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LA VOCE DELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA BRESCIA APRILE MAGGIO GIUGNO 2011 2 Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27/02/2004 n° 48) art. 1, comma 2, DCB Brescia

La Voce della Compagnia n. 2 - 2011

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perdiodico di informazione della Compagnia di S. ANgela di Brescia

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LA VOCEDELLA COMPAGNIA DI S. ANGELA • BRESCIA

APRILE • MAGGIO • GIUGNO 2011

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VOCEDELLA

COMPAGNIA DI S. ANGELADI BRESCIA

APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2011

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Via F. Crispi, 23 - 25121 BresciaTel. 030/295675-3757965 c/c postale n. 12816252

Nihil obstat quominus imprimatur

Aut. del Trib. di Brescia n. 24/69 del 5 sett. 1969Direttore responsabile: D. Antonio Fappani

Tipografia: Alfa - Brescia

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003(conv. L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Brescia

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“Secondoi disegni di Dio”11

- Lo Spirito Santo continua-mente assiste la Chiesa affin-ché attui la missione affidatale

dal Signore: essere nel mondo segnodi Cristo crocifisso e risorto, stru-mento di salvezza per tutti gli uomi-ni mediante l’annuncio del vangelo,la celebrazione dei sacramenti e latestimonianza della carità. E’ un’o-pera mai conclusa. Purtroppo ancheil maligno è sempre all’opera per se-durre l’uomo ferito dalla concupi-scenza della carne e degli occhi edalla superbia della vita e indurlo apreferire “la porta larga e la via spa-ziosa che porta alla perdizione”. Come il seminatore della parabola laChiesa continua a seminare il buonseme, pur sapendo che il nemico asua volta va seminando la zizzania.Ad ogni stagione della storia tra ibuoni frutti eccellono le singolari fi-gure di Santi, mentre la zizzania

La parola del Superiore

† Vigilio Mario Olmi

“Secondoi disegni di Dio”

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La parola del Superiore

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produce frutti amari e velenosi, causando divisioni e lotte, offuscandole coscienze e stravolgendo le conquiste della scienza in strumenti didistruzione e morte. Tra i buoni frutti, insieme al martirio e alla fedeltà umile e sincera, vasegnalata la scelta della verginità per il regno, accolta come singolaredono dello Spirito Santo. Ne danno testimonianza quelle figure di sa-cerdoti o consacrati o laici, che pur operando in circostanze comples-se hanno tracciato nuovi percorsi, dato impulso all’annuncio del van-gelo e suscitato nuove forme di carità.

22– Singolare è anche il fatto che lungo la storia della Chiesa, emer-gono santi delle diverse classi sociali, uomini e donne, fanciulli egiovani, adulti e anziani, che vivono il vangelo con semplicità e

serenità, e che, proprio per un singolare intervento dello Spirito Santo,suscitano attorno a sé discepoli e testimoni, capaci di fermentare con illievito evangelico la famiglia e la società anche nei secoli dopo la loromorte. In modo sempre nuovo si ripete ciò che S. Paolo annota nella Letteraai Corinzi: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono di-versi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma unosolo è Dio, che opera tutto in tutti: a ciascuno è data una manifestazioneparticolare dello Spirito per il bene comune”(1Cor12,4-7). E questo lo sirileva anche nei periodi di transizione o di crisi per decadenza morale. Come non ricordare a questo riguardo S. Benedetto e S. Scolastica, S.Francesco e S. Chiara?Non è certo un’esagerazione se noi affermiamo che anche S. AngelaMerici, proprio in un periodo di decadenza, sia stata suscitata dalloSpirito Santo per dare un suo singolare contributo al rinnovamento av-vertito da molti. Non si può altrimenti spiegare come una giovane del‘500, rimasta presto orfana e senza particolari aiuti per la sua formazio-ne cristiana, potesse orientarsi a vivere la verginità nel mondo, come“vera ed intatta sposa del Figliuol di Dio”.

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33– Come nel passato anche nel presente possiamo e vogliamocredere, che, alla stessa luce del Cristo crocifisso e risorto, loSpirito Santo sia ancora all’opera. Anche oggi non mancano se-

gni evidenti di singolare testimonianza da parte di sacerdoti, consa-crati e laici che in diversi luoghi sanno vivere con coerenza il vange-lo anche a costo della vita. Non tocca a noi giudicare se e in che modo lo Spirito Santo sta ope-rando per suscitare nuove figure più o meno significative di santitànelle nostre famiglie e nelle nostre comunità. E’ comunque confortante il sapere che lo Spirito Santo è ancora al-l’opera anche nella nostra Chiesa bresciana e che tutti singolarmen-te siamo chiamati alla santità.Nel periodo pasquale la Liturgia ci ricorda che Cristo la sera dellarisurrezione stette in mezzo ai suoi riuniti nel cenacolo e disse loro:“Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi. Det-to questo, soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo”. E che quaranta giorni dopo, “mentre si trovava a tavola con gli apo-stoli, disse loro: Tra non molti giorni sarete battezzati in Spirito San-to…. Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, edi me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Sama-ria e fino ai confini del mondo”. Perciò anche oggi lo Spirito Santoelargisce i suoi doni e chiama ciascuno a lasciarsi guidare per colla-borare a quella nuova evangelizzazione che si concretizza anche nel-la pratica della carità fraterna, attenta alla comunione e alla solida-rietà.

44– In questo solco deve sapersi collocare anche la nostra Com-pagnia, pronta alla voce dello Spirito Santo. Perciò esorto ogni figlia a curare l’atteggiamento di pronta do-

cilità all’azione dello Spirito Santo, per un vero dialogo sponsale conCristo nella preghiera e nella pratica delle virtù, nella vigilanza sul

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proprio carattere, nel curare relazioni fraterne con tutti, incomin-ciando da quelle familiari a quelle con le consorelle e quindi con ifratelli di fede e con quanti si incontrano nella vita quotidiana. Esorto poi ogni gruppo per la sua parte, le commissioni per il pro-prio ambito, il Consiglio di Compagnia secondo il mandato ricevu-to, a non aver altra preoccupazione o altra meta che l’assimilare in-teriormente “quanto importante cosa e qual nuova ed ammirabile di-gnità sia questa”, l’essere cioè “vere e intatte spose del Figliuol diDio”, e perciò invocare lo Spirito Santo a saperla testimoniare all’in-terno della nostra Chiesa e nel contesto complesso e confuso del no-stro tempo. Come ci suggerisce S. Angela, secondo l’insegnamento di Gesù, oc-corre essere vigilanti: i pericoli e le sfide non ci devono trovare dis-tratti o superficiali. Proprio perché stiamo vivendo un periodo molto serio, non possia-mo né cedere alla superficialità, né chiuderci nello scoraggiamento onella rassegnazione.Anche il lavoro avviato per l’aggiornamento del Direttorio raggiun-gerà il suo scopo nella misura che saprà contribuire al risveglio del-la tensione alla santità, a promuovere stima e fiducia reciproca e asostenere la propria testimonianza di amore a Cristo Sposo e per suoamore il nostro servizio alla missione della Chiesa nel mondo. La Compagnia, proprio perché crede che il suo futuro è nelle manidi Dio che l’ha piantata, vuole stimolare le figlie a credere che il pre-sente è affidato anche alle loro mani e al loro cuore. Infine esorto vivamente tutte le figlie a intensificare la propria pre-ghiera, affidandosi con serena fiducia allo Spirito Santo, con i senti-menti di S. Angela Merici e delle Venerabili Girelli.Sarebbe bello che ogni figlia si rivolgesse ogni giorno allo SpiritoSanto usando anche i formulari abituali o liturgici: mi permetto di

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suggerire la preghiera allo Spirito Santo, che si trova pag. 210 delDirettorio. Ci è di conforto l’esortazione di S. Paolo: “Anche lo Spirito viene inaiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in mo-do conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibi-li; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egliintercede per i santi secondo i disegni di Dio”.Possiamo riprendere il nostro cammino con fiducia: “ Se osserveretequeste cose, siccome secondo i tempi e le circostanze vi detterà lo Spi-rito Santo, rallegratevi e state di buona voglia”: il futuro sarà “secon-do i disegni di Dio”.

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La parola della Superiora

IIl Comitato per la revisione del nostro Di-rettorio si è riunito con tutto il Consiglio,lo scorso 27 aprile, per ricevere dalle in-

dicazioni del giurista preposto, mons. GianPaolo Montini, la guida necessaria per unacorretta impostazione del lavoro.Dalle parole di mons. Montini e dal dibatti-to che ne è seguito sono emersi alcuni puntisui quali è importante che tutte riflettiamo.Innanzitutto va sottolineata l’affermazionedel relatore a riguardo della ricchezza dellastoria della Compagnia e il fatto che essa co-stituisca una precisa responsabilità per cia-scuna di noi: reinterpretare la volontà diSant’Angela nel nostro tempo. Che cosa il Si-gnore vuole da noi? La risposta si lega aiproblemi concreti e consiste nel saper con-formare la fedeltà al carisma iniziale con lafedeltà alla realtà della Chiesa attuale, viven-do a fondo il significato della diocesanitàdella Compagnia. Questa duplice fedeltà sta-va al centro della riflessione di Sant’Angelasulla linea da indicare alle sue figlie nella dif-ficile contingenza di un mondo in rapidocambiamento come era appunto il suo e co-me è il nostro, a un ritmo senz’altro più ve-loce: “Tenete l’antica strada e usanza della

In camminoIn cammino

Maria Teresa Pezzotti

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La parola della Superiora

Chiesa, ordinata e confermata da tanti Santi per ispirazione dello SpiritoSanto e fate vita nuova”( Ric. VIII). Restare radicati ai valori perenni,continuamente proposti dalla Chiesa, è l’unico mezzo per dare signifi-cato e garanzia di verità al proprio agire e permette quel continuo rin-novarsi di uno spirito attento che diviene sempre più capace di sceltecostruttive. Gli strumenti che ci suggerisce la Regola e che sono conti-nuamente confermati nei Ricordi e nei Legati sono soprattutto due:l’obbedienza e la preghiera. Infatti se “l’obbedienza è nell’uomo comeuna grande luce che rende buona ed accetta ogni sua azione” ( Regola,cap. VIII) “con l’orazione si impetra da Dio la grazia della vita spiritua-le” ( Regola, cap. V). Proprio questa illuminazione dall’alto, chiesta conincessante preghiera, anima quelle scelte di “vita nuova” che permetto-no di esprimere l’adesione alla Chiesa di oggi.Sant’Angela nei suoi Scritti, più che dettagliate e specifiche indicazio-ni, ci suggerisce uno stile di apostolato fatto di apertura alle esigenzedel fratello, di carità, di rispetto, di sollecitudine rivolta sempre allapersona, con particolare riguardo alle sue esigenze spirituali.In una società come la nostra, in cui, anche sul piano educativo, si mol-tiplicano le iniziative rivolte al benessere materiale dei giovani, e si tra-scurano invece le necessità più autentiche dello spirito umano, il segre-to della “vita nuova” può essere proprio l’esempio di persone che met-tono al centro di ogni loro impegno la coerenza con i propri principi eagiscono in modo da rendere evidente, con serena semplicità, la supre-mazia dei valori spirituali.Carissime, affinché il lavoro finale del Comitato per la revisione del Di-rettorio possa darci suggerimenti concreti che, con l’attenta interioriz-zazione operata da tutta la Compagnia, possano diventare veramente ilmezzo per arricchire anche oggi la Chiesa con il carisma di Sant’Ange-la, è necessario ci sia anche il lavoro personale di ciascuna di noi; lodobbiamo attuare con la continua impetrazione: “Padre, nel nome diGesù, dammi lo Spirito Santo affinché il mio desiderio e la mia volontà,la mia intelligenza e la mia memoria siano orientati solo ad onore, gloriae servizio Tuo. Amen”.

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Alle sorelle ammalate

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Carissime Sorelle,

“Cristo è risorto, è veramente risorto!”

Così hanno cantato i cori nelle nostreChiese; la Liturgia è tutto un tripudio digioia perché Cristo è risorto, perché an-che noi potessimo risorgere con Lui. Maquanta strada dobbiamo ancora fare perraggiungere quella meta!Isaia nel cantico 38 ci conforta e ci esor-ta a rafforzare la nostra volontà per unimpegno più somigliante al Cristo obbe-diente al Padre; per quel tempo che an-cora ci è dato di vivere sulla terra.

“Io dicevo : a metà della mia vita mene vado alle porte degli inferi, sono privato del resto dei miei anni…”

Quanto è buono il Signore con noi; anche in morte è stato fedele al suoprogramma di stare dalla parte di ogni persona, della mia povera per-sona spesso incoerente ai propri impegni. Ci dona ancora tempo pervivere: quanto non lo sappiamo, se non che ogni istante è prezioso perricuperare l’eventuale tempo perduto.Sappiamo però che la vecchiaia non è priva di sofferenza fisica e mo-rale. Soffermandoci ad esaminare quale rapporto abbiamo con la sof-ferenza, la sopporto, la combatto, l’accetto, cerco di sublimarla?E’ proprio vero che, pur vecchi, infermi, doloranti, non siamo inutiliperché Gesù ci vuole accanto a sé per collaborare al suo mistero di sal-vezza: Questo vissuto ci fa essere partecipi di una vita ancora attiva evivificante, ci fa sentire ancora vere sorelle e spose del Cristo che ci

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Alle sorelle ammalate

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ama e che ci aiuta ad amare, ma anche a vivere non solo con la speran-za, ma con la certezza di raggiungere il nostro “Capo nella gloria”.Ho azzardato a dire “certezza”: mi fa esitare un episodio sentito da unparroco il quale era esterefatto per la certezza di andare in paradiso diuna sua parrocchiana, la quale alla soglia dei suoi 90 anni, fa chiamareil parroco perché sente vicina la morte. “Zia Emilia finalmente sta arri-vando il suo agognato sogno” dice il parroco, ed ella raccoglie le sue ul-time forze per dire che ”se il Signore aspettava ancora qualche anno nesarebbe stata felice”. Questo ci fa capire come siamo attaccate alla vitae come abbiamo bisogno di attaccarci a Lui nostro Signore e Sposo,per non rinnegare le nostre promesse e le nostre aspirazioni.Gesù è salito al Padre, ma ci ha promesso il suo Spirito; ”Voi avete ri-cevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo AbbaPadre” (S. Paolo ai Rom.) Non ci ha dato uno spirito di timidezza, madi forza, di amore e di saggezza; ha mandato nei nostri cuori lo spiritodel suo Figlio che grida Abba Padre. (Resp. di Pentecoste)Prendiamoci per mano ed aiutiamoci a raggiungere la gioia del Paradi-so. Fraternamente.

Enrica L.

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Chiesa ed Eucaristia: unico corpo del Risorto

Il tema ci mette di fronte a due realtà immense: il corpo sacramen-tale di Cristo e il suo corpo ecclesiale. E questo proprio nel momen-to culminante della celebrazione: quello in cui, partecipando al ban-chetto e comunicando così al corpo e sangue di Cristo, secondo leparole di Agostino: “Impaginati nel suo corpo diventiamo quello che

riceviamo” (S.Agostino, Sermo 57,7). Eucaristia e Chiesaappaiono così strettamente congiunte, da essere 1’unicocorpo di Cristo. Pensiamo al tema patristico della Chie-sa che nasce dal petto squarciato del nuovo Adamo ap-peso alla Croce. Ora, qui, nei segni sacramentali, è pre-sente proprio il Cristo pasquale: e da lui la Chiesa conti-nua a nascere, splendente di bellezza, senza rughe e sen-za macchia, perché lavata nel suo sangue. Quando poi laChiesa celebra l’Eucaristia, essa diventa “ciò che è”, ilCorpo di Cristo Per mezzo del battesimo e della confer-mazione. infatti, le membra di Cristo sono unte dalloSpirito e innestate sul Cristo. La Pasqua del Capo diven-ta quella delle membra e la Chiesa diventa ciò che è chia-mata ad essere. In termini più semplici: non c’è Chiesasenza Eucaristia. E anche l’inverso è vero: non c’è Euca-ristia senza 1a Chiesa. Quando la Chiesa celebra l’Euca-ristia, l’evento accaduto “una volta per tutte” è attualiz-zato e manifestato. Nella Chiesa locale non c’è allora néuomo né donna, né schiavo né libero, né giudeo né gre-co. Una nuova unità viene comunicata che trascende ledivisioni e restaura la comunione nell’unico corpo delCristo. Essa è “la comunione dello Spirito Santo” che ra-

Spi

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duna i figli di Dio dispersi. Lanovità del battesimo e del cari-sma porta allora tutto il suofrutto. E per la potenza del cor-po e del sangue del Signore,pieno di Spirito Santo, il pecca-to, che non cessa di assalire icristiani facendo ostacolo al di-namismo della “vita per Dio inCristo Gesù” ricevuta al battesi-mo, è guarito. Questo vale an-che per il peccato di divisione,che in tutte le sue forme con-traddice al disegno di Dio. So-no tanti gli elementi presenti nella densità di questo testo. Ne sotto-lineo alcuni.1) Anzitutto l’Eucaristia ha in sé tanta forza, perché in essa è presentel’evento accaduto una volta per tutte: la Pasqua del Signore. Duemilaanni sembrano separarci da quell’Evento, ma esso, unico nella storia.ha fatto breccia nel muro del tempo e dello spazio, per essere presen-te e operante, qui, ora. A causa della Pasqua, il tempo e lo spazio ces-sano di essere portatori di divisione e di morte per diventare veicolo dicomunione e di vita. Stendendo le braccia sulla croce, quasi a stringe-re in un amplesso tutto il mondo, Cristo ha abbattuto tutti i muri di di-visione e dei due ha fatto un popolo solo (Ef 2,14). Quando celebria-mo e rendiamo presente quell’evento. uniti in assemblea, la sua forzaci afferra e veniamo tutti “in unum corpus Fcclesiae coniuncti”’ (Ruper-to di Deitz). 2) L’unità che ne risulta trascende tutte le categorie uma-ne. E’ un’effusione terrena della koinonia di Dio, quasi un riflesso deldivino scambio, del ricevere e del donare (GS24). E’ la carità di Dio

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che viene ad abitare nei nostri cuori. Nella comunione fraterna è impli-cata l’eterna comunione del Padre e del Figlio. La potenza di Dio en-tra nelle diverse facce del mistero umano (amicizia, solidarietà, frater-nità, servizio) e le trasfigura, facendone quasi un anticipo del mondonuovo. 3) Perciò, l’agente di questa comunione non può essere che loSpirito Santo, che è vincolo di unità nel seno di Dio. Con la sua forzaegli trasforma il cuore dell’uomo, rendendolo capace di comunione.San Cirillo dice luminosamente: “Come la forza del prezioso corpo diCristo rende concorporali tra loro quelli che lo ricevono, così l’unico Spi-rito che viene ad abitare in tutti li conduce all’unità pneumatica. Perchéil sacramento produca in noi il suo frutto ultimo, che è la carità, occorreil dinamismo dello Spirito”. In sintesi, diremo che l’Eucaristia è il prin-cipio mistico che trasforma la moltitudine dei fedeli nel “corpus Eccle-siae Spiritu Sancto vivificatum” (Anselmo di Havelberg). Sorgente digrazia che zampilla, essa realizza il prodigio della Chiesa. Nutriti colcorpo e col sangue del Salvatore, i fedeli vengono tutti dissetati da unsolo Spirito, che fa di esse veramente un solo corpo. L’Eucaristia, dun-que, fa 1a Chiesa non come società visibile, ma come realtà mistica, in-teriore. Con la sua forza divina fa sì che le membra completino l’unio-ne tra loro e rendano più intima 1’unione col Capo, diventando piena-mente sue membra. Ogni membro riceve l’impulso a riversare sugli al-tri l’amore di Cristo, di cui ha fatto l’esperienza, a rispondere con il do-no di sé all’iniziativa di Cristo che ha dato se stesso per noi.

Rosa P.

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Saper tessere relazioni umane: una caratteristica fondamentaledi coloro che vogliono seguire

l’esempio educativo di Sant’Angela Merici

Nella nostra società rischia di vincere sempre colui che, ad ogni costo,fa prevalere le sue posizioni anche a scapito del rispetto della persona-lità altrui.Sant’Angela ci insegna, invece, di essere promotori di relazioni umane. Cosa significa nell’era della “comunicazione portata all’eccesso” esserespecialisti nella relazione?In primo luogo è necessario essere attenti a tutti gli avvenimenti, ai fat-ti, agli episodi...che coinvolgono le persone con le quali noi abbiamol’opportunità di incontrarci. Ciò ci impegna a non trascurare mai nul-la di quello che avviene intorno a quelle persone, sia di eclatante che diconsueto.Nello spirito mericiano la persona è una raccoglitrice di dati, apparen-temente anche insignificanti, ma che al momento opportuno possonoessere la chiave di soluzione di alcuni problemi.Oltre a raccogliere dati, l’educatore o chi “ama lo stile di Sant’Angela”è un frequentatore silenzioso ma attento delle iniziative locali, perchèin quelle circostanze si incontrano persone, si ascoltano pareri diversi,si raccolgono impressioni ed osservazioni di varia natura,La partecipazione consente di conoscere persone, di intuire le finalitàdell’agire, dichiarate o mimetizzate, di coloro che a vario titolo sonocoinvolti.Subito dopo scatta la “progettualità dell’azione”.A volte basta solo una telefonata ad una persona per essere di aiuto achi è in difficoltà; altre volte si rende necessario chiedere un appunta-

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mento con un funzionario per presentare il problema di una famiglia;altre volte ancora è indispensabile prendere una posizione in una ri-unione pubblica, sia in parrocchia, o in sede di associazioni oppure inuna organizzazione sociale.In tutto questo agire lo spirito mericiano emerge da tre caratteristicheirrinunciabili:.- non apparire mai come persona desiderosa di successo individuale,ma come colui che vuole svolgere un servizio;-. avere idee chiare da proporre e sulle quali costruire la soluzione deiproblemi, anche a costo di contrastare altre posizioni, senza però la-sciare ombra di offesa a persone o a proposte altrui;.- sottolineare sempre e con decisione la volontà di fare del bene, nellespirito evangelico e sulle orme di Sant’Angela, non per una rivalsa per-sonale, ma a beneficio di una persona, di una famiglia o di una comu-nità.E’ bello pensare, ancora oggi, a persone che suonano alla casa di qual-cuno, prendono parte a riunioni o ad assemblee, scrivono un bigliettodi presentazione, ecc... per difendere i diritti di chi è più fragile e me-no difeso.Lo spirito mericiano, in questi casi, deve apparire quasi disarmante einattaccabile, perchè solo in questo modo troverà adesione e gradual-mente convincerà altri a seguirlo.Certamente Sant’Angela, oggi, ci chiederebbe:- una buona preparazione umana e professionale- una capacità di base ad intessere relazioni anche con chi la pensa di-

versamente da noi- una costante attenzione agli avvenimenti che, velocemente, rischia-

no di coinvolgerci senza darci il tempo di pensare e di valutare.

Prof. Angelo Metelli

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Attualità

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Don Franco Frassine

Immigrati fratelli

di sangue

Immigratifratelli

di sangueUU

n’inchiesta di qualchetempo fa del quotidiano“Avvenire”, ha dato un ri-

sultato, perlomeno inatteso: qua-rantamila immigrati - e il numeroè costantemente in ascesa - dannoil loro sangue all’Avis, che ne do-cumenta l’offerta. Ai donatori èrichiesta la residenza da almenodue anni e la conoscenza della lin-gua italiana, per rispondere alquestionario obbligatorio. InLombardia è l’8 % dei volontariche si presenta negli ospedali, inToscana ì generosi sono triplicatiin pochi anni. A promuovere il ge-sto di generosità sono le stesse co-munità e alcuni centri religiosi is-lamiciL’Italia, grazie alla generosità ditanti donatori almeno dal puntodì vista statistico, si raggiungel’autosufficienza, ma i nostri ospe-

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Attualità

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dali sono costretti adacquistare dal mercatointernazionale il 40 %del fabbisogno degliemocomponenti perpreparare le scorte.Quando poi, fattoristraordinari, come ilterremoto in Abruzzo,comportano un incre-mento delle donazioni, il fatto incide sulle carenze estive. Va anco-ra tenuta presente la diffidenza degli italiani verso i donatori stra-nieri.Una storia aiuta a capire le ragioni che inducono tanti immigrati a ungesto tanto generoso quanto nascosto. “Mohamed chiama la donazio-ne “tabaroò bí addam” che in arabo vuol dire donarsi. Parte al matti-no presto da casa, alla periferia di Torino, e prima del lavoro c’è quelmomento unico, in cui si dimentica di essere arrivato in Italia su unbarcone, d’aver passato le pene dell’inferno chiamato clandestinità,d’essere riuscito a diventare italiano, pur senza mai sentircisi davvero.E’ il momento in cui dona il sangue. Nessun pregiudizio, lì, tra sirin-ghe e cerotti. Solo la magia di quel “debito” nei confronti del nostroPaese che finalmente viene cancellato. “Dono il sangue e mi sembra direstituire. Dono il sangue e finalmente mi sento italiano” ripete Moha-med, mentre le provette si colorano dì porpora.Come lui sono decine di migliaia gli immigrati che, oggi, donano il san-gue, in Italia. Senegalesi, romeni. albanesi, peruviani: tanti che ormail’Osservatorio della cultura del dono del sangue dell’Avis parla di unvero fenomeno. E pensare che molti di loro non sapevano nemmenoche si potesse donare il sangue, complici le condizioni igienico- sanita-rie dei Paesi di provenienza, o le discriminazioni sociali o ancora le

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Attualità

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condizioni culturali. Ostacoli, che nella maggioranza dei casi, non. so-no stati superati attraverso la collaborazione italiana, ma dalle associa-zioni etniche locali.Il desiderio d’integrazione ha trovato nel sangue un viatico “funziona-le”, per così dire. A cominciare dalle regole burocratiche necessarie al-la donazione, sono le stesse regole della “buona” immigrazione, cosicome tante volte si è sentito dire negli ultimi mesi, traducibili in un ge-sto concreto. Stelian, romeno residente a Segrate vicino a Milano, di-ce: “Oggi ho donato il mio sangue perché mi sento di qui. Per me è unmodo di ringraziare l’Italia per quello che mi ha dato, l’ospitalità. Al-meno non dicono sempre che l’immigrato è quello che ruba, o che vio-lenta, ma anche quello che dà una parte del proprio corpo per aiutaregli altri”. Stelian ha coinvolto tutta la sua famiglia e persino qualchesuo amico nel “rito” della donazione: insieme certe volte hanno fatto lafila e atteso per ore, fuori dai centri di raccolta; racconta che non è fa-cile, perché gli “altri” ti prendono in giro, dicono che non vai a lavora-re per una cosa “che non ti viene neanche pagata. Ma io ci vado lo stes-so: mica sono italiani quelli lì”.E’ certo un piccolo segno quello che tanti immigrati offrono alla rifles-sione sul grande problema dell’immigrazione, ma le affermazioni ditanti testimoni che si dicono pronti a quell’integrazione che sarebbe ilmodo più civile non solo per assorbire gente che, a livello di natalità staper impedire che nel giro di qualche decennio gli italiani diventino mi-noranza nel loro Paese. Per i credenti, poi, l’ integrazione, portataavanti secondo le regole del buon senso e della legge, diventa la provadell’assimilazione vera del messaggio evangelico. Non é facile, si sa, mal’impegno di tutti può dare alla vecchia Europa un segno di quella ci-viltà che l’Italia ha tra i suoi beni.

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Missioni ad extra

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Dal Brasile

Carissime sorelle, perdonate se rispondiamo sempre in ritardo alle vostre e-mail.

Dobbiamo dirvi che il mese di gennaio è stato carico di lavoro, ma mera-viglioso. Abbiamo avuto una settimana missionaria, il centro è stato pro-prio qui in San Geraldo dove convergevano le comunità di Novo Paraiso,Dois Irmaos, Fortaleza. Le missioni sono state organizzate dal parroco,padre Ladir, e dalla sua congregazione religiosa. Al Centro Pastorale San-ta Angela Merici sono stati ospitati i missionari padre Giovanni Maria,padre Cristiano, una coppia di sposi, un giovane e una ragazza, due signo-re molto allegre che ci hanno aiutato molto, oltre a noi figlie di Santa An-gela. Sorelle, abbiamo combinato con padre Ladir di iniziare a festeggia-re Santa Angela nei giorni 27-28-29 perché il settore di Novo Horizonteveniva visitato dai missionari proprio in questi giorni, e sabato 29 abbia-mo chiuso con la Santa Messa al campo perché la Chiesa del centro nonconteneva così tanta gente; la parte religiosa è stata veramente ben parte-cipata. La gente della comunità del Bairro è stata veramente generosa, ciha molto aiutato in tutto. I fedeli della parrocchia hanno provveduto adonare pipoca, canjica (latte zucchero e grano turco bollito) maça (melecotte) caldo (brodo) bolo (dolce) e abbiamo fatto anche la pesca. Adessosorelle, la comunità di Novo Horizonte ha un saldo di R§ 1. 13 9,00 (cir-ca 550 Euro) che useremo per coprire le spese dell’energia, acqua edeventuali danni naturali. Ringraziamo il Signore di tutto. Credo proprioin settimana di recarmi a Marabà , così come ci avete consigliato, per ve-rificare se il prezzo del biglietto per l’Italia costa meno prendendolo quiin Brasile, poi vi comunicherò subito. Intanto noi ci stiamo preparandopregando molto affinché tutto vada bene se Dio vuole. Un abbraccio atutte.

Dalva e Regina

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Missioni ad extra

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Il gruppo missionario coglie l’occasione per ringraziare tutte le nostreconsorelle che hanno contribuito, con i loro oggetti, alla realizzazione del-la pesca missionaria allestita, come di consueto, nel giorno della festa diSanta Angela. Il ricavato della “ pesca e offerte varie “ ha dato un totaledi Euro 1.681,00.Siamo molto contente e ringraziamo il Signore perché abbiamo assicura-to in parte la spesa del viaggio delle nostre due sorelle del Brasile che sa-ranno tra noi il mese di luglio. Grazie di cuore a tutte.

Il gruppo missionario della Compagnia

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Cera una volta “La Casa dell’orfana”

Quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte di Zia Angela Be-dussi, che insieme alle sorelle Codenotti e a Maria Danesi, avevano datovita alla “Casa dell’orfana“.E’ con piacere che proponiamo alla vostra lettura questo scritto del maidimenticato Mons. Ernesto Zambelli, per lunghi anni parroco di Sant’A-gata. Il suo stile, così carico di vibrante commozione, ci riporta indietrodi parecchi anni in un mondo carico di toccante umanità, dove l’amoreancora poteva trionfare ed il male si ritraeva sconfitto.

Nei primi giorni dello scorso giugno, si è spenta in tarda età, a Maro-ne, nella casa delle figlie di S. Angela, Bedussi Angela, l’ultima dellequattro sorelle che, nell’immediato dopoguerra, hanno diretto e servi-to con grande spirito materno “la casa dell’Orfana”.Mi sembra opportuno ricordare queste quattro figlie di S. Angela, chehanno seguito un’intuizione preziosa e l’hanno realizzata con fede illu-minata e carità grande.Tutte lavoravano alla pari, per vivere e non pesare ad alcuno e tutte tro-vavano il tempo, giorno e notte, per dedicarsi all’opera tenacementeconquistata. Anna Codenotti era quella che progettava, regolava e guidava. Essatraeva le idee-guida dall’esperienza personale; ancora giovanissima erarimasta orfana della mamma ed era la maggiore di quattro fratelli; il pa-dre era operaio e passava gran parte della giornata in fabbrica. Annasentiva moltissimo la sua responsabilità verso la famiglia e per questosi dava da fare; spesso la sera si inginocchiava davanti a suo padre echiedeva perdono di non essere riuscita a tutto.Da questa passione per sé e per i suoi fratellini nacque in lei l’idea, an-

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zi la conoscenza delle più segrete aspirazioni del cuore degli orfani. Ac-canto a lei cresceva, timida e silenziosa, la sua Maria che fu l’ombra diAnna, perché seguiva la sua giovanissima “mamma” in totale dipen-denza: anche lei figlia di S. Angela, anche lei dedicata tutta, in silenzioe servizio, all’opera delineata e perseguita da Anna.Alla coppia delle sorelle Codenotti si unì la consorella Danesi Mariache può dirsi la controfigura di Anna: se questa progettava in grande,lei si appigliava al concreto e all’immediato, con un buon senso prati-co che non mancava di arguzia e di umorismo. Maria Danesi era pro-prio quella che ci voleva per non perdersi nei sogni e per metter manosubito a quello che occorreva.Anche Angela Bedussi aveva una sorella, più vecchia di lei, menomata,era una nanerottola, che se ne stava per lo più in casa e sfaccendava co-me poteva, piena di brio e pronta alla battuta.Angela era la più giovane del gruppo ed era sempre pronta per parten-ze ed arrivi, teneva i contatti più vari, animata da una fiducia semplicee cordiale.Questo gruppo di figlie di S. Angela, con l’approvazione dei superiori,ideò, avviò faticosamente e nel primo decennio dopo la guerra, ebbe lagioia di gestire “ la Casa dell’Orfana”.La mente era Anna; essa, nell’età matura, sistemati i fratelli, incomin-ciò a pensare quale fosse la sua missione. Non guardò né lontano né vi-cino: trovò in se stessa, nelle aspirazioni represse o rimandate qual erail più urgente bisogno di un’orfana come lei, di circa diciotto anni, do-po l’esperienza dell’orfanotrofio e del collegio.Avere una casa propria, esclusivamente sua; non un alloggio e nemme-no un rifugio dai pericoli della strada, ma una casa dove ritrovarsi conse stessa, per ricomporre i brandelli della sua vita, scoprire la propriaidentità e lanciare uno sguardo avanti, con coraggio e fiducia, per scor-gere la sua strada nell’avvenire. Questa riconquista interiore vale più

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del lavoro, vale più di uno stipendio, eppure indispensabili. Anna vuolessere la mamma discreta, paziente, capace di attendere e di sperare,pronta ad accogliere, ad ascoltare e a soffrire e lottare insieme. Questospirito lo comunicò anche alle consorelle che, ognuna per la sua parte,collaborarono in grande sintonia.Gli inizi furono difficilissimi. Correva l’anno di guerra 1944; per lestrade della città si incontravano le persone più diverse, in situazionispesso disperate. Le prime due orfani (forse meglio sperdute) che bus-sarono alla porta delle sorelle Codenotti in via Bassiche, presentavanocasi possibili solo in quei giorni di disperazione e rovine: una era statadimessa da una casa di cura e non poteva raggiungere la sua famiglia,la seconda era una giovane straniera sfuggita, come non si sa, da uncampo di concentramento. Furono accolte con grande cordialità ecomprensione.L’opera sognata da Anna incominciava nel dramma. Forse l’ideatriceebbe qualche dubbio: le idee sono belle, ma il tradurle in pratica è mol-to difficile. Anna aveva bisogno del conforto della sua Compagnia di S.Angela, aveva bisogno del consiglio d’un sacerdote dotto e pensoso: siconsultò con il compianto mons. Bosio, allora prevosto di S. Lorenzoe poi vescovo di Chieti; espose le sue idee e i dubbi che le prime pro-ve avevano suscitato. Il sacerdote non solo approvò, ma espresse la suaammirazione per l’intuizione di Anna e le applicazioni di metodo, di-cendo:”Un vero carisma donato dallo Spirito Santo”. Anche un altrosacerdote, caro alla memoria bresciano, mons. Luigi Fossati, conobbee incoraggiò l’esperimento. Anzi mi sembra probabile che proprio luiabbia individuato l’uomo e l’istituzione che potevano dare concretarealizzazione al progetto. Mons. Fossati era allora prevosto della cattedrale e aveva facili contat-ti con la Congrega della carità apostolica, specialmente con il suo pre-sidente, il conte Alessandro Masetti Zanini. Egli, quando conobbe l’i-

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dea, l’abbracciò con entusiasmo e si propose di progettare un edificioapposito dove l’opera trovasse sede opportuna ed ambienti idonei allesue finalità.Le sorelle Codenotti, alle quali si erano unite la Danesi e la Bedussi, eb-bero la gioia di veder spuntare dal suolo e crescere e definirsi sempremeglio nella realtà il bel sogno che le riuniva.Mentre l’edificio prendeva forma, le Zie (si facevano chiamare cosìconfidenzialmente), accoglievano le orfane dai 18 ai 25 anni, avesseroo non avessero lavoro, in quell’ambiente più vasto che avevano trova-to per carità e adatto anche per un laboratorio di confezioni dove lavo-ravano la zia Angela, le orfane senza lavoro e pure le Zie dopo aver ri-assettato l’ambiente, perché ognuna doveva guadagnarsi il pane quoti-diano.Alcune lavoravano al calzaturificio Ferrari, altre presso l’Editrice “LaScuola”.La zia Anna sorvegliava l’andare e il venire, era comprensiva e mater-na, ma fermissima nel difendere il loro avvenire e nel prepararlo. Que-sto tipo di sorveglianza pesava alle figliole, talvolta si indispettivano eprotestavano. Zia Anna sopportava e subiva con umiltà e pazienza lereazioni, ma non decampava. Era una “mamma” che guardava lonta-no. Quando la “Casa dell’Orfana” fu finalmente pronta ed attrezzatain ogni suo aspetto; il laboratorio nel seminterrato, la sala di riunionea pianterreno e inoltre la serie di stanzette delle quali la zia Anna ave-va curato ogni particolare col suo cuore di “mamma” e con la pruden-za dell’educatrice, allora venne fatta l’inaugurazione ufficiale. Il vesco-vo mons. Giacinto Tredici diede la benedizione e il presidente dellaCongrega, il conte Masetti Zanini consegnò le chiavi di ogni ambientealle figlie di S. Angela, Anna e Maria Codenotti, Maria Danesi e Ange-la Bedussi. Era il 25 aprile 1958?. Questa data che mi è stata indicata,purtroppo è da rivedere perché contraddice un’altra triste data, quella

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della morte del conte Alessandro Masetti Zanini che, certamente, è av-venuta il 16 dicembre 1957. L’incertezza sulla data non compromettel’opera tanto sognata dalle Zie e tenacemente voluta dallo zelante am-ministratore della Congrega.Quante orfane siano approdate a quella casa e quante siano poi parti-te pronte per il proprio avvenire, io non so. L’unico fugace accenno èuna nota breve e un po’ polemica di mons. Fossati che lamentava le in-comprensioni e la fine nel giro di pochi anni dell’opera così faticosa-mente creata.. Egli scrive che “una ottantina di matrimoni e tre voca-zioni religiose” sono maturate sotto lo sguardo affettuoso e vigilantedelle Zie. Purtroppo il colpo più grave per la “Casa dell’Orfana” fu lascomparsa del conte Masetti Zanini. Egli aveva fatto sue le idee del-l’Anna e desiderava solo che le orfane si aprissero una strada santa ebenedetta; per questo aveva costruito l’edificio l’aveva affidato e atten-deva con fiducia i frutti di quest’opera così singolare. Però non tutti lapensavano come lui. Lo stesso giorno dell’inaugurazione, qualcunodisse che c’era troppo lusso. La zia Anna rispose subito: “la carità de-ve arrivare e nella quantità e nella qualità”. E’ proprio vero: la carità èfatta di finezza. Ma la critica ha trovato più avanti un altro seguito: congrande gioia si celebrarono matrimoni e la sposa vestiva l’abito bianco.Troppo dicevano, per un’orfana! Non capivano che l’abito bianco di-ceva per quella giovane donna un segno fondamentale: era finito iltempo dell’orfana senza famiglia. Nasceva con e per lei la nuova fami-glia. Ma tant’è! Ragioni o non ragioni, la critica è una malerba che al-ligna sempre. Il peggio fu quando dalla Congrega si cominciò a do-mandare l’affitto dello stabile; la prima richiesta piuttosto modesta,distribuita equamente sugli stipendi guadagnati da ognuna, potè esse-re pagata. Poi, accertato il principio, la richiesta fu più onerosa e, sic-come far combaciare la carità con la contabilità è impossibile, avvenneun certo spogliamento. Qualche orfana riuscì a trovare un ambientino

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tutto sommato meno oneroso e per di più senza controlli con comple-ta libertà di vita, e se ne andò. La stanzetta, rimasta vuota, fu assegna-ta dalla congrega ad una persona adulta ed autonoma… Fu come una bomba: l’idea della “Casa dell’Orfana” crollava e le Zie,desolate ma impotenti, videro disperdersi il piccolo gregge; rimaserosole, malinconicamente restituirono le chiavi e si presentarono ai Supe-riori della Compagnia di S. Angela: esse non erano orfane, erano di unagrande famiglia religiosa che non trascurava nessuna delle sue consa-crate. I Superiori decisero: il gruppo delle Zie, compatto nella dolce eoperosa familiarità, troverà alloggio al piano terreno nella Casa Girel-li, in via Cairoli 12, in parrocchia di S. Agata. Io non so dire come e quando cominciai a notare in chiesa le nuove de-vote tra i fedeli. Però S. Angela per lunghi anni è stata parrocchiana di S. Agata e forsequesta memoria ha chiamato in parrocchia anche le sue figlie. La pri-ma che mi si avvicinò fu certamente Anna. Non ricordo esattamentequello che mi disse; mi sembra che accennasse all’utilità di una fre-quenza continua per partecipare alle preghiere quotidiana di Lodi eVespri e per ascoltare la breve omelia alla Messa di ogni giorno. Co-munque, in breve le conobbi tutte e quattro. Non mi dissero mai per-ché vi erano capitate e perché restassero così unite. Fu per una mia in-tuizione che, collegando le notizie avute per caso da mons. Fossati, ri-conobbi Anna e individuai il suo ruolo in unione con le altre che, in-tanto, si ambientavano; incominciavano a far amicizie e a prestarsi perqualche aiuto in chiesa e nelle famiglie vicine. Non colsi mai sulle lorolabbra alcuna recriminazione sulla fine della “Casa dell’Orfana”. Anzile orfane di un tempo venivano presso di loro, per rinnovare l’amicizia,accompagnate dal marito e dai figli: ed era una gran festa. Anna poiqualche giorno scompariva; io non domandavo nulla. Lei stessa mi di-ceva poi dov’era andata… in visita apostolica. Sempre aveva nel cuore

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le sue orfane. Poi il rapido declino. La prima a darne segno fu proprioAnna: Un fenomeno sconcertante: mentre parlava aveva improvviseamnesie, troncava il discorso con un gesto tra l’impazienza e l’inutilità:già si intuiva che cosa voleva dire. Però il guaio andò aggravandosi a talpunto che la costrinse ad un totale silenzio: muta come un pesce. Cosìper sei lunghi mesi, poi andò in Paradiso; aveva 71 anni. Più anziana dilei era Maria Danesi, la sua infermità fu lucida e serena: attendeva l’ar-rivo dello Sposo, il Signore Gesù e su i suoi ritardi argutamente traevamotivo di serenità: se non ha fretta, segno che è sicuro della mia fedel-tà. Ma venne; aveva 82 anni. La sorella di Anna, Maria Codenotti con-tinuò nel silenzio la sua umile vita, poi, zitta zitta, si riunì in cielo allasorella di cui era sempre stata l’ombra. Zia Angela, che era la più gio-vane del gruppo, ha chiuso la sua vita generosa in tarda età, lo scorsogiugno, a 90 anni. Così della “Casa dell’Orfana” non rimane più nes-suno, perché, scomparse le Zie, le orfane, divenute spose e madri, han-no costruito la loro famiglia.Non ci sono più le orfane oggi? Le migliorate condizioni economicheper un aspetto le hanno quasi eliminate, ma per un altro aspetto, scia-guratamente le hanno accresciute e peggiorate: quelle povere giovanidonne, forse vendute come schiave, messe nelle mani violente dei truf-fatori, gettate sulla strada dell’ignominia, ridotte oggetto di piacere,sfruttate vilmente e da quelli che le usano e da quelli che ne guadagna-no soldi. Queste sono le orfane non della famiglia, ma dell’umanità.Perché non chiediamo al Signore qualche nuova Anna che le strappi dacosì orrenda schiavitù e ridoni a queste misere libertà, dignità e casaper un avvenire umano?

Zambelli Sac. Ernesto

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Ti segnalo un libro,rubrica a cura di Giusi P.

Jean è un caro amico francese del priore di Bose.Un giorno egli scrive una lettera a Enzo Bianchinella quale gli chiede se è disposto ad avviarecon lui una corrispondenza su alcune tematicheinerenti alla fede e alla vita spirituale. L’invito ascavare nelle profondità dell’anima affascina l’in-terlocutore. Prende corpo un intenso rapporto epistolare che EnzoBianchi ha raccolto in un libro. “Lettere a un amico sulla vita spiritua-le” (Edizioni Qiqajon, pagine 160, 10 euro) racconta la storia di uncammino che due “cercatori di Dio” fanno insieme sulla strada del-l’interrogazione. La vita interiore, che si esprime anzitutto con il porre a se stessi delledomande, è al centro delle felici intuizioni che Bianchi formula nell’af-fiancare spiritualmente la ricerca d’infinito del suo caro amico.L’autore, infatti, affronta con grande semplicità tutte le dimensioni del-la vita spirituale cristiana e della vita intera, regalando al suo interlocu-tore, e inevitabilmente a tutti noi, consigli saggi e fulminanti per trova-re nelle nostre azioni quotidiane quella luce che ci renderà migliori.Schietta apertura alla vita interiore che “esige coraggio. È come iniziareun viaggio, non tanto in estensione quanto in profondità, non fuori di tema in te”. Dal coraggio di interrogarsi nasce la propensione al discer-nimento: da questo atteggiamento responsabile scaturiscono le “occa-sioni per pensare e per riflettere su ciò che è veramente serio e importan-te nella vita”.Come Salomone che desidera ricevere da Dio un cuore capace diascoltare, l’uomo e il cristiano hanno il dovere di abitare il silenzio ela solitudine per apprendere l’arte salvifica dell’ascolto, perché “es-

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serci è ascoltare” e “ascoltare davvero è esserci per l’Altro”. Il coraggioper intraprendere il viaggio interiore, scrive Bianchi, è centrato sul-l’ascolto. Il priore di Bose invita il suo caro amico Jean a concentrar-si su questo sforzo. “Solitudine e silenzio sono il tempo delle radici,della profondità, in cui ricevi la forza per essere te stesso, per pensare,per coniare una parola tua che magari può essere in contrasto con quel-li che tutti ripetono. Silenzio e solitudine sono dunque i mezzi privile-giati della vita interiore, che ti consentono di prendere confidenza conte stesso, anche a costo di arrivare a cantare fuori dal coro, a romperecon le logiche omologanti che tutto appiattiscono”.Con uno slancio generoso nei confronti della lotta spirituale, EnzoBianchi invita Jean a resistere sempre al nemico che si nasconde den-tro di lui. Nell’esercizio della lotta spirituale sarà possibile debellarel’atonia del cuore, l’asfissia dell’intelletto e la paralisi della volontà.“Caro amico, lo capisci: a tale lotta dobbiamo esercitarci. È un combatti-mento duro. Scriveva Arthur Rimbaud: ‘La lotta spirituale è brutale co-me una battaglia fra uomini’, ma produce frutto: pacificazione, libertàmitezza…Grazie a tale lotta la fede diviene perseveranza e l’amore è pu-rificato”.Ringraziamo di cuore Enzo Bianchi per averci donato un orizzonte disenso, ma anche l’umiltà, l’ascolto e la fraternità del dialogo che apre ilcuore alla speranza. Il cammino è ancora lungo e sulla via troveremoostacoli e insidie. L’invito a non fermarsi, a non smettere di interrogare – se stessi, gli al-tri e gli eventi – esige coraggio. Questa è la buona strada che EnzoBianchi consiglia di seguire per rendere civile la nostra umanità chenon rispetta “l’umanità dell’uomo”.

recensione di Nicola Vaccawww.monasterodibose.it

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Buone nuove da Iseo

In attesa di rinnovare i miei fermi propositi, dico che sono sempre piùcontenta di aver intrapreso la strada della consacrazione a Gesù, diaver ricevuto questa grazia di far parte della Compagnia di Sant’Ange-la. Per me è un onore essere Figlia di Sant’Angela per la storia dellaCompagnia, per la santità della nostra Santa, per la regola modello divita consacrata secolare. E’ una strada difficoltosa, ma come dice Sant’Angela, “osservando que-sta Regola…troveremo che le strade spinose, erte e sassose si faranno anoi floride, piane e di finissimo oro coperte…” .E poi la gioia di essere sposa di Gesù supera tutte le difficoltà.Quest’anno con me c’è anche Rosemarie, che è stata ammessa al perio-do di prova lo scorso settembre. Con una compagna il cammino è molto più bello e ringrazio il Signo-re anche per questo. La nostra cara Madre ci è sempre vicina. Con la sua intercessione miacognata presto diventerà mamma! Ora preghiamo perché proceda tut-to bene, accettando e compiendo sempre la santa volontà di Dio. Vi ringrazio per il vostro affetto e vi prometto tante preghiere da par-te mia, per Voi e le vostre intenzioni.

Fabiana F.

Bisogno d’infinito

Il nostro Vescovo Luciano ha lanciato una serie di messaggi invitandoa riscoprire la nostra crescita umana e cristiana per diventare davveropersone ricche di serenità, affidabili, che con la propria vita di ognigiorno cercano di comunicare il Vangelo, la Buona Notizia con un at-

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Tra noi

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teggiamento di Amore, non solo guardarsi allo specchio, ma SPEC-CHIARSI NEGLI OCCHI DI DIO !L’estate può essere un tempo di vacanze anche per riscoprire i limiti eritrovare la vera Libertà!. Gesù ( se abbiamo la pazienza di leggere ilbrano del Vangelo di Matteo, 6, 24-34) insegna la via della serenità, nelfar diventare il limite la forza per non rimanere schiavi! La persona umana ha impresso nel profondo del cuore il bisogno d’in-finito, il bisogno di Dio che talvolta cerca di soddisfare anche ammi-rando la natura, per esempio le meraviglie di un bel tramonto o la gioiadi aver raggiunto una vetta innevata ecc.Ma l’oggi si scontra spesso con la pena quotidiana, con lo scoglio del-l’altro, con il tempo che passa e poi? E poi, la Fede, dono di Dio cheesige una risposta libera e consapevole aiutandoci a superare il rischiodi confondere la pena quotidiana con la paura di vivere! E talvolta si spreca il presente alla ricerca del futuro, così il tempo di-venta accumulo di cose da fare o da avere! Gesù invita, invece, a rico-struire la tela della Creazione e del rapporto tra Dio e l’uomo, ma an-che il rapporto tra uomo e uomo e tra uomo, animali e cose. La liber-tà vera, di cui il Cristo è portatore, è prima di tutto capacità di accor-

gersi che le meravi-glie di Dio, soprattut-to il Suo eterno (chesignifica sempre)Amore Misericordio-so sono un aiuto chedà respiro alla sete diinfinito che regna nelcuore umano! Buonaestate.

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Tra noi

Mariuccia G.Cuore buono”

Leggendo il Bollettino della mia Parrocchia –Brescia S. Antonio da Padova – mi ha colpito loscritto di Pietro Antonini rivolto ai suoi cari par-rocchiani pochi giorni prima di morire, il 14marzo 2011. Io lo ricordo come uno che ci puòaiutare intercedendo per noi preso il Padre. Perme è stato un caro amico e lo è tuttora.

Mari M.

Cari amici… con mia grande gioia è già tra-scorso un anno dalla mia consacrazione.

Volevo condividere con voi questo momento e raccontarvi i sentimen-ti che ora provo. Sento il grande desiderio di pregare per tutti e affidare tutti alla prote-zione di Maria che ben conosce le sofferenze umane.Ho avuto la grazia di poter partecipare, per la prima volta, alla Messadei Consacrati che si è svolta in Duomo con il Vescovo, nella festa del-la Presentazione di Gesù al Tempio.Sono stato accompagnato dal nostro don Angelo ed è stata una occa-sione di grazia e unità.Come ha detto il Vescovo Luciano, invito tutti voi a ringraziare con meil Signore per il dono della vita consacrata.I sacerdoti sono per noi figure di riferimento alle quali ci possiamo af-fidare come facciamo con il Signore.Volevo ringraziare particolarmente don Faustino e don Angelo e tuttii parrocchiani che mi ricordano e mi vogliono bene.Un abbraccio caloroso

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Sandrini Rosa

Nata a Travagliato nel 1915Consacrata nel 1948 – Deceduta il 6 marzo2011

La nostra sorella Rosa, come Figlia di San-t’Angela, ha saputo mettere il Signore al cen-tro della sua vta, indirizzando a Lui tutto ilsuo operato e apostolato nella nostra Comu-

nità parrocchiale.La sua attenzione è andata pure alla sua numerosa famiglia, che ha ser-vito nei tanti bisogni. Molti la ricordano in particolare come catechista, quando teneva ilgruppo dei piccoli nella stanza attigua alla sacristia. Insieme alle altresorelle era sempre attenta e disponibile nei molti servizi prestati allaparrocchia nei vari ambiti. Fin che le forze glielo hanno concesso, èsempre stata una presenza attiva, nella umiltà e nel nascondimento, ti-pico del suo stesso carattere. Anche quando le forze sono venute me-no, non ha mai lasciato mancare il ricordo nella preghiera delle tantepersone che ha educato ed accostato. Con lo stesso stile di Tobia, nonha mai abbandonato la sua fede, che l’ha accompagnata sino alla lon-geva età di 95 anni.Per questo oggi insieme al saluto finale, vogliamo esprimere anche lagratitudine di tutta la nostra comunità.

Il Parroco Don Mario Metelli

Donna forte, amava molto Sant’Angela ed è stata sempre entusiasta dellasua vocaizone. Responsabile delle Figlie di Sant’Angela, ci ha aiutato a pre-gare ed a capire il valore della vita consacrata al Signore Gesù.

Le ricordiamo

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Le ricordiamo

Ora, senza accorgersi, è passata dalla terra al Cielo per godere sempredel Suo Sposo Gesù. La ricorderemo con tanto affetto.

La Responsabile del gruppoMaria V.

Treccani AmeliaNata a Vestone il 01- 07- 1922Consacrata nel 1963 - Deceduta il 17 maggio 2011

Rubagotti AngelaNata a Rudiano il 30-05-1911Consacrata nel 1939 - Deceduta il 20 maggio 2011

Guatta MariaNata a Muscoline il 05-10-1925Consacrata nel 1953 - Deceduta il 20 maggio 2011

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Indice

Indice

La parola del Superiore (S. Ecc. Mons. Vigilio Mario Olmi)“Secondo i disegni di Dio” pag. 3

La parola della Superiora (Maria Teresa Pezzotti)In cammino pag. 8

Alle sorelle ammalate (Enrica Lamberti) pag. 10

SpiritualitàChiesa ed eucaristia: unico corpo del Risorto (Rosa Pollini) pag. 12Saper tessere relazioni... (Prof. Angelo Metelli) pag. 15

Attualità Immigrati fratelli di sangue (Don Franco Frassine) pag. 17

Missioni ad extra pag. 20

CronacaC’era una volta “La Casa dell’orfana” (Zambelli Sac. Ernesto) pag. 22Ti segnalo un libro, rubrica a cura di Giusi P. (Nicola Vacca) pag. 29

Tra noiBuone nuove da Iseo (Fabiana F.) pag. 31Bisogno d’infinito (Mariuccia G.) pag. 31“Cuore buono” (Fra Pietro dell’Addolorata) pag. 33

Le ricordiamo pag. 34

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