4
4 LUNEDÌ 15 GIUGNO 2015 Maroni, Zaia e la caccia allimmigrato LENNESIMA PROVOCAZIONE Via subito tutti i profughi at- tualmente collocati in tutte le località turistiche del Veneto e basta nuove allocazioni. Equesto il senso di una lettera ufficiale inviata venerdì dal presidente della Regione del Veneto Luca Zaia a tutti i Prefetti del Veneto, nella quale il governatore si fa por- tavoce degli allarmi, dei timori e degli appellia lui rivolti da sindaci, cittadini e imprenditori del turismo Veneto, che vedono minacciato il buon esito della stagione estiva dallinvio di pro- fughi, già avvenuto in varie località. Dopo che il governatore lombardo Roberto Maroni ha ribadito che saranno premiati i Comuni che non accolgono gli stranieri, si allarga dunque il fronte anti-immigrazione al Nord, alimentato anche dalle situazioni di Roma e Milano. Zaia è evidentemente sulla stessa linea di Maroni, e teme che COME TANTE SLOT MACHINE. CHI SCAPPA DALLA SIRIA O DAGLI ORRORI DELLA LIBIA, NON SA CHE DA SUBITO SI TRASFORMERÀ IN UNA MACCHINA CHE PRODUCE DENARO SPORCO di Enrico Fierro L uomo che barcolla confuso sul molo di uno dei tanti porti italiani dove sbarcano le mille disperazio- ni dellaltra sponda del Me- diterraneo, e che vedete ag- guantare una bottiglia di mi- nerale e bere lacqua per dis- setarsi, certo, ma soprattutto per inebriarsi del sogno della libertà conquistata e illudersi di un benessere a portata di mano, non lo sa. Non sa che dal momento in cui ha deciso di lasciare il suo villaggio in Senegal, o in Eritrea, di fug- gire dallinferno della Siria, o dagli orrori della Libia, si tra- sforma in una macchina che produce soldi. Tanti, tantis- simi, molto di più di quanti lui stesso possa immaginare. Pagherà per ogni passaggio della sua avventura, dalla traversata nel deserto allarrivo sulle coste libiche. Se per strada la carovana di furgoni e fuoristrada che lo trasporta insieme a migliaia di altri sventurati come lui dovesse incontrare miliziani, pre- doni, banditi, dovrà pagare una tangente per non essere ucciso. Se gli va male sarà derubato delle misere cose che ha con sé. Arrivato in una delle tante tortughe libiche in mano ai mercanti di carne umana, dovrà aspettare lok allimbarco in luridi capannoni messi a disposizione dallorganizzazione. E pagare ancora. Infine la traver- sata, un ultimo ticket per larrivo in Italia. Sicilia e Ca- labria. Qui sarà assistito sulla banchina del porto da medici, infermieri e volontari, interrogato dalla polizia si dichiarerà richiedente asilo. Da quel momento la sua posizione cambierà, il suo essere macchina che produce soldi raggiungerà lapice. Fino a questo punto del viag- gioha fatto guadagnare lorganizzazione, dal momento in cui varcherà i cancelli del Cara di Mineo, Catania, diventerà una slot-machine dalla vincita assicurata e ga- rantita dallo Stato italiano, per un sistema di affari col- laudatissimo. Appalti, soldi, gente da assumere, clientele da soddisfare, voti da spendere alle elezioni. Le inchieste di questi giorni su Mafia Capitale e sul sistemaCa- stiglione, offrono una letteratura abbondante. Ma se il nostro, annoiato dalla estenuante attesa in quel campo dovesse decidere di fuggire, cosa peraltro facilissima, di attraversare lo Stretto, arrivare a Reggio Calabria e ri- salire la Penisola per andare al Nord ma fermandosi a Rosarno per la raccolta di clementine e arance, allora il discorso cambia ancora. Perché ora i soldi che produce non vanno più alla mafia dei trafficanti, né alle fameliche clientele politico affaristiche italiane, ma alle voraci mul- tinazionali che producono aranciate e bibite gassate. Lui non lo sa, lui ha attraversato il Mediterraneo su una barca fradicia alla ricerca di un pizzico di libertà, lui voleva lEuropa ma ha incontrato nuovi inferni. Il mediatore di nome Bachir Ma a questo punto, se davvero vogliamo capire, bisogna riavvolgere il nastro e tornare alla notte che Ammar A T., nato a Damasco nel 1972, figlio di Khaled e Souad, e con in tasca un valido passaporto siriano, decide di con- quistare il suo pezzo di Europa. Ha lasciato il suo Paese e da due anni è in Libano, vive di stenti, si arrangia. Suo fratello Mohammed gli manda i soldi per comprarsi un biglietto aereo per Addis Abeba, da qui, con mezzi di fortuna, arriva in Sudan, a Kartoum. Gli avevano detto che in città cera un mediatore di nome Bachir che or- ganizzava viaggi verso lEgitto. Un migliaio di chilometri direzione nord nel cuore del Sahara. Eravamo in 28, Bachir ci chiese 600 dollari ciascuno, ci caricò tutti su una Land Cruiser e partimmo. Avevamo poca acqua e del cibo. Altre centinaia di chilometri e altro deserto, perché dalla frontiera egiziana Ammar e gli altri ven- gono portati al confine libico e poi con un altro fuo- ristrada nella città di Ajdabya, Cirenaica. Qui un alto ufficiale della polizia libica ci chiede 900 dollari come saldo del viaggio dalla frontiera egiziana, più 500 dollari per raggiungere la costa. Paghiamo e ci caricano su un camion con il fondo modificato, con quello ci portano in una fattoria sulla spiaggia dove ci fer- miamo per cinque giorni in attesa di es- sere imbarcati. La sera che ci hanno dato lok per andare in Italia un tale di nome Rafou, che tutti conoscono co- me miglior organiz- zatore di viaggi in Italia, ci ha chiesto altri mille dollari. Fermiamoci un atti- mo, fino a questo momento Ammar ha versato nelle cas- se di mediatori, organizzatori e scafisti qualcosa come 3mila dollari. Il reddito medio pro-capite in Siria prima della guerra civile è di 2410 dollari. Con il ticket pagato profumatamente, può salire su un peschereccio di circa 20 metri insieme ad altre 700 persone, donne, uomini giovani, tanti bambini, hanno solo un metro a dispo- sizione. I meno fortunati vengono chiusi nel vano mo- tore, il caldo è insopportabile, il tanfo dei corpi sovrasta il puzzo del diesel, non si respira. Un uomo, malato di Tutti i soldi rubati per ogni migrante INFERNO E QUATTRINI LE TARIFFE. IL RACCONTO: ERAVAMO IN 28, CHIESERO 600 DOLLARI CIASCUNO PER ATTRAVERSARE IL SAHARA SU UNA LAND CRUISER. AD AJDABYA LA POLIZIA LIBICA HA VOLUTO 900 DOLLARI COME SALDO DEL VIAGGIO PIÙ 500 DOLLARI PER RAGGIUNGERE LA COSTA

Il fatto pagine 4 7

Embed Size (px)

DESCRIPTION

 

Citation preview

Page 1: Il fatto pagine 4 7

4 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ

Maroni, Zaiae la caccia

all’i m m i g ra to

L’ENNESIMA PROVOCAZIONE Via subito tutti i profughi at-tualmente collocati in tutte le località turistiche del Veneto ebasta nuove allocazioni. E’ questo il senso di una lettera ufficialeinviata venerdì dal presidente della Regione del Veneto Luca Zaiaa tutti i Prefetti del Veneto, nella quale il governatore si fa por-tavoce “degli allarmi, dei timori e degli appelli” a lui rivolti dasindaci, cittadini e imprenditori del turismo Veneto, che ”ve d o n o

minacciato il buon esito della stagione estiva dall’invio di pro-fughi, già avvenuto in varie località”. Dopo che il governatorelombardo Roberto Maroni ha ribadito che saranno “p re m i a t i ” iComuni che non accolgono gli stranieri, si allarga dunque il fronteanti-immigrazione al Nord, alimentato anche dalle situazioni diRoma e Milano.Zaia è evidentemente sulla stessa linea di Maroni, e teme che

COME TANTESLOT MACHINE.CHI SCAPPADALLA SIRIAO DAGLI ORRORIDELLA LIBIA,NON SA CHEDA SUBITO SITRASFORMERÀ INUNA MACCHINACHE PRODUCEDENARO SPORCO

di Enrico Fierro

L’uomo che barcollaconfuso sul molodi uno dei tantiporti italiani dove

sbarcano le mille disperazio-ni dell’altra sponda del Me-diterraneo, e che vedete ag-guantare una bottiglia di mi-nerale e bere l’acqua per dis-setarsi, certo, ma soprattuttoper inebriarsi del sogno dellalibertà conquistata e illudersidi un benessere a portata dimano, non lo sa. Non sa chedal momento in cui ha decisodi lasciare il suo villaggio inSenegal, o in Eritrea, di fug-gire dall’inferno della Siria, odagli orrori della Libia, si tra-sforma in una macchina cheproduce soldi. Tanti, tantis-simi, molto di più di quantilui stesso possa immaginare.Pagherà per ogni passaggiodella sua avventura, dalla traversata nel deserto all’arrivosulle coste libiche. Se per strada la carovana di furgoni efuoristrada che lo trasporta insieme a migliaia di altrisventurati come lui dovesse incontrare miliziani, pre-doni, banditi, dovrà pagare una tangente per non essereucciso. Se gli va male sarà derubato delle misere cose cheha con sé. Arrivato in una delle tante tortughe libiche inmano ai mercanti di carne umana, dovrà aspettare l’okall’imbarco in luridi capannoni messi a disposizionedall’organizzazione. E pagare ancora. Infine la traver-sata, un ultimo ticket per l’arrivo in Italia. Sicilia e Ca-labria. Qui sarà assistito sulla banchina del porto damedici, infermieri e volontari, interrogato dalla polizia sidichiarerà richiedente asilo. Da quel momento la suaposizione cambierà, il suo essere macchina che producesoldi raggiungerà l’apice. Fino a questo punto del “v i a g-gio” ha fatto guadagnare l’organizzazione, dal momentoin cui varcherà i cancelli del Cara di Mineo, Catania,diventerà una slot-machine dalla vincita assicurata e ga-rantita dallo Stato italiano, per un sistema di affari col-laudatissimo. Appalti, soldi, gente da assumere, clienteleda soddisfare, voti da spendere alle elezioni. Le inchiestedi questi giorni su Mafia Capitale e sul “sistema” C a-stiglione, offrono una letteratura abbondante. Ma se il“nostro”, annoiato dalla estenuante attesa in quel campodovesse decidere di fuggire, cosa peraltro facilissima, diattraversare lo Stretto, arrivare a Reggio Calabria e ri-salire la Penisola per andare al Nord ma fermandosi aRosarno per la raccolta di clementine e arance, allora ildiscorso cambia ancora. Perché ora i soldi che produce

non vanno più alla mafia dei trafficanti, né alle famelicheclientele politico affaristiche italiane, ma alle voraci mul-tinazionali che producono aranciate e bibite gassate. Luinon lo sa, lui ha attraversato il Mediterraneo su unabarca fradicia alla ricerca di un pizzico di libertà, luivoleva l’Europa ma ha incontrato nuovi inferni.

Il mediatore di nome BachirMa a questo punto, se davvero vogliamo capire, bisognariavvolgere il nastro e tornare alla notte che Ammar A T.,nato a Damasco nel 1972, figlio di Khaled e Souad, e conin tasca un valido passaporto siriano, decide di con-quistare il suo pezzo di Europa. Ha lasciato il suo Paesee da due anni è in Libano, vive di stenti, si arrangia. Suofratello Mohammed gli manda i soldi per comprarsi unbiglietto aereo per Addis Abeba, da qui, con mezzi difortuna, arriva in Sudan, a Kartoum. Gli avevano dettoche in città c’era un mediatore di nome Bachir che or-ganizzava viaggi verso l’Egitto. Un migliaio di chilometridirezione nord nel cuore del Sahara. “Eravamo in 28,Bachir ci chiese 600 dollari ciascuno, ci caricò tutti suuna Land Cruiser e partimmo. Avevamo poca acqua edel cibo”. Altre centinaia di chilometri e altro deserto,perché dalla frontiera egiziana Ammar e gli altri ven-gono portati al confine libico e poi con un altro fuo-ristrada nella città di Ajdabya, Cirenaica. “Qui un altoufficiale della polizia libica ci chiede 900 dollari comesaldo del viaggio dalla frontiera egiziana, più 500 dollariper raggiungere la costa. Paghiamo e ci caricano su un

camion con il fondomodificato, conquello ci portano inuna fattoria sullaspiaggia dove ci fer-miamo per cinquegiorni in attesa di es-sere imbarcati. Lasera che ci hannodato l’ok per andarein Italia un tale dinome Rafou, chetutti conoscono co-me miglior organiz-zatore di viaggi inItalia, ci ha chiestoaltri mille dollari”.Fermiamoci un atti-mo, fino a questomomento Ammarha versato nelle cas-se di mediatori, organizzatori e scafisti qualcosa come3mila dollari. Il reddito medio pro-capite in Siria primadella guerra civile è di 2410 dollari. Con il ticket pagatoprofumatamente, può salire su un peschereccio di circa20 metri insieme ad altre 700 persone, donne, uominigiovani, tanti bambini, hanno solo un metro a dispo-sizione. I meno fortunati vengono chiusi nel vano mo-tore, il caldo è insopportabile, il tanfo dei corpi sovrastail puzzo del diesel, non si respira. Un uomo, malato di

Tutti i soldi rubatiper ogni migrante

INFERNO E QUATTRINI

LE TARIFFE. IL RACCONTO:“ERAVAMO IN 28, CHIESERO600 DOLLARI CIASCUNO PERATTRAVERSARE IL SAHARASU UNA LAND CRUISER. ADAJDABYA LA POLIZIA LIBICAHA VOLUTO 900 DOLLARICOME SALDO DEL VIAGGIOPIÙ 500 DOLLARI PERRAGGIUNGERE LA COSTA”

Page 2: Il fatto pagine 4 7

4 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ

25 EUROLA CIFRA CHE

GUADAGNANO NEICAMPI AL GIORNO

TRE EURO vanno al caporale, elavorano dall’alba al tramonto,se sceglierà di essere pagatocosì. Perché altri “p a d ro n i ” of-frono contratti diversi: 1 euro a“cascione” per le arance, 0,50cent per le clementine.

diabete, chiede soccorso, lo tiranofuori, l’aria che respirerà sarà l’u l-tima della sua vita. Dopo sette orein mare aperto, Ammar e i suoicompagni di sventura vengono av-vistati da una nave della Marinamilitare italiana. E’ la salvezza. Abordo vengono medicati, dissetati erifocillati. Mentre la prua punta sulporto di Reggio Calabria.Qui Ammar si ferma pochi giorni,ha dichiarato di essere fuggito dallaguerra, è un richiedente asilo. L’i n-terprete e il mediatore culturale glispiegano che si fermerà poco nelCpsa (Centro di primo soccorso eaccoglienza) e che presto sarà tra-sferito a Mineo, in Sicilia, dove re-sterà massimo 35 giorni, il temponecessario per il riconoscimentodella protezione internazionale, loprescrive la legge. Quando dopopochi giorni il nostro arriva in queldeserto italiano dove spunta il Caradi Mineo, capisce che per lui l’i n-ferno ha solo cambiato latitudine.In quelle 400 villette che una voltaospitavano le famiglie dei marinesya n ke e dovrebbero esserci massimoduemila persone. Ce ne sono piùdel doppio. Stipate in stanzette do-ve dormono in sette. Poco male,pensa, qui ci starò solo 35 giornicome ha detto l’interprete. Ma sisbaglia, perché la permanenza me-dia a Mineo è di gran lunga su-periore, 18 mesi. Ammar a questopunto non sa che lui è diventatouna slot-machine dalla vincita as-sicurata. Se butterà l’occhio su unodi quei talk televisivi che ogni seraparlano della vita svaccata dei“clandestini”, dei loro alberghi acinque stelle e dei 40-45 euro algiorno che lo Stato gli mette in ta-sca, affonderà le mani nei capelli, si

frugherà nelle tasche e non troverà un euro. Solo unapocket money, una carta magnetica intestata a suo no-me, del valore di 3,50 euro. Potrà spenderla per com-prare del cibo nei supermarket della zona, quello delcentro lo giudica immangiabile, per collegarsi a internete mandare dei messaggi alla famiglia, per acquistare cosenei mercatini clandestini allestiti all’interno del centro.Insomma, alimenterà una piccola economia. Ben pocacosa rispetto al grande business di Mineo. Per Ammar loStato italiano spenderà 34,60 euro, facendo due ope-razioni alla buona e calcolando una media di 4mila ospitifanno 138400 euro al giorno, 4milioni 152mila al mese,quasi 50 in un anno. Un affare per il Consorzio chegestisce il centro, equamente distribuito tra Lega Coop,cooperative bianche, La Cascina. L’inchiesta sul sotto-segretario Giuseppe Castiglione, sta portando alla luceun giro di mazzette e aste farlocche. Ma Ammar non sa.Non conosce Salvatore Buzzi, quello che “con gli im-

migrati si fanno più soldi che con la droga”, ignoral’esistenza di Luca Odevaine quello che “se me dai centopersone, facciamo un euro a persona…”. Lui e gli altridisgraziati che hanno visto la morte in faccia, di notte, inbalia di scafisti senza anima e di onde troppo alte per leloro barche sfasciate, ignorano di essere i soggetti di ungrande business. Per contratto e capitolato d’appalto, ilsuo pasto è di 150-200 grammi di pasta o riso al giorno,più un secondo di carne, massimo 200 grammi, frutta eacqua, e questo deve bastare, perché l’affare dell’ e m e r-genza clandestini, come amano chiamarla i leghisti, fa-scisti e opinionisti che sulla paura fanno lievitare ascoltie compensi, frutta dai 700 agli 800 milioni l’anno.

Col “p a d ro n e” nei campi sicilianiLa storia di Ammar continua. Non ce la fa più ad aspet-tare, il tempo nella landa di Mineo non passa mai. Hacon conosciuto M. Da, un ragazzo senegalese che haspeso 420mila franchi (quasi 650 euro) per arrivare inItalia (stipendio medio in Senegal, 300 euro, costo di unvisto fino a 6mila), vuole solo fare un po’ di soldi etornare nel suo villaggio per la festa del Tabaski in mac-china. Questo è il suo sogno. E allora gli dice di scappare,di passare lo Stretto e di arrivare fino a Rosarno, perchéda novembre fino in primavera si possono fare un po’ disoldi con le arance e le clementine. Ammar lo segue,dormirà in una tendopoli fetente e all’alba aspetterà il“caporale” che lo porterà nei campi. A lui darà una parte,tre euro, dei 25 che guadagna lavorando dall’alba altramonto, se sceglierà di essere pagato così. Perché altri“padroni” offrono contratti diversi: 1 euro a “cascione”per le arance, 0,50 cent per le clementine. Qualcosina inpiù del “fisso”, tenuto conto che ogni “cascione” puòcontenere fino a 20 kg di prodotto. Più ti spacchi laschiena per raccogliere i frutti a terra, più guadagni. Unaparte di quei soldi Ammar e il suo amico senegalese limetteranno da parte, gli altri li spenderanno nei su-permercati della zona per comprare cibo e bevande, enegli iternet café per comunicare con i familiari. In-somma, anche a Rosarno, alimenterà una piccola eco-nomia in parte legale, negozi e supermarket, in partecriminale (i caporali) e i padroni degli aranceti che pos-sono disporre di manodopera a bassissimo costo e sem-pre al nero. Ci perde lo Stato che non vede un centesimodi contributi versati nelle casse dell’Inps. I “padroni”,figure singolari, sfruttatori e sfruttati allo stesso tempo.Per un chilo di arance incassano, stando ai dati dellaColdiretti, meno di 7 centesimi al chilo, una miseria se sibutta un occhio agli scaffali dei supermarket che espon-gono lucide lattine di aranciata al prezzo di 1,30 euro.Chi ci guadagna? Le grandi multinazionali che smer-ciano in tutto il mondo le aranciate fatte col sudore deglischiavi di Rosarno. Ma tutto questo Ammar non lo sa.Una sera si ferma ad un bar con la tv accesa, vede unsignore ben vestito e pasciuto che intervista altri comelui, sente dei 35-40-45 euro al giorno che lo Stato italianogli mette in tasca senza chiedergli nulla in cambio, fissagli occhi spiritati del politico con la felpa che parla dialberghi a cinque stelle con vasca idromassaggio dovealloggiano disgraziati come lui, vede la gente del barapplaudire. E va via verso la sua tenda lercia e fredda.Domani è un’altra alba, altri quintali di arance da rac-cogliere.

I GUADAGNI. PERCONTRATTO E CAPITOLATOD’APPALTO, A CIASCUNODI LORO TOCCANO 150-200GRAMMI DI PASTA ALGIORNO PIÙ 200 GRAMMIDI CARNE. MA PER CHIIL BUSINESS LO GESTISCEL’AFFARE FRUTTA DAI 700AGLI 800 MILIONI L’ANNO

l’emergenza migranti possa essere “un boomerang sulle pre-notazioni a causa delle pubblicità negativa che i media inter-nazionali sono pronti a rilanciare su vasta scala avvantaggiandoi Paesi confinanti”.La paura di Zaia è che la stagione turistica, “iniziata sotto unacongiuntura favorevole”, rischi, “a causa degli allarmismi de-rivanti da una simile situazione di emergenza, di venire irri-

mediabilmente compromessa”.Il governatore del Veneto, nella sua lettera ai Prefetti, ricorda cheil Veneto è la prima Regione turistica d’Italia e la sesta d’E u ro p a .Un primato - scrive in proposito il presidente - che “non valesoltanto come medaglia da esibire. Ma significa sviluppo eco-nomico e occupazione che non possono essere compromes-si”.

SE È VITAAl centrodella paginaun gruppodi immigraticl an d e s t i n ialla stazioneTi bu r t i n adi Roma; in al-to, in senso ora-rio: in fuga permare, arrivatia Lampedusa,mentre scappa-no dal Caradi Bari e infinenei campidi lavoro Ansa

Page 3: Il fatto pagine 4 7

6 LUNEDÌ 15 GIUGNO 2015 IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ

Mondialia n t i ra zz i st i ,qui si gioca

formate da immigrati di diversanazionalità, squadre provenien-ti da zone di guerra divise et-nicamente, oppure formate dagruppi di ultras provenienti daogni parte d’Europa e decisi adimostrare che il tifo non è solo

ziativa, ideata dall’Uisp conl’Istituto storico per la Resisten-za di Reggio Emilia, nasceva daun’idea controcorrente: quelladi organizzare una manifesta-zione sportiva che radunasseattorno a un pallone squadre

UN ANNO FA persino la città diMilano aveva chiesto di poterliospitare. Tutti li vogliono. IMondiali antirazzisti però re-steranno per il 19esimo annoconsecutivo in Emilia, a BoscoAlbergati, nel modenese. L’ini-

di Virginia Della Sala

Era il 1992, avevo 20 annie già da un po’ moltimiei amici erano emi-grati dal Perù per cerca-

re opportunità migliori”: Lilia-na Ocmin, oggi responsabile delcoordinamento giovani, donnee migranti della Cisl, in 20 anniha realizzato i suoi sogni affian-candoli all’impegno sociale: si èlaureata in legge, ha ottenuto iprimi incarichi assegnati a don-ne straniere nel sindacato, ne hascalato la struttura e ha raggiun-to posizioni di vertice. Ma, pri-ma di tutto, è stata una migran-te. Arrivata senza permesso disoggiorno.Ocmin, ricorda come ha rag-giunto l’Italia vent’anni fa?Come potrei dimenticarlo? Èstata una di quelle esperienzeche ti segnano. Ricordo ancoradi aver portato con me un enor-me peluche: partii con una va-ligia e un peluche. Sapevo giàcome fare perché due mie sorel-le erano in Italia. Una con un re-golare permesso, l’altra era irre-golare. Quindi conoscevamotutti i passaggi: presi un volo perla Germania dove due cugini miospitarono. Loro mi accompa-gnarono a prendere il treno perraggiungere il confine con laSvizzera, a Lugano, dove ci sa-rebbe stato qualcuno ad aspet-tarmi per poi farmi entrare inItalia. Non ho mai capito comefunzionasse: mi arrivavano tan-tissimi messaggi e numeri dachiamare. Lascio immaginarequanto sia stato difficile: era il’92, i telefonini non erano dif-fusi.E chi trovò ad aspettarla?Mi dissero: “Troverai una don-na con un cappello”. E in effettic’era. Mi portò a casa sua in si-lenzio, non disse una parola, macapii che parlava benissimo ita-

liano. Da casa mi accompagnòpoi al confine. Lì fui affidata aun uomo che mi caricò in autoper farmi entrare in Italia.La terza fase del viaggio...Sì. E anche di questa parte ricor-do il silenzio. Lui non parlava. Ioavevo il mio peluche accanto eper farmi forza, mentre attraver-savamo campagne buie e stradi-ne tra le montagne, gli dicevo“sono figlia di un militare, miopadre sa che sono qui”. Avevopaura, mi facevo forza, ma erainutile. Se avesse voluto, avrebbepotuto fare ciò che voleva e nes-suno se ne sarebbe accorto.E invece?Siamo arrivati al confine, c’era -no gli addetti ai controlli. Lui miha detto: “se ci fermano, non ticonosco. Ti sto solo dando unpassaggio”. Ma non ci hannofermato. Forse erano al corren-te di tutto. Si sono scambiati uncenno e un’occhiata e siamopassati indisturbati. E ho presoil mio treno verso Roma.Il viaggio era finalmente finito?In teoria sì. Appena arrivata a

Roma mia sorella mi fece subitoentrare nel ruolo di venditriceambulante di monili peruviani.Vivevamo in una casa con tantialtri migranti: anche allorac’erano proprietari che lucrava-no sui bisogni di chi arrivava af-fittando appartamenti in quelmodo. Ho resistito poco: io erovenuta in Italia per studiare, vo-levo laurearmi in legge, nellamia mente Roma era la culla deldiritto. E così sono andata via eho preferito lavorare assistendouna signora anziana. Dopo ilprimo colloquio, ho chiesto dipoter avere un permesso di sog-giorno per il lavoro. Volevo stu-

diare. Dopo averlo avuto, sonotornata in Perù e rientrata inItalia regolarmente. Forte delmio permesso. E ho fatto anchetre lavori per laurearmi: ho stu-diato di notte e tanti sacrifici. Emi sono stati utili. Hanno for-mato il mio carattere.Come mai, lei e le sue sorelle,avete scelto l’I t a l i a?Dopo aver chiesto informazio-ni a tutte le ambasciate chec’erano in Perù, e le ho giratedavvero tutte, ci siamo accorteche l’Italia era il Paese che pre-tendeva il minor numero di re-quisiti per rilasciare il permessodi soggiorno. Anzi, non ne ri-

chiedeva alcuno. Per andare inCanada, ad esempio, si dovevanecessariamente conoscerel’inglese.Quanto le è costato il viaggio?Al tempo 500 dollari. Ma oggi itrafficanti di esseri umani sifanno pagare anche 15mila dol-lari.Che differenza c’è tra ieri e og-gi?Prima guadagnavano solo ladonna col cappello e l’ominoche mi ha accompagnato in au-to. Oggi il traffico di esseri uma-ni è un business internazionaleche vale come quello degli stu-pefacenti. Ci sono ramificazio-

ni e ingranaggi da oliare e nonmi riferisco solo ai trafficantisui barconi. Il sistema è tuttosbagliato. Bisognerebbe distin-guere tra immigrazione econo-mica e immigrazione umanita-ria, creare cordoni umanitariper garantire a chi ne ha il di-ritto il suo status di profugo esensibilizzare di più sulla que-stione dell’integrazione. Chepotrà davvero esserci soloquando si riconosceranno tutti idiritti delle seconde generazio-ni e quando gli stranieri in italiaavranno il riconoscimento delvoto amministrativo, attivo epassivo.

LILIANA OCMIN

“Unico indizio: trovala signora col cappello”

INFERNO E QUATTRINI

ANCHE LEI FUC L A N D E ST I N AADESSO È UNADIRIGENTEDELLA CISLCON TANTO DILAUREA: UNR ACCO N TOTRA SEGRETI,T R A F F I CA N T I ,SOLDI E PAURA

SINDACALISTA CISL Liliana Ocmin è un diri-gente del sindacato; in basso uno dei barconi arrivatiin Italia in questo periodo Ansa

razzismo. Così, con il passa-parola, dalle otto squadreiscritte nel primo anno, con intotale 80 partecipanti, si èpassati ai 7mila iscritti e allecentinaia di squadre di pal-lavolo, pallacanestro, calciodel 2014. Nelle passate edi-zioni non sono mancati i mo-menti significativi: nel 2006una squadra di Tel Aviv hagiocato con in campo atletiebrei e arabi; nel 2007 unarappresentativa di Sarajevoaveva tra le sue fila ragazzibosniaci, croati e serbi. E poiquesta è forse l'unica occa-sione a livello internazionaleper imbattersi in una partitatra una rappresentativa Rome una di rifugiati politici. Per il2015 si terrà dall’1 al 5 luglio,per informazioni: w w w. m o n -d i a l i a n t i ra zz i s t i .o rg .

David Marceddu

Page 4: Il fatto pagine 4 7

7IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ LUNEDÌ 15 GIUGNO 2 01 5IL RACCONTO

Qualcuno mi aveva

detto: parti vai verso

Nord, e là, la soluzione.

Nasci in qualunque parte

del mondo e non capisci

più niente. Non sai da

che parte andare, come

ti devi regolare, chi sono

gli amici e i nemici

Tu chiamalo viaggio

Scappo dall’I n fe r n o,ma dov’è il Pa r a d i s o ?

IL RACCONTO

di Mimmo Calopresti

Pensavo e camminavo.Stavo attraversando ildeserto. Camminavo epensavo, intanto le im-

magini che mi ero incameratonella testa svanivano, non mi ri-cordavo più cosa avevo lasciatoalle mie spalle. Non mi ricordavopiù niente da quando vivevo im-merso in quel bagliore che toglie-va definizione al mondo. Ognitanto come una saetta arrivavanella mia testa un’immagine vio-lenta che mi attraversava tutto ilcorpo e mi faceva tremare, mi do-vevo fermare per rallentare il bat-tito cardiaco, avevo paura di sve-nire. Una guerra forse due guerreun paese e tanti altri paesi, re-gioni e territori, armi e uccisionimi riempivano la mente. Cam-minavo e non sapevo dove an-davo. Ma speravo e pregavo easpettavo di arrivare da qualche parte. Qualcunomi aveva detto parti vai verso nord, e là, lasoluzione. Nasci in qualunque parte delmondo e non capisci più niente. Non sai dache parte andare, come ti devi regolare, chisono gli amici e i nemici. Tutto diventa ne-buloso, melma non identificata, sparisconole palizzate che ti salvano dal baratro e co-minci a vagare in una galassia interstellare.Se scappi dall’inferno, non sei sicuro di fi-nire in paradiso un giorno qualcuno mi hadetto. Prima era facile Nord, Sud, Est, Ove-st. Bastava una bussola a quelli come me, epuntavi nella direzione che ti poteva cam-biare la vita. Tutto sempli-ce: Sud caldo e nord freddo,Ovest vicino, Est lontano.Almeno io la pensavo così edero tranquillo, il battito del miocuore era regolare. La luce con-tro il buio, il bianco e il nero lacoscienza e l’incoscienza. Mapoi tutto si è complicato, dipen-de da dove nasci, chi è la madreche ti partorisce, qual è la terrache calpesti il mare che navighi.Se nasci in Siria o Libia o ancorain molti altri posti non sai conchi stare da che parte andare. Sestai su un confine, dall’altraparte sicuramente c’è un vicinoche è diverso da te. Un giornodi un secolo fa, ormai, la miaamica Anja, bosniaca che fug-giva insieme al marito per sal-varsi dalla guerra, venne arre-stata dai suoi compagni di Uni-versità, erano Serbi. Contentadi aver trovato la salvezza, glicorse incontro per abbracciarli. Venne violentatae suo marito rinchiuso in campo di concentra-mento. Quei bastardi odiavano i mussulmani e ibosniaci e si erano dimenticati di aver frequentatoe apprezzato magari anche corteggiato quellacreatura fragile e indifesa che chiedeva solo pro-tezione.Anja è ancora viva ma piange tutto il giorno. Èancora mussulmana, ma non crede più a niente, ilpaese che abita è il dolore infinito. Suo marito sel’è cavata , anche se una guardia gli ha staccato ildito pollice, con un colpo di un manico di fucile,non piange e spera prima o poi di vendicarsi. Nonlo farà, lo sa che non ce la farà a farlo. Ma l’idea dipoter un giorno ammazzare come cani quei serbi,

lo aiuta a controllare larabbia che agita il suocorpo, mentre guardacrescere suo figlio, inun quartiere di unpaese che non cono-sce. Il cortile di ce-mento che è davantialla sua casa ora è ilsuo paese. Le nazioni,gli imperi, le granditerre si sono perse persempre, non si sa dovesono finiti. Sull’altaredella territorialità so-no stati sacrificati igiovani corpi di guer-rieri bambini. Il mon-do sembra sempre piùpiccolo. Tutto si smi-nuzza intorno a noi,appartieni a piccolispazi territoriali chesono la ristrettezza dipensiero, di azione, di

scelta, di conoscenza. Sempre più difficile. Poiarrivano quelli che vogliono riappropriarsi delleorigini e delle tradizione e tu rimani spiazzato tisenti incapaci di aderire a qualcosa di così in-comprensibile e lontano. Ci sei, cerchi di capire,ma non conti, c’è qualcuno che analizza per te, chepredica e ti indirizza. Santoni e predicatori sannotu no, non capisci sei stupido e stupito dell’energiadistruttiva degli altri. Rimani solo. Io ho deciso diessere da solo, di attraversare questo deserto connient’altro che me stesso Notti gelide e giorni in-fuocati. Le impronte alle mie spalle sparivano edinsieme a loro nella mia testa si cancellavano leimmagini della mia vita. Il vento le portava via.

Una gomma che non avevo mai posseduto nellacartella della mia infanzia con fretta senza pre-cisione cercava di cancellare un mondo che orasembrava non appartenermi, dopo un po’ non miricordavo niente del mio passato della mia terrad’origine. I volti della mia famiglia erano neutriuguali a tanti altri, senza segni senza appartenen-za, non mi somigliavano, mi ricordavo solo dellapurezza del loro cuore e nient’altro. Il vento qual-che volta mi portava nelle narici l’odore del san-gue di qualcuno che era morto in battaglia. Miricordavo il colore della pelle dei cadaveri chesembravano contemporaneamente bianco e neridipendeva dall'angolazione con cui li guardavi.Quando mi fermavo per riposarmi sotto un ar-

busto spinoso che faceva più ombra di una palmao almeno così mi sembrava, fumavo una pipad’argento che mi aveva regalato una guida chefaceva attraversare il deserto della Mauritania aituristi. La riempivo di tabacco e subito dopo seavevo caldo il corpo si gelava e se avevo freddo siintiepidiva, mi toglieva la fame e mi riempiva latesta di ovatta imprigionando i pensieri nel nulla.In quei momenti hai solo bisogno di esserci, sem-plicemente sentirti come gli altri. Ma gli altri in-torno stanno facendo altro , devono conquistareterre, credi religiosi, passato glorioso e ancoramolto altro, non c’è limite ai grandi discorsi allegrandi promesse, alle grandi illusioni. Io no cam-mino e prego. Non ho bisogno di sentirmi comegli altri , di schierarmi in questi momenti. Vogliostare solo. Chi sei? chi sono io chi siamo noi.Io sono quel che sono, è la risposta di DIOsul monte Sinai alla domanda di Mosè chericeve le tavole della legge. Nella Bibbia nonc’è nome per Dio. Usare il nome di Dio èsbagliato, non ha nome il nostro padre su-premo dello spirito e dell’anima. In nomedi Dio in nome di Allah, non si uccide, nonsi comanda, non si violenta nessuno, almassimo si può solo pregare. Ed io prego,respiro meglio e il battito cardiaco si sta-bilizza e il panorama in cui sono immersoviene colorato da un pittore impressionista:i contorni sfumano e invadono lo spaziocircostante, i colori diventano tenui e im-palpabili. Sono solo in questo mondo, sono par-tito da solo, ho fiutato le tracce di chi era passatoprima di me, mi sono cibato dei resti abbandonati,di chi non aveva tempo di fermarsi per bivaccare,doveva correre all’appuntamento con barca chel’avrebbe portato lontano. Ho raccolto i loro do-cumenti per sapere chi ero e arrivare preparato.Ho letto le loro lettere per sapere a chi parlavano,

ho orecchiato i loro saluti e le loro promesse diritrovarsi presto. Il vento mi portava quelle voci eio li custodivo dentro di me. E ora tocca a me. Solodavanti a questo mondo che devo raggiungere.Quando vedo laggiù, il bagliore della luna si in-cunea e si spande sul mare, so che sono arrivato.Ora mi sento pronto ad affrontare il viaggio. Trapoche ore, dall’altra parte di questo mare, ma an-che di questa terra, mi chiederanno chi sono. Cre-devo a questo punto di saperlo. Non è così. Io nonso chi sono. Soprattutto non so chi sono loro. Equesto mi fa paura. Ho ancora una volta pauradegli altri.

Incontri w “Alla fine delle scuole medie avevounito il mio destino con quello di ragazziaristocratici, della borghesia, che si erano illusidi poter fare una rivoluzione, impossibilein un Paese che di rivoluzioni non ne aveva

mai voluto sapere (...) Per reazione mi eromesso a studiare con furia e, invece di trovarela chiarezza che cercavo, avevo aggiuntoconfusione a confusione”da “Io e l’Avvocato - Storia dei nostri padri”

Chi è

REGISTA E SCRITTOREÈ nato a Polistena nel 1955. Al-l'inizio degli anni Novanta iniziala sua collaborazione con la Rai,per la quale realizza “Paolo haun lavoro” (1991) e “Paco eFra n ce s c a ” (1992). L'esordio ci-nematografico è del 1995,quando realizza “La secondavo l t a ”, con Valeria Bruni Tede-schi. Nel 2013 pubblica il suoprimo libro: “Io e l'Avvocato -Storia dei nostri padri”, editoda Mondadori.

M i s te roN cd perle viedi Lucca

VOX POPULI

di Alessandro Ferrucci

LUCCA Serata estiva, tu-risti passeggiano, nessu-na macchina fotografica,bastano i cellulari. Afatanta. Alle nove e mezzotutti in tavola, magari instrada, e a chi cena in unodei ristoranti del centro,tra un bicchiere di vino eun tortello, domandia-mo: cos’è l’N cd ?Maria, 64 anni, inse-gnante. “Oh Franci, macosa dice costui?”.Fra n ce s c a , 38 anni, ma-nager. “La piazza centraleè dietro l’a n go l o”. Bene,fa piacere, ma chiedevoco s ’è l’Ncd. “Non capi-sco, intende il partito diA l fa n o? ”.Vi n ce n zo, 43 anni, im-prenditore. “D ov ’è la fre-ga t u ra? ” Da nessunaparte, è solo una doman-da. “Ah... Ncd... (S i l e n z i o,mano sulla bocca). Nondire cazzate!”M i r ko, 43 anni, amico diVincenzo. “Ma no! Micati ha detto Ndc!”. Vincen-zo: “Vabbè, è uguale”.Eva , 39 anni, moglie diVincenzo. “Non urlare, ilbambino dorme”.Michele, 38 anni, archi-tetto. “Se non sbaglio è ilpartito di quel ministro,oddio non ricordo il no-me. Ma sì, quello che sta-va con Berlusconi ed èp e l a to”.U b a l d o, 45 anni, impie-gato. “Io sono di Livorno”.E allora? “Non mi hachiesto dov’è quella co-s a? ”.G i u l i o, 46 anni, avvoca-to. “Sono di Forza Italia, eda sempre. Vuole che ledica chi è Alfano? Megliodi no, altrimenti lo scrivee quel tipo mi querela”.L u c i a n o, 36 anni, profes-sione ignota. “Abbiamogià ordinato, grazie”. Nonsono il cameriere. “E al-lora cosa vuole?”.C h i a ra , 43 anni, nego-ziante. “Una marca di te-l ev i s o r i ? ”. No, un partitopolitico. “Ah, e da quan-d o? ”. Il leader è ancheministro. “Ah, sì, ho ca-pito, ma è quello che sta-va con Berlusconi?”.Co n s u e l o, 49 anni, me-dico. “Ho bevuto troppo,non la capisco”.Pa o l o, 55 anni, liberoprofessionista. “Sono co-munista, oggi più di ieri,certi nomi manco li pro-n u n c i o”.Fe d e r i co, 19 anni, stu-dente universitario. “Od-dio, sembri il mio babboquando vuole dimostrareche non so un cazzo dellavita”.

Twitter: @A_Ferrucci

SUL SET Mimmo Calopresti durante una regia Ansa