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BACCO MINORE Calabria: Fattoria della Piana, una bioimpresa che eccelle nel mondo Il personaggio del mese: Etile Carpené In viaggio: Firenze e la Norvegia Piaceri: l’enologo Donato Lanati svela come abbinare ogni vino al suo bicchiere Ribolla Gialla del Collio Nebbiolo di Gattinara Raboso del Piave Pigato di Albenga Pignoletto dei Colli bolognesi Vernaccia di San Gimignano Cococciòla d’Abruzzo Tintilia del Molise Asprinio campano Susumaniello del Salento Nerello mascalese dell’Etna VDG MAGAZINE VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 2 | N.19 | MENSILE | Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/19/2011 | Belgio Euro 9,30 | Canton Ticino Ch.Fr. 11,50 | Costa Azzurra Euro 11.90 | Stati Uniti www.vdgstore.com OTTOBRE 2012 - EURO 4,90 20019 9 772039 887006 VINI, VITIGNI E TERRITORI: VIAGGIO NELL’ITALIA ENOICA MENO CELEBRATA

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maggio 2012

BACCO MINORE

Calabria: Fattoria della Piana,una bioimpresa che eccelle nel mondo

Il personaggio del mese: Etile Carpené

In viaggio: Firenze e la Norvegia

Piaceri: l’enologo Donato Lanati svela come abbinare ogni vino al suo bicchiere

Ribolla Gialla del Collio

Nebbiolo di Gattinara

Raboso del Piave

Pigato di Albenga

Pignoletto dei Colli bolognesi

Vernaccia di San Gimignano

Cococciòla d’Abruzzo

Tintilia del Molise

Asprinio campano

Susumaniello del Salento

Nerello mascalese dell’Etna

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Bacco minore | Viaggio nell’Italia enoica m

eno celebrata | Intervista a Etile Carpenè | Piaceri: a ogni vino il suo bicchiere | Bioimprese d’eccellenza: la Fattoria della Piana

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Ottobre 2012

VINI, VITIGNI E TERRITORI: VIAGGIO NELL’ITALIA ENOICA MENO CELEBRATA

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editoriale di Domenico [email protected]

ottobre 2012

Il modello occidentale agro-industriale sta evidenziando sempre più i suoi problemi e viaggia verso un limite che, a detta di tutti, non è oramai sostenibile.I numeri a sostegno di questa tesi sono im-pietosi: un terzo della produzione agroali-mentare è destinata alla nutrizione di oltre 3 miliardi tra bovini, suini, ovini e avicoli.Con questa produzione, si calcola che po-tremmo sfamare 1,3 miliardi di persone ogni anno. Dall’Unione Europea ogni muc-ca riceve un sussidio giornaliero di circa 2 dollari al giorno, mentre nel mondo 2,5 mi-liardi di persone vivono sotto quella soglia.Aggiungiamo quindi i 36 milioni di persone che muoiono di fame nel mondo e i 30 mi-lioni che, dall’altra parte, muoiono per ec-cesso di cibo, ossia per obesità. Questi paradossi alimentari chiamano diret-tamente in causa le politiche pubbliche di sostegno. L’UE destina all’agricoltura il 40% dei 40 miliardi di budget a sua disposizione. Èd è proprio in queste politiche di sostegno che andrebbe fatta una vera rivoluzione. Non è facile e finora, non a caso, non c’è riuscito nessuno.L’affare, infatti, è incredibilmente complica-to. Gli stessi agricoltori e gli stessi allevatori sono intrappolati in un meccanismo specu-lativo che fa impazzire i prezzi mondiali delle materie prime, delle cosiddette “commodi-ties”, a cominciare da grano, mais e soia.Ma chi è che stabilisce il vero valore delle merci? Non certo chi sale ogni mattina sul trattore.A manovrare i bottoni sono, manco a dir-lo, i banchieri, i trader e gli speculatori. Se-condo uno studio di Barclays, il mercato dei

contratti a termine sulle materie prime vale 500 miliardi di dollari. Una torta a cui par-tecipano tutte le grandi banche d’affari del mondo in un gioco simile a quello dei deri-vati finanziari. Insomma, il solito refrain! Quando qualcu-no piange c’è un altro che ride. Peccato pe-rò che quelli che ridono sono quelli che su-dano di meno. Non è difficile andare a trovare l’origine di tali storture. È proprio qui che servono re-gole auree e controlli severi! Per l’Europa ci sta lavorando la Commis-sione Agricoltura presieduta dall’ex mini-stro italiano Paolo De Castro. L’invito che ci sentiamo di rivolgergli è quello di avere coraggio e depennare dalla lista dei favo-riti chi dell’agricoltura non conosce nem-meno l’abc. Altro quesito: quando verrà presa dai go-verni la decisione di vietare ai trader gli ac-quisti di materie prime alimentari? Forse, alla fine, basterebbero poche mosse per avere un mondo più giusto e sostenibi-le. Voi (e noi) consumatori, nel frattempo, potete cominciare a fare la vostra parte in questa che ci piacerebbe passasse alla sto-ria come la “food revolution”.Come? Comprando meglio, comprando sostenibile e comprando con la testa (e con il cuore): anche perché, oggi più che mai, tutto questo è un imperativo, mica solo un consiglio.

Agrobusiness e paradossi alimentari:è tempo di rivedere le politiche agricole pubbliche

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6 ottobre 2012

panorama30 Storie dall’Italia che merita: Fattoria della Piana Un’azienda casearia calabrese dotata di

una filiera “bio” che ha incantato il mondo

34 Storie dall’Italia che merita: Terre di Balbia Un vino, frutto della passione di un friulano

per la Calabria, l’antichissima terra d’Enotria

36 Il personaggio del mese: Etile Carpenè Intervista al reggente della storica dinastia

che ha fatto grande lo champagne italiano

38 La pagina verde di Legambiente Energia solare: ecco i comuni più virtuosi

speciale vino&territorio44 Ribolla gialla (Friuli)

Nasce sulle colline goriziane a ridosso della Slovenia, questo bianco dal sapore estremo

48 Raboso (Veneto) La perla nera del Piave: un rosso intenso

che in passato ha ispirato anche Goldoni

52 Cruasè (Lombardia) Non un vitigno, ma di più: un marchio nato in

Oltrepò per legare la bollicina rosè al territorio

56 Nebbiolo (Piemonte) Amato da re e da scrittori fin dall’antichità, un

vino che a Gattinara ha ritrovato il suo habitat

60 Pigato (Liguria) Una Doc a fortissima identità geografica, che

si coltiva unicamente nella Riviera di Ponente

64 Pignoletto (Romagna) Sui Colli di Bologna non c’è storia: il re è lui,

questo bianco autoctono dal gusto schietto

68 Vernaccia (Toscana) A San Gimignano, non ci sono solo le famose

“torri” a rappresentare la storia del territorio

72 Cococciòla (Abruzzo) Una giovane promessa enoica sta facendo

capolino accanto al fratello maggiore Pecorino

76 Tintilia (Molise) Viene dai rossi di Spagna, i cosidetti “vini

tinti”, il nome del tradizionale vitigno molisano

80 Asprinio (Campania) Per produrlo bisogna arrampicarsi in alto, sui

pioppi e gli olmi che crescono nel Casertano

sommariosommario ottobre 2012

12 Dall’Italia e dal mondo

16 Occhio ai consumi

17 La salute nel piatto Alimenti-alleati: l’olio extravergine

18 Scienza e vita I formaggi caprini delle Alpi

20 Almanacco di Barbanera

22 Appuntamenti

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Cover storyOttobre, tempo di vendemmia.

Impossibile resistere alla tentazione di raccontarvi di vini e

vitigni poco noti, il cui nome è indissolubilmente legato ai

territori ed è sinonimo di qualità assoluta. Siete pronti ad un

viaggio per l’Italia alla ricerca dei “figli di un Bacco minore”?

da pag 44

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8 ottobre 2012

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piaceri114 I piaceri di Bacco A ogni vino il suo bicchiere: Donato Lanati,

ci svela i segreti per soddisfare i cinque sensi

116 Le mani raccontano Emidio Pepe, 80 anni e una vita spesa

a fare il vino come una volta, “coi piedi”

118 Bellezza e benessere

119 Camera con vista

120 Week-end nel verde

121 Week-end relax

122 Soste d’arte

124 Libri

125 Spettacoli

84 Susumaniello (Puglia) Dal Salento magico e assolato, un rosso

fruttato e generoso. Come la sua terra

88 Nerello (Sicilia) Una cultivar a bacca nera che nasce a

Mascali, nella “faccia vitata” dell’Etna

92 Il tappo in sughero Cosa sarebbe una bottiglia di vino, senza

questo silenzioso e impagabile compagno?

94 La storia in cucina Il vino del re santo, Luigi IX di Francia

96 Chef italiani nel mondo

inviaggio100 L’Italia in mostra: Firenze L’arte del Ventennio fascista ospitata a

Palazzo Strozzi ci riporta la città di una volta

104 Norvegia, terra di salmoni Tappa a Stavanger, capitale gastronomica

norvegese, tra albe sognanti e soste golose

110 Città in 24 ore, Matera

sommariosommario ottobre 2012

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Via Maffucci, 52 20158 Milano

Tel. 02 [email protected]

...”hanno cercato di imitare la luce

e la purezza dei cristalli ma mai nessuno è riuscito

ad imitare l’amore che noi mettiamo

nelle nostre creazioni”

Oriana Bassetti Stylist manager

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ottobre 2012

AbruzzoMichele Caracino Gaetano Castaldi

BasilicataIsa GrassanoAngela Pino

CalabriaSalvatore ChiarellaLucia LipariAntonio RomeoRaffaele Romeo

CampaniaFerdinando Cappuccio Luisa Del SorboRosalia Imperato

Emilia-RomagnaPaola AnnoniLuca Campana Marco Landucci Chiara MojanaGianluigi PaganoGiancarlo RoversiLuca Sardi Nerino TrentiniFruttuoso Zucchini

Friuli Venezia-GiuliaValentina ColucciaMarina Tagliaferri

LazioFrancesco Maria Bucarelli Domenico Bruno

Alessandro Mei Giovanni MeroneStefania Monaco Francesca Oliverio

LiguriaAlessandro Baffigi Barbara BacigalupoAnna Orlando

LombardiaCesare AssolariMarco BacchettaRoberto Bonsi Massimiliano Bruni Lorenzo FotiFrancesca FredianiValentina GavariniRiccardo LagorioEugenio MeloniUmberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giampaolo Perna Saro Trovato

MarcheMichela PallonariFerruccio SquarciaGiorgio Tassi

MoliseGiovanni ScapagniniIda Santilli

PiemonteMonica CovielloSilvana DelfuocoDonato Lanati

Gian Nicolino NarducciRoberto RabachinoMauro Rosta

PugliaLucrezia ArgentieroSantina FrancavillaBruno Micai Jolanda De Nola Nunzio Pacella Sergio Siciliano

SardegnaRoberto Dall’Acqua Annalisa BernardiniLino ErriuGiuseppe Pulina

SiciliaCesare Aldesino Rosario RibbeneMarco Scapagnini

ToscanaElena ContiMarco Ghelfi Rosanna Ercole MelloneMarco Scataglini

Trentino Alto-AdigeFrancesca Negri

UmbriaM. Pia Fanciulli

VenetoGermana Cabrelle

collaboratori&ambasciatori

Direttore ResponsabileDomenico Marasco

Coordinatore editorialeFrancesco [email protected]

EditingGilda Ciaruffoli

Grafica e impaginazioneDaniel AddaiCarlo Fontana

Foto EditorGiuseppe Magaretti

Foto: Fotolia Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma)

Distribuzione ItaliaMessaggerie Periodici ME.PE. S.p.A. Via G. Carcano 3220141 Milano

Editore:Opera Italia SrlVia Pola 1520124 Milano

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Direttore commerciale: Ruggero Marasco

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L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

AbbonamentiOpera Italia SrlVia Pola 15 - 20124 MilanoTel. 02 89053250fax 02 89053284Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. [email protected]’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista.GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli

abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a:Opera Italia SrlSede legale: via Pola 1520124 Milano Redazione: via Pola 1520124 Milano tel. 0289053250 fax 0289053290Registrazione Tribunaledi Milano n. 92 del 10/02/2011

Cerchiamo agenti e venditori di spazi pubblicitariViaggi del Gusto Magazine, AirOne Magazine e Ursa Major Magazine cercano persone di professionalità affermata, o da formare, nel settore della vendita di spazi pubblicitari e nel ruolo di agenti di commercio. L'area di lavoro è individuata nelle seguenti regioni: Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Calabria, Campania, Liguria, Valle d’Aosta. I candidati interessati sono invitati a spedire il proprio curriculum a [email protected]

contributors ottobre 2012

hanno collaborato a questo numero:

Paola AnnoniMarco BacchettaGermana CabrelleOlga Carlini Gilda CiaruffoliFrancesco ColomberaSilvana DelfuocoMaria Pia FanciulliSantina FrancavillaFrancesca FredianiRosalia ImperatoRiccardo LagorioLegambienteLucia LipariPietro MiloStefania MonacoAnna OrlandoGianluigi PaganoGiuseppe PulinaRoberto RabachinoRosario RibbeneFondazione Veronesi

DONATO LANATILo chiamano l'enologo-scienziato. È uno dei winemaker più prestigiosi al mondo. Nelle classifiche del prestigioso Wine Spectator, i "suoi" vini sono sempre tra le prime posizioni. Cè bisogno di aggiungere altro? Sì, che nel suo laboratorio enologico nel Monferrato, ci tiene i corsi, l'università. pag. 114

RODO SANTORONativo della Grecia, ha studiato e lavorato a Roma come scenografo per poi passare in Sicilia a restaurare castelli feudali. Nel suo ricco curriculum di giramondo ci sono anche esperienze archeologiche, docenze di disegno e tanti libri scritti. Ma soprattutto la pittura e l’illustrazione. Di cui ci dà un saggio a pag. 94

ELENA CONTISenese ma di famiglia fiorentina in cui convivono pacificamente guelfi e ghibellini, e d’aspetto nordico. Con un pedigree del genere, non poteva che darsi alle lingue straniere. Giornalista per caso, prima tv, poi carta stampata e uffici stampa. Ha lavorato per anni con Carlo Verdone al Terra di Siena Film Festival. Ma quando ha scoperto il Cappero di Pantelleria, è passata con leggerezza dal cinema all’agroalimentare di qualità. pagg. 68 e100

SILVANA DELFUOCOEmiliana di nascita e torinese d’adozione per i casi della vita, grazie alla sua esperienza di Assaggiatore di formaggi e di salumi e, soprattutto, di Giudice del Tartufo, dal 2003 è approdata al giornalismo enogastronomico. Il suo scheletro nell’armadio sono invece i troppi anni passati a tentare di insegnare il latino a generazioni di liceali recalcitranti. pag. 56

ISA GRASSANOLucana di nascita, bolognese d’adozione. Da piccola sognava di fare l’hostess o la giornalista. Quando s’è resa conto che non avrebbe superato l’1,60 di altezza, ha ripiegato sulla seconda opzione. Ma non ha rinunciato ai viaggi e al turismo, di cui scrive con passione e competenza. Tra voli aerei e pagine da riempire, ha anche trovato il tempo per creare un divertente manuale sulle “101 cose da fare Gratis in Italia”.pag. 110

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ottobre 2012

Fra TripAdvisor, il più grande porta-le web al mondo di viaggi e recen-sioni, e la ristorazione italiana tira sempre più aria di scontro giudi-ziario. L’incontro fra i “capi” della sezione europea della società ame-ricana e quelli della Fipe, il sindaca-to di categoria che ha innescato una battaglia per tutelare il settore dalla concorrenza sleale delle false recensioni e dai ricatti criminali si è concluso in un nulla di fatto. Anzi, lo scontro potrebbe alzarsi di livello arrivando nei palazzi di Giustizia per ottenere sentenze clamorose come quelle che hanno già punito il portale, proprio per concorrenza sleale, a Londra e Parigi. A rendere difficile il dialogo è la questione della tracciabilità e della veridicità delle recensioni (spesso anche anonime): “regola-ri” secondo TripAdvisor false per almeno un caso su 3 secondo le ricerche di Fipe.

Il commentoC’era una volta la Guida Michelin. Una specie di Vangelo per chi era in cerca di trattorie e ristoranti dove mangiar bene. Pratica, puntuale e, soprattutto, autorevole. Già, l’autorevo-lezza: prerogativa assai rara e difficile da acquisire. Per fregiar-sene occorrono (pardon, occorrerebbero) anni di esperienza e quindi affidabilità, competenza, onestà. Tutte caratteristi-che che la Guida Michelin ha accumulato nel corso della sua lunga e prestigiosa storia. Oggi, dopo l’avvento del web, a consultare le pagine di Michelin per decidere se andare a ce-nare in questo piuttosto che in quel ristorante, sono rimasti in pochi. E la classica guida dalla copertina rossa è diventata vieppiù uno strumento esclusivo per gourmet e intenditori di alta cucina, insomma. Il resto del mondo preferisce la rete. Invece di andare a comprare la guida in libreria e annoiarsi a sfogliare pagine e pagine cartacee di indirizzi e consigli, ti colleghi a Internet, digiti e scopri in un battibaleno come si mangia, quanto si paga e quali sono i piatti forti dell’osteria sotto a casa come del ristorante nel centro di New York. Tutto gratis e a portata di click. Bene, direte voi: questo è il pro-gresso, la modernità, l’era dell’accesso, del wi-fi e dei tablet, vivaddio! D’accordo, ma un problema c’è ed è grosso come una casa: è quella parolina di cui sopra, ovvero l’autorevolez-za. Sì, perché sul web, a spopolare tra gli amanti della buona tavola non è il portale (autorevole) della Guida Michelin o i siti specializzati e realizzati da chi le recensioni e i giudizi sui risto-

ranti li dà (più o meno autorevolmente) per mestiere, quanto invece le piattaforme ”open-source”, quelle cioè aperte a tutti e che si fondano esattamente sui commenti e le recensioni di illustri sconosciuti. Quelle come TripAdvisor appunto. Per carità: tutti, esperti e non, hanno diritto ad esprimere la pro-pria opinione e dispensare giudizi di valore sui menù e sul servizio di un ristorante, ma a questo punto – affidandoci alle recensioni alla massa e venuta meno l’autorevolezza fondata su esperienza e qualifiche – aspettiamoci di fare i conti an-che con un altro fenomeno: quello che in America chiamano “crowdturfing”, ovvero “marketing malevolo”. Giudizi falsati e amplificati ad arte per condizionare i gusti e le scelte degli utenti. Un potere immenso, messo nelle mani di un qualun-que internauta. C’è chi addirittura assolda giovani disoccupati per scrivere recensioni “tarocche” on-line! In Italia, il proble-ma, come s’è visto, l’ha sollevato Fipe dopo che alcuni risto-ratori si sono visti recapitare mail, al limite del ricatto, come questa: «Salve, sono un esperto di TripAdvisor. Sono in grado di rilasciare recensioni positive a 4 stelle, in diverse lingue e da numerosi paesi del mondo grazie ai miei contatti. Sappiamo quanto sono diventate importanti le recensioni per il mercato del turismo. Ovviamente ciò non lo facciamo gratis, ha un costo». Estendete la minaccia a livello planetario e vi rende-rete conto che se questa del crowdturfing non è una nuova “mafia delle recensioni”, poco ci manca. TripAdvisor cerca di difendersi e tutelare il suo know-how ma la questione resta aperta, in tutta la sua gravità.

«Vuoi un commento positivo? Paga!»

Ora c’è anche la mafia delle recensioni on-line

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dall’Italia e dal mondodi Francesco [email protected]

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ottobre 2012

Prezzi dei cereali alle stelle, l’UE frena sui biocarburanti per scongiurare carestie Meno biocarburanti, più cibo. Con i prezzi dei cereali (e delle altre com-modities) schizzati alla stelle in tut-to il mondo, l’Unione Europea ha deciso di invertire la rotta e ridurre drasticamente le quote di derrate agricole destinate alla produzione di propellenti da biomasse, aumen-tando invece il loro utilizzo come cibo. A portare verso questa scelta strategica la Commissione Europea è stata soprattutto la necessità di premunirsi contro possibili carestie e scongiurare ulteriori lievitazio-ni dei prezzi delle commodities. Il “new deal” attuato dall’UE in materia di biocarburanti che a bre-ve diventerà normativa, è stato spiegato dai commissari europei per il Clima e per l’Energia, Connie Hedegaard e Guenther Oettinger, con queste parole: «Non intendia-mo affatto spingere i biocarburanti basati sul cibo. Anzi, al contrario, nella nostra proposta di nuova legi-slazione, li limitiamo all’attuale livel-lo di consumo, il 5% fino al 2020». Anche per il dopo-2020 l’orienta-mento è quello di dare preferenza ai biofuel ottenuti da prodotti non alimentari, come i residui agricoli da macero o la paglia.

Menù siciliano nello spazio: a bordo della navicella russa Soyuz ci sarà la caponataUna caponata spaziale! Presto non sarà solo un colorato modo di dire per decantare la squisitezza del caratteristico piatto della cucina siciliana. Nel maggio del prossimo anno, infatti, il tipico antipasto siculo a base di verdure volerà davvero nello spazio cosmico. Sarà l’astronauta catanese Luca Parmitano, copilota della navetta spaziale russa Soyuz, a por-tarla con sé infatti nella missione che partirà da Baikonour, in Kazakhistan, il 29 maggio 2013. Per tale progetto, partito tre anni fa, Parmitano, astro-nauta dell’Agenzia spaziale europea e maggiore dell’Aeronautica militare nonché primo siciliano del-la storia nello spazio, aveva promesso che avrebbe portato, lì nella galassia, qualcosa della sua terra. La caponata, appunto, la cui preparazione sarà affi-data a uno chef d’eccezione: il palermitano Filippo

La Mantia, re della cucina dell’hotel romano

Majestic. L’Agenzia Spaziale ha dato l’ok, alla luce del-la leggerezza e dell’alta digeribili-tà della caponata, senza aglio e senza

cipolla, targata La Mantia.

Venezia: al festival del Cinema le star di Hollywood brindano con spumante trentino Bollicine trentine sul festival di Venezia. La 69ª edizione della rassegna cinematografica più antica del mondo, quest’anno, oltre ai divi di Hollywood, ha visto sfilare sul tradizionale red carpet una primadonna d’eccezione che ha reso ancora più “frizzante” la manifestazione che ogni anno asse-gna il Leone d’Oro ad attori e registi del grande schermo. Ai quali, per festeggiare i loro successi, è stato offerto infatti spumante Trentodoc, una delle eccellenze enologiche nazionali che, grazie a un accordo tra Trentino Marketing e la Rai, si è ritagliata uno spazio da protagonista all’interno del padiglione della televisione di Stato che trasmetteva la diretta dell’evento dalla darsena dell’Hotel Excelsior. Il set Rai è stato personalizzato infatti con il brand Trentodoc e lì, star e ospiti internazio-nali hanno potuto brindare con le bollicine di montagna made in Trentino.

Corea: nuovo supervirus in arrivo dai maiali, comunità scientifica in allarme Nuova allerta nella comunità scientifica interna-zionale per un supervirus che si starebbe diffon-dendo nel mondo animale, minacciando pan-demie anche tra gli esseri umani. Dopo H5N1, l’agente patogeno responsabile della cosiddet-ta “influenza aviaria” i ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, in Tennessee (USA) hanno individuato e circoscrit-to un altro ceppo virale, H1N2, che arriva da alcuni maiali coreani e rischia di essere persino più pericoloso di H5N1. Almeno tra gli animali. Perché, messo sotto la lente dai ricercatori, il virus si è mostrato letale nei furetti (un modello animale che sviluppa l’influenza in modo simile a quanto avviene negli uomini) e capace di diffondersi per via aerea, evolvendosi in forme sempre più contagiose e virulente. Come rac-contano gli scienziati, isolato inizialmente da alcuni suini sudcoreani nel 2009, il virus è stato inoculato nelle trachee e nelle cavità nasali di alcuni furetti. Tutti e tre gli animali infettati con H1N2 sono morti.

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news

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Vincente Delicacies porta nel mondo i sapori autentici della SiciliaPistacchio di Bronte, mandorle di Avola, miele di Zafferana Etnea: tutto rigorosamente made in Sicilia. Sono gli ingredienti-base delle specialità targate Vincente Delicacies, azienda dolciaria della provincia di Catania che ha fatto del legame con il territorio una filosofia di vita prima ancora che d’impresa. A partire dal pistacchio, preziosa materia prima conosciuta in tutto il mondo per la sua bontà, la pasticceria con sede a Bronte, produce dolci di altissima qualità, lavorati rigorosamente a mano secondo l’antica tradizione sicula, senza l’utilizzo di alcun additivo artificiale e attualizzati dal ricercato design dei dolci stessi e delle loro splendide confezioni. La stessa storia aziendale di Vincente nasce dalla voglia di costru-ire qualcosa di magico, virtuoso ed elegante, che muove dalla forza dell’esperienza e da anni d’intenso lavoro maturato nel campo dell’alta pasticceria siciliana. La ricerca del buono e del bello è l’obiettivo per poter offrire in Italia e nel mondo un pezzo autentico della Sicilia attraverso i suoi sapori più caratteristici. Al resto ci pensa la creatività dei giovani pasticceri del grande laboratorio di pasticceria. (informazione pubblicitaria)

Italia, paese dal pollice verde: lo conferma Expo Rurale 2012Cresce sempre più l’interesse degli italiani per il verde. Nelle case del Bel Paese, si contano in media 7 piante: un dato significativo, dal momento che 5.3 milioni di famiglie non ne possiede perché non sa come curarle oppure perché non ha a disposizione lo spazio adeguato. Numeri positivi anche dal fronte dell’interesse ad acquisire informazioni sul mondo dei vegetali: sono 11 milioni infatti le famiglie, ovvero la metà di quelle residenti nel nostro Paese, che quo-tidianamente attingono notizie su piante, giardini, sementi, orti e affini. Una passione che, tuttavia, è diret-tamente proporzionale all’avanzare dell’età: sono le persone più mature, e con più tempo libero, a dedicarsi a queste attività. La fotografia “dell’Ita-lia verde” è stata scattata nel corso di Expo Rurale 2012, la manifestazione tenutasi a Firenze che ha raccolto circa 130 mila visitatori interessati, tra le altre cose, al tema degli orti da curare, dei giardini multisensoriali e dei farmers market.

Zero solfiti e più chiarezza ai consumatori: Farinetti lancia il suo Vino Libero“Liberiamo (anche) il vino da trappole e buro-crazia”! È lo slogan coniato da Oscar Farinetti, patron di Eataly, per il suo nuovo progetto. Che è stato ribattezzato appunto Vino Libero, un nuovo circuito – a metà tra ideologia e business – che punta a “un futuro pulito” nel campo enologico e per il quale l’imprenditore intende investire mas-sicciamente. In Italia, secondo Farinetti, si investe troppo su “trappole micidiali” per il vino, come la preparazione di un’etichetta, «ma poi in bottiglia si mette di tutto». Quanti solfiti contiene un vino? Quale vitigno c’è dentro? Che tipo di trattamenti ha avuto la campagna? Dentro ci sono concimi chimici o naturali? Queste le domande rispetto alle quali Vino Libero vuol dare risposte ai consu-matori, potendo contare già adesso su una rete di 12 produttori e 42 vini col 40% in meno dei solfiti previsti dalla legge. L’obiettivo è arrivare a “zero solfiti” e avere, entro il prossimo mese di marzo, un ventaglio di mille tra enoteche e ristoranti che dovrebbero portare in dote 100 mila clienti.

Gran Bretagna: a Londra le ciambelle “bagel” saranno targate Cremonini Ingresso sul mercato delle stazioni ferroviarie di Regno Unito e Irlanda per il gruppo Cremonini. Attraverso la controllata Chef Express Uk, l’azien-da emiliana ha acquisito la catena Bagel Factory – specializzata nella vendita di bagel, i particolari pani britannici a forma di ciambella – presente nelle principali stazioni ferroviarie di Londra. Nel 2011, la società ha realizzato ricavi per circa 5,1 milioni di sterline e l’acquisizione è avvenuta sulla base 1,1 milioni. Attualmente Bagel Factory – presente anche in Italia – gestisce direttamente 13 punti vendita in Inghilterra, di cui 9 nelle più importanti stazioni di Londra. La rete distributiva, inoltre, comprende 43 locali in franchising dislo-cati fra Irlanda e Gran Bretagna. Con questa ope-razione, il gruppo Cremonini ha inteso rafforzare ulteriormente la propria presenza sul mercato inglese dove dal 2000 gestisce i servizi di ristora-zione on board sui 60 treni inglesi Eurostar che collegano Londra con Parigi e Bruxelles.

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La compravendita di tutti gli animali domestici, non protetti da leggi speciali, non è lasciata al libero ar-bitrio ma è regolata da leggi specifiche, ovvero dal-le disposizioni generali del Codice Civile in materia di compravendita di beni con riferimento all’art. 1496 relativo alla garanzia per i vizi. In particolare, è la specie canina quella maggiormente esposta al rischio legato ad alcune malattie virali, parassitarie e batteriche che possono essere contratte in alle-vamenti poco affidabili, in luoghi igienicamente precari o durante il trasporto in condizioni inade-guate e stressanti per gli animali. L’acquisto di un qualsiasi cucciolo viene paragonato dal C.C. a una compravendita di cose per cui esso impone deter-minati obblighi: all’acquirente di pagare il prezzo convenuto e al venditore di garantire l’animale da

vizi, salvo patto contrario. L’art. 1490 ci dice infat-ti che il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inido-nea all’uso a cui è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. I vizi sono tutte le imperfezioni che incidono sull’utilizzabilità e sul va-lore della cosa per cui, se riferiti all’animale, posso-no essere difetti, patologie e malattie che ne com-promettono la vitalità. La garanzia può essere fatta valere quando il vizio è pregresso, quindi esi-stente al momento del contratto, occulto, cioè non palese o facilmente riconoscibile al momento del contratto, e grave, che condizioni cioè le funzio-nalità dell’animale. Sono quindi coperti da garan-zia solo i vizi definiti come redibitori. È necessario tener presente che la garanzia per vizi nell’anima-le è tacita, per cui sussiste anche senza dichiarazio-ne specifica delle parti le quali possono comunque aumentarne, diminuirne o escluderne la portata con specifico patto. Per poter utilizzare la garanzia è necessario che il compratore al momento della consegna verifichi accuratamente l’animale acqui-stato e questo perché la garanzia non vale se il vi-zio era facilmente riconoscibile e o se il comprato-re ne era a conoscenza. In presenza di un vizio redibitorio l’acquirente può scegliere o la risoluzio-ne del contratto o la riduzione del prezzo. Nel caso in cui siano state effettuate azioni irreversibili sull’animale, o nel caso in cui la morte dell’anima-le sia determinata da cause non collegate al vizio redibitorio, non sarà possibile restituire l’animale nelle stesse condizioni in cui è avvenuta la vendita per cui sarà possibile ottenere solo la riduzione del prezzo. Se invece l’eventuale morte è collegata al vizio il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto. Sia in caso di riduzione del prezzo che in caso di restituzione, il compratore ha diritto al risarcimento, il che andrà a coprire la spese affron-tate per eliminare il vizio e i danni arrecati a causa dei vizi stessi. Senza dubbio quindi il momento cru-ciale è quello della stipulazione del contratto, mo-mento in cui dobbiamo verificare che la cosa o l’animale acquistato risponda alle nostre esigenze e che soddisfi le nostre aspettative. Infine il ritiro di un animale da situazioni gratuite e in condizione di visto e piaciuto, quali per esempio il ritiro da un canile municipale o l’acquisizione, comportano sempre l’assunzione di specifica responsabilità ci-vile e morale e, nel caso di inosservanza, quale per esempio l’abbandono o la detenzione in cattive condizioni, implicano severe sanzioni penali. Il ter-mine entro cui far valere la garanzia è di 8 giorni dalla scoperta del vizio (termine di decadenza del diritto del compratore alla garanzia) ed entro 1 an-no dalla consegna dell’animale (termine di prescri-zione). La comunicazione della denuncia può es-sere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo di trasmissione anche se è consigliabile la raccoman-data con ricevuta di ritorno.

Voglia di cuccioli? Qualche utile consiglio

Poiché l’acquisto di animali malati, in condizioni

di salute precarie (con relativa truffa economica),

è un fenomeno sempre più frequente, e dato che

l’autunno è il periodo in cui solitamente si decide di

accogliere in casa un piccolo amico a quattro zampe,

è opportuno sapere cosa dice la legge a riguardo.

Scopriamolo insieme

occhio ai consumidi Marco Bacchetta e Danila reposi

associazione civici consuMatoriwww.civiciconsuMatori.it

ottobre 201216

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ottobre 2012

Lo utilizziamo ovunque, sulla pasta o semplice-mente con il pane, nell’insalata o come condi-mento per le carni. Stiamo parlando dell’olio ex-travergine di oliva, prodotto principe della Dieta Mediterranea. Tra le sue molte proprietà vi è si-curamente quella di proteggere le nostre arterie. Ciò avviene attraverso la regolazione dei livelli di colesterolo circolanti nel sangue. Questo parame-tro, da tutti temuto quando si effettuano gli esami ematologici, è uno dei fattori più importanti legati al rischio cardiovascolare. Livelli elevati di coleste-rolo LDL, chiamato anche “cattivo”, sono infatti causa della formazione delle placche aterosclero-tiche, quei restringimenti di vene e arterie che alla lunga possono causare infarti e ictus. Con l’extra-vergine d’oliva i livelli di colesterolo cattivo si ab-bassano. Ma non solo. Quello buono infatti, noto

Preferitelo a crudo, ma non preoccupatevi se dovete usarlo in cottura. L’importante è non eccedere nelle quantità: solo così infatti l’olio si rivela

un vero toccasana per le arterie e un alleato contro i radicali liberi

Non più di tre cucchiaiDunque il consumo di extravergine rappresenta un’ottima fonte di quei preziosi elementi utili al benessere dell’organismo. Ma quali sono le giuste quantità di olio da assumere? Meglio crudo o come alimento di cottura? Sicuramente per una dieta sana ed equilibrata non vanno superate le dosi di tre cucchiai al giorno. È importante ricordare infatti che l’olio non è un farmaco e che un eccessivo consumo non fa abbassare il colesterolo ma, al contrario, lo innalza! Per quanto riguarda invece il modo in cui lo si utilizza, il consiglio è quello di preferirlo a crudo. Va però anche detto che l’extravergine non è dannoso nei cibi cucinati. Per la sua alta percentuale di acido oleico, l’olio d’oliva ha un elevato punto di fumo ed è stabile alle alte temperature: il mix ideale tra resistenza al calore e contenuto di antiossidanti che lo rende ottimo anche per la cottura.

anche con il nome di HDL, non viene minimamen-te alterato. Dunque la spremuta d’oliva rappresen-ta, oltre che un gustoso condimento, un’ottima forma di prevenzione del rischio cardiovascolare. E che dire degli effetti anti-invecchiamento? L’ex-travergine è una miniera di antiossidanti tra cui la vitamina E, il tocoferolo e diversi composti fenoli-ci. Tutte molecole in grado di difendere il nostro corpo dall’invecchiamento precoce attraverso la lotta ai radicali liberi. Questi ultimi sono i respon-sabili principali dei danni cellulari tipici dell’età. Essi sono delle forme particolarmente reattive dell’os-sigeno, ovvero molecole molto potenti in grado di danneggiare il DNA e, alla lunga, innescare la genesi dei tumori. Grazie all’olio, gli antiossidanti contenuti in esso neutralizzano i pericolosi radicali garantendo così longevità alle cellule.

Extravergine, per un cuore sano e giovane

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la salute nel piatto

a cura della Fondazione umberto Veronesi

testi di daniele banFi (giornalista scientiFico)

Page 18: VdG Magazine Viaggi del Gusto

Caprini delle Alpi, specialità d’alta quota

L’allevamento caprino nelle regioni della fascia sub-alpina e alpina si basa su un connubio tra an-tico e moderno che giustifica un prodotto estre-mamente ricercato dai palati più fini e di grande valore alimentare. La tradizione di allevare capre, soprattutto nelle aree montane del nord Italia, è antichissima, come testimoniato da reperti graffi-tati sulle pareti rocciose alpine che documentano in modo inequivocabile il rapporto tra questi ani-mali e le tribù Camune, stanziali nella bresciana Valle Camonica, e quelle alpine coeve, fin dalla prima età del bronzo. Giova ricordare che le par-ti più intime del corpo di Ötzi, la famosa mum-mia del Similaun, erano protette da pelli di capra, fatto che ne certifica in pari età anche la presen-za nell’attuale Alto Adige. Per esplorare questo mondo del tutto particolare ci rivolgiamo a Loren-zo Noè, agronomo e dottore di ricerca, nonché consigliere direttivo dell’Organizzazione Naziona-le Assaggiatori di Formaggi, che da oltre 30 anni svolge con successo attività di ricerca e di trasferi-mento tecnologico negli allevamenti caprini alpini di Italia, Francia, Svizzera e Austria.

Lorenzo, allevamento della capra e caseifi-cazione del latte sono dunque realtà antiche del mondo alpino… Non esattamente. Per quanto nelle tribù alpine legate al mondo celtico esistessero senza dubbio abili casari, la tradizione di fabbricare il formaggio è legata al più nobile degli animali da produzio-ne, il bovino, mentre alla capra veniva attribuito il grande valore di produrre latte da balia, fatto per altro in voga fino ai primi anni del ’900 del secolo scorso e documentato da splendide foto d’epo-ca (raccolta Bertarelli, Milano), realizzate quando a Milano si vendeva il “latte in tetta”, prodotto fornito da pastori che menavano le loro piccole greggi fino alle vie più centrali della città. Per cui, nonostante l’allevamento caprino fosse diffusissi-mo, la tradizione nella caseificazione del suo lat-te nelle Alpi è scarsa, limitandosi alla produzione di Mascherpe, non meglio identificati formaggi provenienti dalla lavorazione del latte di risulta di animali altrimenti sfruttati per l’alimentazione dei neonati e dei capretti, veri destinatari della produzione.

settembre 2012

Risale agli anni ’70 del ’900 il boom dei formaggi di capra in Italia, riscoperti dai tanti giovani che in quel periodo iniziavano a lasciare le città alla ricerca di una vita più genuina. Le tecniche usate erano mutuate dai vicini francesi e dalle tradizioni locali, con l’obiettivo di recuperare razze e sapori che rischiavano di perdersi. Oggi, tra i leggeri e stuzzicanti caprini freschi e i complessi formaggi maturi, la scelta è pressoché infinita

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scienza e vita

ottobre 2012

scienza e vitadi Giuseppe pulina

professore di Zootecnia speciale all’università di sassari

Page 19: VdG Magazine Viaggi del Gusto

Come spieghi allora la grande variabilità pro-duttiva che osserviamo oggi?Negli anni ’70 del secolo scorso la riscoperta del mondo rurale da parte di giovani imprenditori in fu-ga dal caos cittadino porta questi ultimi a investire su tale allevamento, semplice da attuare e soprat-tutto richiedente limitati capitali iniziali. Questi nuo-vi imprenditori, spessissimo senza alcun retroterra culturale in questo ambito, iniziano a importare dai cugini d’oltralpe francesi ben più radicate tecniche di caseificazione adattandole alle situazioni locali e particolari, ma a volte anche riscoprendo antiche forme di caseificazione rilette e riviste in chiave tec-nologica moderna. A ciò si aggiunga l’opera, at-tuata dalle Associazioni degli Allevatori nell’ultimo scorcio del secolo scorso in tutta Italia e in parti-colare nelle valli alpine, di conservazione e valoriz-zazione di ecotipi o vere e proprie razze locali, che hanno consentito di inserire nel processo produttivo un peculiare ingrediente di assoluta tipicità. Si è as-sistito così alla nascita di formaggi di rara intensità al palato, che coniugano innovazione e tradizione casearia, alla riscoperta di antiche razze (eclatante è il caso del Fatulì dell’Alta Val Camonica legato al-la produzione della capra Bionda dell’Adamello) ma anche di altre classi di prodotto che lasciano convi-vere razze cosmopolite come Saanen e Camosciata delle Alpi con razze tradizionali di origine elvetica, come la Nera di Verzasca, nell’unica Dop lombarda di capra, ovvero la Formaggella di capra del Luinese, nella provincia di Varese.

Quali caratteristiche possiedono questi prodotti e cosa ne garantisce il successo fra i consumatori? Questi latticini sono ottenuti con tecniche di coagu-lazione di solito miste, acida e presamica. Entram-be le forme, in specie se poi si utilizza la tecnica di lavorazione del “latte a crudo”, lasciano inalterate le peculiarità chimico-fisiche del latte di capra. Que-sto tipo di lavorazione prevede trattamenti termici blandi ed é permessa dalle autorità sanitarie solo se il latte conferito alla lavorazione ha una qualità microbiologica di grande rilievo, cosa peraltro abba-stanza normale nelle condizioni ambientali degli al-levamenti alpini. Queste intrinseche qualità del latte caprino delle Alpi si riflettono sul prodotto finito e conferiscono allo stesso alcune peculiarità. Innan-zitutto i caprini sono formaggi che richiamano alla mente la freschezza e la leggerezza, in particolare quelli freschi normalmente prodotti con tecniche di coagulazione di tipo lattico, nei quali il consumato-re può ritrovare un gradevole connubio tra i gusti dolce e acido. Per la natura chimica della frazione lipidica del latte, ricca in acidi grassi a catena cor-ta, una connotazione caratteristica del prodotto, sia all’odorato che al gusto, è quella definita come “nota ircina”, aggettivo derivato dal nome latino della capra (capra hircus). Un ulteriore aspetto, pre-

sente soprattutto nei prodotti di pronto consumo e con pochissima maturazione, é il colore bianco del-la pasta dovuto alla scarsissima presenza del betaca-rotene normalmente contenuto nel latte di vacca e responsabile della colorazione giallastra dello stesso e dei prodotti derivati.

Cosa ci puoi dire invece dei caprini più maturi? Sempre con tecniche di cagliata di tipo lattico o pre-samico, il formaggio caprino si può presentare sotto forma di gamma di prodotti invecchiati e maturati con le più diverse modalità di affinamento. Il livello di complessità al palato che si può raggiungere con l’affinamento del formaggio di capra non ha egua-li. Si passa attraverso la gestione di complesse lipolisi e proteolisi (scissione per via enzimatica del grasso e delle proteine) tipiche dell’invecchiamento della mas-sa caseosa, che diventa formaggio con l’intervento dei fattori esterni legati agli ambienti di affinamen-to. Un’esplosione di sensazioni che investono anche le terminazioni nervose più importanti legate alla ri-cezione degli stimoli arrecate dal cibo (trigemio) la si prova cimentandosi, ad esempio, negli assaggi di tipiche preparazioni di paste molli (tronchetti o ca-ratteristiche forme piramidali tronche) derivate dalla caseificazione per via lattica arricchite con muffe e trattate in superficie che danno origine alle croste fio-rite, spesso ottenute con “grottazioni” (permanenza in grotte ad alto tenore di umidità) più o meno spin-te. In questi casi le lipolisi e le proteolisi sono addirit-tura massive e portano al liquefacimento della massa caseosa, soprattutto nella zona del sottocrosta con importanti note, che raggiungono anche il tipo am-moniacale, riscontrabili al palato.

I caprini freschi, col loro connubio

di dolcezza e acidità, richiamano

un’idea di leggerezza.

Quelli invecchiati invece

raggiungono livelli di complessità

al palato senza pari

Nella foto qui sotto, Lorenzo Noè, agronomo e dottore di ricerca, nonché

consigliere direttivo dell’Organizzazione Nazionale

Assaggiatori di Formaggi

19ottobre 2012

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Lunedì 4 ottobre – San Francesco d’Assisi patrono d’ItaliaSimbolo di pace e fratellanza, Francesco d’Assisi è tra i santi più amati al mondo. Proclamato patrono d’Italia nel 1939 da Pio XII, ogni anno, il 4 ottobre, migliaia di fedeli raggiungono Assisi per pregare sulla sua tomba. Anche se in realtà la morte avvenne alla Porziuncola il 3 ottobre del 1226 alle ore 19. Si celebra però il 4 perché nel Medioevo, e fino al XVIII secolo, il giorno legale non cominciava a mezzanotte, ma con l’Avemaria della sera annunciata dalle campane mezz’ora dopo il tramonto. E siccome ai primi d’ottobre il sole tramonta intorno alle 18, le attuali 19 corrispondono nel calendario medievale alla prima ora del 4 ottobre.

Domenica 28 ottobre – Torna l’ora legale invernaleFinalmente si recupera quell’ora di sonno che ci era stata tolta a primavera dall’ora legale. Si torna all’ora solare, si dice, e si spostano le lancette indietro di 60 minuti. In realtà, parlare di “solare” non è corretto, perché sempre di “legale” si tratta, in quanto ci si risintonizza con l’ora del fuso orario che comprende la penisola italiana. Si torna quindi all’ora invernale, più naturale per noi; l’ora solare è invece quella che, avendo come riferimento il passaggio del Sole sul meridiano, cambia da una città all’altra, anche quando sono vicine su uno stesso parallelo. Proprio per ovviare a queste differenze fu introdotto nel secolo scorso il sistema dei fusi orari.

Il Sole Il 1° sorge alle 06.57 e tramonta alle 18.41 L’11 sorge alle 07.08 e tramonta alle 18.24 Il 21 sorge alle 07.20 e tramonta alle 18.09

Il 1° ottobre si hanno 11 ore e 44 minuti di luce solare – mentre il 31 se ne hanno 10 ore e 23 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 81 minuti di luce.

Domenica 28, alle 03, ritorno all’ora legale invernale (ora solare): le lancette dell’orologio dovranno essere spostate indietro di un’ora, dalle 03 alle 02.

La Luna Il 1° tramonta alle 08.13 e sorge alle 19.06L’11 sorge alle 02.25 e tramonta alle 15.54 Il 21 sorge alle 13.31 e tramonta alle 23.42

La Luna è all’Apogeo venerdì 5 alle ore 03. È al Perigeo mercoledì 17 alle ore 03.

Luna in viaggioIn questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 1, 5 e 6.

Sole e Luna

La vendemmia passa il testimone all’olivo. Simbolo di pace, come l’altro grande protagonista del mese, San Francesco, la cui festa apre le porte ai tepori e al dolce sole caratteristici delle prime settimane del mese

Da ricordare

Tempo d’Ottobrata

ottobre 201220

almanacco di barbanera di M. Pia Fanciulli

Page 21: VdG Magazine Viaggi del Gusto

Orti e dintorniProfumati, generosi, familiari e insieme esotici, gli agrumi ci chiedono di essere

protetti o trasferiti in casa prima dell’arrivo delle gelate notturne. Luoghi ideali sono le verande, i giardini d’inverno e tutte quelle

costruzioni in vetro in cui le piante possono disporre di sole e luce. La temperatura ideale

dovrebbe oscillare fra i 5 e i 15°C. In generale, comunque, purché al riparo, gli

agrumi stanno bene anche all’aperto perché vento e fenomeni atmosferici hanno

l’effetto di tenere a bada i parassiti. Se invece si hanno delle fucsie, in giardino o in

terrazzo, anch’esse andranno protette e potate prima del riposo invernale tagliando

a mezza altezza tutti i rami. Quanto ai lavori nell’orto, in Luna calante (dal 1° al 14 e dal

30 al 31) seminare all’aperto lattuga da taglio, valeriana e spinacio invernale. Nel giardino, riportare in serra o al coperto le

piante grasse e i gerani. In crescente (dal 16 al 28) estrarre dal terreno i bulbi di gladiolo

e impiantare crocus, tulipani e giacinti. Moltiplicare nell’orto le aromatiche.

Saggezza popolare

L’autunno si inoltra, il tiepido sole di ottobre lascia il posto alla stagio-ne fredda, chiedendo al nostro fisico uno sforzo in più per adeguarsi alle nuove condizioni climatiche. Importante quindi dare avvio, me-glio se nei giorni di Luna crescente, a cure rinforzanti. Tra le varie pos-sibilità una viene dalle mele, il cui succo centrifugato regalerà un ef-fetto antireumatico e digestivo. Ma la mela è ottima anche cotta al forno con la buccia, come insegnano le nonne. Non solo buona da mangiare, così preparata si rivela anche uno straordinario antistress: la buccia contiene infatti una sostanza ottima nel trattamento di an-goscia, tensioni e spasmi muscolari. E se invece ci siamo già beccati il primo raffreddore della stagione, ideale sarà una tisana di frutti di rosa canina, bevuta più volte al gior-no. Le sue bacche, ricche di vitamina C, hanno la benefica capacità di rafforzare e migliorare le difese dell’organismo. L’infuso si prepara con 5 gr di bacche lasciate in infusione in 200 ml di acqua bollente dai 15 ai 30 minuti; bevuto freddo calmerà la sete in caso di febbre. Il vento, il freddo e le mani... si screpolano. Per far tornare elastica e morbida la pelle, assai efficaci si riveleranno dei massaggi leggeri, ef-fettuati per una decina di minuti, con un olio preparato in casa. Ci vorranno 100 ml di olio di mandorle e 10 gr di fiori di calendula. Op-pure si potrà utilizzare il decotto ottenuto dai fiori con cui bagnare le mani, più volte al giorno. Si prepara con un cucchiaio di fiori in mez-zo litro d’acqua. Alla fine asciugarsi bene.

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Saggezza popolare

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• Se ottobre dà belle giornate, godile pure in scampagnate.

• Per San Francesco (4 ottobre) parte il caldo e arriva il fresco.

• D’ottobre un bell’ovetto è più dolce di un confetto.

• Ottobre è bello, ma tieni pronto l’ombrello.

• L’oliva tanto più pende, quanto più rende.

• Per Santa Teresa (15 ottobre), si semina a distesa.

• D’ottobre, in cantina da sera a mattina.

• Ottobre frondoso, inverno freddoso.

• Per San Simone (28 ottobre) il ventaglio si ripone.

• Ottobre piovoso, campo prosperoso.

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di Gilda Ciaruffoli

Lazio Lo vedi, ecco Marino…Torna la Sagra dell’uva più celebre d’Italia, quella di Marino, delizioso paesino dei Castelli Romani, voluta nel 1925 dal poeta Leone Ciprelli. Si ripete quindi il “miracolo” delle fontane dalle quali sgorga il rosso nettare invece che acqua, così come tornano le sfilate in costume, i ricchi addobbi fatti di grappoli d’uva e gli sfarzosi carri allegorici che rendono questa manifestazione – la più antica in Italia nel suo genere – tanto amata in tutto il mondo. È questa inoltre un’ottima occasione per visitare i Colli Albani e tutta l’area dei Castelli Romani. 6-8 ottobre, Marino Laziale (Rm) - Info: www.sagramarino.altervista.org

emilia-romagna Un gioco da ragazziPer dare agli chef under 12 la possibilità di mettersi alla prova e imparare cose nuove nasce Cuochi per un giorno, il primo Festival nazionale di cucina per bambini che si svolge presso lo storico ristorante modenese la Secchia Rapita. Due giornate, decine di appuntamenti e laboratori durante i quali i piccoli cuochi possono annusare, toccare, pesare, dosare, impastare, miscelare, modellare, cuocere. La parola d’ordine è divertirsi! Perchè cucinare è un gioco da ragazzi. 6-7 ottobre, Modena Info: www.cuochiperungiorno.it

SiciliaLa doLce atteSaBisogna aspettare la seconda parte dell’anno per gusta-re la Settembrina, la pesca tardiva coltivata a Leonforte e nei territori limitrofi. Un prodotto molto amato ma non facile da reperire, che viene invece offerto in de-gustazione in occasione della Sagra delle pesche e dei prodotti tipici che proprio il borgo in provincia di Enna organizza. L’occasione è quella buona per gustare, oltre alla pesca dal caratteristico colore giallo e dal gusto aro-matico, anche le altre produzioni tipiche del territorio, come la fava larga, le mandorle e i legumi, il tutto tra canti dialettali e spettacoli di gruppi folkloristici. 6-7 ottobre, Leonforte (En)Info: www.sagradellepesche.it

Lombardia Più Scienza Per tuttiSono i luoghi più belli di Città Alta e Città Bassa – dal Teatro Sociale al-le dimore e ai palazzi storici, oltre a chiese, chiostri e musei, coinvolgen-do anche i più bei borghi della pro-vincia – a fare da quinta scenografi-ca alle conferenze, agli spettacoli, ai concerti, ai laboratori, alle mostre e agli incontri con Premi Nobel, scienziati di fama internazionale e ricercatori che animano la città per 16 giorni in occasione di BergamoScienza. Ai visitatori, durante la manifestazione, è offerta la possibilità di esplorare in modo interattivo l’universo matematico, astronomico, fisico, chimico, informatico e tutti gli ambiti in cui la scienza è quotidianamente applicata. 5-21 ottobre, Bergamo - Info: www.bergamoscienza.it

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valle d’aosta iL forte in festa Sapori e tradizioni della Valle d’Aosta tornano in vetrina nella nona edizione del Marché au Fort, che si tiene nella suggestiva cornice del Borgo e del Forte di Bard. Un’occasione per scoprire le specialità della tavola della piccola regione alpina nella più importante rassegna dedicata alle eccellenze della tavola valdostana. I cultori del gusto possono qui incontrare un’ottantina di produttori e conoscere da vicino la variegata offerta dell’enogastronomia locale. Nel corso della giornata sono inoltre previste animazioni che vedono protagonisti gruppi musicali e folcloristici. 14 ottobre, Bard (Ao)Info: www.fortedibard.it

Lombardia Per coLtivare La diverSitàTorna Kuminda, il festival del diritto al cibo: cinque giorni di spettacoli, de-gustazioni, incontri, laboratori dedica-ti all’alimentazione in tutti i suoi aspet-ti. Kuminda racconta il cibo attraverso molteplici suggestioni per parlare di chi lo consuma e di chi lo produce, per con-dividere le esperienze virtuose di produ-zione agricola, i progetti di cooperazione con i paesi del Sud del mondo, le filiere di distribuzione sostenibili, le scelte di consumo consapevoli. L’evento si svolge alla Cascina Cuccagna, piccolo gio-iello dell’architettura agricola nella centrale zona di Porta Romana, a Milano, recentemente ristrut-turato e riportato all’antico splendore (foto: Matteo Deiana).11-15 ottobre, Milano - Info: www.kuminda.org

veneto BoLLicine in mezzo aL mareProsecco bubbling style on show è una manifestazione tutta nuova che unisce due mondi accomunati dal me-desimo lifestyle frizzante, quello del celebre vino tutto bollicine e quello della vela. L’evento infatti si svolge ne-gli stessi giorni della Barcolana, la più affollata regata del Mediterraneo, presso il Salone degli Incanti di Trie-ste. Le danze si aprono l’11 ottobre, ma solo per gli addetti ai lavori; è infatti dalla serata di venerdì 12 che il grande pubblico diventa ospite d’onore e, tra imbar-cazioni di gran classe, velisti e tanti ospiti illustri, può de-gustare e acquistare le proprie bottiglie preferite. 12-14 ottobre, TriesteInfo: www.proseccoshow.it

trentino-alto adige QUesta L’ho raccoLta io!Pomaria è per tradizione l’appuntamento con la raccolta delle mele Dop della Val di Non e con i sapori “di prossimità” che si presentano al pubblico nella piazza rinascimentale e nelle vie del borgo di Casez. In occasione di Pomaria, il borgo diventa un laboratorio diffuso a cielo aperto: i partecipanti infatti hanno la possibilità di prendere parte a numerose attività come la raccolta delle mele, i laboratori per imparare a confezionare dolci e marmellate, le degustazioni… Ospiti d’onore del 2012 le eccellenze provenienti dalle zone dell’Emilia colpite dal terremoto.13-14 ottobre, Casez (Tn)Info: www.pomaria.it

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PiemonteL’autunno che fioriSce Il Parco del Castello di Masino ospi-ta l’ottava edizione della Due gior-ni per l’autunno, mostra mercato di piante e prodotti insoliti in uno straordinario spettacolo di colori e di sapori autunnali, organizzata dal FAI – Fondo Ambiente Italia-no sotto l’accurata regia dell’Ar-

chitetto Paolo Pejrone, fondatore e Presidente dell’Accademia Piemontese del Giardino. Anche quest’anno la manifestazione offre l’opportunità unica di ritrovarsi con oltre 130 tra i migliori vivaisti italiani ed europei, presenti con le loro collezioni di punta e interessanti novità. In ven-dita anche prodotti tipici dell’orto e del frutteto d’autunno (foto: Simonetta Biagioni).20-21 ottobre, Caravino (To) - Info: www.fondoambiente.it

Umbria

connessi con La doLcezza “Applichiamoci” è l’esortazione che fa da tema portante a questa edizione di Eurochocolate, la manifestazione rivolta a tutti i golosi che, sempre più numerosi, utilizzano il web e le moderne tecnologie per essere costantemente al passo con i tempi. “Applichiamoci” è un gioco di parole che rimanda alle applicazioni scaricabili da tablet e smartphone, ma che è anche un invito ad impegnarsi con passione in ogni progetto. La stessa passione con la quale impegnarsi nella degustazione delle tante dolcezze in mostra durante il Chocolate Show, grande emporio dedicato al mondo del cioccolato, vero protagonista della manifestazione. 19-28 ottobre, Perugia - Info: www.eurochocolate.com

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Brindisi a grappoLiLa Festa dell’uva è uno degli eventi più tradizionali di Merano, le sue origini risalgono al 1886. Tre le giornate durante le quali si celebrano il vino e la vendemmia, tra musica, balli e cortei, in centro città e lungo la passeggiata del fiume Passirio. Un ricco mercatino offre un’ampia scelta di specialità gastronomiche sudtirolesi e di prodotti artigianali, mentre le bande locali e gli spettacoli folkloristici animano le degustazioni durante le giornate di sabato e domenica. Cuore della festa è la sfilata di carri allegorici, protagonista della quale è un enorme grappolo d’uva di 300 kg, la cui prima apparizione risale al 1951.19-21 ottobre, Merano (Bz)Info: www.merano.eu

toscana ogni angoLo un aSSaggio Si rinnova l’appuntamento enogastronomico più atteso della provincia di Pisa: protagonisti di Volterragusto il pregiato Tartufo Bianco locale e le tante specialità del comprensorio. Cor-

nici di incontri e stand di degu-stazione sono le corti e i palazzi storici della città, aperti e visitabili per l’occasione, tappe di un itine-rario del gusto che intreccia ga-stronomia e cultura, i sapori della tradizione locale con alcune delle ambientazioni più emozionanti e meno note della città. 20-21, 27-28 e 31 ottobre – 1 novembre, Volterra (Pi)Info: www.volterragusto.com

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aLtro che haLLoween! Nel centro storico dell’antico borgo di Ostra, come ogni anno, rivive l’antica credenza popolare degli Sprevengoli nella magica Notte a loro dedicata.

Spiritelli dispettosi che disturbano il sonno dei malcapitati facendoli svegliare di soprassalto, gli Sprevengoli sono quindi i protagonisti di una festa dall’atmosfera misteriosa che coinvolge tutto il centro storico. Per l’occasione vengono allestite cantine e osterie a tema che offrono la possibilità degustare i migliori piatti tipici accompagnati dai pregevoli vini marchigiani. Il tutto in un’atmosfera stregata, da far venire i brividi!26-28 ottobre, Ostra (An) - Info: www.visitaostra.it

venetoi Segreti deL riccioFiore all’occhiello del borgo veneto, il Marrone di San Mauro è frutto della passione e del duro lavoro di intere generazioni che hanno selezionato una particolare varietà di castagno, unica per aspet-to, qualità e sapore. Coltivato esclusivamente fra i comuni di San Mauro, Roveré Veronese, Badia Calavena, Selva di Progno, Mezzane di Sotto e Tregnago, viene raccolto e lavorato con metodi tradizionali. La festa a lui dedicata rappresenta un momento importante per degustare questo pro-dotto tipico preparato in tanti modi diversi: lesso, al forno, arrosto, in confettura, nelle zuppe...26-28 ottobre, San Mauro di Saline (Vr)Info: www.comune.sanmaurodisaline.vr.it

LombardiatartUfi e non soLo La festa del tartufo è solo l’ultimo degli appuntamenti golosi organizzati durante tutto il mese di ottobre presso il Polo Fieristico Enogastronomico di Polpenazze, sulla sponda bresciana del Lago di Garda, in occasione della manifestazione Ottobre in festa. Il Polo, suddiviso in tre padiglioni – dedicati rispettivamente alla ristorazione, agli spettacoli e a una ricca carrellata di espositori di prodotti tipici – richiama un vasto pubblico di amanti della buona tavola e del divertimento più sano, e si erge nel verde entroterra della Valtenesi. La manifestazione si conclude il 31 ottobre con una speciale festa di Halloween, non prima però di aver festeggiato a dovere il succulento tubero nato proprio sulle collige gardesane. 26-28 ottobre, Polpenazze del Garda (Bs)Info: www.ottobreinfesta.it

toscana vivere megLio, a tutto tondoIl mondo del biologico e del naturale si danno appuntamento al Terminal Crociere – Stazio-ne Marittima di Livorno – a Naturalia, idee naturali al 100%. La fiera consente una full im-mersion nel mondo del naturale, del-le pratiche non convenzionali, della bioarchitettura, della sana e consape-vole alimentazione, ed è strutturata in quattro settori espositivi: Alimen-tazione, Salute, Ambiente, Turismo e tempo libero. Quattro sentieri che ciascun visitatore può intrecciare se-condo il proprio interesse. Denso il programma di eventi e convegni.27-28 ottobre, Livorno Info: www.spazio-eventi.it

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appuntamenti in breve

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1 Mortadella, please!Rassegna dedicata al prodotto tipico più caratteristico del bolognese.4-7 ottobre, Zola Predosa (Bo) Emilia-RomagnaInfo: www.mortadellaplease.it

2 BiosalusEvento culturale, artistico e gastronomi-co dedicato al cibo biologico e al benes-sere olistico.5-7 ottobre, Urbino (PU) – Marche Info: www.biosalusfestival.it

3 Sagra del Casaro Festa che celebra una tradizione, quella del Casaro, antica e ancora viva nella Sila.5-7 ottobre, Camigliatello Silano (CS)Calabria Info: www.prolococamigliatello.it

4 Spiedo GiganteSucculente pietanza cucinata nella piaz-za centrale del paese.5-14 ottobre, Pieve di Soligo (Tv) – Veneto Info: www.deliziedautunno.tv

5 Albergo da gustareIl Grand Hotel Fasano ospita la kermesse enogastronomica dedicata alle eccellenze gardesane. Prenotazione obbligatoria. 6 ottobre, Gardone Riviera (Bs) – Lombardia Info: www.ghf.it

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6 Frutti AntichiRassegna di piante, fiori e frutti dimen-ticati al Castello di Paderna.6-7 ottobre, Pontenure (Pc) Emilia-Romagnawww.fruttiantichi.net

7 Mast còtNella patria dell’Aceto Balsamico Tradizio-nale di Modena si celebra un momento fondamentale della realizzazione del pre-zioso prodotto: la bollitura del mosto.6-7 ottobre, Spilamberto (Mo) Emilia-Romagna Info: www.comune.spilamberto.mo.it

8 Festa della nocciola Sagra che propone quest’anno l’origi-nale salsiccia alla nocciola. 6 ottobre, Novara di Sicilia (Me) – Sicilia Info: www.novaradintorni.it

9 Festival dell’artigianato di strada Manifestazione dedicata al vero artigia-nato artistico. 6-7 ottobre, Frisanco (Pn)Friuli-Venezia Giulia Info: www.arttufestival.it

10 Sagra delle tacchie ai porciniLa festa celebra l’abbinamento classico del-la gastronomia locale tra pasta e funghi. 6-7 e 13-14 ottobre, Bellegra (Rm) – Lazio Info: www.bellegra.eu

11 Festival delle Pro Loco Raduno regionale eno gastronomico che ospita le Pro Loco di tutta la Sardegna. Degustazioni e musiche tradizionali. 6-7 ottobre, Sestu (Ca) – Sardegna Info: www.prolocosestu.it

12 Revival Folkloristico Uva e Vino MontonicoFesta popolare con degustazioni, carri allegorici, gruppi folcloristici e un percor-so culturale che si snoda per il paese. 7 ottobre, Bisenti (Te) – Abruzzo Info: www.bisenti.com

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15 VinoCulti Degustazioni ed eventi culturali dedica-ti ai vini altoatesini.11 ottobre-11 novembre, Tirolo (Bz) Trentino-Alto AdigeInfo: www.vinoculti.com

16 Ars et Vinum Musicisti, pittori e artisti si alterneranno in una serie di performance affiancate da degustazioni di vini del territorio.12 ottobre-11 novembre, Lagundo (Bz) Trentino-Alto AdigeInfo: www.lagundo.com

17 AgrieTourSalone nazionale dell’agriturismo. In mo-stra i territori delle regioni italiane con le proprie offerte di turismo sostenibile e le prelibatezze da gustare e acquistare. 12-14 ottobre, Arezzo – Toscana Info: www.agrietour.it

18 Sagra della Zucca Bertagnina DeCOManifestazione che celebra la tipicità locale.13-14 ottobre, Dorno (Pv) – LombardiaInfo: www.sagradellazucca.it

19 Profumi e sapori d’autunno Festa enogastronomica nel Parco dell’Al-ta Murgia.13-14 ottobre, Cassano delle Murge (Ba) Puglia Info: www.ferventazione.it

20 Funghi in mostra dal bosco al piatto In esposizione i funghi raccolti nei parchi della Provincia. 13-21 ottobre, Martina Franca (Ta) – Puglia Info: www.valleditriafunghi.it

21 Opuntia FicusSagra del Ficodindia.ottobre, Roccapalumba (Pa) – Sicilia Info: www.roccapalumba.pa.it

22 Sagra del sedano nero Nel corso della manifestazione si può ac-quistare il sedano che si coltiva esclusiva-mente a Trevi.21 ottobre, Trevi (Pg) – Umbria Info: www.protrevi.com

23 Batailles de Reines Spettacolare finale dei tradizionali com-battimenti tra reine, combattive mucche valdostane. 21 ottobre, Aosta – Valle d’Aosta Info: www.amisdesreines.it

24 I sapori autunnali del Pollino Festival del gusto nel cuore del Parco Na-zionale del Pollino.22 ottobre-3 novembre, Viggianello (Pz) Basilicata Info: http://pollinoeventiesagre.blogspot.it

25 La festa delle stregheFolleggiante carnevale d’autunno ani-mato da musica, spettacoli e degustazio-ni… stregate.26-31 ottobre, Corinaldo (An) – Marche Info: www.missstrega.it

26 Sagra della castagna munnareddaDegustazione della specialità locale e escursioni guidate nei castagneti. 29-31 ottobre, Tramutola (Pz) – Basilicata Info: www.prolocotramutola.it

13 Palio degli asini La divertente corsa dei ciuchini apre uf-ficialmente la Fiera del tartufo.7 ottobre, Alba (Cn) – Piemonte Info: www.fieradeltartufo.org

14 Sagra della noce santantimese Degustazione di diversi piatti tipici a ba-se della tipicità locale.7 ottobre, Sant’Antimo (Na) – Campania info: www.comune.santantimo.na.it

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30 Storie dall’Italia che merita: la Fattoria della PianaUn’azienda calabrese di formaggi, con una filiera “bio” che ha conquistato il mondo

34 Storie dall’Italiache merita: Terre di BalbiaSe un friulano s’innamora della Calabria, non può che nascere un grande vino

36 Il personaggio del mese:Etile CarpenèIntervista al reggente della dinastia che ha fatto grande lo “champagne italiano”

da pag. 38Rubriche• La pagina verde di Legambiente Energia solare: i comunipiù virtuosi

Panorama

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Nel Sud più profondo (e problematico) d’Italia c’è una filiera agroalimentare completa ed ecosostenibile che ha fatto stupire anche l’UE. Si chiama Fattoria della Piana: produce formaggi di qualità che vengono venduti (e premiati) in tutto il pianeta e per autoalimentarsi trae energia dal letame e dagli scarti di lavorazione. E le mucche? Tranquilli, a loro ci pensano gli operai indiani Sikh

A Bruxelles, al Parlamento Europeo, la con-siderano una vera e propria “case history” in positivo, per ciò che riguarda il corretto impie-go dei fondi comunitari. La Beijing Tv, la televi-sione di stato cinese, arrivata fino a qui da Pechino, le ha dedicato addirittura uno speciale che è stato proiettato durante le Olimpiadi del 2008. E nella loro rassegna stampa, si trova persino un ritaglio del San Francisco Chronicle, uno dei più popolari

quotidiani della West Coast americana. Ci crede-reste che stiamo parlando di un’azienda che ha sede a Candidoni – sì avete letto bene: Can-di-do-ni – un minuscolo e anonimo comune della Cala-bria più profonda, abitato da meno di 200 anime e sperduto in mezzo a distese di vecchi aranceti e polverose strade di campagna, al confine tra le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia?

Da Candidoni… alla Casa Bianca Un posto, insomma, difficile da individuare per-sino sulle mappe geografiche più dettagliate, ma che, da una decina d’anni a questa parte, ha im-provvisamente concentrato su di sé la luce dei ri-flettori di mezzo mondo grazie a Fattoria della Pia-na, un marchio sorto sulle ceneri di una vecchia azienda agricola e zootecnica degli anni ’30 e che oggi è arrivato a esportare i suoi eccellenti pro-dotti lattiero-caseari fino in Nordamerica e Giap-pone, ma soprattutto a essere conosciuto a livello

di Francesco Condoluci

Calabria,miracolo in fattoria

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Candidoni

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internazionale appunto per la straordinaria or-ganizzazione del ciclo produttivo che ha alla ba-se. Un tempo qui, a due passi dalle gigantesche gru (sempre più malinconicamente ferme) del Porto di Gioia Tauro e dagli agrumeti (in buona parte abbandonati) della Piana di Rosarno – sim-boli, diversi ma equivalenti, del decollo econo-mico di questa terra che poteva essere e non è stato – l’odierna Fattoria della Piana vivacchia-va di agrumicoltura e producendo mozzarelle e formaggi di qualità che non superavano pe-rò la ristretta dimensione locale. Poi, a governa-re l’azienda è arrivato Carmelo Basile, giovane manager pieno di idee e di intraprendenza, che, nel breve volgere di pochi anni, ha trasformato – «applicando nuove tecnologie a secolari ricet-te di caseificazione» ama sottolineare – la vec-chia struttura agricola in una impresa economi-ca globale dotata di una filiera ultramoderna e innovativa e di una rete di commercializzazio-ne che, giusto per fare un esempio illuminante, è arrivata persino a inviare un campione dei suoi prodotti freschi – bufale, ricotte e fiordilatte – a Washington, alla Casa Bianca, per una possibi-le fornitura. Figlia di un processo di ammoder-namento agricolo che in Calabria (e forse an-che oltre) annovera davvero pochi, pochissimi casi analoghi, la forza di Fattoria della Piana sta comunque nella capacità di aver saputo riuni-re assieme, in forma cooperativa, un terzo degli allevatori calabresi. Il latte – circa 20 mila litri prodotti dalle pendici dell’Aspromonte fino al Crotonese (che all’anno fanno circa 6 milioni tra quello bovino e ovino) – in sostanza, ogni giorno arriva tutto qui, a Candidoni, all’inter-no dei 1.400 mq del caseificio cooperativo che rappresenta il vero cuore dell’azienda, per essere trasformato, oltre che in prodotti freschi come appunto ricotte e mozzarelle, anche in formag-gi tipici come caciotte, caciocavalli e pecorini di varia qualità e stagionatura. Proprio il pecorino ha finito per diventare la linea-ammiraglia della produzione “made in Fattoria della Piana”, tan-to che l’azienda di Candidoni è assurta a pri-mo produttore in Calabria, con la varietà Ri-

In apertura, una panoramica della Fattoria della Piana: in primo

piano il suo impianto a biogas, il più grande del Mezzogiorno.

Sotto una fase della lavorazione dei formaggi nel caseificio cooperativo

Quando metti in agenda di andare nel Sud più profondo della Calabria, in un posto chiamato Candidoni che si trova nei pressi di Rosarno, il paese passato tristemente alla storia per i fatti di cronaca nera e per essere stato un paio d’anni fa teatro della violenta rivolta degli immigrati africani, pensi già di sapere cosa ti aspetti. Ma nel momento in cui un serio e competente dirigente dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura ha insistito tanto per farmi conoscere una realtà aziendale di quelle parti, ho pensato che, evidentemente, qualcosa di serio doveva pur esserci. Mai, tuttavia, avrei potuto immaginare di trovare proprio lì un angolo di Nord Europa, un’azienda di quelle che pensi possano esistere solo in Olanda o in Finlandia. All’ingresso di Fattoria della Piana ci aspetta l’amministratore delegato, Carmelo Basile. E si capisce subito che non è il “solito” amministratore, freddo, manageriale e con in testa solo numeri. Si rivela subito un passionale infatti, un trascinatore, un missionario quasi. È così entusiasta della “sua” creatura che quasi vorrebbe farci vedere tutto in una volta. Ma andiamo con ordine: la Fattoria della Piana è un’azienda la cui “mission” è fare uno straordinario pecorino calabrese. Cosa che fa bene, anzi benissimo (e il nostro auspicio è che presto questi formaggi possano trovarsi facilmente anche a Milano).Ma il punto non è questo. L’azienda lavora infatti in piena autonomia energetica, con pannelli fotovoltaici ma non solo: all’interno è stato costruito un impianto di biogas che produce energia con gli scarti delle produzioni agricole della zona. E non finisce qui. Dove vengono smaltiti i rifiuti? Semplice: vengono riciclati da un impianto di fitodepurazione che è il vero fiore all’occhiello di tutta la struttura. Le acque reflue convergono in un gruppo di piscine riempite di ghiaia con sopra una piantumazione di cannette che depurano le acque e che così pulite vengono scaricate nel fiume. Le cannette, alte qualche metro, vengono tagliate e utilizzate per l’impianto di biogas e quindi producono energia. L’altro aspetto straordinario di Fattoria della Piana è quello di essere riuscita a raccogliere (cosa alquanto rara in Calabria…) 60 soci produttori di latte in cooperativa che conferiscono il prodotto all’azienda. A Rosarno abbiamo trovato insomma un pezzo di Calabria che non ti aspetti, con gli indiani Sikh che, sbarcati qui dopo aver lavorato nel Nord Italia, dicono di aver trovato quasi una seconda patria. Un pezzo di Calabria in grado di eccellere (e competere a livello internazionale) nella produzione, nell’organizzazione manageriale, nell’ecosostenibilità e nell’innovazione. Un pezzo di Calabria che potrebbe, anzi dovrebbe diventare un modello per tutta la regione. Questa è la Calabria da cui bisogna (ri)partire! Una Calabria – e lo suggeriamo al governatore regionale Giuseppe Scopelliti – che bisognerebbe portare sempre nel taschino, per esibirla a tutto il mondo.

Un modello calabrese da esportare di Domenico Marasco

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serva, prodotta solo con latte ovino del territorio, che è riuscita a vincere tre volte di fila il premio Cheese Award a Tuttofood, la fiera internaziona-le dell’agroalimentare che si tiene ogni due anni a Milano. La qualità e il successo planetario dei suoi prodotti, in realtà, rappresentano l’inevitabile co-ronamento di una strategia aziendale lungimiran-te che ha investito in tecnologia e risorse umane per arrivare a costruire una “filiera agroalimentare completa”: Fattoria della Piana, allo stato, vanta in-fatti 900 capi bovini, una modernissima sala mun-gitura con annesso sistema di monitoraggio delle condizioni di salute del bestiame a mezzo collare

elettronico, oltre al caseificio. Tra i locali di questa futuristica fattoria che ospita, in un tutt’uno, com-puter, vacche, balle di fieno, laboratori di analisi per le verifiche di qualità sui foraggi coltivati, sul latte e sui formaggi prodotti e persino una mensa aziendale dove si mangia meglio che in un ristorante stellato, da qualche tempo si vedono gironzolare pure cu-riosi personaggi in turbante e barba lunga: sono in-diani Sikh e Basile li ha voluti qui, dentro l’impresa di Candidoni, per occuparsi delle mucche, data la loro particolare sensibilità e venerazione per questi animali che in India infatti vengono considerati sa-cri. Quasi a dimostrare che il segreto di Fattoria del-la Piana, nonostante il profilo avveniristico delle sue strutture, resta comunque il fattore umano.

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…C’è poco da meravigliarsi dunque se questa coope-rativa, che ogni anno nell’ambito del circuito delle “fattorie didattiche” viene visitata da circa 3 mila bambini, ha fatto incetta di premi e riconoscimen-ti in tutto il mondo. Tanto più che dal 2009, al suo già ricchissimo know-how, l’azienda ha potuto ag-giungere la classica ciliegina sulla torta: la preroga-tiva cioè di essere energeticamente autonoma e to-talmente ecosostenibile, grazie alla costruzione di un impianto di produzione di biogas che con una potenza elettrica di 998 kilowatt, ne fa una delle più grandi centrali agroenergetiche del Mezzogior-

In alto, i pannelli fotovoltaici collocati sui tetti delle stalle la cui energia,

sommata a quella ricavata dagli scarti del caseificio e dell’agroindustria

locale, viene utilizzata per i processi produttivi del caseificio, consentendo

di risparmiare combustibili fossili

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no. Tutti gli scar-ti del caseificio e dell’agroindu-stria locale (leta-me, siero di latte, pastazzo d’agrumi, sansa d’olive, vinacce, scarti di ortofrutta) in sostan-za, vengono utilizzati per produrre elettricità e calore e per soddisfare l’intero fabbi-sogno energetico aziendale. Se a questa produ-zione aggiungiamo anche l’energia termica pro-veniente dagli impianti fotovoltaici collocati sulle stalle al posto delle vecchie eternit, ne vien fuori una capacità energetica (da fonti rinnovabili) che potrebbe soddisfare il consumo di 2.680 fami-glie e che viene utilizzata qui per i processi pro-duttivi del caseificio, consentendo di risparmiare combustibili fossili. I componenti della task-force inviata dalla Commissione Europea nel gennaio di quest’anno per verificare l’utilizzo dei fondi UE, di fronte a questo piccolo miracolo quasi non credevano ai loro occhi. Ma Basile e il suo team di giovani tecnici che collaborano con le univer-sità di mezza Europa, quando si parla del loro successo, si schermiscono. E dicono, tra il serio e il faceto, di aver semplicemente preso alla lette-ra le strofe di quella vecchia canzone di Fabrizio

De Andrè che cantava «dai diamanti non na-sce niente, dal letame

nascono i fior…». La verità è che Fattoria della

Piana ha solamente appli-cato in maniera magistrale e

funzionale un concetto elementa-re della filosofia ecosostenibile: trasfor-

mare cioè i problemi in risorsa, traendo energia da letame, liquami e altri residui agricoli. L’ultima chicca, quella che ha fatto guadagnare alla coop di Candidoni, manco a dirlo, un ennesimo allo-ro – in questo caso il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010 da parte di Confindustria e Legambiente – è la realizzazione di un impianto di fitodepurazione che consente agli scarichi idri-ci dell’intera fattoria di essere depurati da migliaia di piante che, oltre a rendere l’acqua pulita e riuti-lizzabile, forniscono ulteriore biomassa per l’im-pianto biogas. Un ecosistema completo capace di realizzare prodotti caseari di altissima qualità, produrre, a impatto ambientale zero, più energia di quanta ne consuma, risolvere il problema dello smaltimento degli scarti e restituire infine al ter-reno gli elementi nutritivi sottratti dalle coltiva-zioni, in maniera del tutto biologica: ecco cos’è Fattoria della Piana. E scusate se è poco.

Nuove tecnologie e secolari ricette di caseificazione convivono a Fattoria della Piana, virtuosa realtà che rappresenta un unicum nell’intero Meridione

In queste pagine, le “sacre” mucche, le pecore e i formaggi ricavati dal loro latte a Fattoria della Piana. Sotto l’impianto di fitodepurzione

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Vai per il Collio e chi ti incontri? Un vino

calabrese. Merito del friulano Gianni Venica, che 13 anni fa s’è innamorato

della punta dello Stivale tanto da acquistare una

proprietà per coltivare vigne tra la Piana di Sibari e il massiccio del Pollino.

Così è nato Terre di Balbia, un vino per pochi

ma con grandi ambizioni: far conoscere al mondo

l’Enotria, la “terra del vino” com’era un tempo

chiamata la Calabria

Gianni Venica è noto in tutto il mondo co-me produttore di grandi vini friulani. Il suo Sauvignon Ronco delle Mele è uno dei più ap-prezzati bianchi italiani. L’azienda di famiglia è attiva da 80 anni a Dolegna, nel cuore del Collio, ed è un punto di riferimento per i vignaioli che vogliono fare prodotti territoriali di qualità. Un giorno però Gianni fa un viaggio in Calabria.

Un’ora sola… per decidere«Era il 1999 – racconta – e io per la prima vol-ta visitavo quella regione, grazie all’amico Silvio Caputo di Cosenza che per anni aveva lavorato in America dedicandosi alla vendita dei vini». Quel giorno di agosto di oltre dieci anni fa, Gian-ni se lo ricorda ancora molto bene: «Improvvisa-mente mi è sembrato di ritrovarmi in paradiso. Diamante, Altomonte, la Piana di Sibari, Civi-ta, Morano... paesi così diversi nel raggio di po-chissimi chilometri. Mi sono chiesto: ma perché nessuno parla mai di Calabria in questi termi-

ni?». A quel punto, il produttore friulano non ci pensa due volte e si rivolge perentorio all’amico: «Cerca una proprietà e facciamo il nostro rosso al Sud!». Passano pochi mesi e a ottobre in Friu-li arriva una telefonata da parte di Silvio. Il gior-no dopo Venica è già in Calabria. «Perfetto! Un appezzamento di 11 ettari ad Altomonte. Ero incantato. Alle spalle il massiccio del Pollino, da-vanti la Piana di Sibari. Il clima asciutto e venti-lato. Le vigne a piccoli alberelli bassi. Piante di 40 anni di Magliocco, Gaglioppo, Sangiovese e Montepulciano. L’istinto da produttore di vino vinceva su tutto. Alimentato da quel venticello che va dal Pollino alla Piana di Sibari e viceversa. In un’ora avevo deciso». E così nel 2000 nasce Terre di Balbia, dal toponimo antico della città di Altomonte, voce fenicia derivante da Baal, che significa “signore” e “divinità”. La città era cono-sciuta per il vino già ai tempi dei Romani: Plinio il Vecchio infatti la cita tra quelle che producono vini pregiati come, appunto, il Balbino. di Stefania Monaco

Quel filo rosso tra il Friuli e l’antica Enotria

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Terre di Balbia nasce ad Altomonte, tra il massiccio

del Pollino e la Piana di Sibari, una zona

magnifica per i rossi, sempre ventilata e benedetta

dal salmastro del mare, vocata ai “vini naturali”

Magliocco e Sangiovese, un connubio riuscito«Le uve della proprietà venivano prima vendute sfuse, perché in Calabria, ancora oggi, la gente fa il vino in casa – spiega ancora Gianni Venica – Noi abbiamo applicato un metodo produttivo di grande qualità, con un obiettivo enologico di eccellenza. Sono 5 mila le piante per ettaro. Pri-ma si producevano 5-6 chili di uva per pianta, noi invece ne ricavavamo al massimo 2. Tanto che all’inizio i lavoratori calabresi ci guardavano titubanti per questa resa equilibrata». Prosegue Venica: «La zona è magnifica per i rossi, sempre ventilata dalla montagna e benedetta dal salma-stro del mare; non c’è bisogno di trattamenti, al massimo un po’ di zolfo. Una terra vocata a quel tipo di lavorazione che dà origine ai cosiddetti “vini naturali”». Per quanto riguarda la lavorazio-ne vera e propria, spiega Gianni Venica, «l’uva si raccoglie alle 6 di mattina, a maturazione pie-na. Il Magliocco e il Gaglioppo maturano pri-ma, due settimane dopo Sangiovese e Monte-pulciano. Alle 13, i camion-frigo partono verso la cantina in Friuli, arrivano il giorno dopo e si vendemmia subito. La temperatura (voluta) di 14 gradi del camion frigo consente una mace-razione prefermentativa, poi il mosto fermenta e il Serramonte (Sangiovese e Magliocco) va in barrique, mentre il Balbium (Magliocco) fa ac-ciaio e una parte in barrique poi, dopo un anno, viene imbottigliato». I vini vengono venduti a 25 euro il Serramonte e 13 euro il Balbium, per un totale di 16 mila bottiglie che hanno trovato subito mercato in Svizzera, Austria e Stati Uniti. In Italia poche le bottiglie reperibili; in Calabria si trovano solo nei grandi ristoranti.

Non solo vinoOggi l’azienda Terre di Balbia vanta 26 ettari di terreno divisi in due blocchi; qui si produce anche olio perché, oltre ai vitigni, sono presenti due varietà di olive, la Tondina e la Cassanese. Con queste si realizzano due oli extravergine straordinari, anche questi venduti principal-mente all’estero, visto che in Italia la cultura dell’extravergine è ancora, paradossalmente,

poco diffusa. «A me fare l’olio costa 7 euro al litro per la raccolta e 3 euro per il lavoro nella campagna – sono ancora le parole di Venica – quando ho iniziato a lavorare a questo proget-to con il vino, non sapevo nulla di olio e devo ringraziare Luigi Veronelli che mi ha indottri-nato a questo mondo. Oggi abbiamo un picco-lo frantoio meccanico. Raccogliamo per varietà, nonostante il piccolo appezzamento di 2 ettari e mezzo, per un totale di 800 litri (Tondina) e 500 litri (Cassanese). Sulla bottiglia mettiamo l’annata di produzione e il quantitativo di poli-fenoli, molto alto rispetto alla media. Ci siamo divertiti a fare una verticale, cosa inconsueta per il mondo dell’olio, e posso dire che è stata un successo». Il futuro calabrese di Gianni Venica adesso prevede l’apertura di una cantina così da poter vinificare nel luogo dove le uve nascono e far conoscere l’Enotria a tutti quelli che non l’hanno ancora visitata, «proprio come successe a me quel giorno di agosto del ’99!» conclude.

In apertura e qui sopra i terreni dell’azienda Terre di Balbia. Sotto, Silvio Caputo e Gianni Venica

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ottobre 2012

Dottor Etile Carpenè, il suo bisnonno volle la pri-ma Scuola Enologica italiana che aprì nel 1876 proprio a Conegliano. Una famiglia che ha trac-ciato la storia, la sua, e non solo del Prosecco…Il mio bisnonno, Antonio Carpenè Sr, aveva intuito che per produrre un buon vino occorre avere buo-ne uve e applicare a ogni vitigno e a ogni territorio il modo migliore di coltivazione. Fanno parte della storia della viticoltura del territorio le sue “cattedre ambulanti”, lezioni tenute saltando su un carretto nella piazza di un paesino o sul tavolo dell’osteria, su come si dovevano coltivare le uve per avere il mi-glior vino possibile, quali vitigni studiare e impian-tare. Come sono stati per decenni fondamentali i suoi libri sull’agricoltura e sulla viticoltura, adottati anche nelle scuole di agraria fino a pochi anni fa. Per primo, il mio bisnonno ha sviluppato il concetto di “champagne italiano” e ha portato l’attenzione e l’interesse degli addetti ai lavori sulle bollicine ma-de in Italy. Un grande personaggio, che ha voluto lasciare ai posteri gli strumenti più utili per conti-nuare la strada da lui aperta. Voleva che i giovani si avvicinassero e si appassionassero all’enologia e se la Scuola Enologica ancora oggi sforna enologi di primo piano italiani e stranieri, si deve all’impronta formativa che ha lasciato proprio il mio bisnonno. Oggi l’Istituto Cerletti è considerato uno dei primi a livello europeo e ha una molteplicità di offerta formativa fino all’Università e ai Master in Viticol-tura e Enologia. Certamente, con il tempo, sono cambiate molte cose nella vitivinicoltura, così come sono cambiati anche i vitigni che, nel 1868, anno di fondazione dell’azienda, formavano il blend di quello che si può definire l’antesignano dell’odier-no Prosecco Docg. Dopo di lui, anche mio nonno Etile Sr ha avuto un ruolo importante nello svilup-po del Prosecco, ovvero l’inserimento per la pri-ma volta in etichetta della dicitura Prosecco, Vino Amabile dei Colli di Conegliano. Il contributo di mio padre, Antonio Carpenè Jr è stato infine deter-minante per lo sviluppo del vitigno Prosecco – che oggi da disciplinare si chiama Glera –, infatti mise a punto la fermentazione del mosto d’uva in auto-clave, il metodo che oggi è applicato a milioni di bottiglie e permette di preservare nel migliore dei modi le caratteristiche delle uve di Prosecco (Gle-

di Roberto Rabachino

Quarta generazione di una famiglia il cui capostipite, Antonio Carpenè, pioniere dello “champagne italiano”, ha portato per primo l’attenzione degli addetti ai lavori sulle bollicine made in Italy, il presidente e titolare della Carpenè Malvolti si racconta per noi in un’intervista esclusiva

Etile Carpenè il principe del Prosecco

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ilpersonaggiodelmese

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ottobre 2012 37

ra). Così, di padre in figlio, da oltre 140 anni con-tinuiamo ad avere un rapporto privilegiato con molti vignaioli, seguendoli durante tutto l’arco dell’anno per avere le uve migliori, proprio co-me voleva mio nonno. Comunque ogni genera-zione ha dato il suo importante contributo allo sviluppo della spumantistica e in particolare allo sviluppo della denominazione Prosecco. Lei, quarta generazione, con un nome che se-gna un destino: Etile. Ha mai pensato di fare un altro mestiere? Mai. Ho sempre sentito che questo era ciò che volevo e sono grato ai miei avi per avermi inse-gnato a guardare in modo positivo al futuro e a rispettare e valorizzare il territorio come un elemento di crescita e di valore per tutti.

Il Prosecco viene visto oggi come un fenomeno di costume. Il suo pensiero…Una volta il simbolo della festa per antonomasia era considerato lo champagne, o un tradizionale Metodo Classico da stappare durante le feste e comunque solo in occasioni formali. Oggi è cam-biato il modo di bere. Aperitivo per eccellenza, le nuove generazioni considerano “il Prosecco in compagnia” come un vero e proprio must, un ri-to da onorare. Per la sua freschezza di immagine, di beva e per il suo appeal accattivante, il Prosec-co pian piano sta rubando la scena al più blaso-nato spumante. Fondamentale poi l’ottimo rap-porto qualità/prezzo, anche se credo che ancora ci siano persone che apprezzano un vino non solo per il gusto ma anche per la storia che sve-la a ogni sorso: il Prosecco Docg infatti racconta non solo una cultura enologica che si tramanda di generazioni, ma anche secoli di storia vitivini-cola di un territorio da sempre vocato.

Il Prosecco sta assumendo la valenza di autenti-co testimonial dell’eccellenza italiana nel mondo. Qual è l’importanza del mercato estero oggi?I nostri maggiori mercati ci confermano ogni anno come i consumatori scelgano le bollicine di Conegliano per sentirsi protagonisti di un li-festyle tutto italiano ma anche per assaggiare in

ogni sorso l’essenza del territorio di produzione. Il mercato estero risulta ogni anno in costante crescita, in particolare nell’area BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), con milioni di nuovi po-tenziali consumatori da soddisfare.

Presente e futuro della Carpenè Malvolti…Il presente di Carpenè Malvolti è come il suo passato: innovazione, tradizione, internaziona-lizzazione e ricerca. Ogni generazione che si è avvicendata al comando dell’azienda ha contri-buito allo sviluppo e all’affermazione del Pro-secco nel mondo e l’obiettivo dell’odierna ge-stione è di mantenere saldi tutti i principi in cui la famiglia ha creduto e in cui crede ancora oggi, per offrire un prodotto di massima qualità. Il fu-turo di Carpenè si chiama Rosanna, mia figlia: a lei il compito di continuare sulla strada tracciata guardando sempre avanti, innovando e facendo ricerca per continuare a offrire ai consumatori il miglior Prosecco possibile, sviluppando una comunicazione più informale e immediata con una gestione dell’immagine aziendale anche sui social network e sui blog.

In queste pagine tre generazioni di Carpenè: in apertura Etile, qui Antonio e, sotto, Rosanna

«Per la sua freschezza

di immagine, di beva e per il suo appeal accattivante, il Prosecco

pian piano sta rubando

la scena al più blasonato spumante»

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ottobre 2012

Cigliano, Bentivoglio, Narni e Forlì sono i vincitori del Campionato Solare italiano 2012: questi i comuni italiani più avanti nella rivoluzione energetica che il solare consente di realizzare come alternativa, pulita, conveniente, moderna e democratica alle fonti fossi-li; in questi centri il contributo del solare fotovoltaico e termico ha già raggiunto risultati tali da superare in molti casi i fabbisogni delle famiglie. Una segnalazio-ne speciale è poi andata al comune di Bologna per la realizzazione della prima “mappa solare” in Italia che racconta online gli impianti termici e fotovoltai-ci del suo territorio. Il Campionato Solare, curato da Legambiente in collaborazione con GSE e Sorgenia, è una competizione tra comuni nata allo scopo di ca-pire e raccontare i risultati di diffusione del solare ter-mico e fotovoltaico nei territori italiani. Vi partecipa-no automaticamente tutti i comuni italiani che hanno impianti installati sul proprio territorio ma entrano in classifica solo quelli che posseggono pannelli solari sia termici che fotovoltaici. Le classifiche del Campio-nato Solare mettono in luce i risultati più importanti realizzati nei comuni in termini di risposta del solare ai fabbisogni delle famiglie (elettricità e acqua calda

Campionato Solare 2012: Cigliano,

Bentivoglio, Narni e Forlì vincono

la competizione dell’energia pulita.

La produzione di energia diventa

finalmente un argomento

“familiare” e a luglio è stato boom

del solare. Ma la burocrazia

è ancora una zavorra

I comuni campioni dell’energia pulita

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la pagina verde a cura di Legambiente Fondazione e innovazione

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sanitaria, riscaldamento delle case) e sono elabora-ti in funzione della popolazione residente. Punteggi “bonus” sono assegnati ai comuni che hanno favo-rito lo sviluppo del solare attraverso precise politiche energetiche, come i Regolamenti Edilizi, e per pro-getti realizzati in aree degradate o soggette a boni-fica, e sono stati premiati gli impianti fotovoltaici su tetti o coperture rispetto a quelli a terra. I risultati ottenuti dai comuni vincitori mostrano co-me un modello energetico distribuito, rinnovabi-le ed efficiente sia oggi quanto mai nell’interesse dell’Italia e delle sue famiglie. A sottolinearlo so-no anche i dati forniti da Terna: nei primi sei mesi del 2012 il solare fotovoltaico ha infatti garantito il 6,8% della produzione netta nazionale e oltre l’8% nel solo mese di luglio. Senza dimenticare i risparmi che questo tipo di energia ha permesso di realizza-re in case, alberghi, edifici pubblici e privati durante questa calda estate. Per Legambiente quindi è op-portuno continuare nella spinta al solare, ma con regole più semplici e togliendo tutta la burocrazia e le barriere agli investimenti introdotti con il V Con-to Energia per il solare fotovoltaico. All’Autorità per l’energia e al Ministro Passera chiediamo di toglie-re tutte le barriere allo sviluppo e all’innovazione in questo ambito, perché oggi il solare, grazie al mi-glioramento continuo dell’efficienza e alla riduzione dei costi, potrebbe fare progressivamente a meno degli incentivi a fronte della possibilità di realizza-re reti locali e smart grid, e di vendere direttamente l’energia prodotta (oggi è vietato), o di batterie per lo stoccaggio dell’energia.

L’energia per cambiare «I Comuni premiati nell’ambito del Campionato Solare rappresentano la migliore fotografia del futuro dell’energia. La prospettiva per il solare in Italia però risulta difficile perché è al centro di una campagna mediatica che vorrebbe fermarne lo sviluppo evidenziandone solo gli impatti negativi in bolletta (quando il peso degli aumenti è dovuto principalmente all’aumento del prezzo del petrolio) e quelli paesaggistici dovuti agli impianti a terra. Queste accuse sono chiaramente interessate e ipocrite, spinte da chi vuole salvare impianti vecchi e inquinanti per evitare che lo scenario energetico italiano cambi davvero».

(Edoardo Zanchini, presidente Legambiente)

Qui sotto: Villa Smeraldi presso Bentivoglio (Bo). Nella pagina successiva, Narni (Tr) e un

esempio di impianto fotovoltaico su tetto, sistema che sta raccogliendo molti consensi

Oggi più che mai l’energia solare

rappresenta un’alternativa concreta,

pulita e democratica alle fonti fossili.

Lo sviluppo di un modello energetico

rinnovabile ed efficiente sarebbe dunque

tra gli interessi primari delle famiglie italiane

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43ottobre 2012

44 Ribolla gialla (Friuli)

48 Raboso (Veneto)

52 Cruasè (Lombardia)

56 Nebbiolo (Piemonte)

60 Pigato (Liguria)

64 Pignoletto (Romagna)

68 Vernaccia (Toscana)

72 Cococciòla (Abruzzo)

76 Tintilia (Molise)

80 Asprinio (Campania)

84 Susumaniello (Puglia)

88 Nerello (Sicilia)

92 Il sugheroCosa sarebbe una bottiglia di vino, senza questo silenzioso e impagabile compagno?

da pag. 94Rubriche• La storia in cucina Il vino del re santo, Luigi IX di Francia• Chef italiani nel mondo

Speciale Vino&Territorio

da pag. 44

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di Francesco Colombera

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Ribolla Gialla, vino di confineProtagonista oggi sulle tavole di tutta Italia, ma noto in Friuli Venezia Giulia fin dall’antichità, questo bianco profumato, fresco e asciutto nel sapore, con note floreali e adatto ai più svariati abbinamenti, merita un approfondimento, per scoprirne la storia e imparare ad apprezzarlo davvero, oltre la moda

Oslavia

Friuli Venezia Giulia

vino&territorio

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È nei terreni poveri, soleggiati e asciutti di collina che la Ribolla Gialla dà il me-glio di sé, esprimendo sentori e profumi unici che ne fanno uno dei vini più inte-ressanti del Friuli Venezia Giulia. Nono-stante una produzione non certo elevata, il suo carattere è tale da farla imporre come vino assolutamente significativo di un ter-ritorio, il Collio (ondulate colline del Gori-ziano, a ridosso del confine con la Slovenia, straordinariamente vocate alla viticoltura) e in particolare della zona di Oslavia, mi-crocosmo di grande valore vinicolo, che ha fatto proprio di questo vitigno autoctono il suo portabandiera. Balzata con prepotenza alla ribalta negli ultimi anni, oggi assoluta-mente di moda e apprezzata non solo da sommelier, enoappassionati e intenditori ma anche dal largo pubblico, premiata dal-le Guide e osannata da critici e giornalisti, la Ribolla Gialla è uno dei vini più antichi della regione, e la sua origine si perde nel-la notte dei tempi, tant’è che qualche stu-dioso ritiene che si tratti dell’antica Avo-la coltivata dai Romani. Comunque sia, è

sicuramente da secoli che la Ribolla viene impiantata sulle colline eoceniche del Col-lio (e su quelle contigue della Brda, in Slo-venia) di cui è stato a lungo il vitigno più dif-fuso: narrano ad esempio le cronache che erano piene di Ribolla le “do bote de vin” do-nate dal Senato veneziano all’imperatore Carlo V che “le gradì assai”. Filtrati dolci di Ribolla erano inoltre quotatissimi alla cor-te viennese e sulle tavole di nobili e potenti dell’Impero Austro Ungarico, nonché alla corte dello Zar.

Cena o aperitivo? Basta che “ribolla”Un tempo la si beveva dolce e mostosa, ma oggi – dopo alterne vicende e un lungo periodo in cui è stata considerata un viti-gno minore – le uve di Ribolla pressate con morbidezza appena raccolte, danno un vi-no secco particolarmente profumato e de-licato dal carattere inconfondibile, giallo pa-glierino tendente al verdognolo nel colore, fresco e asciutto nel sapore, con note flore-ali, che lo rendono piacevolmente armo-nioso. Ma sono l’acidità e la componente

Ribolla Gialla, vino di confine

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Dalle colline che incoronano Gorizia non può che partire un piacevole itinerario alla scoperta del Collio. Una terra protetta alle spalle dall’arco delle Alpi, beneficiata dal tepore dell’Adriatico, che si tinge in autunno di mille gradazioni di arancio, giallo, rosso. Dai colli di Oslavia e San Floriano a quelli di Capriva, Dolegna, Vencò, in questa splendida mezzaluna di rilievi tappezzati da vigne alternate a fitti boschi, si susseguono borghi caratteristici, parchi naturali, cantine. Una terra di confine, dove l’incontro tra mondo latino, slavo e germanico si riflette anche nella gastronomia. E così, in tavola, ecco l’accostamento fra dolce e salato tipicamente austroungarico (come negli gnocchi di patate con le susine conditi con burro fuso, cannella e un po’ di zucchero) e i piatti attinti dalla cucina mitteleuropea, quali gli gnocchi di pane, gli gnocchetti di fegato, il kaiserfleisch (carrè di maiale affumicato,

cosparso di cren fresco grattugiato e accompagnato da crauti), il gulasch; l’uso sapiente delle erbe e dei prodotti del bosco (a iniziare da funghi e castagne) che deriva dalla tradizione delle campagne friulane e slave; la polenta gialla (da sempre in Friuli pane e companatico) che accompagna piatti di selvaggina in umido, carne di maiale e musèt (versione locale del cotechino, che si usa mangiare con la brovada, rape grattugiate e inacidite nelle vinacce). Centro principale del Collio è Cormòns, cittadina di stampo asburgico con una statua di Massimiliano d’Asburgo che campeggia nella piazza principale. Qui si trova la sede del Consorzio Tutela Vini Collio e Carso – nato nel 2010 dall’unione fra il Consorzio Carso e Consorzio Collio, fra i primi in Italia – che è stato protagonista e ha contribuito a scrivere la storia dell’enologia di qualità in Italia (www.consorziocolliocarso.it).

Crocevia di storie e sapori

ottobre 2012 45

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Scelti per voidove mangiareAl Cacciatore de la SubidaAmbiente tradizionale, una stella Michelin. Prezzo medio: 45 euro Via Subida, 52Cormòns (Go)www.lasubida.it

Tavernetta al CastelloEccellente ristorante ai piedi del Castello di Spessa. Ambiente romantico. Qui pasta e pane vengono quotidianamente preparati a mano dallo staff di cucina.Prezzo medio: 45 euroVia Spessa, 7Capriva del Friuli (Go)www.tavernettaalcastello.it

dove dormireCastello di Spessa ResortAdagiato su una collina e immerso nel verde di un magnifico giardino, in una struttura che risale al 1200. Doppia B&B a partire da 205 euroVia Spessa Capriva del Friuli (Go)www.castellodispessa.it Hotel Al PonteLa struttura, immersa in un parco, è situata in posizione strategica all’imboccatura del ponte sull’Isonzo, a pochi minuti dall’autostrada A4. Stanza doppia in B&B a partire da 120 euroV.le Trieste, 12Gradisca d’Isonzo (Go)www.albergoalponte.it

dove comprareEnoteca di CormònsPer degustare e acquistare i vini del Collio e del Friuli Isonzo, ma anche assaggiare prosciutti, salumi e formaggi locali.P.za XXIV MaggioCormòns (Go)www.enoteca-cormons.it Alimentari TomadinEccellenze gastronomiche a km 0, accompagnate dai migliori prodotti provenienti da tutta italia.Via Cumano 5Cormòns (Go)Tel: 048161781

citrina le sue caratteristiche più marcate, le qua-lità che lo rendono perfetto per accompagnare ogni genere di piatto di pesce, ostriche, dondoli, molluschi e crostacei, affumicati come salmone e pesce spada, paté e foie gras, formaggi sapori-ti. La sua leggerezza esalta antipasti, minestre, risotti e vellutate, verdure pastellate e sformati. Con una gradazione alcolica non eccessiva, sui 12°, Doc dal 1990, è un eccellente vino da pa-sto e un fresco e profumato aperitivo. Macerata (i “vini arancio”, fermentati in modo naturale a contatto con la buccia) si sposa perfettamente a carni bianche ed è uno dei grandi, innovati-vi e apprezzati vini friulani del giorno d’oggi. A Oslavia, luogo d’elezione della produzione di Ribolla Gialla, sei produttori (Fiegl, La Castel-lada, Il Carpino, Primosic, Dario Princic e Radi-kon) hanno unito le loro forze per promuovere il vitigno autoctono e hanno creato l’Associa-zione Produttori Ribolla di Oslavia (Zdruzenje Proizvajalcev Rebule iz Oslavja). «Fin dall’inizio – racconta il presidente Marko Primosic – abbia-mo voluto prendere le distanze dall’aspetto mo-daiolo che la Ribolla Gialla sta assumendo. Ad accomunarci invece la voglia di lavorare attor-no a questo vino, di cui in realtà si sa ben poco, e di raccogliere quante più conoscenze possibi-li dalla vecchia generazione di viticoltori e tra-smetterle ai tanti che oggi si sono appassionati a questo vitigno». A raccontare in modo rigoroso, con immagini e parole, i viticoltori e la loro terra, è – freschissimo di stampa – un pregevolissimo volume curato da Gigi Brozzoni dal significativo sottotitolo Ribolla Gialla Oslavia: The invisible part of a wine (Edizioni Transmedia).

La Ribolla Gialla è uno dei vini più longevi del Friuli

Venezia Giulia, amato da Carlo V e apprezzato alla corte degli Asburgo

come dagli Zar di Russia

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Produrlo è un atto di fede, dicono. Un omaggio agli antichi abitanti dei territori trevigiani dai quali arrivano le competenze e l’amore necessari alla coltivazione di vitigni che hanno scritto

la storia. Questo vino intenso, sgarbato, arrabbiato, prende nel padovano il nome di Friularo, “venuto dal freddo”, ed è da sempre considerato un ottimo compagno di viaggio… e di sbronze

di Germana Cabrelle

“Ho bevuto di tutto […] Ma il mio vino, il vino della memoria e della nostalgia, quello che, come il suo colore, rimarrà indelebile nel ricordo, è il sanguigno, robusto, schiet-to Raboso”. Lo scrittore Mauro Corona, pro-fondo conoscitore di vini, nella raccolta Aspro e dolce (Mondadori) decanta così le qualità del Raboso: “Un vino duro, denso e quasi oleoso, scuro, vino di ciòche (sbronze ndr) ma onesto,

Raboso, perla nera del Piave

semplice: un vero amico”. Prima di Corona, il commediografo veneziano Carlo Goldoni de-finì il Raboso, per la sua capacità di conservarsi, vino da viajo (vino da viaggio) perché ai tempi della Serenissima veniva trasportato nelle navi senza subire alterazioni, grazie all’elevata aci-dità e concentrazione di tannini. E il padova-no Ruzante lo chiamava vin sgarboso, sgarba-to, arrabbiato, rabioso in termini dialettali, da

ottobre 2012

Treviso

Veneto

vino&territorio

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«I nostri avi ci hanno trasmesso questi vitigni che hanno fatto la storia. Oggi sta a noi valorizzare tale patrimonio, contro la logica del business facile»

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cui trae origine il nome. Il Raboso è coltivato nella vallata del Piave e in tutta la provincia di Treviso – dai colli del Montello alle pianure di Conegliano – ma anche a sud di Padova, a Ba-gnoli e Conselve, dove è conosciuto con il no-me di Friularo. Vino di antica tradizione, fino a sessant’anni fa nell’attuale area Doc del Piave (la più estesa del Veneto) l’80% dell’uva a bac-ca rossa coltivata era Raboso, mentre adesso rappresenta soltanto il 3%. «Produrlo è un atto di fede – spiega Giorgio Cecchetto, dell’omo-nima cantina di Tezze di Piave, l’azienda più importante per questo vino in provincia di Tre-viso, con 10 ettari dedicati al Raboso e 20 mila bottiglie all’anno prodotte – tuttavia credo che, alla lunga, questa scelta premierà i nostri sfor-zi. Certo, sarebbe più vantaggioso, come hanno fatto in molti, soppiantare il Raboso e coltivare il Prosecco, ma se i nostri antenati ci hanno tra-smesso questi vitigni che hanno scritto la sto-ria, sono convinto che anche noi, con amore e lungimiranza, dovremmo preoccuparci più del patrimonio di valori autoctoni da capitalizzare nel tempo che del business facile». Cecchetto è

Inno al Raboso

“Il tuo profumo m’inebria il cuoreIl tuo colore è dolce visioneQuando ti assaggio o Raboso del PiaveIo sento un’ebbrezza, che forte mi assale”

Sono questi i primo versi dell’Inno al Raboso del Piave, una delle iniziative della Confraternita del Raboso Piave, nata il 27 dicembre 1996 con sede nel comune di Vazzola (Tv), che è anche Città del Vino. Ogni anno una commissione composta da produttori, sommelier e giornalisti enogastronomici sceglie il vino che per un anno rappresenterà il Raboso della Confraternita.

stato il primo a rivalutare e rilanciare questo vitigno ed è anche tra i soci fondatori della Confraternita del Ra-boso. «Siamo cresciuti gra-zie alla ricerca – racconta – fondamentale per produrre vini di grande qualità e non estempo-ranee interpretazioni. Abbiamo cercato di leg-gere quello che i nostri avi facevano una volta per riproporlo oggi. Ciò ha aiutato l’azienda ma di riflesso anche il territorio, tant’è che il nostro Raboso viene conservato in tonneau di legno d’acacia e castagno dei boschi di queste zone, realizzati dagli artigiani bottai Garbellotto di Conegliano». A Giorgio Cecchetto si deve an-che l’intuizione e l’impegno di aver dato vita alla Docg Piave Malanotte. «Nel 1997 abbiamo appassito dell’uva sui graticci prima di pigiarla, un sistema che arricchisse in estratti e struttu-ra il vino, conferendogli al contempo una certa morbidezza. Poi siamo usciti con Gelso e, a di-stanza di anni, il Consorzio ha deciso di disci-plinare questa tecnica e di farne una Docg con la vendemmia 2008».

In apertura, un nero grappolo di Raboso. In questa pagina,una sponda del fiume Piave e, sotto, Giorgio Cecchetto nella sua cantina a Tezze di Piave

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ottobre 201250

Scelti per voidove mangiareGelliusUna stella Michelin in un castello medievale. Prezzo medio: 90 euro bevande incluseCalle Pretoria, 6 - Oderzo (Tv) Tel. 0422713577

In corte dal capoTrattoria che propone cucina tradizionale. Da assaggiare gli ziti integrali con formaggio pecorino, la soppressa con taleggio e polenta, i tagliolini al ragù d’anatra e la carne, regina della casa. Prezzo medio: 30 euro Via Padova, 38 - Conselve (Pd)Tel. 0495384021

Da VegroOsteria con rivendita gestita dalla famiglia. Menù di sola carne a eccezione del baccalà alla veneta. Prezzo medio: 40 euroVia Leonardo da Vinci, 15 - Conetta Cona (Ve) Tel. 0426509178

dove dormireLa CastellanaUna casa di campagna tra vigne e frutteti. Un B&B raffinato e accogliente.Via Castellana, 45 Stabiuzzo di Cimadolmo (Tv) Tel. 3409197061

Postumia Hotel DesignNel cuore della cittadina archeologica di Oderzo con lo sguardo sulle rive del Monticano. Doppia a 130 euroVia Cesare Battisti, 2 - Oderzo (Tv) Tel. 0422713820

Dominio di Bagnoli Agriturismo ricavato in antiche scuderie. Con piscina privata e giardino. Prezzo: 100 euro per appartamento a nottePiazza Marconi, 63 - Bagnoli di Sopra (Pd)Tel. 0495380008

dove comprare Il Raboso del Piave:

Cecchetto GiorgioVia Piave, 67 - Tezze di Piave (Tv)Tel. 043828598

Cantina Sociale di Tezze PiaveVia Colonna, 20 - Tezze di Piave (Tv)Tel. 0438488190

Il Friularo:

SansovinoDa questi produttori associati, si può acquistare il Friularo Ambasciatore, ottenuto con la vendemmia tardiva, l’appassimento in fruttaio, la lenta fermentazione e un lungo invecchiamento in botti di rovere.Via Padova, 68 - Conselve (Pd) Tel. 049538443

Borgo Malanotte a Tezze Piave, di origini me-dievali, è senz’altro un luogo da visitare se si viene da queste parti, come pure la chieset-ta di San Giorgio a San Polo di Piave dell’VIII secolo d.C., che conserva all’interno l’affresco quattrocentesco di una singolare Ultima Cena: con i bicchieri colmi di vino rosso, che i paesani amano pensare si tratti di Raboso.

Aspettando l’estate di San MartinoSpostandosi in territorio padovano, il Rabo-so si chiama Friularo, dal latino frius (freddo), perché si vendemmia tradizionalmente nella seconda metà di novembre. La zona del Friula-ro è strategica per intraprendere un viaggio del gusto alla scoperta del padovano: ai piedi dei Colli Euganei, tanto cari al Foscolo e vicinissi-ma a Padova e ai suoi capolavori: dalla Cappel-la degli Scrovegni a Prato della Valle allo stori-co Caffè Pedrocchi. Sui Colli merita una visita

Arquà Petrarca, cittadina famosa per il “brodo di giuggiole” e per la casa di Francesco Petrarca. Fra le aziende disseminate nei 14 comuni del-la Docg, spicca Il Dominio di Bagnoli, tenuta di proprietà della famiglia Borletti, con circa una decina di ettari coltivati a Friularo e una produzione di circa 110 mila bottiglie l’anno. «La Docg Friularo di Bagnoli è entrata in vi-gore l’8 novembre 2011, come accaduto per il Piave Malanotte Docg con il quale abbiamo condiviso questo percorso in parallelo» spiega l’enologo dei Borletti, Loris Gava. «Nel nostro caso abbiamo anche la menzione Riserva, che ha bisogno di un affinamento di minimo due anni, di cui uno in botte di rovere. In futuro la zona di Bagnoli potrà fregiarsi di avere anche uno spumante da uve di Raboso Piave Docg. Ma la nostra “perla” è il Friularo Vendemmia Tardiva che deve essere raccolto dopo l’11 no-vembre, l’estate di San Martino».

Il Dominio di Bagnoli, tenuta di proprietà della famiglia Borletti, tra le principali realtà vinicole dei Colli Euganei, vanta un vigneto di circa una decina di ettari coltivati a Friularo

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il barocco, i paesaggi, la cultura, la storia...

Antica Dolceria Rizza l’istituzione del cioccolato a Modica

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Il dolce “muru a siccu”

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Il cioccolato di Modica: la partenza che ha il ritorno

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ottobre 2012

di Rosalia Imperato

L’Oltrepò Pavese è un lembo di terra collinoso a sud della Lombardia che ammalia con il fascino discreto dei suoi colori e dei suoi profumi. Qui si coltiva la vite da tempi immemori: il ri-trovamento di un antico tralcio nei pressi di Casteggio testimonia la sua presenza già nell’epoca preistorica. Ma l’Oltrepò Pavese vitivinicolo trova le sue vere ra-dici nel secolo scorso, nel rinnovamen-

to globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. Nel 1884 questa zona vantava ben 225 vitigni autoctoni, e oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione. La gamma dell’offerta è mol-to vasta, si va dal Bonarda passando per il Buttafuoco, fino al Pinot Nero, incon-trastato protagonista della produzione di vino spumante Metodo Classico. Tut-to ha inizio nella seconda metà del 1800

Cruasé: c’è aria nuova Oltrepò

Da una terra vocata alla produzione di Pinot Nero, nasce un marchio collettivo per identificare l’unica bollicina rosé ottenuta esclusivamente da uva a bacca nera

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Oltre i soliti itinerari Sorge sulle rive del torrente Staffora, immersa tra colline vitate e dolci declivi, Voghera, il centro principale dell’Oltrepò Pavese, con la sua bella cattedrale di San Lorenzo Martire, circondata da una piazza porticata, e la romanica Chiesa Rossa. Inevitabile qui un assaggio della tipica mostarda, da accompagnare al classico bollito misto, o di risotto preparato con i saporiti peperoni locali. Anche i dolci però non scherzano: zabaglione e cacao uniti in un piacevoli gioco di consistenze danno vita allo stracchino di Voghera, semifreddo da assaggiare, così come la caratteristica zuppa fatta di panna, crema e caffè. Una delizia. Ma al palato la zona riserva tante sorprese, come ad esempio gli agnolotti pavesi, ripieni di carne stufata. Per assaggiarli, accompagnati ovviamente da un buon bicchiere di vino, niente di più facile di partire per un tour tra vigneti e cantine e toccare località come Santa Maria della Versa, Montù Beccaria e Stradella, o la vicina Arena Po, dove ammirare i suggestivi resti del castello edificato da Gian Galeazzo Visconti. D’altra parte, castelli e antiche ville costellano le campagne circostanti e al viaggiatore curioso riservano, spuntando tra i filari, inattese sorprese. Un esempio su tutti è quello di Zavattarello, in Val Tidone, tra i Borghi più belli d’Italia, che sorge ai piedi del castello dal Verme, complesso architettonico fortificato da cui lo sguardo domina il territorio circostante. O, ancora, il castello di Montalto Pavese, affacciato sulla valle del torrente Verzate, e Varzi, con il suo castello, la bella Torre Malaspina, e il suo... salame! Tra i prodotti più noti dell’Oltrepò pavese, è caratterizzato da un sapore gradevolmente aromatico e pieno. Tagliato a fette spesse è ottimo da gustare con la schita, gustosa frittella tipica perfetta da abbinare ai salumi locali.

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a Rocca de’ Giorgi. In questo delizio-so borgo, il Conte Carlo Giorgi di Vi-starino impianta, con successo, diversi ettari di cloni francesi di Pinot Nero: è l’inizio di un’avventura che coinvolge-rà tutto il territorio, caratterizzandolo soprattutto per una fortissima vocazio-ne spumantistica. Nel 1912 il cartel-lo pubblicitario “Gran spumante Svic” (Società Vinicola Italiana di Casteggio)

troneggia accanto alla Statua della Li-bertà di New York accogliendo gli emi-granti in arrivo. Seguono anni febbrili e numerosissimi riconoscimenti ottenu-ti da svariati marchi. Poi le denomina-zioni: Doc Oltrepò Pavese nel 1970, Docg Oltrepò Pavese Metodo Classi-co nel 2007 e infine Doc Pinot nero dell’Oltrepò Pavese nel 2010. Un viti-gno, quindi, dalle mille sfumature, ma

Voghera

Lombardia

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Scelti per voi

dove mangiareRistorante Prato GaioSi può cominciare con una selezione di salumi tipici dell’Alta Valle Versa e di formaggi (ottimi il salva cremasco stagionato 12 mesi e il blu di bufala lombarda), proseguire con gli agnolotti di stufato di manzo al burro d’alpeggio o gli gnocchi di patate di montagna con ragù delle colline, continuare con la faraona farcita o il ganascino di vitello brasato e concludere con gli ottimi dolci della casa. Prezzo medio 45 euroFraz. Versa - Montecalvo Versiggia (Pv)Tel. 038599726www.ristorantepratogaio.it

La locanda dei BeccariaLuisa e Franco Casella propongono una cucina di territorio semplice e gustosa. Da provare l’uovo di quaglia con asparagi e raspadura, il risotto alla parmigiana con terrina di fegato d’anatra e tartufo nero. E ancora, il roastbeef di Fassona piemontese con maionese alla senape. Una buona carta dei vini con etichette di qualità. Prezzo medio 45 euroViale Marconi, 10 - Montù Beccaria (Pv)Tel. 0385262310www.lalocandadeibeccaria.it

dove dormireSelvaticoA disposizione degli ospiti camere arredate con semplicità. Il ristorante propone piatti di tradizione e una carta dei vini ampia con una netta predominanza delle migliori produzione dell’Oltrepò Pavese. Doppia da 80 euroVia S. Pellico, 19 - Rivanazzano (Pv)Tel. 0383944720www.albergoselvatico.com

Da Prati Agriturismo ricavato da un’antica casa rurale di fine ’800. Offre 6 splendidi appartamenti arredati con eleganza. A disposizione degli ospiti un ampio giardino e piscina. Doppia da 75 euroLoc. Begoglio - Santa Maria della Versa (Pv)Tel. 038579324www.daprati.it

dove comprareEnoteca Wsm – Oltre L’Enoteca Nel pieno centro di Voghera uno spazio suggestivo dove degustare e acquistare le migliore etichette dell’Oltrepò Pavese e non solo. A disposizione dei clienti anche una buona selezione di distillati, birre artiginali e oli extravergine.Via Depretis, 27 - Voghera (Pv)Tel. 03831930171www.enotecawsm.it

che si esprime al meglio nella produzione di bollicine rosé: una storia recente che poggia su radici antiche.

Uno sguardo di sfida È infatti il Cruasé il nuovo prodotto sim-bolo dell’Oltrepò Pavese, un rosé naturale Docg da uve Pinot nero ottenuto attraver-so il Metodo Classico. La scelta del nome, che suona maliziosamente francese e sug-gerisce uno sguardo, se non una sfida, ai vicini d’oltralpe, non è invenzione casuale ma incontro semantico che rispecchia il disegno alla radice della combinazione di

Nuovo prodotto simbolo dell’Oltrepò Pavese, il Cruasé è un rosé

naturale Docg da uve Pinot Nero ottenuto attraverso il Metodo

Classico

parole. Cruasé riunisce Cru, selezione, e Rosé, tipologia di vino, rendendosi esalta-zione del vitigno in una ricerca di qualità che ha dato origine all’unica bollicina ro-sa ottenuta esclusivamente da uva a bacca nera. Ma non solo: Cruà era l’antico nome di un pregiato vitigno coltivato in questo territorio fin dal 1700. «Il Consorzio di Tu-tela Vini Oltrepò Pavese si è mosso traen-do spunto da un’eredità quasi dimentica-ta», dichiara Matteo Marenghi, Direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pa-vese. «L’antico nome del vitigno principe dell’Oltrepò è facile da ricordare e suo-na dolce. Cruasé non è una fredda inven-zione del marketing, ma la veste moderna e di grande appeal di un’antica tradizio-ne vitivinicola lombarda». Cruasé quindi identifica un vino rosé naturale per nasci-ta – la leggera spremitura del Pinot Nero spontaneamente genera un mosto rosato – che evidenzia al naso netti sentori flore-ali e fruttati, e al palato austere note acide rese rotonde e piacevoli dagli aromi e dai profumi percepiti nell’analisi olfattiva.

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Sulla tavola di Carlo V, il sovrano sul cui impero non tramontava mai il sole, il vino di Gattinara lo aveva portato il suo Gran Cancelliere e personale Consigliere, il car-dinale Mercurino Arborio, una delle figu-re politiche più importanti nell’Europa del XVI secolo. Lui, che a Gattinara era nato e

che della sua terra d’origine non si era mai di-menticato, non ebbe paura di metterlo a con-fronto, sulla mensa del re, con i più grandi vi-ni di Spagna. Pare se ne servisse spesso anche come strumento diplomatico, capace di arri-vare dove non potevano le parole… Qualche secolo dopo arrivò Mario Soldati, che invece

Rinomato fin dal XVI secolo, questo vino – che “sembra attinga la sua forza più segreta dal vento che passa sui ghiacciai”– all’inizio del Novecento pareva avere le ore contate. E invece no: grazie all’impegno di viticoltori appassionati e a quella particolare eleganza che lo fa emergere tra i grandi vini piemontesi, si è assicurato negli ultimi anni l’ingresso ufficiale nell’Olimpo dell’enologia italiana

Gattinara,Nebbiolo di sangue blu

di Silvana Delfuoco

Piemonte

Gattinara

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Gattinara,Nebbiolo di sangue blu

delle parole se ne serviva, e anche piuttosto bene. In Vino al vino lo scrittore si ricorda del Gattinara quasi all’improvviso, e scrive: “sem-bra attinga la sua forza più segreta al vento che passa sui ghiacciai del Rosa pochi minuti pri-ma di soffiare tra le vigne”. Dunque, la sagoma maestosa del Monte Rosa, che nelle belle gior-nate si staglia dietro ai filari, non è soltanto un meraviglioso sfondo panoramico. «È proprio la complessità di minerali presenti nel terreno delle nostre vigne – spiega la giovane produttri-ce Cinzia Travaglini, quarta generazione di una tra le storiche aziende vitivinicole della zona – a conferire al Gattinara le caratteristiche che lo rendono unico e lo distinguono dagli altri vini a base Nebbiolo, anche dal vicino Ghemme. Chi lo assaggia per la prima volta inizialmente lo giudica più sottile di un Barolo o di un Bar-baresco, ma poi scopre in lui note di finezza e

Non solo “mordi (bevi) e fuggi”A meno di 30 km dal lago d’Orta e dal lago Maggiore, alle spalle delle piste da sci del Monte Rosa e della Val d’Aosta; a due passi dal Santuario del Sacro Monte di Varallo, immerso nel fascino della sua Riserva Naturale Speciale, e da quel piccolo gioiello arrivato intatto dal medioevo che è il Ricetto di Candelo: la zona di produzione del Gattinara sembra fatta apposta per richiamare senza sforzo frotte di visitatori. E invece… Certamente qui la produzione vinicola riveste un ruolo di grande importanza dal punto di vista dell’attrattiva turistica enogastronomica, però, sottolinea Cinzia Travaglini, «il nostro, per ora, è un turismo mordi e fuggi: visita in azienda, pranzo nel ristorante tipico, e… via di corsa! E pensare che le nostre colline, oltre a uno splendido panorama, possono offrire agli amanti del trekking o della mountain bike suggestive possibilità ancora tutte da esplorare».

di eleganza che fanno subito ricredere. A com-pletare l’opera interviene anche il nostro parti-colare microclima con forti escursioni termiche soprattutto tra fine agosto e inizio ottobre, data della vendemmia: è così che si favorisce la natu-rale esaltazione dei profumi».

Nettare dal lungo passato…Dai tempi del cardinal Arborio e più indietro, fi-no a quelli di Carlo Magno, e ancora, fino al 101 a.C., data presunta della fondazione della città di Gattinara, molta acqua, pardon, molto vino è si-curamente passato sotto i ponti. Oggi il Gattinara Docg – vino rosso granato che nel tempo assume venature aranciate, dal profumo fine e persisten-te, speziato con sentori di viola, e dal gusto asciut-to e armonico, con caratteristico fondo amaro-gnolo ottimo con il risotto, la selvaggina, i brasati, il filetto, i bolliti e i formaggi a pasta dura, o come vino da meditazione – può contare su poco meno di 95 ettari di vigneto in produzione, per una resa complessiva di circa 4600 ettolitri di vino. Allo scopo di “tutelare, valorizzare e promuovere i vini a denominazione di origine delle province di Vercelli, Novara e Biella” – e cioè, oltre al Gat-tinara, anche Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Ghemme, Lessona e Siz-zano – nel 1996 è stato istituito il Consorzio Tute-la Nebbioli Alto Piemonte con sede a Ghemme.

In questa pagina, le botti della Cantina Antoniolo e, in basso, l’ingresso della stessa

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«Solo fino al secolo scorso il vino Gattinara ha rappresentato il perno per l’economia locale, basata quasi esclusivamente sull’agricoltura con prevalenza viticoltura», spiega la presiden-te del Consorzio Lorella Zoppis Antoniolo, anche lei alla guida di un’azienda dalla lunga tradizione. «Poi, la filossera, la tromba d’aria del 1905 e la rivoluzione industriale hanno profondamente mutato questa realtà, con il progressivo abbandono del vigneto, portando a coltivare meno di un terzo della superficie vi-tata dell’epoca». Perché le cose cambino biso-gna arrivare a una data relativamente recente: il 1990, l’anno della conquista della Docg.

…e dal promettente futuro«La Doc era arrivata già nel 1967 – ricorda Cinzia Travaglini – quindi tra le prime in Italia. Mio pa-dre dal 1958 produceva Gattinara, e il suo nome aveva ormai una certa risonanza anche sul mer-cato estero. Ma soltanto l’entrata nella Docg ha permesso che ci fosse una vera svolta qualitativa: i controlli, decisamente più rigorosi, obbligano in-fatti a una costante ricerca del miglioramento». E così anche il Gattinara fa il suo ingresso ufficiale nell’Olimpo dei top: «Gli ultimi cinque anni han-no visto crescere in modo esponenziale l’interesse dei mercati verso la nostra denominazione – os-serva ancora Lorella Antoniolo – parallelamente al cambiamento del gusto del consumatore che ha imparato ad apprezzare vini con matrice au-toctona e carattere definito. Si prospetta quindi, compatibilmente con la difficile situazione eco-nomica, un futuro rassicurante soprattutto in re-lazione ai mercati extra CEE».

Lorella Antoniolo è presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte nonché alla guida della storica azienda di famiglia. È grazie al suo lavoro e all’impegno dei viticoltori del Consorzio che il Nebbiolo di Gattinara rientra di diritto tra i grandi nomi del vino italiano

dove mangiareNuovo Impero Il riso non manca in questo elegante locale, dove trovare anche ottimo pesce fresco e un favoloso carrello di dolci. Prezzo medio: 35 euroVia Francesco Mattai, 4 Gattinara (Vc)Tel. 0163833234

Trattoria del Soggiorno Cucina tipica in un piccolo ristorante a conduzione familiare nel cuore del centro storico. Prezzo medio: 35 euroVia Cernaia, 2 Gattinara (Vc)Tel. 0163826896

dove dormireHotel Barone Dalle spaziose stanze con volte affrescate di questo elegante quattro stelle la vista dà sulle colline dove nasce il Gattinara Docg. Prezzo medio singola: 85 euro Corso Valsesia, 238 Gattinara (Vc)www.baronedigattinara.it

Il Vigneto In centro città, arricchito da un fresco giardino, un tre stelle con ristorante alla carta. Prezzo medio singola: 65 euro Piazza Paolotti, 2 Gattinara (Vc)www.ristoranteilvigneto.it

dove comprareEnoteca RegionaleEsposizione e vendita dei vini di tutti i produttori di Gattinara docg. Corso Valsesia, 112Gattinara (Vc) www.enotecaregionaledigattinara.it

Azienda Travaglini Strada delle Vigne, 36 www.travaglini.com

Azienda Antoniolo Corso Valsesia, 234-285 Tel. 0163833612

Due storiche case vinicole di Gattinara, oggi entrambe – segno dei tempi! – felicemente condotte “al femminile”.

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Scelti per voi

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Dalla vendemmia 2011 anche il vitigno Vermentino potrà fregiarsi della Doc Isola d’Elba, una delle isole più spettacolari del mar Tirreno dove quest’uva viene coltivata sui terrazzamenti a picco sul mare, nelle piane soleggiate oppure nelle ex cave di ferro. La natura del terroir dell’Elba, di cui fanno parte i terreni vulcanici e sassosi, le argille, l’alta concentrazione di minerali, in-sieme alla macchia mediterranea e al clima dell’isola, è la caratteristica che accomuna questo territorio a mol-te regioni mediterranee come la Sardegna e la Liguria, in cui il Vermentino ha potuto esprimersi al meglio. In particolare presso la Tenuta La Chiusa, dove i vigneti che circondano l’antico casale e la villa dell’800 si spin-gono sino a lambire il mare, il vitigno Vermentino dà il meglio di sé. Grazie alla ricchezza di argilla e ferro dei terreni della Tenuta si ottiene un vino corposo, profu-mato, ma, allo stesso tempo, un vino in grado di man-tenere un’elegante nota fresca data dalla sua acidità e dalla sua sapidità; caratteristiche queste che ne fanno un vino di pronta beva adatto ad accompagnare anti-pasti di pesce, come tartar di tonno o ricciola; si sposa perfettamente anche con i primi, come i risotti a base di verdure, e certamente non disdegna di essere abbi-nato a formaggi dolci, magari di media consistenza e non troppo stagionati. Perfetto in estate, accompagna allegre serate sull’isola e allieta l’ospite stanco dopo una giornata di mare. La Tenuta, dove potrete degu-stare questo vino, è una location spettacolare, come la vista che si può godere dal punto vendita. Un posto che ha il sapore di altri tempi.

State già pensando alle vacanze estive? Segnate in agenda l’indirizzo della Tenuta La Chiusa di Portoferraio, dove sorseggiare un fresco bicchiere di Vermentino in un contesto idilliaco, tra verde e mare incontaminati

La nuova Doc dell’Isola d’Elba

Tenuta La ChiusaLoc. Magazzini, 93 - Portoferraio (Li)

Tel. 0565933046 - www.tenutalachiusa.it

selezioni

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Cugino stretto del Vermentino, questo vino giallo paglierino, dal profumo ampio e intenso,

vive ai margini della grande distribuzione. Ma è questione di tempo. E forse anche di spazio:

il vitigno infatti viene coltivato solo in un ristretto tratto di Liguria da piccole aziende che sacrificano

i grandi numeri all’altare della qualità

di Anna Orlando

«Il nome Pigato, in dialetto, significa picchiet-tato, e la tradizione vuole che sia stato dato a questa uva perché gli acini presentano delle macchioline scure più o meno evidenti, che su quelli del Vermentino – parente prossimo del Pi-gato – non appaiono», ci spiega Mirco Mastroian-ni della storica Cascina Feipu dei Massaretti mo-strando uno dei grappoli in piena maturazione, e affermando quindi con convinzione: «Vede? Il vi-no è una cosa viva». Siamo nella Piana di Albenga, la cittadina ligure nota per il suo centro medieva-le su cui svettano alcune torri in mattoni rossi di singolare bellezza, ma conosciuta anche per quella zona alle sue spalle, pianeggiante e dal microclima favorevole a ogni genere di coltivazione. Tra gli or-taggi qui coltivati sono particolarmente noti car-ciofi spinosi, asparago violetto, pomodoro cuore di bue e zucca trombetta. E poi, certamente, il vino.

Pigato specialitàdi Ponente

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Ancora tutto da scoprire nei circuiti della grande distribuzione,

viene prodotto esclusivamente da micro aziende, per lo più a conduzione

familiare, tra le quali le più grandi arrivano a un massimo di 75 mila

bottiglie l’anno

Qui sotto, Mirco Mastroianni, titolare della Cascina Feipu dei Massaretti, ci mostra i pregiati acini di Pigato

Quarant’anni di qualità Il Pigato è una Doc coltivata nella Liguria di Po-nente, in terre che vanno da Arenzano, a ovest di Genova, fino al confine con la Francia, con la massima concentrazione nell’area di Albenga. È un vitigno autoctono al 100%. Il vino è sec-co ma morbido, giallo paglierino, dal profumo ampio e intenso, e dal sapore pieno e persisten-te. La sua storia è relativamente giovane e inizia dalla metà degli anni Sessanta. Ancora tutto da scoprire nei circuiti della grande distribuzione, il Pigato viene prodotto esclusivamente da mi-cro aziende, per lo più a conduzione familiare, tra le quali le più grandi arrivano a un massimo di 75mila bottiglie l’anno. Tra queste i Massaret-ti, appunto, che hanno deciso di non produrre Vermentino, dal nome più facile e commercia-le, e dedicarsi esclusivamente a questa eccellen-za del territorio. Una scelta premiata dalla qua-lità, che ha pochi rivali. «La concorrenza non ci spaventa, soprattutto se anche gli altri produt-tori fanno un ottimo vino, come per esempio Laura Aschero, che porta alto il nome del Piga-to anche fuori dalla Liguria. Ciò che non giova al Pigato sono invece quelli che lavorano male, senza tenere nel giusto conto l’imperativo as-soluto della qualità». Ha idee analoghe Bianca Aschero, giovane entusiasta e nipote di Laura, la mitica signora, volitiva e caparbia, che, nel 1980, ha creato la sua azienda nell’Imperiese un po’ per hobby, senza immaginarne il successo. «Noi ci limitiamo a una produzione di sole 23 mila bottiglie l’anno di Pigato, in terreni sia vici-

Dal Piemonte, la grappa di Pigato Una rarità: i Fratelli Marolo di Alba (Cn) producono ben due varietà di grappa di Pigato. Si tratta della grappa di Pigato classica, dal profumo intenso e delicato con sentori di fieno e di oli essenziali, e di quella derivata dalle vinacce dell’Azienda Agricola Feipu di Pippo Parodi (Massaretti), dal profumo nitido, lievemente etereo, ben pronunciato. Da provare.

Distilleria Santa Teresa dei Fratelli Marolo Corso Canale 105/1 - Alba (Cn)Tel. 017333144

61ottobre 2012

Liguria

Albenga

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Scelti per voi

dove mangiare Pernambucco Ristorante del Buon Ricordo, che si aggiudica chi consuma un piatto ligure di antica tradizione: le lattughe ripiene in brodo. La cucina è ottima soprattutto per il pesce. La carta dei vini comprende oltre 400 etichette, tra cui anche un Pigato prodotto dalla famiglia del proprietario, Luciano Alessandri, la cui azienda agricola si trova sulle alture di Ranzo. Prezzo medio: 60 euroViale Italia, 35 - Albenga (Sv) Tel. 018253458/555118

Antica Osteria dei LeoniSituata in un edificio antico nei vicoli della vecchia Albenga, ha anche un gradevole dehor. Il locale è raffinato, ideale per una cena romantica. I clienti lamentano spesso attese lunghe, ma i piatti sono notevoli, con un menù rigorosamente a base di pesce. Tra i piatti tipici, consigliamo il ciuppin di crostacei al timo selvatico, i ravioli in salsa di mare e il pesce spada con melanzane e olive. Prezzo medio: 45 euroVico Avarenna, 1 - Albenga (Sv)Tel. 018251937

dove dormire Torre Cepollini Bed and breakfast singolare, ricavato all’interno di un edificio duecentesco con una torre adiacente. Vi accolgono Mario Turci, italiano di discendenza croata, e Michael Hewlett, inglese con tracce di discendenza piemontese. Camera doppia da 75 euro Via Medaglie d’oro, 25 - Albenga (Sv)Tel. 3460586804

Casa CambiVale la pena salire fino a questa antica costruzione ristrutturata, situata in posizione panoramica di fronte al castello, dove, ad accogliervi, c’è la genovese Anna Bozano. L’atmosfera è quella familiare, con il sapore che solo una casa sa dare. Camera doppia da 80 euro Via Roma, 42Castelvecchio di Rocca Barbena (Sv) Tel. 018278009

dove comprareCascina du Feipu dei MassarettiLocalità Massaretti, 7 - Bastia Albenga (Sv)Tel. 018220131

Laura AscheroPiazza Vittorio Emanuele II, 7Pontedassio (Im)Tel. 0183710307 – 348174690 Liguria Doc Area di Servizio Ceriale Sud.È un ottimo indirizzo per i viggiatori: cura e gusto nell’esposizione e grande varietà di prodotti della zona. Primo fra tutti il Pigato.Autostrada dei Fiori A10 - Ceriale (Sv)Tel. 0182931971

Enoteca Carpe DiemIl proprietario è originario di Bastia, una frazione di Albenga. Quindi il Pigato ha un posto d’onore tra le numerose bottiglie della sua ottima selezione.Via Dante, 326 - Alassio (Sv)Tel. 0182470025

no a Imperia sia nella piana di Albenga», spiega la trentenne laureata in marketing aziendale a Milano, ma cresciuta tra i filari e la cantina. «Le porteremo però presto a 35 mila, per pareggiare quelle di Vermentino. Certo, c’è il rischio, come per l’ottima annata del 2010, di esaurirle già a gennaio senza poter fare fronte alle richieste. Ma solo così siamo sicuri di non scivolare fuori

da un confine di eccellenza che è fondamenta-le per il mercato di oggi». Chi lo conosce lo sa, e chi lo assaggia lo scopre subito: il Pigato è il cugino meno famoso del Vermentino, dalla fo-glia e dagli acini simili, ma non identici. Rispet-to al Vermentino però ha una particolarità che lo rende unico: si trova solo ed esclusivamente in questo piccolo tratto di Liguria.

In questa pagina, un’elegante bottiglia di Pigato Aschero dell’omonima azienda fondata da Laura Aschero nel 1980

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Pignoletto, il re dei Colli Bolognesi di Paola Annoni

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Emilia Romagna

Bologna

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Chissà se quando Cesare Cremonini, nel fu-rore dei suoi 19 anni, cantava «Ma come è bello andare in giro per i colli bolognesi…» aveva in mente anche di fermarsi per un bic-chiere in una di quelle trattorie che resisto-no ancora in provincia? E magari di bersi un Pignoletto dei Colli Bolognesi, bianco autoctono che proprio sulle colline attorno a San Luca ha le sue origini. Un vino schietto e piacevole, come la gente di queste parti che coltiva ancora l’anti-ca arte dell’ospitalità. L’origine del Pignoletto è antica e pare che derivi da quel “Pino Lieto” che Plinio il Vecchio (I d.C.) nella sua Naturalis Hi-storia descrive come “non abbastanza dolce per esser buono”, dal momento che i palati dei suoi contemporanei erano orientati a vini liquorosi e dolci. Quando si parla di Emilia-Romagna e vi-no, però, la mente va istintivamente al Lambru-sco e al Sangiovese, mentre per i bianchi si finisce, senza troppe pretese, su di una Malvasia, igno-rando che molte cantine, mixando tradizione e innovazione, stanno affermando sul mercato vini che spesso finiscono nel soit-glace delle migliori tavole. Come il Pignoletto, appunto.

Fermo, frizzante o passito? L’area geografica della Docg include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra la valle del Samoggia e l’ampia vallata del fiu-me Reno. Le vigne prendono il meglio da un terreno non omogeneo (caratteristica che ac-comuna i colli bolognesi col Piemonte, non a caso la Barbera si è accomodata molto bene in queste zone), in cui si trovano marne, argille e sabbie senza soluzione di continuità. Terra che quindi cambia come l’orizzonte e l’altitudine su cui viene coltivato il vitigno. L’uva germoglia

È un gusto antico, territoriale, quello che caratterizza questo vino che può essere fermo, frizzante o passito, e che, nella patria di rossi celebri come il Lambrusco e il Sangiovese, tiene alto il vessillo dei migliori bianchi di carattere

precocemente verso la seconda decade di apri-le ed è pronta per essere raccolta verso l’inizio di ottobre. Grazie alla coltivazione a cordone speronato o guyot esprime un vino con ottima acidità. Il Pignoletto è un bianco, sia fermo che frizzante e, anche se raramente, passito: si ab-bina bene a piatti leggeri, carni bianche, pesce e può essere anche un buon aperitivo. Il colore giallo paglierino scarico con una punta di ver-de lo può far sembrare difficilmente abbina-bile, ma basta assaggiarlo per convincersi del contrario. Il sapore è secco, armonico e frutta-to sia nella versione ferma che in quella friz-zante (che ha una superiore gradazione alcoli-ca naturale), non ricerca il gusto piatto di vini banali e vendibili a livello internazionale, ma si ancora fortemente a un gusto antico e ter-ritoriale, di cui, i produttori, sono rigidamente orgogliosi. È considerato il Re dei Colli Bolo-gnesi, oltre che per la sua eccellenza anche per la rigida regolamentazione che ne protegge la qualità e la sincerità: infatti, le normative del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (di cui il Consorzio Vini Colli Bolognesi è il responsabi-

Qui sotto Palazzo Re Enzo e la fontana del Nettuno, sullo sfondo San Petronio e Piazza Maggiore a Bologna

Passeggiando fuori porta Alla ricerca del buon vino e della buona tavola tra i Colli Bolognesi si possono passare le giornate, tra storia e cultura, visitando palazzi di grande valore artistico, come la residenza di campagna della famiglia Albergati, palazzo d’età Barocca costruito nei pressi di Zola Predosa, una delle più importanti e originali opere architettoniche di tutto il Seicento europeo. O dedicarsi a qualcosa di più leggero guardando cosa c’è in programma tra le numerose iniziative dell’Ecomuseo della collina e del Vino a Castello di Serravalle; oppure girovagare tra paesini che entrano di diritto nella lista dei Borghi più belli d’Italia, come Dozza, dedicando un po’ di tempo alla scoperta di località dove l’ospitalità non è mai stata solo un lavoro, ma uno stile di vita che i bolognesi si tramandano da generazioni.

L’area della Docg Colli Bolognesi include la zona compresa tra la valle del Samoggia e l’ampia vallata del fiume Reno

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Il Pignoletto è un vino bianco che può essere sia fermo che frizzante e, anche se raramente, passito. La coltivazione a cordone speronato o guyot gli dona un’ottima acidità

dove mangiare Trattoria Mattarozzi Un servizio ruspante, sedie Anni Settanta e cibo “come lo preparavano le nonne”. Prezzo medio: 25 euroVia Lavino, 312/A Monte San Pietro (Bo)Tel. 0516759078

La Corte dello Gnomo La tradizione sposa il moderno, in un locale caldo e attento alle piccole attenzioni, come la focaccia fatta in casa e offerta, non deludendo mai sulla cucina.Prezzo medio: 25 euroVia Landa, 131Monte San Pietro (Bo)www.lacortedellognomo.it

dove dormire B&B Guardastelle Qui, oltre a gustarsi un’ottima colazione si può anche godere di una vista a 360 gradi sui Colli Bolognesi che, al tramonto, dannoil loro meglio. Doppia da 65 euroVia Pradalbino, 20/1Monte San Pietro (Bo)www.guardastelle.it

Locanda Gli uliviPer chi vuole rimanere nella zona dello zoccolo duro della produzione del vino e lasciarsi andare al totale relax, magari sdraiato a bordo piscina. Doppia da 70 euroMonteveglio www.locandagliulivi.it

dove comprare Azienda Agricola BonfiglioVia Cassola, 21Monteveglio (Bo)Tel. 051830758www.bonfigliovini.it

Tenuta BonzaraVia S. Chierlo, 37/A Monte San Pietro (Bo) Tel. 0516768324 www.bonzara.it

Azienda i Due AironiVia Rio Mazzatore, 739Castello di Serravalle (Bo)Tel. 0516705099www.idueaironi.it

Scelti per voiIn una terra dove l’ospitalità non è mai stata solo un lavoro, ma uno stile di vita che i bolognesi si tramandano da generazioni, è bello perdersi in tour gastronomici alla ricerca del miglior Pignoletto da abbinare ai succulenti piatti tipici della zona

le legiferante), consentono per almeno l’85% l’uso di uve dell’omonimo vitigno, mentre le restanti devono provenire assolutamente da vitigni “a bacca bianca non aromatici” autorizzate e prodotte solo nel com-prensorio Colli Bolognesi. Territorialità e tradizione che negli ultimi anni sono stati sempre di più legati a un impegno ecosostenibile, che esalta maggiormente il lavoro in vigna rispetto a quello in cantina. Ed è proprio per questo forte legame con il territo-

rio che i produttori cercano di farlo diventare un simbolo identificativo dei Colli Bolognesi stringendo tra loro una forte rete di rapporti, sostenuta da Confartigianato e Federimpre-se di Bologna: in questo modo il Pignoletto diventa fonte di ispirazione per tour gastro-nomici come il Raid del Pignoletto, in auto d’epoca, con degustazioni e riscoperta delle colline e della tradizione gastronomica bolo-gnese, o spunto per accompagnare eventi cul-turali come è stato per Artefiera in gennaio, in

cui il vino è stato il protagonista e il filo con-duttore di In Vino VeritArs – L’arte di

degustare l’arte. Passione, unione e tra-dizione, con le cantine che si conten-dono il titolo di miglior Pignoletto, sia sulla tavola che nei vari concorsi indetti annualmente sono il simbo-lo di un vino che farà sempre più parlare di sé.

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L’inconfondibile skyline di San Gimignano, disegnato dalle torri antiche, ha fatto sì che un giornalista americano ribattezzasse la preziosa cittadina toscana, situata in provin-cia di Siena, “la Manhattan del Medioevo”. Così questa definizione è entrata nel linguaggio comune, per sottolineare la caratteristica princi-pale di San Gimignano, il profilo delle sue 15 tor-ri, per le quali la cittadina è famosa nel mondo. Ma quello di oggi è solo ciò che resta di uno skyline un tempo disegnato da ben 72 fra torri e case-torri,

Un vino che “bacia, lecca, morde, picca e punge”. Così lo definiva Michelangelo Buonarroti, grande

estimatore di questo bianco singolare, che migliora invecchiando, la cui produzione è testimoniata

da documenti ufficiali fin dal 1200. La sua storia è legata a doppio filo a quella della cittadina

toscana, della quale è simbolo non meno delle 15 torri medievali che la incoronano

A San Gimignano mai senza Vernaccia

testo di Elena Conti - foto di Lorenzo Luzi

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Nella foto in basso un evocativo panorama che illustra bene il rapporto diretto tra la città turrita e le distese di Vernaccia

A San Gimignano mai senza Vernaccia

oltre a innumerevoli altre opere architettoniche come il Duomo romanico, le tante chiese, i teatri e i palazzi disseminati nel borgo, un patrimonio interamente sottoposto a vincolo monumentale e iscritto nella lista Mondiale dell’Unesco.

Un intreccio di storie San Gimignano è famosa soprattutto per la Ver-naccia, vino bianco fra i più prestigiosi d’Italia, prodotto fin dal Medioevo, la cui storia si fonde con quella della cittadina toscana. Della Vernac-cia si hanno documentazioni storiche a partire da-gli inizi del 1.200, con la registrazione di una tassa di tre soldi per ogni soma di vino venduta fuori del territorio comunale. Numerosissime le citazioni letterarie, tra le più famose quella di Dante Ali-ghieri, che, nella Commedia, manda Papa Martino IV nel Purgatorio a espiare i peccati di gola per aver mangiato anguille di Bolsena affogate nella Vernaccia di San Gimignano; e quella di Miche-langelo Buonarroti che la descrive come un vino che “bacia, lecca, morde, picca e punge”. Dopo la produzione importante registrata nel periodo Medievale, la Vernaccia ha condiviso con la città un lungo periodo di declino fino alla seconda me-tà del ventesimo secolo, momento in cui ha sapu-to rinnovarsi e incontrare un nuovo successo. «È un vitigno raro, coltivato solo in questo territorio – afferma Letizia Cesani, produttrice e presidente del Consorzio Vernaccia di San Gimignano Docg –, ma fino a oggi non si conosceva il suo genoma. Per questo abbiamo commissionato uno studio realizzato grazie all’amministrazione provinciale di Siena e a Sergé, Servizi di Genomica, azienda spin off dell’Università degli studi di Siena nel

Museo della Vernaccia Sito nella Villa della Rocca di Montestaffoli, il punto più alto di San Gimignano, con un panorama mozzafiato, il Museo, oltre a raccontarne la storia, permette anche di degustare il vino, ma non si possono acquistare le bottiglie. Pannelli, immagini, foto e strumenti interattivi consentono al visitatore di dialogare con enti e aziende, per un viaggio a tutto tondo nell’essenza del vino. Tel. 0577941267

Toscana

San Gimignano

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Luci e ombre della città turrita Vista da lontano, San Gimignano appare come appoggiata su un colle che domina la Val d’Elsa, lungo l’antica via Francigena. Le torri che ancora oggi la caratterizzano venivano costruite dalle famiglie per ostentare la propria ricchezza e venivano abbattute per sottolineare la perdita di potere, soprattutto nelle dispute fra Guelfi e Ghibellini. Il borgo rappresenta uno straordinario esempio di città medioevale rimasta intatta nell’urbanistica e nel tessuto edilizio. Nel centro abitato si trovano numerose piazze su cui si affacciano gran parte dei palazzi nobili. Piazza della Cisterna, con i palazzi Razzi, Silvestrini, Cortesi, Catani e le torri degli Ardinghelli, dei Pellari e del “Diavolo”, la cui particolare struttura pare sia dovuta a un intervento diretto del maligno... In piazza del Duomo si trova il Palazzo del Podestà con la torre detta la Rognosa e il Palazzo del Popolo con l’imponente torre Grossa, alta 54 metri. Il borgo è animato e accogliente, disseminato di locali ed enoteche, negozi e bancarelle. I grandi flussi turistici degli ultimi anni hanno progressivamente stravolto la natura commerciale di questa cittadina, rimasta intatta nella sua struttura urbanistica ma completamente trasformata nelle attività. Un tempo caratterizzata da botteghe di artigianato locale, oggi praticamente scomparse, San Gimignano viene spesso indicata come esempio negativo di sviluppo commerciale in funzione turistica. Ancora oggi però, cercando bene, nelle botteghe è possibile trovare ceramiche e ricami di qualità, o prodotti tipici del territorio, come lo zafferano, prezioso fin dal Medioevo nell’economia locale.

Scelti per voi

dove mangiareVilla DucciIl ristorante panoramico propone esclusivamente prodotti freschi del territorio. Oltre ai piatti della tradizione toscana, sempre in menù la Fiorentina e una vasta scelta di salumi di cinta senese e pecorini delle crete; ma anche, secondo la stagione, funghi porcini, tartufo e zafferano di San Gimignano. A partire dal 30 euroLoc. S Biagio, 46Tel. 0577907024 www.villaducci.com

Cum QuibusFra i piatti bruschette miste, insalata di farro, prosciutto e fichi, tortelloni al ragù di fegatini, controfiletto al lardo ed erbe aromatiche. Menù limitato ma eccellente carta dei vini. Necessario prenotare. Prezzo compreso fra 25 e 45 euroVia San Martino, 17Tel. 0577943199www.cumquibus.it

dove dormireLa Buca di Montauto Agriturismo immerso nella campagna, tra gli uliveti e i vigneti. Vendita diretta di Vernaccia. Doppia da 64 euro a notteLoc. Montauto Tel. 0577943049 www.labucadimontauto.com

Hotel Vecchio AsiloIntimo, accoglienza perfetta, colazioni indimenticabili con torte fatte in casa, frutta del giardino e sul tavolo fiori di campo. Da 82 euro a notteVia delle Torri, 4 Ulignano (Si)Tel. 0577950032

dove comprareAgricoltori del Chianti GeograficoVendita diretta di vino, olio, prodotti tipici. Il risultato evidente di un sistema che inizia dentro la terra e arriva nel bicchiere, con la selezione di produzioni di eccellenza che rappresentano gli sforzi e le fatiche di tutti gli associati. Vernaccia di San Gimignano Docg, 5 euro a bottiglia.Loc. Casa alla Terra (Si)Tel. 0577988262 www.chiantigeografico.it

Fattoria Abbazia di Monteoliveto Sorge nelle terre dell’antica Abbazia di Monte Oliveto edificata nel 1340 dai monaci olivetani, esperti selezionatori dei territori più vocati alla coltivazione della vite e dell’olivo. Dal 1982 di proprietà della famiglia Zonin, che ha provveduto al recupero dei vigneti di Vernaccia e delle olivete esistenti. Vernaccia di San Gimignano Docg da 5 a 7 euro. Loc. Monte Oliveto, 15 Tel 0577 907136 www.monteoliveto.it

campo della biotecnologia e della genomica ve-getale e animale. Lo scopo è quello di mettere a punto una metodologia che nel tempo dia una soglia di garanzia maggiore rispetto all’attuale sulla provenienza e sulla corrispondenza al di-sciplinare di produzione di un vino coperto da denominazione. L’indagine genetica permette-rà di garantire e certificare l’appartenenza alla Docg del vino imbottigliato». La Vernaccia di San Gimignano ha un caratte-ristico colore giallo paglierino con riflessi do-rati che si accentuano con l’invecchiamento. Il profumo è fine e delicato con sentori fruttati e floreali in età giovanile, mentre con l’invec-chiamento sviluppa un profumo del tutto ca-ratteristico. Al gusto è un vino asciutto, armo-nico, sapido. Pur gradevole da giovane, stupisce per la capacità di invecchiamento: è infatti uno dei pochissimi vini bianchi prodotti anche nel-la tipologia riserva. Ottimo con i piatti a base di pesce, è sorprendente servito ben freddo per accompagnare le carni bianche.

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Forse a pochi lettori scrivendo di Cococciò-la e Pecorino verranno alla mente con im-mediatezza dei vini. Bianchi. Eppure, sulle colline dell’immediato entroterra d’Abruz-zo, nel Chietino, ci si imbatte agevolmente in aziende vitivinicole che hanno eletto a bandie-ra della cantina (e del territorio) proprio questi due vitigni locali. Del resto quella di Chieti è la seconda provincia italiana e di gran lunga la prima in Abruzzo per quantità raccolta di uva. Così non è esagerato definirla un’isola felice nel panorama vinicolo nazionale, ma nondi-meno assai ricca di spunti culturali e gastrono-mici per trascorrere un fine settimana a caccia di inattese meraviglie. Come ad Ortona, che sorge su un promon-torio e permette di godere, dalle passeggiate che si dipartono dal Teatro Tosti, di bei pano-rami sul porto, ma anche onirici tramonti con il Gran Sasso stampato sul sole. Per secoli no-do commerciale conteso tra Venezia e Ragu-sa, Ortona è permeata da interessanti monu-menti storici, come la basilica di San Tommaso che conserva le spoglie dell’apostolo dal XIII secolo, il Palazzo Farnese e il quattrocentesco Castello aragonese, recentemente riportato ad antico splendore. Da qui, dopo essere stati alla ricerca di uno de-gli ultimi trabocchi ancora in funzione (una di quelle instabili ma incrollabili palafitte protese nel mare e collegate agli scogli con passerelle spesso fatte in cordame da cui si effettuava la pesca), si arriva alle prime colline dove si tro-vano le vigne di Cococciòla. «Sino alla fine de-gli anni Novanta quest’uva veniva utilizzata

Sull’onda del recente successo del Pecorino, un altro piacevole bianco abruzzese sta facendosi strada grazie al suo aroma accattivante e alle sue origini ancora misteriose

La Cococciòla: giovane promessa d’Abruzzo di Riccardo Lagorio

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La Cococciòla: giovane promessa d’Abruzzo

esclusivamente come taglio per il Trebbiano, poi sull’onda delle fortune del Pecorino, an-che le grandi aziende si sono messe a proporla. Ne abbiamo rivalutato l’armonia e il profumo, caratteristica un po’ atipica per l’Italia centra-le» sostiene Giuseppe Colantonio, responsabi-le commerciale della Citra Vini. In effetti dalla sua cantina escono solo 5 mila bottiglie di Co-cocciòla, «molte delle quali dedicate ai migliori ristoranti della costa», aggiunge Colantonio.

A nozze con i fichi secchi Negli anni il Pecorino si è rivelato un vitigno molto adattabile a produzioni diversificate: Ci-tra ne ha tratto uno spumante Metodo Mar-tinotti che sta facendo incantare russi e giap-ponesi, ma un’altra cantina, Masseria Coste di Brenta, a Lanciano, per mezzo di attente prove che hanno messo a confronto numerose sovra maturazioni, ha messo sul mercato un Pecori-no passito che le pasticcerie dell’entroterra pro-pongono con i bocconotti, dolci nati nei primi del Novecento a Castel Frentano ma diffusi ormai in tutto il Chietino. Il bocconotto di pasta frol-la ripieno di cacao, cannella e miele o crema e panna, si accompagna perfettamente all’aroma intensamente profumato del passito; tuttavia ri-sulta ben compiuto anche l’abbinamento con il torrone di fichi, fortunosamente arrivato ai gior-ni nostri grazie alla caparbietà di Camillo Gen-tile, mastro pasticcere di Bucchianico. Il torro-ne di fichi si produce con fichi secchi abruzzesi. «Non acquistiamo certo quelli turchi, che non ci garantiscono lo stesso gusto» afferma deciso. «Durante il periodo natalizio li apriamo in due e al loro interno inseriamo il gheriglio d’una no-ce o una mandorla. Poi richiudiamo i fichi, li cospargiamo di cannella e li premiamo in uno stampo di legno costruito dagli artigiani del pa-ese dove rimangono per almeno un giorno. Una volta ben compressi, ricopriamo i fichi di cioc-colato fondente, dando vita a delle stecche si-mili a torroni», conclude.

Da Cenerentola a première dame La Cococciòla e il Pecorino sono ideali anche con i condimenti di pesce che arricchiscono la pasta tradizionale di Lanciano, i rintrocili, simili a taglia-telle ma più spessi e corti, realizzati con acqua e farina. Ma anche il popolare sugo d’agnello ben si sposa con i gusti freschi e sapidi dei due vini. Le-gata ai vitigni storici abruzzesi è anche la famiglia Ulisse di Crecchio. «Nei nostri vini trasfondiamo i valori di semplicità e del lavoro nei campi» os-serva Marco Di Paolo, addetto alle vendite delle

Sopra, la vendemmia nei vigneti della Tenuta Ulisse. Sotto la torre campanaria e il palazzo del Comune nel centro storico di Lanciano (Ch)

Abruzzo

Chieti

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dove mangiare Ristorante La NevieraLa neviera del Trecento rivive esaltando i piatti locali con un tocco di originalità. Fornita enoteca. Si mangia con 32 euroVia Cappellina San Camillo, 6Bucchianico (Ch)Tel. 0871382145

Ristorante Ai vecchi saporiSotto le volte a mattoni, la cucina a vista sarà il piacevole debutto dell’esperienza ai tavoli. Servono 35 euro per un pastoVia Giuseppe Ravizza, 16Lanciano (Ch)Tel. 0872712184

Ristorante Al vecchio teatroSceglierete principalmente piatti marinari, semplici e gustosi, da gustare affacciati sulla terrazza a mare. Prezzo medio: 40 euroCorso Garibaldi, 35 Ortona (Ch)Tel. 0859064495

dove dormire Hotel AnxanumCamere d’impostazione classica. Bel centro benessere. Doppia da 80 euroVia San Francesco d’Assisi, 8Lanciano (Ch)Tel. 087243888

Bioagriturismo AgriverdeElegante struttura immersa in vigneti e uliveti. Tra le attrazioni del centro benessere l’applicazione della vinoterapia. Doppia da 80 euroVia Stortini, 32Ortona (Ch)Tel. 0859032101

B&B Casa degli artisti poetiCalda accoglienza e semplici camere nel centro storico. Doppia da 40 euroVia Educandato, 12Villamagna (Ch)Tel. 3279177137

dove comprarePasticceria GentileL’indirizzo giusto (e unico) per il torrone di fichi.Piazza Roma, 15Bucchianico (Ch)Tel. 0871381396

La BocconotteriaLa specialità della casa è già nel nome del locale.Via dei Peligni, 18Castel Frentano (Ch)Tel. 0872559135

La Pasta che BontàTra le numerose paste fresche spiccano i rintrocili, tipici della cittadina.Via Guido Rosato, 2Lanciano (Ch)Tel. 0872717226

Per acquistare Pecorino e Cococciòla:

Citra Vini ConsorzioContrada CuculloOrtona (Ch)Tel. 0859031342

Masseria Coste di BrentaContrada Camicie, 50Lanciano (Ch)Tel. 0872895280

Azienda Agricola Tenuta UlisseVia San Polo, 40Crecchio (Ch)Tel. 0871306252

Azienda Agricola Valle MartelloContrada Valle Martello, 10Villamagna (Ch)Tel. 0871300330

Scelti per voi

Mentre il Pecorino è ormai noto a livello

internazionale, la Cococciòla sta

salendo alla ribalta proprio in questi ultimi anni grazie

anche al suo profumo netto,

insolito per un vino del centro Italia

Tenute Ulisse. «Il Pecorino è ormai riconosciuto anche a livello internazionale, la Cococciòla si sta sempre di più trasformando da Cenerentola a première dame grazie al suo aroma accattivante e alla storia del recupero che ne è stato fatto». Se non fosse troppo irrispettoso, si potrebbe para-gonare proprio alla storia di Crecchio, un piccolo centro dall’aspetto medievale, riportato all’origi-naria armonia anche grazie al contributo dell’Ar-cheoclub negli anni Ottanta. Tanto che dal 1995 il Castello, fondato nel Duecento, ospita il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale, contri-buendo alla vocazione turistica del paese. Molte comunità dell’entroterra stanno puntando sulle peculiarità del passato per garantire il giusto af-flusso di visitatori alla scoperta delle meraviglie più nascoste di questa terra. Succede a Villama-gna ogni anno il 13 luglio (e ogni primo sabato di agosto in versione serale) quando si rinnova la rappresentazione della battaglia di Santa Mar-gherita contro i saraceni. Narra la leggenda che la santa avrebbe scongiurato l’invasione del paese e la decimazione dei suoi abitanti, sbarrando, sot-to la forma di una trave incandescente, il passo ai saraceni che dopo aver attaccato i paesi della co-sta, stavano penetrando verso l’interno nel 1556. Allo stesso modo la ricerca dell’unicità, dell’ele-ganza, dell’assoluta riconoscibilità sono state le molle a spingere la famiglia Masci, proprietari a dell’Azienda Agricola Valle Martello di Villama-gna, a sperimentare, tra i primi, proprio la Cococ-ciòla. Era infatti il 1980 quando i fratelli Katia e Corrado fecero da precursori impiantando alcu-ni ettari di questa varietà che stava scomparendo. Solo dalla vendemmia del 2000 si è avviato infat-ti un protocollo di sperimentazione che ha sapu-to rivalutare commercialmente il vitigno, capace di ben figurare accanto a colture già affermate come il Pecorino o il Trebbiano. Lo rende ancora più intrigante quell’alone di mistero intorno alla sua storia, avarissima di notizie: una ri-scoperta che sta affascinando i consumatori appassionati e che riserverà piacevoli sorprese a chi lo prove-rà per la prima volta scoprendo un’altra faccia di questa inesauribile Italia.

Qui sotto il bel castello di Crecchio (Cb), dove visitare il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale.

Le origini del castello sono ignote ma una prima testimonianza della sua esistenza risale al 1279

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Termoli è la base di partenza ideale per qual-siasi viaggio in Molise, con il suo tipico aspet-to di borgo medievale, lievita dal mare intor-no al Duomo, mentre tutto attorno è il nuovo che avanza. Nei giorni più tersi spunta in lonta-nanza sul mare il profilo delle Isole Tremiti, mentre alle sue spalle, ai paesaggi marini si sostituiscono pianori verdi, puntellati da ulivi e vigne. Le vi-gne. Un tempo capillarmente diffuse nelle zo-

ne interne, hanno perso importanza economica e diffusione; solo negli ultimi trent’anni si è ri-cominciato a piantarne, ma nel cosiddetto Bas-so Molise. Il vitigno prevalente è la Tintilia che, introdotto nel Settecento dai Borboni (ricorda infatti l’aggettivo spagnolo tinto, rosso), è carat-terizzato da una singolare resistenza al freddo e alle malattie che gli permettono di resistere an-che in condizioni climatiche estreme.

Rimanda al rosso spagnolo, il “vino tinto”, il nome di questo vitigno introdotto nel ’700 dai Borboni in terra molisana dove, grazie alla sua natura tenace e alla capacità di sopravvivere alla condizioni più estreme, si è diffuso fino a identificare lo stesso territorio dal punto di vista enologico. Se vinificate in purezza, le uve danno origine a un vino unico dal profumo speziato

Si scrive Tintiliasi legge Molise

di Riccardo Lagorio

Molise

Termoli

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In apertura, un classico spuntino molisano a base di salame e formaggi locali e un’immancabile bottiglia di rosso, in questo caso una Tintilia dell’Azienda Catabbo che si trova in Contrada Petriera a San Martino in Pensilis (Cb). Qui sotto l’enologo Giuseppe Pirro che, assieme a Vincenzo Catabbo, lavora ogni giorno al miglioramento dei vitigni di Tintilia. Un impegno che ha valso alla cantina numerosi riconoscimenti

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Una tenacia da medaglia d’oro Introdotto nella seconda metà del Settecento e diffuso capillarmente nelle aree interne dove garantiva colore e potenza ai vini scarsi di tono e struttura, il Tintilia si acclimatò molto bene grazie alle sue notevoli doti di adattamento (si tratta di un vitigno rustico che resiste bene al freddo, alle malattie e all’attacco di muffe). Ebbe rapida diffusione sul territorio molisano e, alla fine dell’Ottocento, era senza dubbio la varietà maggiormente coltivata in tutta la Regione. La sua fama travalicò presto i confini locali e nazionali, tanto che a una mostra vinicola di Parigi nel 1900 un vino Sannio rosso, a base di uve Tintilia, si guadagnò la medaglia d’oro. Nel dopoguerra si assistette a un progressivo abbandono delle vigne proprio nelle zone di antica coltura del Tintilia, tanto da considerarlo virtualmente scomparso dalle superfici vitate regionali. Sotto il profilo tecnico la Tintilia è un vitigno di media vigoria e produttività discreta, grappolo spargolo e alato di grandezza medio-piccola con acini ovoidali, buccia pruinosa e consistente di colore nero-bluastro facile al distacco, dal sapore leggermente aromatico. L’epoca di vendemmia, a seconda dell’andamento stagionale e della zona di coltivazione, inizia verso la metà del mese di settembre per concludersi la prima decade di ottobre. A completa maturazione la polpa degli acini tende a imbrunire. La produzione per ettaro è decisamente bassa con medie inferiori agli 80 quintali; la produzione per pianta varia da 2 a 3 kg. Le uve Tintilia, se vinificate in purezza (ovvero senza aggiunta di altre uve) danno origine a un vino unico e facilmente identificabile: da giovane, ha un colore rosso rubino intenso che vira però piuttosto rapidamente a una tonalità granata. All’olfatto presenta un corredo aromatico incentrato su note speziate; ha buon corpo, tannini evidenti e una buona persistenza retro olfattiva.

Tintilia e pampanella, meglio di così...Fu la riforma agraria degli anni Cinquanta del No-vecento e la maggiore produttività nei terreni pia-neggianti e commercialmente aperti, a spingere all’abbandono delle terre interne. È così che la viti-coltura è scesa verso la costa, mutando anche il pa-esaggio. Il panorama vinicolo è conseguentemente costituito da aziende perlopiù di recente fonda-zione ma che si rifanno ad antica tradizione. Nel territorio di San Martino in Pensilis, a 300 metri sul livello del mare, sono state ad esempio riporta-te di recente alla luce due vasche risalenti al III se-colo a.C. per la spremitura di olive e uva. Il centro molisano è noto per la Carrese, una corsa di carri trainati da buoi di origine medievale che si tiene tutti gli anni a fine aprile. La presenza simbolica del bue, che assicura vigore e abbondanza, onora il santo protettore con lo sforzo richiesto dalla corsa.

Impegno e sacrificio propri dei viticoltori di qui. Come Vincenzo Catabbo che, nel 1990, corona il sogno di sempre utilizzando tecniche innovative applicate al vitigno autoctono, la Tintilia appun-to, che hanno valso alla cantina il conseguimen-to di numerosi premi a livello nazionale e inter-nazionale (www.catabbo.it). La natura pare si sia divertita a fare idealmente (e non solo) sposare la Tintilia con il piatto locale, la pampanella, carne di suino infornata e spruzzata d’aceto, che la ge-nerosa aggiunta di peperoncino dolce e piccante e di aglio rende assai risoluta. Ma anche con il for-maggio pecorino locale, a latte crudo, dall’aroma complesso determinato dai pascoli ricchi di odo-rose essenze arboree.

Tra ricerca e naturaNon distante è Ururi, uno dei Comuni molisani di lingua arbereshe (l’albanese degli esuli cristiani del Cinquecento, sfuggiti alle invasioni ottomane) a circa 30 km dalla costa adriatica. Qui il piatto locale è costituito dai torcinelli: la trippa di agnel-lo lessata viene condita con aglio, origano e pepe-roncino piccante, avvolta nell’omento suino a sua volta arrotolato in budelline d’agnello. Si cuociono su caratteristiche griglie. Anche con questa pre-parazione non vi è accompagnamento migliore che la Tintilia, prodotta su terreni ricchi di schele-tro intorno ai 300 metri sul livello del mare e che godono di un clima particolarmente favorevole, influenzato dalle brezze marine. Forte di queste condizioni, Pasquale Salvatore nella sua Azienda Agricola di Contrada Vigne già nel 1998 iniziò sperimentazioni per individuare le più opportune modalità di raccolta (a mano per garantire l’inte-grità del grappolo) e di vendemmia (anticipata o posticipata anno via anno in base anche alle con-

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dove mangiareTrattoria Il GustoMinuscolo locale dove il pesce appena tratto dalle reti la fa da padrone. Necessaria la prenotazione. Prezzo medio: 35 euroVia Duomo, 19Termoli (Cb)Tel. 0875704047

Trattoria La FornacellaRustico, ma i prodotti esclusivamente locali e dal gusto deciso fanno anche dimenticare alcune banali carenze. Prezzo medio: 20 euroContrada CerratuotoCastelmauro (Cb)Tel. 0874744200

Ristorante Da CarloBandite le formalità, lasciatevi andare a una cucina semplice e gustosa, come solo il Molise sa offrire. Prezzo medio: 18 euroVia Cappella, 75San Felice del Molise (Cb)Tel. 0874879373

dove dormireResidenza SvevaSarà il fascino di svegliarvi di fronte alla cattedrale a farvi soggiornare in alcune delle camere situate nel borgo antico. Doppia da 90 a 180 euroPiazza Duomo, 11Termoli (Cb)Tel. 0875706803

Park Hotel Campitelli 2Vista sulle colline molisane, buone camere e servizi adeguati allo standard di riferimento. Doppia a 130 euroVia San Benedetto, 1Larino (Cb)Tel. 0874823541

Masseria MassiminoSistemazione rurale e semplice. Per chi ama la natura e gli animali, possibilità di ricevere lezioni di equitazione. Doppia da 90 a 110 euroContrada San Benedetto, 164San Martino in Pensilis (Cb)Tel. 0875604254

dove comprareMacelleria Ientilucci ClaraI migliori torcinelli della zona. Via VI Traversa, 15Ururi (Cb)Tel. 0874830185

Macelleria F.lli MuccilloOvvero: La Pampanella.Via Marina, 2San Martino in Pensilis (Cb)Tel. 0875604197

Azienda Agricola Parco dei BuoiIl pecorino è straordinario. Ottimo l’olio extravergine d’oliva.Contrada Piane di LarinoLarino (Cb)Tel. 0875604971

Panificio Luisa SantoroPer i kolaci; da prenotare con largo anticipo.Via Indipendenza, 4fAcquaviva Collecroce (Cb)Tel. 3899861229

Scelti per voi

dizioni meteorologiche), individuando infine i mi-gliori terreni che potessero garantire un vino pieno di corpo, dallo spiccato aroma speziato e vellutato (www.cantinesalvatore.it). Interazioni tra terroir e annata che andavano necessariamente studiate al fine di esaltare le caratteristiche di questo vitigno ritrovato. Come ha fatto anche Angelo D’Uva, vi-gnaiuolo in Larino, per il quale il vino contiene la mano di chi lo fa: un compromesso dell’uomo con la Natura, che bisogna assecondare spostan-do il rapporto a favore di quest’ultima (www.can-tineduva.com). Larino è ricca di importanti mo-numenti romani, primo fra tutti lo spettacolare anfiteatro, ma anche medievali. È il caso della Cat-tedrale, dedicata a San Pardo, che risale al 1319.

Mistici piaceriIn uno scenario naturale intatto, custode di silenzi e profumi d’altri tempi, è Acquaviva Collecroce, esposto verso sud, beneficiando di un clima per-fetto per la crescita della Tintilia. Acquaviva Col-lecroce e San Felice del Molise fanno parte di una comunità di profughi slavi che giunsero nell’entro-terra molisano nel XV secolo per sottrarsi all’in-vasione turca, come accadde per gli arbereshe. Mantengono quindi lingua e costumi arcaici. In gastronomia ciò si traduce con l’abitudine di co-spargere la carne di maiale con generosa quantità di paprica. Ma anche in preparazioni molto più singolari, come i kolaci di Acquaviva Collecroce, tradizionalmente prodotti a cavallo della festività di San Biagio (3 febbraio), biscotti con ripieno di uva stramatura e lentamente cotta, mosto cotto, mandorle tritate e miele; o come la pizza di San Giuseppe di San Felice del Molise, una singolare focaccia condita con alici, uvetta e cipolla. La chie-sa madre di Acquaviva Collecroce conserva una lastra di marmo riportante una frase palindroma (sator/arepo/tenet/opera/rotas) che si dice sia stata lasciata dai Templari e abbia poteri esoterici. Stesso misticismo che si prova sugli usci delle cantine del-le famiglie Cianfagna e Cipressi, sostando con un bicchiere denso, polposo e persistente di Tintilia fra le mani semplicemente ammirando il mare.

Le ricche distese di vitigni dell’Azienda Catabbo. Tutti rigorosamente a filari, si ergono sulle dolci colline di San Martino in Pensilis, a circa 300 m sul livello del mare

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1957. Dopo cinquant’anni sono ancora at-tuali i versi di Pierpaolo Pasolini che de-scrivono la Terra di lavoro, l’antica Libu-ria, un’area circoscritta della Campania Felix: “qualche branco di bufale, qualche mucchio di case tra piante di pomidoro, ogni tanto un fiumicello a pelo del terreno nero e gli olmi carichi di viti”. Magari quei mucchi di case sono diventate vere e proprie città in-filate l’una all’altra, i caseifici dove acquistare mozzarella di bufala campana si sono molti-plicati, ma senz’altro ora come allora tra Na-poli e Caserta si stende la zona vitivinicola più caratteristica del mondo: l’area di produzione del vino Asprinio, i cui vigneti si arrampicano su pioppi e olmi a creare le sorprendenti albe-rate. La faceta parlata di qui non si è lasciata sfuggire l’occasione di definire queste viti ma-ritate, avvinghiate come sono all’albero che le sostiene, formando imponenti barriere verdi tanto originali da caratterizzarne il paesaggio.

Tra Napoli e Caserta, viticoltori acrobati si arrampicano fino a 15 metri d’altezza per raccogliere le uve

che danno vita a questo vino “di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non

lo si gusta”. Già protagonista delle tavole dei D’Angiò nel 1300, e Doc dal 1993, è l’ideale per accompagnare

pizza e mozzarella di bufala campana Dop, o per realizzare ottimo spumante

Asprinio: il vino che

viene dall’alto

di Riccardo Lagorio

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L’Asprinio, che già nel 1300 deliziava, anche come spumante, dame e cavalieri della corte di Roberto D’Angiò, ha ottenuto la consacra-zione a livello nazionale e internazionale nel 1993 con l’assegnazione del marchio Doc.

Non il solito biancoAvete mai visto viti che si arrampicano, mari-tate al pioppo, verso il cielo fino a raggiungere i 15 metri di altezza, cariche di grappoli? Uve che per essere raccolte impongono ai viticol-tori equilibrismi incredibili su altissime scale? Viti, inoltre, franche di piede, come in era pre-fillosserica? Queste sono alcune delle carat-teristiche che rendono unico e ineguagliabile l’Asprinio di Aversa, “il grande, piccolo vino”, come lo definì Mario Soldati, che a tale pro-posito scrisse: “Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessu-no. Perché i più celebri bianchi secchi inclu-dono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”. Nella seconda metà del XX secolo l’Asprinio ha continuato a essere coltivato solo per il fab-bisogno familiare e resisteva perché le albera-te, sviluppandosi soltanto in altezza, non sot-traevano terreno ad altre colture. Il vino che si ottiene da tali viti è di un limpido colore ver-dolino, dal profumo tenue. È un prodotto ca-ratterizzato da un’elevata acidità. Per questo si è rivelato un’ottima base per la produzione

Assaggi di Campania L’area di produzione dell’Asprinio include 22 comuni, ricadenti nelle province di Caserta e di Napoli, il territorio che in pratica faceva parte dell’antica contea normanna di Aversa, fondata nel 1030 e tutt’ora ricca di chiese medievali e rinascimentali rimaneggiate in periodo manierista. Fuori dai centri abitati si comprende chiaramente che il tipo di allevamento della vite fu scelto per la necessità di destinare i suoli alla produzione di frutta e ortaggi. Come accade a Parete, che ha fama per la coltivazione di pesche, pere e fragole, dove la Domenica in albis si celebra il Volo degli angeli: due bambine vestite di bianco, sospese nel vuoto e sorrette da una corda, scendono dall’alto sul sagrato della Cappella di Maria Santissima della Rotonda richiamando folle oceaniche. Tra le manifestazioni che vedono protagonista l’Asprinio invece ricordiamo la Sagra della marruzza (la chiocciola di terra) e dell’Asprinio di fine agosto, a Frignano, o la festa del 2 giugno nella frazione di Casaluce, San Marcellino in Aprano, quando l’Asprinio serve anche a irrorare, durante la cottura, uno dei prodotti più tipici della zona, la salsiccia. Commistione di sacro e profano con l’Asprinio sempre protagonista durante la festività di Santa Maria di Casaluce, patrona di tutta la diocesi di Aversa. Ma è a Cesa che all’Asprinio viene dedicata una sagra annuale, nel mese di giugno: una giuria di esperti decreta, tra le decine di vini ammessi in concorso e prodotti nella campagne limitrofe, il vincitore. Da segnalare, infine, come la storia vitivinicola della zona abbia fatto nascere a Melito di Napoli la tradizione di vantati mastellai, che prosegue ancora vivace a distanza di secoli.

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Caserta

CampaniaNapoli

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Scelti per voi

dove mangiareRistorante SavignanoSarà gradevole cenare nel dehor estivo, lasciandosi conquistare da buone materie prime locali sapientemente combinate. Prezzo medio 45 euroPiazza Savignano, 8Aversa (Ce)Tel. 0815031461

Trattoria Fenesta VerdeDue buone cuoche che prediligono produzioni territoriali, pescato locale e stagionalità sono coadiuvate in sala dall’autorevolezza dei rispettivi mariti. Prezzo medio 40 euroVia Licante, 1Giugliano in Campania (Na)Tel. 0818941239

dove dormireHotel OlimpiaModerno e dotato di ogni comfort, si trova all’interno di uno dei centri sportivi più importanti della Campania. Camera doppia da 95 euroVia Guglielmo Marco, 103Sant’Antimo (Na)Tel. 0815057213

Hotel PlazaNuova struttura dove l’essenzialità dei servizi si fa notare ma che risulta una valida occasione per un rinvigorente riposo. Camera doppia da 75 euroVia Alfredo Nobel, 5Aversa (Ce)Tel. 0818130718

dove comprarePer l’Asprinio e l’Asprinio Brut:

Azienda Vinicola I Borboni Via Enrico De Nicola, 7 - Lusciano (Ce)Tel. 0818141386

Azienda Magliulo Via Giovanni Manna, 29 - Frignano (Ce)Tel. 0818900928

Per la mozzarella di bufala campana Dop:

Caseificio Caputo Via Roma, 58 - Teverola (Ce)Tel. 0818119478

Per salsiccie e salumi:

Macelleria Stefano MaistoVia Roma, 178 - Melito di Napoli (Na)Tel. 0817111255

di spumante metodo classico, secco, fresco e caratterizzato dal colore paglierino. I vitigni che hanno ottenuto il riconoscimento della Doc sono: L’Asprinio di Aversa (Asprinio nel-la misura minima dell’85%; possono concor-rere altri vitigni a bacca bianca non aromatici, fino a un massimo del 15%) e l’Asprinio di Aversa spumante (Asprinio nella misura mi-nima dell’85%; possono concorrere altri viti-gni a bacca bianca non aromatici, fino a un massimo del 15%). L’Asprinio viene vinifica-to con tecniche moderne e conservato nelle tipiche grotte di tufo profonde anche oltre 15 metri, dove la temperatura rimane costante, inverno ed estate, intorno ai 14 gradi. È il vino ideale per accompagnare la pizza e la mozza-rella di bufala campana Dop.

La cupola della chiesa di San Paolo apostolo, duomo di Aversa

L’Asprinio, che già nel 1300 deliziava

dame e cavalieri della corte di Roberto D’Angiò, ha ottenuto

la Doc nel 1993

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Il sistema formato dalle lavabicchieri della Serie UC, dal nuovissimo trattamento dell’acqua RoMatik XS,

dai cestelli e dai detersivi specificamente studiati, è l’esempio perfetto di come Winterhalter possa garantire

bicchieri brillanti senza bisogno di asciugatura manuale

Avere sempre bicchieri trasparenti e brillanti è per voi un sogno? La paura di spiacevoli rotture vi porta a lavare a mano bicchieri delicati o dalle decorazioni preziose, evitando il lavaggio mecca-nico? Winterhalter offre una soluzione ottimale alle vostre esigenze. Si tratta del sistema formato dalle lavabicchieri della Serie UC, unite al tratta-mento dell’acqua RoMatik XS, nonché a cestelli e detersivi specifici: quattro elementi fondamen-tali per risultati eccezionali. I quattro cavalieri del lavaggio perfetto! Ma cerchiamo di capire in co-sa consiste questa felice collaborazione. Partiamo dalla progettazione del sistema, che avviene se-condo lo spazio a disposizione e le esigenze del cliente, e permette quindi alle lavabicchieri della serie UC, nelle versioni S-M-L, di adattarsi perfet-tamente alle diverse realtà nelle quali vanno in-serite. Importante poi la questione della tempe-ratura: le lavabicchieri Winterhalter garantiscono costantemente temperature comprese tra i 58 e i 60°C in vasca e un risciacquo a 65°C, per bic-chieri sempre perfettamente igienizzati, protetti e brillanti. Nelle lavastoviglie della Serie UC è pos-sibile regolare anche la pressione di lavaggio, più delicato per calici e cristalli, ad esempio, e più in-tenso per i bicchieri più robusti; nonché il tempo: da poco più di un minuto per i bicchieri più ro-busti che possono essere lavati con una maggio-re pressione dell’acqua a meno di tre minuti per i calici più fragili. Fondamentale, come dicevamo, anche la qualità dell’acqua: quella non trattata, infatti, secondo le diverse proprietà che la carat-terizzano, può lasciare sui bicchieri calcare, stria-ture e macchie. Winterhalter quindi, dopo aver verificato le qualità dell’acqua presente in loco, grazie al sistema RoMatik XS offre il trattamento delle acque più adatto alle esigenze di ogni clien-te per ottenere risultati impeccabili. Fondamenta-le infine la corretta scelta del cestello. I cestelli in filo con scomparti si adattano perfettamente al diametro e alle altezze dei vari bicchieri. In questo modo anche i calici più delicati saranno protetti da rotture e brilleranno senza bisogno di asciuga-tura manuale. Il tocco di classe in più è dato dai detersivi e dai brillantanti Winterhalter: una gam-ma completa di prodotti per l’igiene efficaci e de-licati nello stesso tempo, studiati per igienizzare e proteggere anche i cristalli più delicati.

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selezioni

I 4 cavalieri del lavaggio perfetto

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Oltrepassando Bari, fra chiese romaniche e castelli medievali di impareggiabile bellez-za, l’occhio si perde tra le valli ondeggian-ti di spighe di grano color del sole, distese verdi di uliveti e vigne feconde. Costeggian-do l’Adriatico in direzione sud, ci si ritrova nella stupenda Valle d’Itria, quel lembo di terra che coincide con la parte meridionale dell’altopiano delle Murgie, affascinante combinazione di bo-sco e macchia mediterranea. Durante il loro sog-giorno, i visitatori si stupiranno della ricchezza di questi luoghi, dove l’architettura tipicamente ru-

Susumaniellogeneroso come il Salento

di Santina Francavilla

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In apertura: Ostuni. A destra, tra i grappoli di Susumaniello, Gregory Perrucci, ideatore dell’Accademia dei Racemi, che promuove la produzione di vini di qualità in Puglia

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Immaginatevi un rito pagano, ai tempi dell’antica Roma. Una misteriosa festa dedicata al dio dei lampi notturni. È in questa suggestiva atmosfera che pare vadano ricercate le origini di un vitigno storico, che dà vita a un rosso rubino da gustare con i prodotti più genuini della gastronomia pugliese

In Val d’Itria, tra bombette e fornelliTappa quasi obbligata per chi arriva in Valle d’Itria è Alberobello, la capitale dei trulli, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal ’96. Un luogo fatato, grazie anche ai simboli dipinti sui tetti delle tipiche costruzioni coniche, secondo la credenza popolare segni dotati di particolari virtù magiche e capaci di allontanare le influenze maligne (o, più semplicemente, ingentilimento realizzato nel 1934 per compiacere Benito Mussolini in visita alla quinta Fiera del Levante di Bari). Ma questa terra è anche la culla di una delle cucine più semplici e gustose di tutto il Paese. Per le strade di Cisternino, per esempio, è facile imbattersi nei fornelli, macellerie dotate d’una griglia fuori dalla porta, dove scegliere cosa mangiare e farselo cuocere al momento. Da assaggiare, le bombette, gustosissime fettine sottili di coppa insaporite con sale, pepe, rosmarino e prezzemolo, poi guarnite con un formaggio e, a piacimento, con un pezzetto di salume.

pestre si riflette in un’abbondanza gastronomica che è l’espressione più diretta dello stile rustico che caratterizza la Valle. E proprio a questa rusti-cità viene associato il connubio tra il territorio e il Susumaniello, vitigno autoctono, vero e proprio gioiello di inestimabile valore considerato ormai estinto e che solo recentemente è stato riscoper-to grazie a un ambizioso progetto di rivalutazio-ne delle uve autoctone pugliesi che ha dato vita all’Accademia dei Racemi, una dinamica canti-na che in pochi anni ha contribuito a cambiare la realtà vinicola della Puglia.

Un viaggio nel tempoDiffuso nel brindisino e nelle zone vitivinico-le intorno a Ostuni e Fasano, nuovi impianti di questo antico vitigno si possono trovare an-che nella zona dell’Alto Salento a testimonian-za della fiducia che i vignaioli ripongono nella difesa e nella valorizzazione del proprio territo-rio anche attraverso i vitigni autoctoni più sto-rici. Nota in passato col nome di Susumaniello o Cusumanieddu, questa varietà di uva è sta-ta reimpiantata con un nuovo vigneto messo a dimora nel 2000 proprio a ridosso di un’oasi naturale protetta, nell’Azienda Agricola di Tor-re Guaceto, facente parte del progetto Racemi. Al contrario di tutte le varietà pugliesi, il Susu-maniello non è affatto amaro. Anzi, proprio la

sua neutralità consente macerazioni prolunga-te con estrazioni importanti di tannini e polife-noli. Il Susumaniello, nella letteratura corrente, prenderebbe il nome da una presunta sovrab-bondante produttività della pianta, che “carica-va” di uva i somari impiegati per il trasporto. La pianta, infatti, risulta prosperosa nonostante i suoi grappoli abbiano acini molto piccoli e resi-stenti, apparentemente sproporzionati rispetto al vinacciolo che invece ha dimensioni normali. L’origine del Susumaniello potrebbe però esse-re ancora più antica. Come ci racconta Gregory Perrucci – uno dei fondatori dell’Accademia dei Racemi –, un’attenta analisi storica ed etimolo-gica del nome di questo vino ci fa propendere per una versione assai più interessante di quella corrente: questa varietà sembrerebbe infatti le-gata a Summanus, divinità romana responsabile delle piogge e dei lampi notturni. Summanus veniva festeggiato il 20 giugno di ogni anno con celebrazioni pagane, le Summanaliae, nel corso delle quali si svolgevano riti propiziatori. Du-rante questi riti si sacrificava al dio un montone nero il quale riceveva l’unzione rituale. Durante la cerimonia si consumavano focacce di farina a forma di ruota, anch’esse denominate Sum-manaliae. Susumaniello, quindi, deriverebbe da Sub Summanaliae, ossia “nel periodo delle cele-brazioni di Summanus”. Un vino dalle origini

Puglia

Ostuni

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dove mangiare Al Vecchio FornelloPer assaporare la vera tradizione locale questo è sicuramente il posto giusto: ambiente rustico e spartano con la possibilità di cenare all’aperto. Prezzo medio 20 euroVia Basiliani, 18Cisternino, (Br)Tel. 0804441113

Osteria MonacellePiatti rigorosamente preparati “come si cucinava una volta” a base di prodotti locali. Prezzo medio 20 euroVia Pietro Vincenti, 4-6Ostuni (Br)www.osteriamonacelle.com

dove dormireLe Masserie in Puglia discendono dalle ville rustiche romane, sono migliaia e caratterizzano la campagna pugliese nel cuore della Murgia. Oggi molte di esse sono state recuperate e riutilizzate come ristoranti, alberghi e bellissime aziende agrituristiche.

Masseria SalaminaImmersa in una rigogliosa distesa di ulivi secolari, a pochi chilometri dal mare, è uno tra i primi agriturismo in Puglia. Camere da 100 a 305 euroPezze di Greco, Via Case Sparse, 4Fasano (Br)www.masseriasalamina.it

Agriturismo Masseria AprileA gestione familiare, con una grande aia, pascoli circondati da boschi secolari percorribili, l’uliveto, il vigneto e i trulli. Camere da 55 a 170 euroSC 31 C.da Grofoleo, 25 Locorotondo (Ba) www.masseriaaprile.it

Hotel Santa RosaRustico Relais nel piccolo paesino di Noci, delizioso borgo pieno di storia. Camere da 55 a 150 euroVia Santa Rosa, 5 Noci (Ba) www.santarosarelais.it

dove comprare Susumaniello Vineria Caratteristico wine bar nel centro città, ospita mostre, degustazioni e spettacoli.Via Lauro, 51BrindisiTel. 3208257376

Scelti per voi

antichissime dunque che la terra continua tutto-ra sorprendentemente a offrirci. Nella tradizione brindisina questo vino veniva piantato insieme al Negramaro e alla Malvasia nera: si riteneva, infatti, che al corpo del primo e ai profumi della secon-da, il Susumaniello contribuisse con il colore scuro e persistente nel tempo. Il fortunato degustatore noterà quanto simile sia questo vino alla sua terra, espressione più alta dei suoi colori e delle combi-nazioni di sapori. Dal Susumaniello, infatti, si rica-va un vino rosso rubino intenso con sentori un tan-tino rustici dove prevale il fruttato-vegetale. Vino con un buon tenore alcolico ben bilanciato dalla componente tannica leggermente più incisiva e da una buona dose di acidità che lo rende adatto a un invecchiamento medio, è ottimo compagno di primi piatti saporiti e di buona sostanza, di carni alla griglia e formaggi di media stagionatura come il tipico formaggio a forma di pera e il Caciocaval-lo podolico. È il prodotto ideale, infine, per coloro che desiderino immergersi nella memoria di posti incantati e di una cultura fuori dal tempo.

Memorie del SalentoL’Accademia dei Racemi è un’organizzazione che raggruppa appassionati viticoltori, agronomi ed enologi con lo scopo di promuovere la produzione di vini di qualità in Puglia. «Il progetto – afferma Gregory Perrucci – consiste nella valorizzazione del Vigneto Puglia, ossia nella ricerca, vinificazione e commercializzazione su scala internazionale dei vitigni autoctoni regionali come, per esempio, il Susumaniello». «Con la collaborazione dell’enologo Cosimo Spina – prosegue Perrucci – si è puntato alla valorizzare dei vitigni autoctoni, dei territori e dei metodi colturali tradizionali del Salento. È così che l’azienda può disporre di una serie di vigneti situati su tutti i tipi di suolo, dalla sabbia alla roccia passando per le terre rosse e quelle nere». www.racemi.it

Gregory Perrucci in un vitigno dell’Accademia dei Racemi (Via Santo Stasi Primo , Manduria - www.racemi.it)

Una bottiglia di Sum di Torre Guaceto, Azienda protagonista della rinascita del Susumaniello

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SIAMO AL VINITALY 2012PADIGLIONE PUGLIA

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Importanti sbalzi termici tra giorno e notte, una spiccata personalità, clima asciutto e tem-perature giornaliere tipicamente mediterra-nee: questo ambiente pedoclimatico partico-larmente ricco di contrasti (o contraddizioni?) è l’Etna. Anzi, “la Montagna”, come la chiamano i si-ciliani. L’area vanta un clima diverso da quello ti-

pico siciliano e cambia in relazione al versante del vulcano e all’altitudine. Nella zona etnea interessata alla viticoltura si registrano temperature medie più basse rispetto a quelle dell’isola. Le minime, specie nel versante nord, in inverno e anche nel periodo di inizio germogliamento non di rado scendono sotto lo zero, e a volte sono rischiose per la vite, tanto da

Nerello, un rosso vulcanico

di Pietro Milo

Sicilia

Etna

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Per scoprire le meraviglie della faccia “vitata” del vulcano e saggiare la straordinaria biodiversità del suo territorio, vi consigliamo di mettervi sulla Strada del Vino dell’Etna e percorrerne i sentieri dai nomi fantasiosi: da Monte Zoccolaro a Cisternazza

In alto, la terra vulcanica dell’Etna, ricca in microelementi e mediamente dotata di potassio, fosforo e magnesio. Questi elementi, uniti alla presenza nell’aria di una miscela di vapore acqueo e zolfo, nutrono la vite e la preservano da molte problematiche fitopatologiche

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Croce e delizia dei viticoltori siciliani, “la Montagna” ha da sempre condizionato la vita e le scelte degli abitanti della zona, ripagandoli con un terreno ricco e fertile e un clima particolarmente adatto alla coltura della vite. Tra i suoi fiori all’occhiello questo rosso di origine mascalese ricco di profumi prorompenti e dal sentore di liquirizia e spezie

parlare paradossalmente di “limiti colturali” della stessa. Particolarmente interessante, dal punto di vista enologico, è l’elevata escursione termica che si registra nel periodo primaverile-estivo, quando non di rado si raggiungono i 30 gradi di differenza fra il giorno e la notte. Altra differenza sostanziale rispetto al resto della Sicilia si ha nelle precipita-zioni: dipendono dal versante e sono molto più elevate nella parte est del vulcano che in quel-le nord e sud. Le piogge, praticamente assenti in estate, sono per lo più distribuite durante l’autun-no e l’inverno e non di rado in concomitanza con il periodo vendemmiale: questo in alcune annate e per certe zone può essere un fattore limitante della maturazione e della sanità delle uve. Le for-me di allevamento sfruttano tuttavia l’escursione termica e la traducono naturalmente in conden-sa dell’evaporazione, la quale produce una forma di gocciolamento che garantisce una minima do-se di acqua. La natura del terreno della zona et-nea è strettamente legata alla matrice vulcanica,

composta da sabbie con una trama ricca di pietre eruttive, ed è caratterizzata da una forte capacità drenante. I terreni vulcanici etnei sono a reazione sub-acida, ricchi in microelementi e mediamente dotati di potassio, fosforo e magnesio. Altra carat-teristica che rende particolari le zone è la presen-za nell’aria di una ricca miscela di vapore acqueo e zolfo, frutto dell’attività vulcanica, che preserva, nutrendola, la vite da molte problematiche fito-patologiche.

Il signore della Piana di Mascali In questo contesto molte varietà riescono a da-re risultati sorprendenti, e una in particolare, per valenza storica e superficie coltivata, trova qui le condizioni ottimali: ossia il Nerello Mascalese. Il luogo d’origine di questa cultivar a bacca nera, da sempre la più diffusa nella zona etnea, è sicura-mente la Piana di Mascali, alle falde dell’Etna, do-ve le origini di questo vitigno vengono fatte risali-re al XV secolo, anche se la viticoltura in zona ha radici ben più datate; oggi è presente con molte differenti variazioni clonali. È un vitigno poten-zialmente di grande vigoria vegetativa e produt-tiva che, sull’Etna, riduce l’espansione e subisce le caratteristiche delle differenti zone, del sistema d’allevamento, della discontinuità delle annate. Questo comporta una notevole variabilità quali-tativa delle uve a maturazione, specie a carico dei costituenti polifenolici. Tuttora il sistema d’alleva-mento considerato più equilibrato è quello anti-chissimo ad alberello (2-3 branche per pianta con uno sperone portante due gemme) con alte den-sità di viti per ettaro (6.000/9.000 ceppi per etta-ro). Purtroppo l’alberello rischia il progressivo ab-bandono per gli elevati costi di lavorazione, anche

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90 ottobre 2012

dove mangiare Ristorante La Pietra Antica ‘O MuntiAll’interno di un antico palmento dell’800,cucina tipica siciliana casalinga e genuina, da gustare nella sala di pietra lavica con vecchio torchio annesso. Menù da 25 euroVia Andronico, frazione MascaliPuntalazzo (Ct)Tel. 0957824035 www.lapietraantica.it

Locanda del VinattiereGiardino splendido e arredi di buon gusto. Cucina semplice e deliziosa basata su caponate di pesce, salsicce di pescespada e filetti di maialino nero. Menù da 35 euroVia Fontana, 10 Valverde (Ct)Tel. 0957211865www.locandadelvinattiere.it

dove dormire La Tenuta Immersa nella verde quiete dei boschi, con vista sul vulcano, è ideale per chi ama trekking, equitazione e passeggiate a piedi. Camere con idromassaggio e riccacolazione. Da 35 a 50 euro a persona per notteVia Pizzo Maugeri, 28 Valverde (Ct)Tel. 0957213304www.latenuta.it

Castello di San MarcoIn un maestoso castello barocco del ‘600,tra ampi saloni dotati di archi in pietra, 30camere e una suite tutte con terrazzo, che permettono di rivivere l’atmosfera delle antiche dimore della più sfarzosa nobiltà sicula. Soggiorno da 60 a 100 euro a personaVia San Marco, 40Calatabiano (Ct)Tel. 095641181www.castellosanmarco.it

dove comprareAzienda Vinicola BenantiVia Garibaldi, 475 Viagrande (Ct)Tel. 0957893533www.vinicolabenanti.it

Azienda Valle dell’EtnaVia Scibilia, 19 - Bronte (Ct)Tel. 0957721445 - www.valledelletna.it

per saperne di più Strada del Vino dell’Etnavia Nicola Coviello 15/a - CataniaTel. 0954012961www.stradadelvinodelletna.it

Scelti per voi

se dalla sua, oltre alla qualità, vanta bassi costi iniziali di impianto. Le caratteristiche climatiche e ancor più dei terreni permettono la messa a dimora di viti franche di piede, propagate per talea o margotta, e che quindi non vedono la costruzione della pianta con l’utilizzo della parte radicale americana su cui viene innestata la par-te produttiva. In questo areale, pur rispettando le for-ti differenze dei versanti e delle annate, si vendemmia generalmente a metà ottobre, quando i grappoli hanno raggiunto la piena maturità fenolica. Il Nerello Mascale-se si presenta di colore rosso ciliegia tendente al granato, ricco di profumi prorompenti che si distinguono per fi-nezza ed eleganza. Vi spiccano sentori di liquirizia, spe-zie e frutta a bacca rossa. Al palato è intenso e tenden-zialmente asciutto sul finale, può dare vita a vini molto complessi e longevi. La tipologia dei terreni e del clima garantisce una buona acidità che mantiene fresco il vino negli anni. Si abbina molto bene a primi come il risot-to ai funghi, a secondi a base di carni rosse, salsiccia di suino nero e formaggi stagionati. Va servito in bicchieri ampi a una temperatura di circa 16-18°C.

Mongibello, tra pietra lavica

e pistacchi di Bronte I siciliani, con quello che è il più alto vulcano

d’Europa e uno dei più attivi al mondo, ci convivono da migliaia di anni e, ovviamente, non in

maniera del tutto indolore, basti ricordare le disastrose eruzioni del 1669 e, in tempi più recenti, del 1928. Il temibile Etna, così chiamato dall’antico nome greco (Aitna) attribuito alla città di Catania,

per gli abitanti delle sue pendici – quando è tranquillo – è tuttavia anche un inesauribile

fornitore di pietra lavica che a queste latitudini, nel corso dei millenni, ha fatto da materia prima per

pavimenti di chiese e di santuari, colonne, fontane, sedili, balaustre e opere artistiche come il Liotru di

Catania, il celeberrimo elefante di lava, e numerosi altri capolavori dell’arte barocca siciliana. Il vulcano,

che qualche anziano del luogo chiama ancora Mongibello (dall’arabo traslato Mons Jebel, ossia

“montagna doppia” in ragione della sua maestosità), ha impregnato insomma in ogni modo

la vita di quest’area della Trinacria, influendo non solo sul suo paesaggio, sul folclore e sulle tradizioni

culturali, artigianali e artistiche, ma anche sullo stesso patrimonio produttivo ed enogastronomico locale. La ricchezza del Parco Regionale dell’Etna,

che si estende dalle cime del vulcano fino alla cinta di 20 centri abitati (tra questi Bronte, Giarre,

Belpasso e Zafferana Etnea), del resto, è proverbiale: fino a quota 1.300 metri prevale la

frutticoltura che accompagna la preservazione di vecchie varietà peculiari (come i pistacchi di Bronte

e le fragole di Maletto) con le tradizionali colture siciliane come gli agrumi e i fichi d’india. Sopra i 1.300 metri di altitudine, predominano invece i boschi: faggi, betulle, ginestra, pioppi, ginepri. Il paesaggio vitato che copre almeno tre versanti

dell’Etna è inframmezzato dai terrazzamenti realizzati con muretti a secco e dai caratteristici

palmenti, le tipiche costruzioni agricole – anch’esse costruite, cà va sans dire, in pietra lavica – utilizzati

per la viticoltura. Per scoprire le meraviglie della faccia vitata del vulcano e saggiare la biodiversità

del suo fertile territorio capace di regalare rossi Doc dal carattere deciso (come appunto il Nerello) e vini di uve a bacca bianca, è consigliabile mettersi sulla

Strada del Vino dell’Etna e intraprendere i suoi percorsi più suggestivi: Monte Nero degli Zappini, Monte Zoccolaro, Pietracannone-Cubania, Monti

Sartorius, Piano dei Grilli, Cisternazza-Monte Spagnolo, Gurrida. Senza dimenticare tuttavia di

stuzzicare il palato anche con la gastronomia locale qui sull’Etna annovera, oltre al pistacchio di Bronte, chicche irrinunciabili come i torroncini di Belpasso, il miele di Zafferana Etnea, le salsicce di Linguaglossa,

i funghi di Nicolosi, l’olio di Ragalna.

vino&territorio

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1994 - 2012.

52 vittorie nei più importanti e prestigiosi

Concorsi Enologici Internazionali sono la conferma

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Page 92: VdG Magazine Viaggi del Gusto

di Roberto RabachinoGiornalista e Presidente IWTO

International Wine Tasters Organization

Non solo chiusura ideale per le bottiglie di vino, questo piccolo oggetto troppo spesso bistrattato è invece il frutto di un’industria virtuosa, da sostenere. Ne va dell’equilibrio ambientale delle coste del Mediterraneo

Passa tra le nostre mani velocemente e spesso finisce altrettanto velocemente nella spazza-tura, scalzato sulla scena da quel vino che con-serva con cura all’interno della bottiglia. Il tap-po, piccolo e discreto spettatore dei nostri brindisi, è in realtà un attore principale nella degustazione di un vino, nonché protagonista di un complesso equilibrio ambientale nell’area del Mediterraneo. Stappare una bottiglia con un tappo in sughero, ri-spetto alle alternative in plastica o vetro, conserva ancora tutto il fascino di un gesto antico e quel che è più importante garantisce a chi il vino lo beve la migliore conservazione in assoluto delle caratteri-stiche organolettiche e qualitative del prodotto. Ma c’è dell’altro. Ogni volta che si stappa una bottiglia con questo tipo di tappo si contribuisce alla salva-guardia delle foreste da sughero del Mediterraneo e all’arresto dell’avanzata del Sahara. Senza dimen-ticare che tali foreste, sviluppate in un’area di 2,2 milioni di ettari, sono in grado di assorbire più di 14 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

In equilibrio, tra l’Europa e il deserto Le foreste di querce da sughero sono posiziona-te nell’area mediterranea come un vero e proprio baluardo per l’avanzata del deserto. La loro tute-la e conservazione dipendono totalmente dal loro sfruttamento per la produzione di tappi in sughero. E questo perché la decortica, cioè l’estrazione della corteccia, se fatta in modo accurato e nel rispetto dei ritmi naturali di ricrescita, è un processo bene-fico per la pianta, che non la aggredisce, anzi, la ri-genera e implica inoltre importanti conseguenze sociali e ambientali per il territorio in cui la foresta cresce. Essa è infatti habitat di numerose specie ve-getali e animali a cui è in parte legata l’economia delle realtà rurali insediate nell’area delle foreste

Il tappo in sughero, silenzioso compagno di bevute

vino&territorio

92 ottobre 2012

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ottobre 2012 9393

sia nel Nord Africa che in Portogallo, Spagna e Italia (Sardegna). Il tappo in sughero è quindi uno strategico alleato nella lotta alla desertifi-cazione ambientale e sociale di queste aree, e i “decorticatori” sono i lavoratori agricoli meglio pagati al mondo per la necessità della loro altis-sima esperienza e competenza nell’intagliare la corteccia senza ferire il fusto della pianta.

Il riciclo dei tappiOgni anno nel mondo vengono stappati 11 mi-liardi di bottiglie con tappi in sughero, la mag-gior parte dei quali viene gettata nella spazzatu-ra. «Uno spreco inaccettabile – afferma Carlos Santos, della sede italiana di Amorim Cork, co-losso portoghese leader mondiale nel sughero – Questa materia prima è riciclabile al 100% in numerose applicazioni, perché buttarla via? Noi siamo stati i primi a lanciare un progetto pilota già nel 2009 nel comune di Valdobbiade-ne (Treviso) e oggi lo abbiamo diffuso a livello nazionale. Si chiama Etico ed è un ambizioso progetto di raccolta e riciclo che mette in circo-lo l’amore per la natura e la solidarietà e che sta coinvolgendo numerosissimi partner del mon-do del vino (cantine, sommelier, consorzi…) e anche alcune onlus impegnate sul territorio nel-la raccolta e nella sensibilizzazione». Tutti i tap-pi ricavati vengono venduti a un’azienda trevi-giana (la Eco Profili di Maserada sul Piave) che è specializzata in recupero del sughero per la bioedilizia e il ricavato destinato alle stesse on-lus e ai loro progetti benefici. Un bell’affare se si pensa che quei tappi sarebbero finiti nella spaz-zatura indiscriminata. «Fino a oggi sono state raccolte 8 tonnellate di tappi – spiega Santos – ma potremmo fare molto di più considerando che ogni anno ne vengono buttati almeno 800 milioni». Ecco quindi come il sughero può di-ventare anche veicolo di solidarietà e sensibiliz-zazione ambientale. Non solo chiusura ideale per una bottiglia di vino, ma un universo green la cui industria, in modo del tutto eccezionale, contribuisce alla tutela dell’ambiente e alla sal-vaguardia di un patrimonio naturale. Un perfet-to connubio tra uomo e natura.

In apertura, la delicata fase di decortica di quercia da sughero. In questa pagina, Carlos Santos e Antonio Amorim della portoghese Amorim Cork

Dove meno te lo aspettiSe i tappi si possono realizzare solo con la corteccia migliore, accuratamente selezionata a mano (e a occhio) da operai specializzati, cosa si fa con quella corteccia che non supera la selezione? Di certo non si butta via: del sughero non si butta via niente! Proprio grazie alle straordinarie caratteristiche tecniche di questo materiale si sono sviluppate negli anni molteplici applicazioni industriali per recuperare gli sfridi di produzione: dall’aeronautica alla bioedilizia, dal design all’architettura all’abbigliamento il sughero è sempre più utilizzato negli ambiti più impensabili, scelto per la sua elasticità, comprimibilità e resistenza alle abrasioni, per la sua impermeabilità a gas e liquidi e per la sua capacità di essere isolante e ignifugo. Un nuovo mercato che le industrie del sughero hanno saputo aprire con grande lungimiranza, a partire da Amorim Cork. «Abbiamo avviato la fase di verticalizzazione del prodotto fin dagli anni ’70 – spiega Antonio Amorim, Presidente dell’omonimo gruppo, fondato nel 1870 e oggi giunto alla quarta generazione imprenditoriale – investendo in ricerca e sviluppo e orientandoci verso una logica di ampliamento dei settori di applicazione della materia prima sughero nonché verso una riduzione degli scarti. Nel 1998 Amorim è stata inoltre la prima realtà industriale a inaugurare uno stabilimento per riciclo dei tappi in sughero».

Sughero, materia prima unicaLa quercia da sughero, una sempreverde che cresce solo ed esclusivamente nel Me-diterraneo, vive mediamente 200 anni e ha una grande capacità di rigenerarsi: du-rante il suo ciclo di vita la corteccia si rin-nova fino a 16 volte. Dalla semina alla pri-ma decortica trascorrono però 25 anni. Il primo sughero è quindi “sughero vergine” e può essere utilizzato solo per la realizza-zione di articoli decorativi e prodotti gra-nulati. Dovranno trascorrere altri 9 anni pri-ma della seconda decortica e ancora altri 9 prima che dalla corteccia si possano re-alizzare tappi in sughero: 43 anni minimo in tutto. È solo allora che il sughero rag-giunge una stabilità strutturale tale da ga-rantire le proprietà necessarie all’imbotti-gliamento. Con un ritmo di una decortica ogni 9 anni la stessa pianta può subire que-sto processo per oltre 200 anni e poi vive-re fino a 300-400 anni.

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ottobre 2012

La storia di Luigi IX di Francia e del suo ultimo, e “miracoloso”, viaggio da Tunisi a Saint Denis all’interno di una botte

Il vino del re santo

Sulle qualità del vino siciliano nulla da eccepire; dalle fiere internazionali ai simposi, dalle gran-di aziende vitivinicole ai più rinomati ristoranti nazionali e internazionali, dai più grandi esperti al comune consumatore, tutti concordano sulla sua eccellenza. Eppure c’è dell’altro, qualcosa di inaspettato, di sconosciuto a molti. Lo straor-dinario è dietro l’angolo. È il caso della vicenda storica riguardante Luigi IX re di Francia, divenu-to santo. Nato il 25 aprile 1214 a Poissy, venne incoronato re dei francesi nel 1226, assumendo fin da subito il compito, davanti a Dio e agli uo-mini, di diffondere il Vangelo. In seguito a una grave malattia, nel 1244 la personalità di Luigi IX subì una radicale conversione, al punto da por-tarlo a fare voto di partire crociato per la Terra Santa. La sua impresa terminò il 25 agosto 1270 al suo arrivo a Tunisi dove, indebolito dalle pri-vazioni, soccombette alla dissenteria causata da un attacco di tifo. I suoi compagni d’arme do-vettero assumersi l’oneroso compito di far rien-trare il corpo del loro sovrano in patria; la salma – adagiata con le braccia incrociate – fu riposta all’interno di una botte di vino siciliano arricchito con spezie ed erbe odorose per evitarne la de-composizione. Il corteo navale partito da Tunisi, giunse a Trapani per proseguire via terra verso la Francia, risalendo l’intera penisola italiana, ac-compagnato dall’enorme favore popolare e dal succedersi dei miracoli, a testimonianza della ri-conosciuta santità del re. Il viaggio nella botte di vino terminò all’arrivo del prezioso carico nella basilica di Saint Denis; da quel momento si veri-ficarono numerosi miracoli, tanto che Papa Mar-tino IV nel 1282 ordinò un’inchiesta sulla vita di Luigi e su quegli eventi miracolosi e, nell’agosto del 1297, con la bolla Gloria laus Bonifacio VIII lo canonizzò, facendolo diventare da quel mo-mento San Luigi dei Francesi, patrono dell’Ordi-ne Francescano Secolare e del Terzo Ordine Re-golare di San Francesco. Per alcuni anni, il suo

cuore rimase nel Duomo di Monreale, prima di essere trasferito in Francia. Oggi nella città nor-manna vi sono ancora tracce del passaggio di quel carico regale custodite nella tomba-altare fatta costruire dal cardinale Torres nel transet-to sinistro; il sacello si trova in linea con quello di Margherita di Navarra, madre di Guglielmo II, fondatore della basilica. Per tre secoli – secondo quanto riportato nell’archivio storico del duomo – di San Luigi, a Monreale, furono conservate le viscere e due dita.

Il corpo di re Luigi IX riposto dentro una botte di vino siciliano cosparso di spezie ed erbe odorose, per essere trasportato da Tunisi in Francia. (Disegno a china e collage realizzato da Rodo Santoro per VdG Magazine)

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la storia in cucina di RosaRio Ribbene

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selezioni

Gusto Siculo è un brand che seleziona esclusivamente prodotti agroalimentari dell’isola del sole. Un progetto che nasce dalla forte passione per il cibo e il vino, l’artigianalità e la tradizione che si fondono in un unico territorio: la Sicilia

Nasce dall’idea di promuovere la cultura enogastronomica siciliana di qualità, Gusto Siculo, grazie anche alla cooperazione di un team di validi agronomi, veterinari, stagionatori e affi-natori. Obiettivo del brend è anche quello di accompagnarvi alla scoperta dei monti Nebrodi e del loro Parco: la variegata flora e la ricca fauna presenti in questa riserva naturale sono in-fatti il fulcro delle tipicità del territorio. Salumi, formaggi, marmellate, conserve, frutta secca e tanto altro ancora che solo la Sicilia può offrire. Con Gusto Siculo si riscopre il gusto dei sapori perduti, quelli di un tempo. Come i formaggi dei Nebrodi, realizzati tradizionalmente grazie all’abilità di sapienti casari che si tramandano il culto di padre in figlio da generazioni. O i salumi di suino nero dei Nebrodi, massima espressione della norcineria siciliana. Razza autoctona antichissima, il suino nero vive allo stato brado e i salumi che se ne ricavano, dal colore rosso intenso, sono qualitativamente eccellenti, con un tenore quasi prevalente di co-lesterolo HDL cosiddetto “buono” e ricco di ferro. Sono prodotti di Presidio Slow Food.

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Dai Nebrodi, il vero sapore siciliano

From Nebrodi, the true taste of SicilyGusto Siculo is a premier brand, exclusively providing high quality local, traditional produce. The concept behind Gusto Siculo is to promote premier local Sicilian products founded on a long-standing gastronomic tradition, steeped in a passion for quality and excellence. Together, we will embark on a journey of discovery across the Monti Nebrodi region, an area surrounded by breath-taking landscapes, vibrant colours,seductive aromas and rich, diverse flavours. Our aim is to select for you, our highly valued and knowledgeable customers, the best possible regional food and wine. All our products – cheese and cold cuts – are certified from their local origins directly to your table, thanks to our highly experienced team of farmers, agriculturalists and specialist cheese and wine makers.

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Page 96: VdG Magazine Viaggi del Gusto

ottobre 2012

Michele D’AgostinoA 13 anni è commis di cucina;

a 16 anni si imbarca sul transatlantico Michelangelo e poi sulle navi della Prince

cruice. Dopo tante esperienze in italia e all’estero, oggi è

coordinatore didattico e gastronomico all’Ateneo

della cucina italiana della Fic e alla scuola di formazione e

aggiornamento professionale. collabora con l’ice e varie

camere di commercio estere per la promozione

della cucina italiana.

Preparazione:Sbollentare il baccalà nel latte e lasciarlo raffreddare; cuocere le patate in acqua con la buc-cia, decorticarle e lasciarle raf-freddare. Unire patate, baccalà e uova. Amalgamare energica-

Stecco di baccalà e patate in gazpacho di cialledda

Ingredienti per 6 persone:180 gr di baccalà; 200 gr di

patate; uova fresche; 500 gr di latte; 300 gr di farina di mais tostata; 1 litro di olio

extravergine d’oliva; Per il gazpacho:

2 cipolle rosse di Acquaviva delle Fonti; 1 cetriolo; 6 pomodorini di serta;

origano; sale e pepe

Preparazione: Preparare la pasta, impastando gli ingredienti con il robot, e lasciare riposare 2 ore. Preparare il ripieno: in una pentola con l’olio caldo far dorare gli ossibuchi, salare e pepa-re e ritirare dal fuoco; rosolare le verdure tagliate in mirepoix. Ag-giungere gli ossibuchi, la cotenna tagliata a cubetti, la scorza di limo-ne e bagnare con il vino bianco. Coprire con brodo di carne se ne-cessario e lasciare cuocere piano. Quando gli ossibuchi sono pronti, far raffreddare e sminuzzare il tut-

Tortelloni ripieni di ossobuco in salsa di zafferano e tartufo nero estivo

MArino D’AntonioBergamasco ma con origini abruzzesi, si è diplomato nel 1990 all’istituto Alberghiero di san Pellegrino terme, trasferendosi poi a londra per lavorare in ristoranti italiani. rientrato in italia nel ’92, lavora prima nella sua terra e quindi in sardegna. nel 2002 segue i corsi di Alma che lo portano a lavorare per la linea di crocera silversea. in seguito, lavora a Pechino e guangzhou. Dal 2008 guida 22 cuochi e fa cucina mediterranea al sureño di Pechino.

Ingredienti per 8 persone:Per la pasta:

20 rossi d’uovo; 1 kg di farina; sale

Per il ripieno:2 ossibuchi di vitello; 100 gr di

carota; 100 gr di sedano; 100 gr di cipolla; 1 limone;

1 bicchiere di vino bianco; 100 gr di cotenna di prosciutto;

sale; pepe nero; 1 patata bollita; 50 gr di Parmigiano

Reggiano; 2 rossi d’uovo.Per la salsa:

1 pezzo di sedano; 1 carota grande; 1 cipolla; 1 busta di

steli di zafferano; qualche lamella di tartufo; 2 scalogni;

7 gr di lecitina di soia

to con il coltello, aggiungere la pa-tata tagliata a cubetti, il parmigia-no e 2 rossi d’uovo. Amalgamare e mettere in un sac à poche. Stende-re la pasta e tagliarla a rombi, riem-pire con una noce di ripieno e chiu-dere. Per la salsa: in una pentola con acqua fredda mettere pollo, carota, sedano e cipolla, ottenere un brodo, filtrare e ridurre di 1/3. Far sudare lo scalogno tritato con una noce di burro e aggiungere 2 mestoli di brodo, ridurre ancora, aggiungere lo zafferano e lamel-le di tartufo. Con la lecitina di soia emulsionare il resto del brodo fino a ottenere una schiuma, impiattare e guarnire con pistilli di zafferano, lamelle di tartufo e schiuma.

mente, condire di sale e pepe; rag-giungere uno stato cremosso, poi, utilizzando uno sporzionatore da gelato, formare delle mezze sfere e steccarle con legni appropriati, abbatterli di temperatura e panare con il mais tostato. Lasciare ripo-sare per tre ore in refrigerazione e friggere in abbondante olio evo. Per il gazpacho: mondare e lavare le verdure, condirle con sale, pepe olio e origano, lasciare insaporire per un paio d’ore e passare tutto al cutter con aggiunta di ghiaccio tritato. Predisporre in un bicchie-re basso una dose di gazpacho e immergere lo secco di baccalà cal-do. Guarnire con origano fresco e anelli di cipolla croccanti.

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di GianluiGi PaGanochef italiani nel mondo

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97ottobre 2012

giAnlUcA ViscigliAlombardo, si è trasferito

molto presto in toscana dove, lavorando tra Firenze e la zona del chianti, ha finito

per innamorarsi della cucina locale. Dopo alcune esperienze

all’estero, la svolta arriva presso il ristorante Acqua nello

shangri-la Mactan resort & spa di cebu dove è executive italian chef. nel 2010 è stato promosso executive sous chef e trasferito allo shangri-la Boracay resort & spa dove in seguito ha aperto il

ristorante italiano rima.

Risotto con zucchine e baccalà alla salvia e scorzetta di limone

Ingredienti per 4 persone: 1/2 cipolla tritata; 100 gr di

burro; 280 gr di riso Arborio; 1/2 bicchiere di vino bianco;

1,2 litri di brodo di pesce; 45 ml di olio extravergine;

2 spicchi d’aglio tritati; 4 tranci da 50 gr di baccalà già dissalato, marinati con

olio extravergine, pepe nero, aglio e salvia; 120 gr

di baccalà dissalato tagliato brunoise; 280 gr di zucchine

metà tagliate brunoise e metà a listarelle; salvia;

buccia grattuggiata di un limone; 100 gr di Parmigiano

Reggiano; sale e pepe nero

Preparazione: Dividere in 3 padelle aglio, olio e salvia tagliata fine: nella prima soffriggere le zucchine e il baccalà a brunoise; una volta pronto frul-lare metà del contenuto. Nella se-conda scottare le zucchine a lista-relle, salare e pepare; nella terza scottare il filetto di baccalà dalla parte della pelle, girarlo e toglierlo dal fuoco. In un’altra padella ro-solare la cipolla con metà del bur-ro e della salvia tritata, aggiunge-re il riso e tostarlo, sfumarlo con il vino, e poco alla volta aggiungere il brodo di pesce. Quando il riso

è a 3/4 della cottura, aggiungere il contenuto della prima padella, mettere il baccalà scottato in for-no preriscaldato a 180°C per 5’, e finire la cottura del riso. Una vol-ta pronto il riso, aggiungere il re-stante burro, il Parmigiano, metà scorza di limone e un mestolo di brodo di pesce. Mescolare il tutto, aggiustare di sale e pepe e far ri-posare 5’. Nel frattempo riscalda-re le zucchine tagliate a listarelle. Impiattare il riso; per ogni piatto fare un nido con le zucchine a li-starelle e metterle nel centro del risotto, adagiarvi sopra i filetti di baccalà tolti dal forno e decorare con pepe e scorza di limone.

lUcA MAnciniFrequenta la scuola di

formazione professionale alberghiera di Perugia, oggi Università dei sapori. Dopo

anni di lavoro in Umbria, la svolta arriva grazie a

una vacanza in thailandia che lo porta ad aprire

un ristorantino a Patong beach, Phuket. Da qui la

sua carriera internazionale di opening chef non s’è più

fermata. oggi è executive sous chef all’Amanpouri

hotel di Phuket.

Capesante in salsa allo zafferano, verdure e spuma di broccoli

Ingredienti per 4 persone: 12 capesante tra 40 e 70 gr; 6 ravanelli;

2 carote medie; fior di sale di Sicilia;

pepe; olio extravergine Salsa allo zafferano: 200 gr di scalogno;

200 ml di vino bianco; 200 ml di fumetto di pesce; 1 gr di zafferano; 200 gr di

panna fresca; sale; 1 cucchiaio di olio di oliva

Spuma di broccoli: 200 gr di broccoli puliti;

200 gr di brodo vegetale; 150 gr di bianco d’uovo;

sale e pepe; olio extra vergine

Preparazione:Per la salsa: far appassire gli scalogni con olio, vino e zafferano e far poi ridur-re di 2/3. Aggiungere il fu-metto di pesce e far ridurre del 50%; abbassare la fiam-ma e aggiungere la panna, far sobbollire per 2 minuti, poi ritirare dal fuoco, salare e filtrare. Per la spuma: far bollire i broccoli con il bro-do vegetale per 8 minuti: devono risultare morbidi ma mantenere il colore. Scolar-

li poi metterli nel frullatore con un cucchiaio di olio e sale. Ot-tenere una consistenza velluta-ta. Mischiare 230 gr di purea di broccoli con 150 gr di bianco d’uovo, filtrare al cinese e met-tere in un sifone a caldo carica-to con due cartuccie. Mettere a bagno-maria a 70°C. Finitura: sbollentare la verdura e condi-re con olio, pepe e sale. Scal-dare una padella antiaderente e scottare le capesante, condir-le e tenerle a caldo in un piatto con carta assorbente. Impiattare mettendo la spuma di broccoli nei tre lati, le capesante e la sal-sa allo zafferano, le verdure, sa-le grosso e pepe nero.

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magazine

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Air One magazine by Viaggi del Gusto è un mensile unico in Italia sulla cultura del cibo e della promozione dell’agroalimentare di eccellenze. L’informazione seria che sfocia nell’approfondimento mensile, le scoperte, le selezioni ne fanno un punto di riferimento credibile ed indipendente nel settore, con una funzione ormai di pubblica utilità.

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99ottobre 2012

100 L’Italia in mostra: FirenzePalazzo Strozzi ospita l’arte del Ventennio fascista e ci fa rivivere la città di una volta

104 Norvegia, terra di salmoniTappa a Stavanger, capitale della cucina norvegese tra albe sognanti e...spuntini

da pag. 110Rubriche• Città in 24 ore, Matera

in Viaggio

pag. 104

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Anni Trenta, tutta un’altra Firenze

Fino al 27 gennaio 2013, Palazzo Strozzi ospita la mostra dedicata al fervore intellettuale e alla forte

carica innovativa che pervadeva le arti durante il periodo fascista e nonostante il regime stesso.

L’esposizione è uno spunto interessante per scoprire un volto (per molti) inedito del capoluogo toscano,

scoprendo, a fianco delle meraviglie Rinascimentali, architetture razionaliste spesso sottovalutate

di Elena Conti

Cosa dire di Firenze che non sia già stato detto? Che è una città affascinante, colta, elegante e aristocratica, dove moda e cultura scivolano nel quotidiano e si accostano alla sa-gacia toscana, all’ironia del linguaggio e a quel sapore un po’ british che per empatia i fioren-tini hanno assorbito dai tanti visitatori inglesi che da sempre hanno scelto Firenze e la sua campagna come meta perfetta. Ma c’è anche una Firenze meno nota che fa da sfondo ideale all’esposizione Le arti negli Anni Trenta, aper-ta dal 22 settembre a Palazzo Strozzi. Tanti so-no infatti gli esempi architettonici dello stesso periodo, che sfuggono nella più nota Firenze Rinascimentale, ma che la arricchiscono di te-stimonianze storiche. Il più conosciuto è la sta-zione di Santa Maria Novella, disegnata da Giovanni Michelucci, uno dei maggiori archi-tetti italiani del XX secolo, che si aggiudicò nel

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In apertura una suggestiva vista notturna di Firenze. A emergere sono i grandiosi monumenti Rinascimentali, ma passeggiando per la città è possibile scoprire tanti gioielli architettonici di epoche diverse

Quando tutto è cambiato Dal 22 settembre in mostra a Palazzo Strozzi le arti negli Anni Trenta: dai capolavori di Sironi, Martini, Fontana e Guttuso, al design. Una rassegna che indossa gli occhiali dell’epoca per guardare in modo diverso e completo un periodo di straordinarie trasformazioni avvenute nel settore delle arti, dalla pittura alla scultura, dal design alla comunicazione di massa. Fino al 27 gennaio 2013, 96 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design, narrano un periodo cruciale che segna, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema vivacità, che ha profondamente cambiato la storia italiana. L’esposizione guarda con particolare risalto alle novità di linguaggio portate dalle allora giovani generazioni, privilegiando le opere che ebbero visibilità nelle esposizioni e influirono sul dibattito artistico ma anche con pezzi raramente visti, o inediti. Dal classicismo al futurismo, dall’espressionismo all’astrattismo, dall’arte monumentale alla pittura da salotto. E ancora, Anni Trenta come il primo momento in cui le grandi masse arrivano alla ribalta della storia, con l’affermazione di mezzi di comunicazione rivoluzionari come la radio, il cinema e le riviste illustrate, nell’Italia che si modernizza, con l’innovazione assoluta costituita dalla riproduzione industriale degli oggetti – dalle sedie tubolari alle lampade Luminator –, manufatti che segnano la nascita del design in Italia. La mostra è a cura di Antonello Negri con Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Giorgio Zanchetti e Susanna Ragionieri

Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismoPalazzo StrozziPiazza degli Strozzi, Firenze Tel. 0552645155 www.palazzostrozzi.org

Appuntamento col gustoNon puoi apprezzare Firenze se non ne assaggi il sapore. Bellissima città per i tesori artistici da vedere, non è da meno per le sensazioni che può offrire anche ai gusti più raffinati. I vini e gli oli extravergine di oliva delle sue colline, sono sapori tutti da scoprire. Il pane “sciocco”, così diverso da quello delle altre regioni italiane, oltre a essere in linea con i nuovi parametri salutistici, lega benissimo con il prosciutto Toscano che viene ricoperto all’esterno di uno strato di sale, pepe e spezie che lo rendono unico, tanto da aver ottenuto la Dop. Ma va benissimo anche con la finocchiona, una sorta di salame macinato molto sottile dal profumo di finocchio e con le salsicce di maiale agliate da cuocere sulla brace. L’olio arricchisce tutti i piatti fiorentini, dai fagioli lessati alle zuppe di verdura come la ribollita o l’acqua cotta. Piatti poveri dal gusto sensazionale come i tanti cibi di strada che a Firenze sono dei classici, come il lampredotto e la trippa. Senza scordare la bistecca fiorentina, alta almeno cinque centimetri, appena scottata sui due lati su piastra rovente (pare, per altro, che la parola “bistecca” derivi da beef-steak, per i tanti visitatori inglesi che apprezzavano la carne alla brace preparata in occasione delle feste cittadine). E per finire: cantucci con vinsanto. I classici biscottini alle mandorle da inzuppare nel vino della messa.

1933 il primo premio nel concorso per la nuo-va stazione con un progetto che ebbe una no-tevole fama anche all’estero. Ho avuto il privi-legio di intervistare l’architetto Michelucci nella sua casa di Fiesole, l’anno della sua morte, nel 1991. Ricordo ancora oggi l’emozione di esser di fronte a un personaggio del suo spes-sore, a un grande vecchio dagli occhi vivaci che mi raccontò del suo disappunto quando, nel dopoguerra, presentò senza successo alcune ipotesi molto innovative per la ricostruzione dei quartieri intorno a Ponte Vecchio distrutti durante il conflitto bellico. I piani di ricostru-zione poi adottati portarono alla creazione di sterili falsi storici, con grande dispiacere dello stesso Michelacci. Fra le architetture dell’epo-ca, ma leggermente precedente, c’è la Bibliote-ca Nazionale Centrale di Firenze, disegnata da Cesare Bazzani, esempio perfetto dello stile

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dove mangiare:Ruth’s

Accanto alla Sinagoga di Firenze, piccolo ambiente accogliente e curato nei

minimi particolari: entrando, sembra di essere in un ristorante di Tel Aviv. Cucina

kosher da provare per chi ama piatti a base di verdure. Segnaliamo la

tradizionale torta di mele e mandorle. Prezzo medio, 30 euro.

Via Luigi Carlo Farini, 2a www.kosheruth.com

Le Murate caffè letterarioColazioni tradizionali e low-cost a 1 euro con caffelatte, pane burro e marmellata; pranzo; aperitivo con buffet dalle 18:30 alle 21:30; cena alla carta; american bar.

Inserito in uno dei quartieri più caratteristici del centro storico fiorentino,

tra Santa Croce e Sant’Ambrogio, all’interno del complesso delle Murate,

ex carcere storico riconsegnato alla città dopo il restauro, oggi è un punto di riferimento multiculturale di respiro

internazionale. Frequentato da persone di tutte le età, è un locale molto amato

dai giovani. Ottimi piatti, buono il rapporto qualità prezzo.

Piazza delle MurateTel. 0552346872

dove dormire:La Dimora del Centro

Posizione eccellente, accoglienza, calore, cura dei particolari, per un B&b dalle cui

finestre è possibile ammirare il campanile di Giotto e la cupola del Brunelleschi.

Prezzo a notte da 115 a 170 euro, con colazione in pasticceria storica

del centro situata a pochi passi.Piazza della Repubblica, 3

www.ladimoradelcentro.it

Hotel Adler CavalieriNel cuore di Firenze, a pochi passi dalla

stazione dei treni di Santa Maria Novella, un bel palazzo della fine del XVIII secolo

edificato sulle rovine di un vecchio monastero. Prezzo per una doppia con

colazione da 138 euroVia Della Scala, 40

www.hoteladlercavalieri.com

Scelti per voi

eclettico e grandioso dell’epoca, costellato di simboli massonici, oltre al Teatro Puccini con annessa Manifattura Tabacchi e al Teatro Co-munale. Negli anni Trenta a Firenze viene fon-data anche la Fiorentina e viene costruito lo sta-dio Berta, disegnato da Pier Luigi Nervi.

Palazzo Strozzi, una storia di vendetta Quello che ospita la mostra Le arti negli Anni Trenta è uno dei più bei palazzi Rinascimen-

tali italiani. Di mole imponente, con tre gran-diosi portali identici sui tre lati, si trova fra via Strozzi e via Tornabuoni. Capolavoro dell’ar-chitettura civile fiorentina del Rinascimento, fu iniziato per volere di Filippo Strozzi, appar-tenente a una delle famiglie più facoltose di Firenze, ostile alla fazione dei Medici. Esiliato a Napoli, nel 1434, Filippo Strozzi divenne banchiere e accumulò una fortuna. Tornò in città nel 1466, era ossessionato dal desiderio di vendetta e per anni acquistò e demolì edi-fici attorno alla sua residenza pur di disporre del terreno necessario per innalzare il più gran-de palazzo che si fosse mai visto a Firenze. Con tanto denaro a disposizione, nulla fu lasciato al caso. Il palazzo è rimasto di proprietà della famiglia Strozzi fino al 1937. Attualmente è sede della Fondazione Palazzo Strozzi.

A destra “Donna al caffè” di Antonio Donghi, 1932,

una delle opere protagoniste della mostra a Palazzo Strozzi

(nel riquadro in basso)

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l’italiainmostra

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“Passione di Vivere Bio”. È questo il claim dell’evento Milano SaporBIO di ottobre, che ri-manda all’obiettivo principale del nuovo con-cetto di prodotto nato dalla collaborazione fra SaporBIO e Chef Dovunque: la bio-box della Linea Benessere. Una scatola unica dove tro-vare tutto il necessario per la preparazione di uno dei piatti più tipici della cucina italiana, gli spaghetti al pomodoro e basilico. Un piatto sano, gustoso e 100% biologico. È così dun-que che la tradizione di Chef Dovunque spo-sa l’esperienza di SaporBIO, dando origine a un prodotto autentico, il cui scopo è quello di promuovere la cultura del biologico attraverso informazioni, consigli, ingredienti di qualità do-sati per evitare di incorrere in sprechi ed eccessi di calorie, spunti e suggerimenti di esperti del settore per mantenersi in forma e scoprire che l’alimentazione è un ingrediente fondamenta-

le per la salute del corpo, ma anche per il be-nessere della nostra mente. Il kit biologico di SaporBIO e Chef Dovunque diventa in questo modo un compagno fidato, da tenere sempre nella propria dispensa, pronto a soddisfare le esigenze della vita frenetica del consumatore contemporaneo, il quale potrà godere di tutti i benefici di un piatto sano, equilibrato e gusto-so, dalla preparazione semplice e, soprattutto, veloce. Per il lancio di questo prodotto, Sapor-BIO e Chef Dovunque hanno creato importanti partnership con aziende leader per qualità co-me, ad esempio, Noberasco. Agli ingredienti necessari, ovvero, spaghetti integrali Senatore Cappelli, pomodoro e basilico bio, vengono inoltre aggiunti una bottiglia d’acqua Laureta-na da 50 cl e un sacchetto di frutta secca, per completare il menù e offrire un pasto ricco di micronutrienti, vitamine, minerali e proteine.

Winterhalter ItaliaVia Taormina, 10 - Cardano al Campo (Va)

Tel. 0331734147www.winterhalter.it

Dal 7 al 9 ottobre torna a Milano l’evento più atteso del settore green, il Temporary Shopping Center di SaporBIO, che da quest’anno diventa un vero e proprio appuntamento per tutti gli amanti dell’universo bio e si ripropone in veste Natalizia dal 21 al 23 dicembre e in veste Rosa, interamente dedicata all’universo femminile, dall’8 al 10 marzo 2013

Appuntamento con la qualità e il benessere

Venite a scoprire le bio-box della Linea Benessere in anteprima:

di SaporBIO – Camera dei Notari, Palazzo Giureconsulti di Milano, P.zza Mercanti 2, M Duomo

di Milano, P.zza Mercanti 2, M DuomoPer info: www.saporbio.com

selezioni

Page 104: VdG Magazine Viaggi del Gusto

La tradizione ittica norvegese è antichissima e si è sviluppata nei secoli nel rispetto del mare

e dell’uomo. Un ottimo esempio di tal senso è quello dell’allevamento dei salmoni. Per saperne

di più siamo andati a Stavanger, capitale della gastronomia nazionale. Con una tappa nelle Lofoten, per un assaggio di stoccafisso

di Gilda Ciaruffoli

È difficile immagine che il grigio possa avere tante sfumature, così eleganti e in-tense, come quelle che si ammirano dal-la prua di una barca, all’alba, in mezzo al Mare del Nord. Direzione isola di Feøy. Uno scenario quasi mistico quello che fa da sfondo alla solitaria traversata: le lingue di terra più strette e rade via via che ci si allontana dalla costa a sud della Norvegia, e tutto attorno il mare deserto. A dirti che non stai sognando, i gabbiani. Volano, gridano e, chiaramente agi-tati, aspettano. Cosa? Il pranzo dei salmoni. Sì, perché proprio in mezzo a queste acque che hanno come unico limite le lontane co-ste della Groenlandia, si trovano le reti all’in-terno delle quali sguazzano i salmoni della Norway Royal Salmon, una delle tante realtà locali che si occupa di selezionare e allevare i celebri pesci, tra i prodotti ittici di maggiore rilevanza per l’economia nazionale.

Da dove vengono i salmoni?In Norvegia, il salmone d’allevamento è il ri-sultato di un preciso programma di selezio-ne e moltiplicazione, consolidato negli anni, anche se la parentela con i pesci che vivono in libertà è comunque stretta: tutti gli esem-plari infatti derivano da quaranta stock di salmoni selvaggi. Dalle selezionatissime uo-va nascono avannotti che crescono in acqua dolce fino alla “maggiore età” (attorno ai 100 gr vivono un radicale cambiamento fisiolo-gico che tra l’altro permette loro di passa-re all’acqua salata), quando traslocano nelle grandi reti in mare aperto, dove trascorrono da uno a due anni di vita, e, raggiunta la ta-glia ideale, vengono raccolti. Ed è proprio a una di queste reti che ci troviamo di fronte. Con i gabbiani tutti in fila ad aspettare di accaparrarsi i bocconcini che nell’arco del-la giornata vengono elargiti ai vivaci pesci. Bocconcini che, con un po’ di coraggio, è possibile persino assaggiare, tanto sono sem-plici e naturali nella composizione (sono fat-ti di materia prima marina e vegetale e ricchi

Là dove nuotano i salmoni

ottobre 2012

Inviaggio

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Norvegia

Stavanger

Page 105: VdG Magazine Viaggi del Gusto

Stavanger è, con i suoi 128 mila abitanti, la quarta città della Norvegia. In alto, il nucleo più antico: tante bianche case in legno datate Sette-Ottocento, decorate con fiori colorati, e un edificio del centrale quartiere ridisegnato dalla street art. Sotto, una delle reti che ospitano i salmoni in mare. Foto: Gilda Ciaruffoli

Arte di oggi e memorie di ieri

In settembre si svolge a Stavanger il Festival di street art Nuart (www.nuart.no), che calamita i migliori

street artist internazionali; ad avere beneficiato di tanta creatività è in

particolare una via del centro, le cui case sono state tutte dipinte con

colori sgargianti, con i muri traboccanti murales e stancil. Il

nucleo più antico di Stavanger si snoda tutto attorno al porto, dove

non è raro vedere attraccate enormi navi legate alla produzione

del petrolio, dagli anni ’70 cuore dell’economia locale. All’oro nero è

dedicato un museo la cui stessa struttura rappresenta, dalla roccia

all’ingresso alla piattaforma flottante, il percorso del petrolio, e

al cui interno sono raccontate storie dal fascino e dalla drammaticità

inimmaginabili, come i racconti dei primi uomini che si sono calati negli abissi del Mare del Nord, grazie alle

quali capire il radicale cambiamento nella vita di questa regione negli ultimi 40 anni. Altro

curioso museo, quello dell’inscatolamento, sito all’interno

di una fabbrica dei primi del ’900. Tutto è rimasto come allora,

persino le due bottiglie di birra nella stanza dove le sardine

venivano affumicate, concesse a chi si occupava della sfiancante

operazione. E in una zona nella quale vigeva (e vige!) una

legislazione molto restrittiva per quanto riguarda il consumo

dell’alcol, le birre rappresentavano un incredibile privilegio.

Interessanti la mostra delle etichette delle tipiche scatole di latta, raffiguranti i personaggi notevoli della nazione (ci sono sardine Amundsen, le sardine

Ibsen…), e la prima pubblicità di sardine in scatola, in un video di

fine ’800. Da non perdere infine la cattedrale – metà romanica e metà

gotica – al cui interno ricercare il diavolo, ai piedi di una colonna, che viene cacciato sotto terra da

due vigorose mani.

di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e mi-nerali). E non potrebbe essere altrimenti, vista l’attenzione con la quale gli allevamenti ven-gono monitorati attraverso ispezioni e analisi di laboratorio che hanno lo scopo di verificare lo stato di salute e la qualità dei pesci durante tutto il loro ciclo di vita (è praticamente nullo l’utilizzo di prodotti chimici, mentre per la cura dei pesci in vasca sono adottati metodi naturali, come l’inserimento di pesci pulitori che liberi-no i salmoni da eventuali impurità). Un avanza-to sistema di rintracciabilità inoltre consente di reperire informazioni sul singolo soggetto, per esempio in relazione all’area di allevamento e al suo stato di salute. E non si tratta solo del-la volontà delle aziende di mettere in vendita prodotti di eccellenza. Qui infatti l’attenzione al benessere di animali e ambiente è generale e diffusa. Ne sono un esempio i gruppi animalisti, la cui voce viene ascoltata e rispettata. Ma non solo. A livello istituzionale infatti esiste un ente, il Norwegian Seafood Council, che presiede sì la commercializzazione dei prodotti ittici nor-vegesi nel mondo – con il marchio Norge –, ma si occupa anche di divulgarne la cultura oltre i confini nazionali.

ottobre 2012 105

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ottobre 2012106

Stavanger è la capitale gastronomica della

Norvegia. Qui si trova il Gastronomisk Institutt,

dove i migliori chef norvegesi rivisitano

i classici della cucina nazionale, come

appunto il salmone

Capitale di cultura e buona tavolaRaggiunta finalmente l’isola di Feøy, si viene a contatto con una realtà straniante. In questo lem-bo di terra, in mare aperto, vivono tutto l’anno una cinquantina di persone. Uomini e donne, fa-miglie con bambini, con i quali fermarsi a pran-zare al Feøy Brygge (www.feoybrygge.no), pun-to di ristoro per le feste che, clima permettendo, si svolgono sull’isola e che calamitano qui un in-sospettabile numero di persone. Molto ospitali, gli abitanti dell’isola non mancano di raccontare le tante storie curiose legate alla loro terra. Co-me quella della donna uscita a fare due passi che si è ritrovata di fronte un gigantesco orso bianco arrivato dal Polo su di un iceberg. O quella della nave olandese il cui equipaggio pare sia misterio-samente scomparso (ma lo sguardo del narratore si fa complice…), e il cui enorme carico di legna ha permesso – si parla del ’700 – di costruire qui le prime abitazioni. Ovviamente, nei piatti del Feøy Brygge il pescato locale. E quindi salmone, ma anche i succulenti granchi reali rossi (le cui chele sono per le famiglie norvegesi cibo quoti-diano). E la zuppa di pesce, preparata con le fiske-boller, palle di pesce unite a maizena, carote e ci-polle. E burro. Tanto burro. Anche se, ci dicono al Gastronomisk Institutt di Stavanger – istituzione in ambito gastronomico che vanta la collabora-zione dei migliori chef della nazione – che anche qui l’olio extravergine d’oliva si sta sempre più insinuando tra gli ingredienti delle migliori cuci-ne. Parlando di Stavager siamo tornati sulla terra ferma. Per i buongustai alla scoperta della cuci-na norvegese questa è una tappa imprescindibile.

A destra una casetta dell’isola di Feøy dalla struttura tipica

delle abitazioni norvegesi. In basso, le sapienti mani degli

chef dell’Istituto di Gastronomia di Stravanger

all’opera. Presso la struttura è possibile frequentare corsi di

cucina tipica: un’idea in più per visitare la bella cittadina.

Foto: Gilda Ciaruffoli

Inviaggio

Un’idea agrodolce

Il salmone norvegese arriva freschissimo nei nostri

mercati: una volta raccolto dagli allevamenti in mare,

infatti, viene lavorato entro le due ore successive. Povero

in grassi saturi ma ricco di acidi grassi polinsaturi

Omega-3, notevoli quantità di Vitamine A, D, B12, ha una carne morbida ma compatta

che non si disfa durante la cottura. Perciò risulta

estremamente versatile, può essere preparato usando tagli differenti. Tante le

ricette che è possibile trovare al sito della Norge, www.

fiordisapori.it. Come quella del Filetto

di salmone con purea di mele e zenzero.

Ingredienti: 600 gr di filetti di salmone

norvegese250 gr di mela verde

50 gr di zenzero fresco 5 gr di cannella in polvere

50 gr di sesamoscorza di limone, sale e pepe

Preparazione:Sbucciate le mele, tagliatele a cubetti e cuocetele in una

casseruola per circa 10 minuti con lo zenzero privato della

buccia, la cannella e la scorza del limone. Passare il tutto al

mixer fino a ottenere una purea cremosa. Tagliate il

salmone (spinato) a triangolini e cospargete di

semi di sesamo la parte priva di pelle. Scaldate una padella

antiaderente e cuocete il salmone già salato e pepato

dalla parte della pelle per circa 3/4 minuti. Terminata la cottura servite i triangolini di

pesce con la purea di mela.

Page 107: VdG Magazine Viaggi del Gusto

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La vivace cittadina è stata Capitale della Cultura nel 2008 ma è da sempre la capitale della regio-ne con la più antica tradizione culinaria. Il meri-to è del clima, che rende questa zona una delle più fertili della nazione (solo il 3% del territorio norvegese è coltivabile!). Farsi un giro per il mer-cato ortofrutticolo di Stavanger dà un’idea delle coltivazioni nella stagione più favorevole, tra giu-gno e luglio. A spiccare sono senz’altro le fragole, grosse e dolcissime, le mele e una discreta varietà di pomodori. Diffusissimo il kohlrabi (cavolo na-vone) da cui si ricava la gran parte della vitamina C, fornita anche da mirtilli e lamponi (particola-re il multe, lampone arancione selvatico da cui si ricava la tipica marmellata). E ancora il rabarba-ro, protagonista di gran parte dei dolci, coltivato da tutte le famiglie nel proprio giardino e molto amato dai bambini che lo colgono e se lo man-giano seduta stante, ricoperto di zucchero. Cu-riosamente in città c’è una sola macelleria, dove è possibile trovare il tipico prosciutto di agnello e il brunos, formaggio marrone di capra, o mucca e capra, dal retrogusto di liquerizia, ingrediente base della colazione norvegese.

La costa norvegese è lunga migliaia di chilo-metri e non esiste via migliore per esplorare questa nazione che quella dell’acqua. Solo co-sì infatti si ha modo di ammirare anche gli an-goli più sperduti di questo merlettato lembo di terra, e il postale costiero che da Bergen (po-co più a nord di Satavnger) arriva a Kirkenes si presta perfettamente al viaggio. All’orizzonte si avvicendano i villaggi dei pescatori, e ovun-que, nelle stazioni di pesca, si vedono stocca-fissi stesi a essiccare. In particolare, sono le iso-le Lofoten a essere inscindibilmente associate al merluzzo norvegese, il cui maggior acqui-rente è proprio l’Italia e la città di Vicenza in particolare. Nel caso del caratteristico piatto veneto, comunemente chiamato “baccalà alla vicentina”, si dovrebbe infatti parlare di stoc-cafisso, perché il pesce utilizzato è il merluzzo secco, dall’etimo germanico stockfish (mentre baccalà è il nome con cui si indica il merluzzo salato, dal fiammingo bakkaliaum, con stor-piatura portoghese bacalao; da notare che il merluzzo artico è diviso dai norvegesi in due tipi: il Lofoten e il Finnmarken, dalle omonime isole dove avviene anche il duplice metodo di conservazione). Alle Lofoten, il merluzzo ha il suo habitat ottimale e raggiunge dimensioni e volumi ragguardevoli: anche un metro e mezzo di lunghezza e mezzo quintale di peso; può essere grigio, olivastro, rosso, bruno o ne-

ro. La pesca si svolge da gennaio ad aprile. A pesca finita, il merluzzo viene esposto all’aria e al sole per circa tre mesi e sono proprio i ven-ti del Nord, asciutti e temperati, a conferirgli quella essiccazione perfetta. Ma – vien da chie-dersi – com’è arrivato lo stoccafisso nordico sul desco vicentino? È documentato che le prime partite di merluzzo essiccato giunsero in Italia verso il 1250, nei porti di Genova e Venezia. Con ogni probabilità i carichi provenivano dal-la città tedesca di Lubecca, che per prima riuscì a spezzare il monopolio scandinavo. In tempi di difficile pesca questo prodotto sostituì de-gnamente, spesso soppiantandolo, il pesce stagionale. Solo nel ’900 però, da piatto pove-ro salì alla ribalta, imponendosi come principe della gastronomia locale: a tutt’oggi il Veneto è il più grande consumatore di stoccafisso nor-vegese e a Vicenza, in particolare, il baccalà è qualcosa di più di un pesce. È un autentico sta-tus symbol gastronomico.

dove mangiare

Borsen Spiseri Nella capitale delle isole Lofoten, un locale ri-cavato da un vecchio magazzino di pescatori. Gunnar Bergs vei, 2Svolvaer www.svinoya.no

Scelti per voidove mangiare FisketorgetMercato del pesce, dove comprare o scegliere e farsi cucinare il piato preferito. A gestirlo è Karl Erik Pallesen vincitore di un’edizione del locale Masterchef.www.fisketorget-stavanger.no

Sørensen DamskipselskabGli interni richiamano le tradizionali attività del porto. Da non perdere le aringhe agrodolci. Prezzo medio: 250 corone (circa 30 euro)Skagen, 26 - Stavanger www.herlige-stavanger.no

dove dormireVictoria HotelIn una struttura dei primi del ’900 un hotel classico in pieno centro, affacciato sul porto. Prezzo per una singola: 890 corone (circa 103 euro)Skansegaten, 1 - Stavanger - www.victoria-hotel.no

Lofoten e Vicenza unite nel nome dello stoccafissodi Germana Cabrelle

Page 108: VdG Magazine Viaggi del Gusto

Stagionatori e affinatori non ci si improvvisa,

è un’arte che si apprende solo dopo anni

di esperienza e lavoro. E lo sanno bene

al Caseificio Spadi Enzo, dove proprio grazie

a tradizioni, passione e a una grande

competenza si realizzano formaggi

unici e, davvero, inimitabili

Dalla Toscana, preziosi formaggi di Grotta

I due cavalli di battaglia del Caseificio Spadi Enzo sono il carattere artigianale dei suoi formaggi e la stagionatura in grotta. Il Caseificio possiede infatti una grotta di lapillo vulcanico a Valentano, nell’am-bito del territorio del consorzio del pecorino tosca-no Dop. Il particolare microclima naturale all’interno della grotta, che deriva da una speciale temperatu-ra, umidità e densità dell’aria, valorizza fortemente il formaggio facendolo maturare dolcemente, ren-dendolo pastoso e mai secco, facendo assumere a ciascuna forma aromi e sapori unici assolutamente non ricreabili artificialmente. In grotta, gli esperti stagionatori del Caseificio Spadi affinano il peco-rino sotto foglie di noce, conferendogli un aroma silvestre, o sotto paglia e fieno, che gli dona pro-fumi rustici e veraci. E ancora, sotto cenere, come da usanza medioevale, o immerso nel Morellino di Scansano da cui prende un chiaro retrogusto vina-

to. È dunque in molti modi che viene espressa l’arte di affinare pecorini nella grotta del Caseificio Spadi Enzo, perchè è proprio di arte che si deve parlare. Stagionatori e affinatori non ci si può improvvisare, lo si diventa soltanto dopo anni e anni di esperienza e lavoro. Il formaggio è infatti un alimento talmente “vivo”che persino una variazione di pochi gradi di temperatura o un particolare tasso di umidità pos-sono comportare risultati molto diversi. A tal propo-sito il signor Fabrizio Spadi ricorda ancora lo stupore provato da bambino nel vedere che un affinatore esperto saggiava persino la provenienza del vento per regolare la lavorazione e la cura delle forme du-rante la stagionatura.

Caseificio Spadi EnzoVia della Tana, 29/33 - Roccastrada (Gr) Tel. 0564565069 - www.caseificio-spadi.it

selezioni

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Primitivo. Un antico vitigno il cui nome deriva dal suo particolare e breve ciclo biologico: infat-ti questa era l’uva che maturava prima, da qui l’antico appellativo di Primaticcio (in dialetto: Pr-ma-tè), oggi Primitivo. Nel suo DNA si intreccia-no affascinanti storie di luoghi diversi, di viaggi, di scambi tra popolazioni, matrimoni e doti. Ori-ginario dell’Ungheria, arriva in Croazia da dove nel XII secolo viene introdotto in Italia a opera dei monaci Benedettini, che trovarono nel ter-ritorio di Gioia del Colle in Puglia le condizioni pedo-climatiche più favorevoli per la coltivazio-ne di tale vite. Caratteristica di questo territorio è la Murgia, un altopiano calcareo costituito da residui fossili di organismi marini che, insieme ad argille e terre rosse silicee, assicurano al Primi-tivo di Gioia uno stile, un’armonia e una finezza unica e specifica. Il microclima di questa zona è

l’elemento finale e determinante del suo carat-tere, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, specie durante la maturazione e la raccolta delle uve, unitamente alla costante pre-senza del sole di Puglia e dei venti provenienti sia da Nord che da Sud. Ed è proprio in questa zona che sorge la Tenuta Viglione i cui vigneti in coltivazione biologica si trovano nel punto più alto della Dop Gioia del Colle, a circa 450 me-tri sul livello del mare. Dalla cantina della Tenuta nascono vini che esprimono al meglio le carat-teristiche del Primitivo, come il Marpione, che in questo territorio trova la sua più alta ed elegan-te identità. Oltre ai 40 ettari di vigneti, la Tenu-ta Viglione comprende anche un’antica Masse-ria che oggi, completamente ristrutturata, si è aperta all’ospitalità di quanti desiderino godere del fascino di questo luogo incantevole.

Tenuta Viglione fonda le proprie origini nelle antiche tradizioni della Famiglia Zullo che sin dal 1937 produce vini di qualità nella zona Dop Gioia del Colle, patria dell’autentico Primitivo

Il vero carattere del Primitivo

La curiosità E il Primitivo di Manduria, vi chie-derete, da dove deriva? Da Gioia del Colle! La storia racconta, infat-ti, che una nobildonna del posto, promessa sposa a un ricco feuda-tario tarantino, portò con sè in dote alcuni esemplari di questo prezioso vitigno. Piantate nelle terre di proprietà della nuova fa-miglia, le piante dettero successi-vamente origine alla denomina-zione Primitivo di Manduria.

Tenuta ViglioneUffici: Via Carlo Marx, 44Cantina: Via Appia Antica, 30Santeramo in Colle (Ba) Tel. 080 3022415 www.tenutaviglione.it

selezioni

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L’idea in piùAddentrarsi nell’interno per seguire la scia dei Templari a Castelmezzano, un borgo tra i più belli d’Italia, circondato dai bizzarri picchi rocciosi delle Dolomiti Lucane. Tracce della presenza di questi Cavalieri si riscontrano in una croce sul muro della chiesa, nella toponomastica delle strade e nello stesso stemma comunale che riproduce il sigillo dell’ordine del Tempio.www.castelmezzano.net

dove dormireLe Monacelle Una struttura raffinata, accanto alla Cattedrale. Simpatica l’accoglienza di Antonella che la gestisce. Camere minimaliste curate in ogni dettaglio. Terrazze che danno sulle impervie Gravine dove, nelle frequenti giornate di sole, si fa colazione.Doppia a 86 euroVia Riscatto 9/10Tel. 0835344097www.lemonacelle.it

dove mangiareLa Gatta BuiaRicavato nel palazzo Sedile dove, un tempo, si amministrava la giustizia e i malcapitati finivano in gattabuia, ovvero in galera. Di qui il nome. Cucina ricercata. Da assaggiare il “pacchero della gatta buia”, con ragù di baccalà e peperone crusco di Senise Igp.Prezzo medio: 20 euroVia Margherita 90/92Tel. 0835256510www.lagattabuiia.eu

dove comprareL’Abbondanza LucanaPasta artigianale, peperoni cruschi, conserve, la salsiccia di Gorgoglione, sono alcune delle selezioni gastronomiche. Un viaggio fra gusto, cultura e antichi sapori.Via S. Francesco, 7 - Tel. 0835334574

Laboratorio di progettualitàDalle mani di Eufemia prendono forma collane e bracciali originali. I materiali usati (stoffe, plastica, carta) sono frutto di riciclo e riutilizzo. Ogni modello è diverso dall’altro perché ogni donna possa sentirsi unica. Via delle Beccherie - Tel. 3488686298

Mettersi in mostra in Piazza Vittorio VenetoÈ il ritrovo della vita cittadina, del passeggio serale, degli in-contri tra amici. Il recupero urbanistico dell’area ha portato alla luce i resti della chiesa rupestre benedettina del Santo Spirito, che sorgeva sotto l’odierno piano di calpestio. Da qui, quasi seminascosto sotto tre archi, si apre il belvedere Guerricchio, uno degli affacci più belli sui Sassi, e sempre da qui partono alcuni degli accessi a un mondo fantasti-co fatto di chiese, grotte, scalinate impervie. Affaccio sulla piazza, il maestoso palazzo settecentesco dell’Annunziata, ex convento delle suore claustrali domenicane. Vale la pe-na salire all’ultimo piano per un caffè. Dalla terrazza si so-vrasta tutta la città antica, in un affascinante spettacolo.

Fare un movie tour nei luoghi del cinemaPorta Pistoia, che si affaccia a strapiombo sui grandiosi valloni del canyon, è il luogo in cui sia Pasolini che Mel Gibson han-no ricreato la porta della città di Gerusalemme, nel momen-to in cui il Cristo fa il suo ingresso fra l’esultanza della folla. A pochi metri, c’è il complesso rupestre di Madonna delle Virtù e il convento di San Nicola dei Greci, in cui, per entrambi i co-lossal, è stato allestito il set della scena dell’ultima cena. Vi si organizzano mostre di scultori di fama internazionale.

Tuffarsi nel passato delle case-grotteFino agli anni cinquanta le case-grotte nei sassi erano abi-tate da intere famiglie, che convivevano con galline e asini. Visitate la Casa Grotta di vico Solitario, nel Sasso Caveoso: un unico ambiente in parte scavato e in parte costruito, dove gli arredi creavano la divisione degli spazi. Le pentole in rame, i telai per filare, i cucumi per l’acqua, le capase e i capasoni, sono ancora lì, quasi fossero in uso. www.casagrotta.it

Comprare il cucù dal soffio magicoVolete far capire al vostro partner quanto l’amate? Re-galategli un cucù, fischietto in terracotta a forma di pen-nuto da cortile o con sembianze umane, tipico dell’arti-gianato di Matera. Secondo la tradizione era il simbolo di una promessa d’amore: più il cucù era decorato, più grande era il sentimento verso la persona amata. Ma an-che se non si è innamorati, si può acquistare (nelle nu-merose botteghe artigianali) un fischietto, rigorosamente fatto a mano, come amuleto. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, tanto che alcuni esemplari sono stati rinvenuti negli arredi funebri di tombe millenarie.

Ammirare l’arte in grotta del MusmaSculture moderne incastonate nel tufo, come pietre preziose montate su antichi monili. È la sintesi del Musma, il Museo della scultura contemporanea, l’unico “in grotta”. Un percor-so sinuoso: le sale, una dentro l’altra, si aprono all’arte in una sobrietà minimalista. Oltre 250 le opere di artisti internazio-nali come Giò Pomodoro, Picasso, Giorgio De Chirico, Luigi Guerricchio, solo per citarne alcuni. Opere e contesto si esal-tano a vicenda in un tripudio suggestivo di arte e fascino.www.musma.it

Ambisce al titolo di capitale della cultura 2019 la città lucana. La concorrenza è agguerrita, ma lei ce la sta mettendo tutta, forte del suo passato ricco di storia. Ma non solo. I Sassi millenari Unesco che hanno stregato Pasolini e Mel Gibson, le viuzze dei rioni pietrosi silenziose di giorno ma animate fino a tarda sera, la genuinità delle persone e la vivace vita artistica, sono infatti ottime carte da giocare per conquistare l’ambito titolo

110 ottobre 2012

GuideSassi & MurgiaUn’associazione culturale che promuove itinerari alla scoperta dei Sassi e del Parco della Murgia Materana. Il fiore all’occhiello? Le escursioni “accessibili”, come quelle per i non vedenti che possono così vivere le emozioni della città attraverso una voce narrante.Tel. 3204429909 - www.sassiemurgia.com

Info: www.aptbasilicata.it

Matera in 5 tappe

una città in 24 ore di Isa Grassano

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L’Ultimo Forno srl riunisce quattro storiche famiglie di panificatori materani che si sono raggruppate sotto un unico simbolo, il brand Vero Lucano, per raccogliere l’esperienza e la competenza di chi, da decenni, produce qualità utilizzando le mani. Con il marchio Vero Lu-cano viene proposto il meglio delle produzioni regionali della Basilicata, terra incontaminata e fortemente vocata all’agroalimentare di qualità. Prodotti da forno, principalmente, alla base dei quali c’è l’attenzione assoluta alle materie prime, ovvero le semole, che derivano solo da grani duri di filiera, rigorosamente coltivati e moliti in Lucania, con tecniche moder-ne ma ispirate alla tradizione. I grani duri vengono conservati in appositi silos, dal raccolto fino alla macinatura, per salvaguardarne la ricchezza in proteine e concedere il piacere di un prodotto profumato, saporito e salubre. Il risultato sono aromatiche paste da grani selezio-nati, fra cui primeggia il grano duro Senatore Cappelli, e prodotti da forno – taralli, cancelle, friselle, pastarelle fatti a mano, uno per uno – che il lievito madre, come da antica tradizione della storia della città, e l’olio extravergine di oliva delle colline locali, contribuiscono a ren-dere unici. Per ultimo, ma non ultimo, il Pane di Matera Igp, che affonda le sue origini nella storia della località Patrimonio Mondiale dell’Umanità; la produzione è affidata alle sapienti mani degli artigiani locali che, ogni notte, da decenni, trasformano le semole dei migliori grani duri lucani in forme di fragrante pane, apprezzato in tutto il mondo. Ma Vero Lucano non è solo prodotti da forno. Dall’incontro con le migliori aziende agricole lucane, infatti, nasce una linea caratterizzata da legumi Bio di alta qualità, miele selezionato e un olio extravergine di oliva che ricorda antichi sapori, proprio come la Majatica, oliva storica del patrimonio olivicolo italiano, con la quale è prodotto. Per garantire il massimo viene molita entro sei ore dalla raccolta, per offrire a tutti il meglio dei sapori e della qualità lucana.

Dalla Lucania con amoreIl marchio Vero Lucano porta in tavola e in cucina il meglio della produzione agroalimentare della Basilicata. Ogni prodotto è selezionato con cura, per far riscoprire i sapori di un tempo

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113ottobre 2012

114 I piaceri di BaccoA ogni vino il suo bicchiere: Donato Lanati ci svela i segreti per soddisfare i cinque sensi

116 Le mani raccontanoEmidio Pepe, 80 anni e una vita spesa a fare il vino come una volta, “coi piedi”

da pag. 118Rubriche• Bellezza e benessere • Camera con vista• Week-end nel verde• Week-end relax• Soste d’arte • Libri• Spettacoli

Piaceri

pag. 118

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di Donato LanatiEnologo e docente universitario

Flûte, baloon o calice? La scelta può non essere semplice, e comporta una grande responsabilità. In ballo c’è il piacere stesso della degustazione

Il vocabolario definisce così il bicchiere: «pic-colo recipiente adatto a essere portato alla bocca utilizzando le mani, che ha lo scopo di contenere un liquido da bere». Il più no-bile – aggiungiamo noi – è sicuramente il vi-no. Autorevoli testi specialistici, d’altro canto, ri-portano: «assaggiando lo stesso vino in bicchieri diversi si ha l’impressione di trovarsi di fronte a vini differenti».

Anche il vetro vuole la sua parteA questo punto, la domanda è: che caratteri-stiche deve avere il bicchiere per permettere al vino di esprimersi al meglio? Proviamo a dare qualche risposta. Innanzitutto il contenitore de-ve soddisfare i tre sensi tanto cari ai degustato-ri: la vista, l’olfatto e il gusto più un quarto, il tatto, nel momento in cui con un sorso di vino in bocca schiacciamo la lingua contro il palato. Il colore deve essere perfettamente trasparente per farci cogliere tonalità, intensità, brillantezza e archetti. Per questo il bicchiere preferito è di vetro e a gambo lungo. Lo stelo consente, da un lato, di evitare il contatto della coppa con le dita e, dall’altro, di non alterare la temperatura e tra-smettere odori estranei. Di determinante impor-tanza è la forma della coppa del bicchiere, cioè la sua geometria. È questa che convoglia i profu-mi al nostro naso permettendoci di distinguere gli aromi ed è sempre la geometria del bicchie-re che porta i sapori alla nostra bocca. I profu-mi esprimono le molecole contenute nel vino strettamente legate a varietà, territorio e annata. I composti del vino hanno diversa predisposizio-ne alla volatilità in base ai differenti pesi mole-colari: i principali sono gli esteri che esprimono l’odore dei fiori (Cortese, Friulano, Grillo, Fiano, Chardonnay, etc.), si formano in grande quanti-tà durante la fermentazione e sono i più volati-li. I terpeni trasferiscono invece il profumo de-gli agrumi e cambiano in funzione della varietà (Moscato, Malvasia, Traminer, etc.); sono perce-pibili all’olfatto solo quando si trovano in forma libera cioè non legati agli zuccheri e hanno vola-tilità media. I norisoprenoidi, infine, sono le mo-lecole più importanti nei vini da invecchiamento

Ad ogni vino il suo bicchiere

ottobre 2012

ipiaceridiBaccoipiaceridiBacco

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(Barolo, Brunello, etc.): beta-damascenone e be-ta-ionone hanno bassa volatilità e si esprimono al meglio in bicchieri con un grande volume; questi vengono sintetizzati dalla pianta di vite quando l’acino è ancora verde, in funzione della lumino-sità e della pendenza del vigneto.

Profumi in libertàNel bicchiere, i composti sopraelencati si posi-zionano nello “spazio di testa” ovvero nello spa-zio compreso tra la superficie libera del vino e il bordo del bicchiere. Lì i profumi entrano in equilibrio e divengono cioè percepibili per il no-stro olfatto. Il bicchiere deve avere pertanto una capienza di 350-600 ml circa in grado di con-sentirgli di contenere un terzo di vino (100-140 ml) e un volume adatto a esprimere in modo ot-timale i profumi. Dopo circa 20 secondi che si è versato il vino, i profumi si mettono così in equi-librio tra loro nello spazio di testa e si stratifica-no in base al loro peso molecolare: più in alto gli esteri, a metà i terpeni e in vicinanza del pelo li-bero del liquido i norisoprenoidi. Il bicchiere de-ve avere pertanto un bordo leggermente chiuso per trattenere i profumi che tendono ad andare verso l’alto. Questa forma permette inoltre di poter agitare agevolmente il vino in senso rota-torio all’interno del bicchiere aumentando così la superficie di contatto. Più ampia sarà questa, maggiore sarà l’espressione dei profumi grazie a una leggera ossigenazione che consente l’eva-porazione di quella sottile pellicola di liquido che viene tenuta adesa alle pareti del bicchiere dalla forza capillare. Oltre all’ossigenazione, la liberazione delle molecole odorose viene favo-rita dalla temperatura che fa variare il coefficien-te di volatilizzazione delle sostanze aromatiche. Occorre ricordare che i profumi dei vini bianchi giovani sono costituiti soprattutto dagli esteri, i quali avendo un alto coefficiente di volatilizza-zione si esprimono anche a basse temperature (13°C) mentre nei vini rossi il bouquet è da-to principalmente dai fenoli volatili che aven-do coefficiente di volatilizzazione basso han-no bisogno di temperature alte (18°-20°C) per esprimere i profumi speziati (vinil guaiacolo).

Di determinante importanza nella degustazione è la forma della coppa del bicchiere. Ma anche l’occhio vuole la sua parte. Un esempio è quello della flûte che, alta e stretta, ha il solo vantaggio di permettere di vedere nei vini spumanti il piacevole gioco delle bollicine

Ricordiamo poi che anche la pressione atmosfe-rica agisce sull’espressione dei profumi percepi-ti: in montagna, ad esempio, dove la pressione è bassa, vengono colti più facilmente mentre al mare la pressione atmosferica maggiore tende a “schiacciarli” all’interno del vino.

L’impero dei (cinque) sensiPossiamo quindi dire che il bicchiere di vetro, con la sua trasparenza, soddisfa innanzitutto la vista. Con una capienza idonea e con un bordo lievemente chiuso verso l’alto dà soddisfazione all’olfatto; con il profilo sottile e arrotondato a prova di sorso, appaga anche il nostro gusto. I bic-chieri a flûte, alti e stretti hanno il solo vantaggio di permettere di vedere nei vini spumanti il pia-cevole svolgimento delle catene delle bollicine di CO2. Ricordate: lo spumante non va agitato per cogliere il suo profumo perché è l’anidride carbonica che porta le molecole odorose al no-stro naso! E l’udito? È durante i brindisi che ap-poggiando i bicchieri gli uni contro gli altri, spe-cialmente se sono di cristallo (ovvero vetro con più del 24% di Pb, mentre il vetro normale ne contiene il 9%), si origina una piacevole danza di suoni, espressione di festa e amicizia.

Qui sopra il Calice Meraviglia creato da Donato Lanati nel suo laboratorio Enosis per consentire, grazie alla sua particolare conformazione, una degustazione ottimale di tutti i vini

La trasparenza del bicchiere di vetro, soddisfa la vista, il bordo lievemente chiuso l’olfatto, il profilo arrotondato il gusto. E l’udito? Gioisce al momento del brindisi!

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Dall’alto dei suoi 80 anni appena compiu-ti mi guarda commosso e mi porge un pez-zo di carta ciclostilato, una copia tratta dal libro Making sense of italian wine di Matt Kramer. «Guardi – esordisce – è un articolo che dice che il mio vino è uno dei più buoni al mon-do». Finalmente ci crede questo mondo a Emi-dio Pepe, l’uomo che “lavora con i piedi” nel sen-so che pigia l’uva come una volta. L’uomo che sta eliminando le botti (le ultime stanno in fila indiana verso l’uscita definitiva dalla sua canti-na). E comunque non l’ha mai particolarmente amato, il legno. Emidio va in vigna tutte le mat-tine, ci raccontano, impossibile tenerlo lontano da lì, ne morirebbe, ci ha trascorso tutta la vita tra i filari.

Niente legno, siamo abruzzesi L’Azienda si trova a Torano Nuovo in provin-cia di Teramo. Dodici ettari tra mar Adriatico e Gran Sasso. Esposizione perfetta. Montepulcia-no e Trebbiano d’Abruzzo e qualche migliaia di bottiglie di Pecorino, «ma fatto a modo nostro» precisa Emidio Pepe, pignolo. Le figlie Sofia e Daniela gestiscono con la mamma l’Azienda. Emidio proviene da una famiglia di produttori di vino che vendevano sin dal 1899 ma comin-

di Stefania Monaco

Portati alla ribalta da Mario Soldati nel 1973, i vini della famiglia Pepe vengono citati tra i migliori d’Italia. Eliminati botti in legno, trattamenti, additivi ed etichette accattivanti, restano un Pecorino, un Montepulciano e un Trebbiano d’Abruzzo che raccontano una storia. Quella di una famiglia abruzzese e della sua grande passione per un vino fatto ancora “con i piedi”

Emidio Pepe, una vita da vinaio

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ciarono a imbottigliare nel ’64. L’uva è biologica e fermenta e invecchia in vasche di cemento vetrifi-cato per 18/24 mesi. Poi il vino viene travasato non chiarificato e tantomeno filtrato. Non si aggiunge solforosa e poi si imbottiglia. Prima di essere mes-si in commercio, i vini decantano da una bottiglia all’altra. Poi viene applicata l’etichetta con la colla, a mano, e le bottiglie vengono messe in commer-cio. Quel che è certo è che il Montepulciano e il Trebbiano sono vini da sussulto. Sono vivi. Capa-ci di esserlo senza l’attributo di botti in legno, né barriques, né “polverine magiche”. Solo uva. «Il le-gno accelera la maturazione – precisa Emidio – ma cambia il sapore. L’invecchiamento in vetro spri-giona la personalità forte del vitigno, anche dopo 30 anni. Nella vita è importante sapere cosa si vuol fare. Io l’ho sempre saputo anche quando gli altri non mi capivano». La cantina di 1.200 metri qua-drati, scavata sotto terra, è una meraviglia: ondate di bottiglie (350 mila) divise per annate. Le riserve Pepe hanno una garanzia che dura 20 anni.

Buon vino non mente «Le radici dei miei vigneti vecchi di oltre 40 anni arrivano a 3 m di profondità – mi spiega Emidio – tutt’altro rispetto a piante che hanno radici che affondano in appena 20 cm perché vengono conci-mate in superficie». Sarà per questo che Matt Kra-mer sottolinea, nel suo libro, come “i vini di Emidio Pepe non sono uguali a nessun altro vino in Italia, forse nel mondo. Il Montepulciano d’Abruzzo di Pepe è uno dei più grandi rossi del mondo”. Ma per restare in Italia, e più propriamente in territo-rio abruzzese, abbiamo chiesto informazioni a chi da tempo conosce e sostiene produttori di questo tipo. Antonio Paolini, critico enogastronomico, rac-conta Pepe meglio di chiunque altro: «Se c’è una dimostrazione definitiva del fatto che, al contrario di quel che pensano (e ogni tanto impongono ad assistiti poco lucidi), alcuni “profeti” della comu-nicazione, l’etichetta è l’ultima cosa, in tutti i sen-si, da appiccicare, non il punto di partenza, e che prima viene il prodotto, la sostanza, e la verità del-le cose da raccontare, beh, questa è la storia della famiglia Pepe e dei suoi vini. Che si imbottigliano dal 1964, si fanno dal 1899, e sono agli onori del-

le cronache dal ’73, quando passò in zona Mario Soldati, scrittore emerito e cercatore, spontaneo e sincero, di sangue di Bacco. L’etichetta fu banal-mente quella del nome di famiglia che Emidio Pe-pe, il papà delle attuali regine dell’Azienda, Sofia e Daniela, volle orgogliosamente appiccicarci quan-do decise di cominciare a imbottigliare. Non esiste-vano i vini “naturali”, men che mai i biodinamici e le liti tra chierici su cosa sia questo e cosa quello. Non c’erano nemmeno le Docg, le Doc avevano tre anni di vita in assoluto e uno appena per il Mon-tepulciano d’Abruzzo. Ma c’era la vigna, condot-ta a rame e calce e basta, zero farmaci e chimiche strane (oggi si dice “bio”); il vino premuto in mo-do ancestrale, fermentato con i suoi lieviti, alleva-to in legni grandi, non filtrato. La differenza oggi? Che tutto, graziaddio, è meno legato ai capricci del quotidiano, meno random, meno inconsape-vole, meno fragile. Quel che era una tradizione, un uso, un modo di fare è divento metodo applicato. Tecnica cosciente e scelta con fermezza, custodita dalle due ragazze Pepe e, in un’Azienda parallela, dall’altra figlia, Stefania, che etichetta per conto suo, ma fa vino allo stesso modo. Insomma: chia-matelo come volete, ma buon vino (anzi, in que-sto caso, “grande” vino) non mente. Al contrario delle definizioni precostituite, di moda e di como-do. Per questo, Pepe sì. E tutta la vita».

Ottant’anni compiuti, Emidio Pepe va in vigna tutte le mattine. Impossibile tenerlo lontano da lì. Ci ha trascorso tutta la vita tra i filari

Si pigia l’uva con i piedi nell’Azienda di Torano Nuovo (Te) di Emidio Pepe (sotto). Ma non solo. Sono banditi gli additivi, infatti, ma anche le botti di legno. www.emidiopepe.com

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Nella regione di Bordeaux, in Francia, le distese di vi-gneti circondano i castelli, gli chateaux, dove si produ-cono i vini più famosi del mondo. Lo Chateau Smith Haut Lafitte, uno dei più prestigiosi, è proprietà della famiglia Thomas. Mathilde Thomas e il marito Bertrand (in foto), durante la vendemmia del 1993, fanno una scoperta che segna l’inizio di un sogno: «In quei giorni il professor Vercauteren, illustre ricercatore della facoltà di Farmacia di Montpellier, era in visita alla nostra pro-prietà» ci racconta ancora euforica Mathilde. «Era tem-po di vendemmia e, nel vedere nel torchio la buccia e gli acini d’uva, il professore esclamò che stavamo but-tando via un tesoro. Abbiamo scoperto così che gli scarti della vendemmia – semi, graspi, tralci di vite – contengono utili alleati nella lotta contro i radicali libe-

Che tutte le parti della vite siano fonte di potenti

principi attivi, indispensabili per la salute della nostra

pelle, è una scoperta relativamente recente.

Per saperne di più, abbiamo scambiate quattro

chiacchiere con Mathilde Thomas, pioniera

della ricerca in materia e sostenitrice di una sana

“cosm-etica”

Nel vino, la bellezza

ri, la causa principale dell’invecchiamento cutaneo, e abbiamo quindi iniziato la nostra ricerca al fianco di Vercauteren per la realizzazione di prodotti di bel-lezza in grado di sfruttare le eccezionali qualità della vite». Il primo brevetto a marchio Caudalie risale al 1995 e, da allora, efficacia, naturalità e glamour so-no le linee guida che distinguono la marca. Abbiamo incontrato Mathilde e Bertrand a Milano nel corso di una presentazione alla stampa per raccontare il loro ultimo brevetto anti-età e ne è nata una piace-vole chiacchierata. «La vite mi ispira ogni giorno – ci spiega Mathilde Thomas – e, con il professor Vercau-teren, ricerchiamo molecole performanti che con-sentono di rimanere giovani più a lungo». «Mi im-pegno in prima persona a inserire nelle formulazioni il maggior numero possibile di ingredienti naturali, che rispettino l’ambiente e siano biodegradabili – ci spiega – Le nostre formule non sono testate sugli animali e chiediamo ai nostri fornitori lo stesso im-pegno». Con un certo orgoglio, Mathilde, entra poi nel dettaglio dei componenti che potremmo trovare, e di quelli che non troveremo mai, nei prodotti Cau-dalie. Tra le materie prime più amate: l’acqua d’uva bio, l’olio di vinaccioli d’uva, la Vinolevure, gli oli ve-getali (argan equosolidale, borragine, enotera, ibi-sco, sesamo), i principi attivi idratanti naturali (cassia angustifolia, pisello), il burro di karitè equosolidale, gli emulsionanti naturali, la salvia, la camomilla, il li-no, i burri di albicocca e avocado, il ginseng, lo zen-zero, l’echinacea, le acque vegetali d’arancia e di li-mone. Nessuna traccia invece di parabeni, fenossietanolo, oli minerali, OGM, paraffina, colo-ranti sintetici, sodio laureth sulfate, ftalati e materie prime di origine animale. La “cosm-etica” di Cauda-lie però non si limita ai prodotti: «Siamo membri dell’associazione 1% for Planet – ci spiega Mathilde – e ci impegniamo a devolvere l’1% del fatturato mondiale per proteggere uno dei più bei gioielli del-la biodiversità del pianeta, l’isola di Sumatra». Inevi-tabile a questo punto una domanda sull’ultima no-vità presentata al mercato: «Si tratta del nostro quarto brevetto anti-età, il Reveratrol-Oleyl – conclu-de Mathilde Thomas – un resveratolo di nuova con-cezione e superpotente, contenuto in una linea di cinque trattamenti ultra efficaci sulle rughe profon-de e sul rilassamento cutaneo».

Caudalie vanta anche una serie di Spa nelle località più belle del mondo. Qui sotto Les Sources de Caudalie (Bordeaux)

bellezza&benessere di Francesca Fredianibellezza&benessere

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Incastonato come una gemma preziosa nel cuo-re del centro storico fiorentino, l’hotel Cerretani rappresenta un’oasi di eleganza e tranquillità ide-ale, da cui partire alla scoperta dei tesori della Fi-renze Rinascimentale, ripercorrendo i passi di Do-natello, Botticelli, Da Vinci e Michelangelo. A soli pochi metri dall’hotel, il Duomo e il Battistero, la Cappella dei Medici, la chiesa di Santa Maria No-vella sono solo alcune delle perle architettoniche che si possono ammirare perdendosi in un emo-zionante viaggio attraverso i secoli. Sin dall’arrivo in hotel gli ospiti sono accolti da un nume tutela-re d’eccezione, Cosimo I de’ Medici, che, troneg-giando dal busto posizionato sopra l’ingresso al civico 10, li saluta con l’incisione tratta dalle Odi di Orazio hic ames dici pater atque princeps, “che qui tu possa esser chiamato Principe e Padre”: un sontuoso auspicio per partire alla volta di un fiabe-sco viaggio nel tempo tra i fasti della Firenze me-dicea. Con la sua strategica e invidiabile location a soli 300 metri dalla stazione ferroviaria di San-ta Maria Novella, l’hotel, ospitato in una dimora storica risalente al XVII secolo, vanta un perfetto connubio tra stile classico e comfort moderno. L’elegante scalinata Liberty, lo scintillio dorato de-gli specchi fiorentini, l’armonia dei tessuti e dei colori rivelano uno stile sofisticato e autentico al tempo stesso, un’atmosfera raccolta che rievoca i fasti del passato, regalando agli ospiti esperienze uniche. Le 83 camere (tra cui 1 suite esclusiva che offre un’indimenticabile vista sulla Cappella de’ Medici) rappresentano delle vere e proprie nicchie di stile e relax, tutte arredate con gusto e perfet-tamente insonorizzate, dotate dei più moderni comfort di ospitalità. L’elegante sala per la prima colazione, di recente ristrutturazione, coniuga il raffinato design degli arredi, nei toni chiari del beige e del marrone, alla luce soffusa dell’ampio

Una lussuosa porta d’ingresso al cuore della Firenze Rinascimentale: Cerretani Firenze, parte di MGallery, un’esclusiva collezione di hotel unici, in cui ogni soggiorno è ricco di emozione e scoperta

Hotel Cerretani FirenzeVia de’ Cerretani, 10Firenze Tel. 0552381301www.mgallery.com

Dove l’arte è di casa

lucernario che sovrasta l’intera sala: la cornice ide-ale per concedersi il lusso di una pausa gourmand prima dell’inizio di una giornata di piacere o lavoro. E alla sera, la stessa atmosfera di sofisticata raffina-tezza e calda accoglienza si ritrova al Michelangelo Wine Bar, un angolo raccolto e intimo in cui degu-stare un’accurata selezione di vini toscani e naziona-li accompagnati da deliziose prelibatezze locali. Una parentesi di profumi, colori e sapori per prolungare il viaggio di scoperta attraverso scenari di gusto.

ottobre 2012

camera con vista di Olga Carlini

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ottobre 2012

Una caratteristica dimora gentilizia nel cuore di Asiago. È questa la cornice del-le suites e degli appartamenti esclusivi e confortevoli, affacciati sul corso cittadino, che attendono l’ospite dello Sporting Re-sidence Hotel. Soggiornare qui significa immergersi in un’atmosfera calda e fami-liare, creata da un gruppo giovane e dina-mico, impegnato nella migliore tradizione alberghiera. Per un momento di relax po-trete tuffarvi nella piscina coperta riscalda-ta, con annessi sauna, bagno turco e area fitness, oppure sostare in eleganti spazi a voi dedicati. Nel ristorante La Tana, la mi-gliore tradizione enogastronomica, con

attenzione ai prodotti del territorio, incon-tra uno spirito di ricerca e creatività. Parti-colarmente accurata è la selezione di vini e di birre artigianali. L’American Bar è in-vece una tappa immancabile per un drink o per soddisfare il vostro palato con sem-plici e curate proposte. La struttura è inol-tre dotata di sale riunioni attrezzate per le occasioni di lavoro e dispone di tecnologie in grado di rispondere a qualsiasi richiesta, anche la più esigente. Vi accoglierà un ambiente confortevole ed elegante, e lo staff della struttura sarà sempre a vostra disposizione per rendere il vostro soggior-no un’esperienza indimenticabile.

È calda e accogliente l’eleganza che caratterizza le sale dello Sporting

Residence Hotel, per un soggiorno speciale nel centro della rinomata

località veneta, cuore di un altipiano che è meta obbligata per chi è alla

ricerca di divertimento, sport e relax

Sporting Residence HotelCorso IV Novembre, 77 - Asiago (Vi)

Tel. 0424462177www.sportingasiago.com

Nel cuore di Asiago, come in famiglia

di Olga Carlini

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week end verde

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ottobre 2012

Nella parte d’Austria che somiglia alla Toscana, oltre 20 piscine e scivoli per un tuffo salutare in un mare di benessere e divertimento. Anche per i più piccoli

Un assaggio di Stiria La Stiria è cosparsa di mulini, tipici anche perché producono il famoso “oro nero” locale, il Kurbis Kern Oel, l’olio di semi di zucca, in realtà di colore verde scuro. Famosa è altresì la distilleria Gölles che produce l’aceto balsamico di mele, le note grappe snapps, brandy e aceti con almeno 15 tipi diversi di frutta. Altrettanto nota è la fabbrica di cioccolata di Zotter, una specialità unica, tanto che alle terme di Loipersdorf è presente una fontana di cioccolato caldo alla quale si può attingere direttamente col cucchiaino! A 60 km da Loipersdorf si trova infine Graz, centro costellato di castelli e musei, tra i quali è imperdibile il Museo d’Arte Moderna.

Terme di LoipersdorfA8282 Loipersdorf, 152Tel. +43 (0)3382/8204-0 www.therme.at

Circa trent’anni fa, non lontano da Graz, in Stiria, nel su-dest dell’Austria, nasceva quello che sarebbe diventato il centro termale più grande d’Europa, il Loipersdorf. Le sue rinomate terme, che vengono definite dagli austriaci stessi la “Toscana stiriana”, sono situate in mezzo a un naturale paesaggio collinare invaso dal profumo dolce dei frutteti. All’interno di questo circuito della felicità, fruibile tutto l’an-no, la prima sosta consigliata è l’area Lebenstherme, “ter-me da vivere”, la zona più grande dedicata al divertimento senza limiti di età. Comprende 21 piscine interne ed ester-ne, 9 saune, l’Acquafun con gli scivoli, il Babybeach e l’Ac-quapark per i bambini. La parola magica qui è “scivolare”. Da segnalare certamente lo scivolo che in curva tocca i 60 km orari, come in Formula 1! L’area “Il mio Schaffelbad” è invece la parte più elegante ed esclusiva, contraddistinta da un ambiente intimo e calmo, luogo di fuga e oasi di benes-sere, dove si suda secondo gli antichi costumi dei Cesari: due volte al giorno i tradizionali maestri di sauna, vestiti con le tuniche tipiche del sacro impero, eseguono cerimonie ro-mane illustrando il percorso da seguire e gli effetti benefici del calore. Per il soggiorno ci si può servire di uno dei 5 ho-tel che circondano le terme. Come l’Hotel Loipersdorf Spa & Conference che propone per la stagione autunnale 2012 pacchetti di 3 notti a partire da 299 euro, e l’Hotel Vier Jah-reszeiten che prevede offerte, valide fino al 30 novembre 2012, a partire da 315 euro a persona e per i bambini fino a 3 anni addirittura 10 euro a notte.

Loipersdorf, non solo terme

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week end relax di Lucia Lipari

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Angoli d’Italia nel cuore di Francia

«Ancora non ci conosciamo di persona, siamo tut-ti artisti che fanno capo all’Associazione Giuseppe Verdi, scelti proprio dall’Associazione come rap-presentanti di diversi stili. Ci incontreremo a Parigi, all’ombra del Louvre». A parlare è Luciano Tigani, classe 1966, di Polistena, borgo della provincia di Reggio Calabria. Quando lo sentiamo, il viaggio che sta per intraprendere è di quelli che si ricorda-no a lungo, destinazione Ville Lumière. L’occasio-ne è quella di Art Shopping, decima edizione del Salone Internazionale d’Arte, il cui motto per que-sto autunno 2012 è: l’art toujours plus accessible à tous!, ovvero l’arte sempre più accessibile, a tutti. «Per l’occasione, ogni artista – ci spiega Tigani – ha a disposizione un’ampia parete per esporre le pro-prie opere, una sorta di mini-personale», e di gran-de prestigio, aggiungiamo noi, perché organizza-ta all’interno di uno dei Mall più frequentati dagli appassionati d’arte, il celebre Carrousel du Louvre. Due le edizioni della manifestazione, una in prima-vera e questa, autunnale, che lo scorso anno ha ri-chiamato più di 10 mila visitatori, rappresentando una valida alternativa ai più classici luoghi dell’ar-te parigini. Circa 400 gli espositori, francesi e non, presenti in mostra con i loro quadri, le sculture, le

fotografie, pronti a confrontarsi tra loro e a incon-trare appassionati d’arte e possibili acquirenti sen-za intermediari. Un’ottima opportunità per artisti spesso giovani o ancora fuori dai principali circuiti dell’arte internazionale ma dalla grande passione e dall’ottima tecnica, come appunto Luciano Tigani. «La sua pittura è un canto spiegato di colore, di luce calda e solare che accarezza e intride le forme – ha dichiarato la critica e storica dell’arte Giorgia Cassini – Opere dove è evidente e indiscutibile il fascino di una vocazione autentica, la capacità di esprimere col colore un’emozione pura». Pura co-me quella che nasce spontanea fin dall’infanzia e non conosce maestri che non siano i magnifici pa-norami calabresi che da sempre lo circondano. «Mi sono avvicinato alla pittura quasi per gioco – ci rac-conta Luciano – Molte volte mi chiedono come ho fatto a imparare questa meravigliosa arte senza un maestro. Io penso che alla base ci sia molta sensibi-lità e amore per la natura: nel momento in cui os-servo le meraviglie di un paesaggio, di una veduta marina, di un fiume, di una campagna, l’opera è già intorno a me, non devo fare altro che traspor-tarla su una tela bianca. “Ma i colori? Le ombre, le luci?” Mi chiedono, allora. E io rispondo: prova a osservare attentamente anche le piccole cose a cui gli altri non fanno neanche caso, vedrai che per magia ne tirerai fuori la bellezza e i chiaro scuri che servono. Dipingere è come dar vita a un bimbo”. Un amore vero, quindi, al quale è giusto dare spazio e visibilità anche oltre i con-fini nazionali. Proprio come fa Art Shopping,

Dal 19 al 21 ottobre, il Carrousel du Louvre ospita la manifestazione Art Shopping dove ammirare e acquistare le migliori proposte delle gallerie d’arte provenienti da tutto il mondo. Ne abbiamo parlato con Luciano Tigani, che porta con sè a Parigi i magnifici panorami calabresi che hanno ispirato la sua arte

artesoste d’arte di Gilda Ciaruffoli

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Si celebrano il prossimo anno i mille e settecento anni dall’emanazione dell’Editto di Milano (313 d.C.) da parte dell’imperatore romano d’Occidente Costantino e del suo omologo d’Oriente, Licinio. Con esso il cristianesimo, dopo secoli di persecuzioni, veniva dichiarato lecito e si inaugurava così un periodo di tolleranza religiosa e di grande innovazione politica e culturale. Per celebrare l’importante anniversario, il capoluogo lombardo ospita oltre 200 preziosi oggetti d’archeologia e d’arte testimoni della Milano capitale imperiale e della conversione di Costantino, nonché simboli del suo trionfo. Ampio spazio è dedicato a Elena, madre di Costantino, imperatrice e santa. La mostra proseguirà a Roma dal 27 marzo al 15 settembre 2013 nelle sedi del Colosseo e della Curia Iulia.

Gli artisti, i caffè parigini, le corse dei cavalli, i nudi femminili e, soprattutto, le ballerine: sono questi i soggetti delle opere in esposizione a Torino nell’ambito della più importante mostra che l’Italia abbia dedicato da decenni a Degas, straordinario protagonista dell’irripetibile stagione artistica che ha caratterizzato Parigi a fine Ottocento. Per l’occasione, il Musée d’Orsay – che di Degas conserva le opere più rappresentative – si priverà per quattro mesi di ottanta capolavori, tra dipinti, disegni e sculture, consentendo alla capitale Sabauda di dare vita a una straordinaria rassegna che documenti l’intera attività di questo strepitoso artista.

18 ottobre-27 gennaio 2013

Palazzo della Società Promotrice delle Belle ArtiViale Diego Balsamo Crivelli, 11 Torino

Edgar Degas – Capolavori dal Musée d’Orsay

Costantino 313 d.C.

Paris en liberté

Robert Doisneau e Parigi: un binomio inscindibile tra uno dei più grandi fotografi francesi e la città che ha amato e immortalato con il suo obiettivo. Sono più di 200 le fotografie originali – scattate da Doisneau nella Ville Lumière tra il 1934 e il 1991 e raggruppate tematicamente ripercorrendo i soggetti a lui più cari – quelle ospitate dalla Capitale in una grande rassegna antologica che arriva in Italia nel centenario della nascita del grande artista. Un percorso in bianco e nero, quello della mostra, che accompagna il visitatore in una emozionante passeggiata lungo la Senna, per le strade del centro e della periferia, e poi nei bistrot, negli atelier di moda e nelle gallerie d’arte della capitale francese.

fino al 3 febbraio 2013

Palazzo delle EsposizioniVia Nazionale, 194 - Romawww.palazzoesposizioni.it

Art Shopping, il Salone Internazionale d’Arte

del Carrousel du Louvre, torna a ottobre all’insegna

del motto: l’art toujours plus accessible à tous!

importante vetrina per Luciano Tigani e per gli altri artisti che partiranno alla volta della capita-le francese grazie all’impegno dell’Associazio-ne Giuseppe Verdi – giovane anch’essa, perché nata alla fine del 2010 grazie all’impegno di un gruppo di cilentani appassionati di arte e musi-ca – e a quelli di tutte le gallerie e le associazioni italiane che il 19 ottobre voleranno insieme ver-so la capitale francese. Per informazioni: www.salon-artshopping.com,www.tuttarteonline.it; www.lucianotigani.net

A ottobre, un filo rosso si dipana tra Italia e Francia, in una sorta di scambio culturale che vede arrivare da noi opere dalle più importanti collezioni d’Oltralpe e sbarcare al Carrousel du Louvre giovani artisti italiani, come Luciano Tigani (nella pagina accanto), autore dell’opera in apertura

25 ottobre-17 marzo 2013

Palazzo RealePiazza del Duomo, 12www.comune.milano.it/palazzoreale

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Per andare dritti al puntoGiornalista, editore, consulente in materia di vino, l’italo-francese Samuel Cogliati ci racconta il suo libro, 32 pagine agili e sintetiche, pensate senza la pretesa di essere complete, ma con l’obiettivo dichiarato di liberare il campo dalle informazioni di troppo, e dunque potenzialmente svianti, per un approccio il più semplice possibile a questo affascinante mondo.

A chi consiglia la lettura di questo libro?Ai neofiti, ai semplici curiosi, ma anche a chi ha qualche esperienza in più. Il testo tenta di dipanare nel modo più semplice possibile una materia insidiosa, a volte contorta.

Con questo volume lei si propone di liberare la strada dalle “informazioni potenzialmente svianti” contro le quali il neofita si scontra cercando di approcciare questo mondo. Quali sono gli ostacoli principali in questo senso?Le informazioni svianti sono, a mio avviso, le troppe nozioni sterilmente mnemoniche e accademiche che si incontrano (normative, regole, precetti, etc.). “L’antidoto” migliore è l’educazione di una propria sensibilità critica.

“Natura del vino” e “vini naturali”, il rapporto è diretto?La dicitura vino naturale dovrebbe essere pleonastica, ma purtroppo non è affatto così, perché il vino è diventato un prodotto spesso industriale. La naturalità, invece, è la sostanza stessa del vino, di cui il libro intende trattare.

di Samuel CogliatiPossibilia Editore 5 euro

Dalla parte delle donne Emanuela Pittoni, Marketing Director di Vallè Italia, presenta il secondo “dolce” libro, ideato dall’azienda i cui prodotti sono immancabili presenze nelle nostre cucine, con la collaborazione di 33 tra i più autorevoli food blogger italiani. Ognuno di loro ha interpretato una ricetta del cuore, legata al tema del viaggio e delle spezie, e allo stesso tempo ha raccontato di un viaggio fatto realmente o solo sognato.

Cosa rende goloso questo libro?Tutti, quando partiamo, siamo alla ricerca di piatti da assaporare e soprattutto dolci da gustare. Da queste pagine spuntano ben 40 ricette di torte, e con ogni ricetta si fa il giro del mondo, nei luoghi che hanno ispirato queste preparazioni e già attraverso la lettura sembra di sentirne i profumi e gli aromi.

Le idee più curiose?C’è la torta multistrato al cacao e vaniglia e il viaggio in costa d’Avorio, dove si produce il cacao. C’è il safari cake, che riporta alle suggestioni tra le sabbie della Namibia. E ancora, la torta speziata alle carote, insieme ai ricordi del viaggio in Ladakk, la regione più settentrionale dell’India.

Un libro che non solo è “buono” ma che fa bene...Da sempre la nostra azienda è impegnata nel benessere delle consumatrici. Per questo tutti i proventi del libro andranno alla Fondazione IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Umberto Veronesi, per sostenere la ricerca e, nello specifico, un progetto di ricerca sull’identificazione delle basi molecolari della chemioresistenza nel tumore al seno. Oltre a un contributo iniziale di 20 mila euro. L’anno scorso, con la prima edizione del ricettario, abbiamo sostenuto la campagna Nastro Rosa della LILT, sempre per il tumore al seno. (di Isa Grassano)

Trenta EditoreAA.VV.16 euro

L’idea e la storia, oltre il piattoI loro cibi e vini si armonizzano in una melodiosa sinfonia e mettono in scena quanto di più raffinato propone in tavola il Friuli Venezia Giulia. “Loro” sono i 63 Solisti del Gusto di Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori – un gruppo composto da 20 ristoratori, 22 vignaioli e 21 artigiani del gusto che hanno capito come sia necessario superare i personalismi e fare sistema per valorizzare il proprio territorio – a cui è stato dedicato questo volume. Un testo elegante da regalare o regalarsi per una piacevole lettura alla scoperta dei tesori di questa splendida regione e dei loro artefici. Pagina dopo pagina, scopriamo così decine di storie di uomini e prodotti, scovate in appassionati vagabondaggi dai monti della Carnia alle lagune adriatiche. Suddiviso per aree geografiche, il volume presenta i volti e le ricette dei 20 ristoranti del gruppo, ciascuno dei quali è affiancato da un vignaiolo: l’incontro è fatale, e tra i due si intrecciano libere conversazioni, piacevoli e curiose, in cui si riflette su cibi, tradizioni, culture.

di Walter Filiputtifoto di Stefano Scatà Ed. Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori45 euro

Foto

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libri letti per voi di Gilda Ciaruffoli

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«Sono un po’ di anni che penso a una storia sul mondo del vino, re-altà che conosco per esperienza di-retta: la mia famiglia produce vino dal 1946, in Friuli, sulle colline di Valeriano». A raccontarcelo è Fer-dinando Vicentini Orgnani, regista di Vinodentro, noir dal sapore fau-stiano (ma con un chiaro retrogu-sto di commedia) ambientato tra vigne e cantine, e la cui trama gra-vita proprio attorno al mondo del vino e alla sua affascinante ritualità, lontano dagli stereotipi che spesso il cinema ha usato avvicinandosi a questo tema. La storia è quella di Giovanni Cuttin – stimato wine-wri-ter che trascorre le sue giornate tra degustazioni, convegni e conferen-ze stampa – e del suo incontro con una bellissima donna che lo attira in un vortice senza via d’uscita, tra un enigmatico passato che riaffio-

ra, calici di Marzemino, Teroldego, Trentodoc ed echi del Don Giovan-ni mozartiano. Il film è liberamente ispirato al romanzo Vino Dentro di Fabio Marcotto (Curcu&Genovese) e vede tra gli interpreti Giovan-na Mezzogiorno, Pietro Sermonti e Gioele Dix. Ma non solo. Protagoni-sta silenzioso della pellicola è, infat-ti, anche il Trentino, che ha ospitato le riprese. A fare da sfondo alla nar-razione cinematografica sono sta-ti l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Trento con Piazza Duomo e il Parco di Piazza Dante, Folgaria con il campo da Golf, le Pale di San Martino con la Baita Segantini e il Rifugio Rosetta e la Val Venegia, Ise-ra con la Casa del Vino e i vigneti. Ma anche Rovereto, con il Mart, e le Dolomiti grazie a spettacolari riprese aeree. Le musiche originali, infine, sono firmate da Paolo Fresu.

Un incontro fatale. Un’indagine di polizia. Un intreccio di arte, musica, letteratura e il miglior nettare di Bacco. Tutto questo è Vinodentro, film per il quale la provincia trentina si è trasformata, dal 15 agosto al 6 ottobre, in un set cinematografico d’eccellenza

In Trentino è mistero tra le botti

Bicycle Film Festival Nato a New York nel 2001, il festival porta con sé una scia di feste, gare, mostre e musica. Protagonista di tutti i film la bicicletta come strumento di rivoluzione urbana. 11-14 ottobre

Cinema MexicoVia Savona, 57 - Milano - www.bicyclefilmfestival.com

Clown&Clown FestivalLa clown-terapia scende in piazza nel bel borgo del ma-ceratese che viene invaso da centinaia di clown-terapeuti protagonisti di incontri, spettacoli musicali e divertenti de-gustazioni… Ospite d’onore di quest’anno, Lino Banfi. fino al 7 ottobre

Monte San Giusto (Mc) - www.clowneclown.org

Roma Jazz Festival Filo conduttore dell’edizione 2012 è il rapporto tra il jazz e la nuova creatività multimediale, espressa attra-verso film, documentari, cartoon, video, colonne sono-re live, computer grafica... Ovvero tutto quanto rientri nella definizione di “Visual Jazz”.

18 ottobre-28 novembre

Auditorium Parco della Musica V.le Pietro de Coubertin, 30 - Roma www.romajazzfestival.it

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spettacoli di Gilda Ciaruffoli

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Nel cuore della Sardegna, un filo

indissolubile unisce passato e futuro della

famiglia Olianas. Il recupero degli antichi terreni e il desiderio di

onorare i propri avi, hanno portato Renzo e suo figlio Samuel, a dar vita ad Argei Le Fattorie Renolia nonché a ottimi

vini e deliziosi oli. Il tutto con un occhio di riguardo all’ambiente

Il gusto unico della tradizione

Circoli virtuosi La famiglia Olianas alleva anche 500 capre secondo il metodo della stabulazione fissa e le nutre con foraggi che provengono dai campi di proprietà. L’obiettivo è quello di produrre da questo stesso latte il formaggio. Ma non solo. L’azienda infatti è totalmente votata alla sostenibilità grazie all’utilizzo del fotovoltaico, delle biomasse, e al recupero e riutilizzo dei reflui del frantoio e delle acque.

Le Fattorie Renolia Via Municipio,16 - Gergei (Ca)Tel. 0782808022 - www.argei.it

Un piccolo borgo argicolo, Gergei, sull’altopiano Sarci-dano. E un nome, Olianas, da olìa (ulivi), quello di una famiglia che ha un rapporto speciale con la propria ter-ra e che, dall’amore per la tradizione più autentica, ha dato vita a Le Fattorie Renolia. Tutto è iniziato con l’ac-quisizione da parte di Renzo Olianas delle terre appar-tenute ai suoi avi, seguita da quella del frantoio Argei. Oggi l’azienda rappresenta l’inizio di una nuova era per la famiglia Olianas, il cui testimone è stato preso da Sa-muel, figlio di Renzo. Così, nella valle del monte Trempu profumata da mirto e oleandro, gli Olianas coltivano uli-veti maestosi che producono olive di grandissima rarità e pregio, per un olio armonioso e dall’aroma fruttato. Come il Classico Argei dal retrogusto amaro e piccante. O il Bio Argei, proveniente da cultivar Maiorchina e Se-midana, che offre un gusto tanto intenso da lasciare ai piatti crudi una propria specifica personalità. E ancora lo Is Antas, di qualità superiore, ottenuto da un blend di

olive di diversi cultivar (Maiorchina, Pit’s e Carroga, Bo-sana e Semidana), dall’aroma fruttato leggero con sen-tore di carciofo e mandorla, e il gusto dolce, che lo ren-dono unico. La produzione di vino, sviluppatasi da circa 5 anni, non è da meno. La tradizione è anche qui in prima fila, assieme a tecniche moderne, a un eccellen-te staff di enologi e a un territorio caratterizzato da una valle riparata dalle correnti d’aria fredda, con un clima mite perfetto per la viticoltura. Il risultato? Il Vermenti-no Doc, per esempio, dal profumo aromatico e frutta-to, dal gusto avvolgente e dal corpo pieno e vellutato, che si accompagna a pesce, crostacei, frutti di mare e formaggi. Il Pranu Mariga Igt nato da un blend di uve – Cannonau, Bovale e Monica – che ne fanno un ottimo rosso di carattere e gli danno un fine senso di morbidez-za e una forte personalità, oltre che un corpo vellutato e un senso avvolgente al palato (da associare a piatti di selvaggina, arrosti e formaggi sardi). Il Ruina Figu Igt, fresco, fruttato e giovane, dal gusto elegante, che si ac-compagna bene a carni rosse, arrosti, selvaggina e ogni genere di primi piatti. E il Cannonau Doc, affinato in ac-ciaio, vino di bel frutto e di ottima freschezza per primi piatti succulenti a base di carne, tagliolini al pecorino e pomodori secchi e maialino arrosto.

selezioni

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I pazienti ai qualiè possibile inserireimpianti a caricoimmediato sonoi portatori di protesitotale completae i soggetti affettida piorrea con i denti compromessi e mobili. L’implantologia, nella sua forma più evoluta ed efficace, prevede l’inse-rimento degli impianti dentali con un’attesa variabile nel tempo dai tre ai quattro mesi, prima di procedere all’applicazione del carico mastica-torio definitivo e duraturo. Ti tratta dei tempi biologici necessari per ottenere l’osteointegrazione degli impianti (viti) in titanio, cioè la loro perfetta saldatura biologica all’osso. Con il carico immediato si soddisfa

senza attese il principale obiettivo del paziente: avere i denti subito, che siano funzionali e che presen-tino un bell’aspetto naturale. Tutto questo si ottiene grazie alle nuove tecniche chirurgiche, all’esperienza di chi opera e ai materiali utilizzati che devono essere di alta qualità e biocompatibili. Non va poi dimen-ticato il risparmio di tempo grazie al ridotto numero di sedute. Studi recenti hanno dimostrato che anche con la protesizzazione immediata si ottiene l’osteointegrazione che è il fenomeno biologico chiave per conseguire un’implantologia orale di successo. La condizione necessaria per la predicibilità della tecnica è la stabilità primaria degli impianti al momento dell’inserimento.I candidati al carico immediato sono i portatori di protesi totale comple-ta, che viene sostituita da una pro-tesi fissa nell’arco di una giornata. I vantaggi son tanti anche sotto il profilo psicologico del paziente. Al-tri candidati sono i soggetti affetti da piorrea con i denti gravemente compromessi e mobili. In questi casi si esegue l’estrazione degli elementi

dentali e il contestuale inserimento degli impianti. Nello stesso giorno si consegna la protesi fissa con un dop-pio risparmio di tempo e con disagi relazionali ridotti ad un solo giorno. I pazienti candidati a ricevere gli im-pianti a carico immediato vengono selezionati con adeguate procedure diagnostiche, sia strumentali sia cli-niche, al fine di ottimizzare la per-centuale di successo. Questa fase diagnostica consente al clinico di operare con la massima sicurezza nel rispetto delle strutture anatomi-che sensibili, come il nervo alveolare nella mandibola e il seno mascellare nell’arcata superiore.Costituisce controindicazione la presenza di malattie sistemiche non compensate rilevate da un’accurata anamnesi. Per l’intervento il pazien-te viene preparato con sedativi per vincere l’ansia e con un adeguato dosaggio di anestetico che permette di controllare il dolore intraoperato-rio, mentre gli antidolorifici comu-ni lo aiutano a sopportare il dolore postchirurgico. Dopo qualche mese, quando il processo di osteointegra-zione e di guarigione si è realizzato,

si procede alla finalizzazione con protesi definitiva, che è in ceramica, con forma, volume e colore dei den-ti esteticamente eccellenti. Tutti i denti sono avvitati in modo da poter revisionare la protesi ed eseguire re-interventi protesici, quando fossero necessari, senza dover compromet-tere tutto il manufatto. La terapia di mantenimento sia domiciliare, con l’attento controllo della placca con mezzi e modi adeguati, sia pro-fessionale con sedute periodiche di igiene orale effettuate nello Studio, garantisce la durata nel tempo della ricostruzione.

Con l’impianto a carico immediato masticazione senza indugiI recenti progressi dell’implantologia garantiscono tempi ridotti e risultati estetici oltre che funzionali

RX panoramica con impianti osteointegrati

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Quali sono le proposte Alicos per trascorrere il prossimo inverno in dolcezza?Tutti i nostri prodotti hanno dei gusti delicati e ca-ratteristici e i nostri clienti ci amano perché qual-siasi cosa proponiamo sanno che il gusto e la qua-lità sono uniche. Per questo ci scelgono quando devono fare dei regali particolari. Le nostre con-fezioni regalo sono un mix di sapori, dal salato, con le conserve, i pesti o paté o addirittura i sughi pronti, al dolce con le marmellate e le confetture o i panettoni al pistacchio o i croccanti misti al pi-stacchio, alla mandorla, alla nocciola.

Cosa rende unici i vostri prodotti?La loro stagionalità. Trasformiamo solo ortaggi e frutta di stagione sfruttando la fragranza e la fre-schezza dei prodotti. Puntiamo molto su questo concetto e invitiamo i nostri clienti a prestare at-tenzione nell’acquistare prodotti realizzati con ma-teria prima di stagione, abituandoli all’idea che, se un nostro prodotto durante l’anno finisce, per ave-re la stessa qualità è necessario aspettare la nuova produzione. La risposta è molto buona, anche se dal punto di vista commerciale la mancanza di un prodotto potrebbe creare problemi.

La tavola in festa con i veri sapori di Sicilia

selezioni

Gaetano Palermo, titolare Alicos – azienda di Salemi avviata nel 2005 per dare continuità a una vocazione familiare per le eccellenze locali che si è tradotta già nei primi del ’900 in un’impresa votata al gusto – ci racconta le deliziose proposte della sua azienda, regalo perfetto da offrire in dono in occasione delle prossime festività e scelta di qualità quotidiana con la quale coccolare ogni giorno i propri cari

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Da dove provengono le materie prime utilizzate?Le materie prime utilizzate sono di origine sicilia-na, dall’olio della Sicilia occidentale agli ortaggi della Sicilia orientale, alla frutta secondo la tipo-logia o la zona caratteristica di produzione. Ad esempio, per quello che riguarda proprio la frut-ta, utilizziamo l’arancia Navel di Ribera o l’arancia rossa della Sicilia occidentale, la pesca bianca di Bivona e la fragolina di Ribera. Stiamo inoltre ini-ziando una nuova produzione utilizzando come ingredienti alcuni presidi Slow Food, ad esempio il pesto alla Trapanese con “l’aglio rosso di Nubia” e il “sale marino artigianale di Trapani”. A fine an-no usciamo con la gamma dei prodotti Biologici e i prodotti certificati Veganok.

Lo stesso olio accomuna tutta la vostra pro-duzione: ci racconti qualcosa in più di questo prodotto così importante per voi…«Il nostro olio extravergine di oliva Halycos è ot-tenuto principalmente da piante di Cerasula im-piantate nel 1929. Il nome è legato a quello del fiume Grande che scorre presso gli uliveti, un tem-po chiamato Halycus e considerato frontiera tra Segesta e Selinunte. È stato proprio questo olio a introdurmi nel mondo della produzione di eccel-lenza legata alla mia terra, e alle mie origini fami-liari, visto che a produrlo era già mio nonno».

Come azienda siete molto presenti alle fie-re di settore. Quali sono i prossimi appunta-menti ai quali vi potremo incontrare?Partecipiamo a molte fiere di settore, tra le prossi-me: la Sial di Parigi, il Salone del Gusto di Torino, il Merano Wine Festival e Culinaria.

Dove è possibile assaggiare e acquistarei vostri prodotti?«I nostri prodotti si trovano nelle gastronomie, ne-gli wine bar, nei ristoranti, nei negozi di prodotti tipici; per scelta aziendale non siamo presenti nel-la grande distribuzione».

selezioni

Società agricola AlicosVia M. Cremona, 21 Salemi (Tp) Tel. 0924983348 www.alicos.it

In queste pagine, alcune eleganti confezioni regalo Alicos che appagano i gusti di tutta la famiglia con le selezioni di prodotti dolci e salati. Un dono di eccellente qualità, grazie alle materie prime utilizzate, tutte rigorosamente siciliane. Sotto la cittadina di Salemi dalla quale l’avventura Alicos è partita

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Buonissimi e di qualità

La storia dell’Azienda Gazzaneo è la storia di una famiglia che evolve, cambia e matu-ra con il succedersi delle generazioni. Nata inizialmente come azienda familiare, oggi si presenta come realtà leader nella produzio-ne di ortaggi e punto di riferimento per una una clientela dal palato raffinato.L’Azienda Gazzaneo si distingue sul mer-cato per la qualità e la genuinità dei propri prodotti: cura la qualità delle sue verdure, a partire dal momento della semina, sele-zionando il terreno, la varietà del seme, la concimazione ma soprattutto le modalità e i tempi della lotta antiparassitaria. I pro-dotti sono scelti sul campo, selezionati se-condo le esigenze del mercato e sono uni-ci, sia per la qualità delle materie prime, sia per il procedimento produttivo che per-mette di preservarne la forma e le proprie-tà sensoriali. L’attività si sviluppa su una superficie di cir-ca 15 ettari dove sono coltivati con passio-ne piccoli tesori del gusto. Inoltre una va-sta area, che si estende per circa 500 mq,

è predisposta alla trasformazione e conser-vazione dei prodotti gestiti con macchinari all’avanguardia che favoriscono il mante-nimento del sapore e della freschezza dei prodotti stessi. Fiore all’occhiello della produzione dell’Azienda Gazzaneo sono i Peperoni di Senise, commercializzati allo stato fresco, allo stato secco in collane (“serte”), maci-nati in polvere e da alcuni anni sotto forma di cheps “peperoni cruschi”, (realizzati frig-gendo per pochissimi secondi la parte edu-

I prodotti dell’Azienda Gazzaneo, curati con eccellenza dalla semina al raccolto, sono un punto di riferimento per i palati più raffinati

le intera della bacca, che assume così una particolare croccantezza e friabilità).La particolarità del territorio e le singolari condizioni microclimatiche della valle del Sinni fanno sì che i prodotti dell’Azienda Gazzaneo abbiano un alto tasso di tipicità e tutto ciò ha permesso il riconoscimen-to IGP (Indicazione Geografica Protetta) da parte dell’Unione Europea nel 1996.Il Sole Rosso è la società che collabora con l’Azienda Gazzaneo e che si occupa di tra-sformare e commercializzare il prodotto.

selezioni

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