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Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

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Tradizione & Cultura della Buona Tavola - Rivista ufficiale dell'Associazione Cuochi della Provincia di Fermo

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“Tra l’Adriatico e la ca-

tena appenninica dei

Sibillini giace una cam-

pagna fertile e ondulata, ricca di cereali, di vino e

d’olio. Campi pezzati di grano, di granturco, di trifoglio

rosso, di lino azzurro, di legumi, ricoprono le valli e i pen-

dii delle colline. Aceri e pioppi, inghirlandati di viti, s’in-

nalzano dai campi di grano. Ulivi e gelsi abbondano.

Le acacie orlano le strade, e qua e là gruppi di querce

e di olmi fanno rimpiangere al viaggiatore che non ne

siano stati risparmiati di più in quella che una volta era

una contrada con boschi bellissimi. Coppie di enormi

buoi tirano gli aratri e i carri dipinti. Gli Appennini in-

cappucciati di neve chiudono a ovest l’orizzonte, e la

distanza rende incantevole la vista del mare, intravisto

tra le curve delle colline, punteggiato dai colori viva-

ci delle vele delle barche da pesca. Strane minuscole

città, circondate da massicce mura di difesa, stanno

appollaiate sulla cima di ogni collina”.

Scriveva questo un secolo e mezzo fa Margaret Collier,

inglese, giunta nel Fermano dopo il matrimonio con

l’ufficiale dell’esercito Arturo Galletti. Vedeva questo

dalla sua villa su un cucuzzolo della campagna di Torre

San Patrizio.

Molto è andato perduto oggi di questa realtà agreste,

ma molto è anche sopravvissuto.

La nostra terra, nonostante gli attacchi subiti, una sua

bellezza e una sua vocazione agricola l’ha mantenuta.

Ed oggi questo patrimonio rimasto è un valore aggiun-

to. Che può tirare le calzature e i cappelli, che arricchi-

sce la meccatronica, ma che può anche significare il

rilancio tout cour del settore agricolo sommato al turi-

smo e alla buona tavola.

Terra ricca di tradizioni, di storie, di leggende e di buon

mangiare è il Fermano. Ecco, perché ne parliamo ne Adolfo Leoni

La nostra terra, il nostro Gusto

Editoriale

“Il Gusto... della vita”.

Segnali di maggiore attenzione a questi settori emer-

gono al di là delle mode. Basta saperli cogliere e baste-

rebbe coniugarli insieme per un mix vincente.

Ci piace pensare alle denominazioni comunali di ori-

gine (De.Co) - grande ed intelligente pallino di Paolo

Massobrio e del suo Club di Papillon - che stanno au-

mentando. Dopo quella apposta a “lu serpe” dal mu-

nicipio di Falerone, Montegiorgio apporrà il suo timbro

De.Co. su “li caciù co la fava”.

Roba nostra, roba storica, roba genuina, dove i sindaci

- in questo caso Massimo Bertuzzi e Armando Benedetti - ci

mettono la faccia e dicono: è una bontà di casa no-

stra, da lungo tempo, fidatevi, lo certifichiamo noi.

E ci piace ricordare la recente nascita dell’Associazion-

ne Produttori dei Maccheroncini di Campofilone.

E ci piace dire delle fattorie didattiche, come quelle

di Doriano Scibé a Grottazzolina, dove i bambini delle

scuole incontrano di nuovo - e non su internet o nei car-

toni animati - gli animali da cortile, eppoi le mucche, i

maiali.

E ci piace infine sottolineare come i nostri cuochi siano

l’ultimo anello - imprescindibile, indispensabile - di una

catena che lega la terra agli uomini, la natura al gusto

dei suoi prodotti.

I cuochi sono i grandi interpreti della fantasia poliedri-

ca che la terra ci propone. E sono anche gli interpreti

- come vedremo in alcuni servizi all’interno di questo

numero - della bontà del Signore, che se voleva solo

sfamarci avrebbe consentito un solo prodotto, ma ha

voluto farci assaporare migliaia di gusti.

I cuochi allora, sia detto senza irriverenza, braccio de-

stro del Padreterno.

1 della vita

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Sommario...

Direttore ResponsabileAdolfo Leoni

Redazione

via San Salvatore snc - FermoTel. 0734 623636 / 620707

[email protected]

Art DirectorSara Ricci

Grafica e impaginazioneStudium Design

[email protected]

Web masterAngelo Cecchetti

In redazioneMedi@Comunicazioni:

Stella AlfieriFabio ScatastaSimone Troiani

Hanno collaboratoAnna Maria CerquettiFranca D'amico Sinatti

Claudio DesideriAntonio Di Giacomo

Orietta ForesiAlberto Mazzoni

Lupo NobileSandro Pazzaglia

Luciano ScafàAlessandro Spena

WolfGianmarco Veccia

FotografiAngelo Cecchetti

Gioia Carli

Edito daAssociazione Cuochi

della provincia di Fermo

Indirizzo internetwww.ilgustodellavita.org

Abbonamenti:[email protected]

StampaGrafiche Ciocca - Mc

La rivista è stampata su cartanaturale ed ecologica

n. 0/2 giugno 2008In attesa di registrazionec/o il Tribunale di Fermo

1... L'editoriale

4... Ma quale cuoco vogliamo?

5... Ospitalità e dintorni

8... A tavola con i fiori

10... Tranquilli, in cucina siamo sempre i migliori

12... Una vita da chef. In gonnella

13... Il coniglio in porchetta

14... Antonio Nebbia e Carlo Venturini

18... Confindustria Fermo: Orma group

19... Le antiche radici del vino marchigiano

20... Cinema e cibo

22... Insalata di sella di coniglio

23... Storia di un'azienda: La Fontursia

24... L' Istituto Zooprofilattico e la sicurezza alimentare

25... Rocca Tiepolo

26... GAL Piceno: Le pesche della Valle dell'Aso in cucina

27... I Crivelli e la frutta

29... La Fiera del Libro di Torino

30... Notizie dal GAL Fermano

31... Cucina dal mondo: Mangiare alla russa

32... Diario di bordo

Sommario

3 della vita

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Vivendo nell’epoca in cui la globalizza-

zione invade ogni settore, e ogni pro-

fessione ne riceve un qualche influsso,

anche quella dei cuochi deve rivede-

re il suo modo di operare.

E allora, ripensando ad un lontano passato, quando

ci veniva insegnato che il cuoco, innanzitutto, doveva

unicamente “saper fare il cuoco”, viene spontanea la

domanda: ma che significa saper fare il cuoco? So-

prattutto oggi? E chi è costui? Quali sono le sue carat-

teristiche e prerogative? Beh, in certi periodi, sapeva

fare il cuoco era chi riusciva a soddisfare i desideri-pia-

ceri culinari dell’ospite-cliente. E ne riceveva il classico:

“bravo, complimenti, ho mangiato veramente bene”.

Un complimento non da poco, in un rapporto stretto

cuoco-cliente. Ma con l’evoluzione degli ultimi 30-40

anni che si è avuta anche nel nostro campo, e a ritmi

frenetici, si può pensare che sia sufficiente il solo accon-

tentare il gusto della clientela? Badate bene: abbiamo

detto “solo”. Da molti anni vado sostenendo (e non per

spirito di parte) che la fortuna di un’azienda (ristoran-

te, albergo, trattoria, hotelleries in genere) passa attra-

verso il cuoco. E di ciò sono confortato da autorevoli

pareri provenienti da proprietari o general manager

alberghieri.

Dobbiamo prendere atto, allora, che la figura del cuo-

co tradizionale, con le caratteristiche del passato, non

può reggere all’urto dei tempi e alle mutate necessità.

Da molto sostengo la necessità che i cuochi assumano

altre due caratteristiche, due componenti importanti

nel nostro mestiere: la capacità dell’analisi costi-ricavi

del comparto in cui operiamo e la conoscenza delle

linee guida di una sana e corretta alimentazione.

Certo, per sviluppare questi due punti occorrerebbe-

ro ampi spazi di manovra. Come diceva uno stimato

professionista del passato: “l’arte di un grande cuoco

sta nel suo saper dosare il fuoco”. Un modo di dire che

esprime una valenza quanto mai attuale, che va estesa

non alla sola dosatura del fuoco, ma ad una sempre

più profonda conoscenza delle quantità e delle qualità

che lo chef manipola e presenta, recitando così il ruolo

di attore e non di comparsa nel suo palcoscenico.

Ma qualecuoco

vogliamo?

A l e s s a n d r o P a z z a g l i a

Il Cuoco ideale

Il Gusto... 4

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Tornerò da voi. Sape-te perché? Adesso sembrerà poca cosa quello che leggerete. Eppure - lo giuro! - ha

fatto la differenza. Tenetelo bene a mente!Appena arrivato da voi, quel vigile urbano ha visto la mia indecisione da forestiero e, con molta gentilez-za, mi ha indicato un parcheggio a portata di mano; il netturbino è corso a pulire quel rettangolo di so-sta prima che posteggiassi l’auto; la signora che stava rientrando in casa, salutandomi cordialmente, ha atteso che le girassi le spalle prima di chiudere l’uscio; la com-messa del negozio non ha inserito il nastro pre-registrato del: “signo-re, posso fare qualcosa per lei?”. Mi ha indicato, invece, l’oggetto migliore di questa vostra terra al prezzo migliore; la fontana vicino alla piazza non era sigillata e dopo avermi dissetato s’è chiusa auto-maticamente senza spreco d’ac-qua; i portici - che belli! - e tenuti al meglio, mi hanno difeso dal sole e lo avrebbero fatto anche dalla pioggia, come un tempo accade-va ai pellegrini.

Ospitalità e dintorniUn Comune accogliente. Sarà il nostro?

Ho notato che la pavimentazio-ne del centro storico è realizzata in pietra e che l’asfalto è solo un brutto ricordo; le porte delle chie-se sono aperte e trovo - incredibi-le! - sacerdoti al confessionale, non mi pare vero; i campanili hanno ancora le campane, campane che suonano!; le mura antiche non sono sdentate di merli; i musei sono sempre visitabili e chi ci guida è simpatico e preparato; la spiaggia è pulita e il gestore dello chalet è carico di attenzioni; i ragazzi han-no trovato sempre uno spazio ver-de ricco di giochi e quelli più gran-di hanno passato ore in quel pub di legno scuro e di birre bionde. Las-sù, in collina, è il regno della quie-te, giù, lungo la costa, dell’allegria anche un po’ chiassosa. Ma ci sta! “Ospitalità”, mi sono detto, “questa gente è ospitale sul serio”. E non è tutto. Il brodetto che ho mangiato in un locale fantastico eppur senza pretese - brodetto servito in picco-le fiamminghe di terracotta -, non è la scopiazzatura di ricette digerite malamente da libri e tv, è l’eredi-tà di padri, nonni e bisnonni con la passione del mare e la pelle grin-zosa del sole e del sale; il vino rosso

e quello bianco: una scoperta sor-prendente; la carne alla brace è soda e saporita: ho visto personal-mente i bovini scorrazzare sotto la magica Sibilla. E che dire dei primi piatti? Ci sono certi pastai...Ho incontrato anche sindaci che cantavano e ballavano ai concer-ti jazz. E ho sperimentato i cuochi - grandi! - che si fanno in quattro per offrire e farci scoprire il meglio della tradizione culinaria di questa vostra provincia di Marca. Perché, far da mangiare - questo ricorda-telo bene! - è un atto d’amore. È voler bene a qualcuno, è dirglielo con un fatto. Con una pietanza, è il massimo!E il ritrovarsi a tavola, insieme, tran-quilli, sereni, capaci ancora di di-scutere e di stupirsi, riapproprian-doci della nostra vita ogni giorno scippata da altro, è un atto da veri rivoluzionari.Eccoci, noi rivoluzionari dell’ultima ora... ad apprezzare a tavola chi ci ama, e ad amare, a tavola, chi ci apprezza.Tornerò, tornerò ancora! Non posso farne a meno!Solo, un dubbio: ma eravate voi?

L u p o N o b i l e

Ospitalità

5 della vita

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Sono questi i punti di forza di CGM, tratti distin-tivi che hanno consentito all’azienda di affermarsi nel mercato dei surgelati.La grande esperienza maturata nel campo della ri-storazione commerciale è stata prontamente messa a frutto dalla compagine societaria, la quale ha effettua-to importanti investimenti finalizzati ad acquisire il necessario know-how tecnologico e a realizzare infra-strutture adeguate, come testimoniano gli stabilimenti produttivi, che si estendono su un’area di 2.000 mq, gli impianti frigoriferi di produzione e stoccaggio, per complessivi 1.400 mq (a breve partiranno i lavori per l’ampliamento dell’attuale struttura con la costruzione di un nuovo capannone di circa 5.000 mq.). Tutto ciò per raggiungere un solo, grande obiettivo: coniugare la tradizione gastronomica marchigiana con le moderne tecnologie industriali.Dunque, un’offerta ricca di gusto e qualità, che si tradu-ce in una gamma amplissima di prodotti raccolti all’inter-no di due linee: la Linea Fritto e la Linea Forno.La prima si caratterizza per i marchi CGM (referen-za storica, destinata al canale catering), Grand’Or (referenza destinata sempre al canale catering, ma caratterizzata da un' elevata qualità) e Ice Chef(referenza con un ottimo rapporto qualità - prezzo).

Infinte le referenze disponibili: accanto alle olive, prodotto di punta dell’azienda, troviamo infatti arancini, carciofi panati, cremini all’asco-lana, crocchette di patate, medaglioni di mozzarella panati, mozzarella di bufala, misto di verdure, crêpes, panzerottini, supplì e zucchine stick panate.E passiamo alla Linea Forno, per la quale abbiamo cinque brand: I Cuocinforno, prodotto pensato espres-samente per la G.D.O, I Ghiotti Cotti, dedicato al canale bar, e CGM, brand studiato per la ristorazio-ne. Altrettanto ricca la gamma: si passa dalle cinque referenze de’ I Ghiotti Cotti (mozzarelle panate, olive ripiene all’ascolana, arancini alla siciliana, supplì gran gusto e carciofi panati), alle sedici del marchio CGM (arancini di riso mignon, arrosticini, carciofi panati, cremini all’ascolana, filetti di baccalà e fiori di zucca pastellati, funghi champignons, chicce fritte, misto pre-fitto, misto vegetali pastellati, mozzarelle panate, olive ripiene all’ascolana, pizzette rosse, polenta, rusticini misti e supplì di riso mignon). Seguono poi gli Happy Hour, ispirati alla cucina internazionale (come testimoniano le referenze disponi-bli: bastoncini di formaggio, anelli di cipolla, involtini primavera, tasche ripiene di formaggio, jalapenos verdi e broccoli nugget) e Le Spizzichelle, bocconcini di pa-sta di pizza che si ispirano alla tradizione napoletana (disponibili alle alghe, allo speck, alle mele e uvetta, al merluzzo e crostacei, alle patate e rosmarino).

Ricerca, innovazione e attenzioneper i trend di mercato e le esigenzedella clientela.

CGM natural food

PUBB

LIRE

DA

ZIO

NA

LE

7 della vita

Page 10: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

I fiori sulle tavole apparec-

chiate sono sempre belli,

ma dentro il piatto lo sono

ugualmente?

A chi avesse delle per-

plessità va detto che questi ultimi

sono una componente dell’alimen-

tazione. L’interesse oramai diffuso

e anche reclamizzato per il modo

corretto di nutrirsi, delle diete, for-

se oggi un poco in calo, impone

a tutti coloro che si avviano a re-

alizzare una vera professionalità a

guardare non soltanto attorno a

noi stessi, ma anche più lontano

nel tempo. Non ci si deve riferire al

cucinare delle nonne, ma assai più

in là: si tratta di guardare alla storia

alimentare italiana e anche euro-

pea; la storia, quella fatta di date,

di guerre, di paci, di spartizioni di

territori, è d’obbligo anche nelle

scuole professionali. Esula invece la

ricerca su quel percorso dal quale

discendiamo poi tutti, oggi. E’ sto-

ria della civiltà, del suo progredire:

ci saranno pagine scritte da quelle

massaie che non potevano certa-

mente andare nelle macellerie a

prendere il macinato per il ragù,

ma che, affacciandosi a guarda-

re i campi dalle finestre, vedevano

arrivare i luminosi fiori di zucca che

concludevano le guide verdi. Era

logico farne un condimento.

A Tavolacon i Fiori

d i F r a n c a d ’A m i c o S i n a t t i

Qui però cerchiamo di conoscere di

più. Ebbene i fiori sono commestibi-

li: prima di essere coltivati sono nati

spontanei, come le erbe aromati-

che; sono quindi da considerare una

risorsa della natura, ma anche ele-

menti da migliorare e coltivare. Se si

pensa che il carciofo è nato cardo,

poi è stato scardettato (attenti pro-

prio a questo termine) per portare la

pianta al frutto: in arabo harschouf

significa proprio grande fiore. Siamo

nei primi secoli della nostra epo-

ca. La tradizione dei fiori nel piatto

affonda le radici così lontano che

potremmo perderci. Alcuni dati ci

possono confortare. In tutte le aree

coltivate vicino ai monasteri del Me-

dioevo c’era l’Orto dei Semplici. Era

lo spazio destinato alle erbe officina-

li e tutte le bordature erano di rose,

nel meridione di mandarini, limoni e

altri fiori. La tradizione è spesso pre-

sente e noi la ignoriamo: a Firenze,

in centro, vicino alla chiesa di San

Marco c’è il Giardino dei Semplici; e

non è senza significato ch’è proprio

attaccato alla facoltà di Farmacia e

Chimica.

Ci possiamo avvicinare a questi “re-

perti” anche attraverso i libri antichi

e ci accorgiamo che un manuale

molto importante ci avverte di fare

una pastella di media densità per

metterci i fiori di sambuco quando

sono belli bianchi: lo dice un cuo-

co anonimo veneziano del ‘300 e

si premura di avvertire che i bei fiori

vanno messi a mollo prima in latte di

capra! Poi una minestra straordina-

ria: fiori di sambuco, latte di pecora,

uova si fa una stracciatella. E poi il

Cucinare con i fiori

G i n e s t r a

F i o r e d i z u c c a

A c a c i a

Il Gusto... 8

Page 11: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

famoso Martino da Como che nelle salse mette fiori di

pesco o di ginestra.

Gli ospiti della serata marchigiana di Monsampietro

Morico erano un po’ sorpresi a sentire che i petali di

rosa andavano a finire nel budino di riso, ma preoccu-

pata, anche se non lo lasciava vedere, era la padro-

na di casa che davanti al locale aveva un vero giar-

dino già fiorito: temeva forse l’assalto delle “reclute”

del buon cucinare ai suoi fiori prediletti. C’erano già le

petunie e quelle potevano benissimo finire in insalate

profumate assieme alle calendule, fiore fra l’altro cu-

rativo delle infezioni cutanee. In un attimo si è levato il

sipario su di uno spettacolo colorato e fragrante, pro-

fumato e utile nella novità.

E, se quella famosa storia di cui si diceva fosse nota,

i commensali avrebbero saputo che questi cibi non

erano destinati ai poveri, ma ai grandi signori dal tem-

po perché scelte raffinate e suggestive.

E qui si riapre il tema dell’istruzione che deve arricchire

anche la fantasia, perché chi fa il cuoco sa quanta

responsabilità c’è nel preparare i bei piatti, ma oggi

più di sempre deve cercare di sorprendere attraverso

elementi che non sono noti a tutti. Di qui la scelta di

un cucinare diverso, ma non lontano dalla tradizione

italiana; anzi sempre più vicino, per fare anche capi-

re agli stessi giovani che a volte si sentono studiosi di

serie B invece sono di serie A, ma in Nazionale, e che

potrebbero fare buona figura anche all’estero. Il per-

corso dunque si può animare di piatti semplici, anche

con i cari fiori di zucca fritti, ma può dare gioia prepa-

rare un risottino con le rose e, se si trovano, un budino

semplice con due o tre fiori di arancio: non per gli spo-

si, ma per chi sposa la tavola come un’avventura.

R o s a

Page 12: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Sandro Pazzaglia chia-

ma, Giorgio Nardelli

risponde. Il vate dei

cuochi italiani non po-

teva dire di no all’invito

del collega marchigiano nonché

presidente dell’Associazione Cuochi

della Quinta Provincia. Così lo scor-

so aprile è andato in scena all’Hotel

Royal di Fermo il “Cookie and Chill,

Finishing”, che dall’inglese all’italia-

no diventa “cuoci e lascia rilassare,

prima del tocco finale”. Si è trattato

di una sorta di stage sulla banchet-

tistica, che come epilogo ha avuto

una gustosissima cena. Protagoni-

sta, appunto, Nardelli, il migliore in

circolazione per quanto riguarda

una tipologia di preparazione e cot-

tura dei cibi caratterizzata dall’uso di

nuove tecnologie, alcune delle quali

davvero curiose e sorprendenti. Per

gli chef del Fermano è stata l’occa-

sione per stare qualche ora a stretto

contatto con un maestro assoluto.

d i S i m o n e T r o i a n i

Tranquilli, in cucinasiamo sempre i migliori.

Per chi scrive, invece, è stata l’oc-

casione per strappare qualche bat-

tuta ad un personaggio d’eccezio-

ne. Giorgio Nardelli ha innanzitutto

applaudito l’iniziativa, definendola

didattica piuttosto che tecnico-pra-

tica. Apprezzamento anche per il

coinvolgimento delle aziende del

territorio. Giorgio Nardelli, a doman-

da precisa, ha poi rassicurato tutti:

tranquilli, ai fornelli noi italiani siamo

ancora i migliori. Dopo aver girato

il mondo con la Federazione Cuo-

chi, il pioniere della cucina italiana

afferma con certezza che al primo

posto non può esserci nessun altro.

Il maestro si è soffermato poi sui suoi

inizi, con la passione per la cucina

tramandatagli dalla famiglia. Oggi

è lui a testimoniare ai suoi figli un

mestiere splendido. Oggi che ha più

tempo, visto che ha lasciato il lavoro

negli alberghi per dedicarsi all’atti-

vità di consulting. Hotel e ristoranti

si fidano della sua esperienza. E chi

Parola di Giorgio Nardelli , i l nume ro 1 d ’ Ita l ia

non lo farebbe. Nardelli, originario

dell’Alto Adige, si è rivelato fine co-

noscitore della cucina marchigiana,

individuando nel ciauscolo, nella

trippa e nei fegatelli, e ancora nel

coniglio in porchetta e nello stocca-

fisso all’anconetana, i piatti tipici di

una regione al plurale. La nostra bre-

ve chiacchierata si è conclusa con

i consigli a quei giovani, tanti, che

oggi vogliono intraprendere il me-

stiere dello chef: passione, amore e

tanto tempo a disposizione, conditi

da una buona dose di sacrificio.

Se lo dice Giorgio Nardelli...

Giorgio Nardelli consiglia

Il Gusto... 10

Page 13: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Campofilone è un piccolo centro

adagiato sulle dolci colline

fermane, a circa 200 metri sul

livello del mare, tra le vette dei

monti dell’Appennino e la riviera

adriatica, sempre meta di più

turisti. Il territorio comunale, 12

km quadrati c.a, ospita una popo-

lazione di circa 1700 persone. Il

paese si è sviluppato attorno ad

un borgo medievale, al centro del

quale si trova l'abbazia benedet-

tina di San Bartolomeo. Nel XII

sec. il monastero passò sotto

l’arcivescovado di Fermo e vi

rimase fino al 1342. La Via degli

Orti, il Viale dei Pini, il Torrione

di Porta Marina, Porta da Sole e

Porta da Bora sono segni evidenti

del passato. Ed è proprio in

questo bellissimo borgo che i

fratelli Marcozzi hanno fondato

la loro azienda, a conduzione

familiare, che produce pasta

all'uovo tipica, secondo la tradiz-

ione artigiana di Campofilone.

Una tradizione che li porta all’

accurata selezione e alla scelta

delle migliori semole e delle uova, all’uso della

trafila di bronzo, alla prolungata essiccazione

a bassa temperatura, al confezionamento

manuale: sono alcune delle caratteristiche

che conferiscono ai maccheroncini di Campo-

filone, della ditta Marcozzi, il riconoscimento

di prodotto tipico-tradizionale dal Ministero

delle Politiche Agricole e Forestali e dalla

Regione Marche.

Oltre ai classici maccheroncini di Campofi-

lone, l'azienda Marcozzi produce, coniugando

tradizione e modernità, 50 prodotti diversifi-

cati in più linee: pasta lunga, pasta corta,

pasta aromatizzata, pasta al farro. Come tutte

le altre specialità della Marcozzi, i maccheron-

cini si distinguono dalle altre paste alimentari

all’uovo, perché la semola è impastata con

sole uova fresche, di origine italiana al 100%,

per ottenere una sfoglia morbida, sottile e

delicata al gusto. La sfoglia è tagliata in fili

sottili poi separati e stesi su fogli di carta

utilizzando la lama di un coltello (operazione

manuale tipica dei pastai di Campofilone) e

l’essiccazione, dalle 24 alle 36 ore, è fatta a

bassa temperatura in modo da eliminare tutta

l’umidità contenuta nella pasta. Questo

processo produttivo, esclusivo, la tradizione e

l'esperienza sono il segreto che

rendono le paste Marcozzi

prodotti unici al mondo nella

qualità e nel gusto. Prodotti

semplici, sani, genuini ed incon-

fondibili per i consumatori che

ne apprezzano il sapore intenso,

il profumo delicato ed il colore

dorato. L’”Antica Pasta” della

ditta Marcozzi oltre che in Italia

è presente nei mercati di Belgio,

Canada, Damimarca, Francia,

Germania, Giappone, Inghilterra,

Olanda, Polonia, Russia, Slovac-

chia, Slovenia, Spagna, Svezia,

Ucraina, Ungheria. Nel 2004

l’azienda è stata certificata FDA;

oltre la metà dei prodotti hanno

in etichetta la tabella nutrizionale

america, e dal 2005 ha ottenuto

dall'autorità sanitaria della

Russia il certificato “GOST”

come azienda idonea e qualifi-

cata per vendere i propri prodotti

nel mercato russo.

Questo a significare la bontà dei

maccheroncini “Antica Pasta” di

Campofilione, un prodotto di

altissima qualità tanto che una

commissione di giornalisti

specializzati ha definito, di

recente, i maccheroncini dell’

“Antica Pasta”, come prodotto

unico al mondo.

Dalla Tradizione di CampofiloneMarcozzi Gabriele & C. snc

Via Valdaso 48 - 63016 Campofilone (AP) - Italy - Tel +39 0734 931725 - Fax +39 0734 [email protected] - www.anticapasta.it

Page 14: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

La guardo e dico: questa è una ragazzi-na. Poi, indago, e vengo a sapere che è: signora con figli all’università. Ma ragazzi-na resta, nello sguardo e, soprattutto, nel-la passione. Passione per le cose di cuci-

na. Detto così, mi accorgo di svalutarla. Allora, cari amici lettori, mi spiego subito: Orietta Foresi è una grande chef, con il volto da giovanissima, ma con

un’esper ien-za da far im-pallidire tanti colleghi. Se avete pa-zienza, ve la racconto. Orietta nasce a Morrovalle, da una fami-glia di agri-coltori, mam-ma Silvana, papà Enzo e due fratelli. Vita dura in

campagna, che spinge ad affrancarsi. Orietta stu-dia sodo e diventa ragioniera. Ma c’è qualcosa che dice che la sua vita non saranno i conti, tantomeno la fabbrica. La sua vita sarà la gastronomia, i fornelli, le ricette. Ed allora, come sempre, un incontro cam-bierà la vita, meglio: un imprevisto la cambierà. Un imprevisto di nome Gualtiero Marchesi. E, scusate, se è poco!!! Sono i primi anni ‘80, Orietta, che lavora insieme al marito in un locale di Morrovalle, prende parte ad una degustazione organizzata ad Ancona da Gual-berto Compagnucci. E chi è presente? Proprio il grande Marchesi. A questo punto, ci piace pensare ad Orietta che, un poco rossa in volto, si avvicina al Maestro, lo sa-luta gentilmente, e spara una richiesta inattesa: Maestro mi prenda per uno stage. Mar-chesi non li ha mai fatti. Ha altro cui pensare. Stavolta però è diverso. Sarà la sim-patia, sarà la luna, saranno le circostanze, stavolta dice: si, va bene, vieni a Milano. Ed Orietta non si fa certo atten-

dere. Pochi giorni dopo arriva in via Bonvesin della Riva, celebre locale diretto dal Marchesi, scuola di cucina, cenacolo di intellettuali, punto di riferimen-to per gastronomi d’alto bordo. Orietta inizia dalle cose più umili. Guarda i cuochi stellati, incamera la filosofia del Maestro: semplicità dei piatti, ma accu-ratezza nei dettagli, non si mischiano salse, nessun ornamento: è la pietanza che parla da sola. Non si possono prendere appunti. Ma un registratore lo si può nascondere bene. E così accade. Un gior-no è impegnata agli antipasti, poi ai primi, quindi ai secondi. Quella di Marchesi è una scuola, anche di vita. L’uomo è affascinante, possiede una rara cultura, nonostante sia un mostro sacro è aperto ai consigli dei collaboratori. Incredibile! Quando torna al suo locale di Morrovalle, Il Castro, Orietta porta un bagaglio enorme di conoscenze. Ma gli si è anche spalancata una nuova strada. Chiusa la stagione de Il Castro, viene contattata dal ristorante Ermitage di Zurigo. Pronta, si reca in Svizzera per un mese di grandi esperienze, soprattutto nel campo del pesce (salmone, tonno) e delle carni di alto livello. Dalla Svizzera alla Francia, per prendere parte ai corsi con Joel Robouchon.Quindi negli States. Grazie agli sponsor Varnelli e Spi-nosi, Orietta Foresi si reca a New York per presenta-re le ricette della cucina salata insaporita dal mistrà della ditta Varnelli e introducendo i maccheroncini di Campofilone. Il pubblico delle serate di degustazione: ristoratori, giornalisti enogastronomici, importatori di vini rimangono impressionati: grande cucina, grande cuoca. Orietta ringrazia ancora l’organizzatore delle due settimane di tour, Domenico Licastro, manager dell’Istituto Italiano di cultura. Ad una delle serate parteciperà anche la regista Lina Wertmuller. Torna-

ta in Italia, la nostra chef vie-ne nuovamente richiamata negli Stati Uniti dall’Istituto Culinario di Brooklin. C’è un concorso di cucina regionale italiana. Orietta propone la ri-cetta del coniglio in porchet-ta (che pubblichiamo in altra parte di questo numero). Un trionfo. Da incorniciare in vi-sta dei prossimi. A proposito, se volete assag-giare il coniglio, andate da Secondo a Macerata, perché Orietta sta lì. A volerci bene con le sue ricette.

Una vita da chef. In gonnella

L’intervista

d i A d o l f o L e o n i

Ricordi di polentadi Anna Maria Cerquetti - Morrovalle

Solleva il coperchio dei ricordi il ventoMostrando l’appetito di un bambino,scalpitante come lo sfrigolio dell’olio

che infioretta le pure vesti di mia madre.

E metto gli occhi di un fuoco a legna accesoAl risveglio di un pensiero domenicale,

tra fornacelle di mattoni stanchigorgheggi dorati la mia gola assapora.

Lentamente in quel paiolo io abbandonoTutto l’oro dei miei ingenui sogni acerbi,

le risa frivole delle fate nel granturco,il timore di una catena appesa all’ombra

E poi…L’odore del futuro sparso sui campiE la carezza antica di quel fumo

Che nella luce di nostalgia m’inebria.Il Gusto... 12

Page 15: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Sempre in tema di cibi provenienti dal la ter ra, forse non tutt i sanno che la famosa PORCHETTA è nata propr io nel le Marche; può essere piccola o grossa e s i usa disos-sar la. L’imbottitura consiste in f inocchio selvatico o “ba-stardo”, molti spicchi d’agl io, rosmar ino, pepe e sale; s i bagna i l tutto con vino bianco, adesso, f ino a 40 anni fa s i usava i r rorare l’animale con vino cotto che rendeva più sapor ita la cottura.Ecco qui r iproposta la r icetta tradiz ionale.

INGREDIENTI- 1 conigl io da 1 kg- 1 hg di carne macinata di vitel lone- 1 salsiccia di maiale- ½ hg di pancetta- 1 uovo- 1 bicchiere di vino bianco- 1 mazzetto di f inocchio selvatico- ol io extravergine di ol iva q b- sale e pepe q b

PREPAR AZIONEI l conigl io deve essere natural -mente tenuto a bagno almeno 4 o 5 ore, quindi asciugatelo e salatelo al l’interno. Fate un battuto con i l f inocchio selvatico lessato, l’agl io, la carne macinata, la pancet-ta la salsiccia, la coratel la del conigl io. Mescolate i l tutto con l’uovo, i l sale, i l pepe e farcite i l ventre del conigl io. Chiudete-lo con un f i lo bianco e ponetelo in un tegame da forno bagna-to d’ol io. Cuocete in forno per mezz’ora ci rca a 180°, e pr ima di ult imare la cottura spruzzate i l conigl io con i l vino bianco. Servitelo a tocchetti con i l r ipieno.

La ricetta tradizionale

C h e f O r i e t t a F o r e s i

Il coniglio in porchetta

Ehi ragazzi, sentite un po’ quaHo una grossa novità Che vi sconvolgeràA me non piacciono le uovaMa dovete sapere che queste uova al tegaminoSono veramente delizioseSono facili da preparare edEcco alcuni suggerimenti che vi possono aiutare.

Ingredienti (4 persone)- Panna montata 1 confezione- Pesche gialle sciroppate 8 gusci- Gelato alla crema 8 palline

EsecuzioneDisponete in ogni piatto due ciuffi di panna mon-tata, sopra adagiate le palline di gelato alla crema, che coprirete con i gusci di pesca. A questo punto abbiamo ricreato i tuorli di uova, per formare l’al-bume, spruzzate intorno in modo circolare la pan-na montata ed ecco qua le mie uova al tegamino.Avete capito come si fa?Sono veramente semplici da preparare e vi assi-curo che sono una bontà.

d i L u d o v i c a B e n i g n i

La cucina dei piccoli

Le uova al tegamino

13 della vita

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Ancora nella prefazione:si rivolge “ai tanti servitori e serve“ senza altra mira che quella di istruirli con facilità assai grande e con somma chiarezza, a secondo il nuovo gusto e con economia di ogni sorte di comestibili... il che certamente sarà ai pa-droni di risparmio non solo, ma di gran soddisfazione a motivo di polizia, che non lascio, nè lascerò mai di raccomandare giacchè la medesima nelle cucine è una delle cose più importanti. Per far bene il cuoco si ricercan due cose -La prima esser bene e perfetta-mente istruito, la seconda è di mettere in esecuzione la propria abilità colla maggior polizia... Inoltre Sappia chi vuol fare il mestiere del cuoco, servirsi della mia ingenuità, che grandissima ho usato nello scrivere appoggiato alla sperienza, e al buon gusto...

IL CUOCOMACERATESE

DIANTONIO NEBBIA

Che insegna a cucinare ogni sorta di vivande,tanto di grasso, che di magro; imbandir

Mense secondo la nuova moda, ed ultimobuon gusto, e finalmente il modo facile di

fare allievi di sotto Cuochi, ed il doverdi quelli verso i loro respettivi Officiali.

UTILE E VANTAGGIOSO

Non meno a’Giovani Servitori, e Donne di cucina, ma anche a tutti quei, cheintendono applicar a simil mestiere.

ANTONIO NEBBIA e CARLO VENTURINI

da una relazione di Luciano Scafà (convegno Antonio NebbiaMassa Lombarda 20 novembre 1999)

Il mio incontro con il libro del Nebbia è avvenuto nel 1973, quando lo trovai in casa del-la contessa Stelluti Scala du-rante una delle mie ricerche

sulla cucina marchigiana e di an-tichi testi di cucina.

Non mi è facile descrivervi l’emozione per il ritrovamento: era il mio primo li-bro importante, ed era marchigiano. Un’opera preziosa, un punto di par-tenza essenziale per le mie ricerche e per la mia vita professionale. ANTONIO NEBBIA nasce quasi sicu-

ramente a Fortillo di Pieve Boviglina, paese d’origine della famiglia Nebbia, a cui siamo risaliti con

Franco, di archivio in archivio. Dico quasi sicuramente perchè purtroppo Don Aronne Gubinelli non ci ha permesso di visionare il suo ar-chivio e quindi le ricerche non sono potute proseguire.Della sua vita professionale conosciamo poco: per certo fu un grande pro-fessionista, un innamorato del suo mestiere. Ritengo errata l’asserzione di alcuni insigni studiosi che hanno inteso indicare in ANTONIO NEBBIA un per-sonaggio scarsamente professionale, probabilmente non un “VERO CUO-CO”, cioè non un operatore a tempo pieno, non innovativo, e un semplice seguace della cucina francese allora molto in voga.Ebbene ANTONIO NEBBIA è la figura più importante della nostra cucina, ed è stato il primo ad inserire in un libro le ricette della cucina popolare.Nel frontespizio leggiamo:

Il Nebbia in queste poche righe ha voluto proporsi mumerosi e significativi obbiettivi. Il suo trattato infatti:

1 - Si prefigge di istruire con facilità;2 - Si rivolge alle donne;3 - Si preoccupa di cucinare con economia tanto nello spendere quanto nel cucinare;4 - Insegna a cucinare secondo il nuo-vo gusto;5 - Insegna a cucinare con somma pu-lizia;6 - Ripete più volte che il cuoco deve essere bravo e perfettamente istruito;7 - Ribadisce di mettere in esecuzione la propria abilità con la maggiore puli-zia (è un elemento che ripete continua-mente);8 - Insegna a cucinare con poco gras-so; “Una cosa, caro lettore, ho lasciato in questo capitolo, ed è la più essenzia-le, cioè tenersi lontano dal grasso, per-chè questo grasso è di così gran pregiu-dizio alla nostra natura, che non ve lo sò spiegare.” (pag. 7)9 - Detta “LE REGOLE DEL CUOCO” il modo di comportarsi e di trattare i su-balterni senza “strapazzamenti e ingiu-rie” (pag.173);10 - Inserisce nel suo testo le ricette di cucina popolare.

Antonio Nebbia

Il Gusto... 14

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Claudio Bemporat ne “La storia della gastronomia italiana”:“Il Cuoco Maceratese di Antonio Neb-bia” edito nel 1779 merita attenzione particolare poichè rappresenta il pun-to di incontro e di congiunzione tra la vecchia cucina italiana della pri-ma metà del secolo condizionata dai trattati francesi e le nuove aspirazioni italiane tendenti ad una autonomia li-bera da condizionamenti stranieri alla ricerca di una più marcata caratteriz-zazione nazionale.

Paolo Scotto, giornalista de “Il Messag-gero” a proposito del Nebbia scrive:Gli antichi ricettari diventano pertanto una finestra aperta per comprendere l’evoluzione della nostra tavola e i suoi percorsi, contributo inestimabile per saldare una riflessione sui nostri piatti di oggi e sulla loro effettiva parentela con quelli antichi.Con queste premesse, inutile dire che si legge con grande curiosità e pia-cere il volume di ricette e consigli di Antonio Nebbia, cuoco marchigiano della seconda metà del XVIII secolo. Il nostro chef si trovò infatti ad operare in un’importante epoca di transizio-ne, la quale segnò di fatto un punto di svolta per la cucina italiana.

Il Nebbia a pag. 158 (della 2° edizione maceratese) parla “dell’esperienza per molti lustri esercitata in CUCINE RAGGUAR-DEVOLI” e sostiene che si diventa buoni cuochi solo con la pra-tica e non con la teoria.

Ancora da un grande esperto.Da “Storia della gastronomia italiana” di Claudio BemporatÈ nelle composizioni più spontanee che il Nebbia ha saputo esprimersi al meglio sfruttando la sua fantasia e il suo magiste-ro, facendo ricorso ad un linguaggio immediato e quasi confi-denziale, privo di ogni condizionamento stilistico, che rinuncia progressivamente a quella terminologia francese che era sem-brata finora insostituibile. La sua posizione nel panorama della letteratura italiana si caratterizza con una marcata propensio-ne per i piatti nazionali, se non regionali,in linea con quanto pro-posto dal Corrado negli stessi anni con maggiore organicità e spessore culturale. La sua cucina è destinata ad alimentare quel filone che prenderà corpo negli ultimi decenni del secolo e di natura nazional-popolare, ricca di appunti originali, fonte inesauribile di ispirazione per le massaie italiane che necessità e moda volevano “econome e di buon gusto”più attente al risparmio che alla qualità, che sempre più spesso intervengono di persona in cucina per controllare la preparazione dei piatti quotidiani.

La professionalità del Nebbia è quindi riconosciuta dai più im-portanti studiosi di storia della cucina, difficilmente si spieghe-rebbero le ben 12 edizioni (5 maceratesi, 5 venete, 2 romane) in un’epoca difficilissima anche dal punto di vista alimentare, non dobbiamo dimenticare che ben 4 terribili carestie contras-segnarono il ‘700, e che proprio allora la media borghesia len-tamente stava sostituendo la grande nobiltà: ecco spiegata la ricerca delle ricette semplici, poco grasse, economiche, che evitano gli sprechi.

Angiola Maria Napolioni nè “Le Carte In Tavola”:L’alimimentazione delle classi neno abbienti non registra sostan-ziali trasformazioni anche a causa delle carestie che si ripetono nel corso del secolo: l’uso del pane di ghianda è documentato per i contadini dell’area appenninica tanto che il Parroco di Urbania, durante la carestia del 1767, annota che nella città della marina c’è forte “calamità per deficienza delle ghiande” che risolvono in alcuni casi il problema della sussistenza, tanto da essere mangiate dai montanari “a tutto pasto”.Pochi anni dopo il Cavaliere Cristiano de Miller, attraversan-do nel settembre del 1775 l’Appennino umbro-marchigiano in compagnia del Tesoriere generale dello Stato Pontificio , nota che i montanari mangiano un pane di ghianda così nero che “in altri paesi mangiano assai meglio li cani da caccia”.

Se ci fossero ancora dubbi, dopo tanti elementi, che Antonio Nebbia era un cuoco, un apprezzato cuoco, e che come tale operava in una delle famiglie più importanti e illustri dell’epoca, la prova decisiva l’ho avuta grazie alla signora Marina Venieri, vostra concittadina da tempo residente a Fermo, che mi ha portato a conoscenza dell’esistenza di una edizione del “Cuo-co Maceratese di Antonio Nebbia” nella biblioteca Comuna-le “Carlo Venturini” di Massa Lombarda, insieme ad altre 5427 opere appartenute al commendator Carlo Venturini. È la 5° edizione “maceratese” de “Il cuoco Maceratese del 1792” quella in vostro possesso, e ha la particolarità di recare una nota manoscritta in cui si legge:Il Nebbia fu cuoco di casa Presottini di Recanati in cui nacque Giuseppa dal Capitano Antonio e dalla Contessa Alessandra Stelluti di Ancona li 14 Novembre 1813. Sposò poi Carlo dott. Venturini di Massa Lombarda medico condotto in Recanati stessa Martedì 21 di Novembre 1837; e morì in Ancona (dopo felice e fortunato matrimonio di anni 44) Venerdì alle ore 3 del mattino 18 Nov. 1881. per Apoplessia, ove il marito era Console generale della Tunisia (Affrica).

Antonio Nebbia

15 della vita

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Finalmente abbiamo una traccia do-cumentata della sua attività, attività di cuoco svolta in una famiglia importan-te la famiglia Presottini, infatti così leg-giamo nelle annotazioni del Venturini. In realtà, la moglie Giuseppa, è figlia in seconde nozze fra il Cap. Antonio PRE-SUTTINI E DELLA CONTESSA ALESANDRA STELLUTI. “PRESUTTINI” e non “Presottini” come si evince dall’estratto anagrafico “del Registro nominativo della popola-zione - Censimento Napoleonico del 1809-1812 custodito negli Archivi Comu-nali di Recanati (n° inventario 1083).Questo piccolo errore la “o” invece della “u” nel cognome della moglie del Venturini, e del nome della suocera ALESSANDRA anzichè ALESANDRA non-chè l’esprimersi in terza persona mi ha fatto sorgere il dubbio che l’annotazio-ne manoscritta sul foglio di guardia an-tistante il frontespizio del libro, confron-tata con la sua firma sul frontespizio, non fosse autografa del Venturini, ma di un’altra persona, segretario, archivi-sta, custode. Sono quasi certo che così sia confortato dall’analisi con altri testi manoscritti del Venturini che la solerte dott.ssa Marisa Galanti mi ha fatto per-venire.

Per fugare ancora dubbi, qualora ce nè fossero, la storiografa dott.ssa prof. PAO-LA MAGNARELLI, nel suo libro “ESTRATTO TERRA, CHIESA, BORGHESIE SUL SUOLO DELL’ENFITEUSI NELLA FORMAZIONE DEL CETO MEDIO” “annali della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università De-gli Studi di Macerata”, XXIV (1991, pag. 181-228) a pag. 220 cita il possidente An-tonio Francesco Presuttini, del ceto civi-le ed è chiaramente scritto Presuttini.

PRESUTTINI cap. ANTONIO - dei fu Giu-seppe e Marianna Corsetti sposò in pri-me nozze MADDALENA TERRI e da que-sta ebbe MARIANNA il 2 giugno 1800In seconde nozze sposò :STELLUTI ALESANDRA (una S) dei fu Car-lo e Camilla Bonarelli da cui;nacqueroDIANA il 16 ottobre 1807____?____ 1809 non sopravvissuto atto di nascita n° 123CARLO il 7 settembre 1810GIUSEPPE 1812 vissuto 16 mesi † 1813GIUSEPPA il 14 novembre 1813CARLO prende il nome dal nonno ma-ternoGIUSEPPA dal nonno paterno GIUSEPPE e probabilmente dal fratello mortoMARIANNA dalla nonna paterna.. Giuseppa sarà la moglie del dott. Carlo Venturini (nato a Massa Lombar-da il 6 giugno 1809 e ivi deceduto il 7 novembre 1886) era Console di Tunisi, del Brasile e del Venezuela, collezioni-sta, filantropo, membro di 160 accade-mie italiane e straniere.

Nebbia esercita in casa di possidenti di Recanati la famiglia Presuttini.Il frutto del suo lavoro - anche in tale casa - è “Il cuoco maceratese”I “possidenti” (dal registro) si sono assi-curati i servigi di un cuoco di fama, il cui nome anche dopo la morte (probabil-mente... ) rimase a tal punto famoso da dare il via alle ristampe del testo fino al 1820 a cura della Tipografia Remondini di Bassano (41 anni dopo la prima pub-blicazione del 1779).

Ho ritrovato nella biblioteca Benedet-tucci di Recanati il testamento di AN-TON FRANCESCO PRESUTTINI del 15 aprile 1747 morto 10 giorni dopo, il 25 aprile 1747 lascia fidecommisso la mo-glie MARIA VIRGINIA con disposizione (atti notaio Pignotti 1754) di lasciare tutto ai nipoti maschi del fratello “FLA-VIANO”, morto nel 1740. Eredita il figlio - dott. MARIN GIACOMO PRESUTTINI-, a questi succedono l’avv. ANTONIO e il cap GIUSEPPE PresOttini (1741 ?) (il cognome esatto è e rimane PresUttini, qualche volta, PresOttini. C’è una ma-schera dialettale bolognese chiamata “Presuttino”, che può forse immagina-re l’area di provenienza. Paola Magnarelli da “Tre Storie Borghesi”, rivista Proposte e ricerca n°32 del 1994) - questi il 22 ottobre 1785 a Forli, fa “l’inventario e descrizione di parte dei mobili ed altro.... deIl’illustre cap Giuseppe della città di Recana-ti abitante da molti anni in Forlì”. Il fi-glio di quest’ultimo - il cap ANTONIO - (4-11-1776) dà in sposa la figlia GIU-SEPPA (14-11-1813) a CARLO VENTURINI (6-11-1809) di Massa Lombarda medico in Recanati.

- Forse il Nebbia ha lavorato per il cap. Giuseppe e per il suocero cap. Antonio considerando che il Nebbia ha fatto te-stamento che,”avanti negli anni e con numerosi acciacchi, timoroso di mori-re”, volle fare per tempo il 17-3-1775 di-chiarando di essere “sano, per grazia di Dio, di mente, senso, vista,udito, loquela ed intelletto, benchè infermo di corpo e giacente nel letto, e temendo il peri-colo della sua futura morte,...”(Archivio Notarile , volume 4141, carta 186, verso). Non sappiamo quando il Nebbia è nato nè quando è morto, pertanto possiamo fare solo delle ipotesi tenendo come data certa quella del testamento.Quando Carlo Venturini firma la nota di possesso sulla copia del “Cuoco ma-ceratese” sono già trascorsi diversi anni dalla pubblicazione (la quinta edizione esce infatti nel 1792) e forse dalla stes-sa morte del Nebbia: forse Carlo aveva trovato il libro tra gli scaffali della bi-blioteca della moglie? o del suocero? in ogni caso la famiglia Presuttini con-servava di sicuro gelosamente questo ricordo del famoso cuoco.

La “nostra”, o meglio quella in possesso di Venturini, la quinta edizione macera-tese differisce dalle precedenti.La prima e la seconda edizione ma-ceratesi del Nebbia sono infatti identi-che; invece nelle successive si nota una continua evoluzione espressiva, da una più puntigliosa descrizione delle ricet-te, una più ricercata ampiezza degli argomenti, al raggruppamento per ti-pologie delle ricette, e - cosa importan-tissima - l’indicazione quantitativa degli ingredienti che compongono alcune ricette.Finalmente con le edizioni romane e venete Antonio Nebbia esce dai ristret-ti confini maceratesi, diviene un autore conosciuto in altre regioni e un riferi-mento della letteratura gastronomica dell’epoca.

Come dimostrano i trattati di cucina (quasi tutti anonimi) pubblicati successivamente - nelle Marche e in Italia - e cioè:La brava ed economica cuciniera;Almanacco per l’anno 1825;Il fa per tutti. Giornale per l’anno 1831La cuciniera all’uso modernoIl cuoco delle Marche del 1861Il cuoco perfetto marchigiano 1891Il re dei cuochi-Ossia l’arte di mangiare al gusto degli italiani-Fi 1883Come posso mangiare bene-Libro di cucina per stomachi sani e per quelli delicati-Giulia Ferraris Tamburini-1900Pellegrino Artusi “L’arte del mangiare bene”

Tutti hanno seguito la linea tracciata da “Antonio Nebbia”, del quale molte sono le ricette prese e sviluppate.Il Nebbia invece in parte si è ispirato al “CUOCO PIEMONTESE PERFEZIONATO A PARIGI - Torino 1766” a - IL CUOCO GALANTE di VINCENZO CORRADO - Napoli 1773altri scritti d’arte culinaria di autori mar-chigiani;Bernardino Baldi da Urbino - Celeo e l’orto-fine 500;un opuscolo della fine del 600 di Gio-van Francesco Angelita Roco da Reca-nati - I Pomi D’oro -Il Teatro Nobilissimo di Scalcheria - di Vincenzo Mattei da Camerino.

Il mio intento è stato quello di dare un contributo, a una maggiore conoscen-za di Antonio Nebbia. Autore, fautore di quel cambiamento, di quella svolta, che indicando ai successori la strada da percorrere ha fatto grande la cuci-na italiana.

Antonio Nebbia

Per i lettori de "Il Gusto... della vita", co-pia del libro "IL CUOCO MACERATESE" di Antonio Nebbia è acquistabile pres-so il David Palace Hotel di Porto San Giorgio al prezzo di 25 euro.

Il Gusto... 16

Page 19: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

La Cantina

Una storia, una famiglia, un’azienda.

La storia è quella legata alla Contrada di Forano,

nel comune di Appignano. Di questa zona si parla

sin dal secolo XIII, quando San Francesco d’Assisi

si fermò nel vicino convento, all’epoca circondato

da un folto cerqueto dove i frati si dedicavano alla meditazione. Nel

tempo l’area ha subito una trasformazione e il terreno è stato messo a

frutto principalmente con le colture del grano e della vigna.

Più che di una famiglia, dobbiamo parlare di famiglie. Dai Conti Facci-

ni Della Torre ai Marchesi Rangoni Machiavelli, sino - e siamo arrivati

al 1966 - ai Conti Lucangeli.

Si legge in un' interessante scheda di presentazione dell’azienda: “In

tutti i passaggi di proprietà, la cantina di Villa Forano con i suoi vini

fu sempre l’anima dell’azienda…” Dei 190 ettari totali della tenuta, 20

sono dedicati ai vigneti, i restanti 170 ettari sono stati impegnati nella

coltivazione di medicali, noceti, ciliegie, colture biologiche ed anche

dalle arnie per la produzione del miele.

Gli appezzamenti destinati alla coltivazione della vite sono stati atten-

I prestigiosi Vinidi Villa Forano

tamente scelti in micro zone meno fertili e più sabbiose, dove la pianta

produce uve di particolare qualità, atte a dare origine a vini - soprat-

tutto rossi - dalle notevoli capacità evolutive.

Il 26 maggio scorso sono stati festeggiati i 40 anni dell’Azienda, che

oggi si è arricchita anche dell’Agriturismo Forano. La famiglia Lucange-

li ha voluto ringraziare i suoi collaboratori ed amici nello spazio di una

giornata, iniziata con una conferenza stampa; una visita alla scoperta di

un'antica bottega di vasai nel comune di Appignano; una degustazione

verticale presieduta da molte personalità del mondo dell'enologia e una

splendida cena accompagnata dalle migliori etichette della cantina.

Tra i vini prodotti da Villa Forano e, presentati nella degustazione ver-

ticale dall'enologo della cantina Dott. Giancarlo Soverchia e dal Som-

melier Prof. Cesare Lapadula, è necessario citare il Rosso Piceno Doc

“Bulciano” (80% Montepulciano e 20% Sangiovese) e il “Monteferro”

Colli Maceratesi Bianco Doc (Maceratino al 90% e Malvasia al 10%).

“I frutti di tanti anni di lavoro e passione trovano oggi motivo di gioia e

soddisfazione, ancor più avvalorati dalla condivisione con tutti voi che,

per affetto o per curiosità, avete voluto essere presenti oggi”.

17 della vita

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Confindustria Fermo

Orma Group srl,ovvero, la passione per i Cotti.

Può il Gusto… della Vita prescinde-re dai produttori agroalimentari? No, non può. Ecco, allora, che iniziamo a guardare con occhi sempre più attenti alle aziende

che operano nel territorio. Cominciando da quelle associate a Confindustria Fermo. Ne sono quindici: chi impegnate nel cam-po della pasta, chi nell’ittico, chi nelle uova e derivati, chi nei salumi e carni fresche. Un primo e consistente gruppo. Prossimamen-te, entreranno anche le aziende vinicole. Settimane fa c’è stato un incontro ritenuto più che soddisfacente. Da dicembre 2007 il presidente della sezio-ne agroalimentare è Andrea Maroni. Perso-

naggio noto per il suo lavoro e il suo prodotto. Maroni è l’amministra-tore unico della Orma Group Srl, azienda di Grottazzolina specializzata in tutti i prodotti a base di carne cotta. Il prodotto gastronomico di punta, in grado di rendere l'Azienda di Grottazzolina leader di mercato è la “Galantina di pollo”, vera deli-zia del palato e tipico piatto della cucina tradizionale marchigiana

(ma ne diremo più sotto). Con le sue numerose va-rianti costituisce sempre di più il punto di riferimento per un'alimentazione “light” consona ai moderni ritmi di vita, ma che sia in grado di apprezzare sapori ed aromi antichi. La Orma Group ha esteso progressiva-mente la produzione ad altri preparati di carni bian-che e rosse tra i quali spiccano il “Tacchino in Porchet-ta”, l'Anatra al Tartufo, il Petto di Tacchino arrosto, la Coscia Prelibata ed altre preparazioni gastronomiche confezionandoli in più formati secondo le varie esi-genze di mercato.Insomma, ce n’è per tutti i gusti.La Orma Group Srl produce con tre marchi acquistati nel 2006: “Bacalini. I cotti delle Marche”, “Marchigia-nella”, “Cascina marchigiana”.Sin qui, i prodotti. Ora ci interessa conoscere l’uomo che ha messo insieme tutto questo. Andrea Maroni è nipote d’arte. Suo nonno materno, Francesco Pie-gallini, era di quelli che giravano le campagne per cucinare nei grandi pranzi festosi del tempo che fu. Qualche gene di Andrea sicuramente ne sarà stato “contaminato”. Una passione per le carni e per la cu-cina, Andrea ha cominciato a rivelarla già da picco-lo. Venuto a Fermo con la famiglia, invece di gioca-re a pallone per strada con gli amici, preferiva più spesso soffermarsi in una vicina macelleria, guardare i macellai incollare i quarti di bovino, dividerli sul ban-cone, appenderli ai ganci, servire i clienti. Uno sguar-do che poi è diventato fattiva collaborazione nei mesi estivi quando, terminate le scuole, Maroni iniziava il lavoro nell’esercizio commerciale. A 20 anni era già

macellaio a tutti gli effetti. Nel 1983 la sua macelleria inizia una lenta metamorfosi adeguandosi alle mutate esigenze della clientela. Le donne cucinano sempre meno, si lavora fuori casa, l’esigenza è quella di trova-re cibi già cotti. Ed ecco che Andrea, oltre a fettine e bistecche, dispone sul bancone piatti di carne cotta. È quello che la clientela stava aspettando. Nel 2006 il salto. Orma Group inizia la produzione in serie per la grande distribuzione del Centro Italia. Da Grottazzolina partono furgoni diretti alla Conad, Coal, Sma, Eurospin e via dicendo. 25 quintali la settimana, niente male!Visitare l’azienda in via Stazione, 90, è un piacere. In-nanzitutto, per l’ordine e la pulizia. Ogni cosa a suo posto: gli otto dipendenti tutti in camice bianco e cappellino in testa, eppoi il locale dei forni, quello per l’abbattitore di temperatura, le celle frigorifere, la cu-cina con i bollitori, il magazzino, il luogo degli imbal-laggi… Maroni, come tutti gli imprenditori che han-no passione per il proprio lavoro, è fiero di mostrare i laboratori, e mentre visitiamo l’azienda, ci parla dei progetti, del culatello e del prosciutto arrosto. Ma, in modo particolare si sofferma sulla galantina che, sot-tolinea con forza, “deve diventare un prodotto tradi-zionale nelle Marche, come la Bresaola lo è in Valtelli-na”. Il suo non è un dire tanto per dire. Alle parole sta facendo seguire i fatti. Da componente la Consulta agroalimentare di Confindustria Marche si sta batten-do per ottenere l’Identificazione Geografica Protetta, la famosa IGP. Ha messo in moto un procedimento re-cepito dalla Regione Marche, che ora dovrà girarlo alla Commissione Europea.Una battaglia non in solitaria. Settimane fa ha riunito nei locali di Confindustria Fermo i suoi colleghi pro-duttori di galantina. La battaglia è comune, si vince insieme, nessuna concorrenza, anzi: più si è uniti più si otterrà quel che giusto ottenere.Ottimo, sig. Andrea. Vada avanti così!Potevamo ignorare questa realtà? ( W o l f )

Il Gusto... 18

Page 21: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Vino marchigiano

IL CLIMA E IL TERRENOSi tratta di una viticoltura collinare, con impianti disposti nei pendii pro-spicienti, le vallate dei ben 13 fiumi che dall’Appennino scendono per-pendicolari verso il mare.La fascia altimetrica ideale è da sempre sfruttata per il vigneto, che vi gode illuminazione e riscalda-mento ottimali.Il clima è favorevole, con un giusto grado di piovosità annuale. In que-ste aree collinari i suoli sono formati prevalentemente da substrati mar-nosi, argillosi, arenacei e in parte calcarei e anch’essi contribuiscono in misura non trascurabile alla qua-lità del prodotto. Non a caso la viti-coltura rappresenta per le Marche una delle principali attività agricole di maggior rilievo e sta acquistan-do sempre più una grande impor-tanza.IL VITIGNO PECORINO - cenni storiciÈ una varietà a frutto giallo ed è un vitigno che appartiene a un gruppo di quelli che si chiamano ITALICI.I vitigni italici nel corso degli anni passati sono stati rilegati in territori sempre più ristretti a causa della ri-dotta produttività e dello scarso in-teresse viticolo.Il Pecorino iscritto nel Catalogo Na-zionale delle varietà, attraverso la documentazione storica, si confer-ma che esso era conosciuto in mol-te aree viticole del Centro (umbre, marchigiane, abruzzesi) e del Sud Italia (pugliesi).Nelle Marche, al Pecorino sono sta-ti attributi numerosi sinonimi, come

LE ANTICHE RADICIDEL VINO MARCHIGIANOIl Pecorino nuova realtà viticola ed enologica delle MarcheLe MARCHE sono una delle più belle regioni d’Italia. Il paesaggio è estremamente vario: chilometri e chilometri di splendide coste, ricche campagne, zone montuose dal fascino sel-vaggio… Ma non solo le risorse naturali fanno grande questa regione: essa possiede anche un invidiabile patrimonio culturale, storico e artistico.

Pecorino d‘Arquata, o Pecorina ar-quatanella, Arquitano, che traggo-no origine dalla zona di Arquata.Altri si rifanno all‘attività prevalen-te della pastorizia, pertanto assun-se i nomi di Uva pecorina o Pecorina (zona di Perugia) o Uva delle Pecore.La coltivazione del Pecorino è già diffusa dal 1876 nella provincia di Ancona, tanto che si annovera un Pecorino a grappolo stretto e ve-niva impiantato su terreni collinari esposti a Sud-Ovest, dove dimostra-no la sua rusticità alle intemperie, dando luogo alla produzione di mosti zuccherini e di sostenuti livelli acidici.CARATTERISTICHE DEL VITIGNOVitigno autoctono degli Appennini Umbro-Marchigiano; completa il ci-clo nel breve periodo (150 giorni), ri-chiede zone di coltivazioni fresche; possiede costante capacità di ac-cumulo zuccherino che consente di raggiungere costantemente una buona dotazione alcolica (supe-riore a 12° alcole)e nel contempo mette in atto una lenta demolizione della componente acida, che dif-ficilmente scende sotto i 7.5 g/l; vi-tigno miglioratore negli uvaggi per gli apporti di profumi, struttura e di acidità.EPOCA DI VENDEMMIAMatura intorno alla 3ˆ decade di agosto e/o 1ˆ decade di settembre (a seconda dell’andamento stagio-nale climatico).COMMENTIIl vino in cui gli elevati valori del pH fungono da potere tampone, con-

E n o l o g o A l b e r t o M a z z o n i

sentendo di man-tenere stabile a lungo i conte-nuti alcolici e la tonalità di co-lore. L’acidità sostenuta, ma non aggressi-va favoriscono la pulizia della bocca per cui il vino si presta ad essere consumato a tutto pasto.ABBINAMENTOÈ un vino bianco che può essere commercializzato non prima del 1° Marzo suc-cessivo all’annata di produ-zione e la sua immissione al consumo deve essere autorizzata dalla Camera di Com-mercio compe-tente del territo-rio dopo analisi e degustazione da parte della com-missione di assaggio nel rispetto del Disciplinare di Produzione Offida.La gradazione alcolica minima è di 12% vol. e si adatta bene a minestre e primi piatti saporiti, pesce e carni bianche, ma anche a salumi tipici del territorio ascolano come lonza, salame e prosciutto nostrano insie-me anche al tipico ciauscolo. Va servito fresco ad una temperatura che oscilla dai 12° ai 14° C per esal-tarne le caratteristiche organoletti-che e degustative del vino.

19 della vita

Page 22: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Sono in molti a credere che

l'uomo sia diventato tale

solo quando ha smesso di

cibarsi per sopravvivere e

ha iniziato a concepire l'ali-

mentazione come un vero e proprio piace-

re. È così che un atto puramente dettato

dalla forza della Natura si è trasformato

in tratto culturale, in connotazione neces-

saria, fino ad assumere la sembianza di

identità di un popolo. È qui che il cibo si

fa cultura.

Non c'è stato strumento migliore della pel-

licola cinematografica per testimoniare il

particolare rapporto che la specie umana

intrattiene con il cibo. Il cinema ha sem-

pre rappresentato lo specchio dei vizi e

delle virtù dell'uomo, fermando il tempo

e lo spazio, sapendo cogliere sia i momenti

di gloria e che gli istanti di debolezza del

mondo. Breve incursione nella letteratu-

ra: Carlo Lucarelli, tra i migliori giallisti

italiani, definisce fondamentale, nella de-

scrizione di un personaggio o di una storia,

la presenza di una colonna sonora. Sapere

che musica ascolta il nostro protagonista

aiuta a conoscerlo più a fondo, quasi nel

suo intimo.

Ora torniamo alla pellicola: che ne sareb-

be stato di Ferdinando Mericoni, il mitico

Nando interpretato da Alberto Sordi, se

non lo avessimo visto alle prese con un bel

piatto di maccheroni tentatori? Semplice:

non sarebbe stato quel personaggio che,

nel 1954 con “Un'americano a Roma”,

Steno consegnava alla storia del cinema.

È stato sufficiente un piatto di pasta per

rappresentare un'epoca, un periodo stori-

co, una città intera, uno stato d'animo che

investiva tutta la nazione.

Cinema e cibo: un amore lungo un secolo.di Stel la Alf ier i

MACCHERONI TENTATORI:Ingredienti per 6 persone500 g di spaghetti300 g di guanciale a cubetti600 g di pelati2 cucchiai olio extravergine di oliva1/2 bicchiere di aceto e vino mescolati insieme120 gr di pecorino romano grattugiatosale e peperoncino q.b.

Accostare la cinematografia al cibo è, per

molti registi, spesso, un'operazione no-

stalgica, quasi sentimentale. Non si tratta

solo di racchiudere all'interno di un'in-

quadratura una bella tavola imbandita,

esaltandone i colori e la perfezione della

mise en place (espressione tecnica del ger-

go alberghiero). Nel caso del grande scher-

mo si va oltre.

Impossibile non ricordare “Il pranzo di

Babette”, pellicola del 1987, per la regia

di Gabriel Axel, vincitore di un Oscar come

migliore film straniero. Il menù portato in

tavola dalla protagonista è un atto d'amo-

re totale: sia verso il suo passato, vissuto

in Francia, a Parigi, che nei confronti del

suo presente, abitato dagli algidi e contriti

personaggi di uno sperduto paesino della

Danimarca. “Consentitemi di dare il me-

glio di me”, implora Babette. E ancora:

“Seduta sul tagliere della cucina, Babette

era circondata da una tale quantità di cas-

seruole e padelle unte e annerite, come mai

le sue padrone avevano visto in vita loro.”

Durante il famoso pranzo, il ritmo dell’or-

dine delle portate, il progressivo, interiore

e inconfessato abbandonarsi al piacere del

cibo e del bere, uniti alla delicatezza della

messa in scena, fanno di questo film una

piacevole sorpresa. Aiutati dalla bontà del

cibo, dall'atmosfera e dall'amore con cui i

piatti erano stati cucinati, i 12 invitati di-

ventano gioviali e

felici.

Comunione di sen-

si e di sapori an-

che nella pellicola

tratta dal racconto

di Laura Esquivel:

“Come l'acqua

per il cioccolato”

(1992), di Alfonso Arau. Tita, l'eroina del

film, imparerà a comunicare con il suo

amato Pedro attraverso il cibo. Nei pasti

che la giovane Tita preparava per la sua

famiglia riusciva ad imprimere i propri

sentimenti. Come per un sortilegio acca-

devano cose strane: quando Tita preparò

la torta di nozze per il matrimonio della

sorella proprio con il suo Pedro, gli invi-

tati, mangiando il dolce, riuscirono ad av-

vertire il suo stesso senso di angoscia.

Il cibo è uno tra gli elementi più ricorrenti

nella filmografia internazionale e per rifre-

scarvi la memoria basterebbe citare alcu-

ne pellicole come “La febbre dell'oro”

(1925) di Charlie Chaplin, “La cena dei

cretini” (1998) di Francis Veber, oppure

“La ricotta” (1963), di Pierpaolo Pasolini.

Eppure, a pensarci bene, è proprio con un

pranzo che, il 28 dicembre 1895, nacque

il cinema. Era la prima proiezione pubbli-

ca dei fratelli Lumière: “Le dejeuner de

bebé”.

“Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel “La ricotta” di Pierpaolo Pasolini “Come l'acqua per il cioccolato” di Alfonso Arau

Cinema e cibo

Il Gusto... 20

Page 23: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

La Mincio Arredamenti nasce nel 1964, come fab-

brica di banchi frigoriferi per bar, ristoranti, alimentari.

Oggi, grazie all'esperienza accumulata negli anni,

siamo in grado di offrire ai nostri clienti un servizio

completo chiavi in mano per trasformare, creare e

aggiornare il proprio locale in base alle tendenze del

mercato. Inoltre la Mincio Divisione Attrezzature, è

esclusivista di marchi prestigiosi di attrezzature pro-

fessionali per la ristorazione.

Winterhalter, leader mondiale nella progettazione di SISTEMI DI LAVAGGIO COMPLETI, non solo è sinonimo di macchine affidabili e robuste, ma garantisce sempre risultati di lavaggio impareggiabili.Grazie alla realizzazione di sistemi di lavaggio su misura, infatti, insieme alla macchina più adatta alle esigenze del cliente, viene scelto il trattamento dell’acqua specifico e i prodotti chimici più idonei alla tipologia di stoviglie da lavare, garantendo sempre bicchieri splendenti e stoviglie brillanti.Winterhalter progetta sempre i propri sistemi con un triplice obiettivo: La PERFEZIONE del risultato, il RISPARMIO massimo di ogni risorsa energetica e il RISPETTO totale dell’ambiente.I modelli a capot della serie GS 500, sono un brillante esempio di questo sforzo e vi garantiscono le migliori prestazioni con la massima flessibilità.La serie GS 500 Winterhalter offre sempre la lavastoviglie a capot adatta alle vostre esigenze. I modelli GS 502 e GS 515 sono ideali per ristoranti, alberghi e piccole mense e i modelli GS 502 e GS 515 Energy e GS 502 e GS 515 Energy+ offrono, insieme ad ottimi risultati di lavaggio, sistemi di recupero calore integrati che garan-tiscono un risparmio energetico e di costi da subito tangibile.

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I modelli della serie GS 500 Energy e Energy+, grazie all’utilizzo di uno scambiatore di calore trasformano il vapore caldo e umido prodotto durante il lavaggio e l’acqua di scarico in energia utile per preriscaldare l’acqua fredda in entrata. Questo sistema offre due grandi vantaggi: un ambiente di lavoro migliore, con un clima più asciutto e salubre, e un risparmio di energia significativo. Con i modelli GS 500 Energy, infatti, i valori di allacciamento vengono ridotti di 3 kW e con i modelli GS 500 Energy+ di 6 kW assicurandovi costi di gestione decisamente ridotti!Infine la Serie GS 500 TwinSet, permette di accoppiare dalla capot due macchine della serie GS 500 facendole lavorare insieme nei momenti di grande affluenza oppure singolar-mente nei momenti di calma. Questo permette sia di evitare il funzionamento a vuoto della macchina sia di separare le stoviglie per tipologia, garantendo sempre i migliori risultati con una reale attenzione all’utilizzo delle risorse.

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Page 24: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Ingredienti per 4 persone:- 2 selle di coniglio nostrano

- 3 rametti di timo

- 3 scorzette di limone non trattato

- 50 g di guanciale

- 400 g di favette fresche

- 8 asparagi

- 50 g di misticanza

- sale e pepe

- 2 cucchiai di aceto di lamponi

- 4 cucchiai di olio extravergine

- 1 cucchiaio di sugo di cottura

Insalata di Sella di Coniglio,Favette e Asparagi all’Aceto di Lamponi

Esecuzione:Tritare finemente il gaunciale, timo e buccia di limone, disossare la sel-la e condirla col trito, sale, pepe al mulinello, bordare con sottili fette di lardo, rosolare leggermente in un tegame insieme alle ossa e termi-nare la cottura per 10 minuti a forno moderato. Abbattere. Sgranare le fave, sbollentarle e raffreddare con acqua e ghiaccio, sbucciarle e togliere il germe. Ottenere dagli asparagi sottili lamelle con l’aiuto di un pelapatate, tuffarle in acqua bollente salata al 20%, raffreddare subito in acqua e ghiaccio per fermare la cottura e fissare il colore. Asciugare. Affettare sottilmente la sella, suddividere armoniosamente nei piatti con le favette fresche e gli asparagi, guarnire a piacere con misticanza, fiori di cetriolo, fiori di salvia, mentuccia ecc...Condire con un’emulsione di extravergine, aceto di lamponi e sugo di cottura filtrato fine. Servire dando un giro di pepe.

Desidero offrire ai lettori un piatto semplice, fresco e di facile esecuzione, utilizzando ingredienti di stagione e del territorio.

A n t o n i o D i G i a c o m o

Il Professionista

Il Gusto... 22

Page 25: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Storia di un'azienda

Viticoltori da circa trent’an-ni. Un’azienda che si esten-de in più di venticinque et-tari in uno degli angoli più affascinanti delle Marche.

Terra ghiaiosa, ricca di minerali, copre le radici dei vigneti autoctoni, coltivati a biologico. La Fontursia, questo il nome dell’Azienda Veccia di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, è situata a circa quattrocento metri di altitudine sul livello del mare. Le vigne, ben esposte alle correnti che provengono dal poco distante mare Adriatico, godono delle fresche brezze che dai vicini Monti Sibil-lini scendono verso la piana. Un luogo ideale, circondato da boschi, ben di-sposto alla coltivazione di uve Pecorino, Passerina, Montepulciano, Sangiovese, Shardonnay, per vini longevi e di gran-de struttura.Affascinante l’origine del nome Fontur-sia che è legato ad una antica fonte situata poco distante dall’Azienda. De-riva dalla lingua dei Tusci. Una popola-zione insediata nella zona e vissuta in un forte che aveva vicina una fonte chia-mata all’epoca la “fonte dei Tusci”. Da qui il successivo nome Fontursia.Quello che unisce i Veccia alla cultura e al territorio è un legame forte. La li-nea di punta non a caso è dedicata ad uno dei più grandi pittori che le Marche hanno conosciuto: Carlo Crivelli. Per questo sono state scelte etichette che ripropongono le sue pale ed è stato usato il nome di “Crivellino” per i tre vini: Pecorino Offida Doc, Rosso Piceno Doc e Offida Doc Pecorino Passito.Profondo è infatti per la famiglia Veccia il rispetto per le tradizioni, per il territo-rio e per ogni procedura di vinificazio-ne. L’obiettivo della Fontursia è quello di raggiungere il più alto livello di qualità dei vini prodotti mantenendo intatta la massima cura di ogni azione eseguita sulla pianta ed in cantina. La Fontursia infatti produce un vino certificato bio, proveniente da vitigni autoctoni che da secoli esprimono il territorio ascolano e rientra tra quelle aziende che a campio-ne sono soggette a costanti controlli.L’esperienza della Famiglia Veccia e la

t e n d e n z a a l l ’u t i l i z zo di nuove tecnologie hanno per-messo di individuare i sistemi di coltivazione più adegua-

ti, di concerto con un’attenta potatura e pratiche colturali biologiche. A questi sistemi di lavorazione fa seguito un’ac-curata cernita del prodotto in fase di raccolta, per contenere le rese per etta-ro, ed ottenere dei vini che riescano ad esaltare la loro tipicità. Quello che si vuole è trasmettere al consumatore tipicità e affidabilità. L’Azienda per questo è spesso presente ad iniziative di vario genere per presen-tare i propri prodotti e farsi conoscere in un mercato sempre più globale ma sempre più povero di esclusività.Il mercato di riferimento della Fontursia è principalmente a carattere nazionale. Rivolto ad una clientela rappresenta-ta dalla medio - alta ristorazione, dalle enoteche e da negozi specializzati.Negli ultimi anni l’adesione a fiere na-zionali ed internazionali, ha permesso all’Azienda di raggiungere diversi mer-cati esteri, intraprendendo rapporti

G i a n m a r co Ve cc i a

LA FONTURSIAun viaggio enoico tra biologico,autoctono e tradizione.

commerciali con Canada, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Belgio, Inghilterra, Austria, Albania, Romania. La Fontursia negli anni si è rivolta anche a rispondere alle necessità di un merca-to sempre più esigente. Per questo rea-lizza una serie di prodotti e confezioni regalo destinate a soddisfare anche le richieste più difficili. Tra questi prodotti una cassetta che per le sue peculiari-tà è unica nel suo genere. Pregiati vini che, per i Cavalieri Crociati, sono stati imbottigliati in rare bottiglie con i fregi degli ordini cavallereschi. I tre diversi vini rappresentano un’ottima “Selezio-ne Italiana”. Le bottiglie sono sigillate a cera lacca. Le etichette sono cesellate a mano su fogli d’argento. Ogni botti-glia è numerata e catalogata nel Libro d’Oro del Millennio, con il nome del pos-sessore, per lasciare al tempo la nobiltà di una scelta.Le bottiglie sono raccolte in una casset-ta in legno, ornata da fregi metallici e cuoio, che su richiesta può essere per-sonalizzata con iniziali, stemmi o fregi. Anche questo fa parte dell’amore e del-la cura che la Famiglia Veccia dedica ai suoi prodotti e che vede la Fontursia essere nelle Marche espressione di un carattere, di una cultura che è amore per la terra, per la vigna, per il vino.

23 della vita

Page 26: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

L’attenzione del consumatore è sempre più rivolta alla sicurezza alimentare, argomen-to fondamentale che, a volte, genera un livello di preoccupazione non trascurabile, per la diminuita fiducia nei confronti dei

produttori di alimenti e delle autorità deputate al loro controllo, conseguente alle crisi degli ultimi anni (BSE, diossina ecc.).Questo atteggiamento ha certamente influenzato il giudizio dell’opinione pubblica anche nei confronti de-gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura attraverso il normale ac-coppiamento o la ricombinazione (Dir 2001/18/CE).La posizione dei consumatori italiani nei confronti degli OGM, in particolare nella filiera alimentare, è stata sin dall’inizio di diffidenza, opposizione o, addirittura, rifiuto totale, mentre, in alcuni Stati, la produzione e l’impiego a scopo alimentare è ormai una realtà consolidata.In Europa ed in particolare in Italia, sono invece ancora presenti i timori per le possibili ripercussioni ambienta-li, socio-economiche e sanitarie legate all’utilizzo dei “novel food”.Per rendere più trasparente questa problematica e dare la possibilità di una scelta consapevole, la Comu-nità Europea ha emanato una corposa normativa.La Regione Marche, da parte sua, ha scelto una linea di precauzione, predisponendo una serie di norme ed attività per massimizzare la tutela dei prodotti agricoli e zootecnici locali, in particolare quelli di qualità rego-lamentata.Nell’ambito delle attività di controllo regionali, la Se-zione di Fermo ha assunto il ruolo di centro tecnico di riferimento, con la messa a punto di metodiche anali-tiche di biologia molecolare finalizzate alla ricerca di sequenze di DNA transgenico in alimenti e mangimi.Negli ultimi anni si è quindi registrato un forte impulso in questo settore, in stretta collaborazione con i servizi sanitari regionali e nazionali deputati alla vigilanza sul campo.

L’Istituto Zooprofilatticoe la Sicurezza Alimentare

Rispetto ai primi anni, quando i controlli erano essen-zialmente limitati a campioni prelevati su segnalazione delle associazioni di consumatori, oggi l’attività è pro-grammata e rientra tra le funzioni “routinarie” della se-zione di Fermo. Si articola in piani di monitoraggio delle sementi desti-nate alle campagne di semina, alimenti finiti, prelevati in produzione o alla commercializzazione e alimenti ad uso zootecnico, recapitati in laboratorio dagli Organi ufficiali che operano sul territorio (ASL, NAS, Corpo Fo-restale, ecc.).L’attività effettuata nei Laboratori dell’IZS UM, rappre-sentata nel grafico, testimonia il costante lavoro svolto in questi anni.

L’esperienza acquisita ha inoltre permesso di aderire a numerosi progetti di ricerca nazionali e comunitari ed offerto la possibilità di un confronto ed uno scambio continui con numerose altre realtà scientifiche.Complessivamente, i risultati dell’attività di monitorag-gio dimostrano il buon esito delle scelte prudenziali adottate dalla Regione Marche, che si traducono, in particolare, in un adeguato livello di garanzia per tutti i prodotti destinati alla ristorazione collettiva ed i “baby foods”.L’esperienza e le competenze maturate in seno all’isti-tuto Zooprofilattico in questo specifico settore sono pe-raltro a disposizione, non soltanto delle Autorità prepo-ste al controllo ufficiale ma, anche e soprattutto, degli operatori del settore agroalimentare, in particolare di quelli direttamente coinvolti nella ristorazione.

Sicurezza alimentare

L’attività di controllo degli OGM rappresenta un punto di forza.

Considerata l’attenzione che l’argomento suscita nei cittadini, abbiamo voluto approfondirne gli aspetti più salienti insieme alla Dr.ssa Giuliana Blasi,responsabile del laboratorio di Sicurezza Alimentare della Sezione di Fermo.

Il Gusto... 24

Page 27: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

La domanda, cari lettori, immaginiamo che nasca spontanea: cosa c’entra una imponente ma ormai antica struttura come la sangiorgese Rocca Tiepolo con il gusto e l’enogastronomia? Se di mezzo

c’è un termine come “bellezza” vedrete che l’acco-stamento non si rivelerà poi così strano. Sette secoli e più di vita, testimone silenziosa di alcuni tra gli eventi più importanti della storia di Porto San Giorgio e della Marca Fermana, Rocca Tiepolo resiste ancora oggi e si prepara, udite udite, a rivivere un’estate da assoluta protagonista.Edificata nel 1267 per volere dell’omonimo governa-tore di Fermo, Lorenzo Tiepolo, la Rocca rappresentò un fortilizio posto a difesa dei porti del litorale marchi-giano. La costruzione si erge a poche decine di metri dalla Statale Adriatica, in un’area lambita dal mare tra il XII e il XIII secolo. Si estende per circa 1.000 metri quadrati di superficie, raccolti in un perimetro esago-nale irregolare munito di cinque torri. Ad essa si acce-de tramite una lunga scalinata che rendeva difficile l’irruzione degli assedianti, i saraceni in particolare. Si narra che questi, una volta entrati dentro le mura, si trovavano ancora sotto il tiro degli armigeri arroccati nel mastio, la torre più grande e più alta, ultimo baluar-do dei difensori. Sopravvissuta negli anni, oggi Rocca Tiepolo viene usata come arena per spettacoli e in-contri. Lavori di riqualificazione iniziati e poi interrotti qualche mese addietro, hanno portato al ritrovamen-to di cunicoli sotterranei. Se dal sottosuolo potrebbero riemergere dunque ricchezze inestimabili, non poche sorprese le riserverà, come anticipato, anche l’estate 2008. Tra queste non mancheranno eventi che hanno a che fare con il bello, con il buono, con il gusto della vita insomma. Ecco allora il festival delle birre, forte-mente voluto dal nuovo assessore alla cultura di Porto San Giorgio, Cesare Catà. Una scommessa più che una semplice manifestazione estiva. Una scommessa che si può vincere se solo si pensa all’odore, al sapo-re, all’effetto che può suscitare una birra bevuta in un simile contesto. Sì, il semplice gesto di degustare una doppio malto, come quelle prodotte con maestria dai monaci delle abbazie del Belgio, non nel solito gaze-bo ma all’interno di una suggestiva rocca, fa sì che lo strano accostamento tra il fortilizio e l’enogastronomia non si riveli poi così indigesto.Assaggiare per credere.

Rocca Tiepolodi Simone Troiani

25 della vita

Page 28: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

GAL Piceno

Torna il concorso enogastronomico“Le Pesche della Valle dell’Aso in cucina”È ai nastri di partenza il CONCORSO ENOGASTRONOMICO “Le Pesche della Valle dell’aso in cu-cina”, organizzata dal Gal Piceno s.c.a.r.l, in collaborazione con l’Associazione Sommelier AIS Marche, la (F.I.C.) Federazione Italiana Cuochi della Provincia di Fermo, lo Slow food - Valdaso, l’Associazione Valdaso e l’Associazione Albergatori della Provincia di Fermo.

L’iniziativa, realizzata nell’ambito del Piano di Sviluppo Locale Piceno Leader + (2000-2006), ha l’obiettivo di promuovere le tradizioni gastronomi-

che e le peculiarità del territorio Le-ader + Piceno e in particolare della Valle dell’Aso.Si caratterizza come significativa for-mula di promozione in quanto la ri-storazione, essendo uno dei punti di forza dell’offerta turistica del territorio, utilizza un frutto prezioso come la pe-sca quale elemento strategico per la vitalità e il mantenimento delle pecu-liarità del territorio. Il concorso gastronomico coinvolgerà tutti gli addetti del settore della risto-razione (ristoranti, agriturismo, country house, catering ecc) delle province di Ascoli Piceno e Fermo. I partecipanti dovranno presenta-re all’interno della propria struttura uno o più piatti o un menù comple-to a base di pesche della Valdaso, i l

tutto accompagnato da vini locali, im-pegnandosi ad inserirlo nel menu di un giorno della settimana nei mesi di luglio, agosto e settembre 2008.L’iniziativa verrà pubblicizzata mediante l’affissione di locandine e attraverso altre forme di comunicazione.Turisti, visitatori e buongustai potranno presentarsi nel giorno stabilito presso i ri-storanti aderenti all’iniziativa e degustare il piatto o i piatti proposti, naturalmente a base di Pesche della valle dell’Aso, in-seriti nel menu del giorno in abbinamen-to ad un vino locale.Nei giorni indicati da tutte le varie strut-ture ammesse al concorso, la giuria, composta da esperti di gastronomia e da qualificati sommeliers, si recherà presso le stesse per degustare il piatto o i piatti proposti e valutarli sulla base di apposite schede.Al termine del periodo estivo la giuria proclamerà il vincitore che avrà diritto ad una promozione personalizzata all’in-terno di una rivista specializzata.

Buon appetito!

Il Gusto... 26

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In occa-sione del-la Notte dei Musei, del 17 maggio scor-

so, le giovani di Siste-ma Museo, hanno pen-sato bene a S.Elpidio a Mare di abbinare la visita al Crivelli, Vittore, alla degu-stazione di frutta. La stessa frutta con cui i due artisti - e non solo loro - ar-ricchivano dipinti e pale d'altare. Un successo.Frutta, perché? Ce lo spiega uno scrit-to di Luigi Lanzi pubblicato nel 1789, in riferimento al Crivelli maggiore, cioè Carlo: «È pittor degno che si conosca per la forza del colorito più che pel disegno; e il suo maggior merito sta nelle piccole istorie, ove mette vaghi paesetti, e dà alle figure grazia, mo-venza, espressione, e talora qualche colore di scuola peruginesca [...] per il succo delle tinte e per un nerbo di disegno questo pittore può a buon diritto chiamarsi pregevolissimo tra gli antichi. Si compiacque d'introdurre in tutti i suoi quadri delle frutta e delle verdure, dando la preferenza alla pe-sca ed al cetriolo; quantunque trattas-se tutti gli accessori con bravura tale che in finitezza ed amore non cedono al confronto de' fiamminghi. Non sarà inutile accennare che i suoi quadri sono condotti a tempera e perciò a tratti, e sono impastati di gomme sì te-naci che reggono a qualunque cor-rosivo; motivo per cui si mantennero lucidissimi.» Ed ora un rapido excursus sul simboli-smo legato al mondo della botanica, che ha origini molto antiche; fu nel Medioevo e soprattutto nei numerosi trattati pubblicati nel Rinascimento che venne elaborato un codice sim-bolico applicato al mondo dei fiori e della frutta. Le fonti da cui venivano tratti i diversi simbolismi attribuiti a un singolo fiore o frutto potevano essere: la Bibbia, i Vangeli apocrifi, la mitolo-gia classica (Metamorfosi di Ovidio), i testi scientifici come la Naturalis Histo-ria di Plinio, il De Rerum Natura di Lu-crezio; i trattati di agricoltura di Cato-ne, Varrone, Columella; gli erbari che

I Crivelli e la frutta.

elencavano le diverse proprietà naturali delle piante, spesso interpretate con connotazioni morali.Oltre al significato simbolico di ogni elemento va considerata la sua contestualiz-zazione nell'opera analizzata.Il cetriolo ad esempio potrebbe simbolizzare il peccato della lussuria.Il significato simbolico della ciliegina è eucaristico: il succo rosso rappresenta il sangue di Cristo sparso durante la Passione.La ciliegina rossa collocata accanto al cetriolo significherebbero peccato e re-denzione.

La stessa idea di redenzione viene espressa dal ben noto contrasto tra gli alberi verdi e quelli secchi mostrati ai lati della Vergine. Essi rappresentano l'Albero della Vita che si è seccato ed è morto con il peccato originale, per rinascere e diventa-re di nuovo verdeggiante con l'incarnazione di Cristo e con la sua Passione.

La ghirlanda di frutta sospesa dietro la testa della Vergine, presente in diverse opere, può essere interpretata globalmente e anche attraverso la lettura del sim-bolismo individuale di ciascun frutto.Nel suo significato generale il serto simbolizza il frutto dello spirito o potrebbe es-sere una allusione al Cristo. Considerato individualmente, ogni frutto si orienta al Cristo o alla Trinità.

Le prugne simbolizzano la Passione del Cristo a causa del proprio colore.

Le nocciole e la pesca simbolizzano la trinità anche a causa della loro struttura triplice.

La mela assume diversi significati: può simbolizzare la caduta dell'uomo oppure salvezza e redenzione, dipende se viene associata ad Adamo o al Cristo, il qua-le è il nuovo Adamo. Oppure potrebbe simbolizzare la croce di Cristo nella sua Passione.

Il melograno o pomograno per i suoi chicchi rossi scuri, sanguigni, è simbolo di fe-condità e di unità. Per il suo spaccarsi, allorché maturo, quasi il cuore del Croce-fisso, è emblema della carità. Alle volte ancora preso come segno del martirio.

In latino il vocabolo malum (“mela” e “male”) ha suggerito la traduzione con tali frutti dell'albero della seduzione nell'Eden. “Alla sua ombra bramo sedere dolce al mio palato è il suo frutto”: detto di Cristo, per custodia eucaristica.

Dunque, nessuna forzatura nell'iniziativa elpidiense e nessuna concessione alle mode degustative. Ma giusto e interessante abbinamento. Da riproporre.

Crivelli e la frutta

Un fatto culturale, non una forzaturaCarlo e Vittore Crivelli, i due grandi pittori del Rinascimentomarchigiano, anzi, Fermano-Ascolano.I loro quadri arricchiscono pinacoteche, chiese e museidi questa nostra terra.

27 della vita

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Non tutte le riviste riescono, con

il loro numero “0”, ad essere

immediatamente note ad un

pubblico variegato ed interna-

zionale. Non tutte riescono a

valicare, dopo i primi vagiti editoriali, i confini del

proprio territorio per farsi conoscere ed apprezzare

per contenuti e veste grafica.

“Il Gusto... della Vita” si!. La rivista dei Cuochi del Fer-

mano è riuscita infatti ad essere presente ad uno de-

gli eventi editoriali più importanti a livello nazionale

ed internazionale: la Fiera del Libro di Torino. Più di

300 mila sono stati i visitatori presenti nel 2008 e molti

di questi sono tornati a casa con in mano “Il Gusto...

della Vita”. La rivista è stata, per cinque giorni, dall’8

al 12 maggio, ospite dello stand della Regione Mar-

che. Distribuita, in centinaia e centinaia, di copie è

stata esposta insieme ai volumi e alle pubblicazio-

ni della Regione, delle Province, delle Università e

degli editori delle Marche. Presentata tra i trecen-

to titoli proposti a Torino dall’editoria marchigiana,

ben in vista nella vetrina delle opere più interessanti

dello stand. Molte come si è detto le persone che

l’hanno richiesta, sicuramente attratte dai contenu-

ti, dal formato e dalla preziosa copertina che hanno

appassionato più di un visitatore alla ricerca della

cultura, della storia e delle tradizioni locali.

L’augurio che facciamo al Gusto... della Vita è di

aver allacciato, con chi ha portato a casa e sfogliato

la rivista, quel filo invisibile che unisce la conoscenza

a chi la cerca e di essere per questo apprezzata e

richiesta da tutti coloro che nel valutarla sentiranno

d i C l a u d i o D e s i d e r i

La Fiera del Libro di Torino ha scoperto Il Gusto... della vita

A Torino...

la voglia di avere anche il numero 1 e quelli che ad

esso seguiranno. Perché non c’è cosa più importan-

te per un periodico che l’essere cercato, preso in

mano, sfogliato e letto dalla prima all’ultima riga.

Solo così il suo scopo sarà stato raggiunto. Comuni-

care per conoscere e farsi conoscere, per entrare in

contatto con il lettore ed abbattere le barriere del

tempo e dello spazio e, nel caso specifico, far ap-

prezzare il piacere delle cose importanti della vita.

Quelle che conquistano il corpo e l’anima. Ed in

questo la rivista c’è riuscita tanto da portarci a dire

che in questa edizione 2008 la Fiera internazionale

del libro di Torino ha finalmente scoperto “Il Gusto...

della vita”.

Stand della Regione Marchealla Fiera del Libro di Tor ino

29 della vita

Page 32: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Come noto il percorso di riconoscimento dei Gruppi di Azione Locale (GAL) da parte della Regione Marche, è articolato in tre diverse fasi:1.Riconoscimento dei requisiti dei GAL;2.Elaborazione delle Strategie di Sviluppo Locale;

3.Elaborazione del Piano di Sviluppo Locale in cui dettagliare e specificare le linee strategiche di cui al precedente punto 2.

Il GAL Fermano Leader ha superato la prima fase ed ha di conseguenza ricevuto dalla Regione Marche il formale riconoscimento del possesso dei requisiti necessari a partecipare alle successive due fasi.

La fase in corso di svolgimento è la seconda. Essa ha avuto inizio il 5 giugno u.s. con la pubblicazione del Decreto del Dirigente della P.F. “Diversificazione delle attivi-tà rurali e struttura decentrata di Macerata” n. 59 del 27/05/2009, pubblicazione avvenuta sul BURM n. 53 del 05/06/2009. Il Consiglio di Amministrazione del GAL Fermano ha a disposizione 90 giorni per presentare alla Regione Marche il docu-mento contenente le linee strategiche e per questo ha elaborato un calendario di incontri con gli operatori privati e con gli enti pubblici. Il calendario è organizzato in riunioni con le singole associazioni di categoria (circa 35 incontri) e con gli enti locali raggruppati invece in sub-aree (8 incontri). Lo staff del GAL Fermano è inoltre disponibile ad incontrare, su richiesta, tutti i sog-getti portatori di interessi territoriali diffusi purché compatibili con le finalità ope-rative del GAL Fermano. Per questo è possibile inoltrare una richiesta formale ai seguenti recapiti:• T 0734 634013• F 0734 634214• E [email protected] fissare incontri non attualmente previsti dal calendario istituzionale.

Sono stati inoltre programmati due appuntamenti di verifica cui parteciperà la partnership pubblico-privata nel suo complesso: il primo si terrà l’11 di luglio e ser-virà a verificare in itinere il lavoro di redazione del documento. Il secondo, previsto intorno al 27 luglio, è quello di condivisione finale del documento prima della sua presentazione alla Regione Marche per la successiva approvazione.

Poiché l’elaborazione del documento delle linee strategiche riveste un’importanza de-cisiva per il GAL Fermano, è stato costituito un gruppo di lavoro ad-hoc costituito da:Presidente del GAL Fermano;3 componenti dello staff;3 componenti del Consiglio di Amministrazione del GAL Fermano (due rappresen-tanti della parte privata ed uno della parte pubblica);Un rappresentante della Giunta Provinciale di Ascoli Piceno quale componente di raccordo fra la programmazione del GAL Fermano e l’analoga programmazione del GAL Piceno.

Notizie dal GAL FermanoIl gruppo di lavoro si completa con un consulente tecnico, figura che il GAL Fermano Leader sta ricercando con un bando emanato il 01/07/2008. Il ban-do è disponibile per la consultazione presso l’Albo Pretorio del comune di Magliano di Tenna, in Piazza Gramsci n. 25, sede legale del GAL. Restiamo in ogni caso a disposizione, ai riferimenti già indicati, per tutte le informazioni ed i chiarimenti del caso.

Il gruppo di lavoro dovrà supportare il tecnico incaricato di redigere il docu-mento delle linee strategiche con in-contri settimanali, fino al licenziamento dell’elaborato e la sua consegna alla Regione Marche. Il lavoro dovrà con-cludersi nel corso della prima settima-na di agosto in modo da lasciare, prima della scadenza della consegna del do-cumento fissata al 2 settembre 2008, un congruo periodo di tempo necessario ad eventuali modifiche imposte dall’En-te approvatore (Regione Marche).

Si ricorda infine che a breve riprenderà l’invio della news-letter per informare il territorio sul resoconto degli incontri della campagna di ascolto in corso di svolgimento. Chiunque fosse interessato a riceverla può inviare un messaggio di posta elettronica all’indirizzo [email protected] con la richiesta di essere for-malmente inserito nel database. I dati personali saranno trattati in osservanza del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003).

GAL Fermano

Il Gusto... 30

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Mangiare alla russaSegreti della cucina russa di Markus Wolf

Aproposito del pane “l’uo-mo non vive di solo pane” sta scritto all’incirca in un passo del vangelo secon-do Matteo. “ il pane è un

dolce benedetto” e “il volto di Dio sta alla parete come il pane sul tavolo” reci-tano invece due detti popolari russi. Si narra che una volta, quando nelle case dei contadini russi o ucraini si face-va il pane, l’aroma del pane sfornato si sentiva nell’intero paese. In queste oc-casioni era tradizione lasciare le finestre aperte. Come quasi tutti i popoli slavi, anche i russi usano accogliere gli ospiti, offrendo loro “pane e sale” su un faz-zoletto bianco ricamato. Da parte loro gli ospiti devono tagliare o rompere un pezzo di pane, intingerlo nel sale e man-giarlo. Ma ci sono altre occasioni in cui il pane gioca un ruolo importante. Una volta, per esempio, quando nasceva un figlio, la madre usava rompere due pezzi di pane: uno per sé, una da riporre nella culla del piccolo.Già negli anni quaranta alcuni scienziati avevano avviato degli studi sulla natu-ra dell’aroma del pane. Vennero infatti individuate le combinazioni principali del suo odore caratteristico: maltosio, di acetilene, furfurolo e alcuni suoi deri-vati. Fino ad oggi sono state identificate ben 174 sostanze che ne costituiscono l’aroma. Per fortuna, però, i chimici non sono ancora riusciti a riprodurre in tubet-ti o in contenitori di plastica il profumo del pane del nostro fornaio o di una pa-gnotta russa, il kalac’!Per i russi il pane è l’alimento più impor-tante in assoluto. A parte forse i pirozki e i bliny, il pane accompagna ogni piatto e viene servito in tavola sempre in ab-bondanza.Il tipico pane russo è quello nero, ovve-ro il pane di segala con l’aggiunta di lievito,ovviamente esiste anche il pane bianco di farina di frumento.Già all’inizio del secolo scorso il poeta Aleksandr Puskin, il “ Goethe russo”, ave-va scritto: “È dura la vita per un russo a Parigi; non ha nulla da mangiare, e non c’è pane nero”. In Russia, nei periodi di carestia di grano la popolazione soffri-va la fame anche se carne e pollame abbondavano. Il paradosso è che i russi impararono a seminare la segale dopo aver coltivato per 15 secoli il grano. Nel V secolo a.C Erodoto, di ritorno da un viaggio nei territori che oggi sono suolo

a c u r a d i O r i e t t a F o r e s i

Cucina dal mondo

russo, narra come le popolazioni agrico-le sciite coltivassero il grano, un cereale molto simile al frumento. La segale, origi-naria dall’antico regno di Urartu, venne importata in russia solo nel XI-XII secolo. Proprio in quell’epoca avvenne lo sci-sma d’Oriente, e probabilmente anche a causa del pane. Gli ortodossi sostene-vano infatti che durante la Santa Cena, ossia la Comunione, si dovesse usare solo pane lievitato (il pane benedetto nel primo giorno di Pasqua). Per i cattoli-ci, invece, il pane benedetto era quello non lievitato. Sul vino per fortuna era-no d’accordo. Quando nell’anno 1054, durante il sinodo di Reims, papa Leone IX annunciò la sua riforma della chiesa bollando il pane lievitato in quanto vio-lazione del vero credo, Bisanzio si schierò dalla parte della chiesa russo-ortodossa assicurandosi così un fedele alleato. Ciò non toglie che in Russia il pane più dif-fuso sia quello nero di farina di segale. Poi c’è il pane misto di farina di segale e frumento. Da parte sua il pane bian-co di farina di frumento è qualcosa di speciale. In russo le pagnottine e i pa-nini di farina di frumento vengono chia-mati bulki. L’altro tipo di pane bianco, considerato invece una vera leccornia tra i vari prodotti del forno è il kalac. Un tempo questo era il cosiddetto “pane con sale”che venive offerto ai regnan-ti, patriarchi o ad altri prestigiosi ospiti in segno di benvenuto.Non esiste festa russa senza pirog (pl. Piroga), ossia torta o pasticcio. Proba-bilmente il termine pirog deriva da pir che in russo significa “festa, banchetto, convito”. In Russia i piroga vengono preparati da che mondo è mondo. Nel XVII secolo il geografo e ricercatore Adam Orealius così scrisse di ritorno da un viaggio in Russia: “… i moscoviti hanno una sorte di torte, simili alle sfoglie ripiene o più ancora alle omelettes che vengono chiamati piroga… le farciscono con carne macinata o carne con cipolle e le friggono nel burro o, durante la qua-resima, nell’olio; sono molto gustose e vengono offerte agli ospiti di maggiore riguardo”. Per la preparazione di questa fondamentale pietanza si era soliti, ma lo si è tuttora, usare ingredienti di qua-lità. Le ricette su come preparare i piro-ga sono infinite e per tutti i gusti: aperti, chiusi, tondi, quadrati, piccoli, grandi, fritti, cotti al forno… e infiniti sono ovvia-mente anche i ripieni.

□ PIROŽKIIngredienti:500 gr di farina50 gr di burro fuso¼ l di latte tiepido20 gr di lievito1 cucchiaino di zucchero1 cucchiaino di sale

Esecuzione:versare la farina a fontana in una terri-na. Mettervi al centro il lievito con una presina di sale e 5 cucchiai di latte e amalgamare bene il tutto. Coprire l’im-pasto e lasciarlo riposare finché si sarà gonfiato. Versare il burro fuso lungo i bordi della terrina, aggiungere ancora un po’ di sale e il resto del latte. Quindi impastare energicamente finché forma delle bolle. Formare una palla, riporla nella terrina leggermente infarinata e coprirla. Lasciarla riposare al caldo e attendere che la massa raddoppi.

Ingredienti per il ripienodi carne macinata:500 gr di carne di vitello(o metà vitello e metà maiale)3 uova2 cipolle di media grandezza80 gr di burro1 mazzetto di anetosale e pepe nero macinato

Ingredienti per il ripieno di funghi:800 gr di funghi freschi ofunghi secchi messi a bagno1 mazzetto di prezzemolo frescosale e pepe nero macinato

Squisiti sono i pirožki con ripieno misto di carne e di funghi.

Per entrambi i ripieni:cuocere le 3 uova per 10 minuti. Tagliare a pezzettini le uova sbucciate, le cipolle e l’aneto (senza gambi). Rosolare breve-mente nel burro già fuso e a fuoco non troppo vivace la carne macinata con le spezie e con il trito di cipolle, aneto e uova.Nel caso del ripieno di funghi, seguire lo stesso procedimento tranne un pas-saggio: uova e prezzemolo tritato van-no aggiunti solo dopo aver rosolato gli altri ingredienti. Al posto delle uova si possono mettere anche 4 cucchiai di panna acida. Aggiustare infine con sale e pepe.

Per confezionare i pirožki:stendere la sfoglia fino a farla diventare sottile 0,5 cm. Con uno stampino tondo tagliare 12 pezzetti di sfoglia (si può an-che non tirare la sfoglia, prendere dalla palla dei pezzetti di pasta e poi tirarli). Porre al centro delle piccole sfoglie un cucchiaino di ripieno e ripiegarle, for-mando dei fagottini ovali. Distribuire i fagottini sulla placca imburrata e infa-rinata e spalmarli con l’albume sbattu-to a neve. Mettere la placca in forno, precedentemente scaldato a 200°, e lasciarli cuocere 15 minuti in modo che diventino belli dorati.Coprirli con un tovagliolo e servirli caldi. Nel caso si raffreddassero, scaldarli nuo-vamente in forno.

31 della vita

Page 34: Il Gusto... della Vita - Giugno 2008

Diario di bordo. Una traversata tra iniziative e proposte

Il Direttivo dell’Associazione Cuochi provincia di Fermo è for-mato dai “Magnifici sette” Sandro Pazzaglia, Adriano Berdini, Fabrizio Ferracuti, Paola Ippoliti, Sandro Montironi, Walter Te-stoni e Luciano Vecchiotti.A loro il merito di aver dato vita ad alcune tra le più belle manifestazioni di quest’anno. Ai colleghi e agli amici il merito di aver apprezzato e partecipato.E non è che l’inizio!

L'avete mai vista un'intera piazza trasformarsi in una grande osteria, dove si possono trovare i vini migliori dei maggiori pro-duttori marchigiani?Beh, a S.Elpidio a Mare questo accade. E' accaduto il 2 luglio, accade il nove, accadrà il 16 in piazza Matteotti. Il Comune

punta su questo tipo di iniziative. Le hanno chiamate “Arte e gusto” e l'edi-zione è la nona. A dare il giusto supporto è l'Associazione Italiana Som-melier, capitanata nelle Marche dell'instancabile Stefano Isidori. Sempre piazza Matteotti ospiterà inoltre, ma solo nella serata del 16 luglio, la gara di abilità culinaria tra amministratori locali. I sindaci si improvviseranno cuochi. Tolte giacca e cravatta, indosseranno il grembiule, la berretta da chef e metteranno le mani in pasta. È proprio il caso di dirlo. Come andrà a finire non è difficile indovinarlo: Alessandro Mezzanotte, primo cittadino elpidiense, in privato è un gran cuoco!!! Bella sarà la sfida tra Saturnino Di Ruscio e Giovanni Basso. Sotto sotto si contendono la presidenza della provincia di Fermo; sopra sopra forse un piatto di spaghetti all'amatricia-na. Vedremo.

Restiamo a S.Elpidio a Mare dove s'è svolto il 4 luglio un omaggio a re Asparago. Una giornata di degustazioni ma anche di convegni e appro-fondimenti tematici con medici, esperti, storici e... golosi.Il sindaco di Montegiberto Corrado Corradi ha confermato: “tra qualche mese, passata l'estate, procederò con una De. Co.”. Il prodotto che avrà la denominazione comunale non è stato svelato. Attendiamo trepidanti. Le De.Co nate nel nostro territorio (ne parliamo in altra parte del giorna-le) sono il risultato di un incontro che Paolo Massobrio, Presidente na-zionale del Club di Papillon, ebbe tre anni fa a Fermo con una decina di sindaci del Fermano.A proposito di Papillon, il Club Marche Sud guidato da Pio Mattioli ha proposto una serie di itinerari enogastronomici lungo le nostre vallate pubblicati in un recente numero del settimanale La Voce delle Marche.Pubblicato invece in un libro dedicato a Bruno Lauzi, e uscito a livello nazionale, un ricordo che il Club marchigiano ha voluto fare dell'arti-sta venuto a P.S.Giorgio (e in precedenza all'Abbadia di Fiastra) pochi mesi prima di morire.

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 263018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

Sfogli l'indice e già ti viene l'acquolina in bocca. Leggiamo per voi una parte dell'elenco dei dolci tipici e delle rispettive ricette: per Car-nevale, Castagnole di Marisa, Castagnole alle mele di nonno Silvano, Frittelle al vento della signorina Anna, Vigné, Bombette, Sfrappe, Ci-cerchiata di nonna Gloria, Orecchia de Carnuà di Marialina, Scroc-cafusi della signora Delia, Pesche; per San Giuseppe, Zeppole, Ciam-belline di patate, Frittelle di riso, Crema fritta; per Pasqua, Pizza dolce, Ciammella di Pasqua della signora Dina, Pizza battuta, Pizza battuta profumata, Picù, Flan; per i dolci della domenica, Ciammellotto rusti-co, Ciammellotto morbido, Ciammella. Potremmo continuare ancora con i dolci d'autunno, e quelli di natale. Prenderemmo dieci pagine. Ci fermiamo qui, perché quel che abbiamo anticipato - e molto di più ancora - è contenuto in un gran libro - grande e bello - presentato tra l'altro qualche mese fa ad Herbaria. Lo ha scritto la gentile signora Manuela Di Chiara, le foto sono di sua sorella Lucilla. Lo ha pubblicato la Fondazione Cassa Risparmio di Macerata. E' uno scrigno di ricette e un patrimonio di storia culinaria. Già il titolo dice tutto: “Ricette, ri-cordi, racconti”. Eh sì, perché Manuela ha messo mano ad un tesoro che aveva in casa. Risale alla sua bisnonna Filomena Carradori. E sia-mo agli inizi del 1800. La bisnonna Filomena ha la ventura di frequen-tare le cucine di un convento e, guarda di qua, guarda di là, quando ne esce ha portato con sé una sorta di diario. Il prezioso ricettario viene passato da madre in figlia, sino a Manuela che, appassionata di cucina e tradizioni, ci fa un dono meraviglioso: non solo il ricettario della bisnonna, ma tutto quello che nel tempo la nostra signora ha rintracciato nella sua curiosa “cerca” della gastronomia locale.Ma sentite cosa scrive Manuela nella sua introduzione: “...la cucina è una delle espressioni più significative del patrimonio culturale di un popolo perché ci permette di conoscere le tradizioni, la religione e l'economia del territorio. Attraverso la cucina viviamo in stretto rap-porto con la natura e siamo chiamati a rispettarne i cicli produttivi. La cucina infatti ha sempre accompagnato l'attività produttiva della terra nelle diverse stagioni dell'anno e il lavoro dell'uomo ad essa con-seguente”. Un “grazie” a Manuela, in attesa del secondo volume...

(Lupo Nobile)

Il Gusto... 32

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