©NEXTVALUE 2017
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
L E I N T E R V I S T E D I N E X T V A L U E
PIERO POCCIANTI PRESIDENTE AI*AI
©NEXTVALUE 2017
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The opinions expressed herein are subject
Si ringrazia
A cura di Manuela Moroncini Content Manager @NEXTVALUE
Giugno 2018
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Sommario
#01 Che cosa può fare l’Intelligenza Artificiale oggi? Che cosa
ancora non può fare? In che campi è applicabile? Quali sfide sono
aperte e importanti?
Introduzione
/06
Qual è la metodologia giusta per una azienda per affrontare un
progetto di AI? Quale formazione serve in azienda?
/08
Di quale formazione scolastica abbiamo bisogno per far entrare
nuova forza lavoro in azienda, capace di utilizzare al meglio i
nuovi paradigmi dell’AI? Quali figure assumere? Come insegnare l’AI
alle persone che sono già impe- gnate in azienda?
/09
Qual è la situazione internazionale politica ed economica che sta
evolvendo intorno al forte interesse per l’AI? Come sta reagendo
l’Europa? Cosa stanno facendo le grandi aziende USA? Cosa sta
facendo la Cina?
/10
#02
#03
#04
4
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cademico e nello stesso periodo furono sviluppate le prime reti
neurali e la logica fuzzy, due con- cetti alla base
dell’Intelligenza Artificiale.
Solo negli ultimi anni, con l’incredibile progresso di tecnologie
chiave, come il Cloud Computing e l’analisi dei dati, abbinato alla
disponibilità di hardware specializzati con potenze di calcolo non
disponibili prima, l’AI sta entrando nel mondo enterprise. Viviamo
in un mondo inondato di dati e la prospettiva di sfruttare
l’Intelligenza Artificiale per migliorare e accrescere il business
delle nostre imprese è l’obiettivo che tutti si pongono. La posta
in gioco è davvero alta e il dibattito apertissimo.
In NEXTVALUE crediamo nell’innovazione dei modelli di business e
nell’interscambio di compe- tenze trasversali. Il nostro obiettivo
è contribuire allo sviluppo di una cultura dell’automazione in
tutte le aziende e siamo ogogliosi di proseguire con il nostro
ciclo di interviste esclusive, dedicato all’Intelligenza
Artificiale, a cui prendono parte i più autorevoli opinion leader e
Capitani d’impresa del nostro Paese.
Il risultato è ricco di spunti e riflessioni che con estremo
piacere condividiamo con una platea am- pia e qualificata di
Direttori IT delle principali organizzazioni italiane.
In questa intervista approfondiamo i campi di applicazione
dell’Intelligenza Artificiale, le sfide aperte e le metodologie per
affrontare un progetto di AI in azienda. Cogliamo l’occasione per
ringraziare Piero Poccianti, Presediente AI*AI, Associazione
Italiana di Intelligenza Artificiale, per il prezioso contributo di
pensiero fornito e per il tempo che ci ha dedicato.
Le altre interviste sono in corso di pubblicazione su
www.nextvalue.it alla sezione Interviste.
Buona lettura!
Intelligenza Artificiale (AI) esiste da decenni. John McCarthy
coniò il termi- ne “Intelligenza Artificiale” nel 1956, in
occasione di un seminario, presso il Dart- mouth College di Hanover
(New Hampshire, USA), a cui invitò dieci ricercato- ri interessati
alla teoria degli automi, alle reti neurali, allo studio
dell’intelligenza. Negli anni 60 e 70 gli studi sull’Intelligenza
Artificiale restarono confinati in ambito ac-
Introduzione
L’
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Presidente AI*AI Associazione Italiana di Intelligenza
Artificiale
Piero Poccianti si occupa di informatica dal 1970. Ha realizzato
sistemi di cartografia tematica, controllo di processo e
automazione industriale. Dal 1980 lavora presso Banca Toscana prima
e il Consorzio Operativo del Gruppo Monte dei Paschi di Siena poi,
all’interno del quale si è occu- pato dei progetti di sportello, di
Internet Banking, di innovazione realizzando anche applicazioni
nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale.
Dal 2000 è membro del Direttivo dell’Associazione Italiana di
Intelligenza Artificiale, AI*AI, dal 2013 al 2017 è stato vice
presidente e dal 2018 è il Presidente.
AI*IA è una Associazione Scientifica senza fini di lucro nata nel
1988 per promuovere la ricerca e la diffusione delle tecniche
proprie dell’Intelligenza Artificiale, che conta oggi circa 900
membri.
L’Associazione dispone di sette gruppi di lavoro focalizzati su
temi specifici: sistemi ad agente e multiagente, intelligenza
artificiale e ageing, intelligenza artificiale per i beni
culturali, robotica, apprendimento automatico e data mining,
rappresentazione della conoscenza e ragionamento automatico,
elaborazione del linguaggio naturale.
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Che cosa può fare l’Intelligenza Artificiale oggi? Che cosa an-
cora non può fare? In che campi è applicabile? Quali sfide sono
aperte e importanti?
Piero Poccianti: La storia dell’AI è costellata da momenti di
grande entusiasmo per i risultati rag- giunti seguiti da momenti di
disillusione. I ricercatori parlano di primavere ed inverni
dell’Intel- ligenza Artificiale, anche se questo fenomeno è insito
nel ciclo di vita di ogni nuova tecnologia. Siamo tuttavia lontani
dal realizzare una Intelligenza Artificiale di tipo generale
(quella descritta dalla fantascienza, capace di autocoscienza e di
esprimere molte diverse abilità intelligenti), ma siamo già
riusciti ad implementare programmi e sistemi che, in ambiti
ristretti uguagliano e talvol- ta superano le capacità umane.
L’Electronic Frontier Foudation ha messo a punto una metodologia
per confrontare le capacità delle macchine con quelle umane [1].
Secondo questo studio l’AI supera gli umani nella capacità di
riconoscere oggetti in una foto, nel riconoscere i numeri scritti a
mano, nel giocare a scacchi, in alcuni giochi elettronici, nel
riconoscimento delle parole, nel parlato corrente e nella
comprensio- ne (estrazione di significato) dal testo scritto.
Sappiamo anche che le macchine hanno imparato da sole a vincere
contro i grandi campioni di GO e di poker, vincono giochi a quiz
anche complessi (come jeopardy), sono in grado di guidare un’auto,
un camion o un drone in modo autonomo, di leggere una radiografia o
un’ecografica, di effettuare diagnosi mediche e molto altro
ancora.
Se la cavano peggio, attualmente, nel tradurre da una lingua ad
un’altra, nello spiegare dinamiche presenti in una foto e in molte
altre attività che comportano l’acquisizione di cultura generale.
Ma, soprattutto, una macchina che ha acquisito una certa abilità,
attraverso tecniche di machine learning, ed in particolare di deep
neural network, non è in grado attualmente di imparare a fare
un’altra cosa usando quello che ha già imparato. Abbiamo bisogno di
nuovi esempi, di altra po- tenza elaborativa, di un’altra fase di
apprendimento.
Abbiamo realizzato quelle che io chiamo Idiot Savant Artificial
Intelligence. Macchine che eccel- lono in compiti Specifici. A
fronte di risultati entusiasmanti, infatti il deep learning mostra
alcuni punti di attenzione sui quali dobbiamo concentrare la
ricerca:
# 01
estrema difficoltà a spiegare il proprio comportamento. Questo è un
punto critico forte per sistemi dotati di autonomia (come un’auto
che guida da sola, un sistema di diagnosi medica, o peggio ancora
un’arma autonoma).
il fatto che questi sistemi imparino da esempi li rende critici
nella capacità di estrarre cono- scenza da fatti rari. Ma spesso
sono i fatti rari che portano all’innovazione. Pensate al Cigno
Nero di Nassim Nicholas Taleb [2].
la difficoltà di generare spiegazioni causali da successioni
temporali.
1.
2.
3.
7
# 02
Con le dovute cautele e impiegando diversi paradigmi di AI, è oggi
possibile utilizzare sistemi di Intelligenza Artificiale in
moltissimi campi. Ne suggeriamo alcuni senza avere la pretesa di
esse- re esaustiv: ausilio o parziale sostituzione di una prima
linea di call center per supporto a clienti interni ed esterni
all’azienda, interfacce in linguaggio naturale per sistemi di
ecommerce, servizi automatici self service, servizi internet, ecc.,
assistenti intelligenti (presenti nei nostri smartphone o in
altoparlanti dedicati), diagnosi medica o supporto alla diagnosi,
diagnosi di guasti di sistemi complessi, analisi di grandi moli di
dati con estrazione di regolarità non evidenti, analisi e ottimiz-
zazione di processi aziendali, possibilità di realizzazione di
sistemi capaci di rispondere a domande complesse, usando casi
precedenti, normativa aziendale, basi dati, ecc., data quality dei
sistemi in- formativi, realizzazione di software a partire dalle
specifiche, robot capaci di interagire con umani per lavoro
collaborativo imparando dagli umani, assistenza a disabili e
anziani, sistemi di istruzio- ne e addestramento, sistemi di
rappresentazione della conoscenza aziendale.
Ci sono ancora molte sfide da affrontare. La principale consiste
nella possibilità di integrare metodi simbolici e subsimbolici per
superare i relativi punti di debolezza. Sui metodi subsimbolici
(che tendono a modellare il cervello a livello fisico) e simbolici
(che tendono a modellare le funzioni superiori del cervello basate
sul ragionamento, la logica e altre forme di descrizione della
cono- scenza) la ricerca è attiva. Personalmente ritengo che questa
sia l’unica strada per non incontrare a breve un altro inverno
dell’AI.
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Piero Poccianti: Il primo problema che devono affrontare le aziende
che intendono implementare un progetto di Intelligenza Artificiale
è sapere cosa è possibile e cosa non è possibile fare, e de- finire
una metodologia realizzativa. Anche adottando modelli di machine
learning, è bene capire che le macchine imparano da sole, ma i dati
di cui necessitano hanno bisogno di analisi di qualità, di essere
estratti e trattati con attenzione; si tratta di progetti che
necessitano di personale interno ed esterno all’azienda.
I motivi che hanno portato alcuni progetti di AI verso il
fallimento sono molteplici ma due in particolare si sono rivelati
fondamentali per l’insuccesso del progetto. Il primo è l’incapacità
delle aziende di far evolvere i sistemi in parallelo con le
evoluzioni dei fatti aziendali, delle leggi, dei mutati contesti
esterni.
Il secondo motivo è legato alla metodologia di sviluppo progetti
adottata per questo tipo di in- novazione. Le metodologie a cascata
possono essere adottate nei progetti dove gli strumenti, il
contesto e le conoscenze sono definiti a priori e il team di
sviluppo ha una buona esperienza. In questi progetti è possibile,
per quanto difficile, fare una buona pianificazione, definire il
budget, i ritorni dell’investimento, ecc. Una metodologia di questo
tipo è però del tutto inadeguata per progetti a forte connotazione
innovativa come sono quelli di AI. Per questi progetti è necessario
adottare modelli di tipo AGILE che prevedono fasi di realizzazione
successive con budget e defini- zione incrementale dei
risultati.
Dal punto di vista degli aspetti di formazione e condivisione di
conoscenza di AI in azienda, sono convinto che il metodo più
efficace sia quello del dottorato di ricerca. In altri paesi i
dottorandi lavorano nelle aziende, affrontando proprio quei
problemi a medio termine che risultano difficili da realizzare
all’interno e creando un ponte di trasferimento culturale fra
l’università e il mondo produttivo. In Italia ci sono ancora troppi
pochi esempi di utilizzo di questo strumento.
# 02
Qual è la metodologia giusta per una azienda per affrontare un
progetto di AI? Quale formazione serve in azienda?
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# 03
Piero Poccianti: In questo momento in Italia si parla molto di
adeguare la scuola alle esigenze del- le aziende. Di alternanza
scuola lavoro come metodo per abituare i ragazzi al mondo del
lavoro, di cultura tecnica. Io penso che le aziende abbiano bisogno
di persone con una buona cultura di base, con un corretto mix di
cultura umanistica e scientifica.
Quando parliamo di Intelligenza Artificiale, parliamo di diversi
paradigmi e capacità di problem solving, ma anche di capacità di
comunicare, di interpretare e di instaurare un dialogo fra macchi-
ne e umani. Abbiamo bisogno di persone capaci di pensare: un mix di
diverse culture ed esperien- ze che possano fare squadra e andare
oltre il pensiero e il modus-operandi tradizionale.
È evidente che queste persone dovranno imparare le dinamiche
aziendali, interpretarne i problemi e declinare le soluzioni
possibili. Ma senza una sana cultura di base non saranno in grado
di evol- vere in rapporto ad una tecnologia che cambia ad un ritmo
sempre più veloce. Senza una cultura interna all’azienda però
questo approccio non potrà essere né produttivo né duraturo.
L’AI stessa può risultare uno strumento prezioso per la formazione
aziendale, sia attraverso la formalizzazione, catalogazione e
estrazione di conoscenza dai documenti presenti in azienda, sia
attraverso l’utilizzo di materiale di ottima qualità diffuso in
rete ed accessibile ai collaboratori. Il vero problema però è come
poter liberare ore-lavoro per permettere ai dipendenti di accedere
alla conoscenza disponibile in azienda, organizzandola e
indirizzandone l’uso nel modo più appropria- to in base alle skill
e alla cultura del personale.
È una trasformazione culturale necessaria, ma complessa. Molte
prime linee aziendali devono poter superare l’idea che vede la
“fatica” dei dipendenti come fattore positivo. Lo stress va evi-
tato. Conta il lavoro, il clima aziendale e la formazione continua
e soprattutto liberare tempo per imparare cose nuove.
Di quale formazione scolastica abbiamo bisogno per far entrare
nuova forza lavoro in azienda, capace di utilizzare al meglio i
nuovi paradigmi dell’AI? Quali figure assumere? Come insegna- re
l’AI alle persone che sono già impegnate in azienda?
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# 04
Piero Poccianti: Gli USA hanno messo in campo enormi investimenti
di ricerca, laboratori estrema- mente qualificati e risorse di
calcolo di crescente potenza. In questo scenario emergono soprat-
tutto le grandi multinazionali della silicon Valley: IBM,
Microsoft, Google, Facebook, Amazon che attingono ai laboratori
accademici, talvolta svuotandoli con assunzioni massicce, o
acquisiscono società innovative di più piccole dimensioni, spesso
anche aziende Italiane. In questa fase il ruolo dei grandi centri
di ricerca governativi (centri accademici, il DARPA, ecc.) è
passato in secondo piano rispetto alla prospettiva di ricavare
profitti enormi dai nuovi servizi e prodotti generati dalle aziende
citate.
Dall’altra parte dell’oceano la Cina ha dichiarato di voler
diventare la maggiore potenza mondiale nel campo dell’Intelligenza
Artificiale da qui al 2030. E sta investendo significativamente.
Basti pensare che al prossimo IJCAI-EURAI, la più grande conferenza
mondiale nel campo dell’IA che quest’anno si svolge a Stoccolma dal
13 al 17 Luglio, più dell’80% dei lavori accettati sembrano di
provenienza asiatica, almeno a giudicare dai nomi degli estensori.
Tengo a precisare che si tratta di una conferenza molto selettiva
alla quale vengono accettati mediamente il 17% dei lavori
proposti.
L’Europa sta cercando di reagire mettendo in campo le sue
competenze e investimenti significativi. La Francia è attualmente
il paese leader a livello europeo che sta provando a dettare una
politica comunitaria su questo fronte. A Marzo 2018 è stato
presentato un documento governativo dal titolo For a meaningful
Artificial Intelligence towards a French and European Strategy
redatto da una commissione guidata da Cédric Villani, deputato
francese e medaglia fields per la matematica [3]. Il documento
contiene raccomandazioni significative in ambito comunitario sia
sul fronte degli impatti della ricerca sul benessere dell’uomo, sia
dal punto di vista economico, etico e sociale.
Vi sono altri documenti in fase di redazione da parte delle
comunità di Intelligenza Artificiale Europee [4] che stimolano alla
creazione di una comunità forte, come è già successo per la Fisica
delle particelle elementari con la creazione del CERN a Ginevra che
guida attualmente la ricerca in questo campo a livello
mondiale.
Le applicazioni prodotte con tecnologie di AI sono innumerevoli. È
evidente che alcune di queste potrebbero portare con sé anche
conseguenze negative. Mi riferisco in particolare agli strumenti di
controllo sociale, all’uso negativo dei dati provenienti dai social
network, e alla creazione di armi autonome che potrebbero avere
effetti devastanti in termini di aumento delle diseguaglianza, re-
pressione delle minoranze e uso da parte di esponenti del
terrorismo.
Qual è la situazione internazionale, politica ed economica, che sta
evolvendo intorno al forte interesse per l’AI? Come sta rea- gendo
l’Europa? Cosa stanno facendo le grandi aziende USA? Cosa sta
facendo la Cina?
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Il Future Life Institute è attivo nel promuovere un dibattito su
questo tema e nel cercare di mettere al bando la creazione di
strumenti nocivi.
C’è bisogno di una riflessione complessiva sui problemi della
nostra epoca. Dobbiamo curare l’intero sistema e per farlo c’è
bisogno di buone diagnosi, indicatori approfonditi dello stato
delle cose e di uno sforzo interdisciplinare che superi visioni
settoriali della conoscenza. Si rende sem- pre più necessario che i
ricercatori di Intelligenza Artificiale lavorino insieme agli
economisti, ai sociologi, agli ingegneri ambientali e a tutti
coloro che siano interessati a migliorare il benessere
collettivo.
Nel 2017 Stephen Hawking aveva analizzato con lucidità i successi
dell’Intelligenza Artificiale di- cendo: “Siamo sulla soglia di un
mondo completamente nuovo. I benefici possono essere tanti, così
come i pericoli, e le nostre AI devono fare quel che vogliamo che
facciano…..non possiamo prevedere cosa riusciremo a raggiungere
quando le nostre menti verranno amplificate dalle AI. Forse, con
questi nuovi strumenti, riusciremo a rimediare ai danni che stiamo
infliggendo alla na- tura e forse potremmo essere in grado di
sradicare povertà e malattie. Ogni aspetto della nostra vita verrà
trasformato. Ma è anche possibile che con la distruzione di milioni
di posti di lavoro venga distrutta la nostra economia e la nostra
società”.
Ci rendiamo conto che dobbiamo generare ricchezza preservando il
pianeta, la biodiversità, le risorse. Anche in questo caso
l’Intelligenza Artificiale può divenire uno strumento prezioso.
Molti centri di ricerca si stanno muovendo in questa direzione ma
sempre più dovremo contare sulla nostra intelligenza.
[1] https://www.eff.org/ai/metrics
[2] ll cigno nero (titolo originale The Black Swan) è un saggio
filosofico/letterario dell’e- pistemologo ed ex trader Nassim
Nicholas Taleb, esperto di origine libanese di scienze
dell’incertezza. Il libro si focalizza sul forte impatto di alcuni
avvenimenti rari e impreve- dibili e sulla tendenza umana a trovare
retrospettivamente spiegazioni semplicistiche di questi eventi.
Questa teoria è da allora conosciuta come la teoria del cigno
nero.
[3] La International Medal for Outstanding Discoveries in
Mathematics, o più semplice- mente medaglia Fields, è un premio
riconosciuto a matematici che non abbiano superato l’età di 40 anni
in occasione del Congresso internazionale dei matematici della
Internatio- nal Mathematical Union (IMU), che si tiene ogni quattro
anni. La medaglia Fields è spesso considerata come il più alto
riconoscimento che un matematico possa ricevere.
[4] European Association for Artificial Intelligence EurAI e le sue
espressioni nazionali. In Italia AI*IA, Associazione Italiana per
l’Intelligenza Artificiale.
BIBLIOGRAFIA
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attribuiscono un ruolo di collegamento tra Domanda e Offerta
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la sezione “La trasformazione digitale vista dai CIO” del rapporto
“Il digitale in Italia 2017”, su in- carico di Assinform e
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