Riv. Culmine e Fonte 2008-1

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    ella Liturgia delle Ore la Chiesaprega con Cristo e innalza a Dioil suo canto di lode e damore.

    Spesso nel passato si pensato che ilBreviario fosse una prerogativa esclusi-vamente clericale, riservata ai sacerdoti equindi non accessibile ai semplici fedeli.Quando ero bambino vedevo i preti dellamia parrocchia inginocchiarsi in chiesa eaprire il loro libro delle Ore sussurrandosalmi e preghiere, altre volte li vedevopasseggiare con il loro breviario e non ca-pivo bene cosa stessero facendo. Ero in-curiosito da questo loro comportamento

    e nello stesso tempo attratto da quel rac-coglimento e dal silenzio che avvolgevaquei momenti. Pi tardi mi dissero chequella era la preghiera quotidiana del sa-cerdote, il suo compito giornaliero che loponeva in perenne contatto con Dio eche scandiva i momenti del loro impegnopastorale. Da questa dimensione intima eprivata della preghiera delle Ore, ben

    presto mi accostai a quella comunitaria epi solenne e capii che la Liturgia delleOre non era una esclusivit del clero maera un bene della Chiesa intera e chenon solo anchio potevo leggere quelloche era contenuto in quel libro misterio-so, ma addirittura compresi che quei sal-mi e quelle preghiere mi riguardavano.Quella preghiera era la mia e io potevo

    insieme ai miei sacerdoti pregarla, cantar-

    la, condividerla con tutta la Chiesa respi-rando in sintonia con il mondo intero,con tutti i battezzati che, sparsi nel mon-do, innalzavano a Dio il loro cuore.

    La Liturgia delle Ore ci fa partecipareal respiro orante di tutta la Chiesa, ci faessere in sintonia con ogni battezzato, esoprattutto con Cristo stesso che pregacon noi e in noi. Nel flusso luminoso del-lo Spirito la preghiera dei salmi ci fa vi-brare in consonanza con il dolore e lagioia dei nostri fratelli. Ci fa parteciparedelle intenzioni di tanti cuori sparsi nelmondo di cui noi ignoriamo perfino lesi-

    stenza, ma che sono uniti a noi dallunicarealt del Corpo di Cristo, da quel miste-ro di comunione e damore che laChiesa. La preghiera la fa crescere e dila-tare facendone espandere i rami e do-nandole germogli e fiori capaci con il loroprofumo di giungere fino al cuore di Dio.Inoltre, la Liturgia delle Ore compostaessenzialmente dai salmi, che sono un

    meraviglioso dono di Dio perch ci inse-gnano a pregare, addirittura ci pongonoin bocca la preghiera pi giusta ed au-tentica, fatta secondo i desideri del Si-gnore. Offrendo la nostra mente, il no-stro cuore e le nostre labbra a questepreghiere noi ci facciamo strumento da-more per tutti, anche per chi non sa pre-gare, condividendo la sofferenza di chi

    soffre, e il gaudio di chi gioisce. Lamore

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    In comunione di preghieramons. Marco Frisina

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    e la gioia di essere Chiesa ci fa sentireuna cosa sola con loro e ci fa essere fortiquando siamo deboli, coraggiosi quando

    siamo stanchi e scoraggiati. Il vescovoDiodoro di Tarso diceva che il Salterio come una farmacia in cui si trova ognigenere di medicina per guarire il cuoredegli uomini. Tutti i salmi infatti, nelle lo-ro diversit, contengono le parole pigiuste per ogni tipo di sentimenti e dimoti dellanima, la confidenza con il Sal-terio ci fa essere capaci di comprenderemeglio i fratelli e di unirci a loro nellapreghiera.

    Dobbiamo dunque imparare ad ap-prezzare maggiormente la Liturgia delleOre, pregando con essa in modo profon-

    do e partecipato, comprendendo che lasantificazione del tempo fa crescere lacomunione e la condivisione. La gioia divivere la preghiera della Chiesa come lanostra preghiera dilater la nostra anima,la far capace di accogliere la preghieradei poveri che attendono dalle nostresuppliche laiuto di Dio. Allarghiamo lepareti del nostro cuore rendendolo sem-pre pi conforme alla grandezza del cuo-re di Dio!

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    Ufficio Divino oggi chiamatoLiturgia delle Ore. Essa Li-turgia perch rende presente

    la preghiera di Cristo, a cui Egli associa as la Chiesa, sua sposa dilettissima. Ma Liturgia anche perch, celebrandosi indeterminate Ore, diventa memoriale dici che in quelle stesse ore stato com-piuto nella storia della nostra redenzione.Questopera noi la rendiamo presente neisacramenti, specialmente nelleucaristia,che celebriamo ogni domenica, pasqua

    della settimana, ma che viene resa pre-sente ogni giorno, tramite appunto lapreghiera oraria.

    Le ore della preghiera cristiana hannoantecedenti nella preghiera ebraica. Sap-piamo che ogni giorno si offriva nel tem-pio il sacrificio mattutino e quello vesper-tino. Sappiamo poi che Daniele, trovan-dosi in esilio, quando il tempio era di-

    strutto, tre volte al giorno, volgendosiverso Gerusalemme, pregava. La preghie-ra del pio israelita era fatta di giorno e dinotte. I salmi attestano che il salmistaprega sette volte al giorno (Sal 118) in-tendendo che prega tutto il giorno, an-che se poi san Benedetto interpreterquestespressione in senso puntuale. Lostesso senso di preghiera continua ha il

    salmo 54 quando dice alla sera, al mat-

    tino, al meriggio mi lamento e sospiro.Per la notte si dice: a mezzanotte mi al-zavo a lodarti.

    I cristiani, che da Cristo hanno ricevutolesempio e linsegnamento della preghie-ra (anche dei salmi) hanno strutturato leore della preghiera, guardando non soloalla distribuzione delle ore dei turni diguardia dellesercito (ogni tre ore) nel gior-no e nella notte (vigilie), ma soprattuttopensando ai momenti della Passione delSignore, o della Pasqua nel suo insieme.

    Cos, pur nella diversit dei vari riti li-turgici, si sono poi stabilizzate sette oredi preghiera diurna e un tempo di pre-ghiera notturna. Esse sono:

    - I Notturni (o Vigilie), detti poi mat-tutino, perch molti li hanno pregati almattino presto;

    Il Mattutino, oggi Lodi mattutine, osemplicemente Lodi;

    Prima, voluta da san Benedetto per imonaci, prima che andassero al lavoromanuale (ora stata soppressa dal Con-cilio Vaticano II);

    Terza (ore 9,00);Sesta (ore 12,00);Nona (ore 15,00);Vespro o Lodi vespertine (al tramonto

    del sole, quando spunta la prima stella,

    chiamata Vespero);

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    La preghiera quotidiana

    celebra la Pasquap. Ildebrando Scicolone, osb

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    Compieta, voluta da san Benedettocome preghiera prima del riposo nottur-no.

    Di tutte queste Ore, le pi importantisono le Lodi e i Vespri (al plurale, perchle solennit e le domeniche ne hannodue). Queste due Ore segnano i duegrandi momenti nei quali le tenebre ce-dono il posto alla luce (le lodi mattutine),o le tenebre vincono sulla luce, ma noicantiamo a Cristo, stella che non conoscetramonto (a indicare questo concetto siaccende una lucerna, donde il nome diLucernario, o Lucernale, che questapreghiera ha nel Rito Ambrosiano). Sonoi cardini della preghiera diurna, e hannoun carattere ecclesiale: dovrebbero pre-garle tutti i cristiani comunitariamente (oin privato). Queste due Ore sono collega-te al sacrificio quotidiano ebraico, che

    era prefigurazione del sacrificio di Cristoin croce, nella sera del mondo. Cos ilVespro si celebra nellora in cui Cristo morto in croce, e le Lodi nellora della ri-surrezione, quando Cristo ha vinto le te-nebre della morte.

    Lufficio notturno diventa veglia in at-tesa dellora della risurrezione, a somi-glianza della grande Veglia pasquale,

    chiamata da santAgostino la madre ditutte le Veglie. Questa preghiera man-tenuta dai monaci, che la celebrano dinotte (o allinizio della notte, o a met diessa, o alla fine), mentre per tutta laChiesa il Concilio lha staccata dalle orenotturne, chiamandola Ufficio delle Let-ture, e facendone una preghiera di me-ditazione quotidiana.

    La preghiera di Terza, Sesta e Nona

    si collega ai momenti della Passione.Cos la Tradizione Apostolica (III sec.) di-ce che preghiamo a Terza, perch in

    quellora Cristo stato inchiodato incroce; a Sesta, perch si fece buio sututta la terra; a Nona perch statotrafitto nel costato.

    Sar bene rileggere qualche frase daquesto testo fondamentale per la liturgiacristiana:

    Tutti i fedeli, uomini e donne, almattino, appena desti, prima di fare al-cunch, si lavino le mani e preghino Dio:poi vadano al loro lavoro Alla terzaora prega e loda Dio a tale ora il Cri-sto fu inchiodato sulla croce Ugual-mente prega allora sesta, perch quan-do il Cristo fu inchiodato al legno dellacroce, il giorno fu interrotto e si ebbeuna grande oscurit Allora nona si

    preghi e lodi a lungo Dio A quellora ilCristo fu colpito nel costato ed effuse ac-qua e sangue, e rischiar il resto del gior-no fino a sera. Cos, quando cominci adormire dando inizio a un altro giorno,diede unimmagine della risurrezione.Prega anche prima di andare a letto. Ver-so mezzanotte alzati, lavati le mani conacqua e prega. Se presente anche tua

    moglie, pregate tutti e due insieme; mase ella non ancora credente, va inunaltra stanza, prega e poi ritorna neltuo letto. Non esitare a pregare: difattichi sposato non impuro necessa-rio pregare a questa ora. Infatti coloroche ci hanno preceduti e da cui ci per-venuta questa tradizione, ci hanno inse-gnato che a questora ogni creatura so-

    sta un momento per lodare il Signore,

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    che le stelle, le piante e le acque si fer-mano un momento e tutte le schiere de-gli angeli servono e lodano Dio insieme

    con le anime dei giusti Al canto delgallo alzati e fa la stessa cosa: a quello-ra, mentre il gallo cantava, i figli dIsraelerinnegarono il Cristo, che noi abbiamoconosciuto per mezzo della fede, speran-do nella luce eterna e nella risurrezionedei morti e aspettando questo giorno(cap. 41).

    Altri autori collegano queste ore adaltri eventi della Pasqua. Cos san Cipria-no a Terza ricorda la discesa dello SpiritoSanto; a Sesta la preghiera di Pietro sullaterrazza; a Nona la preghiera di Pietro eGiovanni che si recavano al Tempio.

    Queste Ore di preghiera sembranoscandire il giorno del Venerd Santo, co-me se ogni giorno ricordassimo quel

    giorno.Con la riforma del Vaticano II, noipossiamo celebrare una sola di questeOre, che si chiama Ora Media, mante-nendo per il legame con lora effettivain cui si celebra: se al mattino Terza, se

    verso mezzogiorno Sesta, se nel primopomeriggio Nona.

    Possiamo ricavare il senso delle diver-

    se ore dai vari elementi propri per ognu-na: in particolare gli inni, e soprattuttodalle orazioni conclusive di ogni ora.Queste sono proprie per ogni ora e ognigiorno, nella distribuzione del salterio inquattro settimane: cos abbiamo 24 pre-ghiere per le Lodi, 20 preghiere per ilVespro, 6 preghiere per Terza, Sesta eNona, e infine 8 preghiere per la Com-pieta. Facendo attenzione a tutto que-sto patrimonio eucologico, possiamo ri-cavare il senso di ciascuna ora di pre-ghiera. Per le domeniche, le solennit ele feste si dice sempre la colletta dellaMessa del giorno.

    Per quanto riguarda tali feste, la Litur-gia delle Ore arricchisce grandemente la

    comprensione del mistero celebrato. Ol-tre alle letture e alle preghiere della Mes-sa, grande aiuto offrono le letture e i re-sponsori dellUfficio Divino, gli inni, le an-tifone, i salmi scelti, nonch il canto stes-so di questi testi.

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    on la struttura della Liturgiadelle Ore la Chiesa vuole com-piere il precetto del Signore e

    degli apostoli di pregare sempre2. Cossi santifica, cio si porta la salvezza diDio a tutto il giorno delluomo e a tuttalattivit umana che in esso si svolge3.Allo stesso modo, la vicinanza della sal-vezza di Dio alle diverse ore del giornofa ricordare alluomo salvato gli eventidella storia salvifica che ebbero luogo inquelle ore.

    La riforma liturgica nel settore del-lUfficio divino non si preoccupata so-lo di ricostruire in gran parte ex novo laLiturgia delle Ore, sia pure con locchioalla tradizione, ma di fissare anche pinettamente la funzionalit, la natura, loscopo di ciascun ufficio. Tutto ci digrande importanza per entrare nellani-ma di esso, celebrarlo in spirito e verit

    in consonanza con il suo carattere e ri-spettarne, con tutta onest e sincerit,le prerogative.

    INVITATORIO

    Linizio dellUfficio Divino costituitodallinvitatorio. Esso composto dal sal-mo 94 con il suo Gloria al Padre4 e daunantifona variabile secondo i giorni,

    le feste e i tempi.

    Il salmo 94 un invito alla lode (ve-nite applaudiamo al Signore), alla-scolto devoto della Parola di Dio (ascol-tate oggi la sua voce) e alla sua attua-zione (non indurite i vostri cuori).

    Fra tutti i salmi il pi idoneo ad as-solvere la funzione di invitatorio il 94;pu essere per sostituito con il 99, il66 e il 235. In tal caso, incontrando nel-lo stesso giorno uno di questi tre salmiin altra Ora, onde evitare la ripetizione,lo si pu sostituire col 946.

    Il salmo 99 e il 23, come il 94, sonoper loro natura ed origine, canti proces-sionali di ingresso al luogo della cele-brazione, caratterizzano quindi magnifi-camente il momento inaugurale dellaLiturgia delle Ore. Il 99 evidenzia lagioia di chi sta per entrare in udienzadal Signore per glorificarlo, il 23 ricordala nota della santit personale, come

    predisposizione ideale alla preghiera. Ilsalmo 66 come il 99 esprimono limpul-so spontaneo a volere associati alla pro-pria voce festosa quella di tutta luma-nit.

    Il salmo invitatoriale si esegue, pre-feribilmente, in forma responsoriale,cio il solista dice o canta prima lan-tifona/ritornello e poi le varie strofe. Il

    coro ripete allinizio e a ogni strofa e

    Liturgia delle Ore

    Invitatorio e Compieta1

    don Francesco Giuliani

    C

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    dopo il Gloria al Padre lantifona/ritor-nello7.

    Lantifona potrebbe essere limitata

    solo allinizio, specialmente se linvita-torio non cantato o si tratta di recita-zione individuale8.

    Il salmo invitatorio preceduto dal:Signore, apri le mie labbra e la mia

    bocca proclami la tua lode, che si recitafacendo col pollice il segno della crocesulle labbra9. Il versetto, duso antichis-simo tanto nel cursus romano che mo-nastico, la vera insegna affissa sullaporta dellUfficio Divino.

    Il salmo invitatorio con lantifona eversetto introduttivo ecc., precede il pri-mo dei due uffici (Ufficio delle Letture oLodi) da cui si inizia il ciclo giornalierodella Liturgia delle Ore dopo mezzanot-te10, precede cio quella parte dellUffi-

    cio menzionata che viene a trovarsi perprima entro lambito del giorno liturgi-co, che va dalla mezzanotte alla mezza-notte11. Non quindi prima dellUfficiodelle Letture eventualmente anticipatoal giorno precedente dopo i Vespri 12,tanto meno avanti ai Primi Vespri.

    Linvitatorio, anche se non semprestrettamente obbligatorio, specie se do-

    vesse essere preposto alle Lodi13

    , ri-chiesto tuttavia da un principio di tradi-zione e di maggiore acclimatazione spi-rituale.

    COMPIETA

    La Compieta lultima preghiera delgiorno ed dest inata, come diceespressamente lIstruzione sullUfficio

    Divino, a preparare il riposo notturno,

    anche se questo comincia dopo la mez-zanotte14. La Compieta, in questo mo-do, anche se non legata ad unora fis-

    sa del giorno astronomico, associata aun tempo determinato della giornataattiva di ciascuno.

    Limpronta generale di Compieta quella della confidenza in Dio. La notte,secondo lidea del passato, che pernon stata del tutto cancellata dalla ci-vilt moderna, il tempo in cui la peri-colosit, che insidia sempre luomo, ancora maggiore. Per questo nellultimoufficio lanima esprime la sua fiducianella difesa di Dio misericordioso.

    Latto penitenziale presentato co-me una pratica facoltativa15. Alla lucedella tradizione per (che non trascura-va lesame, la confessione e la doman-da di perdono a Dio nellultima preghie-

    ra della giornata) si dovrebbe dire chequesto atto con qualsiasi formula e inqualsiasi modo si compia, altamenteraccomandabile. Di per s basterebbeun istante di silenzio e una supplica in-teriore a Dio. Si potrebbe magari usareuna delle forme dellatto penitenzialedel la Messa convenientementeadattata16.

    Inno e salmodia. La Compieta co-mincia come le altre Ore, con il O Diovieni a salvarmi Gloria al Padre e,fuori della Quaresima,Alleluia17.

    LInno, che nella Compieta del Bre-viario Romano si trovava dopo la salmo-dia e prima del capitolo, viene spostatoallinizio. Questo perch si riconosce inesso un elemento caratteristico capace

    di dare limpronta, il tono e il senso a

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    tutto lUfficio fin dal principio. Infatti comune ai tre inni delledizione latina,previsti secondo un particolare avvicen-

    damento a Compieta, la preghiera perla custodia di Dio nella notte e la difesacontro i pericoli. Si invoca un riposo ri-storatore per il corpo, ma si auspica pa-rimenti che la sensazione della presenzaviva di Dio perseveri in qualche modoquasi nel subcosciente del sonno. Siesprime anche lattesa del nuovo gior-no per rinnovare il canto della gloria di-vina. Cristo presentato come luce chesmaschera le tenebre morali della nottee che brilla quale splendore letificanteper i beati.

    Gli inni delledizione latina, come si accennato, sono tre, uno rivolto al Pa-dre e due a Cristo. Il terzo limitato alTempo Pasquale. I primi due si usano a

    scelta nel Tempo Ordinario, mentre ne-gli altri tempi le rubriche ne determina-no lavvicendamento, ma senza inten-dere di proibirne la libera alternativa18.

    Alla domenica e alle solennit dopo iI Vespri si dicono i salmi 4 e 133. Dopoi II Vespri si recita il salmo 90. Vi sono,dunque, due Compiete domenicali19

    delle quali luna o laltra pu sempresostituire quella degli altri giorni20. Laragione di questa concessione di fa-vorire coloro che, sentendo il peso dellagiornata e magari dellora notturnaavanzata, troverebbero qualche diffi-colt ad usare il libro o a variare i for-mulari. Daltronde, tralasciando laCompieta feriale, non se ne perdono i

    salmi perch si trovano gi in altre Ore.

    A differenza delle altre Ore, la sal-modia di Compieta si limita ad una set-timana perch i salmi, veramente adatti

    al momento del riposo, non sono suffi-cienti per coprire pi settimane e poiavendo optato per lo schema di quattrosettimane, per le altre Ore, un ciclo plu-risettimanale di Compieta avrebbe com-portato troppe riprese di salmi gi ricor-renti altrove. Infine il tempo al quale destinata Compieta non presenta unavera esigenza, come in altri momenti, diuna grande variet interna. Ci rientramaggiormente nello spirito della rifor-ma conciliare cos espresso: Compietasia ordinata in modo che si adatti benealla conclusione della giornata (SC89b).

    Circa la scelta degli attuali salmi sipu tener presente che sette di essi

    hanno qualche menzione della notte odel riposo notturno o suppongono, se-condo una certa lettura, lattesa nottur-na di favori divini, come appare dalleseguenti espressioni:

    salmo 4,6.9: Sul vostro giaciglio ri-flettete e placatevi; in pace mi coricoe subito mi addormento; salmo15,7.9: anche di notte il mio cuore mi

    istruisce; il mio corpo riposa al sicu-ro; salmo 87,2: davanti a te gridogiorno e notte; salmo 90,5: non te-merai i terrori della notte la peste chevaga nelle tenebre; salmo 129,6: la-nima mia attende il Signore durantele notti; salmo 142,9: vi si pu vederela situazione di chi durante la notte at-tende la mattina per sperimentare la

    grazia di Dio.

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    Lettura e responsorio. Sette piccolibrani biblici in ognuno dei giorni ci sti-molano, prima di addormentarci, ad un

    atto di amore a Dio e al prossimo, comepure di speranza nel giorno eterno. Cimettono anche in guardia contro i peri-coli morali della notte, invitandoci an-cora una volta a chiedere la protezionedivina21.

    Il responsorio In manus tuas (Sal30,6) la sublime preghiera che Gesfece prima di chiudere gli occhi alla vi-ta: E detto questo spir (Lc 23,46).

    Cantico evangelico Nunc dimittis.Caratteristico di questo piccolo ufficio il cantico serale, che quasi il culminedi tutta la sua struttura22. Il vecchio Si-meone lo cant alla sera della sua vita.E il cristiano lo canta alla fine della suagiornata attiva. come un congedo dal

    giorno, prima del riposo, dal giorno checi port ancora altre visite salvatrici diCristo: I miei occhi hanno visto la tuasalvezza. Il cantico cela, come soggia-cente, il desiderio di un ritorno a Dio,unaspirazione simile a quella del cupiodissolvi et esse cum Christo di s. Paolo(Fil 1,23).

    Nel Nunc dimittis si d linterpreta-

    zione ottimistica e cristiana del giorno,nella luce di Cristo. Lo scorrere delleore diurne fu una manifestazione di Diosalvatore al cospetto dei popoli. Una lu-ce di redenzione brillata a tutti gli spi-riti per la gloria della Chiesa. bellochiudere gli occhi con la visione del mi-stero di salvezza aperto a tutta luma-nit con la speranza di vederne la piena

    realizzazione nella Patria Celeste.

    Come per il Benedictus e il Magnifi-catallinizio del Nunc dimittis si fa il se-gno della croce per evidenziare la sua

    provenienza evangelica23.

    Si ha un intero ciclo settimanale diorazioni (otto), tutte molto belle e ap-propriate.

    Antifona mariana finale. Dopo Com-pieta si dice lantifona della Madonna,che per il Tempo Pasquale rimane Regi-na coeli, ma negli altri periodi pu esse-re ora una ora laltra, a scelta, della se-rie tradizionale, serie che pu anche es-sere allungata con canti nuovi, purchapprovati dalle Conferenze Episcopali24.Alle tradizionali stata aggiunta lan-tifona Sub tuum praesidium.

    Allantifona non si aggiunge n ver-setto, n orazione, n altro, per evitareun doppione con lorazione finale diCompieta. Daltra parte esteticamentee psicologicamente molto indicato con-cludere lUfficio, celebrato in comune,con un canto o con un testo di canto.

    bello poi finire con il saluto alla Vergine25.

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    Lantifona mariana dopo Compieta siriallaccia alla devozione che avevano legenerazioni medioevali di rivolgere un

    saluto alla Vergine alla fine della gior-nata.

    Concludo dicendo che non sarebbe lo-devole se a Compieta si assegnasse nor-malmente il tempo destinato al Vespro.Cio se fosse detta al tramonto o alla seravarie ore prima di andare a letto. Compie-

    ta un piccolo ufficio che ha un caratterecerto meno comunitario di Lodi e Vespro,pi intimo e personale. Per questo sem-

    pre pi raccomandabile recitarlo indivi-dualmente, collocandolo al momento giu-sto cio immediatamente prima del ripo-so, che dirlo fuori del suo tempo per ese-guirlo comunitariamente. Anche in que-sto caso si tratta del principio della verite dellautenticit che accompagna la reci-ta di tutto lUfficio Divino.

    1 Mi sono servito del contributo di V. RAFFA, La litur-

    gia delle ore. Presentazione storica, teologica e

    pastorale, Milano 1990; J.A. GOENAGA, Significato

    delle strutture della Liturgia delle ore in D. BOROBIO

    (ed.), La celebrazione della Chiesa 3, Torino 1994;

    J. PINELL, La Liturgia delle Ore, in AA. VV.,Anamne-

    sis 5, Genova 1990.2 Cfr. Principi e norme per la Liturgia delle Ore =

    PNLO 5.3 Cfr. PNLO 11.4 Cfr. PNLO 34-36.5 Cfr. PNLO 34.6 Cfr. la rubrica nellOrdinario e in loco.7 Cfr. PNLO 34, 114 e rubrica nellOrdinario.8 Cfr. PNLO 123 e rubrica nellOrdinario.

    9 Cfr. PNLO 266.

    10 Cfr. PNLO 35, 60.11 Cfr. PNLO 35; Calendarium Romanum, 3.12 Cfr. PNLO 59.13 Cfr. PNLO 35; 60.14 Cfr. PNLO 84.15 Cfr. PNLO 86.16 Cfr. PNLO 86.17 Cfr. PNLO 85.18 Cfr. PNLO 252.19 Cfr. PNLO 88; 230.20 Cfr. PNLO 88 e rubrica nellOrdinario.21 Cfr. PNLO 89.22 Cfr. PNLO 89.23 Cfr. PNLO 266.24 Cfr. PNLO 92.

    25 Cfr. PNLO 92.

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    Introduzione

    Il Concilio Vaticano II, nella Costituzio-ne liturgica Sacrosanctum concilium, haprecisato come la Liturgia delle Ore siaordinata a santificare tutto il corso delgiorno e della notte per mezzo della lodedivina1. Ci manifestato chiaramentedalla struttura oraria della preghierapubblica e comune del popolo di Dio2,nella quale le singole ore di preghierapercorrono tutto larco di unintera gior-nata. Tra queste assumono un ruolo di

    primo piano le Lodi mattutine e i Vespri,definite dagli stessi Principi e norme perla Liturgia delle Ore il duplice cardinedellUfficio quotidiano3. I rispettivi tempisi trovano infatti a cavallo fra giorno enotte: la mattina chiude la notte e apre ilgiorno, mentre la sera apre la notte econclude il giorno; mattina e sera difattihanno una parte di luce e una buia o cre-

    puscolare. Da ci si comprende come ledue ore siano legate luna allaltra, e nonsolo in senso cronologico, ma nel loropieno senso simbolico.

    1 Il sacrificio vespertino, sacrificio

    di Cristo

    Ogni liturgia cristiana ha come suocentro il mistero pasquale di morte e ri-

    surrezione di Cristo, evento di salvezza

    celebrato una volta per tutte, come sot-tolinea la Lettera agli Ebrei, ma che conti-nua la sua efficacia salvifica nel tempodella Chiesa, nellhodie celebrativo. Men-tre infatti la luce del mattino inauguratadalle Lodi, ci apre al Cristo Risorto, il soleche tramonta e che lascia lo spazio alletenebre ci manifesta un ulteriore misterodellunico mistero pasquale di Cristo. Esono gli stessi Principi e norme per la Li-turgia delle Ore a svelarcelo: E questo sipu anche intendere, con un significato

    pi spirituale, dellautentico sacrificio ve-spertino: sia di quello che il Signore e Sal-vatore affid, nellora serale, agli apostolidurante la Cena, quando inaugur i santimisteri della Chiesa, sia di quello stessodel giorno dopo, quando, con lelevazio-ne delle sue mani in croce, offr al Padreper la salvezza del mondo intero se stes-so, quale sacrificio della sera, cio come

    sacrificio della fine dei secoli4

    . Il vesproperci, con la preghiera che come incen-so sale al cospetto di Dio, ci ricorda ilsacrificio vespertino di Cristo (cf. Sal140, 2, tipico salmo vespertino), cio lul-tima cena eucaristica, nella e attraversola quale il Redentore si dato e continuaa darsi ancora a noi sacramentalmente.Richiama anche il sacrificio della croce,

    quando alla sera della sua vita Cristo si

    I Vespri: dalle tenebre del cosmo

    alla luce di Cristodon Pierangelo Muroni

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    immola in maniera cruenta per noi: Perradunare i popoli nel patto dellamore,distendi le tue braccia sul legno della cro-

    ce. Dal tuo fianco squarciato effondi sul-laltare i misteri pasquali della nostra sal-vezza (Inno dei Vespri di venerd, I setti-mana del salterio). E questo ricordo vienereso ancora pi vivo nel rispetto della ve-ritas horarum della celebrazione dei Ve-spri stessi, ossia nel loro carattere pretta-mente serale e non pomeridiano, assu-mendo una posizione ideale nel tempoche comincia dal tramonto. Il gioco infat-ti di chiaro e scuro, di luce e tenebra of-fertoci dal tempo cosmico, richiama inmaniera efficace il mistero pasquale diCristo, ed in particolare il suo incontrocon la morte; un incontro che non termi-na con le tenebre, ma si riapre ancorauna volta alla luce del Risorto nel nuovo

    giorno che nasce, nella sua dimensioneescatologica. Ed proprio dallesperienzadel succedersi del giorno e della notte,della luce e del buio in questa visione co-smologica, che si possono leggere gli in-terventi puntuali di Dio, kayroi, allinter-no del tempo delluomo, il kronos. Que-sta presenza del divino che penetra nellastoria delluomo posta in atto e resa

    tangibile infatti proprio nella Liturgia enelle ore di preghiera che caratterizzanolUfficio divino: Dio che d senso e si-gnificato al tempo delluomo, lo ricolmadella sua presenza e ne indica il culmine,Cristo stesso, in un continuo evolversi etendere verso una pienezza escatologicadi salvezza che mai si chiude su s stessae allinterno della quale ogni uomo

    coinvolto.

    2. Dal lucernario al lumen Christi

    della Veglia pasquale

    Il Vespro il canto della Chiesa che, al

    tramonto, rende grazie a Dio per i bene-fici ricevuti durante il giorno e, attraversole intercessioni raccomanda al Signorelumanit intera, mentre in cielo cominciaa brillare Espero, la stella della sera. Daqui i vari nomi con i quali fu chiamataquestora nei vari libri liturgici e dagli au-tori ecclesiastici dei primi secoli: Vespera-le, Agenda o Synaxis vespertina, Duode-cima, Hora lucernalis, Lucernarium, Eu-

    charistia lucernaris5. Un elemento facil-mente intuibile dallanalisi dei diversi no-mi attribuiti a questora di preghiera ilcontinuo riferimento proprio al tema del-la luce, sopra accennato. Ci confer-mato anche dalle orazioni dei diversi sa-cramentari, specie del Gelasiano, riserva-

    te ai Vespri e dove questo tema ritorna difrequente: Te lucem veram et lucis aucto-rem; Emitte quaesumus, Domine, Lucem

    tuam in corda nostra; Ad veram lucem

    quae Christus est; Inlumina quaesumus,

    Domine, tenebras nostras. Sembra para-dossale, in quanto si parla di luce proprionel momento della giornata nella qualela luce scompare per lasciare il posto alla

    notte. Il calare del giorno ci ricorda le te-nebre della passione e morte di Cristo,ma ci rimanda anche alla natura effimeradellintera creazione terrestre. Ed pro-prio qui che la luce cerca e trova il suospazio, quando chiediamo alla Luce,Cristo, di intervenire, di rendersi presen-te. Come Espero che continua, anzi iniziaa brillare pi forte quando attorno alla

    stella si crea il buio, cos alla sera della

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    giornata, concluso il lavoro, ci rivolgiamoancora una volta al Padre, quasi uscendoda quel tempo che ci mantiene ancorati

    al quotidiano per vivere il tempo dellasalvezza di Dio. E, proprio mentre so-praggiungono le tenebre, chiediamo al-lOnnipotente che si faccia presente permezzo del Figlio nello Spirito. Una richie-sta che si fa subito ringraziamento, quasiavendo ricevuto gi risposta alla doman-da rivolta a Dio. Come il cero intronizzatonel buio del tempio durante la Veglia pa-squale, cos Cristo stesso infatti si fa spa-zio nelle tenebre della nostra esistenza,spesso segnata dal peccato, di modo chela sua luce possa essere visibile e salvificaper tutti gli uomini.

    3. Dimensione eucaristica e peni-

    tenziale dei Vespri

    Ma il tema della luce affonda le sueradici nei primi secoli, quando il vesproveniva chiamato lucernario. Questo no-me gli derivava, come ci testimonia lapellegrina Egeria alla fine del V sec. de-scrivendo gli uffici celebrati la sera nel-lAnastasi di Gerusalemme, dalla parteiniziale della preghiera, la quale prevede-va laccensione delle lampade, attingen-

    do il fuoco da un lume che ardeva gior-no e notte nella grotta venerata come ilSanto Sepolcro. In realt gi Tertulliano,alla fine del II secolo nella sua Apologia39, 18, ci fornisce la prima testimonian-za riguardo la cena dellagape con il ri-tuale della lampada serale, antico ante-nato del lucernario dei vespri di cattedra-le: Dopo essersi lavate le mani e aver

    acceso le luci, qualcuno che sia in grado

    di farlo si alza in piedi al centro e canta aDio un inno preso dalla Sacra Scrittura ocomposto da lui stesso. [] E cos la fe-sta parimenti chiusa con una preghie-ra. Laccensione delle lampade, ancorain uso specie nei Vespri della LiturgiaAmbrosiana, trova le sue radici nellusogiudaico-cristiano di salutare ritualmentela luce accendendo, sul far della notte, la

    lucerna, ritenuta presto simbolo di Cri-sto, luce indefettibile e senza tramonto6,secondo la visione giovannea dellagnel-lo quale lampada eterna della Gerusa-lemme celeste e sole che non tramontamai7. E la stessa Tradizione Apostolica25, nella descrizione di questo rito do-mestico, ci riporta la preghiera di ringra-ziamento per la lampada della sera: Ti

    ringraziamo, Signore, attraverso tuo Fi-

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    glio Ges Cristo nostro Signore, permezzo del quale sei rifulso su di noi e cihai rivelato la luce senza fine. Cos quan-

    do abbiamo concluso la durata del gior-no e siamo giunti allinizio della nottegodendo della luce del giorno che tu haicreato per la nostra soddisfazione, e at-traverso la tua grazia non viene a noimeno la luce della sera, noi ti preghiamoe glorifichiamo attraverso tuo Figlio GesCristo, nostro Signore, per mezzo delquale sia gloria e potere e onore a te eallo Spirito santo, ora e sempre, nei seco-li dei secoli. Amen. I Vespri diventanoperci il momento nel quale, al terminedella giornata, il cristiano si rivolge a Dio

    ringraziando, chiedendo perdono per ipeccati del giorno e domandando prote-zione per la notte che sta per giungere,

    come suggeritoci dalla preziosissima col-letta che conclude i Vespri nelle Costitu-zioni Apostoliche 8, 37: O Dio [] chehai fatto il giorno per le opere della lucee la notte per il ristoro della nostra infer-mit [] accetta ora misericordiosamen-te questo nostro ringraziamento della se-ra. Tu che ci hai accompagnati lungo tut-to il giorno fino allinizio della notte,conservaci per mezzo del tuo Cristo. Ac-cordaci una sera tranquilla e una nottesenza peccato, e dacci la vita senza fineper il tuo Cristo.

    1 Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla sa-

    cra liturgia del Concilio Vaticano II, in Conciliorum

    Oecumenicorum Decreta, ed. G. ALBERIGO - G.L.

    DOSSETTI - P. JOANNOU - C. LEONARDI - P. PRODI, Bolo-

    gna 1996, 84.2 Principi e norme per la Liturgia delle Ore (=PNLO),

    in Enchiridion Liturgico, ed. Centro Azione Liturgi-

    ca, Casale Monferrato 1989, 1.

    3 PNLO 37.4 PNLO 39.5 Cf. M. RIGHETTI, Storia liturgica, 4 voll., 2: Lanno li-

    turgico. Il Breviario, 1969, 821.6 Cf. RIGHETTI, Storia liturgica, vol. 2, 821-822.7 R. TAFT, La liturgia delle ore in Oriente e Occiden-

    te. Le origini dellufficio e il suo significato per og-

    gi, Roma 2001, 423.

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    a grande anima di papa PaoloVI nella gioia di consegnare allachiesa, il 1.11.1970, la liturgia

    delle ore, rinnovata secondo la costitu-zione Sacrosanctum Concilium sulla li-turgia, apre la costituzione apostolicacon queste parole: Laudis canticum ilcanto di lode che risuona eternamentenelle sedi celesti, e che Ges sommo edeterno sacerdote introdusse in questaterra di esilio, la Chiesa lo ha conserva-to con costante fedelt nel corso di tan-

    ti secoli e lo ha arricchito di una mirabi-le variet di forme. un fatto chiaramente attestato nel-

    la storia della Chiesa che le diverse co-munit cristiane, fin dalle origini, hannoritenuto fondamentale fare proprio ildivino mandato di Ges di pregare epregare senza interruzione. La nostravita nel suo quotidiano svolgersi ha bi-

    sogno di un continuo spirituale collo-quio con Cristo Signore mediatore uni-co tra noi e il Padre.

    Tertulliano alla fine del II sec. in unasua opera cos scriveva circa i tempi del-lorazione: Nulla prescritto se non dipregare in ogni tempo e in ogni ora;fa osservare che certe ore sono partico-larmente indicate, perch rispondono a

    una naturale divisione nel tempo e an-

    che perch richiamano episodi della vitadi Ges; il dire di Tertulliano divenneuna necessit per molti cristiani: scandi-re il tempo che il Signore ci dona di vi-vere in un rapporto costante con Luinella preghiera sia personale che comu-nitaria.

    Il popolo di Dio attraverso pastorizelanti si avvicinato alla preghiera del-la liturgia delle ore: se per conoscemeglio la celebrazione delle Lodi e deiVespri, ha generalmente minor familia-

    rit con le ore minori e la loro storia.Il Breviario promulgato dal Papa sanPio V nel 1568 riportava come ore mi-nori Prima, Terza, Sesta, Nona: tuttequeste ore dovevano essere recitate ob-bligatoriamente; il breviario del 1970 ri-porta solamente Terza, Sesta, Nona,con lobbligatoriet di una soltanto diqueste ore, a scelta. Diversa lufficia-

    tura per i monasteri, dove gli usi sonodettati dallimpostazione delle regoledella vita monastica.

    Il nome delle ore minori un restodellantica divisione greco-romana deltempo. Sia la notte, sia il giorno veniva-no divisi in dodici ore di differente du-rata a seconda delle stagioni; in invernole ore diurne erano pi brevi, in estate

    pi lunghe.

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    Il mio tempo scandito

    dalla preghieramons. Giovanni Maria Pittorru

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    Analizzando con attenzione la pre-ghiera monastica, soprattutto in Occi-dente scopriamo una differenza tra luf-

    ficiatura notturna, che si prestava moltobene a commentare con calma e lar-ghezza di respiro i testi proposti armo-nizzando la salmodia, gli inni, le antifo-ne e le letture, sia della Scrittura, sia dei

    Padri, e le ore diurne. Queste fin dal lo-ro sorgere ebbero lo scopo di santifica-re i principali momenti della giornata ri-chiamando il pensiero di Dio e della suadivina presenza, santificando il lavorosenza interromperne il ritmo e santifi-

    cando il tempo e il mondo nel suo evol-

    versi. San Benedetto, nel cap. 17 dellasua Regola, volle ore minori brevi, sen-za antifone, semplificando anche ci

    che avveniva nel rito romano.Nelle Istituzioni dei Monasteri, Cas-

    siano, nel 382, narra che mentre si tro-vava a Betlemme vide introdursi unanuova ufficiatura creata appositamente

    nel monastero dove allog-giava.

    Nei monasteri di Pale-stina si soleva terminarelufficiatura notturna e lelodi due ore prima del sor-gere del sole; il tempo cherimaneva doveva dedicarsialla meditazione, alla let-tura e alla preghiera per-sonale, la messa si cele-brava solamente il sabato,

    la domenica e nelle feste.Poich alcuni monaci me-no fervorosi tornavano adormire fino allora di ter-za, cosa proibita dalle re-gole monastiche orientali,i superiori decisero di chia-mare i monaci, poco dopoi l levar del sole, a una

    nuova ufficiatura coraleche li salvasse da una peri-colosa indolenza. Linnova-

    zione, inutile dirlo, fu accolta male inOriente, mentre ebbe un grande suc-cesso in Occidente, tanto che san Bene-detto le dette il nome di Prima.

    La tradizione liturgica ha posto inspeciale rapporto le ore diurne e la san-

    ta Messa; esse formano la preparazione

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    immediata alla Santa Messa; SidonioApollinare (482) descrive con grandesolennit il giocondo spettacolo dun

    coro di monaci e chierici salmodiantiche si preparano di domenica a cantareterza come preparazione alla Messa.

    Secondo le rubriche del messale tri-dentino la Messa conventuale nelle do-meniche e nelle feste deve essere cele-brata dopo terza, nelle feste pi solenniil vescovo stesso la canta con il capitoloprima della Messa pontificale.

    A Roma questuso rimane ancoranella Basilica di San Pietro, al giovedsanto, in preparazione alla Messa delcrisma celebrata dal Santo Padre.

    Le ore minori hanno uno schemamolto semplice, come tradizione vuole:un inno, tre salmi, la lettura breve e lo-razione conclusiva.

    Gli inni richiamano i momenti dellanostra salvezza e in specie modo laPentecoste allora di terza.

    Il sacrificio del vero agnello pasquale

    a sesta e lorazione di Pietro che alloranona sale al tempio. Il Vaticano II in Sa-crosanctum Concilium afferma che la

    liturgia la prima e indispensabile fontedello spirito cristiano e che essa possie-de la massima efficacia per la santifica-zione degli uomini e la glorificazione diDio.

    assolutamente necessario riscopri-re la liturgia come fonte di santificazio-ne e di comunione con tutta la Chiesache a una sola voce celebra le meravi-glie della salvezza e loda il suo Signoreper i doni concessi nella creazione enella Pasqua; scandire il proprio tempocon la liturgia delle ore anche con quel-le cosiddette minori significa usare lapreghiera usata da Ges e dagli Apo-stoli, significa bere alla fonte comunedella propria santificazione e insieme

    percorrere la via santa che dal fontebattesimale conduce alla Gerusalemmeceleste dove perenne si celebra la pienaliturgia.

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    Ufficio delle letture che si incontranellattuale scansione della Litur-gia delle Ore, secondo il rito ro-

    mano, lo sviluppo di ci che per secoli,dallet medievale in avanti, si continuatoa chiamare Mattutino, nonostante taledefinizione competesse pi precisamentealle Lodi. La celebrazione di queste era ed concomitante al sorgere del sole; il primotrova invece corrispondenza in quella pre-ghiera liturgica che aveva luogo nel cuoreo verso la fine della notte. La riforma delConcilio Vaticano II ha condotto, come ve-

    dremo, ad adattarne il contenuto a qual-siasi momento della giornata, senza, perquesto, negare lopportunit di mantener-lo nella sua collocazione tradizionale1.Questa, in PNLO n. 72, risulta ancora la piconsigliabile, essendo dichiarati degni dilode tutti coloro che conservano allUfficiodelle letture il suo carattere notturno.

    Una pur sintetica ricognizione storica

    ci permetter di illustrare le origini diquesta forma di preghiera della Chiesa2,per cogliere poi le caratteristiche che venuta acquisendo nel tempo e le oppor-tunit pastorali che essa offre.

    1. Alle origini della preghiera not-

    turna della Chiesa

    Non mancano nei pi antichi autori

    cristiani testimonianze a proposito di unapreghiera notturna, espressione concretadel vivo desiderio di pregare sempre sen-za stancarsi, in obbedienza alla parola diGes (cf Lc 18,1) e alla prassi dellepocaapostolica, confermata dalle esortazionidi Paolo (cf 1 Ts 5,16-18; Col 4,2; Ef6,18). Le parole di Tertulliano, che riferi-sce di convocazioni notturne3, fannopensare che ben presto si and struttu-rando una forma celebrativa specifica peril tempo in cui le tenebre avvolgono lacreazione. Il noto studioso A. Baumstark

    ritiene che questi antelucani coetus, neiquali - a suo dire - la pi remota antichitcristiana festeggiava la risurrezione del Si-gnore in attesa dellaparousia, siano allo-rigine del cosiddetto Mattutino cos comedella grandiosa Veglia pasquale4. Senzaqui addentrarci nel dedalo delle teorieformulate dagli studiosi per rendere ra-gione della nascita e dello sviluppo dei riti

    vigiliari, ci limitiamo a constatare che i pa-dri della chiesa insistono nel raccomanda-re una preghiera incessante. Cipriano diCartagine invita a considerare giornoanche la notte e a camminare semprenella luce. La sua esortazione si fa pres-sante: Durante le ore notturne le nostrepreghiere non subiscano danno e la no-stra preghiera non sia pigra e svogliata

    Destinati a godere nel regno solamente

    Vigilare in attesa del giornoLUfficio delle letture nella Liturgia delle Ore

    don Norberto Valli

    L

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    della luce del giorno senza il sopraggiun-gere della notte, vegliamo nella notte co-me fossimo nella luce. Destinati a pregare

    di continuo e a rendere sempre grazie aDio, non desistiamo anche su questa terradi pregare e ringraziare5. La famosa Tra-ditio apostolica sottolinea il valore e la ne-cessit della preghiera nel cuore della not-te, precisamente a mezzanotte, lora incui nella parabola delle vergini giunge losposo. Invita poi ad alzarsi al canto delgallo, perch a quellora i figli di Israelerinnegavano Cristo, e a pregare fis-sando gli occhi verso il giorno nella spe-ranza della luce eterna e della risurrezionedei morti6. stato opportunamente rile-vato che sarebbe anacronistico disquisiresul carattere liturgico o privato di questeforme di preghiera7, manifestazione com-movente della fede cristiana ai suoi albori

    non classificabile in base a criteri elaboratiin epoche successive.

    1.1. maturius vigilare: la pre-

    ghiera notturna a Gerusalemme

    In ogni caso, dalla fine del IV sec. si hachiara attestazione, almeno nella santacitt di Gerusalemme, di un vero e pro-

    prio ufficio notturno ben strutturato:Ogni giorno, prima del canto del gallo,si aprono le porte dellAnastasis e vi di-scendono tutti, monaci e vergini, maanche laici, uomini e donne, che voglionomaturius vigilare. Cos si legge nel cap.24 dellItinerario di Egeria, la pellegrinache tra il 381 e il 384 percorse la TerraSanta annotando i riti che vi vedeva prati-

    cati. Prima del sorgere del sole era, dun-

    que, fin da quel tempo osservata una for-ma di preghiera, comprendente inni, sal-mi, antifone e orazioni recitate da presbi-

    teri, diaconi e monaci, desiderosi di ve-gliare in attesa del giorno. Solo quandocominciavano a splendere le luci dellalbasi iniziavano le lodi mattutine8. Nel singo-lare diario si nota chiaramente che sussi-ste una distinzione, pur nella contiguit,tra unufficiatura che, a tutti gli effetti, ancora notturna e la celebrazione al sor-gere del sole. Una conferma ulteriore vie-ne dalla descrizione che la Egeria fa diquanto accadeva la domenica. Tutta lacomunit si radunava come per la Pasquae sostava allesterno della basilica, dove siinnalzavano inni, antifone e preghiere fi-no al primo canto del gallo, quando avve-niva lingresso del vescovo e della moltitu-do dei fedeli nellAnastasis, rischiarata da

    infinita luminaria. La celebrazione avevainizio con la recita di tre salmi seguiti cia-scuno da unorazione.

    Taft nota9 che questa unit liturgicaternaria di salmodie e preghiere corri-sponde a quanto si dice in CostituzioniApostoliche 2,5: come si difenderdavanti a Dio chi non si riunisce in quelgiornoin cui compiamo tre preghiere

    stando in piedi in memoria di colui che risorto il terzo giorno. Con il termineeuchas (preghiere) stato dimostrato, in-fatti, che si possono intendere anche sal-mi e cantici10.

    Culmine della celebrazione, secondo lacronaca della pellegrina, erano la solenneincensazione del Santo Sepolcro e la pro-clamazione da parte del vescovo di uno

    dei vangeli della resurrezione preceduto, a

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    quanto si intuisce, da una pericope dellapassione. Come vedremo, la conclusionedellUfficio vigiliare nella forma pi estesa

    attualmente prevista come leco dellan-tica prassi trasmessa da Egeria.

    Dopo questi riti il vescovo con il popo-lo si recava nella cappella ad crucem, do-ve recitava un salmo seguito da unora-zione11 e, benedetti i fedeli, si ritirava. Lacelebrazione notturna gerosolimitana eracontinuata dai monaci fino allalba, la-sciando al popolo la possibilit di rimane-re in preghiera o di tornare alla propriacasa a riposarsi prima dellassemblea li-turgica mattutina, dedicata soprattuttoalla catechesi. La pellegrina osserva, inol-tre, che salmi e antifone sono sempreadatti alla circostanza: quelli che si dico-no la notte, o di primo mattino o duranteil giorno, sono sempre convenienti alla

    circostanza che si celebra. La precisazio-ne utile per introdurre una distinzione,delineatasi molto presto nello sviluppodel culto cristiano, tra uffici cattedrali euffici monastici. Questi hanno infatti unastruttura diversa dagli uffici di tipo catte-drale, come quello di Gerusalemme, ca-ratterizzato da una salmodia selezionata;nelluso monastico si nota invece un im-

    piego abbondante del salterio, per lo piin maniera corsiva, senza il riferimentopreciso allora della preghiera.

    1.2. Lesperienza monastica in

    Oriente e Occidente

    Levoluzione che conduce allUfficiodelle letture oggi celebrato passa per la

    modalit con la quale i monaci in Oriente

    e Occidente hanno praticato la preghieranotturna, nel desiderio di rimanere conti-nuamente alla presenza di Dio. noto

    che patria del monachesimo stato lE-gitto, con il movimento suscitato dasantAntonio e la regola di san Pacomio,divulgata in Occidente da san Cassiano.Luso pacomiano prevedeva un ufficio amezzanotte con il canto di dodici salmi,ciascuno eseguito da un solista e ascolta-to dagli altri che, al termine si prostrava-no per qualche istante, alzandosi poi perla colletta recitata da un monaco. La co-dificazione del numero dei salmi nottur-ni, che si mantenne a lungo anche in am-bito latino, corrisponde alla leggendariaregola dellangelo12. Si deve, comunque,constatare la coesistenza di una grandevariet di forme nei monasteri primitivi,anche se alcuni elementi sembrano ripe-

    tersi. Lautore del trattato DeVirginitate13, ad esempio, d queste di-sposizioni: A mezzanotte alzati e loda ilSignore tuo Dio, perch in quellora no-stro Signore risorse dai morti e cant innial Padre. Per questa ragione bene loda-re Dio in quellora. Alzandoti recita perprima cosa questo versetto: A mezza-notte mi alzo a lodarti per i tuoi giusti

    giudizi (Sal 118,62) e prega dicendolintero salmo 50 dallinizio alla fine.Queste cose sono stabilite affinch tu lefaccia ogni giorno. Di tanti salmi quantihai la forza di recitarne stando in piedi, edopo ogni salmo, di una preghiera ecompi una prostrazione, con le lacrimeconfessa a Dio i tuoi peccati e chiedigliperdono. Dopo tre salmi di lalleluia E

    se ci sono altre vergini con te falle canta-

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    re i salmi e recitare le preghiere una aduna. Allalba recita questo salmo: O Diotu sei il mio Dio14. In questo docu-

    mento lufficio appare strutturato in invi-tatorio fisso, salmodia a gruppi di tre sal-mi con preghiera, prostrazione e alleluiadopo ogni gruppo di tre. Un dato inte-ressante la ribadita separazione delluf-ficio notturno dalla preghiera mattutina.

    Per tentare uno sguardo sintetico pos-siamo riconoscere, con Taft, che intornoalla fine del IV secolo la preghiera nottur-na cristiana si era sviluppata in due tipi diveglia monastica quotidiana: luna cheiniziava al canto del gallo e si protraeva,soprattutto nei monasteri urbani, sin ver-so le lodi; laltra posta nel cuore dellanotte e seguita da un tempo di riposoprima dellufficiatura mattutina.

    Per lOccidente dallet tardo-antica

    sono pervenute numerose attestazioni diun ufficio notturno. Le Institutiones diCassiano lo collocano tra il canto del gal-lo e lalba e lo intendono come una sal-modia continua seguita da due letture.

    Da ricordare, inoltre, lopera di sanBenedetto che per la preghiera notturnafiss, come gi aveva fatto Pacomio, do-dici salmi, con lavvertenza di omettere

    quelli impiegati in altre ore e di porre leletture dopo i primi sei, al fine di mitigarela monotonia dello schema. La sua Regolaabbandonava cos la tradizione di colloca-re le letture esclusivamente dopo i salmi.

    1.3. Dallet carolingia al Breviario

    di San Pio X

    Sono risaputi i reciproci influssi tra gli

    usi liturgici di Roma e quelli codificati dalpadre del monachesimo occidentale. Eglisi ispir alle consuetudini dei monaci che

    al suo tempo vivevano presso le grandibasiliche e che alla tradizione propria-mente monastica associavano usi di tipocattedrale. La forma che, con buonaapprossimazione, pu essere definitaromano-benedettina si impose in etcarolingia. Pur nella variet dei testi, glielementi costitutivi dellufficio diventaro-no da allora abbastanza costanti. Quellodomenicale prevedeva tre Notturni, il pri-mo costituito da dodici salmi, senza an-tifone, un versetto di transizione e treletture ognuna seguita da un responso-rio, il secondo e il terzo composti da tresalmi, tre letture e tre responsori15. Il TeDeum segnava la conclusione della pre-ghiera. Per gli altri giorni limpostazione

    era simile, ma cambiava il numero deisalmi e delle letture: per i giorni ferialierano previsti dodici salmi, tre letture erelativi responsori, per le feste dei santinove salmi, nove letture con altrettantiresponsori, per Pasqua, Pentecoste e loroottave tre salmi, tre letture e tre respon-sori16. Se questa la situazione documen-tata nel IX secolo, le epoche successive

    videro il passaggio del Divinum Officiumda preghiera oraria delle comunit cri-stiane a preghiera individuale e propria diuna sola categoria del popolo cristiano,ossia il clero. Contestualmente, sulla-spetto laudativo/dossologico prevalevauna comprensione pi didascalico/peda-gogica e la lettura privata dei commentipatristici e dei racconti agiografici aveva il

    sopravvento sullaspetto celebrativo. Dal

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    XIII secolo, punto di riferimento divent ilBreviarium Romanae Curiae, che per iNotturni perpetuava il modello carolin-

    gio, confermato poi anche dal Breviariodi San Pio V. Il tentativo di riforma diQuionez noto che non sort leffettodesiderato. In buona sostanza, la situa-zione rimase pressoch invariata fino alpontificato di Pio X che, nel 1911, porta nove il numero dei salmi del Mattutino.

    Nella fase immediatamente preceden-te la riforma liturgica del Vaticano II lor-dinamento di questa ora liturgica anno-verava il versetto introduttivo (Domine,labia mea aperies Deus in adiuto-

    rium), il salmo 94 con linvitatorio (an-tifona ripetuta pi volte) e linno adatto.Seguivano antifone e salmi di uno o treNotturni, a seconda delle festivit. Nelprimo caso si recitavano i nove salmi pre-

    visti con le loro antifone, a cui si aggiun-gevano un versetto, il Padre nostro, lAb-solutio, le Benedictiones per ciascunadelle tre letture seguite dal loro respon-sorio; il Te Deum, lorazione come a Lodie le formule finali concludevano lufficia-tura. Nel secondo caso, ossia quando eraprescritto il cosiddetto Officium novemlectionum, avveniva la regolare ripartizio-

    ne della salmodia e delle letture appuntoin tre Notturni. In altri termini, dopo lin-no, veniva ripetuta per tre volte la scan-sione di tre salmi e tre letture con tutti glielementi rituali sopra elencati.

    2. LUfficio delle letture nella for-

    ma attuale

    Linchiesta sulla riforma dellufficio

    fatta presso i vescovi negli anni 1956-1957 e le proposte in occasione dellapreparazione del Concilio chiedevano un

    aumento quantitativo e qualitativo dellalettura di testi biblici. La Costituzione Sa-crosanctum Concilium al n 89c si fece in-terprete dei desideri espressi dallepisco-pato e chiese dunque per il Mattutinoun minor numero di salmi e letture pilunghe. Nella quinta adunanza generalei Padri del Consilium per lattuazione del-la riforma stabilirono che il cursus delleletture bibliche nellufficio fosse comple-mentare a quello della messa17. Gi inuna relazione del 1 ottobre 1964 mons.Pellegrino, faceva notare che per le lettu-re patristiche non era sufficiente unasemplice riforma dellesistente. Occorre-va, piuttosto, una revisione radicale ditutta la materia che implicava labbando-

    no di testi non pi rispondenti al criterioche pareva essenziale, ossia lutilit spiri-tuale del clero, dei religiosi e dei laici18.Analogamente per le letture agiografichesi decise di eliminare dal breviario tuttequelle leggendarie, volendo coniugare ilprofitto interiore con la verit storica19.

    Si giunse dunque, non senza faticosecalibrature e discussi aggiustamenti, al

    nuovo Ufficio delle letture, essenzialmen-te preghiera di lode a Dio, che si nutredella contemplazione delle meraviglie di-vine narrate dalla Parola in esso procla-mata. Lordinamento rituale rende moltoevidente questa rinnovata comprensione.Quando posto allinizio del ciclo gior-naliero, lUfficio si apre, infatti, ancoracon lInvitatorio, costituito dal versetto Si-

    gnore, apri le mie labbra. R/ E la mia boc-

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    ca proclami la tua lode20 e dal salmo 94,grazie al quale i fedeli sono appunto invi-tati a cantare le lodi di Dio e ad ascoltare

    la sua voce21. Segue lInno, che accentuaulteriormente la tonalit laudativa.

    La salmodia, altro elemento marcata-mente orientato alla lode, sempre com-posta da un gruppo di tre salmi o di treparti di un salmo con le rispettive antifo-ne, che nelle feste e nelle solennit corri-spondono ai contenuti della celebrazione.

    Con la riforma sono state abolite leassoluzioni e le benedizioni, di cui si parlato, e il Pater noster. Elemento dicollegamento tra salmodia e letture ilversetto che, per la sua funzione, si pudefinire transitorio22. Interessante lan-notazione di PNLO n. 63, dove si affer-ma, che con esso lorazione passa dallasalmodia allascolto delle letture. Si vuo-

    le in tal modo precisare che laccosta-mento alle Scritture previsto dal rito dacomprendersi sempre nellambito dellapreghiera di lode, al di l di ogni sua pos-sibile riduzione a esperienza morale o in-tellettuale. In tal senso rimangono piena-mente condivisibili le affermazioni di Raf-fa, secondo il quale luomo non si av-vantagger di meno e non si arricchir di

    meno ponendosi nellatteggiamento dicontemplazione ammirata delle grandez-ze di Dio, piuttosto che in quello della-lunno che si preoccupa solo di aumenta-re il patrimonio delle sue cognizioni e diacquistare una tecnica e una capacit siapure in funzione di un determinato mo-do di agire23. Al brano biblico segue ilresponsorio. Viene poi proclamata la let-

    tura patristica, ecclesiastica o agiografica,

    anchessa seguita dal responsorio. A con-fermare che lintero Ufficio delle letture,anche nella sua notevole componente di

    ascolto, da intendersi come espressionedi lode, nelle solennit e nelle feste previsto il Te Deum. Lorazione e la for-mula Benediciamo il Signore. R/ Rendia-mo grazie a Dio segnano la conclusionedella celebrazione.

    Dopo questo sguardo dinsieme op-portuno tornare con maggiore attenzio-ne su alcuni elementi rituali.

    2.1. Linno

    In ossequio al dettato conciliare chestabiliva la possibilit di mantenere il ca-rattere notturno dellUfficio e, insieme, diadattarlo a qualsiasi ora del giorno, allin-no stato attribuito il compito di inqua-

    drare la celebrazione nel contesto presta-bilito. Il n. 58 di PNLO stabilisce che quantiin forza del loro diritto particolare devo-no conservare a questo Ufficio il caratteredi lode notturna, come pure coloro che lo-devolmente lo desiderano, sia che lo reciti-no di notte, sia che lo recitino di buonmattino e prima delle Lodi, nel Tempo or-dinario scelgano linno da quella serie de-

    stinata a questo scopo. Quotidianamentesono proposti infatti nellordinario due te-sti in latino destinati il primo alla celebra-zione in ore notturne (dal tramonto, dopoi Vespri, al mattino, prima delle Lodi)24 e ilsecondo a quella in ore diurne. Con speci-fico riferimento alla notte ledizione italia-na della Liturgia delle Ore presenta soloinni in latino. Quelli in italiano si possono

    pur sempre usare, ma mancano, a tutti gli

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    effetti, di una caratterizzazione in tal sen-so. Lesito che si verifica dunque, per lamaggior parte dei casi, quello di una so-

    stanziale identit tra forma notturna ediurna dellUfficio di Letture.

    2.2. La salmodia

    La salmodia dellUfficio composta inmolti casi dalla tripartizione di un salmoo di una sua parte, con tre conclusionidossologiche (Gloria al Padre) e tre an-tifone. La scelta dei salmi, in generale,corrisponde alla semplice successione nu-merica nelle ferie dal luned al gioved.Per venerd, sabato e domenica la sele-zione legata invece allindole propria diquesti giorni. Il genere della lamentazio-ne (Salmi 34, 37, 68, 54) costituisce unevidente richiamo alla passione del Si-

    gnore e dunque risulta pi congeniale aivenerd; i salmi che evocano le meravigliedella creazione, il riposo di Dio, lalleanzae il culto sono assegnati ai sabati (Salmi130-131, 135, 106, 49), quelli tipicamen-te pasquali alle domeniche (Salmi 1-2-3,103, 144, 23 e 65).

    Nei tempi forti sono previste delle va-rianti. Nel primo, secondo e quarto saba-

    to, ad esempio, sono proposti salmi checantano la storia della salvezza, narrandole imprese che Dio ha compiuto a favoredel suo popolo (Salmi 104, 105, 7725).

    Per le solennit e le feste i salmi del-lUfficio, come si detto, sono propri.

    2.3. Le letture e i responsori

    Due sono le sottolineature che emer-

    gono al n. 140 di PNLO a proposito dellalettura della Sacra Scrittura nellUfficio di-vino. Si tratta di una proposta autorevole

    della Chiesa stessa, che non pu dipen-dere dalla scelta dei singoli, secondo ladisposizione del loro animo, essendo or-dinata al mistero che la Sposa di Cristosvolge attraverso il ciclo annuale dallIn-carnazione e dalla Nativit fino allAscen-sione, al giorno di Pentecoste e allattesadella beata speranza e del ritorno del Si-gnore26. Inoltre, questa lettura nella ce-lebrazione liturgica sempre accompa-gnata dalla preghiera cos che porti mag-gior frutto; la preghiera, a sua volta, compresa pi pienamente e fatta conpi intensa piet proprio in forza dellalettura stessa.

    A partire da questi due principi sicomprende la determinazione delle peri-

    copi che, nelle intenzioni degli estensori,si sarebbe dovuta articolare in un ciclobiennale, purtroppo rimasto incompiuto,sebbene PNLO ne avesse anticipato consufficiente chiarezza lorganizzazione.

    Ci limitiamo qui a dare uno sguardosintetico ai testi contenuti nei volumipubblicati, a partire da quelli biblici.

    In conformit allantica tradizione, in

    Avvento si privilegia la lettura semi-conti-nua di Isaia, nel tempo di Natale la Lette-ra ai Colossesi e dopo lEpifania i testiescatologici di Isaia e Baruc.

    In Quaresima si meditano le paginedel Deuteronomio e quelle della Letteraagli Ebrei che interpreta lantica alleanzaalla luce del mistero pasquale. Si attingealla stessa epistola per le celebrazioni del

    venerd e sabato santo, giorni in cui ricor-

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    rono i brani sul sacrificio di Cristo (Eb9,11-28 e sul riposo del Signore (Eb 4,1-16). A completare il quadro della Setti-

    mana santa sono i brani tratti dai carmiisaiani del Servo sofferente e dalle La-mentazioni.

    Nel Tempo di Pasqua si leggono la Pri-ma Lettera di Pietro, lApocalisse e le Let-tere di Giovanni, fermo restando lordina-mento peculiare per la Pasqua27 e per ladomenica dellOttava, lAscensione e laPentecoste28.

    Nel Tempo ordinario i libri dellAnticoTestamento sono distribuiti in modo dapercorrere lintero arco della rivelazionedi Dio al suo popolo. Si alternano dun-que i libri profetici e quelli storici che neilluminano la comprensione. Le letteredegli apostoli non impiegate negli altritempi dellanno vengono distribuite, te-

    nendo conto della loro cronologia e delleconcomitanti letture della Messa.Alle solennit e alle feste assegnata

    una lettura specifica, che nel breviario sitrova nel Proprio o, talvolta, nel Co-mune corrispondente.

    Ad ogni lettura si accompagna un re-sponsorio ad essa collegato, la cui com-posizione pu essere tradizionale o re-

    cente. Suo scopo quello di portare nuo-va luce alla comprensione del testo appe-na letto, di inserire pi chiaramente ilbrano nel contesto della storia della sal-vezza, di mostrare la corrispondenza traAntico e Nuovo Testamento, di favorire laripresa orante e contemplativa della let-tura stessa29.

    Dopo la lettura biblica e il relativo re-

    sponsorio, secondo la consuetudine della

    Chiesa romana, viene proposto un se-condo testo tratto dalle opere dei Padri,dei Dottori e di altri Scrittori ecclesiastici,

    occidentali e orientali, la cui autorit siaunanimemente riconosciuta. PNLO n.163 precisa che lo scopo di tale lettura principalmente la meditazione della pa-rola di Dio, cos come accolta dallaChiesa nella sua tradizione. La Chiesa, in-fatti, ha sempre ritenuto necessario spie-gare ai fedeli in maniera autentica la pa-rola di Dio, perch secondo linsegna-mento di Vincenzo di Lerins la lineadellinterpretazione profetica e apostolicasi svolgesse secondo la norma del sensoecclesiastico e cattolico. Gli scritti deiPadri, dunque, sono presentati anzituttocome testimonianze della meditazionesulla parola, che si sforza di giungere auna sua pi profonda intelligenza. Hanno

    inoltre la capacit di far comprenderemeglio il significato dei tempi e delle ce-lebrazioni liturgiche, di far accedere ainestimabili ricchezze spirituali, che nu-trono la vita di fede dei credenti. Per ipredicatori costituiscono poi dei modellieccellenti.

    Talvolta come seconda lettura si puincontrare un testo agiografico. Le carat-

    teristiche che pu avere sono molteplici:si pu trattare di una composizione cheparla espressamente del santo celebratoo che si pu applicare a lui, di un branodegli scritti dello stesso santo o di ele-menti della sua biografia. Anche il rac-conto della santit vissuta pu essere in-teso come unoriginale interpretazionedella parola di Dio.

    Non manca, infine, in alcuni casi, il ri-

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    corso a parti di importanti documenticonciliari che per la loro indole sono ingrado di suscitare la riflessione e di di-

    sporre lanimo alla lode.

    2.4. Il Te Deum

    In tutte le domeniche, ad eccezione diquelle quaresimali, nei giorni delle Ottavedi Pasqua e di Natale, nelle solennit enelle feste lUfficio si chiude con il TeDeum. Mentre nel Breviario precedentequesto canto sostituiva lultimo respon-sorio, nellUfficio rinnovato segue ad es-so, mantenendosi staccato dalla lettura,che esige come risposta un elemento va-riabile in accordo con il tempo liturgico ola festa occorrente. Viene, in tal modo,sottolineata la sua funzione di elementolirico conclusivo, destinato, fra laltro, a

    dimostrare che tutto lUfficio delle lettu-re, anche nei testi di ascolto della Parola,rientra nella lode a Dio30. Nota che se-gnala il carattere festivo della celebrazio-ne, analogamente al Gloria nella Messa,il Te Deum mantenuto nelle domenichedi Avvento per sottolineare lattesa gioio-sa del Salvatore.

    Lorigine di questo testo liturgico

    molto antica. Deve essere stato compo-sto in unepoca molto anteriore alla pri-ma met del VI secolo, poich menzio-nato da san Cesario di Arles e da san Be-nedetto nelle loro Regole monastiche.Nel Medioevo si diffuse la credenza chefosse stato composto da santAmbrogioe santAgostino, per ispirazione dello Spi-rito santo, dopo che il futuro vescovo di

    Ippona ricevette il battesimo. Le attribu-

    zioni si sono moltiplicate, chiamando incausa Ilario di Poitiers, Niceta di Remesia-na e altri31. Ancora oggi la questione ri-

    mane aperta.NellUfficio rinnovato si distingue una

    parte pi antica del Te Deum da una pirecente, che inizia dallinvocazione Sal-vum fac populum tuum (Salva il tuo po-polo, o Dio) ed costituita da frammentisalmodici ritenuti unaggiunta posterioreallinno originario e lasciati, per questo,alla libera esecuzione o omissione32.

    3. La celebrazione vigiliare dellUf-

    ficio delle letture.

    Il n. 73 di PNLO, a partire dalla con-statazione che, specialmente per riguar-do a coloro che attendono al lavoro apo-

    stolico, lUfficio delle letture ha assuntouna certa brevit, suggerisce una suaestensione in vista di celebrazioni vigiliaridella domenica, delle solennit e delle fe-ste. La struttura prevede la conservazionedellordinamento consueto fino al re-sponsorio che segue la seconda lettura.Da quel punto in avanti si attingono dal-lAppendice al breviario i tre cantici indi-

    cati per le diverse circostanze, a cui si ag-giunge, alla vigilia della domenica, la pro-clamazione di una delle pericopi pasqua-li, pure esse riportate in Appendice, o,nelle solennit e feste, un brano evange-lico tratto dal lezionario del giorno33. Le-ventuale omelia, il Te Deum e lorazioneconcludono la celebrazione.

    Sarebbe opportuno valorizzare piena-

    mente questa proposta di preghiera litur-

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    gica presso le comunit parrocchiali, so-prattutto per favorire la comprensionedel giorno del Signore come Pasqua set-

    timanale e aiutare i fedeli a viverlo conuna migliore disposizione interiore. Lasolenne proclamazione di uno dei vangelidella Risurrezione, al culmine del rito, ri-chiama la grande Veglia pasquale edesplicita in modo inequivocabile il conte-nuto teologico della domenica. La diffu-sione di una prassi pastorale di questogenere consentirebbe, inoltre, almenouna volta alla settimana, di riscattarelUfficio dalla semplice recita individuale,restituendo ad esso la dimensione comu-nitaria. Ai fedeli laici desiderosi di cresce-re nella vita spirituale si renderebbe, intal modo, maggiormente percepibile laricchezza e la variet della preghiera ora-ria della Chiesa.

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    1 In Principi e Norme per la Liturgia delle Ore (dora

    in poi PNLO), al n. 57, riprendendo il dettato con-

    ciliare, si afferma: LUfficio delle letture, a norma

    della Costituzione Sacrosanctum Concilium, pur

    conservando il carattere di preghiera notturna per

    il coro, deve essere adattato in modo che si possa

    recitare in qualsiasi ora del giorno, e avere un mi-

    nor numero di salmi e letture pi lunghe.2 Trattandosi di una quaestio disputata, non si pre-

    tende qui di offrire una soluzione definitiva circa

    le origini, ma semplicemente di passare in rasse-

    gna alcuni dati forniti dalle fonti disponibili.3 Ad uxorem II, 5, 2. Ledizione critica dellopera

    in TERTULLIEN, A son pouse, ed. Ch. Mounier (=

    Sources Chrtiennes 273), Cerf, Paris 1980. Per il

    testo italiano si veda: TERTULLIANO, Alla consorte.

    Lunicit delle nozze, ed. L. Dattrino (= Collana te-

    sti patristici 128), Citt Nuova, Roma 1996.

    4 Lopinione di Baumstark riferita in C. MARCORA,

    La vigilia nella liturgia. Ricerche sulle origini e pri-

    mi sviluppi (Sec. I VI), (= Archivio Ambrosiano

    6), Milano 1954, 86.5 CIPRIANO, Sulla preghiera del Signore, 35-36, ripre-

    so da R. TAFT, La liturgia delle ore in Oriente e in

    Occidente. Le origini dellufficio e il suo significato

    per oggi, Lipa, Roma 2001, 41-42.6 Il testo critico disponibile nella ricostruzione in

    B. BOTTE, La tradition apostolique de saint Hippoly-

    te. Essai de reconstitution (= LQF 39), Aschen-

    dorff, Mnster 1989.7 Cf R. TAFT, La liturgia delle ore, 51.8 Ledizione critica del Diario di viaggio si trova in

    EGRIE, Journal de voyage, ed. P. Maraval (= Sour-

    ces Chrtiennes 296), Cerf, Paris 1982. Le versioni

    italiane sono assai numerose.

    9 Cf R. TAFT, La liturgia delle ore, 80.

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    21 PNLO n. 34. Il salmo 94 pu essere sostituito, se-

    condo lopportunit, con i salmi 99 o 66 o 23.22 Cf V. RAFFA, La liturgia delle ore. Presentazione

    storica, teologica e pastorale (= Collana di Teolo-gia e Spiritualit 8), Edizioni O. R., Milano 1990,

    128: esso fa sempre allusione alla parola di Dio.

    Per nelle celebrazioni festive riecheggia il tema

    corrente.23 V. RAFFA, Istruzione generale sulla Liturgia delle

    Ore. Versione italiana e commento (= Nuova colla-

    na liturgica 2), Edizioni O. R., Milano 1971, 72.24 Si deve notare, per, che nessuno degli inni si rife-

    risce esplicitamente alla prima parte della notte.25

    Nella quarta settimana dei tempi forti si usa la pri-ma parte del salmo 77 il venerd, la seconda il sa-

    bato.26 SC 102.27 La Veglia Pasquale sostituisce lUfficio delle Letture.

    Chi non vi partecipa tenuto a celebrarlo in una

    forma peculiare, costituita semplicemente da una

    selezione dei brani scritturistici proposti nella stes-

    sa Veglia, conclusa dal Vangelo matteano della ri-

    surrezione, a cui segue il Te Deum e lorazione.28 Per la seconda domenica di Pasqua proposto il

    brano di Col 3,1-17, per lAscensione Ef 4,1-24 e

    per Pentecoste Rm 8,5-27.29 Cf PNLO n. 169. Si rileva, altres, la non trascura-

    bile funzione di conferire, con la sua bellezza poe-

    tica, alla struttura rituale una piacevole variet.30 V. Raffa, La Liturgia delle ore, 129.31 Un esame dettagliato di tutte le ipotesi offerto

    in H. LECLERCQ, Te Deum, in Dictionnaire de Ar-

    chologie chrtienne et Liturgie 15/2, 2028-2048.32 Il rito ambrosiano ha conservato nei giorni in cui

    non si recita il Te Deum, Quaresima esclusa, la

    Magna Laus Angelorum, che corrisponde, pur con

    qualche variante testuale, al Gloria in excelsis del-

    la Messa con laggiunta di unappendice assai si-

    mile a quella riscontrabile nel Te Deum. In entram-

    bi i casi il testo impiegato sempre nella sua inte-

    gralit.33 Nel rito romano, in alcune delle solennit maggio-

    ri, previsto un lezionario specifico per la Messa

    di vigilia, da cui opportuno assumere il brano

    evangelico.

    10 Cf J. MATEOS, La vigile cathdrale chez Egrie ,

    Orientalia Christiana Periodica 27 (1961) 281-312:

    299-301.

    11 Nella Liturgia Horarum ambrosiana sopravvivonoriti stazionali di origine agiopolita come, ad esem-

    pio, lantifona ad crucem seguita da unorazione,

    ancora oggi prevista allinizio delle lodi nelle so-

    lennit e in alcune feste.12 Non senza grande discernimento Pacomio era ar-

    rivato a fissare i salmi per la notte a dodici. Questo

    numero era ormai sacro per i monaci, che sapeva-

    no raccontare come questo canone duodenario

    era stato fissato nientemeno che da un angelo. In-

    fatti era sorta questione tra i pi anziani sul nume-ro dei salmi che si dovevano recitare per notte;

    non erano mancati i fervorosi, che avevano propo-

    sto cinquanta salmi, altri persino sessanta; la di-

    scussione sera protratta tanto che allora di vespe-

    ro non sera ancora deciso nulla di concreto. In

    quel momento comparve un angelo e cant undici

    salmi aggiungendo dopo ciascun salmo una pre-

    ghiera e comand ai monaci presenti di rispondere

    alleluia al dodicesimo, dopo il quale scomparve

    (C. MARCORA, La vigilia nella liturgia, 140).13 Il documento, attribuito ad Atanasio di Alessan-

    dria, sarebbe da ricondurre allambiente cappado-

    ce e da collocare cronologicamente intorno al 370

    (cf. R. TAFT, La liturgia delle ore, 121).14 Citato da R. TAFT, La liturgia delle ore, 121-122).15 A differenziare il terzo Notturno dal secondo era

    luso dellAlleluia in luogo delle antifone ai salmi.16 Cf A. Catella, Modelli storici di riforma dellOf-

    ficium divinum, in Liturgia delle ore. Tempo e

    rito. Atti della XXII Settimana di studio dei Profes-

    sori di Liturgia. Susa (To), 29 agosto 3 settembre

    1993 (= BELS 75), C.L.V. Edizioni Liturgiche, Ro-

    ma 1994: 107-140: 111-112.17 Cf A. BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975) (=

    BELS 30), CLV - Edizioni Liturgiche, Roma 1983,

    523.18 Cf Ibid., 530.19 Cf Ibid., 535.20 Tale versetto tratto dal salmo 50 che gi lautore

    del trattato De virginitate poneva allinizio della

    preghiera notturna.

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    l Concilio Vaticano II ha ricorda-to che tutti i Sacramenti, comepure tutti i ministeri ecclesiastici

    e le opere dapostolato, sono strettamen-te uniti alla sacra Eucaristia e ad essa so-no ordinati. Non stupisce quindi che di-versi numeri, dal 16 al 29, dellEsortazio-ne apostolica Sacramentum caritatis sia-no dedicati al tema Eucaristia e Sacra-menti e in essi vengano messi in luce al-cuni elementi che possono aiutare a co-gliere la relazione di tutti i Sacramenticon il Mistero eucaristico.

    Innanzitutto si considera lEucari-

    stia e liniziazione cristiana, per riba-dire che se davvero lEucaristia fontee culmine della vita e della missionedella Chiesa, ne consegue innanzituttoche il cammino di iniziazione cristianaha come suo punto di riferimento lapossibilit di accedere a tale sacramen-to. A questo proposito lEsortazione ri-porta subito un interrogativo: nelle no-

    stre comunit cristiane sufficiente-mente percepito lo stretto legame traBattesimo, Confermazione ed Eucari-stia, dal momento che veniamo battez-zati e cresimati in ordine allEucaristia?Occorre promuovere nella prassi pasto-rale una comprensione pi unitaria delpercorso di iniziazione cristiana, nelquale la santissima Eucaristia centro

    e fine di tutta la vita sacramentale. Si

    pone quindi il tema dellordine dei Sa-cramenti delliniziazione, dal momentoche nella Chiesa vi sono tradizioni diffe-renti non propriamente di ordine dog-matico, ma di carattere pastorale:Concretamente, necessario verificarequale prassi possa in effetti aiutare me-glio i fedeli a mettere al centro il sacra-mento dellEucaristia, come realt cuitutta liniziazione tende.

    Sempre riguardo al tema dei Sacra-menti delliniziazione, il Papa mette inevidenza il ruolo particolare svolto dallafamiglia e lattenzione che deve porre

    la comunit cristiana a questo cammi-no: Nellopera pastorale si deve asso-ciare sempre la famiglia cristiana alliti-nerario di iniziazione. Ricevere il Batte-simo, la Cresima ed accostarsi per laprima volta allEucaristia sono momentidecisivi non solo per la persona che li ri-ceve ma anche per lintera famiglia, laquale deve essere sostenuta nel suo

    compito educativo dalla comunit ec-clesiale, nelle sue varie componenti. Quivorrei sottolineare la rilevanza della pri-ma Comunione. In tantissimi fedeliquesto giorno rimane giustamente im-presso nella memoria come il primomomento in cui, seppur ancora in mo-do iniziale, si percepita limportanzadellincontro personale con Ges. La

    pastorale parrocchiale deve valorizzare

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    Formazione LiturgicaCulmine e Fonte 1-2008 Testi e Documenti

    Sacramentum Caritatis 4Stefano Lodigiani

    I

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    adeguatamente questa occasione cossignificativa.

    Quindi lEsortazione si sofferma sul

    nesso intrinseco tra Eucaristia e sacra-mento della Riconciliazione: I Padrisinodali hanno affermato che lamoreallEucaristia porta ad apprezzare sem-pre pi anche il sacramento della Ricon-ciliazione. A causa del legame tra questisacramenti, unautentica catechesi ri-guardo al senso dellEucaristia non puessere disgiunta dalla proposta di uncammino penitenziale. Nel nostrotempo i fedeli si trovano a vivere in unacultura che tende a cancellare il sensodel peccato, favorendo un atteggia-mento superficiale, che porta a dimen-ticare la necessit di essere in grazia diDio per accostarsi degnamente alla co-munione sacramentale. E quindi utile

    richiamare quegli elementi che, allin-terno del rito della santa Messa, esplici-tano la coscienza del proprio peccato e,contemporaneamente, della misericor-dia di Dio. Inoltre, la relazione tra Euca-ristia e Riconciliazione ci ricorda che ilpeccato non mai una realt esclusiva-mente individuale; esso comporta sem-pre anche una ferita allinterno della

    comunione ecclesiale, nella quale siamoinseriti grazie al Battesimo. A questoproposito vengono sottolineate propo-ste di alcune attenzioni pastorali: ope-rare per un deciso recupero della pe-dagogia della conversione che nascedalla Eucaristia e favorire tra i fedeli laconfessione frequente, tutti i sacerdotisi dedichino con generosit, impegno

    e competenza allamministrazione del

    sacramento della Riconciliazione; fareattenzione che i confessionali nelle no-stre chiese siano ben visibili ed espres-

    sivi del significato di questo Sacramen-to. LEsortazione ribadisce che la prassidellassoluzione generale limitataesclusivamente ai casi previsti, e la for-ma ordinaria quella che prevede las-soluzione personale. Infine si sottolineache alla nuova presa di coscienza dellarelazione tra Eucaristia e Riconciliazionepu essere di valido aiuto una equilibra-ta ed approfondita prassi dellindulgen-za, lucrata per s o per i defunti.

    Se lEucaristia mostra come le sof-ferenze e la morte di Cristo siano statetrasformate in amore, lUnzione degliinfermi, da parte sua, associa il soffe-rente allofferta che Cristo ha fatto dis per la salvezza di tutti, cos che an-

    chegli possa, nel mistero della comu-nione dei santi, partecipare alla reden-zione del mondo. La relazione tra Eu-caristia ed unzione degli infermi si ma-nifesta poi in modo particolare quando,a coloro che stanno per lasciare questavita, la Chiesa offre, oltre allUnzionedegli infermi, lEucaristia come viatico.Nel passaggio al Padre, la comunione

    al Corpo e al Sangue di Cristo si mani-festa come seme di vita eterna e poten-za di risurrezione... Poich il Santo Via-tico schiude allinfermo la pienezza delmistero pasquale, necessario assicu-rarne la pratica.

    Il legame fra Eucaristia e sacra-mento dellOrdine risulta dalle parolestesse di Ges nel Cenacolo: Fate que-

    sto in memoria di me (Lc 22,19). Ge-

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    s, infatti, alla vigilia della sua morte,ha istituito lEucaristia e fondato allostesso tempo il sacerdozio della Nuova

    Alleanza. Alla luce del dialogo avvenutoallinterno dellultima Assemblea sino-dale, il Santo Padre richiama alcuni va-lori relativi al rapporto tra Sacramentoeucaristico e Ordine. Innanzitutto necessario ribadire che il legame tralOrdine sacro e lEucaristia visibileproprio nella Messa presieduta dal Ve-scovo o dal presbitero in persona di Cri-sto capo. La dottrina della Chiesa fadellordinazione sacerdotale la condi-zione imprescindibile per la celebrazio-ne valida dellEucaristia necessarioche i sacerdoti abbiano coscienza chetutto il loro ministero non deve maimettere in primo piano loro stessi o leloro opinioni, ma Ges Cristo. Contrad-

    dice lidentit sacerdotale ogni tentati-vo di porre se stessi come protagonistidellazione liturgica. Il sacerdote piche mai servo e deve impegnarsi conti-nuamente ad essere segno che, comestrumento docile nelle mani di Cristo,rimanda a Lui. Ci si esprime particolar-mente nellumilt con la quale il sacer-dote guida lazione liturgica, in obbe-

    dienza al rito, corrispondendovi con ilcuore e la mente, evitando tutto ciche possa dare la sensazione di un pro-prio inopportuno protagonismo. Racco-mando, pertanto, al clero di approfon-dire sempre la coscienza del proprio mi-nistero eucaristico come umile servizioa Cristo e alla sua Chiesa.

    Legato a questo sacramento il tema

    del celibato sacerdotale, che rappre-

    senta una speciale conformazione allostile di vita di Cristo stesso. Per cui Be-nedetto XVI ribadisce la bellezza e

    limportanza di una vita sacerdotale vis-suta nel celibato come segno espressivodella dedizione totale ed esclusiva aCristo, alla Chiesa e al Regno di Dio,confermandone quindi lobbligatorietper la tradizione latina. La scarsit disacerdoti, in zone di prima evangelizza-zione ma ora anche in molti Paesi dilunga tradizione cristiana, richiede unapi equa distribuzione del clero ed unaattenta cura per le vocazioni sacerdota-li, senza mai tralasciare ladeguato di-scernimento delle vocazioni e la forma-zione specifica dei candidati. La pasto-rale vocazionale deve coinvolgere tuttala comunit cristiana in ogni suo ambi-to, compresa lopera di sensibilizzazio-

    ne delle famiglie, spesso indifferentise non addirittura contrarie allipotesidella vocazione sacerdotale. Questoparagrafo si chiude con un invito allasperanza: non deve mai venire menola fiducia che Cristo continui a suscitareuomini, i quali, abbandonata ogni altraoccupazione, si dedichino totalmentealla celebrazione dei sacri misteri, alla

    predicazione del Vangelo e al ministeropastorale. Il Papa quindi ringrazia anome della Chiesa intera tutti i Vesco-vi e i presbiteri, che svolgono con fede-le dedizione ed impegno la propria mis-sione Occorre ringraziare Dio per itanti sacerdoti che hanno sofferto finoal sacrificio della vita per servire Cri-sto.

    Lultimo dei sacramenti presi in con-

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    siderazione nel suo rapporto con lEu-car ist ia quel lo del Matrimonio:LEucaristia corrobora in modo inesau-

    ribile lunit e lamore indissolubili diogni Matrimonio cristiano. In esso, inforza del sacramento, il vincolo coniu-gale intrinsecamente connesso allu-nit eucaristica tra Cristo sposo e laChiesa sposa. Il reciproco consenso chemarito e moglie si scambiano in Cristo,e che li costituisce in comunit di vita edi amore, ha anchesso una dimensioneeucaristica. Infatti, nella teologia paoli-na, lamore sponsale segno sacramen-tale dellamore di Cristo per la suaChiesa, un amore che ha il suo puntoculminante nella Croce, espressionedelle sue nozze con lumanit e, alcontempo, origine e centro dellEucari-stia. La famiglia chiesa domestica

    un ambito primario della vita dellaChiesa, specialmente per il ruolo decisi-vo nei confronti delleducazione cristia-na dei figli.

    Il numero 29 dellEsortazione apo-stolica viene dedicato allindissolubilitdel matrimonio: Se lEucaristia espri-me lirreversibilit dellamore di Dio inCristo per la sua Chiesa, si comprende

    perch essa implichi, in relazione al sa-cramento del Matrimonio, quella indis-solubilit alla quale ogni vero amorenon pu che anelare. Il Sinodo ha ri-servato una particolare attenzione allesituazioni dolorose in cui si trovanonon pochi fedeli che, dopo aver cele-brato il sacramento del Matrimonio,hanno divorziato e contratto nuove

    nozze. Si tratta di un problema pasto-

    rale spinoso e complesso, una vera pia-ga dellodierno contesto sociale che in-tacca in misura crescente gli stessi am-

    bienti cattolici.Il Sinodo dei Vescovi conferma la

    prassi della Chiesa, fondata sulla SacraScrittura, di non ammettere ai Sacra-menti i divorziati risposati, perch il lorostato e la loro condizione di vita ogget-tivamente contraddicono quellunionedi amore tra Cristo e la Chiesa che si-gnificata ed attuata nellEucaristia. Idivorziati risposati, tuttavia, nonostantela loro situazione, continuano ad appar-tenere alla Chiesa, che li segue con spe-ciale attenzione, nel desiderio che colti-vino, per quanto possibile, uno stile cri-stiano di vita attraverso la partecipazio-ne alla santa Messa, pur senza riceverela Comunione, lascolto della Parola di

    Dio, lAdorazione eucaristica, la pre-ghiera, la partecipazione alla vita comu-nitaria, il dialogo confidente con un sa-cerdote o un maestro di vita spirituale,la dedizione alla carit vissuta, le operedi penitenza, limpegno educativo versoi figli.

    LEsortazione apostolica raccomandadi avere la massima cura pastorale nel-

    la formazione dei nubendi e nella pre-via verifica delle loro convinzioni circagli impegni irrinunciabili per la validitdel sacramento del Matrimonio, econclude: troppo grande il bene chela Chiesa e lintera societ sattendonodal matrimonio e dalla famiglia su di es-so fondata per non impegnarsi a fondoin questo specifico ambito pastorale.

    (continua)

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    La parola di Dio celebrataCulmine e Fonte 1-2008

    Prima lettura: Ml 3,1-4 (oppure: Eb 2