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Publius - per un'alternativa europea. Numero 13, Dicembre 2012 - Gennaio 2013. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.
PubliusPer un’Alternativa Europea
Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 13 - Dicembre/Gennaio 2012/13
distribuzione gratuita
Giornale degli studentidell’Università di Pavia.
Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi
e di domani
L'assegnazione del premio Nobel per la pace all'Unione europea, nel momento in cui è in corso una delle più gravi crisi della sua storia, ha un duplice signi<icato. Da una parte, rappresenta il ricono-‐scimento che il più importan-‐te risultato dell'uni<icazione europea è la pace. D'altra parte, sottolinea che, a causa del carattere incompiuto del-‐la costruzione europea, quel bene prezioso può essere perduto e dunque è giunto il momento di portare a con-‐clusione il progetto. Il monitoimplicito nella motivazione del premio è che occorre dare alle istituzioni europee quei poteri che permetterebbero di scon<iggere le forze della disgregazione e colmare il de<icit democratico. L'Unioneeuropea è l'innovazione poli-‐tica più importante del no-‐stro tempo: è il tentativo più
riuscito di costruire una nuo-‐va forma di statualità sul pia-‐no internazionale. I governi nazionali hanno tradito la natura rivoluzionaria di que-‐sto progetto, hanno reso la sua realizzazione lenta ed esitante, tanto che esso resta tuttora incompiuto. L'allar-‐gamento dell'unione a popoliche avevano subito dittature fasciste e comuniste è un grandioso processo di paci<i-‐cazione tra Stati un tempo divisi dall'odio nazionale. Oggi esso interessa la regione balcanica, che alla <ine delsecolo scorso ha conosciuto gli orrori della guerra civile. Ma la paci<icazione dell'Eu-‐ropa senza un governo de-‐mocratico e federale non ha portato ai cittadini i bene<ici del grande spazio economico senza frontiere e della prima forma di democrazia interna-‐zionale, di cui il Parlamento
europeo è il laboratorio. La Federazione è la nuova forma di organizzazione politica che consente di realizzare l'unità dell'Europa in modo irrever-‐sibile senza cancellare l'indi-‐pendenza delle nazioni, di estendere la democrazia al di là dei con<ini nazionali, di portare a tutti i popoli del continente sicurezza e benes-‐sere, di proporre al mondo un modello di solidarietà tra le nazioni in alternativa alla violenza e agli egoismi nazio-‐nali. Per riconciliare i cittadi-‐ni con il progetto europeo, occorre che l'Unione europea vada al di là delle politiche di austerità e promuova un pia-‐no di sviluppo sostenibile e nello stesso tempo affronti le riforme delle istituzioni eu-‐ropee indispensabili per su-‐perare il de<icit di legittimitàdemocratica.
Publius
Indice
pag.1 EditorialePublius
pag.2 L’Unione federale e la creazione di un bilancio autonomo dell’Eurozona
Nelson BelloniFranco Spoltore
pag.4 Unione politica ed europeizzazione della politica
Miriam Postiglione
pag.6 Il fallimento della fusione BAE-‐EADS
Francesco VioliAndrea Corona
pag.7 Segnalazioni bibliogra>iche: “La democrazia in Europa” di Mario Monti e Sylvie Goulard
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La direzione di marcia ed i passaggi chiave per mettere in sicurezza l’euro e per creare una vera unione economica e monetaria sono ormai all’ordine del giorno dell’agenda politica europea. La direzione è data dalla necessità di realiz-‐zare le quattro unioni indispensabili per garantire nell’immediato la sopravviven-‐za e, in prospettiva, la capacità di gover-‐no dell’eurozona. I due passaggi chiave riguardano da un lato la creazione di un bilancio autonomo dell’eurozona basato su risorse <iscali proprie e, dall’altro, la legittimazione democratica del sistema di governo delle politiche e degli stru-‐menti di controllo monetari, di bilancio, <iscali ed economici che fanno capo al-‐l’euro. Questo è quanto emerge dai do-‐cumenti preparatori al Vertice del 13-‐14 dicembre scorso (si vedano il blueprint For a deep and genuine EMU della Com-‐missione europea, il documento del Pre-‐sidente del Consiglio europeo Van Rom-‐puy, come pure alcuni passaggi della ri-‐soluzione approvate dal Parlamento eu-‐ropeo il 20 novembre). Il fatto che que-‐sto vertice abbia affrontato solo il tema dell’unione bancaria, rimandando all’an-‐no prossimo le decisioni sulle altre unio-‐ni, non deve trarre in inganno: il con-‐fronto tra i governi sui documenti preparatori in realtà è già entrato nel vivo. Inoltre, al di là delle cautele linguistiche dei vari documenti e delle tortuosità delle diverse roadmap europee, che tendono a non usare il termine federale e che nascondono le dif<icoltà che ancora esistono a rinunciare alla sovranità nazionale, emerge con sempre maggiore evi-‐denza che realizzare davvero le quattro unio-‐ni non può che signi<ica-‐re fare l’unione federale Tutto questo implica che le prospettive di appro-‐fondimento dell’unione tra i paesi che hanno adottato o stanno per adottare l’euro e i dibat-‐titi in corso sul futuro dei vari paesi, non pos-‐sono più essere ignorate dalle grandi famiglie po-‐litiche, se queste non
vogliono lasciare il campo all’ascesa ed al radicamento dei movimenti nazionalisti, micronazionalisti, populisti ed antieuro-‐pei. Se è vero che l’ultimo vertice europeo non è stato in grado di aprire le porte che conducono ad una effettiva unione fede-‐rale è però anche vero che non ne ha chiusa alcuna. Anzi, de facto, ha lenta-‐mente e, come spesso è già accaduto, confusa-‐mente – e su base inter-‐governativa – incomin-‐ciato ad implementare la prima e teoricamente meno impegnativa fase prevista dal documento della Commis-‐sione, quella riferita al breve periodo – i prossimi 6-‐18 mesi –, per porre le basi del Single Supervisory Mechanism ban-‐cario sotto l’egida della BCE; per realiz-‐zare il coordinamento delle politiche economiche; per favorire le riforme ne-‐cessarie per colmare gli squilibri fra gli Stati e migliorare la competitività. Il ver-‐tice ha invece rinviato al 2013 le decisio-‐ni sull’unione <iscale, la “proper <iscal capacity for EMU”, la cui realizzazione è prevista dalla Commissione nel medio periodo (tra il 2014 e il 2018); e quelle
sul completamento dell’unione economi-‐ca e politica prevista dopo il 2018, con la creazione di “un bilancio autonomo per l’eurozona dotato di una capacità <iscale per aiutare i paesi membri ad assorbire gli shock”. I Capi di Stato e di governo hanno così dimostrato di illudersi ancora di poter affrontare in modo meccanico e quasi
automatico la realizza-‐zione a tappe dell’unio-‐ne. Affermare, come ha fatto il Presidente fran-‐cese François Hollande, che “une éventuelle rév-‐ision des traités” potrà
essere affrontata solo dopo il 2014, te-‐stimonia di una pericolosa sottovaluta-‐zione del fattore tempo e della necessità di disporre del consenso popolare indi-‐spensabile per promuovere e sostenere il processo di profonda trasformazione politica ed istituzionale in atto in Europa. Per quanto riguarda il fattore tempo, chi governa dovrebbe infatti conoscere l’ammonimento di Machiavelli, secondo cui gli argini alle piene si erigono e con-‐solidano nei “tempi quieti”, non mentre infuriano le correnti e le inondazioni (Il Principe,
XXV). E’ del tutto ingiu-‐sti<icato rallentare il processo di uni<icazione sulla base di una mo-‐mentanea fase di bonac-‐cia dei mercati. Ed è poli-‐ticamente irresponsabile l’atteggiamento di chi propone di fare dopo il 2014, oppure dopo il 2015 o magari il 2018, tra l’altro senza inco-‐minciare a prepararsi, quel che, in base al buon senso, andrebbe fatto subito. Lo stesso vale per il con-‐senso: proprio perché è impensabile fare la fede-‐razione europea di na-‐scosto e senza che nasca un largo movimento di opinione favorevole, oc-‐corre che questo soste-‐gno dei cittadini maturi per tempo. Cosa che ac-‐cadrà solo se emergerà con chiarezza, nel dibat-‐tito politico e nelle com-‐petizioni elettorali, lo
L’ Unione federale e la creazione di un bilancio autonomo dell’Eurozona
Realizzare davvero le quattro unioni non può
che significare fare l'unione federale
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stretto legame che esiste tra la realizza-‐zione di una vera unione federale, il ri-‐lancio dello sviluppo e la possibilità di recuperare il controllo democratico sulle decisioni europee a livello sovranaziona-‐le. Ciò implica prendere coscienza del reale stato dei fatti: da un lato l’impossibilità di adotta-‐re soluzioni nazionali per promuovere una nuova fase di crescita e di benessere; dall’altro l’impossibilità di fondare il rilancio economico sull’attuale sistema di formazione, gestione e impie-‐go del bilancio europeo. Dopo il deluden-‐te esito del dibattito sulle prospettive di <inanziamento dell’Unione europea 2013-‐2020, è ormai evidente che la pos-‐sibilità di promuovere la crescita, lo svi-‐luppo e l’occupazione non può più, reali-‐sticamente, fondarsi su di un bilancio bloccato sine die dalla sua stessa natura pre-‐federale. Come è noto, le ultime pro-‐poste di compromesso per adottarlo prevedono addirittura una diminuzione dei fondi a disposizione delle politiche per la crescita, la ricerca e lo sviluppo. La battaglia per lo sviluppo e la crescita deve dunque essere combattuta sul ter-‐reno della costruzione delle quattro unioni ed in particolare della creazione di un bilancio autonomo dell’eurozona. Un bilancio che sia destinato non solo ad assorbire gli shock asimmetrici – come propone la Germania –, ma anche a pro-‐muovere lo sviluppo – come vorrebbe la Francia; con buona pace dell’Olanda che ha invece espresso la sua opposizione di principio. Il problema è così urgente che anche l’ultimo vertice di dicembre, nono-‐stante si sia limitato a discutere del-‐l’unione bancaria, ha dovuto incomincia-‐re ad affrontarlo (seppure ancora nei termini della creazione di un fondo di solidarietà autonomo da af<iancare ai contratti sulla competitività e crescita tra istituzioni europee e governi nazionali).
Questo fondo, secondo quanto hanno dichiarato Angela Merkel e François Hol-‐lande dovrebbe essere alimentato dai proventi della tassa sulle transazioni <inanziarie dei paesi dell’Eurozona. Bisogna dunque continuare a chiedere ai
governi, alla Commissio-‐ne, e al Parlamento euro-‐peo di fare di più, e più in fretta, sulla strada della vera unione. Ma è ormai indispensabile premere
anche sui singoli parlamentari europei e nazionali, sui loro rispettivi partiti politi-‐ci, sui sindacati af<inché entrino nel di-‐battito su come, quando e perché è ne-‐cessario: creare un bilan-‐cio autonomo dell’eurozo-‐na; coinvolgere i rappre-‐sentanti dei cittadini in un dibattito costituente eu-‐ropeo attraverso la convo-‐cazione di una convenzio-‐ne con il mandato di ela-‐borare una costituzione federale; sciogliere il nodo della legittimità democra-‐tica europea, a partire dal-‐la differenziazione delle responsabilità e funzioni di controllo in seno al Par-‐lamento europeo tra par-‐lamentari eletti nell’euro-‐zona e fuori di essa, su questioni di bilancio, <isca-‐li ed economiche riferibili all’area euro. Solo così, cioè solo affrontando i fatti per quel che sono, e non piegandoli alle esi-‐genze della retorica na-‐zionale, essi potranno con-‐trastare il populismo e l’euroscetticismo, sia nelle campagne elettorali na-‐zionali, sia alle prossime elezioni eu-‐
ropee del 2014.Da parte sua il MFE, con la Campagna per la federazione europea, continuerà a mettere governi, istituzioni e partiti di fronte alle loro responsabilità storiche, e a denunciarne l’inazione ogniqualvolta sarà necessario. E continuerà a promuo-‐vere, come ha fatto da settant’anni <ino ad oggi, la mobilitazione e la sensibiliz-‐zazione dell’opinione pubblica e della società civile sul terreno della costruzio-‐ne della federazione europea
Nelson Belloni Franco Spoltore
E’ impensabile fare la federazione
europea di nascosto
Scheda personaggio - Kenneth C. Wheare
Kenneth C. Wheare nacque in Australia nel 1907. Dopo gli studi all'università di Melbourne, si trasfe-‐rì nel 1929 a Oxford dove percorse una brillante carriera accademica Iino a divenire rettore del-‐l'Università di Oxford nel 1956. Morì in Inghilterra nel 1979Titolare della prestigiosa cattedra Gladstone di Governo e Amministrazione Pubblica nel 1944, pubblicherà nel 1946 un vasto studio comparativo sulle forme di federazione (“Del Governo Federale”), contribuendo al dibattito sull'eventuale trasformazione in federazione dell 'al lora Commonwealth imperiale britannico.
Tra le sue frasi più celebri: “Quattro caratteristiche -‐ una suprema costituzione scritta, una procedura di revisione costituzionale che non sia rimessa esclusivamente al governo federale o al governo degli Stati, una corte suprema che stabilisca il signi;icato della costituzione in caso di controversie e l'autosuf;icenza ;inanziaria di ciascuna delle autorità coordinate – sono gli aspetti essenziali di un sistema di governo federale.” “Per principio federale intendo quel sistema di divisione dei poteri che permette al governo centrae e quelli regionali di essere, ciascuno nella sua sfera, coordinati e indipendenti.”
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Unione politica ed europeizzazione della politica
Il 6 settembre, in occasione di un inter-‐vento alla Fondazione Pellicani di Vene-‐zia, il Presidente della Repubblica Gior-‐gio Napolitano ha tenuto un lungo e importante discorso sul tema “Unione politica ed europeizzazione della politi-‐ca”. Si tratta di un intervento che, per la crucialità del tema che tratta, merita, in modo particolare, di essere ripreso e meditato. La questione affrontata è quella della crisi della politica, vista sia come conse-‐guenza del fatto di averla mantenuta con<inata nel quadro nazionale, sia co-‐me causa dell’attuale impasse della co-‐struzione europea. “E’ nel complesso dell’Europa quale oggi ci si presenta, che la politica è in affanno, che la politi-‐ca – direi – naviga a vista: perché le vec-‐chie mappe risultano, sempre di più, inservibili, e le nuove restano ancora lontane dal giungere a un disegno com-‐piuto. Il punto cruciale è che in un con-‐tinente interconnesso come non mai – dall’economia al diritto – la politica è rimasta nazionale. Ed è questo un fatto-‐re fondamentale di crisi della costruzio-‐ne europea, e nello stesso tempo di crisi della politica. Le nuove mappe della politica non possono non abbracciare l’Europa nel suo insieme”. Le “vicende convulse che per effetto della crisi” si stanno veri<icando nell’ Eurozona, da un lato hanno fatto sì che crescesse la coscienza dell’ effetto cata-‐stro<ico causato da un’eventuale disgre-‐gazione dell’Unione europea, e quindi si potesse tornare a parlare di unione poli-‐tica dell’Europa, dal-‐l’altro hanno anche iniziato a far emer-‐gere le problemati-‐che che non si sono volute affrontare dopo la nascita dell’ euro: “Il trasferimen-‐to alle istituzioni comunitarie delle sovranità nazionali in quel settore cru-‐ciale, e alla neo-‐isti-‐tuita Banca centrale europea della ge-‐stione effettiva della politica monetaria, avrebbe dovuto essere rapidamente coronato da passi decisi sulla via della de<inizione e della rigorosa osservanza
di regole e discipline condivise in mate-‐ria di politiche di bilancio; e sulla via di un ef<icace governo dell’economia, per garantire avvicinamento e convergenza – anziché squilibri crescenti – tra i pro-‐cessi di sviluppo dei paesi della zona euro”. Tutto ciò avrebbe dovuto com-‐portare “il superamento di riluttanze e rigidità sul tema delle competenza da riservare ancora agli Stati nazionali”; invece si è scelto di escludere ogni “ul-‐teriore spostamento al livello europeo”. In questo modo l’Unione europea si è
trovata “imprepa-‐rata a fare i conti con l‘impatto della crisi < inanziaria globale e con le ricadute di que-‐st’ultima sulla cre-‐scita e sulla coesio-‐ne dell’Europa a 17 – l’Eurozona – e a 27 – la totalità de-‐gli Stati membri – pagando il prezzo di insuf<icienze e ritardi assai gravi”. La reazione che è seguita ha, effetti-‐
vamente, impresso un brusco cambia-‐mento di rotta, trasferendo a livello eu-‐ropeo “impegni e vincoli su materie ri-‐
maste, ancora col Trattato di Lisbona, riservate alle competenze e alle scelte degli Stati nazionali”. Ma lo ha potuto fare, per mancanza di strumenti politici europei ef<icaci, solo per via intergover-‐nativa, via che ha portato ad una cre-‐scente integrazione di fatto (ne è un chiaro esempio il cosiddetto &iscal com-‐pact) “ma entro un orizzonte ancora ristretto, e soprattutto al di fuori di un processo di rafforzamento democratico e di esplicita e conseguente evoluzione istituzionale dell’Unione”.Cosi facendo però, sottolinea il Presi-‐dente, si è fatto in modo che tali deci-‐sioni assunte a livello intergovernativo venissero sentite dalla società civile quali obblighi imposti con il sacri<icio di procedure democratiche. Pertanto,“Il profondo disorientamento che ne è sca-‐turito, il diffondersi – anche attraverso movimenti politico-‐elettorali di stampo populista – di posizioni di rigetto del-‐l’euro e dell’integrazione europea, il radicarsi – tra gli investitori e gli opera-‐tori di mercato su scala globale – della s<iducia nella sostenibilità della moneta unica e della stessa Unione, possono superarsi perseguendo decisamente, e non solo a parole, la prospettiva di una Unione politica di natura federale. Pro-‐spettiva nella quale sciogliere le ambi-‐guità dello scontro sul tema della so-‐
È nel complesso dell’Europa quale oggi ci si presenta, che la politica è in affanno, che la politica naviga a vista: perché le vecchie mappe risultano,
sempre di più, inservibili, e le nuove restano ancora lontane
dal giungere a un disegno compiuto. Il punto cruciale è
che in un continente intercon-nesso come non mai – dal-
l’economia al diritto – la politi-ca è rimasta nazionale.
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vranità, e dare risposte nuove al pro-‐blema della democrazia nella vita e nel futuro dell’Unione. E questa prospettiva deve nascere da un ampio moto di par-‐tecipazione e da un processo di tra-‐sformazione della politica.”Napolitano riesce dunque a mettere bene in evidenza il vero problema dell’ attuale assetto europeo: quello della democraticità del processo di forma-‐zione delle decisioni dell’Unione. Oggi “la necessità di delegare funzioni sem-‐pre più signi<icative, già proprie della sovranità nazionale alle istituzioni del-‐l’Unione succedute a quelle della Co-‐munità, si è fatta cogente e ineludibile”; ma con l’attuale assetto istituzionale dell’Unione la conseguenza è stata che “l’asse del potere di decisione si è spo-‐stato, dalle istituzioni comunitarie so-‐vranazionali – Commissione e Parla-‐mento – verso i capi di governo, verso il Consiglio europeo e il suo nucleo più forte. Ne ha sofferto anche il ruolo dei Parlamenti nazionali”. La soluzione può solo essere ricercata nella trasforma-‐zione dell’Unione in “una forma federa-‐le multi-‐livello”, che, “sul piano istitu-‐zionale e politico, si nutrirebbe di soli-‐darietà, di sussidia-‐rietà, di confronto e cooperazione tra istituzioni sovrana-‐zionali, nazionali, regionali e locali, fatto salvo il potere decisionale supre-‐mo riservato alle istanze europee nella de<inizione e nell’attuazione dell’inte-‐resse comune. In questo quadro, una particolare importanza assumerebbe, per il suo potenziale democratico, la componente parlamentare, compren-‐dente insieme il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, che senza sovrap-‐porsi nell’esercizio delle loro distinte funzioni, condividerebbero l’esercizio del potere costituente nell’Unione, con-‐correrebbero a garantire il rapporto tra elettori ed eletti nel vasto territorio europeo, e collaborerebbero in molte-‐plici campi e modi concreti”.
E tuttavia non <inisce qui, e cioè sul ter-‐reno della possibile e necessaria ulte-‐riore evoluzione istituzionale, il discor-‐so di un’Europa democratica. Quella che manca è anche una dialettica politica <inalmente europea, con le sue sedi, le sue forme di espressione, le sue forze protagoniste. “E’ mancata in questi anni , oltre ad una dialettica europea, la co-‐stituzione di una sfera pubblica euro-‐pea”; ed è proprio a questo proposito che viene lanciato un deciso monito ai partiti nazionali: ”Da chi avrebbero do-‐
vuto venire, da diversi anni a questa parte e specie più di recente, le reazioni a simili disorientamenti e misti<icazio-‐ni? Da chi avrebbe dovuto venire un energico e convincente rilancio del pro-‐getto europeo, in termini non retorici ma anche autocritici e soprattutto inno-‐vativi? Da chi, se non dalle leadership politiche, rappresentanti le forze maggiori ope-‐ranti nei paesi dell’Unio-‐ne, dai partiti e dai loro gruppi dirigenti?”. I par-‐titi politici hanno credu-‐to che il processo di co-‐struzione europea si concludesse da sé e si sono limitati a seguire piuttosto che assumere un ruolo di gui-‐da, continuando così a perdere progres-‐sivamente autorità.
Per fermare questo processo di disgre-‐gazione e per rispondere <inalmente alle s<ide in campo europeo, riacqui-‐stando così la capacità di guardare al futuro, i partiti europei sono chiamati ad europeizzarsi. Citando Mario Alber-‐tini, il Capo dello Stato, evidenzia come
sia obiettivo primario e “punto di non ritorno” l’unione politica e la con-‐testuale creazione di un potere europeo per il quale lottino i partiti. Nel-‐
l’ottica di riacquistare credibilità e cen-‐tralità all’interno delle istituzioni euro-‐pee, il Presidente, auspica che già con le elezioni del Parlamento europeo del 2014 si attui una “procedura elettorale uniforme” che consenta lo scambio di candidature e la presentazione di capi-‐lista unici nei diversi paesi da parte dei grandi partiti europei, nonché l’identi<icazione tra la <igura del Presi-‐dente del Consiglio eu-‐ropeo e il Presidente della Commissione, che dovrebbe essere eletto direttamente dai cittadini in concomi-‐tanza con le elezioni parlamentari. La lezione che Napolitano rivolge alla politica è esemplare. Identi<icando le cause strutturali della crisi dei partiti e al tempo stesso la loro responsabilità per una rinascita della democrazia, che non può che partire dall’impegno per l’unione politica dell’Europa, evidenzia una questione cruciale del processo europeo in corso. C’è solo un punto che, forse, andrebbe ulteriormente chiarito. Con quella frase, Albertini (“il punto di non ritorno non potrà che essere pro-‐priamente politico. È il momento in cui
la lotta politica diviene europea, in cui l’oggetto per il quale lottano uomini e partiti sarà il potere europeo”), pone come chiave di volta del progetto euro-‐peo, il nodo politico: è solo con la crea-‐zione di un’unione politica che si può parlare di un reale “potere” europeo per il quale concorreranno i partiti. La
costituzione del “po-‐tere europeo” viene quindi a con<igurarsi quale presupposto allo sviluppo di parti-‐ti europei. Più pro-‐priamente si può af-‐fermare che, per loro natura, i partiti sa-‐ranno portati ad “eu-‐
ropeizzarsi” solo nel momento in cui sentiranno di essere in lotta per il pote-‐re europeo. E’ quindi proprio la man-‐canza di tale potere ad avere bloccato la loro evoluzione e ad averli con<inati nel quadro nazionale.Senza dubbio, oggi, in una fase ormai così avanzata e decisiva del processo di formazione di un potere politico euro-‐peo, i partiti sono chiamati a diventare protagonisti della “rivoluzione euro-‐pea”; e, infatti, qualora i maggiori partiti presenti nel Parlamento europeo deci-‐dessero di “europeizzarsi”, il ruolo che giocherebbero nel portare a termine il processo di costruzione europea sareb-‐be fondamentale. Essi, infatti, sono gli unici diretti rappresentanti dei cittadini europei e sono i soli che possono vera-‐mente colmare, nella sostanza, il de<icit democratico dell’ attuale unione euro-‐pea. D’ altra parte ci si scontra ancora con la mancanza di un potere europeo, man-‐canza che rende sicuramente più lento
e dif<icile un processo di “europeizzazione” nell’ attuale contesto europeo, in cui gli schieramenti chiama-‐ti a confrontarsi san-‐no di non poter dar
vita ad un governo europeo indipen-‐dente in grado di attuare la linea pro-‐grammatica scelta dagli elettori.È necessario pertanto essere consape-‐voli che le due battaglie, quella per l’Eu-‐ropa federale e quella per la nascita dei partiti europei, devono procedere pa-‐rallelamente per poter davvero avviare la nascita di una vera democrazia euro-‐pea sovranazionale; e i partiti devono capire che devono impegnarsi al mas-‐simo su entrambi i fronti.
Miriam Postiglione
E' solo con la creazione di un’unione politica che si può parlare di un reale “potere” europeo per il quale concorreranno i
partiti.
Quello che manca è una dialettica politica final-
mente europea.
I partiti politici hanno creduto che il processo di
costruzione europea si concludesse da sé.
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Il 10/10/2012 a Parigi è naufragato l’importante accordo tra due grandi im-‐prese di difesa europee la BAE Systems e la EADS con amministratori, rispettiva-‐mente, Ian King e Tom Enders. Sarebbe stata l'opposizione del governo di Lon-‐dra alla proposta dei negoziatori tede-‐schi di portare al 9% la partecipazione azionaria di Berlino, esattamente la stes-‐sa nelle mani della Francia, a causare il naufragio della trattativa, in quanto tale aumento di partecipazione era condizio-‐ne necessaria per l’approvazione da par-‐te tedesca del progetto di fusione. Il pro-‐getto di fusione prevedeva che il 60% della nuova azienda fosse nelle mani di Bae Systems, mentre il restante 40% fosse nelle mani del consorzio franco-‐te-‐desco EADS. La fusione che avrebbe por-‐tato alla nascita di un colosso da 70 mi-‐liardi di euro di fatturato e 220 mila di-‐pendentiLa BAE è una società inglese con sede centrale a Farnborough, attiva a livello mondiale, particolarmente nel nord America attraverso la sua sussidiaria BAE Systems Inc. La EADS acronimo di European Aeronau-‐tic Defence and Space Company consorzio che controlla anche Airbus ha sede a Lei-‐da, nei Paesi Bassi; creata dalla fusione avvenuta il 10 luglio 2000 tra la tedesca Daimler Chrysler Aerospace AG (DASA), la francese Aérospatiale-‐Matra e la spa-‐gnola Construcciones Aeronáuticas SA (CASA)..Entrambe sviluppano e commercializza-‐no aeromobili civili e militari, sistemi di comunicazione, missili, vettori spaziali, satelliti arti<iciali e sistemi collegati. La prima ha come proprio mercato di rife-‐
rimento l’industria aeronautica militare, mentre la seconda, diversamente, ha co-‐me proprio core business il mercato del-‐l’aeronautica civile. La fusione quindi, sarebbe avvenuta tra due grandi imprese operanti in due settori sostanzialmente diversi. Teorica-‐mente, ciò avreb-‐be potuto signi<i-‐care la creazione di un colosso ope-‐rante a tutto spet-‐tro nell’industria aeronautica, anche se fusioni di questo genere, fra imprese che hanno mercati di riferimento sostanzialmente diversi, so-‐no anche tra le più dif<icili da far poi fun-‐
zionare effettivamente. Tuttavia, già in passato, BAE ed EADS (assieme a Fin-‐meccanica, in misura minore) hanno da-‐to vita a progetti comuni di grande suc-‐cesso: come il consorzio MBDA, ad oggi il più grande produttore di sistemi anti-‐
missilistici al mondo. Il precedente faceva spe-‐rare in un successo del progetto BAE-‐EADS.
Il progetto aveva creato alcune limitate preoc-‐
cupazioni fra i principali competitors di BAE ed EADS, vale a dire Lockheed Mar-‐tin e Boeing, tanto che vari esponenti della difesa americana avevano dichiara-‐to, che in caso di fusione, BAE Systems avrebbe dovuto vendere molti dei suoi assets negli Stati Uniti. Dubbi di vario genere erano emersi anche da questo lato dell’Atlantico. Sia a Londra, sia a Pa-‐rigi, sia a Berlino si erano levate parec-‐chie voci contrarie al progetto. In tutti i casi la preoccupazione maggiore era la marginalizzazione del rispettivo gover-‐no/interesse nazionale all’interno della nuova società.
Oltre all’aspetto economico della vicen-‐da, bisogna soffermarsi sul signi<icato politico. Per molti commentatori, la fu-‐sione poteva essere il primo passo per riavvicinare l’Inghilterra all’asse franco-‐tedesco. Ciò non avrebbe signi<icato che
La difesa rimane uno degli strumenti attraverso il quale la
sovranità si esprime.
Il fallimento della fusione BAE-EADS
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il Regno Unito sarebbe diventato auto-‐maticamente uno dei motori della difesa europea, ma che, perlomeno, avrebbe potuto contribuire ad appianare o ad-‐dolcire le divergenze di vedute tra core Europe (il nucleo dei paesi continentali, con Germania e Francia in testa, che guidano il processo di uni<icazione eu-‐ropea) e periferia. Il fatto che questo non sia avvenuto non è casuale, e dimo-‐stra come questo riavvicinamento sia in realtà estremamente dif<icile, se non impossibile, in questa fase. Ma questo,
purtroppo, non signi<ica che, da parte della core Europe ci sia un progetto al-‐ternativo, se non alcune proposte vaghe e dichiarazioni d’intenti, e neppure la volontà, di arrivare in tempi rapidi alla creazione di una difesa europea che po-‐trebbe dare agli europei un ruolo auto-‐
nomo ed autorevole nel quadro interna-‐zionale.
L’Italia ed il futuro della difesa europea.
L’altra questione, rimandata a causa del fallimento della trattativa ma che rima-‐ne comunque all’ordine del giorno, ri-‐guarda il futuro di Finmeccanica e, di conseguenza, della difesa italiana.L’Italia da decenni ha ri<iutato il coin-‐volgimento nel progetto EADS.
La fusione poteva essere il primo passo per riavvicinare l’Inghilterra all’asse franco-
tedesco
L’ex premier Mario Monti dialoga con l'eurodeputa-‐ta Goulard sull'unico futuro possibile per l'Europa.In questi mesi di dibattito serrato tra europeisti ed euroscettici, l’ex premier Mario Monti e l'eurode-‐putata Goulard scrivono un manifesto politico fuo-‐ri dai loro ambienti istituzionali per richiamare in modo netto e preciso l'importanza dell'Europa, il cammino intrapreso Aino ad ora, ma soprattutto quel cammino ancora da compiere per avere un'Europa politica che sia la sede della Democra-‐zia. Il libro è insieme appello alla Aiducia, critica all'esistente e proposta politica per il futuro. Com-‐mentare quest'ultimo punto mi sembra di partico-‐lare rilievo per il semplice motivo che, nonostante sia solo un’opinione, è pur sempre quella del no-‐stro premier sull'Europa del domani. Il primo pun-‐to di rilievo è la posizione assunta sul quadro poli-‐tico nel quale realizzare il prossimo necessario passo verso l'uniAicazione politica: l’Eurozona dovrà consolidarsi attraverso la creazione di un Parlamento. Ciò signiAica dire che solo tra i 17 paesi dell'area Euro (con l'importante esclusione del Regno Unito, paese sempre politicamente avverso a qualsiasi ten-‐tativo continentale di uniAicazione politica) ci sono sufAicienti elementi comuni dove può sorgere la vo-‐lontà di unirsi in un processo costituente inscindibile. Secondo punto di rilievo è quanto emerge dal capitolo intitolato "Prevedere modalità precise per la revisione dei trattati". In poche pagine è espresso un ragionamento lucido frutto di un'analisi seria del problema che sta bloccando il progetto europeo: il principio di unanimità nella revisione dei trattati. Un'Europa politica sorgerà sul lungo periodo solo da una Costituzione elaborata da una Convezione, espressione di quegli Stati che dimostreranno la volontà di andare avanti. Tale volontà sarà il risultato in ciascun Paese di un dibattito politico che terminerà con un sì o un no netto alla revisione dei trattati. Pero alla base di tutto ciò ci deve essere un patto politico tra i Paesi che preveda la ratiAica del nuovo trattato secondo il principio di maggioranza degli Stati in modo che la volontà di un solo paese non blocchi il processo Aino alla paralisi che viviamo tuttora, con-‐seguenza nefasta dell'applicazione del principio di unanimità. Di modo che l'opinione pubblica del Pae-‐se contrario non blocchi questa necessità imposta dalla Storia.
Segnalazioni bibliografiche“La democrazia in Europa” di Mario Monti e Sylvie Goulard
(Ed. Feltrinelli, 2012)
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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 13 - Dicembre/Gennaio 2012/13publius-unipv.blogspot.com
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Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009
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Oltre ad un malinteso concetto di indi-‐pendenza, alla base di questa scelta ci furono lo scetticismo verso il progetto e successivamente, la scelta precisa di puntare alla collaborazione con i grandi colossi americani, scelta che avrebbe dovuto assicurare un ingresso facilitato nel maggiore mercato militare al mon-‐do: quello per l’appunto degli USA.Tuttavia, la fusione tra EADS e BAE avrebbe signi<icato, per Finmeccanica, l’automatica isolamento nel gioco euro-‐peo e con molta probabilità avrebbe portato il governo italiano a chiedere un ingresso che, per quanto tardivo e per quanto marginale, gli avrebbe permesso di avere una qualche voce in capitolo all’interno del potenziale colosso, rical-‐cando in parte il modello di MBDA. La mancata fusione non deve pertanto ral-‐legrarci, ma anzi deve essere un’occa-‐sione per ri<lettere sul futuro della no-‐stra principale impresa operante nel settore.La domanda che quindi dobbiamo porci, come italiani ed europei, è quale ruolo vogliamo giocare in futuro nella difesa europea: vogliamo allinearci alle posi-‐zioni inglesi e continuare a rispondere alla logica di un atlantismo anacronisti-‐
co? Vogliamo condannare Finmeccanica e l’industria della difesa italiana ad un rango residuale, di subfornitore di co-‐lossi europei o americani o eventual-‐mente euro-‐americani? O piuttosto, vo-‐gliamo essere protagonisti di questo processo, onorando la nostra storia e la nostra tradizione politica, da paese fon-‐
datore della CEE, da paese della core Europe?La questione rimane sempre sul tavolo: molti cittadini europei protestano e cri-‐ticano i rispettivi governi nazionali, per non essere abbastanza incisivi nei tagli alla difesa o non altrettanto quanto nel campo della spesa sociale. Senza entrare nel dettaglio, basta ricordare la polemi-‐ca sull’acquisto degli F35. La difesa, tut-‐tavia, rimane tuttora uno dei compiti fondamentali dello Sato, ed è uno degli strumenti attraverso il quale la sovrani-‐tà si esprime. E’ nell’ordine delle cose il fatto, che i governi preferiscano tagliare altre spese, piuttosto che quella per la difesa, per quanto questo orientamento possa essere discutibile o anche odioso. Non si tratta quindi di tagliare la difesa e basta: si tratta di rivedere come questa è composta, e con quale <ine la difesa eu-‐ropea viene organizzata.
Andrea CoronaFrancesco Violi