dei giornalisti. I nomi escono e – manco a dirlo – sono bipartisan. A quel punto, uno dei consiglieri coinvolti s’incazza, sul serio. E a torto o a ragione, convoca la stampa e mostra a tutti la sua arma di difesa più efficace: il principe del foro Carlo Taormina. Sì, l’avocato della Franzoni, di Erik Priebke e di altri personaggi da Tg1 delle ore 20.00. E giù gli applausi.

Poi c’è il coro degli indignati. Una piazza che si solleva e dice «fuori la mafia dal Comune». Meno di mille persone. Almeno ci sono loro, ma sono pochi. Troppo pochi. Ennesimo segnale che qualcosa si è interrotto. Che la gente non sa più da che parte stare, forse perché non c’è più nessuno capace di fare la sua di parte. Una grande zona grigia dove le questioni politiche si mischiano con quelle giudiziarie e nessu-no è più in grado di avere un’opinione che sia perlomeno immune da querele. Già, perché se ormai tutti sono pronti a denunciare chiunque e chiunque è pronto fornire attuanti su tutto, è normale che ogni differenza sia annullata. Così, non resta altro che affidarsi all’indifferenza. Ma diciamo la verità: la mafia esiste, anche non è più forte come un tempo, anche non è più impenetrabile; ma in alcune zone della provincia può esercitare ancora un potere sovrano. Lo dimostrano i 109 arresti del 10 febbraio scorso. Insomma, le forze dell’ordine stiano a guardare, tutt’altro. Di progressi ce ne sono stati in questi anni, dal 1992 in poi in tanti hanno alzato la testa e – grazie a Dio – in molti vedono con estrema insofferenza i vecchi poteri. E denunciano.

Poi c’è l’antimafia. Non quella di Falcone, Borsellino, Chinnici e dei troppi martiri della giustizia. Ma di quelli che in nome loro hanno distribuito patenti di qualsiasi tipo. I risultati si sono visti. Questi signori si sono spesso dimostrati peggiori dei loro nemici. Su tutto si pensi al caso Crocetta-Tutino- Lucia-Borsellino. Quell’intercet-tazione è scomparsa, ma sul terreno sono rimaste le macerie dell’antimafia presunta e dei suoi simboli. Stupirci all’allora dell’indifferenza di chi non scende in piazza e se la sta a guardare?

Tornando alla politica, e ai fatti che ci riguardano, solo di un ingrediente è lecito dirsi nostalgici. Dei partiti, quelli veri. Quelli che facevano selezione della cosid-detta classe dirigente. Un tempo non bastava avere i voti per candidarsi. Ci voleva la schiena dritta, una grammatica sufficientemente rodata, e due o tre idee in testa coerenti tra loro. I partiti servivano da scuderia, da scuola, da marchio di fabbrica. Ovviamente, neanche loro erano una macchina inossidabile, ma erano pur sempre qualcosa. Mancando questi, nessuno può dire arginare per tempo raccolte di voti sospette. Che dire dunque, le commissioni servono, le relazioni pure, i nomi anche, ma manca chi goda di una autorevolezza che sia pienamente riconosciuta in maniera limpida. Senza bisogno di patenti, sentenze o verdetti. Ma il buonsenso e l’onestà devono arrivare tranquillamente prima di tutto ciò.

L’EDITORIALEdi FERNANDO MASSIMO [email protected]

Sopra,una scena tratta dal film

La Mafia uccide solo d'estatedi Pierfrancesco Diliberto

meridianista

@fernandomadonia

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MAFIA O NON MAFIAFOSSE SOLO QUESTO IL PROBLEMA

Belpasso. Alla fine, il Tar ha dato il via libera al mega centro commerciale e logistico grande il doppio di Etnapolis, che vede in cam-po – come rivela Antonio Condorelli di LiveSicilia – pezzi grossi della finanza e del settore delle costruzioni, a par-tire da Mittel Spa, azionista del gruppo Rcs, Intesa, Ubi e di un lungo elenco di società quotate. Il sindaco Carlo Caputo è sul piede di guerra e ha più volte sotto-lineato che si tratta «di una speculazione, che ruota attorno alla plusvalenza del valore dei terreni».

#SAPPIATELO

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PAESI ETNEI OGGI8

liana in via definitiva, eppure per molti ancor’oggi rimane uno degli autori del delitto. A riprova di come la spettacolarizzazione della società riguardi ormai anche il concetto di giustizia, con i processi che sempre più spesso si spostano dalle aule dei tribunali ai salotti televisivi. E con la conseguenza di trasformare il concetto di colpa da risultato pro-cessuale, sorretto da prove, a sentimento collettivo. A margine dell’incontro, Sollecito, che di recente ha pubblicato un libro sulla propria esperienza, ha dichiarato: «Sono diventato un personaggio senza volerlo. Sarei contento se quello che mi è capitato possa essere d’aiuto ad altri. Perché come è successo a me – ha concluso – potrebbe accadere a chiunque». (so)

TERRITORIO

Dovrebbero essere inaugurate a breve ad Aci Catena le quattro case dell’acqua

annunciate nei mesi scorsi dall’amministrazione Maesano. A confermarlo è il vicesindaco Giovanni Grasso: «Contiamo di presentare alla stampa il completamento dei lavori e poi inaugurarle - dichiara Grasso. Se tutto va come previsto già a febbraio i residenti potranno rifornirsi di acqua dalle rispettivi punti dislocati sul territorio». Le case dell’acqua saranno quattro - via Candela, via Vittorio Emanuele (zona Cubisia), via Leonardo Sciascia e via Santi Bonaccorsi - e daranno la possibilità a chiunque abbia un contratto per il servizio idrico ad Aci Catena di usufruire di un servizio, che negli ultimi anni è stato accolto da molti Comuni del comprensorio etneo. I catenoti potranno beneficiare di un prelievo settimanale gratuito: «I cittadini avranno un badge che garantirà una fornitura settimanale di circa 14

litri – continua Grasso – oltre la quale il consumo si pagherà». A gestire il servizio sarà TeleReading, società etnea che ad Aci Catena ha vinto un progetto di finanza con il quale il Comune ha annunciato l’introduzione della tariffa a consumo, dopo decenni in cui l’acqua è stata pagata con una quota fissa: «Sarà un modo per tutelare chi consuma di meno - commenta Grasso - Per questo, però, bisognerà ancora attendere un pò. Nelle prossime settimane approveremo il progetto esecutivo, che ha subito delle modifiche rispetto a quello definitivo». 

ACI CATENA

ATTESE PERLE CASE DELL'ACQUA

di Simone Olivelli

Meredith? La conoscevo poco». La frase pronunciata da Raffaele Sollecito ha suscitato un misto di stupore e delusione

in parte di coloro che, il 15 gennaio, si sono recati nella sala dell’Ex Angolo di Paradiso, per assistere al convegno intitolato “In nome del popolo italia-no. Assolti dalla legge condannati dalla società? Tra distorsione dei media e verità processuali”.Ospite principale del dibattito – promosso dai consiglieri comunali Sabrina Renna e Riccardo Castro (nella foto) –, Sollecito che, insieme ad Amanda Knox, è stato imputato in uno dei pro-cessi più famosi degli ultimi anni: l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia l’1 novembre 2007. Nel corso della serata, si è ragionato sull’effetto dei media su quei fatti di cronaca nera che giungono all’attenzione dell’opinione pubblica. Sollecito – così come Knox – è stato assolto dalla giustizia ita-

RAFFAELE SOLLECITO AD ACIREALE

La Senesi spa non è a rischio infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. A dirlo

è la prefettura di Fermo, nelle Marche, che ha annullato l'interdittiva antimafia alla società attiva nel settore della raccolta dei rifiuti. La notizia, giunta a inizio febbraio, potrà avere riflessi nella gestione del servizio nel comprensorio acese. La ditta, infatti, al momento gestisce il servizio ad Aci Catena e Acireale, tramite affidamento tempo-raneo, e si è aggiudicata, insieme a Igm, l'appalto settennale a Giarre.Senesi era stata raggiunta a luglio 2015 da un'interdittiva antimafia, provvedimento con cui la stessa prefettura di Fermo ravvisava «il fondato pericolo che l'attività di impresa possa agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata». I dubbi sulla società con sede a Sant'Elpidio riguardavano perlopiù le accuse a carico dell'amministratore delegato Rodolfo

Briganti, in passato indagato per traffico illecito di rifiuti - anche pericolosi - produzione di atti falsi e gestione delle discariche al di sopra della loro capacità. Capi d'accusa che adesso non inficereb-bero più le attività della Senesi. Con l'annullamen-to dell'interdittiva, inoltre, la ditta marchigiana ha acquisito i requisiti per l'iscrizione nella white list, l'elenco di fornitori di servizi per la pubblica amministrazione non soggetti a inquinamenti mafiosi. «Questo provvedimento restituisce la pie-na operatività alla Senesi e conferma il cammino intrapreso nel rispetto dei più rigidi indicatori di trasparenza», ha commentato Briganti. (so)

ACI CATENA

RIFIUTI, ANNULLATA INTERDITTIVA A SENESI

LE CASE DELL’ACQUA SARANNO QUATTRO: VIA CANDELA, VIA VITTORIO EMANUELE (ZONA CUBISIA), VIA LEONARDO SCIASCIA E VIA SANTI BONACCORSI

«SONO DIVENTATO UN PERSONAGGIO SENZA VOLERLO. SAREI CONTENTO SE QUELLO CHE MI È CAPITATO POSSA ESSERE D’AIUTO AD ALTRI»

«QUESTO PROVVEDIMENTO RESTITUISCE LA PIENA OPERATIVITÀ ALLA SENESI E CONFERMA IL CAMMINO INTRAPRESO NEL RISPETTO DEI PIÙ RIGIDI INDICATORI DI TRASPARENZA»

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Quale sarà il futuro della megastruttura “Sofocle” che comprende sale cinemato-

grafiche e zona commerciale, sorta in prossimità della tangenziale? La mega struttura, di quasi 17mila metri quadrati, nata ai piedi del monte Catira, è sequestro da oltre cinque anni. Processo dopo processo, finalmente, l’approdo in appello. Quindi, la sentenza definitiva sui protagonisti della vicenda: tutti condannati, ad eccezione di Salvatore Buscemi, al tempo dei fatti dirigente dell’area Urbanistica del Comune di San Gregorio, perché il fatto non costituisce reato”. E anche se

le condanne sono state ridotte, il Centro intrattenimenti della Sofocle resta con-fiscato e va demolito. A stabilirlo la Corte di appello II se-zione di Catania presieduta da Sabrina Lattanzio con a latere Francesca Pulvi-renti e Antongiulio Maggiore, in rifor-ma della sentenza emessa il 10 luglio del 2014 dal Tribunale di Catania nei confronti di Salvatore Puglisi Cosen-tino, Francesco Impellizzeri, Salvatore Buscemi, Santo Mario Catalano e dagli stessi appellata.

Condannati dunque per lottizzazione abusiva Puglisi Cosentino, ammi-nistratore della società Sofocle e il pro-gettista Santo Catalano. Per entrambi la pena è di 8 mesi di reclusione e 40mila euro di ammenda ciascuno, men-tre è arrivata l’assoluzione per gli altri

reati (abuso d’ufficio e falso ideologico). La corte di appello dichiara di non doversi procedere nei confronti di Francesco Impellizzeri, dirigente della Provincia, perché estinto il reato per intervenuta prescrizione, ma lo stesso viene condannato assie-me a Puglisi Cosentino e Catalano alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili (compreso il comune di San Gregorio). Da Salvatore Buscemi che, peraltro, all’epoca dei fatti non faceva parte dell’organo deliberante ma si limitava a istruire le procedure, giunge il primo commento: «Ho sempre collaborato con i magi-strati… Questa è una vittoria dell’onestà». Secondo l’accusa l’equazione di partenza seguita dal progettista è stata erronea e il calcolo dei parcheggi è stato fatto in maniera illegitti-ma. Conclusione: la costruzione realizzata è grande il doppio rispetto a quella che si poteva realizzare. Un progetto da 27 milioni di euro che, secondo l'accusa si sarebbe trasformato in un centro commerciale. Il tutto in violazione dei criteri di lottizza-zione urbanistica, con rilascio di pareri favorevoli da parte dell’ente pubblico alla realizzazione di strutture stradali non idonee agli standard di sicurezza e il mancato scorporo delle superfici destinate a strutture di urbanizzazione, aree a verde pubblico e parcheggi dalla superficie territoriale prevista dal Prg.Da qui, secondo l'accusa l’indebito vantaggio per la Sofocle s.r.l., anche con violazione del limite del 20% previsto per le aree a destinazione commer-ciale. Dietro la realizzazione del Centro ci sarebbe stata dunque una lottizzazione abusiva.

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San Pietro Clarenza è un punto di eccel-lenza non solo per quello che fa, ma per il modo in cui lo fa. Per il cuore, la passione

e la volontà nell'aiutare il prossimo». Queste le parole di Fulvio Garigliano, presidente provinciale dell'associazione di volontariato Anteas (Associa-zione nazionale tutte le età per la solidarietà) sul circolo clarentino della associazione stessa, che negli ultimi anni si è ormai distinto come forte realtà territoriale in grado di offrire ad abitanti di un piccolo paese un ampissima scelta di attività culturali e di svago e di attrarre iscritti anche dai paesi limitrofi. Ginnastica dolce,Thai Chi, inglese di base, corso di computer, gite, lezioni sulla cura dell'orto, incontri con specialisti e professionisti costitui-scono solo una parte di ciò che l'Anteas offre, in modo assolutamente gratuito, a chiunque voglia iscriversi.Il fondamento su cui l'intero progetto Anteas si basa è quella che è stata ribattezzata la Banca del tempo: «Ogni componente - si legge nel docu-mento di presentazione delle attività - metterà

a disposizione le proprie conoscenze e competenze e le scambierà con una presta-zione di cui ha bisogno». L'idea quindi è quella dello scambio, anche generaziona-le, e della condivisione, della partecipazione, in un sistema che permette a tutti di avere un ruolo di grande importan-za all'interno del gruppo, di

arricchirsi e arricchire gli altri e di conseguenza l'intero territorio. Tutte le attività proposte dall'associazione sono organizzate e gestite da volontari che mettono a disposizione il proprio tempo senza nessuna remunerazione se non il piacere di aver fatto qualcosa di utile per la comunità, di aver offerto qualcosa di proprio agli altri, di aver messo a disposizione i propri mezzi per permettere alle persone di sentirsi meno sole. Anna Scalia, una dei volontari dell'associazione, si occupa del corso di ginnastica dolce che quest'an-no, in conseguenza alle numerosissime richieste, è stato ampliato da due a quattro ore settimanali. Le abbiamo chiesto di descrivere la sua esperienza all'Anteas: « Ho deciso di fare parte dell'Anteas perchè mi è sempre piaciuto aiutare il prossimo. La cosa più significativa di questa esperienza per me è vedere la felicità delle persone e la loro affluenza. Mi riempie di gioia sapere che molte persone hanno fiducia in me». Ma il lavoro di un volontario non è sempre facile e comporta una certa quantità di sacrificio: «Questa esperienza mi ha fatto crescere molto come persona. Fra tanti impegni è difficile organizzarmi, ma trovo sempre il modo di dedicare tutto il mio tempo disponibile per questa grande famiglia che è l'Anteas». L'Anteas opera nei locali del caseggia-to Comes, dove si trova la sede centrale di quasi tutte le attività, la sala computer (anch'essa messa insieme da volontari), e l'orto, piccolo orgoglio di tutto il gruppo. Tali locali sono stati messi a dispo-sizione dal comune, così come la palestra comuna-le e una delle sale del caseggiato Mannino.

S. PIETROCLARENZA

ANTEAS, UN'ECCELLENZA NEL CAMPO DEL VOLONTARIATO SOCIALE

L'ASSOCIAZIONE COMPLETAMENTE GESTITA DA VOLONTARI È ORMAI UNA REALTÀ CONSOLIDATA NEL TERRITORIO ETNEO

di Gaia Aiello

S. GREGORIO

IL CENTRO SOFOCLE SARÀ ABBATTUTO

di Carmelo Di Mauro

FEBBRAIO 2016 - ANNO XXII | N° 236

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PAESI ETNEI OGGI

ECONOMIA

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Una nuova realtà economica che ha la sede centrale a Roma, ma un cuore tutto siciliano». Descrive così Igea Banca Spa, Pietro Agen, presidente regionale di Confcom-

mercio Sicilia, la nuova banca siciliana che nasce «dal salvataggio della Banca Popolare Etnea da parte della finanziaria Igea», spiega Agen. Un nuovo istituto, insomma: l'ultima a cui il ministero ha dato l'autorizzazione. Una notizia che in un periodo di crisi economica, fallimenti e perdite di numerosi investimenti suona un po' strana, «ma non del tutto» secondo il leader di Confcommercio che ne è uno dei promotori e membro del consiglio d'amministrazione. «Da una parte perché è nei periodi di recessione che bisogna innovare e tentare di capitalizzare seguendo nuove vie, dall'altro perché i soldi non è vero che non ci sono, non tutte le banche stanno male, e la differenza tra una buona e una cattiva banca sta nelle persone che la dirigono. Il nostro punto di forza – ag-giunge Agen – sta nell'essere un gruppo che lavora in sintonia e mette in campo tante conoscenze ed esigenze differenti. Cosa che spesso non accade – afferma. Non è vero che in Sicilia le unioni cooperative falliscono, ci sono tante prove e noi mettiamo insieme imprenditori di settori diversi, il cui zoccolo duro è costituito da quello farmaceutico e para farmaceutico, con persone molto competenti e di esperienza in relazione al mondo bancario. Dopo questa banca, inoltre, non ne nasceranno più e credo che questo sia anche un valore aggiunto per noi», spiega.

Dopo l'approvazione ministeriale (di cui Igea Banca Spa precede

l'indirizzo secondo il quale 10 banche popolari italiane con un patrimonio superiore agli 8 miliardi di euro devono trasformarsi in società per azioni, ovvero quotarsi in borsa entro 18 mesi) e di Banca Italia nel dicembre scorso, sotto la direzione generale di Francesco Maiolini e la presidenza di Marco Tofanelli, quindi, nasce Igea Banca Spa. Il patrimonio iniziale è di circa 10 milioni di euro ed è già attiva. Due sportelli, uno a Bronte e uno a Catania, sono operativi da gennaio e da febbraio ce ne sarà uno anche a Pa-lermo e uno a Roma. Grandi le ambizioni. Differenziarsi dal vecchio concetto di banca che prevedeva troppi sportelli con conseguenti costi troppo alti è il primo obiettivo; dare più servizi e sicurezza al contribuente il secondo. «Vogliamo una banca diversa da quella di oggi. Non servono tanti sportelli perché i costi sono troppo alti e più uffici non significa più clienti. Inoltre, ormai si fa tutto online quindi non serve più andare in banca tutti i giorni», afferma ancora il presidente Agen.

«L'online è una risposta ma non la sola. Oggi prestare i soldi è pericoloso e si devono offrire tassi realistici, ma soprattutto è importante avere un dialogo con il cliente. Le problematiche si affrontano per trovare una soluzione. Molti non sanno ad esempio che invece di non pagare il mutuo della casa perché magari si ha un momento di difficoltà economica, con tutte le conseguenze che ne convengono, si può fare una sospensione del muto pagando solo gli interessi mensili. Occorre affrontare i problemi dei clienti in una logica di ragionevolezza considerando sempre però, che le banche

non sono un ente di beneficenza» dichiara Agen. Si tratta ancora di una piccola banca che sta muovendo i primi

passi, ma tanta è la voglia di crescere e di affermarsi anche perché «è impensabile che la Sicilia non abbia una banca sua».«Abbiamo tante novità in serbo, ma non posso ancora svelarle, aspettiamo giugno», dice Pietro Agen. Ambizioni comunque economiche, specifica,

«perché a noi non interessa fare politica, ma gestire una banca veloce e funzionale. Una banca che

aiuti il cliente a superare la paura e la diffidenza nei confronti di questi istituti. Ci stiamo posizionando

per crescere e poiché si tratta di una bella operazione di professionale e la crisi per certi versi ci aiuta, sono

convinto che riusciremo presto ad affermarci e offrire un nuovo modello di banca».

PIETRO AGENFA LA BANCA

ED ENTRA IN IGEA

IL PATRIMONIO INIZIALE È DI 10 MILIONI DI EURO ED È GIÀ ATTIVA CON DUE SPORTELLI, UNO A BRONTE E UNO A CATANIA, GIÁ OPERATIVI DA GENNAIO E DA FEBBRAIO CE NE SARÀ UNO ANCHE A PALERMO E UNO A ROMA

di Desirée Miranda

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Il quid in più del servizio è la figura del par-roco garante, un sacerdote che «si impegna a pagare» in caso di morosità del richie-dente. Al credito possono accedere anche microimprese «che incontrano difficoltà di accesso al credito per realizzare investimenti sostenibili di crescita e sviluppo o sono in fase di avvio», si legge nel regolamento della Caritas. A conti fatti, considerando tutti i «microcrediti», la Caritas Diocesana di Catania, ha supportato nel corso di cinque anni di attività ben cento realtà per un importo complessivo erogato di 582.700 euro. Un’operazione che previene, nei fatti, il ricorso a forme di prestito che vanno oltre i recinti della legalità. Senza contare che molti degli utenti che si rivolgono al centro ascolto hanno visto peggiorare la loro condizione di indebitamento perché vittime di usura. In questi casi la Caritas interviene tentando di convincere l’utente a denunciare e «in seguito, tramite un coordinamento con le forze dell’ordine e la magistratura, il mi-crocredito viene attivato per poter sostenere tutte le spese legate alla famiglia e al caso in questione».

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Le difficoltà legate all’accesso al credito legale sono purtroppo all’ordine del giorno. Un circolo

vizioso che ha il suo baricentro nella crisi economica che determina a cascata una pioggia di licenziamenti con conseguenze di non poco conto sulla quotidianità delle persone. L’impossibilità di pagare le rate dei mutui, gli affitti e le spese mediche riguarda fette sempre più consistenti della popolazio-ne. Catania e provincia non fanno eccezione, anzi. In questo contesto opera la Caritas etnea attraverso diversi servizi finanziari messi a disposizione delle fasce povere della popolazione, persone spesso escluse dal sistema creditizio ordinario per «qualche rata non pagata o ritardata». Il microcredito è uno degli strumenti principali dei quali si compone la linea di intervento della Caritas. «Si tratta di uno strumento che permette a famiglie che versano in situazioni di estremo disagio (disoccupati, sfrattati, cassintegrati) di avere una piccola credibilità bancaria di fiducia per sanare le loro difficoltà», chiarisce Salvatore Pappalardo, volontario del servizio di microcredito etneo.

ALLE FALDE DELL’ETNAIl servizio a Catania nasce cinque anni fa grazie a una convenzione tra la Provincia Regionale di Catania, Prefettura, Credito Cooperativo Etneo e la Caritas Diocesana. Nel tempo, complice il moltiplicarsi delle sacche di povertà, il numero degli utenti che bussano alla porta del centro di via Acqui-cella 104 è aumentato in modo esponenziale. Il centro ascolto riceve due volte a settimana e accoglie in media quarantadue persone al giorno. Non tutte le pratiche vanno in porto. La media è di due pratiche al giorno. «È chiaro – spiega Pappalardo- che non si tratta di erogazioni di contributi a pioggia, esistono dei criteri di valutazione, dobbiamo ad esempio rispettare i principi disposti da Banca d’Italia». «Se una persona è presente nel data base di un istituto di credito per qualche rata pagata in ritardo l’ostacolo si può superare, in caso di debiti lasciati alla banca non si riesce a mettere in piedi la pratica.». L’obiettivo è di riuscire a dare una boccata d’ossigeno a chi viene bollato dalle banche ordinarie come «cattivo debitore» anche soltanto per qualche rata arretrata non saldata. «Le persone in difficoltà si rivolgono a noi perché all’esterno non godono di cre-dibilità finanziaria, non riescono a inserirsi

nel sistema finanziario: parliamo di persone che non hanno reddito, ma necessitano di un prestito».

L’UTENZA Il servizio è rivolto in primo luogo a famiglie e single: «persone in difficoltà economico-finanziaria, disoccupati e cassaintegrati a causa della crisi economi-ca, giovani in cerca di prima occupazione, lavoratori precari, giovani coppie che necessitano di beni e servizi di prima ne-cessità». «Per accedere al prestito la famiglia deve versare in situazione di estremo disagio, la pratica si avvia attraverso solo studio di alcuni documenti come l’indicatore Isee per inquadrare la situazione», dice il volontario. Molti sono gli utenti che hanno bisogno di denaro per le cure mediche, per pagare i libri scolastici, saldare le rate del mutuo o dell’af-fitto o pagare le utenze. Il tetto massimo del prestito è di quattromila euro, una piccola cifra che in alcuni casi può fare la differenza.

MICROCREDITO«SI TRATTA DI UNO STRUMENTO CHE PERMETTE A

FAMIGLIE CHE VERSANO IN SITUAZIONI DI ESTREMO DISAGIO DI AVERE UNA PICCOLA CREDIBILITÀ BANCARIA

DI FIDUCIA PER SANARE LE LORO DIFFICOLTÀ»

IL SERVIZIO È RIVOLTO A PERSONE IN DIFFICOLTÀ ECONOMICO-FINANZIARIA, DISOCCUPATI E CASSAINTEGRATI

di Roberta Fuschi

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CITTÀ METROPOLITANA

Se fosse il titolo di un film o di un romanzo sarebbe “L’ultima rocca-forte”. Perché se è vero come è vero

che il Nuovo Centro Destra nel Catane-se amministra ancora con suoi sindaci e assessori qualche comune, è innega-bile che Gravina di Catania sia quello più legato e più vicino alla casa madre brontese, rappresentata dall’ex senatore Pino Firrarello e dal sottosegretario Giuseppe Castiglione. E questo inizio di 2016 si è presentato particolarmente scoppiettante sotto l’aspetto politi-co all’ombra di sant’Antonio. Ncd ha rafforzato la propria presenza all’interno della giunta, che adesso conta 3 assessori su 4. Il sindaco Domenico Rapisarda (firrarelliano doc) ha sostituito la dimis-sionaria Agata Viola con Patrizia Costa. L’unico assessore che non fa riferimento al Nuovo Centro Destra è il vice sindaco Francesco Nicotra, che invece fa parte del gruppo Gravina Più, vicino al consi-gliere comunale di Catania, Alessandro Porto.

NASCE CAMBIAMO GRAVINA La crisi politica inizia ufficialmente l’11 gennaio quando nasce il gruppo CambiAmo Gravina, formato da cinque consiglieri di maggioranza, Michelan-gelo Barravecchia, Massimiliano Giam-musso, Filippo Riela, Enzo Giuliano Santoro e Maria Angela Zanghì. «Solo attraverso – scrivono i cinque consiglieri in una nota - un’ambiziosa politica ammi-nistrativa in grado di coniugare l’efficiente gestione delle risorse con la competen-za e la capacità di programmazione, la città di Gravina possa presentarsi con le carte in regola per vincere le sfide che la nuova realtà dell’Area metropolitana le pone innanzi». I toni sono pacati ma il documento guarda già al 2018, quando torneranno alle urne i gravinesi, e sembra considerare già archiviata l’esperienza Rapisarda. Nonostante la sua “robu-sta costituzione” CambiAmo Gravina esprime un solo assessore, Agata Viola, in principio riferimento della sola coppia Giammusso-Santoro. Per tutto il mese di gennaio Ncd e CambiAmo Gravina (5 consiglieri ciascuno nel civico consesso) vivono da separati in casa. Nonostante ciò, l’1 febbraio in Consiglio si trova l’accordo per il rinnovo delle commissioni consiliari permanenti e nonostante un durissimo confronto in maggioranza, 24 ore dopo arriva in aula il voto unanime sul regolamen-to per la gestione delle strut-ture

L'ULTIMO FEUDODEL FIRRARELLISMO

LA CRISI DELLA MAGGIORANZA PARTE L’11 GENNAIO CON LA NASCITA DEL GRUPPO CAMBIAMO GRAVINA. INTANTO IL SINDACO DOMENICO RAPISARDA HA SOSTITUITO IN GIUNTA LA DIMISSIONARIA AGATA VIOLA CON PATRIZIA COSTA

di Carmelo Puglisi

GRAVINA

In foto,il sindaco

Mimmo Rapisarda.In basso,

Agata Viola

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Finocchiaro. I dissidi sarebbero nati «già pri-ma dell’estate quando sono stati sottoposti al Consiglio debiti fuori bilancio che questa ammi-nistrazione conosceva bene poiché parti di que-sti sono stati contratti come conseguenza delle loro scelte già nel settembre 2013». Ma la vera rottura con il sindaco Nicotra si è consumata nell’estate del 2013 quando Benedetta Paternò, assessore designata prima delle elezioni, deci-se di non dimettersi da consigliere, chiedendo la doppia carica che non ottenne.

Sant’Alfio in pieno inverno non si fa mancare una piccola crisetta di maggioranza. Nella seduta consilia-

re del 22 gennaio il gruppo che sostie Giu-seppe Maria Nicotra ha dato il ben servito al capo gruppo Benedetta Paternò, che per tutta risposta ha attaccato colui che sarebbe il regista della sua estromissio-ne, il presidente del consiglio Renato Fi-nocchiaro, che con il suo gruppetto di tre consiglieri (Maria Coco e Vincenzo Neglia

della Lista Musumeci, e il vice presidente del consiglio, Riccardo Milo, che con Finocchiaro è vicino al Salvo Pogliese) è diventato il perno at-torno a cui ruota la politica santalfiese. Il grup-po Finocchiaro inoltre esprime anche un asses-sore, Laura Leonardi.Benedetta Paternò ha parlato apertamente di tradimento politico: «Non fa piacere quando i propri “amici” scelgono la strada dell’ipocri-sia e assenza di dialogo». Oltre a contestare il metodo, la Paternò entra in tackle anche su

sportive, che rafforza la sussidiarietà e aumenta i compiti alle associazioni sui modelli delle vicine Catania e Mascalucia. Questo regolamento rappresenta l’ultimo atto dell’assessore Viola (che aveva la de-lega allo Sport), che il 4 febbraio rassegna le dimissioni.

I NUMERIL’uscita dalla coalizione di CambiAmo Gravina, avvenuta non formalmente ma nei fatti, non toglie la maggioranza a Domenico Rapisarda. Restano 11 i consiglieri a sostegno dell’amministra-zione con il Nuovo Centro Destra che ha cinque consiglieri. Oltre al presidente del consiglio Rosario Ponzo, da più parti indicato come il vero regista di tutte queste manovre politiche, e all’assessore Costa, fanno parte di Ncd anche Santi Porto, Salvatore Santonocito e Sebastiana Vinci. Dopo Nuovo Centro Destra e Cambiamo Gravina, la terza forza consi-liare è senza dubbio Gravina Più che in consiglio dispone di 4 unità. Oltre al vice sindaco Francesco Nicotra, compongono il gruppo Nino Leonardi, Carmelo Grasso e Donatella Gullo.

GLI ALTRIIl quadro della maggioranza è adesso completato dai due indipendenti del gruppo Misto. Mario Leotta, riferi-mento gravinese di Articolo 4, vicino per la precisione al consigliere comunale catanese Tuccio Tringali (2.0) e al sindaco di Tremestieri Etneo, Santi Rando, una delle coppie più inossidabili della politica etnea. L’altro consigliere del gruppo misto è invece Franco Marcantonio, anche lui dentro la grande famiglia renziana in quanto riferimento del deputato regio-nale Gianfranco Vullo. La posizione dei due indipendenti rispetto agli eventi di gennaio è tutta da decifrare. Con la maggioranza a 11 consiglieri, i riflettori finiscono per accendersi su uno dei due gruppi di minoranza, Uniti per Cambiare con Rosario Condorelli e Salvatore D’Ur-so, che potrebbero concedere un appoggio esterno.

Nessuna prudenza, stavolta. Appena giallo il livello dell’al-lerta di fronte all’eccezionale

ondata di maltempo che si è abbattuta sulla Sicilia nord orientale e sui paesi etnei tra il 17 e il 19 gennaio, che ha portato grandi quantità di neve anche a bassa quota nel giro di una notte e ha scoperto un altro nervo del sistema di previsione e di prevenzione degli enti locali. Situazione che si somma all’inefficienza delle istituzioni, come in questo caso quella provinciale, cancellata sotto l’aspetto politico ma ancora responsa-bile di numerose attività da punto di vista amministrativo e di gestione. Tra queste, la manutenzione delle strade provinciali e, nei periodi invernali, anche di spazzamento in caso di neve. La per-turbazione, annunciata dalle previsioni nazionali, ha invece colto impreparati i primi cittadini dei comuni investiti; in alcuni, in particolare, la situazione emergenziale ha costretto all’estrema prudenza, con la chiusura delle scuole per due giorni. Ci si domanda se i disagi che hanno accompagnato l’eccezionale nevicata potessero essere previsti, e dun-que contenuti, e comunque affrontati in maniera più efficiente rispetto a quella lamentata dai primi cittadini che hanno fatto ricorso a tutte le risorse disponibili, a cominciare dai dipartimenti comunali di protezione civile.

Colti nel cuore della notte da un feno-meno particolarmente intenso, in molti hanno fortunatamente potuto contare su una pronta collaborazione, cercando di fronteggiare la situazione. Questo, ad esempio, quanto accaduto a Mascalucia dove il sindaco Giovanni Leonardi ha attivato il gruppo di protezione civile, intervenendo nelle aree più problema-tiche, nel territorio di Massannunziata e sulla Sp 171. «I mezzi sono pochi e ci hanno detto che la Pubbliservizi non aveva disponibilità di sale, per questo noi ci siamo mossi autonomamente». Critico anche Caputo. «Avrei tanto da dire su un sistema di coordinamento so-vracomunale carente, su azioni attivate solo sotto "spinta" ma sono un Sindaco, e come tanti miei colleghi ci troviamo solo i problemi davanti che dobbiamo risolvere o almeno provarci, noi non possiamo lamentarci. Poco conta se i mezzi e gli strumenti che abbiamo a disposizione sono inadeguati». I disagi non hanno risparmiato Lingiaglossa, Mascali, Sant’Alfio, Bronte, Nicolosi, Maletto, Milo. «Non abbiamo avuto nessuna risposta concreta dalla pro-tezione civile - spiega il sindaco di quest’ultimo comune, Alfio Cosentino. Ci hanno solo detto di una riunione in cui decideranno il da farsi». La riunione dei sindaci, alla fine, è stata indetta. A emergenza già avvenuta. A pericolo già scampato.

MANCATA ALLERTA NEVESOLO “GIALLO” PER L’ECCEZIONALE ONDATA DI MALTEMPO CHE SI È ABBATTUTA A FINE GENNAIO di Melania Tanteri

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CRISI ANCHEA SANT' ALFIO

(cp)

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CITTÀ METROPOLITANA

Da Pechino fino a Pyongyang, passando per Zafferana Etnea. Se nel 2013 le strade della cittadina, terra del miele e della siciliana fritta, si tinsero del rosso della

rivoluzione maoista per accogliere lo scultore Xu Hong Fei, ultimamente i rimandi all’Estremo Oriente ammiccano più alla Corea del Nord. Da queste parti, infatti, sembrano essere scom-parse le voci critiche, al punto che anche la famosa disponibilità al sacrificio massimo di Voltaire − «non sono d’accordo con quel-lo che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire» − risulterebbe superflua. A differenza di Pyongyang, però, a Zafferana Etnea il dissenso non si combatte con pene esemplari. Semplicemente non esiste. A differenza dell’unione di intenti che, almeno appa-rentemente, lega Comune e società civile. Tale condivisione fa capo al sindaco Alfio Russo, giunto al secondo mandato e rielet-to, due primavere fa, in una condizione particolare: essere l’unico candidato. Ciò fa sì che oggi il consiglio comunale zafferanese sia composto soltanto da sostenitori del primo cittadino.

RUSSOUna posizione che, tuttavia, per il diretto interessato, non garantirebbe vantaggi: «La mancanza di una minoranza consiliare a mio parere – dichiara Russo – non determina, per chi amministra, né vantaggi né svantaggi». E questo perché, secondo il sindaco, a sostituire il «controllo» dell’attività ammini-strativa, che in democrazia tradizionalmente è delegato all’oppo-sizione, arriva la legge: «Grazie alle tecnologie informatiche e alle riforme legislative – continua Russo – il principio della traspa-

renza ha raggiunto la sua massima esplicazione. Oggi, il cittadino gode di un ventaglio di strumenti che permettono un controllo assai penetrante sull’attività della pubblica amministrazione». A dare forza al primo cittadino, poi, il fatto che il proprio mandato sia frutto di una lista civica, che «incarna i valori della società civile» facendo sì che i cittadini siano al contempo «soggetti controllori ed amministrati», nonché l’essere stato comunque eletto: «Lo scenario elettorale inconsueto venutosi a creare mio malgrado – commenta Russo –, contrariamente a quanto si possa ritenere, ha reso tutt’altro che facile la mia riconferma. È stato necessario il raggiungimento di un duplice quorum, uno relativo al numero dei votanti e l’altro ai voti di preferenza della lista». La mancanza di dialettica politica, tuttavia, sembra non affliggere i cittadini zafferanesi, soddisfatti da quanto messo in atto dalla giunta in carica.

RIFIUTIFiore all’occhiello è la raccolta differenziata, che negli ultimi anni ha portato Zafferana a diventare capofila in tema di virtuosità ambientale: «Fin dal mio insediamento, nel 2009, mi sono attivato per bloccare l’emorragia di costi e disavanzi crescenti riscontrata in questo delicato settore – racconta il sindaco –. Attraverso una gestione improntata a criteri di efficacia, efficienza ed economicità, si è riusciti a riequilibrare il bilancio dell’ente, grazie a una cospicua riduzione dei costi di conferimento in discarica e al contestuale aumento degli incassi derivanti dalla raccolta differenzia-ta». Risultati raggiunti anche attraverso il centro comunale di raccolta: «Conferendo il rifiuto differenziato presso l’isola ecolo-gica – prosegue Russo – ciascun cittadino ha avuto la possibilità di conseguire premi e vantaggi economici, con conseguente riduzione della tariffa sui rifiuti solidi urbani fino al suo totale azzeramento». Altro passaggio fondamentale è stata la realizzazione della casa dell'acqua, gestita direttamente dall'ente comunale: «Ha comporta-to ulteriori vantaggi per

ZAFFERANA ETNEA

LA FAVOLA DEL SINDACO SENZA OPPOSIZIONI

AMBIENTE E TURISMO I PUNTI DI FORZA DELL’AMMINISTRAZIONE RUSSOdi Simone Olivelli

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i cittadini che conferiscono i rifiuti presso l'isola ecologica – sottolinea il primo cittadino – consentendo loro la possibilità di prelevare gratuitamente. Così facendo, inoltre, abbiamo determinato una drastica riduzione delle bottiglie di plastica».

TURISMOUlteriore punto di forza per la cittadi-na è il turismo, con l’amministrazione che sta lavorando all’istituzione di un consorzio che comprenda le strutture ricettive del territorio e all’istituzione di una card che fornirà ai visitatori sconti sui servizi. L’iniziativa è stata salutata con favore anche da FederAlberghi: «Zaffera-na è una realtà senz’altro viva – dichiara il referente Raffaello Longo –. L’idea della card è un’opportunità in più. Suggerimen-ti all’amministrazione? Forse quello di inserire, nella ricca offerta culturale, eventi che possano portare più pernottamenti, perché – continua Longo – pur essendoci molte persone ad assistere agli spettacoli, si tratta spesso di un turismo locale, che non ha bisogno di pernottare». Piccole imperfezioni in un luogo in cui non sem-bra mancare nulla. Eccetto l’opposizione.

ACIREALE, QUALE FUTURO PER LA ZTL?L’APPELLO DEI COMMERCIANTI:

«PRIMA I SERVIZI»

Una zona non solo a traffico, ma anche a tempo, limitato. Quello di Acireale con la Ztl

è un rapporto tanto antico quanto effimero. Negli anni, l'argomento è stato più volte al centro del dibattito cittadino, con periodiche chiusure del centro storico alle auto, ma sempre sotto forma di esperimenti. E l'atteg-giamento titubante ha caratterizzato tanto le passate amministrazioni tar-gate Garozzo, quanto l'attuale guidata dal sindaco Roberto Barbagallo.A fare da baluardo al cambiamento, i commercianti, secondo i quali limitare la circolazione dei veicoli porterebbe un unico effetto: la diminuzione delle vendite. A sostegno di questa tesi, aspet-ti di carattere sociologico – l'endemica pigrizia degli acesi – e infrastrutturale, come la mancanza di parcheggi e di servizi di trasporto pubblico.Qualcosa negli ultimi mesi sembrava essere in procinto di cambiare. A far pensare a imminenti novità, è stata l'in-stallazione del sistema di controllo della Ztl. Questo grazie a un finanziamento europeo da oltre 800mila euro per un progetto che comprendeva, appunto, anche la creazione di una zona a traffico limitato.Ma per chi si aspettava una rivoluzione, la delusione è arrivata presto. L'Ammi-nistrazione, infatti, ha deciso che per adesso la Ztl sarà attivata soltanto nei pomeriggi dei giorni festivi. Una misura che però pare aver scontentato tutti. Giudicata inadeguata da chi vorrebbe passeggiare per la città senza dover respirare i gas di scarico, ha registrato le proteste degli stessi commercianti. Che prima hanno esposto manifesti in cui denunciavano la mancanza di siner-gia con l'amministrazione e poi, a più riprese, hanno fatto presente come non sia ancora giunto il momento per fare il grande passo. Le rimostranze hanno portato Barbagallo a fare retromarcia, o quantomeno a rimandare a tempi migliori il cambiamento: «La volontà di questa giunta – ha dichiarato il sindaco – è quella di portare avanti il progetto, perché Acireale ha bisogno di un'area

pedonale che non potrà che fare bene a tutti, compresi i commercianti. Tuttavia – ha aggiunto – bisogna pensare alla creazione delle alternative che possano sostenere un cambiamento così impor-tante della viabilità».

Ma girando per le vie acesi, la sensa-zione è che la situazione possa essere un po' più complessa: «Siamo in molti a essere a favore della Ztl», dichiara Gianluca Mangiagli, titolare di un bar al corso Umberto. «Vogliamo – ha aggiunto – il centro storico chiuso. Ma c'è bisogno di più servizi, dalla banale pulizia delle strade all'illuminazione. Un servizio di navette e soprattutto creare iniziative che possano attirare il turismo ad Acireale durante l'anno». Sull'aspetto culturale si concentra, invece, Emanuele Serpa, che da poco ha aperto una pizzeria in pieno centro: «Acireale merita bellezza. Oltre ai parcheggi, credo che ci sia bisogno di lavorare sull'offerta ricettiva. Fare in modo che passeggiare per il centro sia un'esperienza interessante». A dire la sua è anche Orazio Maltese, che ha fatto parte del comitato Cambiamo Acireale e che in sede di redazione del programma elettorale si è occupato del progetto Ztl e che oggi collabora con

l'Università di Catania per quanto con-cerne il progetto di un piano regolatore partecipato: «La qualità della vita – dichiara – dipende molto dalla circo-lazione veicolare. I bisogni dell'uomo non trovano dimora nelle città caotiche e inquinate. Occorre chiederci che città vogliamo: un dormitorio , un grande centro commerciale, un museo? Acireale – conclude Maltese – non può pensare di non pedonalizzare il centro storico».(so)

A FARE DA BALUARDO AL CAMBIAMENTO, I COMMERCIANTI, SECONDO I QUALI LIMITARE LA CIRCOLAZIONE DEI VEICOLI PORTEREBBE UN UNICO EFFETTO: LA DIMINUZIONE DELLE VENDITE.

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È la mattina di Natale a Catania ma un caso di meningite menigococcica turba la tranquillità delle festività cittadine. Una signora quarantenne, dipendente di un importante

centro commerciale del luogo, arriva nei locali del pronto soccorso del Vittorio Emanuele di Catania in stato confusionale e lamen-tando un forte mal di testa. Dopo i primi sospetti, effettuati i controlli, i sanitari accertano che si tratta di meningite batterica, molto contagiosa e non debellata. Ed è così che nonostante la diagnosi la signora resta nei locali del nosocomio fino al pome-riggio quando, al cambio turno, i medici arrivati predispongono la sospensione dell’attività ordinaria, chiudendo parzialmente il pronto soccorso. La decisione, il giorno dopo, subisce forti critiche a mezzo stampa da parte di alcuni dirigenti dello stesso ospedale. Ma facciamo un passo indietro e facciamo chiarezza sulla gestione di emergenze come questa.

I DETTAGLI DEL RICOVERO La signora entra nei locali alle ore 8.00, la conferma dopo gli esa-mi arriva alle 10.00 e la signora viene lasciata in pronto soccorso fino al cambio turno, verso le ore 14. Fino a quel momento dun-que, la paziente è rimasta nei locali del pronto soccorso come qualsiasi altro malato, non isolata e dunque a contatto con altre persone. Quando il personale sanitario arrivato al cambio, tra cui un infettivologo chiamato dai colleghi di turno, ha capito la gravità della situazione ha subito chiesto alla Dire-zione Sanitaria la sospensione dell’attività ordinaria ad eccezione dei codici rossi. Misura effettivamente effettuata dalle ore 15 alle ore 19. Ma non solo. Sotto disposizione dell’infettivologo, tutti i pazienti che in quelle ore erano transitati presso i locali del pronto soccorso, sono stati ricontattati per essere sottoposti alla profilassi.

LE CRITICHEUna procedura, quest’ultima, fortemente criticata dal primario di malattie infettive del Vittorio, Car-melo Iacobello. Il dirigente medico decide infatti di intervenire pubblicamente rilasciando dichiarazioni alle emittenti locali ed al quotidiano on-line Sud Press; il medico critica fortemente il comporta-mento dei colleghi fino a parlare di «donne che si sono fatte prendere dal panico». Secondo il dottor Iacobello la scelta di ridurre l’attività del pronto soccorso e di richiamare i pazienti non era assolutamente necessaria proprio perché il contagio non avviene se non a «stretto contatto e per più di 2 ore».

LE LINEE GUIDA Secondo quanto dicono però le linee guida della Società italiana di malattie infettive e tropicali, la meningite meningococcica rappresenta una vera e propria emergenza medica, e sin da su-bito devono essere ricercati i segni di gravità

al fine di garantire, se necessario, la gestione del malato in unità di terapia intensiva. Cosa bisogna fare dunque in questi casi? La Cir-colare Ministeriale n° 4 del 13 marzo 1998, citata dal Ministero della Salute come base per le misure di profilassi da seguire, predispone la «sorveglianza sanitaria di conviventi e contatti stretti per 10 giorni, con inizio immediato di appropriata terapia al primo segno sospetto di malattia, in particolare modo iperpiressia. Nei conviventi e nei contatti stretti di casi di meningite meningococcica si deve anche procedere a una chemio-antibioticoprofilassi».

ISOLAMENTOIl testo prevede inoltre l’isolamento respiratorio del paziente per 24 ore dall’inizio della chemioantibioticoterapia, la disinfe-zione continua degli escreti naso-faringei e degli oggetti da essi contaminati, ma soprattutto, una accurata pulizia della stanza di degenza e degli altri ambienti in cui il paziente ha soggiornato. Tutte misure messe in atto dal personale di turno durante la seconda fascia della giornata quando, dopo l’avallo della Direzione Sanitaria, la signora è stata isolata, l’attività del pronto soccorso ridotta, e i pa-

zienti transitati nei locali del reparto richiamati per l’applicazione della profilassi.

IL PARADOSSOCiononostante, nei giorni successivi all’accadimento, il grande clamore mediatico suscitato prima dalla pubbli-

cazione della notizia – e dall’esposizione mediatica del dottor Iacobello – ha messo in moto un doppio moto di panico e di polemica: da un lato, sui sistemi di messaggistica istantanea come Whatsapp sono nate catene di messaggi allarmistici che invitavano a non andare all’Auchan del centro commerciale Por-te di Catania. Un pericoloso tam-tam che ha portato la società francese ad inoltre una formale denuncia per

“procurato allarme”.

I MEDICI IN RETEDall’altro, sui social network, la comunità medica – stretta intorno al gruppo Facebook Malattie Infet-tive Policlinico Vittorio Emanuele Catania (prima pubblico ora segreto) – ha fortemente criticato i me-dia che hanno denunciato il caso, sostenendo di aver creato un ingiusto nocumento alla paziente interes-sata. Anche in occasione dell’annuncio dell’avvenuta guarigione della signora, data dallo stesso Iacobello, l’infettivologo ha tuonato contro la disinformazione che si genera intorno a casi come questo. Ci si trova dunque davanti a un paradosso organizzativo: i medici di turno chiedono la sospensione dell’attività ordina-

ria, la direzione sanitaria la concede, il direttore generale Paolo Cantaro ritiene non necessaria ma giusta la scelta dei medici ed infine, il dottor Iacobello parla di panico ingiustificato e di misure inutili.

di Mattia Gangi

QUANDO UN SOLO CASO METTE SOTTO ACCUSA LA GESTIONE DELLE EMERGENZEPRESSO L'OSPEDALE VITTORIO EMANUELE II DI CATANIA

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POLITICA

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Non si sa ancora quando finirà la consiliatura, se nella sca-denza naturale del 2018 oppu-

re con un anno di anticipo, e a Giarre un primo toto candidature a sindaco è già all’ordine del giorno. I riflet-tori ovviamente non possono che essere puntati sulla maxi opposizione all’attuale am-ministrazione Bonaccorsi, tutta più o meno dentro il Partito Democratico. Arti-colo 4, Per Un’Altra Giarre (l’associazione di Salvo Andò e Salvo Vitale che rappresenta l’area Liberal Pd, di cui è espressione l’at-tuale segretario cittadino dei democratici, Dario Li Mura), Cgil e Sinistra Pd stanno già pro-vando a fare una sintesi per pas-sare dal feroce contrasto a Roberto Bonac-corsi ad

Tra lo sterminato esercito dei 20.000 precari degli enti locali in Sicilia, gli unici che rischiano di rimanere

fuori, o meglio: tecnicamente ad oggi sono fuori dalla pubblica amministrazione, sono gli otto lavoratori a tempo determinato del Comune di Milo, che dal gennaio scorso vivono un’infinita odissea. Nel dicembre 2014 l’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Giuseppe Messina non prorogò di un anno il contratto dei precari comunali. A Milo a giugno cambia l’amministrazione: si chiude il decennio Messina e viene eletto primo cittadino, Alfio Cosentino, portabandiera della fazione avversaria a quella dell’ammini-strazione precedente, e appartenente al Pd, vicino all’area Cgil, al deputato regionale Concetta Raia e all’assessore del Comune di Catania Angelo Villari. Tra i primi im-pegni del neo sindaco proprio quello della riassunzione dei precari.

LA STRADA E’ IN SALITA Nel settembre scorso la giunta approva una delibera di giunta con cui immette nuovamente i precari con una sorta di proroga retroattiva, che però secondo la Regione non sarebbe valida perché man-cherebbero la continuità lavorativa, venuta meno per i primi nove mesi dell’anno scorso. L’amministrazione a questo punto prova a percorrere due strade, una giudi-ziaria e l’altra politica. Sempre nel mese di settembre è presentato ricorso presso il Tar di Catania e in alternativa si sta facendo un lavoro di scouting sulla della deputa-zione catanese all’Ars per far presentare un emendamento all’ultima legge finanziaria, rimuovendo l’inghippo della continuità lavorativa, considerando anche che la legge regionale 5/2014 aveva previsto i fondi per i precari anche per l’anno successivo. Ed è su questo punto che si appellano i lavoratori.

PROTESTA PERMANENTE Gli otto precari occupano l’aula consiliare del Comune di Milo per protesta dall’i-nizio dell’anno, chiedendo allo stesso sindaco Cosentino una linea più incisiva. «Sto facendo tutto il possibile - afferma il primo cittadino - ma purtroppo la mancan-za di continuità lavorativa per la Regione è un problema di non poco conto. Per la mia amministrazione resta più che una priorità ridare il lavoro a persone che hanno dato tanto a quest’ente. Stiamo perseguendo tutte le soluzioni possibili».

una proposta alternativa di governo. E questa non può che passare dalla scelta di un candidato sindaco unitario. Il nome che si è fatto in questi ultimi mesi è quello di Tania Spitaleri, che sembra avere il profilo perfetto. Donna, giovane (classe ’83, nel 2018 avrà 35 anni ) ma con notevole esperienza: due volte consigliere comunale, componente della direzione regionale Pd, numerosi inca-richi provinciali all’interno del partito, oltreché candidata alle primarie per il Parlamento nel 2012 e successivamente in lizza per la Camera dei Deputati. Ha una fortissima personalità ma all’occor-renza sa anche dialogare. «Mi sento a disposizione della mia città e del mio partito, qualsiasi sarà poi il ruolo e il modo in cui sarò ritenuta più utile – di-chiara Tania Spitaleri – La palla certa-mente passa al mio partito e ai cittadini. Voglio però sottolineare che il modo

migliore per arrivare a scelte politiche e

di candidature, evitando scol-

lamenti con la società, a cui abbia-mo spesso assistito, è quello di evitare scelte autoreferen-ziali. Spesso sono state

imposte scelte che non

LA DONNA“FORTE”DEL PDGIARRESE

di Maria Bella

LA GIOVANE CONSIGLIERA COMUNALE DEM NON RISPARMIA ASPRE CRITICHE AL SEGRETERIO PROVINCIALE ENZO NAPOLI E POTREBBE ESSERE GIÀ PRONTA PER UNA CANDIDATURA A SINDACO

MILOFUTURO A RISCHIO PER OTTO PRECARIdi Carmelo Puglisi

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FEBBRAIO 2016 - ANNO XXII | N° 236

Dario Moscato, da quando lei è neo coor-dinatore di Forza Italia Giovani per la Si-cilia Orientale, più volte ha parlato della necessità di ripartire dalla base. In che modo il partito di Berlusconi può ritorna-re agli antichi fasti siciliani?In Sicilia Forza Italia rappresenta la sinte-si del centrodestra e dei moderati. Dob-biamo ritornare a parlare con le persone nelle piazze, per strada, con le sedi aperte e i giovani protagonisti e gli eletti al loro fianco. Personalmente mi sto impegnan-do per dare una spinta innovatrice specie su alcuni temi come le politiche sull’ac-cesso al credito, sulla valorizzazione del turismo e dei nostri beni culturali.Intanto però è tornato Gianfranco Micci-ché che ha arruolato Francantonio Geno-vese.C’è che Micciché è stato scelto poco prima della mia nomina. E io credo nella com-pattezza del partito. Detto ciò, l’ingresso di Genovese mi ha stupito. Si tratta di uno di quelli che di fatto ha portato Crocetta alla guida della Regione. Sono convinto che Forza Italia deve essere la casa dei moderati italiani. Il contenitore politico per chi crede nei valori del centrodestra. A Catania il consigliere di Forza Italia Ric-cardo Pellegrino è stato citato dall’anti-mafia nella relazione su possibili infiltra-zioni dentro il Comune. Cosa ne pensa?Sulle indiscrezioni emerse dalla commis-sione non mi va di fare un trattato. Chia-rendo, se mai ve ne fosse bisogno, che la politica deve essere quanto più lontana da gente che delinque; e l'argomento del-la relazione antimafia si riferisce ad altro: coinvolgimenti anche indiretti di parenti eletti nei consigli comunali. Quindi?In questi ultimi mesi ho avuto modo di co-noscere Riccardo Pellegrino, e mi è sem-brato un bravo ragazzo. Spero che presto si faccia chiarezza sull'accaduto.

Andrea Sessa

«MI SENTO A DISPOSIZIONE DELLA MIA CITTÀ E DEL MIO PARTITO, QUALSIASI SARÀ POI IL RUOLO E IL MODO IN CUI SARÒ RITENUTA PIÙ UTILE»

erano né frutto di partecipazione larga, né di proposte condivise e democratiche, ma alla fine non hanno prodotto risultati positivi».Le carte in regola ci sono tutte, ma il curriculum in politica non basta e la candidatura a sindaco di Giarre di Tania Spitaleri è una storia ancora tutta da scrivere. C’è da convincere principalmente Articolo 4. C’è il pollice in su del con-sigliere comunale Gabriele Di Grazia e del responsabile zonale del movimento di Luca Sammartino, Nico Le Mura. L’idea Tania Spitaleri potrebbe però non fare impazzire la coppia terribile della politica giarrese, Orazio Scuderi-Raffaele Musu-meci, che potrebbero accettare la candi-datura solo se fosse l’unica panacea per impedire l’ennesima resurrezione politica del loro nemico storico, il senatore Ncd Pippo Pagano, sempre più distaccato dalla politica cittadina. C’è pure da convincere il gruppo di Salvo Andò e Salvo Vitale, candidati sindaci rispettivamente nel 2013 e nel 2008. I rapporti tra la Spitaleri e l’ex Ministro sono buoni ma non eccellenti. Distante e freddo invece il legame di Tania Spitaleri con l’area Cgil, a Giarre rappresentata prevalentemente dalla fa-miglia Cubito. Vanno chiariti alcuni ma-lintesi delle scorse amministrative. E poi c’è Catania. Le segretarie provinciali non sono determinanti come prima ma ancora un loro peso ce l’hanno. Tania Spitaleri è storicamente vicina al deputato nazionale Giuseppe Berretta, che da anni conduce una battaglia interna nel Pd catanese. E il giudizio della democratica giarrese sulla gestione di Enzo Napoli è impietoso. «È purtroppo il grande assente – spiega la Spitaleri - perché è in uno stato di palese immobilismo che va avanti da tempo. Da mesi non c’è un’iniziativa politica tangi-bile. C’è una gestione oligarchica, chiusa, scollata dal ruolo di rinnovamento che il Pd si è intestato ad altri livelli. È come se la fase di rinnovamento della classe dirigente, della proposta politica e delle riforme si fosse fermata prima di Catania. Non ci sono più luoghi di discussione e di riunione. Non ci sono proposte chiare sui temi dell’agenda politica. Così diventi un soggetto poco credibile. E in assenza della politica restano le segreterie dei parla-mentari e nient’altro».

«FORZA ITALIA TORNERÀ AD ESSERE LA CASA DEI MODERATI»

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La parola “ergastolo” deriva storica-mente dalla denominazione del luogo in cui erano rinchiusi durante la notte gli

schiavi o i detenuti per debiti. Nei secoli del rinascimento giuridico e del diritto comune i casi di carcere perpetuo erano piuttosto rari. La pena dell'ergastolo, modernamente conce-

PAESI ETNEI OGGI

NERA

Alla fine è uscito dal carcere dopo 26 anni. Quasi tre decenni che sono serviti a Carmelo Aldo Navarria, espo-nente del clan dei Malpassotu di Belpasso, a «ispirare» la

sua vena poetica. Il boss è tornato dietro le sbarre a fine novem-bre con l’accusa di estorsione. In realtà i carabinieri non lo hanno mollato da quando è tornato in libertà, dal luglio del 2014. Sotto il radar degli inquirenti passa la vita criminale e da detenuto di Navarria: agli investigatori non sfuggono le opere firmate da uno degli uomini fidati del capomafia Giuseppe Pulvirenti. Ma Na-varria scrive anche in diversi giornali carcerari, e su uno di questi si trova una lettera al direttore dove annuncia la sua «redenzione» e «riabilitazione».

IL BOSS POETA Rileggendo il suo curriculum criminale Navarria appare uno dei boss più spietati e pericolosi del gruppo mafioso che negli anni ’80 faceva capo a Giuseppe Pulvirenti. Tormentato è invece l’animo del Navarria poeta. «Un passo, ancora un passo per tornare subito indietro – scrive ne La ballata dell’ergastolano - un altro giorno null’altro ». Parole che stridono con i cadaveri seppelliti nella «cava di Belpasso che – scrivono i magistrati in una sentenza – era diventata una sorta di campo di sterminio». Dietro le sbarre il mafioso belpassese sfoga le sue ansie con la penna. « Sogni che iniziano dove finiscono» scrive ancora nella poesia diventata nel 2007 una sorta di simbolo per gli ergastolani. Navarria descrive il carcere e lo fa scegliendo la percezione data dai sensi e dal tempo: «rumori di metallo di chiavi, per giorni per mesi per anni, mura di cinta sbarre cancelli». Bramante di libertà Navarria, ma consapevole che è uno dei «prigionieri per sempre». È un canto che vuole scardinare il buio di una cella e magari toc-care le corde sensibili di chi siede nelle poltrone del potere: «con l’ergastolo la vita diventa una malattia, una morte bevuta a sorsi; non ci uccidono: peggio, ci lasciano morire per sempre». Nei versi emerge la sua sete di vita, ma non immaginata, vita vera. «Immaginando di vivere, ma immaginare non è vivere». Nel 2014 ha riavuto la sua vita, ma il dna del criminale avrebbe prevalso sulle pulsioni di poeta.

LO SPAZZINO DEL CLANCarmelo Aldo Navarria avrebbe avuto un ruolo preciso all’interno della famiglia mafiosa dei Malpassotu. Negli anni Ottanta avrebbe avuto il ruolo di «spazzino» del clan. Era colui che faceva sparire i cadaveri. Ma dalla lettura delle sentenze che lo riguardano viene fuori anche il ritratto del killer. Sono almeno quattro, infatti, gli omicidi per cui è stato condannato in via definitiva, uno commesso nel 1982, uno nel 1984 (con sequestro

Esperta in scienze criminologiche e penitenziarie

di Thea Giacobbe

È STATA SCRITTA NEL 2007, È UN GRIDO DI DOLORE DI CHI SA DI DOVER TRASCORRERE UNA VITA INTERA DIETRO LE SBARRE

LA «BALLATA» DELL’ERGASTOLANO

di Laura Distefano

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pito, si affermò solo in epoca illuminista, ed era destinata a segregare per sempre coloro che, a causa dei gravi delitti commessi, erano considerati “incorreggibili”: la segregazione, il silenzio, il lavoro forzato erano strumenti ido-nei ad ottenere la rieducazione interiore del reo, a fungere da emenda. «Non è il terribile ma passeggero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più forte contro i delitti», così scriveva Cesare Beccaria nel celebre saggio Dei delitti e delle pene (1764). Oggi l'ergastolo è la pena più grave pre-vista nel nostro ordinamento giuridico, a

UNA CLESSIDRA SENZA SABBIA

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21FEBBRAIO 2016 - ANNO XXII | N° 236

Il culto di Maria SS. della Catena ad Aci Ca-tena affonda le sue radici nella fondazione stessa della città. Introdotto molto pro-

babilmente tra il XV e XVI sec., tale culto trova la sua prima attestazione documen-tale nel 1567. Il 4 marzo, infatti, un decreto speciale del vescovo di Catania autorizzava i mastri d’opera dell’omonimo oratorio a potervi celebrare la messa ed allo stesso tempo a poter solennizzare con pompa la festa della Vergine il martedì di Pasqua di ogni anno. Sono gli anni successivi alla nascita del movimento della Controriforma cioè quel processo che assumerà la dimensione di un programma di rinnovamento e riorganizza-zione della chiesa in tutti i suoi ambiti. Il Con-cilio di Trento rappresenterà la massima espressione di tali cambiamenti e si prefig-gerà pure di porre un freno a tutti gli abusi - specie quelli inerenti l’ambito della devo-zione popolare - perpetrati fino ad allora. Il documento del 4 marzo 1567 si inserisce in questo contesto ed è molto importante in quanto ci porta a conoscenza di dati storici molto preziosi, primo tra tutti dell’antichità di questa prima cappella la quale: «si retro-vava in tempi passati edificata con tri mura solamente et una crata di ligno in loco di l’altro muro et per tal causa non si ci po-tia celebrare missa». L’istanza avanzata dai mastri d’opera di questo piccolo oratorio a potere celebrare la messa presuppone-va quindi una adeguata sistemazione dello stesso, secondo i nuovi dettami tridenti-ni. Il documento continua asserendo che tali condizioni vennero soddisfatte e che il vescovo, Mons. Nicola Maria Caracciolo,

di persona), uno nel 1986 e uno tre anni dopo.

L’INCHIESTA PER ESTORSIONE Un anno e mezzo fuori dal carcere e Carmelo Aldo Navarria torna dietro le sbarre. È infatti finito nel ciclone di un’inchiesta giudiziaria per estorsione aggravata. Il boss dei Malpassotu avrebbe secondo i Carabinieri del Nucleo Investigativo creato un gruppo fidato che aveva il compito di fare «cassa» con il pizzo. E il metodo è quello tipico della mafia: intimidazione ai commercianti facendo leva sul terrore di possibili rivendica-zioni, vendette e danneggiamenti. E Navarria avrebbe scelto i suoi soldati direttamente in famiglia. L’indagato si sarebbe rivoto ai due generi: Gianluca Presti e Antonino Prezzavento, i mariti delle figlie del boss. Il killer esce dal carcere a luglio del 2014 e, secondo la ricostruzione degli investigatori, i contatti con la vittima da taglieggiare iniziano già ad ottobre del 2014. Per non lasciare adito a dubbi, Navarria avrebbe ordinato il pestaggio dell’im-prenditore. Una mossa che sarebbe servita a convincere il costruttore a pa-gare «la protezione». Per alcuni mesi il pizzo da versare sarebbe stato di 1000 euro, con tranche di 500 euro ogni due settimane, poi (colpa anche la crisi del settore edile) la somma sarebbe passata a seicento euro con rate da 300 euro da pagare ogni 15 giorni. I Carabinieri in-stallano una telecamera in un cantiere di Belpasso e a fine novembre i nastri immortalano l’arrivo del presunto esattore. I militari piombano nella sede dell’azienda di costruzioni, nella tasca del presunto estortore vengono trovati 300 euro. Per i carabinieri è la rata del pizzo da pagare ai «picciotti» di Navarria.

cui soggiace chi ha commesso delitti di particolare gravità, contro la personalità dello Stato, contro l’incolumità pubblica e contro la vita. E oggi è ancora la pena su cui è acceso un cocente dibattito. In dottrina il nodo da sciogliere riguarda la compatibilità della perpetuità dell'ergasto-lo con l’art. 27 terzo comma della Costitu-zione, che prescrive che le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”. È certo, infatti, che nonostante le numero-se modifiche legislative intervenute negli anni che hanno temperato il rigore dell'e-secuzione della pena, dal 2004 al 2014 gli ergastolani sono passati da 1161 a 1604 sul totale dei condannati in via definitiva, registrando un incremento pari al 38%

(dati ministero Giustizia 2015).Sul fronte politico, negli anni sono pro-liferate proposte in tema di ergastolo, sviluppate nei progetti delle commissioni di riforma del codice penale e in diversi disegni di legge, tutti tramontati alla fine delle legislature. Il dibattito fra gli aboli-zionisti e coloro che ritengono essenziale il permanere di tale pena all'interno del nostro codice non è, quindi, mai sopito. Al-cune ricerche empiriche hanno evidenziato che la minaccia di un pena così severa non si traduce in un decremento del tasso di criminalità, ma l'ergastolo resta ancora fortemente legato all'impatto sulla collet-tività. Come messaggio di deterrenza, ma ancor più di difesa sociale.

Il “fine pena mai”, la frase che compare sul timbro delle cartelle biografiche dei condannati all’ergastolo, vige ancora per i c.d. “ergastolani ostativi”, cioè i soggetti che siano stati condannati all’ergastolo per uno dei delitti previsti dalla c.d. ‘prima fascia’ dell’art. 4-bis ord. penit., (terro-rismo, associazione mafiosa, sequestro a scopo di estorsione o associazione per traffico di stupefacenti) e che non abbia prestato collaborazione ex art. 58-ter ord. penit. Per l’effetto di questa disposizione, l’ergastolano “non collaborante”, non potrà usufruire di alcun beneficio peni-tenziario. Una clessidra senza sabbia che riguarda 1162 persone detenute su 1576 condannati a vita.

IL CULTO, LA STATUA E LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA CATENA DI JACI: FONTI INEDITE

concesse: «li-centia di potere in detta cappella celebrare missa et fare celebra-re et solennizare la detta festa da farsi in detto giorno di marte dila festività di Pascha come si ha costumato fare per lo passa-to». Quest’ultimo passaggio ci offre un ulteriore elemento si-gnificativo: la festa era già una consuetudi-ne antica e ben radicata nel vissuto religio-so della popolazione che aveva colonizzato quella contrada.Nel gennaio 1588, per volontà e devozione di mastro Geronimo Barbagallo, don Loren-zo Barbagallo e don Santoro de Urso, che sovvenzionano il progetto, iniziano i lavori di costruzione di una chiesa più grande che sarebbe dovuta sorgere accanto all’antica cappellina che conservava l’affresco della Vergine. Il 25 gennaio 1597, «la ecclesia no-viter constructa sub vucabolo S. Mariae de Catina» viene elevata a chiesa sacramenta-le e filiale di quella di S. Filippo di Carcina. Con l’inaugurazione del nuovo edificio di culto anche i festeggiamenti – trasferi-ti frattanto l’8 settembre nella memoria della Natività di Maria – ebbero un ulterio-re impulso e vigore. Nel giorno della festa si correva il palio, si sparavano «mascoli», si celebravano le messe e i vespri solenni. Mancava però una statua da portare in pro-cessione. La vicina contrada di S. Lucia ave-va già fatto realizzare la sua per la quale, l’11 dicembre 1600, aveva ottenuto licenza di poterla benedire e portare in processio-ne. Nel 1623, il concorso dei fedeli di tutta la parrocchia riuscì a raccogliere le 80 onze che servivano alla realizzazione della nuova statua di Maria SS. della Catena e ad affi-dare l’incarico ad una maestranza locale. Il 31 agosto 1624, «li popoli et li genti di detta parrocchia di S. Maria la Catina» ottennero la licenza di potere portare in processione e benedire l’«imagine relevata novamente facta».

di don Giuseppe Guliti

STORIA

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SPAZIO PROMOZIONALE

Avere la delega ai Trasporti e alle Infrastrutture fa di lei uno degli assessori su cui si concentrano

maggiormente le attenzioni dell'opinio-ne pubblica.La Sicilia ha un deficit strutturale dram-matico. Rispetto al livello medio italiano, credo che stiamo poco sopra la metà. Tale scenario è stato determinato negli anni dall'aver fatto affidamento ai fondi euro-pei che in realtà sarebbero dovuti essere risorse aggiuntive a quelle ordinarie. E in-vece i grandi enti di spesa, come Ferrovie e Anas, hanno usato i fondi europei non come sostitutivi alla dotazione ordinaria, nonostante questi ultimi sia immediata-mente spendibile.

Parliamo di strade. Quali sono i programmi del governo?Gli obiettivi sono importanti. Sulla Cata-nia-Palermo, che è gestita dall'Anas, dopo il cedimento del viadotto Himera, dovuto a una frana, sono stati previsti investimen-ti per oltre 800 milioni in quattro anni. Si tratta di soldi che fanno parte della dota-zione che lo Stato trasferisce all'ente. Ci prenderemo cura anche delle autostrade gestite dal Consorzio autostrade siciliane (Cas), ovvero la Messina-Palermo e la Catania-Messina, dove la manutenzione raddoppierà.

C'è il capitolo della Siracusa-Gela.Ci stiamo lavorando, ma vanno trovate le risorse. Serve un miliardo di euro per arrivare fino a Ragusa. E ancora di più - quasi due - per arrivare fino a Gela. Per adesso, stiamo arrivando fino a Scicli. Ricorderei anche l'ammodernamento della Catania-Ragusa, con un progetto di finanza per 800 milioni di euro, e i lavori per realizzare la trasversale Nord-Sud Santo Stefano di Camastra-Gela.

E per la viabilità secondaria?Bisogna lavorare sulle ex strade provin-ciali. Negli ultimi anni sono state vittime

da una mancata manutenzione e dai fenomeni atmosferici che con sempre più violenza si sono abbattuti in Sicilia. In tal senso, tramite il Patto per il Sud siamo riuscit a finanziare i progetti esecutivi da parte degli enti locali. La maggior parte dei quali è stata presentata nella zona del Catanese. L'obiettivo è quello riuscire a recuperare le somme anche per i progetti definitivi.

Poi ci sono le ferrovie.Quella delle ferrovie in Sicilia è una storia che per tanti anni ha visto pochissimi investimenti perché le aziende attive nel settore non vedevano un adeguato margine di redditività. A contribuire a ciò anche la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto, che ha di fatto tagliato la dorsale Berlino-Palermo. Oggi, però, siam pronti per invertire la rotta. Con l'inter-ruzione dell'A19, i siciliani hanno capito che è possibile viaggiare con comodità anche in treno.

Ci si lamenta spesso che i treni in Sicilia siano troppo lenti.Abbiamo un nuovo contratto di servizio con Trenitalia, che vale 111 milioni. Sono risorse che potremo utilizzare per evitare la duplicazione gomma-rotaia. Oggi la tratta Catania-Palermo si fa in due ore e 50 minuti, ma in futuro potremmo puntare a ridurre il tragitto di un'altra ora. GIà a marzo partire-mo con la velociz-zazione del tratto Catania-Rad-dusa, che costerà 800

milioni di euro. I lavori si svolgeranno con la linea aperta. E poi c'è il raddoppiamen-to del binario sulla Catania-Messina.

Gli investimenti tireranno in ballo anche gli aeroporti.L'aeroporto è un'infrastruttura essenziale. E quello di Fontanarossa sarà particolar-mente centrale per la viabilità di mezza Sicilia. Realizzeremo una fermata del treno all'aeroporto di Catania e in ballo c'è anche l'allungamento della pista, che nel caso venisse raddoppiata creerebbe le condizioni ideali per servire al meglio l'utenza regionale ed esterna. Su Fontana-rossa, la Sac ha fatto una scelta importan-te con la decisione di andare in borsa con il 49 per cento del capitale, mantenendo il controllo pubblico.

La speranza dunque è che per la Sicilia possa aprirsi una nuova pagina.Più che una speranza è un obiettivo. Concreto, che con attenzione e impegno potrà essere raggiunto. Cambiare la viabi-lità è fondamentale per questa terra. Noi ci proviamo e ci crediamo.

«ECCO COME LA SICILIA CAMBIERÀ PASSO»

GIOVANNI PISTORIOASSESSORE AI TRASPORTI E ALLE INFRASTRUTTURE DEL QUARTO GOVERNO TARGATO CROCETTA, PISTORIO HA IL COMPITO DI GUIDARE LA SICILIA IN UNA FASE DELICATA. CARATTERIZZATA DA UNA PARTE DALLE DIFFICOLTÀ CHE, SPECIALMENTE NEGLI ULTIMI ANNI, IL SISTEMA VIARIO REGIONALE HA REGISTRATO E DALL'ALTRO CON L'AVVIO DELLA NUOVA PROGRAMMAZIONE DEI FONDI EUROPEI

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SPORT

ODIATO, DISPREZZATO E INFINE AMATO

CHI ERA DAVVERO ANGELO MASSIMINO,CE LO RACCONTA ALESSANDRO RUSSO, NIPOTE DEL PATRON ROSSO AZZURRO E STORICO DEL CALCIO

VENT’ANNI E UN RICORDO. UN NOME CON CUI FARE I CONTI. IL 4 MARZO 1996, ALLE 14.30, MUORE ANGELO MASSIMINO IN UNO SCHIANTO SULLA CATANIA-PALERMO, PIÙ PRECISAMENTE TRA SCILLATO E TREMONZELLI. RIENTRAVA DALLA CAPITALE SICILIANA. SI ERA APPENA INCONTRATO CON MARIO MACALLI, VICEPRESIDENTE DELLA LEGA DI C: L’ENNESIMO TENTATIVO PER RISOLVERE LA CONTESA CON LA FEDERCALCIO DI ANTONIO MATARRESE. IL TENTATIVO DI RADIAZIONE DEL ’93 FU RICONOSCIUTO COME UN CLAMOROSO ATTO D’INGIUSTIZIA, MA AL CATANIA NESSUNO RESTITUÌ IL RITORNO NELLE SERIE CHE CONTANO. LUI LOTTÒ FINO ALLA FINE PER RIPARARE IL TORTO SUBITO. UN SACRIFICO CHE LO HA RESO AGLI OCCHI DEI TIFOSI «PRESIDENTE PER SEMPRE»

di Fernando Massimo Adonia

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LUNGIMIRANZA SMODATA«Era capace di grandi intuizioni, ma non sempre capite, anche a causa della sua irruenza», dice Alessandro Russo. Parole che vengono del cuore, ma mediate da un’intelligenza chirurgica e annaffiate da una passione genuina per la storia del calcio. «Penso agli Anni 80, quando da paladino della città fu praticamente sbra-nato dalla stampa locale. C’è che durante un Catania-Lazio impedì a un camera-man di riprendere la partita. Finì a spin-toni, denunce e addirittura a un arresto in flagranza di reato. La verità è che prima di altri capì che i diritti televisivi andava-no monetizzati. Ecco tutto. Sbagliando nei modi, ovviamente, ma aveva ragione lui». Anni dopo arriveranno i diritti tv, Tele Più, Sky e l’invasione milionaria del calcio inglese.

INVADENZAGli piaceva dire la sua. Far sapere le sue idee anche in tema di tattica. Inop-portuno? Sì, ma non gli importava. Lo conferma anche il nipote: «Gli è capitato talvolta di sussurrare la formazione agli allenatori. Salvo Bianchetti racconta di quando, una volta a Palermo, mio nonno disse apertamente a tavola che Orazio Russo doveva giocare sempre. Il motivo di questa invadenza è che credeva tantissimo in quel ragazzo campione di catanesità. Massimino era un paladino di quei va-lori». Aneddoto simpatico, ma non bello, che ci dice come tutti «quegli allenatori o direttori sportivi che volevano volare troppo altro, con lui entravano in rotta di collisione».

GLI AFFETTIIn famiglia era come allo stadio? «Mettiamola così, era il nonno che

«VULCANICO, BATTAGLIERO, TALVOLTA SGRAMMATICATO,MA NON ESISTE UNA SOLA PERSONA, ANCHE FRA QUELLI ENTRATI NELLA SUA ROTTA DI COLLISIONE, CHE LO RICORDI CON NEGATIVITÀ»

PAESI ETNEI OGGI24

Lo scorso luglio il Guerin sportivo inseriva Angelo Massimino al 64esimo posto della speciale clas-

sifica dei 100 presidenti migliori di sem-pre. Un riconoscimento rispettoso, do-veroso, e – tutto sommato – equilibrato se ai primi posti ci sono i ben più titolati Silvio Berlusconi, Gianni Agnelli, Mo-ratti (padre e figlio) e Ferruccio Novo, il presidente del Grande Torino. Il «pre-sidentissimo» – così lo chiamavano in zona Cibali – , come gli altri presidenti del Sud, stanno dietro. Parecchio dietro. Non centra nulla il razzismo: è semmai questione di bacheche e risorse. E fin lì nessuno se la prenderebbe a male. Dà fastidio però la motivazione, che ancora risente di quella caricatura fornita degli «intellò» del pallone che lo rimpiangono soltanto per «l’amalgama», «l’io può», e altri tackle linguistici oggettivamente naif. Fermarci a questo, no: non si può. Non più, almeno. Massimino sapeva quanto facesse male il lavoro delle mani. Un selfmademan, uno di quelli che da giovane face un salto in Argentina per capire che consistenza avesse la calce e il cemento nell’emisfero australe. Una storia tra le tante, fatta di edilizia e migrazioni; ma in direzione opposta rispetto alle vicende milionarie dei campio-ni albiceleste passati anche da Catania.

CHI ERA DAVVEROUn uomo. Un lea-der, un po’ padre un po’ padrone. Decisionista, ovviamente. Uno di quelli che se lo incroci non te lo scordi

più. «Vulcanico, battagliero, talvolta sgrammaticato», ce lo consegna così il nipote Alessandro Russo. «Ma non esiste una sola persona, anche fra quelli entrati nella sua rotta di collisione, che lo ricordi con negatività», spiega. Un’immagine ovattata? Non proprio. Chiamiamola pure operazione puntini sulle i. «Mio nonno si presentava sicuramente come uno che voleva spaccare il mondo, uno di quelli con le sue d’idee; ma dietro quella facciata impenetrabile c’era uno spirito costrutti-vo, dialogante. Che bisognava

ovviamente prendere per il suo di verso, aspet-

tare che gli passasse il nervoso, ma alla fine era un tipo tanto affidabile quanto diffidente verso chiunque».

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palmares differenti. Il “Pulvirenti vattene” di oggi è figlio del risentimento, è chiaro. Lui ha commesso un errore quando ha detto che a Catania non era possibile fare calcio e per questo fosse necessario andare per le vie illegali. E questo non lo si può dimenticare, neanche sforzandoci». C’è poi che la storia non si fa né con i se né con i ma. Alessandro Russo ci tiene a farlo sapere, anche se la nostalgia sussur-rerebbe ben altre valutazioni: «Oggi il calcio è televisione, fatturato, è mi viene difficile estrapolare la figura di Massimino e portarla in quest’epoca. C’è però che con lui il Catania non è mai stato mai coinvolto in illeciti. Mai». E se c’è oggi chi vede nel presidente del Sampdoria, Massimo Ferrero, un erede iconografico del Massimino che fu, arriva Alessandro Russo a bloccare ogni confronto: «Non credo che mio nonno debba avere un erede. E poi, mi risulta che Ferrero abbia di recente parlato malissimo di Catania... Beh, per me il discorso è chiuso».

(Per la collaborazione si ringraziaGiorgio Terranova)

non chiedeva, ma sapeva tutto di tutti e ci sfotteva. Incuteva un certo timore e anche se non lo vedevamo giornalmente, sapeva essere affettuoso e presente. La domenica ovviamente era un giorno tabù. Usciva la mattina presto per andare allo stadio e controllare tutto».

L’ANTIPATICOPresidente e non solo. Il Cibali era casa sua, davvero. «Aveva la fissa delle maschere. Per anni a Catania funzionava che la gente riuscisse attraverso amicizie a entrare gratuitamen-te allo stadio. Sia chiaro, non spendere una lira per molti significava non un risparmio, ma uno status di “spacchiosi-tà”, un fatto da raccontare. A lui sta cosa dava un fastidio incredibile e si metteva personalmente a controllare che ognu-no facesse regolarmente il suo mestiere. Inoltre, godeva tantissimo nel non fare entrare allo stadio quei giornalisti che

hanno avuto modo di comprendere me-glio la sua persona. E nel capirlo, hanno messo a fuoco la sua grande ambizione quello di poter competere a testa alta con le grandi. Era convinto che la città avesse tutte le carte in regola per farlo, immagi-nando un riscatto nazionale che fosse per tutta la città».

I “COLLETTI BIANCHI”Se c’è una Catania che lo ama, ce n’è un'altra che rifugge dal suo nome. «I colletti bianchi, sicuramente. Quelli che attraverso i social si permettono di scrivere che gli attuali mali del Calcio, in fondo, per lui erano pane quotidia-no. Fesserie! Paragoni ingiusti!». Una disputa aperta che a Catania è diventata a suo modo monumentale: «Ma è un altro – spiega Russo – l’episodio che mi ha turbato ed è legato al murales dedi-cato a Candido Cannavò. Alcune frasi dette in occasione di quell’inaugurazione sono irreali. Ho letto le parole del figlio del direttore della Gazzetta dello sport e quando dice che suo padre, a differenza di Massimino, lottava per la giustizia mi lasciano assai perplesso. Non è una buona sintesi la sua. Lo sarebbe stata se avesse detto che due grandi catanesi, coinvolti entrambi una vicenda importante, non si sono compresi reciprocamente». Così è necessario fare un salto al 1993: «Allo-ra la Gazzetta si sbilanciò contro quel “bislacco” di Massimino senza conoscere pienamente i fatti. Sarebbe bastata una pausa di riflessione, uno studio maggiore della questione, per comprendere cosa stesse accadendo realmente. Il buonsenso avrebbe voluto che si ascoltassero entram-be le parti e non solo quella di Matarrese. La verità è che allora si tentò di punire i ritardi del presidente mortificando una città intera. Molti catanesi ancora oggi non comprano la Gazzetta, memori di quelle posizioni».

“PULVIRENTI VATTENE”Tra Nino Pulvirenti e Angelo Massi-mino è possibile un paragone? «Proprio no, ogni personaggio è figlio del suo tempo. Sono due epopee diverse, con due

«ERA IL NONNO CHE NON CHIEDEVA, MA SAPEVA TUTTO DI TUTTI E CI SFOTTEVA»

in settimana avessero scritto male di lui. Chiaramente è un errore, però ci dà la misura del personaggio e della passione totale che aveva per la sua opera».

AMORE E ODIOIn vita, i tifosi l’hanno vituperato, l’hanno anche aggredito fisicamente. Ma con la sue morte è cambiato tutto. Al funerale c’erano 5000 persone, alcuni di loro hanno portato la bara in spalla fino al cimitero. La curva, oggi, scandisce un coro che si spiega da solo: “Un presidente, c’è solo un presidente”. Si riferiscono a lui, ovviamente. Come si spiega questa ne-mesi? «La città di Catania – spiega Russo – non conosce mediazioni, ed è capace di far passare un uomo dall’altare alla polvere nel giro di poco. Quando era in vita, in molti non hanno capito come la squadra fosse davvero la sua vita. Solo dopo i tifosi

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Per occultare le perdite, la società avrebbe, tra le varie operazioni, rivalutato anche il marchio Wind Jet, iscritto nel bilancio del 2004 a soli 319 euro e poi valorizzato l’anno successivo «sulla scorta di una perizia ritenuta di comodo, in 10 milioni di euro, somma alla quale è stato ceduto (e retrocesso dopo pochi anni) alla Meridi S.r.l (società di gestione di super-mercati facente parte del medesimo gruppo imprenditoriale)».

LE REPLICHESarà la magistratura ad accertare le respon-sabilità dei vertici del gruppo che si procla-mano estranei alle accuse («è da escludere nel modo più assoluto che vi siano state condotte distrattive degli amministratori in danno della società Wind Jet», dicono gli avvocati) e garantiscono la limpidezza delle operazioni finanziarie svolte durante il loro mandato.

Insieme al capo ultras Michele Spampinato avete scritto Quando saremmo tutti nella Nord. Una sto-ria fatto di calcio e passione, che ha inizio in quella calda estate del 1993. Ecco, se fosse un romanzo, quella di Massimino che storia sarebbe?

Prendendo in prestito il titolo di un fortunatissimo romanzo di Nick Hornby, direi “Alta Fedeltà”. L’inte-ra vicenda umana e professionale di Angelo Massimino è legata ad un rapporto di, più che dedizione, devo-zione alla causa del Catania e ai colori rossoazzurri. Solo un uomo visceral-mente innamorato di una squadra che considerava un po’ la sua crea-tura poteva tornare ad occuparsene in prima persona, così come fece Massimino, nell’estate del 1992, con il Catania già gravato da una pesante situazione debitoria; dopo il modo in cui, nel 1988, praticamente a furor di popolo, era stato quasi costretto a cederla alla cordata “politica” guida-ta da Angelo Attaguile. Se il Catania, matricola 11700, ancora oggi esiste, lo si deve all’abnegazione di Angelo Massimino, portata sino alle estreme conseguenze della morte.

Entrambi hanno delle “colpe”, ma qual è la differenza tra Pulvirenti e Massimino?

Rispetto a quello che ha combinato Pulvirenti, quelli di Massimino al più possono essere considerati errori. Non sono minimamente paragona-bili. Massimino, insieme a Rozzi, An-conetani, Sibilia. Scibilia, Lugaresi, è stato il campione di una stagione del calcio irripetibile. Quella delle società gestite in maniera familiare, con il presidente padre-padrone che face-va tutto, dal mercato allo sbiglietta-mento. Quella di un modo ruspante e sicuramente più genuino di vivere la carica, a stretto contatto con la folla dei tifosi fino ad immedesimarsi nei suoi umori e a subirli. Ciò detto, i risultato sportivi raggiunti da Pul-virenti sono di gran lunga superiori ma hanno un risvolto che la storia di Massimino non ha, anzi: mentre il pri-mo con i suoi comportamenti recenti ha sporcato l’immagine del Catania, il secondo è il simbolo stesso della capacità del Catania di essere più for-te di qualunque avversità e di qualun-que ostacolo o nemico.

Per i tifosi catanesi, chi è il presiden-te?

Fino a due anni fa dire che Pulvirenti aveva raggiunto Massimino nel gra-dimento dei tifosi, almeno della mag-gioranza, è un fatto che corrisponde-va a verità. Oggi, dopo quello che è successo, Massimino è il presidente. Quello della memoria condivisa del popolo rossoazzurro.

Il calcio e gli aerei dovrebbero avere poco a che fare l’uno con l’altro. Così non è, però, se l’argo-mento di discussione è Antonino Pulvirenti, recentemente arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta per il crac Wind Jet. E questo non solo perché calcio e aerei sono stati il principale

business dell’imprenditore belpassese, ma anche perché una sua frase – l’ormai celebre «Stamu avvulannu» - è diventata un tormentone, dopo lo scandalo delle presunte partite truccate dal Cata-nia Calcio nello scorso campionato di Serie B.I recenti fatti di cronaca, tuttavia, non hanno frugato soltanto tra le emozioni dei tifosi rossazzurri, ma anche di quelli granata. Dei tifosi dell’Acireale, di cui Pulvirenti è stato presidente prima di acquistare il club etneo: « Se mi dici Pulvi-renti mi vengono in mente tre ricordi – commenta Michele Alì, tifoso e memoria storica del calcio acese –. Il primo è la promozione in C1, spareggio col Catanzaro e apoteosi. Il secondo, il gol di Cardinale annullato contro la Vis Pesaro. Il terzo è lo spareggio per la B per-so contro la Viterbese a cavallo dell'acquisto del Catania. Nel primo caso il sentimento predominante è la gioia, nel secondo un senso di inquietante incredulità, mentre al terzo è legata la sensazione di tradimento. E – continua – è proprio questo a prendere il sopravven-to. Dal tradimento al fallimento ci sono tante parti oscure che poco conosco, ma che hanno fatto sì che la ferita rimanesse aperta».

PULVIRENTI E L’ACIREALE CALCIO: UNA FERITA MAI RISANATA

Quando si vola troppo vicino al sole, come Icaro, si deve mettere in conto la

possibilità di precipitare. Lo schianto di Nino Pulvirenti arriva una mattina di gennaio quando per la seconda volta, nel giro di pochi mesi, si vede mettere le manette ai polsi dagli agenti della Guardia di Finanza. Dall’Olimpo dello sport al «calcio scommesse», dai voli ad alta quota a un brusco atterraggio: la parabola dell’imprenditore belpassese sembrerebbe avviarsi alla fine. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati finisce la compagnia low cost che ha fatto sognare i catanesi: la Wind Jet. Le accuse che pendono sui vertici del gruppo, il presidente Pulvirenti e l’amministratore delegato Stefano Ran-tuccio, sono di bancarotta fraudolenta per il fallimento della compagnia aerea. L’indagine, coinvolge anche alcuni professionisti legati al gruppo a vario titolo, membri del consiglio d’amministrazione e del collegio sindacale, che avrebbero alterato i bilanci della società «occultando lo stato di dissesto».

L’INDAGINEPer definire meglio i contorni della vicenda occorre fare un passo indietro e tornare al 2012. In quell’anno la compagnia sospende i voli per problemi finanziari lasciando a terra migliaia di passeggeri e senza lavoro circa cin-quecento dipendenti. L’anno successivo il con-cordato, al quale la compagnia è ammessa con un passivo di 238 milioni di euro, scongiura il fallimento del gruppo. Le indagini però avreb-bero accertato anomalie e irregolarità nei bi-lanci societari già a partire dal 2005. Ben sette anni prima che la compagnia intraprendesse la trattativa con Alitalia, mentre cioè versava in una grave condizione di dissesto occultata

dalle fittizie sopravvalutazioni dei dati di bilancio. «Il quadro complessivo emerso dall’e-same della documentazione sequestrata, dalle ispezioni informatiche, dalle rogatorie inter-nazionali eseguite in Lussemburgo, Svizzera, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, nonché dagli accertamenti bancari, dall’approfondi-mento di segnalazioni sospette e dalle indagini tecniche» ha evidenziato che la società non avrebbe dovuto operare sul mercato in ragione delle ingenti perdite accumulate».

LA CADUTA DI ICARO

L'INTERVISTA.LUIGI PULVIRENTI:«MASSIMINO?IL PRESIDENTE DELLA MEMORIA CONDIVISA»

DALL’OLIMPO DELLO SPORT AL «CALCIO SCOMMESSE», DAI VOLI AD ALTA QUOTA A UN BRUSCO ATTERRAGGIO

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(rf )

di Simone Olivelli

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quadro ad olio, che si può completare in varie fasi temporali, quando si adopera il silicone invece bisogna già avere in mente ciò che si sta per creare, non puoi permetterti leziosismi e devi plasmarlo subito, dal momento che non potrebbe essere più modellabile sulla tela una volta adoperato. Sono un pittore di oggi e il silicone è un linguaggio di oggi».Federici è il primo ad usarlo in pittura e chi osserva i quadri impreziositi da questo materiale si accorge anche di come in questi vengano utilizzati colori freddi come il blu e simboli sempre presenti come la bicicletta e la palma. Tuttavia Federici precisa che «non ho alcun pregiudizio di fronte all’utilizzo dei co-lori, li utilizzo tutti, puntando al contempo su elementi riconoscibili e tipici che fanno parte di me per motivazioni compositive. Il mio prossimo obiettivo? Fare una mostra soltanto dei quadri col silicone, magari al Palazzo della Cultura di Catania». Federici ha poi criticato la società di oggi per la poca sensibilità riversata sull’arte, criticando particolarmente le amministrazioni catanesi per «l’assenza di strutture atte ad accogliere le opere d’arte». Dall’alto della sua esperienza di ricercatore e professore, sostiene infatti come «la maturazione di ogni artista passa anche dal bisogno di confrontarsi con gli altri». E come dunque se non tramite la conoscenza delle opere altrui? Catania deve dunque dare una risposta alla pittura e all’arte in genere.

Francesco Patti

COSTUMI E SPETTACOLI

Ognuno è autore del proprio tempo, dunque è anche concesso trasgredire per attestare il momento in cui si è

in vita. Purché lo si faccia con cognizione di causa». Esordisce così nella nostra intervista esclusiva il pittore Enzo Federici, autore della mostra dal titolo “Visioni e canto della Terra” ed esposta presso il suggestivo Casale Borghese di San Gregorio. «Grazie al supporto del professor Salvo Rus-so, ho voluto inserire il Federici nell’ambito del progetto “Casale Borghese in events” – ha dichiarato l’organizzatrice Oriana Tabacco – al fine di accrescere il poliedrico palinsesto di un programma ricchissimo di interesse culturale». La Tabacco ha poi precisato di operare personalmente la cernita dei vari artisti, «seguendo in primis il loro aspetto curriculare». Non poteva dunque mancare Enzo Federici, da più di trent’anni docente di Pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Catania. Proprio l’autore ha voluto congratularsi con l’organizzazione per avergli permesso di mostrare i propri frutti creativi per un mese, precisamente dall’11 gennaio al 12 febbraio. Sono opere dal contenuto coinvolgente. Da una parte i quadri realizzati con pittura ad olio e colori caldi, come “Meteorite”, “Tra-sparenze” e “Canto dell’Etna”. «Il paesaggio etneo mi genera sempre forti emozioni – ha precisato Federici – dunque lo ritraggo spesso, perché l’Etna me lo porto dentro».

«SONO IL PRIMO AD USARE IL SILICONE NELLA PITTURA»A rinforzare l’unicità del pittore è soprattutto la serie dei quadri realizzati con l’ausilio del silicone, mescolato ai colori ad olio. «Sento la necessità di dare corposità in un quadro – ha specificato Federici – per questo uso un materiale dalle proprietà incredibili, che non avrà mai bisogno di essere restaurato. Tuttavia – ha concluso l’autore - a differenza di un

LA TRASGRESSIONE TRAMITE

LA CONOSCENZA

Ottima riuscita per gli spettacoli “Grafiche del Silenzio” di Manfredi Perego e la prima assoluta di “Balle”

dell'artista in residenza a Scenario Pubblico Vito Alfarano. Due artisti nella stessa sera per un doppio appuntamento con l'arte della danza. Due spettacoli diversi che permettono al pubblico di godere di esperienze artistiche differenti.“Grafiche del silenzio” è il primo spettacolo di cui Perego ha curato la coreografia e che è già stato selezionato per Vetrina Giovane danza d'autore 2014 e ha vinto il Premio Equilibrio 2014. Un lavoro di circa due anni e mezzo fa che traspone in forma scenica un percorso personale che l'autore sintetizza in tre parole: nascita-lotta-consapevolezza.

“Balle”, lo spettacolo in prima assoluta del coreografo e danzatore pugliese Vito Alfa-rano, è stato creato negli spazi di Scenario Pubblico in cui l'artista e la sua AlphaZtl Compagnia D'arte Dinamica sono stati in re-sidenza artistica per il progetto ACASA. Una coreografia che vuole essere in qualche modo una trasposizione della società permeata dalla balle, frottole, bugie e che mette in scena lo stato d'animo di una persona che passa dall'entusiasmo o felicità per una affermazio-ne che si ritiene vera, alla quasi depressione e comunque alla tristezza di scoprire che invece si tratta di una bugia.

MENZOGNE E CORPI SINUOSI PER “BALLE”

E “GRAFICHE DEL SILENZIO”

QUESTA LA CHIAVE DI LETTURA DELLA MOSTRA “VISIONI E CANTO DELL’ETNA”

DI ENZO FEDERICI

IN LIBRERIA"Merica, Merica – Viaggio verso il nuovo mondo", cu-rato Salvatore Ferlita e Mau-rizio Piscopo per Salvatore Sciascia editore (186 pagine, 18 euro, con allegati un cd di canti sull'emigrazione e un album fotografico di An-gelo Pitrone, domenica la presentazione alla Rai). Una sorta di antologia a più voci che racconta le lacrime, il su-dore e le sofferenze di tanti siciliani che hanno tentato l'avventura. Un viaggio nella

storia e nella geografia del-la terra natia e della nazione adottiva. Un excursus nella letteratura, nel cinema, nel-la musica e nella fotografia, per riscoprire come hanno rappresentato questo esodo biblico gli artisti isolani. Let-tura illuminante, soprattutto in questi tempi in cui la Sicilia è terra di sbarco di tanti pro-fughi che più che inseguire sogni fuggono da incubi stra-zianti. (da Tano Gullo per la Repubblica)

SAN GREGORIO

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Tutti, alcuni anche frequentemente, descriviamo i mo-menti non felici con il termine “depressione”. Basta davvero poco per farci dire «oggi sono un po’ depresso»!

Ma lo siamo davvero? Di solito abusiamo di una parola che descrive una patologia psichiatrica. Introducendo nel nostro linguaggio comune tale termine tendiamo a normalizzare quella che è una condizione grave e complessa e non un semplice malumore. Si tratta, infatti, della malattia mentale più diffusa nel mondo occidentale, ma anche di uno dei disturbi più trascu-rati e sottovalutati. Non a caso, e di recente, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), attraverso il Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020 ha lanciato un chiaro messaggio: «La depressione toglie in media 20 anni di vita». E così la beffa: vivere male, svuotando di emozioni profonde e positive le nostre giornate e vivere meno, riducendo la nostra aspettativa di vita con comportamenti che mettono a rischio la nostra salute.Penso,quindi, che non accetterò più commenti di amici o parenti che si definiscono “depressi” solo perché le loro giornate non sono cariche di emozioni positive o qualcosa non è andata per il verso giusto. La ragione è semplice: la sofferenza psicologica è una caratteristica fondamentale della vita umana.  E come tale può essere solo accettata. La depressione è un’altra cosa! È una grande nuvola nera che offusca ogni speranza, cancellando la motivazione, la capacità di provare gioia, di sperimentarsi e alimentando sentimenti di colpa e di commiserazione. La de-pressione è fatta di buio, pianti, silenzi, paure, ansie, colpe. È colma di dolori profondi. Si alimenta di tempo e di spazi. È un’arma rivolta verso se stessi e verso il proprio mondo, nessuno

LA PSICOLOGA

ne resta immune (compagni, genitori, figli). Annulla ogni pensiero e immobilizza il corpo (altre volte agita corpo e pensiero). E poi è come un virus silente, nascosto dietro comportamenti pericolosi come l’uso di droghe, alcool, alimentazione squilibrata, generale trascuratezza. Questo il senso del grido dall’allarme lanciato dall’OMS. L’invito a promuovere una cultura del benessere che tenga conto delle dinamiche sottostanti a tutti quei comportamenti nocivi. Impariamo dunque a osservare, cosa si nasconde dietro tutto ciò che mette in pericolo la nostra salute, non trascuriamo segnali di disagio che spesso arrivano da chi abbiamo accanto. Non sottovalutiamo tutto ciò che è “abuso”. Nessun maldestro tentativo di eliminare il dolore cibo, droga, alcool…) attraverso qualcosa che è all’infuori di noi, potrà liberar-ci dalla sofferenza e regalarci la felicità.

Va però ricordato: che la sofferenza, il dolore, l’immenso senso di vuo-to e inutilità lasciato da una perdita, la costante insoddisfazione per le cose, possono e devono essere affrontati; che si può guarire.La strada che conduce al benessere ha bisogno di dar voce a ciò che ci affligge e di accettare ciò che non possiamo controllare. Non dimenti-cando (il direttore mi perdoni il chiodo fisso) di avere cura di tutte le fragilità e di assumerci in pieno la Responsabilità dell’aver cura dei nostri figli.

l'intervento dellaDr.ssa Grazia Razza

[email protected]

«SONO UN PO’ DEPRESSO»?

DSM

Cinque o più sintomi per almeno 2 settimane

- Umore depresso;- Perdita di interesse o piacere;

- Significativa perdita di peso o aumento;- Insonnia o ipersonnia;

- Agitazione o rallentamento psicomotori;- Faticabilità e mancanza di energia;

- Sentimenti di svalutazione o di colpa;- Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi;

- Pensieri ricorrenti di morte o ideazione suicidaria.

Disagio clinicamente significativoe alterazioni sociali e lavorative

No sostanze, no farmaci, no condizione medica.

29FEBBRAIO 2016 - ANNO XXII | N° 236

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POETA, SCRITTORE E GIORNALISTA COLLABORA CON IL QUOTIDIANO “LA SICILIA” E CON ALCUNE RIVISTE REGIONALI E NAZIONALI. APPASSIONATO DI LETTERATURA, HA PUBBLICATO DIVERSE RECENSIONI E CRITICHE PER POETI E SCRITTORI ITALIANI CON LO PSEUDONIMO DI GABRIELE ROMAUDI. HA ORGANIZZATO PREMI LETTERARI, DIRETTO E COORDINATO IMPORTANTI MANIFESTAZIONI CULTURALI.

Perché il “Quo vado?” del pugliese Checco Zalone ha un successo strepitoso? Perché ha inscenato con semplicità ed efficacia la realtà di un assetto sociale di per sé fonte di umorismo. Lo spettatore si sente direttamente o indirettamente “protagonista” della rappresentazione scenica. Umorismo è ciò che

mette di buon umore. E la comicità (resa con buon gusto) ha questa funzione. Nel film di Zalone rimane esila-rante, ma significativo ai danni dell’interesse generale, al corretto funzionamento della pubblica amministra-zione, l’episodio della quaglia in omaggio all’impiegato comunale e della sua teorizzazione. Non è corruzione, non è concussione, ma è “educazione”, spiega Zalone… Un doppio senso intelligente, non scontato, che o trasuda di farsa.Ed è l’umorismo meridionale, quello targato Zalone, che spopola, sconfina, oltrepassa il regionalismo. Ed è ciò che non riesce al comico catanese: il suo umorismo oggi non sfonda. Dopo Leo Gullotta, catanese puro-sangue, nell’ultimo ventennio, c’è il vuoto... a livello nazionale, s’intende. Perché di comici bravi, ce ne sono sotto il nostro vulcano, ma non hanno trovato la chiave giusta per attraversa-re lo stretto. Possiamo aggrapparci a Enrico Guarnieri che per la prima volta si affaccia nel Continente con la sua partecipazione al film “Natale col boss”, con un cast di attori di tutto rispetto. Poi, niente di nuovo. C’è da dire che il dialetto pugliese conosce una fase for-tunata al cinema. Ovviamente anche grazie a Checco Zalone. Il quale proprio sui migliori indirizzi dialettali, che restano il cardine della commedia italiana, edifica una sua personalissima formula espressiva, dove il graffio è morbido ma incisivo, la battuta e il gusto della gag si esprimono sempre al momento giusto, con cadenze ragionate, tempi comici meditati. Si potrebbe dire altrettanto del dialetto catanese se non fosse orfano oggi di interpreti e autori capaci di uscire fuori dagli schemi martogliani o dei Musco, o dalle farse a suon di equivoci. Occorrono delle novità e queste non arrivano o rimangono nascoste.Zalone ha una sua tipicità, come Leo Gullotta, ad esempio. Lo stesso Guarnieri che ha esordito con il fortuna-to “Litterio”… Perché i grandi comici hanno sempre stabilito un punto di osservazione specifico sul loro con-temporaneo sociale. Aspettiamo speranzosi che si affacci una nuova stella che non sia il comico/animatore da villaggio la cui comicità a mio avviso ha inquinato gli ultimi vent’anni di umorismo nella nostra provincia. Che sia un comico dalle battute non scontate. Il cabaret si è ridotto ancora una volta a quel regionalismo che è la tara della comicità italiana, e ce la portiamo dietro dalla commedia dell’arte. Occorrono comici etnei accessibili (non in senso linguistico) a tutti. E allora il biglietto per attraversare lo stretto sarà facile conqui-starlo.

L’ANGOLO diCARMELO DI MAURO

ZALONE, IL MERIDIONE, È UNA CATANIA CHE NON FA RIDERE PIÙ

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