Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e
internazionale
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Politica fiscale Introduzione dell'istituto del trust in Svizzera
173 Giovanni Merlini
Diritto tributario svizzero L’assoggettamento all’imposta di
donazione ticinese delle liberalità contenute in un contratto misto
o simulato 179 Vittorio Primi
Dalla concorrenza internazionale a quella intercantonale 183 Simone
Leonardi e Andrea Bernasconi
Diritto tributario italiano Reddito di lavoro dipendente: i servizi
erogati nell’interesse del datore di lavoro non sono tassabili 188
Nicola Fasano e Antonio Delfino
Diritto tributario internazionale e dell'UE Analisi di una domanda
“rogatoriale”: tra garanzie offerte e opportunità (residue) 192
Marco Compagnino e Giovanni Mercanti
Il Qatar nella fiscalità internazionale contemporanea 198 Maryam
Al-Asmakh, Talal Abdulla Al-Emadi, Aaron Meneghin e Roberto
Scalia
How to Tax the Digital Economy? 208 Peter Altenburger e Joseph
Czajkowski
Diritto finanziario Il progetto di modifica della LRD 215 Francesco
Naef
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero L’utile
di liquidazione di una società panamense beneficia dell’imposizione
attenuata? 219 Sabrina Piemontesi Gianola
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario italiano Il trust
e le imposte di successione 224 Elio Blasio
Il nuovo orientamento “consolidato” della Cassazione in tema di
tassazione indiretta del trust: non è tutto oro ciò che luccica 227
Carmine Marrazzo
172 aprile 2020
La Rivista “Novità fiscali”, nella sua edizione di aprile 2020,
esordisce con un’analisi di politica fiscale, a cura di Giovanni
Merlini, focalizzata sull’introduzione dell’i- stituto del trust in
Svizzera. Nella seconda sezione, relativa al diritto tributario
svizzero, Vittorio Primi si sofferma sull’assoggettamento delle
liberalità conte- nute in un contratto misto o simulato all’imposta
di donazione ticinese. Simone Leonardi e Andrea Berna- sconi,
invece, presentano un contributo in tema di concorrenza
internazionale ed intercantonale. La terza sezione della Rivista,
dedicata al diritto tributario ita- liano, contiene un saggio, di
Nicola Fasano ed Antonio Delfino, concernente la tassabilità dei
servizi erogati nell’interesse del datore di lavoro. Nella quarta
sezione, dedicata all’analisi di problematiche di diritto
tributario internazionale e dell’UE, Marco Compagnino e Gio- vanni
Mercanti analizzano una domanda “rogatoriale”, esaminando le
garanzie e le opportunità (residue) che a questa si collegano.
Maryam Al-Asmakh, Talal Abdulla Al-Emadi, Aaron Meneghin e Roberto
Scalia delineano poi un quadro dettagliato dell’evoluzione del
sistema fiscale del Qatar, delineandone i possibili scenari futuri.
A seguire, Peter Altenburger e Joseph Czajkowski, affrontano il
tema della tassazione dell’e- conomia digitale. All’interno della
quinta parte della Rivista, dedicata all’analisi di problematiche
di diritto finanziario, Francesco Naef studia il progetto di modi-
fica della LRD. All’interno della sesta sezione, dedicata ad una
rassegna di giurisprudenza tributaria svizzera, Sabrina Piemontesi
Gianola studia il fenomeno dell’im- posizione di un utile di
liquidazione in Ticino di una società panamense. L’ultima sezione
della Rivista, recante rassegna di giurisprudenza di diritto
tributario italiano, esprime un contributo di Elio Blasio, concer-
nente la relazione tra il trust e le imposte di successione, ed un
saggio di Carmine Marrazzo, in cui si esamina il nuovo orientamento
“consolidato” della Cassazione in tema di tassazione indiretta del
trust. Andrea Purpura
Redazione
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Impaginazione e layout Laboratorio cultura visiva
Introduzione Novità fiscali 04/2020
Politica fiscale
Giovanni Merlini Avvocato e notaio, Dr. iur. Studio legale e
notarile Merlini Lappe Partners, Ascona e Lugano
Tratto dal testo della relazione tenuta in occasione del Convegno
organizzato dal Centro competenze tributarie della SUPSI e
intitolato “Novità in ambito di trust”, tenutosi il 4 febbraio 2020
a Manno.
La pressione politica per l’adozione di un trust di diritto
svizzero è aumentata negli ultimi anni
L’introduzione dell’istituto del trust in Svizzera
I. Le proposte parlamentari e la posizione del Consiglio federale
Nella sessione primaverile del 2019 il Consiglio nazionale ha
approvato la mozione n. 18.3383 che chiede l’introduzione
dell’istituto del trust nell’ordinamento giuridico svizzero; la
stessa mozione era già stata adottata dal Consiglio degli Stati
nella sessione estiva dell’anno precedente[1].
[1] Mozione n. 18.3383, Introduzione del trust nell’ordinamento
giuridico svizzero, depositata dalla Commissione degli affari
giuridici del Consiglio degli Stati il 26 aprile 2018, in:
https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-
curia-vista/geschaeft?AffairId=20183383 (consultato
l'08.04.2020).
La recente approvazione della mozione n. 18.3383 da parte delle
Camere federali segna una svolta politica importante e obbliga il
Consiglio federale a preparare un disegno di legge per
l’introduzione dell’istituto del trust nel diritto privato sviz-
zero. L’iter legislativo sarà ancora lungo e complesso, ma la via
dovrebbe essere tracciata. Sarebbe vantaggioso disporre di un trust
di diritto svizzero, considerata la versatilità di questo strumento
affermato a livello internazionale. La diffidenza del Consiglio
federale nei suoi confronti è stata alimentata dai casi di abuso a
scopo di elusione fiscale di trust di diritto straniero nei decenni
passati. La Circolare n. 20 dell’AFC, del 27 marzo 2008, ha quindi
portato chiarezza e limitato la possibilità di un uso incongruo
dell’istituto.
Negli ultimi anni, il Parlamento svizzero ha chiaramente espresso,
a più riprese, il suo consenso nei confronti di uno strumento la
cui adozione eliminerebbe un importante svan- taggio competitivo
per la nostra piazza finanziaria, venendo inoltre a colmare una
lacuna nel diritto privato svizzero. Il 27 febbraio 2017, il
Consiglio nazionale aveva infatti già appro- vato a larga
maggioranza il postulato (n. 15.3098) depositato dal sottoscritto a
nome del Gruppo liberale radicale che chiedeva di esaminare
un’eventuale regolamentazione del trust nell’ambito del Codice
civile (CC; RS 210) o del Codice delle obbligazioni (CO; RS 220)[2]
e il 20 ottobre dello stesso anno la Commissione degli affari
giuridici del Consiglio nazio- nale aveva deciso di dare seguito
all’iniziativa parlamentare nella forma generica (n. 16.488) del
collega Fabio Regazzi, che pure mira ad ancorare il trust nel
nostro diritto privato[3]. La Commissione sorella del Camera dei
Cantoni aveva a sua volta dato seguito a questa iniziativa
parlamentare e anzi aveva rincarato la dose, decidendo appunto di
depositare anche una mozione per aumentare la pressione sul
Consiglio federale che finora – e comunque fino all’adozione dello
scambio automatico di informazioni in materia fiscale – si è
opposto all’ipotesi di introdurre il trust nel diritto svizzero,
per altro senza avanzare argomenti convincenti.
Da quando la Svizzera ha riconosciuto i trust di diritto stra-
niero, ratificando il 26 aprile 2007 la Convenzione dell’Aja sul
diritto applicabile ai trust e sul loro riconoscimento[4], i rischi
di elusione fiscale in relazione ad un futuro trust di diritto
sviz- zero risulterebbero sensibilmente ridimensionati, visto che
la sua imposizione ricalcherebbe la prassi consolidata in
materia
[2] Postulato n. 15.3098, Esame dell'opportunità di una normativa
in mate- ria di trusts, depositata dal Gruppo liberale radicale
(Portavoce: on. Giovanni Merlini) l’11 marzo 2015, in:
https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-
curia-vista/geschaeft?AffairId=20153098 (consultato l'08.04.2020).
[3] Iniziativa parlamentare n. 16.488, Introdurre l'istituto del
trust nella legislazio- ne Svizzera, depositata dall’on. Fabio
Regazzi il 13 dicembre 2016, in: https://www.
parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20160488
(consultato l'08.04.2020). [4] Convenzione che risale al 1° luglio
1985 ed è entrata in vigore, per il nostro Paese, il 1° luglio 2007
(RS 0.221.371).
I. Le proposte parlamentari e la posizione del Consiglio federale
.................................................................................
173 II. Il trust e le sue configurazioni possibili
....................... 174 III. La necessità di agire a livello
legislativo (Handlungsbedarf)
....................................................................175
IV. I surrogati (inadeguati) del diritto svizzero vigente .. 176 V.
Conclusioni
.......................................................................
178
Politica fiscale
di trust stranieri, chiaramente definita dalla Circolare n. 30
della Conferenza svizzera delle imposte (CSI), del 22 agosto 2007,
e dalla Circolare n. 20 dell’Amministrazione federale delle
contribuzioni (AFC), del 27 marzo 2008, su cui tornerò in
seguito.
II. Il trust e le sue configurazioni possibili Prima di entrare nel
merito delle ragioni che militano a favore della codificazione di
questo istituto nel diritto elvetico, però, può essere utile
rammentare per sommi capi le caratteristi- che principali del
trust, senza alcuna pretesa di completezza. A tal proposito è
famosa la battuta di Hayton, il quale diceva che “like an elephant,
a trust is difficult to describe but easy to recognise”. Il trust
affonda le sue radici nella storia medioevale inglese e le sue
varie configurazioni sono poi andate sviluppandosi anche negli
altri Paesi di tradizione giuridica anglosassone. Rispondeva
soprattutto all’esigenza di regnanti ed esponenti della nobiltà
cavalleresca di affidare la gestione delle loro ricchezze (immobili
e mobiliari) a persone di fiducia durante le loro prolungate
assenze in missioni che li tenevano lontani dalla madrepatria, come
nel caso delle crociate. Almeno due aspetti sono sempre stati
centrali nell’evoluzione del trust durante i secoli:
il primo è quello del rapporto di fiducia – come indica il suo
stesso nome inglese – tra il disponente o costituente che dir si
voglia da una parte e l’affidatario dall’altra, e
il secondo aspetto è quello della preservazione del patri- monio a
beneficio di singole persone (familiari o meno che fossero) oppure
a beneficio di scopi filantropici e caritatevoli.
La specificità del trust consiste nella possibilità prevista dal
common law – e perlopiù sconosciuta al civil law continentale – di
attribuire contemporaneamente la titolarità della proprietà su di
uno stesso bene a due diversi soggetti: la legal ownership (o legal
estate) ad una persona e la real ownership (o equitable estate) a
un’altra. Vedremo subito dopo come ciò avviene.
Ai giorni nostri la struttura in sé di questo negozio giuridico
fiduciario non appare particolarmente complicata, se ci riferiamo
alla definizione che ne dà l’art. 2 della Convenzione dell’Aja
succitata.
Il trust presuppone una relazione giuridica triangolare che si
instaura tra un costituente o fondatore (detto settlor) che – con
una disposizione tra vivi o mortis causa (trust agreement o trust
deed) – sottopone il suo patrimonio al potere di disposizione di un
fiduciario (persona fisica o giuridica, detto trustee, generalmente
un professionista del settore finanziario e assicurativo, un
gestore patrimoniale, un avvocato d’affari o una società
fiduciaria) trasferendoglielo integralmente o solo in parte, a
favore tuttavia di terze persone e cioè di uno o di più beneficiari
(detti beneficiaries, perlopiù i suoi discendenti o altri parenti,
così come il convivente o la convivente e altre persone che il
settlor intende beneficiare) oppure – ma solo nel caso del
charitable trust – a favore di un determinato scopo caritatevole,
che deve però essere definito in modo concreto e preciso. È inoltre
facoltà – ma non obbligo – del settlor pre- vedere un sorvegliante
(detto protector che pure può essere
persona fisica o giuridica), il quale è tenuto a controllare che il
trustee (ossia il fiduciario) svolga il suo compito secondo le
volontà contenute nell’atto di fondazione del trust; atto di
fondazione che secondo la Convenzione necessita della forma scritta
per la sua validità (mentre nei Paesi del common law ciò non è
sempre il caso per tutti i tipi di trust).
Vi sono poi ancora alcuni requisiti che risultano per altro dalla
definizione del trust secondo la Convenzione. Il primo è che il
settlor si spossessi completamente dei beni affidati alla gestione
del trustee (che possono essere immobili, beni mobili, denaro,
titoli, imbarcazioni, opere d’arte e quant’altro) e che questi beni
vengano quindi separati dal resto della sostanza personale del
fondatore, venendo così a formare un patrimo- nio a sé stante e
indipendente.
Il secondo requisito consiste nell’acquisizione da parte del
trustee (il fiduciario) sia della proprietà civilistica dei beni
che formano il trust, di modo che egli ne diventa legal owner
(ossia legittimo proprietario), sia della titolarità dei crediti
che even- tualmente lo compongono.
Da qui discende il terzo requisito, ossia una duplice facoltà del
trustee: quella di disporre dei beni del trust, che però egli deve
amministrare e utilizzare in conformità alle indicazioni contenute
nell’atto costitutivo, e quella di far valere le pretese creditorie
del trust nei confronti di terzi. Insomma, il trustee è
formalmente, ma non materialmente proprietario del patrimonio
separato che forma il trust. È la tipica situazione in cui al
fiduciario compete un potere effettivo di disposizione che va oltre
il perimetro dei suoi obblighi (überschiessende Verfügungsmacht)
nei confronti del fondatore stesso in primis, ma anche nei
confronti dei beneficiari, i quali sono sì gli aventi diritto
economico sulla sostanza e sui redditi prodotti dai beni e dai
diritti che formano il trust, ma hanno unicamente una pretesa
giustiziabile di natura obbligatoria (einklagbares Forderungsrecht)
verso il trustee ai fini di ottenere che egli adempia a quanto
stabilito nell’atto costitutivo. Da notare che questa pretesa
giustiziabile di natura obbligatoria compete solo ai beneficiari e
non al settlor, cioè al fondatore.
Merita ancora di essere sottolineata una caratteristica tipica del
trust: i beni che vi sono conferiti e che vengono trasferiti al
trustee non entrano a far parte del suo patrimonio perso- nale e
sono anzi segregati (o “posteggiati” separatamente) dal suo
patrimonio, risultando così sottratti alle pretese dei suoi
creditori personali. Alla stessa stregua i beni del trust non
possono, quindi, far parte del regime matrimoniale e dell’asse
successorio del trustee. Significa, dunque, che non si dà luogo
alla cd. confusione dei beni del trust con quelli del trustee,
cosicché nel caso di una sua insolvenza o di un suo fallimento gli
stessi beni non rientrano nella massa fallimentare. Inoltre i
beneficiari hanno un diritto di revoca dei beni del trust nel caso
in cui il trustee dovesse violare l’obbligo di tenere distinto il
patrimonio del trust dal suo personale.
Di regola, il trust può essere costituito solo a tempo determi-
nato (rule against perpetuities), fatta salva la regolamentazione
del trust caritatevole, che non essendo costituito a favore
175 aprile 2020
Politica fiscale
di persone beneficiarie designate nell’atto, bensì a favore di
scopi di beneficienza, può durare a tempo indeterminato. Ma la
regola è che una volta decorso il termine, il patrimonio del trust
deve essere suddiviso tra i beneficiari. Di principio il trust deve
sussistere, una volta costituito, per la durata media della vita di
una persona a cui si aggiungono 21 anni. Nella prassi questo
principio si rivela talora complesso da applicare e, in caso di
violazione, può condurre a considerare il trust come non
giuridicamente valido, con la conseguente restituzione dei beni al
settlor, rispettivamente alla sua successione.
Il trust si distingue dalla fondazione, tra l’altro, per il fatto
che il suo patrimonio distinto, separato e dedicato allo scopo pre-
visto non ha personalità giuridica e, quindi, il trust stesso non è
un soggetto giuridico e dunque nemmeno fiscale. Inoltre, la
fondazione viene costituita a tempo indeterminato e non può essere
revocata dal costituente, cosa che invece il fondatore di un trust
che non sia irrevocabile può sempre fare a condizione che la
facoltà di revoca (power of revocation) sia espressamente riservata
nell’atto costitutivo (in questo caso si parla di grantor trust e
negli Stati Uniti d’America di living trust).
Come noto, esistono più tipologie di trust. Senza entrare troppo
nei dettagli basti qui ricordare che oltre al trust revo- cabile vi
sono due tipi di trust irrevocabili:
uno è l’irrevocable fixed interest trust per il quale il settlor ha
già previsto nell’atto costitutivo i dettagli relativi ai bene-
ficiari, designandoli individualmente e precisando i loro diritti
e, dunque, il trustee non ha alcun potere discrezionale nella
scelta dei beneficiari e nell’attribuire loro proventi e/o i valori
patrimoniali del trust; in questo tipo di trust irrevoca- bile il
settlor si priva definitivamente della propria sostanza e i
beneficiari sono considerati gli usufruttuari delle quote stabilite
dal fondatore: le singole devoluzioni sono, quindi, assoggettate
alle imposte cantonali di successione ed eventuali proventi
incassati dai beneficiari soggiacciono all’imposta sul reddito, a
meno che si tratti di utili in capitale privati non imponibili
secondo la Circolare dell’AFC;
per contro, nell’irrevocable discretionary trust, il settlor, pur
avendo alienato al trustee la proprietà sul patrimonio del trust,
definisce di regola soltanto delle categorie ideali di beneficiari,
senza specificarne l’identità (ad es. i membri della famiglia) e la
decisione finale su coloro che dovranno beneficiare delle
elargizioni viene lasciata alla discrezione del trustee. I
beneficiari (che possono anche non sapere di esserlo) hanno,
quindi, unicamente un’aspettativa sui beni del trust perché al
momento della sua costituzione non vi è ancora un loro
arricchimento, non essendo stato ancora stabilito quali persone, in
quale misura e in quale momento beneficeranno davvero un giorno di
un’elargizione. Dal profilo fiscale il patrimonio e i proventi
della sostanza nel trust discrezionale non è imputabile al trust
perché non è un soggetto giuridico e nemmeno al trustee che non ne
è l’avente diritto economico e tantomeno ai beneficiari designati,
e ciò finché non vi è alcun afflusso a loro van- taggio. In questo
caso nella prassi, secondo la Circolare dell’AFC, sostanza e
redditi del trust vengono imputati al settlor se egli aveva il suo
domicilio in Svizzera al momento
della costituzione del trust. In caso di domicilio all’estero il
patrimonio non è imponibile né in capo al settlor né in capo ai
beneficiari e gli averi patrimoniali i proventi, rispettiva- mente
i loro proventi diventano imponibili in capo a questi ultimi solo
quando confluiscono nella loro sostanza e nei loro redditi.
III. La necessità di agire a livello legislativo (Handlungsbedarf)
Perché vi è necessità di agire a livello legislativo? Prima di
tutto per accrescere la trasparenza; oggi è, infatti,
indispensabile far ricorso a disposizioni legali di altri Stati con
cui pochi addetti ai lavori hanno dimestichezza; queste
disposizioni possono, infatti, variare anche significativamente a
seconda del diritto straniero applicabile nel caso concreto.
Maggiore trasparenza comporta anche maggiore sicurezza del diritto
e, quindi, prevedibilità degli effetti giuridici per i clienti e
per la piazza finanziaria, il che a sua volta va a tutto vantaggio
della credibilità e reputazione dell’istituto stesso nella misura
in cui viene ridotta al minimo – se non esclusa – la possibilità di
strumentalizzazione del trust a fini dell’elu- sione fiscale, e ciò
anche da parte di soggetti non residenti in virtù allo scambio
automatico di informazioni.
La seconda ragione è la creazione di valore aggiunto per la nostra
piazza economica: grazie ad un trust di diritto svizzero si
creerebbero posti di lavoro nel nostro Paese per poter soddisfare
la domanda costantemente in crescita. A dispetto della grande
mobilità del capitale sarebbe così possibile trat- tenere in
Svizzera consistenti averi patrimoniali di cittadini svizzeri
residenti all’estero e attirare quelli di cittadini stranieri
interessati ad una gestione patrimoniale secondo i criteri di
qualità dei nostri istituti finanziari. Il terzo motivo è che la
vigilanza sui trustee stranieri è molto più complessa in un’ot-
tica di prevenzione del riciclaggio di denaro che non invece sui
trustee svizzeri e residenti nel nostro Paese.
Sempre in punto alla necessità di agire a livello legislativo va
segnalato quanto è emerso da uno studio intitolato
“Regulierungsfolgenabschätzung zur Schaffung einer gesetzlichen
Regelung von Trusts in der Schweiz – Anlyse der volkswirtschaft-
lichen Auswirkungen, riportato nel recente rapporto finale del Büro
für Arbeits- und sozialpolitiche Studien (BASS AG)”, del 5 dicembre
2019, allestito su incarico dell’Ufficio federale di giustizia, del
Segretariato di Stato per le questioni finanziarie internazionali e
dalla SECO[5]. Lo studio si fonda tra l’altro su una serie di
interviste e di questionari sottoposti a diversi esperti e attori
nei settori giuridico, fiscale e finanziario del nostro Paese, che
si occupano professionalmente anche della gestione di trust
stranieri. Il risultato più interessante di questo lavoro è che
anche quegli esperti che hanno menzionato le difficoltà tecniche
che potrebbero sorgere nella codificazione di un trust di diritto
svizzero, sono dell’opinione che vi sia comunque
[5] Lo studio è disponibile al seguente link:
https://www.seco.admin.ch/seco/
de/home/Publikationen_Dienstleistungen/Publikationen_und_Formulare/
Regulierung/regulierungsfolgenabschaetzung/vertiefte-rfa/rfa_zur_schaf-
fung_einer_gesetzlichen_regelung_von_trusts_in_der_schweiz/rfastudie.
html (consultato l'08.04.2020).
Politica fiscale
necessità di agire a livello legislativo, soprattutto in considera-
zione della prassi assai restrittiva del Tribunale federale circa
gli scopi ammissibili delle fondazioni di famiglia e alla luce del
divieto delle fondazioni di mantenimento. Questa forte limitazione
rende pressoché impossibile soddisfare il bisogno della
pianificazione successoria individuale e giustifica per- tanto la
regolamentazione di un modello di trust elvetico.
Molti esperti hanno anche segnalato la necessità di andare oltre,
modificando le norme vigenti in materia di porzione legittima. Le
attuali porzioni legittime del diritto successorio svizzero
risultano, infatti, troppo elevate e vanificano spesso una
pianificazione successoria individuale efficace: non per nulla è
pendente davanti al parlamento una proposta del Consiglio federale
di revisione in senso più liberale, con un accrescimento sensibile
della porzione disponibile.
Altri esperti hanno evidenziato il contributo che un trust di
diritto svizzero fornirebbe all’attrattività della nostra piazza
finanziaria agli occhi di persone benestanti residenti all’estero
che, soprattutto per ragioni di sicurezza e di stabilità politica,
desiderano trasferire tutto o parte del loro patrimonio nel nostro
Paese. Oltre a incrementare la nostra competitività, il valore
aggiunto diretto e indiretto, legato alla prevista diffu- sione del
trust di diritto svizzero – anche se l’istituto interessa solo una
ristretta fascia di popolazione con patrimonio netto superiore ai 5
mio. di fr. secondo lo studio – viene stimato nella variante di
calcolo media a 137 mio. di fr. e nella variante elevata a 454 mio.
di fr. all’anno, mentre il gettito fiscale supplementare per gli
enti pubblici (imposta federale diretta, imposta sul reddito dei
Cantoni e dei Comuni, imposta sul valore aggiunto e contributi
sociali) è stato stimato nella variante media a 57 mio. di fr.
all’anno e in quella elevata a 190 mio. di fr. all’anno.
Circa il 66% dei professionisti interpellati hanno ritenuto che il
nostro diritto presenti a tal proposito una vera e propria lacuna
da colmare e, di conseguenza, un gruppo di esperti ha formulato
anche una proposta di modello normativo per un trust svizzero da
regolare nel CO. A loro avviso l’isti- tuto dovrebbe riprendere
quanto previsto dalla già citata Convenzione dell’Aja, almeno nei
suoi lineamenti principali, e presentare inoltre le seguenti
caratteristiche:
la costituzione dovrebbe avvenire o per contratto o per
dichiarazione unilaterale o per disposizione mortis causa, ritenuto
che nei primi due casi la forma scritta dovrebbe essere
obbligatoria;
la costituzione dovrebbe prevedere una o più persone beneficiarie
già determinate e il trust dovrebbe avere una durata determinata
(massimo 60 anni), con possibilità di revoca da parte del
settlor;
dovrebbero essere esclusi il trust caritatevole e il purpose trust,
per ridurre il rischio di abusi;
il patrimonio del trust dovrebbe configurarsi come distinto da
quello del trustee e, quindi, per sé stante, con la conse- guente
separazione dalla sua massa fallimentare;
dovrebbero essere disciplinati i diritti e gli obblighi del tru-
stee, in particolare con riferimento ai doveri di diligenza,
di
rendiconto e di informazione e dovrebbe essere prevista la facoltà
di designare un protector;
andrebbero precisati i diritti dei beneficiari (anche di essere
informati), indicando quando essi possono far valere pretese
giustiziabili verso il trustee e quando, invece, essi hanno
soltanto delle aspettative sul trust;
andrebbe prevista una giurisdizione non litigiosa e una procedura
arbitrale per tutte le questioni relative ad un trust, per snellire
i tempi procedurali e ridurre i costi giudi- ziari in caso di
contenzioso;
le restrizioni previste dall’art. 335 CC (divieto delle fon-
dazioni di famiglia finalizzate al mantenimento) e quelle dell’art.
488 cpv. 2 CC non andrebbero applicate al trust (divieto della
sostituzione fedecommissaria ripetuta; de lege lata l’obbligo di
trasmettere l’eredità ad un erede sostituito non può, infatti,
essere imposta anche a quest’ultimo);
infine, il trattamento fiscale del trust svizzero dovrebbe
rispecchiare di regola quello previsto attualmente per i trust
stranieri.
IV. I surrogati (inadeguati) del diritto svizzero vigente Ma vi
sono anche altri motivi che suggeriscono l’adozione del trust nel
diritto svizzero. La flessibilità di questo strumento lo rende
particolarmente idoneo alla pianificazione successoria in casi
particolari, dove ad es. i beneficiari possono essere minorenni
bisognosi di protezione o adulti portatori di han- dicap, oppure
ancora per un trapasso successorio in più fasi e secondo precise
modalità decise dal settlor o ancora per il perseguimento di
progetti di utilità pubblica, per la succes- sione aziendale e per
determinati negozi giuridici di garanzia o a fini previdenziali.
Non per niente Paesi come la Scozia, il Liechtenstein, Malta e
l’Austria lo hanno codificato nella loro legislazione civile e
fiscale.
Come ha rilevato la dottrina e, in particolare, il professor Luc
Thévenoz[6], benché i trust assoggettati a una legislazione
straniera siano riconosciuti nel nostro Paese in virtù della
Convenzione dell’Aja, i privati e le imprese residenti in Svizzera
vi fanno raramente ricorso perché l’applicazione del diritto
straniero è più impegnativa e crea sempre una certa esita- zione o
insicurezza. Infatti, “[l]es actes du trust, presque toujours
rédigés en anglais, sont d’une grande complexité et reposent sur
des notions juridiques qui ne sont pas les nôtres. De ce fait, les
personnes qui pourraient souhaiter organiser une transmission de
certains biens sur plusieurs générations, et notamment pourvoir aux
besoins d’un descendant vulnérable ou incapable de discernement,
n’ont pas d’accès à un instrument de structuration patrimoniale
utilisé dans de nombreux autres Pays. […] Un trust de droit interne
permettrait de régler de nombreuses situations dans les limites
fixées par notre ordre public. Il permettrait aussi de donner une
solution simple et fiable à des problèmes répandus qui n’ont pas
encore trouvé une solution sure en droit actuel”[7].
[6] Luc Thevenoz, Propositions pour un trust suisse; in: Revue
suisse de droit des affaires et du marché financier, n. 2/2018,
vol. 90, pp. 99-112, https://archi-
ve-ouverte.unige.ch/unige:105758 (consultato l'08.04.2020). [7]
Thévenoz, p. 99.
Politica fiscale
In effetti, come rileva per altro lo stesso autore, le alterna-
tive offerte dal diritto svizzero non solo non presentano la
flessibilità del trust, ma neppure rendono possibile il rag-
giungimento di tutti gli scopi che generalmente si prefigge un
settlor. Il diritto svizzero sulle fondazioni (art. 80 ss. CC) si
rivela subito problematico per un disponente che intendesse ad es.
garantire il mantenimento di un membro della sua famiglia
attraverso il versamento di una rendita periodica, evitando che
entri in possesso del patrimonio appartenente all’asse successorio.
La fondazione di famiglia del nostro diritto può essere eretta,
infatti, unicamente per far fronte ai costi di educazione,
dotazione o assistenza dei membri di una famiglia o per altri
simili fini (art. 335 CC), ma non per il loro mantenimento e quindi
non per beneficiare uno o più membri della famiglia, a prescindere
dalla loro situazione personale (una disabilità o una malattia),
con versamenti di manteni- mento regolari che consentano loro
semplicemente un buon o migliore tenore di vita[8].
Il secondo grosso problema della fondazione è che le disposi- zioni
vigenti impediscono al disponente di revocarla e, quindi, di
ridiventare proprietario del patrimonio personificato (per-
sonifiziertes Vermögen) dedicato allo scopo prescelto.
Un terzo problema è di natura fiscale: l’erezione di fondazione è
soggetta di per sé all’imposta di donazione e successione per i
valori patrimoniali conferiti nel suo capitale di dotazione e in
taluni Cantoni l’aliquota d’imposta è quella applicata ai
beneficiari non parenti del disponente e, quindi, la più elevata,
con un onere fiscale quindi assai gravoso. Durante la sua esistenza
la fondazione è assoggettata – come un normale soggetto fiscale con
personalità giuridica propria – alle imposte sulla sostanza e sul
reddito. Inoltre le prestazioni finanziarie della fondazione ai
suoi destinatari (beneficiari statutari) non sono trattate in modo
uniforme dal diritto fiscale dei Cantoni: alcuni le tassano con
l’imposta sul reddito, altri con l’imposta di donazione, altri
ancora le considerano esenti da ogni imposta se si tratta di
contributi di sostegno finanziario. A tale proposito, secondo una
sentenza dell’Alta Corte “sind Ausschüttungen von Ertrag der
Einkommenssteuer und nicht der Schenkungssteuer zu unterwerfen”[9].
Il Tribunale fede- rale non si è, invece, pronunciato su come
vadano trattati i proventi versati a terze persone attingendo alla
sostanza della fondazione.
Complessivamente la soluzione della fondazione appare, quindi,
svantaggiosa e inadeguata, in particolare per il cumulo fiscale che
comporta (con doppia imposizione: prima a livello di conferimento
del capitale di dotazione alla neocostituita fondazione e poi al
livello di versamenti ai beneficiati, oltre- tutto spesso, ad
entrambi i livelli, attraverso l’imposta di donazione ad aliquota
massima).
A parte la fondazione del diritto svizzero, entrerebbe in con-
siderazione quale surrogato al trust un negozio fiduciario.
Si
[8] Divieto delle cd. Unterhaltsstiftungen, cfr. DTF 127 III 337;
DTF 108 II 393 e DTF 93 II 439. [9] Sentenza TF n. 2A.668/2004 del
22 aprile 2005.
tratta di un contratto con cui il fiduciante incarica il
fiduciario, il quale accetta, di stipulare un negozio giuridico in
rappresen- tanza indiretta, ossia in proprio nome, ma
nell’interesse e per conto del fiduciante.
Pur non essendo regolato dal CO, il contratto fiduciario è
disciplinato per analogia dagli artt. 394 ss. CO, applicabili al
contratto di mandato. La gestione fiduciaria e la garanzia
fiduciaria (derivanti rispettivamente dalla fiducia cum amico e
dalla fiducia cum creditore del diritto romano) presentano
un’analogia funzionale con il trust nella misura in cui entrambi
prevedono una dissociazione temporanea (ma spesso anche duratura)
tra la titolarità giuridica di determinati attivi e il loro
beneficio economico, perché il fiduciante (come il settlor)
trasferisce la titolarità giuridica dei suoi beni al fiduciario che
si impegna ad agire nell’interesse di uno o più beneficiari.
Nella gestione fiduciaria il beneficiario è lo stesso fiduciante al
quale il fiduciario dovrà restituire i beni alla fine del rapporto
giuridico e nella garanzia fiduciaria il beneficiario è, in primis,
il creditore (spesso il fiduciario) e, in via sussidiaria, il
fiduciante dopo che il creditore è stato tacitato. Tipico esempio è
la prassi della consegna fiduciaria alla banca creditrice di
cartelle ipotecarie con contestuale trasferimento della proprietà
sui titoli a garanzia del credito ipotecario: la stragrande maggio-
ranza dei crediti immobiliari in Svizzera (un mercato di oltre
1’000 mia. di fr.) è garantita in questa modalità.
Tuttavia il negozio fiduciario non è stato concepito stori- camente
ai fini della trasmissione di beni a terze persone beneficiarie,
ciò che invece contraddistingue la stragrande maggioranza dei
trust. Il negozio fiduciario non è un succeda- neo valido al trust
anche per due altre ragioni:
primo, perché l’art. 404 CO – che è di natura imperativa – prevede
la revocabilità del mandato da parte del man- dante,
rispettivamente la deposizione del mandato da parte del mandatario
in qualsiasi momento, e
secondo perché il fiduciante conserva la facoltà di dare istruzioni
vincolanti al fiduciario (art. 397 CO), di modo che quest’ultimo
rimane necessariamente sottoposto al controllo del fiduciante
nell’interesse del quale è tenuto ad agire, anziché poter operare
in modo indipendente.
Ma proprio l’indipendenza del trustee è, invece, uno dei punti di
forza del trust: il trustee non è tenuto, infatti, a rispondere al
settlor per l’adempimento conforme delle volontà espresse nell’atto
costitutivo, bensì deve semmai risponderne ai bene- ficiari.
Un’ulteriore differenza consiste nel fatto che, riservato l’art.
401 CO, gli attivi e passivi affidati al fiduciario non si
configurano come un patrimonio distinto dal patrimonio personale di
quest’ultimo e, quindi, (salvo in casi particolari) non possono
essere estromessi dalla sua massa fallimentare in caso di
insolvenza.
Inoltre in caso di decesso, incapacità di agire e fallimento del
fiduciante o del fiduciario si estingue il rapporto fiduciario,
riservati i patti contrari (art. 405 CO). Ne segue che eventuali
terzi beneficiati dal negozio fiduciario non sono abilitati a
far
178 aprile 2020
Politica fiscale
valere pretese risarcitorie verso il fiduciario, a meno che la loro
posizione giuridica sia stata rafforzata attraverso la costitu-
zione di un usufrutto a loro favore sui beni affidati al fiduciario
(art. 745 CC) o che il negozio fiduciario sia stato combinato con
un contratto a favore di terzi ai sensi dell’art. 112 CO.
V. Conclusioni Nelle prossime settimane dovrebbe essere licenziato
il rapporto del Consiglio federale in merito al mio postulato n.
15.3098, citato in esordio: scopriremo, quindi, se il Governo sarà
riuscito a mitigare il suo scetticismo di fondo nei con- fronti di
un trust di diritto svizzero, anche alla luce di una così chiara
maggioranza parlamentare, delle risultanze della consultazione
negli ambienti interessati e dell’evoluzione in corso in diversi
altri Paesi europei.
L’introduzione di questo istituto flessibile nell’ordinamento
giusprivatistico svizzero aprirebbe nuovi spazi d’azione inte-
ressanti nell’ambito della pianificazione successoria, privata e
aziendale, e del perseguimento di progetti di utilità pubblica o a
finalità previdenziale. Se ne gioverebbe anche la nostra piazza
finanziaria che potrebbe offrire uno strumento apprezzato da
residenti e non residenti con patrimoni rilevanti e interessati ad
una gestione di qualità. Ne guadagnerebbero sia la tra- sparenza
per gli addetti ai lavori sia la sicurezza del diritto, potendo
essere applicate disposizioni del diritto domestico e non più di
diritto straniero (con tutte le difficoltà connesse). Sarebbero
così superate le difficoltà e inadeguatezze legate alle restrizioni
tipiche del diritto svizzero delle fondazioni, delle fondazioni di
famiglia e delle norme che disciplinano i negozi fiduciari.
179 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
Vittorio Primi Già capo dell’Ufficio delle imposte di successione e
dona- zione della Divisione delle contribuzioni
Ai fini dell’imposizione con l’imposta di donazione delle
liberalità contenute in contratti misti o simulati è necessario che
sia presente la volontà di effettuare una donazione
L’assoggettamento all’imposta di donazione ticinese delle
liberalità contenute in un contratto misto o simulato
La Camera di diritto tributario del Tribunale di appello del Canton
Ticino (CDT) aveva sempre ritenuto, nella sua giu- risprudenza in
vigore fino al luglio 2009, che la nozione di donazione dovesse
essere assistita da tre elementi: (i) doveva trattarsi di un atto
di attribuzione, (ii) effettuato a titolo gratuito o parzialmente
gratuito, (iii) assistito dalla volontà di effettuare una
donazione. In altre parole, ai fini dell’im- posizione con
l’imposta di donazione un’operazione doveva essere assistita
dall’animus donandi. Tuttavia, nella sentenza CDT n. 80.2008.57 del
30 luglio 2009, la CDT si è chiesta, lasciando aperta la questione
di principio, se sia giustificato esentare dall’imposta di
donazione l’incremento patrimoniale gratuito di cui beneficia chi
riceve una controprestazione di valore nettamente superiore alla
sua prestazione, quando la sproporzione non dipende dalla volontà
dell’altro contraente. In altre parole, la CDT nella citata
sentenza si è chiesta se sia necessaria, o meno, ai fini
dell’imposizione con l’imposta di donazione, in caso di
sproporzione tra la prestazione e la controprestazione, l’esistenza
di un animus donandi, lasciando però insoluta la questione di
principio. Successivamente la CDT ha ripreso la sua giurisprudenza
confermando che ai fini dell’imposizione di una donazione è
necessaria l’esistenza di un animus donandi (sentenze CDT n.
80.2017.191 del 2 marzo 2018; n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018),
ribadendo che gli elementi costitutivi della donazione nel diritto
fiscale sono l’esistenza di un atto di attribuzione (Zuwendung), la
sua gratuità (parziale o totale) e l’intenzione di effettuare una
liberalità. Con il ripristino della giurisprudenza in vigore prima
della sentenza n. 80.2008.57 del 30 luglio 2009, la CDT si è
nuovamente riallaciata alla giurisprudenza del Tribunale fede- rale
e alla parte maggioritaria della dottrina. Per completezza si
osserva che alcune prassi cantonali e una parte minoritaria della
dottrina, seguono invece una concezione puramente oggettiva della
donazione, senza interessarsi alla volontà del donante (cfr. la
sentenza testè citata, consid. 3.2). Nel presente articolo si
esamina l’aspetto soggettivo della volontà di effettuare una
donazione nell’ambito dei contratti misti e si fa un breve accenno
alla problematica dei contratti simulati.
I. La sovranità dei Cantoni in materia di imposte di suc- cessione
e di donazione Le imposte di successione e di donazione rientrano
nelle competenze dei Cantoni, i quali dispongono di un’autonomia in
tale materia. Questa, tuttavia, non è illimitata dovendo in ogni
caso la regolamentazione cantonale essere rispettosa delle varie
garanzie sancite dal diritto federale[1].
I Cantoni possono, quindi, decidere se prelevare, o meno, le citate
imposte. Ad es., i Cantoni di Svitto e Obvaldo non pre- levano le
imposte sulle successioni e sulle donazioni, mentre il Canton
Lucerna non preleva l’imposta di donazione sotto- ponendo,
tuttavia, talune categorie di donazioni all’imposta sulle
successioni. Il Canton Ticino ha scelto di prelevare sia l’imposta
sulle successioni sia quella sulle donazioni (art. 1 cpv. 1 lett. e
della Legge tributaria del Canton Ticino [LT; RL 640.100]) e non ha
esteso tale diritto ai suoi Comuni.
II. La nozione di donazione nel diritto cantonale ticinese Per quel
che riguarda l’imposta di donazione si deve rilevare che,
analogamente ad altre legislazioni cantonali, il diritto tributario
ticinese adotta una nozione di donazione propria,
[1] Sentenza TF n. 2P.143/1998 dell’8 marzo 1999; Vittorio Primi,
Le impo- ste di successione e donazione nei rapporti con l’estero,
IIa ed., Manno 2017, p. 21 (cit.: Imposte di successione e
donazione con l’estero); Vittorio Primi, Le imposte di successione
e donazione, Agno 1995, p. 1 (cit.: Imposte di successio- ne e
donazione).
I. La sovranità dei Cantoni in materia di imposte di successione e
di donazione ............................................... 179
II. La nozione di donazione nel diritto cantonale ticinese
..................................................................................
179 III. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto misto
......................................................................................180
IV. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto simulato
................................................................................
181
180 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
appare come un contratto misto potrebbe risultare, tenendo conto
delle prestazioni “occulte”, di altra natura e subire, per
conseguenza, un diverso trattamento fiscale[7].
Nell’ambito dei contratti misti vanno distinti i contratti misti
con donazione, designati come tali nel relativo contratto, nei
quali la volontà di effettuare una parziale donazione è chiara-
mente espressa dalle parti e altri tipi di contratto:
i contratti misti con donazione (negotium mixtum cum dona- tione)
sono imponibili per la parte riferita alla donazione fiscale
stipulata tra le parti;
gli altri contratti misti possono essere imposti soltanto se viene
provata l’esistenza di una parziale donazione assog- gettabile
all’imposta.
Conditio sine qua non per poter imporre un contratto misto con
l’imposta di donazione è l’esistenza di un animus donandi; occorre,
cioè, che il cedente sia consapevole che nel contratto vi è un
implicito margine di liberalità a favore del cessiona- rio[8].
Detto in altri termini occorre che il donante (cedente; venditore)
abbia la consapevolezza e la volontà di effettuare una donazione
parzialmente gratuita. Come detto in prece- denza, i contratti
misti con donazione stipulati come tali sono chiaramente
assoggettati all’imposta di donazione in quanto l’esistenza di un
animus donandi (cioè della volontà di effettuare una parziale
donazione) è esplicitata dalle parti nell’inte- stazione o nel
testo dell’atto. L’animus donandi è comunque difficile da
accertare, trattandosi di un atto interiore[9].
Nell’ambito dell’imposizione dei contratti misti[10] si deve
mettere in evidenza il diverso trattamento, riferito alla presenza
dell’animus donandi, tra contratti misti stipulati tra parenti e
contratti misti stipulati tra non parenti. Vi è in effetti una
diversa considerazione, riferita all’animus donandi, nel caso di
devoluzione di beni o diritti per una prestazione inferiore al loro
valore fiscale, qualora l’operazione avvenga tra parenti rispetto
al caso in cui una simile devoluzione avviene tra non
[7] Vi sono delle operazioni effettuate ad un prezzo di favore,
vale a dire inferiore al valore fiscale dei beni, che sembrerebbero
costituire, dal profilo fiscale, delle donazioni, mentre in realtà
costituiscono un reddito. Si pensi, ad es., alla seguente
operazione. Il direttore di una società anonima (SA) acqui- sta
dall’azionista delle azioni della SA, sua datrice di lavoro, ad un
prezzo di favore. Sembrerebbe, quindi, che ci si trovi confrontati
con un’operazione da assoggettare all’imposta di donazione.
Tuttavia, trattandosi di un’operazione intervenuta tra persone
legate da un rapporto di lavoro in senso lato, per sta- bilire se
il compratore delle azioni della SA abbia beneficiato di una
donazione o di un reddito imponibile si deve verificare l’esistenza
di un nesso diretto tra l’operazione stessa e il rapporto di
lavoro. Assodato che tale nesso è presente, si deve concludere per
l’esistenza di un reddito da attività lucrativa dipenden- te, anche
se la devoluzione non è stata fatta dalla società datrice di
lavoro, ma dal suo proprietario (cfr. Sentenza CDT n.
80.2016.147/148 del 20 settembre 2018, consid. 1.2 e 1.3). Le
devoluzioni di beni o diritti effettuate ad un prezzo di favore,
che trovano la loro giustificazione in un rapporto di lavoro, sono,
di regola, imponibili ai fini dell’imposta sul reddito e non con
quella di donazione. L’operazione di cui sopra è da intendere a
titolo esemplificativo e non esaustivo. [8] Sentenza TF n.
2C_597/2017 del 27 marzo 2018, consid. 3.1.2 con riferimen- ti; DTF
118 Ia 497; 116 II 225; Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo
2018. [9] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 5.
[10] Ossia che non sono intestati quali contratti misti con
donazione, ma che sono intestati in altro modo, ad es. i contratti
di cessione, di compravendita, ecc.
che si scosta da quella del diritto civile[2].
Il diritto ticinese sottopone all’imposta di donazione, se ricor-
rono gli estremi di cui all’art. 148 LT, le liberalità e
assegnazioni tra vivi, devolute senza una corrispondente
contropresta- zione (art. 142 cpv. 1 LT). L’art. 142 cpv. 2 LT
elenca un certo numero di operazioni che sono considerate dal
profilo fiscale quali donazioni e che sono, quindi, sottoposte alla
relativa imposta. L’art. 142 cpv. 2 lett. e LT prevede che sono
assog- gettate all’imposta di donazione le liberalità contenute in
un contratto misto o simulato.
Affinché un’operazione sia assoggettabile all’imposta di donazione
occorre che siano riunite le seguenti condizioni[3]:
1) deve trattarsi di un atto di attribuzione, 2) effettuato a
titolo gratuito o parzialmente gratuito (in
questo ultimo caso si è in presenza di un contratto misto), 3)
assistito dalla volontà di effettuare una donazione (animus
donandi).
La gratuità presuppone sia l’assenza di una controprestazione sia
l’assenza di una obbligazione preesistente[4].
III. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto misto Si è in
presenza di un contratto misto allorquando in un negozio giuridico
bilaterale la prestazione fornita da uno dei contraenti risulti
essere di valore superiore alla contropresta- zione fornita
dall’altro contraente. Detto in altri termini, si è in presenza di
un contratto misto (con una parziale donazione esplicita o
sottintesa) allorquando in un negozio giuridico che riguarda due
parti (il donante e il donatario; il cedente e il cessionario; il
venditore e il compratore) il prezzo pagato risulti essere
inferiore al valore fiscale dei beni ceduti[5].
Una devoluzione di beni o diritti può, quindi, costituire una
donazione non solo nel caso in cui ha luogo a titolo completa-
mente gratuito ma anche qualora, trattandosi di un contratto
bilaterale oneroso, il valore fiscale della prestazione fornita da
uno dei contraenti sia sproporzionato rispetto al valore della
controprestazione fornita dall’altro contraente. In tal caso la
liberalità è data dalla differenza tra il valore (fiscale) della
prestazione e quello della controprestazione. Si deve, tuttavia,
tener conto, se del caso, ai fini della determinazione delle
rispettive prestazioni, di un’eventuale esistenza di presta- zioni
“occulte” che compensano la pretesa gratuità parziale dell’atto (ad
es.: retribuzione per prestazioni di servizio) o che trovano la
loro causa in un altro rapporto contrattuale (lavoro, mandato,
ecc.)[6]. In simili evenienze quello che
[2] Sentenze CDT n. 60/87 del 6 marzo 1987; n. 80.2017.191 del 2
marzo 2018, consid. 1.1. [3] Sentenze CDT n. 80.2018. 149 del 6
dicembre 2018, consid. 3.2; n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018,
consid. 1.1. [4] Primi, Imposte di successione e donazione (nota
1), p. 155; Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid.
1.2. [5] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018; Primi,
Imposte di succes- sione e donazione (nota 1), p. 154. [6] Sentenza
CDT n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018, consid 4.3, in fine.
181 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
fiscale dei beni, il grado di attrattività dei beni ceduti, la
neces- sità per il cedente di crearsi urgentemente della liquidità,
ecc.
Il Tribunale federale ha decretato che sarebbe arbitrario
sottoporre all’imposta di donazione un negozio giuridico tra non
parenti, unicamente per il fatto che il prezzo pattuito risulta
essere inferiore al valore fiscale dei beni ceduti, senza esaminare
se esiste effettivamente la volontà di effettuare una parziale
donazione[15].
Per contro, nel caso di un contratto misto stipulato tra per- sone
legate da un rapporto di parentela (o che sono tra di loro vicine),
la posizione dell’autorità fiscale risulta essere facilitata in
quanto, come si è visto, l’esistenza dell’animus donandi può, di
regola, essere presunta, senza la necessità di doverla suf- fragare
con altri elementi.
Per quel che concerne i contratti misti stipulati tra persone
legate da un rapporto di parentela si deve rilevare che, nel Canton
Ticino, sono esonerati dal pagamento delle imposte di successione e
donazione il coniuge, i discendenti e gli ascendenti in linea
diretta, compresi quelli adottivi (art. 154 cpv. 1 lett. f LT). Il
partner registrato è considerato nella Legge tributaria alla stessa
stregua del coniuge[16].
IV. Le conseguenze fiscali concernenti il contratto simu- lato Come
detto, secondo l’art. 142 cpv. 2 lett. e LT non sono impo- nibili
con l’imposta di donazione ticinese soltanto le liberalità
contenute in un contratto misto, ma anche quelle contenute in un
contratto simulato.
La Camera di diritto tributario del Tribunale di appello del Canton
Ticino (CDT)[17], rifacendosi alla giurisprudenza del Tribunale
federale[18] e al Codice delle obbligazioni (art. 18 cpv. 1 CO [RS
220]), ha rilevato che per giudicare un contratto, sia per la forma
che per il contenuto, si deve indagare quale sia stata la vera e
concorde volontà dei contraenti, anziché fer- marsi alla
denominazione o alle parole inesatte utilizzate per errore o allo
scopo di nascondere la vera natura del contratto.
Se risulta che il contratto stipulato non corrisponde alla reale e
concorde (comune) volontà dei contraenti, questo con- tratto,
simulato, è nullo. È allora necessario ricercare qual è il
contratto che le parti hanno realmente concluso. Lo stesso,
dissimulato, è valido a condizione che esso non contravvenga ad
alcuna delle disposizioni che gli sono per il resto
applicabili.
Un contratto è, quindi, simulato quando la sua denomi- nazione o le
parole in esso contenute sono inesatte e non
[15] Primi, Imposte di successione e donazione (nota 1), p. 154;
DTF 118 Ia 497. [16] Primi, Imposte di successione e donazione con
l’estero (nota 1), pp. 29-30; Messaggio del Consiglio di Stato, n.
5846, Adeguamento della legislazione can- tonale alla legge
federale del 18 giugno 2004 sull’unione domestica registrata, del 3
ottobre 2006. [17] Sentenza CDT n. 80.2018.149 del 6 dicembre 2018,
consid. 3.2. [18] Sentenza TF n. 4A_504/2016 del 14 marzo 2017,
consid. 2; DTF 117 II 382, consid. 2a p. 384; 123 IV 61, consid.
5c/cc p. 68.
parenti. La presenza dell’animus donandi, cioè della volontà di
effettuare una parziale liberalità, viene, di regola, presunta nel
caso in cui i contraenti siano legati da rapporti di paren-
tela[11].
Il Tribunale federale ha stabilito che, quando le ulteriori
condizioni sono date, vale a dire l’attribuzione di un bene, l’ar-
ricchimento dal patrimonio di un terzo e perlomeno parziale
gratuità, la presunzione dell’esistenza di un animus donandi in
presenza di un negozio tra persone vicine regge a una critica di
arbitrio[12].
Per chiarezza si osserva che il trattamento fiscale riservato ai
contratti misti stipulati tra persone che non sono tra di loro
parenti, ma che sono tra di loro vicine e tra le quali intercorrono
dei rapporti particolarmente stretti, quali, ad es., i conviventi
more uxorio, fidanzati, ecc., è analogo a quello riservato ai
contratti stipulati tra parenti.
Per contro, condizione imprescindibile per poter imporre una
donazione mista nell’ambito dei contratti misti stipulati tra non
parenti, che non sono considerati persone vicine tra di loro, è
l’esistenza di un animus donandi che, contrariamente alla
situazione che si verifica nel caso di contratti misti tra parenti,
non può essere presunto. Occorre quindi, nei contratti misti tra
non parenti, che il cedente sia consapevole che nel con- tratto vi
è un implicito margine di liberalità a favore dell’altro
contraente[13]. La sproporzione di valore tra la prestazione e la
controprestazione non può da sola far presumere l’esistenza di un
animus donandi. Le parti contraenti (non parenti) possono avere
svariati motivi per stipulare una cessione di beni per un prezzo
inferiore al loro valore fiscale non necessariamente riferiti ad
una liberalità[14].
L’imposizione di un contratto misto stipulato tra non parenti, che
non lascia trasparire dall’intestazione o dal testo del contratto
la volontà delle parti di effettuare una parziale donazione, può
quindi comportare delle difficoltà per l’autorità fiscale poiché,
come precisato, l’esistenza di un animus donandi non può essere
presunta. La sproporzione tra la prestazione e la controprestazione
può senz’altro costituire un indizio circa l’esistenza di un animus
donandi. Tuttavia, per poter assogget- tare l’operazione
all’imposta di donazione, l’autorità fiscale deve suffragare in
modo convincente l’esistenza dell’animus donandi, indagando su
tutti gli elementi relativi all’operazione in questione, quali ad
es. i rapporti interpersonali e economici tra i contraenti, la
plausibilità, o meno, delle ragioni sostenute dalle parti per la
fissazione di un prezzo inferiore al valore
[11] Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.3;
Primi, Impo- ste di successione e donazione (nota 1), p. 154; Felix
Richner/Walter Frey, Kommentar zum Zürcher Erbschafts- und
Schenkungssteuergesetz, Zurigo, 1996, § 4, n. 87, p. 160; Von
Magnus Hindersmann/Michael Myssen, Die Erbschafts- und
Schenkungssteuern der Schweizer Kantone, Colonia 2003, n. 646, p.
222. [12] Sentenza TF n. 2C_294/23018 del 26 giugno 2018, consid.
4.3 e giurispru- denza citata; Sentenza CDT n. 80.2018.149 del 6
dicembre 2018, consid. 3.2. [13] DTF 118 Ia 497; 116 II 225;
Sentenza CDT n. 80.2017.191 del 2 marzo 2018, consid. 1.3. [14] DTF
118 Ia 497, p. 501, in fine.
182 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
corrispondono alla vera e concorde volontà dei contraenti. Detto in
altri termini, si è in presenza di un contratto simulato
allorquando le parti contraenti, facendo uso per errore o
scientemente di un’intestazione o di un testo inappropriati, fanno
apparire una pattuizione che nella forma e/o nel con- tenuto appare
diversa da quella che risulterebbe dalla vera natura del contratto
che intendevano sottoscrivere.
Se nel contratto (dissimulato) che corrisponde alla reale e
concorde volontà delle parti contraenti, cioè nel contratto che le
stesse hanno effettivamente inteso concludere, è riscontrabile una
liberalità, la stessa dev’essere assoggettata, se sono dati gli
estremi voluti dalla legge e dalla giurispru- denza (presenza
dell’animus donandi), all’imposta di donazione ticinese, a meno che
il o i beneficiari della liberalità sia/siano esonerato/i dal
pagamento di tale imposta (cfr. supra; art. 154, cpv. 1 lett. f
LT).
183 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
Simone Leonardi Manager International Corporate Tax KPMG SA,
Zurigo/Lugano
La RFFA porta con sé un cambio di direzione per quello che concerne
la concorrenza fisca- le. Con l’abolizione degli statuti fiscali
speciali si sta verificando un deciso aumento della concorrenza
fiscale intercantonale
Dalla concorrenza internazionale a quella intercantonale
Questo articolo si concentra sullo stato attuale delle strategie
cantonali per l’attuazione della Riforma fiscale e finanzia- mento
dell’AVS (RFFA) e del catalogo di misure che la legge fiscale
prevede, obbligatorie e facoltative. In questo contesto si discute
anche delle aliquote delle imposte cantonali sull’utile e delle
previste riduzioni, nonché delle conseguenze sull’at- trattività
fiscale dei rispettivi Cantoni e sulla concorrenza
intercantonale.
calcolo delle imposte, alla procedura e alle disposizioni penali.
Rimangono escluse dall’armonizzazione, in particolare, le tariffe e
aliquote fiscali e gli importi esenti da imposta. Questo significa
che i Cantoni mantengono una propria libertà nel definire le
aliquote ai fini delle imposte dirette[1].
Negli ultimi decenni la concorrenza fiscale è diventata viep- più
una caratteristica distintiva del sistema fiscale svizzero,
improntato al federalismo, e ha contribuito ad attrarre in Svizzera
aziende che operano su scala internazionale. In generale, i Cantoni
che negli anni sono riusciti ad offrire una pressione fiscale
competitiva hanno registrato un aumento delle entrate fiscali, con
poche eccezioni. Se l’effetto della leva fiscale dovesse essere
limitato, a lungo termine tutta la Svizzera ne risentirebbe: sono
ipotizzabili un aumento della pressione fiscale, una riduzione
forzata dei costi con un con- seguente ridimensionamento dei
servizi al cittadino. Inoltre, i buoni contribuenti sarebbero
invogliati a lasciare la Svizzera verso lidi fiscalmente più
attrattivi, con una significativa ridu- zione del gettito fiscale.
Una politica fiscale cantonale con un alto grado di indipendenza
rimane così un fattore chiave di successo. Questo, però, deve fare
i conti anche con le neces- sità di una politica sempre più
trasparente e con le potenziali conseguenze nefaste di una
concorrenza fiscale tra Cantoni portata all’estremo, con squilibri
economici tra regioni della Conederazione.
B. Difendere la posizione ai vertici a livello internazionale È
anche attraverso una concorrenza fiscale equilibrata tra i Cantoni
che la Svizzera ha potuto issarsi ai vertici dei Paesi con una
tassazione moderata, per persone sia fisiche che giuridiche. Questo
è anche un fattore che fa della Svizzera uno dei Paesi più
competitivi al mondo. Guardando al futuro, la Svizzera potrà
unicamente mantenere questa posizione
[1] Si veda anche l’art. 1 cpv. 3 della Legge federale
sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni
(LAID; RS 642.14), secondo il quale “[o]ve la presente legge non
prevede alcuna norma, i Cantoni e i Comuni disciplinano le loro
imposte conformemente al diritto cantonale. Spetta in particolare
ai Cantoni stabi- lire le tariffe, le aliquote e gli importi esenti
da imposta”.
Andrea Bernasconi Assistant Manager International Corporate Tax
KPMG SA, Zurigo/Lugano
I. La concorrenza fiscale come base dell’equilibrio: status quo e
previsioni future A. I principi della concorrenza fiscale
intercantonale L’art. 129 cpv. 2 della Costituzione federale
(Cost.; RS 101) sta- bilisce i principi dell’armonizzazione
fiscale. L’armonizzazione si estende all’assoggettamento,
all’oggetto e al periodo di
I. La concorrenza fiscale come base dell’equilibrio: status quo e
previsioni future ........................................... 183
A. I principi della concorrenza fiscale intercantonale ........ 183
B. Difendere la posizione ai vertici a livello internazionale
....................................................................................
183 C. L’implementazione della RFFA e gli effetti sulla concorrenza
intercantonale
......................................................... 184 II.
Le misure fiscali previste dalla RFFA e l'impatto sui Cantoni
............................................................................184
A. La tempistica per l’implementazione della RFFA .......... 184 B.
Gli effetti della concorrenza fiscale intercantonale ....... 184 C.
Comparazione tra Cantoni e le loro pianificazioni fiscali
......................................................................................................
186 1. Zona 1 (GE, VD, NE, FR)
............................................................. 186
2. Zona 2 (LU, OW, NW, ZG, SZ, GL, UR)
.................................. 186 3. Zona 3 (BL, BS, SO, JU)
............................................................... 187
4. Zona 4 (SH, TG, SG, AI, AR, GR)
.............................................. 187 5. Zona 5 (AG,
ZH)
.............................................................................
187 6. Sud delle Alpi (VS, TI)
..................................................................
187 III. Conclusioni
......................................................................
187
184 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
sul piano internazionale, dato che la spinta alla riduzione delle
aliquote si nota un tutti i Paesi industrializzati.
Tornando alla Svizzera, è innegabile che la RFFA abbia il pregio di
influenzare significativamente la politica econo- mico-fiscale,
declinata nell’attuazione delle misure cantonali, spingendo i
Cantoni a un maggiore confronto con i propri vicini. Si constata ad
es. che i Cantoni, che in passato hanno approfittato fortemente
delle società con uno statuto privi- legiato (segnatamente Basilea
Città, Ginevra e Zugo), si sono mosse anticipando i tempi e creando
certezza giuridica per i loro contribuenti. Altri Cantoni, nei
quali l’impatto fiscale delle società privilegiate è
sostanzialmente minore (ad es. Berna, Vallese), sono, invece,
ancora fermi al palo e non vedono né la necessità né l’urgenza di
ritoccare le proprie aliquote.
II. Le misure fiscali previste dalla RFFA e l'impatto sui Cantoni
Come indicato poc'anzi, l’accettazione in votazione popolare della
RFFA, avvenuta il 19 maggio 2019, ha decretato la spa- rizione
degli statuti speciali cantonali, non più tollerati dalla Comunità
internazionale (in casu Unione europea, OCSE, G20).
I Cantoni hanno il compito di implementare la RFFA nel diritto
cantonale (art. 72z LAID), con effetto al 1° gennaio 2020.
L’abolizione degli statuti speciali ha comportato un allineamento
dell’onere fiscale delle società. Per mantenere competitivo il
sistema fiscale svizzero, attraendo società innovative e di
"cervelli", la LAID ha messo a disposizione dei Cantoni una serie
di strumenti fiscali – patent box e deduzione maggiorata delle
spese per la ricerca e lo sviluppo – conformi agli standard
internazionali. Con l’introduzione di questi stru- menti, i Cantoni
dispongono di un certo margine di manovra e di una certa
flessibilità nella definizione della propria politica
fiscale.
Preme ricordare che la riduzione generale delle aliquote sull’utile
delle persone giuridiche non è uno strumento previ- sto dalla RFFA,
ma una logica conseguenza della necessità di diminuire il carico
fiscale e mantenere sul proprio territorio i buoni
contribuenti.
A. La tempistica per l’implementazione della RFFA Mentre una rapida
attuazione della RFFA a livello cantonale è del tutto in linea con
l’obiettivo di porre fine all’attuale incertezza giuridica e alle
pressioni esercitate dalle organiz- zazioni internazionali,
l’attuazione tempestiva con effetto al 1° gennaio 2020 non è ancora
tutt’oggi possibile per alcuni Cantoni. Ad oggi 22 Cantoni hanno
già implementato nelle loro leggi tributarie le norme di attuazione
previste dalla RFFA. I restanti Cantoni sono, invece, in attesa
dello scadere del temine di referendum, di una votazione popolare
oppure non hanno ancora deciso di rivedere le loro aliquote
fiscali.
B. Gli effetti della concorrenza fiscale intercantonale Inutile
dire che una celere e chiara implementazione delle norme di
attuazione della RFFA spetta unicamente ai Cantoni. A riguardo si
sono potute constatare diverse strategie politiche
d’implementazione. Mentre alcuni (ad es. Vaud, Basilea Città,
se riuscirà a mantenere un sistema fiscale liberale, semplice e
attrattivo. La concorrenza fiscale intercantonale rimarrà un
elemento fondamentale per mantenere e migliorare l’attrat- tività,
non unicamente nei singoli Cantoni, ma soprattutto sul piano
internazionale.
Bisogna anche ricordare che la Svizzera ha primeggiato nelle
classifiche internazionali grazie all’offerta di un sistema fiscale
particolarmente vantaggioso, con tassazioni privilegiate per
società holding, miste e ausiliarie, società principal e succursali
finanziarie (Swiss Finance Branch). Con l’entrata in vigore al 1°
gennaio 2020 della Legge federale concernente la riforma fiscale e
il finanziamento dell’AVS (RFFA), del 28 settembre 2018[2], e la
conseguente abolizione degli statuti speciali cantonali cd.
“privilegiati”, la Svizzera ha perso un elemento distintivo,
dovendo pure fare i conti con una generale ridu- zione delle
aliquote nei Paesi europei, che dovrebbe portare ad un aumento
della concorrenza fiscale internazionale. Ciononostante, la
Svizzera continua ad offrire, oltre ad una forte stabilità del suo
sistema fiscale, delle aliquote fiscali molto attrattive nel
contesto europeo e mondiale (cfr. Figura 1).
Figura 1: Confronto europeo e resto del mondo per quanto attiene le
ali-
quote d’imposta sull’utile effettivo
C. L’implementazione della RFFA e gli effetti sulla concor- renza
intercantonale L’entrata in vigore della RFFA a livello federale, a
decorrere il 1° gennaio 2020, ha abolito, come indicato in
precedenza, definitivamente tutti gli statuti speciali cantonali,
tra i quali le società holding e ausiliare. Da una prima analisi
delle stra- tegie fiscali dei Cantoni è possibile effettuare
un’interessante riflessione sul cambiamento di paradigma che sta
avvenendo, ossia un incremento della concorrenza fiscale
intercantonale, ma anche un possibile aumento della concorrenza
fiscale internazionale. Come noto, l’abolizione degli statuti
speciali cantonali ha spinto molti Cantoni, che dispongono di una
competenza in materia di aliquote garantita dall’art. 129 cpv. 2
Cost., a ridurre le aliquote dell’imposta sull’utile delle per-
sone giuridiche, al fine di mantenere sul proprio territorio le
società precedentemente imposte in maniera privilegiata. La
concorrenza non aumenterà soltanto tra i Cantoni, ma anche
[2] RU 2019 2395.
185 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
10) Glarona (GL): con votazione del 5 maggio 2019 è stata decisa
una riduzione del carico fiscale effettivo dal 15,70% al 12,43%. La
nuova aliquota è entrata in vigore il 1° gennaio 2020.
11) Grigioni (GR): l’aliquota fiscale effettiva sull’utile delle
persone giuridiche per l’anno 2019 è stata pari al 16,12%. Con
effetto al 1° gennaio 2020 è stata prevista un’ulteriore riduzione
dell’aliquota al 14,02%.
12) Lucerna (LU): negli scorsi anni la concorrenza intercan- tonale
è stata fortemente influenzata dalla decisione del Legislatore del
Canton Lucerna di ridurre l’aliquota effet- tive per l’utile delle
persone giuridiche al 12,32%, aliquota più bassa in Svizzera.
Nell’ottica della riforma fiscale il Canton Lucerna non prevede,
quindi, di ridurre ulterior- mente l’aliquota, che rimane al
12,32%.
13) Neuchâtel (NE): per mantenere attrattiva la piazza delle
industrie orologiere, il Cantone ha deciso di ridurre l’ali- quota
sull’utile dal 15,61% al 13,57%. La decisione è stata approvata dal
Gran Consiglio il 27 marzo 2019 ed è entrata in vigore il 1°
gennaio 2020.
14) Nidvaldo (NW): un caso particolare è quello di questo semi-
Cantone che è andato a votare il 24 novembre 2019 una sorte di
referendum cd. “costruttivo” contro una riduzione dell’imposta
sull’utile per tutte le società dal 6% al 5.1%[3]. Una votazione
popolare è prevista per il 17 maggio 2020[4]. In caso di
accettazione popolare la riduzione dell’aliquota avrebbe effetto
dal 1° gennaio 2021.
15) Obvaldo (OW): non sono previste per il momento riduzioni
dell’aliquota sull’utile, che rimane fissa al 12,74%.
16) San Gallo (SG): con votazione popolare del 23 aprile 2019 è
stata accolta l’implementazione cantonale della riforma con una
riduzione dell’aliquota del 3% su un periodo di cinque anni,
passando da 17,50% a 14,50%.
17) Sciaffusa (SH): è prevista, con effetto 1° gennaio 2020, una
riduzione dell’aliquota sull’utile dal tasso corrente del 15,7% al
14,2%. Un’ulteriore riduzione al 12,3 % è prevista dal 1° gennaio
2025.
18) Soletta (SO): il caso di Soletta è un buon esempio di un
Cantone che ha effettivamente fretta di attuare il disegno di legge
cantonale. Nel maggio 2019, la popolazione ha bocciato
l’implementazione cantonale parallelamente all’adozione della RFFA
a livello federale. Motivo della debacle popolare è stata
l’ambiziosa e celere proposta di riduzione dell’aliquota dal 21% al
13%. Poco dopo la boc- ciatura è stata riproposta una versione
attenuta con una riduzione dell’aliquota al 16%, la quale è stata
approvata dal Parlamento nel novembre 2019. Il Popolo ha accolto la
modifica il 9 febbraio 2020.
19) Svitto (SZ): è stata decisa una riduzione dell’aliquota sull’u-
tile “semplice” (prima dell’applicazione dei moltiplicatori
d’imposta cantonale e comunali) dal 2,25% all’1,95%. Considerando
il capoluogo Svitto, il tasso effettivo com- plessivo è pari al
14,13%.
[3] Regierungsrat schafft Rechtssicherheit für Unternehmen, in:
https://www. nw.ch/aktuellesinformationen/59432 (consultato
l'08.04.2020). [4] Gesetz vom 22. März 2000 über die Steuern des
Kantons und der Gemein- den (Steuergesetz); Änderung vom 26. Juni
2019; konstruktives Referendum vom 4. November 2019, in:
https://www.nw.ch/reglemente/16927 (consulta- to
l'08.04.2020).
Ginevra e Zugo) si sono mossi relativamente in anticipo al fine di
dare sicurezza e stabilità alle aziende, altri Cantoni (ad es.
Berna e Argovia) sono ancora in fase di discussione
parlamentare.
Utilizzando un denominatore comune si è potuta constatare la
seguente tendenza: Cantoni con un’alta percentuale di società a
statuto privilegiato hanno ridotto rapidamente l’ali- quota
applicabile all’utile delle persone giuridiche, combinata alla
possibilità di uno step-up. Gli altri hanno seguito il trend per
non perdere troppe posizioni nella classifica intercanto- nale, pur
non dipendendo massicciamente dagli introiti delle società tassate
in maniera privilegiata.
Di seguito viene presentata la situazione attuale e i possibili
sviluppi in merito alla prevista implementazione nei singoli
Cantoni.
1) Argovia (AG): il carico fiscale complessivo effettivo per il
2019 è del 18,61% per un utile superiore a fr. 250’000. Il Canton
Argovia non intende per il momento pronunciarsi in merito ad una
diminuzione del carico fiscale sull’utile persone giuridiche,
lasciando invariata l’aliquota al 18,61%. Il termine per il
referendum contro la RFFA è scaduto inuti- lizzato.
2) Appenzello Esterno (AR): per il momento non è prevista nes- suna
riduzione, lasciando invariato l’attuale carico fiscale effettivo
sull’utile al 13,04%. Il termine per il referendum contro la RFFA è
scaduto inutilizzato.
3) Appenzello Interno (AI): la riforma fiscale prevede una ridu-
zione del carico fiscale per le aziende dal14,16% al 12,66%. Un
possibile referendum si terrà alla tradizionale Landsge- meinde il
26 aprile 2020. Qualora il referendum non dovesse avere successo,
la legge cantonale entrerebbe in vigore con effetto retroattivo al
1° gennaio 2020.
4) Basilea Campagna (BL): il Popolo ha votato il 24 novembre 2019
una riduzione del carico fiscale dal 20,70% al 13,45%, aliquota che
sarà ridotta gradualmente sino al 2025.
5) Basilea Città (BS): la proposta del Consiglio di Stato del
Canton Basilea Città di voler abbattere l’aliquota effettiva
sull’utile al 13,04% è stata accettata con votazione del 10
febbraio 2019. Con effetto retroattivo al 1° gennaio 2019 il nuovo
carico fiscale è del 13,04%.
6) Berna (BE): dopo aver respinto la votazione nel novembre 2019,
il Canton di Berna non prevede di modificare l’a- liquota fiscale
che rimane pertanto invariata al 21,63%. Questa decisione popolare
porta il Cantone della capitale all’ultimo posto della classifica
intercantonale.
7) Friburgo (FR): l'aliquota fiscale effettiva dell’imposta sull’u-
tile delle persone giuridiche è stata ridotta in votazione popolare
il 30 giugno 2019 dal 19,86% al 13,91%, con entrata in vigore il 1°
gennaio 2020.
8) Ginevra (GE): con votazione del 19 maggio 2019 non è stata
soltanto approvata la riforma fiscale a livello federale, ma anche
confermata la riduzione del tasso effettivo per per- sone
giuridiche al 13,99%.
9) Giura (JU): è stata accettata dal Popolo una riduzione
dell’aliquota sull’utile graduale dal 20,65% fino al 15% su tre
fasi (17% nel 2020/2021, 16% nel 2022/2023 e 15% nel 2024).
186 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
Figura 2: Aliquote effettive applicabili all’imposta sull’utile
prima e dopo l’implementazione delle riforme fiscali nei singoli
Cantoni. Nota: per il con- fronto intercantonale sono applicati i
moltiplicatori d’imposta comunali nella capitale. Per il Ticino,
Bellinzona con un moltiplicatore del 93%. Applicando un
moltiplicatore medio dell’80% l’aliquota effettiva sarebbe del
15,38%.
C. Comparazione tra Cantoni e le loro pianificazioni fiscali Dalla
visione d’insieme dei Cantoni svizzeri si evidenziano dei cluster
di Cantoni che adottano la medesima strategia fiscale per
implementare la RFFA, rispettivamente possibili tendenze di
concorrenza fiscali future.
1. Zona 1 (GE, VD, NE, FR) Il Canton Vaud ha funto da apripista
nella votazione del 20 marzo 2016, riducendo drasticamente
l’aliquota sull’utile dal 21,37% al 13,99%. Gli altri Cantoni
romandi hanno giocoforza seguito il passo vodese: prima di tutto il
Canton Ginevra si è visto pressoché obbligato a seguire la strada
intrapresa dai vicini vodesi, per evitare un probabile travaso di
società nel Cantone confinante. Con una doppia accettazione della
riforma a livello federale e cantonale, il 19 maggio 2019, ha
ridotto a sua volta l’aliquota sull’utile portandola al 13,99% e
allineandosi al Canton Vaud. Il passo è stato seguito poco dopo
anche dai Cantoni di Neuchâtel e Friborgo, che nono- stante
differenti situazioni finanziarie e differenti numeri di società a
statuto speciale hanno optato per una forte riduzione. L’aliquota
in tutti questi Cantoni è stata stabilita di poco sotto della
soglia del 14%, eliminando di fatto una possibile concorrenza
fiscale per quanto riguarda la pressione fiscale tra i Cantoni
romandi. Degli assestamenti potranno verificarsi per quello che
concerne l’implementazione delle misure facoltative. Nei prossimi
mesi sarà interessante osser- vare se vi sarà un travaso di
contribuenti dall’esoso Canton Berna ai vicini friburghesi.
2. Zona 2 (LU, OW, NW, ZG, SZ, GL, UR) I Cantoni della Svizzera
centrale si sono uniformati all’aliquota già in vigore nel Canton
Lucerna. La volontà di mantenere una forte attrattività non
unicamente per le persone fisiche, ma anche per le persone
giuridiche, rimane un caposaldo della politica fiscale dei Cantoni
della Svizzera centrale. L’aliquota effettiva dopo
l’implementazione delle riforme fiscali è, quindi, prevista
ampiamente sotto la soglia del 14% – ad eccezione di Svitto –
assestandosi nella gran parte dei Cantoni (conside- rando anche le
differenze dovute dai moltiplicatori comunali)
20) Ticino (TI): il termine di referendum è scaduto inutilizzato il
7 gennaio scorso. La legge di implementazione della RFFA è, quindi,
in vigore dal 1° gennaio di quest'anno e riduce il moltiplicatore
cantonale dal 100% al 97% e, a determinate condizioni, al 96% nel
2025. L’aliquota ordinaria dell’im- posta sull’utile è fissata al
5,5%, mentre per il periodo transitorio 2020-2024 è dell’8% in
luogo del 9%. Questa riduzione porta l’aliquota effettiva
complessiva al 18,47% e poi al 15,38%, calcolata con un
moltiplicatore comunale medio dell’80%.
21) Turgovia (TG): è prevista una riduzione dell’aliquota dal
16,43% al 13,4%, dopo che il Popolo ha accolta la modifica il 9
febbraio scorso.
22) Uri (UR): la popolazione ha accettato il 20 ottobre 2019
l’implementazione cantonale della riforma fiscale confer- mando
così la proposta riduzione dell’aliquota sull’utile dal 14,92% al
12,64%.
23) Vaud (VD): il Popolo vodese ha riconosciuto rapidamente
l’importanza di ridurre l’aliquota per le imprese. Già il 20 marzo
2016 la popolazione ha votato a favore per una riforma cantonale
dell’imposta sulle società portando ad una sostanziale riduzione
dell’aliquota d’imposta canto- nale sull’utile dall’attuale 21,37%
al 13,99%. Dall’altra parte, per il momento l’implementazione
cantonale della riforma si trova in una fase di analisi e verrà
discussa dal parlamento cantonale unicamente nel corso
dell’anno.
24) Vallese (VS): il disegno di legge proposto dal Consiglio di
Stato del Canton Vallese prevede una riduzione dell’ali- quota
dell’imposta sull’utile in una prima fase dal 12,66% all’11,89%
unicamente per gli utili fino a fr. 250’000 (attualmente fino a fr.
150’000). Per la seconda fascia (per gli utili oltre i fr. 250’000)
è anche prevista una riduzione d’imposta sull’utile attualmente
proposta dal 21,56% al 16,98%. Al momento il disegno è ancora in
fase di consul- tazione.
25) Zugo (ZG): per il Canton Zugo, che ha sempre offerto una
tassazione particolarmente agevolata rispetto agli altri Cantoni, è
prevista una riduzione con effetto al 1° gennaio 2020 dal 14,35% al
11,91%, prendendo la vetta della classi- fica della concorrenza
intercantonale.
26) Zurigo (ZH): il 1° settembre 2019 gli elettori zurighesi hanno
votato la proposta di attuazione della RFFA e così accettato la
modifica di legge cantonale. Questa modifica apporta tra l’altro
una riduzione dell’aliquota effettiva dell’imposta sull’utile in
una prima fase e con effetto 1° gennaio 2021 al 19,70% (in
precedenza 21,15%), portando così il Canton Zurigo verso il fondo
della classifica dei Cantoni. Tuttavia, è prevista un’ulteriore
riduzione dell’ali- quota effettiva dell’imposta sull’utile dal
19,70% al 18,19% a partire dal 1° gennaio 2023 nell’ambito di un
nuovo dise- gno di legge, che però non ha ancora superato il
consueto iter legislativo.
La seguente cartina della Svizzera (cfr. Figura 2) mostra, in una
panoramica, le aliquote fiscali prima e dopo le riforme portate
avanti dai singoli Cantoni per quanto riguarda l’imposta sull’utile
delle persone giuridiche (quota federale, cantonale, comunale di
culto dove prevista).
187 aprile 2020
Diritto tributario svizzero
quindi, rivolte al prossimo completamento della linea ferro- viaria
Alptransit e alla riduzione dei tempi di percorrenza del tragitto
Ticino-Zurigo, nonché agli stretti rapporti economici con la vicina
Italia. In questo ambito risulta inoltre necessario considerare le
disposizioni italiane per le Controlled Foreign Companies (CFC) ed
evitare di finire in una nuova black list. Il margine di manovra
politico è, quindi, limitato e la riforma fiscale è, comunque,
entrata in vigore il 1° gennaio 2020. Ci si attende ora una vera e
propria revisione generale della Legge tributaria per dotare il
Cantone di una base giuridica al passo con i tempi e per guardare
al nuovo decennio del secolo con sguardo speranzoso.
Figura 3: Rappresentazione visuale delle zone descritte e
ripartizione geo- grafica dei Cantoni a dipendenza dello stato
dell’implementazione cantonale e prevista riduzione dell’aliquota
sull’utile.
III. Conclusioni La concorrenza fiscale intercantonale è stata e
rimarrà un elemento imprescindibile del sistema fiscale svizzero.
La maggiore mobilità delle aziende, i nuovi modelli di lavoro
(telelavoro, home office, ecc.) e la riduzione dei tempi di spo-
stamento all’interno della Svizzera fungeranno in futuro da
combustibile alla concorrenza fiscale intercantonale.
Oltre a ciò, è importante evidenziare il trend internazionale di
riduzione del carico fiscale, che aggiungerà ancora più sale
spostando il livello della competizione da un piano cantonale ad
uno internazionale. Se sul lungo termine appare probabile un
livellamento delle aliquote fiscali, l’annullamento di questo
elemento concorrenziale farà sì che altri elementi defini- ranno il
successo di una nazione o di una regione. Sicurezza personale e
giuridica, sistema formativo, accesso ai capitali, disponibilità di
personale, accessi all’alta velocità dei dati.
Saranno questi in futuro gli elementi trainanti che releghe- ranno
in soffitta la cara e spesso vituperata concorrenza fiscale?
tra il 12% e il 13%. La forte dipendenza di questi Cantoni dal
gettito fiscale delle società a statuto speciale – su tutti Zugo –
e la grande mobilità di queste società, ha sicuramente influito
sulla decisione di ridurre massicciamente le aliquote.
3. Zona 3 (BL, BS, SO, JU) In questa ragione, il motore trainante
rimane il semi-Cantone Basilea Città, polo di riferimento per
l’importante industria farmaceutica. Al fine di garantire una
sicurezza nella pianifi- cazione a tutte le imprese con sede nel
suo territorio, vi è stata una riduzione dell’aliquota al 13,04%. I
Cantoni limitrofi hanno portato avanti analoghe politiche fiscali,
che prevedono una progressiva riduzione delle loro aliquote nei
prossimi cinque anni. L’ultimo ad essersi mosso è il Canton
Soletta, avendo il Popolo accolto la riforma lo scorso 9 gennaio
2020.
4. Zona 4 (SH, TG, SG, AI, AR, GR) I Cantoni della Rheintal si sono
anch’essi allineati per quello che concerne la pressione fiscale.
Mentre i due semi-Cantoni di Appenzello presentano un carico
fiscale molto interessante per le persone giuridiche (con
un’aliquota tra il 13-14%), gli altri Cantoni della zona del lago
di Costanza, così come il Canton Grigioni, prevedono di portare le
loro aliquote effet- tive complessive al di sotto della soglia del
15%. Anche per questa zona geografica – non fortemente dipendente
dal gettito delle società a statuto speciale – non si attendono
grandi movimenti dovuti dalla concorrenza fiscale.
5. Zona 5 (AG, ZH) I due Cantoni limitrofi di Argovia e Zurigo non
hanno in previ- sione una sostanziale riduzione del carico delle
imposte delle persone giuridiche. Mentre Zurigo ha deciso con la
votazione del 1° settembre 2019 l’implementazione della riforma